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Spedizione in abbonamento postale Roma, conto corrente postale n. 649004 Copia € 1,00 Copia arretrata € 2,00 L’OSSERVATORE ROMANO GIORNALE QUOTIDIANO Unicuique suum POLITICO RELIGIOSO Non praevalebunt Anno CLX n. 70 (48.394) Città del Vaticano venerdì 27 marzo 2020 . y(7HA3J1*QSSKKM( +"!z!%!$!_! TEMPORE F AMIS le domande della poesia ? Bambini su di corsa venite nel mio letto guardiamo il temporale dai vetri della stanza terremo insieme i fulmini a debita distanza e il male che ho di vivere rinchiuso nel mio petto. La poesia di VINCENZO MASCOLO non lascia spazio alla retori- ca, la parola è una lente esatta e luminosa, anche nel metro e nella metafora, che sia di temporali, o di santi bambini. Il testo qui pro- posto è un inedito, per gentile concessione dell’autore. A chi affidarsi nello sgomento del vivere, come salvarsi? a cura di NICOLA BULTRINI Dacci il nostro sacramento quotidiano NOSTRE INFORMAZIONI Il Santo Padre ha ricevuto questa mattina in udienza: Sua Eccellenza Monsignor Giacomo Morandi, Arcivesco- vo titolare di Cerveteri, Segre- tario della Congregazione per la Dottrina della Fede; l’Eminentissimo Cardinale Robert Sarah, Prefetto della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sa- cramenti. Il Santo Padre ha ricevuto questa mattina in udienza: Sua Eccellenza il Signor Mario Juan Bosco Cayota Zappettini, Ambasciatore di Uruguay, in visita di congedo; il Professor Marco Impa- gliazzo, Presidente della Co- munità di Sant’Egidio. La messa a Santa Marta alla vigilia del momento di preghiera che Papa Francesco presiede sul sagrato della basilica di San Pietro Per sconfiggere la paura e rilanciare la fiducia Per Draghi i governi devono agire subito aumentando il debito pubblico Piano dell’Onu contro il coronavirus di ROBERTO OLIVA I n maniera unica quest’anno il tempo quaresimale che stiamo attraversando costituisce un importante “segno sacramentale della nostra conversione”, come preghiamo nell’orazione di Colletta della I do- menica di Quaresima. Un tempo lento, anomalo e sur- reale che ci ha strappati dal vortice dei nostri impegni improrogabili per gettarci nell’immobilità delle nostre case. Un tempo carico di dubbi e angosce, ma anche di sof- ferenza per molti che patiscono l’epidemia. Un tempo in cui fare i conti con il silenzio, la quotidianità e gli affetti più cari. Un tempo in cui scoprirci dispensabili e quasi “inutili”, costretti a riconoscere che la conversione non è sforzo umano, ma presenza da accogliere. Un tempo in cui non possiamo dimo- strare — attraverso il nostro fare — quanto siamo bravi, ma arrenderci alla povertà del silenzio e dell’im- mobilità. Anche questo tempo diventa sa- cramento della nostra conversione se finalmente ci farà smarrire le strade certe della religione e ci aprirà quelle sconosciute della fede. La conversione ribadisce proprio questo: Dio non è lì dove credeva- mo! Le chiese vuote e i riti quaresi- mali disertati più che di assalti di nostalgia, dovrebbero farci sussul- tare di vitali desideri: dove si lascia trovare Dio? Sarebbe comprensibile, ma inop- portuno voler proporre necessaria- mente la solita strada per arrivare a Dio, mentre oggi Lui chiede di percorrerne altre. Il sociologo e teologo Peter Ludwig Berger osser- vava: «La realtà è assediata dall’al- terità che si cela dietro le fragili strutture della vita quotidiana». Non quelle ufficiali, ma altre strade oggi possono diventare il sacra- mento di Dio, che non vogliono duplicare né scimmiottare i sacra- menti che si celebrano abitualmen- te in Chiesa. La conversione preve- de uno sguardo rinnovato sulla realtà, capace di scorgere non solo le già solenni strade di Dio (i sa- cramenti, i riti ecc.), ma anche quelle informali e finora sottovalu- te che questo tempo ci sta dischiu- dendo: la complessità e la ricchez- za della vita quotidiana. Sembra riecheggiare il profeta Isaia, quando il Signore agli Israe- liti sfiduciati promise meraviglie più grandi rispetto a quelle operate nel primo esodo: «Non ricordate le cose passate,/ non pensate più alle cose antiche!/ Ecco io faccio una cosa nuova:/ proprio ora germo- glia, non ve ne accorgete?/ Aprirò anche nel deserto una strada» (Is 43, 18-19). In un tempo così particolare — ridotto a pochi contatti umani — quello con Dio si presenta nella possibilità di un contatto anonimo, nascosto e quasi-sacramentale. Continuava Berger: «Quando la nostra attività si interrompe o viene messa in discussione per una ragione o per l’altra, riusciamo a intravedere la realtà trascendente. E una volta ogni tanto, raramente, l’altro irrompe nel nostro mondo manifestandosi in tutto il suo irre- sistibile splendore». Il grande ge- suita Karl Rahner in un suo libret- to Cose d’ogni giorno esprimeva la ricchezza della quotidianità che ce- la l’Altro, da riconoscere attraverso comuni e non banali segni e riti: il camminare, il lavorare, il sedersi, il guardare, il ridere, il mangiare e il dormire. La povera quotidianità che vivia- mo custodisce una ricchezza sacra- mentale che richiede di essere rico- nosciuta e accolta: «Se la vostra vi- ta quotidiana vi sembra povera, non l’accusate; accusate voi stessi, che non siete assai poeta da evo- carne la ricchezza; ché per un crea- tore non esiste povertà né luoghi poveri e indifferenti. E se anche fo- ste in un carcere, le cui pareti non lasciassero filtrare alcuno dei rumo- ri del mondo fino ai vostri sensi — non avreste ancora sempre la vostra infanzia, questa ricchezza preziosa, regale, questo tesoro dei ricordi?» (R. M. Rilke) Un giornale invincibile e la sfida che abbiamo davanti I l giornale che state leggendo non lo avete tra le mani. Lo state leggendo sulla Rete, di preciso sul sito del giornale rinno- vato e potenziato, attraverso un di- spositivo mobile o sul vostro com- puter personale. È la terza volta che il fatto di dover sospendere la stampa su car- ta accade nella lunga storia de L’Osservatore Romano: la prima vol- ta fu per qualche giorno nel set- tembre del 1870 in occasione della breccia di Porta Pia e della presa di Roma, la seconda avvenne nel settembre del 1919, e durò un paio di mesi a causa di uno sciopero della tipografia. Si tratta però di due precedenti non comparabili con l’occasione che stiamo vivendo oggi, per il semplice e decisivo mo- tivo che in quelle due occasioni la sospensione equivaleva a una vera interruzione della produzione del giornale, oggi no. Quello che ieri poteva essere visto come un segno mortale inferto al quotidiano, oggi deve essere letto come segnale del- la vitalità di questo giornale che si adegua prontamente alla nuova drammatica situazione che il Vati- cano, Roma, l’Italia e il mondo stanno vivendo. Ho scritto in questi giorni ai col- leghi della redazione una lettera in cui dicevo (e mi fa piacere ripeterlo a voi lettori, del resto siamo tutti “colleghi”, siamo tutti “collegati”, facciamo parte della medesima co- munità): «Più che una “decisione” si tratta della presa d’atto della realtà. Come dice spesso il Papa: la realtà è superiore all’idea». E un buon giornale, un giornale “invin- cibile” come L’Osservatore Romano, non può vivere fuori dalla realtà. Deve camminarci dentro per tra- sformarla. La realtà è che si muore per un nemico invisibile. E che per vincere questa guerra dobbiamo adattarci a una vita diversa, per un po’. Ma non dobbiamo adattarci a vivere senza l’informazione. Possiamo non trovare il giornale in edicola, o non riceverlo in abbonamento po- stale, ma non dobbiamo smettere di leggerlo. Non possiamo smettere di scriverlo. L’Osservatore Romano è invincibile, perché nemmeno que- sta tremenda pandemia lo ha scon- fitto: oggi noi siamo vivi e presenti sulla Rete e voi lettori continuate a leggere le nostre pagine, anzi, que- sta è l’occasione di allargare le schiere dei nostri lettori e nell’am- biente digitale di fatto confini non ce ne sono! Ieri in prima pagina ho pubbli- cato un’acuta e preziosa riflessione della teologa Stella Morra che ini- ziava con queste parole: «La storia della cultura ci mostra che è attivi- tà umana e umanizzante trasforma- re (con tutta la fatica che questo comporta) il chronos in kairos ». È questa la sfida posta davanti a un giornale che vuole avere un’ani- ma spirituale e una cifra culturale forte, ispirate dalla nostra coscien- za formata alla luce del Vangelo: cogliere il nuovo che già si rivela misteriosamente davanti ai nostri occhi spesso offuscati, appesantiti dalla durezza della vita e rivolti al passato, e quindi incapaci di legge- re i “segni dei tempi”. Vale oggi come e più di ieri la profezia di Isaia: «Ecco, faccio una cosa nuo- va: / proprio ora germoglia, non ve ne accorgete?/ Aprirò anche nel deserto una strada, / immetterò fiumi nella steppa» (Is 43,19). Sia- mo pronti a cogliere questa novità? A trovare la strada aperta nel de- serto? A dissetarci all’acqua dei fiu- mi nella steppa? Ha ragione Stella Morra, non possiamo continuare a «galleggiare sulle cose (e spesso sulle persone), perché “tanto passe- rà”, attrezzarsi a trovare soluzioni per i problemi che mano a mano si presentano: come possiamo conti- nuare a fare quasi tutto quello che facevamo prima? Come creare le condizioni per poter farlo anco- ra?». È questa peraltro la cifra del pontificato di Papa Francesco che da sempre ci ricorda il rischio mor- tale dell’adagiarsi sulla logica del “si è sempre fatto così”. Dobbiamo quindi combattere quella strisciante rassegnazione che si nutre del biso- gno umanissimo di conferme e di sicurezza e affrontare il mare aper- to che la vita ci spalanca davanti anche e soprattutto in questo tem- po così grave e pericoloso. Tutto questo vuol dire che quan- do torneremo a stampare su carta L’Osservatore Romano, speriamo molto presto, lo faremo con uno spirito, una creatività e una forza più grande di oggi, e direi anche con più competenza perché avremo esplorato nuove frontiere e saremo usciti provati e rinvigoriti dall’espe- rienza vissuta. Con una consapevo- lezza: in questo combattimento che non è solo tecnologico ma anche e innanzitutto spirituale, non siamo soli, nessun credente lo è, mai. ANDREA MONDA Venerdì 27 marzo, alle ore 18, Papa Francesco presiederà un momento di preghiera sul sagrato della basilica di San Pietro. E se la piazza sarà vuota, per l’impegno a contenere la diffusione della pandemia, i mezzi di comunicazione consentiranno a tutti di partecipare spiritualmente. All’ascolto della parola di Dio e all’adorazione eucaristica, seguirà la benedizione Urbi et Orbi con annes- sa l’indulgenza plenaria. Intanto a Santa Marta, giovedì mattina, 26 marzo, il vescovo di Ro- ma ha offerto la messa perché si possa trovare in Dio la forza di «vincere le paure» e rilanciare la fi- ducia «in questi giorni di tanta sof- ferenza». Il Pontefice ha ricordato anzitutto «la paura degli anziani che sono soli, nelle case di riposo o in ospedale o a casa loro, e non sanno cosa possa accadere». Ha poi fatto presente «la paura dei lavoratori senza lavoro fisso che pensano come dare da mangiare ai loro figli e ve- dono venire la fame». E anche «la paura di tanti servitori sociali che in questo momento aiutano a mandare avanti la società e possono prendere la malattia». Ognuno di noi, ha ag- giunto il Papa, sa quale sia la pro- pria paura: «Preghiamo il Signore perché ci aiuti ad avere fiducia e a tollerare e vincere le paure». Nell’omelia Francesco ha messo in guardia dalla tentazione di cedere agli idoli, spesso nascosti nel cuore, che «allontanano dal Dio vivente». Invitando senza giri di parole a un esame di coscienza: «La domanda che oggi dovremmo fare è: quale è l’idolo che tu hai nel tuo cuore?». Il Pontefice ha fatto presente an- che che «l’idolatria ti porta a una re- ligiosità sbagliata, anzi tante volte la mondanità, che è un’idolatria, ti fa cambiare la celebrazione di un sacra- mento in una festa mondana». Co- me rischia di avvenire, ad esempio, nei matrimoni se diventano solo «una mostra di modelli» per i vesti- ti. E proprio in questa prospettiva, ha suggerito il Papa, «chiediamo al Signore la grazia di conoscere i no- stri idoli: e se non possiamo cacciarli via, almeno tenerli all’angolo». PAGINA 8 PAGINA 8 ROMA, 26. «Nessuno si salva da so- lo. Nessuno è salvo fino a quando tutti sono salvi». Le parole di Mi- chael Ryan, direttore esecutivo del programma di emergenza sanitaria dell’Oms (Organizzazione mondiale della sanità), fanno ben capire la si- tuazione attuale dell’emergenza co- ronavirus. «Abbiamo una seconda finestra di opportunità adesso per sconfiggere il virus: la prima è stata sprecata. Quello che i governi fanno oggi, domani peserà sul futuro» ha aggiunto Ryan, sottolineando la ne- cessità di approntare un piano glo- bale per aiutare i paesi più poveri, soprattutto in Africa. Stando agli ultimi bilanci della France Presse, nel mondo sono oltre 450 mila i casi di contagio da coro- navirus e oltre 20 mila i morti; oltre tre miliardi di persone sono confina- te a casa. «La pandemia di coronavirus sta minacciando l’intera umanità» e per questo il segretario generale dell’Onu, António Guterres, ha lan- ciato ieri un piano di risposta uma- nitaria globale chiedendo donazioni per due miliardi di dollari. «L’intera umanità deve combattere. Le rispo- ste dei singoli paesi non saranno sufficienti» ha detto il leader del Pa- lazzo di Vetro presentando il pro- getto (riferito al periodo tra aprile e dicembre) per combattere la malat- tia in America Latina, Africa, Medio Oriente e Asia. L’obiettivo è cercare di proteggere milioni di persone, «consentire di affrontare il virus nei Paesi più poveri del mondo e soddi- sfare le esigenze dei più vulnerabili, tra cui donne e bambini, anziani, disabili e malati cronici» ha spiega- to Guterres nel corso della conferen- za stampa virtuale a cui hanno par- tecipato anche il direttore generale dell’Oms, Tedros Adhanom Ghe- breyesus, il capo degli affari umani- tari delle Nazioni Unite, Mark Lo- wcock, e la direttrice esecutiva dell’Unicef, Henrietta H. Fore. Secondo il piano, l’Oms dovreb- be ricevere 450 milioni di dollari, l’Unicef 405 milioni e il Pam 350 milioni. Guterres ha domandato ai governi «pieno sostegno» chieden- do ai Paesi membri di non interrom- pere i fondi che già stanziano per Davanti alla Bellezza in un tempo di grande incertezza Quella Madonna velata che affascina il mondo BARBARA JATTA A PAGINA 5 Guardare alla vita dei monaci per affrontare il tempo dell’emergenza L’esperienza di Noè CHARLES DE PECHPEYROU A PAGINA 6 Una lettera del cardinale Ouellet alle clarisse di Assisi È l’ora della vita contemplativa PAGINA 7 ALLINTERNO CONTINUA A PAGINA 2

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Spedizione in abbonamento postale Roma, conto corrente postale n. 649004 Copia € 1,00 Copia arretrata € 2,00

L’OSSERVATORE ROMANOGIORNALE QUOTIDIANO

Unicuique suum

POLITICO RELIGIOSO

Non praevalebunt

Anno CLX n. 70 (48.394) Città del Vaticano venerdì 27 marzo 2020

.

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TEMPORE FAMIS

le domandedella poesia?

Bambini su di corsa venite nel mio lettoguardiamo il temporale dai vetri della stanzaterremo insieme i fulmini a debita distanzae il male che ho di vivere rinchiuso nel mio petto.

La poesia di VINCENZO MASCOLO non lascia spazio alla retori-ca, la parola è una lente esatta e luminosa, anche nel metro e nellametafora, che sia di temporali, o di santi bambini. Il testo qui pro-posto è un inedito, per gentile concessione dell’a u t o re .

A chi affidarsinello sgomento del vivere,come salvarsi?

a cura di NICOLA BU LT R I N I

Dacci il nostrosacramento quotidiano

NOSTREINFORMAZIONI

Il Santo Padre ha ricevutoquesta mattina in udienza:

Sua Eccellenza MonsignorGiacomo Morandi, Arcivesco-vo titolare di Cerveteri, Segre-tario della Congregazione perla Dottrina della Fede;

l’Eminentissimo CardinaleRobert Sarah, Prefetto dellaCongregazione per il CultoDivino e la Disciplina dei Sa-cramenti.

Il Santo Padre ha ricevutoquesta mattina in udienza:

Sua Eccellenza il SignorMario Juan Bosco CayotaZappettini, Ambasciatore diUruguay, in visita di congedo;

il Professor Marco Impa-gliazzo, Presidente della Co-munità di Sant’Egidio.

La messa a Santa Marta alla vigilia del momento di preghiera che Papa Francesco presiede sul sagrato della basilica di San Pietro

Per sconfiggere la paurae rilanciare la fiducia

Per Draghi i governi devono agire subito aumentando il debito pubblico

Piano dell’Onu contro il coronavirus

di ROBERTO OL I VA

In maniera unica quest’anno iltempo quaresimale che stiamoattraversando costituisce un

importante “segno sacramentale dellanostra conversione”, come preghiamonell’orazione di Colletta della I do-menica di Quaresima.

Un tempo lento, anomalo e sur-reale che ci ha strappati dal vorticedei nostri impegni improrogabiliper gettarci nell’immobilità dellenostre case. Un tempo carico didubbi e angosce, ma anche di sof-ferenza per molti che patisconol’epidemia. Un tempo in cui fare iconti con il silenzio, la quotidianitàe gli affetti più cari. Un tempo incui scoprirci dispensabili e quasi“inutili”, costretti a riconoscere chela conversione non è sforzo umano,ma presenza da accogliere. Untempo in cui non possiamo dimo-strare — attraverso il nostro fare —quanto siamo bravi, ma arrendercialla povertà del silenzio e dell’im-mobilità.

Anche questo tempo diventa sa-cramento della nostra conversionese finalmente ci farà smarrire lestrade certe della religione e ciaprirà quelle sconosciute della fede.La conversione ribadisce proprioquesto: Dio non è lì dove credeva-mo! Le chiese vuote e i riti quaresi-mali disertati più che di assalti dinostalgia, dovrebbero farci sussul-tare di vitali desideri: dove si lasciatrovare Dio?

Sarebbe comprensibile, ma inop-portuno voler proporre necessaria-mente la solita strada per arrivare aDio, mentre oggi Lui chiede dipercorrerne altre. Il sociologo eteologo Peter Ludwig Berger osser-vava: «La realtà è assediata dall’al-terità che si cela dietro le fragili

strutture della vita quotidiana».Non quelle ufficiali, ma altre stradeoggi possono diventare il sacra-mento di Dio, che non voglionoduplicare né scimmiottare i sacra-menti che si celebrano abitualmen-te in Chiesa. La conversione preve-de uno sguardo rinnovato sullarealtà, capace di scorgere non solole già solenni strade di Dio (i sa-cramenti, i riti ecc.), ma anchequelle informali e finora sottovalu-te che questo tempo ci sta dischiu-dendo: la complessità e la ricchez-za della vita quotidiana.

Sembra riecheggiare il profetaIsaia, quando il Signore agli Israe-liti sfiduciati promise meravigliepiù grandi rispetto a quelle operatenel primo esodo: «Non ricordate lecose passate,/ non pensate più allecose antiche!/ Ecco io faccio unacosa nuova:/ proprio ora germo-glia, non ve ne accorgete?/ Apriròanche nel deserto una strada» (Is43, 18-19).

