Astrofisica Stellare: Capitolo 4

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    Capitolo 4

    Le basi fisiche dellevoluzione stellare

    4.1. La formazione di strutture autogravitanti

    Le considerazioni svolte nel precedente capitolo forniscono un quadro generale deimeccanismi fisici che riteniamo operare nelle strutture stellari determinandone le pro-prieta. Inserendo adeguate valutazioni dellefficienza di tali meccanismi nelle equazionidellequilibrio stellare discusse nel secondo capitolo e utilizzando i sistemi di calcolo nu-merico ivi presentati sara possibile operare previsioni teoriche sul comportamento nel tempodi tali strutture, per ogni assunto e prefissato valore della massa e della composizione chim-ica. Diviene cosi possibile investigare quantitativamente il destino evolutivo degli oggettistellari al duplice fine di interpretare le strutture stellari oggi osservate in termini dei loroparametri evolutivi e, nel contempo, di comprendere il ruolo che le stelle hanno svolto estanno svolgendo nellevoluzione nucleare della materia dellUniverso.

    Prima di entrare in tali dettagliate valutazioni, dedicheremo peraltro questo capitolo aprecisare il quadro entro il quale tali risultati evolutivi devono muoversi in base a consider-azioni generali sulla natura e il funzionamento della macchina stella. Per cio che riguardain particolare lorigine di tali strutture, si e piu volte indicato come una stella sia il risul-

    tato della contrazione di una massa di gas interstellare nel quale il campo gravitazionaleabbia finito col prevelere sullenergia termica delle particelle. Si puo ottenere una stima deirapporti tra le grandezze in gioco richiedendo che alla periferia di una nube di massa M eraggio R lenergia gravitazionale di un atomo di idrogeno superi la sua energia di agitazionetermica

    GMH

    R> kT

    Collegando la massa alla densita media della nube, M = 43 R3, si puo esprimere R3 in

    funzione di M, , ottendendo cos

    M2

    T3 >

    3

    4 (

    k

    GH)3

    che mostra come per ogni prefissata coppia di valori e T della nube protostellare esistauna massa minima in grado di contrarre (Massa di Jeans). Come era da attendersi, la massadi Jeans risulta tanto minore quanto minore e la temperatura o quanto maggiore e la densita.Se per una tipica nube interstellare assumiamo una temperatura T 100K ed una densita di

    1

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    20 atomi cm3 si trova una massa minima di circa un migliaio di masse solari, dellordinequindi di quella osservata per gli ammassi stellari di disco.

    Cio suggerisce un semplice schema che giustifica, sia pur qualitativamente, la formazionedi tali ammassi e, piu in generale, lesistenza di ammassi stellari. Una nube che abbia rag-giunto la massa critica, o per fluttuazioni di densita o per raffreddamento, inizia infatti acollassare perche la forza gravitazionale prevale sullagitazione termica. A bassa temperaturail gas e non ionizzato e trasparente alla radiazione, lenergia acquistata nella contrazioneviene irradiata nello spazio ed il collasso procede quasi isotermicamente. Aumenta peraltro

    la densita e diminuisce quindi la massa critica di Jeans, rendendo possibile ulteriori frag-mentazioni in scala gerarchica. Tali fragmentazioni terminano quando, al procedere dellacontrazione, la radiazione tende sempre piu a restare intrappolata nel gas e la temperaturadel gas stesso inizia ad aumentare. Dallultima generazione di fragmentazioni nasceranno lestelle dellammasso.

    La formazione delle strutture stellari e peraltro processo estremamente complesso checoinvolge il trattamento idrodinamico del gas in contrazione, non escluso lintervento dicampi magnetici, e che esula dai limiti della presente trattazione. E nondimeno istruttivoutilizzare ancora la relazione precedente per valutare la densit a minima corrispondente amasse di Jeans dellordine delle comuni strutture stellari. Si ricava infatti facilmente che perlinstabilita gravitazionale deve essere

    4 10

    44

    T

    3

    /M

    2

    Ponendo come limite inferiore delle possibili temperature il valore della radiazione difondo (T 3K), per M = 1M si ottiene cos ad esempio 10

    18grcm3, corrispondentea circa 106 atomi di idrogeno per centimetro cubo.

    4.2. Strutture di equilibro e teorema del viriale

    Con semplici procedure basate sulla terza legge di Newton si pu o agevolmente mostrare( A4.2) che per un qualsiasi sistema isolato di particelle autogravitanti vale il Teorema delViriale nella forma

    2T + =d2I

    dt2

    dove T =energia cinetica totale = i12 miv

    2i estesa a tutte le particelle del sistema, =

    energia (negativa) di legame gravitazionale ( = 0 per r ) e I e il momento di inerziadel sistema.

    Le fasi iniziali del processo di formazione stellare sono sotto il controllo dei tempi scalameccanici del collasso gravitazionale ed il sistema e ben lontano dalle condizioni di quasistazionarieta ( quasi equilibrio che abbiamo definito essere caratteristiche di una strutturastellare. Al progredire della contrazione linnalzamento della temperatura finisce con il fa-vorire fenomeni di ionizzazione, cresce lopacita radiativa, lenergia guadagnata nella con-trazione viene ceduta al gas, innalzandone temperatura e pressione, ed i tempi scala passanoda tempi scala meccanici a tempi scala termodinamici. Le strutture raggiungono cos con-dizioni di quasi equilibrio, d2I/dt2 0 e le strutture stesse restano sotto il controllo delviriale nella forma

    2T + = 0

    Da questo momento potremo dire di essere in presenza di una struttura stellare, strutturache rimarra sotto il controllo del viriale sinche non si giunga ad una eventuale fase finaleesplosiva. Si noti che lalta opacita della materia nelle fasi iniziali, inibendo il trasporto

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    radiativo, tende a indurre estesi moti convettivi, talche si ritiene in genere lecito assumerestrutture iniziali totalmente convettive e, di conseguenza, chimicamente omogenee.

    E utile notare che la precedente espressione del viriale non rappresenta qualcosa di mis-terioso o magico ma, al contrario, fornisce in forma quantitativa una ovvia condizione diequilibrio per le strutture. Lequilibrio tra le forze di gravita e quelle di pressione richiedeinfatti che allaumentare della gravita (al decrescere di ) aumenti la temperatura per au-mentare la pressione. E facile ricavare dal viriale anche le linee generali di evoluzione diun sistema autogravitante. A causa dellirraggamento dalla superficie (e talora anche per

    emissione di neutrini) il sistema perde infatti continuamente energia. Se tale perdita non ebilanciata da una qualche sorgente interna di energia (quali le razioni nucleari) temperaturatenderebbe a decrescere. Se la pressione e controllata dalla temperatura, la stella deve al-lora contrarre su tempi scala termodinamici (o di Kelvin-Helmotz. Il viriale ci dice che perrimanere in equilibrio deve risultare

    dT = d/2

    cioe meta dellenergia guadagnata nella contrazione deve andare ad innalzare il contenutotermico della struttura, mentre laltra meta supplisce alle perdite per radiazione. La perditadi energia quindi finisce col produrre un innalzamento della temperatura e, in questi senso,una struttura autogravitante puo essere riguardata come un sistema termodinamico a calorespecifico negativo.

