PIERLUIGI OFFREDI La sicurezza nella verniciatura del legno

97
1 PIERLUIGI OFFREDI La sicurezza nella verniciatura del legno Legislazione: vincoli e opportunità Marcatura CE: cabine, pistole e distillatori Pericolosometro: TLV ed etichettatura Fonti di rischio: diluenti, vernici, impregnanti e polveri di levigatura Dispositivi di protezione: maschere e cuffie

Transcript of PIERLUIGI OFFREDI La sicurezza nella verniciatura del legno

1

PIERLUIGI OFFREDI

La sicurezza nella verniciatura

del legnoLegislazione: vincoli e opportunità

Marcatura CE: cabine, pistole e distillatori

Pericolosometro: TLV ed etichettatura

Fonti di rischio: diluenti, vernici, impregnanti e polveri

di levigatura

Dispositivi di protezione: maschere e cuffie

2

CAPITOLO 1: SICUREZZA

Autorizzazioni e regole per lavorare in sicurezza

Per iniziare l’attività produttiva, é necessario ottenere una serie di permessi e

autorizzazioni, che riguardano la corretta realizzazione dell’ambiente di lavoro.

1.1 Certificazione di agibilità

Deve essere richiesta al Sindaco o, in caso di affitto, bisogna verificare che

sia stata rilasciata al proprietario dei locali. Il certificato viene concesso

dopo che il Sindaco ha accertato il pieno rispetto delle norme igieniche, sta-

tiche e di sicurezza.

1.2 Notifica di inizio attività

Per tutte le imprese in cui siano occupati più di tre addetti (nel numero devo-

no essere compresi anche i soci, coadiuvanti e dipendenti) I’art. 48 del DPR

303 del ‘56 prevede che chiunque inizia od amplia l’attività è tenuto a darne

notifica alla USSL di competenza. La comunicazione va fatta in bollo, usan-

do apposita modulistica ove esistente. In allegato si dovranno produrre le

planimetrie della zona, le planimetrie dei locali in scala, con la dislocazione

dei macchinari e degli impianti. In alcuni Comuni tale obbligo vale anche per

imprese con un solo dipendente. Le sanzioni previste per la mancata notifi-

ca comprendono ammende variabili da 500.000 a un milione di lire.

1.3 Autorizzazione sanitaria

I regolamenti comunali di igiene prevedono l’obbligo dell’autorizzazione

sanitaria (da richiedere al Comune) per tutti quei locali dove si svolgono le

attività di lavorazione del legno, incollaggio e verniciatura. Le modalità con

cui si richiede l’autorizzazione possono variare da Comune a Comune. Sen-

za autorizzazione sanitaria non è concesso l’inizio della attività ed in man-

canza di essa é prevista l’ordinanza di chiusura.

3

1.4 Caratteristiche essenziali dei locali

Vediamo le prescrizioni principali richieste dal DPR 303 del 19/3/1956 ai

locali adibiti alle attività di lavorazione del legno, verniciatura e incollaggio.

Salvo speciali deroghe, da richiedersi alla USSL, é vietato utilizzare locali

interrati o seminterrati. L’altezza dei locali, rilevata dal piano pavimento al

soffitto, non può essere inferiore a tre metri. Il conteggio della cubatura non

deve risultare inferiore a dieci metri cubi per addetto, compreso il titolare. La

superficie conteggiata su ogni addetto non può essere inferiore ai due metri

quadrati. Il ricambio di aria deve essere frequente. Il posto di lavoro deve

essere sufficientemente illuminato.

Il laboratorio deve essere provvisto di adeguati servizi igienici.

1.5 Impianto di terra

Tutte le parti metalliche, a rischio di contatto, delle macchine e degli appa-

recchi, devono essere collegate a terra, come pure le parti metalliche, pre-

senti nei locali, che possono accidentalmente andare in tensione.

Tutte le prese devono avere il polo di terra.

ll conduttore, detto di protezione, che collega i poli delle prese e le parti

metalliche all’impianto di terra, deve avere dimensioni idonee e l’isolante

deve essere di colore giallo-verde.

L’impianto di terra è costituito da più dispersori (picchetti piantati nel terre-

no), di cui almeno uno ispezionabile, collegati tra di loro e al conduttore di

protezione.

1.6 Interruttori di protezione

Gli interruttori servono per togliere tensione alle linee elettriche in caso di

non utilizzo e quando si devono eseguire lavori sulle macchine o sulle linee

stesse.

Gli interruttori delle linee principali sono inoltre dotati di dispositivi che inter-

rompono automaticamente la tensione in caso di corto circuito o di sovrac-

carico (ad es. un motore che si blocca).

Questi interruttori, detti automatici, sono indispensabili perchè proteggono le

linee e le macchine da ulteriori danneggiamenti in caso di guasto e interven-

gono anche in caso di contatti accidentali, purchè ci sia un idoneo impianto

di terra.

Un particolare tipo di interruttore automatico è l’interruttore differenziale, che

è ormai oggi di uso universale e che deve essere sempre installato almeno

come interruttore generale. Le particolarità e le ragioni del successo dell’in-

terruttore differenziale stanno nella sua velocità e sensibilità di intervento,

con conseguente notevole riduzione della pericolosità dei contatti diretti e

indiretti.

1.7 Impianti elettrici in atmosfera potenzialmente esplosiva

La presenza diffusa di vapori di solventi e vernici infiammabili nelle zone in

cui si usano solventi, impone di ricorrere ad impianti elettrici del tipo AD (anti

deflagrante), a meno che vi siano sistemi di blocco nel caso l’aspirazione

non sia adeguata.

1.8 Illuminazione di emergenza

Nei luoghi di lavoro occorre installare un impianto di illuminazione sussidia-

ria o di emergenza, che entri immediatamente in funzione in caso di neces-

sità e che garantisca un’illuminazione sufficiente per intensità, durata,

numero e distribuzione delle sorgenti luminose.

L’impianto di illuminazione sussidiaria, ha lo scopo di rendere sicuro ed age-

vole lo sfollamento delle persone e di evitare qualsiasi pregiudizio alla sicu-

rezza delle persone e degli impianti, in caso di interruzione dell’alimentazio-

ne di energia elettrica.

1.9 Denuncia degli impianti di terra

Gli impianti di messa a terra devono essere denunciati alle USSL mediante

la consegna di un modulo definito “B” in duplice copia, debitamente compi-

lato da un qualificato tecnico installatore e firmato dal titolare dell’impresa.

L’impianto di messa a terra deve essere verificato prima della messa in ser-

vizio e poi periodicamente ad intervalli non superiori a due anni.

Le sanzioni per la mancata denuncia degli impianti di messa a terra variano

da L. 200.000 a L. 500.000.

1.10 Sicurezza delle macchine e marcatura CE4

5

Con il recepimento delle Direttive europee (Dpr 459/96), le macchine devo-

no rispondere ai requisiti essenziali di sicurezza e di tutela della salute:

devono essere quindi costruite in conformità a norme “armonizzate”. La

conformità ai requisiti essenziali di sicurezza è attestata dall’apposizione

del marchio di conformità CE sulla macchina, nonchè dalla dichiarazione di

conformità. Il progettista deve tener conto non solo della macchina che sta

ideando, ma deve anche progettare un prodotto che si integri bene con i

diversi ambienti e i diversi utilizzi.

1.11 Legge 626

Il Decreto Legislativo n. 626 del 19/09/1994, pubblicato sul supplemento

ordinario alla “Gazzetta Ufficiale” n. 265 del 12/11/1994, aggiornato dal DL

n. 658 del 30/11/1994, recepisce la direttiva quadro europea 89/391/CEE e

le sette direttive particolari che la integrano, che affrontano il tema della

sicurezza e della salute nei luoghi di lavoro, articolandosi in dieci Titoli e

tredici Allegati.

Questa normativa si applica a tutti i settori di attività (artigianali, industriali,

agricole, commerciali, amministrative, educative, etc.) e comunque a tutte

le imprese che occupano dei lavoratori che la legge indica come “...persone

aventi rapporto di lavoro subordinato anche speciale, soci delle cooperative

o delle società anche di fatto, etc...”

Vengono introdotti nuovi concetti per strutturare il sistema di sicurezza

aziendale e nuove figure di riferimento che vanno ad affiancarsi a quelle già

indicate dalle normative antecedenti.

Oltre ai principi di collaborazione ed informazione tra datore di lavoro e

dipendenti, vengono indicati tre momenti fondamentali per la costruzione

della sicurezza aziendale, che ritroviamo in vario modo in tutti i Titoli del

Decreto.

Essi sono:

• check up per la valutazione dei rischi e stesura di una relazione tecnica

riassuntiva

• formazione dei dipendenti

• controlli sanitari e sopralluogo medico in azienda effettuati dal medico

competente.

Obiettivo principale di questa legge è di rendere il datore di lavoro autore,

6

eventualmente con l’aiuto del servizio di prevenzione appositamente orga-

nizzato all’interno dell’azienda, o di servizi di consulenza esterni, della pre-

venzione e della riduzione del rischio nella sua attività produttiva.1.11.1 I compiti del datore di lavoroValuta i rischi e prende misure idonee per la prevenzione e la sicurezza.

Programma tempi e modalità di attuazione di queste misure.

E’ direttamente responsabile della sicurezza e della salute dei lavoratori,

che deve formare ed informare sui rischi aziendali.

Nomina le figure del responsabile alla sicurezza (in alcuni casi, può essere

lo stesso datore di lavoro, purché abbia frequentato un apposito corso di

formazione in materia di sicurezza) e del medico competente.

Oltre al servizio di prevenzione, il decreto prevede la designazione di un rap-

presentante per la sicurezza eletto direttamente dai lavoratori, che deve

essere consultato e ricevere le informazioni e la documentazione necessaria.

1.11.2 I compiti del responsabile della sicurezzaE’ eletto nell’ambito delle rappresentanze sindacali all’interno dell’azienda o,

in assenza di queste, direttamente dai lavoratori. Per aziende fino a 15

dipendenti può essere la stessa persona per più imprese nell’ambito territo-

riale. Può essere un dipendente interno all’azienda o un consulente esterno,

che affianca il datore di lavoro nei suoi compiti, purché possegga attitudini e

capacità adeguate.

1.11.3 I compiti del medico competenteCollabora con il datore di lavoro e con il servizio di prevenzione/protezione.

Informa i lavoratori, che mantiene sotto costante monitoraggio sanitario.

Visita gli ambienti di lavoro e ne valuta la sicurezza.

1.11.4 I compiti dei lavoratori Eleggono il rappresentante per la sicurezza.

Rispettano le istruzioni impartite e non manomettono o alterano i macchina-

ri.

Utilizzano i mezzi di protezione.

Partecipano obbligatoriamente ai corsi di formazione.

1.11.5 Scheda di autovalutazione

7

Per facilitare la valutazione dei rischi all’interno dell’azienda, un gruppo di

lavoro formato da alcune USSL ha messo a punto questionari indirizzati in

modo specifico alle aziende piccole e medie del comparto legno.

Mediante la compilazione dei questionari, il datore di lavoro individua le

caratteristiche di igiene e sicurezza che devono essere obbligatoriamente

presenti all’interno della sua azienda: dove la risposta è negativa è indi-

spensabile uno specifico intervento, con l’individuazione dei tempi e delle

modalità di effettuazione. Ovviamente, non verranno compilati quesiti che

riguardano attività non presenti in azienda (vedi appendice 7).

1.12 Legge 277/91: piombo e rumore

Le aziende che impiegano vernici contenenti piombo hanno l’obbligo di

valutare il rischio. La valutazione comprende una determinazione del tenore

di piombo nell’aria dell’ambiente di lavoro (PbA) e della piombemia (PbE) e

va ripetuta al massimo ogni 3 anni.

I risultati della valutazione devono essere trascritti in un apposito registro, di

cui ciascun lavoratore può prendere visione. Consultando il rapporto di valu-

tazione si ha il quadro degli adempimenti di prevenzione che l’azienda è

tenuta ad adottare.

Tutte le imprese sono tenute inoltre alla valutazione del rischio dovuto al

rumore nel caso di emissioni superiori agli 80 dBA.

In base alla valutazione del rischio, effettuata strumentalmente, l’imprendito-

re deve adempiere a una serie di obblighi, il cui mancato assolvimento può

comportare sanzioni da 2 milioni a 50 milioni di lire per i titolari ed i dirigenti,

da 1 a 10 milioni per i preposti, da 300 mila a 2 milioni per i lavoratori che

non osservano le norme di sicurezza.

Maggiori dettagli sono disponibili nelle appendici 4 e 5.

1.13 Sostanze nocive

Le sostanze nocive quali colle, solventi e vernici, oltre che essere conserva-

te in recipienti a tenuta e muniti di buona chiusura, non devono essere

accumulate nei locali di lavoro oltre le necessità della produzione in corso

(art. 18 DPR 303/56).

Il datore di lavoro, all’atto dell’acquisto di tali sostanze, dovrà accertarsi che

nei contenitori siano riportati i contrassegni ed i simboli previsti dalla legge

sulla etichettatura.

L’art. 19 del DPR 303/56, prevede che il datore di lavoro sia tenuto ad effet-

tuare, ogni qualvolta sia possibile, le lavorazioni pericolose o insalubri in

locali separati, in modo da non diffondere l’inquinamento verso lavoratori

che svolgono mansioni diverse. La zona di essiccazione dovrà quindi esse-

re separata dall’area di verniciatura.

Per la verniciatura, l’essiccazione e l’incollaggio, l’art. 20 del DPR 303/56

prevede l’installazione di un impianto di aspirazione, atto ad impedire o

ridurre al minimo possibile lo sviluppo e la diffusione di vapori nocivi e/o

odori nell’ambiente di lavoro; l’aspirazione va posizionata nel punto più vici-

no possibile all’emissione.

L’art. 21 del DPR 303/56 prevede che nelle lavorazioni in cui si sviluppano

polveri di qualsiasi specie il datore di lavoro è tenuto a realizzare impianti

per impedire o ridurne al minimo possibile lo sviluppo e la diffusione nell’am-

biente di lavoro.

L’aspirazione delle polveri deve essere eseguita possibilmente in corrispon-

denza del punto in cui si formano.

1.14 Aspirazioni

Tutte le macchine per la carteggiatura devono essere dotate di adeguato

impianto di aspirazione. La velocità di captazione nel punto in cui si forma la

polvere non deve essere inferiore a 1 m/sec.

1.15 Dispositivi di protezione individuale (DPI)

Il ricorso a tali mezzi é ammissibile solo nei casi in cui non sia effettivamen-

te possibile ricorrere a mezzi tecnici che ne rendano superfluo l’impiego. In

particolare, si dovrà tendere a ridurre al minimo la necessità di utilizzare

mezzi quali maschere per polveri, gas o vapori, in quanto difficilmente sono

sopportabili dal lavoratore, se non per fasi molto brevi.

Invece nella manipolazione di tali sostanze è obbligatorio l’uso di indumenti

di protezione e di altri particolari mezzi come guanti, copricapo e occhiali.

1.16 Pronto soccorso

La legge prevede che in ogni azienda siano presenti presidi sanitari per8

9

svolgere un’azione di pronto soccorso. Questi presidi possono essere indivi-

duati a seconda delle caratteristiche aziendali (numero di Iavoratori, distan-

ze da posti pubblici di pronto soccorso, presenza di particolari rischi).

Una cassetta di pronto soccorso sufficientemente completa dovrebbe com-

prendere: cotone emostatico, laccio emostatico, un paio di forbici, cotone

idrofilo, compressa di garza idrofila, cerotto, bende, un preparato antiustio-

ne, disinfettante (bialcool, citrosil, ecc), polvere alla simanite (disinfettante-

cicatrizzante), antinevralgico (nisidina,optalidon, aspirina, ecc), pomata per

traumi o contusioni (lasonil, reparil, gel ecc), collirio, tintura di iodio, analetti-

co-cardiorespiratorio (sjmpatol, micoren).

Per le aziende ubicate lontano dai centri pubblici permanenti di pronto soc-

corso, con più di 5 dipendenti, occorre avere la camera di medicazione.

1.17 Servizi igienici

I servizi igienici devono essere adeguati per numero, tenuti ben puliti a cura

del datore di lavoro e distinti per sesso (lavandini, gabinetti e/o docce). Nelle

nuove costruzioni bisognerà attenersi ai parametri previsti dai nuovi regola-

menti comunali di igiene.

1.18 Spogliatoi e armadietti

Si consiglia l’installazione di armadietti a doppio scomparto, al fine di separare

gli abiti da lavoro da quelli civili. Per le imprese oltre i 20 dipendenti, in caso di

lavorazioni particolari, sono obbligatori anche locali adibiti a spogliatoi.

1.19 Pasti

E’ vietato consumare o conservare cibo nei luoghi adibiti alle lavorazioni. Ai

lavoratori devono essere forniti i mezzi adatti alla conservazione, al riscalda-

mento dei cibi e al lavaggio delle stoviglie. All’interno dell’azienda é vietato

bere vino, birra ed altre bevande alcooliche, salvo modiche quantità durante

i pasti.

1.20 Visite mediche

II DPR 303/56, nonchè la Legge 277/91, prevedono che vengano sottoposti

a visite mediche preventive e periodiche tutti i lavoratori impegnati in lavo-

razioni che espongono a sostanze o agenti nocivi.

Le visite preventive sono quelle che si effettuano prima dell’assunzione, per

verificare le condizioni generali di salute e l’idoneità specifica al lavoro. Que-

ste visite consentono inoltre di accertare se nei lavori precedenti siano state

contratte malattie professionali.

Tali visite dovranno essere eseguite, a cura e a spese del datore di lavoro,

da parte di un medico “competente”. Il datore di lavoro decide se avvalersi

delle prestazioni della USSL o di privati. In alcune regioni le visite mediche

preventive per gli apprendisti vanno effettuate obbligatoriamente presso le

USSLL. Inoltre la Legge 277/91 obbliga le imprese, i cui lavoratori siano

esposti ai rischi in essa contemplati (rumore, piombo, amianto) a dotarsi

della figura di un “medico competente”.

Oltre alla periodicità prevista dal DPR 303, l’USSL può rendere obbligatoria,

I’esecuzione di visite mediche e relativi esami integrativi, quando ci si trovi

in presenza di sostanze ritenute pericolose, pur se non inserite nelle tabelle

del suddetto decreto.

Il datore di lavoro nella cui azienda sia previsto l’obbligo di visite mediche

periodiche, può richiedere, sulla base dell’art. 35 del DPR 303/56, di essere

autorizzato dalla USSL a modificare la periodicità, fino al raddoppio di esse.

L’USSL potrà concedere tali autorizzazioni dopo aver valutato il grado di

riduzione del rischio o la sua completa eliminazione, anche in dipendenza

dell’efficacia delle misure di prevenzione attuate dall’azienda.

L’azienda, attraverso il medico competente, dovrà curare la tenuta di registri

in cui sia riportato esclusivamente e sinteticamente l’esito di tali controlli

preventivi e periodici; la documentazione sanitaria personale dovrà invece

essere conservata a cura del medico incaricato dell’attività, per garantire il

segreto professionale.

Maggiori dettagli sono disponibili nell’appendice 6 di questo capitolo.

1.21 Infortuni sul lavoro e malattie professionali

Il datore di lavoro è obbligato a presentare al momento dell’inizio dell’attività

(almeno 5 giorni prima), denuncia di esercizio all’lNAlL, specificando la

natura dei lavori ed in particolare se essi comportano il rischio di malattia

professionale. Vanno inoltre indicati:

• le persone assicurabili che lavorano nell’azienda 10

11

• gli importi dei salari che saranno erogati (presunto)

• i macchinari e le attrezzature

• generalità e codice fiscale del titolare.

Quando si verificano variazioni che comportano modificazioni nella misura o

nell’estensione del rischio, devono essere denunciate all’istituto entro 8 giorni.

Il titolare o datore di lavoro deve denunciare all’lNAlL e all’autorià di Pubbli-

ca Sicurezza, entro due giorni da quello in cui ne ha avuto notizia (al datore

di lavoro la comunicazione dell’infortunio, anche se di lieve entità, deve

essere fatta immediatamente dal lavoratore), gli infortuni sul lavoro guaribili

in più di tre giorni. Le malattie professionali devono essere denunciate all’l-

NAlL entro 5 giorni dal giorno in cui si è manifestata la malattia.

E’ importante, successivamente alla denuncia iniziale, fare avere all’lNAlL i

certificati medici che prorogano l’inabilità al lavoro e il certificato finale che

determina la chiusura dell’infortunio. L’lstituto infatti non procede all’eroga-

zione della prestazione economica senza le suddette certificazioni.

1.22 Premio di assicurazione

E’ dovuto dal titolare all’INAIL. E’ determinato dal tasso di rischio relativo

all’attività svolta. Il tasso può essere aumentato o diminuito in funzione del-

l’andamento infortunistico aziendale. Dal 1 gennaio 1991, il premio per l’an-

no in corso e il conguaglio per l’anno precedente, devono essere pagati

entro il 20 febbraio di ogni anno.

1.23 Prestazioni

L’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali dà

diritto alle seguenti prestazioni:

• indennità giornaliera per inabilità temporanea

• rendita per inabilità permanente

• prestazioni ai superstiti

• cure medico-chirurgiche e riabilitative, cure termali.

1.24 Registro infortuni

Tutti gli infortuni e le malattie professionali, devono essere annotati su un

apposito registro, che deve essere vidimato dal servizio di medicina preven-

12

tiva e igiene del lavoro dell’USSL competente per territorio e conservato in

azienda.

Appendice 1: legge 626 e procedure per piccole emedie imprese

Decreto del ministero del Lavoro, di concerto con i ministeri dell’Industria e

della Sanità: procedure standardizzate degli adempimenti previsti per le pic-

cole e medie imprese in materia di sicurezza sul lavoro (decreti legislativi

626/94 e 242/96)

La traccia non costituisce una modulistica “obbligatoria” ma solamente

“consigliata” (il piccolo imprenditore può infatti utilizzare altri metodi).

Le piccole imprese al di sotto dei 10 addetti non sono obbligate a redigere

un documento, ma solo ad attestare l’avvenuta effettuazione (entro il 1°

gennaio 1997) della valutazione del rischio e degli obblighi ad essa collega-

ti. Il decreto contiene una falsariga - ossia una traccia per punti- che dovreb-

be guidare i piccoli imprenditori nella redazione del documento alla sicurez-

za, ossia quel risultato documentale finale da predisporre a seguito della

valutazione del rischio.

Le piccole e medie imprese di cui all’allegato 1 del decreto legislativo 19

settembre 1994, n.626, come modificato e integrato dal decreto legislativo

19 marzo 1996, n. 242, tenuto conto della natura del rischio, possono utiliz-

zare il modello allegato al presente decreto, per la redazione del documento

di cui all’articolo 4, comma 2 del citato decreto legislativo.

Premessa

Va chiarito, preliminarmente, che esso non sostituisce il processo di valuta-

zione dei rischi dell’articolo 4, comma 1 del suddetto decreto, né costituisce

una linea guida per effettuare tale valutazione, anche se fa propri, implicita-

mente, alcuni dei criteri che si ritengono essenziali per la buona riuscita di

tale processo.

In particolare esso è indirizzato alle aziende di piccole e medie dimensioni

caratterizzate da una bassa incidenza di rischio.

Questa traccia deve, in ogni caso, essere considerata un riferimento non

obbligatorio, che il datore di lavoro, se vuole, può utilizzare come guida alla

13

compilazione della già richiamata relazione.

L’imprenditore che intende servirsi di questo modello tenga presente che

esso va compilato in tutte le sue parti e corredato dalla documentazione di

volta in volta suggerita, sempreché tale modello sia idoneo a illustrare la

reale situazione aziendale.

Esso consente al datore di lavoro di documentare che in azienda è stato

attuato (naturalmente nei modi congruenti con l’entità dell’azienda e dei corri-

spondenti fattori di rischio) un sistema per tenere sotto controllo i rischi (esso

sarà utile in particolare a quei datori di lavoro che, in forza delle disposizioni

dell’articolo 10 del decreto in questione, intendono assumere personalmente

il compito e le responsabilità del servizio di prevenzione e protezione).