In un tempo così particolare —ridotto a pochi contatti umani —quello con Dio si presenta nellapossibilità di un contatto anonimo,nascosto e quasi-sacramentale.Continuava Berger: «Quando lanostra attività si interrompe o vienemessa in discussione per unaragione o per l’altra, riusciamo aintravedere la realtà trascendente.E una volta ogni tanto, raramente,l’altro irrompe nel nostro mondomanifestandosi in tutto il suo irre-sistibile splendore». Il grande ge-suita Karl Rahner in un suo libret-to Cose d’ogni giorno esprimeva laricchezza della quotidianità che ce-la l’Altro, da riconoscere attraversocomuni e non banali segni e riti: ilcamminare, il lavorare, il sedersi, ilguardare, il ridere, il mangiare e ild o r m i re .

La povera quotidianità che vivia-mo custodisce una ricchezza sacra-mentale che richiede di essere rico-nosciuta e accolta: «Se la vostra vi-ta quotidiana vi sembra povera,non l’accusate; accusate voi stessi,che non siete assai poeta da evo-carne la ricchezza; ché per un crea-tore non esiste povertà né luoghipoveri e indifferenti. E se anche fo-ste in un carcere, le cui pareti nonlasciassero filtrare alcuno dei rumo-ri del mondo fino ai vostri sensi —non avreste ancora sempre la vostrainfanzia, questa ricchezza preziosa,regale, questo tesoro dei ricordi?»(R. M. Rilke)

Un giornale invincibilee la sfida che abbiamo davanti

Il giornale che state leggendonon lo avete tra le mani. Lostate leggendo sulla Rete, di

preciso sul sito del giornale rinno-vato e potenziato, attraverso un di-spositivo mobile o sul vostro com-puter personale.

È la terza volta che il fatto didover sospendere la stampa su car-ta accade nella lunga storia deL’Osservatore Romano: la prima vol-ta fu per qualche giorno nel set-tembre del 1870 in occasione dellabreccia di Porta Pia e della presadi Roma, la seconda avvenne nelsettembre del 1919, e durò un paiodi mesi a causa di uno scioperodella tipografia. Si tratta però didue precedenti non comparabilicon l’occasione che stiamo vivendooggi, per il semplice e decisivo mo-tivo che in quelle due occasioni lasospensione equivaleva a una verainterruzione della produzione delgiornale, oggi no. Quello che ieripoteva essere visto come un segnomortale inferto al quotidiano, oggideve essere letto come segnale del-la vitalità di questo giornale che siadegua prontamente alla nuovadrammatica situazione che il Vati-cano, Roma, l’Italia e il mondostanno vivendo.

Ho scritto in questi giorni ai col-leghi della redazione una lettera incui dicevo (e mi fa piacere ripeterloa voi lettori, del resto siamo tutti“colleghi”, siamo tutti “collegati”,facciamo parte della medesima co-munità): «Più che una “decisione”si tratta della presa d’atto dellarealtà. Come dice spesso il Papa: larealtà è superiore all’idea». E unbuon giornale, un giornale “invin-cibile” come L’Osservatore Romano,non può vivere fuori dalla realtà.Deve camminarci dentro per tra-sformarla.

La realtà è che si muore per unnemico invisibile. E che per vincerequesta guerra dobbiamo adattarci auna vita diversa, per un po’. Manon dobbiamo adattarci a viveresenza l’informazione. Possiamonon trovare il giornale in edicola, onon riceverlo in abbonamento po-stale, ma non dobbiamo smetteredi leggerlo. Non possiamo smetteredi scriverlo. L’Osservatore Romano èinvincibile, perché nemmeno que-sta tremenda pandemia lo ha scon-fitto: oggi noi siamo vivi e presentisulla Rete e voi lettori continuate aleggere le nostre pagine, anzi, que-sta è l’occasione di allargare leschiere dei nostri lettori e nell’am-biente digitale di fatto confini nonce ne sono!

Ieri in prima pagina ho pubbli-cato un’acuta e preziosa riflessionedella teologa Stella Morra che ini-ziava con queste parole: «La storiadella cultura ci mostra che è attivi-tà umana e umanizzante trasforma-re (con tutta la fatica che questocomporta) il c h ro n o s in k a i ro s ».

È questa la sfida posta davanti aun giornale che vuole avere un’ani-ma spirituale e una cifra culturaleforte, ispirate dalla nostra coscien-za formata alla luce del Vangelo:cogliere il nuovo che già si rivelamisteriosamente davanti ai nostriocchi spesso offuscati, appesantitidalla durezza della vita e rivolti alpassato, e quindi incapaci di legge-re i “segni dei tempi”. Vale oggicome e più di ieri la profezia diIsaia: «Ecco, faccio una cosa nuo-va: / proprio ora germoglia, non vene accorgete?/ Aprirò anche neldeserto una strada, / immetteròfiumi nella steppa» (Is 43,19). Sia-mo pronti a cogliere questa novità?A trovare la strada aperta nel de-serto? A dissetarci all’acqua dei fiu-mi nella steppa? Ha ragione StellaMorra, non possiamo continuare a«galleggiare sulle cose (e spessosulle persone), perché “tanto passe-rà”, attrezzarsi a trovare soluzioniper i problemi che mano a mano sipresentano: come possiamo conti-nuare a fare quasi tutto quello chefacevamo prima? Come creare lecondizioni per poter farlo anco-ra?». È questa peraltro la cifra delpontificato di Papa Francesco cheda sempre ci ricorda il rischio mor-tale dell’adagiarsi sulla logica del“si è sempre fatto così”. Dobbiamoquindi combattere quella striscianterassegnazione che si nutre del biso-gno umanissimo di conferme e disicurezza e affrontare il mare aper-to che la vita ci spalanca davantianche e soprattutto in questo tem-po così grave e pericoloso.

Tutto questo vuol dire che quan-do torneremo a stampare su cartaL’Osservatore Romano, sp eriamomolto presto, lo faremo con unospirito, una creatività e una forzapiù grande di oggi, e direi anchecon più competenza perché avremoesplorato nuove frontiere e saremousciti provati e rinvigoriti dall’esp e-rienza vissuta. Con una consapevo-lezza: in questo combattimento chenon è solo tecnologico ma anche einnanzitutto spirituale, non siamosoli, nessun credente lo è, mai.

ANDREA MONDA

Venerdì 27 marzo, alle ore 18, PapaFrancesco presiederà un momento dipreghiera sul sagrato della basilicadi San Pietro. E se la piazza saràvuota, per l’impegno a contenere ladiffusione della pandemia, i mezzidi comunicazione consentiranno atutti di partecipare spiritualmente.All’ascolto della parola di Dio eall’adorazione eucaristica, seguirà labenedizione Urbi et Orbi con annes-sa l’indulgenza plenaria.

Intanto a Santa Marta, giovedìmattina, 26 marzo, il vescovo di Ro-ma ha offerto la messa perché sipossa trovare in Dio la forza di«vincere le paure» e rilanciare la fi-ducia «in questi giorni di tanta sof-ferenza». Il Pontefice ha ricordatoanzitutto «la paura degli anziani chesono soli, nelle case di riposo o inospedale o a casa loro, e non sannocosa possa accadere». Ha poi fattopresente «la paura dei lavoratorisenza lavoro fisso che pensano comedare da mangiare ai loro figli e ve-dono venire la fame». E anche «lapaura di tanti servitori sociali che inquesto momento aiutano a mandareavanti la società e possono prendere

la malattia». Ognuno di noi, ha ag-giunto il Papa, sa quale sia la pro-pria paura: «Preghiamo il Signoreperché ci aiuti ad avere fiducia e atollerare e vincere le paure».

Nell’omelia Francesco ha messo inguardia dalla tentazione di cedereagli idoli, spesso nascosti nel cuore,che «allontanano dal Dio vivente».Invitando senza giri di parole a unesame di coscienza: «La domandache oggi dovremmo fare è: quale èl’idolo che tu hai nel tuo cuore?».

Il Pontefice ha fatto presente an-che che «l’idolatria ti porta a una re-ligiosità sbagliata, anzi tante volte lamondanità, che è un’idolatria, ti facambiare la celebrazione di un sacra-mento in una festa mondana». Co-me rischia di avvenire, ad esempio,nei matrimoni se diventano solo«una mostra di modelli» per i vesti-ti. E proprio in questa prospettiva,ha suggerito il Papa, «chiediamo alSignore la grazia di conoscere i no-stri idoli: e se non possiamo cacciarlivia, almeno tenerli all’angolo».

PAGINA 8

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ROMA, 26. «Nessuno si salva da so-lo. Nessuno è salvo fino a quandotutti sono salvi». Le parole di Mi-chael Ryan, direttore esecutivo delprogramma di emergenza sanitariadell’Oms (Organizzazione mondialedella sanità), fanno ben capire la si-tuazione attuale dell’emergenza co-ronavirus. «Abbiamo una secondafinestra di opportunità adesso persconfiggere il virus: la prima è statasprecata. Quello che i governi fannooggi, domani peserà sul futuro» haaggiunto Ryan, sottolineando la ne-cessità di approntare un piano glo-bale per aiutare i paesi più poveri,soprattutto in Africa.

Stando agli ultimi bilanci dellaFrance Presse, nel mondo sono oltre450 mila i casi di contagio da coro-navirus e oltre 20 mila i morti; oltretre miliardi di persone sono confina-te a casa.

«La pandemia di coronavirus staminacciando l’intera umanità» e perquesto il segretario generaledell’Onu, António Guterres, ha lan-ciato ieri un piano di risposta uma-nitaria globale chiedendo donazioniper due miliardi di dollari. «L’interaumanità deve combattere. Le rispo-ste dei singoli paesi non sarannosufficienti» ha detto il leader del Pa-lazzo di Vetro presentando il pro-getto (riferito al periodo tra aprile edicembre) per combattere la malat-tia in America Latina, Africa, MedioOriente e Asia. L’obiettivo è cercaredi proteggere milioni di persone,«consentire di affrontare il virus neiPaesi più poveri del mondo e soddi-sfare le esigenze dei più vulnerabili,tra cui donne e bambini, anziani,disabili e malati cronici» ha spiega-to Guterres nel corso della conferen-za stampa virtuale a cui hanno par-tecipato anche il direttore generale

dell’Oms, Tedros Adhanom Ghe-breyesus, il capo degli affari umani-tari delle Nazioni Unite, Mark Lo-wcock, e la direttrice esecutivadell’Unicef, Henrietta H. Fore.

Secondo il piano, l’Oms dovreb-be ricevere 450 milioni di dollari,l’Unicef 405 milioni e il Pam 350milioni. Guterres ha domandato aigoverni «pieno sostegno» chieden-do ai Paesi membri di non interrom-pere i fondi che già stanziano per

Davanti alla Bellezzain un tempo di grande incertezza

Quella Madonna velatache affascina il mondo

BARBARA JAT TA A PA G I N A 5

Guardare alla vita dei monaciper affrontare il tempo dell’e m e rg e n z a

L’esperienza di Noè

CHARLES DE PECHPEYROU A PA G I N A 6

Una lettera del cardinale Ouelletalle clarisse di Assisi

È l’oradella vita contemplativa

PAGINA 7

ALL’INTERNOCO N T I N UA A PA G I N A 2

L’OSSERVATORE ROMANOpagina 2 venerdì 27 marzo 2020

L’OSSERVATORE ROMANOGIORNALE QUOTIDIANO

Unicuique suum

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Ormai il paese è l’epicentro della pandemia per numero di contagi

Oltre mille vittime negli Stati UnitiNew York la città più colpita

Nel continente africano 3000 casi

L’allarme dell’Unicefper i servizi salva-vita

WASHINGTON, 26. Negli Stati Unitile morti legate al coronavirus hannosuperato quota mille, 1031 per l’esat-tezza. Lo riferisce il sito dell’univer-sità americana Johns Hopkins. Lepersone contagiate stanno per supe-rare la cifra di 70.000 e raggiungerecosì l’Italia che detiene il primatocon oltre 74.000 casi. Gli Statesstanno per diventare l’epicentro del-la pandemia come avvertito peraltrodall’Organizzazione mondiale dellasanità (Oms).

Lo Stato di New York continua adetenere il triste primato, nella con-federazione, di casi di coronavirus,avendo superato quota 30.000, dicui 3805 (12 per cento) sono ricove-rati in ospedale e di loro 888 (3 percento) sono in terapia intensiva. Idati sono stati resi noti dal governa-tore dello Stato, Andrew Cuomo,durante il suo aggiornamento quoti-diano trasmesso sul web. «Prevalen-temente anziani, con precedenti pro-blemi di salute o immunosoppressi»ha sottolineato Cuomo riferendosi aimalati, aggiungendo poi che, finora,285 persone infette sono morte, dicui 192 nella Grande Mela.

Il governatore si è poi espresso,negativamente, sul pacchetto di sti-molo fiscale di 2 miliardi di dollariche ieri all’unanimità il Senato degliStati Uniti ha approvato e che ora èatteso al vaglio della Camera.Cuomo ha criticato il provvedimentopreso per rilanciare l’economiastatunitense, ritenendo altamente in-sufficiente la cifra che verrà corrispo-sta al suo Stato. Giudicata dallostesso governatore «una goccia» ri-spetto al «buco» economico creatodal covid-19.

Negli Stati Uniti la figura di Cuo-mo, secondo cui devono essere presein primis le decisioni e le misure persalvare anche solo una persona, va ascontrarsi con quella del presidenteDonald Trump, secondo cui la curaper la pandemia non dovrebbe esse-re peggiore della malattia.

«Non accetteremo la premessa chela vita umana è usa e getta» le paro-le spesso ripetute da Cuomo.Trump, dal canto suo, nei giorniscorsi aveva manifestato l’idea dinon fermare l’economia del paese al-trimenti le vittime per la crisi econo-mica, in previsione peggiore di

quella del 2008, sarebbero statemaggiori di quelle legate al corona-virus. Alla vigilia dell’accordo siglatoin Senato aveva confidato in una ria-pertura entro Pasqua delle attivitàpro duttive.

Il presidente, ieri durante unaconferenza stampa alla Casa Bianca,ha affermato che firmerà all’istante ilil pacchetto con i 2000 miliardi diaiuti e che sarà possibile «tornare alCongresso per avere altri soldi» sesarà necessario, aggiungendo di nonvolere che «oltre 300 milioni di ame-ricani facciano il test».

Trump ha poi espresso critiche neiconfronti dell’Oms e dell’Unione eu-ropea. L’organizzazione Onu ha cer-cato però di smussare i toni dellapolemica. Il direttore generale Te-dros Adhanom Ghebreyesus, rispon-dendo a una domanda dell’Asso cia-ted Press, ha detto che «per combat-tere questa pandemia, ci vuole ilmassimo impegno politico possibile.Donald Trump sta facendo tuttoquello che può».

Relativamente all’Ue Trump hadenunciato come gli Usa non possa-no esportare in Europa i loro equi-paggiamenti medici, giudicati daTrump «i migliori al mondo», per-ché non rispettano gli standard di si-curezza previsti dall’Ue mentre inve-ce non vale il contrario.Times Square deserta (Ansa)

GINEVRA, 26. L’Unicef lancia l’al-larme per molti bambini dell’Afri-ca, così come per quelli di Asia eMedio Oriente, che con il progre-dire della pandemia, vedranno in-terrotti i servizi essenziali salva-vi-ta, comprese le vaccinazioni. «Sia-mo particolarmente preoccupati —spiega l’Agenzia — per quei Paesiche stanno combattendo contro fo-colai di morbillo, colera o polio-mielite mentre rispondono a casi diCovid-19». In Africa la preoccupa-

zione è rivolta a Repubblica De-mocratica del Congo, Somalia eSud Sudan. Questi focolai grave-rebbero su servizi sanitari già indifficoltà, ma potrebbero anchecausare ulteriori perdite di viteumane e sofferenze.

Intanto è arrivato a toccare quo-ta 3000 il numero complessivo deicontagi in Africa. Sono al momen-to coinvolti 46 paesi del continentein cui sono morte 72 persone intutto e 46 ne sono guarite dopoaver contratto il covid-19. Al mo-mento sono 16 i Paesi in cui si regi-strano vittime: Algeria (21), Egitto(21), Marocco (6), Tunisia (5), Bur-kina Faso (4), Repubblica Demo-cratica del Congo (3), Mauritius(2), Ghana (2) e una in Gambia,Sudan, Gabon, Camerun, Zimbab-we, Capo Verde, Nigeria e Niger.Il numero più alto dei contagi,stando ai dati diffusi oggi dal Cen-tro di controllo malattie dell’Unio-ne africana, è stato registrato inSud Africa, con oltre 700 casi.

Rimandatoin Russia il voto

sulla riformacostituzionale

Registrati quasi 5000 nuovi malati in un solo giorno

Berlino corre ai ripari e vara un bilancio aggiuntivo

Il Bundestag durante i lavori per l’approvazione del piano (Ansa)

Per Draghi i governi devono agire subito aumentando il debito pubblico

Piano dell’Onu contro il coronavirus

Da Intesa Sanpaoloun milionealla ricerca

ROMA, 26. Un milione di euro saràdevoluto da Intesa Sanpaolo allaricerca per contrastare l’e m e rg e n z adel coronavirus. Il fondo finanzieràprogetti di ricerca medica sul Co-vid-19. Università ed enti di ricercapotranno candidarsi liberamenteper ricevere le sovvenzioni.

Si tratta di «una misura che siaggiunge alle donazioni alla sanitànazionale, al sostegno economico aprivati e imprese, a iniziative diraccolta fondi per progetti merito-ri» ha detto il presidente di IntesaSanpaolo Gian Maria Gros-Pietro.«La ricerca scientifica — ha aggiun-to — è sempre stata un campo diazione del Fondo di beneficenza eoggi vogliamo essere ancora più in-cisivi per favorire l’a p p re n d i m e n t odi conoscenze che ci permettano diuscire dall’emergenza rapidamentee in modo duraturo».

BE R L I N O, 26. Sono saliti a 36.508 icasi positivi da coronavirus in Ger-mania, stando al Robert Koch In-stitut, e cioè 4954 più del giornoprecedente. I dati sono aggiornatialla mezzanotte di oggi. Le vittimesono 198. Per l’Università JohnHopkins, i contagi sono invece37.323 e le vittime 206.

Ieri il Bundestag ha varato unbilancio aggiuntivo per finanziare ilpacchetto di aiuti per l’e m e rg e n z acoronavirus che prevede nuovi de-

biti per 156 miliardi di euro. Vener-dì prossimo la manovra passerà alBundesrat per l’approvazione fina-le. Il piano complessivo è di 1100miliardi di euro.

La Francia ha deciso ieri di riti-rare le sue truppe dall’Iraq a causadella pandemia. «In coordinamentocon il governo iracheno, la coalizio-

ne (internazionale anti-jihadisti aguida Usa, ndr) ha deciso di ade-guare il suo dispositivo in Iraq e disospendere provvisoriamente le sueattività di formazione delle forze disicurezza irachene, tenuto contodella crisi sanitaria» sottolinea lostato maggiore francese in un co-municato.

Il presidente francese EmmanuelMacron ha annunciato «massicciinvestimenti» nel settore sanitariouna volta che sarà superata l’eme-genza. Nel corso di una visita asorpresa nell’ospedale militare diMulhouse, nella Francia orientale,Macron ha spiegato che «una voltache la crisi sarà superata, verràmesso in atto un piano per un inve-stimento massiccio nel sistema sani-tario».

In Spagna la situazione continuaa peggiorare, soprattutto nella capi-tale Madrid. I casi continuano acrescere e oggi sono quasi diecimilain più di ieri: da 47.610 di ieri a56.188. Aumentano anche le vitti-me, da 3434 a 4089. Lo riferiscel’ultimo bilancio del ministero dellaSalute riportato da «El País».

Il Parlamento spagnolo ha datoil via libera ieri alla proroga finoall’11 aprile delle misure di confina-mento decise dal governo per limi-tare la diffusione del virus. Tutti ipartiti, tranne Vox, si sono dettid’accordo. Dal 14 marzo scorso icittadini spagnoli possono usciresoltanto per fare la spesa, per anda-re a lavorare e per pochissime altreeccezioni come portare fuori il ca-ne. Finora il governo di Madrid hainvece escluso l’eventualità di inter-rompere le attività economiche nonessenziali come ha fatto l’Italia ecome hanno richiesto in Spagna al-cune regioni.

MOSCA, 26. Sarà rimandato a causadell’emergenza coronavirus il votonazionale sulla riforma costituziona-le russa. Lo ha annunciato ieri ilpresidente Vladimir Putin in un di-scorso alla nazione. Il voto era inprogramma per il 22 aprile. «La sa-lute, la vita e la sicurezza delle per-sone sono una priorità assoluta pernoi e per questo credo che il votodebba essere rimandato a una datasuccessiva», ha dichiarato Putin.

