Un altro Natale alle porte dopo un 2015 intenso · Un altro Natale è alle porte, un altro anno se...

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Un altro Natale è alle porte, un altro anno se n’è andato, forse troppo velocemente, anche se ha lasciato il segno. Il nostro piccolo mondo ha vissuto questo periodo intensamente, poiché molte iniziative hanno preso avvio o si sono concluse. Di mol- te è stata data notizia su “L’Arena”, di altre c’è stato un intenso scambio di informazioni e di proposte fra i componenti del Consiglio, che lavorano, spesso in silenzio, ma sempre con efficacia e competenza. Molte sono state le occasioni di incontro e di rapporti con la realtà attuale della nostra città: il Raduno che ci riunisce e ci fa ritrovare; la presenza all’inaugurazione di una mostra, L’Istria, l’aquila e il leone, che ha fatto rivivere secoli di intensa vita cittadina; la commemora- zione della strage di Vergarola; il concerto dell’Orchestra Italiana di Renzo Arbore, in un’Arena piena di seimila coraggiosi a sfidare la pioggia; il commosso omaggio ai nostri morti in occasione del giorno dedicato ai de- funti. Occasioni, alcune festose, altre istituzionali e importanti, altre ancora cariche di una rab- bia che sale dal cuore, che siamo riusciti a contenere ma che non abbiamo potuto fare a meno di rendere pubblica: non solo il cippo che dovrebbe ricordare le vittime di Vergarola non è stato ancora completato, ma addirittura anche quest’anno, in occasione dell’anniversario della strage, è sta- ta sfregiata la targa che ricorda l’eroica figura del dottor Gep- pino Micheletti, di cui è stata distrutta la fotografia. Avrei volu- to che, il 18 agosto, la cerimonia si svolgesse davanti alla targa sfregiata, mentre invece era già stata ricollocata, a cura della Comunità degli Italiani di Pola, una nuova fotografia. Avrei voluto che lo sfregio risultasse evidente agli occhi di tutti e soprattutto delle autorità presenti, ma forse, oltre alla pietas, si è aggiunta anche la preoccupazione di cancellare e di nascondere un atto di stupida barbarie che non torna ad onore della città. Perciò è continuata la caparba, testarda azione per rag- giungere gli obiettivi che abbiamo giurato di conseguire e che, anche se non riusciremo a farlo, ci vedranno lottare fino all’ultimo giorno del mio mandato. Ho chiesto pertanto la col- laborazione del Console onorario, avvocato Tiziano Sošić, e soprattutto del Console generale d’Italia, dottor Paolo Pal- minteri, con cui avrò prossimamente un incontro a Fiume af- finché, con l’autorevolezza che gli viene dalla sua carica, im- ponga all’Amministrazione comunale di Pola di non riman- giarsi le parole con cui il Sindaco Boris Miletić ha ricevuto l’onorificenza di Ufficiale dell’Ordine della Stella d’Italia, con- feritagli dal Presidente della Repubblica: «un posto particola- re spetta alla comunità nazionale autoctona italiana, minori- taria per numero ma non per ruolo e importan- za, una comunità che ha lasciato un solco profondo nella storia di Pola e che anche oggi dà un contributo fondamentale nella vita so- ciale e culturale della città. [...] Pola [...] è una città che nella sua plurimillenaria storia si è più volte forzatamente svuotata e nuovamente ri- popolata da nuove genti, costumi e culture; ma è anche una città che ha mantenuto la me- moria storica, preservato usi e costumi e valo- rizzato le autentiche culture e identità locali». Il prossimo anno facciamo in modo che il nostro ritrovarci, in occasione del Raduno per il quale la macchina organizzativa è già in mo- to, con i contatti per la sistemazione alber- ghiera, le premesse per la visita ad una locali- tà densa di storia, questa volta recente, gli ac- cordi con le Istituzioni per un altro momento di arricchimento culturale, sia confortata dalla presenza di nuove, giovani, frotte di figli e di nipoti: a Daila piacciono i dondoli, a Giulio i mussoli. E’ una buona premessa! Buon Natale! Buon Natale cristiano, gridato in faccia alla stupidità delle maestre che tolgo- no il Crocifisso dalle aule, all’ipocrisia degli emergensysti che incolpano la nostra civiltà per poter assol- vere gli assassini, alla pusillanimità dei codardi che vogliono il dialogo, senza spiegare in cosa potrebbe consistere e co- me potrebbe svolgersi, con le donne della delegazione occi- dentale costrette ad indossare il chador. Le stragi di Parigi ci coinvolgono più di altri, poiché lo stra- zio di genitori costretti a riconoscere i corpi dilaniati dei loro figli, cercando un indumento o una catenina, ci rimanda con il pensiero al dottor Micheletti, al suo strazio nel riconoscere in una scarpetta quello che restava di suo figlio. Buon Natale! Tullio Canevari Fondata a Pola il 29.07.1945 – Mensile di attualità, storia e cultura giuliano-dalmata – Organo dell’Associazione «Libero Comune di Pola in Esilio» Direttore responsabile e redattore: Paolo Radivo – Redazione: Via Malaspina 1, 34147 Trieste – Tel. e fax: 040.830294 – Cell.: (0039) 388 8580593 – Sito web: www.arenadipola.it Quote associative annuali: Italia ed Europa 30,00, Americhe 60,00, Australia 66,00, da versare sul conto corrente postale n. 38407722 intestato a L’Arena di Pola, Via Malaspina 1, 34147 Trieste, o tramite bonifico bancario intestato a Libero Comune di Pola in Esilio, Via Malaspina 1, 34147 Trieste; codice IBAN dell’UniCredit Agenzia Padova Moro IT 10 I 02008 12105 0000 10056 393; codice BIC UNCRITM1N97 – Le copie non recapitate vanno restituite al CPO di Trieste per la restituzione al mittente previo pagamento resi L’ARENA DI POLA – Registrata presso il Tribunale di Trieste n. 1.061 del 21.12.2002 Anno LXXI 3.388 – Mensile n. 12 del 1° DICEMBRE 2015 TAXE PERÇUE TRIESTE TASSA RISCOSSA ITALY Iniziativa realizzata con il contributo del Governo italiano ai sensi della Legge 72/2001 e successive proroghe Un altro Natale alle porte dopo un 2015 intenso POSTE ITALIANE SPA spedizione in abbonamento postale D.L. 353/2003 (convertito in Legge 27/02/2004 n° 46), art. 1, comma 2, DCB Trieste Un sentito GRAZIE a quanti ci hanno aiutato a migliorare “L’Arena” 60° Raduno degli Esuli da Pola Pola, 10-13 giugno 2016 Si terrà da venerdì 10 a lunedì 13 giugno 2016 con ba- se a Pola il 60° Raduno nazionale degli Esuli da Pola. Sarà il sesto di fila nella città d’origine. Il programma di massima verrà definito e comunicato prossimamente. Abbonamenti 2016 Sta per cominciare un nuovo anno da trascorrere as- sieme: il 2016. Affinché “L’Arena di Pola” possa prosegui- re il suo cammino, invitiamo tutti i lettori a rinnovare entro il prossimo marzo l’abbonamento, che comporta automa- ticamente anche l’iscrizione al nostro editore: il Libero Comune di Pola in Esilio. Tale abbonamento-iscrizione dura per l’anno solare da gennaio a dicembre, indipen- dentemente dalla data in cui viene effettuato. Anche per il 2016 le quote rimangono invariate: Italia ed Europa € 30,00; Americhe € 60,00; Australia € 66. Chi al bollettino di conto corrente postale, che troverete alle- gato a questo numero cartaceo, preferisse il bonifico po- trà effettuarlo in banca o tramite internet intestandolo a «Libero Comune di Pola in Esilio, Via Malaspina 1, 34147 Trieste» e digitando il codice IBAN dell’UniCredit Agenzia Padova Moro IT 10 I 02008 12105 0000 10056 393. Chi invece abita fuori dall’Italia ma sempre in Europa dovrà scrivere altresì il codice BIC UNCRITM1N97. Vanno sempre specificati nome, cognome e indirizzo. La causa- le è: «Abbonamento a “L’Arena di Pola” 2016». Si può altresì donare un abbonamento a qualche fami- liare, amico o conoscente interessato, affinché il nostro mensile possa avere maggiore diffusione e sostegno. I Soci residenti negli USA potranno versare la quota d’abbonamento (pari a € 60,00) inviando un assegno in- testato a: Livio Devescovi – 618 NW Lilac Place – Lee’s Summit MO 64081 – USA. L’amico Livio è a disposizione per qualsiasi ulteriore informazione ai seguenti recapiti: tel. 081 62464542; e-mail [email protected]. I Soci residenti in AUSTRALIA potranno versare la quota (pari a € 66,00) inviando un assegno intestato a: Elvia Babich – 14 Redden Street – Felixstow SA 5070. L’amica Elvia è a disposizione per qualsiasi ulteriore in- formazione ai seguenti recapiti: tel. 08 81652792; e-mail [email protected]. I Soci residenti in CANADA potranno invece versare la quota (pari a € 60,00) inviando un assegno intestato a: Claudio Antonelli – 3355 Avenue Appleton – Montreal, Quebec – H3S 1L7. L’amico Claudio è a disposizione per qualsiasi ulteriore informazione ai seguenti recapiti: tel. 0514 739 2965; e-mail [email protected]. Yvette ALBERTI DEVLIN, Gabriele ALBERTINI, Mariella ALESSANDRINI, Maria ROSARIA ARMANO, Walter ARZA- RETTI, Antonio BALLARIN, Amleto BALLARINI, Giorgio BA- RONI, Lucia BELLASPIGA, Gaetano BENČIĆ, Bruno BEL- LETTI, Ulderico BERNARDI, Ettore BERNI, Daniela BIA- SIOL, Liana BIASIOL, Marisa BILUCAGLIA PALAZZO, Tullio BINAGHI, Silva BON, Marino BONIFACIO, Ruggero BOTTE- RINI, Manuele BRAICO, Claudio BRONZIN, Eufemia Giulia- na BUDICIN, Alberto CAFARELLI, Remo CALCICH, Ferruc- cio CALEGARI, Emanuele CANDIDO, Tullio CANEVARI, Ester CAPUZZO, Bruno CARRA NASCIMBENI, Marina CAT- TARUZZA, Silvano CAVAZZA, Graziella CAZZANIGA, Carlo Cetteo CIPRIANI, Aldo CLEMENTE, Giuseppe CLEMENTE, Federica COCOLO, Renzo CODARIN, Danilo COLOMBO, Maria Rita COSLIANI, Romano CRAMER, Anna Maria CRA- STI, Bruno CREVATO-SELVAGGI, Simone CRISTICCHI, de Angelini GIANCLAUDIO, Rodolfo DECLEVA, Claudio DE- GHENGHI, Daria DEGHENGHI, Vincenzo Maria de LUCA, Bonetta DEMARIN, Giuseppe de VERGOTTINI, Giuseppe DICUONZO, Michele DICUONZO, Giuliano DI RENZO, Pie- ro DOBRAN, Giuliana DONORA’, Livio DORIGO, Furio DO- RINI, Marija DRUŽETA, Amina DUDINE, Maria DUSMAN, Lucia EVANGELISTI, Clementina FAGARAZZI MARINI, Ro- berto HAPACHER BARISSA, Viviana FACCHINETTI, Luigi Vittorio FERRARIS, Alfredo FIORANI, Marco FORNASIR, Marco FRANCINI, Nadia FRENDA, Ernesto GALLO, Sergio GIACICH, Roberto GIORGINI, Loredana GIOSEFFI, Nadia GIUGNO SIGNORELLI, Giuliana GOITANI, Bruna GORLA- TO, Franco GORLATO, Roberto GORLATO, Damir GRUBIŠA, Angela GRUBISSA, Roberto GRUBISSA, Sara HARZARICH PESLE, Antonio INCANI, Susanna ISERNIA, Egidio IVETIC, Darko KOMŠO, Ida KONČANI UHAČ, Anto- nio LANZA, Elda LAZZARI, Marino LENASSI, Donato LO BUONO, Dario LOCCHI, Lorella LORA, Silvia LUTTERODT SIZZI, Biagio MANNINO, Walter MANZIN, Mariella MAN- ZUTTO, Pio MARCOZZI, Annamaria MARCOZZI KELLER, Gianpaolo MAROCCHI, Adriana MARTINI, Ettore MASI, Sil- vio MAZZAROLI, Marino MICICH, Kristina MIHOVILIĆ, Gian- franco MIKSA, Nelida MILANI, Vittorio MILETTI, Nerina MI- LIA, Bruna MINISCI RANGAN, Edda MOLINARI FROSINI, Carlo Cesare MONTANI, Orietta MOSCARDA, Claudia NI- DER, Carmen PALAZZOLO DEBIANCHI, Salvatore PALER- MO, Giorgio PALIAGA, Tullio PARENZAN, Mario PERNE- CHELE, Vittorio PESLE, Marco PETRELLI, Alma PETRI- GNA, Michele PIACENTINI, Giulio POLESINI, Giovanni RA- DOSSI, Mario RAVALICO, Eugenio RAVIGNANI, Franco RI- SMONDO, Ilaria ROCCHI, Nella ROCCO, Giuseppe ROC- CO, Raffaele ROMANELLI, Annese ROSSANDA PALMA, Mario RUDE, Luciana RUSSO, Lorenzo SALIMBENI, Irma SANDRI UBIZZO, Leonardo SANTETTI, Antonio SARDI, Paolo SARDOS ALBERTINI, Piero SARDOS ALBERTINI, Romano SAURO, Sergio SCHÜRZEL, Gianfranco SERRA- VALLO, Tito Lucilio SIDARI, Daniella SOPPA, Irene SPADA, Roberto SPAZZALI, Nicolò SPONZA, Roberto STANICH, Roberto STANZIONE, Tullio SVETTINI, Piero TARTICCHIO, Grazia TATO’, Dario TEDESCHI, Grazia TENCO, Patrizia TENCO, Giuseppe TENCO, Nidia TERCELLI RISSETTO, Marco TESSAROLO, Rita TOLOMEO, Tiziana TOMASINI, Ellis TOMMASEO, Antonio TOMMASI, Lucio TOTH, Maurizio TREMUL, Roberto TRENTIN, Sergio ULJANIC, Luca URI- ZIO, Pietro VALENTE, Loredana VATTA COLELLA, Aligi VI- DOSSI, Franco VIEZZOLI, Denis VISINTIN, Lino VIVODA, Flavia ZANFRA, Federica ZAR, Mariella ZORZET, Marino ZORZI. Un grazie poi all’insostituibile Luca TEDESCHI, alla Mailing List HISTRIA, a “La Voce del Popolo”, “Il Piccolo”, “Panorama”, www.anvgd.it, www.ilmandracchio.org, “La nuo- va Voce Giuliana”, ai nostri preziosi collaboratori Claudio ANTONELLI (Canada), Elvia BABICH (Australia) e Livio DE- VESCOVI (USA) e... a quanti ci siamo dimenticati di citare. Il Direttore Paolo RADIVO

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  • Un altro Natale è alle porte, un altro anno se n’è andato, forse troppo velocemente, anche se ha lasciato il segno.