Altro obiettivo conseguibile è quello di documentare che la valutazione dei

rischi è stata fatta nel rispetto dei criteri formali (coinvolgimento delle perso-

ne incaricate o associate, tempi di attuazione, consultazione delle parti inte-

ressate) e sostanziali (concretezza, globalità, congruenza, programmazione

delle misure eccetera), che la legge prescrive al riguardo.

Le operazioni per la valutazione dei rischi in azienda

Il presente documento sintetizza il complesso delle operazioni svolte ai fini

della valutazione di cui all’articolo 4 comma 1 del predetto decreto e si arti-

cola nelle seguenti sezioni:

a) relazione

b) indicazione dei criteri seguiti

c) individuazione delle misure

d) programma per il miglioramento nel tempo dei livelli di sicurezza

e) documentazione e supporto.

Relazione

Azienda (ragione sociale)

Sede sociale

Rappresentante legale

Sede dell’azienda o dell’unità produttiva (cui è riferito il documento)

Attività svolta o esercitata (oggetto dell’impresa)

Nome del responsabile del servizio di prevenzione e protezione (se diverso

dal datore di lavoro)

Numero delle persone dipendenti dall’azienda

Numero delle persone addette all’unità produttiva

Breve descrizione dell’attività lavorativa (con particolare riferimento agli ele-

menti di rilevanza ai fini della sicurezza: rischi, modelli organizzativi, lavoro

articolato su turni, notturno, in cantieri fissi/mobili ecc.)

Data, o periodo di effettuazione (della valutazione cui si riferisce il documento)

La valutazione è stata effettuata dal datore di lavoro in collaborazione con:

• servizio di prevenzione e protezione interno

• servizio di prevenzione e protezione esterno (indicare quale)

• medico competente (indicare il nome)

• altra consulenza tecnica (specificare quale)

• altra consulenza sanitaria (specificare quale)

Il rappresentante dei lavoratori (dipendente/territoriale/di comparto, indica-

re il nome, la data di designazione da parte dei lavoratori, se conosciuta, e

quella in cui è pervenuta all’azienda la relativa comunicazione) è stato con-

sultato:

• preventivamente (indicare la/le data/date significativa/e)

• durante lo svolgimento della valutazione (indicare la/le data/e significati-

va/e)

• non è stato nominato

Coinvolgimento dei lavoratori dipendenti:

• si, mediante

- intervista

- questionario a schede

- colloquio

- altro (specificare)

• no

Altre indicazioni ed osservazioni

Criteri seguiti

Si dà di seguito l’elenco dei fattori di pericolo presi in considerazione (segue

elenco)

Nella valutazione si è tenuto conto dei lavoratori dipendenti dell’azienda e

anche dalle persone non dipendenti, ma presenti occasionalmente in azien-

da.

I rischi rilevati sono i seguenti: (segue indicazione o descrizione)14

15

Per la stima dei rischi rilevati sono stati presi a riferimento gli elementi

seguenti: (segue indicazione)

• regolamentazione di legge (specificare quale)

• norme di buona tecnica (specificare quali)

• principi generali di cui all’articolo 3 del decreto legislativo n.626/94

• altri (indicare quali)

Misure di sicurezza

Le misure di sicurezza conseguenti alla valutazione dei rischi sono quelle

sottoindicate e suddivise in:

a) misure per migliorare ulteriormente (in rapporto allo sviluppo del progres-

so della tecnica prevenzionistica) situazioni già conformi;

b) misure per dare attuazione alle nuove disposizioni introdotte dal decreto

legislativo n.626/94 nel testo modificato del decreto legislativo n.242/96.

Per i lavoratori che necessitano della sorveglianza sanitaria ai sensi della

legislazione vigente, sono stati definiti i relativi contenuti della sorveglianza

stessa.

Si dà di seguito l’elenco dei dispositivi di protezione individuale messi a

disposizione dei lavoratori (segue elenco).

Programma di miglioramento

Il programma per il miglioramento nel tempo dei livelli di sicurezza è stato

fatto come indicato di seguito:

a) è stato definito un programma di controllo delle misure di sicurezza

attuate per verificarne lo stato di efficienza e di funzionalità;

b) è stato stabilito un programma di revisione periodica della valutazione

dei rischi (solo per gli art.63 comma 5 e 78 comma 3) con le seguenti

modalità (indicare le modalità);

c) è in atto/definito (altro) un piano di informazione e formazione per i lavo-

ratori dipendenti che viene/sarà/è stato svolto:

• in collaborazione con le organizzazioni sindacali

• in proprio

• con la collaborazione di organismi paritetici

• altro (specificare);

d) eventuali altre azioni (in relazione ai risultati della revisione periodica di

16

cui alla lettera b)

Ove presenti, si suggerisce di indicare i riferimenti seguenti:

• alle istruzioni e procedure di sicurezza;

• alle procedure di emergenza e di pronto soccorso;

• al contenuto della sorveglianza sanitaria;

• alla programmazione delle azioni di informazione e formazione.

Documenti allegati

a) schede specifiche di individuazione dei pericoli e di valutazione dei rischi;

b) indicazione delle metodiche seguite per la valutazione delle esposizioni

(rumore, sostanze pericolose, altri agenti fisici, chimici ecc.)

c) documentazione particolare da allegare al presente documento in appli-

cazione di specifiche disposizioni del decreto legislativo n.626/94;

d) altra documentazione utile ad attestare la concreta effettuazione della

valutazione come già descritta.

Nota finale

Il presente documento è stato:

• posto all’ordine del giorno degli argomenti della riunione periodica di sicu-

rezza prevista per il (indicare la data)

• sottoposto all’attenzione del rappresentante dei lavoratori in data (indicare

la data)

• portata a conoscenza di (indicare i destinatari), mediante (indicare le

modalità)

Il presente documento è la revisione n................ del...................(data di

revisione).

17

Appendice 2: come svolgere la formazione

I ministeri competenti (Lavoro e Sanità) con un decreto hanno definito i con-

tenuti minimi della formazione per i lavoratori, i rappresentanti per la sicu-

rezza e per i datori di lavoro. Per rappresentanti e datori è prevista anche la

durata base dei corsi di formazione: rispettivamente trentadue e sedici ore.

E per i rappresentanti ci sono materie che vanno dai principi costituzionali e

civilistici agli elementi di diritto sindacale, dalle competenze tecniche sui fat-

tori di rischio e sulla relativa valutazione, alle nozioni di tecnica della comu-

nicazione. A fine corso deve essere previsto per tutti l’attestato di frequenza.

Le modalità per svolgere correttamente le attività di formazione sono indica-

te nel decreto 16/1/97 dei Ministeri del Lavoro e della Sanità “Individuazione

dei contenuti minimi della formazione dei lavoratori, dei rappresentanti per

la sicurezza e dei datori di lavoro”, di cui riportiamo il testo.

Articolo 1: formazione dei lavoratori

I contenuti della formazione dei lavoratori devono essere commisurati alle

risultanze della valutazione dei rischi e devono riguardare almeno:

a) i rischi riferiti al posto di lavoro e alle mansioni, nonché i possibili danni e

le conseguenti misure e procedure di prevenzione e protezione;

b) nozioni relative ai diritti e doveri dei lavoratori in materia di sicurezza e

salute sul posto di lavoro;

c) cenni di tecnica della comunicazione interpersonale in relazione al ruolo

partecipativo.

Articolo 2: formazione del rappresentante per la sicurezza

I contenuti della formazione del rappresentante dei lavoratori per la sicurez-

za sono i seguenti:

a) principi costituzionali e civilistici;

b) la legislazione generale e speciale in materia di prevenzione infortuni e

igiene del lavoro;

18

c) i principi soggetti coinvolti e i relativi obblighi;

d) la definizione e l’individuazione dei fattori di rischio;

e) la valutazione dei rischi;

f) l’individuazione delle misure (tecniche, organizzative, procedurali) di pre-

venzione e protezione;

g) gli aspetti normativi dell’attività di rappresentanza dei lavoratori;

h) nozioni di tecnica della comunicazione.

La durata dei corsi per i rappresentanti dei lavoratori è di trentadue ore, fatte

salve diverse determinazioni della contrattazione collettiva.

Articolo 3: formazione dei datori di lavoro

I contenuti della formazione dei datori di lavoro che possono svolgere diret-

tamente i compiti propri del responsabile del servizio di prevenzione e pro-

tezione sono i seguenti:

a) il quadro normativo in materia di sicurezza dei lavoratori e la responsabi-

lità civile e penale;

b) gli organi di vigilanza e di controllo nei rapporti con le aziende;

c) la tutela assicurativa, le statistiche e il registro degli infortuni;

d) i rapporti con i rappresentanti dei lavoratori;

e) appalti, lavoro autonomo e sicurezza;

f) la valutazione dei rischi;

g) i principali tipi di rischio e le relative misure tecniche, organizzative e pro-

cedurali di sicurezza;

h) i dispositivi di protezione individuale;

i) la prevenzione incendi e i piani di emergenza;

l) la prevenzione sanitaria;

m) l’informazione e la formazione dei lavoratori.

La durata minima dei corsi per i datori di lavoro è di sedici ore.

Articolo 4: attestazione dell’avvenuta formazione

L’attestazione dell’avvenuta formazione deve essere conservata in azienda

a cura del datore di lavoro.

19

Appendice 3: sentenze in materia di sicurezza

Omissione di cautele antinfortunistiche

La Corte di Cassazione, sezione prima penale, con la sentenza n.6755 del

4 luglio 1996 ha confermato che l’art.437 del codice penale - che punisce

l’omissione dolosa di cautele contro gli infortuni sul lavoro - rappresenta un

reato di natura permanente, che continua sino a che non viene eliminata la

causa dell’infortunio. Non sono quindi ammesse deroghe o proroghe all’at-

tuazione di norme sulla sicurezza del lavoratore.

Sempre in tema di sicurezza del lavoro, la Corte di Cassazione, sezione

quarta penale, con la sentenza n.7175 del 18 luglio 1996 ha sancito la vali-

dità del delitto di omissione colposa di cautele antinfortunistiche previsto

dall’art.451 del codice penale. Tale articolo stabilisce l’esistenza di reato

quando si crea il pericolo di infortuni sul lavoro a un numero indeterminato

di persone. Tale indeterminatezza non significa che occorre la presenza di

una collettività di lavoratori, ma che debbano essere salvaguardati dal peri-

colo i lavoratori momentaneamente e casualmente in servizio (anche uno

solo).

Il datore di lavoro deve consegnare ai propri dipendenti macchinarisicuri

La Cassazione Penale sezione 4, del 12/05/1994 n.2030, ha confermato la

piena responsabilità del datore di lavoro in tema di sicurezza, in quanto egli

ha l’obbligo di consegnare ai propri dipendenti macchinari o utensili provvisti

di ogni opportuno ed efficace dispositivo antinfortunistico. Ciò garantisce

che il relativo funzionamento si svolga in condizioni di assoluta sicurezza,

senza alcun pericolo per i lavoratori, la cui integrità fisica deve essere

comunque ed in ogni caso assolutamente tutelata. Qualora la macchina sin

dall’acquisto presenti evidenti deficienze di sicurezza, il datore di lavoro

deve apportare quelle aggiunte o modifiche che rendano il funzionamento

della stessa estremamente sicuro.

20

Qualora un infortunio sul lavoro si verifichi in conseguenza dell’uso di una

macchina i cui dispositivi di sicurezza sono mancanti o insufficienti, è irrile-

vante il fatto che in una precedente ispezione degli organi di tutela non sia

stata rilevata alcuna irregolarità perché, avendo il datore di lavoro l’obbligo

di attuare le misure antinfortunistiche e di accertarsi della loro esistenza, i

macchinari che sono soggetti all’usura e con il passare del tempo subiscano

modificazioni, devono essere sottoposti a revisione periodica.

Condanna per rimozione della sicurezza

Rimuovere i dispositivi di sicurezza di un macchinario, magari per accelera-

re i tempi della produzione, può costituire per un datore di lavoro un reato

che il Codice normalmente prevede per i disastri e gli eventi che mettono a

rischio la collettività, con la possibilità quindi di subire una condanna fino a

10 anni di reclusione. E' quanto è capitato a un imprenditore di Scandicci,

condannato dal tribunale di Firenze a cinque mesi di reclusione per il reato

di "rimozione dolosa di cautele contro gli infortuni sul lavoro", che risultava

contestato fino ad oggi raramente in queste circostanze.

Dispositivi di protezione

La quarta sezione penale della Corte di Cassazione, con la sentenza

n.7000 dell’11 luglio 1996, ha sancito che in caso di infortunio sul lavoro

causato da una macchina sprovvista del prescritto dispositivo di protezione,

il datore di lavoro che pur abbia delegato ad altri il compito di provvedere

alla manutenzione delle attrezzature dell’azienda, é comunque penalmente

responsabile.

Rumore: esposizione al rumore e misure tecniche per ridurne i rischi

La Corte Costituzionale, con la sentenza n.312 del 18 luglio 1996, ha con-

fermato l’obbligo, penalmente sanzionato, del datore di lavoro di ridurre al

minimo i rischi di esposizione al rumore ai quali i lavoratori possono essere

sottoposti, attraverso misure tecniche, organizzative e procedurali.

La corte ha chiarito che non é anticostituzionale l’art.41, comma 1, del

DLgs. 15 agosto 1991, N.277 (attuativo della normativa CEE in materia di

protezione contro i rischi da esposizione ad agenti chimici, fisici e biologici

21

durante il lavoro), nella parte in cui contrasterebbe con i principi di tassati-

vità e determinatezza dei fatti che portano all’incriminazione.

La legge prevede l’obbligo - penalmente sanzionato - del datore di lavoro di

ridurre al minimo, in relazione alle conoscenze acquisite in base al progres-

so tecnico, i rischi connessi alla esposizione al rumore, mediante misure

tecniche, organizzative e procedurali concretamente attuabili.

Non sono quindi state accettate le obiezioni di coloro che ritenevano “vago”

il principio dell’adeguamento al progresso tecnico.

Vendita di apparecchiature insicure e soggetti responsabili

Cassazione sezione quarta penale - Sentenza n.36 del 9 gennaio 1997.

In caso di vendita di apparecchiatura sprovvista dei prescritti dispositivi di

sicurezza in violazione dell’art.7 DPR 27 aprile 1955 n.547, sono penalmente

responsabili sia l’amministratore delegato della società venditrice che non

abbia delegato ad altri le funzioni tecniche, sia il responsabile dell’ufficio ven-

dite di tale società incaricato di tenere i rapporti con l’azienda produttrice del-

l’apparecchiatura e di ricevere gli ordini di acquisto di tale apparecchiatura.

Macchine: certificazione di conformità alle norme antinfortunistiche

Cassazione sezione quarta penale - Sentenza n.8676 del 24 settembre1996 - Pres.Scorzelli - Est.Battisti - PM (Conf.) Freda - Ric. Ieritano.

In caso di infortunio sul lavoro occorso a una macchina sprovvista di ade-

guata protezione, è penalmente responsabile il datore di lavoro che abbia

omesso di realizzare tale protezione, anche nel caso in cui la ditta vendi-trice abbia certificato la conformità della macchina alle norme antinfor-tunistiche.Le norme antinfortunistiche, infatti, come la Cassazione ha ripetutamente

affermato, sono dettate anche per impedire le imprudenze o le negligenze

dei lavoratori, dovute alle più disparate ragioni, non ultima la ragione di voler

guadagnare tempo per pulire la macchina.

La Cassazione ha più volte sottolineato che, ove si voglia considerare il

lavoro - e, pertanto, il lavoratore - come uno dei fattori della produzione,

questo fattore è indubbiamente il più nobile, nel senso che la integrità psico-

fisica del lavoratore, se è un valore che ha incontestabile importanza per il

datore di lavoro, è, anzitutto, come vuole l’articolo 32 della Carta Costituzio-

nale, un fondamentale diritto dell’individuo e uno degli interessi della colletti-

vità, il che comporta che il datore di lavoro, nell’organizzare quei fattori, deb-

ba avere cura, sopra ogni cosa, di quella integrità, anche valutando, al di là

delle eventuali certificazioni, la rispondenza delle macchine alle previsioni

antinfortunistiche, le possibili se non, addirittura, le probabili imprudenze del

lavoratore nell’eseguire i compiti affidatigli.

Obblighi anti-infortuni

L’obbligo del datore di lavoro di garantire la salute del lavoratore sussiste

anche in relazione alle condotte volontarie e di segno contrario del dipen-

dente: l’imprenditore è pertanto responsabile per l’infortunio subito dal

dipendente nell’esercizio dell’attività lavorativa, anche a fronte di una con-

dotta imprudente di quest’ultimo, se tale condotta è stata determinata, o

quanto meno agevolata, da un assetto organizzativo del lavoro non rispetto-

so delle norme antinfortunistiche.

Sezione lavoro - Sentenza 29 maggio 1997, N.4782.

Obbligatorietà delle tecnologie disponibili sul mercato

Cassazione sezione terza penale - sentenza n. 3048 del 2 aprile 1997.

Commette le contravvenzioni di cui agli artt.20 DPR 19 marzo n.303 e 41

DLgs 15 agosto 1991 n.277 il datore di lavoro che ometta di attuare le tec-

nologie già disponibili sul mercato atte a prevenire o ridurre al minimo l’in-

quinamento dell’ambiente di lavoro dovuto alla diffusione di fumi e gas e di

rumore.

Massima sicurezza tecnologicamente possibile e principio di legalità

Cassazione sezione terza penale - sentenza n.4011 del 29 aprile 1997.

Nel prescrivere l’obbligo del datore di lavoro di ridurre al minimo i rischi deri-

vanti ai dipendenti dall’esposizione al rumore, l’art.41 comma 1 DLgs 15

agosto 1991 n.277 non viola il principio di legalità, essendo il precetto certo

e univoco, dal momento che l’aver rimesso all’elaborazione e all’evoluzione

della tecnica l’individuazione per ciascuna lavorazione dei provvedimenti

opportuni per diminuire i rischi derivanti dall’esposizione al rumore, non

implica mancanza di certezza e determinatezza della norma per omessa22

23

indicazione del comportamento dovuto.

Obbligo di informazione dei lavoratori

Cassazione sezione terza penale - Sentenza n.3053 del 2 aprile 1997.

L’art. 4 lettera b) del DPR 27 aprile 1955 n.547, nel contemplare l’obbligo

del datore di lavoro di “rendere edotti i lavoratori dei rischi specifici cui sono

esposti”, fa riferimento ai rischi specifici non prevedibili sulla base della

comune esperienza, e non ai casi in cui l’attività lavorativa non presenti

alcuna pericolosità specifica e, quindi sia sufficiente seguire le normali rego-

le di prudenza per evitare infortuni.

(Nella fattispecie, un lavoratore di una cooperativa di pulizie, salito su un

davanzale per pulire i vetri esterni di un edificio, era precipitato. La Suprema

Corte esclude che al presidente della cooperativa si possa addebitare l’o-

messa informazione del lavoratore sui rischi connessi all’attività di lavaggio

dei vetri).

Il valore del TLV

Corte Cassazione sentenza n.2531 del 29/11/91.

Gli imputati erano stati condannati dal Pretore alla pena di lire 900 mila di

ammenda ciascuno per il reato di cui all’art. 20 del DPR n.303/56 (omissio-

ne di strumenti atti ad impedire lo sviluppo e la diffusione di vapori). Brama

Flavio e Dario hanno impugnato la sentenza per dedurre che (per inerzia

della Pubblica Amministrazione) mancano parametri certi per affermare la

loro responsabilità penale (in pratica in Italia i TLV non hanno valore legale).

La Cassazione ha comunque dato ragione al Pretore, in quanto non erano

stati utilizzati sistemi per ridurre le emissioni.

Cosa significa “concretamente attuabile”?

La sentenza della Corte Costituzionale n.312 del 18 luglio 1996 é di partico-

lare rilevanza, in quanto nella legge 626 si fa specifico riferimento alle

“...misure tecniche, organizzative e procedurali che il datore di lavoro deve

adottare per ridurre al minimo i rischi derivanti dall’esposizione al rumore”.

Questo concetto apre molte interpretazioni sulla quantità e la qualità degli

interventi preventivi possibili, con evidenti risvolti economici e tecnologici.

Sul significato di questa frase si è ampiamente discusso in svariate sedi e

con il contributo di autorevoli magistrati: la lettura più diffusa, che ha guidato

l’azione di molti Servizi di Prevenzione, ha equiparato le soluzioni più sicure

con quelle già esistenti sul mercato e quindi già commercializzate.

In effetti l’evoluzione tecnica consente quasi sempre, attraverso studi di pro-

gettazione specifici, di ridurre un rischio anche di poco, indipendentemente

da una valutazione reale del rapporto costi-benefici di un intervento.

Tale interpretazione é coerente con quanto previsto dalle normative sulla

sicurezza del lavoro, in particolare per quanto riguarda l’obbligo dei progetti-

sti delle macchine di minimizzare il rischio, e l’obbligo dei datori di lavoro a

privilegiare al momento dell’acquisto le macchine meno pericolose.

In base a questa filosofia molti operatori della prevenzione hanno gestito

interventi di comparto e l’ISPESL ha attivato la Banca Nazionale delle Solu-

zioni, proprio per censire e far conoscere gli interventi più significativi.

La sentenza della Corte di Cassazione, che riguarda l’applicazione delle

norme sul rumore nell’ambiente di lavoro, precisa che l’obbligo di riduzione

del rischio vale solo nei casi in cui ci si discosti dalle “misure tecniche gene-

ralmente applicate e dagli accorgimenti organizzativi e procedurali general-

mente acquisiti”.

Qualsiasi prescrizione che induca un contenimento del rischio con soluzioni

già disponibili sul mercato, ma ancora scarsamente diffuse nella realtà tec-

nologica di un comparto, sembrerebbero quindi escluse.

Poiché la filosofia del D.Lgs 277/91 non è certo lontana da quella del D.Lgs

626/94, tale ragionamento dal rumore può essere trasposto a tutti i rischi

chimici, fisici e biologici.

Basterebbe obbiettare che per raggiungere l’attuale livello di generalizzazio-

ne delle misure tecniche e comportamentali vi dovrà pur essere stato un ini-

zio e poi un procedere della loro diffusione; o che la prevenzione non può

certo attendere solo il “turnover” delle macchine, stimolato quasi sempre da

esigenze produttive, nella speranza, e senza la certezza, che questo porti

con sé anche qualche beneficio per la salute.

Ma controbattere che l’impianto della normativa preventiva europea non può

certo essere tradotto nella nostra lingua in una disattivazione per vie traver-

se della funzione stimolatrice dell’abbattimento dei rischi da parte dell’orga-

no di vigilanza, non elimina certo il timore di contenziosi in merito.

Nella sentenza si afferma inoltre che “il giudice, per valutare la perseguibilità

di un non intervento, si debba chiedere non tanto se una soluzione disponibi-24

25

le faceva parte del patrimonio di conoscenze del settore, ma se essa era già

accolta negli standard di produzione industriale o specificamente prescritta”.

Ma per accogliere una soluzione negli standard di produzione industriale

occorre attendere che essa sia inserita nella generalità di quella tipologia di

macchine o è sufficiente che essa sia prodotta in serie e commercializzata,

entrando così a far parte del variegato panorama tecnologico del mercato di

quel comparto?

E’ evidente come la prima interpretazione rafforzerebbe la lettura riduttiva

prima esposta, mentre la seconda tornerebbe a confermare il senso finora

dato all’articolo 4.

Appendice 4: il piombo

Se non vengono superati i 40 microgrammi per metro cubo di PbA, o i 35

microgrammi per 100 cc di PbE, l’azienda deve garantire:

• un’informazione specifica sui rischi, i danni e le misure di prevenzione

• una regolare pulizia dei locali e degli impianti

• ambienti non a rischio per sostare, fumare, mangiare e bere nelle pause

del lavoro.

Se vengono superati i 40 microgrammi per metro cubo di PbA, o i 35 micro-

grammi per 100 cc di PbE, l’azienda deve inoltre garantire:

• il controllo periodico (trimestrale o annuale) della esposizione al piombo

(PbA + PbE)

• un’informazione completa e periodica su rischi, danni e misure di preven-

zione

• locali e impianti realizzati per garantirne la facile pulizia e manutenzione

• un’impiego limitato dei composti al piombo e misure che riducano al mini-

mo il numero di lavoratori esposti

• misure di protezione collettive (per esempio aspirazioni) ed individuali

(indumenti da lavoro, mezzi di protezione delle vie respiratorie ecc.)