Sono stati confermati nelle ultimeventiquattro ore altri 182 casi d’infe-zione da coronavirus in 18 delle 56regioni della Russia, facendo salirecosì da 658 a 840 il totale dei casiaccertati nel paese. I dati, riportatidall’agenzia Tass, sono stati diffusioggi dalla task force nazionale creataper l’emergenza Covid-19. Le autori-tà moscovite hanno reso noto chenella capitale i casi di contagio sonopassati da 410 a 546, registrando peril momento due decessi. Sebbene icasi d’infezione siano stati registratiprevalentemente a Mosca, il sindaco,Sergei Sobyanin, mette in guardiasul rischio che il numero in Russiapotrebbe essere «significativamentepiù alto». Nove persone affette dacoronavirus sono state invece dimes-se nelle ultime ventiquattro ore dagliospedali. Sono in totale trentotto lepersone guarite. Lo ha riferito ilquartier generale per la prevenzionee il controllo dell’infezione.

Barlumedi speranzaper la pace

nello Yemen

SANA’A, 26. Barlume di speranzaper la pace nello Yemen. L’ap-pello di lunedì scorso del segre-tario generale delle Nazioni Uni-te, António Guterres, per «unimmediato cessate il fuoco inqualsiasi parte del mondo», acausa del diffondersi del covid-19, è stato accolto, primi fra tut-ti, dai contendenti del conflittoyemenita. «La situazione politi-ca, economica e sanitaria in Ye-men richiede di fermare ogniescalation e unire gli sforzi inter-nazionali e umanitari per salvarela vita dei cittadini», ha detto ilgoverno yemenita in una dichia-razione, accogliendo con favorel’esortazione dell’O nu.

Se da una parte il portavocedella coalizione militare a guidasaudita, Turki al-Maliki, ha an-nunciato di sostenere la decisio-ne del governo yemenita di ac-cogliere l’appello di Guterres,dall’altra i ribelli huthi hannodichiarato di essere «aperti a tut-ti gli sforzi e le iniziative» in talsenso, purché vi sia una realeapplicazione della sospensionedelle ostilità. Intanto, nelle ulti-me ore è stato confermato in unospedale di Aden il primo casopositivo di un cittadino yemenitaproveniente dall’Egitto.

CO N T I N UA Z I O N E DALLA PA G I N A 1

gli aiuti umanitari per 100 milioni di persone intutto il mondo ogni anno, altrimenti «la pande-mia potrebbe portare ad altre epidemie».

I fondi del piano Onu consentiranno di acqui-stare attrezzature mediche per testare e curare imalati, installare punti per il lavaggio delle maninei campi profughi, lanciare campagne di infor-mazione e creare ponti aerei umanitari con Afri-ca, Asia e America Latina. Le esigenze specifichedi diversi Paesi sono ancora in fase di elaborazio-ne, ma si parla di priorità per alcune nazioni, tracui Afghanistan, Libia, Siria, Centrafrica, SudSudan, Yemen, Venezuela, Ucraina. Gli esperti

stanno analizzando anche la situazione in Iran eCorea del Nord.

Intanto, a fare notizia sono le parole di MarioDraghi, ex governatore della Banca d’Italia ed exdirettore della Banca centrale europea. «Ci tro-viamo di fronte a una guerra contro il coronavi-rus e dobbiamo muoverci di conseguenza: il co-sto dell’esitazione potrebbe essere irreversibile»ha spiegato Draghi in una lunga analisi pubbli-cata sul «Financial Times». Draghi ha indicatouna strada precisa: «I livelli di debito pubblicodevono salire. Ma l’alternativa sarebbero danniancora peggiori all’economia, rappresentati dalladistruzione permanente delle attività produttive equindi della base di bilancio». Insomma, Draghi

sconfessa la linea dell’austerità: «La perdita direddito del settore privato — scrive l’ex numerouno di Francoforte nella sua analisi — dovrà esse-re eventualmente assorbita, in tutto o in parte,dai bilanci dei governi. Livelli di debito pubblicopiù alti diventeranno una caratteristica perma-nente delle nostre economie e sarà accompagnatada una cancellazione del debito privato». Unodei concetti base è la velocità di azione: «La ve-locità del deterioramento dei bilanci privati, cau-sata da uno shutdown che è inevitabile e oppor-tuno» deve incontrare «un’uguale velocità nel di-spiegare i bilanci dei governi, mobilitare le ban-che e, come europei, sostenerci uno con l’altro inquella che è evidentemente una causa comune».

L’OSSERVATORE ROMANOvenerdì 27 marzo 2020 pagina 3

Tensioni a Idlib malgrado l’emergenza coronavirus

Non si fermala guerra in Siria

Nonostante i progressi restano gravi mancanze nella realizzazione dell’Agenda Onu 2030

Una strada ancora molto lunga

DA M A S C O, 26. Ancora tensione inSiria: nonostante l’emergenza coro-navirus, non si fermano i combatti-menti. Uno dei ponti su un’auto-strada strategica nel nord-ovest èstato fatto saltare, ieri, per impedireil passaggio di pattuglie militari rus-se. Lo riferiscono media nella regio-ne di Idlib che pubblicano foto delponte distrutto nei pressi di Jisr ashShughur, a ovest del capoluogo del-la regione parzialmente sotto con-trollo russo e governativo siriano, eparzialmente anche sotto influenzaturca. L’azione non è stata al mo-mento rivendicata da nessun gruppoarmato.

In base all’accordo turco-russodel 6 marzo, nei giorni scorsi pattu-glie militari russe e turche hannoprovato a condurre pattugliamentilungo l’autostrada Latakia-Aleppo(M4) ma sono stati più volte inter-rotti da blocchi stradali eretti da mi-lizie antigovernative e dalla popola-zione locale, ostile alla presenza mi-litare russa.

Com’è noto, da diversi mesi la re-gione di Idlib è al centro dei com-battimenti tra gruppi di ribelli e for-ze di Damasco. Finora non è statopossibile raggiungere nessuna tre-gua duratura, nonostante l’imp egnodiplomatico di Mosca e Ankara.Anche ieri — stando a fonti della

stampa internazionale — sono statisegnalati combattimenti a nord diIdlib.

Intanto, l’Onu ha lanciato un ap-pello a tutte le parti in conflitto inSiria affinché cessino i combatti-menti per far fronte all’e m e rg e n z ac o ro n a v i ru s .

«Lancio un appello specifico perun cessate il fuoco immediato che siapplichi a tutto il territorio sirianoper rendere possibile uno sforzo ge-neralizzato contro il Covid-19 in Si-ria» ha detto ieri l’inviato specialeOnu per la Siria, Geir Pedersen, se-condo cui «i siriani hanno una vul-nerabilità accentuata al Covid-19» acausa di nove anni di guerra. «Cen-tri medici sono stati distrutti e la lo-ro capacità si è deteriorata; c’è pe-nuria di materiale medico essenzialecosì come di professionisti della sa-nità» ha aggiunto. Il governo siria-no finora ha riconosciuto ufficial-mente solo quattro casi di coronavi-rus; tuttavia, gli esperti temono chei contagi possano essere molti dipiù. Per far fronte alla situazione, ilpresidente Assad ha annunciatol’entrata in vigore del coprifuoconotturno in tutte le aree sotto ilcontrollo formale delle autorità cen-trali di Damasco. Inoltre, è stata di-sposta la chiusura delle frontierecon il Libano.

Approvata una nuova legge che segna un importante cambiamento

La svolta di TashkentCittadinanza uzbeka per 50.000 apolidi

C h r i s t c h u rc hTarrant si dichiara

colp evole

AUCKLAND, 26. Brenton Tarrant,l’australiano accusato della stragenelle moschee di Christchurch inNuova Zelanda, si è dichiaratocolpevole per tutti i capi d’accusa.Lo ha annunciato la polizia neo-zelandese.

«La dichiarazione di colpevo-lezza per le accuse di 51 omicidi,40 tentati omicidi e l’accusa diazione terroristica è stata pronun-ciata in videoconferenza dalla pri-gione di Auckland» ha dichiaratoil commissario Mike Bush in uncomunicato. Tarrant, suprematistabianco, aprì il fuoco in due mo-schee di Christchurch uccidendo51 persone nel marzo 2019, inquella che viene considerata la piùgrave strage della storia modernadella Nuova Zelanda.

App ellodi Rivlinall’unità

TEL AV I V, 26. «Unitevi per il po-polo di Israele: se non ora quan-do?». Questo il messaggio che ilpresidente Reuven Rivlin ha lan-ciato ieri sera in un discorso in tvalle principali forze politiche delpaese per la formazione di un go-verno di unità nazionale. Per Ri-vlin, occorre superare la crisi aper-tasi con le ultime elezioni perfronteggiare uniti l’emergenza co-ro n a v i ru s . Rivlin ha affidato l’in-carico di formare il nuovo gover-no al leader del partito Bianco eBlu, Benny Gantz. Gantz è riusci-to a ottenere il sostegno di 61 de-putati e ha sulla carta la maggio-ranza per governare. Intanto, acausa dell’emergenza coronavirus,è rinviata l’apertura del processoper corruzione al premier Benja-min Netanyahu.

Raggiunto un accordo per discutere della liberazione dei detenuti

Verso un incontro tra talebani e governo afghano

KABUL, 26. I talebani e le autoritàafghane hanno programmato un in-contro per discutere della liberazio-ne dei prigionieri ribelli. Lo ha an-nunciato ieri il governo di Kabul.«Una delegazione dei talebani in-contrerà il governo nei prossimigiorni in Afghanistan» ha twittato ilConsiglio nazionale di sicurezza af-ghano. Al centro dei colloqui loscambio tra un massimo di 5 milaprigionieri talebani e un migliaio didetenuti delle forze di sicurezza af-ghane, una misura contenutanell’accordo tra americani e talebanifirmato il 29 febbraio a Doha manon ratificato da Kabul.

Intanto, le autorità afghane han-no confermato il bilancio dell’attac-co di ieri a un tempio Sikh a Kabul.Si parla di 25 morti. Il gruppo dijihadisti aveva sequestrato 150 ostag-gi, ingaggiando una sanguinosa bat-taglia con le forze di sicurezza. Sikh afghano sul luogo dell’attacco (Reuters)

Razzi colpisconola Zona verde

a Baghdad

BAGHDAD, 26. Due razzi hannocolpito la Zona verde di Baghdad.Lo hanno reso noto questa matti-na fonti dell’esercito iracheno. Se-condo una fonte della sicurezza,l’obiettivo era l’ambasciata statu-nitense che si trova a un centinaiodi metri da dove sono caduti idue razzi.

Si tratta del 26° attacco controstrutture che ospitano truppe o di-plomatici stranieri dallo scorso ot-t o b re .

I media hanno precisato che iproiettili sarebbero stati lanciatidall’area di al Nahda, sempre nelcentro della capitale irachena.Non è al momento noto se vi sia-no state vittime. Diversi analistipuntano il dito contro i gruppisciiti filo-iraniani.

Il presidente uzbeko, Shavkat Mirziyoyev

di ANNA LISA ANTONUCCI

Ancora solo dieci anni manca-no per raggiungere gli obiet-tivi di sviluppo durevole fis-

sati dall’Agenda 2030 ed è bene fareil punto sui progressi realizzati esulle importanti lacune che ancorasi registrano. A farlo è stata la Com-missione economica delle NazioniUnite che ha analizzato la situazio-ne dei cambiamenti avvenuti nelcorso degli ultimi anni nei 56 paesidell’Europa orientale che, insieme aquelli dell’Europa occidentale oltreagli Stati Uniti, al Canada, a Israe-

le, e ad alcuni stati centro-asiatici,aderiscono all’United Nations Eco-nomic Commission for Europe(Unece), istituita nel 1947 conl’obiettivo di favorire la cooperazio-ne economica e sociale e lo svilupposostenibile nell’Europa postbellica.

In sintesi, i progressi riguardanoil benessere delle popolazioni, comel’eradicazione dell’estrema povertà,la protezione sociale, la messa incampo di moderni mezzi di pianifi-cazione familiare, la riduzione dellamortalità durante il parto, quella dibambini e adolescenti, l’installazio-ne di servizi sanitari e la riduzione

dello sfruttamento dell’energia elet-trica.

Importanti lacune, invece, vengo-no registrate nell’ambito ambientale.Non diminuisce, come dovrebbe,l’inquinamento, non aumenta laprotezione delle zone marine e nonmigliorano le strategie di riduzionedelle catastrofi ambientali. Su questitemi, secondo la Commissione delleNazioni Unite si deve fare di più onon si raggiungeranno gli obiettivientro il 2030. Ad esempio, solo dieciPaesi hanno un livello di inquina-mento atmosferico inferiore al limiteraccomandato dall’Oms e sono

l’Islanda, la Svezia, la Finlandia, ilCanada, l’Estonia, la Norvegia, ilPortogallo, l’Irlanda, la Spagna egli Stati Uniti. Positivo invece chein tutto il territorio preso in consi-derazione della Commissione econo-mica, la copertura forestale si èespansa negli ultimi due decenni.L’aumento netto tra il 2000 e il 2015è stato di 28,1 milioni di ettari, innetto contrasto con la situazioneglobale, in cui la quota di forestenella superficie totale è diminuitadal 31,1 al 30,7 per cento tra il 2000e il 2015. In compenso molti paesisoffrono un forte stress idrico e so-no l’Asia centrale (Kyrgyzstan, Tur-kmenistan, Uzbekistan, Tadjikistan),il Mediterraneo (Israele, Malta,Spagna, Turchia) e il Caucaso (Ar-menia, Azerbaigian).

Per quanto riguarda la salute, nel-la maggior parte dei paesi presi inesame, la percentuale di bambinisottopeso sotto i cinque anni è bas-sa, tra il 2 e il 4 per cento, mentre itassi di sovrappeso sono molto piùalti, e vanno dal 5 al 15 per cento.Questa tendenza è particolarmentepronunciata in alcuni paesi dei Bal-cani occidentali. Ad esempio, in Al-bania ci sono dieci volte più bambi-ni in sovrappeso di bambini sotto-peso, otto volte tanto in Montene-gro e circa sette volte più in Bosniaed Erzegovina e Repubblica di Ma-cedonia del Nord.

La parità di genere è ancora mol-to lontana: nella maggior parte deipaesi, le donne impegnano moltopiù tempo degli uomini nei lavoridomestici e nell’assistenza. Le diffe-renze maggiori si osservano in Alba-nia, dove le donne sono impegnatein queste attività in media 5,2 ore algiorno contro lo 0,8 degli uomini,in Turchia il rapporto è 4,6 contro0,9 ore e in Kazakhstan 4,3 contro1,4 ore). Il divario di genere è piùbasso nei paesi nordici: Svezia (3,9ore per le donne e 3,1 per gli uomi-ni), Norvegia (3,8 e 3,0) e Finlandia(3,5 e 2,4). In Svezia, Finlandia,Spagna e Norvegia sono donne piùdel 40 per cento dei parlamentari,in altri 17 paesi sono il 30 per cento.In 36 paesi tra quelli che aderisconoall’agenzia Onu, la percentuale didonne parlamentari è aumentata trail 2015 e il 2019. Tuttavia, la percen-tuale di donne tra i rappresentantidel governo locale è vicina alla pari-tà solo in quattro paesi: Bielorussia,Francia, Islanda e Svezia. Il numerodi donne manager è aumentato dal2012 in 32 paesi, ma in pochissimi ilrapporto si avvicina alla parità: solola Lettonia, la Repubblica di Mol-dova, la Federazione russa, la Polo-nia, la Slovenia, l’Ucraina e gli StatiUniti hanno visto crescere la pro-porzione di donne manager fino al40 per cento nel 2017.

Resta alto il numero dei mortiper incidenti stradali anche se ha re-gistrato in dieci anni una diminu-zione del 30 per cento. Nonostante,questa tendenza positiva, ancoraquasi 290 persone muoiono ognigiorno sulle strade di questi Paesi.Oltre a questi decessi, più di 5 mi-lioni di persone sono rimaste feritenel 2017.

Infine per quanto riguarda la pro-tezione sociale, solo pochi paesi(Austria, Belgio, Finlandia, Francia,Germania e Irlanda) hanno una co-pertura delle indennità di disoccu-pazione che raggiungono o supera-no il 95 per cento della popolazio-ne. Nei tre quarti dei paesidell’Unece, la percentuale di disoc-cupati che ricevono indennità di di-soccupazione è inferiore al 60 percento, con la copertura più bassa —meno del 2 per cento — segnalata inTurchia, Azerbaigian e Kyrgyzstan.

TA S H K E N T, 26. Si stima che sarannocirca 50.000 le persone apolidi inUzbekistan che acquisiranno la cit-tadinanza dopo l’approvazione diuna nuova norma nazionale. Unadisposizione contenuta nella leggesulla cittadinanza, firmata nei giorniscorsi dal presidente uzbeko, Shav-kat Mirziyoyev, e che entrerà in vi-gore dal prossimo primo aprile. Inbase al provvedimento, verrà con-cessa la cittadinanza a tutti gli apo-lidi registrati ai quali era stato rila-sciato un permesso di soggiornopermanente in Uzbekistan primadel gennaio 1995.

Le autorità di Tashkent stimanoche sarà circa la metà della popola-zione apolide dell’Uzbekistan, valea dire 49.228 persone, a beneficiaredelle disposizioni della nuova nor-mativa, vedendosi riconosciuto lostatus di cittadini. Anche i figli deibeneficiari della normativa avrannoil diritto di acquisire la cittadinanza,secondo le medesime procedure.L’Unhcr, l'Agenzia delle NazioniUnite per i rifugiati, ha accolto confavore la nuova legge, durante la cuistesura aveva sottoposto una serie diraccomandazioni alle autorità delpaese dell’Asia centrale, ex Repub-blica sovietica.

La nuova legge, inoltre, prevedeimportanti disposizioni volte a pre-venire l’apolidia e introduce, per laprima volta, procedure semplificate

di acquisizione della cittadinanzaper naturalizzazione. Di tali proce-dure, che entreranno in vigore a set-tembre di quest’anno, potranno be-neficiare anche gli apolidi registratiin possesso di permesso di soggior-no permanente rilasciato a partiredal primo gennaio 1995.

«Negli ultimi anni, l’Uzb ekistanha compiuto progressi significativinella risoluzione e prevenzionedell’apolidia e tali sviluppi rappre-sentano un considerevole balzo inavanti negli sforzi volti a porre fineai casi noti di apolidia. Per decine

di migliaia di persone ora vi è l’op-portunità di essere a tutti gli effettiparte di una comunità» ha dichiara-to Yasuko Oda, rappresentante del-l’Unhcr per l’Asia Centrale.

Negli ultimi tre anni l’Uzb ekistanha concesso la cittadinanza a circa10.000 apolidi, apportato modifichealle prassi di registrazione delle na-scite per garantire la registrazioneuniversale di tutti i neonati, compre-si i figli di genitori privi di docu-menti di identità, e lanciato unacampagna su scala nazionale per in-

dividuare e registrare tutte le nascitenon documentate.

Attualmente, in Uzbekistan, gliapolidi registrati sono 97.346. I casidi apolidia diffusi nel paese e in tut-ta la regione circostante sono in lar-ga parte il risultato della dissoluzio-ne dell’Unione Sovietica, avvenutanel 1991, e della formazione di nuoviStati, che ha comportato che centi-naia di migliaia di persone restasse-ro apolidi in tutta l’Asia Centrale.Sebbene molti abbiano potuto man-tenere o acquisire la cittadinanzadegli Stati successori, altri si sonoritrovati bloccati all’interno dellefrontiere di recente costituzione, inpossesso di passaporti non più vali-di o privi delle prove necessarie perdimostrare il proprio luogo di nasci-ta o di residenza precedente.