    Ma quello che qu piu interessa e che tale relazione mostra come la storia di una stellasia la storia di una progressiva contrazione di una sfera di gas autogravitante e del con-temporaneo continuo innalzamento del contenuto termico della struttura. In tal senso unaqualunque stella altro non e che una macchina naturale per innalzare la temperatura di unagglomerato di particelle. Se le particelle che compongono il gas stellare fossero puntiformie non interagenti, la contrazione non avrebbe termine, ne avrebbe termine il continuo in-nalzamento delle pressioni e delle temperature. Ma le particelle sono atomi, composti daun nucleo centrale circondato dagli elettroni periferici, e nel corso della contrazione possonointervenire due possibili tipi di fenomeni, a seconda dei valori di temperatura-densita chevengono raggiunti:

    i) gli elettroni degenerano, cos che la pressione non dipende piu dalla temperatura. Lacontrazione e arrestata dalla pressione degli elettroni degeneri,

    ii) vengono raggiunte temperature alle quali diventano efficienti le reazioni nucleari.

    Minore e la massa di una stella, maggiore e in genere la densita e minore la temperaturadelle zone centrali. Stelle di massa sufficientemente piccola ( M 0.1M) degenerano ancorprima di raggiungere le temperature di fusione dellidrogeno. Stelle di massa leggermentesuperiore (0.1M M 0.5M) innescano lidrogeno ma degenerano prima di innalzare letemperature sino a innescare la combustione dellelio. Stelle piu massicce degenerano primadi innescare la combustione del carbonio. In stelle ancora piu massicce la contrazione edestinata a proseguire, innescando tutte le combustioni esotermiche, sino a raggiungere leultime fasi esplosive.

    Se e quando nelle regioni centrali di una struttura inizia a divenire efficiente una sor-

    gente nucleare di energia, lenergia cos prodotta va a supplire alle perdite per radiazione,rallentando la contrazione. La contrazione deve in ogni modo continuare (innalzando la tem-peratura) sino a quando lenergia nucleare prodotta giunge a bilanciare esattamente quellapersa dalla struttura. In tali condizioni la contrazione guidata dalle perdite di energia siarresta e, se si trascurassero le variazioni di composizione chimica indotte dalle reazioninucleari, la struttura risulterebbe indefinitamente stabile.

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    In realta le reazioni di fusione nucleare, agglutinando due o piu nuclei in un unico prodottodi reazione, diminuiscono il numero di particelle. Diminuisce quindi la pressione, rompendolequilibrio idrostatico, e la stella deve quindi contrarre, ora pero su tempi scala nucle-ari. Laumento di temperatura guidato da tale contrazione dovr a anche essere in grado dimantenere la produzione di energia ai livelli necessari a fronte del progressivo consumo delcombustibile nucleare disponibile. Si noti che da quanto sinora indicato si ricava che lenergiairraggiata da una stella NON e determinata dallefficienza delle reazioni nucleari, essendoinvece vero il viceversa: lefficienza delle reazioni e regolata dalla necessita di bilanciare il

    preesistente fabbisogno energetico della struttura. E questa una evidenza che sara necessariotener presente nel seguito per comprendere alcune caratteristiche dellevoluzione stellare.

    La storia di una stella e quindi la storia di una continua contrazione, di volta in voltarallentata dallinnesco di reazioni nucleari, con una continua alternanza di tempi scala ter-modinamici e nucleari. Ricordando come la temperatura di efficienza delle reazioni nuclearisia regolata dalla repulsione coulombiana, e facile prevedere che, al passare del tempo edallaumentare della temperatura, nelle regioni centrali di una stella inizier a prima la com-bustione dellidrogeno, seguita -in successione a partire dallelio- dalla combustione deglielementi piu pesanti prodotti delle precedenti combustioni. Tale alternanza si interrompedefinitivamente se la degenerazione elettronica interviene a bloccare la contrazione. Ove ci onon avvenga (stelle massive) dobbiamo prevedere che una struttura stellare quasi staticagiunga fatalmente al suo termine quando nelle zone centrali si sia formato un nucleo di ferro

    giunto al limite della fusione nucleare (

    5 10

    9

    K). Come piu volte indicato tale fusione e en-dotermica, e ne consegue un processo di contrazione reazionato positivamente che riporterala struttura su tempi scala meccanici, ponendo fine allevoluzione stellare con la possibiledistruzione e dispersione di parte della struttura.

    Linnesco della reazione endotermica induce infatti un assorbimento di energia che ac-celera la contrazione, che a sua volta incrementa la temperatura centrale e lefficienza dellareazione stessa. Ci si attende come risultato un collasso della struttura. Pur senza entrare quinel merito dei meccanismi fisici che regolano e controllano tale collasso, ricordiamo che ci siattende nel nucleo stellare una intensa produzione di neutroni e neutrini e, contemporanea-mente, un subitaneo innalzamento della temperatura che riattiva reazioni nucleari in granparte della struttura (nucleosintesi esplosiva). E in questa fase che puo venire eiettata nellospazio una consistente frazione della struttura medesima, iniettando nel gas interstellare glielementi sintetizzati nellintero corso dellevoluzione nucleare della struttura.

    4.3. Combustioni termonucleari: la catena protone-protone

    Per precisare ulteriormente il quadro evolutivo emerso dal teorema del viriale conviene esam-inare piu in dettaglio la serie di reazioni nucleari che ci attendiamo divengano efficienti nelgas stellare al progressivo aumentare della temperatura. Tra le moltissime reazioni nucleariin linea di principio efficienti soffermeremo la nostra attenzione solo su quelle che definiamocome significative, e che appartengono a due distinte categorie:

    i) Reazioni che per labbondanza del combustibie ed il valore della sezione durto pre-dominano nettamente e dalle sole quali dipende la produzione di energia

    ii) Reazioni che pur non contribuendo apprezzabilmente alla produzione di energiapossono lentamente sintetizzare prodotti di reazione di particolare rilevanza nel quadrodellevoluzione della composizione nucleare della materia stellare.

