Nuovi Turismi
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100 alternative al classico viaggio
Nuove frontiere da esplorare per turisti originali
Mario Gerosa - Sara Magro
© 2011 Morellini Editoreby Siscom S.r.l.Via De Sanctis, 35 - 20141 Milanotel. 02/28970820, -fax 02/[email protected]
Copertina: Vito Manolo - RomaProgetto Grafi co: [email protected]
ISBN: 978-88-6298-172-9
3
Indi
ce
5 Prefazione di Enrico Ducrot
9 Introduzione Non si viaggia più come una volta
Geografi e virtuali13 Viaggi virtuali (o Cyber turismo)15 Web Surfi ng17 Turismatica18 Tecnoturismo (o Flashpacker tourism) 20 Souvenair20 Digital nomad21 Tech tourism21 Paranormal tourism
Lo spettaturista(Turista e spettatore)
22 Reality show tourism24 Cine e teleturismo27 Vipwatching28 Set-jetting
I futuribili29 Turismo spaziale
Medical tourism 32 Smile tourism e Turismo medico35 Turismo procreativo
Turismo di consolidamento(Matrimoni & Co.)
37 Weddingmoon40 Familymoon42 Babymoon45 Birth tourism
Viaggiare pericolosamente47 War tourism (o Turismo bellico) 49 Turismo top secret52 Shock tourism (o Turismo estremo)
Lacrima tourism54 Emo tourism (o Turismo delle lacrime)57 Disaster tourism59 Mea culpa tourism (MCT)
Shopping totale61 Shopping tourism65 Flea market tourism (o Turismo da mercatini) 67 Turismo natalizio68 Viaggi delle pentole
Nuove culture69 Rock tourism71 Turismo pop72 Soccer tourism74 Postmodern tourism (o PoMo tourism)
Gli anticonformisti76 Turismo da Autogrill79 Lilliput tourism (o microturismo)80 Gipsy tourism81 Kitsching83 Aeroturismo84 Jail chic87 Vacanze nei fari 88 Anti-tourism89 Favela tourism
Viaggi immobili (Ovvero sognare di viaggiare)
91 Armchair tourism92 Turismo adrenalinico
sedentario (TAS) 93 Staycation95 Urbex
Il viaggio come ragione di vita96 Tourisme de force99 Serial traveller101 Turismo per sempre
e Anno sabbatico
4
Viaggi di genere103 Mancation105 Turismo rosa107 LGBT tourism (lesbiche, gay, bisex e trans in viaggio)109 Momcation
I neoconformisti110 Neo Grand Tour114 Turismo su misura (o Concierge travel)117 Grey nomads (ma anche Grey
tourism o Senior tourism)119 Cruise tourism + River cruise tourism121 Photo tour123 VFP: Visita a Famiglia e Parenti124 BRIC travellers (i Nuovi turisti)
Turismo sostenibile e responsabile125 Ecoturismo (anche turismo ecosolidale) 130 Volontourism (Volonturismo) 134 Cicloturismo136 Garden tourism138 Turismo aborigeno ed etnico (Turismo fi lantropico)139 Urbsturismo
Viaggi spirituali140 Turismo religioso144 New age tourism
Viaggi per gioco146 Turismo d’azzardo (o Gambling tourism) 148 Guinness tourism149 Parkour
Vacanze intelligenti151 Archi-tourism154 Educational tourism e vacanze studio155 Turismo letterario (e pittorico)
157 Turismo teatrale, lirico e dei festival158 Vacanze per imparare
Estetica e fi losofi a del viaggio160 Vagabonding e new nomadism163 Walkscaping165 Slow tourism167 Turismo emozionale (o sentimentale) 169 “Vacilando”171 Perpetual traveler172 Jetiquette
Viaggi della memoria174 Turismo del tempo perduto 174 Genetourism174 Vintage tourism
Di necessità virtù175 Business travel178 MICE179 Team building tourism180 Microvacanze181 Survival tourism182 Sightjogging
Viaggiare al risparmio183 Turismo low cost185 Couchsurfi ng188 All inclusive
Viaggi del corpo e della mente(Per staccare la spina) 189 Turismo gourmand (o Turismo culinario) 191 Nightlife tourism193 Spa tourism195 Booze cruise195 SSS (Sun, Surf, Sand)195 Summer seeker 196 Island hopping
197 Con chi partire
204 Bibliografi a
Indice
5
Se c’è un settore industriale che ha subito i più radica-
li cambiamenti negli ultimi 30 anni è proprio il turismo.
Queste trasformazioni strutturali non si sono aff atto esaurite e
proseguono senza dare respiro né agli operatori, né agli inve-
stitori, né paradossalmente agli stessi turisti, una minoranza di
turisti. Il mercato detta legge con infi nità di correnti, mode,
abitudini, velocità, inseguite disperatamente dai gestori tradi-
zionali del settore: i mass media, i tour operator, le agenzie di
viaggio, i vettori e gli alberghi.
Avete mai provato a confrontare contemporaneamente una delle
più autorevoli riviste di turismo inglesi, americane, giappone-
si, indiane e italiane? Piene di banalizzazioni, ripetizioni, tutte
molto simili tra loro. Saranno forse meglio dei cataloghi dei tour
operator, ma non riescono proprio a soddisfarci, non riescono
ad andare oltre i troppi consigli interessati, e spesso si difendono
con bellissime foto. Oggi la vera piattaforma di off erta sono i so-
cial network, primo tra tutti Facebook, dove vive la più ampia e
caotica tempesta di idee e di scelte, la più globale anarchia, il più
sfrenato individualismo. Questa folle condivisione di esperienze
ha principalmente cambiato i parametri di scambio di emozio-
ni e di idee e certamente il mondo del viaggio (qualsiasi esso
sia) ne è diventato uno degli elementi più simbolici e positivi.
Mi sembra di rileggere un po' i temi e le idee della controcul-
tura degli anni Settanta ma con uno strumento milioni di volte
più potente, globale e capillare al tempo stesso e libero dalle ide-
ologie del Novecento.
È partito quindi un inseguimento tra le tendenze del viaggia-
re in continua evoluzione e un’industria turistica che cerca di
reagire per recuperare la leadership dell’organizzazione (o in-
gabbiamento?) dello spirito libero del viaggio. Nel frattempo,
Pre
fazi
one
6
negli ultimi 20 anni, ovvero da quando Internet si è imposto, molti tour ope-
rator sono morti, molte agenzie di viaggio sono scomparse o si sono aggregate,
i vettori si sono fusi. Ed è nata una moltitudine di portali.
In questo scenario così mobile emerge un punto centrale nel quale si contrap-
pongono due tendenze. Da un lato la domanda, non soddisfatta dall’off erta e
che pretende fortemente di meglio. Dall’altro l’industria turistica, che prova a
stare al passo, ma è ben lontana dal soddisfare le esigenze del mercato.
Ma cos’è che tiene da tanto tempo così distanti domanda e off erta? Si tratta di
un condizione specifi ca del mondo del turismo, anzi del mondo dei servizi, o
tocca anche altri settori?
Una delle caratteristiche del turismo è quella di aggregatore di ogni setto-
re economico. Il turismo in sostanza non è un settore a sé, autonomo, ma è
aggregatore di tutti gli elementi di vita e del territorio nel suo insieme: infra-
strutture, servizi, paesaggio, ambiente, popolazione, tradizioni, ecc. L’identità
del territorio nel suo insieme.
Non sarà quindi che questo scostamento sia proprio da attribuire al modo in
cui viene pianifi cato lo sviluppo del territorio? Sarà forse per questo che il
termine “turismo” ha da qualche decennio assunto un signifi cato negativo e
dispregiativo, in contrapposizione alla parola “viaggiare”?
Tutte domande a cui gli autori di questo libro esplicitamente ed implicita-
mente rispondono. Sfogliando l’indice dei generi di turismo scopriamo ambiti
impensabili fi no a qualche decennio fa, e su 22 classifi cazioni totali, solo 2 o
3 rientrano nel turismo più “tradizionale”. Un mondo, quello del turismo
“nuovo”, ancora tutto da comprendere. Gli autori osservano il turismo da
un’angolazione antropologica ed economica che non può sottrarsi ad ammo-
nire il lettore, ricordando “che non si viaggia più come una volta”. Un lettore
viaggiatore (o turista?) che si divertirà a leggere delle manie del viaggio sco-
prendo forse anche un poco le proprie. Al centro di questo libro ci sono sì
l’industria, il turismo come settore economico e di genere, il territorio, il pro-
dotto. Ma ci siamo soprattutto noi, travolti dal relativismo contemporaneo che
mette tutto in discussione, incluso il nuovo modo di essere viaggiatore, salvo
poi essere nostalgici del “modo di viaggiare di una volta”.
Un lettura per tutti, ma soprattutto per i tecnici del settore che navigano a
vista tra i fragili pilastri del turismo tradizionale e le mille sfaccettature del
futuro.
Prefazione
7
Una lente salutare, quella di questo libro ma che, se tolta per un momento, po-
ne il tema del viaggio all’interno della crisi del modello economico di questi
tempi di transizione.
E tolta la lente sappiamo come a monte di tutto questo vi sia la consapevolezza
che il modello tradizionale della rivoluzione industriale non è più sostenibile,
sia per gli aspetti naturali del nostro pianeta, sia quindi per noi stessi. Il model-
lo dello sviluppo turistico industriale tradizionale, quello di oggi, non soddisfa
pienamente la domanda perché mette a nudo le forti contraddizioni di un
modello ampiamente superato: quello per cui il turismo distrugge le ragioni
per le quali andiamo nei paradisi turistici, ovvero la natura, l’identità del luo-
go e il paesaggio originale.
Il modello progettato negli ultimi 200 anni e che oggi esprime tutti i suoi di-
fetti, tutte le sue criticità, è applicato dai paesi occidentalizzati che valgono per
il 75% del traffi co turistico mondiale.
Gigantesche colate di cemento che hanno distrutto i luoghi più belli del mon-
do, concentrazioni di inquinamento nei parchi naturali, crollo dei monumenti
più rappresentativi della Storia antica, aria e alimenti velenosi, appiattimen-
to dell’identità della gente, ghettizzazione del turismo, ecc. Esiste una nutrita
letteratura sulla contrapposizione tra turismo e viaggio. Ma scopriamo che il
turismo non è la causa, ma solo uno strumento mal utilizzato, un’opportunità
persa di un modello economico superato.
C’è anche una componente ben esplicitata in questo libro: quella generazio-
nale. Siamo la generazione “ponte”, della memoria, che ha vissuto le vacanze
dell’infanzia in luoghi che, se diventate mete turistiche, hanno perso molto
delle loro caratteristiche originali.
Abbiamo anche la fortuna di aver ascoltato le esperienze dei nostri familia-
ri, in particolare di nostri nonni che ci hanno trasferito i ricordi di un mondo
oggi apparentemente lontanissimo. Abbiamo assistito silenziosi alla devastazio-
ne rassegnandoci che non ci fossero alternative. Viviamo oggi con l’ossessiva
domanda di che mondo lasceremo ai nostri fi gli; fi gli che già credono che il
mondo di oggi sia quello di sempre.
Il turismo, come tanti altri settori economici, ha dato una risposta a tutto que-
sto: l’ecoturismo, il turismo responsabile e la pianifi cazione sostenibile del
territorio. Una cosa è però desiderare, avere delle esigenze; un'altra è riuscire a
cambiare il sistema, il modello.
Prefazione
8
Vi sono comunque progressi, anche se non abbastanza signifi cativi. L’ecologia
di mercato è una dottrina ormai matura, ma troppo teorica. Traghettare il mo-
dello tradizionale in quello nuovo comporterà molto tempo e quindi ancora
una scia di danni irreparabili.
Che l’industria del turismo stia comprendendo che distruggere l’asset più pre-
zioso, ovvero il territorio, ridurrà nel medio e lungo tempo il valore stesso dei
propri investimenti.
Ecco perché credo che il turismo possa svolgere un ruolo fondamentale nel
forzare le istituzioni all’applicazione di un nuovo modo di vedere lo sviluppo
del territorio. Un modo più equo, sostenibile, giusto, pulito, e in cui al centro
ci sono l’ambiente e la salvaguardia dell’identità del territorio. Anche per non
far perdere il gusto del viaggio “di una volta” alle future generazioni.
Enrico DucrotAmministratore Delegato
Viaggi dell’Elefante
Prefazione
9
Intr
oduz
ion
e Nel 1994 la World Tourism Organization e le Nazioni
Unite hanno classifi cato tre grandi forme di turismo:
il turismo domestico, che riguarda gli spostamenti all’interno
del proprio Paese; l’inbound tourism, che riguarda i visitatori
che arrivano da un altro Paese; l’outbound tourism, che concer-
ne i residenti che si spostano verso un certo Paese.
Nel giro di una quindicina d’anni le cose si sono complicate
notevolmente. Quei tre tipi di turismo da allora si sono conta-
minati, intrecciati, sovrapposti, e adesso risulta veramente diffi cile
incasellare le diff erenti tipologie. Soprattutto perché i tipi di tu-
rismo si sono moltiplicati, dando vita a una ricca tassonomia che
riunisce decine e decine di modi diversi di viaggiare, dal turismo
massimalista alla quasi negazione del turismo.
Ultimamente è cambiata proprio l’idea di viaggio. Non si viag-
gia più come una volta e si inventano forme di turismo nuove di
zecca. Tutto è iniziato negli anni Ottanta, quando si cominciano
a creare nuove destinazioni, cui mai si sarebbe pensato prima.
Fino agli anni Settanta, i generi del turismo si esaurivano gros-
so modo con la vacanza classica, coi viaggi nelle capitali, col
Grande Nord, i safari in Africa, e l’America Coast to Coast.
Negli anni Ottanta si varano nuove destinazioni, che si affi an-
cano alle Seychelles e ai Caraibi, e scoppia la moda di Sharm el
Sheik e delle Maldive. Qualche anno dopo si va oltre: non si in-
ventano più nuove destinazioni. Si reinventa il turismo stesso.
Oggi non basta più parlare del turismo invernale delle settimane
bianche, del turismo estivo delle vacanze classiche, del turismo
di massa dei charter per Sharm el Sheik. Nel terzo millennio
la moda vera è l’“Adjectival Tourism”, un turismo (apparente-
mente) di nicchia con tanti trend nuovi di zecca. Alcune sono
categorie costruite a tavolino dagli accademici, altre invece sono
Non si viaggia più come una volta
10
nate sul campo, generate dalle esigenze di chi cercava qualcosa di diverso. (*)
Per defi nire il turismo, o meglio i turismi, bisogna creare una serie di aggetti-
vi in progress che qualifi chino i nuovi modi di viaggiare. Una volta c’era solo
il Grand Tour, poi col tempo la rosa si è allargata a una decina di tipologie di
viaggio. Adesso se ne contano moltissime, che giorno dopo giorno entrano
prepotentemente nel mainstream, nella cultura e nel linguaggio comuni, oltre
che nei tomi degli accademici. Insomma, il turismo sta cambiando. C’è stata
un’esplosione che ha portato a una serie di modi diff erenti di viaggiare.
“La frammentazione degli studi sul turismo si rifl ette nell’uso del plurale nel-
la rivista scientifi ca Tourism Geographies (1999) che non fa che riecheggiare
il crescente interesse degli studi degli “adjectival tourism”. (**)
Per loro natura, i viaggi dei nuovi turisti appaiono più concentrati: oggi si
sente il desiderio o il bisogno di fare degli “short break”. Non va più così di
moda la lunga vacanza in un luogo di mare o in montagna, o il giro del mondo
in crociera, ma si preferisce un soggiorno breve, che però deve essere mol-
to caratterizzato, deve distinguersi nettamente dal viaggio classico. Anche per
questa ragione sono nati i viaggi più curiosi che fanno parte dell’Adjectival
Tourism (noto anche come “Specialty Tourism” o “Turismo specializzato”),
dal soggiorno nell’ex carcere alla gita all’outlet, fi no al weekend in orbita, con
un viaggio nello spazio.
La genesi del turismo specializzato si deve a varie cause, ma soprattutto a un
deciso cambiamento nei gusti e nella sensibilità della gente.
C’è stato un certo declino del turismo “sun and beach” (“sole e spiagge”) e si
assiste a un crescente interesse del viaggio nei confronti del turismo.
Poi, negli anni 2000 ci sono stati gli attentati terroristici e il problema della
recessione, che hanno contribuito a modifi care anche le abitudini dei viaggia-
tori. Sono nati viaggi economici o molto economici, e i voli low cost hanno
reso più fl essibile l’idea stessa del viaggio. Grazie ai prezzi dei voli più bassi, la
gente ha iniziato a ingegnarsi per creare inedite combinazioni di viaggi crea-
tivi, cosa che era più diffi cile prima, quando le off erte più vantaggiose erano
quelle dei pacchetti dei tour operator.
(*) Un’importante ricerca sulle varie categorie turistiche la sta sviluppando Alan A. Lew della Northern Arizona University.
(**) Christopher P. Cooper, Classic Reviews in Tourism, Clevedon, Channel View Publications, 2003, p. 146).
Introduzione
11
Il viaggio “fai da te” ora diventa un Meccano, un gioco di costruzioni in cui si
mischiano in totale libertà destinazioni, mode e modi.
Ormai la necessità di andare da A a B è soltanto un pretesto per costruire il
viaggio: non importano più il punto di partenza e la destinazione, ma quel-
lo che sta in mezzo, il tragitto, in una parola, il “come”. Ormai non si stupisce
più nessuno parlando di destinazioni improbabili dai nomi esotici: la curiosi-
tà si deve solo al modo di viaggiare. Siamo nell’epoca della personalizzazione,
dell’“on demand”. Tutto viene realizzato su misura, su indicazione del cliente:
le scarpe da ginnastica, gli skateboard, le auto, i computer vengono resi unici
e inimitabili grazie al tocco dell’utilizzatore fi nale, che si sbizzarrisce col suo
estro e la sua fantasia. Da questa irresistibile tendenza non sono esenti i viaggi,
che negli ultimi anni sono cambiati radicalmente.
Non parliamo dei “viaggi su misura” classici, quelli adattati dagli operatori
delle agenzie di viaggio alle richieste dei clienti, cambiando una tappa o eli-
minando o aggiungendo una gita di due giorni. No, quelli sono comunque
viaggi che rispettano i format dei cataloghi, anche quando si propongono co-
me unici e originali. I viaggi dei neoturisti sono veramente inimitabili, perché
frutto di una ricerca personale che si innesta su un modo di viaggiare già mol-
to speciale senza essere però elitario.
Più diffi cile è capire perché si scelgono certi tipi di turismo.
Come ha detto Adam R. Kaul, “talvolta i cultori delle scienze sociali han-
no cercato di defi nire dei modelli nel caos apparente delle folle dei turisti per
creare tassonomie di “tipi turistici”. Alla fi ne è diventata una specie di labo-
ratorio artigianale. Nella letteratura scientifi ca è emerso un certo disappunto,
soprattutto in riferimento alle metafore usate per descrivere il comportamento
turistico (lo sguardo, la contemplazione, ecc.), su come creare queste tassono-
mie (modi di viaggiare versus motivazioni del viaggiare) e su quale tassonomia
sia più corretta. Nella mia esperienza, solo molto raramente i turisti hanno un
motivo per essere dove sono”. (***)
Un’altra novità riguarda gli stimoli che spingono a fare il viaggio. Alle riviste
patinate si sono affi ancati per esempio i fi lm e la televisione. Quanta gente va
a New York o a Cortina sull’onda dell’ultimo “cinepanettone”?
(***) Adam R. Kaul, Turning the Tune. Traditional Music, Tourism and the Social Change in an Irish Village, New York-Oxford, Berghahn Books, 2009, p. 73.
Introduzione
12
Funziona molto anche il teleturismo, con le Film Commission di regioni e
Paesi che utilizzano fi lm e sceneggiati come mezzo promozionale per il turi-
smo, adottando come testimonial Don Matteo e Elisa di Rivombrosa.
Senza contare i reality show, che hanno contribuito alla nascita e al rapido svi-
luppo del turismo catodico, che funziona meglio con divi ed ex-divi piuttosto
che con i classici documentari.
A volte poi ci si lascia ispirare anche dal telegiornale: dopo l’11 settembre
2001, l’immaginario collettivo è stato profondamente turbato dall’attacco al-
le torri gemelle e si è sviluppato il cosiddetto Dark Tourism, il turismo oscuro,
che contempla tra le sue sotto-categorie il turismo emozionale e il turismo
nei luoghi dei disastri.
Di questi e altri viaggi, compresi quelli virtuali, negli universi sintetici, o sulle
latitudini di Google Earth, parleremo in questo libro.
Non parleremo invece del turismo sessuale, che riteniamo infl azionato e de-
plorevole, oltre che fuori moda.
Introduzione
13
Il turismo virtuale è la nuovissima declinazione del turi-
smo da fermi. Oggi, grazie agli universi sintetici, i mondi
che esistono soltanto all’interno dei computer e si sviluppano
negli spazi sconfi nati del Web, è possibile compiere viaggi stra-
ordinari senza staccarsi dalla sedia. Il concetto è simile a quello
presentato nel fi lm Atto di forza: si scarica il programma di un
mondo sintetico, ci si crea un avatar (la controparte per muo-
versi in uno scenario fatto di pixel), e si parte. La meta principe
di questo tipo di viaggi è naturalmente Second Life (http://se-
condlife.com), il più famoso dei mondi virtuali. All’interno di
questo universo immateriale si possono programmare migliaia di
viaggi diversi: si può andare nell’antica Roma o in uno scenario
fantascientifi co, muoversi in un villaggio di ispirazione steam-
punk oppure vedere come sono i club di lap dance virtuali.
L’unico problema è che questi territori sono enormi e chi non
ha dimestichezza con mouse e tastiere potrebbe avere un leg-
gero disorientamento. A questo proposito, nel 2006 è nata
Synthravels, la prima agenzia di viaggi per tour nei mondi virtua-
li, pensata per proporre itinerari ai quattro angoli degli universi
sintetici, non limitandosi a quelli più in voga.
Ma quale può essere l’interesse di un viaggio in un mondo
virtuale? Perché scegliere una spiaggia artifi ciale di Twinity an-
ziché prenotare una sdraio e un ombrellone a Gallipoli? Perché
incamminarsi per fi nta nella Berlino virtuale invece di anda-
re nell’Unter der Linden vera? Ha senso un viaggio in questi
non-luoghi all’ennesima potenza? Sì, se si considerano i mon-
di virtuali come luoghi assolutamente originali, con una loro
unicità, come luoghi dove si sviluppano culture autoctone e do-
ve si può vedere qualcosa che non si trova nel mondo vero.
Infatti, in Second Life si può visitare la replica virtuale della
Viaggi virtuali (o Cyber turismo)
Geo
gra
fie
virt
uali
Capitolo
1
14
Pinacoteca di Dresda - con la possibilità di condividere le emozioni con un
amico di Londra o di Pechino, anch’egli presente tramite il suo avatar - ma
ci si può anche avventurare in luoghi immaginifi ci degni di Jules Verne o di
China Mieville, lo scrittore più in voga di fantascienza urbana contemporanea.
Per quanto riguarda i mondi virtuali più famosi, ci sono anche guide e atlanti.
Qualche anno fa è stata pubblicata la Guida turistica di Second Life, che ripor-
tava le destinazioni più gettonate. C’è poi anche un “turismo fai da te”, che
fa largo uso delle guide - cartacee o pubblicate online - e viaggia a proprio
rischio e pericolo. Sì, perché se in gran parte dei territori di un mondo co-
me Second Life (dove merita una visita di una mezza giornata “Moya Land”,
l’isola dell’artista francese Patrick Moya, che ha anche pubblicato una guida
cartacea di 64 pagine) il turismo è sicuro, in altri universi sintetici si rischia di
terminare il proprio viaggio ancor prima di averlo iniziato. Infatti nei mondi
virtuali ideati come videogame bisogna poter contare su avatar molto evo-
luti per passare da un territorio all’altro: a ogni pie’ sospinto si rischia di fare
brutti incontri e se non si ha un personaggio forte e robusto, di livello mol-
to alto, si rischia di soccombere sotto i colpi di un avversario più dotato. Così
può capitare di volere andare nella mitica isola di Deathifi er, il milionario di
Entropia Universe (www.entropiauniverse.com), e di trovarsi accasciati a terra
appena sbarcati dal teletrasporto. Stesso discorso per chi frequenta i sobbor-
ghi malfamati di City of Heroes (www.cityofheroes.com) o le lande nebbiose
di World of Warcraft (www.worldofwarcraft.com). Magari pianifi cate un viag-
gio alla scoperta delle meraviglie di Neocron (www.neocron.com) e invece
vi trovate nelle grinfi e di un cybercriminale che mette istantaneamente fi ne
al vostro tour.
Una variante del turismo virtuale riguarda i viaggi nei videogame single-player.
La diff erenza sostanziale è che nei viaggi negli universi sintetici si incontrano
avatar di persone vere, nei single player, no. Però considerare un videogioco
esclusivamente sotto il profi lo dell’esplorazione è un’esperienza da fare asso-
lutamente. Si possono scoprire gli inquietanti fondali sottomarini di Bioshock,
i misteriosi luoghi di Syberia e fare un Grand Tour nelle città ad alto tasso di
deliquenza della serie Grand Theft Auto.
Geografie virtuali
15
Prima c’è stato il boom dei viaggi last minute, che fanno risparmia-
re un bel po’. Poi è stata la volta dei viaggi low cost, che fanno
risparmiare molto. Ed ora è la volta dei viaggi no cost, dove non si spende
praticamente niente. Non si spende perché non si va da nessuna parte, alme-
no non fi sicamente. Si esplorano soltanto mappe su mappe, foto, video, link,
post e descrizioni varie conservate nel web. Metaforicamente si surfa, ma in
realtà si resta incollati alla sedia.