L’Unhcr ricorda che la primacondizione in cui si trovano gli apo-lidi, individui senza patria e senzacittadinanza, è quella dell’invisibili-tà. Senza diritti, non hanno accessoalla società e rimangono intrappola-ti ai margini. Un caso emblematicoè quello dei rohingya, in Myanmar.La minoranza etnica musulmananon è infatti riconosciuta tra i 135gruppi etnici del paese del sudestasiatico: in particolare, fin dal 1982è negata loro la cittadinanza, motivoper cui da allora i rohingya sono, difatto, apolidi. Di conseguenza, i lo-ro diritti allo studio, al lavoro, ai

viaggi e alla libertà di praticare lapropria religione e di accedere aiservizi sanitari di base sono limitati.Le repressioni dei militari governati-vi ai danni dei rohingya avvengonoda decenni, fin dagli anni 70. Se-condo l’Onu, si tratta di una delleminoranze etniche più perseguitateal mondo, costretta a vivere in cam-pi sovraffollati isolati rispetto al re-sto della popolazione. Dall’agostodel 2017 sono circa un milione irohingya fuggiti dal Myanmar. Neltentativo di abbandonare uno Statoche non li riconosce, i rohingyahanno provato a scappare verso ipaesi vicini, ma spesso Malaysia,Thailandia e Indonesia hanno re-spinto gli arrivi. Storicamente lefrontiere del Bangladesh sono statepiù aperte, ma anche qui i rohingyasono costretti a vivere in campi pro-fughi ormai al limite del collasso.Proprio l’assenza di cittadinanza, ela conseguente invisibilità giuridica,rendono difficile il conteggio degliapolidi nel mondo. L’Unhcr stimache gli apolidi — o coloro che sonoa rischio di apolidia — siano almeno10 milioni. Ma altre cifre ne indica-no molti di più. La Convenzionesullo status degli apolidi è stata va-rata a New York il 28 settembre1954 ed è la base per la protezioneinternazionale degli apolidi. In Ita-lia è divenuta esecutiva il 1 febbraiodel 1962 con la legge 306.

L’OSSERVATORE ROMANOpagina 4 venerdì 27 marzo 2020

Per rispondere alle sfide poste dalla pandemia al sistema formativo

La scuola a distanzaai tempi del coronavirus

di DARIO E. VIGANÒ

l mondo dell’educazione…non è mai un’azione ripetiti-va, ma l’arte della crescita(Francesco alla Plenariadella Congregazione del-

l’educazione cattolica)

«Si può dire che oggi non vivia-mo un’epoca di cambiamento quan-to un cambiamento d’epoca. Le si-tuazioni che viviamo oggi pongonodunque sfide nuove che per noi avolte sono persino difficili da com-prendere. Questo nostro tempo ri-chiede di vivere i problemi come sfi-de e non come ostacoli» (Francesco,Firenze 10 novembre 2015).

I cambiamenti d’epoca segnano laricerca di nuovi paradigmi in tuttigli ambiti del vivere e dell’agire so-ciale. Nell’attuale contesto segnatodall’epidemia — accanto allo sforzo ealla generosità di sacerdoti, religiosee religiosi, di uomini e donne delnostro sistema sanitario e senza di-menticare le persone che lavoranonel trasporto, quelli impegnati nellafiliera produttiva dei beni di primanecessità, i militari e le forze dell’or-dine — un ambito nel quale ci si ètrovati ad affrontare una sfida im-portante è quello della scuola,dell’intero sistema formativo.

Il cinema abbonda di racconti suimodelli pedagogici nella scuola. Ba-stano alcuni titoli per evocare la ric-chezza di sguardi. Anzitutto il trasci-nante prof. John Keating, interpreta-to da Robin Williams, professore daimetodi non convenzionali nell’Ame-rica all’alba degli anni Sessanta nelfilm L’attimo fuggente (Dead PoetsS o c i e t y, 1989) di Peter Weir. Ancora,dall’Italia uno dei ritratti più efficacidi insegnate in prima linea perl’emergenza educativa è quello delprof. Vivaldi (Silvio Orlando), do-cente di Italiano in un liceo dellaperiferia romana, nel graffiante maanche esilarante La scuola (1995) diDaniele Luchetti. Ultima suggestio-ne, con un balzo ai nostri giorni, ciarriva dalla commedia francese Quasinemici (Le brio, 2018) di Yvan Attal,racconto dello scontro-incontro traun rigido e spigoloso professore or-dinario di diritto, Pierre Mazard(Daniel Auteil), e una giovane stu-dentessa, Neila Salah (Camélia Jor-dana), in cerca di riscatto dai pre-giudizi e soprattutto alla ricerca dif u t u ro .

Come ci suggeriscono questiesempi cinematografici, e secondouna prospettiva ampiamente culturo-logica, il rinnovamento dei modellipedagogici deve anzitutto prendereatto delle trasformazioni dei para-digmi della comunicazione. Studiosifondamentali come MarshallMcLuhan, Walter Ong o Eric Have-lock hanno chiarito come i media,nel loro presentarsi sulla scena stori-co-sociale, abbiano di fatto influitonon solo sulla lingua ma anche suiprocessi cognitivi e sui modelli pe-dagogici, secondo una scansionetemporale che è ormai “canonica”negli studi sulle tecnologie cogniti-ve. «Se volgiamo lo sguardo al pas-sato prossimo e remoto del mondodella comunicazione vediamo che tresono state le rivoluzioni più impor-tanti che si sono susseguite nel tem-po, e cioè: la rivoluzione chirografica(in seguito all’invenzione della scrit-tura avvenuta nel IV millennio a.C.),la rivoluzione gutenberghiana (in se-guito all’invenzione della stampa cheebbe luogo intorno alla metà del XVsecolo) e la rivoluzione elettrica ede l e t t ro n i c a (in seguito all’invenzionedel telegrafo e, successivamente, del-la radio e della televisione)» (M.Baldini, in Dizionario della comunica-zione, 2009, p. 21).

Oggi siamo protagonisti di quellache Ong, sviluppando il concetto dioralità secondaria, chiama cultura al-fabetica secondaria (legata alla scrittu-ra tramite computer), e cultura visivasecondaria facendo riferimento allaproduzione di video e alla realtà vir-tuale. A ogni epoca comunicativacorrispondono modelli educativi chefanno dell’oralità, della scrittura,della medialità e del digitale altret-tante risorse per la mediazione di-dattica: la parola e l’imitazione, il li-bro e la lettura analitica, l’immaginee la sintesi simbolica, la multimedia-lità e la navigazione transcodica for-niscono agli insegnanti una vasta ta-stiera linguistica con la quale svilup-pare gli apprendimenti dei soggettiin formazione.

In particolare, l’universo della cul-tura digitale e della comunicazioneonline si trova oggi direttamente

coinvolto nei processi di innovazionedell’istituzione scolastica italiana. Inqueste settimane di diffusione di unvirus sconosciuto che semina mortee angoscia, il Governo italiano equelli europei hanno varato normenecessarie al contenimento della dif-fusione del virus e tra queste la chiu-sura delle scuole e delle università.Una schiera di docenti e professorihanno messo a disposizione con ge-nerosità il proprio tempo e le pro-prie energie per l’apprendimento dimetodiche che, almeno in Italia, so-no ancora esperienze sporadiche.

L’emergenza ha reso inevitabileuna sorta di sperimentazione di mas-sa della “scuola a distanza”, attraver-so l’uso di soluzioni digitali. Proprioperché si tratta di un cambiamentod’epoca e non di un’epoca di cam-biamenti, nel tentativo di compren-dere a fondo questo fenomeno, è ne-cessario assumere la consapevolezzache l’apprendimento online «non èsecondo all’insegnamento in presen-za. Non è semplicemente insegnare adistanza. È un modo interamentedifferente di apprendere» (W.A.Draves, 2002, p. 43). Vorremmoquindi indicare alcune linee di rifles-sione che tengano ben presente que-sta prospettiva che va oltre l’idea chei media siano semplici strumenti: es-si sono anzitutto c u l t u ra , terreno dico-costruzione di discorsi, testi, rela-zioni, e in particolare di a p p re n d i -mento significativo.

Il tema è ben presente anche neiseminari di studio della Congrega-zione per l’educazione cattolica dellaSanta Sede messo a tema nell’ultimaPlenaria dei membri del Dicastero.Come le epoche del passato hannodato vita a modelli di apprendimen-to del sapere (ad esempio, nell’ep o catipografica l’approccio al sapere te-neva conto della gerarchizzazionedella linearità e della consequenziali-tà), così oggi, per elaborare un mo-dello pedagogico aggiornato, è ne-cessario chiarire cosa si intenda pere - l e a r n i n g. Tale concetto si presentacome evoluzione del precedente con-cetto di distance learning (formazionea distanza) poiché, «quando la reteInternet inizia a permettere di svi-luppare sistemi di comunicazionemediata da computer (CMC) attraver-so i quali facilitare l’interazione sin-crona (chat) e asincrona (forum) deldocente con gli studenti e degli stu-denti tra loro, si realizza il passaggioalla formazione a distanza di terza ge-nerazione (dalla metà degli anni ’90in avanti)». (P.C. Rivoltella, Dopo laformazione a distanza. Tecnologie, edu-cazione e formazione in Italia, 1995-2008, in «Educação e Sociedade»,settembre 2008). In questo caso, lamultimedialità — che permette l’ag-giornamento costante dei contenutionline — e la possibilità di metterein campo strategie didattiche basatesulla cooperazione orizzontale tra glistudenti costituiscono le basi dell’e-learning contemp oraneo.

Attualmente le enormi possibilitànell’ambito didattico offerte dalladiffusione della Rete e dalla velocitàdelle connessioni mostrano come sianecessario precisare anche la termi-nologia. Oggi si parla di distance e-learning nel caso in cui il percorsoformativo è erogato completamenteonline, di blended learning o complexlearning, nel caso in cui esso alterniappuntamenti in presenza e altri adistanza (cfr. R. Nacamulli, 2003).

Questo cambiamento d’ep o cacoinvolge sia la riflessione circa lascomparsa del rapporto a-simmetricoe gerarchico della società di stampopatriarcale (cfr. P.P. Bellini 2018), siala ricerca di modelli di apprendi-mento differenti da quelli tradiziona-

li. Non è indifferente per il mondodell’educazione l’eclissi dell’idea diautorità, il dissolvimento della figuradel padre e l’emergere di quella cheviene definita la società orizzontale(cfr. L.M. Friedman 1990), «in cuitutta l’autorità è trasferita alle istitu-zioni e alle regole, alle leggi e ai di-ritti. Solo così può prendere vita innoi tutti un sentimento di fiducianelle nostre forze in grado di imbri-gliare le mai sopite e sempre diffe-renti forme di potere privilegiato,pastorale o oligarchico, del dogma odella ricchezza» (M. Marzano, N.Urbinati, 2017, p. 28). Società oriz-zontale (reticolarità multipolare) chetrova nei media digitali un alleatostrategico. Oggi tutti sperimentanoche «l’influenza e lo status del presi-dente, del prete, del genitore, delprofessore, del poliziotto non sonoquelli che una volta erano, né lo è ilpotere della parola, o la paura dellalegge. E questi sono i segnali di unadissoluzione più profonda dei lega-mi che ci legano, di un allentamentodelle redini che ci controllano, delladisintegrazione di un ordine sociale»(R.A. Solo, 1980, p. 253).

Viviamo cioè immersi in un conte-sto sociale nel quale le asimmetrierelazionali costitutive dei processi diidentificazione si sono diluite finoquasi a scomparire. Gran parte degliadulti di oggi, che di fatto incarnanole figure professionali dei professorie dei docenti, hanno vissuto un’ep o-ca differente nella quale «la paroladell’insegnante come quella del paterfamilias appariva una parola dotatadi peso simbolico e di autorità aprescindere dai contenuti che sapevatrasmettere. Era la potenza della tra-dizione che la garantiva. La paroladi un insegnante e di un padre ac-quistava uno spessore simbolico nontanto a partire dai suoi enunciati madal punto di enunciazione dal qualeessi scaturivano. Il ruolo simbolicoprevaleva su chi realmente lo incar-nava più o meno difettosamente»(M. Recalcati, 2014, p. 3).

Nel contesto delle scuole medie emedie superiori l’emersione di talecambiamento d’epoca risiede nelcontinuo richiamo da parte dei do-centi a fatiche insormontabili. Le

problematiche vengono fatte risiede-re, generalmente, nella composizionedelle classi che non posseggono piùun’omogeneità culturale (e questo èun problema concreto, ma forse an-che una sfida e un ampliamento deinostri orizzonti) o in una evidentedisparità tra generazioni e soprattut-to tra classi sociali nell’appro ccioall’uso e all’appropriazione delle tec-nologie digitali.

Tutto ciò naturalmente resta veroe insieme complesso da gestire, mala questione è più radicale e cultura-le: si è perduto il concetto di autori-tà. Così «averla perduta significaaver perduto le fondamenta delmondo, che in effetti da allora hacominciato a spostarsi, a cambiare,modificandosi con sempre crescenterapidità in forme diverse, sì che noici troviamo alle prese con un univer-so proteiforme, dove in ogni mo-mento tutto può trasformarsi in qua-lunque altra cosa» (H. Arendt, 1999,p. 134).

Ancora una volta, questo dato difatto può essere accolto sia come unsegno di decadenza, sia come un’op-portunità di evoluzione culturale, diristrutturazione delle coordinate disenso. In questo caso, però, è urgen-te una profonda assunzione di re-sponsabilità da parte di tutte leagenzie formative. Tale cambiamen-to di scenario chiede creatività eprudenza, competenza e passione.Come dice Papa Francesco: «Questonostro tempo richiede di vivere iproblemi come sfide e non comeostacoli».

Nel sistema universitario assistia-mo, in questa situazione di emergen-za, a un’organizzazione che mostramaggiore conoscenza e dimestichez-za con i modelli di apprendimentonon tradizionali grazie anche all’av-vio, in situazione di normalità, dipoli tecnologici e di messa a puntodi specifici modelli pedagogici di di-dattica in Rete (ad esempio, l’Uni-versità Cattolica del Sacro Cuorecon il Centro di ricerca Cremit,w w w. c re m i t . i t , oppure il ConsorzioUniNettuno oggi Università Telema-tica Internazionale UniNettuno, co-me anche la Commissione europeache dal 2000 lavora sull’e-learning),in cui la logica vincente è quelladell’integrazione diffusa. In questocaso l’aspetto a-simmetrico delle re-lazioni e il permanere di qualchetraccia dell’autorità (che tiene insie-me competenze riconosciute e aspet-ti fiduciari) certamente agevolano ilcammino.

«Nel contesto universitario, l’e-learning appare una modalità mag-giormente rispondente alle necessitàdegli studenti lavoratori, finendocon il coincidere come una tra leforme più elevate di formazione per-manente degli adulti. Vi sono infattisempre più casi di lavoratori full ti-me che, diversi anni dopo la primaassunzione, decidono di riqualificarsiscegliendo un titolo accademico: peressi potere accedere ad attività for-mative online diviene una formapartecipativa alternativa tradizionale“programma per non frequentanti”»(A. Garavaglia, in Dizionario dellacomunicazione, 2009, p. 846-47)

Se appare chiaro che siamo difronte a un cambiamento d’ep o cache chiama in causa una riflessioneantropologica e psico-pedagogica,occorre fare ancora un ulteriore pas-saggio. Quando parliamo di distancee-learning o nel caso dei corsi acca-demici di blended learning i modellisi differenziano in relazione alle ri-cerche che stanno alla base dellaprogettazione delle differenti piatta-forme. Le attività di ricerca che neglianni sono state svolte all’estero esuccessivamente in Italia hanno evi-denziato la correlazione stretta tratecnologie della comunicazione eprocessi cognitivi, mostrando comela strutturazione dei nuovi modellididattici passi dalla centralità deldocente alla centralità dello studen-te, dalla trasmissione della conoscen-za alla costruzione della conoscenza;da un apprendimento passivo e com-petitivo a un apprendimento attivo ecollaborativo (cfr. M.A. Garito,2006; 2015).

Ma quali sono gli elementi in gio-co in tale rinnovato modello psico-p edagogico?

Poiché non si tratta semplicemen-te di sostituire le lezioni in presenzain lezioni mediate da un’interfaccia,cosa caratterizza un modello di ap-prendimento che tenga presente ilcontesto culturale di oggi?

Anzitutto le video-lezioni, ovverolezioni prodotte in studi virtuali epost-prodotte. Proprio la post-pro-duzione costruisce quanto previstonel modello teorico, che prevedequali soluzioni pragmatiche possanoaiutare lo studente nel processo diapprendimento. Le video-lezionivengono indicizzate per argomenti(per aiutare lo studente a muoversida un contenuto all’altro) e presen-tano rimandi ipertestuali a materialidi approfondimento collegati al te-ma che il docente sta affrontando. Èprevista anche la presenza di book-m a rk che segnalano il materiale diapprofondimento (multimediale e si-tografie associate all’argomento trat-tato in una determinata lezione oparte di essa).

Una volta prodotte, le video-lezio-ni vengono erogate. Ma si tratta solodel primo passo cui seguono le Clas-

si interattive attraverso le quali sipossono attivare esercitazioni, valu-tazioni intermedie e simulazionid’esami. Il confronto durante le clas-si interattive tra docenti e studentiavviene solo quando gli studenti di-spongono già di una preventiva co-noscenza dei contenuti, agevolatadal tutor che indica articoli, saggi emateriale didattico che integrano lostudio delle video-lezioni (modellodetto flipped classrooms). Non sonosufficienti solo le video-lezioni. Altrielementi qualificano i modelli dell’e-l e a r i n g. Anzitutto la presenza del do-cente/tutor svolge la funzione di ve-ro e proprio organizzatore degli ap-profondimenti. In particolare il do-cente/tutor avvia gli studenti alleprocedure e ai processi che permet-tono di utilizzare a pieno le funzio-nalità di condivisione e le applica-zioni delle Classi interattive; infine,propone momenti di esercitazionesincrona e ri-orienta lo studente nelcaso di difficoltà a seguire il modellodi apprendimento proposto.

È di particolare importanza la fasedei project work collaborativi. Si trattadi esercitazioni durante le quali glistudenti, accogliendo un’e s e rc i t a z i o -ne proposta dal docente/tutor “met-te le mani in pasta” in maniera colla-borativa. Le attività sono molteplici:vanno dalla scrittura creativa e colla-borativa alla progettazione di docu-menti tecnici come un piano marke-ting, un business plan o metodichedi analisi e reportistica.

Durante il project work il docen-te/tutor affiderà la moderazione delgruppo a turno a singoli studenti af-finché ciascuno studente apprenda laresponsabilità di valorizzazione e digestione della discussione di un la-voro in team. La piattaforma, soprat-tutto se proprietaria, potrà valutaresul proprio sistema di tracciamentosia le revisioni create in maniera col-laborativa in ogni sessione, sia ilprodotto finale del project work.

Da ultimo è importante, semprenel modello sviluppato di apprendi-mento, predisporre le Simulazioni diprove di esame. Si tratta di proporreda parte del docente/tutor un com-pito strutturato come potrebbe esse-re quello dell’esame conclusivo delcorso. Il docente/tutor rende dispo-nibile la prova d’esame a tutti glistudenti connessi e stabilisce il tem-po di svolgimento. In questa fase,per tutto il tempo della simulazioned’esame, gli studenti possono inter-loquire con il docente/tutor con do-mande specifiche e dettagli su argo-menti della prova d’esame. Il compi-to, rilasciato sulla piattaforma verràpoi corretto e valutato dal docen-te/tutor. Sul sistema di tracciamentogli studenti troveranno le proprieprove corrette, che in una successivaclasse interattiva verranno discussecon il docente/tutor.

Ecco dunque un cambiamentod’epoca. Quali sfide comporta nel-l’ambito formativo? Ridisegnare mo-delli e processi di apprendimento te-nendo conto del cambiamento dellesocietà (ad esempio, offrendo possi-bilità collaborative tra centri accade-mici di nazioni differenti oppure ac-compagnare i rifugiati al completa-mento o al riconoscimento dei per-corsi universitari). Del resto «in retesi costruisce una vera cittadinanza.L’accesso alle reti digitali comportauna responsabilità per l’altro, chenon vediamo ma è reale, ha la suadignità che va rispettata. La rete puòessere ben utilizzata per far crescereuna società sana e aperta alla condi-visione» (Francesco, 50ª Giornatamondiale delle comunicazioni socia-li, 2016).

Online

UN SITO ALLA SETTIMANAa cura di FABIO BO L Z E T TA

Chi ci separerà?