    Sulla base delle considerazioni sin qui svolte appare evidente che al progressivo cresceredella temperatura debbano per prime divenire efficienti le reazioni nucleari cui corrispondela minor repulsione coulombiana, cioe quelle tra due protoni. Cio, in linea di principio, e

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    Fig. 4.1. Le reazioni della catena protone-protone, con sottolibeate le reazioni primarie.

    certamente vero, ma e anche vero che i protoni, giunti a reagire nuclearmente decadono congrandissima probabilita nuovamente in due protoni (scattering nucleare) e solo una piccol-issima frazione dei nuclei composti decade lungo il canale di fusione, in grado di produrreenergia

    p +p D + e+ +

    fortemente inibito dal necessario intervento delle interazioni deboli. Per tale motivo, attornoai 106K le prime fusioni a diventare efficienti sono le combustioni degli elementi leggeri D, Li,Be e B con protoni. Ci si attende peraltro che labbondanza di tali elementi nel gas stellaresia molto piccola, e corrispondentemente piccolo e il contributo delle fusioni allenergeticadella struttura. Leffetto principale, oltre alla distruzione degli elementi stessi, consister ain un momentaneo rallentamento della contrazione gravitazionale ed in una trascurabileproduzione di 3He e 4He, secondo canali di combustione che ritroveremo discutendo qui di

    seguito la combustione dellidrogeno.Solo quando la temperatura raggiunge, orientativamente, i 5 6 106K il numero direazioni nucleari pp e aumentato al punto da rendere efficiente anche il canale di fusione didue protoni in un nucleo di deuterio D, secondo la reazione gia in precedenza indicata. Ildeuterio prodotto e peraltro in grado di reagire nuclearmente con un altro protone,

    D +p 3 He +

    cui segue tutta una catena di reazioni impostata sui vari prodotti di combustione che converraesaminare in qualche dettaglio. Alle minori temperature l3He prodotto tende ad accumularsicome prodotto di reazione. Solo attorno a 8106K diviene efficiente la reazione di combustione

    3He +3 He 4 He + 2p

    mentre attorno ai 15 milioni di gradi diviene efficiente anche la reazione concorrente

    3He +4 He 7 Be +

    di fusione di 3He con i nuclei di 4He certamente presenti nel gas stellare almeno comeconseguenza della nucleosintesi cosmologica. Si noti come le due ultime reazioni esaminate

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    Fig. 4.2. Efficienza relativa delle catene di combustione pp al variare della tempeatura (in milionidi gradi).

    contemplino di fatto la fusione di due nuclei di elio, mentre resta peraltro inibita la reazionedebole 3He +p 4 He + e+ + .

    Esperienze di laboratorio indicano che il 7Be e nucleo instabile per cattura K, cioe percattura di un elettrone dellorbita piu interna, con tempo di dimezzamento di 57 giorni.Tale processo non puo peraltro essere efficiente nelle stelle, perche alle temperature in esameci si attende che il 7Be sia completamente ionizzato. In tali condizioni il nucleo puo perocatturare un elettrone del plasma stellare, iniziando una catena di reazioni che conduce infine

    alla formazione di due nuclei di

    4

    He. Si noti come tale reazione non risulti governata dallarepulsione coulombiana.E invece regolata dalla repulsione coulombiana lalternativa cattura di un protone per

    formare 8B e, attraverso una serie di decadimenti, 8Be e infine 24He. Lefficienza di questareazione aumenta quindi al crescere della temperatura, e a circa 2 107K essa finisce colprevalere sulla concorrente cattura elettronica. Di particolare rilevanza in questa catena direazioni i neutrini prodotti nel decadimento del 8B, che a causa della grande energia furonoi primi ad essere rilevati nelle esperienze di rilevazione dei neutrini solari ( A5.5)

    La Figura 4.1 riporta uno schema riassuntivo della catena di reazioni originate dallafusione di due protoni, nota come catena pp. Come indicato nella figura, al variare dellatemperatura sono possibili tre diverse sequenze di reazioni (ppI. ppII e ppIII) che conduconoin ogni caso al comune risultato di fondere 4 protoni in un nucleo di 4He. La Figura 4.2mostra lefficienza relativa di questi diversi canali al variare della temperatura. Ad evitare

    equivoci ricordiamo che allaumentare della temperatura aumenta lefficienza di tutte lereazioni e quindi di tutte e tre le catene pp: la figura 4.2 riporta il contributo relativo delletre catene alla produzione totale di energia.

    4.4. Elementi primari ed elementi secondari

    Chi avesse dimestichezza con le famiglie di elementi radioattivi naturali riconoscerebbe nellacatena pp tutta una serie di elementi secondari, i cui nuclei sono contemporaneamenteprodotti e distrutti nella sequenza di reazioni. In tale condizione le abbondanze di questielementi tendono verso condizioni di equilibrio, ed i nuclei non intervengono pi u nel deter-minare la velocita delle reazioni se non in maniera indiretta. Illustreremo tale caratteristicanel caso del deuterio.

    Per il deuterio si ha infatti una reazione di produzione (p + p ) ed una di distruzione(D +p ). Poiche per ogni reazione viene creato o distrutto un nucleo di deuterio, il numerodi nuclei creati o distrutti nellunita di volume e nellunita di tempo sara dato dalle relazioni

    Processi di creazione dN2

    dt= n1,2 =

    N212

    < 11v >

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    Fig. 4.3. Il rapporto di equilibrio D/H al variare della temperatura T in milioni di gradi.

    Processi di distruzione dN2

    dt= n12 = N1N2 < 12v >

    dove 1 e 2 fanno riferimento rispettivamente a protoni e deutoni. Ne segue che che ilnumero di deutoni nellunita di volume varia col tempo secondo la relazione

    dN2

    dt = n11 n12

    Qualunque sia labbondanza iniziale del deuterio (ma in realta ce ne attendiamo moltopoco) si ricava che labbondanza di tale elemento deve evolvere verso la condizione di equi-librio

    n11 = n12

    da cui si trae per le abbondanze di equilibrio

    (N2N1

    )eq =1

    2

    < 11v >

    < 12v >

    E subito visto infatti che se N2 > N1 allora 12 > 11, e viceversa, cos che le abbondanze

    evolvono necessariamente verso lequilibrio. Ricordando che le abbondanze in numero sonolegate a quelle in massa dalla relazione Xi = NiAiH/ per le abbondanze in massa diequilibrio potremo scrivere (X2/X1)eq =< 11v > / < 12v >.

    Si puo ottenere una scala dei tempi per il raggiungimento dellequilibrio osservando che,per esempio, se N2 (N2)eq prevale la reazione di distruzione, per la quale

    1

    N2

    dN2dt

    =d

    dtlnN2 = N1 < 12v >

    da cui N2 = N02 et/ con = 1/(N1 < 11v >). Per una miscela ricca di idrogeno e per

    temperature in cui la fusione pp e efficiente si trova cos (X2)eq 1018, 1 secondo. Le

    condizioni di equilibrio sono cioe raggiunte in tempi rapidissimi e senza una apprezzabilevariazione della composizione chimica della materia (Figura 4.3)

    Allequilibrio ogni reazione p+p e necessariamente seguita da una reazione D+p, talchesi puo direttamente assumere che ogni reazione p+p abbia per risultato la scomparsa ditre protoni e la sintesi di un nucleo di 3He, la velocita di produzione restando regolatasolo dal valore di n11. In questo senso il deuterio e elemento secondario, come lo sonoanche 7Be,7 Li,8 Be,8 B la cui dettagliata valutazione risulta inessenziale sia ai fini dellaevoluzione chimica che a quelli della produzione di energa della catena pp, fermo restando

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    Fig. 4.5. La sequenza dei nuclei stabili e contornata da nuclei instabili che con decadimenti + o si portano nella configurazione di equilibrio, cui corrisponde un massimo dellenergia di legame.