È la versione 2.0 dei viaggi immobili, un fenomeno nato nell’Ottocento ai
tempi del Viaggio attorno alla mia camera di Xavier de Maistre e tornato in vo-
ga negli ultimi anni, soprattutto grazie alle possibilità e alla forza propulsiva del
web. Il viaggio no cost è l’estremizzazione radicale del viaggio programmato
su internet: fi no a qualche anno fa, il web serviva esclusivamente per scegliere,
per confrontare e per acquistare il viaggio. Oggi si è andati decisamente oltre:
su internet non si prenota più il viaggio, lo si fa. In questo caso, ci sono almeno
due scuole di pensiero: c’è chi programma viaggi all’interno dei mondi vir-
tuali, per scoprire tutte le curiosità di Second Life e le meraviglie di World of
Warcraft, e chi invece predilige un tipo di viaggio più concettuale, da eff ettua-
re con Google Earth e Google Maps, straordinari strumenti che negli ultimi
tempi si sono sostituiti ai classici atlanti di una volta. Google Earth presenta in
tempo reale i territori del nostro pianeta, mentre Google Maps off re la possi-
bilità di creare mappe tematiche.
Chi sceglie di viaggiare con Google Earth e Google Maps è l’erede ideale dei
personaggi che un tempo si deliziavano a fantasticare sulle cartine e sugli ora-
ri ferroviari, immaginando percorsi complessi e avventurosi e che facevano
più volte il giro del mondo senza spostarsi da casa. Google Earth è un sistema
che, grazie a riprese satellitari, off re una rappresentazione dei territori di tut-
to il mondo in tempo reale. Molti suggerimenti si trovano già sulla directory
della home page di Google Earth (www.google.it/gadgets), dallo “Skyscrapers
Tour” al “Cathedral 3D Tour”. Google Maps invece è uno strumento per cre-
are centinaia di atlanti su misura, in base ai propri interessi. Su queste mappe
Web surfi ng
Geografie virtuali
16
gli appassionati riportano una serie di dati per personalizzare le carte geogra-
fi che digitali.
Così, posso avere una mappa del Veneto su cui sono evidenziati i punti nevral-
gici per gli appassionati di vini; poi, cliccando su quei punti, vengo rimandato
a link che mi dicono tutto su un certo produttore, mentre con Street View, un
altro programma, posso visitare virtualmente un certo luogo, guardandolo da
varie angolazioni. Scoperta la metodologia, si passa al viaggio vero e proprio,
che si può fare in due modi, o esplorando la mappa, o usandola come base per
un viaggio nella realtà.
Con Google Maps si possono fare moltissimi tipi di viaggi a tema: è suffi -
ciente cercare sul web e poi iniziare a curiosare. Molto gettonata la mappa del
Signore degli anelli (www.arda-online.com/map), così come quella di Harry
Potter, ideali per curiosare tra gli highlights di fi lm e bestseller; un altro must
è la mappa dei luoghi del Codice da Vinci. Ma non meno interessanti sono
le mappe che fanno riferimento ai videogame, come quella di Grand Theft
Auto IV (http://maps.google.co.uk/maps). Non si tratta soltanto di mappe
che fanno riferimento a luoghi reali: sul web è molto divertente fare un viag-
gio sulle carte geografi che digitali di World of Warcraft (http://mapwow.com),
scoprendo le particolarità di molti luoghi immaginari prima di viverli con un
viaggio “vero” in un universo sintetico.
Sempre su Google Maps, i luoghi legati ai Led Zeppelin, il leggendario gruppo
rock di Stairway to Heaven: tra le locations c’è anche la residenza dell’occultista
Aleister Crowley, vicino al Lago di Loch Ness, comprata e poi rivenduta dal
chitarrista Jimmy Page.
Poi si può andare sul blog Google Maps Mania (http://googlemapsmania.
blogspot.com) e scegliere un viaggio, lasciandosi ispirare dai post di matrice
cultural geografi ca. Poi si può scorrere l’elenco di siti come http://keirclar-
ke.googlepages.com/directory.htm e passare alla fase operativa, cliccando sui
link che portano alle varie mappe. Vale la pena ricordare che, una volta che si è
preso gusto a questo tipo di viaggio, si possono approfondire certe emergenze
architettoniche prendendo spunto dal blog Google Sightseeing (http://goo-
glesightseeing.com), che comprende ponti, vulcani, stadi, location di fi lm.
Sul sito Google Earth Hacks (www.gearthhacks.com/) ci sono varie chicche,
come la mappa di Pippi Calzelunghe a Taka-Tuka. Con Google Maps, poi, si
possono individuare le location di Desperate Housewives, mentre con Google
Geografie virtuali
17
Earth si può zoomare su Wisteria Lane, per veder bene come è fatta la cele-
bre strada.
Un must è anche l’isola di Lost, da esplorare palmo a palmo a passo di mouse.
Infi ne, su Google Maps ci possono essere anche dei video “georeferenziati”:
signifi ca che a una certa indicazione su una mappa corrisponde anche un vi-
deo girato in quel luogo.
Geografie virtuali
Da qualche tempo tour operator, agenzie di viaggio e linee aeree
si avvalgono notevolmente delle possibilità off erte da Internet.
L’off erta è molto vasta: si spazia dai siti che vendono voli e viaggi a prez-
zi competitivi, fi no a veri e propri social network di viaggi dove si possono
condividere le proprie impressioni su un albergo o su una certa destinazione,
e chiedere consiglio su un viaggio a chi frequenta quello stesso sito web. In
tal senso, si tende a organizzare sempre più il proprio viaggio grazie all’utiliz-
zo delle tecnologie informatiche. Un trend importante, che ha comportato
anche la creazione del neologismo “turismatica”, composto da turismo e in-
formatica. Questo termine indica un nuovo modo di fare turismo nell’era del
web 2.0: infatti con l’avvento di una Rete legata alla condivisione e alla par-
tecipazione, le potenzialità di Internet non si esauriscono nella possibilità di
acquistare un biglietto senza muoversi da casa o di fare il check-in elettroni-
co con il proprio computer. Grazie a siti come TripAdvisor, Venere.com o
Expedia, è cambiato radicalmente il modo di promuovere le destinazioni e di
organizzare il viaggio.
Turismatica
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Nell’immaginario turistico il giovane con lo zaino in spalla è l’em-
blema classico del viaggiatore. Personaggi simili se ne incontrano
continuamente nelle stazioni e negli aeroporti di tutto il mondo. È l’icona di
chi viaggia con pochi soldi ma con tanta voglia di conoscere nuovi luoghi e
nuove culture. O almeno, era così fi no a un po’ di tempo fa, perché adesso le
cose sono cambiate. Fino a qualche anno fa si parlava molto di backpacking,
cioè di turismo con lo zaino in spalla, un modo di viaggiare che continua a ri-
scuotere grande successo ma che non è più di moda.
I giovani di oggi, i nativi digitali, quelli nati con Internet e con i mondi virtua-
li, non si riconoscono più nel turismo degli zaini pieni e dei portafogli vuoti.
A questo proposito, nel sito Travoholic.com (www.travoholic.com) è stata de-
fi nita acutamente la diff erenza fra Geeky Flashpacker e Minted Flashpacker,
dove il primo tipo di viaggiatore punterebbe soprattutto sulla tecnologia spin-
ta, l’altro, invece, coniugherebbe tecnologia e lusso. In poche parole, il Geeky
Flashpacker preferisce stare in ostello pur d’avere il nuovissimo gadget di cui
ha letto su Wired; il Minted invece si accontenta di un gadget di penultima
generazione ma non rinuncia all’hotel di charme, dove chattare con gli ami-
ci di Facebook davanti al camino. Ma sono distinzioni minime: in generale va
notato che i viaggiatori dell’era di Second Life, quando non visitano qualche
universo sintetico, si muovono con un armamentario tecnologico che non fa
rimpiangere la loro cameretta da geek, equipaggiata con ogni sorta di ritro-
vato tecnologico per essere sempre connessi con il mondo. E così sono nati i
fl ashpackers, che sono sempre turisti con il mega-zaino d’ordinanza - quello
che ostruisce i passaggi nei corridoi dei treni e che prende tre posti nel metrò -
ma che hanno un approccio diverso con le cose da portar via per il loro viaggio.
Il fl ashpacker in genere è un nomade abbiente che viaggia con più gad-
get tecnologici di un marine in missione: del suo corredo fanno parte
lettori mp3, smartphone, iPad, videocamere digitali e computer portatili.
I fl ashpacker amano essere “always on”, stare sempre connessi a Internet, e
mentre viaggiano raccontano agli amici quello che fanno sui social network
Tecnoturismo (o Flashpacker tourism)
Geografie virtuali
19
e sui blog, in modo da essere ben presenti nella community. E se la sera i
backpackers (che in genere sono i loro padri e gli zii) si riunivano in spiaggia
o nell’ostello per ascoltare il repertorio standard di quello che sapeva suona-
re la chitarra (in verità spesso non si andava molto oltre il giro di sol e di do),
adesso i fl ashpackers si raccolgono attorno a quello che ha l’iPad dopo es-
sersi ripresi tra loro con la videocamera per documentare in tempo reale su
Youtube il loro viaggio.
Naturalmente il computer portatile, l’iPhone, l’iPad e la videocamera digita-
le sono gli accessori di base del fl ashpacker, che per dirsi un vero viaggiatore
tecnologico necessita di tutta una serie di accessori, che vanno dalle bussole
elettroniche ai navigatori satellitari di ultima generazione. Cospicuo e in con-
tinua evoluzione il corredo di applicazioni per lo smartphone. A puro titolo
di esempio, citiamo alcune applicazioni imperdibili per l’iPhone, da Zevisit,
per programmare gite turistiche in realtà aumentata, a Foursquare, il social
network del perfetto esploratore urbano, da Trip Journal, per organizzare il
proprio diario digitale di viaggio, a “Sorties Métro Paris”, per trovare sem-
pre l’uscita giusta nella metropolitana della Ville lumière. Per essere veramente
aggiornati sulle novità in fatto di viaggi tecnologici, si può tener d’occhio il
sito Vagabondish (www.vagabondish.com), una “travelzine per il vagabondo
di oggi”, che spesso ha una sezione per chi vuole viaggiare all’avanguardia.
Curiosando nello zaino hi-tech del fl ashpacker possiamo trovare il GPS Photo
Tagger, uno strumento indispensabile che serve per identifi care il luogo esat-
to in cui è stata scattata una foto, in modo da non sbagliare quando la si carica
su Google Maps. Poi, oltre ai coltellini svizzeri con 84 strumenti diversi, tut-
ti utilissimi (tra cui l’immancabile chiave USB), ci sono le tastiere laser, ideali
perché non prendono spazio, visto che sono semplici proiezioni di luce, ot-
tenute da un piccolo gadget che farebbe impallidire anche Tom Cruise di
Minority Report. Seguono i wi-fi detector, che servono a individuare imme-
diatamente i luoghi migliori in cui collegarsi a Internet, gli apparecchietti per
improvvisare un barbecue elettronico e i “trackstick”, gadget pensati per trac-
ciare col GPS i percorsi eff ettuati durante il viaggio. Ma il vero must per i
fl ashpackers è il “voltaic backpack”, uno zaino a pannelli solari molto ecologi-
co e molto cool, che fa decisamente sfi gurare gli zaini classici di una volta.
Geografie virtuali
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Una delle forme più immateriali di turismo che esistano. Questa voce
(www.souvenair.it), che potrebbe tranquillamente far parte di un li-
bro sull’arte concettuale, riguarda le celeberrime lattine che contengono l’aria
di alcune città italiane, frutto di un'idea di Claudio Ciaravolo, psichiatra e an-
tropologo. Evoluzione postmoderna dei classici souvenir di un tempo, hanno
la lattina contenente l’aria di Napoli come capostipite e off rono la possibili-
tà di immaginare di essere sul posto, sognando di trovarsi sul lungomare di
Chiaia o in piazza del Duomo a Milano.
Ecco la descrizione dell’Aria di Napoli: “Chiusa, la lattina di aria di Napoli è
un salva-vita per napoletani fuori sede in caso di nostalgia acuta, un prestigio-
so oggetto da collezione (da sola, o insieme alle altre souvenair), un originale
soprammobile. Aperta, la lattina può essere tenuta sulla scrivania come porta-
penne, o come contenitore di spiccioli, o come fermacarte”.
Souvenair
Immaginate uno stile di vita apparentemente francescano, dove, sempre
apparentemente, ci si priva di tutto: macchina, casa, vestiti di troppo.
Tutto, tranne il computer. Ed ecco il digital nomad, una persona che con-
serva tutto quello che ha nel web, che archivia tutti i propri documenti nei
Google Docs o in Dropbox, che i mobili di design li riserva alla propria casa
in Second Life, e che trova il proprio habitat naturale nei locali che dispon-
gono di connessione wi-fi .
Sono i nuovi nomadi digitali, che trasmigrano leggeri da un posto all’altro e
che non hanno bisogno di una fi ssa dimora dove riporre i loro averi e i loro
ricordi, perché tutta la loro vita e le loro memorie sono affi date alla Rete.
Digital nomad
Geografie virtuali
21
I veri appassionati di tecnologia trascorrono le vacanze visitando i templi
delle società della new economy.
Tra le mete classiche, i Linden Lab, la società di Second Life a San Francisco,
il Company Store alla Apple di Cupertino, dove si può comprare la magliet-
ta con scritto “I visited the Mothership”, il Visitor Center della Microsoft
a Redmond e il garage al 232 di Santa Margarita Avenue a Menlo Park in
California, dove nel 1998 Larry Page e Sergey Brin fondarono Google.
Tech tourism
Geografie virtuali
Il turismo del paranormale ha moltissimi adepti in tutto il mondo, che
possono scegliere tra “ghost tour” e weekend all’insegna della paura.
Gran parte di questi tour vengono organizzati in Gran Bretagna, dove c’è una
solida tradizione di fantasmi e case infestate.
Il riferimento in questo caso è il sito dell’Haunted Hotel Guide (www.haun-
tedhotelguide.com) che raggruppa più di 450 alberghi dove si dice si annidi
qualche spettro. Nel sito si trovano anche indicazioni per prenotare i “Weekend
Haunts”, pacchetti per fi ne settimana molto spiritati che comprendono cena,
pernottamento, colazione e, ovviamente, un’investigazione approfondita del
luogo, con tanto di medium.
Paranormal tourism
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Da non confondere con i “Reality tours” (le gite emo-
zionali nei luoghi delle disgrazie), sono viaggi legati
ai reality show, che da una decina d’anni a questa parte sono di-
ventati i programmi di riferimento della televisione planetaria.
Periodicamente i reality si sostituiscono agli uffi ci turistici, fa-
cendo un’ottima pubblicità a paradisi lontani, incantando gli
afi cionados del teleschermo, innescando mode e tendenze, fa-
cendo salire le quotazioni di mete note e meno note, conosciute
grazie alle disavventure dei vip. L’eff etto marketing è notevole: il
reality show Contender Asia, basato su sfi de di Muay Thai kick-
boxing, è stato un ottimo strumento di promozione turistica per
molte location della Malesia. Tra queste, quattro siti che fanno
parte dell’Unesco World Heritage a Malacca, Penang, Sarawak
and Langkawi. Senza dimenticare, sempre in Malesia, altri luo-
ghi televisivi di grande appeal, come il Kellie Castle, a Perak;
le cascate di Lata Jarum, a Pahang; i villaggi tribali di Sabah; le
spiagge di Terengganu.
Ci sono due modi per vivere quest’esperienza. Se si ha molta
fortuna, ci si può iscrivere alle selezioni, essere scelti e poi viag-
giare in luoghi esotici senza spendere un centesimo. Capita a chi
riesce a farsi ingaggiare per un reality tipo L’isola dei famosi o La
fattoria. La possibilità è assai ridotta: fi nire nella ristrettissima rosa
di fortunati rasenta il miracolo, e nel caso si punti tutto su quel-
la vacanza, conviene tenersi un’alternativa di riserva, comprando
con largo anticipo una manciata di biglietti per voli low cost per
Parigi o per Ibiza. L’alternativa è vivere quest’esperienza da tu-
risti. Ci si rivolge a un tour operator e si compra un pacchetto
turistico per un soggiorno nei luoghi in cui si girano i reality di
maggior successo, per esempio a Laguna Beach, nella California
del Sud, dove è stato girato l’omonimo programma. Ma anche
Reality show tourism
Lo
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spet
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re)
Capitolo
2
23
in qualche località nostrana, come Rosora, nelle Marche, dove è stato ambien-
tato un reality danese.
Le ragioni di un viaggio nei luoghi di un reality show sono molteplici: innanzi-
tutto, al ritorno, si può raccontare in uffi cio di essere stati nei mitici posti visti in
televisione, di aver fatto il bagno dove l’ha fatto un personaggio di successo, di
aver calpestato la sabbia su cui si sono sdraiati i divi catodici, di aver cenato a due
passi dalla capanna che si vedeva in un certo reality. In secondo luogo, si tratta di
posti indiscutibilmente belli, che meritano di essere scoperti.
Ecco quindi qualche consiglio per chi volesse rivivere le atmosfere dei reality
più in voga trasmessi in Italia. Le prime tre edizioni dell’Isola dei famosi sono state
girate nella Penisola di Samaná, nella Repubblica Dominicana, poi la produzio-
ne si è spostata a Cayo Cochinos, in Honduras, con una parentesi in Nicaragua.
La Repubblica Dominicana, familiarmente nota come Santo Domingo, era già
molto gettonata anche prima della spinta data dai reality. L’Honduras invece era
una meta un po’ più di nicchia che ha benefi ciato della promozione televisiva.
Altri turisti programmano le proprie vacanze seguendo il palinsesto della Fattoria,
che il primo anno era a Castelfalfi in Toscana, e poi ha traslocato nelle fazen-
das di Itaipava e Paraty in Brasile e nella kasbah di Ouarzazate in Marocco. I
fanatici della Talpa invece devono prenotare un viaggio in Yucatán oppure in
Kenya o in Sudafrica, mentre Survivor fu girato a Bocas del Toro, vicino a Panama.
Ovviamente, in tutti questi casi si va in cerca di souvenir legati al proprio pro-
gramma preferito, chiedendo in giro e informandosi dalla gente del posto. Il bar
più amato da questo, la spiaggia preferita da quello diventano istantaneamente
imperdibili luoghi di culto. Se poi si è a corto di destinazioni, non c’è da preoc-
cuparsi: basta dare un’occhiata alle edizioni precedenti dei principali reality show
internazionali, come Survivor, che si è svolto in Africa, nel Gabon, o The Amazing
Race, un reality molto seguito negli Usa, dove undici squadre di due concor-
renti ciascuna devono percorrere il mondo in lungo e in largo: recentemente
l’itinerario comprendeva Russia, Bolivia, Cambogia e Kazhakistan. Merita una
menzione a parte il programma televisivo Tourist Trap (http://touristtrapusa.com),
letteralmente “trappola per turisti”, trasmesso negli Stati Uniti. Ogni stagione del
programma riguarda uno Stato diff erente. I concorrenti devono completare un
tour dello Stato seguendo le indicazioni dei produttori del programma: la com-
petizione comprende la raccolta di souvenir, folli corse sull’ottovolante, notti in
hotel di charme ma anche in una tenda all’addiaccio.
Lo spettaturista
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In questi anni le serie televisive sono più seguite degli stessi fi lm. La
gente si appassiona ogni settimana, con grande senso della fedeltà, alle
indagini di Horatio Caine di CSI Miami e di Don Matteo, partecipa ai dram-
mi familiari di Lele Martini di Un medico in famiglia e vive emotivamente le
emergenze di E.R., e di Medicina generale. Si immedesima a tal punto che
vorrebbe essere lì, con i propri beniamini. Vorrebbe superare la barriera insor-
montabile dello schermo che si frappone tra il salotto e la corsia dell’ospedale,
tra la camera da letto e i loft newyorchesi di Sex and the City. Un limite og-
gettivo che a volte però si può eludere, con un bel viaggio teleturistico nelle
location dei serial più amati.
Un nuovo modo di programmare le vacanze che ha off erto enormi benefi ci a
luoghi in cerca di un rilancio turistico, felici di vedere arrivare singoli appas-
sionati o torpedoni gremiti di fan di questa o quell’altra serie. Basti pensare al
grande successo riscosso dall’evento organizzato a North Bend, nello Stato di
Washington, per festeggiare i 20 anni della serie cult Twin Peaks, o a quanti fans
di Sex and the City si prenotano ogni giorno per le visite guidate nei luoghi
di Carrie, Samantha, Charlotte e Miranda, organizzate da All New York Tours
(www.allnewyorktours.com). Ma, come è noto, nel turismo non si può gene-
ralizzare, e tanto meno nel teleturismo (o turismo catodico), che è un settore
a sé. Ogni genere ha la sua tipologia di turisti e diffi cilmente si troverà un fan
di Distretto di polizia in visita ai luoghi di Un posto al sole: amare le location dei
polizieschi è come avere un debole per il mare o per la montagna.
E se piace uno, non è detto che vada bene anche l’altro: i luoghi dell’Ispettore
Barnaby sono un’altra cosa rispetto a quelli di Dallas.
Un’altra diff erenza fondamentale riguarda il raggio d’azione. C’è un teletu-
rismo nazionale, che considera solo le serie girate in Italia, e un teleturismo
globale, che non conosce confi ni. Ovviamente, questa scelta di campo molto
spesso è dettata da ragioni di budget, ma ci sono anche puristi che non vanno
troppo lontano per questioni di gusto.
Chi sceglie il teleturismo di medio raggio non oltrepassa i confi ni del Belpaese.
Cine e teleturismo
Lo spettaturista
25
Le mete sono comunque già tante, e fanno concorrenza ai classici del turi-
smo letterario (vedi pag. 155), che conta il Lago di Como dei Promessi Sposi,
la Brescello di Peppone e Don Camillo e la Sicilia del Gattopardo. Adesso ci so-
no la Gubbio di Don Matteo, sospesa in una fragile calma immobile, la solare
Montepulciano di Carabinieri, la livida Spaccanapoli de La nuova squadra, il
quartiere romano del Tuscolano di Distretto di Polizia e la Garbatella caciaro-
na e popolare dei Cesaroni.
Naturalmente, come per ogni genere turistico che si rispetti, anche qui ci sono
mete più richieste, che fanno più tendenza. Qualche anno fa era quasi d’ob-
bligo visitare i luoghi di Elisa di Rivombrosa, grande successo della stagione
2003-2004, ambientato nel Piemonte settecentesco. Le attrattive monumen-
tali del Grand Tour di Rivombrosa sono il castello di Aglié, che nella fi ction
è il palazzo del conte Ristori, la palazzina di caccia di Stupinigi, il castello di
Racconigi e altri palazzi del XVIII secolo rispolverati per l’occasione. Chi lo
desidera può programmarsi il viaggio su misura, oppure si può contare su tour
operator che off rono un pacchetto completo. Per esempio, Pronto Tours di
San Giusto (To), che propone varie escursioni (www.rivombrosa.com) tra cui
il “Rivombrosa Tour”, che dura un giorno e comprende la visita al castello di
Aglié, alla chiesa di Santa Marta e dei Tre Cioché, alla Villa Meleto di Guido
Gozzano, il pranzo in un ristorante tipico, aperitivo in azienda vinicola, e una
degustazione di torcetti.
Assai richiesta pure la Vigata del Commissario Montalbano, la cui highlight è la
terrazza della casa di Marinella, sulla spiaggia di Punta Secca, frazione di Santa
Croce Camerina, vicino a Marina di Ragusa.
Nella top ten europea ci sono il villaggio gallese di Portmeirion, dove fu gi-
rata la serie tv Il prigioniero, i luoghi dell’Ispettore Derrick a Monaco di Baviera,
la Vienna di Rex e l’Inghilterra dell’Ispettore Barnaby. Altri, con piglio da ve-
ri intenditori, si spingono oltre e prenotano voli per Dallas, alla ricerca del
ranch degli Ewing, o alla volta dell’ospedale del Dottor House, l’immaginario
Princeton Plainsboro Teaching Hospital (PPTH) nel New Jersey. Qualcuno ha
addirittura pensato di trascorrere una settimana a Oahu, nelle Hawaii, dove so-
no state girate molte scene del telefi lm Lost.
Ma questi super fanatici del serial tv sono una minoranza. Invece è in crescita
il teleturismo vintage, che riunisce gli appassionati degli sceneggiati della Rai
andati in onda negli anni Settanta, con trame che sembrano create apposta per
Lo spettaturista
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stimolare a visitare determinati luoghi. Basti pensare a Ritratto di donna velata,
ambientato a Volterra, o al Segno del comando, uno sceneggiato cult con una se-
rie di luoghi imperdibili a Roma, dal caff è Greco al British Council.
C’è anche un turismo legato alla partecipazione a trasmissioni televisive: La
Cerresi Tours di Cerro al Volturno, in provincia di Isernia, organizza viaggi per
partecipare come pubblico ad "Amici", a "Uomini e donne" e a "Mezzogiorno
in famiglia (www.bustravelcerresi.com).
Naturalmente, continua a riscuotere consensi anche il cineturismo, anche se
fa meno tendenza del turismo catodico. Tra i tanti viaggi, spiccano quelli sulle
orme del grande Federico Fellini. Il tour operator Gea Way di Agrate Brianza
propone un “Tour felliniano” di cinque giorni (www.geaway.it). Si parte da
Rimini, con sosta al Grand Hotel, alla casa del regista e al cimitero, poi si va a
Chianciano Terme, dove è ambientato in parte 8 e ½, quindi a Roma, a Castel
Gandolfo, dove fu girata la scena fi nale de Le notti di Cabiria.