• servizi sanitari adeguati, provvisti di docce

• armadietti a doppio scomparto (pulito-sporco) ed un servizio di lavaggio

degli indumenti di lavoro a carico dell’azienda

• gli accertamenti sanitari preventivi e periodici (trimestrali, semestrali o

annuali)

• la compilazione del registro degli esposti al rischio (che sarà trasmesso

all’USL).

Misure immediate di bonifica sono richieste al superamento di 150 micro-

grammi per metro cubo di PbA, che deve essere tempestivamente segnala-

to ai lavoratori ed alla USL, o al superamento di 60 microgrammi per 100 cc

di PbE.

Il superamento di 70 microgrammi per 100 cc impone l’allontanamento tem-

poraneo del lavoratore dall’esposizione.

Per le donne in età fertile, è previsto l’allontanamento dalla esposizione se26

27

la PbE supera i 40 microgrammi per 100 cc.

La sostituzione dei prodotti a base di piombo comporta notevoli costi. Ad

esempio, i pigmenti organici, necessari per dare alle vernici la colorazione

gialla, costano tre volte di più di quelli a base di piombo.

La norma europea EN 71 sulla sicurezza dei giocattoli, non proibisce l’im-

piego di vernici contenenti piombo, purché la pellicola essiccata non sia

solubile in ambiente acido (in modo da evitare i rischi di assorbimento trami-

te la saliva).

Il DM 21/3/73, riguardante le sostanze a contatto con gli alimenti, prevede

una concentrazione di piombo nella vernice non superiore allo 0.01%, una

concentrazione di arsenico non superiore allo 0.005%, mentre mercurio,

bario, cadmio e selenio in forma solubile sono vietati.

Appendice 5: il rumore. Linee guida per l’inter-pretazione e l’applicazione della legge 277

Valutazione del rischio

La valutazione dei livelli di rumorosità dev’essere effettuata in ogni attività

lavorativa soggetta al rispetto delle disposizioni del Decreto Legislativo (pre-

senza di lavoratori subordinati o ad essi equiparati).

Se, dall’analisi del ciclo produttivo e della letteratura disponibile, il datore di

lavoro può fondatamente presumere che per nessun lavoratore sia superato

il livello di esposizione personale quotidiana (ovvero di quella settimanale

media, se l’esposizione è variabile) di 80 dBA, la valutazione non prevede

necessariamente l’esecuzione di misure di rumore.

In tale caso il datore di lavoro si limita a redigere un rapporto, datato e fir-

mato, che tiene a disposizione dell’organo di vigilanza.

Nel rapporto il datore di lavoro indica gli elementi che hanno concorso alla

formulazione della valutazione stessa (analisi accurata del ciclo produttivo,

macchine e attrezzature, condizioni di lavoro in cui tale valutazione è stata

effettuata, disponibilità di misure in situazioni confrontabili, bibliografia, con-

sulenze etc.)

In tutti gli altri casi (superamento del livello di esposizione personale quoti-

diana, di quella settimanale media, se l’esposizione è variabile, di 80 dBA)

la valutazione dovrà essere integrata da misure di rumore eseguite da per-

sonale competente nel rispetto dei metodi indicati nell’allegato VI del D.L.

I risultati delle misure, unitamente alle modalità con cui le stesse sono state

eseguite ed alle caratteristiche della strumentazione utilizzata, vengono

riportati in un rapporto datato e firmato, redatto a cura del datore di lavoro e

tenuto a disposizione dell’organo di vigilanza. Per ciascun lavoratore (o

gruppo omogeneo di lavoratori) dovranno essere indicati i livelli di esposi-

zione quotidiana personale, calcolati secondo le formule riportate all’art.39.

Al fine di poter rappresentare le condizioni di lavoro cui la valutazione si rife-

risce, nel rapporto dovrà inoltre essere indicato quanto segue:

• tipo e caratteristiche della produzione (prodotto finito e/o tipo di lavorazioni28

29

eseguite; produzione in serie, per lotti, etc.)

• macchine e/o impianti presenti nell’ambiente di lavoro e loro tempo di utilizzo

• indicazione della eventuale presenza di presidi di bonifica significativi per

l’insonorizzazione di macchine o ambienti

• numero di lavoratori occupati, numero di ore quotidiane o settimanali di

esposizione a rumore

• condizioni di lavoro nelle quali la valutazione è stata effettuata (numero di

macchine operanti contemporaneamente, operazioni manuali rumorose e

loro durata, tipo di materiali lavorati etc.); dette condizioni devono essere il

più possibile rappresentative della situazione media di esercizio.

Ogni modifica di lavorazione o di impianti, se in grado di influire in modo

sostanziale sul rumore esistente, determina l’esigenza di realizzare una

nuova valutazione.

In caso di avvio di nuove attività, il datore di lavoro esegue la valutazione

del rischio da rumore, con le modalità elencate, non prima di 90 giorni e non

oltre 180 giorni dall’inizio dell’attività stessa.

I lavoratori o i loro rappresentanti devono essere consultati in ordine alla

programmazione e alla effettuazione della valutazione del rischio e succes-

sivamente informati sul rapporto conclusivo (art.42).

Al fine di fornire elementi utili alla valutazione, le USSL metteranno a dispo-

sizione delle associazioni sindacali e imprenditoriali i dati di rumorosità

ambientale dei comparti produttivi per i quali siano disponibili i risultati di

indagini effettuate dalle Unità Operative Tutela della salute nei luoghi di

lavoro.

Misure tecniche, organizzative, procedurali

L’art. 41, comma 1 così recita: “il datore di lavoro riduce al minimo, in rela-

zione alle conoscenze acquisite in base al progresso tecnico, i rischi deri-

vanti dall’esposizione a rumore mediante misure tecniche, organizzative e

procedurali, concretamente attuabili, privilegiando gli interventi alla fonte.”

L’articolo non indica specificatamente il livello di esposizione a cui si appli-

cano le misure sopra indicate, ma dalla struttura di tutto il Decreto e soprat-

tutto dal dettato dell’art. 42, comma 1 che sancisce: “nelle attività che com-

portano un valore dell’esposizione personale di un lavoratore a rumore

superiore a 80 dBA, il datore di lavoro provvede a che i lavoratori, ovvero i

loro rappresentanti, vengano informati su: a)... b) le misure adottate in appli-

cazione delle presenti norme; ...”, si evince che sicuramente al di sopra del-

la soglia di esposizione a 80 dBA si applica l’art. 41, comma 1 (senza per

questo escludere interventi anche al di sotto degli 80 dBA qualora concreta-

mente attuabili).

Per quanto riguarda la definizione dell’ espressione “concretamente attuabi-

li” appare congrua al dettato costituzionale e coerente con la legislazione

vigente la associazione del dettato dell’articolo a quanto previsto dal Codice

Civile, art. 2087 (l’imprenditore è tenuto ad adottare nell’esercizio dell’impre-

sa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecni-

ca, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei

prestatori di lavoro).

A questo proposito si ritiene di evidenziare la necessità che l’imprenditore,

anche per mezzo delle proprie associazioni di categoria, acquisisca docu-

mentazione in campo nazionale e internazionale sulle realizzazioni tecniche

di provvedimenti a difesa della salute dei lavoratori nelle specifiche lavora-

zioni.

Presso il dipartimento di prevenzione verrà attivata, a cura delle Unità Ope-

rative Tutela della salute nei luoghi di lavoro, una raccolta sistematica di

documentazione utile ai fini di individuare i possibili interventi di bonifica per

le lavorazioni e le macchine di più comune riscontro nel territorio e con riferi-

mento ai risultati riscontrati nelle indagini svolte.

Infine non va dimenticato che le misure indicate dal legislatore non sono

solo quelle tecniche (di cui già ai provvedimenti consigliati dalla tecnica del-

l’art. 24 DPR 303/56), ma anche quelle organizzative e procedurali, la cui

chiamata in causa costituisce una novità nell’ordinamento nazionale.

Ferma restando l’opportunità di privilegiare comunque gli interventi sulla

sorgente del rumore (meno aleatori e più facilmente controllabili rispetto alle

altre misure), la possibilità di affiancare anche modifiche procedurali e/o

organizzative agli interventi tecnici fornisce ulteriori strumenti per il conteni-

mento dell’esposizione, la cui importanza non va trascurata in molte situa-

zioni difficilmente modificabili per l’aspetto impiantistico.

Procedure previste nel caso di un’esposizione personale quotidiana (osettimanale media) compresa tra 80 e 85 dBA

Il datore di lavoro deve eseguire i seguenti compiti:

• redige il rapporto sulla valutazione effettuata e lo tiene a disposizione del-30

31

l’organo di vigilanza (art. 40)

• verifica la possibilità di attuare misure tecniche, organizzative, procedurali

atte a ridurre i rischi derivanti dall’esposizione a rumore, privilegiando gli

interventi alla fonte (art. 41, comma 1); le disposizioni aziendali e le norme

previste devono essere fatte rispettare, ferma restando la verifica della

loro applicabilità (art. 5, comma 1 punto f)

• informa i lavoratori, ovvero i loro rappresentanti, in merito ai rischi per l’udi-

to, le misure adottate, le misure di protezione che i lavoratori devono utiliz-

zare, la funzione e l’uso dei mezzi individuali di protezione, il risultato e il

significato della valutazione effettuata (art. 42, comma 1, punti a-b-c-d-f)

• fornisce analoga informazione ai lavoratori autonomi e/o titolari di imprese

incaricate a qualsiasi titolo di prestare la propria opera nell’ambito azien-

dale; coopera con i titolari al fine di coordinare gli interventi di protezione

dei lavoratori (art. 5, commi 2-3-4)

• provvede, qualora i lavoratori ne facciano richiesta, a che vengano sotto-

posti a visita medica preventiva e periodica, previa conferma dell’opportu-

nità da parte del medico competente (art. 44, comma 4) e verifica che il

medico rispetti gli adempimenti previsti (art. 5, comma 1, punto g); in que-

sto caso provvede inoltre ad informare i lavoratori, ovvero i loro rappresen-

tanti, circa il significato e il ruolo del controllo sanitario tramite il medico

competente (art. 42, comma 1, punto e), a fornire al medico competente

una breve relazione sul ciclo produttivo e sugli agenti ad esso inerenti

(art.5, comma 1, punto g), a fornire al medico competente i risultati della

valutazione di rumore effettuata; infine acquisisce firma per presa visione

ed eventuale parere di competenza del medico stesso in calce al rapporto

redatto ai sensi dell’art. 40 (art. 7, comma 6)

• è utile e opportuno che anche ai lavoratori con esposizione personale quo-

tidiana pari o inferiore a 85 dBA venga data una dotazione adeguata di

mezzi di protezione personale, pur non essendo previsto uno specifico

obbligo per il datore di lavoro (art. 43).

Procedure previste nel caso di un’esposizione personale quotidiana (osettimanale media) compresa tra 85 e 90 dBA

Il datore di lavoro deve eseguire i seguenti compiti:

• redige il rapporto sulla valutazione effettuata e lo tiene a disposizione del-

l’organo di vigilanza (art. 40)

32

• verifica la possibilità di attuare misure tecniche, organizzative, procedurali

atte a ridurre i rischi derivanti dall’esposizione a rumore, privilegiando gli

interventi alla fonte (art. 41, comma 1); le disposizioni aziendali e le norme

previste devono essere fatte rispettare, ferma restando la verifica della

loro applicabilità (art. 5, comma 1 punto f)

• informa i lavoratori, ovvero i loro rappresentanti, in merito ai rischi per l’udi-

to, le misure adottate, le misure di protezione che i lavoratori devono utiliz-

zare, la funzione e l’uso dei mezzi individuali di protezione, il risultato e il

significato della valutazione effettuata (art. 42, comma 1, punti a-b-c-d-f)

• provvede a un’adeguata formazione dei lavoratori in merito all’uso corretto

dei mezzi individuali di protezione dell’udito, all’uso corretto di macchine,

utensili, apparecchiature che, utilizzati in modo continuativo, producono

un’esposizione quotidiana personale pari o superiore a 85 dBA (art. 42,

comma 2)

• fornisce analoga informazione ai lavoratori autonomi e/o titolari di imprese

incaricate a qualsiasi titolo di prestare la propria opera nell’ambito azien-

dale; coopera con questi al fine di coordinare gli interventi di protezione

dei lavoratori (art. 5, commi 2-3-4)

• provvede ad informare i lavoratori, ovvero i loro rappresentanti, circa il

significato e il ruolo del controllo sanitario, tramite il medico competente

(art. 42, comma 1 punto e)

• fornisce al medico competente una breve relazione sul ciclo produttivo e

sugli agenti ad esso inerenti (art. 5, comma 1, punto g)

• fornisce al medico competente i risultati della valutazione di rumore effet-

tuata; acquisisce firma per presa visione ed eventuale parere di competen-

za del medico stesso in calce al rapporto redatto ai sensi dell’art. 40 (art.

7, comma 6)

• verifica che il medico competente rispetti gli adempimenti previsti; in parti-

colare provvede a che i lavoratori con esposizione quotidiana personale

superiore a 85 dBA vengano sottoposti a visita medica preventiva e perio-

dica e a controllo audiologico come precisato nel D.L. (art. 5, comma 1,

punto g; art. 44)

• fornisce i mezzi di protezione personale dell’udito ai lavoratori; i mezzi

saranno adeguati e adattati al singolo lavoratore e alle sue condizioni di

lavoro, di sicurezza e di salute; sulla scelta dei mezzi consulta i lavoratori,

ovvero i loro rappresentanti (art. 43); la consegna dei mezzi di protezione

individuale viene registrata, indicando tipo e quantità dei mezzi forniti e la

33

data di consegna

• esige l’uso appropriato dei mezzi individuali di protezione da parte dei

lavoratori, accertandosi che vi siano le condizioni per il rispetto di tali

disposizioni (art. 5, comma 1, punto f).

Procedure previste nel caso di un’esposizione personale quotidiana (osettimanale media) superiore a 90 dBA

Qualora, effettuata la valutazione, il datore di lavoro riscontri anche per un

solo lavoratore un’esposizione quotidiana personale al rumore superiore a

90 dBA, o un valore della pressione acustica istantanea non ponderata

superiore a 140 dB (200 Pa) e non riesca entro 30 giorni dall’accertamento

ad abbassare tale limite con l’adozione delle già citate misure tecniche,

organizzative e procedurali, deve darne comunicazione all’organo di vigilan-

za, informando i lavoratori o i loro rappresentanti.

La comunicazione all’organo di vigilanza dovrà essere corredata da: copia

del rapporto redatto ai sensi dell’art. 40; indicazione chiara e articolata di

tutte le misure prese a seguito della verifica del superamento del limite

sopraindicato; piano di bonifica con l’indicazione delle specifiche misure tec-

niche, organizzative o procedurali, che si intendono ulteriormente adottare

per ridurre la rumorosità e i relativi tempi di realizzazione.

Il datore di lavoro, oltre a quanto previsto nel caso di un’esposizione perso-

nale superiore a 85 dBA, provvede altresì a:

• perimetrare i luoghi di lavoro in cui è presente un livello di rumore superio-

re a 90 dBA, oppure un livello della pressione acustica istantanea non

ponderata superiore a 140 dB (200 Pa), predisponendo una segnaletica

appropriata (indicazione di pericolo, obbligo all’uso di mezzi di protezione

personale, divieto di accesso per i non addetti), come previsto dall’art. 41,

2 e 3 comma; il datore di lavoro è tenuto ad effettuare, ogni qualvolta è

possibile, in luoghi separati le lavorazioni rumorose, allo scopo di non

esporvi senza necessità i lavoratori addetti ad altre lavorazioni (art. 19,

DPR 303/56)

• predisporre il registro degli esposti, inviandone copia sia all’ISPESL che

all’organo di vigilanza presso la USSL di competenza (art. 49). In attesa di

definizione ministeriale dei modelli di registro da adottarsi, si dovrà comun-

que prevedere la registrazione dei seguenti dati: nominativo, data di nasci-

ta, data di assunzione, breve descrizione della mansione, livello equivalente

34

misurato, data della valutazione; il registro dovrà prevedere spazi di aggior-

namento per variazioni di mansione e le relative misure di esposizione.Note all’allegato VI: criteri per la misurazione del rumore

La valutazione del rumore deve essere eseguita avvalendosi di strumenta-

zione dotata delle caratteristiche richieste all’allegato VI del D.L..

Il livello di esposizione personale quotidiana deve essere calcolato utilizzan-

do le formule di cui all’art. 39.

E’ opportuno che le posizioni in cui sono state eseguite le misure vengano

riportate in planimetria e che vengano indicati i risultati di ciascuna misura-

zione di rumore e i tempi di permanenza dell’operatore (o gruppi omogenei)

nelle varie posizioni.

Nel caso di esposizioni personali variabili (spostamento del lavoratore nel

reparto o impianto, variazione nel tempo del livello di rumorosità della sin-

gola posizione di lavoro), si possono utilizzare anche i dosimetri personali,

purchè la durata della misura sia significativa.

I dosimetri personali impiegati potranno essere anche di classe 2 per i

seguenti motivi:

• il D.L. non dà esplicite indicazioni in merito

• l’impiego di dosimetri, anche se di classe 1, non può comunque costituire

una misura precisa del livello di esposizione per le numerose variabili ed

interferenze connesse a questo tipo di rilevazione (riverbero del corpo,

comportamento indotto del lavoratore che indossa lo strumento, impossi-

bilità di controllo continuo da parte dell’incaricato delle misure).

Il dato fornito dal dosimetro serve quindi soprattutto per collocare le varie

esposizioni e/o mansioni nelle fasce previste dal D.L. ( 80; 80-85; 85-90; 90

dB (A) Leq 8h), con un intervallo di variazione, cioé di imprecisione stimata

di +/-2dB.

Si devono comunque utilizzare tutte le procedure per garantire una corri-

spondenza tra il livello di esposizione e la sua misura.

35

GlicoliLavoratori addetti all’impiego di solventi contenenti glicoli

Idrocarburi benzenici (benzolo, toluolo, xilolo ed omologhi)Lavoratori addetti alla preparazione e impiego di solventicontenenti benzolo e omologhi

Derivati alogenati degli idrocarburi alifatici Lavoratori addetti all’impiego di solventi contenenti derivatialogenati degli idrocarburi alifatici

Acetone Lavoratori addetti all’impiego di solventi contenenti acetone

Alcool butilico, alcool propilico, alcool isopropilico, alcoolmetilicoLavoratori addetti all’impiego di solventi contenenti lesostanze predette

Eteri (acetato di butile, acetato di etile, acetati di propile,acetato di metile)Lavoratori addetti all’impiego di solventi contenenti lesostanze predette

Radiazioni ultraviolette e infrarosseLavoratori addetti alle applicazioni industriali dei raggiultravioletti e infrarossi

32

33

38

39

40

41

46

ESTRATTO DALLA TABELLA DELLE LAVORAZIONI PER LE QUALI VIGE L’OBBLIGO DELLE VISITE MEDICHE PREVENTIVE E PERIODICHE

(ART.33 DEL DECRETO DPR 303/1956)

semestrale

CAUSA DEL RISCHIO LAVORAZIONI O CATEGORIE DI LAVORATORI

N. PERIODO VISITE

trimestrale

trimestrale

semestrale

semestrale

semestrale

semestrale

VISITE MEDICHE SUGGERITE PER GLI ESPOSTI A POLVERE DI LEGNO

• visita annuale mirata agli organi e agli apparati bersaglio

• prove di funzionalità respiratoria annuale

• visita otorinolaringoiatrica annuale

Appendice 6: periodicità visite mediche

36

Le operazioni di verniciatura vengono effettuate in locali appositi,separati dai restanti locali di lavoro in modo da non esporre alrischio lavoratori addetti ad altre lavorazioni

La cabina é marcata CE ed é dotata di rilevatore della perdita di effi-cienza nell’aspirazione

Le operazioni di verniciatura a spruzzo sono effettuate in appositacabina aspirante

L’aria estratta dall’impianto di aspirazione viene sostituita con ariapulita di pari volume

Viene eseguita una idonea e periodica manutenzione dell’impianto(ricambio acqua, pulizia filtri, ecc.)

Vengono utilizzate tecniche di applicazione del prodotto verniciantecon sistemi ad alta efficienza di trasferimento

L’essiccazione (appassimento, evaporazione dei solventi) vieneeffettuata in una zona o locale separato ed opportunamente aspira-to, senza stazionamento di personale

Per le operazioni di incollaggio con colle a solvente è prevista unaidonea aspirazione localizzata della zona di operazione

I fusti con vernici, colle e solventi:- sono immagazzinati in apposito locale dotato di bacino di conteni-

mento- se mantenuti sul luogo di lavoro (per il quantitativo strettamente

necessario per le lavorazioni) vengono tenuti ben chiusi - sono chiaramente etichettati

Si privilegia, dove possibile, I’impiego di vernici e solventi menonocivi (vernici ad acqua, ad ”alto solido”, ecc.)

Per ogni sostanza chimica utilizzata è disponibile in azienda la sche-da di sicurezza

Sono stati forniti idonei dispositivi di protezione individuale (guanti,maschere, ecc.)

Ne viene controllato l’uso corretto e la manutenzione

DOMANDA SI NO

❒ ❒

❒ ❒

❒ ❒

❒ ❒

❒ ❒

❒ ❒

❒ ❒

❒ ❒

❒ ❒

❒ ❒❒ ❒

❒ ❒

❒ ❒

❒ ❒

❒ ❒

Appendice 7: scheda di autovalutazione per lasicurezza nella verniciatura e nell’incollaggio

37

CAPITOLO 2: MARCATURA CE

La Direttiva “macchine” e la marcatura CE

La Direttiva europea, nota anche come “Direttiva macchine”, recepita dalla

legge italiana con il DPR 459/96, richiede innanzitutto un profondo esame

dei rischi potenzialmente presentati dalle macchine ed una loro riduzione

secondo parametri di sicurezza e salute chiaramente indicati in un lungo

elenco, I’allegato 1. Inoltre, prima di potere apporre la marcatura, é neces-

sario redigere una dichiarazione di conformità, documento accompagna-

torio per ogni esemplare di macchina prodotta, che garantisce l’assunzione

di responsabilità del produttore circa l’adeguamento del prodotto immesso

sul mercato secondo i requisiti richiesti dalle Direttive europee applicate.

Infine é necessario, prima di redigere la dichiarazione di conformità, predi-

sporre un corposo fascicolo tecnico, composto da una lunga serie di docu-

menti dimostranti la buona costruzione, secondo i criteri di sicurezza e salu-

te prima citati.

La legge ha molto chiaramente sancito la obbligatorietà di disporre di tale

voluminoso materiale presso la sede del costruttore, il quale deve pronta-

mente produrla ad ogni richiesta avanzata dagli enti preposti.

2.1 Ma le macchine sono veramente sicure?

Molte macchine marcate CE sono ben lontane dall’essere conformi alle nor-

me, sia per quanto riguarda la documentazione necessaria (fascicolo tecni-

co e manuale di istruzioni), sia per l'effettiva valutazione e prevenzione dei

rischi che dovrebbe essere effettuata in fase di progettazione o di costruzio-

ne della macchina.

La realtà del mercato è attualmente questa:

• stanno circolando macchine marcate CE prive della necessaria documen-

tazione (o con una documentazione incompleta e/o imprecisa), progettate

e costruite in modo inadeguato, cioè non sicure

• l’utilizzatore finale, fidandosi della presenza della marcatura CE, non ha

modo di controllare l’effettiva conformità della macchina che acquista,

mettendo a rischio l’incolumità dei lavoratori

• i costruttori che hanno speso risorse umane e finanziarie per adeguare le

macchine, sono penalizzati rispetto a quelli che hanno semplicemente

comprato l’etichetta CE dal cartolaio, senza effettuare le necessarie modi-

fiche burocratiche e tecniche.