    Il nostro piccolo mondo ha vissuto questo periodo intensamente, poiché molte iniziative hanno preso avvio o si sono concluse. Di mol-te è stata data notizia su “L’Arena”, di altre c’è stato un intenso scambio di informazioni e di proposte fra i componenti del Consiglio, che lavorano, spesso in silenzio, ma sempre con efficacia e competenza.

    Molte sono state le occasioni di incontro e di rapporti con la realtà attuale della nostra città: il Raduno che ci riunisce e ci fa ritrovare; la presenza all’inaugurazione di una mostra, L’Istria, l’aquila e il leone, che ha fatto rivivere secoli di intensa vita cittadina; la commemora-zione della strage di Vergarola; il concerto dell’Orchestra Italiana di Renzo Arbore, in un’Arena piena di seimila coraggiosi a sfidare la pioggia; il commosso omaggio ai nostri morti in occasione del giorno dedicato ai de-funti.

    Occasioni, alcune festose, altre istituzionali e importanti, altre ancora cariche di una rab-bia che sale dal cuore, che siamo riusciti a contenere ma che non abbiamo potuto fare a meno di rendere pubblica: non solo il cippo che dovrebbe ricordare le vittime di Vergarola non è stato ancora completato, ma addirittura anche

    quest’anno, in occasione dell’anniversario della strage, è sta-ta sfregiata la targa che ricorda l’eroica figura del dottor Gep-pino Micheletti, di cui è stata distrutta la fotografia. Avrei volu-to che, il 18 agosto, la cerimonia si svolgesse davanti alla targa sfregiata, mentre invece era già stata ricollocata, a cura della Comunità degli Italiani di Pola, una nuova fotografia. Avrei voluto che lo sfregio risultasse evidente agli occhi di tutti e soprattutto delle autorità presenti, ma forse, oltre alla pietas, si è aggiunta anche la preoccupazione di cancellare e di nascondere un atto di stupida barbarie che non torna ad onore della città.

    Perciò è continuata la caparba, testarda azione per rag-giungere gli obiettivi che abbiamo giurato di conseguire e che, anche se non riusciremo a farlo, ci vedranno lottare fino all’ultimo giorno del mio mandato. Ho chiesto pertanto la col-laborazione del Console onorario, avvocato Tiziano Sošić, e soprattutto del Console generale d’Italia, dottor Paolo Pal-minteri, con cui avrò prossimamente un incontro a Fiume af-finché, con l’autorevolezza che gli viene dalla sua carica, im-ponga all’Amministrazione comunale di Pola di non riman-giarsi le parole con cui il Sindaco Boris Miletić ha ricevuto l’onorificenza di Ufficiale dell’Ordine della Stella d’Italia, con-feritagli dal Presidente della Repubblica: «un posto particola-re spetta alla comunità nazionale autoctona italiana, minori-

    taria per numero ma non per ruolo e importan-za, una comunità che ha lasciato un solco profondo nella storia di Pola e che anche oggi dà un contributo fondamentale nella vita so-ciale e culturale della città. [...] Pola [...] è una città che nella sua plurimillenaria storia si è più volte forzatamente svuotata e nuovamente ri-popolata da nuove genti, costumi e culture; ma è anche una città che ha mantenuto la me-moria storica, preservato usi e costumi e valo-rizzato le autentiche culture e identità locali».

    Il prossimo anno facciamo in modo che il nostro ritrovarci, in occasione del Raduno per il quale la macchina organizzativa è già in mo-to, con i contatti per la sistemazione alber-ghiera, le premesse per la visita ad una locali-tà densa di storia, questa volta recente, gli ac-cordi con le Istituzioni per un altro momento di arricchimento culturale, sia confortata dalla presenza di nuove, giovani, frotte di figli e di nipoti: a Daila piacciono i dondoli, a Giulio i mussoli. E’ una buona premessa!

    Buon Natale! Buon Natale cristiano, gridato in faccia alla stupidità delle maestre che tolgo-no il Crocifisso dalle aule, all’ipocrisia degli

    emergensysti che incolpano la nostra civiltà per poter assol-vere gli assassini, alla pusillanimità dei codardi che vogliono il dialogo, senza spiegare in cosa potrebbe consistere e co-me potrebbe svolgersi, con le donne della delegazione occi-dentale costrette ad indossare il chador.

    Le stragi di Parigi ci coinvolgono più di altri, poiché lo stra-zio di genitori costretti a riconoscere i corpi dilaniati dei loro figli, cercando un indumento o una catenina, ci rimanda con il pensiero al dottor Micheletti, al suo strazio nel riconoscere in una scarpetta quello che restava di suo figlio. Buon Natale!

    Tullio Canevari

    Fondata a Pola il 29.07.1945 – Mensile di attualità, storia e cultura giuliano-dalmata – Organo dell’Associazione «Libero Comune di Pola in Esilio»Direttore responsabile e redattore: Paolo Radivo – Redazione: Via Malaspina 1, 34147 Trieste – Tel. e fax: 040.830294 – Cell.: (0039) 388 8580593 – Sito web: www.arenadipola.it

    Quote associative annuali: Italia ed Europa 30,00, Americhe 60,00, Australia 66,00, da versare sul conto corrente postale n. 38407722 intestato a L’Arena di Pola,Via Malaspina 1, 34147 Trieste, o tramite bonifico bancario intestato a Libero Comune di Pola in Esilio, Via Malaspina 1, 34147 Trieste; codice IBAN dell’UniCredit Agenzia Padova Moro

    IT 10 I 02008 12105 0000 10056 393; codice BIC UNCRITM1N97 – Le copie non recapitate vanno restituite al CPO di Trieste per la restituzione al mittente previo pagamento resi

    L’ARENA DI POLA – Registrata presso il Tribunale di Trieste n. 1.061 del 21.12.2002 Anno LXXI 3.388 – Mensile n. 12 del 1° DICEMBRE 2015

    TAXE PERÇUE TRIESTE

    TASSA RISCOSSA ITALy

    Iniziativa realizzatacon il contributo del Governo italiano

    ai sensi della Legge 72/2001 e successive proroghe40 anni fa Osimo

    Un altro Natale alle porte dopo un 2015 intenso

    POSTE ITALIANE SPAspedizione in abbonamento postale

    D.L. 353/2003 (convertito in Legge 27/02/2004n° 46), art. 1, comma 2, DCB Trieste

    Un sentito GRAZIE a quanti ci hanno aiutato a migliorare “L’Arena”

    60° Raduno degli Esuli da Pola

    Pola, 10-13 giugno 2016Si terrà da venerdì 10 a lunedì 13 giugno 2016 con ba-

    se a Pola il 60° Raduno nazionale degli Esuli da Pola. Sarà il sesto di fila nella città d’origine. Il programma di massima verrà definito e comunicato prossimamente.

    Abbonamenti 2016Sta per cominciare un nuovo anno da trascorrere as-

    sieme: il 2016. Affinché “L’Arena di Pola” possa prosegui-re il suo cammino, invitiamo tutti i lettori a rinnovare entro il prossimo marzo l’abbonamento, che comporta automa-ticamente anche l’iscrizione al nostro editore: il Libero Comune di Pola in Esilio. Tale abbonamento-iscrizione dura per l’anno solare da gennaio a dicembre, indipen-dentemente dalla data in cui viene effettuato.

    Anche per il 2016 le quote rimangono invariate: Italia ed Europa € 30,00; Americhe € 60,00; Australia € 66. Chi al bollettino di conto corrente postale, che troverete alle-gato a questo numero cartaceo, preferisse il bonifico po-trà effettuarlo in banca o tramite internet intestandolo a «Libero Comune di Pola in Esilio, Via Malaspina 1, 34147 Trieste» e digitando il codice IBAN dell’UniCredit Agenzia Padova Moro IT 10 I 02008 12105 0000 10056 393. Chi invece abita fuori dall’Italia ma sempre in Europa dovrà scrivere altresì il codice BIC UNCRITM1N97. Vanno sempre specificati nome, cognome e indirizzo. La causa-le è: «Abbonamento a “L’Arena di Pola” 2016».

    Si può altresì donare un abbonamento a qualche fami-liare, amico o conoscente interessato, affinché il nostro mensile possa avere maggiore diffusione e sostegno.

    I Soci residenti negli USA potranno versare la quota d’abbonamento (pari a € 60,00) inviando un assegno in-testato a: Livio Devescovi – 618 NW Lilac Place – Lee’s Summit MO 64081 – USA. L’amico Livio è a disposizione per qualsiasi ulteriore informazione ai seguenti recapiti: tel. 081 62464542; e-mail [email protected].

    I Soci residenti in AUSTRALIA potranno versare la quota (pari a € 66,00) inviando un assegno intestato a: Elvia Babich – 14 Redden Street – Felixstow SA 5070. L’amica Elvia è a disposizione per qualsiasi ulteriore in-formazione ai seguenti recapiti: tel. 08 81652792; e-mail [email protected].

    I Soci residenti in CANADA potranno invece versare la quota (pari a € 60,00) inviando un assegno intestato a: Claudio Antonelli – 3355 Avenue Appleton – Montreal, Quebec – H3S 1L7. L’amico Claudio è a disposizione per qualsiasi ulteriore informazione ai seguenti recapiti: tel. 0514 739 2965; e-mail [email protected].

    yvette ALBERTI DEVLIN, Gabriele ALBERTINI, Mariella ALESSANDRINI, Maria ROSARIA ARMANO, Walter ARZA-RETTI, Antonio BALLARIN, Amleto BALLARINI, Giorgio BA-RONI, Lucia BELLASPIGA, Gaetano BENČIĆ, Bruno BEL-LETTI, Ulderico BERNARDI, Ettore BERNI, Daniela BIA-SIOL, Liana BIASIOL, Marisa BILUCAGLIA PALAZZO, Tullio BINAGHI, Silva BON, Marino BONIFACIO, Ruggero BOTTE-RINI, Manuele BRAICO, Claudio BRONZIN, Eufemia Giulia-na BUDICIN, Alberto CAFARELLI, Remo CALCICH, Ferruc-cio CALEGARI, Emanuele CANDIDO, Tullio CANEVARI, Ester CAPUZZO, Bruno CARRA NASCIMBENI, Marina CAT-TARUZZA, Silvano CAVAZZA, Graziella CAZZANIGA, Carlo Cetteo CIPRIANI, Aldo CLEMENTE, Giuseppe CLEMENTE, Federica COCOLO, Renzo CODARIN, Danilo COLOMBO, Maria Rita COSLIANI, Romano CRAMER, Anna Maria CRA-STI, Bruno CREVATO-SELVAGGI, Simone CRISTICCHI, de Angelini GIANCLAUDIO, Rodolfo DECLEVA, Claudio DE-GHENGHI, Daria DEGHENGHI, Vincenzo Maria de LUCA, Bonetta DEMARIN, Giuseppe de VERGOTTINI, Giuseppe DICUONZO, Michele DICUONZO, Giuliano DI RENZO, Pie-ro DOBRAN, Giuliana DONORA’, Livio DORIGO, Furio DO-RINI, Marija DRUŽETA, Amina DUDINE, Maria DUSMAN, Lucia EVANGELISTI, Clementina FAGARAZZI MARINI, Ro-berto HAPACHER BARISSA, Viviana FACCHINETTI, Luigi Vittorio FERRARIS, Alfredo FIORANI, Marco FORNASIR, Marco FRANCINI, Nadia FRENDA, Ernesto GALLO, Sergio GIACICH, Roberto GIORGINI, Loredana GIOSEFFI, Nadia GIUGNO SIGNORELLI, Giuliana GOITANI, Bruna GORLA-TO, Franco GORLATO, Roberto GORLATO, Damir GRUBIŠA, Angela GRUBISSA, Roberto GRUBISSA, Sara HARZARICH PESLE, Antonio INCANI, Susanna ISERNIA, Egidio IVETIC, Darko KOMŠO, Ida KONČANI UHAČ, Anto-nio LANZA, Elda LAZZARI, Marino LENASSI, Donato LO BUONO, Dario LOCCHI, Lorella LORA, Silvia LUTTERODT SIZZI, Biagio MANNINO, Walter MANZIN, Mariella MAN-