Lo spettaturista
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Nell’epoca del voyeurismo anche i viaggi declinano questa indiscre-
ta tendenza. Il turismo che si alimenta di sguardi furtivi si chiama
“Vip watching” (il termine Vip Watcher, ormai di uso comune, è riporta-
to anche dalla Treccani). Chi pratica questo genere di turismo non prepara il
proprio viaggio sulle Lonely Planet e sulle "guide verdi" del Touring ma sulle
riviste di gossip, Visto, Chi ed Eva Express. Non si tratta di un turismo rilas-
sante, anzi, richiede doti non comuni per superare i numerosi ostacoli che si
frappongono tra noi e la meta. I più abili sono quelli che riescono a introdursi
nei privé delle discoteche o nelle spiagge più riservate.
Tra le location più gettonate ci sono le discoteche frequentate dai calciato-
ri e dalle veline. Il Billionaire di Porto Cervo, il Pineta di Milano Marittima e
il Twiga di Marina di Pietrasanta sono l’equivalente del Centre Pompidou per
chi ama l’arte o di Stonehenge per gli appassionati d’archeologia. In alternati-
va alla discoteca, si può prenotare con larghissimo anticipo un costoso lettino
con ombrellone a Capalbio. O ancora, si può stazionare nelle cittadine in cui
è risaputo che qualche vip abbia preso dimora, come Laglio, sul lago di Como,
dove Villa L’Oleandra - la residenza di George Clooney - è effi giata anche sul-
le cartoline illustrate.
A Goldeneye, la proprietà in Giamaica che fu di Ian Fleming, trascorrono
spesso qualche giorno di relax vip come Sting e Johnny Depp.
I più tecnologici affi ancheranno ai rotocalchi rosa un’ispezione su Google
Maps, dove si trovano addirittura le cartine su cui sono posizionate le ville dei
divi di Beverly Hills: uno dei siti più indicati di Google Maps è Favorite Places,
che riporta i negozi più amati dai vip, le spiagge, le strade frequentate da attori
e celebrità varie. Ultimamente, poi, è molto in voga l’applicazione “iPap” per
iPhone: defi nita un “celebrity spotter”, invita a localizzare su una mappa il vip
appena paparazzato. In tal modo anche gli altri utenti sapranno in tempo reale
quali celebrità sono in circolazione in quel momento in una certa città.
In alternativa bisogna andare nei luoghi in cui si girano fi lm o pubblicità. Per
esempio, nell’estate 2010 a Milano, vicino all’Arena, si poteva vedere Clooney
Vipwatching
Lo spettaturista
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che recitava per uno spot, mentre nella primavera 2009 nel Chianti si girava
New Moon, il seguito di Twilight.
Poi ci sono i classici, gli evergreen del Vip Watching, che ogni Ferragosto ve-
dono arrivare la mattina truppe di osservatori di celebrità che se ne ripartono
la sera. Sono Cortina, Portofi no, Courmayeur e Forte dei Marmi.
Periodicamente su Internet vengono fornite indicazioni per scovare i vip del
momento. Su Celebrities Fans (www.celebritiesfans.com) e Celebrity Maps
(www.celebrity-maps.com) ci sono indirizzi di attori e cantanti. Da tener
d’occhio anche il sito di Forbes Magazine, che nel 2007 ha pubblicato un ar-
ticolo dal titolo “Elite retreats: vacation spots of the Forbes Celebrity 100”.
Come si spiega nell’articolo, vari alberghi di lusso hanno un’ala semisegreta
riservata ai vip, con suite esclusive, personale dedicato e una hall che non dia
nell’occhio. Per fare un esempio, qualche tempo fa gli U2 hanno soggiornato
al Setai di Miami senza che nessuno se ne accorgesse.
Termine coniato nel 2009 da Gretchen Kelly, giornalista del New
York Post. Si va nei luoghi reclamizzati dai fi lm più in voga del mo-
mento. In un certo senso fa parte del cineturismo, ma qui l'accento non è sulla
passione da cinefi lo, ma sulla curiosità per un luogo diventato istantaneamente
di moda. Il teleturista va nella Matera di The Passion, il seguace del set-jetting
nel Sudafrica dell'ultimo cinepanettone.
Set-jetting
Lo spettaturista
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Nel 1968, in 2001: Odissea nello Spazio, quello che
viene comunemente defi nito dagli appassionati il
“proverbial good science fi ction movie”, Stanley Kubrick rap-
presentava in maniera credibile e per certi aspetti visualmente
insuperata, il volo dalla Terra a una stazione orbitale e da qui
sino a una base lunare, compiuto non da un astronauta, ma da
un passeggero su un’astronave di linea, esattamente come fanno
oggi milioni di viaggiatori che si spostano utilizzando l’aereo.
Nel fi lm il regista immaginava un futuro non lontanissimo, dove
il viaggio spaziale non era più da intendersi quale viaggio av-
venturoso ad appannaggio di coraggiosi astronauti, ma modalità
di trasferimento ordinario da parte dell’uomo comune; trasfor-
mava in immagine un’idea peraltro già presente in letteratura sin
dall’età d’oro della fantascienza, come si rinviene in romanzi di
scrittori quali Asimov, Bradbury, Clarke e Heinlein.
Ebbene, quello che sino a pochi anni fa sembrava essere tecni-
camente ed economicamente non fattibile, e limitato ai confi ni
della pagina stampata o dello schermo cinematografi co, si sta
concretizzando, tanto che pensare oggi a un viaggio nello spa-
zio (quanto meno a livello orbitale) non è più una cosa tanto
assurda, in quanto è già stata sperimentata da decine di “turisti
spaziali” e in un futuro probabilmente non troppo lontano non
sarà più un’esclusiva di pochissimi eletti.
Fin dagli anni Ottanta sono andati nello spazio vari personaggi
che non facevano l’astronauta di mestiere. Nel 1985 volò sul-
lo shuttle il senatore americano Jack Garn, mentre nel 1990
Toyohiro Akiyama, un reporter giapponese del Tokyo Broadcasting
System arrivò sulla Stazione Spaziale Mir per una spesa di 28 mi-
lioni di dollari. Il 28 aprile 2001 Dennis Tito si guadagnò il titolo
di primo turista spaziale pagante, quando visitò l’International
I fu
turi
bili
Turismo spaziale
Capitolo
3
30
Space Station (ISS) per sette giorni; il viaggio fu organizzato dall’americana
Space Adventures, che dopo di lui ha portato in volo orbitale e suborbitale de-
cine di astronauti privati.
Fino ad oggi l’unico modo per eff ettuare un volo nello spazio era affi dar-
si come lanciatore all’Agenzia spaziale russa: per un’avventura con la Soyuz si
spendono da 20 a 35 milioni di dollari, a seconda del pacchetto che si deside-
ra acquistare.
I novelli cosmonauti decollano dal cosmodromo di Baikonur e arrivano fi -
no all’International Space Station utilizzando gli stessi veicoli impiegati per le
missioni uffi ciali. Tuttavia il panorama sta rapidamente cambiando, in quanto
diverse compagnie stanno costruendo o addirittura già testando mezzi origi-
nali (lanciatori, capsule, addirittura stazioni orbitali turistiche come quelle che
la Bigelow Aerospace intende rendere disponibili nel 2015, (www.bigelowae-
rospace.com), specifi camente progettati per il turismo spaziale.
Startup specializzate in questo tipo di viaggi, poi, hanno in catalogo voli nello
spazio, ma anche voli suborbitali o atmosferici a zero G, esperienze comun-
que non da poco.
Presto (i voli di collaudo della navicella SpaceShip-Two sono in corso e si
concluderanno per la piena operatività già nel 2011) chi vorrà provare l’eb-
brezza di guardare il pianeta Terra da molto lontano potrà anche scegliere tra
i viaggi proposti da Sir Richard Branson, il patron della Virgin. Pioniere del
turismo spaziale, Branson ha lanciato la Virgin Galactic (www.virgingalactic.
com), destinato a diventare un altro brand di grande successo. I voli verranno
eff ettuati dal Mojave Spaceport, nel deserto della California. Dopo tre giorni
di preparazione, si parte. Il viaggio (un volo lungo una traiettoria parabolica)
durerà due ore e mezza e permetterà di vedere la Terra da 110.000 chilome-
tri di altezza.
Ancora più ambiziosa è la Space Adventures (www.spaceadventures.com), che
arriva a proporre addirittura una “Lunar Mission”, defi nita la prima spedizio-
ne privata intorno alla Luna, per 100 milioni di dollari Usa.
Altri invece propongono tour suborbitali. Ci sono spaceport in California,
in Alaska, in Svezia, negli Emirati Arabi, in Danimarca (su una piattaforma
sul mare). E naturalmente in Russia: per esempio, Best Russian Tour (www.
bestrussiantour.com), specializzata in turismo estremo. Il “Suborbital Flight”
costa 150.000$ e permette di partecipare a un volo con l’M-55X. Come si
I futuribili
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specifi ca nel sito, si sale su “un aereo M-55 «Geophysica» da High Altitude con
un modulo suborbitale C-XXI montato su di esso. L’aereo raggiunge un’al-
titudine di 17-19 km e poi accelera nel corso della manovra che precede la
separazione. Dopodiché, il C-XXI continua il suo volo balistico fi nché rag-
giunge i 100 km di quota. A quell’altezza si vede la splendida curva del pianeta
Terra e si prova la totale assenza di peso”. Ai viaggiatori che scelgono questi
tour si consigliano i corsi di addestramento nel Gagarin Cosmonaut Training
Center. E non si preoccupi chi soff re di cuore: la Best Russian Tour ha pensato
a tutto, e propone anche tour molto più rilassanti, tra cui piacevoli gite nelle
case-museo dei cosmonauti, come il Korolev’s Memorial Apartment Museum
a Mosca, la Yuri Gagarin Memorial House nel villaggio di Klushino, o la casa
di N.E. Zhukovsky, “il padre dell’aviazione russa”, a Orehovo.
Un’alternativa più economica (quando la tecnologia fornirà materiali co-
struttivi adeguati) saranno gli “space elevator”, attualmente in fase di studio, e
cioè cabine che scorrendo lungo cavi ancorati a terra arriveranno a docking
stations in orbita intorno al pianeta; la sfi da dei ricercatori è realizzare cavi suf-
fi cientemente leggeri e resistenti, trattandosi di strutture lunghe migliaia di
chilometri.
Un’alternativa sono i voli parabolici commerciali proposti dalla Novespace
(www.novespace.fr), la sussidiaria dell’Agenzia Spaziale francese. La Novespace,
con un Airbus 300 Zero-G, eff ettua voli parabolici durante i quali, per 30 se-
condi alla volta, si simulano condizioni di microgravità simili a quello dello
spazio.
Nel settembre 2010, poi, si è parlato di turismo scientifi co aerospaziale in
Sardegna: per tre giorni infatti la piscina dell’hotel Li Cuncheddi, nelle vici-
nanze di Olbia, è stata utilizzata per una serie di addestramenti subacquei, in
cui si simulava l’assenza di peso, per l’Asi, Agenzia spaziale italiana.
Infi ne, per chi ha la passione dello spazio profondo ma non ha nessuna voglia
di salire su un’astronave, ci sono i viaggi alla ricerca delle location dove sono
stati girati i grandi fi lm di fantascienza. Uno per tutti, il pianeta Tatooine di
Guerre Stellari, che in realtà è Matmata in Tunisia, dove è ancora visitabile il set
originale della casa di Luke Skywalker, utilizzato nel fi lm del 1977.
I futuribili
32
Volete un sorriso perfetto, il ventre piatto e un seno da
ventenne? Per molti, questi sono solo sogni chiusi in un
cassetto, perché l’odontoiatria e la chirurgia estetica costano trop-
po in Italia. Mentre in Tunisia i tariff ari sono molto più bassi. E
la gente se n’è accorta. Dopo il 2000, infatti, sono cresciuti espo-
nenzialmente i turisti che insieme alla vacanza programmano un
intervento medico, perché la spesa totale di volo, soggiorno in
albergo, specialista e operazione risulta comunque conveniente.
Addirittura, il mondo potrebbe essere suddiviso per aree spe-
cialistiche, come se fosse uno sconfi nato ospedale policlinico:
l’Europa dell’Est per le cure dentistiche low cost, Cuba per la
chirurgia oftalmica; il Mar Morto per le malattie dermatologiche;
gli Stati Uniti per le terapie hi-tech in via di sperimentazione; la
Thailandia per la medicina estetica. E si potrebbe andare avanti,
elencando Paesi in tutti i continenti.
Lo stesso ragionamento si può fare per i pazienti. Gli italiani, per
esempio, sono assidui turisti medici in cerca di cure dentali, soprat-
tutto ponti e impianti. La preferenza va spesso alla Croazia e alla
Slovenia, così si può aggiungere alla seduta di implantologia qual-
che giorno di wellness negli spa resort della costa. Quindi, si torna
a casa come nuovi, orgogliosi di sfoggiare un sorriso smagliante e
una forma fi sica invidiabile. Il passaparola e i risultati convincenti
ampliano il mercato: buone prestazioni mediche, albergo di lusso,
risparmio dal 30% al 70% sul conto del dentista allettano amici e
parenti, che a loro volta partono per le stesse mete e con gli stessi
scopi. Ci sono studi dentistici che hanno ormai raggiunto livel-
li di organizzazione da tour operator. Off rono visita gratuita in
Italia e l’intervento in Romania, Ungheria e Serbia. L’operatore
I Viaggi del Sorriso (www.iviaggidelsorriso.com) attira i pazienti
con pacchetti all inclusive molto convenienti e soggiorni simili a
Med
ical
tou
rism
Smile tourism e Turismo medico
Capitolo
4
33
una vacanza. E garantisce che medici e assistenti parlino italiano. Così il paziente
non deve temere di restare a bocca aperta davanti a un enigma in romeno.
Nel pacchetto è anche compreso il giro turistico in città, tra monumenti e mu-
sei. La clinica Rosengarten (www.rosengarten.hu) elenca nel menu del sito (in
quattro lingue) anche le migliori off erte di voli low cost per raggiungere Soron,
in Ungheria, e una selezione di ristoranti per scoprirne la buona cucina. Lo stes-
so vale per Turismo Dentale (www.turismodentale.it), clinica italiana nel centro
di Bucarest con consulto e preventivo a Roma e Bologna.
Gli italiani volano all’estero anche per rifarsi il naso, aumentare il seno, procu-
rarsi un lifting o una blefaroplastica a cifre che superano di poco il prezzo di
alcune creme cosmetiche sedicenti miracolose. Per aiutare nell’organizzazione
sono nate agenzie specializzate con nome che allude al tipo di viaggio proposto:
Cosmetica Travel (www.cosmeticatravel.com) prenota l’hotel in Tunisia e, pri-
ma o dopo l’intervento, organizza escursioni ai siti archeologici di Cartagine, alla
Medina di Tunisi, giornate di talassoterapia, lezioni di golf. Altro operatore dal
nome esplicito è Chirurgia & Vacanze (www.chirurgiaevacanze.com) che in-
clude il soggiorno in cinque stelle lusso, mare e tour. Insomma una vacanza vera
e propria da cui si torna come nuovi. Risparmio sull’intervento? Il 50% netto
rispetto ai listini italiani. Finora la Thailandia ha il record di turisti pazienti, pre-
valentemente diretti al Bumrungrad International Hospital (www.bumrungrad.
com): 400.000 pazienti stranieri all’anno da 190 Paesi che ne apprezzano il trat-
tamento in guanti di velluto e la convalescenza in un super hotel con scenario
esotico (spiagge deserte, mare cristallino, buon cibo e massaggi tradizionali).
Anche il Sudamerica è ai primi posti come “medical travel destination”. Qui a
spopolare sono gli studi dentistici dell’Argentina, i più economici del mondo, e
le cliniche di chirurgia estetica del Brasile. Dove si va soprattutto per i nomi che
garantiscono il risultato di bellezza desiderato. Per esempio Ivo Pitanguy (www.
pitanguy.com.br), padre della chirurgia estetica plastica, e la clinica dei professo-
ri Ribeiro e Pontes a Rio de Janeiro. In questo caso, chi intraprende il viaggio
non lo fa per risparmiare: le tariff e sono hollywoodiane come i clienti. In cam-
bio, però, trova anche sole a go-go, movida, musica, buona cucina, lusso, Ipanema
e altre spiagge meravigliose. India e Cina sono le destinazioni emergenti del
turismo medico non estetico. C’è chi va in Rajasthan per anche solo per una
visita ginecologica (con sosta al Taj Mahal), mentre la Cina è al primo posto
per i trapianti di organi. Dato il successo dell’industria del turismo medico,
Medical tourism
34
molti Paesi ambiscono a diventare “health-care destination”, e fanno a gara per
off rire prestazioni sempre migliori a prezzi sempre più vantaggiosi. I pionieri
del turismo medico d’oggi sono soprattutto gli statunitensi meno abbienti che
cercano alternative economiche alle proibitive prestazioni cliniche che le as-
sicurazioni private non coprono in patria. Così sono cominciati i viaggi della
speranza in cerca di un dentista in Messico (ci si arriva in auto dalla California)
o in Costa Rica (tre ore di volo da Miami), o di cure più specialistiche in tut-
to il mondo: bypass coronarici, sostituzioni di valvole cardiache, impianti di
cellule staminali, isterectomie, ricostruzioni ossee, radioterapia e chirurgia on-
cologica; ma questo è solo un elenco sommario.
Secondo i dati di Abacus International più di 1.600.000 stranieri arrivano in
Asia ogni anno in cerca di cure mediche: un milione sono diretti in Thailandia,
370.000 a Singapore, 150.000 in India e 200.000 sbarcano in Malesia.
Recentemente ha debuttato nel business ospedaliero anche la Corea del Sud,
candidandosi come nuova “top destination” per la chirurgia estetica. Ma cine-
si e giapponesi scelgono Seoul anche per il “nip & tuck”, letteralmente “taglia e
cuci”. L’industria va così bene che il governo coreano ha progettato sull’isola di
Jeju una clinica gigantesca, circondata da campi da golf, spiagge stupende e bun-
galow per i turisti-degenti. Secondo l’associazione no profi t Medical Tourism
(www.medicaltourismassociation.com), con sede a Singapore, il turismo me-
dico è un’industria da 40 miliardi di euro, che sposta nel mondo sei milioni di
pazienti all’anno. Nella sola India genera un giro d’aff ari di due miliardi di eu-
ro, con una crescita annua percentuale del 25-30 %. La salute, però, è materia
su cui non si è disposti a rischiare, anche se le off erte di guarigione o di eterna
gioventù allettano (e illudono) chiunque. Prima di prendere decisioni avventa-
te, è consigliabile sciogliere dubbi e perplessità leggendo la guida Medical Tourism
di Patrick W. Marsek e Frances Sharpe (Alpha, 2009) che in oltre 350 pagine af-
fronta problemi pratici e quesiti del turista in cerca di cure mediche, associando
destinazioni e terapie, off rendo consigli per confrontare tariff e e assicurazioni,
scegliere i migliori specialisti, gli ospedali e le agenzie più affi dabili per l’orga-
nizzazione del viaggio. Tenendo presente che, oltre le cure, bisogna programmare
la convalescenza in modo che sembri, almeno un po’, anche vacanza.
Medical tourism
35
Se una coppia di donne italiane decide di avere un fi glio si trova di
fronte a due ostacoli: la mancanza oggettiva del seme maschile e l’im-
possibilità di ricorrere a un donatore, perché dal 2004 la Legge n. 40 vieta la
fecondazione eterologa.
Stessa sorte tocca alle coppie eterosessuali in cerca di fi gli, con partner steri-
le. Quindi, o si abbandona l’idea della prole, oppure si deve andare all’estero
nel tentativo di procurarsi una gravidanza medicalmente assistita. Secondo i
dati pubblicati sull’autorevole rivista Human Reproduction, l’Italia detiene il
record europeo di turisti procreativi. Infatti, dei circa 20.000 trattamenti prati-
cati ogni anno nelle cliniche di Inghilterra, Spagna, Svizzera, Belgio, Slovenia,
Repubblica Ceca e Danimarca, il 31,8% è richiesto da italiani. Seguono i te-
deschi (14,4%), gli olandesi (12,1%) e i francesi (8,7%).
Per tutti, indipendentemente dalla provenienza, la ragione principale del viag-
gio è sfuggire alle leggi di casa propria, mentre solo una minoranza ritiene di
poter ricevere all’estero cure migliori. Attualmente, la meta preferita dagli ita-
liani è la Spagna, dove il business ha attivato un fi orente mercato di gameti:
dalla Legge 40 a oggi, le coppie che ne hanno fatto richiesta sono passate da
60 a 1.365. Lugano è scelta dal 32% degli aspiranti genitori per la vicinanza e
per la lingua, oltre che per la mitica effi cienza delle cliniche svizzere. Non si
eseguono però ovodonazioni (sono vietate) e i donatori di sperma sono sem-
pre meno per l’obbligo di rintracciabilità.
Gli italiani scelgono anche i centri di Nizza (il 5%) e del Belgio, mentre le me-
te emergenti sono Grecia e Turchia.
Alcuni paesi europei si sono specializzati, così molti vanno in Spagna e nella
Repubblica Ceca per la donazione di ovociti, gli svedesi scelgono la Danimarca
per le inseminazioni e le coppie lesbiche prediligono il Belgio. Anzi, ulti-
mamente le richieste nei centri di procreazione medico-assistita di Bruxelles
sono aumentate a tal punto che nelle banche del seme belghe il deposito di
spermatozoi comincia a scarseggiare.
Per monitorare l’andamento del fenomeno è nato un Osservatorio sul Turismo
T u r i s m o
Turismo procreativo
Medical tourism
36
Procreativo (www.cecos.it/sezioni/eventi/osservatorio.pdf), che al convegno
del 30 novembre 2009 a Roma ha divulgato dati sorprendenti: dal 2004 a oggi,
gli italiani che si rivolgono all’estero per la fecondazione assistita sono quadru-
plicati, passando da 1.066 a 4.173, e spendono da 3.500 a 8.000 euro per un
ciclo completo, senza contare volo e soggiorno.
Grazie al fi orente mercato internazionale, i centri hanno potenziato il busi-
ness e affi nato la comunicazione. Per esempio, Vitanova (www.vitanova.dk),
a Copenhagen, propone sul web inseminazioni da donatore e sedute di ago-
puntura per aumentare le chance di successo dell’intervento, off rendo le sue
prestazioni anche ai single. Quanti però sono in grado di capire le proposte
in danese? No problem, il numero di pazienti giustifi ca la traduzione del sito
in italiano. E, naturalmente, le segretarie del centro aiutano a cercare un hotel
convenzionato, con tariff a speciale per i clienti di Vitanova.
Il Procrea (www.procrea.ch), una sede a Lugano e una a Bellinzona, strilla lo
slogan “a un’ora di macchina da Milano e un’ora d’aereo da Roma”, proprio
come fanno le più belle località di villeggiatura, e assiste i pazienti per la pre-
notazione degli hotel.
Chi si rivolge al Crete Fertility Center (www.fertilitycrete.gr) alterna le cure
per l’infertilità agli archeotour tra i monumenti di Creta e ai bagni in un ma-
re stupendo. Anche qui si off rono soluzioni per il soggiorno a Iraklio, sede del
centro, e sito in italiano. Evidentemente, dal Belpaese arrivano turisti procrea-
tivi numerosi e provetti!
Medical tourism
37
Sì, lo voglio. Ma a modo mio. Niente chiesa o Comune
di residenza, stuoli di parenti, damigelle d’onore e tutto
il resto del rituale, tradizionale al punto che dopo un secolo di
prêt-à-porter succinto prevede sempre il solito abito d’antan e
più o meno lo stesso protocollo.
Le cose però stanno cambiando e sempre più coppie progetta-
no una vera e propria fuga d’amore che include matrimonio e
luna di miele (weddingmoon = wedding + honeymoon) lon-
tano da tutto. Fino a qualche tempo fa i posti deputati erano
soprattutto le navi da crociera scambiandosi anello, diritti e do-
veri davanti al capitano, o Las Vegas, “sin city” di soprannome,
dove bastano un passaporto e cinque minuti per convolare a
nozze e altri cinque per divorziare (www.lasvegasweddings.com;
www.vivalasvegasweddings.com). Per stravaganze e grandeur, in
Nevada, sono campioni l’hotel Bellagio (www.bellagio.com) e
il Venetian (www.venetian.com): cerimonia lampo, casinò e vo-
lo sul Grand Canyon fanno parte del rito.
Negli ultimi quindici anni le pratiche matrimoniali sono diven-
tate più snelle, i tour operator si occupano della parte burocratica
e fanno a gara per off rire nozze e viaggi sempre più stupefacen-
ti, all’insegna del “famolo strano” come diceva Carlo Verdone
in Viaggi di nozze (1995). Così il giorno del fatidico “sì” diven-
ta ancor più un evento straordinario non solo per chi lo vive ma
anche per chi lo sente raccontare. Attenzione però, perché il ri-
schio di scivolare nel kitsch è altissimo, e si fi nisce sì sulla bocca
di tutti, ma tacciati di cattivo gusto. Meglio evitare quindi voli
in mongolfi era, matrimoni collettivi il giorno di San Valentino
e banchetti sul tram. L’ideale è sempre un’isola dell’Oceano
Indiano o dei Caraibi o di qualunque altro mare corallino. La
meta è importante, perché il viaggio corona il sogno d’amo-
Tur
ism
o di
con
soli
dam
ento
(Mat
rim
oni
& C
o.)