In conclusione, poiché non esiste alcun controllo sull’effettiva differenza tra

macchine conformi e non conformi alle norme di sicurezza, si é creato uno

squilibrio di mercato che da un lato penalizza i costruttori corretti, dall’altro

non consente agli utilizzatori di sapere se hanno pagato un prezzo corri-

spondente all’effettivo livello di sicurezza garantito dalla macchina.

2.2 Il controllo delle macchine

Il Comitato tecnico degli Assessorati alla Sanità delle Regioni italiane, ha

elaborato le modalità operative che i servizi di vigilanza delle USSL devono

seguire nella loro attività di controllo. L’obbiettivo é quello di uniformare il

comportamento degli ispettori su tutto il territorio nazionale.

I Servizi di Prevenzione delle Aziende USL sono il soggetto titolare della

funzione di vigilanza e controllo in materia di tutela della salute nei luoghi di

lavoro (art. 23 del D.Lgs 626/94 e art. 19 del D.Lgs 758/94) ed hanno com-

petenza su tutti gli aspetti relativi alla sicurezza ed all' igiene del lavoro.

Le azioni in materia di libera circolazione delle merci hanno portato alla

emanazione di direttive di prodotto, tra le quali la “Direttiva macchine", che

presentano implicazioni anche sulla sicurezza e la salute nei luoghi di lavo-

ro. In questa direttiva sono stabiliti i requisiti di sicurezza e le caratteristiche

tecniche che devono possedere le macchine ed i componenti di sicurezza

per garantire la libera circolazione degli stessi all'interno dei paesi dell' Unio-

ne. In sede nazionale il DPR 459/96 ha recepito la direttiva macchine con

un regolamento di attuazione.

Nel recepimento delle direttive di prodotto, l'amministrazione titolare della

funzione autorizzativa e di controllo sull'applicazione é il Ministero dell' Indu-

stria in collaborazione con il Ministero del Lavoro. Ai servizi delle Aziende

USL é riconosciuta una funzione collaborativa di segnalazione delle macchi-

ne che presentano deficienze ai requisiti di igiene e sicurezza riscontrate in

sede di vigilanza e controllo.

Se concettualmente la distinzione delle funzioni e degli ambiti di applicazio-

ne é chiara, esistono momenti di intersezione tra le due normative, con pro-

blemi di sovrapposizione e dualità applicative.38

39

I punti di interferenza tra le varie normative sono rappresentati dal fatto che

il DPR 459/96 disciplina il momento costruttivo ed esplica la sua azione nel

momento della immissione sul mercato. E' una direttiva rivolta al costruttore,

lo investe di responsabilità su quanto ha realizzato e gli indica un percorso

razionale di valutazione della macchina in fase di progettazione.

Il D.Lgs 626/94 tutela il lavoratore attribuendo degli obblighi e delle respon-

sabilità al datore di lavoro, al dirigente ed al preposto presso cui il dipenden-

te presta la propria opera. E' inoltre previsto un ambito di responsabilità, ai

sensi dell'art. 6, per il fabbricante, il progettista ed il venditore della macchi-

na o attrezzatura.

Occorre, infine, precisare che mentre il DPR 459 é una norma di natura

amministrativa, priva di sanzione, dotata unicamente del potere coercitivo di

possibile emanazione di un provvedimento di ritiro dal mercato o di divieto

di utilizzazione (potere che viene esercitato dal Ministero dell'industria), il

D.Lgs. 626/94 é una norma a valenza penale, comporta che sulle sue viola-

zioni si esprima il giudice in sede giurisdizionale e che le prescrizioni siano

impartite dall'organo di vigilanza della Azienda USL, così come indicato dal-

l'art. 23 del D.Lgs 626/94.

2.3 Immissione sul mercato e messa in servizio di macchine nuove

Il primo quesito che si pone é rappresentato dall’eventuale presenza di

macchine (o componenti di sicurezza) costruite prima della data del 21/9/96,

ma non ancora immesse sul mercato o messe in servizio.

Il DPR 459/96 non ha previsto un regime transitorio che consenta la immis-

sione sul mercato di macchine costruite secondo la normativa previgente,

come é avvenuto, ad esempio, per i DPI (dispositivi di protezione individua-

le) con il D.Lgs 475/92. L'unico riferimento ad un regime transitorio (art. 11)

riguarda le macchine e le apparecchiature soggette in passato alla omolo-

gazione da parte dell'ISPESL e si riferisce essenzialmente alle macchine

per le quali é già stata inoltrata la relativa domanda di omologazione.

E' quindi evidente che, fatta eccezione per quelle di cui all'art. 11, le macchi-

ne già costruite, ma ancora giacenti presso l'azienda costruttrice alla data

del 21/9/96, al momento della immissione sul mercato devono rispondere ai

requisiti essenziali di sicurezza di cui all'allegato I ed essere corredate da

marcatura CE, da dichiarazione di conformità e da manuale d'istruzioni per

l'uso.

Questa interpretazione é peraltro confermata nella pubblicazione mono-

grafica "Normativa comunitaria sulle macchine" diffusa dall'ISPESL e conte-

nente i commenti sulla direttiva macchine e le risposte a quesiti interpretativi

date dal Comitato Permanente, dove viene chiaramente specificato che per

'"commercializzazione" di una macchina (immissione sul mercato) si intende

la prima messa a disposizione sul territorio comunitario di ogni singola mac-

china materialmente esistente e completa, a prescindere dal momento o dal

luogo in cui é stata fabbricata.

Nel caso invece di macchine già immesse sul mercato prima della data di

entrata in vigore del DPR 459/96 (ad esempio quelle già fornite al venditore

o quelle gia' vendute), ma non ancora messe in servizio, non essendo più

nella possibilità del costruttore la realizzazione delle eventuali modifiche, si

ritiene che non siano assoggettabili alla nuova normativa.

Questa considerazione é motivata dal fatto che il richiamo alla '"messa in

servizio" sia da riferire essenzialmente alle macchine che subiscono modifi-

che costruttive e che vengono reimmesse in servizio, sia nel caso che que-

ste modifiche avvengano presso il costruttore (si verifica quindi una nuova

immissione sul mercato), che nel caso di modifiche presso l'utilizzatore

(nuova messa in servizio).

2.4 Immissione sul mercato o messa in servizio di macchine già inuso prima della data di entrata in vigore del DPR 459/96 e succes-sivamente "modificate"

Nel punto 3 dell'art. 1 del DPR 459/96 viene specificato che si considera

una nuova immissione sul mercato la messa a disposizione di macchine

che abbiano subito modifiche costruttive non rientranti nella ordinaria o

straordinaria manutenzione.

Non essendo indicato chiaramente cosa si intenda per ordinaria o straordi-

naria manutenzione, potrebbero emergere differenti interpretazioni, soprat-

tutto relativamente alla manutenzione straordinaria.

Considerando che questo nuovo DPR si rivolge essenzialmente alle mac-

chine di nuova costruzione e che ha la finalità prevalente di introdurre nuovi

criteri di omogeneità nella commercializzazione su tutto il territorio dell'Unio-

ne europea, si ritiene che debbano essere considerate modifiche e interven-

ti non rientranti nella manutenzione straordinaria solamente quegli interventi

che modificano sostanzialmente la macchina in oggetto.40

41

Dovranno, quindi, essere assoggettate alla nuova procedura di certificazio-

ne solamente le macchine che vedranno modificata la loro funzione specifi-

ca o le loro prestazioni, al di fuori di quanto previsto in origine dal costrutto-

re. Nel paragrafo seguente vengono riportati esempi di modifiche sostanziali

(macchine usate soggette a marcatura CE) e di altre modifiche che non

determinano l'obbligo di certificazione.

Le modifiche conseguenti ad un ripristino delle condizioni di sicurezza

richieste dalle norme previgenti alla data di entrata in vigore del DPR

459/96, qualora non determinino sostanziali modifiche nella funzione speci-

fica della macchina, non dovranno pertanto comportare l'obbligo di assog-

gettare la macchina alle nuove procedure di certificazione.

2.5 Macchine già in servizio alla data di entrata in vigore del DPR459/96 (macchine usate)

Il mercato dell'usato rappresenta una quota significativa del mercato totale e

ciò rende necessario una sua regolamentazione, al fine di consentire la

commercializzazione di macchine ed impianti rispondenti alle norme di sicu-

rezza.

La linea di comportamento indicata si prefigge pertanto l'obbiettivo della

sicurezza, ponendo in subordine gli aspetti formali che, in alcuni casi, sono

richiesti per il rispetto del DPR 459/96. Si intende per:

• macchina usata, una macchina funzionante, ma con ridotto tempo di vita

ancora utile, rispetto all 'intero tempo di utilizzo, come previsto dal fabbri-

cante per gli elementi strutturali di una macchina nuova e/o per i suoi

componenti

• modifiche costruttive non rientranti nell'ordinaria o straordinaria manuten-

zione, le modifiche che introducono elementi di rischio per i quali non é

stata effettuata la valutazione in sede di progettazione.

Vediamo qualche esempio di modifiche costruttive non rientranti nella ordi-

naria o straordinaria manutenzione, per le quali é richiesta la marcatura CE

della macchina:

• modifiche delle modalità di utilizzo non previste dal costruttore

• modifiche funzionali della macchina (aumento della potenza installata o

erogata, aumento della velocità degli organi per la trasmissione del moto

o degli organi lavoratori, ecc.

• installazione di logica programmabile (PC, PLC, logica RAM)

• impianto composto da più macchine indipendenti, ma solidali per la realiz-

zazione di un determinato prodotto (linea), nel quale viene inserita una o

più macchine che modificano, in tutto o in parte, la funzionalità dello stes-

so.

Vediamo invece alcuni esempi di modifiche che non richiedono la "marcatu-

ra CE" della macchina:

• adeguamenti alle norme che comportano installazione di schermi fissi,

schermi mobili non automatici, microcontatti di blocco, arresto di emergen-

za, freno, comando a doppio pulsante gestito da sistema elettromeccani-

co/pneumatico

• sostituzione del quadro elettrico senza modifiche nella logica di funziona-

mento

• installazione di dispositivi elettrosensibili per il rilevamento di persone (bar-

riere immateriali, tappeti sensibili, rilevatori elettromagnetici).

2.5.1 Permuta contro nuovo acquistoSecondo il DPR 459/96, l'utilizzatore (cioé il datore di lavoro) che cede una

macchina usata in permuta contro un nuovo acquisto, deve attestare all'atto

della vendita la rispondenza della stessa alla legislazione previgente (art.

11, comma 1).

Considerato però che non si é in presenza di un passaggio ad un utilizzato-

re diretto e che non vi é intenzionalità di reimmettere sul mercato una mac-

china che presenti eventuali carenze, si ritiene che l'obbligo di attestare la

conformità della macchina alle norme previgenti all'atto della vendita (art.

11, comma 1) compete solamente al rivenditore della stessa.

Nell'atto di compravendita, relativamente all'usato ed in caso di macchine

con eventuali carenze di sicurezza, sarebbe opportuno specificare:

• tipo di macchina e modello

• numero di matricola

• nome del costruttore

• dicitura “la macchina non puo' essere reimmessa sul mercato nelle condi-

zioni di fatto, ciò é possibile solamente a seguito di un adeguamento alle

norme di sicurezza”.

2.5.2 Vendita ad un altro utilizzatore direttoIl proprietario di una macchina che vende la stessa ad un utilizzatore diretto,

42

43

deve attestare la conformità della macchina alla legislazione previgente,

analogamente a chi concede la macchina in conto/lavoro o in prestito d'uso

(art. 11, comma 1 del DPR 459/96).2.5.3 Cessione per conto venditaIl proprietario di una macchina, che fornisce la stessa ad una terza persona

(ad esempio il rivenditore), con procura di vendita del bene, al momento del-

la vendita é tenuto ad attestare la conformità della macchina alla legislazio-

ne previgente.

2.5.4 VarieIn caso di modifiche costruttive di una macchina non rientranti nell’ordinaria

o straordinaria manutenzione (ad esempio per ricondizionamento), l'obbligo

di marcatura CE della macchina stessa e di rilascio della dichiarazione di

conformità ricade:

• sull'utilizzatore, in caso di intervento effettuato dall'utilizzatore stesso

• sulla ditta che effettua le modifiche, in caso di intervento di ditta esterna.

Nel caso ciò non avvenga, l'obbligo ricade ancora sull'utilizzatore finale.

In caso di cessione o alienazione di una macchina, il curatore fallimentare

assume tutti gli obblighi previsti nei punti precedenti.

2.6 Attività di vigilanza: modalità operative

La legislazione inerente la sicurezza del lavoro non prevede, in via genera-le, un’esclusione di responsabilità del datore di lavoro per le macchine da luiutilizzate, se queste si rivelano difformi dalle disposizioni legislative e rego-lamentari vigenti in materia di sicurezza, pur risultando formalmente marca-te CE.

Bisogna però tener conto del fatto che il D.P.R. 459/96 sottolinea la respon-

sabilità del costruttore (o mandatario) a produrre e commercializzare mac-

chine dotate di idonei requisiti di sicurezza, prevedendo che le macchine

siano provviste di marcatura, di dichiarazione di conformità e di manuale d'i-

struzioni d'uso.

Al fine di un' equilibrata applicazione della normativa, gli operatori, in sede

di sopralluogo, constatata l’inosservanza a norme di sicurezza delle macchi-

ne, valutano se le carenze riscontrate siano palesi, se le stesse si siano già

manifestate in sede di utilizzo o se, invece, si possano ritenere occulte.

Un acquisto potrebbe essere considerato incauto quando le caratteristi-che della macchina o il suo prezzo d'acquisto sono molto divergentida quanto offerto da altri produttori.Vediamo una sintetica rassegna a seconda degli specifici casi che si posso-

no riscontrare.

2.6.1 Carenze palesi o già manifestate in sede di utilizzoQualora gli organi di vigilanza delle Aziende Usl, nel corso dell'attività ispet-

tiva, accertino la non conformità di una macchina o di un componente di

sicurezza, costruito o venduto dopo il 21/9/96, ai requisiti essenziali di sicu-

rezza di cui all'allegato I del D.P.R.459/96, procedono riconoscendo la sus-

sistenza di responsabilità del costruttore (o mandatario), del venditore e del-

l'utilizzatore (datore di lavoro). In particolare si attivano due distinte proce-

dure.

L'iter amministrativo, prevede la comunicazione al Ministero dell'Industria e

al Ministero del Lavoro. Questa procedura interessa il costruttore o manda-

tario e viene svolta nell'ambito delle azioni di controllo della produzione

industriale. Prima di effettuare la segnalazione viene ovviamente accertato

che la macchina sia stata utilizzata in modo conforme alle indicazioni fornite

dal fabbricante e che non abbia subito modifiche in sede di utilizzo.

L'iter penale, prevede l’azione nei confronti di tutti i soggetti interessati

(costruttore, mandatario, venditore e utilizzatore), applicando le procedure

previste per ciascuno dei soggetti coinvolti.

Nei confronti dell'utilizzatore la procedura prevista dal D.Lgs. 758/94 preve-

de la contravvenzione, accompagnata dall'emanazione di una prescrizione

contenente i termini di adeguamento.

L'installazione dei sistemi antinfortunistici da parte dell'utilizzatore, tali da

eliminare le condizioni di rischio, permetterà di ammettere il contravventore

al pagamento della sanzione in sede amministrativa.

Nel caso di situazioni di particolare gravità, quando l'incolumità dei lavorato-

ri può correre gravi rischi con l'utilizzo della macchina, i servizi potranno

adottare la misura cautelare del sequestro preventivo della macchina non

conforme.

Nei confronti del venditore e del costruttore (o mandatario) sono ravvisabili

la violazione dell'art. 6 del D.Lgs. 626/94 e successive modifiche per il reato

connesso alla vendita (venditore) ed alla costruzione (costruttore).

In questo caso il reato seguirà le procedure ordinarie della legislazione44

45

penale, con la possibilità di accedere alla oblazione speciale ai sensi del-

l'art. 162 bis C.P.

Nel caso in cui i servizi delle Aziende USL trovino macchine che presentano

situazioni di rischio grave ed immediato, oltre alla possibilità di adottare la

misura cautelare del sequestro preventivo già illustrato in precedenza,

potranno adottare specifiche azioni volte ad eliminare tali condizioni perico-

lose sul restante parco macchine venduto ed utilizzato. In questo caso il

servizio che ha eseguito gli accertamenti potrà richiedere al costruttore l'e-

lenco delle macchine vendute, per poi trasmetterlo alle Regioni interessate,

al fine di effettuare i necessari interventi presso gli utilizzatori. Le comunica-

zioni dovranno essere adeguatamente motivate e corredate di tutta la docu-

mentazione necessaria.

2.6.2 Carenze occulteSi intendono per carenze occulte quelle che non siano palesi o che non si

siano già manifestate in sede di utilizzo. A titolo di esempio, si indicano

come occulte le carenze progettuali non rilevabili da un semplice esame

visivo o dall'uso quotidiano della macchina.

In questo caso si fornisce l'indicazione di procedere con la sanzione nei

confronti del solo costruttore, in quanto questi é l'unico soggetto che era a

conoscenza, o che aveva il dovere di conoscere, quanto progettato e che

aveva la responsabilità di costruire macchine sicure.

In questo caso l'iter amministrativo, tracciato dal regolamento D.P.R.

459/96, prevede la comunicazione al Ministero dell'Industria e al Ministero

del Lavoro, così come descritto in precedenza. Si tratta di una procedura

che interessa il costruttore o il mandatario.

L'iter penale nei confronti del costruttore punisce la violazione dell'art.6 del

D.Lgs. 626/94, così come descritto in precedenza.

Nei confronti dell'utilizzatore, considerando lo stesso non responsabile per

la situazione in essere, non possono essere emanate "prescrizioni".

2.6.3 Casi particolariNel caso di macchine marcate immesse sul mercato prima del 21/9/96, i

servizi procedono come se le macchine fossero state prodotte e immesse

sul mercato dopo il 21/9/96, applicando le procedure specifiche del caso.

Quando nell’attività di vigilanza i servizi delle Aziende USL verificano la pre-

senza di macchine di nuova costruzione, soggette alle disposizioni del

D.P.R. 459/96, costruite dopo il 21/9/96 e prive di marcatura CE e/o dichia-

razione di conformità e/o di manuale di istruzione d'uso, procedono penal-

mente nei confronti del costruttore e del venditore per violazione dell'art.6

del D.Lgs. 626/94. La carenza rilevata viene inoltre segnalata ai Ministeri

competenti. All'utilizzatore viene contestata la violazione dell'art. 35 del

D.Lgs 626/94 e successive modifiche.

Le attività di accertamento per il reato di lesioni personali colpose a seguito

di infortunio sul lavoro continuano ad essere svolte con le procedure già uti-

lizzate. Se dagli accertamenti effettuati emergono carenze alle macchine

che hanno determinato l'infortunio, sarà cura del servizio attivare le proce-

dure prima indicate per la parte attinente al caso in esame.

Qualora nelle attività di vigilanza i servizi delle Aziende USL verifichino la

presenza di macchine già immesse sul mercato e messe in servizio prima

deI 21/9/96 (macchine usate) e cedute ad altri utilizzatori dopo tale data, pri-

ve dell'attestazione di conformità previsto dall'art. 11 comma 1, procedono

nei confronti del venditore contestando la violazione dell'art. 6 del D.Lgs

626/94 e successive modifiche.

2.7 Documentazione inerente le macchine

La dichiarazione di conformità costituisce parte integrante della macchina,

deve accompagnarla negli eventuali spostamenti di sede e deve essere

disponibile presso l'utilizzatore. Si deve porre attenzione nel verificare che i

contenuti siano quelli previsti nell'allegato Il del D.P.R. 459/96. Nel caso

venga rilevata una carenza, questa viene segnalata ai Ministeri competenti.

Il manuale di istruzioni per l'uso deve accompagnare la macchina e deve

comprendere i contenuti informativi previsti al punto 1.7.4 dell'allegato I al

D.P.R.459/96.

Ai sensi dell'art. 5 comma i lettera a) del D.P.R. 224/88 (Attuazione della

direttiva CEE n. 85/374 relativa al ravvicinamento delle disposizioni legislati-

ve, regolamentari e amministrative degli Stati membri in materia di respon-

sabilità per danno da prodotti difettosi, ai sensi dell'art. 15 della legge

16/4/87 n. 183) viene individuato come difettoso anche quel prodotto per il

quale non sono fornite sufficienti informazioni ed istruzioni.

Il fascicolo tecnico deve essere disponibile presso la sede del costruttore o

del suo mandatario e non presso l'utilizzatore. La richiesta di visione del46

47

fascicolo tecnico deve essere debitamente motivata ed é di competenza

delle Autorità nazionali deputate al controllo di conformità. Per l'Italia si trat-

ta dei Ministeri dell'Industria e del Lavoro.

I servizi di vigilanza delle Aziende USL non rientrano tra i soggetti titolari di

questo potere.

2.8 Norme armonizzate e di buona tecnica

Il costruttore ha l'obbligo di produrre macchine rispondenti ai requisiti essen-

ziali di sicurezza di cui all'allegato I. Le modalità esecutive sono lasciate alla

scelta del costruttore stesso.

L'art. 2 del DPR 459/96 precisa inoltre che "si presumono rispondenti ai

requisiti essenziali di sicurezza le macchine ed i componenti di sicurezza

costruiti in conformità alle norme armonizzate che li riguardano”.

Tale affermazione introduce, anche nel campo della sicurezza in generale

delle macchine, il concetto di presunzione di regolarità già previsto dalla leg-

ge 186/68 per le apparecchiature e gli impianti elettrici: la rispondenza di

questi impianti alle norme CEI determina la loro conformità alla regola del-

l'arte. Nella normale attività di vigilanza queste apparecchiature e questi

impianti elettrici sono considerati conformi alla legislazione vigente e, quindi,

non vengono richieste prescrizioni aggiuntive.

Sulla base di quanto previsto dal DPR 459/96, ed in analogia con quanto

avviene con gli impianti elettrici, in presenza di macchine realizzate in

conformità alle norme armonizzate non sono, quindi, prevedibili richieste o

prescrizioni aggiuntive relativamente alle situazioni pericolose considerate

dalle norme armonizzate stesse. Si ricorda a tale proposito che, consideran-

do le prescrizioni dell'allegato I del DPR 459/96 come un ampliamento di

quanto gia' disposto dal DPR 547/55, una macchina che risponde ai requisi-

ti essenziali di sicurezza previsti nell'allegato I é una macchina sicuramente

conforme anche alla legislazione previgente alla data di entrata in vigore del

DPR 459/96.

L'art. 3 del DPR 459/96 prevede inoltre che, in assenza di norme armoniz-

zate, il Ministro dell'Industria individui i riferimenti delle norme nazionali che

soddisfano tutti o parte dei requisiti essenziali di sicurezza dell'allegato I.

Tale elemento consente di affermare che i principi sovraesposti con riferi-

mento alle norme armonizzate debbano essere estesi anche alle norme

nazionali, quando si e' in presenza di un loro riconoscimento ufficiale.

Anche in assenza di un riconoscimento formale, che deve essere attuato

mediante decreto del Ministero dell'Industria, le norme UNI e CEI, dopo l'ap-

provazione della Commissione Centrale Tecnica, possono già ritenersi

applicabili sia perché, per definizione, hanno già raccolto in Italia il consen-

so delle parti interessate, sia per il fatto che sono state elaborate da enti

ufficialmente preposti.

Nell’attività di vigilanza gli operatori dei servizi di prevenzione si riferiscono

essenzialmente alle norme armonizzate ed alle norme nazionali riconosciu-

te ufficialmente, per valutare il rispetto dei requisiti essenziali di sicurezza e,

conseguentemente, delle disposizioni generiche del DPR 547/55, tuttora

vigenti.

In assenza di norme armonizzate o di norme nazionali il riferimento ai pro-getti di norma (prEN) puo' essere utile sempre al fine di omogeneizzarei comportamenti dei progettisti, dei costruttori e degli operatori di vigi-lanza.