    ( A1.8), un generico nucleo resta caratterizzato dal numero Z di protoni e N di neutroniche lo compongono, ed e possibile mappare nel piano Z,N la sequenza di nuclei stabili es-istenti in natura (Fig. 4.5). In tale piano, per i nuclei piu semplici, sino a circa Z=20, inuclei stabili appaiono caratterizzati da un numero simile di protoni e neutroni (Z N)mentre a Z maggiori si manifesta un progressivo eccesso di neutroni (Fig. 1. 22). Le regioniesterne alla sequenza di stabilita sono occupate da nuclei instabili che decadono verso la loroconfigurazione stabile trasformando protoni in neutroni, o viceversa, attraverso decadimenti+ o , rispettivamente.

    Come mostrato in Figura 4.6, non sorprende trovare che per ogni prefissato numero di

    nucleoni A=Z+N la configurazione stabile mostra la maggiore energia di legame (la minoremassa) tra tutti gli altri possibili isobari. Si comprende cos come i decadimenti rapp-resentino il canale di trasformazione che consente ai nuclei di portarsi nel loro minimo dienergia con lemissione di elettroni negativi o positivi. Risulta anche comprensibile levidenzasperimentale secondo la quale linstabilita appare tanto maggiore (i tempi di decadimentotanto minori) quanto piu i nuclei si allontanano da quella che viene talora definita la lorovalle di stabilita.

    In tale scenario, si comprende come nella catena pp, agglutinando successivamente pro-toni si producano nuclei con eccesso di tali particelle, instabili dunque per decadimento +.Piu in generale, quando la fusione di particelle leggere porta a configurazioni della valle distabilita, il nucleo composto prodotto nella reazione decadra nel suo stato fondamentale conlemissione di un quanto di energia. Se il configurazione del nucleo composto e allesterno

    della valle, cio avverra inevitabilmente per un eccesso di protoni e un decadimento +

    siincaricheradi riportare il nucleo nella sua configurazione stabile.

    E cos possibile leggere la maggior parte delle reazioni che abbiamo incontrato nellacatena pp e che incontreremo nel seguito in tale semplice chiave topologica, chiarendolalternanza di processi e + che in genere contraddistinguono le varie catene di com-bustione tra particelle cariche.

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    Fig. 4.6. Andamento schematico della massa di nuclei con eguale numero di nucleoni (numeroatomico A=Z+N) al variare del numero di protoni Z e neutroni N. Il nucleo stabile realizza lamassima energia di legame (massa minima). I nuclei instabili si portano nello stato di massimolegame tramite decadimenti [(Z,N] (Z+1, N-1) + e + ] o + [(Z,N] (Z-1, N+1) + e+ + ] liberandosi cosrispettivamente delleccesso di neutroni o di protoni.

    4.6. Il biciclo CN-NO

    Se, e solo se, nel gas stellare e presente anche una minima quantita di nuclei di carbonio, diazoto e/o di ossigeno, a temperature leggermente superiori a quelle necessarie per lefficienzadella catena pp si apre un ulteriore canale di reazioni per la combustione dellidrogeno inelio. Se, per esempio, assumiamo la presenza di soli nuclei di carbonio, a circa 15 10 6Kdiventano efficienti processi di cattura protonica che innescano una serie di reazioni

    12C+p 13 N +

    13N 13 C+ e+ + ( = 870sec)

    13C+p 14 N +

    14C+p 15 O +

    15O 15 N + e+ + ( = 178sec)

    15

    N +p (

    16

    O)

    ( 99%) 12

    C+ ( 1%) 16 O +

    Si vede come il nucleo di 12C aggreghi successivamente 4 protoni giungendo con lultimareazione alla produzione di un nucleo di 16O in uno stato eccitato. Questultimo decade pref-erenzialmente restituendo un nucleo di 12C ed una particella ( nucleo di 42He). Trascurandoper il momento lulteriore canale di decadimento in 16O, siamo dunque in presenza di un ciclo,in cui il carbonio funge da catalizzatore della fusione di 4 protoni in un nucleo di elio, rima-nendo disponibile per una serie indeterminata di reazioni. Naturalmente il ciclo puo prendereinizio quando sia presente almeno uno qualsiasi dei suoi componenti (12C,13 C,14 N,15 N),essendosi in precedenza assunto il 12C solo a titolo di esempio. Tale ciclo viene in genere in-dicato come ciclo CNad indicare come esso sia basato sulla continua mutua trasformazionedi questi due elementi.

    Trattandosi di un ciclo, tutti i nuclei C e N sono contemporaneamente creati e distrutti,e assumono quindi la veste di elementi secondari, evolventi quindi verso una loro condizionedi equilibrio. Allequilibrio n1j = cost (j = 12, 13, 14, 15) e per le abbondanze di equilibriosi ricava

    N(12C) < 1,12v >= N(13C) < 1,13v >= N(

    14N) < 1,14v >= ....

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    Fig. 4.7. Variazione col tempo dellabbondanza dei vari elementi del ciclo CNO in una miscelacon composizione iniziale solare, mantenuta a T= 30 106 K, = 1 gr/cm3. La linea a tratti mostralevoluzione temporale del coefficiente di generazione di energia. Il tempo t e in anni.

    Come atteso, labbondanza di equilibrio dei vari nuclei risulta quindi inversamente pro-porzionale alla sezione durto per i rispettivi processi di distruzione. La sezione durto digran lunga minore e quella per processi di cattura protonica su 14N, seguita nellordine daquelle per gli analoghi processi su 12C,13 C e 15N. Corrispondentemente ci si attende cheallequilibrio oltre il 95% dei nuclei sia sotto forma di 14N ed il resto largamente sotto formadi 12C.