    ZUTTO, Pio MARCOZZI, Annamaria MARCOZZI KELLER, Gianpaolo MAROCCHI, Adriana MARTINI, Ettore MASI, Sil-vio MAZZAROLI, Marino MICICH, Kristina MIHOVILIĆ, Gian-franco MIKSA, Nelida MILANI, Vittorio MILETTI, Nerina MI-LIA, Bruna MINISCI RANGAN, Edda MOLINARI FROSINI, Carlo Cesare MONTANI, Orietta MOSCARDA, Claudia NI-DER, Carmen PALAZZOLO DEBIANCHI, Salvatore PALER-MO, Giorgio PALIAGA, Tullio PARENZAN, Mario PERNE-CHELE, Vittorio PESLE, Marco PETRELLI, Alma PETRI-GNA, Michele PIACENTINI, Giulio POLESINI, Giovanni RA-DOSSI, Mario RAVALICO, Eugenio RAVIGNANI, Franco RI-SMONDO, Ilaria ROCCHI, Nella ROCCO, Giuseppe ROC-CO, Raffaele ROMANELLI, Annese ROSSANDA PALMA, Mario RUDE, Luciana RUSSO, Lorenzo SALIMBENI, Irma SANDRI UBIZZO, Leonardo SANTETTI, Antonio SARDI, Paolo SARDOS ALBERTINI, Piero SARDOS ALBERTINI, Romano SAURO, Sergio SCHÜRZEL, Gianfranco SERRA-VALLO, Tito Lucilio SIDARI, Daniella SOPPA, Irene SPADA, Roberto SPAZZALI, Nicolò SPONZA, Roberto STANICH, Roberto STANZIONE, Tullio SVETTINI, Piero TARTICCHIO, Grazia TATO’, Dario TEDESCHI, Grazia TENCO, Patrizia TENCO, Giuseppe TENCO, Nidia TERCELLI RISSETTO, Marco TESSAROLO, Rita TOLOMEO, Tiziana TOMASINI, Ellis TOMMASEO, Antonio TOMMASI, Lucio TOTH, Maurizio TREMUL, Roberto TRENTIN, Sergio ULJANIC, Luca URI-ZIO, Pietro VALENTE, Loredana VATTA COLELLA, Aligi VI-DOSSI, Franco VIEZZOLI, Denis VISINTIN, Lino VIVODA, Flavia ZANFRA, Federica ZAR, Mariella ZORZET, Marino ZORZI. Un grazie poi all’insostituibile Luca TEDESCHI, alla Mailing List HISTRIA, a “La Voce del Popolo”, “Il Piccolo”, “Panorama”, www.anvgd.it, www.ilmandracchio.org, “La nuo-va Voce Giuliana”, ai nostri preziosi collaboratori Claudio ANTONELLI (Canada), Elvia BABICH (Australia) e Livio DE-VESCOVI (USA) e... a quanti ci siamo dimenticati di citare.

    Il Direttore Paolo RADIVO

  • 2 L’ARENA DI POLA n. 12 del 1° DICEMBRE 201510 NOVEMBRE 1975

    Osimo: esuli e rimasti della ex Zona B del TLTvittime sacrificali della distensione italo-jugoslava

    Il 10 novembre 1975 a Osimo, in provincia di Ancona, il mi-nistro degli Esteri italiano Mariano Rumor e il ministro degli Esteri jugoslavo Miloš Minić firmarono, a nome dei rispettivi Governi, un Trattato con dieci allegati e un Accordo sulla coo-perazione economica con quattro allegati, più un Atto finale. Tali documenti erano il frutto di una lunga e faticosa gestazio-ne diplomatica, avviata nel 1968 dopo l’invasione sovietica della Cecoslovacchia e condotta a termine in modo irrituale, oltre che segreto, dal direttore generale del Ministero dell’In-dustria italiano Eugenio Carbone e dal vice-presidente della Camera federale dell’Economia della Jugoslavia Boris Šnuderl (sloveno), con i rispettivi assistenti, a partire dal lu-glio 1974. L’obiettivo comune era risolvere le vertenze rima-ste aperte in seguito alla mancata applicazione delle norme del Trattato di pace relative al Territorio Libero di Trieste, per normalizzare e migliorare le relazioni bilaterali nella più gene-rale ottica della distensione internazionale.

    Ufficializzare la spartizione del TLTIl principale nodo del contendere era la spartizione ufficiale

    del TLT, onde por fine all’ambigua situazione instaurata dal Memorandum di Londra del 5 ottobre 1954, che in deroga al Trattato di pace del 10 febbraio 1947 aveva formalmente as-segnato l’amministrazione civile della Zona A meno i colli muggesani alla Repubblica Italiana e quella della Zona B più i colli muggesani alla Repubblica Socialista Federativa di Ju-goslavia, indicando il confine terrestre fra Medeazza e il Laz-zaretto ma ignorando quello marittimo. Il confine terrestre andava comunque ridefinito anche più a nord, per eliminare le sacche di territorio altrui occupate dalla Jugoslavia (l’Italia ne occupò alcune altre, ma di minori dimensioni) il 15-16 set-tembre 1947 in violazione dell’art. 3 del Trattato di pace.

    Il verticismo delle trattative, che mai coinvolsero le popola-zioni interessate, l’imperizia italiana sui temi di dettaglio, a fronte della notevole preparazione e determinazione jugosla-va, come pure la convinzione italiana di aver ottenuto un grande successo con il definitivo riconoscimento jugoslavo della sovranità italiana su Trieste condussero a un Trattato con un altisonante preambolo pieno di nobili e apprezzabili intenzioni, ma con un articolato sfavorevole sia agli esuli istriani della fetta di TLT ceduta alla Jugoslavia, sia ai “rima-sti”, sia, in misura minore, agli stessi triestini.

    Un preambolo pieno di belle paroleIl preambolo parlava di «cooperazione pacifica» e «relazio-

    ni di buon vicinato fra i due Paesi ed i loro popoli», di «svilup-po ulteriore» e «intensificazione delle relazioni reciproche», di convinzione «che la uguaglianza fra Stati, la rinuncia all’impiego della forza ed il rispetto conseguente della sovra-nità, dell’integrità territoriale e dell’inviolabilità delle frontiere, il regolamento pacifico delle controversie, la non ingerenza negli affari interni degli altri Stati, il rispetto dei diritti fonda-mentali e delle libertà, unitamente all’applicazione in buona fede di ogni obbligo internazionale, rappresentano la base della salvaguardia della pace e della sicurezza internaziona-le e dello sviluppo delle relazioni amichevoli e della coopera-zione fra gli Stati». Il preambolo proseguiva confermando «lealtà al principio della protezione, la più ampia possibile, dei cittadini appartenenti ai gruppi etnici che deriva dalle loro Costituzioni e dai loro ordinamenti interni e che ciascuna del-le due parti realizza in maniera autonoma, ispirandosi anche ai princìpi della Carta delle Nazioni Unite, della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, della Convenzione sulla eli-minazione di ogni forma di discriminazione razziale e dei Patti Universali dei Diritti dell’Uomo e dei Patti Universali dei Diritti dell’Uomo». Il testo affermava che le due parti erano «animate dal desiderio di manifestare, attraverso il presente Trattato, l’intenzione comune di intensificare, nell’interesse dei due Paesi, i rapporti esistenti di buon vicinato e di coope-razione pacifica», nella convinzione «che ciò contribuirà al rafforzamento della pace e della sicurezza in Europa».

    Ma in pratica, dopo tutte queste belle parole?Riconosciuta la rispettiva sovranità

    L’art. 1 del Trattato di Osimo stabiliva: «La frontiera tra la Repubblica Italiana e la Repubblica Socialista Federativa di Jugoslavia, per la parte che non è indicata come tale nel Trat-tato di Pace con l’Italia del 10 febbraio 1947, è descritta nel testo di cui all’Allegato I e tracciata sulla carta di cui all’Alle-gato II del presente Trattato. In caso di divergenza fra la de-scrizione della frontiera e carta, farà fede il testo».

    Ciò equivaleva ad estendere la piena sovranità italiana sulla ex Zona A meno i colli muggesani e la piena sovranità jugoslava sulla Zona B e i colli muggesani, ufficializzando il confine terrestre esistente dal 26 ottobre 1954 tra la parte del TLT sotto amministrazione civile italiana e quella sotto ammi-nistrazione civile jugoslava. I negoziatori italiani si incaponi-rono per ottenere la sassosa vetta del Monte Sabotino, inde-bitamente occupata dagli jugoslavi il 15-16 settembre 1947, ma non rettifiche sui ben più popolosi e coltivati colli di Mug-gia, dove il Memorandum aveva tracciato un confine grotte-sco che divideva in due proprietà agricole e perfino villaggi a maggioranza italofona, come Chiampore e Cerei. Una com-missione bilaterale negli anni successivi sanerà solo parzial-mente tali assurde situazioni insieme a quelle delle sacche.

    Un confine marittimo a danno dell’ItaliaL’articolo 2 recitava: «La frontiera fra i due Stati nel Golfo di

    Trieste è descritta nel testo di cui all’Allegato III e tracciata sulla carta di cui all’Allegato IV del presente trattato. In caso di divergenza fra la descrizione della frontiera e carta, farà fede il testo». Con incredibile superficialità i negoziatori italia-ni accettarono in tal modo un confine marittimo svantaggioso sia per l’Italia, sia per il porto di Trieste, sia per i pescatori ita-liani. E tutto ciò in difformità dalla Convenzione di Ginevra del 1958. Un regalo implicito tanto al porto di Capodistria, che continuerà ad espandersi e a crescere, quanto ai pescatori jugoslavi, allora non distinti come oggi fra sloveni e croati.

    Si lega la cittadinanza alla residenzaL’articolo 3 era il più lungo. Esordiva sentenziando: «La

    cittadinanza delle persone che alla data del 10 giugno 1940 erano cittadini italiani ed avevano la loro residenza perma-nente sul territorio di cui all’articolo 21 del Trattato di Pace

    con l’Italia del 10 febbraio 1947, come pure la cittadinanza dei loro discendenti, nati dopo il 10 giugno 1940, è regolata rispettivamente dalla Legge dell’una o dell’altra delle Parti, a seconda che la residenza delle suddette persone al momen-to dell’entrata in vigore del presente Trattato si trovi nel terri-torio dell’una o dell’altra delle Parti».

    forfettario che sia equo ed accettabile dalle due Parti, dei be-ni, diritti ed interessi delle persone fisiche e giuridiche italia-ne, situati nella parte del territorio indicata all’articolo 21 del Trattato di Pace con l’Italia del 10 febbraio 1947, compresa nelle frontiere della Repubblica Socialista Federativa di Ju-goslavia, che hanno fatto oggetto di misure di nazionalizza-zione o di esproprio o di altri provvedimenti restrittivi da parte delle Autorità militari, civili o locali jugoslave, a partire dalla data dell’ingresso delle Forze Armate Jugoslave nel suddetto territorio. A tale fine i due Governi inizieranno negoziati entro il termine di due mesi a partire dalla data dell’entrata in vigore del presente Trattato. Nel corso di questi negoziati i due Go-verni esamineranno con spirito favorevole la possibilità di la-sciare, in un certo numero di casi, agli aventi diritto che faran-no domanda entro un termine da stabilire, la libera disponibi-lità dei beni immobili sopra menzionati, i quali siano già stati affidati in uso o in amministrazione ai membri vicini della fa-miglia del titolare, o in casi simili».

    Ciò equivaleva a legalizzare anche per la ex Zona B del TLT e ai colli muggesani le indebite sottrazioni di beni com-piute dalle autorità jugoslave, come già previsto da vari ac-cordi bilaterali a partire dal 1949 per i territori ceduti col Trat-tato di pace. La Jugoslavia si impegnava a pagare un inden-nizzo all’Italia e a lasciare in «libera disponibilità», ma solo su richiesta degli interessati, «un certo numero» di beni. L’ac-cordo venne poi firmato appena il 18 febbraio 1983 a Roma e, dopo la fine della Jugoslavia che aveva pagato all’Italia due delle undici rate di indennizzo, attende ancora applica-zione da parte slovena e croata sia per il saldo degli inden-nizzi con i relativi interessi e penalità sia per la consegna dei beni in piena proprietà, non esistendo più nelle due Repubbli-che il regime giuridico della «libera disponibilità».

    Assicurazioni sociali e pensioni di vecchiaiaL’art. 5 recitava: «Al fine di regolare la materia delle assicu-

    razioni sociali e delle pensioni di vecchiaia delle persone indi-cate all’articolo 3 del presente Trattato, le due parti conclude-ranno appena possibile un accordo relativo alle questioni che, secondo il Protocollo Generale del 14 novembre 1957, non sono già regolate dall’Accordo stipulato fra di esse in pari data. A questo fine i due Governi inizieranno negoziati entro un termine di due mesi a partire dalla data dell’entrata in vigore del presente Trattato. Fino alla conclusione dell’Ac-cordo previsto al primo paragrafo di questo articolo, la salva-guardia degli interessi delle persone che attualmente godono di assicurazioni sociali e di pensioni di vecchiaia e che rien-trano nel novero di quelle indicate all’articolo 3 del presente Trattato, è assicurata dalle misure che figurano all’Allegato IX del presente Trattato».