Weddingmoon
Capitolo
5
38
re eterno, anzi è la metafora di come dovrebbero essere un amore e una vita
perfetti. Mentre www.italiandestinationweddings.com orienta chi vuole spo-
sarsi nei luoghi più romantici e chic d’Italia, i siti www.mrandmrssmith.com e
www.kiwicollection.com, specialisti nella selezione di boutique hotel e resort di
lusso, suggeriscono i wedding hotel per matrimoni raffi nati alle Seychelles, alle
Hawaii, a Phuket, a New York, ad Aspen o nella valle di Colchiagua in Cile. Uno
dei posti segnalati per il pacchetto “matrimonio + viaggio di nozze” è Frégate
Island (www.fregate.com), isola privata delle Seychelles. Ci si può sposare nella
minuscola cappella di Mount Signal, oppure a piedi nudi su una delle sue sette
spiagge o ancora a bordo di uno yacht di lusso. I futuri sposi non devono pen-
sare a nulla: lo staff di Frégate include truccatori, stilisti, fi oristi, chef e musicisti
creoli addetti alla cerimonia. Dopodiché comincia la luna di miele vera e propria
tra navigazioni in mare aperto, massaggi nel centro benessere e cene romantiche
sulla spiaggia al lume di un falò. Scenari idilliaci e organizzazioni simili si tro-
vano in quasi tutti i resort delle Maldive, dei Caraibi e della Polinesia, con lusso
proporzionale alla possibilità di spesa degli sposi.
I due Angsana (Velavaru e Ihuru, www.angsana.com) propongono di pronun-
ciare il sì sott’acqua, alle Maldive, davanti a un altare di coralli; mentre al Four
Seasons (www.fourseasons.com) di Bora Bora tutto viene pianifi cato per essere
memorabile, dal più piccolo dettaglio fl oreale alla torta nuziale hollywoodiana.
La tendenza di fare in una sola volta nozze e viaggio è in crescita. Spesso è
la scelta più conveniente per le coppie alle seconde, terze, quarte nozze: non
hanno più l’età per una cerimonia tradizionale o semplicemente ritengono
più dignitosa l’intimità a due o con pochissimi amici, anche solo i testimoni.
Ci sono anche coppie che non hanno bisogno del valore legale del rito; vo-
gliono piuttosto sperimentare altri modi di unirsi in matrimonio. Un esempio
è la cerimonia maldiviana: la sposa vestita con un sari arriva in barca al tra-
monto. Giunta a terra, incontra il coniuge che l’attende insieme agli abitanti
dell’isola. I due si scambiano collane di fi ori e camminano sulla spiaggia men-
tre la musica dei tamburi impazza. In questo caso il rito non ha valore legale,
ma rappresenta una promessa di dedizione reciproca davanti alla comunità, e
come tale va rispettata (ma questo è lasciato alla discrezione degli sposi, na-
turalmente). In Polinesia, invece, gli sposi arrivano in piroga, poi, una volta
sbarcati, vengono preparati alla cerimonia tradizionale che, anche in questo ca-
so, ha solo valore simbolico: massaggi e abiti da principessa per lei, tatuaggi per
Turismo di consolidamento
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lui, corone di fi ori per entrambi. Il capo villaggio offi cia le nozze dopo aver
assegnato agli sposi un nome tahitiano, e infi ne li benedice con olio di cocco
in augurio di fertilità e felicità. La pergamena con i nuovi nomi resta come ri-
cordo delle nozze esotiche. Per legalizzare l’atto è necessario formalizzarlo nel
comune dell’isola anche solo un paio di ore prima; i documenti richiesti però
devono essere tradotti in francese e arrivati precedentemente dal Paese di pro-
venienza (www.tahitianwedding.com).
Ogni Paese chiede tempi e documenti diversi. Per esempio, per sposarsi alle
Bahamas ci vuole passaporto valido per almeno sei mesi, certifi cato di nascita,
stato civile e, in caso di divorzio da un precedente matrimonio o di deces-
so del precedente coniuge, la documentazione relativa. È inoltre necessario
presentare i biglietti aerei di andata e ritorno. I documenti devono essere in
doppia copia: in italiano e in inglese, autenticati dal notaio per depositarli al
Registrar General’s Department. Dopo le nozze, il certifi cato di matrimonio
viene autenticato a Miami dal Consolato generale italiano e inviato ai coniu-
gi che lo dovranno tradurre in italiano e consegnare al comune di residenza.
Il costo della cerimonia va dai 100 ai 200 dollari per le pratiche e dai 150 ai
175 dollari per il sacerdote (www.bahamas.it). In Italia, il matrimonio può es-
sere solo civile o religioso. Che si dichiari in cima alle Alpi o tra i ghiacci della
Lapponia, per essere uffi ciale, il sì implica l’adesione ai diritti e doveri previ-
sti dal nostro codice.
Scegliere il Thurnher’s Alpenhof, in Austria, vuol dire amare i brividi. Ci si
sposa in una cappella barocca con vista sulle vette. E dopo la cerimonia, co-
mincia la festa: gite in calesse, fi accolate sugli sci, parapendio ed eliski. Nel
pacchetto è compreso tutto, anche il disbrigo delle pratiche.
Stesso iter burocratico ma tutt’altre modalità all’Elounda Beach di Creta; qui al
rito civile segue la benedizione del prete greco ortodosso nella cappella delle
nozze o a bordo di una barca diretta alla baia di Mirabello dove infi ne si brinda
a champagne. Anche in questo caso, lo staff dell’hotel pensa alle autorizzazio-
ni e alle pratiche necessarie. Quelli appena descritti sono solo due esempi delle
tante proposte di Leading Hotels of the World (www.lhw.com) che associa 450
strutture di lusso in tutto il mondo, molte delle quali con cappelle e personale
preparato per assistere gli sposi, dalle pratiche al servizio fotografi co.
Turismo di consolidamento
40
Uno dei blockbuster attesi nel 2011 si intitola Familymoon, regia di
Kevin Rodney Sullivan, che sulla famiglia allargata si era già ci-
mentato sul piccolo schermo con la sitcom Modern Family. Un successo negli
States, che fa rifl ettere. Fino a qualche anno fa, infatti, la luna di miele era
come il matrimonio, una per tutta la vita, e aveva il fascino dell’esperienza ir-
ripetibile. Oggi non è più così, e gli sposi non sono sempre due giovani con
una vita davanti da costruire. Basti sapere che dei 2,4 milioni di matrimoni
celebrati ogni anno negli Usa, circa metà sono seconde (forse terze o addirit-
tura quarte) nozze, di cui oltre il 60% con fi gli di primo letto. Persino l’Italia,
per tradizione saldamente legata all’istituzione matrimoniale, ha dovuto cede-
re al trend e, con la semplifi cazione delle procedure di divorzio, riconoscere
che la famiglia rappresenta una realtà sociale sempre più variegata, fatta di
madri, padri, mogli dei padri e mariti delle madri, fratelli e sorelle, fratella-
stri e sorellastre e uno stuolo di nonni. Insomma, la famiglia oggi è espansa.
Disfatta una coppia se ne fa un’altra, e i fi gli si portano al seguito, anche in
viaggio di nozze. Infatti la luna di miele in quel caso non è più l’idillio a due,
ma un viaggio di gruppo: con la familymoon si consacra la nascita di una
nuova tribù. E via, carichi di bagagli, bambini e adolescenti verso l’avventu-
ra: Maldive, Caraibi, safari in Sudafrica, le piramidi in Egitto, gli altipiani del
Perù, il Grand Canyon, la crociera. Il turismo matrimoniale non riguarda più
solo coppie, ma intere famiglie, con grande allegria degli operatori.
Hotel, tour operator e agenti di viaggio colgono al volo la richiesta del mer-
cato e basta digitare familymoon sul web per trovare un elenco lunghissimo
di siti che propongono pacchetti all inclusive (i bambini spesso non pagano
il soggiorno) per chi in luna di miele intende consolidare coppia e clan. C’è
chi oltreoceano ha già un’esperienza decennale in materia, come i Sandals
Resorts (www.sandals.com) che con la vacanza ai Caraibi off rono anche la ce-
lebrazione delle nozze al cospetto di fi gli (che lo staff coinvolge nei preparativi
e nella cerimonia) e parenti stretti. Prenotando dieci camere in un Sandal la
lista del “tutto compreso” si allunga: wedding planner, offi ciante, bouquet, ri-
Familymoon
Turismo di consolidamento
41
cevimento, torta nuziale, servizio fotografi co ma anche manicure e pedicure,
massaggio e upgrade della camera per gli sposi. Gli ospiti godono degli stes-
si trattamenti, a meno che non sia periodo di alta stagione e che il booking
dell’hotel non abbia registrato il tutto esaurito. In tal caso, i vantaggi sono ri-
servati esclusivamente agli sposi.
Il bon ton prevede che le seconde nozze e successive si svolgano in modo ri-
servato, senza liste infi nite d’invitati e ricevimenti sontuosi. La discrezione è il
miglior alleato. L’ideale quindi è optare per un matrimonio il più lontano pos-
sibile da casa, in un posto bellissimo, senza però rinunciare all’aff etto dei propri
cari. E senza rinunciare a un po’ di romanticismo. Nonostante le premesse, re-
stare (almeno un po’) da soli si può. Basta scegliere mete family friendly, dando
la possibilità a bambini e teenager di avere spazi e divertimenti dedicati, con
programmi di attività intensi - diving, canoa, dance - mentre i novelli sposi ce-
nano al lume di candela in suite.
Una valida alternativa per una familymoon di successo è la crociera: itinerari
sempre più aff ascinanti e programmi di intrattenimento di bordo sempre più
sofi sticati (persino simulatori di Formula 1 e gare di golf) e diversifi cati per
tutti, dai sei mesi in su.
La scelta è anche economicamente vantaggiosa, dato che i minori di 18 anni
solitamente non pagano.
Breve digressione: il viaggio di nozze con famiglia al seguito non è solo per
ex divorziati e ex vedovi, ma anche per coppie inossidabili. Accade spesso che
in occasione di anniversari speciali, marito e moglie vogliano ribadire eterna
fedeltà e amore davanti ai fi gli. E accade pure che alla soglia delle nozze d’ar-
gento, d’oro e di diamante i capostipiti vogliano festeggiare con la seconda e
terza generazione il coronamento di un sogno: dopo 25, 50, 60 anni quel che
conta è ciò che si è fatto insieme a prova che le promesse sono state mantenu-
te. Quindi, brindisi sì, e molto speciale. Possibilmente, all’altro capo del mondo.
Turismo di consolidamento
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Un ultimo viaggio prima di dedicarsi ventiquattr’ore su ventiquat-
tro al nuovo arrivato. Un po’ di tranquillità per recuperare le forze
necessarie nei primi mesi di un neonato, meditare sul futuro di genitori, go-
dersi i residui di libertà. Molte coppie sono spaventate all’idea che l’arrivo di
un neonato possa cambiare la loro la vita, sconvolgendola. Temono di dover
dire addio per sempre alle serate di divertimento, agli amici, al cinema, alle
vacanze d’avventura, e di doversi chiudere in casa per decenni. Non è così,
o meglio, lo è solo per chi si lascia intrappolare dai ritmi del bambino. Gli al-
tri trovano un’uscita dal tunnel (e da casa) cedendo a qualche compromesso.
Ciononostante, una vacanza pre-parto fa senz’altro bene, e può aiutare a pre-
venire o smorzare la temutissima crisi post partum.
Negli Stati Uniti lo fanno già 3 milioni di persone all’anno, ma anche in Italia
e in Europa la luna di miele prenatale è l’ultima moda tra i futuri genitori.
Obiettivo numero uno, quindi, sfruttare al meglio gli ultimi giorni dell’idil-
lio a due, concedendosi una vacanza all’insegna del relax, del piacere, del lusso.
E basta.
Il termine “babymoon” fu utilizzato per la prima volta nel 1996 in Il bambino:
il primo anno di vita (Mondadori, 2001) di Sheila Kitzinger, educatrice inglese
che consigliava un viaggio con il neonato per prendere confi denza con i ruo-
li di mamma e papà. Ma l’anticipo della partenza durante la gravidanza ne ha
cambiato il signifi cato: di fatto il babymoon è una seconda luna di miele, con
qualche precauzione in più. Perché, nonostante le apparenze, si è già in tre.
Il primo passo è valutare quando partire.
L’ideale è dopo i primi tre mesi - che sono quelli a maggior rischio di aborto
e i più nauseabondi - e prima degli ultimi tre. Ovviamente si tratta di ge-
neralizzazioni; ci sono donne che soff rono di nausea per tutta la gravidanza
e altre che restano agili e indipendenti fi no all’ultimo giorno. Ma a parte la
sintomatologia personale, è bene sapere che le compagnie aeree non imbar-
cano donne incinte al nono mese e altre che pretendono il certifi cato medico
di buona salute e normale conduzione della gravidanza dalla 32ª settimana.
Babymoon
Turismo di consolidamento
43
Insomma, il periodo migliore per fare una vacanza in sicurezza è tra la 18ª e
la 28ª settimana.
Secondo passo: che tipo di vacanza scegliere? Per esempio, niente tour de force
culturali, turismo mordi e fuggi, scalate e arrampicate, immersioni e discese in
canoa sulle rapide, salite oltre i 4.000 metri di altitudine. L’opzione “resort &
spa” è la più adatta alla circostanza, possibilmente in un posto tranquillo, senza
auto, senza rumori e senza giornate organizzate dalla mattina alla sera. Sarebbe
preferibile una destinazione non troppo distante (massimo sei ore di viaggio,
indipendentemente dal mezzo) ma c’è anche chi non si lascia intimorire ed è
disposto a raggiungere isole esotiche e terre lontane.
Che il babymoon sia un trend in crescita si capisce da tanti indizi. Per esempio,
gli hotel si preparano all’accoglienza di questi nuovi viaggiatori mettendo a
disposizione pacchetti pensati appositamente che includono dvd no limit, late
check-out (nel pomeriggio invece che alle usuali e inderogabili dodici), siga-
ri e massaggio sportivo per il futuro papà, massaggio elasticizzante e cocktail
analcolici per la futura mamma, kit d’emergenza in caso di voglie improvvise.
Alcuni mettono a disposizione un personal shopper con cui acquistare le ulti-
me cose per la cameretta o il corredino.
Data la delicatezza della situazione, l’elenco delle precauzioni di viaggio si
allunga. Bisogna portare con sé una copia degli esami medici, il numero di te-
lefono dell’ostetrica e un documento con il gruppo sanguigno della puerpera.
Per le emergenze è importante procurarsi indirizzi e numeri di telefono degli
ospedali in zona (di solito li forniscono all’uffi cio del turismo locale o si tro-
vano con una veloce ricerca sul web prima di partire); al check-in del volo è
consigliabile chiedere un posto in prima fi la (è più comodo e largo degli al-
tri) e più vicino possibile al bagno. Altri piccoli accorgimenti contribuiscono
a rendere il viaggio più confortevole: indossare scarpe basse, portare un cusci-
no, camminare ogni due ore, bere tanto e spesso.
Per i viaggi esotici è molto importante mettere in valigia creme solari ad alta
protezione, avere sempre una bottiglietta d’acqua a portata di mano e, natu-
ralmente, assicurarsi che non ci sia bisogno di vaccinazioni: potrebbero avere
gravi eff etti collaterali per il feto. In tal caso, basta consultare un medico co-
scienzioso oppure il sito (www.viaggiaresicuri.it) del ministero degli Aff ari
Esteri, per verifi care quali sono i Paesi a rischio sanitario e i relativi vaccini
obbligatori.
Turismo di consolidamento
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Organizzare il viaggio può essere un divertimento per la coppia e qualunque
destinazione è potenzialmente adatta, basta che corrisponda ai requisiti fi n qui
elencati.
Man mano che il babymoon si va consolidando come tendenza, nascono an-
che tour operator specializzati, soprattutto online. Su www.baby-moon.eu e
www.babymoonguide.com si prenota la vacanza e ci si confronta con chi ha
già vissuto quest’esperienza. Anzi, nel blog di www.baby-moon.eu si possono
porre domande, esprimere dubbi e preoccupazioni, chiedere consigli e trova-
re hotel e resort che off rono pacchetti “Babymoon” in Asia, Canada, Europa,
Medio Oriente, Africa, Usa, Messico, Caraibi, spesso studiati insieme a gine-
cologi e ostetrici. Nelle strutture italiane e londinesi, Baglioni Hotels (www.
bahlionihotels.com) applica alle mamme in dolce attesa uno sconto del 10%
su ristorante e boutique, e off re un’ora di massaggio e un corso di cucina
con ricette per bambini. Lo stesso fanno Relais & Châteaux (www.relaischa-
teaux.com) a Villa Gallici a Aix en Provence, Château de Mirabeau vicino a
Bordeaux, Le Saint Paul a Saint Paul de Vence. Con tutte queste premesse ca-
piterà sempre più spesso di trovare tra i compagni di volo, di resort e, perché
no, di avventura, aitanti signore con tanto di pancione.
Turismo di consolidamento
45
La vacanza in Namibia di Brad Pitt e Angiolina Jolie nel 2006 aveva
un obiettivo preciso: far nascere la primogenita nella meravigliosa ter-
ra d’Africa. Infatti Shiloh Nouvel ha visto la luce a Swakopmund il 27 maggio,
e ne è subito diventata cittadina onoraria. A detta della popolarissima coppia di
Hollywood, la Namibia non è soltanto un Paese stupendo, ma ha strutture me-
diche affi dabili e, soprattutto, è al riparo dal codazzo di paparazzi, giornalisti e
fan. Vezzi da star, si potrebbe pensare. Non è così. I coniugi Pitt non sono gli
unici a intraprendere un lungo viaggio per far nascere i fi gli qua e là (i gemelli
Knox Leon e Vivienne Marcheline, anch'essi fi gli della celebre coppia, sono na-
ti a Nizza nel 2008). E non sono nemmeno tra i pochi. Da qualche anno infatti
si parla sempre più di Birth Tourism o “turismo delle nascite”, che prevede un
lungo soggiorno (minimo due mesi) e il parto in un Paese straniero.
Ci si sposta da una nazione all’altra o addirittura da continente all’altro per far
nascere i fi gli nel luogo ideale, che cambia in base alle esigenze e alla singola mo-
tivazione. Se per le celebrities è il rifugio dal gossip, per molti è il desiderio di
donare doppia cittadinanza al nascituro che, come adulto, potrà scegliere dove
stabilire la propria Patria con quel che ne consegue: accesso al sistema educativo
e sanitario, obblighi militari o sottrazione agli stessi, diritti e doveri.
In generale, il Birth Tourism agevola l’emigrazione, consente una legittima via di
fuga a una certa realtà, rende meno rigidi i confi ni internazionali.
Non si tratta di emigrazione in senso proprio, non è turismo medico né pro-
creativo, non è una vacanza. È un fenomeno a sé stante, e come tale deve essere
trattato, anche se i dati non sono ancora del tutto attendibili e per le informa-
zioni bisogna affi darsi soprattutto all’aneddotica. Fatto è che un numero sempre
maggiore di donne all’ultimo trimestre di gravidanza vola dal Sudest Asiatico
negli Usa (e in minor numero verso Canada e Messico) con il preciso obietti-
vo di partorire lì. Infatti, grazie all’Articolo 14 della Costituzione (introdotto per
garantire la cittadinanza ai discendenti degli schiavi dopo la Guerra Civile), il
parto sul territorio statunitense dà ai neonati (anche fi gli di immigrati illegali) il
diritto di diventarne cittadini una volta raggiunta la maggiore età, a 21 anni.
Birth tourism
Turismo di consolidamento
46
In termini statistici gli Stati Uniti sono la meta preferita dei Birth Tourist, anche
perché molti altri Paesi - per esempio Regno Unito, Irlanda, India e Australia
- hanno rivisto le leggi per i diritti di nascita, e non concedono più automatica-
mente la cittadinanza ai bambini nati sul loro territorio. Secondo i dati divulgati
nel 2010 dal National Center for Health Statistics, dal 2000 al 2006 il numero di
nascite da madri non residenti negli States è cresciuto del 53%, una sorta di baby
boom rispetto al trend nazionale precedente (+5%). In numeri: di 4.273.225
nascite negli Usa nel 2006, 7.670 sono fi gli di mamme straniere. Ovvio, non so-
no tutti casi di Birth Tourism, ma molti sì. Tant’è che a Los Angeles, New York,
Boston e in alcune città del New Jersey e delle Hawaii, dove il melting pot e la
presenza di stranieri sono una realtà sociale consolidata, si moltiplicano le agen-
zie specializzate ad assistere in tutto e per tutto le gestanti straniere: richieste di
visto turistico, affi tto dell’appartamento, prenotazione degli hotel, delle visite
mediche, della clinica per il parto e le cure neonatali. Sono agenzie molto ef-
fi cienti che operano in modo discreto e di cui non è facile trovare siti web e
recapiti se non tramite un riservatissimo passaparola.
Le puerpere spesso provengono da famiglie benestanti di Corea del Sud,
Filippine, Vietnam, Giappone, Taiwan, Hong Kong, Indonesia, e sempre più an-
che dall’Europa dell’Est. Spendono minimo ventimila dollari per il pacchetto
“volo e parto”, a cui si devono poi aggiungere le spese per il vitto e l’alloggio.
Ma l’investimento merita: anche se i frutti si colgono solo dopo 21 anni (alla
maggiore età, appunto), il nascituro si assicura l’ambita chance di diventare citta-
dino degli Stati Uniti d’America.
In particolare, le puerpere sudcoreane mirano agli Usa perché i fi gli maschi nati
lì potranno evitare il servizio di leva obbligatorio nel Paese d’origine, e accedere
alla scuola americana che è il trampolino di lancio per carriere professionali bril-
lanti in patria. Con queste allettanti prospettive, da Seoul arrivano a Los Angeles
al settimo o all’ottavo mese di gravidanza, prendono alloggio nel quartiere core-
ano, più vicino possibile a una delle tre cliniche ostetriche a gestione sudcoreana
(Hana Medical Center, 2015 W Olympic Boulevard). Forse non sarà una vacan-
za nel vero senso della parola, ma lo scopo del viaggio è raggiunto: tornare a casa
con un fi glio “born in the Usa”.
Turismo di consolidamento
47
Il mondo del turismo si divide in due. Ci sono quelli per
cui la vacanza coincide con una settimana all’Hilton, in
una suite superaccessoriata con Jacuzzi, colazione faraonica ser-
vita in camera e bagni in piscine olimpioniche e quelli che negli
agognati giorni di ferie si fanno del male, scegliendo accurata-
mente i posti più pericolosi del pianeta.
Questi turisti impavidi, cresciuti a Segretissimo e Soldier of Fortune
(la rivista preferita dei mercenari) non vedono l’ora di avere
qualche giorno libero, dopo un anno di duro lavoro, per indos-
sare la mimetica e andare a rischiare la vita in veste di “turisti
embedded” in qualche remoto luogo di guerra. Sono i proseliti
del War Tourism, una delle categorie del Dark Tourism, il turi-
smo oscuro.
I turisti che frequentano i luoghi di guerra sono gli emuli dei
giornalisti al seguito delle truppe inviate nei luoghi più caldi del
mondo.
Questo tipo di turismo è nato proprio sulla scia del giornalista
embedded. D’altronde le diff erenze non sono poi così marcate e
famosi giornalisti al seguito dei militari, come P.J. O’ Rourke, de-
fi niscono loro stessi come “turisti di guerra”. Sono state proprio
le cronache di O’Rourke, autore di Holidays in Hell: In which our
intrepid reporter travels to the world’s worst places and asks “What’s fun-
ny about this?”, a spingere tanta gente che andava tranquillamente
nei resort dei Caraibi e delle Maldive a scoprire il turismo bellico.
Ma cosa si va a fare nei luoghi più pericolosi del pianeta? Si van-
no a visitare luoghi indubitabilmente aff ascinanti, che però si
trovano in Paesi ad alto rischio. Per tale ragione si è ben consci
che nel corso di una gita nel deserto o attraverso la giungla si ri-
schia di fare strani incontri.
Chi programma questi viaggi sa di potersi trovare di fronte traffi -
Via
ggia
re p
eric
olos
amen
te
War tourism (o Turismo bellico)
Capitolo
6
48
canti di droga, terroristi, guerrafondai, con il rischio di prendersi una pallottola
vagante nel petto, di saltare in aria o di essere rapito da un gruppo di estremisti.
Eppure a tanti piace proprio questo: per i turisti estremi la scarica di adrena-
lina di un viaggio simile non ha prezzo. Naturalmente, per pianifi care tutto al
meglio, non ci si può rivolgere all’agenzia di viaggi sotto casa. Ci vuole uno
specialista. Autorità indiscussa in materia è Robert Young Pelton, il guru nu-
mero uno del turismo in teatri di guerra.
Ci si può fare un’idea dei luoghi più caldi e più rischiosi del mondo sul suo
sito, il cui nome, Comebackalive (www.comebackalive.com), è tutto un pro-
gramma. Qui non si scherza: si parte sperando di tornare vivi. Non è questione
di tornare con una bella abbronzatura ambrata o qualche souvenir esotico, ma
di portare a casa la pelle.
Come si evince dalla biografi a in pillole di Pelton pubblicata nel suo sito web,
il nostro Virgilio per l’inferno del terzo Millennio ne ha viste di tutti i colori.
I suoi viaggi l’hanno portato in una serie di luoghi ad alto tasso di pericolo: è
stato in Cecenia al tempo dell’assedio di Grozny, in Afghanistan per vivere in
prima persona la battaglia di Qala-I-Jangi, in Liberia per la campagna dei ri-
belli decisi a prendere Monrovia, e poi nelle aree tribali al seguito degli agenti
della Cia che cercavano di catturare Bin Laden, nonché in Iraq, altro luogo
dove non è diffi cile soddisfare la propria sete di avventura. Destinazioni doc
per chi vuole emulare il maestro del turismo pericoloso e si è fatto le ossa in
campi di addestramento paramilitari e imparando a memoria le sequenze più
signifi cative di Rambo.