2.9 L’evoluzione tecnologica

Un problema specifico connesso all'uso delle norme tecniche in genere é

rappresentato dalla necessità di intervenire modificando le macchine, le

attrezzature e gli impianti in relazione alla "evoluzione delle conoscenze tec-

niche": l'aggiornamento di vecchie norme o la definizione di nuove norme

comporterebbe automaticamente l'obbligo di adeguamento.

Anche su questo aspetto e' opportuna una precisazione, sempre in analogia

con quanto avviene per gli impianti elettrici.

Se la modifica alla vecchia norma tecnica (o l’elaborazione di una nuova

norma) é indirizzata alla definizione di un aspetto di sicurezza trascurato o

poco conosciuto nel passato e, quindi, per l’eliminazione o la riduzione del

rischio, diventa necessaria l'applicazione della nuova norma, l'obbligo di

adeguamento é imprescindibile.

Nel caso, invece, di adeguamenti della norma che comportano una miglior

definizione degli aspetti di sicurezza o delle modalità di bonifica, ma non

comportano una sostanziale riduzione di una condizione di rischio, l'ade-

guamento non si ritiene obbligatorio.

Nella sostanza se si è in presenza di una macchina costruita nel rispetto di

una norma tecnica preesistente e che, attraverso l'analisi e la valutazione

dei rischi, non presenta situazioni di pericolo non affrontate e non risolte, l'a-48

49

deguamento alla evoluzione delle norme tecniche appare superfluo e non

giustificato.

Questa considerazione è determinata dalla constatata impossibilità tecnica

di realizzare, in alcuni casi, gli adeguamenti richiesti dalla modifica delle

norme tecniche e quindi dalla eventuale necessità di alienare la macchina in

oggetto. Se questa macchina era "sicura" al momento della costruzione e

rimane tuttora "sicura", non potrà essere giudicata non conforme alla legi-

slazione vigente solamente per la presenza di una evoluzione della norma

tecnica di riferimento.

50

CAPITOLO 3 APPENDICI

Appendice 1: il rischio secondo gli igienisti statu-nitensi

Storia dei TLV (Threshold Limit Values)

Nel 1942 un comitato degli igienisti americani (Acgih) compila una lista di

limiti di esposizione per varie sostanze precisando che: “la tabella non è sta-

ta costruita come concentrazioni di sicurezza raccomandate”.

Nel 1946 l’Acgih pubblica la sua prima lista annuale di “Massime concentra-

zioni ammissibili” per 144 sostanze. Cook, i cui lavori hanno supportato 118

dei valori adottati, sottolineò allora che il suo intento era: “di procurare un

maneggevole metro da usarsi come guida per il controllo di routine di quei

rischi, e non di elencare numeri adeguandosi ai quali si sarebbe garantita la

protezione contro possibili danni alla salute”.

Nel 1948 il comitato sente l’esigenza di ricordare che “le persone presenta-

no una grande variabilità nella risposta a droghe e sostanze tossiche”. Il

comitato aggiunge inoltre la riconosciuta difficoltà di tentare di proteggere i

lavoratori senza imporre un “carico insostenibile per i produttori”. In effetti

elaborare un Tlv equivale a mediare tra le parti in causa.

Nel 1953 alla lista annuale viene aggiunta una prefazione, in cui i Tlv vengo-

no descritti come “massime concentrazioni medie di contaminanti cui i lavo-

ratori possono essere esposti per una giornata lavorativa di 8 ore senza

danni per la salute”.

Nel 1958 il comitato attenua la precedente definizione: “ (i Tlv)....rappresenta-

no condizioni al di sotto delle quali si ritiene che quasi tutti i lavoratori possano

essere esposti ripetutamente, giorno dopo giorno, senza effetti dannosi”.

I TLV e le PPMQuando si impiegano solventi negli ambienti di lavoro, per misurare le con-

centrazioni limite, al di sopra delle quali si creano rischi per gli operatori,

anzichè valutare le percentuali (cioé alcune parti su cento), si utilizzano le

parti per milioni, più note come p.p.m.

51

In questo modo si possono definire con numeri facilmente comprensibili le

concentrazioni molto basse (che altrimenti richiederebbero l’impiego degli

0,0000....). Con le ppm ci si può riferire a concentrazioni in peso: 1 ppm equi-

vale a 1 mg/kg, per cui 10 ppm rappresentano 10 grammi di una certa sostan-

za rispetto ad un milione di grammi (che sono poi pari ad una tonnellata).

Se invece si vogliono esprimere concentrazioni in volume (come avviene

per i solventi), si deve tenere conto che 1 ppm equivale a 1 cc/m3, per cui

quando si parla ad esempio di 500 ppm di acetone nell’aria, si vuol indicare

la presenza di 500 millilitri (cioé 500 cm3, o mezzo litro) di vapori di solvente

in un m3 d’aria (cioé in 1000 litri).

Poichè ogni millilitro (o cm3) di vapori di acetone, alla temperatura di 25°C e

a pressione atmosferica (1 bar) pesa 58.09 milligrammi, una concentrazio-

ne di 500 p.p.m. equivale a 1188 mg di solvente in un metro cubo di aria.

TLV-TWA e TLV-STELTLV-TWA (valore limite di soglia - media ponderata nel tempo).

Si tratta della concentrazione media ponderata nel tempo, su una giornata

lavorativa convenzionale di otto ore e su 40 ore lavorative settimanali, alla

quale quasi tutti i lavoratori possono essere ripetutamente esposti, giorno

dopo giorno, senza effetti negativi.

TLV-STEL (valore limite di soglia - limite per breve tempo di esposizione).

Si tratta della concentrazione alla quale i lavoratori possono essere esposti

continuativamente per brevi periodo di tempo (purchè il TLV - TWA giorna-

liero non venga superato), senza che insorgano irritazioni, danni cronici o

irreversibili del tessuto, oppure riduzione dello stato di vigilanza che possa-

no aumentare le probabilità di infortuni, o influire sulle capacità di mettersi in

salvo, o ridurre materialmente l’efficienza lavorativa, sempre nel presuppo-

sto che il TLV-TWA non venga superato. Il TLV-STEL non costituisce un limi-

te di esposizione indipendente, ma piuttosto integra il TLV-TWA di una

sostanza la cui azione tossica sia principalmente di natura cronica, qualora

esistano effetti acuti riconosciuti. Gli STEL vengono raccomandati quando

l’esposizione ad alta concentrazione per breve durata ha messo in evidenza

effetti tossici.

Uno STEL viene definito come esposizione media ponderata su un periodo di

15 minuti, che non deve mai essere superata nella giornata lavorativa, anche

se la media ponderata su 8 ore è inferiore al TLV. Esposizioni al valore STEL

non devono protrarsi oltre i 15 minuti e non devono ripetersi per più di quattro

volte al giorno. Fra esposizioni successive al valore STEL, devono intercorre-

re almeno 60 minuti. Un periodo di mediazione diverso dai 15 minuti può

essere consigliabile se ciò è giustificato da effetti biologici osservati.TLV-C (Valore limite di soglia - Ceiling)Si tratta della concentrazione che non deve essere superata durante l’atti-

vità lavorativa nemmeno per un brevissimo periodo di tempo.

Per alcune sostanze, quali i gas irritanti, riveste importanza la sola categoria

del TLV-C. Per altre sostanze, in funzione della loro azione fisiologica, pos-

sono essere importanti due o tre categorie di TLV.

E’ sufficiente che uno qualsiasi dei tre TLV venga superato, per presumere

che esista un potenziale rischio di esposizione per la sostanza in questione.

I limiti di concentrazione indicati per prevenire manifestazioni irritative non

devono essere considerati meno vincolanti di quelli raccomandati per evita-

re l’insorgenza di un danno per la salute. Sono sempre più frequenti le con-

statazioni che l’azione irritativa può avviare, facilitare o accelerare un danno

per la salute attraverso l’interazione con altri agenti chimici o biologici.

Relazione fra limiti TWA e limiti CeilingI TLV-TWA consentono escursioni al di sopra del limite, purchè queste ven-

gano compensate durante la giornata lavorativa da escursioni equivalenti al

di sotto dello stesso. In alcuni casi è permesso calcolare la concentrazione

media per settimana lavorativa, piuttosto che per giornata lavorativa. Il rap-

porto fra TLV ed escursione consentita è una regola empirica ed in alcuni

casi non può essere applicata. L’ampiezza del superamento del TLV per

brevi periodi di tempo senza danni per la salute dipende da parecchi fattori

quali: la natura della sostanza, la sua capacità di causare ad alte concentra-

zioni, anche per brevi periodi, intossicazioni acute, la frequenza di tali perio-

di e, infine, dalla possibilità di effetti cumulativi. Tutti questi fattori devono

essere presi in considerazione nello stabilire se esiste o meno una condizio-

ne di pericolo.

Limiti di escursionePer la grande maggioranza delle sostanze aventi un TLV-TWA, non sono

disponibili conoscenze tossicologiche sufficienti per giustificare uno STEL.

Comunque è bene tenere sotto controllo le escursioni al di sopra dei TLV-

TWA anche nei casi in cui la media ponderata delle otto ore risulta entro i52

53

limiti.

Le escursioni per esposizioni di breve durata possono superare un valore

pari a 3 volte il TLV-TWA per non più di 30 minuti complessivi durante la

giornata lavorativa e, in nessun caso, un valore pari a 5 volte il TLV-TWA,

sempre nel presupposto che il TLV-TWA non venga superato.

Rischi di assorbimento per via cutaneaNella valutazione sulla pericolosità delle sostanze redatta dagli igienisti

americani, viene aggiunta la dicitura “Cute”, per indicare il potenziale contri-

buto all’esposizione globale determinata dall’assorbimento per via cutanea,

comprese le mucose e gli occhi, sia per contatto con i vapori che, ancor più,

per contatto diretto della pelle con la sostanza. Le sostanze veicolanti, pre-

senti nelle soluzioni o nelle miscele, possono inoltre potenziare significativa-

mente l’assorbimento attraverso la pelle.

Le sostanze che hanno la notazione “Cute” ed un TLV basso possono dare

luogo a problemi particolari durante le operazioni che espongono a concen-

trazioni in aria elevate, specie se ampie superfici cutanee sono esposte per

lungo tempo. In tali condizioni è necessario prendere speciali precauzioni

per impedire o ridurre il contatto con la pelle.

Fattori fisiciE’ dimostrato che la concomitanza di alcuni fattori di natura fisica, come le

temperature elevate, le radiazioni ultraviolette e ionizzanti, l’umidità, un’a-

normale pressione barometrica (altitudine) e simili, possono dare luogo ad

uno stress supplementare per l’organismo esposto, cosicchè gli effetti deri-

vanti dalla esposizione a sostanze alla concentrazione limite possono esse-

re modificati. La maggior parte di questi stress influisce sfavorevolmente,

aumentando la risposta tossica alle sostanze. Benchè molti limiti di soglia

siano stati stabiliti con fattori di sicurezza idonei a compensare gli effetti

negativi dovuti a moderate deviazioni dalle condizioni ambientali normali, i

fattori di sicurezza per molte di queste sostanze non sono così ampi da

garantire contro grandi deviazioni. Per esempio, un lavoro continuo a tem-

perature superiori a 32°C, o un lavoro a tempo pieno che prolunghi la setti-

mana lavorativa di oltre il 25%, possono essere considerati come grandi

deviazioni. In questi casi si deve agire con oculatezza per un corretto ade-

guamento dei valori limite di soglia.

Sostanze non elencateL’elenco dei TLV non rappresenta in alcun modo una lista completa di tutte

le sostanze pericolose, nè di tutte le sostanze pericolose impiegate nell’in-

dustria. Per un grande numero di sostanze con tossicità riconosciuta, non

esistono o esistono pochi dati utilizzabili per definire un TLV. Le sostanze

che non compaiono nell’elenco dei TLV non devono essere consideratenon pericolose o non tossiche.

Conversione dei TLV da ppm a mg/m3

I TLV per gas e vapori vengono di norma fissati in termini di parti per milione

(ppm) di sostanza in aria. Per convenienza dell’utilizzatore i TLV vengono

elencati nelle tabelle statunitensi anche in termini di milligrammi per metro

cubo (mg/m3) di sostanza in aria, in cui 24,45 rappresenta il volume molare

in litri, in base alla formula:

(TLV in ppm)x(peso molecolare in grammi)

TLV in mg/m3 = ------------------------------------------------------------

24,45

La conversione, invece, da mg/m3 a ppm si può effettuare mediante la

seguente formula:

(TLV in mg/m3)x(24,45)

TLV in ppm = ---------------------------------------

(peso molecolare in grammi)

CarcinogenicitàLe sostanze carcinogene sono state suddivise dagli igienisti americani in 5

categorie.

A1 (carcinogeno riconosciuto per l’uomo): la sostanza è risultata carci-

nogena per l’uomo sulla base dei risultati di studi epidemiologici o di eviden-

za clinica convincente.

A2 (carcinogeno sospetto per l’uomo): la sostanza è risultata carcinoge-

na in animali da esperimento a livelli di dose, per vie di somministrazione, in

siti di tipo istologico, o per meccanismi che sono considerati rilevanti per l’e-

sposizione dei lavoratori. Gli studi epidemiologici disponibili sono controver-54

55

si o insufficienti per confermare un incremento del rischio di cancro per l’uo-

mo esposto.

A3 (carcinogeno per l’animale): la sostanza è risultata carcinogena in ani-

mali da esperimento ad una dose relativamente elevata o per vie di sommi-

nistrazione, in siti di tipo istologico, o per meccanismi che non vengono con-

siderati rilevanti per l’esposizione dei lavoratori. Gli studi epidemiologici

disponibili non confermano un incremento del rischio di cancro per l’uomo

esposto. Le conoscenze disponibili suggeriscono come improbabile che l’a-

gente causi il cancro nell’uomo, se non in improbabili e non comuni situazio-

ni di esposizione.

A4 (non classificabile come carcinogeno per l’uomo): attualmente non

esistono dati, o quelli esistenti sono inadeguati per classificare la sostanza

per quanto riguarda la cancerogenicità per l’uomo e/o gli animali.

A5 (non sospetto come carcinogeno per l’uomo): questi studi hanno un

“follow-up” sufficientemente prolungato, storie espositive affidabili, dosi suffi-

cientemente elevate e evidenza statistica adeguata per concludere che l’e-

sposizione alla sostanza non comporta un rischio significativo di cancro per

l’uomo. L’evidenza di scarsa cancerogenicità nelle prove su animali viene

considerata se è supportata da altri dati pertinenti.

Alle sostanze per le quali non si dispone di dati di carcinogenicità sull’uomo

e su animali da esperimento, non è stata data alcuna designazione relativa

alla cancerogenicità.

L’esposizione a carcinogeni deve essere mantenuta al minimo. I lavoratori

esposti a carcinogeni di categoria A1, per i quali non viene definito un TLV,

devono essere adeguatamente equipaggiati per eliminare nel modo più

completo possibile ogni esposizione. Per i carcinogeni di categoria A1 con

un TLV e per i carcinogeni di categoria A2 e A3, l’esposizione, attraverso

qualsiasi via, deve essere accuratamente controllata al fine di mantenerla a

livelli ragionevolmente più bassi del TLV.

Appendice 2: le frasi di rischio (R) e i consigli diprudenza (S)

Le frasi di rischio (R)

Le lettere, i numeri e la descrizione del loro significato, indicano i rischi spe-

cifici connessi con le sostanze e i preparati classificati come pericolosi.

Le frasi di rischio devono essere ben visibili sulle etichette dei prodotti e sul-

le schede di sicurezza che li accompagnano.

R1= esplosivo allo stato secco.Per prodotti immessi sul mercato bagnati o in soluzione, ad esempio nitro-

cellulosa con oltre il 12,6% di azoto.

R2= rischio di esplosione per urto, sfregamento, fuoco o altre sorgentidi ignizione.Per prodotti esplosivi e taluni perossidi organici.

R3= elevato rischio di esplosione per urto, sfregamento, fuoco o altresorgenti di ignizione.Per alcune sostanze o preparati esplosivi particolarmente sensibili (es.:

picrati, stifnati, fulminati) e taluni perossidi organici.

R4= forma composti metallici esplosivi molto sensibili.Per sostanze che possono formare derivati metallici instabili quali acetilene,

acido picrico, stifnico, fulminico.

R5= pericolo di esplosione per riscaldamento.Per casi speciali di sostanze instabili al calore, non classificate come esplo-

sive, ad esempio nitrometano, acido perclorico, etc..

R6= esplosivo a contatto o senza contatto con l’aria.Per sostanze instabili a temperatura ambiente, come l’acetilene.

R7= può provocare un incendio.56

57

Perossidi organici che possono infiammarsi anche quando non sono in con-

tatto con altri materiali combustibili.

R8= può provocare l’accensione di materie combustibili.Per prodotti ossidanti, perossidi inorganici e sostanze che possono infiam-

marsi o aggravare il rischio d’incendio quando sono a contatto con materiali

combustibili.

R9= esplosivo in miscela con materie combustibili.Per sostanze con forti proprietà ossidanti, compresi perossidi inorganici, che

diventano esplosive se mescolate a materiali combustibili, ad esempio clorati.

R10= infiammabile.Per liquidi con punto di infiammabilità tra 21° e 55°C. Per alcune sostanze

piroforiche non stabilizzate.

R11= facilmente infiammabili.Per liquidi con punto di infiammabilità inferiore a 21°C. Per perossidi organici.

R12= estremamente infiammabile.Per liquidi con punto di infiammabilità inferiore a 0°C e un punto di ebollizio-

ne inferiore a 35°C. Per gas quali metano, HCN, acetilene, etc...

R13= gas liquefatto altamente infiammabile.Per gas liquefatti infiammabili. Per la definizione di gas liquefatto si può far

riferimento alle norme di trasporto.

R14: reagisce violentemente con l’acqua.Per casi speciali: sodio, potassio, magnesio, alluminio, alchili. Usata per

composti metallorganici che reagiscono violentemente con l’acqua, cloruro

di acetile, tetracloruro di titanio, metalli alcalini.

R15= a contatto con l’acqua libera gas estremamente infiammabili.Per casi speciali di sostanze quali carburo di calcio, fosfuri, potassio e calcio

metallo, che con aria umida svolgono gas infiammabili, in relazione al risul-

tato delle prove definite nell’allegato 5 della Direttiva 79/831.

R16= pericolo di esplosione se mescolato con sostanze comburenti.Per casi particolari (fosforo rosso o altri riducenti).

R17=spontaneamente infiammabile all’aria.Cioé a temperatura ambiente e senza apporto di energia.

R18= durante l’uso può formare con aria miscele esplosive-infiammabili.Per preparati che contengono sostanze volatili che possono prendere fuoco sen-

za apporto esterno di energia, pur senza essere classificati come infiammabili.

R19= può formare perossidi esplosivi.Per casi particolari, quali 1.4 diossano, etere dietilico, che nello stoccaggio

possono dar luogo a perossidi.

R20= nocivo per inalazione.Per valori di CL50 compresi tra 2 e 20 mg/l.

R21= nocivo a contatto con la pelle.Per valori di DL50 compresi tra 400 e 2000 mg/kg.

R22= nocivo per ingestione.Per valori di DL50 compresi tra 200 e 2000 mg/Kg.

R23= tossico per inalazione.Per valori di CL50 tra 0,5 e 2 mg/kg

R24= tossico a contatto con la pelle.Come sopra, per valori di DL50 tra 50 e 400 mg/kg.

R25=tossico per ingestione.Per valori di DL50 tra 25 e 200 mg/Kg.

R26= molto tossico per inalazione.Per valori di DL50 inferiori a 0,5 mg/Kg.

R27= molto tossico a contatto con la pelle.Per valori di DL50 inferiori a 50 mg/kg.58

59

R28= molto tossico per ingestione.Per valori di DL50 inferiori a 25 mg/kg.

R29= a contatto con l’acqua libera gas tossici.Per prodotti che a contatto con acqua o umidità sprigionano gas tossici (ad

esempio fosfuro di alluminio, pentasolfuro di fosforo).

R30= può diventare facilmente infiammabile durante l’uso.Per miscele contenenti sostanze non classificate come infiammabili, ma che

possono diventarlo in seguito alla perdita di componenti volatili non infiam-

mabili.

R31= a contatto con acidi libera gas tossici.Per prodotti che possono sprigionare gas tossici per reazione con acidi (ad

esempio ipoclorito di sodio, polisolfuro di bario)

R32= a contatto con acidi libera gas molto tossici.Per prodotti che possono sprigionare gas molto tossici per reazione con aci-

di (quali acido cianidrico, azoturo di sodio).

R33= pericolo di effetti cumulativi.Per alcuni metalli pesanti, alcuni nitro composti aromatici e alcune ammine

aromatiche.

R34= provoca ustioni.Se, in caso di applicazione sulla pelle sana ed intatta di un animale, distrugge

l’intero spessore del tessuto cutaneo dopo un esposizione di non oltre 4 ore

R35= provoca gravi ustioni.Se, in caso di applicazione sulla pelle sana ed intatta di un animale, distrug-

ge l’intero spessore del tessuto cutaneo dopo un esposizione di non oltre 3

minuti.

R36= irritante per gli occhi.Sostanze che, applicate sugli occhi degli animali, provocano una significati-

va lesione oculare entro 72 ore, che persista almeno 24 ore

R37= irritante per le vie respiratorie.Nei casi di effetti verificati da osservazioni pratiche.

R38= irritante per la pelle.Sostanze che, applicate sugli animali, provocano una significativa infiamma-

zione della pelle che persista almeno 24 ore dopo un periodo massimo di

esposizione di 4 ore.

R39= pericolo di effetti irreversibili molto gravi.Anche causati da un’unica esposizione

R40= possibilità di effetti irreversibili.Per sostanze che in prove di laboratorio fanno sospettare effetti irreversibili

o effetti cancerogeni, ma per le quali non sono ancora disponibili dati ade-

guati per una sufficiente valutazione.

R41= rischio di gravi lesioni oculari.Sostanze che, applicate sugli occhi degli animali, provocano una grave

lesione oculare entro 72 ore, che persista almeno 24 ore

R42= può provocare sensibilizzazione per inalazione.Ad esempio asma, rinite o alveolite, provocate da isocianati, che creano

ipersensibilità

R43= sensibilizzazione per contatto con la pelle.In caso di sensibilizzazione (ad esempio dermatiti o orticartie immunologi-

che da contatto), superiore a quanto ci si debba attendere in una popolazio-

ne normale.

R44= rischio di esplosione per riscaldamento in ambiente confinante.Per sostanze non classificate come esplosive, ma che possono esplodere

se riscaldate in un contenitore chiuso (alcune sostanze ad esempio posso-

no esplodere se riscaldate in un fusto d’acciaio, mentre non esplodono in

contenitori meno robusti).

R45= può provocare il cancro.

60

61

R46= può provocare alterazioni genetiche ereditarie.

R48= pericolo di gravi danni per la salute in caso di esposizione prolungata.R49= può provocare il cancro per inalazione.Per polveri, vapori o fumi

R50= altamente tossico per gli organismi acquatici.

R51= tossico per gli organismi acquatici.

R52= nocivo per gli organismi acquatici.

R53= può provocare a lungo termine effetti negativi per l’ambienteacquatico.

R54= tossico per flora.

R55= tossico per la fauna.

R56= tossico per gli organismi del terreno.

R57= tossico per le api.

R58= può provocare a lungo termine effetti negativi per l’ambiente.

R59= pericoloso per lo strato di ozono.

R60= può ridurre la fertilità.Per sostanze che provocano effetti tossici sullo sviluppo (sostanze tossiche

per la riproduzione di categoria 1 e 2)

R61= può danneggiare i bambini non ancora nati.Per sostanze da considerare come riduttive della fertilità umana (sostanze

tossiche per la riproduzione di categoria 1 e 2)

R62= possibile rischio di ridotta fertilità.Sostanze sospette per gli esseri umani a causa di possibili effetti tossici sul-

lo sviluppo (sostanze tossiche per la riproduzione di categoria1)

R63= possibile rischio di danni ai bambini non ancora nati.R64= possibile rischio per i bambini allattati al seno.Per le sostanze assorbite dalle donne che possono interferire con il latte

materno e causare preoccupazione per la salute dei bambini

R65: può causare danni polmonari se ingerito.Riguarda le sostanze e i preparati liquidi che contengono idrocarburi alifati-

ci, aliciclici e aromatici in una concentrazione uguale o superiore al 10%,

con una viscosità inferiore ai limiti definiti dalla norma.