    Abbiamo peraltro gia indicato come il ciclo CN non sia perfetto, perdendo una piccolaparte dei nuclei a formare 16O. Tale perdita e peraltro effimera, perche tale elemento viene

    a sua volta processato per restituire nuclei di14

    N. Si ha infatti16O +p 17 F + 17F 17 O + e+ + 17O +p (18F) 14 N + ove appare ora lecito trascurare la piccola quantita di 18F che decade nel suo stato

    fondamentale. Si vede come le precedenti reazioni realizzino un nuovo ciclo NO: un nucleodi azoto puo aggregare successivamente 4 protoni per restituire infine ancora un nucleo diazoto piu una particella . Siamo dunque in presenza di due cicli mutuamente accoppiati cherealizzano il cosiddetto biciclo CN-NOnel quale tutti i nuclei pesanti coinvolti si presentanocome elementi secondari. Si noti che, poiche i nuclei non sono in realta ne creati ne distruttima solo trasformati luno nellaltro, in ogni caso ed in ogni momento il numero originale N0di nuclei pesanti deve conservarsi, risultando

    Ni = N0

    Alle minori temperature la cattura 16O + p e largamente innefficiente e la combustioneriposa essenzialmente sul solo ciclo CN. Attorno ai 20 106K ambo i cicli sono in pienaefficienza e sia 12C che 16O vengono ridotti a pochi percento di 14N. Anche in questo caso

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    Fig. 4.8. Abbondanze relative di equilibrio al variare della temperatura (in milioni di gradi) pergli elementi principali del ciclo CNO. Si e posto Ni = 1

    Fig. 4.9. La produzione di energia dalla catena pp e dal ciclo CNO al variare della temperaturain milioni di gradi. Si e assunta una composizione chimica solare.

    la grande maggioranza dei nuclei di 14N finiscono necessariamente con levolvere lungo ilciclo CN che fornisce quindi in ogni caso il maggior contributo alla generazione di energia.Limportanza del ciclo NO discende dallevidenza che il gas interstellare da cui originanole stelle risulta in genere relativamente ricco di elementi multipli di , quali 12C e 16O, afronte di una relativa sottoabbondanza di 14N. Lefficienza del ciclo NO ha dunque leffetto

    di rendere disponibili per il ciclo CN gli originali nuclei di 16O presenti nella materia.Quanto sinora esposto ha come importante conseguenza lefficienza di una combustione

    CNO viene dunque memorizzata nella abbondanza relativa di quei tre elementi, secondo loschema:

    Gas non processato 12C 14N 16O

    Gas processato CN 12C 14N 16O

    Gas processato CNO 12C 14N 16O

    La Figura 4.7 riporta landamento col tempo delle abbondanze dei nuclei nel caso dicombustione CNO in una miscela con abbondanze originali solari alle condizioni indicate.Si nota come prima 12C e poi 16O vengano trasformati in 14N, mentre 13C e 15N vengono

    prodotti e mantenuti allequilibrio con i loro capostipiti

    12

    C e

    14

    N. I tre elementi piu abbon-danti del ciclo CNO risultano in ogni caso 12C, 14N e 16O, cui corrispondono le piu piccolesezioni durto per le reazioni di distruzione e, conseguentemente, i tempi piu lunghi peril raggiungimento dellequilibrio. Per seguire nel dattaglio levoluzione di una combustioneCNO sara quindi sufficiente valutare istante per istante lefficienza delle tre reazioni

    12C + p 13N +

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    (18F) 18F 0.3; (19F) 19F 0.0008; (20Ne) 20Ne 0.0002;

    ricordando che circa solo l 1% dei nuclei transita per il ciclo NO si ricava che la prob-abilita di formare un nucleo di 20Ne e minore di 109. Questa probabilita va confrontatacon il numero di cicli che compie un nucleo prima che sia esaurito lidrogeno. Nel caso dimateria di tipo solare, Z=0.02, abbiamo indicato come vi sia allincirca 1 nucleo di CNO perogni 1000 nuclei di idrogeno, e questo e quindi il numero di cicli compiuto da ogni nucleo diCNO. E subito visto che non solo nel caso del Sole, ma anche per materia molto pi u povera

    di metalli, la probabilita di formare20

    Ne risulta microscopica.Per completare il quadro resta da indicare come il quadro di reazioni sin qui descrittoriposi sullimplicita assunzione che il tempo tra due successive catture protoniche sia lungorispetto ai decadimenti . Cio e sempre vero nelle fasi di normale evoluzione delle strutturestellari, nelle quali la temperatura e governata dallequilibrio idrostatico e le fusioni nucleari -come abbiamo indicato - sono eventi rari. Non e piu vero durante le ultime fasi di implosione-esplosione, durante le quali la temperatura puo aumentare improvvisamente di ordini digrandezza. In tal caso cresce la sezione durto per cattura protonica e diventa probabile chegli elementi del ciclo instabili + catturino un protone prima di decadere. In tal caso siaprono ulteriori canali di combustione indicati con il termine CNO veloce ( A4.3).

    4.7. Combustione dellHe. Catena del 14N

    Al termine della combustione dellidrogeno, esaurito tale combustibile la materia risulteracomposta da elio e dagli elementi piu pesanti originariamente preesistenti. Se il ciclo CNOe stato efficiente ci si attende che tra tali elementi pesanti C e O si siano in gran partetrasformati in 14N.

    La catena pp, ove sono presenti due rami di combustione He+He, ci indica come a qualchediecina di milioni di gradi debba certamente risultare coulombianamente efficiente anchela reazione

    42He +

    42 He

    84 Be

    Con tale reazione non si realizza pero una reale combustione perche il 8Be cos prodottoridecade in due particelle in circa 1016 secondi. La combustione si realizzera solo se equando il Be prima di decadere catturi una ulteriore particella giungendo a produrre un

    nucleo stabile di 12C

    8Be +4 He 12 C

    Per comprendere il meccanismo che porta ad una efficiente produzione di carbonio eda notare che il 8Be si comporta come un elemento secondario, creato dalla reazione diproduzione 4He +4 He e distrutto dal successivo decadimento, con una concenrazione diequilibrio che dipende dal rapporto tra lefficienza delle reazioni di produzione (fusione didue nuclei di elio) e di distruzione (decadimento spontaneo). Aumentando la temperaturasi producono due effetti, tutti e due tesi a rendere piu probabile la combustione del berillioin carbonio:

    1. Aumenta la velocita di reazione + e aumenta quindi, a fronte del costante tempo di

    decadimento , la concentrazione di equilibrio di 8Be2. Si attenuano gli effetti della repulsione coulombiana e aumenta quindi la sezione durto

    del berillio per cattura

    La combinazione di questi due effetti fa si che a circa 108K divenga efficiente il processoa tre corpi di fusione di He in C. A tali temperature, ben superiori a quelle richieste dal

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    semplice attraversamento della barriera coulombiana, risultano peraltro efficienti anche suc-cessive catture , cosi che nelle strutture stellari ci si attende che siano contemporaneamenteefficienti

    3 12 C+

    12C+ 16 O +

    seguite, ma con minore e talora trascurabile efficienza, da

    16O + 20 N e +

    20N e + 24 M g +

    Al termine della combustione di elio ci si attende essenzialmente una miscela di 12C e16O con tracce piu o meno consistenti di Ne. Le stelle, consentendo di mantenere la materiaattorno ai 108K per milioni di anni, riescono cosa superare tramite la reazione 3 il limiteimposto alla veloce nucleosintesi cosmologica dalla mancanza di nuclei stabili con A=5, 8.