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La Rete che setaccia segni di speranza. Per raccoglie-re buone prassi e continuare, nonostante la distanzafisica, a camminare insieme con fiducia. Il sito inter-net “Chi ci separerà?” è promosso dalla Segreteria ge-nerale della Conferenza episcopale italiana. «La con-vinzione che ci guida è che le criticità, lo smarrimen-to, la paura non possano spezzare il filo della fede,ma annodarlo ancora di più in speranza e carità». Ec-co perché in unico ambiente digitale è possibile sco-prire le iniziative promosse dalle diocesi italiane econdividere orientamenti come le indicazioni dedicateai catechisti, i sussidi per la preghiera in famiglia e informa corale, le riflessioni sull’emergenza sanitaria ela pastorale del lavoro. A nove giorni dalla pubblica-zione sono oltre centomila le visite sul portale con216.000 pagine uniche visualizzate. Il nome scelto“Chi ci separerà?” (Rm 8, 35) «indica un percorso im-pegnativo: la certezza che, pur circondati da una mi-naccia, niente potrà mai separarci da quell’Amore che

ci unisce, perché figli e fratelli, e ci rende comunità.In questo senso bisogna osare, mettersi in cammino enon fermarsi».

c h i c i s e p a re r a . c h i e s a c a t t o l i c a . i t

Una scena del film francese «Quasi nemici»

I

L’OSSERVATORE ROMANOvenerdì 27 marzo 2020 pagina 5

di BARBARA JAT TA

In questi giorni di incertezza,di fermo generale, di musei,teatri e cinema chiusi, di vitacosì diversa da quella allaquale siamo abituati, può es-

sere di aiuto capire il ruolo che laBellezza può svolgere per superare imomenti di sconforto e di paura maanche avere la certezza della funzio-ne fondamentale che può avere peraccompagnare il nostro cammino divita.

Dobbiamo agli antichi greci equindi alla tradizione di DionigiAreopagita e sant’Agostino ma so-prattutto alla mistica dei Maestrimedievali, da Alessandro di Hales asan Bonaventura ed in particolare asan Francesco, il riconoscimentoall’Essere di un’altra caratteristicatrascendentale: Pulchrum, il Bello.Sono loro che hanno favorito la no-stra comprensione dell’Essere con ladimensione della Bellezza.

Uno dei grandi estimatori dellaBellezza in età moderna è stato Fëd-dor Dostoevskij. «La bellezza salve-rà il mondo» è una frase celebre chefa dire al principe Lev NikolàevičMyškin, protagonista dell’Idiota.Cos’era la Bellezza per Dostoevskij?Molti non sanno che l’insigne scrit-tore russo aveva una predilezioneper Raffaello. In particolare perun’opera del Maestro d’Urbino: laMadonna Sistina — uno dei dipintipiù mirabili di tutta la storia dell’ar-te. In questo anno raffaellesco del2020 mi piace condividere la suastoria.

Raffaello concepì e dipinse neglianni romani una meravigliosa e ri-flessiva Madonna velata con il Bam-bino fra le braccia che si libra a pie-di nudi nel cielo in una nube di che-rubini, ai lati san Sisto e santa Bar-bara, in basso i due angioletti piùfamosi della storia dell’arte.

Realizzata fra il 1512 e il 1513 supossibile commissione di Papa Giu-lio II della Rovere (il Pontefice chevolle la nuova basilica di San Pietro,il Belvedere Vaticano, la volta dellaCappella Sistina e le Stanze raffael-lesche) per donarla al convento diSan Sisto di Piacenza, in onore disuo zio Papa Sisto IV e per ringra-ziare i piacentini della loro devozio-ne alla Chiesa romana.

Sono gli anni che tutti gli storicidell’arte considerano il vertice pitto-rico del maestro urbinate, non sol-tanto per il sapiente gioco luministi-co e cromatico, ma anche per unaconsapevolezza e maturità nelle scel-te iconografiche. In particolare, lavolontà di condivisione e partecipa-zione. La Madonna e il Bambino so-no in moto, protesi verso i fedeli. IlPontefice esorta ed invita — con ilgesto delle sue mani — a prendereparte al mistero e al messaggio di-pinto ma anche alla bellezza dellaVergine e del Salvatore.

Dal 1514 l’opera ornò l’abside diSan Sisto a Piacenza, dove rimase fi-no al 1754 quando venne venduta daimonaci benedettini ad Augusto IIIdi Polonia o di Sassonia (noto comeil Corpulento) per l’incredibile cifra

di 25 mila scudi e portata a Dresda.Sull’altare a Piacenza venne colloca-ta la copia di Pier Antonio Avanzininella fastosa cornice originale che èancora oggi in loco.

Opera più ammirata di tutte lestraordinarie collezioni di Dresda, laMadonna Sistina ebbe un significatospeciale per Dostoevskij, che la men-zionò in diversi romanzi. AnnaGrigor’evna, sua seconda moglie,racconta nelle sue memorie della so-sta a Dresda durante il viaggio fattoinsieme al marito nel 1867: «Fëdoramava molto Dresda, per la sua fa-mosa galleria d’arte e i magnificigiardini (...) Discendemmo in unodei migliori alberghi, cambiammod’abito, e andammo a visitare il mu-seo, che mio marito volle farmi vede-re prima di ogni altra cosa (...) Mio

marito percorse tutte le sale senzafermarsi e mi condusse direttamentedinanzi alla Madonna Sistina. Egliconsiderava questo quadro come ilpiù grande capolavoro creato dal ge-nio umano. In seguito lo vidi fermoper ore intere davanti a quella visio-ne di bellezza impareggiabile, cheegli ammirava con tenerezza e tra-sp orto».

Allo scoppio della seconda guerramondiale, i nazisti per proteggerledai bombardamenti alleati — D resdafu praticamente rasa al suolo — na-scosero la Madonna Sistina e altrecentinaia d’opere d’arte nelle cavernevicine alla città. E quando, nel mag-gio del 1945, l’Armata Rossa arrivò aDresda, trovò il museo della cittàcompletamente vuoto.

Un ufficiale dell’esercito sovieticoLeonid Rabinovich Volynskij venneincaricato da Stalin di trovare adogni costo la Madonna Sistina.Volynskij interrogò decine di testi-moni. Trovato finalmente il tesoro lotrasferì in gran segreto a Mosca.Nella capitale sovietica il quadrovenne sottoposto ad un accurato re-stauro ad opera dei migliori maestridell’epoca. Nascosta nei sotterraneidel Museo Puškin, per un lungo pe-riodo i russi negarono di averla sot-tratta alla Germania.

Nel 1955, per celebrare il Patto diVarsavia, Mosca decise di rivelare ilpossesso del dipinto e di restituirlo aDresda. Ma prima lo espose nellesale del Museo Puškin. E lì avvenneuna cosa straordinaria. Dal 2 maggioal 20 agosto la Madonna venne visi-tata da oltre un milione e duecento-mila persone, costringendo il museoa tenere aperte le sale dalle 7 del

mattino alle 11 di sera per consentirel’enorme afflusso di visitatori.

È probabile che il popolo russoconoscesse i tanti riferimenti letterarialla Madonna Sistina e sapesse cheper Dostoevskij la contemplazionedella Ma d o n n a di Raffaello fosse lasua terapia personale: «Sicuramentenon possiamo vivere senza pane, maanche esistere senza bellezza è im-possibile», ripeteva. Bellezza è piùche estetica; possiede una dimensio-ne etica e religiosa. Lui vedeva inGesù un seminatore di Bellezza.

da, anche in mezzo alle prove. Inquesta prospettiva, tutte le espressio-ni di autentica bellezza possono es-sere riconosciute come un sentieroche aiuta ad incontrarsi con il Si-gnore Gesù.

Non si tratta di fomentare un rela-tivismo estetico, che possa oscurareil legame inseparabile tra verità,bontà e bellezza, ma di recuperare lastima della bellezza per poter giun-gere al cuore umano e far risplende-re in esso la verità e la bontà del Ri-sorto. Se, come afferma sant’Agosti-no, noi non amiamo se non ciò che

Davanti alla Bellezza in un tempo di grande incertezza

Quella Madonna velatache affascina il mondo

Fuoco e spiritoD uecentocinquant’anni dalla morte di Giambattista Tiepolo

Raffaello Sanzio, «Madonna Sistina» (1513-1514)

«Mecenate presenta le arti ad Augusto» (1774)

Il conforto dell’arte

Una lente potente

Nel quadro il Papa esorta e invita— con il gesto delle sue mani —a prendere parte al misteroe al messaggio dipintoMa anche alla bellezzadella Vergine e del Salvatore

Papa Francesco ha dato specialeimportanza alla trasmissione dellafede cristiana attraverso la Via Pul-chritudinis (la via della Bellezza).Non basta che il messaggio sia buo-no e giusto. Deve essere anche “b el-lo”, perché solo così arriva al cuoredelle persone e suscita l’amore cheattrae. È bene che ogni catechesipresti una speciale attenzione alla“via della bellezza”. Annunciare Cri-sto significa mostrare che credere inLui e seguirlo non è solamente unacosa vera e giusta, ma anche bella,capace di colmare la vita di un nuo-vo splendore e di una gioia profon-

nella vastità delle sue moltepliciespressioni attuali, al fine di trasmet-tere la fede in un nuovo “linguaggioparab olico”. Bisogna avere il corag-gio di trovare nuovi segni — comeinvita a fare l’esortazione apostolicaEvangelii gaudium — nuovi simboli,una nuova carne per la trasmissionedella Parola, le diverse forme di bel-lezza che si manifestano in vari am-biti culturali; comprese quelle moda-lità non convenzionali di bellezza,che possono essere poco significativeper gli evangelizzatori, ma che sonodiventate particolarmente attraentiper gli altri.

di ALESSANDRO VERGNI

Giornata mondiale della poesia, 21marzo; Dantedì, 25 marzo. Due dateper festeggiare la letteratura. Oggi,

però, mentre siamo alle prese con l’e m e rg e n -za covid-19, abbiamo tempo da perdere conla poesia e con l’arte? E poi: che cosa è l’ar-te e cosa vuol dire farci i conti? Non esisto-no definizioni precostituite e ognuno deverispondere a partire dalla sua personaleesperienza. Potremmo dire che l’arte nascedal contraccolpo che alcuni, dotati di unasensibilità e di un talento particolari, accusa-no nell’avvertire una sproporzione tra il loroessere e ciò che vedono accadere intorno. Èil verificarsi di un fenomeno che manda fuo-ri sincrono rispetto al normale scorrere dellecose. Può accadere per un surplus di positi-vità oppure di negatività, che poi non fa dif-ferenza. Dante scrive la Commedia per laperdita della donna che ama, pensiamocibene: l’opera maggiore della nostra lettera-tura nasce dalla privazione di una sovrab-bondanza prima ricevuta.

Stare davanti a un’opera d’arte, dunque, èstare al cospetto dell’esperienza di un altro.Per farlo occorre ciò che si rende necessarioin ogni rapporto autentico: essere attivamen-te passivi e lasciare che un altro sguardo pe-netri in noi. Lo descrive bene Dante: «Giànon attendere’ io tua dimanda,/ s’io m’in-tuassi, come tu t’inmii» (P a ra d i s o , Canto IX,vv. 80-81). Non avrei bisogno di farti altredomande, se solo mi immedesimassi in te,come tu ti immedesimi in me. L’arte puòsembrare perdita di tempo e invece è la pos-sibilità di andare, insieme, più veloci, al cen-tro delle questioni vitali. Il primo movimen-to che occorre fare per iniziare a compren-dere ogni lavoro artistico, quindi, è immede-simarsi con l’altro che mi sta parlando. Met-tersi in dialogo senza opporre resistenza.L’arte è un rapporto.

C’è poi un aspetto per cui la letteratura,così come tutta l’arte, è fondamentale perl’uomo. Ce lo mostra la poetessa russa AnnaAchmatova nel racconto di un episodio dellasua vita: «Nei terribili anni della ežovščina(epurazione staliniana) ho trascorso diciasset-te mesi a fare la coda presso le carceri di Le-ningrado. Una volta un tale mi riconobbe.Allora una donna dalle labbra bluastre chestava dietro di me, e che, certamente, nonaveva mai udito il mio nome, si ridestò daltorpore proprio a noi tutti e mi domandòall’orecchio (lì tutti parlavano sussurrando):“Ma lei può descrivere questo?”. E io dissi:“Posso”. Allora una specie di sorriso scivolò

per quello che una volta era stato il suo vol-to».

L’arte è una lente potentissima per guar-dare e dare nome, anche a ciò che nome, ap-parentemente, non ha, a ciò che a volte sem-bra negare ogni significato. Lo fa attraversol’invenzione di linguaggi inconsueti. Si ri-corre alla poesia quando le parole solite nonbastano più, perché la realtà sfugge alla gab-bia del già saputo. La realtà è in continuodivenire, nominarla e rinominarla è qualcosache ha a che fare con l’inizio dell’umanità:per la tradizione giudaico-cristiana Dio creal’uomo a sua immagine e somiglianza e glidona il potere di dare il nome alle cose.Quindi, nominare il mondo, ci riporta allanostra origine e al rapporto con Chi ci hafatti. L’arte è un movimento di ri-conoscen-za.

C’è infine un terzo aspetto per cui l’arteha un valore, oltre che antropologico e spiri-tuale, anche sociale: quello di accompagnaregli uomini. In questi giorni di smarrimentoper quello che stiamo affrontando, sorpren-de come in tanti sui social, su WhatsApp oattraverso altri canali abbiamo sentito il bi-sogno di condividere con amici e parenti di-pinti, poesie, canzoni, spesso associando leune alle altre. È un riflesso incondizionatoper cui, anche di fronte al male, l’anima cer-ca la bellezza. Ovviamente c’è un modo diintendere questo come puro intrattenimentofine a se stesso, ma il dato che per primocolpisce è come tantissime persone abbianoindividuato nell’arte un appiglio per resiste-re al senso di disorientamento. In tanti sia-mo andati a caccia di parole e colori che po-tessero descrivere i sentimenti che abitano lenostre giornate. Abbiamo dovuto cercare iversi di chi, essendosi trovato prima di noiin una situazione di difficoltà, ci potesse of-frire consolazione e speranza.

Vedendo tutto questo viene in mente unascena accaduta tantissimi anni fa. Un trenoavanza nella steppa siberiana, nei vagoni lepersone sono stipate alla stregua di animali:sporco, freddo, fame. All’interno di uno deivagoni un uomo cerca, per come può, difarsi vicino ai compagni: recita i versi di unpoeta vissuto 600 anni prima in Italia, traFirenze e Ravenna. L’uomo sul treno sichiama Osip Mandel’štam, è uno dei mag-giori poeti del Novecento e sta ri-dicendo,in quel girone infernale dove sono precipita-ti, la Commedia. Non giungerà mai a desti-nazione, morirà di stenti in un campo ditransito presso Vladivostok. La sua lezione,però, raggiunge noi e ci dice che sì, di Dan-te e di poesia, oggi, c’è davvero bisogno.

di GABRIELE NICOLÒ

I contemporanei lo definivano «tuttofuoco e spirito» poiché le sue tele,realizzate sin da giovanissimo, erano

caratterizzate da uno stile rapido e sma-gliante. Uno dei maggiori pittori del Set-tecento veneziano, Giambattista Tiepolo —di cui il 27 marzo ricorrono i 250 anni dal-la morte — non dovette sperimentare unlogorante tirocinio per arrivare a suggella-re una personale e inconfondibile cifranarrativa. Sin da principio conosceva ilpercorso lungo il quale la sua arte si sa-rebbe sviluppata nel tempo.

Eppure le basi del mestiere gli eranostate impartite dal maestro Gregorio Laz-zarini, di impostazione classicista, il qualeraccomandava il rispetto dell’ordine pro-spettico e di una composta miscela di co-lori. Pur grato al maestro, Tiepolo scalpi-tava. La sua fervida immaginazione pre-meva sugli argini di tale struttura, da luisentita come lesiva del suo talento nutritodi «fuoco e spirito». Ad alimentare questadeterminazione concorse il suo attentostudio del passato, riconosciuto comeistruttivo attraverso la lezione, in partico-lare, di Paolo Veronese e di Tintoretto.Una sua caratteristica, sottolineata in unsaggio di Guido Piovene, era la velocitàcon cui eseguiva un quadro. Lo scrittorericorda l’elogio di un ministro di Sveziache di Tiepolo decantava «l’esub eranzainfinita, il colore splendente» ma soprat-tutto «la rapidità incredibile», per cui«impiegava meno tempo a dipingere unquadro che un altro a stemperare i colo-ri». Dopo essersi fatto le ossa su opereispirate ai grandi poeti classici (Omero eVirgilio) e rinascimentali (Ariosto e Tas-so), l’artista si dedica a tematiche enco-miastiche, in cui dà prova di una compo-sizione cristallina, animata da colori che sischiariscono sotto l’effetto della luce abba-gliante.

In questo contesto s’inserisce Me c e n a t epresenta le arti ad Augusto (1774), quadrocommissionatogli dal letterato venezianoFrancesco Algarotti per il conte Heinrichvon Bruhl, potente ministro del re di Po-lonia e di Sassonia Augusto III. Il quadrospicca per una dinamicità tale da far sem-brare i personaggi ritratti in movimento. Ei loro stessi sguardi, vivi e presenti, contri-buiscono a conferire alla tela il senso diuna spiccata mobilità. Quando gli era sta-to affidato il compito di decorare il saloneda ballo di Palazzo Labia, Tiepolo avevaeseguito, tra il 1746 e il 1747, Il banchetto di

Antonio e Cleopatra, un affresco che nel se-gno di un acceso cromatismo descrive levicende del generale romano e della reginaegizia. Sulla parete a ovest appare la scenadel loro incontro, con Cleopatra che scen-de, accompagnata dal suo corteo, dallanave dorata; su quella a est è ritratto ilbanchetto, allietato dalla musica suonatada una buffa orchestrina. Da notare cheanche in questo affresco Tiepolo nonmanca di “f i r m a re ” il suo lavoro secondouna consuetudine a lui cara, ovvero ag-giungendovi il proprio autoritratto, indivi-duabile in questo caso nel personaggio ve-stito in azzurro alle spalle di Antonio.

Profondamente religioso, l’artista si ci-mentò dunque volentieri con opere legatealla storia della Chiesa. In San GiacomoMa g g i o re (1750) Tiepolo rievoca la vicendalegata alla miracolosa apparizione del san-to apostolo protettore della Spagna duran-te la battaglia di Clavijo nell’844. Un’ap-parizione che sancì la vittoria delle truppespagnole su quelle dei mori. Si narra chela tela non suscitò comunque il pieno gra-dimento dei consiglieri dell’a m b a s c i a t o respagnolo a Londra, Ricardo Wall, cheaveva commissionato la pala, destinata al-la cappella dell’ambasciata. I consiglieriritenevano infatti che la presenza così en-fatizzata di un cavallo in una pala d’a l t a reavrebbe fatto scandalizzare i protestantiinglesi e provocato critiche indesideratenei confronti del culto dei cattolici spa-

gnoli per le immagini religiose. A tagliareil nodo gordiano della controversia ci pen-sò lo tesso ambasciatore Wall, il quale,pur avendo mostrato in una lettera di averapprezzato la qualità dell’opera, decise diinviare la pala a Madrid, dove venne ac-quistata dal conte Edmund Burke, amba-sciatore danese presso la corte spagnola.

Questa vicenda aveva fatto perdere divista all’ambasciatore l’alta qualità del di-pinto, giocato sul contrasto cromatico trail gruppo costituito dall’imponente stallo-ne grigio e dal santo vestito di un abitocolor crema e l'azzurro intensissimo delcielo. Le figure dei cavalieri mori e spa-gnoli, impegnati nel cruento scontro sullosfondo sono in antitesi con la pacata fer-mezza della figura principale, il cui voltosplendente di luce è enfatizzato dalla pre-senza dello stendardo che lo sovrasta.

Nel richiamare alcuni dei suoi capolavo-ri, corre l’obbligo di citare, vista la dram-matica attualità, la tela Santa Tecla interce-de per la liberazione di Este dalla pestilenza.Si tratta di una pala posta dietro l’a l t a remaggiore del Duomo di Este, presso Pa-dova (dove tuttora si trova) alla vigilia diNatale del 1759. La scena, che rievoca lapestilenza scoppiata nel 1630, è divisa indue parti. In alto, tra nubi cupe, un fulgi-do Padreterno ordina agli angeli di scac-ciare il flagello, impersonato da una vec-chia vestita di colori scuri che precipitasulla sinistra del quadro. In basso e in pri-mo piano la giovane santa, inginocchiata,spicca per gli abiti luminosi di gialli, dirossi e di bianchi. Ella assiste, con sguar-do contemplativo, al miracoloso interventoda lei richiesto: alle sue spalle è ritrattauna splendida veduta di Este, con le muramedievali e le case arroccate attorno alcampanile del Duomo. Una veduta realiz-zata con impeccabile realismo, Coinvol-gente è la drammaticità del dipinto,espressa anzitutto dalla bambina, anch’ellain primo piano, che si dispera aggrappan-dosi al corpo della madre morta. Comepure è toccante l’immagine del gruppo dimonatti intenti a seppellire un cadavere.