I consigli di prudenza (S)

Le lettere, i numeri e la descrizione del loro significato, descrivono le racco-

mandazioni su come manipolare i prodotti in condizioni di sicurezza.

S1= conservare sotto chiave.Per sostanze molto tossiche, esplosive, corrosive.

S2= conservare fuori dalla portata dei bambini.Obbligatorio per sostanze e preparati che possono essere usati nelle case.

S3= conservare in luogo fresco.Obbligatorio per i perossidi organici. Raccomandato per sostanze che han-

no un punto di ebollizione inferiore a 40°C.

S4= conservare lontano da locali di abitazione.Di norma limitata alle sostanze tossiche o molto tossiche.

S5= conservare sotto .... (liquido appropriato da indicarsi da parte delfabbricante).Per sodio, potassio, fosforo bianco e casi simili.

S6= conservare sotto.... (gas inerte da indicarsi da parte del fabbri-cante).

62

63

Per alluminio alchili e composti metallo-organici simili.

S7=conservare il recipiente ben chiuso.Obbligatorio con perossidi organici. Raccomandato per le sostanze che svi-

luppano vapori molto tossici, tossici o estremamente infiammabili.

S8= conservare al riparo dell’umidità.Usato in casi particolari di sostanze decomponibili con acqua che possono

reagire violentemente, sprigionando gas estremamente infiammabili, molto

tossici o tossici (fosfuri, alluminio alchili, metilati o etilati alcalini e similari).

S9= conservare il recipiente in luogo ben ventilato.Raccomandato per sostanze volatili che possono sprigionare gas estrema-

mente o facilmente infiammabili, molto tossici o tossici.

S10= mantenere il prodotto umido con ....Limitato ad esplosivi tipo nitrocellulosa e simili.

S11= conservare nel recipiente originale.Per sostanze soggette a facile decomposizione catalitica.

S12= non chiudere ermeticamente il recipiente.Per sostanze decomponibili che potrebbero sviluppare gas e provocare la

rottura dell’imballaggio (cloruro di alluminio e simili).

S13= conservare lontano da alimenti o mangimi o da bevande.Per sostanze ad uso domestico o artigianale e non per sostanze di uso

industriale. Per pesticidi agricoli.

S14= conservare lontano da ...(sostanze incompatibili, da precisare daparte del produttore).Obbligatorio per perossidi organici. Serve per casi particolari (incompatibilità

di ossidanti con riducenti, di acidi con basi, di acqua con sostanze sensibili

all’umidità).

S15= conservare lontano dal calore.Per casi particolari di prodotti che si decompongono al calore o che hanno

elevata volatilità. Non è necessario se ci sono già frasi R 2-3 e/o 5

S16= conservare lontano da fiamme e scintille. Non fumare.Raccomandato per sostanze altamente e facilmente infiammabili poiché la

maggior parte degli incidenti è dovuta a fiamme o sigarette, sia nell’uso

industriale che domestico.

S17= tenere lontano da sostanze combustibili.In casi particolari per sostanze ossidanti quali perossidi, nitroderivati e simili,

che possono sviluppare un’eccessiva pressione nel contenitore.

S18= manipolare ed aprire il recipiente con cautela.Per sostanze che possono sviluppare un’eccessiva pressione nel contenito-

re o che possono formare perossidi esplosivi.

S19= non mescolare con ...Raccomandato per prodotti di uso domestico che possono sviluppare gas tossici.

S20= non mangiare né bere durante l’impiego.Per sostanze tossiche, molto tossiche e corrosive (per esempio arsenico e

suoi composti, fluoroacetati).

S21= non fumare durante l’impiego.Di uso limitato a sostanze che, sotto l’azione di una fiamma, si decompon-

gono in prodotti tossici, ad esempio prodotti alogenati.

S22= non respirare le polveri.Precauzione generale per industria e artigianato nel caso di prodotti in pol-

vere. Impiegato insieme a R 42.

S23= non respirare i gas/fumi/vapori/aerosol (dicitura appropriata daprecisare da parte del produttore).Precauzione di carattere generale, per le sostanze con frase R42, obbliga-

toria per i prodotti da usare a spruzzo.

S24= evitare il contatto con la pelle.Per sostanze assorbite attraverso la pelle; obbligatoria con frase R 43.

64

65

S25= evitare il contatto con gli occhi.Si applica per indicare un rischio di assorbimento attraverso gli occhi, spe-

cialmente con prodotti destinati al pubblico. Nel caso di sostanze corrosive

o irritanti si impiegano le corrispondenti frasi R 34-35-36.

S26= in caso di contatto con gli occhi, lavare immediatamente eabbondantemente con acqua e consultare un medico.Obbligatorio con i corrosivi che hanno frase R 41.

S27= togliersi di dosso immediatamente gli indumenti contaminati.Raccomandato per sostanze molto tossiche, tossiche e per quelle corrosive

facilmente assorbibili attraverso la pelle, come nitrili, acetoncianidrina e

simili.

S28= in caso di contatto con la pelle lavarsi immediatamente edabbondantemente con ... (prodotti idonei da indicarsi da parte del fab-bricante).La presenza del detergente può talvolta favorire la penetrazione della

sostanza; obbligatorio per sostanze molto tossiche.

S29= non gettare i residui nelle fognature.Per sostanze che possono incendiarsi negli scarichi (cioè facilmente infiam-

mabili), che possono reagire con i liquidi di scarico presenti nelle fognature,

dando luogo a sostanze tossiche.

S30= non versare acqua sul prodotto.Nei casi particolari di sodio, potassio, alluminio-alchili, acido solforico e simi-

li sostanze che reagiscono violentemente con l’acqua.

S31= tenere lontano da sostanze esplodibili.Osservando le norme di trasporto dei regolamenti internazionali, questo

consiglio diventa superfluo.

S32= usare solo in luogo ben aerato.Per sostanze tossiche volatili. Raccomandato in taluni prodotti per uso

domestico.

S33= evitare l’accumulo di cariche elettrostatiche.Da adottarsi negli stabilimenti industriali per sostanze altamente e facilmen-

te infiammabili ed in particolare con quelle che hanno poca tendenza ad

assorbire umidità (es.: solfuro di carbonio) e che possono caricarsi elettro-

staticamente.

S34= evitare l’urto e lo sfregamento.Obbligatorio con i perossidi organici.

S35= non disfarsi del prodotto e del recipiente se non con le dovuteprecauzioni.Per sostanze molto tossiche e tossiche, esplosive, pericolose per l’ambiente.

S36= usare indumenti protettivi adatti.Per sostanze ad uso industriale molto tossiche e tossiche, nocive, corrosive;

non necessario per nocive o irritanti. Obbligatorio per i perossidi organici.

S37= usare guanti adatti.Obbligatorio per sostanze molto tossiche, tossiche e corrosive. Raccoman-

data per perossidi organici e per sostanze sgrassanti.

S38= in caso di ventilazione insufficiente, usare apparecchio respirato-rio adatto.Per sostanze molto tossiche e tossiche.

S39= proteggere gli occhi/la faccia.Per sostanze corrosive e per quelle irritanti che comportano gravi pericoli di

lesioni per gli occhi. Obbligatorio per i perossidi organici.

S40= per pulire il pavimento e gli oggetti contaminanti da questo pro-dotto, usare ...(da precisare da parte del produttore).Per sostanze che non possono essere lavate con acqua, ma che debbono

essere assorbite su polveri sciolte in solvente (pesticidi, metalloalchili e simili).

S41= in caso di incendio e/o esplosione non respirare i fumi.Per sostanze che nella combustione sprigionano gas molto tossici o tossici66

67

(cloroderivati che danno fosgene, fluoro-derivati, etc ...).

S42= durante le fumigazioni usare un apparecchio respiratorio adatto.Per alcuni pesticidi

S43= in caso di incendio usare .. . (mezzi estinguenti idonei da indicar-si da parte del fabbricante. Se l’acqua aumenta il rischio, precisare“non usare acqua”).Per sostanze altamente infiammabili, facilmente infiammabili e infiammabili.

Obbligatorio per sostanze che, a contatto con l’acqua o l’aria umida, sprigio-

nano gas estremamente infiammabili.

S45= in caso di incidente o malessere chiamare immediatamente ilmedico (se possibile mostrargli l’etichetta).Obbligatorio per sostanze o preparati altamente tossici e corrosivi.

S46= in caso d’ingestione consultare immediatamente il medico emostrargli il contenitore o l’etichetta.Obbligatorio per sostanze o preparati pericolosi diversi da quelli altamente

tossici, tossici, corrosivi e pericolosi per l’ambiente..

S47= conservare a temperatura non superiore a....°C (da precisare daparte del fabbricante).Per sostanze che diventano instabili a una certa temperatura (ad esempio

alcuni perossidi organici)

S48= mantenere umido con....(mezzo appropriato da precisare da partedel fabbricante).Sostanze che possono diventare molto sensibili alle scintille, a frizione o agli

urti qualora si asciughino (ad esempio nitrocellulosa)

S49= conservare soltanto nel recipiente originale.Sostanze sensibili alla decomposizione catalitica (ad esempio alcuni peros-

sidi organici)

S50= non mescolare con...(da specificare da parte del fabbricante).Obbligatorio per alcuni perossidi che possono provocare una violenta rea-

zione con acceleratori o promotori

S51= usare soltanto in luogo ben ventilato.Per sostanze che potrebbero produrre vapori, polveri, spray, fumi, nebbia

ecc e che comportano pericolo di inalazione o di incendio o di esplosione.

S52= non utilizzare su grandi superfici in locali abitati.Per sostanze volatili molto tossiche, tossiche e nocive.

S53= evitare l’esposizione, procurarsi speciali istruzioni prima dell’uso.Obbligatorio per sostanze cancerogene, mutagene e/o tossiche per la ripro-

duzione

S56= smaltire questo materiale e relativi contenitori in un punto di rac-colta rifiuti pericolosi o speciali.Per sostanze pericolose per l’ambiente

S57= usare contenitori adeguati per evitare l’inquinamento ambientale.Come sopra

S59= richiedere informazioni al produttore/fornitore per ilrecupero/riciclaggio.Per le sostanze pericolose per l’ambiente. Obbligatorio per le sostanze peri-

colose per lo strato di ozono.

S60= questo materiale e il suo contenitore devono essere smaltiticome rifiuti pericolosi.Per le sostanze pericolose per l’ambiente

S61= non disperdere nell’ambiente. Riferirisi alle istruzioni speciali ealle schede informative in materia di sicurezza.

S62= non provocare il vomito: consultare immediatamente il medico emostrargli il contenitore o l’etichetta.Per le sostanze con frase R65

68

69

Appendice 3: classificazione delle sostanze ai finidell’inquinamento atmosferico (tabella “D” delDM 12/7/90)

Classe I

Anisidina; Butilmercaptano; Cloropicrina; Diazometano; Dicloroacetilene;

Dinitrobenzeni; Dinitrocresoli; Esaclorobutadiene; Esaclorociclopentadiene;

Esafluoroacetone; Etere diglicidilico; Etilacrilato; Etilenimina; Etilmercapta-

no; Isocianati; Metilacrilato; Nitroglicerina; Perclorometilmercaptano; 1,4-

diossano.

Classe II

Acetaldeide; Acido cloroacetico; Acido formico; Acido tioglicolico; Acido tri-

cloroacetico; Anidride ftalica; Anidride maleica; Anilina; Benzilcloruro; Bifeni-

le; Butilacrilato; Butilammina; Canfora sintetica; Carbonio tetrabromuro; Car-

boniocloruro; Cicloesilammina; Cloroacetaldeide; 1-Cloro-1-nitropentano;

Cresoli; Crotonaldeide; 1,2-Dibutilaminoetanolo; Dibutilfosfato; o-dicloroben-

zene; 1,1-Dicloroetilene; Dicloroetiletere; Diclorofenolo; Diclorometano; Die-

tilammina; Difenilammina; Diisopropilammina; Dimetilammina; Etilammina;

Etanolammina; 2-Etossietanolo; 2-Etossietilacetato; Fenolo; Formaldeide;

Ftalati; 2-Furaldeide; Furfurolo; Iodoformio; Isoforone; Isopropilammina;

Metilacrilonitrile; Metilammina; Metilanilina; Metilbromuro; Metil n-butilbro-

muro; Metilcloruro; Metil-2-cianoacrilato; Metilstirene; 2-Metossietanolo; 2-

Metossietanolo acetato; Nitroetano; Nitrometano; 1-Nitropropano; Nitroto-

luene; Piretro; Piridina; Piomboalchili; 2-Propenale; 1,1,2,2-Tetracloroetano;

Tetracloroetilene; Tetranitrometano; m,p Toluidina; Tributilfosfato; Triclorofe-

nolo; Tricloroetilene; Triclorometano; Trietilammina; Trimetilammina; Trime-

tilfosfina; Vinilbromuro; Xilenolo (escluso 2,4-xilenolo).

Classe III

Acido acrilico; Acetonitrile; Acido propionico; Acido acetico; Alcool n-butilico;

Alcool iso-butilico; Alcool sec-butilico; Alcool ter-butilico; Alcool metilico;

Butirraldeide; p-ter-Butiltoluene; 2-Butossietanolo; Caprolattame; Cicloesa-

none; Ciclopentadiene; Clorobenzene; 2-Cloro-1,3-Butadiene; o-Clorostire-

ne; o-Clorotoluene; p-Clorotoluene; Cumene; Diacetonalcool; 1,4-Dicloro-

benzene; 1,1-Dicloroetano; Dicloropropano; Dietanolammina; Dietilformam-

mide; Diisobutilchetone; N,N-Dimetilacetammide; N,N-Dimetilformammide;

Dipropilchetone; Disolfuro di carbonio; Esametilendiammina; n-Esano; Etila-

milchetone; Etilbenzene; Etilbutilchetone; Etilenglicole; Isobutilglicidiletere;

Isopropossietanolo; Metilmetacrilato; Metilamilchetone; o-Metilcicloesanone;

Metilcloroformio (111Tricloroetano); Metilformiato; Metilisobutilchetone; Meti-

lisobutilcarbinolo; Naftalene; Propilenglicole; Propilenglicolemonometiletere;

Propionaldeide; Stirene; Tetraidrofurano; Trimetilbenzene; n-Veratraldeide;

Vinilacetato; Viniltoluene; 2,4-Xilenolo.

Classe IV

Alcool propilico; Alcool isopropilico; n-Amilacetato; sec-Amilacetato; Ben-

zoato di metile; n-Butilacetato; Iso-Butilacetato; Dietilchetone; Difluorodibro-

mometano; sec-Esilacetato; Etilformiato; Metilacetato; Metiletilchetone;

Metilisopropilchetone; n-Metilpirrolidone; Pinene; n-Propilacetato; Iso-propi-

lenacetato; Toluene; Xilene.

Classe V

Acetone; Alcool etilico; Butano; Cicloesano; Cicloesene; Cloropentano; Clo-

robromometano; Clorodifluorometano; Cloropentafluoroetano; Dibromodifluo-

roetano; Dibutiletere; Diclorofluorometano; Diclorotetrafluoroetano; Dietilete-

re; Diisopropiletere; Dimetiletere; Eptano; Esano tecnico; Etere isopropilico;

Etilacetato; Metilacetilene; Metilcicloesano; Pentano; 1,1,1,2-Tetracloro 2,2-

Difluoroetano; 1,1,1,2-Tetracloro 1,2-Difluoroetano; Triclorofluorometano;

1,1,2-Tricloro 1,2,2-Trifluoroetano; Trifluorometano; Trifluorobromometano.

70

71

Appendice 4: esempio di scheda di sicurezza perun preparato contenente isocianati (tratto dallelinee guida CEPE, Confederazione Europea Asso-ciazioni produttori di vernici)

1. Identificazione del preparato e della societàNome del prodotto (eventualmente con suo codice)

Uso previsto

Nome, indirizzo completo e numero di telefono della società

Numero telefonico di emergenza della società e/o di un organismo ufficiale

2. Composizione del preparatoSostanze pericolose per la salute. Deve essere indicata la denominazione,

la concentrazione, il simbolo e la frase di rischio di ognuna delle sostanze

pericolose (il testo completo di queste frasi deve essere riportato nel para-

grafo 16)

3. Identificazione dei pericoli

4. Misure di primo soccorsoIn tutti i casi di dubbio o qualora i sintomi persistano, ricorrere a cure medi-

che. Se l’infortunato è incosciente, non somministrare nulla per bocca.

Inalazione

Portare il paziente in zona ben aerata, tenerlo al caldo e a riposo. Se la

respirazione è irregolare o si è fermata, ricorrere alla respirazione artificiale.

Nel caso di perdita di coscienza, mettere in posizione di riposo e richiedere

l’intervento medico.

Contatto con gli occhi

Lavare con abbondante acqua fresca per almeno 10 minuti, tenendo le pal-

pebre ben aperte. Se necessario ricorrere a cure specialistiche.

Contatto con la pelle

Togliere gli abiti contaminati. Lavare bene le parti interessate con acqua e

sapone o con detergente appropriato. Non usare solventi o diluenti.

Ingestione

In caso di ingestione accidentale ricorrere immediatamente a cure mediche.

Mantenere a riposo. Non provocare il vomito.

5. Misure antincendio

Mezzi estinguenti

Consigliati: schiuma resistente all’alcol, CO2 , polveri, acqua nebulizzata.

Da non usare: getti d’acqua.

Raccomandazioni

La combustione sviluppa fumi neri e densi. L’esposizione ai prodotti di

decomposizione può comportare danni alla salute. Può risultare necessario

l’utilizzo di un apparecchio respiratorio adeguato. Raffreddare con acqua i

contenitori chiusi esposti al fuoco. Impedire che i liquidi di estinzione deflui-

scano verso fognature o corsi d’acqua.

6. Misure in caso di fuoriuscita accidentale

Allontanare ogni sorgente di fiamma o scintilla ed aerare la zona. Non respi-

rare i vapori. Fare riferimento alle misure precauzionali riportate nei para-

grafi 7 e 8. Contenere e assorbire il liquido versato con materiale assorben-

te (per esempio, sabbia, terra, vermiculite, farina fossile).

Riporre in un contenitore adeguato. La zona contaminata deve essere

immediatamente pulita con un decontaminante adeguato. Un possibile

decontaminante (infiammabile) è costituito da: acqua (45 parti in volume),

etanolo o isopropil alcool (50 parti), soluzione di ammoniaca concentrata

con d=0,880 (5 parti).

Un’alternativa non infiammabile è: carbonato di sodio (5 parti), acqua (95

parti). Il materiale di perdita deve essere trattato con lo stesso decontami-

nante, lasciandolo riposare per alcuni giorni in recipiente non completamen-

te chiuso, fino a quando non ci sarà più alcuna reazione.

Una volta raggiunta questa situazione, chiudere il contenitore e avviarlo a

smaltimento (vedi paragrafo 13).

Evitare che il liquido di perdita defluisca verso fognature o corsi d’acqua. Se72

73

il prodotto ha contaminato laghi, fiumi o sistemi fognari, informare subito

l’autorità competente (autorità di pubblica sicurezza, vigili del fuoco, ecc).

7. Manipolazione e stoccaggio

Le persone che hanno manifestato precedenti episodi di asma, allergie,

malattie respiratorie croniche o ricorrenti non devono essere adibite a lavo-

razioni che comportino l’uso di questo preparato.

Manipolazione

I vapori sono più pesanti dell’aria e si diffondono radenti al suolo. Essi pos-

sono formare miscele esplosive con l’aria.

Prevenire la formazione di concentrazioni di vapori esplosivi o infiammabili

ed evitare che queste concentrazioni superino i limiti di esposizione profes-

sionale previsti. Il prodotto non può essere usato in zone in cui esistano luci

non protette, o altre sorgenti di fiamma o scintilla. Le apparecchiature elet-

triche devono essere adeguatamente protette, in conformità alle norme.

Il preparato può caricarsi elettrostaticamente: usare sempre i collegamenti a

terra qundo lo si trasferisce da un contenitore ad un altro. Gli operatori

devono indossare calzature antistatiche; gli indumenti e i pavimenti devono

essere di tipo conduttivo. Tenere i recipienti ben chiusi. Devono essere pre-

se le precauzioni necessarie per minimizzare il contatto con l’umidità atmo-

sferica o con acqua; in questi casi si ha infatti formazione di CO2, che provo-

ca aumento di pressione nei contenitori chiusi. Bisogna far particolare atten-

zione nel riaprire contenitori parzialmente utilizzati. Tenere lontano da fonti

di calore, scintille o fiamme vive. Usare attrezzi antiscintilla. Evitare il con-

tatto con la pelle e con gli occhi. Evitare l’inalazione di vapori e aerosol.

Nella zona di applicazione non si deve fumare, mangiare nè bere.

Per i mezzi protettivi personali si veda il paragrafo 8. Non usare mai la pres-

sione per vuotare i contenitori; essi infatti non sono recipienti a pressione.

Tenere sempre in contenitori dello stesso tipo di quello originale.

Mettere in atto le norme di sicurezza e di igiene del lavoro previste dalle leg-

gi vigenti (DPR 27/4/1955 n.547, DPR 19/3/1956 n.303, DPR 626/94).

Stoccaggio

Rispettare le prescrizioni riportate sull’etichetta. Stoccare tra..... e ...... °C, in un

luogo asciutto e ben ventilato, lontano da fonti di calore e raggi diretti del sole.

Tenere lontano da ogni sorgente di fiamma o scintilla. Tenere lontano da

agenti ossidanti, da alcali forti e da acidi forti, così come da ammine, alcooli

e acqua. Non fumare. Vietare l’accesso alle zone di stoccaggio alle persone

non autorizzate. I contenitori che sono stati aperti devono essere richiusi

con cura e tenuti diritti, in modo da prevenire la fuoriuscita del prodotto.

8. Controlli dell’esposizione/protezione individuale

Le persone che hanno manifestato precedenti episodi di asma, allergie,

malattie respiratorie croniche o ricorrenti, non devono essere adibite a lavo-

razioni che comportino l’uso di questo preparato.

Precauzioni impiantistiche

Gli ambienti di lavoro devono essere adeguatamente aerati. Installare fonti

di aspirazione localizzata ed efficaci sistemi di ricambio d’aria generale. Gli

operatori addetti alla nebulizzazione devono indossare gli autorespiratori

anche quando l’aerazione è adeguata. Negli altri casi, se le fonti di aspira-

zione localizzata e i sistemi di ricambio d’aria generali non sono sufficienti a

mantenere le concentrazioni del materiale particellare e dei vapori di solven-

ti al di sotto del limite di esposizione professionale, è necessario far uso di

adeguati mezzi di protezione delle vie respiratorie.

Per ogni sostanza vanno indicati i limiti di esposizione professionale (gene-

ralmente si utilizzano i TLV emanati ogni anno dall’ACGIH), sia per per

esposizione prolungata che per esposizione di breve durata

Protezione personale

Protezione delle vie respiratorie. In caso di nebulizzazione utilizzare autore-

spiratori. Per operazioni diverse dalla nebulizzazione, in zone ben aerate, gli

autorespiratori possono essere sostituiti da maschere con filtro a carbone e

setto filtrante per materiale particellare.

Protezione delle mani

In caso di contatto prolungato o ripetuto, usare:.......................................

Creme protettive possono essere utili per proteggere le zone della pelle

esposte. Esse devono essere comunque applicate quando il contatto ha già

avuto luogo.

Protezione degli occhi

Indossare occhiali di sicurezza per la protezione contro gli spruzzi.74

75

Protezione della pelle

Il personale deve indossare indumenti antistatici in fibra naturale o in fibra

sintetica, resistente alle alte temperature. Tutte le parti del corpo devono

essere lavate in caso di contatto.

9. Caratteristiche chimico-fisiche

Stato fisico: viscoso

Punto di infiammabilità:...... (secondo il metodo......)

Viscosità:.............................(secondo il metodo......)

Gravità specifica:.................(secondo il metodo......)

Densità dei vapori: (è sufficiente indicare se maggiore o minore dell’aria)

Limite inferiore di esplosività:.........

Solubilità in acqua:.........................