    L’auspicata collaborazione economicaL’art. 6 affermava: «Le due parti confermano la loro volontà

    di sviluppare ulteriormente la loro cooperazione economica con l’obiettivo, in particolare, del miglioramento delle condi-zioni di vita delle popolazioni di frontiera dei due Paesi. A questo fine esse hanno simultaneamente stipulato un Accor-do sullo sviluppo della cooperazione economica». Tale Ac-cordo, in 11 articoli, prevedeva: una Zona franca industriale a cavallo del confine carsico (mai realizzata); una Commissio-ne mista permanente per l’idroeconomia; la costruzione e utilizzazione comuni di impianti per la produzione di energia elettrica (in particolare la diga di Salcano presso Nova Gorica e la regolarizzazione e l’accumulo delle acque del Rosandra presso Trieste); una via navigabile Monfalcone-Gorizia-Lu-biana-Danubio (mai realizzata); il collegamento tra le auto-strade Venezia-Trieste-Gorizia-Tarvisio, Nova Gorica - Po-stumia - Lubiana, Fernetti-Postumia e Erpelle/Cosina-Fiume (quest’ultima non ancora realizzata dalla parte slovena); una strada in territorio italiano tra il Collio jugoslavo e Salcano; una strada tra Raune di Luico e Cambresco nell’alto Isontino jugoslavo; una «cooperazione stretta e permanente tra i porti dell’Adriatico del Nord» (ancora da venire); una collaborazio-ne in materia di protezione dell’Adriatico contro l’inquinamen-to; studi comuni per lo sviluppo della cooperazione economi-ca nelle regioni di frontiera; accordi tra le organizzazioni eco-nomiche italiane e jugoslave sull’energia elettrica, il petrolio e il gas naturale, i minerali e in particolare le materie fissili, non-ché il legno e la cellulosa.La minoranza italiana privata della tutela internazionale

    L’art. 7 sanciva: «Alla data dell’entrata in vigore del presen-te Trattato il Memorandum d’Intesa di Londra del 5 ottobre 1954 e i suoi allegati cessano di avere effetto nelle relazioni tra la Repubblica Italiana e la Repubblica Socialista Federati-va di Jugoslavia. Ciascuna parte ne darà comunicazione al Governo del Regno Unito di Gran Bretagna e dell’Irlanda del Nord, al Governo degli Stati Uniti d’America ed al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, entro un termine di trenta gior-ni a partire dall’entrata in vigore del presente Trattato». Ciò avvenne, senza che ne ssuno dei soggetti citati lamentas-se violazioni al Trattato di pace.

    L’art. 8 stabiliva: «Al momento in cui cessa di avere effetto lo Statuto Speciale allegato al Memorandum d’Intesa di Lon-dra del 5 ottobre 1954, ciascuna parte dichiara che essa manterrà in vigore le misure interne già adottate in applica-zione dello Statuto suddetto e che essa assicurerà nell’ambi-to del suo diritto interno al mantenimento del livello di prote-zione dei membri dei due gruppi etnici rispettivi previsto dalle norme dello Statuto Speciale decaduto». Veniva così meno uno strumento internazionale di garanzia per le rispettive mi-noranze, la cui tutela diventava prerogativa esclusiva dei due Stati, i quali prima avevano invece un diritto di ingerenza reci-proca in alcuni casi. La Repubblica Italiana, per non essere costretta a proteggere meglio gli sloveni delle province di Gorizia e Udine, trascurò gli italiani rimasti in Zona B e sui colli muggesani, i cui diritti linguistico-culturali (per non parla-re di quelli politico-sociali) erano ormai ridotti ai minimi termi-ni su buona parte del territorio del loro radicamento storico.

    In definitiva, a Osimo gli italiani dell’incompiuto TLT, sia esuli che rimasti, furono ancora una volta vittime sacrificali sull’altare della distensione italo-jugoslava e internazionale.

    Paolo Radivo

    Si voleva con ciò sanare la folle situazione per cui, con la pretesa che la Zona B e i colli muggesani fossero rimasti sot-to la nominale sovranità italiana dopo l’entrata in vigore del Trattato di pace il 16 settembre 1947 vista la mancata attua-zione del TLT, la Repubblica Italiana considerava come pro-pri tutti quei cittadini, sia esuli sia rimasti. Viceversa la Re-pubblica Socialista Federativa di Jugoslavia considerava co-me propri i cittadini rimasti, ritenendo quei territori legalmente acquisiti col Memorandum. Peraltro né agli esuli né ai rimasti nessuno dei due Stati aveva mai chiesto di optare. Si era co-sì creato un limbo giuridico, e per giunta alcune persone si trovavano in uno status indefinito. Ora invece si stabiliva che la cittadinanza dipendeva dalla residenza, ossia che diventa-va a tutti gli effetti cittadino italiano chi, residente nell’area del TLT al 10 giugno 1940, risiedeva in Italia al momento dell’en-trata in vigore del Trattato (21 marzo 1977); viceversa diven-tava a tutti gli effetti cittadino jugoslavo chi, residente nell’area del TLT al 10 giugno 1940, risiedeva in Jugoslavia al momen-to dell’entrata in vigore del Trattato.

    Si costringe all’esodo chi cambia cittadinanzaL’art. 3 proseguiva dicendo: «Le persone che fanno parte

    del gruppo etnico italiano e le persone che fanno parte del gruppo etnico jugoslavo, alle quali si applicano le disposizioni del comma precedente, hanno facoltà di trasferirsi rispettiva-mente nel territorio italiano e nel territorio jugoslavo, alle con-dizioni previste dallo scambio di lettere di cui all’Allegato VI del presente Trattato. Per quanto riguarda le famiglie, verrà tenuto conto della volontà di ciascuno dei coniugi e, nel caso in cui questa fosse coincidente, non sarà tenuto conto dell’eventuale diversa appartenenza etnica dell’uno o dell’al-tro coniuge. I figli minori seguiranno l’uno o l’altro dei loro ge-nitori, in conformità con la normativa di diritto privato, applica-bile in materia di separazione, nel territorio dove i genitori hanno la loro residenza permanente al momento dell’entrata in vigore del presente Trattato».

    Si estendeva quindi all’area del TLT, ma in modo biunivoco, il principio dell’opzione pro Italia previsto dal Trattato di pace per i soli cittadini dei territori ceduti nel 1947 alla Jugoslavia. In base all’Allegato VI, gli italiani rimasti nell’ex Zona B e sui colli muggesani avrebbero potuto, entro un anno dall’entrata in vigore del Trattato, esprimere l’intenzione di trasferirsi in Italia, dovendo lasciare il territorio jugoslavo entro tre mesi dalla notifica dello svincolo dalla cittadinanza jugoslava. Gli sloveni (ma il testo parla di «gruppo etnico jugoslavo») della ex Zona A meno i colli muggesani avrebbero potuto, entro un anno dall’entrata in vigore del Trattato, esprimere l’intenzione di trasferirsi in Jugoslavia, dovendo lasciare il territorio italia-no entro tre mesi dalla comunicazione di concessione della cittadinanza jugoslava e perdendo con ciò quella italiana.

    Secondo l’Allegato VII le persone che avrebbero lasciato la parte italiana dell’ex TLT sarebbero state autorizzate, dopo il pagamento di eventuali debiti o imposte, a portare con sé i propri beni mobili o a venderli e a trasferire i fondi, se legal-mente acquistati, senza alcuna imposta di esportazione o importazione. L’Allegato VIII dava identiche disposizioni per le persone che avrebbero lasciato la parte jugoslava dell’ex TLT. Condizioni e limiti sarebbero stati definiti nell’ambito dell’accorso da stipulare ai sensi del successivo art. 4. Per fortuna tuttavia non vi fu un nuovo esodo di massa.

    Legalizzati gli indebiti espropri jugoslaviL’art. 4 stabiliva: «I due Governi concluderanno, al più pre-

    sto possibile, un Accordo relativo ad un indennizzo globale e

  • L’ARENA DI POLA n. 12 del 1° DICEMBRE 2015 3 TRATTATO DI OSIMO

    Martedì 10 novembre l’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia e l’Associazione delle Comunità Istriane hanno ricordato l’infausta ricorrenza del quarantennale del Trattato di Osimo con una cerimonia presso il Monumento all’Esodo istriano-fiumano-dalmata in Piazza Libertà a Trie-ste, vicino a quel Silos che un tempo ospitò in condizioni pe-nose tanti esuli istriano-fiumano-dalmati e che in questi mesi ha ospitato in condizioni ancora più precarie diversi profughi extra-europei. I presidenti dei due sodalizi, Renzo Codarin e Manuele Braico, hanno deposto una corona di fiori. Il Coro delle Comunità Istriane ha quindi cantato il Va, pensiero.

    Nei loro brevi discorsi Codarin e Braico hanno lamentato la rinuncia compiuta dallo Stato italiano a riacquisire la Zona B dell’ex Territorio Libero di Trieste e i colli muggesani (già ap-partenenti alla Zona A). «Alla base – hanno aggiunto – di quello che è stato il tradimento di Osimo, celato fino all’ulti-mo, negli anni ’70 è stato il prevalere degli interessi economi-ci. Dal rifiuto degli esuli e dei triestini al Trattato è nata la Lista per Trieste, che ha portato avanti per anni le istanze di chi ha lasciato la propria terra». Codarin e Braico hanno ricordato l’impegno dell’esule isolano Giacomo Bologna, unico deputa-to della Democrazia Cristiana a votare contro la “svendita” dell’ex Zona B e dei colli muggesani, venendo per tale motivo duramente osteggiato dal suo partito e non più ricandidato. Codarin ha fatto presente come nel 1975 proprio la firma del Trattato di Osimo convinse lui, allora 17enne appena entrato nell’Unione degli Istriani, ad impegnarsi in politica. Oggi, che il mondo è cambiato, la questione va affrontata in chiave eu-ropeistica, «per guardare avanti ma senza dimenticare».

    «Non si devono dimenticare le proprie origini – ha dichiara-to il vice-presidente della Provincia di Trieste Igor Dolenc, appartenente alla minoranza slovena – per potersi porre nel-la migliore condizione con lo sguardo al futuro».

    «Quarant’anni fa – ha detto il consigliere regionale del Friu-li Venezia Giulia (Forza Italia) ed esponente dell’ANVGD

    triestina Bruno Marini – il Trattato di Osimo rappresentò un avvenimento di grande importanza sul piano storico e politico per Trieste e non solo. Dal punto di vista storico si coltivava in quegli anni il mito dell’intramontabilità del sistema comunista e della cortina di ferro con le conseguenze che ciò comporta-va, come ad esempio la convinzione che l’unità della Repub-blica Jugoslava creata da Tito fosse un dato politico e diplo-matico destinato a durare pressoché in eterno. Si è visto co-me tale convinzione fosse profondamente errata, frutto di

    una concezione politica, portata avanti in particolare dalla si-nistra democristiana (qui a Trieste i famosi “morotei”) e co-munista, ispirata al compromesso storico di berlingueriana memoria. Sul piano politico, a voler essere estremamente sintetici, ci fu la sottovalutazione del ruolo che gli esuli istria-ni, fiumani e dalmati e le associazioni che li rappresentavano ebbero sulla scena politica triestina, che portò in breve tempo

    alla spaccatura verticale della DC ed alla conseguente nasci-ta di quella Lista per Trieste che divenne protagonista della politica cittadina per quasi un trentennio. Sul piano morale quell’avvenimento riaprì nelle popolazioni dell’esodo ferite dolorose». «Oggi – ha concluso Marini – la situazione è pro-fondamente cambiata: Italia, Slovenia e Croazia sono in Eu-ropa, circostanza che rappresenta la speranza di un futuro migliore per le popolazioni di queste terre».

    «Martedì 10 novembre – ha evidenziato Lorenzo Salimbe-ni, responsabile stampa dell’ANVGD – ricorre il quarantenna-le del Trattato di Osimo, con il quale l’Italia riconobbe la so-vranità jugoslava sulla Zona B del mai costituito Territorio Li-bero di Trieste, sulla quale si era esercitato il Governo Milita-re jugoslavo (di fatto una vera e propria annessione anticipa-ta) nel periodo compreso tra il Trattato di Pace del 1947 ed il Memorandum di Londra del 1954. Il Trattato di Osimo fu poi perfezionato dall’Accordo di Roma del 18 febbraio 1983. In quest’ultima occasione si quantificò l’entità del risarcimento che la Jugoslavia doveva all’Italia con riferimento ai beni im-mobili degli esuli istriani provenienti dalla Zona B, stabilendo la cifra forfettaria di 110 milioni di dollari (con lo scandalo dei 21 centesimi di dollaro per metro quadrato di proprietà!!!). La comunità degli Esuli e la città di Trieste all’epoca vissero con rabbia e disperazione la firma di un Trattato che non solo po-neva fine a qualsiasi rivendicazione territoriale nei confronti della ex Zona B (naturale e storico retroterra triestino), ma anche dal punto di vista economico si dimostrava inaccetta-bile, lasciando irrisolti vari punti interrogativi. Perché l’Italia non capì che, morto Tito, la Jugoslavia sarebbe implosa o comunque diventata un interlocutore più malleabile? Come mai si risolse la questione bilateralmente e non si cercò di portare la questione a livello CEE, organismo nel quale l’Italia esercitava ancora un ruolo di primo piano? Quali interessi si muovevano dietro la paventata Zona Franca Industriale che avrebbe dovuto gravitare sul capoluogo giuliano?».

    Un convegno milanese su questa «vergogna della storia italiana»

    ANVGD e Comunità Istriane ricordano l’infausta ricorrenza

    Il 14 novembre 2015 a Milano nella prestigiosa cornice di Palazzo Cusani, Sede del Circolo di Presidio dell’Esercito - Comando Regione Lombardia, si è tenuto il Convegno orga-nizzato dal Movimento Nazionale Istria Fiume Dalmazia per il 40° anniversario del Trattato di Osimo, in collaborazione con l’UNUCI (Unione Nazionale Ufficiali in Congedo).

    Non era mai accaduto che uno Stato sovrano cedesse una parte del proprio territorio senza contropartite, ma è quanto avvenne con la rinuncia italiana alla sovranità sulla Zona “B” del mai costituito TLT (Territorio Libero di Trieste). Del pari, non era mai accaduto che le lunghe trattative segrete fossero state condotte, sempre da parte italiana, da funzionari estra-nei al mondo diplomatico.

    Quello di Osimo fu un alto tradimento, reato perseguito dal Codice penale dell’epoca con la sanzione dell’ergastolo, ma venne approvato dai due rami del Parlamento con una larga maggioranza: a parte qualche caso personale di dissenso, i soli Gruppi che si espressero in senso contrario furono quelli del MSI (Movimento Sociale Italiano).