    Le reazioni di combustione di elio sin qui discusse sono le uniche rilevanti per quel cheriguarda il contributo al fabbisogno energetico di una struttura stellare. E peraltro da notarecome alle temperature di combustione dellelio l 14N presente (anche come prodotto di unaprecedente combustione CNO) sia in grado anchesso di catturare particelle

    14N + 18 F +

    seguita dal decadimento

    18F 18 O + e+ +

    innescando una catena di reazioni che qui di seguito riportiamo in una notazione alternativadi immediata interpretazione

    14N(, )18F(e+)18O(, )20Ne(, n)25Mg

    Ricordiamo che in una stella ricca di metalli quale il Sole, con abbondanza in massa dielementi pesanti dellordine di Z 0.02, labbondanza in numero di elementi CNO (supra)e dellordine di 103, confortando la scarsa rilevanza energetica di tale reazione a fronte dellacombustione 3. E peraltro da notare che il completamento della catena implica che perogni nucleo CNO originalmente presente nel gas stellare venga liberato un neutrone, il che-nella assunzione Z 0.02- corrisponde a 1021 neutroni liberati per grammo di materia.

    Poiche i neutroni non risentono della repulsione coulombiana, essi tendono ad esserecatturati dai nuclei circostanti, che vengono cosa fungere da nuclei seme per la costruzionedi elementi a numero atomico sempre piu alto. Proprio un simile processo contribuisce allaformazione degli elementi piu pesanti del Fe che, come gia sappiamo, non ci attendiamopossano essere prodotti in combustioni termonucleari quiescenti.

    4.8. Le combustioni avanzateConsiderando ancora una volta gli effetti della repulsione coulombiana, si trova che in-nalzando la temperatura a 7 8 108K diviene efficiente la combustione del carbonio

    12C+12 C 20 N e + 50% Q = 4.6MeV23 N a +p 50% Q = 2.2M eV

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    23 M g + n rara Q = 2.6M eV24 M g + molto rara Q = 13.9MeV16 O + 2 sporadica Q = 0.1MeV

    Si noti come allaumentare della complessita del nucleo composto diventino sempre piuprobabili canali di fragmentazione con emissione di protoni, neutroni o particelle a con-fronto del decadimento nello stato fondamentale.

    Poiche siamo a temperature molto piu alte di quelle tipiche per la combustione

    dellidrogeno o dellelio, i protoni e le particelle prodotte reagiscono immediatamentecon molti dei nuclei circostanti. Tra le molte reazioni possibili, e di cui sara necessario teneredovuto conto, segnaliamo ad esempio una catena di reazioni che puo portare un ulteriorecontributo alla produzione di neutroni

    12C(p,)13N(e+)13C(, n)16O

    Innalzando ancora la temperatura, a T 1.5 109 K i fotoni sono cos energetici chela successiva combustione del Neon viene in realta innescata da un processo di fotodisinte-grazione

    20N e + 16 O +

    e le particelle cos prodotte reagiscono con lo stesso Neon o con il 23N a prodotto dellaprecedente combustione del carbonio

    20N e + 24 Mg + 23N a + 26 Mg +p

    dando di nuovo inizio a tutta una serie di reazioni che possono portare alla formazionedi alluminio, silicio, fosforo.

    A T 2 109 K diviene possibile la fusione diretta di due atomi di ossigeno

    16O +16 O 28 Si + 45% Q = 9.6MeV31 P +p 45% Q = 7.7MeV31 P + n 10% Q = 1.5M eV32 S+ molto rara Q = 16.5M eV24 M g + 2 sporadica Q = 0.4MeV

    i cui prodotti danno di nuovo origine a tutta una serie di reazioni che possono giungere sinoal 46T i.

    Allulteriore aumentare della temperatura iniziano a dominare i processi di fotodisinte-grazione e di ricattura delle particelle prodotte che conducono ad un equilibrio dinamico incui labbondanza dei vari nuclei e regolata dalle rispettive energie di legame. Da tali pro-cessi di equilibrio emerge come specie dominante il nucleo piu legato, il Ferro, termine dellepossibili reazioni esoenergetiche di cui qui ci siamo interessati.

    4.9. Evoluzione stellare e fusioni nucleari

    La conoscenza del quadro delle reazioni termonucleari consente ora di precisare le aspetta-tive evolutive delineate allinizio di questo capitolo come conseguenza del teorema del viriale.Come schematizzato in Fig. 4.11 , ci si attende che la storia di una stella sufficientementemassiccia consista in una progressiva contrazione intervallata da stop nucleari ogniqual-volta linnalzamento della temperatura nelle zone centrali raggiunga la soglia di una dellecombustioni termonucleari chiamate progressivamente a trasformare prima H in He, poi He

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    Fig. 4.11. Schema dellandamento temporale delle temperature centrali T in uns stella sufficien-temente massiccia: fasi di contrazione gravitazionale (g) p ortano in successione alle combustioni diH, He, C.. sino alla finale fotodisintegrazione del Ferro.

    in C e O, sintetizzando infine Mg, Si sino alla costituzione del nucleo finale di Fe la cuifotodisintegrazione dara inizio al collasso finale di Supernova .

    Piu in dettaglio, troveremo che ogni reazione, esaurito il proprio combustibile nelle regionicentrali, si sposta in uno strato che circonda il nucleo composto dai prodotti di reazioneche allaumentare della temperatura fungeranno da combustibile alla successiva reazione.Come schematizzato in Fig. ?? literazione di tale processo conduce infine nelle fasi finalidi pre-Supernova alla tipica struttura a cipolla, in cui un nucleo di Ferro e contornatoin successione dai prodotti delle varie reazioni che sono state efficienti lungo tutta la storiadella stella.

    La durata temporale delle fasi di combustione nucleare resta determinata dalla condizioneche lenergia prodotta supplisca al fabbisogno energetico della struttura, restando quindicollegata alla capacita di produrre energia delle varie fusioni. E subito visto che a paritadi nucleoni coinvolti la fusione di gran lunga piu energetica e quella dellidrogeno, dallaquale ci attendiamo un emissione di energia di almeno 20 MeV per nucleo di He prodotto,quindi almeno 5 MeV per nucleone coinvolto. Segue nellordine la 3 12 C che fornisce

    7.275 MeV per nucleo prodotto di carbonio, e altri 7.162 MeV per la combustione di 12Cin 16OO. Si hanno dunque circa 0.6 MeV per nucleone dalla combustione in C, che salgonoa circa 0.9 MeV se la combustione si completa a formare 16O. Se ne conclude che se unastella rimanesse a luminosita costante la combustione dellelio sarebbe in grado di durarenon piu di un quinto di quanto duri quella dellidrogeno. Poiche in realta una strutturaaumenta di ordini di grandezza la sua luminosita, la durata combustione di He risulteracorrispondentemente minore, riducendosi talora anche a meno di 1%.