10. Stabilità e reattività

Il prodotto è stabile nelle condizioni di stoccaggio e d'uso raccomandate (si

veda il paragrafo 7). Se sottoposto a temperature elevate può dare origine a

prodotti di decomposizione pericolosi, quali il monossido e il diossidio di car-

bonio, fumo, ossidi di azoto e acido cianidrico. Tenere lontano da agenti

ossidanti, alcali e acidi forti, nonché da ammine, alcoli e acqua.

Ammine e alcoli provocano reazioni esotermiche. Il preparato reagisce len-

tamente con l’acqua dando luogo a formazione di CO2, con conseguente

rischio di scoppio in contenitori chiusi.

11. Informazioni tossicologiche

In base alle proprietà dei componenti isocianici e tenendo conto delle infor-

mazioni tossicologiche relative a prodotti similari, questo preparato può pro-

vocare fenomeni di irritazione acuta e/o sensibilizzazione del sistema respi-

ratorio, con possibili manifestazioni asmatiche e rilevanti difficoltà respirato-

rie. Le persone sensibilizzate possono successivamente manifestare sinto-

mi asmatici, anche se esposte a concentrazioni atmosferiche ben al di sotto

del limite di esposizione professionale. Esposizioni ripetute possono provo-

care un danno permanente al sistema respiratorio. L’esposizione a vapori di

solventi in concentrazioni superiori al limite di esposizione professionale può

provocare danni alla salute, quali irritazione delle mucose e delle vie respi-

ratorie, danni ai reni, al fegato e al sistema nervoso centrale. L’intossicazio-

ne può manifestarsi con mal di testa, vertigini, stanchezza, debolezza

muscolare, sonnolenza e, in casi estremi, perdita di coscienza. Il contatto

prolungato o ripetuto con il preparato può provocare rimozione del grasso

naturale della pelle, nonché l’insorgenza di dermatiti non allergiche.

Il liquido spruzzato negli occhi può provocare irritazioni e danni reversibili.

12. Informazioni ecologiche

Non sono disponibili dati specifici sul preparato.

13. Considerazioni sullo smaltimento

I resti del prodotto, i rifiuti derivanti dalla sua utilizzazione e i contenitori vuo-

ti devono essere smaltiti in conformità alle norme vigenti.

Non abbandonarli nell’ambiente nè scaricarli in fognature o corsi d’acqua.

I residui nei contenitori vuoti devono essere neutralizzati con apposito

decontaminante (vedi paragrafo 6).

14. Informazioni sul trasporto

Attenersi alle norme stabilite da ADR per il trasporto su strada, RID per

quello ferroviario, IMDG per quello via mare, ICAO/IATA per quello aereo.

Gruppo.....................

Imballaggio .....................

15. Informazioni sulla regolamentazione

In conformità alle prescrizioni vigenti il prodotto viene etichettato come

segue (simboli di pericolo, frasi R e frasi S).

Contiene: Isocianati. Si vedano le avvertenze del fabbricante (la presente

scheda fornisce tutte le necessarie informazioni)

16. Altre informazioni

Testo completo delle frasi R riportato nell’appendice 2.

Le informazioni contenute in questa scheda di sicurezza si basano sulle

attuali conoscenze e sono fornite in conformità alle prescrizioni vigenti.

Il prodotto non va usato per scopi diversi da quelli indicati nel paragrafo 1,76

77

senza aver ottenuto preventive istruzioni scritte. Non si assumono respon-

sabilità per usi impropri.

E’ sempre responsabilità dell’utilizzatore conformarsi alle norme di igiene,

sicurezza e protezione dell’ambiente previste dalle leggi vigenti. Le informa-

zioni contenute in questa scheda sono da intendersi come descrizione delle

caratteristiche del prodotto ai fini della sicurezza: non sono da considerarsi

garanzia delle proprietà del prodotto stesso.

Data di revisione................

78

CAPITOLO 3: II PARTE APPENDICI

Come riconoscere i prodotti più pericolosi?Guida pratica alla lettura delle etichette e delleschede di sicurezza delle vernici, dei diluenti edelle colle

3.1 Anche la sabbia uccide!

Il livello di pericolosità di un prodotto deve essere sempre legato al modo in

cui viene utilizzato. L’esempio più evidente di questo fondamentale concetto

è quello della sabbia. Al mare ci facciamo le sabbiature, i bambini ci si roto-

lano e a volte la ingoiano, senza che vi sia alcun danno alla salute. La stes-

sa sabbia, sparata ad altissima pressione e sminuzzata in piccolissime par-

ticelle nelle sabbiatrici usate industrialmente, può provocare nei lavoratori

non protetti adeguatamente una malattia che può essere mortale: la silicosi!

3.2 Prodotti pericolosi o usati pericolosamente?

Fatta questa doverosa premessa si deve comunque approfondire la cono-

scenza della pericolosità dei prodotti impiegati nell’incollaggio e nella verni-

ciatura, sia per decidere di sostituirli con altri meno pericolosi, sia per poter

scegliere i dispositivi di protezione più adeguati.

E’ quindi necessario poter distinguere i diversi “segnali di pericolosità” e

imparare a conoscere gli elementi essenziali che contraddistinguono i pro-

dotti.

3.3 La scheda di sicurezza: una carta d’identità europea per i vostriprodotti

Gli utilizzatori professionali hanno a disposizione un importante strumento

per controllare le caratteristiche ambientali e di sicurezza delle vernici, dei

diluenti e dei collanti acquistati. Si tratta della scheda di sicurezza, che

contiene tutte le informazioni che consentono di proteggere la salute e la

79

sicurezza sul posto di lavoro.

L’Italia ha recepito una specifica Direttiva CEE con il Decreto Ministeriale

del 28 gennaio 1992, che ha rappresentato una tappa importante nei rap-

porti tra produttori e utilizzatori. Dal 30 giugno 1993, data dell’effettiva entra-

ta in vigore della normativa, ogni prodotto deve essere munito di una detta-

gliata “scheda anagrafica”: chi immette sul mercato una vernice, una colla o

un diluente, (cioé il fabbricante, l’importatore o il distributore), é obbligato a

fornire la scheda di sicurezza al destinatario, vale a dire all’utilizzatore pro-

fessionale del prodotto chimico.

Le informazioni devono essere fornite gratuitamente, al più tardi all’atto

della prima fornitura del preparato, e successivamente ad ogni revisione

dovuta a modifiche concernenti la sicurezza e la tutela della salute e del-

l’ambiente.

L’utilizzatore deve conservare queste schede a portata di mano, soprattutto

alla luce di quanto prescritto dalle norme sulla sicurezza (legge 626). Una

copia dovrebbe essere conservata in archivio, mentre una seconda copia

dovrebbe essere conservata nel reparto di produzione, in modo che l’opera-

tore possa leggerla ogni volta che gli serve.

Le schede di sicurezza devono essere scritte in lingua italiana, devono indi-

care la data di redazione e devono essere divise in 16 parti, secondo una

sequenza ben precisa (vedi un esempio nell’appendice 4 alla fine di questo

capitolo).

1. Identificazione del preparato e della società produttrice

2. Composizione/Informazioni sugli ingredienti

3. Identificazione dei pericoli

4. Misure di primo soccorso

5. Misure antincendio

6. Misure in caso di fuoruscita accidentale

7. Manipolazione e stoccaggio

8. Controllo dell’esposizione/protezione individuale

9. Proprietà fisiche e chimiche

10. Stabilità e reattività

11. Informazioni tossicologiche

12. Informazioni ecologiche

13. Considerazioni sullo smaltimento

14. Informazioni sul trasporto

15. Informazioni sulla regolamentazione

16. Altre informazioni.

La responsabilità sulla correttezza e completezza delle informazioni ricade

sulla persona responsabile all’immissione del preparato sul mercato.

E’ bene sottolineare che la scheda di sicurezza é ben diversa dalla schedatecnica, che serve solo per capire le caratteristiche prestazionali di un pro-

dotto e per impiegarlo nel modo migliore. Le informazioni presenti sulla

scheda tecnica sono meno vincolanti per il fornitore, che se invece scrive

informazioni false sulla scheda di sicurezza rischia molto in termini legali. Se

per esempio il dato sul residuo secco é discordante tra le due schede dello

stesso prodotto, fidatevi di ciò che é riportato sulla scheda di sicurezza!

3.3.1 Per leggere la scheda ci vuole la laurea?La risposta dovrebbe essere no, ma certe schede non sono sicuramente redatte

con l’intento di facilitare la lettura. Pessima grafica, linguaggio “burocratese”,

struttura diversa a seconda delle aziende: tutto sembra fatto per rendere “cripti-

co” il significato di un documento che dovrebbe essere chiaro, trasparente e

soprattutto uniforme, per consentire la comprensione anche ai “non addetti ai

lavori” (che poi sono quelli che lavorano e quindi utilizzano i prodotti!).

Se la scheda di sicurezza doveva servire all’utilizzatore per aiutarlo a conoscere

meglio i prodotti che utilizza, dobbiamo dire con sincerità che siamo ancora lon-

tani dall’obbiettivo per vari motivi.

3.3.2 Gli errori più frequenti Uniformità

La scheda dovrebbe essere divisa in 16 punti, eppure qualche fornitore ancora

non li distingue, o li riporta in sequenza diversa, rendendo così difficile la com-

parazione tra i prodotti, una delle possibilità più importanti che gli utilizzatori

hanno per scegliere prodotti meno pericolosi. A volte alcuni punti sono addirittu-

ra del tutto mancanti, o redatti in modo superficiale.

Numero di telefono e nome della persona da contattare in caso di emergenza

E’ una delle indicazioni più utili, della cui mancanza però ci si accorge solo in

caso di necessità. Forse per questo è una delle carenze più frequenti nelle

schede di sicurezza.

Frasi di rischio80

81

Tutte le sostanze pericolose, quando sono contenute nei prodotti in quantità

superiore a determinate concentrazioni (superiore allo 0,1% per le sostanze

molto tossiche e tossiche, superiore all’1% per le sostanze corrosive,nocive

e irritanti), devono essere indicate nella scheda di sicurezza nel punto 2

(composizione/informazione sugli ingredienti). Deve in particolare essere

indicato:

1) il tipo di sostanza

2) il simbolo di pericolo

3) le frasi di rischio (per esteso), particolarmente importanti per conoscere i

prodotti utilizzati. A volte invece viene inserita solo la lettera con il numero

(ad esempio R11) senza alcuna descrizione del suo significato.

E’ bene sottolineare che la pericolosità del preparato (diversa dalla pericolo-

sità delle singole sostanze che lo compongono) viene descritta nel punto 15

della scheda di sicurezza; se non sono indicati simboli di pericolosità per la

salute dell’uomo o frasi di rischio, vuol dire che la sostanza pericolosa pre-

sente in formula non è contenuta in quantitativi tali da apportare al prodotto

finale le sue stesse caratteristiche di pericolosità.

Informazioni ecologiche

La normativa europea ha lasciato purtroppo alcuni spazi all’interpretazione sog-

gettiva. In mancanza di indicazioni precise le aziende chimiche hanno scelto di

approfondire questo punto in modo diverso. Nei casi peggiori si indica semplice-

mente che il prodotto “va impiegato e smaltito nel rispetto delle norme vigenti”:

un’affermazione così scontata da scadere nel ridicolo.

Altre aziende invece, dimostrando un’attenzione ben maggiore nei confronti dei

clienti, forniscono una serie di dati molto utili al verniciatore, indicando ad esem-

pio la classe di appartenenza dei solventi ai sensi del DPR 203 sulle emissio-

ni in atmosfera, evitando così faticose ricerche a coloro che devono richiedere

le autorizzazioni alla Provincia e alla Regione.

Molto utile anche l’indicazione chiara della percentuale di solvente contenuta nel

prodotto verniciante, che consente di valutare con precisione il residuo seccodella vernice nella latta.

E’ questo uno dei modi in cui, secondo noi, si fornisce un miglior servizio al

cliente, andando anche al di là di ciò che la legge impone al fornitore. Dovrebbe

poi essere l’utilizzatore a premiare (o punire) il produttore più disponibile, non

limitandosi a confrontare il prezzo d’acquisto.

3.3.3 Diffidate gente, diffidate!Le aziende più serie hanno investito ingenti risorse umane e finanziarie per rea-

lizzare e aggiornare le schede di sicurezza. Diffidate dei fornitori che non rispet-

tano i criteri che abbiamo indicato e ovviamente di quelli che non le consegna-

no: al di là degli eventuali rischi non evidenziati, un comportamento del genere

dimostra scarso interesse delle aziende per la sicurezza dei propri clienti e,

come minimo, scarsa trasparenza.

3.4 Il “pericolosometro”: un metodo per misurare la pericolosità deiprodotti

La scheda di sicurezza contiene una gran mole di segnali di pericolosità

che bisogna saper riconoscere e che si possono imparare con facilità

(n.d.a.: un mio professore di chimica insisteva nel dirmi che “tenevo un luc-

chetto che mi bloccava il cervello”, per cui se sono riuscito a capire io questi

meccanismi ci possono riuscire tutti...).

Siccome é più pratico misurare le cose con degli indici (cioé con dei nume-

ri), mi limiterò a spiegare il valore di tre indici che sono spesso contenuti

nelle schede di sicurezza e che consentono a chiunque di confrontare la

pericolosità dei prodotti (se non li trovate, richiedete spiegazioni al fornitore):

1) i TLV (indicati nel punto 8)

2) le classi della tabella “D” del DM 12/7/90 sull’inquinamento atmosfe-rico (indicate nei punti 12, o 15, o 16)

3) le frasi di rischio delle etichette (indicate nel punto 15).

Se non vi fate spaventare dalla stranezza di questi termini e arrivate alla

fine di questo capitolo vi garantisco che sarete in grado di valutare un pro-

dotto in 30 secondi.

3.4.1 Il “pericolosometro” e I TLV: una soglia di sicurezza nell’ambien-te di lavoro?I TLV, cioé i valori limite di soglia, sono stati elaborati dall’Associazione degli

Igienisti statunitensi (ACGIH), e indicano le concentrazioni delle sostanze

disperse nell’aria alle quali si ritiene che la maggior parte dei lavoratori pos-

sa rimanere esposta ripetutamente senza effetti negativi per la salute: più il

TLV é basso e più una sostanza é pericolosa, in quanto basta una piccola

quantità presente nell’ambiente di lavoro per creare una situazione di82

83

rischio.

Si tratta di valori che in Italia non sono vincolanti per legge e quindi vengono

utilizzati solo come riferimento generale per la valutazione della pericolosità

di una sostanza. In altri Paesi invece i TLV (o i MAK, che vengono utilizzati

in modo analogo in Germania, o gli OES inglesi e francesi) rappresentano

un limite legalmente riconosciuto, una specie di barriera al di sotto della

quale le aziende non vengono considerate responsabili di violazioni. L’argo-

mento é costante fonte di accesi dibattiti, che vedono due fronti contrappo-

sti, pro e contro l’uso dei TLV come limite “legale”.

In effetti nel nostro Paese la mancanza di un preciso limite fissato dalla leg-

ge consente ampi margini di discrezionalità agli operatori della prevenzio-

ne, creando notevoli squilibri nelle diverse aree geografiche a seconda del

livello di controllo sulle aziende e delle interpretazioni che vengono date vol-

ta per volta sulle procedure da applicare per migliorare l’ambiente di lavoro.

Si assiste così per esempio al divieto che in alcune zone viene imposto

all’impiego di cabine a secco, oppure alla richiesta di sostituire alcune

sostanze con altre, senza che le regole del gioco vengano fissate in modo

identico per tutti.

D’altronde é ben noto il fatto che, a causa della notevole variabilità della

sensibilità individuale, una piccola percentuale di lavoratori può accusare

disturbi o danni in presenza di alcune sostanze le cui concentrazioni siano

pari o inferiori ai TLV e, in una più piccola percentuale di individui, si può

osservare anche un effetto più marcato per l’aggravarsi di condizioni preesi-

stenti o per l’insorgere di una malattia professionale.

Il fumo, per esempio, può incrementare gli effetti biologici delle sostanze

chimiche presenti nell’ambiente di lavoro e può ridurre i meccanismi di dife-

sa dell’organismo contro le sostanze tossiche.

Alcuni individui possono inoltre essere molto più sensibili, rispetto alla nor-

ma, nei confronti di alcune sostanze in conseguenza di fattori genetici, età,

abitudini personali (fumo, alcool, altre droghe), cure mediche o esposizioni

pregresse. Questi individui possono non essere adeguatamente protetti

contro gli effetti causati da sostanze presenti a concentrazioni pari o inferiori

ai TLV.

Prima di approfondire ulteriormente la questione, cerchiamo di capire come

nascono i TLV e soprattutto come vengono aggiornati.

Questi valori, secondo quanto affermano gli igienisti americani, vengono

stabiliti in base ai dati più attendibili ricavati dall’esperienza in campo indu-

striale, ai risultati di ricerche sperimentali sull’uomo e sugli animali e, quan-

do possibile, alla combinazione di entrambi gli elementi. Il criterio con cui il

limite tollerabile viene fissato può variare a seconda del tipo di sostanza

considerata: in alcuni casi l’obbiettivo é quello di prevenire i danni per la

salute, in altri di eliminare fenomeni irritativi, di riduzione dello stato di vigi-

lanza, di disagio o altre forme di stress.

I danni per la salute considerati comprendono quelli che possono ridurre l’a-

spettativa di vita, compromettere le funzioni fisiologiche, ridurre le capacità

di resistenza ad altre sostanze tossiche o alle malattie, influire negativamen-

te sulla funzione riproduttiva o sui processi di sviluppo.

La qualità e la natura delle informazioni disponibili per stabilire i TLV varia

da sostanza a sostanza; di conseguenza la precisione dei TLV stabiliti è

soggetta a variazioni e la documentazione più aggiornata deve essere con-

sultata per valutare l’insieme e la natura dei dati disponibili per una data

sostanza.

3.4.1.1 Come nascono i TLV?Il meccanismo di determinazione dei TLV americani negli ultimi 50 anni é

rimasto invariato: le liste sono sempre quelle del 1942, rivedute e corrette

con un ritmo di aggiornamento di una decina di sostanze all’anno.

In un articolo di Emilio Volturo, apparso qualche anno fa sulla rivista italiana

“SNOP” (il bollettino della Società Nazionale degli Operatori della Preven-

zione), vengono citate alcune fonti ACGIH dalle quali risulta che nel 1986 su

circa 600 sostanze esaminate, i TLV di 89 di esse erano stati elaborati

soprattutto sulla base di informazioni non pubblicate di fonte aziendale.

Per “informazioni non pubblicate” si intendono quelle informazioni che non

compaiono neanche nelle schede tecniche della casa produttrice (in questo

caso verrebbero considerate infatti informazioni “pubblicate”). Inoltre parte

delle informazioni non era mai stata trasmessa per iscritto, bensì telefonica-

mente! Di conseguenza la maggior parte di queste importanti informazioni di

fonte aziendale non pubblicate non sono disponibili in forma scritta per

essere sottoposte ad un esame scientifico da parte di esperti.

3.4.1.2 Un limite tra il bene e il male?Indubbiamente, lo ammettono gli stessi igienisti americani, i TLV non posso-

no costituire una linea netta di demarcazione tra livello di sicurezza e livello

di pericolo.84

85

Se prendiamo ad esempio l’acetone, che ha un TLV-TWA di 500 ppm (ppm

significa “parti per milione”; per maggiori spiegazioni e per la definizione di

“TWA” vedi appendice 1 a fine capitolo), non potremmo ragionevolmente

pensare che con una concentrazione di 499 ppm nell’ambiente di lavoro

possiamo stare tranquilli, mentre con 501 dobbiamo far scattare l’allarme:

una parte per milione in più o in meno non può certamente determinare l’e-

sistenza o l’assenza di un rischio per la salute!

Sembrerebbe solo una questione di buon senso, ma purtroppo il concetto di

“buon senso” é troppo soggettivo per una questione così delicata.

Se infatti si definisse per legge che al di sopra del TLV c’è rischio, mentre al

di sotto c’é sicurezza, negli ambienti di lavoro in cui si supera il livello di

allarme ci si preoccuperebbe semplicemente di raggiungere la linea del

TLV: si perderebbe, in questo modo, ogni possibilità di introdurre cambia-

menti positivi che consentirebbero di migliorare ulteriormente le condizioni

di lavoro. Perchè ad esempio bisogna chiudere i contenitori delle vernici

dopo l’uso se la concentrazione dei solventi nell’aria é inferiore al TLV? Per-

chè mai un’azienda dovrebbe acquisire una tecnologia che impiega vernici,

colle, diluenti o solventi meno pericolosi, se tutti gli inquinanti nell’ambiente

di lavoro si trovano sotto il tetto del TLV? Perchè infine utilizzare le cappe di

aspirazione, che a volte intralciano o comunque rallentano il lavoro, se i

fumi di saldatura, i vapori presenti durante le fasi di incollaggio o di lavaggio

delle attrezzature sono sotto il TLV?

3.4.1.3 I limiti cambiano nel tempoSe torniamo all’esempio dell’acetone e vediamo la sua classificazione nel

tempo, troveremo che nelle tabelle pubblicate fino al 1996 il TLV era stato

fissato a 750 ppm, ma in alcuni studi pubblicati dal 1987 al 1989 su alcune

riviste internazionali di medicina del lavoro (“Journal of occupational medici-

ne”, “American journal of industrial medicine”, Scandinavian journal of work

environmentand health”, “British journal of industrial medicine”) erano stati

evidenziati effetti negativi sul sistema nervoso con concentrazioni di 250

ppm dopo 4 ore di esposizione.

Analoghi risultati sono stati verificati con esposizioni ad altri inquinanti ben

lontane dal limite considerato pericoloso (stirene, toluene, formaldeide).

3.4.1.4 Un limite soggettivoNon tutti i lavori sono uguali e non tutti gli uomini sono uguali. Inoltre,

ammesso e non concesso che da un punto di vista biologico basse dosi

diluite nel tempo abbiano lo stesso significato di alte dosi concentrate in un

breve periodo di tempo, ne derivano non poche difficoltà nel valutare esatta-

mente l’inquinamento di un ambiente chiuso. Il valore che si ricava è sem-

pre una stima della realtà, che oscilla all’interno di un intervallo tanto più

ampio quanto maggiore è la variabilità del ciclo produttivo in esame.

3.4.1.5 Gli effetti sinergiciUn altro punto critico è quello delle sinergie (cioé della somma degli effetti di

varie sostanze): come ci comporteremo a proposito della presenza contem-

poranea di più fattori di rischio? Accetteremo che, in caso di presenza con-

temporanea di 10 inquinanti, tutti e dieci si fermino un milionesimo di milli-

grammo al di sotto del TLV? O introdurremo complicate e sofisticate formule

matematiche per il calcolo dell’effetto combinato? Oppure ce la caviamo con

una “raccomandazione” a stare attenti alla possibile azione sinergica in pre-

senza di più di un inquinante (che è la situazione reale di fatto più frequen-

te)?

3.4.1.6 I TLV e le sostanze cancerogeneUno dei punti più criticati é l’indicazione dei TLV per sostanze ad azione

mutagena o cancerogena. Le ragioni sono tutte molto valide:

• non esiste, come è noto, una netta divisione tra sostanze che scatenano o

promuovono l’azione cancerogena o mutagena

• l’azione sinergica in questo campo comporta un rischio molto più grande

rispetto alle sostanze “solamente” tossiche

• in particolare l’effetto mutageno o cancerogeno che potrebbe colpire

anche un piccolissimo numero di lavoratori (quelli che risentono particolar-

mente gli effetti di determinate sostanze che mediamente non comporta-

no problemi) rappresenterebbe la condanna di un certo numero, per quan-

to piccolo, di sfortunati a contrarre un tumore.