La soverchiante dimensione luttuosa delquadro è evidenziata dall’accorta regia co-loristica: l’atmosfera plumbea, così resa daun cromatismo impregnato di grigio scu-ro, si carica di forza e vibrazione tramiteimprovvisi lampi di luce che squarciano loscenario, indicando in questo modo che ilmiracolo si sta per compiere e che dunqueil bene sta per prevalere sulle tenebre, do-mandole e dissipandole.

è bello, il Figlio fatto uomo,rivelazione della infinita bel-lezza, è sommamente amabi-le, e ci attrae a sé con lega-mi d’amore. Dunque si ren-de necessario che la forma-zione nella Via Pulchritudinissia inserita nella trasmissionedella fede. È auspicabile cheogni Chiesa particolare pro-muova l’uso delle arti nellasua opera evangelizzatrice,in continuità con la ricchez-za del passato, ma anche

L’OSSERVATORE ROMANOpagina 6 venerdì 27 marzo 2020

L’universalità della preghieraIn questi giorni di forzato isolamento riemerge un silenzioso desiderio di D io

di GIUSEPPE MILITELLO

In questo tempo di emergenza edi forzato e prolungato isola-mento si è reso necessario per i

credenti rivalutare e apprezzare — in-sieme a tanti altri aspetti — l’imp or-tanza della preghiera e della dimen-sione contemplativa della vita cristia-na. Personalmente, in quanto pasto-re chiamato a prendersi cura di unaporzione del popolo di Dio, ma im-possibilitato ad avere con esso con-tatti “d i re t t i ”, avverto la mancanzadella presenza fisica di tanti fratelli esorelle (ed essi con me) riuniti perl’eucaristia e per la preghiera comu-ne. Questa situazione di impossibili-tà di vita comunitaria costringe adapprofondire la consapevolezza diquei legami ora interrotti e di quellipiù interiori e profondi di cui vive esi nutre spiritualmente la Chiesasparsa su tutta la terra. Riguardo aessi, che diamo spesso per scontati,più volte in questi giorni ho pensatoa quelli che ci uniscono con coloroche “entro le mura di un monastero”assicurano il «nobile servizio alla di-vina maestà», come recita Perfectaecaritatis del Vaticano II. Questo de-creto, dedicato al rinnovamento del-la vita religiosa nel tempo attuale,non ha forse avuto la fortuna di altritesti ai quali ci si riferisce per cono-scere e illustrare quella nuova paginascritta nel XX secolo dai padri conci-liari. In esso, però, si affronta unaspetto della vita cristiana che ri-schia — ieri come oggi — di esseredimenticato o di passare in se-cond’ordine, anche a motivo dell’in-visibilità di tale “servizio” che sostie-ne spiritualmente tutta l’umanità.

Non è raro riscontrare impressionie giudizi, se non di disapprovazione,

almeno di inutilità verso chi sceglielo stato di vita religioso: a diversi,costoro appaiono come persone“chiuse” o “ritirate” entro le mura diun monastero, intente solo a “p re g a -re ”, volutamente lontane dalla faticadegli impegni della vita quotidianasempre più convulsa e stressante.Giudizi che nel migliore dei casi sor-tiscono in un «beati loro!» ma chemanifestano il dubbio di poter esse-re più utili alla società in ben altromodo. Sta di fatto che la tristeemergenza che stiamo vivendo ci ve-de tutti diventati improvvisamente“impro duttivi” come loro, senza pos-sibilità di disporre liberamente delproprio tempo quanto a luoghi, ora-ri e impegni, costretti invece a dover“r i e m p i re ” in qualche modo la gior-nata fattasi più lunga e rallentata. Intale contesto i richiami di questigiorni alla preghiera personale e infamiglia (con l’ausilio o meno deimezzi di comunicazione) rischianodi non essere così significanti, poi-ché non sempre si è stati educati aquella dimensione essenziale dellavita cristiana, quale è la preghiera,da sempre connaturale alla sequeladi Cristo. In questo inaspettato fran-gente storico, molto probabilmentesiamo richiamati a scendere nellaprofondità di un cristianesimo delquale, forse da tempo, si è trascuratala sua dimensione “contemplativa”,ovvero la sua profonda tensione a vi-vere il colloquio personale con il Vi-vente. Riservando tale aspetto solo aqualche “eletto” più sensibile o dota-to di particolari doni, la vita cristia-na si riduce progressivamente a buo-ni sentimenti, ad assolvere alcunepratiche religiose, al prendersi curadei bisogni soltanto materiali diquanti si trovano nella povertà.

Questa riduzione di identità nonesprime la maturità del cristiano,quella cioè di rispondere anche e so-prattutto con la preghiera al profon-do bisogno che ognuno porta nelsuo cuore di amare e di sentirsi ama-to. Questo tempo, in effetti, fa emer-gere in ognuno il bisogno di nonsentirsi solo sotto un cielo diventatoopaco, bensì di affrontare ogni ma-nifestazione del male con le operecristiane, di cui la preghiera si trovaal primo posto (anche se spessomessa all’ultimo).

Questi giorni di “deserto” e di“solitudine” ci inducono così a ri-pensare cosa significhi essere veri«adoratori del Padre in spirito e ve-rità» (Giovanni, 4, 23), vivendo cioècostantemente alla presenza e in dia-logo con Dio, per ossigenare unmondo e un’umanità che non sem-bra apprezzare nel suo vero valore ilsenso di una vita nutrita dalla pre-ghiera. Oggi più che mai siamo ri-condotti a un atteggiamento più ri-flessivo su noi stessi e sulla vita, lad-dove compaiono incertezze lavorati-ve, pericoli per la salute fisica, perdi-ta di affetti, isolamento dai rapportisociali, vive preoccupazioni per il fu-turo. Dentro lo scenario di un mon-do “imp otente” di fronte alle forzeavverse della natura, mentre la scien-za fatica a donarci rimedi e rispostepositive, si sono sollevati, da piùparti, numerosi appelli alla preghie-ra, richiami che non vanno sottova-lutati poiché esprimono la necessitàdi aggrapparsi a convinzioni “anti-che” e rivelano il genuino sentire in-teriore di trovarsi “nelle mani” diDio solo. Tutti ci sentiamo portati ariconoscere la pochezza e fragilitàche ci accomuna.

Sarebbe distorto alludere a untempo “p ro v v i d e n z i a l e ” nel farcicomprendere questa nostra naturali-tà, ma sono significativi gesti e at-teggiamenti ecclesiali che, sebbenequalcuno giudichi “sorpassati” ederedi di una mentalità anacronistica,ci riportano all’importanza primariadella preghiera. Non è facile descri-vere questa situazione che sembraavere del paradossale nel mondomoderno, per cui si fa concreto eplastico quell’antico dissidio traMarta e Maria, come descritto nelVangelo, tanto che la radicalità delgiudizio espresso dal Maestro, varia-mente interpretata lungo i secoli, èoggi davanti ai nostri occhi come“icona” della posizione dell’uomo,immerso nel mondo e dedito a Dioal contempo. Una risposta esisten-ziale si sta dipanando, sotto i nostriocchi, a diversi livelli: da iniziativepastorali personali (forse a volte al-quanto fantasiose) a quelle comuni-tarie che ci riconducono all’invito

perenne del Signore nella scelta del-la “parte migliore” che Maria si erascelta. L’esempio, dunque, che ci of-fre quella “parte eletta” del popolodi Dio dedita alla preghiera ritornaimprovvisamente attuale e veritiero.

Rallentate le dinamiche quotidia-ne che anche nell’ambito ecclesialepotevano forse indurre a una mecca-nicità della vita cristiana, l’uomo ri-scopre nella comunanza della pre-ghiera quella familiarità e solidarietàche travalica ogni soggettivismo.Provocatoriamente mi viene da pen-sare se non sia questa la massimaespressione di “sino dalità”, ovvero dicondivisione dei problemi dell’uma-nità, di comunione tra tutti i cristia-ni di affrontare insieme i problemi,attraverso l’universalità della pre-ghiera che non conosce barriere néframmentazioni. Mentre i mezzi dicomunicazione trascurano od occul-tano questo silenzioso “desiderio diD io”, è proprio la comune istintivaricerca di salvezza e di senso ademergere sorprendentemente oggi daquel silenzio addormentato dal tran-tran di una società dinamica e con-sumistica. La questione potrebbe es-sere riassunta nella marginalizzazio-ne di Dio con il quale l’uomo èchiamato a confrontarsi, essendo og-gi più che mai consapevole della suatotale dipendenza. Questa situazionesi scontra con “alte” voci dell’intel-lettualismo laicista, comprese condi-vise opinioni di popolo nel quale,nonostante una diffusa disaffezionedalla pratica cristiana, sopravvive

nell’intimo il “senso religioso”. È diquesti giorni l’attualità di un dibatti-to “sotterraneo” del rapporto trascienza e fede, quasi contrapponen-dole, ma è emersa al contempo unasituazione di equilibrio tra le paroledegli scienziati e la risposta della fe-de ai problemi dell’uomo. Se una in-genua mentalità tende ad assolutiz-zare ciascuna di esse, la contempora-neità sta vivendo con una certa ma-turità questa emergenza mondiale.In particolare, nell’ambito ecclesialesi è offerta al popolo di Dio la ri-proposizione dell’impegno della pre-ghiera personale, nel contesto propi-zio del tempo liturgico della Quare-sima. Fra le iniziative lodevoli si col-loca quella della Cei, come il “Rosa-rio per l’Italia” del 19 marzo (giornodella solennità di san Giuseppe),trasmessa in diretta tv e al cui appel-lo hanno aderito milioni di ascolta-tori, manifestando così quanto imezzi di comunicazione si rivelinoutili ed efficaci nel mondo contem-poraneo. Parallelamente, come ac-cennato, iniziative di singoli hannoletteralmente riempito i social di de-vozioni popolari, quasi a supplirequella “piena partecipazione” al veromomento sacramentale: atteggiamen-ti di popolo da non disprezzare, cherivelano l’humus genuino (mi riferi-sco a quanto conosco di quello ita-liano) radicato in un tempo chespesso definiamo secolarizzato olontano da Dio.

Il gesto eloquente di Papa France-sco nell’attraversare solitario le stra-de romane per giungere in preghieradavanti all’effigie del Crocifisso mi-racoloso conservato nella chiesa diSan Marcello al Corso è stato ripre-so dai mass-media, superando signi-ficativamente pregiudizi di sorta.Nell’Angelus del 22 marzo lo stessoPontefice ha chiesto a tutti i cristianidel mondo di «unire le loro vociverso il cielo a invocare l’AltissimoDio onnipotente» con la preghieracomune del Padre nostro, nel giornodell’Annunciazione del Signore. Eancora, venerdì 27 marzo, il gesto li-turgico sul sagrato di una piazzaSan Pietro deserta, con la benedizio-ne Urbi et Orbi e l’indulgenza ple-naria. È così che la preghiera riemer-ge come anelito universale dell’ani-mo umano per il sollievo temporalee la salvezza eterna. Ciò non è unanovità nella vita della Chiesa. In talsenso trovano allora giustificazionele affermazioni iniziali sulla natura ela necessità della dimensione oranteche accomuna gli uomini, dimensio-ne da vivere quotidianamente sia intempo di salute che di pericolo.

Il benedettino Cassingena-Trévedy invita a guardare alla vita dei monaci per affrontare questo tempo di emergenza

L’esperienza di Noè

Riflessione sulla crisi da coronavirus

Recitando il rosario

Käthe Kollwitz, «Donna in preghiera» (1892)

Il benedettino François Cassingena-Trévedy

di CHARLES DE PECHPEYROU

Benedettino dell’abbazia di Li-gugé, nel centro della Fran-cia, François Cassingena-Tré-

vedy è esperto di liturgia, grandeconoscitore dei Padri della Chiesa,ma anche artista e poeta. Per«L’Osservatore Romano» analizzala situazione attuale legata all’epide-mia di coronavirus e all’isolamentoche milioni di persone stanno vi-vendo in tutto il mondo.

Lei vede delle analogie tra l’isolamentoche viene imposto alle persone e la vitamonastica? Quali sono le differenze?

L’analogia risiede nell’essere rele-gati a vivere a lungo nello stessospazio. Nella vita in società, di soli-to, la mobilità è un dato di fatto,mentre nelle circostanze attuali lepersone devono vivere con questo

modo di vivere attuale, dove si rin-corre il tempo che passa troppo infretta e ci costringe a saltare ininter-rottamente da una cosa all’altra.L’annuncio di un isolamento puòsembrare terribile, me ne rendoconto, ma dobbiamo lasciare che iltempo agisca su di noi, lasciarciplasmare dalla prova del tempo confiducia, intravedendone le grazie.In ogni caso, non possiamo fare di-versamente, siamo tutti coinvolti,siamo tutti insieme in un’arca diNoè e dobbiamo trovare un modusvivendi finché dura il diluvio. Comenel testo biblico, bisogna aspettareche il livello dell’acqua scenda peraprire la finestra, affinché il corvo epoi la colomba escano fuori: c’è tut-ta una liturgia necessaria.

Quali consigli può dare ad ognuno dinoi per vivere al meglio questo periododi prova?

Non è facile per nessuno, perchési tratta di una forma di rinunciapersonale: non bisogna cercare atutti i costi di imporre le proprieidee, ma cogliere questo tempo diprova per riflettere su se stessi eporsi delle domande. È un esercizioper ciascuno di noi, mettere in di-sparte la propria personalità, i desi-deri, l’esuberanza abituale, peradattarsi, intravedere negli altri lericchezze, prestare ascolto. In que-sto nuovo contesto la parola ha unruolo molto importante, ascoltaregli uni e gli altri, dirci quello cheabbiamo in fondo al cuore, riflettereinsieme sulle cose più essenziali. Ilconfinamento non vuol dire isola-mento, è piuttosto l’inizio di unanuova relazione, certo in modo ine-dito. Penso che sia importante co-gliere questa opportunità.

In questo frangente, per certi versi icristiani sono forse avvantaggiati ri-spetto ai non credenti? Su cosa posso-no appoggiarsi?

Innanzitutto è importante che icristiani siano consapevoli di condi-videre la stessa condizione umana,siamo tutti nella stessa barca, nessu-no deve sentirsi superiore e speroche i cristiani siano abbastanza luci-di per valutare questa situazione. Epoi abbiamo la Parola di Dio, unaparola di speranza, che è in mezzoa noi, possiamo condividerla, rice-verla, ascoltarla. La Scrittura è laprima delle due grandi istanze libe-ratrici che si rivelano adesso, la se-

obbligo di stare a casa. C’è tuttaviauna differenza fondamentale: il mo-nastero è uno spazio delimitato manel quale i monaci non sono confi-nati, anzi sono in un certo senso deiprivilegiati, visto i giardini e i vastispazi che li circondano; e poi an-che nelle nostre comunità esiste unacerta forma di mobilità, da un luo-go all’altro. Inoltre, la vita in clau-sura è una scelta libera e personale,mentre l’esigenza d’isolamento èfrutto di una situazione di urgenza.

L’essere confinati richiede anche unnuovo rapporto con il tempo…

L’esperienza monastica dimostrache è possibile imparare a viverecon una certa regolarità e trarne unvero beneficio, contrariamente al

conda è la natura. Nella sua appa-rente indifferenza a quello che stasuccedendo, questa natura primave-rile è sempre la stessa, presente,punto di riferimento, natura che re-spira a condizione di non esseremaltrattata. In tempi normali, sitende invece a sfruttare la Creazio-ne e non ascoltare la Parola di Dio.

Molti si trovano a dover vivere rin-chiusi in famiglie o in coppia, che lo sivoglia o meno. Come gestire le even-tuali tensioni?

In queste situazioni estreme c’èsempre la speranza che emerga unaparola formulata in modo diverso,la scoperta che è possibile rimanereinsieme, anche in silenzio, co-struendosi un piccolo involucro disolitudine, rispettandosi mutual-mente. Da questo silenzio può venirfuori qualcosa di inaspettato, dob-biamo saperlo cogliere.

Cosa rivela questa crisi sulla nostracondizione umana?

Quello che emerge è che l’uomoha una capacità di adattamento pro-digiosa, come succede alle piante oagli animali quando si ritrovano inuna situazione di difficoltà. Vengo-no fuori dimensioni nuove, si pro-duce qualcosa di nuovo. La situa-zione di emergenza può accelerarela realizzazione di cose incredibilida parte dell’uomo. Penso soprat-

tutto alla possibilità di tessere nuovilegami, attraverso gli strumenti tec-nologici per esempio; è giunto ilmomento di utilizzarli non soltantoper lo svago ma per mantenere icontatti, nutrirsi l’uno dell’a l t ro .

Come fare per non cedere allo sconfor-to di fronte a questa valanga di noti-zie allarmanti e conservare la fede?

Non c’è dubbio che la nostra fe-de verrà messa alla prova, andrà pu-rificata, e penso che il Dio che neuscirà sarà diverso da quello a cui cieravamo abituati o da quello cheavevamo immaginato. Dio non è néun giudice né un cattivo che puni-sce, è vicino a noi nelle sofferenzeperché è Dio che si manifesta inGesù Cristo, in quello che noi ab-biamo di più umano. Penso stiascomparendo tutto ciò che è super-fluo o superficiale nella nostra reli-giosità — e non è un male — e cistiamo avviando ad un rinnovamen-to dell’istituzione religiosa. In que-sti tempi di confinamento assistia-mo a iniziative meravigliose da par-te di laici estremamente creativi, sa-cerdoti che trovano nuovi modi ditrasmettere ai fedeli i servizi religio-si. Stiamo progredendo, superandoalcune abitudini. Ecco perché ciòche oggi viviamo è un acceleratore,un dispositivo di allarme che ciesorta a migliorare, è portatore disp eranza.

di GIUSEPPE GIULIANO*

Anche io, come tanti fedeli, misono collegato con TV2000per la recita del rosario che i

vescovi italiani hanno promosso perl’Italia e per il mondo, per gli am-malati e per il personale sanitario,per i governanti di questo nostrostraordinario e drammatico Paese.Lo scorrere dei grani della corona ri-mandava ad un’altra corona. Quellamariana che avevo tra le mani parla-va di conforto e di benedizione, disalvezza e di coraggio: «O Rosario,benedetto di Maria, catena dolceche ci rannodi a Dio, vincolo diamore che ci unisci agli angeli, torredi salvezza negli assalti dell’inferno,porto sicuro nel comune naufragio,noi non ti lasceremo mai più».

L’altra corona, quella di cui parla-no, martellando il cuore e la mente,i media, è sinonimo di morte e dimalattia, di dolore e di disperazione.Il rosario del 19 marzo proponeva i“misteri della luce”. Con Maria gliocchi della fede hanno contemplatoGesù battezzato al Giordano e poilo hanno “visto” a Cana di Galileaquando, ad una festa di nozze, cam-bia l’acqua in vino. Abbiamo con-templato Gesù che lungo le stradepolverose della terra degli uominiannuncia il Regno di Dio che urgealle porte dei cuori umani, lo abbia-mo “ammirato”, trasfigurato, nellagloria divina sul Tabor. Infine, loabbiamo lodato e ringraziato per ildono di sé, ogni giorno, nel Paneche nutre e nel Vino che dà gioia.

Detti e fatti della vita pubblica diGesù. Detti e fatti pieni di luce.Dunque molto illuminanti per ilbuio di questi giorni. Ed anche perle oscurità dei nostri tempi. La cate-na di morte, che non accenna aspezzarsi, sta costruendo uno scena-rio di vita decisamente inedito per ilnostro futuro. Pensavamo di essere i

padroni del mondo, e invece…: confare sconsolato così si è espressa,proprio l’altra sera, un’amica di anti-ca data, impegnata con successo nel-la ricerca scientifica ad alto livello.Pe n s a v a m o … La mania di onnipo-tenza ci aveva contagiato tutti. Chiin un modo, chi in un altro: tutticontagiati. Un virus, apparentementeinsignificante e decisamente crudele,ha mandato in fumo le nostre illu-sioni.