    Le combustioni di elementi piu pesanti risultano ancor meno energetiche e, per di piu,labbondante produzione di termoneutrini che contraddistingue le fasi evolutive piu avanzateaumentano di molto il fabbisogno energetico, riducendo di conseguenza i tempi caratteristicidella combustione, sino a farli svanire in una continua finale contrazione. La Tabella 1 riportauna valutazione indicativa della storia energetica di una struttura, dalla sua formazione sino

    alla struttura finale di pre-Supernova.Se leta delle stelle e distribuita a caso, ci si attende di trovare la grande maggioranza

    delle stelle in fase di combustione di idrogeno, e cio e da collegarsi alla gia citata evidenzaosservativa della Sequenza Principale. Ci si attende anche una non trascurabile presenzadi stelle in fase di combustione di He, ma una scarsa o nulla evidenza di stelle in fasi dicombustione ancor piu avanzate. Fasi quindi di difficile identificazione osservativa, ma che

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    Approfondimenti

    A4.1. La formazione stellare. Funzione Iniziale di Massa (IMF)

    La formazione stellare origina dal prevalere della gravita sulla agitazione termica del gas interstellare.La dinamica dei processi di formazione e peraltro ancora aperta a indagini ed ipotesi. Per quel cheriguarda lidentificazione del meccanismo che conduce nubi interstellari a superare la massa critica,iniziando la contrazione, sono possibili due scenari:

    1. La massa critica viene superata per fluttuazioni spontanee nella densita e/o per rafreddamentodel gas,

    2. La massa critica viene superata a causa della compressione prodotta dalla propagazione nelmezzo di onde durto prodotte da una vicina supernova.

    Tali due meccanismi, anziche essere alternativi, possono rappresentare due meccanismi concor-renziali che, con efficienza da determinare, hanno contribuito alla formazione stellare lungo larcodella storia della nostra Galassia. In tale contesto, le piu volte citate differenze tra ammassi stellaridi disco e di alone (numero di stelle e stato dinamico) sono indice di una sostanziale differenza nellostato fisico del gas nel quale si formarono i protoammassi e/o nei meccanismi di formazione.

    Nel primo caso (fluttuazioni spontanee) la produzione di stelle resta indipendente dalla presenzain loco di altre stelle,o tuttal piu inibita da tali stelle se esse, riscaldando il gas, elevano il valore dellamassa di Jeans. In tal caso ci si attendono processi di formazione stellari piu o meno casualmentescaglionati nel tempo. La formazione di stelle indotta da eventi di Supernova suggerisce al contrarioche la nascita di sistemi stellari sia un evento autopropagantesi: la formazione di un sistema stellareimplica la presenza di stelle massicce che, esplodendo come Supernove, inducono in sequenza laformazione di ulteriori sistemi stellari nelle regioni circostanti, e cosdi seguito. Un processo iterativodi cui si trova forse evidenza osservativa nella sequenza temporale di alcuni gruppi di ammassi apertidella Galassia.

    La distribuzione di masse stellari risultante al termine della gerarchia di fragmentazioni di unprotoammasso e un problema fondamentale tuttora aperto. Dallosservazione delle stelle attornoal Sole e stata a suo tempo ricavata per tale distribuzione una legge di potenza, nota come IMF(Initial Mass Function) di Salpeter, fornita in letteratura nelle due forme alternative:

    dN

    dlnM=M

    dN

    dM=M = M1.35

    dN

    dM= M(+1) =M2.35

    E subito visto come tale distribuzione diverga per M 0: essa era infatti intesa a descrivere ladistribuzione della IMF per masse superiori o dellordine di 1 M. Le piu recenti evidenze osservativemostrano che la distribuzione di Salpeter puo al piu essere mantenuta sino a masse dellordine di

    0.6 M; per masse minori sono state proposte varie alternative, tutte in accordo nellabbassaredrasticamente il numero di stelle previsto in tale intervallo di masse. Miller e Scalo hanno adesempio proposto di interpretare i dati osservativi in termini di una distribuzione log-normale, deltipo

    dN

    dlnM exp[C1(logM C2)

    2]

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    Fig. 4.13. Istogramma della distribuzione in massa dei frammenti risultanti da un processo proba-bilistico confrontato con una distribuzione log-normale. Le masse sono in frazioni della massa dellanube iniziale.

    con cui coprire lintero intervallo di masse. Non e peraltro ancora chiaro il ruolo dei fenomeni fisicialla base di una tale distribuzione, ne - in particolare - quanto tale legge sia di validita generaleo rappresenti - al contrario - una distribuzione caratteristica delle sole stelle di Popolazione I.Lipotesi che la IMF dipenda anche sensibilmente dal contenuto di metalli e stata infatti avanzatapiu volte, sulla base dellosservazione che il contenuto di metalli condiziona lopacita della materiaed i meccanismi di raffreddamento della medesima, processi che dovrebbero giuocare un ruolo nontrascurabile nella dinamica della contrazione e della fragmentazione.

    E interessante peraltro notare come sia stato mostrato che una distribuzione log-normale siaspontaneamente raggiunta quando si supponga che il processo di successive fragmentazioni sia rettoda leggi probabilistiche per quel che riguarda il numero di frammenti per evento, le masse di taliframmenti e il numero di frammentazioni (Fig. 4.13).

    A4.2. Il teorema del viriale

    Si abbia un gas autogravitante, composto cioe da un insieme di N particelle di massa mi, mutamenteinteragenti attraverso il loro campo gravitazionale. Per esso si definisce il momento di inerzia

    I=

    im1(x2i + y2i + z2i ) i = 1, N

    con ovvio significato dei simboli. Operandone la derivata seconda rispetto al tempo ne risulta

    1

    2

    d2I

    dt2=

    i

    mid

    dt(xivxi + yivyi + zivzi) =

    i

    miv2xi + ...+m1xiaxi + .......

    dove per brevita sono stati omessi gli analoghi contributi delle componenti y e z.E subito visto che la somma

    i

    miv2xi +miv

    2yi +miv

    2zi =

    i

    miv2i = 2T

    avendo indicato con T lenergia cinetica totale del sistema, somma delle energie cinetiche delle

    singole particelle.Notiamo ora che miaxi per la legge di Newton (F = ma) e la componente x della forza agente

    sulla i-ma particella. Potremo dunque scrivere

    xi miaxi = xiFxi = xiG

    j=i

    mimj

    r2ij

    xj xi

    rij

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    Eseguendo le somme, ad ogni termine del tipo

    xiGmimj

    r2ij

    xj xi

    rij(componente x della forza operata dalla particella j su quella i)

    corrisponde un termine

    xjGmimj

    r2ij

    xi xj

    rij(componente x della forza operata dalla particella i su quella j)

    la cui somma fornisce

    (xi xj)Gmimj

    r2ij

    xj xi

    rij= G

    mimj

    r2ij

    (xj xi)2

    rij

    Sommando le corrispondenti componenti y e z si ha

    Gmimj

    r2ij

    (xj xi)2 + (yj yi)

    2 + (zj zi)2

    rij= G

    mimj

    rij

    e sommando su tutte le particelle

    ij

    Gmimj

    rij= = energia di legame gravitazionale

    Riassumendo, si conclude che

    1

    2

    d2I

    dt2= 2T+

    come si voleva dimostrare.