Il sito di Robert Young Pelton è il perfetto vademecum per il viaggiatore in
cerca di pericoli. In una guida tradizionale, dove il massimo rischio che vie-
ne paventato è una diarrea o una puntura di zanzara tigre, vi spiegano come
equipaggiarvi con binocolo, videocamera, giacca da safari e abitino da coc-
ktail. Qui invece nel forum chiamato Black Flag Café, si danno consigli su
coltelli stile Un tranquillo weekend di paura, su sistemi satellitari all’ultimo gri-
do, su tende per sopravvivere all’adiaccio, e naturalmente su varie formule di
assicurazioni, perché non si sa mai. Nel forum ci sono anche vari spunti tu-
ristici, come “I migliori …e i peggiori resort all-inclusive”, “Gli angoli più
interessanti/avventurosi di Mosca”, “Birmania e Bangladesh”, “Haiti”. Altri
suggerimenti interessanti arrivano dai fi lm più truci del momento, quelli am-
bientati in Colombia o in qualche luogo sperduto dell’Europa dell’Est.
Viaggiare pericolosamente
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Il sito, molto ricco, comprende pure cronache di spiacevoli disavventure e ster-
minati elenchi di locations ad alto rischio, aggiornati quotidianamente, e c’è
anche la sezione “store”, in cui si può acquistare la maglietta con i luoghi più
pericolosi del mondo. Insomma, se il vostro ideale di viaggio è una crociera
romantica stile Love Boat, lasciate perdere, ma se non resistete al fascino del
pericolo, allora non potete sottrarvi al War Tourism e i vostri viaggi da oggi li
potete scegliere guardando il telegiornale e fi ondandovi nei posti più perico-
losi del pianeta.
Viaggiare pericolosamente
Il concetto di “luogo segreto” è profondamente connaturato all’idea
di turismo del XX e del XXI secolo, ed è uno slogan obbligato per le
riviste di viaggi, che periodicamente sbandierano in copertina proposte ipe-
resclusive di spiagge segrete, alberghi segreti, resort nascosti, scoperti chissà
come da inviati che si sono improvvisati per l’occasione agenti segreti del lus-
so e dello charme.
Al punto che chi sceglie quelle vacanze si sente davvero un privilegiato, cu-
stodisce i voucher del viaggio come un dossier di 007, e quando sbarca in un
atollo sperduto o in una baita di montagna per pochi intimi vive il viaggio co-
me il fortunato depositario di una verità nota a pochissimi, spesso frutto di un
attento passaparola.
Anche se, in verità, questi luoghi raramente sono così segreti, e in genere per-
dono buona parte del loro fascino quando si scopre con amarezza che sono
stati già visitati da buona parte dei nostri amici di Facebook.
Ciò non toglie che esistano veramente dei luoghi inaccessibili e soprattutto
che negli ultimi anni si sia sviluppato un Top Secret Tourism, un turismo a me-
dio-alto rischio che non consigliamo di aff rontare e che prevede spedizioni in
zone di cui talvolta è stata persino negata l’esistenza.
Turismo top secret
50
Gli highlights di questi viaggi sono basi segrete, campi militari off limits, labora-
tori simili a quelli che frequenta Martin Mystère. In cima alla classifi ca del Top
Secret Tourism svetta da sempre l’Area 51, la base militare in Nevada dove si di-
ce che si sviluppino progetti avveniristici e ultrasegreti e dove pare che siano
custoditi addirittura degli alieni e dei frammenti di oggetti volanti non identifi -
cati. Naturalmente nell’Area 51 non si entra, ma chi programma questo tipo di
viaggio, già si accontenta ad avvicinarsi alla destinazione, scattando qualche foto
a debita distanza come trofeo e testimonianza della propria impresa.
Un altro luogo cult per chi ama il Top Secret Tourism è il resort The Greenbrier
(www.greenbrier.com), un’oasi di pace e di tranquillità nelle foreste del West
Virginia, che ha ospitato molti presidenti americani. In apparenza è soltanto
uno splendido resort di lusso. Ma la cosa curiosa è che sotto il resort c’è un
megabunker iperattrezzato costruito alla fi ne degli anni Cinquanta con un la-
birinto di tunnel a prova di catastrofe nucleare, pensato per mettere in salvo i
membri del Congresso in caso di estremo pericolo. Il bunker è rimasto atti-
vo fi no al 1992, data in cui ne è stata rivelata l’esistenza: oggi ci si può andare
con una visita guidata.
Tappa irrinunciabile per chi cerca questo tipo di location è il Pentagono, ad
Arlington, in Virginia. In questo caso le visite non sono poi così segrete, dato
che sono previsti dei tour guidati (www.dtic.mil) per vedere i punti di mag-
gior interesse, con la spiegazione di un addetto della Difesa. Ogni anno ci
sono più di centomila visitatori, che per 90 minuti camminano per un miglio
e mezzo scorrendo i pannelli che raccontano momenti signifi cativi della storia
militare americana e ascoltando incantati le descrizioni della guida.
Restando negli Stati Uniti, merita una menzione il Mount Weather Emergency
Operations Center, in Virginia, dove verrebbero fatti convergere gli alti uffi cia-
li Usa nel caso malaugurato di fi ne del mondo.
Sempre in tema di turismo alla 007 c’è l’Archivio segreto del Vaticano, che ha
fatto sognare tanti fedeli lettori dei romanzi di Dan Brown, che ha ambien-
tato in quelle sale alcune delle scene più avvincenti di Angeli e demoni (anche
Turismo letterario, vedi pag. 155). Anche qui, il segreto è più di nome che di
fatto. Prova ne è che buona parte degli 85 chilometri lineari di scaff alatura
dell’Archivio è a disposizione del pubblico. E, come si legge nel sito, “l’Archi-
vio Segreto Vaticano è oggi dotato di due sale di studio, che accolgono circa
1.500 studiosi di oltre 60 Paesi” (http://asv.vatican.va).
Viaggiare pericolosamente
51
Viaggiare pericolosamente
Rimane invece avvolta in un alone di mistero la fantomatica Metro-2 di
Mosca, una linea metropolitana che corre parallela a quella uffi ciale, costruita
ai tempi di Stalin e chiamata col nome in codice D-6 dal Kgb. La metropoli-
tana segreta, che doveva essere utilizzata per portare in salvo gli uomini della
nomenclatura in caso di emergenza, prevedeva diramazioni labirintiche con
fermate al bunker di Breznev e alla casa di Beria. Diffi cile capire come visitar-
la: certo non basta un biglietto del metrò ordinario.
Sempre in Russia, sempre avvolta dal mistero, c’è l’area segreta di Kolyma,
uno dei luoghi classici del turismo top secret, con Mezhgorye, sul Monte
Yamantaw, una città degli Urali fondata nel 1979 dove si dice sia nascosta una
base nucleare.
L’elenco potrebbe continuare, e comprendere luoghi come Chernobyl 2, una
base missilistica dell’ex Unione Sovietica. Chi fosse interessato all’argomento
può leggere Top Secret Tourism di Harry Helms, un vademecum indispensabile
per questo tipo di viaggi. Ma se per voi il concetto di top secret è un po’ più
esteso, potete anche lasciar perdere i vari Fort Knox e le Aree 51, e prenotare
un posto al sole nella caletta più “segreta” della nuova stagione di vacanze.
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James Bond è il testimonial ideale del turismo estremo, noto anche come
Shock Tourism. Basta vedere uno dei fi lm della saga dell’agente 007 per
farsi venire qualche idea e programmare un viaggio sotto il segno del perico-
lo. Folli discese con gli sci, da concludere con un volo col paracadute, voli
estemporanei su aerei da caccia, corse a 100 all’ora su strade di montagna: ec-
co qualche esempio di turismo estremo, il turismo più adrenalinico che ci sia.
Gli appassionati possono dare un’occhiata al repertorio di Best Russian Tour
(www.bestrussiantour.com), dove si spazia dai voli sui Mig, alla simulazione
di un’emergenza in volo, svolta sul sedile eiettabile di un aereo, al Military
Adventure Tour, che comprende un corso di sopravvivenza in una foresta nei
pressi di Mosca.
Sempre in Russia, è molto popolare l’Ice-diving, che consiste nell’eff ettua-
re immersioni nei laghi ghiacciati. Li organizza il tour operator Russia Travel
(www.russia-travel.ws), che propone immersioni nelle acque gelide del la-
go Ladoga e nel lago Svyatoe. Lo stesso tour operator organizza emozionanti
giornate in kayak. Molto richiesti lo “Slalom Kayaking” e il “Rodeo”, con
percorsi particolarmente diffi coltosi, riservati ai più intrepidi.
Sempre in tema di turismo estremo, il tour operator britannico Discover the
World (www.discover-the-world.co.uk) organizza viaggi nei territori incon-
taminati dell’Antartide, considerati “l’ultima frontiera”, se si eccettua lo Spazio
di Star Trek. Chi compra uno dei pacchetti turistici può prenotarsi per il ka-
yaking tra gli iceberg, monumentali sculture di ghiaccio degne dei dipinti di
Friedrich, oppure fare sci di fondo nei paesaggi bianchi e gelati alla maniera
di Scott e Shackleton.
Viaggi al Polo Sud, ma anche tour decisamente impegnativi sulle vette di mez-
zo mondo, sono tra le specialità di Exodus (www.exodus.co.uk), che propone
nel proprio catalogo pacchetti come “L’ascesa del Monte Bianco”, defi nita
“diffi cile ma ampiamente soddisfacente”, o la “Mera Peak Epedition”, uno dei
trekking più coinvolgenti che si possano fare in Nepal.
O ancora, si può programmare una bella nuotata in compagnia degli squali.
Shock tourism (o Turismo estremo)
Viaggiare pericolosamente
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Ne vengono organizzate in varie parti del mondo, dall’Australia al Sudafrica,
dal Messico alle Bahamas. Chi decide di provare questa esperienza mozzafi ato
viene introdotto in una gabbia immersa nell’acqua, da cui osservare il proprio
squalo preferito. Proposte di vari operatori, sul sito Shark Bookings (www.
sharkbookings.com).
Viaggiare pericolosamente
54
Diffi cile dire cosa spinga la gente a rallentare e a fermar-
si a guardare quando c’è un incidente in autostrada.
Indubbiamente scatta un certo bisogno di sapere, mischiato a
una sorta di voyeurismo di cattivo gusto, che è anche alla ba-
se dell’Emo-Tourism, il turismo emozionale, un tipo di viaggio
che contempla un’immedesimazione vera o presunta con le di-
sgrazie degli altri. In poche parole, ci si reca in un posto segnato
da disgrazie o calamità di vario genere per testimoniare diretta-
mente la propria partecipazione, ostentando (a seconda dei casi)
una discreta dose di dolore, come se invece di essere andati in
gita si fosse andati a un funerale.
È questo il triste spirito dell’Emo-Tourism, una sorta di pelle-
grinaggio laico nei luoghi più funestati del pianeta, che non ha
nulla a che fare con i ragazzini con la frangia e gli occhi cerchia-
ti di rimmel che ascoltano i Dashboard Confessional: chi opta
per questo tipo di turismo viaggia per commuoversi per il do-
lore degli altri, facendo visita a luoghi che trasudano tristezza,
dolore e soff erenze.
Ci troviamo nell’ambito della macro-categoria del “Dark
Tourism”, il lato oscuro del turismo, che nella sua integrità com-
prende molteplici espressioni di viaggio triste e/o pericoloso, che
spaziano dall’Emo Tourism al War Tourism, al Disaster Tourism.
In particolare, nel caso dell’Emo Tourism, a diff erenza di altre
esperienze, non è prevista una partecipazione diretta, a parte
quella emozionale è un turismo che non implica alcuna forma
di pericolo. Ci sono moltissime sfaccettature dell’Emo Tourism,
ma le due mete principali sono i luoghi colpiti da catastrofi na-
turali, da vedere rigorosamente quando la scena del disastro è
considerata assolutamente sicura, e le case in cui si è consuma-
to qualche delitto.
Lac
rim
a to
uris
m
Emo tourism (o Turismo delle lacrime)
Capitolo
7
55
In eff etti, non si tratta poi di una forma di turismo così nuova. Diciamo piut-
tosto che l’Emo Tourism è un evergreen che ritorna periodicamente in auge.
Per la verità, questo modo di viaggiare ebbe inizio moltissimi anni fa, quando
i viaggiatori del Grand Tour programmavano una tappa obbligata a Pompei,
pittoresco luogo di un disastro epico. Si aff rontano lunghi viaggi per vedere la
scena di un crimine o per constatare con occhio clinico gli eff etti di un disa-
stro, misurandone l’entità, quasi anziché turisti si fosse scienziati. In un certo
senso è un turismo da Mondo cane, che non si compiace delle meraviglie del
mondo ma prende atto delle tragedie.
La dinamica è sempre la stessa: si sceglie un luogo che abbia avuto una forte ri-
sonanza mediatica, reso celebre dai telegiornali e dai rotocalchi, ci si documenta
sui giornali e su Internet, e poi si parte, considerando quelle mete alla stressa
stregua di set cinematografi ci. Non per niente, viaggi di questo tipo sono chia-
mati anche “Reality tours”, mettendo ancora una volta su un bisogno sfrenato di
voyeurismo che inizia col telegiornale e fi nisce con la polvere e i detriti.
A seconda della destinazione prescelta, poi, la classica guida turistica viene so-
stituita da qualche copia di Cronaca vera o da un numero speciale di Panorama
o dell’Espresso.
Ed ecco che tanta gente si assiepa davanti alla villetta di Montroz a Cogne o
alla casa del delitto di Avetrana, quando non si preferiscano L’Aquila e le altre
città colpite dal terremoto in Abruzzo, o ancora, il Belice, dove ancor oggi ar-
rivano periodicamente pullman stipati di turisti che vogliono vedere i ruderi
delle case distrutte dal terremoto del 1968.
Nell’agosto 2005, quando si scatenò il terribile uragano Katrina, vari tour
operator e agenzie di viaggio di New Orleans si attrezzarono per l’occasio-
ne, proponendo pacchetti per visitare i luoghi presi di mira. Tra queste, la Gray
Line (www.graylineneworleans.com/katrina.shtml), che propone l’Hurrica-
ne Katrina Tours, durante il quale si visitano le zone più colpite, descritte da
una guida che elenca le enormi perdite per la popolazione del posto. Propone
tour di questo tipo anche Viator (www.viator.com/tours/New-Orleans/Post-
Hurricane-Katrina-Tour/d675-2292CITY), che dopo una breve visita di
New Orleans fa trascorrere ai partecipanti un paio d’ore nei luoghi in cui la
natura si è abbattuta.
Questo turismo non contempla solo le catastrofi naturali: una tappa obbliga-
ta per chi predilige questo tipo di viaggi è Chernobyl, in Ucraina, dove il 26
Lacrima tourism
56
aprile 1986 esplose un reattore di una centrale nucleare. Uno dei tour ope-
rator attivi più attivi a Chernobyl è Hamalia (www.hamalia.ua/Incomming/
Tour_to_Chernobyl), che propone un “tour ecologico” di Chernobyl, “orga-
nizzato con il fi ne di ricevere ulteriori fi nanziamenti per rimuovere i detriti
causati dall’esplosione”. Il tour, che dura un giorno intero, prevede una visi-
ta alla centrale nucleare e alla costruzione nota come “il sarcofago” e un giro
nella città fantasma di Prypiat.
Altre mete popolari sono l’atollo di Bikini, Hiroshima (allo Smithsonian
National Air and Space Museum di Washington è conservato l’Enola Gay,
l’aereo che scaricò le bombe su Hiroshima) e Nagasaki, tutti teatri di catastro-
fi nucleari.
In Italia, ci si può recare a Meda, dove fi no al 1982 si trovava la fabbrica
dell’ICMESA, da cui nel 1976 si propagò la nube tossica della diossina. Oggi
al posto della fabbrica c’è un campo sportivo, e nella famigerata Zona A colpi-
ta dalla nube tossica, tra Seveso e Meda, c’è il Bosco delle Querce.
Cosa spinga tanta gente a fare un triste pellegrinaggio in questi luoghi anzi-
ché trascorrere una piacevole giornata tra le opere d’arte dell’Ermitage di San
Pietroburgo, non è facile a dirsi. C’è il bisogno di stringersi gli uni agli altri da-
vanti alla scena di una tragedia, c’è la voglia di spiare, di scrutare, il desiderio di
cogliere qualche dettaglio nascosto. Anche se, poi, molti diranno che sono lì in
segno di solidarietà. Cosa vera per qualcuno, ma confutabile per molti altri.
Qualcuno piange perché gli spiace davvero, altri lo fanno perché si sentono
in dovere di farlo. Tutti, indistintamente, sentono di aver fatto qualcosa di uti-
le. Che cosa, non si sa.
Il copione di questi viaggi si ripete sempre uguale, con pullman gremiti di
viaggiatori che scendono commossi con lacrima d’ordinanza e videocamera
nei luoghi colpiti da una tragedia. Il commento tipo di questi malinconicis-
simi viaggiatori è “Molto peggio di quanto si è visto in tv”. Quindi, ancora
una volta si coglie il bisogno di constatare, di verifi care, di saggiare quanto si
era visto da lontano, attraverso l’etere, per capire se sia veramente tutto vero,
se sia tutto così terribile. E quando ci si è resi conto che era tutto così grave,
ci si fa una ragione e soprattutto ci si fa scattare una foto sul teatro della tra-
gedia, pensando che alla fi ne ci si può ritenere fortunati, e si conclude con un
pranzo in trattoria.
In conclusione, è doveroso notare che non si può generalizzare, e nell’ambito
Lacrima tourism
57
Il mondo delle nuove forme di turismo è fatto di sottili sfumature, di
punti di vista leggermente diversi. E così quando si parla di Disaster
Tourism, di turismo catastrofi co, non bisogna pensare immediatamente
all’Emo Tourism, il turismo delle lacrime. Si assomigliano, certo, ma sono
due cose ben distinte. Nel caso dell’Emo Tourism infatti si è spinti a viag-
giare nei luoghi colpiti da qualche calamità per partecipare o per convincersi
di partecipare al dolore della gente del posto. I fanatici del Disaster Tourism
invece aff rontano i loro viaggi per far parte del disastro stesso. Gli uni predili-
gono l’aspetto dell’empatia, della condivisione del dolore altrui, gli altri sono
tipi più dinamici, che vogliono provare il gusto politically incorrect di far par-
te dell’evento nel momento di massima concentrazione.
Così, se c’è un uragano che scoperchia le case e distrugge paesi e città, pri-
ma arrivano in avanscoperta i Disaster Tourist, che bene o male rischiano in
prima persona per vivere un’esperienza devastante, poi, in un secondo tempo,
arrivano i pullman degli Emo Tourist, che si soff ermano a piangere davanti al-
le macerie. Da una parte questo turismo è considerato non etico, d’altro canto
però qualcuno sostiene che in questo modo si sensibilizza l’opinione pubblica
sui disastri che colpiscono l’umanità.
Ha mobilitato un gran numero di turisti lo tsunami che il 26 dicembre 2004
ha colpito Phuket, l’isola più grande della Thailandia. Sia a ridosso delle cata-
strofe, sia diversi mesi dopo, si sono succeduti senza tregua voli carichi di turisti
che volevano vedere e capire con i propri occhi.
Disaster tourism
Lacrima tourism
dell’Emo-tourism ci sono anche cause ben più nobili. Per esempio, c’è tanta
gente che soff re davvero nei teatri delle catastrofi e vive in maniera fortemen-
te drammatica una visita ad Auschwitz o a Ground Zero.
58
Gli appassionati di Disaster Tourism si sono mobilitati anche nella prima-
vera del 2010, all’epoca dell’eruzione del vulcano islandese sul ghiacciaio
Eyjafjallajökull. In quell’occasione si è registrato uno dei picchi di quel tipo di
turismo che non a caso è diventato estremamente popolare nel 1996, quando
è uscito il fi lm Twister, incentrato sulle disavventure di un gruppo di “storm
chaser” alle prese con un tornado. Per chi fosse interessato, ci sono varie so-
cietà che organizzano questo tipo di escursioni. Tra queste, la Storm Chasing
Adventure Tours (www.stormchasing.com), che propone pacchetti di 7 gior-
ni con caccia al tornado in Texas, Nebraska e Alabama, per 2.700 dollari.
Lacrima tourism
59
Si tratta di una delle tante declinazioni del turismo più cupo. In que-
sto caso si vanno a visitare luoghi legati a crimini e ingiustizie contro
l’umanità, intendendo il viaggio come una sorta di pentimento, come un pel-
legrinaggio dovuto per onorare le vittime della Storia.
Sono molti i viaggi pensati come espiazione, in prima persona o per conto
terzi.
Fanno parte di questa triste categoria i viaggi nei campi di sterminio nazisti:
tanti i turisti che vogliono vedere con i propri occhi i luoghi dell’Olocausto,
per non dimenticare. Il tour operator Fabello Viaggi ha una sezione intito-
lata “I viaggi della memoria. Itinerari nei luoghi della deportazione” (www.
fabelloviaggi.com/memoria/home.html). In collaborazione con le associazio-
ni degli ex deportati e dei partigiani, sono stati organizzati alcuni itinerari nei
campi di concentramento.
Tra le mete, che dovrebbero mantenere vivo il ricordo dei crimini perpetra-
ti contro l’umanità, ci sono Auschwitz, Buchenwald, Dachau, Mauthausen. Le
visite comprendono soste alle baracche e alle camere a gas.
Poi si possono visitare i luoghi legati all’Apartheid in Sudafrica. Tra le me-
te classiche il centro in cui l’Apartheid veniva amministrata, cioè la capitale
Pretoria, il cui nome omaggia Andries Pretorius, il leader dell’indipenden-
za boera (qualcuno voleva ribattezzare la città “Tshwane, ovvero “Noi siamo
uguali” in un idioma locale).
Un altro dei luoghi-simbolo dell’Apartheid è Soweto (South Western
Township), il rione di Johannesburg in cui nel 1976 iniziò l’Uprising, la mar-
cia verso la libertà e la democrazia.
Sempre in Africa, altri lugubri ricordi sono presenti nel Darfur, dove la guerra
civile ha messo in ginocchio il Paese dal 2003 al 2008, mietendo quattrocen-
tomila vittime.
Passiamo in Asia. Il Mea Culpa Tourism ritorna di scena in Cambogia, nei
campi di sterminio voluti da Pol Pot, che decretò la morte di un milione di
persone. Oltre a visitare i luoghi degli eccidi, ci si può fare un’idea dei fatti al
Mea culpa tourism (MCT)
Lacrima tourism
60
Museo delle vittime del regime di Pol Pot, nella capitale Phnom Penh.
Ma senza spingersi troppo lontano, basta andare in Friuli, dove il tour operator
Caravan Tours (www.caravantours.it) organizza tra l’altro un tour nei luoghi
della Grande Guerra, foibe comprese: ci si ferma alla Risiera di San Sabba,
l’unico campo di sterminio in Italia, e alla Foiba di Basovizza, dove nel 1945 i
partigiani di Tito giustiziarono migliaia di militari e civili.
Per concludere, si può programmare un viaggio nella città di Salem, in
Massachussetts, dove alla fi ne del XVII secolo ebbe luogo una tremenda cac-
cia alle streghe. Qui la Salem Historical Tours (www.salemhistoricaltours.com)
organizza visite guidate nei luoghi resi tristemente famosi dai processi alle pre-
sunte streghe.
Lacrima tourism
61
Negli anni Novanta, agli inizi di gennaio e luglio, il
numero di voli aerei Tokyo-Milano aumentava sen-
sibilmente: nella capitale della moda italiana era tempo di saldi
di fi ne stagione, e le fashion victim arrivavano numerose dal
Sol Levante per invadere fi n dalle prime ore del mattino via
Montenapoleone e dintorni.
Mentre la notizia sulla carta faceva sorridere tutti, la realtà non
suscitava un’analoga ilarità: il corpo a corpo con agguerriti samu-
rai pronti all’assalto delle boutique di Prada, Gucci, Ferragamo
per aggiudicarsi i migliori aff ari era quasi sempre a svantaggio
dei milanesi, più che altro per ragioni di portafoglio, cioè di yen
forte sulla povera lira.
Con il tempo, anche gli italiani hanno imparato l’arte, e sono
diventati veri shopping tourists. Hanno cominciato a volare a
Londra per aggiudicarsi i saldi di Harrods, a Valencia e Madrid
per quelli super economici di Zara, negli Stati Uniti per imbat-
tibili “savings” da Gap o Abercrombie.
Tutto era iniziato timidamente con la moda di andar per spacci
all’unico scopo di risparmiare. Ci si avventurava in auto nel-
la periferia e nelle campagne intorno alle città per acquistare
direttamente in fabbrica vestiti e accessori troppo cari nei ne-
gozi del centro: a Vigevano, tre quarti d’ora da Milano, c’era
Pollini, mentre a Parabiago, una ventina di chilometri a ovest
di Milano, si compravano a metà prezzo Fratelli Rossetti e al-
tri prodotti di alta calzoleria. Nelle librerie apparivano le prime
guide per lo shopping-safari (l’Annuario spacci, con 2900 indi-
rizzi, www.guidaspacci.it), e sul web si aprivano i primi portali
con minuziose mappe di outlet in tutt’Italia (www.bestout-
let.it e www.outletmagazine.it). Erano (e sono) le bibbie degli
“shopping addicted”.