Eppure c’è ancora chi non se ne èreso conto. E continua a banalizzareun contagio che non è da banalizza-re. E continua a non prendere sulserio le disposizioni emanate a salva-guardia della salute pubblica, cioèdella propria e dell’altrui incolumità.C’è pure chi continua a credere nellasciagurata onnipotenza del malaffa-re. Vivo il ministero in una zonad’Italia insanguinata dalla malavita.Il denaro scorre a fiumi in Capitana-ta. E con il denaro anche la droga eil sangue. Chissà se il virus micidialenon faccia capire la vacuità del de-naro e la meschinità della violenza.Ed anche il valore della vita e i valo-ri connessi con una vita profonda-mente umana.

E c’è anche chi non vuole capireche occorre limare le stupide batta-glie contro nemici immaginari chehanno il solo torto di non assecon-dare i propri sproloqui frettolosi ed ipropri arroganti capricci. Almeno inquesto caso di pandemia. Una cosaseria, molto seria, che non consenteinfantilismi. Il male che ci assedia ciobbliga, almeno per quanto ci ri-guarda, a moderare i meccanismi dimalvagità che siamo capaci di attiva-re. Il resto, tutto il resto, lo compiequel Dio di infinita benevolenza, dicui il Vangelo ci parla e da cui invo-chiamo perdono e misericordia.

*Vescovo di Lucera-Troia

L’OSSERVATORE ROMANOvenerdì 27 marzo 2020 pagina 7

Inizio della missionedel nunzio apostolico in Mali

Una lettera del cardinale Ouellet alle clarisse di Assisi

È l’oradella vita contemplativa

Messaggio del preposito generale dei gesuiti

Una sola umanità

Liturgia ed Eucaristia in questi giorni vissuti a casa

L’esperienza dell’Eso do

Lutti nell’episcopatoIl vescovo salesiano Angelo Mo-reschi, vicario apostolico diGambella, in Etiopia, è mortomercoledì 25 marzo a Brescia, acausa del coronavirus, contrattodurante le dialisi cui doveva sot-toporsi di frequente perché dia-b etico.

Il compianto presule era natonella diocesi bresciana, a Nave,il 13 giugno 1952, ed era stato or-dinato sacerdote della societàfondata da don Bosco il 2 otto-bre 1982. Missionario in Africa,il 16 novembre 2000 era statonominato prefetto apostolico diGambella; e quando il 5 dicem-bre 2009 la prefettura etiope erastata elevata al rango di vicaria-to, ne era divenuto primo vicarioapostolico, venendo al contempoeletto alla sede titolare di Elefan-taria di Mauritania. Aveva rice-vuto l’ordinazione episcopale il31 gennaio 2010, memoria di sanGiovanni Bosco. Per curarsi ave-va lasciato l’Etiopia e risiedevapresso l’istituto salesiano dellanativa Nave.

Monsignor Henk Kronenberg,religioso della Società di Maria,vescovo emerito di Bougainville,in Papua Nuova Guinea, è mor-to alle 12.30 di mercoledì 25 mar-zo a Enschede, la città in diocesidi Utrecht (Paesi Bassi) dove eranato il 29 settembre 1934. Ordi-nato sacerdote il 18 ottobre 1961,era stato eletto alla sede residen-ziale di Bougainville il 19 aprile1999 e aveva ricevuto l’o rd i n a z i o -ne episcopale il 14 luglio succes-sivo. Aveva rinunciato al gover-no pastorale della diocesi il 15dicembre 2009.

Le esequie sono previste laprossima settimana nei PaesiBassi con la partecipazione di unpiccolo gruppo di persone a cau-sa dell’epidemia di covid-19.

di GIULIO ALBANESE

In questi giorni di segregazione,in cui la nostra esistenza è sottoassedio da parte di un nemico

invisibile, è importante operare unsano discernimento alla luce dellafede. È questo lo spirito che ha ani-mato Papa Francesco nell’i n v i t a re ,nel corso dell’Angelus domenicale,tutti i leader religiosi cristiani, cosìcome i fedeli, a recitare il PadreNostro mercoledì 25 marzo alle 12.«Alla pandemia del virus — ha det-to — vogliamo rispondere con launiversalità della preghiera, dellacompassione, della tenerezza. Ri-maniamo uniti. Facciamo sentire lanostra vicinanza alle persone piùsole e più provate». E ha citato imalati, il personale sanitario, le for-ze dell’ordine, le autorità. Oggi, co-me in passato, d’altronde, tutti desi-deriamo ardentemente che la Prov-videnza si manifesti in tutta la suaampiezza, innescando l’agognatadebellazione della pandemia.

Il coronavirus, lo sappiamo bene,si sta svelando in tutta la sua cru-deltà, nei confronti di chiunque,credenti e non credenti. E se dauna parte è ammirevole cogliere ilsensus fidelium nella sua accezionecontemplativa, attraverso quellepratiche che appartengono alla de-vozione popolare; dall’altra s’imp o-ne l’esigenza di leggere la realtà deifatti alla luce della Parola di Dio,della tradizione e del magistero del-la Chiesa. Ecco che allora, forsemai come oggi, paradossalmente,siamo chiamati tutti a vivere il sa-cramento dell’Eucaristia in modo,certamente inedito, ma più intensoche mai. Infatti, la celebrazione del-la santa messa non è altro che ilmemoriale della passione, morte erisurrezione di Nostro Signore. Eciò che sta avvenendo, in questosegmento spazio-temporale che ciappartiene, hic et nunc, fatto di lut-ti, pene e dolori, non è altro cheuna partecipazione alle sofferenzedi Cristo, nella cristiana certezzache Egli risorgendo ha vinto lamorte e il peccato.

Dunque, senza sminuire il valoredella condivisione digitale dellesante messe, dei rosari e altre sup-pliche, offerta dalle moderne tecno-logie, dall’altra è fondamentalecomprendere, col cuore e con lamente, che quanto avviene dentrole mura domestiche di qualsivogliafamiglia, laddove imperversa o è inagguato il famigerato virus, è co-munione con Dio e con gli ultimi,coloro che da tempi immemorabilivivono nei bassifondi della storia. Esì perché fin quando il “primomondo” era distante dalle periferiegeografiche, tutto era riconducibilea un’architettura del pensiero chelegittimava le diseguaglianze. Maora in cui tutti abbiamo scopertoche la caducità umana è trasversale

nella cornice della globalizzazione,sarebbe auspicabile andare al di làdel pregiudizio o più in generale diquegli atteggiamenti di chiusurache hanno sempre marcato le di-stanze tra i popoli.

Essere cattolici, in fondo, signifi-ca affermare, nella fede, una univer-salità del destino, un’economia disalvezza, che accomuna l’intero ge-nere umano. Non v’è dubbio, allo-ra, che le disposizioni emanate dal-la Congregazione per il culto divi-no, in particolare quella di non po-sporre la celebrazione della Pasqua,rientrino pienamente nel dinami-smo della storia di salvezza. Forse,mai come oggi, siamo davvero nellecondizioni di poter dire che stiamoprovando, l’esperienza dell’Eso do:la liberazione d’Israele dall’Egitto eil suo esodo verso la Terra promes-sa. Anche noi, in comunione con ivescovi, i sacerdoti e i diaconi, checelebreranno il Triduo pasquale aporte chiuse, rivivremo quell’esp e-rienza — Pèsach nella tradizioneebraica — in famiglia, in un tempounico e irripetibile che rimarrà sem-pre impresso nella memoria. Untempo di raccoglimento e preghierain cui la lamentazione è oblazionegradita a Dio. Absit iniuria verbis,non si tratta di rinunciare all’Euca-ristia, essendo le chiese precluse aiChristi fideles laici, quanto piuttostodi comprendere che, nel caso diuna grave calamità come quella chestiamo attraversando, Supplet Eccle-sia. Perché la santa Eucaristia non èun atto magico, ma è un sacramen-to il cui valore si manifesta e si dif-fonde comunque, nonostante leavversità e gli oscuri presagi del no-stro tempo. Per dirla con sant’Ago-stino: «I fedeli dimostrano di cono-scere il corpo di Cristo, se nontrascurano di essere il corpo diCristo».

Come spose dell’Agnello immolato lemonache contemplative, soprattutto inquesto periodo di pandemia del covid-19, si inchinano «maternamente sugliagonizzanti del giorno e sui disperatidella notte», e invocano su ogni doloree ogni morte «la consolazione dellasperanza che non delude». Lo sottoli-nea il cardinale Marc Ouellet, prefettodella Congregazione per i vescovi, inuna lettera inviata a madre ChiaraAgnese Acquadro, badessa del Proto-monastero delle clarisse di Assisi. Lapresenza discreta e diffusa di chi pervocazione e per amore di Cristo hascelto la via della clausura, fa notare ilporporato, «è un balsamo di tenerezzae di pace sulle piaghe di tutti i fratellie sorelle nell’umanità».

Cara Madre Agnese, Lei mi hatelefonato a proposito dellapandemia del coronavirus.

Era il momento in cui Papa France-sco domandava alle famiglie in iso-lamento involontario che i loro cuori

oltrepassassero le mura domestiche.Cor ad cor loquitur. Ci siamo aiutativicendevolmente a reagire nella fedee Lei mi ha pregato di scrivere qual-che parola alle sue sorelle monache.

Lo faccio volentieri per amicizia,ma soprattutto nel nome di Gesùche vi ha chiamato un giorno all’iso-lamento volontario per amore. Nonsiete forse benedette perché cammi-nate con Lui al cuore della Chiesapellegrina, aprendo sempre di più lavostra anima ai segreti del Suo Cuo-re? Si pensa a volte che abbiate fug-gito il mondo per gioire tranquilla-mente dell’amicizia di Dio. L’attua-lità ci libera da questa visione par-ziale. Nell’ora infatti in cui, nono-stante l’eroismo di uomini e donneche operano nella sanità, tante fami-glie soffrono la malattia e la mortedei loro cari nella solitudine, senzapoterli accompagnare né dar lorol’estremo saluto, voi, contemplativedel Crocifisso, voi siete al loro ca-pezzale, voi alle quali lo Spirito al-

larga il cuore fino alle frontiere piùnascoste dell’umanità che soffre.

Cara Madre Agnese, la pandemiache ci confina in casa è la vostraora, l’ora della vita contemplativache riconduce l’umanità e la Chiesaa Dio, all’essenziale della fede, allapreghiera e alla comunione nelloSpirito. Voi, spose dell’Agnello im-molato, vi inchinate maternamentesugli agonizzanti del giorno e sui di-sperati della notte, e invocate suogni dolore e ogni morte la consola-zione della Speranza che non delu-de. La vostra presenza discreta e dif-fusa, portata dal Soffio del Risorto edai profumi del Suo Amore nuziale,è un balsamo di tenerezza e di pacesulle piaghe di tutti i fratelli e sorel-le nell’umanità.

Come è possibile questo? Chiedeuna generazione paralizzata dallamondializzazione dell’indifferenza eaccecata dal culto di Mammona.Eppure, nella grande prova attuale,ogni coscienza è interrogata da que-sto arresto planetario che rassomi-glia ad una quaresima universale. Lapaura dell’incontrollabile contagio,il tracollo delle borse finanziarie e laparalisi sociale costringono ad aprir-si a domande più essenziali. Ungiorno, la Vergine di Nazareth, stu-pita dall’Annuncio dell’Angelo, poseuna domanda vitale per l’interaumanità: Come avverrà questo, poi-ché non conosco uomo? La rispostadivina, inedita, scese dal cielo: LoSpirito Santo scenderà su di te e lapotenza dell'Altissimo ti coprirà conla sua ombra. Risposta che inaugural’ultima tappa del progetto di Dio,le sue nozze con la sua creatura inGesù Cristo, Lui che innalza la suasposa creata alle più alte vettedell’A m o re .

Questo sogno era quello della Sa-pienza divina alle origini della crea-zione, quando lo Spirito si libravasulle acque primordiali, preparandoil giardino dell’Eden per la felicitàdella famiglia umana. Il Signore miha creato come inizio della sua atti-vità, prima di ogni sua opera, all’ori-gine. Quando non esistevano gliabissi, io fui generata (Pr 8, 22.24).La Sapienza non fu per nulla scon-volta dalla pazzia dell’umanità, sep-pe ricondurla dal suo smarrimentocon la follia dell’Amore di Gesù finoalla morte di Croce. Per questo Diolo esaltò e gli donò il nome che è aldi sopra di ogni nome, perché nelsuo Nome potessimo anche noi esse-re partecipi delle prerogative del suoamore creatore e redentore.

Care monache e care anime con-templative che custodite la speranzadella nostra terra minacciata, l’Amo-re del Redentore che vi ha sposato,quest’Amore senza frontiere e senzalimite nella libertà dello Spirito, vipermette di volare in alto e lontanocome colombe messaggere di Pace edi Speranza. L’Amore che si è cari-cato dei nostri dolori e dei nostri er-rori, che è stato «fatto peccato innostro favore» (2 Cor 5, 21) e che havinto il male, la morte e l’Infernocon la sua obbedienza, quest’A m o reimmolato e vincitore vi conduce consé nella sua corsa verso le vittimepiù sofferenti del suo corpo mistico.

Santa Teresa - Benedetta dellaCroce (Édith Stein), destinata all’in-ferno di Auschwitz, l’ha espresso ungiorno in questo modo: «Senti i ge-miti dei feriti sui campi di battaglia?Senti i rantoli dell’agonia dei mori-

bondi? Il lamento, la sete e il doloredegli uomini agitano le tue viscere?Desideri esser loro vicino, aiutarli,consolarli e curare le loro ferite piùp ro f o n d e ?

«Abbraccia Cristo. Se gli sei unitacon legame nuziale, il suo sanguescorrerà nelle tue vene, il suo sangueche sana, riscatta, santifica e salva.Unita a lui tu sarai presente in tuttii luoghi di dolore e di speranza».(Ave Crux, Spes unica, 14 settembre1939).

Nei giorni di questa orribile tribo-lazione, Etty Hillesum, un’altraebrea sacrificata, rapita da una gioiatutta cristiana a causa di un’affasci-nante intima scoperta, stringeva te-neramente il suo Dio per soccorrer-Lo, poiché Lo sentiva ferito da unindicibile odio.

È vero che non siamo tutte animeelette, il peso degli errori appesanti-sce le nostre ali di compassione, mala nostra vita contemplativa non èforse avvolta nell’offerta immacolatadi Maria, indissolubilmente unita alsacrificio pasquale del suo divin Fi-glio? Che senso ha allora rattristarsipesantemente per i nostri peccati?Dimentichiamoci della nostra mise-ria e abbiamo occhi solo per questaAlleanza infinitamente feconda dicui portiamo al mondo la gioiosa te-stimonianza. Per il volontario isola-mento delle nostre anime nascostenelle fenditure della roccia, non sia-mo la Chiesa Sposa deputata al cul-to del Dio Sposo in rappresentanzadell’intera umanità, attendendo conardore il suo ritorno come le senti-nelle l’a u ro r a ?

Care contemplative della Passionedel Signore, voi trovate in questesofferenze d’Amore tutta l’umanità etutta la divinità riunite in una solacarne. Voi siete amorosamente pre-senti a Dio e in Dio a tutta la crea-zione ch’Egli porta nella sua manosovrana. D’Amore innamorate, voimuovete le stelle, spostate le monta-gne, irrigate la terra con acque vivesotterranee e purificatrici, rivolgete ilcuore degli Angeli e degli uominiverso la pace nella storia, abbellitela Chiesa di fiori e di frutti gustosi,in breve, rallegrate il Cuore dellasanta Trinità con la vostra lode riso-nante a Gloria del suo Amore.

Poiché siete nella prima linea del-la Chiesa in tutte le battaglie delloSpirito, noi, preti e laici alle presecon le urgenze dell’ospedale dacampo, leviamo gli occhi verso laluce che risplende sul Tabor dei vo-stri chiostri. Noi resistiamo nellapianura sostenuti dal vostro ascoltodi Gesù e dalle vostre braccia levateal cielo. La vostra vita illumina lanostra vita e ci rende più viventi diquesta Vita divina da donare aimendicanti di questo mondo. Siatebenedette e ringraziate da Colui lacui intimità ricolma ogni desiderio eancor più. Abbiate cura di noi nellavostra preghiera con il Successore diPietro che vi implora di assisterlosempre e soprattutto in quest’ora dipandemia.

Cara Madre Agnese, in questoinedito tempo di quaresima e disperanza, Le rimango unito e rico-noscente della sua chiamata, lieto diquesta comunione più profonda cheriaccende la nostra speranza nelCristo risorto. Gloria a Dio, Graziea voi, Pace alla Terra messa allap ro v a !

di ARTURO SOSA ABASCAL

Q uale parte del cammino ver-so Dio ci mostra l’epidemiadi covid-19? Ci sta mostran-

do che siamo un’umanità sola.Ciascuno degli esseri umani, tutti ipopoli, ogni cultura che arricchiscel’umana diversità... costituisce par-te dell’unica, variegata, ricca e in-terdipendente umanità...

Ci sta mostrando come il supe-ramento di una crisi è possibilequando ci facciamo consapevolidell’importanza di dedicarci al Be-ne Comune e di assumere seria-mente la propria responsabilità in-dividuale. Possiamo vivere sola-mente come un unico corpo. Sepa-rati, ogni persona od ogni popoloper conto suo, è impossibile.

Ci sta mostrando che non c’èdifferenza d’età, razza, religione ocondizione sociale nell’unico corpoche forma la stessa umanità. Tuttie ciascuno ne formiamo parte, nes-suno è di troppo, e nessuno puòprescindere dagli altri.

Ci sta mostrando che vogliamocamminare uniti. Tutti siamopreoccupati, ci aiutiamo mutua-mente a superare paure e preoccu-pazioni, ciascuno cerca il modo didare una mano, cominciando conil controllare i propri desideri econ l’accettare di sottomettersi allemisure e ai sacrifici che permetto-no di contribuire al bene di tutti.Ci sta mostrando la competenza egenerosità di coloro che stanno inprima fila a prendersi cura dei col-piti dal virus, cercando rimedi eprendendo decisioni difficili per ilbene di tutti. Ci sta mostrando lasensibilità di tante persone e orga-nizzazioni e l’enorme riserva di so-lidarietà che esiste in giovani,adulti e anziani in tutti gli angolidella società umana. Ho ricevutoinformazioni sulle molte e creativeiniziative che si sono prese nelleprovince, regioni, comunità e ope-re apostoliche della Compagnia diGesù, così come sulla disponibilitàa collaborare con altri. Per questoringrazio il Signore e incoraggio acontinuare a cercare i modi mi-gliori per farsi vicini a coloro chene hanno bisogno per continuarea percorrere uniti il cammino co-mune.

Ci sta mostrando la potenza del-la fede, i legami forti che unisconoi credenti, l’amore di Gesù Cristoche ci spinge, ci riconcilia e ci uni-sce. Ci sono tante persone che pre-gano unite attraverso i mezzi dicomunicazione sociale. Voglionoprofessare la loro fede. Quella fedeche sentono nel profondo dei lorocuori e non possono tenere riserva-ta a se stessi.

Mi unisco alla preghiera di tuttoil corpo della Compagnia, dellaChiesa cattolica, di tutte le Chiesecristiane, delle altre religioni e cre-denze e a tutti coloro che con il lo-ro spirito di solidarietà cercano etrovano i modi appropriati percontinuare a dare una mano. Nonsappiamo quanto lungo sarà que-sto tratto di cammino, né come sa-rà il tratto che seguirà. Chiediamola luce per illuminare il percorso ela grazia necessaria per farlo comefratelli e sorelle solidali con la vitadi tutto il corpo e quella del piane-ta in cui viviamo.

Dio ci benedica!

Giunto il 17 gennaio scorso all’Aeroporto interna-zionale «Modibo-Keïta Sénou» di Bamako, ac-compagnato da monsignor Javier Camañes Forés,segretario della rappresentanza pontificia, il nun-zio apostolico Tymon Tytus Chmielecki è statoaccolto dal signor Mahamadou Dramé, dell’uffi-cio del protocollo della Repubblica e dal reveren-do Alexandre Denou, segretario della Conferenzaepiscopale del Mali (Cem). Successivamente, èstato convocato, unitamente agli ambasciatori diCanada, di Cuba e dell’India, dall’a m b a s c i a t o reIbrahim Alassane Maiga, capo del protocollo del-la Repubblica, per un breve briefing preparatorioalla cerimonia.