    E’ facile comprendere, in tale ottica, come la vicenda di Osimo sia stata oggetto di un pervicace silenzio a livello poli-tico, anche dopo l’avvento della Legge 30 marzo 2004 n. 92, istitutiva del Ricordo, e come la stessa storiografia abbia de-dicato attenzioni quasi marginali ad un evento obiettivamente traumatico.

    Il Convegno di Milano ha voluto proporre all’attenzione di tutti la necessità di una maggiore consapevolezza critica sul-le motivazioni e sulle conseguenze di Osimo, senza dire del clima da consorteria con cui si giunse, da parte italiana, all’approvazione parlamentare dell’opera governativa, e poi alla ratifica.

    L’iniziativa, davanti ad un pubblico assai folto ed attento, con rappresentanze significative del mondo militare e di quel-lo esule, nonché della società civile e della stampa, ha con-sentito di fare un punto aggiornato sulla storia di Osimo, cre-ando una base certamente utile ad ulteriori approfondimenti critici ed alle riflessioni su un trattato internazionale le cui conseguenze sulla vita politica italiana si sarebbero protratte nel lungo termine.

    I lavori sono iniziati con i saluti di Romano Cramer di Albo-na, Segretario del Movimento Nazionale Istria Fiume Dalma-zia, del Col. Francesco Cosimato, Direttore del Circolo Milita-re, del Gen. Giovanni Fantasia, Presidente dell’UNUCI - Se-zione di Milano, della Prof.ssa Maria Dicorato, Esule da Fiu-me, e del Dr. Luciano Garibaldi nella sua duplice qualità di storico e di moderatore del Convegno. Hanno tenuto le rela-

    zioni di base l’On. Renzo de’ Vidovich e il Dr. Carlo Montani, che ha illustrato anche quella dell’Ambasciatore (A.R.) Gian-franco Giorgolo, impossibilitato ad intervenire. Anche l’Avv. Prof. Augusto Sinagra non ha potuto partecipare all’evento.

    De’ Vidovich ha parlato della sua esperienza parlamentare all’epoca di Osimo, sottolineando come si fosse arrivati alla vigilia del trattato senza alcuna informazione preliminare, e come le sole opposizioni fossero state quelle della Destra, con la sola eccezione di alcuni deputati come l’istriano Gia-como Bologna (DC), la M.O. Luigi Durand de la Penne (PLI), ed il socialdemocratico Fiorentino Sullo.

    Ha fatto seguito la sintesi della relazione di Giorgolo, ri-guardante le premesse (Patto di Londra, trattati del primo dopoguerra, tensioni italo-jugoslave degli anni ’20 e succes-sivo riavvicinamento, colpo di stato del 1941 e cambiamento di campo da parte di Belgrado, diktat del 10 febbraio 1947, contributo al ritorno dell’Italia a Trieste offerto dai Ragazzi del 1953, non a caso definiti quali “ultimi Martiri del Risorgimen-to”).

    Nella sua relazione, Montani, anche con l’ausilio di una si-gnificativa documentazione iconografica, ha illustrato gli aspetti fondamentali di Osimo, nelle premesse e nelle matrici politiche, e poi negli effetti a medio e lungo termine, tutti di segno negativo, fatta eccezione per la mancata realizzazione della ZFIC (Zona Franca Industriale del Carso), che sarebbe stata un’autentica jattura per Trieste.

    Poi, ha preso la parola il Dr. Francesco Gabrielli, che ha dato lettura di una comunicazione del padre Italo, Presidente “pro-tempore” dell’Unione degli Istriani all’epoca di Osimo,

    Il 14 novembre si è svolto a Trieste, nella sede di via Milano n. 22, l’Esecutivo della Federazione delle Associazioni degli Esuli Istriani Fiumani e Dalmati. Insieme al Presidente Anto-nio Ballarin, erano presenti Renzo Codarin, Presidente AN-VGD, Manuele Braico, Presidente dell’Associazione delle Comunità Istriane, Guido Brazzoduro, Presidente del Libero Comune di Fiume in Esilio, Tullio Canevari, Presidente del Libero Comune di Pola in Esilio, Franco Luxardo, Presidente del Libero Comune di Zara in Esilio, Davide Rossi, del Comi-tato Promotore per la costituzione della Fondazione, Stefano Nedoh, Delegato per la gestione delle rendicontazioni dei progetti ex Legge 72/2001 e successive modifiche, Giorgio Varisco, Segretario Generale della FederEsuli e Nadia Giu-gno, Programme Officer per la Presidenza della FederEsuli.

    Nella sua relazione il Presidente, Antonio Ballarin, ha espresso grande apprezzamento e piena soddisfazione per i recenti successi della Società Dalmata di Storia Patria di Ve-nezia, guidata da Franco Luxardo, la quale, a distanza di po-chi mesi e per mezzo di collaborazioni di ampio respiro cultu-rale, ha pubblicato due pietre miliari nella storia dell’esilio giuliano-dalmata: Scritti sulla Dalmazia, tre volumi dell’opera omnia dello storico Giuseppe Praga edita in collaborazione

    FederEsuli: il “tesoretto” di Osimo fa gola allo Stato italiano

    con particolare riguardo all’opera instancabile di opposizio-ne, anche attraverso una miriade di appelli alla classe politi-ca, ivi compresi tre Presidenti della Repubblica, sei Presiden-ti del Consiglio, una trentina di Ministri e tutti i parlamentari, generalmente senza risposta.

    Ha fatto seguito un dibattito a cui hanno partecipato, fra gli altri, il Gen. Cesare Di Dato (sulla permanente validità degli ideali patriottici, anche in riferimento alla vicenda dei fucilieri di Marina sequestrati dall’India), la Prof.ssa Rossana Mondo-ni (sulle carenze spesso volute dell’insegnamento), la signo-ra Laura Brussi (sulle scarse attenzioni per la memoria delle foibe anche nei cosiddetti viaggi di studio), ed il Dr. Piero Sel-la, Direttore de “L’Uomo Libero”, anche in riferimento al pro-prio saggio Latini e Slavi nell’Adriatico: storia di una pulizia etnica, inserito nella cartella del Convegno assieme alle Re-lazioni di base, alla comunicazione di Gabrielli ed alla testi-monianza di Francesco Avallone, figlio di un Infoibato (da cui emerge, tra l’altro, come l’ostracismo dato ai profughi in tran-sito da Bologna non fosse stato un episodio circoscritto, ben-sì un fatto tristemente ricorrente).

    Nell’intervento conclusivo, Romano Cramer, a commento della “cupidigia di servilismo” manifestata con particolare en-fasi nel 1947 e nel 1975, ha proposto due documenti, rispetti-vamente del 31 marzo 1943 e del 2 ottobre 1969: il primo ri-guardante un ordine di cattura a carico di Tito emanato dalla Stazione dei Carabinieri Reali di Trieste, ed il secondo con-cernente la massima onorificenza della Repubblica Italiana (democratica!) conferita al medesimo Tito nel 1969 e mai re-vocata, nonostante le istanze in tal senso presentate.

    Osimo, in definitiva, è un momento della storia d’Italia parti-colarmente negativo, che chiude in maniera non certo com-mendevole un secolo di speranze, di delusioni e di vicende davvero “complesse” inaugurato proprio nel 1876 con la co-stituzione dell’Associazione in pro dell’Italia Irredenta voluta da Giuseppe Avezzana e da Matteo Renato Imbriani. Nondi-meno, la presenza al Convegno di Milano dei giovani appar-tenenti al “Movimento Nazionale Irredentista” è motivo di rin-novate speranze, unitamente al messaggio dell’eroico Ve-scovo di Trieste e Capodistria Mons. Antonio Santin, secon-do cui «le vie dell’iniquità non possono essere eterne».

    E’ stato distribuito a tutti i partecipanti l’appello fatto al Pre-sidente della Repubblica Italiana per un sua visita al Sacrario di Basovizza (Trieste), «…un gesto molto semplice ma di forte significato morale in onore degli Esuli e di tutti gli infoi-bati od altrimenti massacrati nel 1943-47…».

    Romano Cramer

    col Centro di Ricerche Storiche di Rovigno; Gli italiani di Dal-mazia e le relazioni italo-jugoslave nel Novecento, di Luciano Monzali, edito da Marsilio, oggetto dell’odierna presentazio-ne tenutasi presso il Museo della Cultura istriana, fiumana e dalmata di Trieste. Durante l’Esecutivo il Presidente Ballarin ha precisato come tali pregevoli iniziative siano la riprova della vitalità e dell’intelligenza, oltre che dello spessore politi-co e culturale, di cui sono capaci le nostre Associazioni.

    Nel prosieguo della riunione, Ballarin si è soffermato sulla ricorrenza del 40° anniversario dell’infausto Trattato di Osi-mo, per il quale gli esuli chiedono ancora giustizia. Fu allora che si quantificò in 110 milioni di dollari USA l’entità del risar-cimento che la Jugoslavia doveva all’Italia per i beni degli esuli istriani provenienti dalla Zona B. Durante la discussione è emerso come questo “tesoretto”, di cui l’Italia è ancora a credito, ingolosisce chi deve far quadrare i conti del bilancio dello Stato.

    Per questo motivo l’istituzione di una Fondazione, da costi-tuire anche con tali fondi, non potrebbe che avere la finalità di raccogliere le diverse anime del mondo degli esuli all’interno di una struttura dotata della giusta e necessaria personalità giuridica per compiere un atteso salto di qualità.

    Un altro scottante argomento trattato ha riguardato ciò che accadrà nel 2016 per l’attuazione della Legge sul Giorno del Ricordo. Infatti, ad oggi, non è dato sapere se le richieste per il riconoscimento dell’onorificenza ai congiunti degli infoibati verranno accolte. Esistono emendamenti e proposte di legge alle quali, fino ad ora, non è stata fornita alcuna risposta, no-nostante le molteplici sollecitazioni sottoposte al Governo da parte della FederEsuli.

    Infine, i lavori dell’Esecutivo si sono focalizzati sul rifinan-ziamento della legge 72/2001 e successive modifiche, inseri-to nella Legge di stabilità in discussione in questi giorni al Parlamento. Sono state presentate due proposte di proroga, una da parte della maggioranza ed un’altra da parte dell’op-posizione, identiche nel contenuto, delle quali la Commissio-ne Bilancio del Senato ha sancito l’ammissibilità. Dunque l’iter è stato ben avviato, ma è stato ribadito come sia indi-spensabile un attento monitoraggio dei prossimi passaggi parlamentari, al fine di garantire alle nostra Associazioni la sopravvivenza economica per le annualità 2016-2018.

    Federazione delle Associazionidegli Esuli Istriani, Fiumani e Dalmati

    Trieste, 15 novembre 2015

    La cerimonia presso il Monumento all’Esodo.

    L’intervento di Carlo Montani.

  • 4 L’ARENA DI POLA n. 12 del 1° DICEMBRE 2015ISTRIA IERI & OGGIPola: continuano gli scavial Teatro Romano piccolo

    Prosegue la seconda fase degli scavi al Teatro Romano piccolo di Pola, avviata il 3 agosto 2015 dal Museo Archeolo-gico dell’Istria sotto il coordinamento della curatrice museale Silvana Petešić. I resti dell’edificio, risalente al I secolo d.C., sono visibili sulle pendici del colle del Castello dietro la sede del MAI. Come si può vedere da questa foto scattata lunedì 2 novembre, si è completamente smantellato il piano dell’or-chestra fino allo strato dell’intonaco di calcestruzzo su cui

    poggiava la pavimentazione in lastre di pietra o, dove tale strato era assente, fino alla roccia viva. Si è provveduto inol-tre a ripulire le gradinate inferiori e la parte occidentale del canale semicircolare di scolo tra l’orchestra e le gradinate non più ricoperta dalle lastre originarie, recuperando in tal modo tutto il materiale ivi sedimentatosi nel corso dei secoli.

    Ceramiche protostorichee romane presso Orsera

    La seconda campagna di scavi condotta sul Monte Ricco presso Orsera dal 14 settembre al 10 ottobre 2015 ha portato alla luce frammenti di ceramica risalenti al I secolo dopo Cri-sto e, nello strato di terreno sottostante, all’età del bronzo, che in Istria fiorì all’incirca fra il XIX e il XII secolo avanti Cri-sto. Tale scoperta conferma che questo colle strategico co-minciò ad essere frequentato già all’epoca dei castellieri. Sorse allora un primo villaggio. Sulle sue rovine ne fu edifica-to pià tardi uno romano. Alto fino a 77 metri, Monte Ricco si trova ad un chilometro dal mare e ad un chilometro e mezzo a nord-est di Orsera. Ha effettuato le indagini un gruppo di archeologi dell’Università “Juraj Dobrila” di Pola con a capo la prof.ssa Klara Buršić Matjašić. Al progetto, finanziato dalla Fondazione Croata per la Scienza, hanno lavorato anche gli archeologi Robert Matijašić, Davor Bulić, Katarina Gerometta e Sandra Šoštarić, nonché una decina di studenti.

    Nella precedente campagna di scavo svoltasi lo scorso anno fu rinvenuta una cisterna romana di 7 metri x 16,5, non-ché numerosi massi, al di sotto dei quali giacciono probabil-mente i resti di antiche costruzioni. Dai tetti di queste l’acqua piovana veniva convogliata nella cisterna. La terza campa-gna di scavi a Monte Ricco avrà inizio nel settembre 2016.