3.4.1.7 ConclusioniSe la severità nell’applicazione delle regole del gioco può essere legata

all’interpretazione dei giudici, non lo può essere invece la certezza del dirit-

to. E quale certezza ci può essere, si dice, se un datore di lavoro non può

ritenersi mai completamente sicuro di aver ottemperato alla norma, ossia di

aver fatto tutto ciò che è tecnicamente fattibile o che comunque è già stato86

87

concretamente realizzato in qualche azienda analoga? Per non parlare della

“soggettività” degli operatori dei servizi di prevenzione, che fanno le loro

valutazioni sulla base di esperienze e conoscenze inevitabilmente limitate

che, al di là della buona volontà di ciascuno, risentono della mancanza di

aggiornamento e della scarsità di informazioni su cicli produttivi, sempre più

specialistici e in rapida trasformazione.

Una possibilità di sciogliere questo nodo, secondo alcuni, starebbe nell’attri-

buire al TLV il significato di “valore minimo” necessario per il rispetto della

norma, e quindi per non incorrere immediatamente nella sua violazione, con

tutte le implicazioni penali che ne derivano.

Sarebbe però poi indispensabile, come già avviene in alcuni Paesi europei,

in particolare Francia e Gran Bretagna, elaborare le cosiddette norme di

buona tecnica, relative a diverse attività lavorative, codificate anche rispetto

a parametri di igiene industriale.

Comunque, anche se non possono essere considerati del tutto rassicuranti,

in mancanza d’altro i limiti americani costituiscono un indice da tenere in

considerazione, se non altro come “soglia di attenzione” e come punto di

partenza per la verifica delle condizioni dell’ambiente di lavoro, nell’ottica di

un costante miglioramento della sicurezza dei lavoratori.

Tutti coloro che, leggendo queste righe, si sono appassionati all’argomento e

vogliono approfondire ulteriormente la conoscenza della materia, troveranno

alla fine di questo capitolo altre informazioni più dettagliate (appendice 1).

3.4.2 Il “pericolosometro” e le classi della tabella “D” del DM 12/7/90sull’inquinamento atmosfericoMentre i TLV rappresentano un limite nell’ambiente di lavoro, le classi della

tabella “D” definiscono i limiti di inquinamento fuori dall’azienda.

I limiti di emissione dei solventi in atmosfera (cioé all’esterno delle fabbri-

che), sono stabiliti nel D.M. 12/7/1990, nell’Allegato 1. Tale Allegato preve-

de, nella Tabella D, una ripartizione delle sostanze organiche volatili artico-

lata in 5 classi; per ogni classe sono fissati i limiti di emissione.

Classe L i m i t i d i e m i s s i o n eFlusso di massa Limite in concentrazione

classe I ≥ 25 g/h 5 mg/Nm3

classe II ≥ 0,1 kg/h 20 mg/Nm3

classe III ≥ 2 kg/h 150 mg/Nm3

classe IV ≥ 3 kg/h 300 mg/Nm3

classe V ≥ 4 kg/h 600 mg/Nm3

Come si può facilmente notare dalla tabella, i limiti di emissione più bassi

riguardano la prima classe, che quindi è quella più pericolosa; essa infatti

comprende le sostanze cancerogene, che non dovrebbero mai essere pre-

senti nelle colle e nelle vernici, anche se in qualche caso di “diluente trucca-

to” ne è stata rilevata la presenza (in particolare di benzene, noto cancero-

geno).

Il “pericolosometro” in questo caso é facilmente applicabile senza ulteriori

approfondimenti: alla classe I appartengono le sostanze più pericolose,

mentre nella classe V si trovano quelle meno pericolose.

Il Ministero dell’Ambiente italiano, che ha classificato solo alcune sostanze

(l’elenco completo é pubblicato alla fine di questo capitolo), inspiegabilmen-

te non ha chiarito sulla base di quali parametri é stata definita la suddivisio-

ne delle diverse classi (probabilmente é stata fatta una sintesi tra effetti sul-

l’uomo e sull’ambiente). L’indice di pericolosità in questo caso é piuttosto

grossolano e incompleto, però ha il pregio di essere compreso da chiunque

(se non trovate la classe sulle schede di sicurezza dei vostri prodotti, richie-

detela al fornitore).

Quasi tutte le Regioni italiane non autorizzano emissioni di aziende che uti-

lizzano vernici contenenti solventi di classe I e II (a meno che si installi un

impianto di abbattimento) e ormai sul mercato tutti i produttori più attenti li

hanno sostituiti con solventi di classe III, IV e V, disponibili sul mercato a

prezzi più che accettabili.

3.4.3 Il “pericolosometro” e l’etichettatura europea: i simboli e le frasi dirischio3.4.3.1 Come vengono classificate le sostanze e i preparati in Europa?L’obbiettivo della classificazione è l’identificazione di tutte le proprietà fisico-

chimiche, tossicologiche ed eco-tossicologiche delle singole sostanze e del-

le proprietà tossicologiche e fisico-chimiche dei preparati (cioé delle miscele

di varie sostanze) che possono comportare dei rischi all’atto della normale

manipolazione o utilizzazione. Dopo l’identificazione delle proprietà pericolo-

se, la sostanza o il preparato devono essere etichettati per indicare il perico-

lo o i pericoli, al fine di proteggere l’utilizzatore e l’ambiente.88

89

Le norme hanno lo scopo di mettere a disposizione dei lavoratori informazio-

ni essenziali sulle sostanze e sui preparati pericolosi che utilizzano. L’etichet-

ta può inoltre richiamare l’attenzione su informazioni più complete in materia

di precauzioni e di utilizzazione del prodotto, disponibili sotto altra forma.

L’etichetta tiene conto di tutti i pericoli potenziali connessi con la normale

manipolazione ed utilizzazione delle sostanze e dei preparati pericolosi nel-

la forma in cui vengono commercializzati, ma non necessariamente nelle

altre possibili forme di utilizzazione finale, ad esempio allo stato diluito.

I pericoli più gravi sono segnalati da simboli; questi pericoli e quelli causati

da altre proprietà pericolose sono precisati in frasi standard di rischio (frasi

“R”), mentre altre frasi, relative ai consigli di prudenza (frasi “S”), presentano

le precauzioni che occorre prendere.

Nel caso delle sostanze, l’informazione è completata dalla denominazione

secondo una nomenclatura chimica riconosciuta a livello internazionale,

preferibilmente quella utilizzata dallo “European Inventory of Existing Com-

mercial Chemical Substances (EINECS) o dalla “European List of Notified

Chemical Substances (ELINCS), dal numero CEE e da nome, indirizzo e

numero di telefono del responsabile dell’immissione della sostanza sul mer-

cato avente sede nell’Unione Europea.

Nel caso di preparati (cioé una miscela di sostanze), l’informazione è com-

pletata dalla designazione o nome commerciale del preparato, dalla deno-

minazione chimica delle sostanze presenti nel preparato e dal nome, indiriz-

zo e numero di telefono del responsabile dell’immissione sul mercato del

preparato avente sede nell’Unione Europea.

L’etichettatura prende in considerazione le sostanze se le concentrazioni

sono:

• >0,1% per le sostanze classificate molto tossiche, tossiche, cancerogene

di categoria 1 o 2, mutagene di categoria 1 o 2, tossiche per la riproduzio-

ne di categoria 1 o 2.

• >1% per le sostanze classificate nocive, corrosive, irritanti, sensibilizzanti,

cancerogene di categoria 3, mutagene di categoria 3, tossiche per la

riproduzione di categoria 3, a meno che nell’allegato 1 al decreto legislati-

vo 3 febbraio 1997, n. 52 siano stati specificati valori più bassi.

3.4.3.2 Classificazione in base alle proprietà tossicologiche La classificazione si basa sugli effetti acuti e su quelli a lungo termine delle

sostanze e dei preparati, siano essi dovuti ad un’unica esposizione o ad

un’esposizione ripetuta o prolungata.

Se è possibile provare che l’effetto tossico sull’uomo delle sostanze e dei

preparati è o potrebbe essere diverso da quello messo in evidenza dai risul-

tati sperimentali ottenuti con le prove su animali o con l’applicazione del

metodo convenzionale, le sostanze e i preparati vanno classificati in base

alla tossicità per l’uomo. Tuttavia le prove sull’uomo dovrebbero essere sco-

raggiate e in nessun caso dovrebbero essere utilizzate per confutare i dati

positivi riscontrati sugli animali.

3.4.3.3 Le sostanze pericolose (D.L. 3.2.97, n° 52)Le sostanze sono gli elementi chimici ed i loro composti, allo stato naturale

o ottenuti mediante qualsiasi procedimento di produzione, compresi gli addi-

tivi necessari per mantenere la stabilità dei prodotti e le impurezze derivanti

dal procedimento impiegato, ma esclusi i solventi che possono essere elimi-

nati senza incidere sulla stabilità delle sostanze e senza modificare la loro

composizione.

I preparati sono le miscele e le soluzioni costituite da due o più sostanze.

Sono considerati pericolosi le seguenti sostanze e preparati.

Per quanto riguarda l’infiammabilità, la normativa prevede tre livelli di

infiammabilità decrescenti.

Estremamente infiammabili (simbolo fiamma e scritta F+): le sostanze e i

preparati liquidi con il punto di infiammabilità inferiore a 0°C e un punto di

ebollizione inferiore o uguale a 35°C; le sostanze ed i preparati gassosi che

a temperatura e pressione ambientale sono infiammabili a contatto con l’aria.

Facilmente infiammabili (simbolo fiamma e scritta F):1) le sostanze ed i preparati che, a contatto con l’aria, a temperatura

ambiente e senza apporto di energia, possono subire innalzamenti ter-

mici e da ultimo infiammarsi

2) le sostanze ed i preparati solidi che possono facilmente infiammarsi dopo

un breve contatto con una sorgente di accensione e che continuano a

bruciare o a consumarsi anche dopo il distacco della sorgente di accen-

sione

3) le sostanze ed i preparati liquidi il cui punto d’infiammabilità è molto basso

4) le sostanze ed i preparati che, a contatto con l’acqua o l’aria umida, spri-

gionano gas estremamente infiammabili in quantità pericolose.

Vale anche per sostanze e preparati liquidi il cui punto di infiammabilità è

inferiore a 21°C, ma che non sono estremamente infiammabili. 90

91

Infiammabili (senza simbolo fiamma): sostanze e preparati liquidi il cui

punto di infiammabilità è compreso tra 21 e 55°C. In questo caso non è

necessario il simbolo, ma solo la frase R10 “infiammabile” in etichetta.

Molto tossici (simbolo teschio e scritta T+): le sostanze ed i preparati

che, in caso di inalazione, ingestione o assorbimento cutaneo, in piccolis-

sime quantità, possono essere letali oppure provocare lesioni acute o cro-

niche.

Tossici (simbolo teschio e scritta T): le sostanze ed i preparati che, in

caso di inalazione, ingestione o assorbimento cutaneo, in piccole quantità,

possono essere letali oppure provocare lesioni acute o croniche.

Nocivi (simbolo croce e scritta n): se la tossicità DL50 e/o CL50 (vedi la

tabella che spiega il significato di DL50 e CL50) é più bassa di quella previ-

sta per classificare la sostanza o il preparato come molto tossico o tossico,

ma rientra nei limiti previsti, allora il prodotto è nocivo. Oltre al simbolo va

indicata, per mezzo delle frasi di rischio, la via di pericolo tossicologico

(ingestione, inalazione, contatto con la pelle). Sono poi eventualmente

necessarie altre frasi, nel caso di rischi tossicologici specifici; ad esempio

R39 “pericolo di effetti irreversibili molto gravi” se esistono valide indicazioni

per ritenere che danni irreversibili potrebbero essere causati da un’unica

esposizione, oppure R48 “pericolo di gravi danni per la salute in caso di

esposizione prolungata” se gravi danni potrebbero essere causati da espo-

sizione ripetute o prolungate.

Definizione del livello di tossicità sulla base di DL50 e CL50

CATEGORIA DL50 ORALE DL50 CUTANEA CL50 INALATORIA

NEL RATTO (mg/kg) NEL CONIGLIO (mg/kg) NEL RATTO (mg/l/4h)

Molto tossiche <25 <50 <0,5Tossiche 25-200 50-400 0,5-2Nocive 200-2.000 400-2.000 2-20

TerminologiaDL50: dose che provoca la morte nel 50% degli animali da esperimento (va definitaanche la via orale, cutanea, etc.). Per la DL50 orale la normativa CEE prevede l’u-so del ratto come animale da esperimento. Per la DL50 cutanea è previsto l’uso delratto o del coniglio.CL50: concentrazione in aria che provoca la morte nel 50% degli animali da esperi-

mento, se inalata per un determinato periodo di tempo. Per la CL50 la normativaCEE prevede l’uso del ratto come animale da esperimento, per una esposizione di4 ore.

Comburenti (simbolo comburente e scritta O): le sostanze ed i preparati

che a contatto con altre sostanze, soprattutto se infiammabili, provocano

una forte reazione esotermica, provocandone l’accensione o aggravando il

rischio di incendio. Possono anche risultare esplosive in miscela con mate-

rie combustibili.

Corrosivi (simbolo corrosione e scritta C): le sostanze ed i preparati che, a

contatto con i tessuti vivi, possono esercitare su di essi un’azione distruttiva.

Irritanti (simbolo croce e scritta Xi): le sostanze ed i preparati non corro-

sivi, il cui contatto diretto, prolungato o ripetuto con la pelle o le mucose può

provocare una reazione infiammatoria.

Esplosivi (simbolo esplosione e scritta E): le sostanze ed i preparati soli-

di, liquidi, pastosi o gelatinosi che, anche senza l’azione dell’ossigeno atmo-

sferico, possono provocare una reazione esotermica con rapida formazione

di gas e che, in determinate condizioni di prova, detonano, deflagrano rapi-

damente o esplodono in seguito a riscaldamento in condizione di parziale

contenimento.

Pericolosi per l’ambiente (simbolo albero + pesce morti e scritta N): lesostanze ed i preparati che, qualora si diffondano nell’ambiente, presentano

o possono presentare rischi immediati o differiti per una o più delle compo-

nenti ambientali.

Sensibilizzanti: le sostanze ed i preparati che, per inalazione o assorbi-

mento cutaneo, possono dar luogo ad una reazione di ipersensibilizzazione,

per cui una successiva esposizione alla sostanza o al preparato produce

reazioni avverse caratteristiche.

Cancerogeni: le sostanze ed i preparati che, per inalazione, ingestione o

assorbimento cutaneo, possono provocare il cancro o aumentarne la fre-

quenza.

La normativa sull’etichettatura definisce 3 categorie di cancerogenicità:

1) sostanze note per gli effetti cancerogeni sull’uomo. Esistono prove suffi-

cienti per stabilire un nesso causale tra l’esposizione dell’uomo ad una

sostanza e lo sviluppo di tumori

2) sostanze che dovrebbero considerarsi cancerogene per l’uomo. Esistono

elementi sufficienti per ritenere verosimile che l’esposizione dell’uomo ad

una sostanza possa provocare lo sviluppo di tumori, in generale sulla

base di adeguati studi a lungo termine effettuati su animali, o di altre92

93

informazioni specifiche.

3) sostanze da considerarsi con sospetto per i possibili effetti cancerogeni

sull’uomo, per le quali tuttavia le informazioni disponibili non sono suffi-

cienti per procedere ad una valutazione soddisfacente. Esistono alcune

prove ottenute da adeguati studi sugli animali che non bastano tuttavia

per classificare la sostanza nella categoria 2.

Una sostanza viene inserita in categoria 1 in base ai dati epidemiologici,

mentre la collocazione nelle categorie 2 e 3 si basa fondamentalmente sugli

esperimenti sugli animali.

Non esiste un simbolo specifico per i cancerogeni, ma in etichetta va ripor-

tata la frase R45 ”può provocare il cancro”, o R49 “può provocare il cancro

per inalazione” con il simbolo T+ o T, per i cancerogeni di Cat. 1 e 2, o R40

“possibilità di effetti irreversibili”, unito almeno al simbolo Xn per le sostanze

in Cat. 3.

La normativa di classificazione definisce cancerogene un centinaio di

sostanze. I preparati che contengono più dello 0,1% di sostanze delle Cate-

gorie 1 e 2, o più dell’1% di quelle in categoria 3, sono da considerare a loro

volta cancerogeni, con l’obbligo della relativa frase di rischio. Anche per la

cancerogenicità è opportuno effettuare una classificazione provvisoria, per

le sostanze non ancora classificate ufficialmente dalla CEE, ma definite

cancerogene da Enti ufficiali nazionali o internazionali (CCTN, IARC).

Mutageni: le sostanze ed i preparati che, per inalazione, ingestione o

assorbimento cutaneo, possono produrre difetti genetici ereditari o aumen-

tarne la frequenza. La normativa sull’etichettatura definisce 3 categorie di

mutagenicità:

1) esistono prove sufficienti per stabilire nessi causali tra l’esposizione degli

esseri umani ad una sostanza e le alterazioni genetiche ereditarie. E’

estremamente difficile ottenere informazioni attendibili dagli studi sull’in-

cidenza delle mutazioni nella popolazione umana o sul possibile aumen-

to della loro frequenza; fino ad oggi non si conoscono esempi certi di

sostanze mutagene

2) esistono prove sufficienti per ritenere verosimile che l’esposizione degli

esseri umani ad una sostanza possa provocare lo sviluppo di alterazioni

genetiche ereditarie

3) esistono prove fornite da studi specifici sugli effetti mutageni, ma non

sufficienti per classificare la sostanza nella categoria 2.

Tossici per il ciclo riproduttivo: le sostanze ed i preparati che, per inala-

zione, ingestione o assorbimento cutaneo, possono provocare o rendere più

frequenti effetti nocivi non ereditari nella prole, o danni a carico della funzio-

ne o delle capacità riproduttive maschili o femminili. La normativa sull’eti-

chettatura definisce 3 classi di tossicità per la riproduzione:

1) esistono prove sufficienti per stabilire un nesso causale tra l’esposizione

umana alla sostanza e la riduzione di fertilità. Oppure esistono prove suf-

ficienti per stabilire un nesso causale tra l’esposizione umana alla

sostanza e successivi effetti tossici a livello di sviluppo della progenie.

2) esistono prove evidenti per presumere che l’esposizione umana alla

sostanza possa ridurre la fertilità. Oppure esistono prove sufficienti per

presumere che l’esposizione umana alla sostanza possa dar luogo a

effetti tossici a livello di sviluppo della progenie.

3) sostanze sospette per la fertilità umana. Oppure sostanze sospette a

causa di possibili effetti tossici a livello di sviluppo della progenie.

La tossicità riproduttiva comprende la diminuzione della funzioni o della

capacità di riproduzione maschile e femminile (effetti negativi sulla libido, sul

comportamento sessuale e sulla fecondazione) e il manifestarsi di effetti

nocivi non ereditari sulla progenie (aborto, peso corporeo ridotto, ritardo nel-

la crescita e nello sviluppo a livello fisico o mentale) .

3.4.3.4 Sostanze non comprese nell’elenco di classificazione ufficialeLa CEE fornisce un elenco di classificazione ufficiale di oltre un migliaio di

sostanze chimiche, che periodicamente viene aggiornato. Le sostanze che

non sono comprese in questo elenco devono essere classificate provvisoria-

mente dal produttore, sulla base delle informazioni disponibili in letteratura

e/o mediante l’effettuazione di test specifici. Non è quindi accettabile che una

sostanza non sia etichettata perchè il produttore non ha trovato una classifi-

cazione ufficiale della CEE, o perchè non sono state trovate altre informazio-

ni. E’ un preciso obbligo del produttore classificare provvisoriamente la

sostanza effettuando ad esempio i test di infiammabilità ed esplosività e i test

per la DL50 e la CL50, se questi dati non sono disponibili in letteratura.

Per i preparati (miscele di sostanze) la normativa prevede la possibilità di

una classificazione tossicologica stimata, che si ottiene attraverso un calcolo

a partire dalla tossicità e dalle percentuali delle singole sostanze, mentre pre-

vede la verifica mediante test delle caratteristiche di infiammabilità, a meno

che la miscela non sia composta solo da sostanze non infiammabili.

Se la normativa di classificazione di sostanze e preparati è correttamente94

95

rispettata dal produttore della sostanza o del preparato, l’utilizzatore finale

ha a disposizione tutte le informazioni necessarie per valutare il rischio, per

mettere in atto i sistemi di protezione necessari e, in definitiva, per operare

in sicurezza.

3.4.3.5 Obbligo di ricerca: una garanzia per gli utilizzatoriI fabbricanti, gli importatori e i distributori di sostanze pericolose che non

figurano ancora nell’allegato I, ma sono incluse nell’EINECS, sono obbligati

ad effettuare idonee ricerche per conoscere i dati pertinenti ed accessibili

esistenti per quanto riguarda le proprietà di tali sostanze.

3.4.3.6 ImballaggioL’imballaggio delle sostanze pericolose deve soddisfare le seguenti condi-

zioni.

L’imballaggio deve essere progettato e realizzato in modo tale da impedire

qualsiasi fuoriuscita del contenuto, fermo restando l’obbligo di osservare le

disposizioni che prescrivono speciali dispositivi di sicurezza.

I materiali che costituiscono l’imballaggio e la chiusura non devono essere

suscettibili di deteriorarsi a causa del contenuto, nè poter formare con que-

sto composti pericolosi.

Tutte le parti dell’imballaggio e della chiusura devono essere solide e robu-

ste, in modo da escludere qualsiasi allentamento e sopportare in maniera

affidabile le normali sollecitazioni della manipolazione.

Il recipiente munito di un sistema di chiusura che può essere riapplicato,

deve essere progettato in modo che l’imballaggio possa essere richiuso

ripetutamente senza fuoriuscita del contenuto.

3.4.3.7 In sintesiL’etichettatura delle sostanze pericolose deve recare in caratteri leggibili e

indelebili una serie di dati che si possono così schematizzare.

La denominazione della sostanza.

Il nome e l’indirizzo completo, nonchè il numero di telefono del responsabi-

le dell’immissione sul mercato stabilito all’interno dell’Unione europea, che

può essere il fabbricante, l’importatore o il distributore.

I simboli di pericolo, se previsti, e l’indicazione di pericolo che comporta

l’impiego della sostanza. I simboli e le indicazioni di pericolo stampati in

nero su fondo giallo-arancione.

Le frasi tipo relative ai rischi specifici derivanti dai pericoli dell’uso della

sostanza, dette “frasi R”.

Indicazioni quali “non tossico”, “non nocivo” o qualsiasi altra analoga,non devono figurare sull’etichetta o sull’imballaggio delle sostanzepericolose.

E’ inoltre vietata la pubblicità delle sostanze pericolose, qualora la pubbli-

cità stessa non indichi la categoria o le categorie di appartenenza della

sostanza.

Le frasi di rischio e i consigli di prudenza devono essere scritte per esteso,

per comprenderne il significato. La legge precisa infatti che non é sufficiente

indicare soltanto la lettera R con il numero che contraddistingue il tipo di

rischio, in quanto ciò richiederebbe che l’utilizzatore abbia sempre con sé

un”bigino” che gli consenta di decifrare il significato della lettera e del nume-

ro: comunque, per ogni evenienza, alla fine di questo capitolo sono riportate

tutte le frasi R e S (appendice 2).

3.5 Conclusioni

Se le spiegazioni che abbiamo dato sono state sufficientemente chiare, ogni

utilizzatore è ora in grado di scegliere il prodotto più adatto alle proprie esi-

genze tra quelli esistenti sul mercato.

Ciò non significa che tutti da domani debbano indirizzarsi solo sui prodotti

che contengono solventi di classe V, senza simboli di tossicità o nocività

sull’etichetta e con TLV elevato: un solvente più pericoloso, usato in unacabina ben ventilata può essere meno dannoso di un solvente menopericoloso usato in una cabina con il filtro intasato! E’ evidente che nella scelta dei prodotti intervengono motivazioni economi-

che e prestazionali che sono importanti: se un prodotto meno pericoloso

non funziona o costa troppo non potrà mai sostituire un prodotto più perico-

loso, a meno che quest’ultimo venga penalizzato da una legislazione effica-

ce (e sappiamo come funzionano le cose nel nostro Paese..).

Se però i prodotti meno pericolosi, come già avviene in molti casi, sono

competitivi, la strategia della sicurezza diventa praticabile anche senza

repressione “poliziesca”. E abbiamo ogni giorno conferma del fatto che gli

utilizzatori, quando hanno gli strumenti per distinguerli, sanno scegliere iprodotti giusti.

96

97