    A4.3. Condizioni generali sulle strutture stellari

    Sulla base delle varie relazioni teoriche che governano lequilibrio delle strutture stellari e possibilericavare interessanti predizioni sul comportamento generale di tali strutture.

    Dallequazione dellequilibrio idrostatico nella forma dP/dM=GM/4r4, integrando lungolintera struttura con un unico passo si ottiene as esempio

    P M2

    R4e poiche P T

    M

    R3T

    si ha infine

    T M

    R

    Alla stessa relazione si giunge dal teorema del viriale. Da 2W + = 0 si ha infatti W ,dove ad evitare confusioni con la temperatura T abbiamo ora indicato con W lenergia cineticatotale del sistema. Per la temperatura si ha T W/M e, dal viriale, anche /M. Poiche M2/R si ha infine ancora T M/R.

    Utilizzando tale relazione possiamo anche ricavare indicazioni sulla relazione massa-luminositaper strutture supposte almeno in larga parte in equilibrio radiativo. In tal caso si ha infatti

    dT

    dM=

    3

    4ac

    L

    162r4T3da cui

    T4

    ML

    R4

    Da T M/R si ricava infine

    L M3

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    Fig. 4.14. Mappa degli elementi coinvolti nella combustione CNO veloce. Le linee a tratti indicanoi decadimenti .

    che mostra come la luminosita debba crescere con una potenza superiore della massa. Sinoti come nella derivazione non si siano fatte ipotesi sulla generazione di energia, a ulteriore di-

    mostrazione che la luminosita di una struttura e governata dalla massa attraverso lequilibrio idro-statico. Introducendo lipotesi che la luminosita sia il prodotto di un meccanismo di combustionenucleare, poiche lefficienza delle combustioni cresce con la temperatura, la relazione precedente cigarantisce anche che la temperatura centrale deve crescere con la massa.

    Dalla equazione della conservazione di energia si ha inoltre

    dL

    dR= 4r2 da cui

    L

    R3

    e utilizzando ancora T M/R, unita alla L M3 si ha

    LT3

    M3 T

    3

    .

    che mostra come il rapporto tra temperatura e densita dipenda dal coefficiente di generazionedi energia. Per questultimo si avra una dipendenza da temperatura e densita del tipo

    m Tn

    risultando m=1, n=4 per la combustione dellidrogeno, catena pp, m=1, n=14 per il ciclo CNO,e m=2, n=22 per la combustione dellelio.

    Per strutture sorrette dalla catena pp si avra cos, ad esempio

    T2

    cost

    e simile per il CNO, che mostra come se allaumentare della massa deve crescere la temperatura,come abbiamo gia trovato, nel contempo deve diminuire anche la densita centrale. Diminuendole masse si avranno dunque minori temperature e maggiori densita, predisponendo tali masse

    allinsorgere della degenerazione elettronica, come gia indicato.

    A4.4. Il ciclo CNO veloce

    I meccanismi di combustione dellidrogeno tramite la catena pp o il ciclo CNO sono in genere valutatisotto limplicita assunzione che la materia stellare sia a temperature tipiche delle fasi quiescenti di

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    Fig. 4.15. Diagrammi di flusso p er le reazioni del ciclo CNO veloce a varie temperature in miliardidi gradi (T9).

    combustione, e quindi al piu a poche diecine di milioni di gradi. Sono queste infatti le temperatureche consentono di norma di estrarre dalla fusione dellidrogeno lenergia necessaria per sostenereuna struttura stellare. E da presumere pero che in peculiari condizioni evolutive materia ancoraricca di idrogeno possa raggiungere temperature anche molto piu alte. Tale e il caso, ad esempio,di stelle supermassicce o prive di metalli o ancora, con riguardo a fasi non quiescenti, di materiacoinvolta nellesplosione di una nova o di una supernova (nucleosintesi esplosiva.)

    Ad alte temperature (T 108 K)il quadro di reazioni di combustione dellidrogeno puo risultare

    anche drasticamente modificato da due distinti ordini di accadimenti;

    1. Nella normale trattazione delle reazioni pp o CNO si e assunto che ove vengano prodotti nuclei instabili, questi abbiano il tempo di decadere spontaneamente prima di catturare un altroprotone. Cio puo non essere piu vero ad alte temperature, quando la velocita delle reazioni dicattura e grandemente accresciuta.

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    2. Alle alte temperature considerate e contemporaneamente presente la cattura che puo entrarein concorrenza con reazioni di cattura protonica.

    Le modifiche attese nella catena pp risultano marginali. Piu rilevanti le modifiche attese nel cicloCNO, dove la cattura 13N(p,)14O puo diventare concorrenziale al decadimento 13N(e+)13C, e dovereazioni quali 14O(,p)17F(p,)18Ne o 15N(, )19F a T 5 108 K giocano un ruolo determinante.

    Il calcolo dettagliato dellefficienza dei vari processi concorrenti puo essere eseguito sulla basedella conoscenza delle relative sezioni durto. La figura 4.14 riporta uno schema delle varie reazioniin grado di contribuire alla combustione veloce, mentre la figura 4.15 mostra i canali efficienti alle

    tre diverse temperature 108, 5 108 e 109 K.A 108 K e ancora essenzialmente operante un ciclo CNO attraverso la serie di reazioni

    12C(p,)13N(p,)14O(e+)14N(p,)15O(e+)15N(p,)12C

    mentre 20Ne viene trasformato in 22Ne. A 5 108 K il ciclo CNO si espande mentre divieneoperante anche il ciclo

    20Ne(p,)21Na(e+)21Ne(p,)22Na(p,)23Mg(e+)23N(p,)20Ne

    A 109 K le reazioni sono infine dominate da catture che operano sugli elementi leggeri sino atrasformarli in Mg24.

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    Origine delle Figure

    Fig.4.2 Castellani V. 1985, Astrofisica Stellare, ZanichelliFig.4.3 Castellani V. 1985, Astrofisica Stellare, ZanichelliFig.4.4 Castellani V. 1985, Astrofisica Stellare, ZanichelliFig.4.5 Castellani V. 1985, Astrofisica Stellare, ZanichelliFig.4.6 Castellani V. 1985, Astrofisica Stellare, ZanichelliFig.4.7 Castellani V., Sacchetti M. 1978, Astrophys. Space Sci. 53, 217Fig.4.8 Castellani V. 1985, Astrofisica Stellare, ZanichelliFig.4.9 Castellani V. 1985, Astrofisica Stellare, ZanichelliFig.4.13 Elmegreen B.G.Mthieu R.D. 1983, MNRAS 203, 305Fig.4.14 Prialmk D., Shara M.M., Shaviv G. 1978, A&A 62, 339Fig.4.15 Audouze J., Truran J.W., Zimmerman B.A, 1973, ApJ 184, 493.

    (Version 4.2)