    Reperti romani a MedolinoSono stati presentati in una conferenza stampa presso il

    Municipio di Medolino venerdì 23 ottobre gli esiti dell’ultima campagna di ricerche archeologiche condotte sulla penisola di Isola (detta un tempo del Vescovo o Valdenaga) e sull’istmo di Burle da esperti del Centro di ricerca archeologica MIC (Medolino-Brioni), dell’Istituto “Pilar” di Zagabria e dell’Istituto di prospezione archeologica e archeologia virtuale “Ludwig Boltymann” di Vienna, con la partecipazione di un archeolo-go di un’Università di Napoli. La novità è consistita nell’uso di tecniche di indagine non invasiva con georadar e scansione laser del terreno che consentono un’esatta ricostruzione e ri-produzione tridimensionale del sottosuolo. Sono stati così scoperti una necropoli con 15 sepolcri, una fossa comune del V secolo d.C. (dovuta forse alla necessità di sotterrare in fret-ta persone colpite da un’epidemia), un probabile complesso termale romano oggi sommerso a sud della penisola e, vero-similmente, anche un vivaio di pesci. Tali reperti appartene-vano alla ricca e importante villa rustica romana attiva per secoli su quella che al tempo era un’isola. In campagne di scavo compiute tra il 1995 e il 2010 era stato appurato che nella parte occidentale di Isola aveva sede la lussuosa parte residenziale della villa, mentre in quella sud-orientale il molo con i magazzini e le abitazioni per commercianti e schiavi.

    Auspicio comune di Kristina Džin, responsabile del Centro di ricerca archeologica MIC, Igor Miholjek, responsabile del Dipartimento di Archeologia subacquea dell’Istituto Naziona-le di Restauro di Zagabria, e del sindaco di Medolino Goran Buić è che il sito possa presto diventare un parco eco-arche-ologico. Intanto, anche grazie alla Regione Istriana, verrà re-

    alizzato un percorso-passeggiata con pannelli informativi in più lingue. Quando poi la Regione darà luce verde alla richie-sta di maggior tutela per l’area, il Comune proporrà che Isola sia gestita da “Kamenjak”, l’ente pubblico che già cura la Ri-serva naturale di Capo Promontore.

    Pola: torna alla luceuna villa romana

    A Pola sono ripresi lo scorso ottobre e dovrebbero protrarsi fino a gennaio gli scavi archeologici per riportare alla luce la villa romana scoperta alla fine del 2014 in Clivo Franjo Glavinić (dal 1948 al 1952 Prolaz I., dal 1938 al 1948 Clivo dei Capitani, dal 1886 al 1938 Clivo Cornelio, dal 1869 al 1889 Clivo Portaurea). L’area, di 100 metri quadri in pendio, rientra nel nucleo più antico della città. Negli ultimi decenni si era ridotta a una specie di giungla. Su incarico e con l’assi-stenza del Museo Archeologico dell’Istria, la ditta privata po-lese “Arheo Tim” vi ha rinvenuto un muro romano di ottima fattura lungo 6-7 metri, due vasche di pietra quadrangolari con un foro centrale (forse torchi per l’olio d’oliva), parte della pavimentazione eseguita con la tecnica dell’opus spicatum (laterizi messi di taglio a lisca di pesce o di spiga di grano), un lumino ad olio intero di tipo africano in terracotta rossa del III-IV secolo d.C. con raffigurato un delfino, numerosi frammenti di affreschi del II e III secolo d.C., tasselli sparsi di un mosai-co bicromo, cocci di ceramica risalenti ai secoli dal I al IV d.C. e due monetine romane. I resti della villa, su cui si notano anche interventi di epoca medievale, poggiano su un sottile

    strato di materiale protostorico, composto perlopiù da fram-menti di ceramiche dell’età del bronzo, a riprova del fatto che la zona era abitata già al tempo dei castellieri.

    Nuovi scavi a SiparE’ partita ad ottobre la terza campagna di scavi archeologi-

    ci sull’isoletta di Sipar, tra Umago e Zambrattia, finanziata dal Ministero della Cultura croato, dalla Regione Istriana e dalla Città di Umago. L’obiettivo è approfondire la conoscenza del granaio dell’antico castello, edificato in periodo tardo-impe-riale e attivo fino all’876 dopo Cristo. In quell’anno, durante una scorreria piratesca, il bano dalmata-narentano Domagoj distrusse il castello e devastò la città di Sipar (Siparis, Sepo-maia), estesa fra Catoro e Zambrattia. Da allora Sipar cessò di esistere e i sopravvissuti si rifugiarono poco più a sud, sull’isola di Umago. Il castello fu poi recuperato ad uso abita-tivo, ma il bradisismo che negli ultimi 2.000 anni ha fatto scendere il livello della costa e salire quello del mare di circa un metro e mezzo, trasformando la penisoletta in isoletta, ha portato al suo abbandono definitivo. Fino ad alcuni decenni fa, della fortezza era rimasta in piedi una muraglia, poi crolla-ta e ridottasi ad un ammasso di pietre sotto l’azione corrosiva dello scirocco e delle mareggiate. Quello di Sipar è l’unico castello alto-medievale in Istria con fondamenta romane.

    Già nei secoli scorsi riemersero nell’area dell’antica città tegole, cocci, vasellame, mosaici, frammenti di marmo, mo-nete degli imperatori Valeriano (253-260) e Costante (337-350), urne e murature. Ai piedi di una parete del castello si rinvenne un’iscrizione tardo-antica ed un’altra nei pressi. Nel 2013 iniziò un progetto di recupero dell’isoletta, abitata fin dal I secolo a.C., tramite i rilevamenti laser in 3D effettuati gratui-tamente dalla ditta geodetica “Vektra“ di Varaždin. Durante la seconda campagna, nei primi mesi del 2014, la ditta “Kapitel“ di Gimino ha messo in sicurezza quanto rimane delle mura.

    La speranza è di includere l’isoletta di Sipar nel futuro Par-co archeologico di Sepomaia, che intanto partirà da Punta Tiola, situata poco più a sud all’interno del campeggio di Ca-

    Uno degli scheletri rinvenuti (foto di Mario Rosanda).

    Si puliscono le gradinate inferiori e il canale di scolo.

    In questa cavità del Monte Ricco dove ora crescono gli alberi si trovava una cisterna romana.

    L’isoletta di Sipar (foto di Raymond Krošl).

    La targa bilingue (foto di Maria Rita Cosliani).

    Il cantiere di scavo (foto di Daria Deghenghi).

    toro. Lì nel 1875 fu scoperta una villa rustica romana in riva al mare. Dal 1965 alcune campagne di scavo, intensificatesi dal 2001, hanno riportato alla luce le terme, una cisterna, mone-te, anfore, tegole, piatti e altri reperti dell’epoca di Dioclezia-no (284-305), tutti conservati ora al Museo Civico di Umago. Nel 2006 emersero un magazzino e due tombe. La villa rusti-ca fu attiva dal I al V secolo. Sott’acqua si trovano i resti di un molo lungo 30 metri e largo 6. S’intravedono altresì le basi di una grande costruzione: probabilmente una piscina.

    Ad Arsia una lapide ricordai 185 minatori mortiil 28 febbraio 1940

    La sindaco di Arsia Glorija Paliska Bolterstein e il presiden-te dell’Associazione Veneziani nel Mondo Bruno Moretto hanno inaugurato mercoledì 4 novembre 2015, accanto al portone del municipio di Arsia (Croazia), una targa comme-morativa opera dello scultore Giulio Bornacin, di Portogruaro, donata dagli Amici dell’Associazione Veneziani nel Mondo al Comune istriano. Il bassorilievo riporta in alto un disegno sti-lizzato della vicina miniera. Al centro si staglia la scritta prima in croato e poi in italiano: «In ricordo del mattino del 28 feb-braio 1940 quando nella miniera morirono 185 lavoratori». Altri 150 rimasero intossicati. Parecchi dei morti e dei feriti erano veneti. La responsabilità del disastro colposo, derivan-te da uno scoppio, è addebitabile all’eccessivo sfruttamento della miniera di carbone e alle insufficienti misure di sicurez-za. Fu la più sanguinosa tragedia mineraria della storia d’Ita-lia, troppo a lungo dimenticata in seguito. In mezzo alle scrit-te bilingui, due mani si incrociano tenendo l’una la bandiera croata, l’altra quella italiana, con le date «1940» a sinistra e «2015» a destra. In basso al centro sono citati il luogo e la data: «Raša-Arsia 4/11/2015». A sinistra compare l’emblema del Comune di Arsia e a destra quello degli Amici dell’Asso-ciazione Veneziani nel Mondo con le relative diciture.

    «Questa lapide commemorativa – ha detto la sindaco Pali-ska Bolterstein – è il ricordo che dedichiamo a intere genera-zioni di minatori, alla loro vita difficile e alle loro famiglie».

    «Riteniamo quest’iniziativa molto importante – ha dichiara-to il console generale d’Italia a Fiume Paolo Palminteri – per-ché onora le persone che hanno perso la vita mentre compi-vano il loro lavoro. Oltre al ricordo del dolore, la lapide dedi-cata alla tragedia del 28 febbraio 1940 sia anche un monito perché questo non debba più ripetersi». Palminteri ha ringra-ziato i promotori, portato i saluti dell’ambasciatore a Zagabria Adriano Chiodi Cianfarani e letto il messaggio dell’ambascia-trice Cristina Ravaglia, direttore generale per gli Italiani all’estero del Ministero degli Esteri, la quale ha sostenuto che simili sciagure dovrebbero fungere da stimolo per assicurare ai lavoratori condizioni di lavoro dignitose e sicure.

    Hanno inoltre preso la parola Giovanni Mestriner, sindaco di Scorzè e consigliere della Città metropolitana di Venezia, Gastone Mascarin, presidente del Consiglio comunale di Portogruaro, Eleonora Cervesato, assessore di Fossalta di Portogruaro, ed Emiliano Edera, consigliere regionale mem-bro dell’Ufficio di presidenza del Consiglio regionale del Friuli Venezia Giulia. Matteo Baruzzo, presidente dell’associazio-ne “Trepuntozero” di Fossalta, ha letto l’intervento che avreb-be voluto pronunciare il suo sodale Antonio Venturin, autore del romanzo sulla tragedia di Arsia Manca Lorenzo Buffon e promotore dell’evento, deceduto martedì 3 novembre. Tullio Vorano, presidente del Comitato esecutivo della Comunità degli Italiani “Giuseppina Martinuzzi” di Albona, ha tradotto simultaneamente tutti i discorsi. Sotto il bassorilievo sono in-fine state deposte una corona d’alloro con nastro tricolore italiano e una di fiori con nastro tricolore croato e italiano.

    Nella piazzetta del municipio era esposto il labaro dell’As-sociazione Veronesi nel Mondo. Il Libero Comune di Pola in Esilio era rappresentato dai consiglieri Maria Rita Cosliani e Lino Vivoda. Ha partecipato all’evento anche una delegazio-ne della CI “Dante Alighieri” di Isola d’Istria (Slovenia) e del Circolo di cultura istroveneta “Istria” di Trieste. Il coro “I Ca-stellani” dell’associazione “Trepuntozero” ha accompagnato la cerimonia e ha poi cantato insieme a quello della CI albo-nese nel cinema di Albona. In seguito molti dei presenti han-no assistito alla seduta solenne del Consiglio comunale di Arsia. Al termine è stata inaugurata nella loggia della piazza principale del paese una mostra sui minatori.

  • L’ARENA DI POLA n. 12 del 1° DICEMBRE 2015 5IL RETAGGIO DEL PASSATO

    Trovate a Roma le listedei deportati di Gorizia

    La Lega Nazionale di Gorizia ha da poco portato a compimento una missione di estrema importanza per la memoria storica della nostra città. Il sottoscritto, Presi-dente del sodalizio, ha infatti organizzato la trasferta a Roma per recarsi in visita agli Archivi Centrali di Stato ed a quelli del Ministero degli Affari Esteri assieme al Dott. Ivan Buttignon per dare finalmente ai nostri concittadini molte risposte che storici e ricercatori non sono stati in grado di fornire anche dopo la desecretazione dei docu-menti avvenuta fin dal 1996 (50 anni dopo il tragico perio-do storico che ha sconvolto la nostra città).

    L’obiettivo è stato raggiunto grazie al supporto operati-vo del Senatore Alessandro Maran ed il suo staff che ci hanno aperto la strada degli Archivi ed al contributo del Comune di Gorizia alla trasferta stessa.

    Dopo giorni di intense ricerche siamo rientrati a Gorizia con oltre mille documenti fotografici, molti del tutto inediti. Ritrovati anche, non solo i documenti sulle foibe apparsi anche in un libello pubblicato ultimamente senza citare riferimenti ai fascicoli dell’archivio e chi abbia procurato gli stessi, ma molti altri relativi a questo oggetto. Ritrova-te le liste dei deportati prelevati e di quelli rientrati a Gori-zia che permetteranno finalmente di chiudere le polemi-che sul monumento al Parco della Rimembranza, centi-naia di documenti inerenti testimonianze e rapporti sulle violenze subite dagli italiani nel periodo 1943-1946 e tan-te altre informazioni di primaria importanza.

    Il lavoro per riordinare l’archivio richiederà qualche me-se e ad opera ultimata le informazioni saranno divulgate alla comunità previo conferenze che la Lega Nazionale intende svolgere sul territorio.

    Verosimilmente la prima data nella quale si citeranno le prime informazioni inedite sarà ovviamente non a caso il 10 Febbraio, Giorno del Ricordo.

    Intendo ringraziare pubblicamente il Dott. Ivan Butti-gnon, senza il quale questo lavoro di ricerca non sarebbe stato possibile, ed anche il Dott. Lorenzo Salimbeni della Lega Nazionale di Trieste che ha collaborato alla ricerca.

    Dichiaro che verranno apportati ai documenti soltanto alcuni omissis relativi a nomi di “colpevoli” perché non è intenzione della Lega Nazionale creare danno a chic-chessia ma esclusivamente dare un contributo decisivo alla scoperta della verità storica.