Shop
pin
g t
otal
e
Shopping tourism
Capitolo
8
62
Si cominciava dalla provincia, poi si esplorava la regione, poi man mano si am-
pliavano gli orizzonti fi no a superare i confi ni, e in pochi anni, il fenomeno è
diventato internazionale. Soprattutto dopo il 2000, molte aziende in tutto il
mondo e persino i laboratori a cottimo negli angoli più sperduti del pianeta
hanno aperto le porte alla vendita al dettaglio; così, non è raro tornare da un
viaggio in Sri Lanka con l’ultimo modello di Adidas, in teoria “Made in Usa”,
e dalla Cina con una borsa originale “Made in Italy”, pagate però un terzo del
prezzo di vetrina.
Tuttavia, non è necessario andare lontano per fare buoni aff ari. Lo shopping
safari resta anche un’attività a breve raggio. L’Italia, regno delle piccole e medie
imprese, è naturalmente generosa di spacci, che oggi sono più elegantemente
chiamati factory outlet e off rono merce vintage, invenduta, comunque a chi-
lometro zero e senza intermediazione, a prezzi d’occasione.
Ma ormai la caccia all’aff are ha raggiunto dimensioni turistiche vere e proprie:
è sempre più organizzata e globale con tanto di tour, torpedoni, voli aerei ad
hoc. In ogni angolo del mondo sono nati “outlet village”, cittadelle di nego-
zi che riciclano prodotti fuori catalogo e difettati, fondi di magazzino e capi di
haute couture indossati una sola volta per le sfi late o le presentazioni di moda.
Ci si trova di tutto, per tutti: prêt-à-porter di lusso, abbigliamento sportivo di
marca, scarpe, borse, stoviglie, valigie, biancheria per il letto, la tavola e il ba-
gno, lampade e pezzi di design a prezzi scontati dal 30% al 70%; ma anche fast
food e ristoranti à la carte, parchi giochi e ludoteche con baby-sitter per intrat-
tenere i bambini mentre i genitori fanno acquisti. Così, tanto per citare il caso
italiano, Serravalle Scrivia, Barberino del Mugello e Castel Romano (sedi del
Designer Outlet di Mc Arthur Glen), Vicolungo (Style Outlets), Franciacorta
(Outlet Village), Leccio Reggello (The Mall), Montevarchi (Prada Outlet),
ma anche anonimi paesi privi di monumenti, tesori d’arte e qualunque altra
attrattiva hanno trovato un’identità turistica come “shopping resort” con cen-
tinaia di negozi dalle insegne ammiccanti. Strategicamente situati vicino alle
uscite dell’autostrada, questi borghi costruiti ex novo in stile medievale con
mura di cinta e merlature sono mete dei giorni di festa per single, amici, cop-
pie e famiglie numerose. I 1.000, 2.000, 2.500 posti auto spesso esauriti nei
parcheggi davanti all’ingresso testimoniano che le “shopping destination” non
hanno nulla da invidiare alle città d’arte. Anzi, come queste, rappresentano del-
le autentiche attrazioni e sono soste obbligate durante un tour in Italia.
Shopping totale
63
Da qualche anno, il Factory Outlet Fashion District allestisce uno stand di
rappresentanza alla Bit, la più importante fi era italiana di turismo. A dimo-
strazione del fatto che i suoi “villaggi delle occasioni” fanno parte dell’off erta
turistica del Belpaese. E come tali off rono comodi collegamenti con le prin-
cipali città circostanti e gli aeroporti aerei più vicini, aprono nuove strutture
alberghiere e ristoranti per trattenere più tempo possibile i sempre più nume-
rosi cacciatori d’aff ari. Siamo parlando di 2 milioni di italiani all’anno (pari al
12% del fl usso turistico nazionale) e di un fatturato di 1,2 miliardi di euro (e
un +19% nel 2009, anno di grande crisi economica). Sono dati che spiega-
no perché dal 2000 a oggi, solo in Italia, sono stati aperti 20 outlet village ed
entro il 2012 sono previste altre 12 inaugurazioni. Infatti, gli outlet village ge-
nerano un signifi cativo indotto e un fl usso turistico nazionale e internazionale
dai paesi limitrofi (Croazia, Slovenia, Austria), e se vale la pena (per esem-
pio in periodo di saldi sui saldi), anche da paesi più lontani, come la Russia
e la Gran Bretagna. Lo stesso accade se il villaggio si trova, per esempio, in
Svizzera. Dal centro di Milano (zona Castello Sforzesco), sette giorni su set-
te parte un pullmann granturismo di Zani Viaggi (www.zaniviaggi.it) diretto
a Serravalle per l’Outlet McArthur Glen, uno per l’outlet di Vicolungo e uno
per Mendrisio, in Ticino, dove c’è il convenientissimo Fox Town. Prima, passa
anche dall’aeroporto di Orio al Serio, vicino a Bergamo, a caricare i passeggeri
delle compagnie low cost (italiane e straniere), sbarcati lì proprio per raggiun-
gere velocemente e a basso costo i saldi fi rmati.
Fare shopping sembra essere sempre più una passione di massa, e il viaggiato-
re incarna molte caratteristiche dell’acquirente perfetto. Curioso, rilassato, ben
predisposto a spendere ogni volta che gli si off re l’occasione in un centro out-
let, in un duty free, all’autogrill, nei centri dell’artigianato, nei souvenir shop di
musei e complessi monumentali. È quanto sostiene Dallen J. Timothy, profes-
sore all’Arizona State University, con dottorati e Ph.D in geografi a e turismo,
nel saggio Shopping Tourism, Retailing and Leisure (Channel View Publications,
2005; 39,95 $) in cui analizza lo shopping come tipologia turistica e come atti-
vità di vacanza. Fatto è che lo shopping, utile o velleitario che sia, condiziona il
mercato turistico. Al punto che ormai non c’è ente del turismo che non spon-
sorizzi negozi, atelier, laboratori artigianali ed eccellenze eno-gastronomiche
locali. E ovunque si trovano tour operator e agenzie specializzate negli itine-
rari che, tra un panorama mozzafi ato e un monumento storico, prevedono
Shopping totale
64
soste per fare spese: le colline marchigiane e le sue fabbriche di scarpe (Tod’s
e Hogan comprese) con Shoptour (www.in-outlet.it/shoptour.asp); Firenze e
gli outlet di Prada e Gucci con Caf Tour & Travel (www.caftours.com); gli ate-
lier di Parigi con Chic Shopping Paris (www.chicshoppingparis.com); Soho
e gli altri quartieri glamourous di New York con Shopping Gotham (www.
shopgotham.com); oppure, sempre a New York, i grandi magazzini Macy’s con
Vacations Made Easy (www.vacationsmadeeasy.com); il vintage e i quartieri
deputati di Londra con Urban Gentry (www.urbangentry.com).
Oltre alle guide che accompagnano nei luoghi dell’arte e della storia, hotel,
uffi ci del turismo e agenzie propongono anche personal shoppers specializza-
ti in tendenze e lifestyle: basta sapere cosa comprare e quanto tempo si vuole
dedicare agli acquisti, al resto pensano loro. Alcune città hanno addirittura co-
struito la propria immagine turistica come shopping paradise: Marrakech è il
regno del cuoio, del ferro battuto, dei complementi d’arredo; a Jaipur si può
perdere la testa tra tessuti, bijoux e pietre preziose; a Dubai si compra oro e
tutto ciò che il mercato è in grado di produrre oggi, dall’utile al futile, con al-
meno lo sconto dell’iva. A proposito di Dubai: dal 2005 si può richiedere la
card Vice Versa (www.viceversacard.com), formato e aspetto da carta da credi-
to e prestazioni da personal shopper. In pratica, quando i possessori della card
fanno acquisti negli esercizi convenzionati, ricevono un credito pari al 10-25%
della spesa sostenuta da spendere poi presso altri negozi, hotel, ristoranti, loca-
li elencati in un’apposita guida.
Da quest’anno la card viene off erta anche ai visitatori di Milano, altra capita-
le indiscussa dello shopping.
Inutile dire che lo shopping tourist non si accontenta di un souvenir; il suo
vero trofeo di viaggio sarebbe un bastimento, o almeno un baule carico di og-
getti “rari e particolari” che probabilmente avrebbe potuto comprare dietro
casa oppure online. Però, che vacanza sarebbe stata?!
Shopping totale
65
Le gite ai mercatini dell’antiquariato classici non possono certo rien-
trare nelle nuove forme di turismo. Una mezza giornata trascorsa
a Londra a Portobello Road, l’esempio più emblematico del mercatino del-
le pulci (ma gli intenditori preferiscono Bermondsey), oppure ad Arezzo,
quando le bancarelle coprono tutta la Piazza Grande, o ancora, alle Puces
de Saint-Ouen o a Porte de Vanves a Parigi, non rappresentano certo una
novità. Sono piacevoli occasioni per trascorrere qualche ora rovistando in
cerca dell’aff are, magari usando l’antico come prestesto per una gita fuo-
ri porta, programmando una visita a Fontanellato o a Isle-sur-Sorgue, in
Provenza.
Ma ci sono anche altri tipi di appuntamenti, in grado di radunare folle oce-
aniche. Parliamo della nuova generazione dei mercatini delle pulci, che sono
un po’ come dei rave party per gente compassata che invece di stordirsi
con sesso, droga e rock’n’roll si delizia facendo avanti e indietro tra le ban-
carelle. È il popolo del “Gesso, brocante e bric à brac”, gente che va matta
per l’antico e coltiva ogni genere di collezioni. E che per soddisfare questa
implacabile sete di curiosità macina chilometri e chilometri, da una parte
all’altra del globo, in cerca di una rara statuina in biscuit o di un copritap-
po di champagne.
Con l’aumentare di queste passioni, i mercatini si sono lentamente ingrandi-
ti, e talvolta sono veri e propri show. Tant’è che i professionisti della brocante,
quelli che si incontrano tra le bancarelle alle prime luci dell’alba, prendono in
considerazione solo i mercatini con più di 1.000 espositori. Gli altri li lascia-
no ai dilettanti. Nella top ten degli hard collectors c’è il Brimfi eld Outdoor
Antique Show (www.brimfi eld.com), un “mercatino” da 5.000 espositori al-
lestito tre volte l’anno in America, nel New England: si tiene in maggio, luglio
e settembre e si snoda per sei giorni, con le bancarelle che coprono un miglio
di strada, sui due lati della Route 20. Nel 2009, il “Brimfi eld” ha compiuto
mezzo secolo: la prima edizione, organizzata nel 1959 da Gordon Reid, to-
talizzò 67 espositori. Oggi che i venditori sono 70 volte tanti, è stata prevista
Flea market tourism (o Turismo da mercatini)
Shopping totale
66
anche un’area con la crème de la crème: 800 espositori selezionati che fanno
parte del J&J Show.
Da non perdere negli Usa c’è pure The Springfi eld Antique Show and Flea
Market (www.springfi eldantiqueshow.com), che si svolge una volta al mese
(in genere il terzo weekend) a Springfi eld, nell’Ohio, e vede in azione circa
2.000 professionisti dell’antico. In maggio, luglio e settembre il mercatino si
dilata ulteriormente, prende il nome di “Extravaganza”, dura tre giorni e to-
talizza ben 2.500 espositori.
Gli americani sembrano apprezzare il concetto di “extravaganza”. Mega-eventi
di questo tipo sono organizzati dal Renninger’s Antiques Center (www.ren-
ningers.com) a Mount Dora, presso Orlando, in Florida, ogni terzo weekend
di gennaio, febbraio e novembre. Per tre giorni, dal venerdì alla domenica, si
può curiosare tra le mercanzie esposte su 1.400 bancarelle. Concetto simile
per lo Scott Antique Market di Atlanta (www.scottantiquemarket.com) che
si svolge ogni secondo weekend del mese, dal venerdì alla domenica, e con-
ta 2.400 espositori.
Il Vecchio Continente non ha nulla da invidiare agli States in fatto di mercati-
ni king size. Consolida la sua fama di anno in anno la celeberrima Brocante de
Temploux (www.temploux.com/brocante/index/index.php), nata nel 1978
e cresciuta con progressione geometrica, totalizzando più di 2.000 esposito-
ri. Si tiene il terzo weekend di agosto a Temploux, che dista circa 60 km da
Bruxelles, il sabato e la domenica. Il sabato fi no alle 17 è la volta delle colle-
zioni. Poi, alle 18, al posto delle bancarelle dedicate al piccolo collezionismo
subentrano quelle che propongono oggetti d’antiquariato. La particolarità è
che le bancarelle restano “aperte” anche di notte, quando si aggirano collezio-
nisti muniti di torce elettriche.
In Francia è un must assoluto la Braderie de Lille (www.braderie-lille.com),
organizzata il primo weekend di settembre: protesa verso l’850ª edizione (è
una tradizione che risale addirittura al Medioevo!), raduna 10.000 venditori,
che per 48 ore occupano con le loro bancarelle più di 100 km di marciapie-
de. I mercatini europei off rono spesso l’occasione di coniugare collezionismo
e cultura. Qualcuno ha azzardato il neologismo di “collecturismo” per defi ni-
re queste gite all’insegna dell’antico e del turismo classico.
Così c’è chi abbina una visita a Lille o a Bruxelles e chi si rivede per l’en-
nesima volta Parigi, col pretesto di andare allo storico Marché aux puces de
Shopping totale
67
Saint-Ouen, una delle glorie della Ville Lumière. Aperto sabato, domenica e
lunedì, dall’alba fi no alle 15,30, vanta 10 mercati, per un totale di 2.500 anti-
quari e 500 brocanteur.
Ci si sposta in Inghilterra, alla volta dell’Antiques Fair di Newark (www.iacf.
co.uk/index_newark.htm), presso Lincoln, che conta la bellezza di 4.000
espositori. Si svolge sei volte l’anno, in febbraio, aprile, giugno, agosto, otto-
bre e dicembre. Dura due giorni, un lunedì, riservato ai commercianti, e un
martedì.
Shopping totale
Per chi vuol vivere la magia del Natale tutto l’anno, il mondo è pieno
di luoghi dove la stella cometa non brilla solo a dicembre.
Chi cerca il Natale fuori stagione può visitare innanzitutto Rovaniemi, ca-
poluogo della Lapponia fi nlandese, a due passi dal paese della casa di Babbo
Natale, che si trova esattamente a Santa Park, un parco tematico aperto in
estate da metà giugno a metà agosto e in inverno da fi ne novembre a me-
tà gennaio.
Poi si può fare incetta di decorazioni per l’albero di Natale da Bronner, in
America, a Frankenmuth, la “piccola Baviera” del Michigan (volendo, si può
ordinare anche su internet, www.bronners.com). Man mano che si avvici-
na il 25 dicembre, si possono frequentare i tanti mercatini natalizi, a Bolzano,
a Merano, a Innsbruck, a Vienna. E poi recarsi a Steyr, nell’Alta Austria, per il
gran fi nale: è una cittadina da presepe di grande atmosfera, ideale per festeg-
giare il giorno più bello dell’anno.
Turismo natalizio
68
Shopping totale
La cosiddetta “gita delle pentole” è uno dei capisaldi del turismo in co-
mitiva, dopo i rivoluzionari viaggi organizzati della Thomas Cook.
Per decenni, ma soprattutto nel periodo del boom economico, i tour aveva-
no inizio nella casella delle lettere, dove si trovavano curiosi e coloratissimi
volantini che invitavano a programmare gite a prezzi stracciati nei luoghi più
celebri e pittoreschi del Belpaese.
Le Cinque Terre, la Certosa di Pavia, Livigno, le Dolomiti, il Principato di
Seborga per chi abitava al nord; Pompei o Castel del Monte per chi abitava al
sud. Una gita lampo indimenticabile, con pranzo compreso nel prezzo (in me-
dia 9.900 lire) e poi l’inevitabile dimostrazione di qualche prodotto per la casa,
soprattutto batterie di pentole, ma anche piccoli elettrodomestici, enciclope-
die, poltrone massaggianti, coperte in lana merinos e servizi di piatti. In verità
c’erano anche viaggi più complessi, della durata di due giorni, con pernot-
tamento in hotel e dimostrazioni più importanti. Le gite delle pentole sono
soprattutto appannaggio degli anziani, ma non per questo simili tour fanno
parte del Grey Tourism (vedi pag. 117), che è tutta un’altra cosa.
Anzi, oggi c’è una ripresa del turismo delle pentole (merito anche del roman-
zo di Andrea Camilleri La gita a Tindari, della serie di Montalbano), che però
accanto al classico pubblico di pensionati, conta molti giovani che apprezzano
la valenza trash di questo fenomeno.
Su Facebook ci sono diversi gruppi, tra cui “Anziani che partecipano alle gite
a 15 euro per la vendita di pentole” e “Noi che rivogliamo le gite delle pen-
tole”. Una variante del viaggio con acquisto, negli anni Ottanta, era la visita in
qualche grande centro del mobile, dove “gli architetti vi avrebbero avuti gra-
diti ospiti a pranzo”.
Viaggi delle pentole
69
Nuo
ve c
ultu
re
Capitolo
9
Cento concerti di Bruce Springsteen in vent’anni so-
no un bel traguardo; cinquecento, sono un record,
o meglio erano un record, perché con l’ultimo tour, qualcu-
no lo ha senz’altro superato. Comincia la tournée, e al seguito
del Boss parte uno stuolo di fan per assistere a più date possibili:
Roma, Torino, Udine, Parigi, Santiago de Compostela, Londra
e poi oltreoceano, Nashville, Baltimore, Buff alo, Milwaukee,
Cleveland. Una dopo l’altra, le tappe del tour defi niscono un
viaggio on the road attraverso capitali e città che, forse, si pos-
sono visitare prima o dopo il concerto.
Per un’organizzazione perfetta del viaggio, il rock tourist dovreb-
be garantirsi innanzitutto gli ingressi alle serate. Poi prenotare
voli e hotel. Mangiare, shopping e visite culturali, invece, vengo-
no lasciati per ultimi e al caso. Ma il rock tourist è un viaggiatore
emotivo, e spesso decide di partire all’ultimo momento, sen-
za biglietti del concerto e senza sapere dove trascorrerà la notte.
Alla fi ne però se la cava sempre e riesce nell’intento, più o meno
rocambolescamente. Ma questo fa parte dell’avventura.
I rock tourist sono autentici appassionati di un artista, della mu-
sica live e, di conseguenza, dei viaggi. Passioni che li trasformano
piuttosto in frequent fl yer: spesso in giro per tournée, sanno
come muoversi, aff rontare scomodità e inconvenienti e sanno
come raggiungere meta e obiettivo a qualunque costo e con
qualunque mezzo (di fortuna o di lusso); conoscono hotel e ri-
storanti delle star, sono ottimi consulenti per street e fast food, e
strateghi infallibili per garantirsi sempre e ovunque l’ingresso al-
lo spettacolo. Nessuno meglio di loro può dare suggerimenti di
viaggio a gente con la stessa passione. Lo ha fatto per esempio
Stefano Pecoraio, che dopo anni di tournée del Boss ha pubbli-
cato Welcome to Asbury Park (Aliberti Editori), diario di aneddoti
Rock tourism
70
Nuove culture
on the road, sotto il palco e sulla band, ma anche utilissima guida per visitare
la città e i luoghi di Springsteen in New Jersey.
Dagli anni Sessanta, il pubblico si è armato di zaino e sacco a pelo (e quando
andava meglio di valigia e prenotazione in hotel) per assistere ai concerti che
hanno fatto la storia del rock.
Chi ha visto i Beatles al Washington Coliseum, Woodstock, Simon & Garfunkel
al Central Park di New York spesso arrivava da lontano, a volte molto lontano.
In quegli stessi anni, partivano al seguito della band anche le “groupies”, aitan-
ti fanciulle disposte a fare migliaia di chilometri da un concerto all’altro pur di
stare vicino ai loro idoli di cui diventavano spesso concubine, amanti, fi danza-
te, mogli. Come Angie che ha sposato David Bowie dopo due anni di corte;
e come Cynthia Plaster Caster, libertina scultrice di Chicago che cominciò
a seguire passo passo i tour di Jimi Hendrix, Noel Redding, Frank Zappa, i
Kiss, autori di quel celebre Plaster Caster dedicato proprio a lei. Il suo scopo?
Divertirsi nell’America spensierata e post proibizionista dell’epoca e collezio-
nare i calchi in gesso dei genitali dei musicisti per farne poi una grande mostra
che però non ebbe mai luogo.
Di quel mondo e di quel tempo racconta anche Quasi famosi (2000), il fi lm di
Cameron Crowe sulla vita on the road e dietro le quinte dei Black Sabbath e
del loro seguito di groupies e giornalisti negli anni Settanta. Erano altri tempi
e nessuno parlava di rock tourism. Eppure ne erano gli albori.
Di recentissima defi nizione (non uffi ciale ma popolare), il rock tourism indi-
ca la scelta di spendere le vacanze nei luoghi delle tournée di un cantante o di
un gruppo, in una città dove si svolgono importanti festival musicali o tra più
città con un interessante calendario di concerti.
Oggi viaggiare è molto più facile e il turismo, di qualunque specie, è alla por-
tata di tutti: le distanze si sono accorciate, le occasioni “fl y & drive” non si
contano, i voli low cost rendono raggiungibile con poco preavviso e pochi
euro qualunque luogo. Foss’anche per vedere un concerto e basta. È ciò che
fanno i rock tourist, sempre disposti a partire e a viaggiare per ascoltare la mu-
sica dal vivo. A diff erenza dei fan e delle “vecchie” groupies, non desiderano
intrecciare relazioni intime e personali con la band, non aspirano a conosce-
re la mamma della star, non elemosinano autografi ai tecnici delle luci, né si
mettono in attesa fuori dall’hotel tra la folla in preda al delirio per un atti-
mo di tangibilità. La loro soddisfazione sta piuttosto nel dichiarare il numero
71
Nuove culture
di concerti visti, nell’esibire un souvenir comprato chissà dove, magari al con-
certo storico di turno. E i loro complici sono i “roadies”, cioè i membri dello
staff tecnico della tournée, gli unici davvero capaci di garantire, in casi dispe-
rati, i pass per accedere al pit sotto il palco (la postazione migliore per vedere
un concerto) e al backstage.
Il rock tourist è un viaggiatore evoluto e indipendente che ama la musica e ne
fa una ragione di vita, o almeno di viaggio. Ama scoprire il mondo, vedere po-
sti nuovi e conoscere gente, ma soprattutto essere protagonista di quel parterre
entusiasta e mobile che ha dato vita ad alcuni dei più grandi miti della musica
rock e pop di oggi, dai Rolling Stones a Michael Jackson.
Nel turismo, parafrasando una celebre massima di Lavoisier, “nul-
la si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma”. Così accade che
determinate forme di turismo cadano momentaneamente in disgrazia o che
vengano semplicemente accantonate, sostituite da variazioni sul tema più
attuali e accattivanti. È il caso delle classiche passeggiate a tema nelle città,
quelle sul genere dei Ghost Walks a Londra o delle camminate nei luoghi dei
Beatles. Quelle passeggiate negli ultimi anni si sono rinnovate, soprattutto
in virtù dei cambi generazionali e dei nuovi fenomeni pop. Così si comincia
a sentire l’esigenza di nuove esperienze microculturali. Per esempio ci vor-
rebbero dei tour nella Milano di Celentano, con soste in via Gluck, davanti
alla celeberrima rotonda sul mare di Senigallia o sul Ponte Milvio del ro-
manzo di Moccia. In verità, qualche tour è stato già approntato, per la gioia
della Pop Generation. Si può andare nell’Heidiland, in Svizzera, alla ricer-
ca dei luoghi della famosa pastorella, a Metropolis, Illinois, dichiarata la vera
città di Superman, oppure a Burkittsville nel Maryland, dove i turisti ricrea-
no le scene del fi lm The Blair Witch Project. O ancora, nel Timberline Lodge
nell’Oregon, l’Overlook Hotel di Shining, e a Vimmerby, in Svezia, il paese di
Pippi Calzelunghe. Altro grande classico del turismo pop è Woodstock, dove
si tenne il famoso concerto.
Turismo pop
72
Una categoria sempre più numerosa di viaggiatori è rappresentata dai
tifosi di calcio. Organizzati in club, con bandierine, cuscini e ma-
glie coi colori della squadra del cuore, partono una settimana sì e una no per
seguire e sostenere i giocatori in trasferta durante il campionato. Si muovo-
no in pullman o treno, in aereo se la partita è lontana, e spesso si appoggiano
a un’agenzia di viaggio, proprio come se appartenessero a un gruppo vacan-
ze. E di fatto lo sono, anche se si spostano per soggiorni brevi che prevedono
qualche sosta all’autogrill, qualche ora di svago prima e dopo i 90 minuti di
gioco, vero scopo del viaggio.
Tutto ruota attorno allo stadio, landmark e monumento di riferimento in
qualunque capitale del mondo si trovino. Raramente pensano a un giro per il
centro storico, a una passeggiata, a una mostra, tutti optional rinunciabili per
l’appassionato di calcio. Quando invece si spostano per seguire la nazionale o
la Champions League, abbandonano la formula esclusiva del “tifa & fuggi”, e
si concedono qualche piacere squisitamente turistico: una notte in hotel, una
cena al ristorante, un museo (quasi mai) e qualche monumento (di passaggio),
oltre i soliti spalti. Più raramente decidono di seguire la squadra ai Mondiali
Fifa; in quel caso l’organizzazione deve essere meticolosa, come qualsiasi altro
viaggio all’estero che duri più di un paio di giorni: bisogna aver prenotato per
tempo voli e hotel, stabilito itinerari e ovviamente avere i biglietti del match
in tasca o da ritirare al botteghino.