Nel pomeriggio, nel Palazzo presidenziale«Koulouba», ha avuto luogo la presentazionedelle lettere credenziali a Sua Eccellenza il signorIbrahim Boubacar Keïta, presidente della Repub-blica del Mali. Erano presenti i signori TiébiléDramé, ministro degli Affari esteri e della Coope-razione internazionale; Moustapha Ben Barka, se-gretario generale della presidenza della Repubbli-

ca; Boubacar Touré, capo del Gabinetto dellapresidenza; il generale Oumar Daou, capo di Sta-to maggiore particolare della presidenza, e ZeyniMoulaye, consigliere diplomatico del presidente.

Il rappresentante pontificio era accompagnatodal cardinale Jean Zerbo, arcivescovo di Bamako;da monsignor Jonas Dembélé, vescovo di Kayes epresidente della Conferenza episcopale; dal reve-rendo Denou, Segretario della Cem; e da Cama-ñes Forès, segretario della nunziatura. Nel cordia-le colloquio, al termine della cerimonia, il capodello Stato, dopo aver trasmesso al Santo Padre isuoi deferenti saluti ed apprezzamenti per l’in-stancabile lavoro a servizio dell’umanità e del dia-logo interreligioso, ha voluto poi ricordare la me-morabile visita del cardinale segretario di StatoPietro Parolin nel Paese, nel novembre del 2018,esprimendo nel contempo la gioia per le buonerelazioni che intercorrono tra lo Stato africano ela Chiesa cattolica.

Da parte sua, l’arcivescovo Chmielecki, ha tra-smesso innanzitutto il saluto e il ricordo nella

preghiera di Papa Francesco alle autorità presentie a tutto il popolo maliano, manifestando il desi-derio di contribuire con la sua missione al benedi tutti, favorendo ogni dialogo e promozionedella società umana.

Il nunzio apostolico ha avuto, inoltre, incontripersonali con i vescovi maliani, ha partecipato alraduno della Conferenza episcopale in occasionedella sua sessione ordinaria, ha visitato la comuni-tà del seminario maggiore di Bamako, presieden-do l’Eucaristia, celebrata con il cardinale Zerbo econ il vescovo Dembélé.

Nella prima visita nel Paese, il rappresentantepontificio aveva presentato copie delle lettere cre-denziali al signor Boubacar Gouro Diall, segreta-rio generale del ministero degli Affari esteri e del-la Cooperazione internazionale, mentre in occa-sione della sessione autunnale della Cem avevapresentato la lettera commendatizia del cardinalesegretario di Stato al presidente della Conferenzaepiscopale, celebrando, infine, la solenne Eucari-stia nella cattedrale di Bamako.

L’OSSERVATORE ROMANOpagina 8 venerdì 27 marzo 2020

Via Crucisin metropolitana

Linea A e Ferrovia Roma-Viterbo

DECIMA S TA Z I O N EGesù è spogliato delle sue vesti

FE R M ATA OT TAV I A N O - SAN PIETRO

Per molti turisti Ottaviano segna la fine del viaggio.Uscire di qua vuol dire arrivare a San Pietro.Vuol dire gustare l’abbraccio maestoso di un luogo che è santo,memoria dei primi cristiani.Spogliati di vesti e di onore andavano al circo per esser mangiati.O per essere in croce.Osservare la gente che passa vuol dire talvolta osservarne i vestiti.Vedere colori diversi, cappelli, borsette, camicie e calzoni.Ciascuno si sente speciale, eppure di fondo c’è un modo comune.La tunica tutta d’un pezzo e il mantello son toltidal corpo di Cristo.Son dati ai soldati.E Cristo nel mezzo riappare spogliato, deriso, spettacolo infame.Eppure così si è donato.Da ricco che era, povero è reso dal Padre per esser tesorodi ognuno di noi.Spogliato di tutta la Luce riveste i mortali del lume divino.Anche Pietro, portato al supplizio fu tolto di tutti gli onori.Vicario di Cristo gli fu consegnato lo stesso martirio: la croce.Spogliarsi per lui non bastò.Voleva morire coi piedi per aria e la testa per terra.Spogliato non solo di vesti, capovolto del tutto, per amore di Dio.Mi fermo a guardare un’anziana suorina con gli occhi ripieni di vita.il capo è coperto dal velo, è normale.Vestita dell’abito scuro, eppure lucente d’amore donato.Le vedo spuntare le mani e capisco con gioia che sgrana un rosario.

di PAOLO RICCIARDI

Ve s c o v oausiliare di Roma

Nella messa a Santa Marta il Papa prega per gli anziani, i lavoratori senza posto fisso e quanti prestano i servizi essenziali

Per vincere la paurae rilanciare la fiducia

È per trovare in Dio la forza di«vincere le paure» e rilanciare la fi-ducia in questo tempo di pandemiache Papa Francesco ha offerto lamessa giovedì mattina, 26 marzo,nella cappella di Casa Santa Marta.

«In questi giorni di tanta sofferen-za c’è tanta paura» ha detto, a brac-cio, il vescovo di Roma all’iniziodella celebrazione trasmessa in diret-ta streaming. «La paura degli anzia-ni che sono soli, nelle case di riposoo in ospedale o a casa loro, e nonsanno cosa possa accadere. La pauradei lavoratori senza lavoro fisso chepensano come dare da mangiare ailoro figli e vedono venire la fame.La paura di tanti servitori sociali chein questo momento aiutano a man-dare avanti la società e possonoprendere la malattia. Anche la paura— le paure — di ognuno di noi:ognuno sa quale sia la propria».

«Preghiamo il Signore — ha con-cluso il Pontefice — perché ci aiuti

ad avere fiducia e a tollerare e vince-re le paure».

Francesco ha rafforzato la sua pre-ghiera con i versi del salmo 105 (3-4), letti come antifona d’i n g re s s o :«Gioisca il cuore di chi cerca ilSignore. Cercate il Signore e la suapotenza, cercate sempre il suo vol-to». Per la meditazione nell’omelia,poi, il Papa ha preso le mosse dallaprima lettura, tratta dal librodell’Esodo (32, 7-14), invitando, sen-za giri di parole, a un esame di co-scienza per riconoscere i nostri «ido-li» più o meno nascosti.

«Nella prima lettura — ha spiega-to — c’è la scena dell’ammutinamen-to del popolo. Mosè se n’è andato alMonte per ricevere la Legge: Diol’ha data a lui, in pietra, scritta dalsuo dito». Ma ecco che «il popolo siannoiò e fece ressa intorno ad Aron-ne e disse: “ma questo Mosè da tem-po non sappiamo dove sia, dove siaandato, e noi siamo senza guida: fa-

teci un dio che ci aiuti ad andareavanti”».

Di fronte a questa reazione delpopolo, ha proseguito Francesco,«Aronne — che dopo sarà sacerdotedi Dio ma lì è stato sacerdote dellastupidaggine, degli idoli — ha detto:“ma sì, datemi tutto l’oro e l’a rg e n t oche avete”». E il popolo dà tutto ecosì «fecero quel vitello d’o ro » .

Nel salmo 105, ha fatto notare ilPontefice, «abbiamo sentito il la-mento di Dio: “Si fabbricarono unvitello sull’Oreb, si prostrarono auna statua di metallo; scambiaronola loro gloria con la figura di un to-ro che mangia erba”».

Ed è proprio «qui, in questo mo-mento, quando incomincia la lettu-ra» tratta dal libro dell’Esodo: «IlSignore disse a Mosè: “Va ’, scendi,perché il tuo popolo, che hai fattouscire dalla terra d’Egitto, si è per-vertito. Non hanno tardato ad allon-tanarsi dalla via che io avevo loro in-dicato! Si sono fatti un vitello dimetallo fuso, poi gli si sono prostratidinanzi, gli hanno offerto sacrifici ehanno detto: ‘Ecco il tuo Dio, Israe-le, colui che ti ha fatto uscire dallaterra d’Egitto’”».

È il racconto di «una vera aposta-sia: dal Dio vivente all’idolatria», haspiegato il Papa. Il popolo «non haavuto pazienza di aspettare che tor-nasse Mosè: volevano delle novità,volevano qualcosa, dello spettacololiturgico, qualcosa» insomma.

Proprio «su questo», ha aggiuntoFrancesco, «io vorrei accennare alcu-ne cose». Anzitutto, «quella nostal-gia idolatrica nel popolo: in questocaso, pensava agli idoli dell’Egitto,ma la nostalgia di tornare agli idoli,tornare al peggio, non sapere aspet-tare il Dio vivente».

In fin dei conti «questa nostalgiaè una malattia, anche nostra» ha in-sistito il Pontefice: essa «incomincia

a camminare con l’entusiasmo di es-sere liberi, ma poi incominciano lelamentele». Come a dire: «ma sì,questo è un momento duro, il deser-to, ho sete, voglio dell’acqua, vogliola carne: in Egitto mangiavamo le ci-polle, le cose buone e qui non c’è»nulla.

Il fatto è, ha affermato Francesco,che «sempre l’idolatria è selettiva: tifa pensare alle cose buone che ti dà,ma non ti fa vedere le cose brutte».E nel racconto dell’Esodo «loro pen-savano a come erano a tavola, conquesti pasti tanto buoni che a loropiacevano tanto, ma dimenticavanoche quello era il tavolo della schiavi-tù». È in questo senso che, davvero,«l’idolatria è selettiva».

«Poi, un’altra cosa: l’idolatria ti faperdere tutto» ha proseguito il Papa,ricordando che «Aronne, per fare ilvitello, chiede loro “datemi oro e ar-gento”: ma era l’oro e l’argento cheil Signore aveva dato loro, quandodisse loro: “chiedete agli egiziani oroin prestito”». Dunque, ha spiegatoFrancesco, quello «è un dono del Si-gnore e con il dono del Signore fan-no l’idolo: questo è bruttissimo».

Il Pontefice ha fatto però presenteche «questo meccanismo succede an-che a noi: quando noi abbiamo at-teggiamenti che ci portano all’idola-tria, siamo attaccati a cose che ci al-lontanano da Dio, perché noi faccia-mo un altro dio e lo facciamo con idoni che il Signore ci ha dato: conl’intelligenza, con la volontà, conl’amore, con il cuore». Sono questi«i doni propri del Signore che noiusiamo per fare idolatria».

In realtà, ha proseguito il Papa,«qualcuno di voi può dirmi: “ma ioa casa non ho idoli: ho il crocifisso,l’immagine della Madonna, che nonsono idoli”». La questione è se sihanno idoli «nel cuore». Tanto che,ha suggerito Francesco, «la doman-

da che oggi dovremmo fare è: qualeè l’idolo che tu hai nel tuo cuore,nel mio cuore?». E cioè, quale è«quell’uscita nascosta dove mi sentobene, che mi allontana dal Dio vi-vente».

Del resto, ha fatto notare il Ponte-fice, «noi abbiamo, anche, un atteg-giamento con l’idolatria molto fur-bo: sappiamo nascondere gli idoli,come fece Rachele quando fuggì dasuo padre e li nascose nella sella delcammello e fra i vestiti». Infatti «an-che noi, tra i nostri vestiti del cuore,abbiamo nascosti tanti idoli».

Con questa consapevolezza Fran-cesco ha rilanciato: «La domandache vorrei fare oggi è: qual è il mioidolo, quel mio idolo della mondani-tà?». E ha messo in guardia dal fat-to che «l’idolatria arriva anche allapietà, perché» il popolo voleva «ilvitello d’oro non per fare un circo»,ma «per fare adorazione: si prostra-rono davanti a lui».

«L’idolatria ti porta a una religio-sità sbagliata» ha affermato il Papa.Anzi, ha aggiunto, «tante volte lamondanità, che è un’idolatria, ti fa

cambiare la celebrazione di un sacra-mento in una festa mondana». Nonè mancata la proposta di «un esem-pio: figuriamoci una celebrazione dinozze. Tu non sai — ha osservato ilPontefice — se è un sacramento dovedavvero i novelli sposi danno tutto esi amano davanti a Dio e prometto-no di essere fedeli davanti a Dio ericevono la grazia di Dio, o è unamostra di modelli, come vanno vesti-ti l’uno e l’altro e l’altro». Ritorna«la mondanità: è un’idolatria» ed «èun esempio, questo, perché l’idola-tria non si ferma: va sempre avanti».

Perciò, ha ripetuto Francesco con-cludendo la sua meditazione, «oggila domanda che io vorrei fare a tuttinoi, a tutti: quali sono i miei idoli?Ognuno ha i propri. Quali sono imiei idoli? Dove li nascondo?». Conl’auspicio «che il Signore non ci tro-vi, alla fine della vita, e dica diognuno di noi: ti sei pervertito, ti seiallontanato dalla via che io avevo in-dicato, ti sei prostrato dinanzi a unidolo». Proprio in questa prospetti-va, ha suggerito, «chiediamo al Si-gnore la grazia di conoscere i nostriidoli: e se non possiamo cacciarlivia, almeno tenerli all’angolo».

Come nei giorni scorsi il Papa hainvitato «le persone che non posso-no comunicarsi» a fare la comunionespirituale, recitando la preghiera disant’Alfonso Maria de’ Liguori. Econ l’adorazione e la benedizioneeucaristica ha concluso la celebrazio-ne. Per poi affidare alla Madre diDio le sue intenzioni di preghiera,sostando davanti all’immagine ma-riana nella cappella di Santa Marta,accompagnato dal canto dell’antifo-na mariana Ave Regina Caelorum.

A mezzogiorno, nella basilica Va-ticana, il cardinale arciprete AngeloComastri ha poi guidato la preghie-ra dell’Angelus e del rosario.

Nell’ultimo libro di Giulio Ferroni

Con Dante: fra la città del mondo e la città di Diodi PAOLO MAT T E I

L’8 aprile 1300 ha inizio, se-condo le ipotesi maggior-mente accreditate, uno dei

viaggi più celebri della letteraturamondiale: quel giorno, il VenerdìSanto del primo anno giubilare del-la storia, Dante Alighieri parte per ilsuo pellegrinaggio oltremondano,inaugurato da uno smarrimento esi-stenziale e raccontato nelle tre canti-che della Divina Commedia. Più disettecento anni dopo, anche GiulioFerroni ha voluto incominciare ilproprio “viaggio dantesco” in un Ve-nerdì Santo: quello del 2014, che ca-deva il 18 aprile, giorno in cui lostudioso — critico e storico della let-teratura italiana, professore emeritodella Sapienza — ha intrapreso uncammino nella propria città, Roma,esplorandone gli spazi narrati nelcapolavoro del poeta fiorentino. Mal’Urbe è solo una delle città d’Italia— oltre a paesi, isole, campagne —che Ferroni ha fisicamente visitatoseguendo la mappa del poema, dan-done poi conto nell’Italia di Dante.Viaggio nel Paese della «Commedia»(La Nave di Teseo, Milano 2019),nelle cui pagine ripercorre da nord asud tutti i luoghi “dove il sì suona”disseminati nelle sacre terzine, «luo-ghi che Dante», si legge nella prefa-zione, «ha direttamente conosciuto etoccato nella sua vita o di cui hasoltanto sentito parlare o ha letto,ma di cui sa comunque far percepiretutta la concreta, resistente realtà».

In un’epoca, la nostra, in cui «ladifficoltà di misurare la concretezzadei luoghi» è troppo spesso «fattasvanire dall’uso dei navigatori satel-litari», portatori di «un’immagine il-lusoria degli spazi da attraversare,che fanno muovere nel mondo senzache più si sappia dove si è», Ferronisi assume la fatica di provare a rac-contare «tutta la concreta, resistenterealtà» dei siti danteschi della Romacontemporanea, la loro «precaria maresistente persistenza», sicuramenteconsapevole delle considerazioni di

Carlo Levi (scrittore da lui ben co-nosciuto), secondo cui «questo spa-zio secolare non ammette descrizioniche ambiscano rappresentarlo intero,poiché, con lo svolgersi delle sue ar-chitetture, piuttosto che in un luogo(che è lo stesso luogo di sempre,stratificato, scavato, percossodall’eco di passi innumerevoli) sistende nel tempo, e come il tempo,è sempre esistente e inesistente, mu-tevole e immobile, fermo e fugace,labile e eterno» (Roma fuggitiva,Donzelli, Roma 2002).

La Città Eterna di Dante è civitast e r re n a , dolorosamente implicata nel-le drammatiche vicende del mondo— la «Roma che piagne / vedova esola» — e al contempo simbolo dellacivitas Dei, in cui storia e luoghi so-no teleologicamente — p ro v v i d e n -zialmente — connessi al lieto destinoultraterreno di «quella Roma ondeCristo è romano». La città di Ferro-ni è «un enigma», che lo porta a«interrogare la singolarità del fattodi essere proprio qui, di passare traqueste pietre, di toccare la bellezzaqui accumulata (che, come tutte lebellezze, non si può non sentire per-duta), la storia dimenticata che ci hafatto, che ha dato le fondamenta ditanta cultura dell’Occidente e delmondo, di tante pretese di potenza,crolli e cadute, sogni letterari e arti-stici». E, come le due civitates, quel-

la terrena e quella di Dio, sono ago-stinianamente “p erplexae” — mi-schiate, confuse fra loro —, così laRoma di Dante si mescola e si con-fonde con quella di oggi, raccontatada Ferroni.

Seguendo il moderno viaggiatore,“p erplesso” — inquieto, talvolta tur-bato — nell’enigmatico groviglio dibellezza e desolazione della città,tocchiamo piazza San Giovanni inLaterano, storico teatro di affollatemanifestazioni politiche dominatodalla Basilica eponima, nella quale èconservato un frammento giottescoraffigurante Bonifacio VIII che indi-ce il primo Giubileo; visitiamo il Va-ticano, «cimitero / a la milizia chePietro seguette», dove trionfanospesso suoni e immagini di una vie-ta cultura di massa che spettacola-rizza, banalizzandolo a suon di ap-plausi, il sacro, e dove, nella Basilicadi San Pietro, si dice sia conservata«la Veronica nostra», la reliquia delvelo su cui è impresso il volto diGesù, forse contemplata da Danteproprio durante il primo Giubileo;attraversando il Ponte Sant’Angelo,sul quale il poeta osserva «l’e s s e rc i t omolto» dei pellegrini romei che nel1300 procedono a doppio senso dimarcia da e verso San Pietro, sor-prendiamo ragazze straniere prende-re il sole in pantaloncini sulle spon-de del Tevere; e risalendo il corso

del fiume dalla sua foce — «dovel’acqua di Tevero s’insala», il luogoin cui il pellegrino dell’aldilà incon-tra le anime salve destinate al Pur-gatorio —, approdiamo all’I d ro s c a l odi Ostia, nella cui area Pasolini tro-vò la morte nel 1975... E ancora: ilCampidoglio, il Tempio di Giano,l’Aventino, Monte Mario...

Seguire Ferroni in questo pellegri-naggio laico nei luoghi danteschi diRoma, nelle laceranti contraddizionidi una metropoli in cui convivono il«lusso più sofisticato» e «la più de-gradata miseria», nella persistenteprecarietà di spazi urbani in cui siintrecciano e si stratificano sugge-stioni estetiche provenienti da epo-che storiche lontanissime fra loro, èun po’ come intuire la sostanza del-la propria inquietudine e del propriodesiderio: «Vidi che lì non s’acque-tava il core, / né più salir potiesi inquella vita; / per che di questa inme s’accese amore», dice papaAdriano V nel P u rg a t o r i o , indicandocome il raggiungimento del potere— «lì», «in quella vita»: allora, nelXIII secolo, il papato di Roma eraancora un potere vero —, non possarispondere alla domanda di felicitàcercata nel viaggio. Il verbo “acque-t a re ” rimanda al “cor inquietum” diAgostino dell’incipit delle Confessioni,così amate da Dante. Seguire loscrittore contemporaneo in questaRoma dantesca significa anche gioi-re della sua bellezza, che, pure se“p erduta”, è anche continuamentedesiderata, quasi promessa, anticipodi un luogo che “accenda amore” ein cui il cuore trovi riposo. Così alpellegrino moderno può capitare diimbattersi nella «misurata semplici-tà» di una chiesa mai visitata, in cui«tutto converge, all’incrocio del cor-to transetto, verso il semplice taber-nacolo poggiante su quattro colon-ne». Qui si può riprendere fiato, epoi, con le parole di Agostino, rico-minciare il viaggio, «fra le persecu-zioni del mondo e le consolazioni diD io».