    Mi chiedo come sia possibile che in questi 19 anni do-po la desecretazione ricercatori e storici non abbiano re-perito e divulgato questi documenti, anche se cresce for-te il sospetto che invece siano già in loro possesso ma che abbiano fatto di essi uso di interesse privato atto a dare visibilità a loro pubblicazioni e/o conferenze fornen-do informazioni a “spizzichi e bocconi”. Proprio per evita-re che questo si ripeta la Lega Nazionale si renderà di-sponibile a produrre le documentazioni ufficiali a chiun-que fosse interessato o in alternativa fornendo le “coordi-nate” per ritrovare gli originali. Concludo dichiarando che con questa documentazione potremo finalmente chiude-re la bocca a coloro che continuano ad infangare la storia italiana di Gorizia ed i suoi martiri.

    Luca Urizio - Presidente Lega Nazionale Gorizia

    Dopo 40 anni gli esuli istriani chiedono ancora giustiziaRicorre martedì 10 novembre il quarantennale del Trattato

    di Osimo, poi perfezionato dall’accordo di Roma del 18 feb-braio 1983: in quest’ultima occasione si quantificò l’entità del risarcimento che la Jugoslavia doveva all’Italia con riferimen-to ai beni immobili degli esuli istriani provenienti dalla Zona B del mai costituito Territorio Libero di Trieste, sul quale si era esercitato il Governo Militare jugoslavo (di fatto una vera e propria annessione anticipata) nel periodo compreso tra il Trattato di Pace del 1947 ed il memorandum di Londra del 1954. Stabilita la cifra forfettaria di 110 milioni di dollari (con lo scandalo dei 21 centesimi di dollaro per metro quadrato di proprietà!), il pagamento sarebbe stato effettuato a rate an-nuali dal governo di Belgrado a partire dal primo gennaio 1990, sino all’implosione della Repubblica Socialista Federa-tiva, dopodiché tale onere è ricaduto su Slovenia e Croazia in guisa di Stati successori.

    Rarefatte sono le informazioni che da qui in avanti si cono-scono: Lubiana si accollò il 60% e parrebbe aver versato a rate 56 milioni di dollari su un conto corrente lussemburghe-se, dal quale l’Italia non ha ancora prelevato nulla (avendo chiesto un ricalcolo sulla base delle normative entrate in vi-gore a beneficio dei cittadini sloveni e croati analogamente espropriati dal regime), laddove Zagabria non ha saldato al-cunché del 40% di sua competenza e l’attuale fase di crisi economica dovuta alle politiche attuate per rientrare nei pa-rametri europei non lascia presagire nulla di buono in tempi brevi.

    Nel novembre del 1975 la comunità degli Esuli e la città di Trieste vissero con rabbia e disperazione la ratifica di un Trat-tato che non solo poneva fine a qualsiasi rivendicazione terri-toriale nei confronti della ex Zona B, storico e naturale retro-terra triestino, ma anche dal punto di vista economico si di-mostrava inaccettabile, lasciando irrisolti vari punti interroga-tivi. Perché l’Italia non capì che, morto Tito, la Jugoslavia sa-rebbe implosa o comunque diventata un interlocutore più malleabile? Come mai si risolse la questione bilateralmente e non si cercò di portare la questione a livello CEE, organismo nel quale l’Italia esercitava ancora un ruolo di primo piano? Quali interessi si muovevano dietro la paventata Zona Fran-ca Industriale che avrebbe dovuto gravitare sul capoluogo giuliano?

    Pochi mesi or sono la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo di Strasburgo, il più alto grado possibile di ricorso, ha rigettato (senza fornire motivazioni!) e nell’indifferenza generale l’istanza degli Esuli che chiedeva l’interessamento delle isti-tuzioni europee riguardo l’annosa questione del risarcimento dei beni abbandonati. Possiamo dissertare in merito alla ter-zietà del giudice Trajkovska (macedone, ma nata e cresciuta

    nella Jugoslavia di Tito), tuttavia preferiamo denunciare le di-sparità che provengono dall’Italia, la quale ha risarcito equa-mente ed integralmente i connazionali rimpatriati dalle colo-nie nel dopoguerra, laddove i beni abbandonati di fiumani, dalmati e istriani non residenti nella Zona B del TLT sono ser-viti a pagare il debito di guerra nei confronti di Belgrado e non sono ancora stati indennizzati. A conferma di ciò, infatti, ab-biamo una giurisprudenza nazionale che costantemente in questo cinquantennio si è prodigata più nel bastonare gli Esuli che nel sentire le loro legittime voci.

    Inutile sottolineare come, nei tempi di crisi che attraversia-mo ed in nome di un patto di stabilità da rispettare, temiamo fortemente per la sorte degli accordi economici di Osimo. La classe dirigente della Prima Repubblica e buona parte di quella della Seconda era consapevole dell’Ostpolitik e del debito morale contratto con gli Esuli, le cui legittime rivendi-cazioni erano state sacrificate per consolidare il buon vicina-to con la Jugoslavia.

    Chi oggi siede nelle istituzioni sovente conosce solo per sentito dire tali problematiche ed è maggiormente preoccu-pato di attenersi ai diktat finanziari che giungono dalla cosid-detta Troika, sicché il “tesoretto” lussemburghese potrebbe ingolosire chi deve far quadrare i conti e non possiede il peso diplomatico necessario a svolgere un’azione di lobby interna-zionale finalizzata a vedersi riconoscere legittimi diritti sinora calpestati.

    Temiamo perciò che, a fronte di un simbolico versamento una tantum a beneficio di qualche amministrazione locale compiacente, che poi promuova una realizzazione estempo-ranea pro domo sua, il grosso di tale capitale venga invece assorbito dalla voragine del debito pubblico.

    E’ fondamentale ribadire, non tutti lo ricordano con chiarez-za, che non vi è alcun obbligo giuridico per cui i soldi di quei trattati internazionali debbano venire versati agli Esuli, es-sendo un rapporto intercorrente tra due Ordinamenti. Nulla, quindi, osterebbe al Governo italiano nel recuperare quei fondi e gestirli in maniera totalmente autonoma e svincolata, se non – per l’appunto – un ormai flebile debito morale.

    L’istituzione di una Fondazione avrebbe proprio la finalità di raccogliere le diverse e diversificate anime del mondo de-gli esuli istriani, fiumani e dalmati in una struttura dotata della giusta e necessaria personalità giuridica per compiere un salto di qualità in quattro passaggi:

    1. fare in modo che lo Stato incassi il dovuto; 2. promulgare, ancor prima dell’incasso, una norma che

    preveda il trasferimento dei fondi di Osimo ad un soggetto giuridico creato secondo le linee normative già in vigore per le fondazioni bancarie;

    3. dare libera scelta ad ogni singolo avente diritto ex cittadi-no della ex Zona B di acquisire quanto previsto per legge op-pure di lasciare la propria quota in dotazione ad una tale fon-dazione;

    4. fare in modo che una simile Fondazione versi in un fon-do vincolato, cioè intoccabile ed inerodibile, i corrispettivi resi disponibili ed utilizzare i proventi finanziari e solo quelli (cioè gli interessi) per progettare e realizzare opere a tutela della nostra storia e della nostra identità.

    Nella governance della stessa, inoltre, potranno trovare spazio sia rappresentanti del mondo degli Esuli quanto delle Istituzioni, cercando la massima collaborazione e trasparen-za. Siffatta Fondazione, in una fase storica in cui lo Stato chiude consolati e istituti di cultura italiana all’estero, ridimen-siona le ambasciate e concentra la sua azione diplomatica altrove rispetto ai Balcani, potrebbe assurgere a osservatorio privilegiato delle dinamiche d’oltre Adriatico. La conoscenza della complessa vicenda di quelle terre da cui il 90% degli italiani è stato sradicato al termine della Seconda guerra mondiale, l’armonia in via di perfezionamento con la comuni-tà dei “rimasti”, il crescente interesse degli esuli di terza e or-mai quarta generazione a riappropriarsi della propria identità e la voglia di conoscere una pagina di storia dimenticata che riscontriamo sempre di più in occasione del Giorno del Ricor-do nelle scuole e nelle città di tutta Italia in cui ci rechiamo per diffondere storia e testimonianza: ecco il patrimonio ideale e culturale che tale Fondazione potrebbe mettere in campo.

    Tertium non datur: o lo Stato incassa i soldi e sbeffeggia, una volta ancora, gli Esuli, impotenti; o ci si attrezza, cercan-do di limitare i danni e trovare la miglior soluzione possibile, ad ormai settant’anni di distanza dagli infausti avvenimenti.

    Su queste basi l’italianità dell’Adriatico orientale potrà rifio-rire, da siffatti presupposti la penetrazione culturale ma an-che imprenditoriale italiana nelle terre dell’Adriatico orientale troverà interlocutori e collaboratori con i quali sviluppare pro-gettualità e sotto tali auspici, portati avanti da persone che credono in questa causa e non da uno Stato che troppo spesso ha trascurato le nostre legittime istanze, il Ritorno potrà concretizzarsi.

    Antonio BallarinPresidente della Federazione

    delle Associazioni degli Esuli Istriani, Fiumani e DalmatiEmanuele Braico

    Presidente dell’Associazione delle Comunità IstrianeRenzo Codarin

    Presidente nazionale dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia

    Trieste, 7 novembre 2015

    Che fine farà la leggesul Giorno del Ricordo?

    «Che fine farà la Legge del Giorno del Ricordo nel 2016? Ritornerà il silenzio?». Lo chiede la Società di Studi Fiumani - Archivio Museo Storico di Fiume in un appello indirizzato a personalità del mondo politico, ai dirigenti degli Uffici prepo-sti, alle associazioni degli esuli, agli amici e simpatizzanti.

    «Fino ad oggi – scrive il presidente Amleto Ballarini – non sappiamo se le richieste per il riconoscimento dell’onorificen-za ai congiunti degli infoibati verranno in qualche modo ac-colte. Le persone non sanno più se i loro cari scomparsi nelle foibe o uccisi per la loro appartenenza a formazioni italiane in Venezia Giulia, Fiume e Dalmazia avranno diritto alla giusta memoria. I contributi previsti per legge all’IRCI di Trieste e alla Società di Studi Fiumani di Roma, decurtati a Euro 34.500, dal prossimo anno probabilmente cesseranno di es-sere erogati». «A quale titolo – incalza Ballarini – ci saranno celebrazioni ufficiali a ricordo delle vittime delle foibe e degli oltre 300.000 esuli italiani dalle terre giuliane, fiumane e dal-mate? Si partirà dal vertice rappresentativo della nostra Na-zione o sarà lasciata alla buona volontà della amministrazioni locali? Esistono emendamenti, proposte di legge a tale pro-posito, ma finora nessuna risposta in merito è giunta alla stessa Federazione degli Esuli, che ha chiesto da mesi e me-si un Tavolo di governo. Chi potrà aiutarci in tal senso?».

    Giardino Vittime delle Foibe:picconata tabella a Torino

    I consiglieri comunali torinesi di Fratelli d’Italia Maurizio Marrone e Fabrizio Leotta hanno denunciato lo scorso 14 ot-tobre che alcune settimane prima ignoti avevano quasi com-pletamente distrutto, probabilmente a picconate, la tabella recante la scritta «Giardino Vittime delle Foibe» nel Giardino delle Vallette. «E’ – hanno commentato Marrone e Leotta – il gesto vigliacco e vandalico di una minoranza sparuta di no-stalgici del comunismo. E’ un’infamia per tutta Torino». I due consiglieri hanno lamentato altresì il grave ritardo dell’ammi-nistrazione comunale nell’intervento di ripristino.

    Consigliere diplomatico alVillaggio Giuliano-DalmataImportante ed intensa visita di Tobia Zevi, consigliere del

    ministro degli Esteri, al Villaggio Giuliano-Dalmata di Roma venerdì 20 novembre dalle 17 alle 20 (tra un allarme bomba e un altro). Antonio Ballarin, Marino Micich, Maria Ballarin e Marco Brecevich lo hanno portato nella Casa della Bambina Giuliano-Dalmata, al Cippo sulla Laurentina dedicato ai Ca-duti giuliano-dalmati della Grande Guerra, in Viale Oscar Si-nigaglia, alla stele di Amedeo Colella in Piazza Giuliani e Dalmati, presso la Lupa capitolina portata da Pola, nella Chiesa di San Marco Evangelista con le sue vetrate dedicate all’Esodo e nella Cappella dei Santi Giuliano-Dalmati, nella sede del Comitato ANVGD romano, nell’ex Convitto, in Via Cippico, Via Smareglia e Via Bacci, presso la lapide al sena-tore Antonio Tacconi ed al Museo Archivio Storico di Fiume.

    Multe pazze da Fiume e PolaA diversi cittadini italiani residenti soprattutto nel Nord-Est

    stanno arrivando lettere raccomandate in croato con tradu-zione in italiano firmate dall’avvocato di Fiume Marko Kuzmanović e vidimate dal notaio di Pola Ivan Kukucka con l’ingiunzione di pagamento della sosta effettuata in alcuni parcheggi delle due città o di altre della costa croata come Abbazia, Zara e Ragusa. Se l’interessato non paga entro 8 giorni presso la filiale di una banca italiana i 184 euro richie-sti, l’importo sale a 254. In caso di mancato pagamento, si minacciano pignoramenti. Peccato solo che nei giorni indicati i destinatari delle missive non si trovavano in quelle località!