Nel 2010 l’appuntamento era in Sudafrica. Per l’occasione lo Stato africa-
no ha ristrutturato e inaugurato monumenti, palazzi, strade, locali, alberghi.
Dalla nomina come sede dei Mondiali di calcio al rinnovo del look come
meta turistica spettacolare sono passati quattro anni di lavori, se non forzati,
almeno forsennati. Ma all’inaugurazione tutto era pronto per il grande even-
to che consacrava la nuova immagine internazionale del Sudafrica davanti a
centinaia di migliaia di tifosi curiosi e contenti di essere lì. Anche perché, no-
nostante l’affl ato sportivo, potevano vedere il Kruger National Park, Capo di
Buona Speranza, Cape Town, la Garden Route… Tra il primo giugno e me-
Soccer tourism
Nuove culture
73
tà luglio 2010 sono atterrati in Sudafrica 1.400.000 turisti, il 25% in più del
2009, molti per la prima volta lì, e chissà, magari spinti proprio dalla passio-
ne per il calcio.
Che gli eventi sportivi possano diventare la chiave del successo per il turismo
dei Paesi ospitanti in quanto eccezionale vetrina lo sostiene anche una ricerca
presentata al Global Sports Congress di Londra nel novembre 2010 ed ela-
borata da Aigo, agenzia di marketing e comunicazione integrata, con Pangaea
Observatory, che coinvolge un panel di 200 esperti a livello europeo nel setto-
re del turismo. Secondo la ricerca, i Mondiali di calcio rappresentano l’evento
a maggior impatto sull’immagine del Paese (100%), seguiti da moto racing
(28%), atletica (22%), tennis (18%), rugby (15%), golf (9%), vela (8%). Più in
generale si sostiene che un evento sportivo di portata mondiale può cambiare
la percezione iniziale del Paese ospitante e, in certi casi, contribuire a risolle-
varne l’economia. Passando alla pratica, la Svizzera e l’Italia delle Olimpiadi
Invernali di Torino 2006 hanno dimostrato ottime attitudini nell’ospitare e ge-
stire un evento sportivo, mentre Australia, Cina e Sudafrica hanno realizzato
per l’occasione innovative azioni di marketing turistico. Dell’evento benefi -
cia anche l’immagine generale e non solo turistica del Paese, come nel caso
della Spagna dopo le Olimpiadi di Barcellona del 1992. Ma non va sempre
liscia: per esempio l’India non è stata in grado di gestire effi cientemente le
Olimpiadi del Commonwealth 2010, danneggiando così la percezione del-
la destinazione all’estero. Nella maggior parte dei casi, ospitare Mondiali e
Olimpiadi porta con sé notevoli vantaggi di cui godono anche le città vicine
a quelle che ospitano l’evento, catene alberghiere, compagnie aeree, tour ope-
rator, agenti di viaggi. Tra gli eff etti positivi c’è anche il rallentamento del late
booking, con un 58% di viaggiatori che acquista i biglietti con sette mesi di
anticipo per garantirsi il posto sugli spalti.
Anche a livello nazionale il calcio sposta persone, tutti potenziali turisti. Solo
in Italia si stimano 28.430.000 sostenitori di questo sport, di cui 24.825 so-
no spettatori fi ssi delle partite domenicali di serie A. Anzi, molti di loro sono
disposti a seguire la squadra anche in trasferta, e quindi a viaggiare, se non
proprio ogni 15 giorni, una volta al mese, due volte all’anno, magari anche
una sola. Peccato che spesso si tratti di ultras, hooligans, vandali e non di tu-
risti rispettosi.
Nuove culture
74
Q uesto è il turismo di chi ama tutto ciò che è fi nto, rifatto e artifi -
ciale. In generale, per il turista postmoderno, la copia è assai più
attraente dell’originale. Anziché andare a Bellagio, sul lago di Como, si va
all’hotel Bellagio a Las Vegas, città-faro di questo tipo di turismo. Piuttosto
che andare a Londra, va a vedere il London Bridge a Lake Havasu, in Arizona;
al Partenone vero preferisce quello che c’è a Nashville, Tennessee.
I fedelissimi del Postmodern Tourism vanno a visitare il castello della Bella
addormentata a Disneyland esattamente come se andassero in gita in un an-
tico maniero europeo, considerano le case delle Desperate Housewives agli
Universal Studios di Los Angeles alla stessa stregua di vere villette unifamiliari
americane, e giocano al videogame Medal of Honor ambientato in Afghanistan
con la Lonely Planet a portata di mano, per abbinare all’esperienza video lu-
dica quella di viaggiatori indefessi.
Insomma, tutto quello che sa di copia, tutte le architetture squisitamente più
vere del vero attraggono i fanatici di questa nuova forma di turismo. Li potete
avvistare nei pressi dei castelli e dei villaggi in stile medievale costruiti nell’Ot-
tocento eclettico, come il parco del Valentino a Torino, oppure a Portmeirion,
in Galles, il villaggio iperrealista della serie tv Il prigioniero (dove confl u-
iscono, spinti da altre motivazioni, anche gli appassionati di tele turismo!),
negli showroom di Aiazzone e nelle viuzze dell’intramontabile Mont-Saint
Michel.
In eff etti il Post Modern Tourism abbraccia molte categorie e ha vari punti di
contatto con altre espressioni turistiche. Per esempio, fanno parte del turismo
postmoderno anche città già interessanti in se stesse per motivi artistico-sto-
rico-culturali, che hanno guadagnato un nuovo status grazie alla rimediazione
televisiva. Attenzione, non parliamo di tele turismo, non facciamo riferimento
alla Gubbio di Don Matteo o alla Montepulciano di Carabinieri 7. In quei casi,
si va nelle città in questione solo per vedere e farsi fotografare in determina-
ti luoghi visti nella serie tv. Il turista postmoderno ha un altro atteggiamento:
visita un luogo che ha già esplorato in un fi lm, in una serie tv o in un roman-
Postmodern tourism (o PoMo tourism)
Nuove culture
75
zo, per farne parte. Non ci si pone come dei fans ma come ospiti, non come
spettatori ma come protagonisti. Si va in una certa città per vivere un luogo da
percepire volutamente come artifi ciale, in quanto frutto della sovrapposizione
dell’immaginario mediatico e della realtà, un po’ come in The Truman Show.
Un esempio per tutti è Dallas, da visitare rigorosamente dopo aver visto o ri-
visto (magari nel corso di una Staycation, vedi pag. 93) tutte le 14 stagioni
(357 episodi) della serie tv eponima. Va visitata senza cercare riferimenti pre-
cisi, senza cercare la villa degli Ewing o altri highlights televisivi, sentendosi
romanticamente parte del paesaggio.
Con questa predisposizione si può soggiornare (non visitare!) al Grand Hotel
di Cabourg, uno dei mitici palaces ottocenteschi che hanno ispirato l’ancor
più mitico Grand Hotel del Balbec della Recherche proustiana. Anche qui
non si tratta di turismo letterario, ma di un modo diverso di vivere un’archi-
tettura che potrebbe anche far parte di un parco a tema.
Uno spirito quasi ludico che informa il pensiero postmoderno e che ritorna
anche nelle suite del Seven Hotel a Parigi, una delle quali è ispirata al mon-
do di James Bond.
Ma forse la città più postmoderna di tutte è Celebration Town, in Florida, vi-
cino al parco dei divertimenti Disney di Orlando. Fondata dalla Walt Disney
Company all’inizio degli anni Novanta, è stata creata sul modello delle citta-
dine tradizionali americane, con le classiche case in stile georgiano. Vari edifi ci
pubblici sono fi rmati da architetti famosi: l’uffi cio postale è di Michael Graves,
il municipio di Philip Johnson e l’Health Building di Robert Stern. Una cit-
tà quasi perfetta nella sua artifi cialità. Quasi, visto che nel dicembre 2010 per
la prima volta a Celebration si è registrato un caso di omicidio.
Nuove culture
76
I libri sui non-luoghi di Marc Augé hanno cambiato il mo-
do di guardare le città e anche la maniera di viaggiare.
Prima della moda dei non-luoghi, si cercava di vedere il mag-
gior numero di cose, che lo si facesse con lo spirito del turista
da Guida Verde del Touring o con quello da turista trasversale,
che si crea percorsi inusuali o alternativi. In ogni caso, si tratta-
va di un turismo concreto, o meglio, di un turismo centripeto,
che aveva sempre e comunque come riferimento un luogo o
una serie di luoghi riconosciuti come mete possibili e non co-
me semplici luoghi di passaggio.
Dopo Augé, tutto è cambiato. Ora capita di viaggiare cercando
deliberatamente di evitare gli highlights. Succede, per esempio,
che ci sia gente che programma viaggi letteralmente on the ro-
ad, decidendo di non uscire mai dall’autostrada, emulando in
un certo senso i protagonisti del racconto L’autostrada del Sud
di Julio Cortázar, in cui i protagonisti sono costretti da un im-
bottigliamento a trascorrere mesi in autostrada, dando vita a una
comunità.
Questi puristi di Kerouac, divoratori di chilometri e di rustichel-
le, sono i più fervidi sostenitori del viaggio sulle rotte dell’Anas,
tra autogrill, benzinai e alberghi ai margini delle autostrade.
Con questa rivoluzione copernicana del viaggio, i non-luoghi
si trasformano in highlights: gli autogrill non sono più cattedra-
li nel deserto, ma diventano simboli del nuovo turismo “all on
the road”.
Come funziona un viaggio del genere? Per esempio si imbocca
l’Autostrada del Sole a Milano e non si cede mai alla tentazione
di uscire al casello, trattando gli autogrill, protagonisti indiscussi
di questo panorama piuttosto avaro, come i monumenti descritti
nelle guide del Touring Club. I più attenti si documentano prima,
Gli
an
tico
nfo
rmis
ti
Capitolo
10 Turismo da Autogrill
77
tracciando una mappa delle architetture blasonate, pronti a riconoscere i colos-
si che portano la fi rma di maestri dell’architettura.
Tra i massimi esempi dell’architettura autostradale spiccano l’Autogrill
Lazzaroni, progettato da Melchiorre Bega a Saronno, il futuribile disegno del
“Villoresi” a Lainate e la sagoma più classica del palazzotto a Fiorenzuola d’Ar-
da, entrambi di Angelo Bianchetti, nonché il monumentale “Dorno-Ponte”, a
Dorno, in provincia di Pavia, mirabile capolavoro di Carlo Casati. Quest’ultimo
fa parte di quelli che vengono chiamati familiarmente “i super autogrill”,
quelli su due piani e vista panoramica sull’autostrada, che paiono transatlantici
del commercio adagiati sulle grandi arterie di comunicazione. Una menzione
speciale la merita l’autogrill di Giovi Ovest, sulla A7 Milano-Genova, all’al-
tezza di Ronco Scrivia. Una struttura architettonica all’avanguardia (anche
questa fi rmata da Angelo Bianchetti!), cela un enorme lampadario in cristal-
lo a gocce, che dà l’idea di trovarsi sul set di un fi lm di James Bond anziché
in un autogrill: appare come un vero e proprio salotto da autostrada, come si
confà a un luogo ricco di memorie, che anni fa vide passare Gianni Agnelli e
Fabrizio De André.
Le statistiche dicono che i mega-autogrill sono apprezzati dalla gente di una
certa età, che si compiace nella visita di questi giganteschi monumenti poli-
valenti, concedendosi tutto il tempo per un tour completo, dal ristorante al
supermarket. I più giovani prediligono i piccoli autogrill, quelli “mordi e fug-
gi”, dove c’è soltanto il tempo per un panino Camogli e dove l’assortimento di
cd e barrette di cioccolato è drasticamente più esiguo.
A volte, poi, il protagonista architettonico è un altro, e l’autogrill diventa per
l’autostrada quello che il ristorante è per il monumento principe della gita fuo-
ri porta. C’è gente che va sull’Autostrada de Sole, nel tratto Milano-Bologna,
solo per vedere il ponte di Santiago Calatrava in prossimità di Reggio Emilia.
Altri viaggiano fi no all'incrocio tra l'Autostrada del Sole e la A11 Firenze-
Mare per vedere la chiesa di Michelucci.
In ogni caso, è ormai assodato che gli autogrill non sono tutti uguali, anche in
tema di cibo. Perfi no un panino Ulisse mangiato a Casalecchio di Reno è di-
verso da quello preparato a Serravalle Pistoiese: sarà l’aria o sarà il tempo di
cottura, fatto sta che sono diversi. Un’osservazione che diventa ovvia quando
si parla di caff è.
Il discorso si complica ulteriormente se si analizzano le specialità dei ristoranti,
Gli anticonformisti
78
che a volte propongono menu da veri gourmet. Basti pensare che il ristorante
dell’Autogrill di Chianti Ovest è stato scelto da Heston Blumenthal, guru del-
la cucina molecolare, per la sua top ten delle migliori aree di sosta pubblicata
sulle pagine del quotidiano britannico Guardian. Oltre a ciò, come sanno i veri
buongustai, nei supermarket degli Autogrill si possono trovare ricche selezioni
di specialità regionali, dalla bresaola valtellinese alla mozzarella di bufala cam-
pana. E tutto senza uscire dall’autostrada.
Si delinea così un nuovo modo di viaggiare, che riesce a fare a meno delle at-
trazioni classiche e punta tutto sul piacere di non dover lasciare mai l'(auto)
strada vecchia per la nuova. Un piacere condiviso anche da personaggi fa-
mosi, come Pier Vittorio Tondelli, che nel racconto Autobahn rese omaggio
all’Autostrada del Brennero, la A22, o i Pooh, che in “Pronto, buongiorno è
la sveglia” dedicano alcune strofe all’Autostrada del Sole (dove “come sem-
pre fi nisce che piove”) e ai suoi Autogrill, o come Gigi D’Alessio, che nel
2008 presentò l’album “Questo sono io” nell’area di servizio di Secchia Ovest,
sulla A1, in provincia di Modena. Come ha detto lui stesso, “mi fermo spes-
so in autogrill, che considero un po’ la mia seconda casa”. Un’impressione
che non deve essere del tutto estranea a Francesco Guccini, che nella canzo-
ne “Autogrill” raccontò di una di quelle straordinarie architetture autostradali,
“dove i sogni miei segreti li rombavano via i tir”.
Gli anticonformisti
79
Se avete pochissimo tempo, ma volete vedere tanto, la soluzione c’è.
Basta organizzare un viaggio nelle nazioni in miniatura (tra l’altro, non
serve il passaporto per visitarle!), come la Minitalia a Capriate San Gervasio.
Si tratta di mete assai malinconiche, che ispirano subito nostalgia, tanto che
qualcuno ha già parlato di saudade a proposito della Swissminiatur di Melide.
Qui, accanto a chiese, stazioni ferroviarie e grattacieli rimpiccioliti come nel
fi lm del Dr. Cyclops, sostano giganti seduti ai tavolini ad addentare panini e a
consumare cornetti gelato, tra schiamazzi, gadget e cartoline. Questo turismo
lillipuziano ha non poche affi nità con l’hobby del fermodellismo, e in eff etti
sono molti gli appassionati di plastici ferroviari che trovano qui un’eco del-
la loro passione.
È anche un turismo paradossale: infatti spesso per andare a vedere queste na-
zioni in formato ridotto bisogna aff rontare lunghi viaggi che annullano il
vantaggio di un tour con tutto sotto mano. Nondimeno, questo tipo di turi-
smo resiste e rappresenta anzi uno zoccolo duro dell’industria del viaggio.
I parchi in miniatura esistono dai primi del Novecento, ma è negli anni Trenta
che cominciano ad aff ermarsi, diventando attrazioni turistiche al pari di quelle
classiche. Tra i primi esempi, Bekonscot in Inghilterra e Madurodam in Olanda,
vicino all’Aia.
Col tempo queste repliche delle nazioni a misura di fi gurine in scala H0 so-
no proliferate e per questo è sorta l’International Association of Miniature Parks
(IAMP). E quando si parla di Lilluput Tourism e di nazioni in piccolo, non va-
le il detto “vista una, viste tutte”. Ogni ricostruzione è un caso a sé stante, e la
gente ama collezionare queste mete, che possono benissimo essere visitate con
le Guide Verdi Touring o similari alla mano.
In Francia c’è France Miniature, presso Parigi; da noi ci sono per esempio l’Italia
in miniatura a Rimini, con 273 riproduzioni di monumenti d’Italia e d’Europa,
soprattutto in una scala da 1:25 a 1:50, Minitalia a Capriate, presso Bergamo,
con 160 monumenti, 2700 metri di binari, 16 statue parlanti; a Barumini c’è
la Sardegna in miniatura; vicino a Tel Aviv c’è Mini Israel; a Huesca spicca il
Lilliput tourism (o Microturismo)
Gli anticonformisti
80
Pirenarium; e a Tenerife, nelle Canarie, merita una visita il Pueblo Chico.
La scala dei parchi tascabili va da 1:76 a Pendon, in Inghilterra, a 1:9 alla
Wimborne Model Town. In genere in Europa prevale la scala 1:25, in America
l’1:12.Ci sono poi i monumenti singoli: al Tobu World Square, in Giappone, c’è
una replica 1:25 della basilica di San Pietro. Un caso a parte sono le repliche di
città all’interno dei parchi Legoland (in Danimarca, Germania, Gran Bretagna
e California), che coniugano il fascino della storia all’incredibile attrazione che
esercitano su grandi e piccini i mattoncini più famosi del mondo.
Gli anticonformisti
Nella canzone Il cielo d’Irlanda Fiorella Mannoia canta “Dovunque
tu stia viaggiando con zingari o re”... Qualcuno l’ha presa in paro-
la e vuole fare una vacanza con gli zingari.
Gli zingari sono viaggiatori per vocazione. Sono i nomadi per eccellenza, e tra
gli appassionati del viaggio, tra gli addicted del New Tourism, c’è anche chi
non resiste alla tentazione di seguire una tribù di Rom nelle peregrinazioni da
una parte all’altra dell’Europa.
Un’ottima occasione, a questo proposito, è il pellegrinaggio degli zingari a
Saintes-Maries de la Mer, in Camargue, nel Sud della Francia, dove ogni anno,
il 24 e il 25 maggio, tra solenni cerimonie e balli si festeggia Santa Sara, patro-
na dei nomadi, venerata dalla comunità dei Rom.
Gipsy tourism
81
Il kitsch, che è una categoria del gusto intramontabile, ha i suoi gran-
di classici, che sono il macinapepe a forma di Tour Eiff el e la gondola
dorata con le luci a intermittenza. Il turismo kitsch è anch’esso una catego-
ria senza tempo, con i suoi classici inossidabili, che sono, per esempio, San
Marino, Castell’Arquato e i castelli di Ludwig in Baviera.
I viaggi kitsch sono escursioni rassicuranti, in luoghi ipercollaudati dove tutto
è esasperato: in quei luoghi il Medioevo è un po’ più medievale, l’eclettismo è
più eclettico e il minimalismo non esiste.
Il viaggio di dubbio gusto esiste in virtù dei souvenir che si collezionano du-
rante il viaggio stesso, dalle armature in scala 1:1 di San Marino ai boccali di
birra istoriati acquistati in Baviera. Anzi, in genere il viaggio non viene pro-
grammato a casa, con le guide, ma sul posto, partendo proprio dai souvenir: si
guardano le statuine, le cartoline, i ninnoli esposti e si decide cosa andare a ve-
dere, escludendo a priori tutto il resto. Le località kitsch in genere sono quelle
dove la storicizzazione viene portata all’eccesso, quelle dove si creano delle
architetture romanzate e dove i luoghi vengono adattati a un immaginario for-
giato sui feuilleton e sui romanzi d’avventura.
Uno dei luoghi più amati da questo tipo di turismo è Toledo, con le sue spade
e le sue armature che evocano un immaginario cavalleresco di grande eff etto.
Altro luogo classico del kitsch turistico è l’Alhambra di Granada, che qualcu-
no ricorda nei racconti di Washington Irving e molti associano alla canzone
eponima di Claudio Villa.
Il kitsch turistico non si limita ai luoghi con una storia millenaria: vanno be-
nissimo anche località come Las Vegas, un’icona della stravaganza che la serie
televisiva CSI ha reso ancor più popolare. Fanno parte di questo tipo di de-
stinazioni anche Dollywood, il parco a tema della cantautrice country Dolly
Parton, ai piedi delle Great Smoky Mountains, Graceland, la tenuta di Elvis
Presley a Memphis, e Neverland, il ranch di Michael Jackson, nella contea di
Santa Barbara, in California.
Sulle latitudini del kitsch ci sono anche luoghi circoscritti all’interno di cit-
Kitsching
Gli anticonformisti
82
tà che non sono kitsch nel loro insieme. Possiamo citare a questo proposito il
balcone di Giulietta a Verona e la Bocca della verità a Roma.
Il kitsch spesso alligna dove si trovano castelli e fortifi cazioni. Ma c’è anche
un kitsch più ovattato, che si ritrova per esempio nelle località balneari del-
la Belle Epoque, ammirati prima nelle cartoline seppiate dei bouquinistes, poi
nelle interminabili descrizioni della Recherche di Marcel Proust (il più delle
volte selezionate in qualche libro illustrato patinato) e infi ne nelle suite che in
un tempo ormai lontano venivano prenotate da scrittori e personaggi illustri.
Un turismo kitsch più raffi nato e consapevole porta verso i pae-
si da operetta dei dintorni di Vienna o di Monaco di Baviera. Mentre
una voglia di kitsch inconfessata spinge verso il Principato di Monaco.
Naturalmente, esistono anche itinerari kitsch, come quello sul lago di Como e
in Lombardia, sulle tracce dei Promessi Sposi, che comprende luoghi più o me-
no aderenti alla realtà, come il presunto castello dell’Innominato, a Rossino,
sulla strada che porta a Bergamo.
Il palmarès del kitsch turistico è stato per lungo tempo appannaggio della
Transilvania del conte Dracula. Da tempo immemore frotte di turisti vanno
in Romania per visitare il presunto castello del vampiro e alcuni tour opera-
tor propongono questo viaggio nei loro cataloghi. Per esempio, c’è il “Dracula
Tour” del tour operator Ciao Romania (www.ciaoromania.com).
Oggi, per trovare le nuove icone turistiche del kitsch, si può percorrere la
Märchenstrasse, la Strada delle fi abe, in Germania, che in genere non delude:
per esempio, una buona candidata potrebbe essere Hamelin, la città del piff e-
raio magico. Oppure, bisogna spostarsi nei mondi virtuali, quelli che esistono
soltanto in Rete: alcuni esempi di tutto rispetto si trovano in Second Life, do-
ve, per esempio, ci si può fotografare in una vasca da bagno come quella di
Marat assassinato, facendosi immortalare come nel celebre quadro di David.
Sempre in tema di Kitsch virtuale, c’è il Tibet immaginario descritto da scrit-
tori e viaggiatori, da Marco Polo in poi, e dai registi hollywoodiani. A questo
“Tibet”, lontano da quello vero, Orville Schell ha dedicato il libro Virtual
Tibet: Searching for Shangri-La from the Himalayas to Hollywood.
Gli anticonformisti
83
C’è chi ha paura di volare e chi invece vivrebbe volando. Così, per
chi si sente mancare la terra sotto i piedi non appena scende da un
velivolo, sono state approntate stanze d’albergo ricavate in aerei in pensione.
È il caso della Vliegtuisuite al Teuge Airport Hotel, in Olanda. L’inusuale sui-
te è stata ricavata in un aereo di linea tedesco, più precisamente un Ilyushin 18
degli anni della Guerra Fredda, su cui ha volato anche Erich Honecker, l’ex
presidente della Germania Est, per viaggi a Cuba, Russia, Cina e Vietnam.
Per i due ospiti dell’appartamento proposto da Hotelsuites (www.hotelsuites.
nl) c’è l’intero aereo a disposizione, con jacuzzi, sauna, dvd blu ray.
Su Internet si trovano off erte ancor più curiose. Come l’Hotelicopter, salutato
frettolosamente dalla stampa come un Titanic dei cieli, prima di essersi rivela-
to una colossale bufala.
Yotel (www.yotel.com) invece propone micro-stanze pensate come cabine in
stile aeronautico al Terminal 4 dell’aeroporto di Heathrow e al South Terminal
di Gatwick, a Londra. Sono soluzioni ideali per sentirsi come in aereo anche
prima del decollo. O semplicemente, per abituarsi al volo.
Per restare in tema, all’aeroporto di Arlanda, a Stoccolma, c’è un Jumbo
747-200 trasformato in ostello (www.jumbostay.se), un altro must per gli ap-
passionati di aviazione.
Aeroturismo
Gli anticonformisti
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Non di rado le nuove forme di turismo, nella loro continua ricerca
di novità a tutti i costi, sconfi nano nel cattivo gusto. È il caso della
vacanza in prigione, che negli ultimi tempi conta parecchi adepti e rischia ad-
dirittura di diventare un trend consolidato, con una propria presenza fi ssa nei
cataloghi dei tour operator. È una tendenza nata sulla scia dei prison movie e
delle serie tv che hanno a che fare con la vita in prigione o con le rocambo-
lesche fughe dalle carceri di massima sicurezza.
Non è un caso che la moda dell’albergo-prigione sia nata negli anni di Oz e
di Prison Break. Ancora una volta non è la vacanza di chi vuol provare qualcosa
di piacevole, ma il viaggio di chi vuole sperimentare qualcosa di molto brut-
to, sapendo che se ne può andare in qualsiasi momento. Ancora una volta è in
gioco il voyeurismo: prima si prende parte alla vita di chi sta in prigione, os-
servando dalla poltrona, nelle serie televisive o in reality tipo Celebrity Alcatraz.