    Della questione si è fatto carico il console generale d’Italia a Fiume Paolo Palminteri. «Non si tratta – dichiara – di una truffa, ma di un disguido tecnico legato a penalità inserite nel contratto di sosta privata, dal momento che il notaio e l’avvo-cato coinvolti nella vicenda sono realmente iscritti ai rispettivi ordini professionali: l’apertura poi di un conto bancario ad hoc in Italia per il recupero di presunti crediti maturati in Croa-zia è una procedura contemplata dalle leggi croate». Tuttavia – aggiunge – «dalle informazioni in nostro possesso a Zaga-bria il notaio è soggetto a due procedimenti disciplinari pres-so il proprio ordine». «In base alle normative – precisa – un notaio croato non potrebbe emettere decreti esecutivi che fi-niscono al di fuori della propria circoscrizione di competenza. Dovrebbe sostenere e dimostrare la validità della ragione per cui non è stata seguita la procedura ordinaria, che prevede che la società di gestione dei parcheggi compili un decreto secondo un modello UE emesso dal Tribunale croato, che comporta tra l’altro un minor aggravio di spese».

    Ma cosa possono fare gli interessati? «Secondo gli stessi professionisti – rileva Palminteri – potrebbe bastare una mail in cui si dichiara che, nel giorno e all’ora del presunto par-cheggio non pagato, ci si trovava da tutt’altra parte. Il nostro consiglio è passare per le vie formali, spedendo una racco-mandata con ricevuta di ritorno, se possibile entro otto giorni. In questo modo il decreto non diventa esecutivo e l’ultima parola, per l’archiviazione, viene demandata al Tribunale cro-ato». Secondo l’Associazione piccole e medie industrie del Friuli Venezia Giulia - CONFAPI, è «opportuno presentare anche la denuncia alle autorità di polizia italiane». Dello stes-so avviso l’ADICONSUM di Padova, che invita comunque a non pagare, e la Federconsumatori del Friuli Venezia Giulia, secondo cui è opportuno allegare alla denuncia la dichiara-zione di un testimone il quale dichiari che nella data contesta-ta la persona si trovava altrove. Tale dichiarazione andrebbe spedita anche all’avvocato fiumano e al notaio polese. Della questione si è occupata Striscia la notizia.

    Torino: targa completataL’amministrazione comunale di Torino ha completato la

    targa posta sul masso in pietra d’Istria che, nel Cimitero Mo-numentale cittadino, regge il monumento realizzato dall’esu-le parentino Michele Privileggi. Ora alla dedica «In memoria degli esuli istriani, fiumani e dalmati ovunque sepolti nel mon-do» è stata aggiunta (con una sintassi un po’ sdrucciolevo-le...) la dicitura «e al Dramma delle Foibe». Il monumento era stato voluto dal Comitato provinciale dell’ANVGD, con il con-tributo della Provincia e del Comune di Torino. La pietra era un dono della Cava di Pisino e della Città di Pola.

  • 6 L’ARENA DI POLA n. 12 del 1° DICEMBRE 2015CROAZIAElezioni politiche croate:

    pareggio tra centro-destrae centro-destra

    Le elezioni politiche croate di domenica 8 novembre 2015 hanno visto un sostanziale pareggio tra i due principali schie-ramenti: la Coalizione patriottica (centro-destra), già di oppo-sizione, e La Croazia cresce (centro-sinistra), già al governo. Ma nessuna delle due ha ottenuto la maggioranza assoluta. A sorpresa è spuntato per giunta un terzo incomodo, che farà da ago della bilancia nell’intera legislatura: la coalizione libe-ral-centrista di liste civiche indipendenti Il Ponte (Most).

    Dei 151 seggi del Parlamento monocamerale (Sabor), la Coalizione patriottica (HDZ, HSS, HSP Ante Starčević, BUZ, HSLS, Hrast, HDA, ZDS) ne ha conquistati 59 (33,9%), com-presi i 3 dei croati all’estero, La Croazia cresce (SDP, HNS, HSU, Laburisti, A-HSS, ZS) 56 (33,7%), Il Ponte 19 (13,8%), l’alleanza tra Dieta Democratica Istriana (DDI), Alleanza Lito-raneo-Montana (PGS) e Lista per Fiume 3, i regionalisti con-servatori dell’Alleanza Democratica Croata di Slavonia e Ba-ranja (HDSSB) 2, la lista del sindaco di Zagabria Milan Bandić (comprendente i Democratici Istriani del transfuga dietino Damir Kajin) 2, i progressisti umanitari “anti-sistema” di Barriera Umana (Živi zid) 1, la lista progressista dell’ex presidente della Repubblica Ivo Josipović, dell’ex vice-pre-mier Radimir Čačić e dell’ex ministro socialdemocratico delle Finanze Slavko Linić La Croazia di successo (Uspješna Hrvatska) 1. A questi si aggiungono gli 8 seggi specifici delle minoranze nazionali: 3 di quella serba, 1 di quella italiana, 1 di quella ungherese, 1 di quelle ceca e slovacca, uno di quel-la slovena, albanese, bosgnacca, montenegrina e macedo-ne, 1 di quella austriaca, bulgara, tedesca, polacca, rom, ru-mena, russina, russa, turca, ucraina, valacca ed ebraica.

    La Coalizione patriottica, capeggiata dal presidente dell’HDZ Tomislav Karamarko, ha visto assottigliarsi negli ul-timi mesi il netto vantaggio che aveva su La Croazia cresce. Lo schieramento del premier e leader socialdemocratico Zo-ran Milanović, che raccoglie gran parte della vecchia maggio-ranza governativa meno la DDI più i Laburisti e il Partito Ver-de, ha invece compiuto una notevole rimonta grazie soprat-tutto al recente miglioramento dei fondamentali economici, a qualche provvedimento a favore dei ceti popolari e alla ge-stione dell’afflusso dei profughi mediorientali, piaciuta ai “pa-trioti” per la voce grossa fatta con la Serbia e ai “progressisti” per la libertà di transito verso Ungheria e Slovenia. Ma gli ulti-mi sviluppi non sono bastati a compensare il diffuso malcon-tento verso l’incapacità del Governo a superare la crisi eco-nomica mediante una politica cauta e sostanzialmente conti-nuista rispetto a quella dei precedenti esecutivi di centro-de-stra, poco premurosa verso le fasce deboli e priva di morden-te verso Bruxelles, con cui Milanović ha fatto un braccio di ferro solo sul caso dell’ex agente segreto jugoslavo Perković.

    L’ansia di rinnovamento è sfociata nel Ponte, con a capo il 36enne sindaco di Metković Božo Petrov. La formazione, che ha chiesto un governo di larghe intese ma ha già espulso un deputato, propugna radicali riforme della giustizia, dell’ammi-nistrazione pubblica, degli enti locali, della moneta, della spesa pubblica, del fisco, contro clientelismo e corruzione e per la Zona Ittico-Ecologica Protetta nell’Adriatico orientale.

    I votanti erano il 60,8%, in crescita rispetto al 2011. Per la prima volta gli elettori hanno potuto esprimere il voto di prefe-renza a un candidato. La soglia di sbarramento era al 5%.

    In Istria e Quarneroprevale il centro-sinistra,

    in Dalmazia il centro-destraL’ottava circoscrizione elettorale, che include l’Istria e il

    Quarnero sud-occidentale, ha espresso ancora una volta la sua preferenza alle formazioni progressiste a scapito di quel-le conservatrici. La Croazia cresce si è piazzata prima con il 37,7% (7 seggi), l’alleanza tra Dieta Democratica Istriana (DDI), Alleanza Litoraneo-Montana (PGS) e Lista per Fiume seconda con il 19,8% (3 seggi), la Coalizione patriottica solo terza con il 17,5% (3 seggi), Il Ponte quarto con il 10,5% (un seggio), Barriera Umana quinto con il 5,2%.

    A Fiume, storica roccaforte rossa, La Croazia cresce ha raggiunto il 44,5%, la Coalizione patriottica il 21,5% e il Ponte il 13,7%. A Pola La Croazia cresce ha vinto con il 36,6%, ma seconda è arrivata l’alleanza regionalista con il 29%, seguita a distanza dalla Coalizione patriottica con appena il 12%. La Croazia cresce è andata forte anche ad Abbazia, Lussinpic-colo, Cherso, Veglia e Arbe. In Istria i regionalisti hanno trion-fato con il 53% a Grisignana (unico Comune croato a mag-gioranza relativa italiana), e sono andati forte anche a Rovi-gno (41,3%), Dignano, Umago e Parenzo. Come da tradizio-ne, invece, il centro-destra ha prevalso a Lanischie (Ciceria) e San Pietro in Selve (presso Pisino).

    La Dieta, che 4 anni fa si presentava in coalizione con il centro-sinistra, ha confermato i suoi tre seggi, che stavolta saranno occupati dal presidente del partito e sindaco di Pola Boris Miletić, dal sindaco di Rovigno Giovanni Sponza (ricon-fermato) e dal sindaco di Albona, il connazionale Tulio De-metlika. La campagna elettorale è stata condotta all’insegna dello slogan Quel che è nostro è nostro, dove per «nostro» si intende il gettito versato all’erario dai contribuenti istro-quar-nerini, di cui lo Stato restituisce solo il 10% in termini di servi-zi. Dopo aver raggiunto un accordo con La Croazia cresce sul decentramento amministrativo, sull’Istria Regione a se stante con il 25% di restituzione del gettito fiscale e sul com-pletamento dell’autostrada Ipsilon, i tre parlamentari dietini hanno firmato la ricandidatura di Milanović come premier.

    La Dalmazia si è invece riconfermata feudo nazionalista e cattolico-conservatore. Nella nona circoscrizione (Regioni di Lika e Segna, di Zara, di Sebenico e Knin e parte settentrio-nale della Regione di Spalato e della Dalmazia) la Coalizione patriottica ha raggiunto il 49,6%, La Croazia cresce il 26%, Il Ponte il 15,1%. Nella decima circoscrizione (parte meridiona-le della Regione di Spalato e della Dalmazia e Regione di Ragusa e della Narenta) la Coalizione patriottica ha avuto il 41,5%, La Croazia cresce il 28,9% e Il Ponte il 18,4%.

    Rieletto Furio Radin,ma calano i votanti italiani

    Con 1.594 voti (65,8%) il polese Furio Radin si è riconfer-mato per la settima volta rappresentante degli italiani di Cro-azia al Sabor. In carica da 23 anni (un record), il 65enne pre-sidente dell’Unione Italiana si presentava all’insegna dello slogan Il coraggio di rimanere italiani. Questi i cinque punti del suo programma: sicurezza dei connazionali; nuovi spazi creativi per i giovani; rispetto e programmi per la terza età; ampliamento del bilinguismo su tutto il territorio in cui storica-mente risiedono gli italiani (anche a Fiume, Cherso, Lussino, Abbazia, Laurana, Draga di Mo-schiena...), come previsto dall’Ac-cordo italo-croato sulle minoranze del 1996; tutela della lingua, cultu-ra e identità italiana (con migliora-mento del livello qualitativo delle scuole italiane e creazione di posti di lavoro in italiano); autonomia territoriale, decentramento politico e diritto al doppio voto (sia politico che etnico) per le minoranze. In campagna elettorale Radin aveva sottolineato la necessità di man-dare in Parlamento una persona esperta, considerando il vento di intolleranza verso le minoranze che spira in Croazia e l’irri-solta crisi economica. Vice di Radin sarà il fiumano Roberto Palisca, caporedattore facente funzioni de “La Voce del Po-polo” e presidente dell’Assemblea dell’Unione Italiana. «Rin-grazio i connazionali – ha affermato Radin – per la fiducia che mi hanno dato ancora una volta. Per me è innanzitutto importante da un punto di vista emotivo avere gli italiani vici-ni». L’onorevole ha espresso sostegno a Zoran Milanović co-me mandatario per la formazione del nuovo Governo.

    Principale sfidante di Radin, sostenuto da gran parte dell’opposizione interna all’UI, era Maurizio Zennaro. Il 50en-ne consigliere comunale parentino, professore di storia e di-rettore della Scuola elementare italiana di Cittanova, ha tota-lizzato 676 suffragi (il 27,9%). In caso di elezione, non avreb-be ricoperto più di due mandati di fila e sarebbe rimasto a di-retto contatto con gli elettori sul territorio. Il suo programma elettorale aveva come slogan La forza dell’italianità ed era incentrato su: bilinguismo visivo anche negli uffici pubblici; ri-spetto dei diritti acquisiti, attuazione dei trattati internazionali; collaborazione e stretto legame con i Consigli della minoran-za italiana autoctona comunali e regionali; collaborazione tra tutti i consiglieri della minoranza eletti nei Consigli comunali e regionali; ottenimento di maggiori mezzi finanziari a livello statale, regionale e comunale e buon utilizzo degli stessi a favore di scuole (dove è cronica la carenza dei manuali e do-ve servirebbero programmi più legati al territorio), Comunità degli Italiani (che devono essere più aperte) e connazionali imprenditori, giovani (che non devono essere costretti ad emigrare) e anziani; promozione di investimenti italiani e di posti di lavoro in italiano. Candidato sostituto di Zennaro era il consigliere comunale abbaziano Ernie Gigante Dešković.

    La 39enne Daniela Dapas, della lista ORaH, presidente della CI di Zagabria, fondatrice e direttrice del gruppo Smart, docente di italiano e traduttrice, ha invece racimolato 151 voti (il 6,2%). Il suo programma si basava sul rinnovamento, una maggiore rappresentanza per gli italiani di Zagabria, del-la Dalmazia e della Slavonia, l’estensione del bilinguismo a tutte le località dove gli italiani sono autoctoni (come prevede l’Accordo del 1996), la trasparenza nella distribuzione dei fi-nanziamenti, il sostegno a giovani e imprenditori connaziona-li, nonché la riduzione dei deputati delle minoranze nazionali. Commentando l’esito delle urne ha lamentato la propria ca-renza di finanziamenti, la brevità della campagna elettorale e la mancata comprensione da parte degli elettori della neces-sità di cambiare. Ha comunque invitato il «nuovo vecchio de-putato» a capire che «è ora di cambi