Poi si viene presi dalla voglia di calarsi nel ruolo, di provare in prima persona a
vivere quelle situazioni, naturalmente per fi nta. Nascono così celle superacces-
soriate che sembrano suite (nel limite del possibile) di hotel a 5 stelle. Ci sono
parecchi alberghi che si sono attrezzati in questo senso, che sono stati ricavati
da ex carceri, con celle adibite a camere più o meno spartane, proposte a chi
vuol trascorrere un soggiorno particolare.
Uno dei must per chi cerca una vacanza da galera è il Löwengraben di Lucerna
(www.jailhotel.ch), il primo “jailhotel” della Svizzera, costruito nel 1862 e
usato come prigione fi no all’autunno del 1998. Sul sito Internet si dice a chia-
re lettere che i prigionieri hanno cercato di fuggire da lì per 135 anni. Oggi
le cose sono cambiate e l’arredo è più friendly, anche se, a dir la verità, un po’
dell’atmosfera lugubre di un tempo rimane.
E anche quando ci si siede in compagnia all’Alcatraz Bar, per bere un cocktail
con gli amici, si percepisce un’atmosfera inquietante. In questo strano gioco di
ruolo si può scegliere la Director’s Suite, ricavata dall’ex uffi cio del direttore,
la Library Suite, che si trova nella biblioteca, o una camera tripla o quadru-
pla con lettini in ferro, nella più classica tradizione dell’arredo carcerario. Per
Jail chic
Gli anticonformisti
85
i più convinti, poi, ci sono camere mantenute come le celle di un tempo, con
la porta di legno massiccio e il catenaccio.
Un format simile per il Langholmen Hotel di Stoccolma (www.langholmen.
com), che è stato una prigione fi no al 1975. Le sue celle ristrutturate, dipinte
in bianco e azzurro, sono la location ideale per ripassare la trilogia Millennium
di Stieg Larsson, alternando la lettura con degustazioni di prodotti tipici sve-
desi al pub The Clink. Nel sito dell’hotel non si parla di check-out ma di
“rilascio”. Però la reception non è un uffi cio matricola e si sottolinea che agli
ospiti viene data la chiave della cella.
Spirito libero e creativo anche per l’Hotel Celica di Lubiana (www.souhostel.
com), dove ognuna delle celle è stata reinventata da un artista. Più cupo, in-
vece, l’hotel ospitato nella prigione di Liepaja (www.karostascietums.lv), in
Lettonia, un tempo frequentato dai malcapitati ospiti del Kgb.
Indeciso tra la cupezza della prigione e l’allure più briosa di un hotel mi-
nimalista è l’Hotel Alcatraz (www.alcatraz-hotel.com) a Kaiserslautern, in
Germania, ricavato da un carcere dell’Ottocento. Gli addetti alla reception
stanno letteralmente in gabbia, però ci sono 56 celle eleganti, letti king size e
accesso libero a Internet.
Una variante accolta con grande interesse è lo stile “jail chic”, che contrad-
distingue l’hotel ospitato nell’ala ottocentesca dell’Oxford Castle (www.
oxfordcastleunlocked.co.uk), un misto di eleganza di design e memorie car-
cerarie. È il format scelto da carceri d’oro come il Liberty Hotel di Boston
(www.libertyhotel.com). Questo mega-albergo dei The Leading Hotels of the
World, arroccato con grazia su Beacon Hill, ricorda poco il tempo in cui era
una prigione e si chiamava Charles Street Jail.
Perversioni kitsch o voglia estrema di minimalismo? Forse entrambe le cose e
sicuramente il fatto che la vita artifi ciale sta sempre più stretta. Una quaranti-
na d’anni fa prevaleva la logica del parco dei divertimenti, dell’immaginazione,
dell’avventura concentrata nel tempo: andavi a Disneyland o a Fiabilandia, ti
travestivi da cowboy, ti facevi arrestare, stavi in cella un quarto d’ora, e fi niva
lì. Adesso i tempi si sono dilatati, il rituale è più complesso, la scenografi a de-
ve essere più verosimile.
Che cosa fa la gente che va in vacanza negli alberghi prigione? Dipende. Le
modalità di fruizione della struttura ospitale variano di caso in caso, da chi ci
va con un atteggiamento divertente e divertito e si presta a indossare la divisa
Gli anticonformisti
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a righe del carcerato, a chi prende la cosa un po’ più sul serio e si porta in cella
una dominatrix, per trascorrere un weekend diverso. O assolutamente norma-
le. A seconda dei punti di vista.
Nel fi lone del turismo carcerario c’è anche la variante dei tour guidati in
strutture dismesse, convertite in attrazioni per viaggiatori in cerca di luoghi
impregnati di tristezza e di malinconia. Questa volta non si tratta di prigio-
ni trasformate in alberghi a 5 stelle ma di carceri-museo. La più visitata è
sicuramente Alcatraz, che vanta le proposte di Alcatraz Cruises (www.alca-
trazcruises.com/), il cui slogan è “It’s criminal not to go”. Le più votate sono
“Alcatraz Night Tour”, che comprende un giro in barca attorno all’isola, e
“The Alcatraz Cellhouse Tour”. Insomma, una sorta di inquietante spettaco-
lo di Son et lumière.
Molto in voga anche il Pennsylvania’s Eastern State Penitentiary (www.ea-
sternstate.org), che ogni anno richiama circa 150.000 Dark tourists. Gente che
magari indossa i jeans della marca Prison Blues - prodotti dal sistema peni-
tenziario dell’Oregon - il cui slogan è “Fabbricati dentro per essere indossati
fuori”, e per la propria casa sceglie i bagni della Acorn Engineering, gli stessi
visti nella serie tv Prison Break.
Anche la triste fama del castello tedesco di Colditz (riportato in auge da un
telefi lm degli anni ‘70) rende quella prigione un highlight di questo tipo di
turismo. Ricostruito in stile rinascimentale nel XVI secolo, sotto il regno
dell’elettore Augusto di Sassonia, il castello non è tenebroso come altri luoghi
nati espressamente come prigioni, quindi appare come una via di mezzo tra la
destinazione classica da guida turistica e il luogo da neoturisti.
PS: nella categoria dei makeover architettonici c’è pure La Claustra (www.
claustra.ch), un altro albergo svizzero, ospitato in quello che una volta era un
rifugio antiatomico a 300 metri dal passo del Gottardo.
Gli anticonformisti
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Strettamente riservato a chi ama il mare. Perché dalle lanterne dei vec-
chi fari dismessi il protagonista principale, talvolta assoluto, è il grande
blu con tutti i suoi umori: calmo, frizzante, arrabbiato, tempestoso, spaven-
toso. Un tempo riferimento sulla terraferma per i naviganti, queste sentinelle
del mare sono state man mano rimpiazzate con strumentazioni più sofi stica-
te, i loro guardiani sono andati via via in pensione, e poco alla volta sono state
abbandonate.
Peccato, perché questi edifi ci alti e slanciati, a righe bianche e rosse per es-
sere più evidenti, aff acciati su mari e oceani, hanno rischiato il degrado.
Fortunatamente, in molti casi non è andata così. Infatti, grazie alla posizio-
ne eccezionale su promontori e scogliere al confi ne tra il fi nisterrae e l’acqua,
i fari hanno mantenuto la prerogativa di landmark, il fascino delle cose anti-
che, degli eremi solitari. E sono diventati meta di visitatori curiosi di vedere da
vicino lanterne, apparecchiature, appartamenti. A loro sono dedicate le nume-
rose vie dei fari indicate un po’ ovunque sulle coste del Pacifi co, dell’Atlantico,
del Mare del Nord e di tutti gli altri mari. Si tratta di itinerari panoramici
lungo le strade litoranee di Oregon (www.nwcoast.com/lighthouses/oregon.
asp), Bretagna, Norvegia, Portogallo, Croazia, con soste a fari di ogni epo-
ca e foggia. E che quella per i fari sia un’autentica passione lo dimostrano le
continue pubblicazioni monografi che che ne illustrano la storia con splendi-
de fotografi e, come The Lighthouse Encyclopedia: The Defi nitive Reference di Ray
Jones (Globe Pequot, 2007) o con racconti, come I guardiani dei fari (Megens,
2007) di Charles Paolini.
La defi nitiva conversione al turismo è arrivata con l’istituzione dei lighthouse
hotels e la trasformazione in bed & breakfast e case in affi tto con viste ecce-
zionali. Ormai se ne trovano ovunque e ci sono directory specializzate per
la ricerca. Qualche esempio: gran parte degli hotel nei fari in tutto il mon-
do, dall’Inghilterra all’Olanda, dall’Australia alla Nuova Zelanda, si trova su
lighthouse.cc/links/overnight.html; www.lighthouses-croatia.com suggerisce
10 fari in Croazia, alcuni su minuscole isole in mezzo al mare; www.stayata-
Vacanze nei fari
Gli anticonformisti
88
lighthouse.com invece fornisce notizie, racconta storie, pubblica foto e video
di fari che off rono ospitalità in tutto il mondo.
I costi sono molto variabili, dalle sistemazioni più spartane fi no a quelle di lus-
so, come nel caso di Capo Spartivento (www.farocapospartivento.com): su un
promontorio solitario e selvaggio, il più antico faro della Sardegna è ora una
luxury guest house con sei junior suite, terrazze, infi nity pool e giardini medi-
terranei con gazebo di cristallo. Ma questo non è che un esempio. Molti altri
si trovano descritti nei due volumi Dormire in un faro. Guida alle vacanze nei fari
più belli del mondo, di Francesca Cosi, Alessandra Repossi, Francesca Soldavini
(Addictions-Magenes Editoriale, 2010).
Gli anticonformisti
Si deve allo scrittore Daniel Kalder la creazione di questo neologismo
dirompente, che in un sol colpo manda all’aria la plurisecolare inven-
zione del turismo. Secondo l’autore di Lost Cosmonaut, l’antiturista rinnega il
retaggio dei princìpi classici del viaggiatore avveduto, per varare tutta una se-
rie di nuove esperienze, precluse ai puristi del turismo tradizionale.
Con piglio marinettiano, Kalder dice basta agli highlights classici, dalle Piramidi
in su, che sono diventati “tanto banali quanto familiari”. E per illustrare me-
glio la propria prospettiva, ha postato sul suo sito una serie di risoluzioni
antituristiche, presentate nell’ottobre 1999 allo Shymkent Hotel a Shymkent,
in Kazakistan (www.danielkalder.com/antitourism.html). Tra i propositi anti-
turistici, citiamo: “L’antiturista non visita luoghi che siano in qualche modo
attraenti”. “L’antiturista viaggia nei periodi sbagliati dell’anno”. “L’antiturista
è convinto che la bellezza sia nella strada”. “L’antiturista è umile e cerca l’in-
visibilità”.
Anti-Tourism
89
Quante volte si è sentito dire: a Catania, non indossare gioielli;
nei Quartieri Spagnoli di Napoli, entrare scortati dalla Polizia; a
Barcellona, stare alla larga dal Barrio Gotico; vietato abbassare i fi nestrini del
taxi a Harlem. A San Paolo e a Rio de Janiero, erano da evitare rispetti-
vamente la Cattedrale e le favelas. E così via, ogni metropoli aveva le sue
zone “assolutamente vietate” al transito di turisti. Tutte ad altissimo rischio
di aggressione, scippo, rapina. E così è stato, almeno fi no alla fi ne degli an-
ni Novanta.
Poi, cambio di secolo e cambio di scena. Oggi quelle zone proibite sono
diventate destinazioni turistiche aff ascinanti, richieste insieme e al pari dei
monumenti più famosi. Altro che confi ni invalicabili! Persino le riviste patina-
te di turismo strillano in copertina il rilancio di ex quartieri pericolosi come
zone emergenti e multietniche delle metropoli più visitate del mondo, da
Manhattan a Nuova Delhi, da Roma a Lisbona.
Alcuni di questi quartieri sono stati sgombrati dalla malavita, ristrutturati e co-
lonizzati da giovani squattrinati, spesso artisti, che ne hanno cambiato l’aspetto
con atelier, studi, laboratori, caff è, dove il forestiero è sempre benvenuto. Altri
invece sono rimasti quello che erano, sostanzialmente pericolosi, eppure pre-
si di mira da una nuova ondata di turismo intrepido e leggermente voyeurista,
che varca le aree “off limits” per vedere come si vive ai margini delle città, in
cubi di cartone o latta e senza fognatura, all’ombra di grattacieli di lusso con
eliporto sul tetto.
Accade per esempio a Rio de Janeiro che, anche nel 2010, è nelle classifi -
che delle 10 città più pericolose del mondo stilate da Mercer, Foreign Policy
Magazine, Forbes, con 950 favelas in cui vive più del 30% della popolazione.
Fino a qualche anno fa questi sobborghi di baracche aggrappate sulle colli-
ne erano inaccessibili senza il lasciapassare della residenza e dell’appartenenza.
Oggi invece hanno aperto le porte al pubblico, nemmeno fossero dei musei.
E pare che la visita a Rio non possa più prescindere da un “favela tour”. Non
c’è samba, spiaggia e bellezze in bikini che sazino il turista quanto un giro nei
Favela tourism
Gli anticonformisti
90
quartieri più poveri della città. Come se la vera Rio fosse tutta concentrata lì.
Negli anni Novanta sono nate le prime agenzie che proponevano questo ge-
nere di tour, con guida locale (o sarebbe più appropriato dire guardia del
corpo?), percorsi di mezza giornata, a 20 euro a persona. Exotic Tours (www.
exotictours.com.br), Mille Viagens (favelatours.org) e Favela Tour (www.fa-
velatour.com.br) hanno in comune la meta delle visite, la favela di Rocinha,
e l’obiettivo: promuovere un turismo sostenibile per l’emancipazione eco-
nomico-sociale-didattica di chi ci vive. Perché coi soldi ricavati dai tour, si
fi nanziano progetti di recupero e riabilitazione.
Anche nel quartiere più malfamato di New York ormai si passeggia tranquilli.
Soprattutto se accompagnati dalle guide di Harlem Heritage (www.harlemhe-
ritage.com) che durante i tour ricostruiscono la storia dei diritti civili e delle
lotte tra bianchi e neri d’America. Acqua passata? Sembrerebbe di sì, almeno a
giudicare dalle atmosfere edulcorate (e fastidiosamente turistiche) del gran fi -
nale: messa gospel e shopping gastronomico.
Gli anticonformisti
91
Capitolo
11
L’Armchair Tourism, letteralmente “turismo da pol-
trona”, è la versione doc del viaggio virtuale, del
viaggio immobile alla Salgari, della vacanza che si fa senza spo-
starsi di un millimetro. A diff erenza della Staycation (vedi pag.
93), che consiste in un surrogato delle vacanze vere organizzato
nella propria città, l’Armchair Tourism restringe notevolmente
il raggio d’azione e limita il viaggio a una stanza. Il testimonial
perfetto dell’Armchair Tourism è Marcel Proust, che i propri
viaggi li faceva sdraiato sul letto (esiste forse anche un “Bed
Tourism”?), nella sua camera anestetizzata, rivestita di sughe-
ro insonorizzante, circondato da cartine geografi che e da orari
ferroviari.
Il viaggiatore dell’Armchair Tourism, per il quale una guida di
viaggio equivale a un bel romanzo (e talvolta lo supera!), non
ama viaggiare, preferisce esaurire la propria vacanza nella prepa-
razione meticolosa di una vacanza che non farà mai. Si procura
pacchi di cataloghi di tour operator, guide di ogni tipo, reso-
conti di viaggio, orari ferroviari, tabelle dei pullman, e magari
arriva addirittura a prenotare la visita in qualche museo tramite
Internet. Ma poi il viaggio non lo fa: lo sa in partenza. Qualcuno
i luoghi che non vedrà fi sicamente li esplora con Google Earth
o con Street View, o grazie a siti che ritrasmettono le immagini
delle webcam disseminate in qualche parte del mondo (fra tutti,
si segnala www.webcamgalore.com).
Ma i puristi dell’Armchair Tourism evitano accuratamente le
possibilità off erte dalle nuove tecnologie. Piuttosto c’è tutta
una preparazione dell’“ambiente di lavoro”, della postazione:
innanzitutto la poltrona, che deve essere comoda come quel-
le dei club londinesi, poi bisogna creare un’atmosfera che aiuti
a isolarsi, pur avendo intorno a sé cartine e video di viaggi.
Armchair tourism
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92
I più accaniti si attorniano anche dell’edizione locale delle Pagine Gialle (me-
glio di quelle di Internet) e magari si preparano cibi locali per essere più in
sintonia col genius loci.
Viaggi immobili
Questa è una variante dell’Armchair Tourism. È un termine conia-
to dal critico televisivo Aldo Grasso in un articolo del Corriere della
Sera che ha spiegato come certe trasmissioni sul genere di A come avventura e
Voyager, che mostrano luoghi esotici e selvaggi, viaggi da brivido e pericolo-
se spedizioni in territori diffi cili, riescano a provocare scariche adrenaliniche
nello spettatore, che oltre a sentirsi turista egli stesso, si sente anche partecipe
del viaggio. “Sì, perché l’idea di fondo è che se la tv è turismo di massa se-
dentario, il turismo è ormai tv in movimento, e il movimento è provocato
da queste scariche adrenaliniche: lo spettatore si deve spaventare, pur sapen-
do che tutto è sotto controllo”. (Aldo Grasso, Adrenalina come a Gardaland, Il
Corriere della Sera, 22 luglio 2010).
Turismo adrenalinico sedentario (TAS)
93
Viaggi immobili
“Com’è bella Milano in agosto”. Se almeno una volta nella vita ave-
te pronunciato questa fatidica frase, allora anche voi potete dire di
aver fatto una Staycation, ovvero una vacanza trascorsa a casa, senza prenotare
alberghi né spendere soldi per guide turistiche, oli solari, ristorantini in riva al
mare e benzina. Il termine Staycation (che non c’entra nulla con le console dei
videogame) è una sintesi di Stay (stare) + Vacation (vacanza) ed è un vocabolo
recente. Secondo il blog Wordspy.com, un’autorità in fatto di neologismi, se ne
parlò per la prima volta nel 2003, sul The Sun News. Poi, nel 2009, quella strana
parola è entrata anche nel Merriam - Webster’s Collegiate Dictionary, che le ha ga-
rantito un’ulteriore legittimazione. In realtà però, molto prima che si parlasse di
“staycation” si sono fatte molte non-vacanze di questo tipo.
A seconda dei punti di vista, la Staycation è la vacanza degli ultrasnob o quel-
la di chi non ha soldi da spendere. Chi la nobilita, mette l’accento sulle strade
vuote a Ferragosto, sui musei deserti, sull’ebbrezza di poter cantare a squar-
ciagola “tutta mia la città” mentre a Milano si percorre in bicicletta un afoso
corso Buenos Aires più deserto del Sahara.
Gli altri, quelli che ammettono che la Staycation è un ripiego necessario, usa-
no toni meno brillanti ed entusiastici per descrivere la triste realtà di chi vive
l’agosto metropolitano come in un bunker, asserragliato con scorte da caser-
ma di bottiglie d’acqua minerale e decine di pacchetti di patatine e confezioni
di Viennetta e Magnum Maxi per consolarsi guardando un’intera stagione di
Lost in un solo weekend, mentre i colleghi e gli amici più fortunati se la spas-
sano ai Caraibi o a Cesenatico.
Testimonia il successo, anche mediatico, di questa non-vacanza, “Mail Fraud”,
un episodio storico di Corner Gas, una commedia trasmessa dalla tv canade-
se, dove uno dei protagonisti fi nge di essere in vacanza e spedisce cartoline di
luoghi esotici, mentre in realtà non si è mosso dalla sua città.
Ma cosa si fa concretamente durante questo strano surrogato di vacanza, tanto
in voga nei periodi di crisi? Ci sono diverse scuole di pensiero.
Innanzitutto c’è chi utilizza la Staycation per programmare visite accurate e
Staycation
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meticolose, organizzate con piglio quasi militaresco, a tutti i centri commer-
ciali dell’hinterland, per trascorrere intere giornate cullati dalla brezza dell’aria
condizionata. Altri poi durante la Staycation si scoprono un’inaspettata vena da
bricoleur e, decisi a riparare tutto il riparabile, alternano intere mattinate nei
centri specializzati a cercare chiavi inglesi “del 12”, martelli speciali e lunghi
pomeriggi a mettere a soqquadro una casa da reinventare.
Qualcuno, fermamente convinto che la vacanza è una vacanza, anche in as-
senza del viaggio, si crea un improbabile transfer, si immagina turista a casa
propria e decide che è giunta l’ora di scoprire le meraviglie che stanno dietro
l’angolo. Allora si munisce della fi da Guida Touring e va a vedere con deter-
minazione tutte le chiese, i palazzi, i musei che per tanti anni ha ignorato,
rimandandone la visita a data da destinarsi. In genere chi opta per quest’ultima
ipotesi affi anca alla riscoperta della propria città qualche concerto ferragostano
o una gita di un giorno in qualche località vicina. In ogni caso, qualunque tipo
di Staycation si scelga, si spendono un po’ di soldi. Magari non quanto si spen-
derebbe per una settimana a Porto Cervo, ma sicuramente quanto servirebbe
per un weekend lungo last minute a Gabicce Mare. Sì perché la Staycation
prevede tutta una serie di varianti impreviste che gravano sul bilancio di una
vacanza che teoricamente nasce a costo zero. Chi acquista il pacchetto per una
settimana tutto compreso in un villaggio, sa esattamente quel che spende. Chi
decide di starsene a casa per risparmiare, è in balia di una miriade di tentazio-
ni cui è veramente diffi cile resistere, soprattutto dopo il terzo giorno trascorso
in un condominio rovente e semideserto.
Eppure c’è chi si ostina a vedere il lato positivo, addirittura trendy, di questa
pseudo-vacanza. Qualcuno parla di “Daycation”, facendo riferimento alle mi-
cro-vacanze di un giorno incastrate all’interno dell’interminabile Staycation.
Altri, più obiettivi (o cinici) preferiscono il termine “Naycation”, insistendo
così sulla negazione totale del viaggio.
Comunque sia, la Staycation, questa vacanza-controsenso, che fa tanto l’eff etto
di ossimori del tipo “ghiaccio bollente” o “amara dolcezza”, continua ad avere
i propri sostenitori. Infatti, se è pur vero che la sdraio sul terrazzo del quar-
to piano non garantisce la stessa abbronzatura che si può ottenere a Lignano
Sabbiadoro o a Capalbio, è altrettanto vero che il barbecue ferragostano in
cortile, con i coinquilini rimasti stoicamente in città, è un’esperienza da pro-
vare. Un must legato inestricabilmente alla Staycation, una vacanza di centri
Viaggi immobili
95
fai-da-te, di spiagge artifi ciali, di gas di scarico che si mischiano con il profu-
mo delle salse per le grigliate collettive da provare almeno una volta nella vita.
Magari con la segreta speranza di essere ripresi a Ferragosto da una troupe del
telegiornale in giro per documentare ancora una volta la tristezza delle città
deserte o gli splendori della Staycation. A seconda dei punti di vista.
Viaggi immobili
Si chiama Urban Exploration (ma gli appassionati dicono semplicemente
Urbex o UE) e consiste nell’avventurarsi nei meandri delle metropo-
li. Non parliamo delle tranquille gite organizzate nelle catacombe di Roma o
nella rete fognaria di Parigi. Qui si tratta di vere e proprie esplorazioni, che
diventano intriganti quando c’è anche un sentore di pericolo.
Gli obiettivi dei fanatici dell’Urbex, che spesso indossano maschere e respira-
tori, sono soprattutto architetture dismesse realizzate per lo più nel XX secolo:
fabbriche in disuso, ospedali abbandonati, sanatori, manicomi, tronchi del-
le linee della metropolitana. Ma anche i tunnel della Stazione Centrale di
Milano.
A Parigi, dagli anni Ottanta i cosiddetti cataphiles hanno riscoperto il dedalo di
oltre 200 km di gallerie, risalenti all’epoca romana, che giace sotto i piedi del-
la capitale francese: e in maniera del tutto illegale, attrezzati in stile miniera, si
calano per i pertugi della vecchia circulaire o per i tombini per esplorarli o per
organizzare feste davvero “underground” (vedi www.catacombes.info)
Anche la televisione si è interessata all’Urbex: Discovery Channel col program-
ma “Urban Explorers” e MTV con “Fear”. Ci sono anche riviste specializzate,
come la canadese Infi ltration e l’inglese Drainor.
Urbex
96
Tour de force, ovvero vedere il più possibile in un unico
viaggio. Il ritmo della giornata di un forzato del turi-
smo non prevede pause. Una volta arrivati alla meta, si sfodera
dalla valigia la mitica “guida verde” del Touring Club Italiano
(oppure le altrettanto apprezzate monografi e Mondadori e
Lonely Planet), che riassume in poche parole tutto quel che c’è
da sapere, e via, si comincia a spuntare l’elenco di monumenti e
luoghi della storia per cui si è arrivati fi n lì, a due ore da casa o
all’altro capo del mondo.
La giornata comincia presto e fi nisce solo quando le bigliette-
rie dei musei chiudono. Solo allora l’infaticabile saputello si può
concedere un panino o altre divagazioni extra-culturali. Non
importa la meta, ovunque si trovi, non può lasciarsi scappare
nulla. Se è a Londra, per esempio non può perdere Buckingham
Palace, Bridge Tower o il British Museum, e nemmeno la Tate
Modern, i gioielli della regina, le gallerie d’arte contemporanea,
la ruota panoramica o il giro sul Tamigi, ecc. Di lasciare qualco-
sa per la prossima volta nemmeno se ne parla, perché forse non
ci sarà una prossima volta. Nella fi losofi a del tourisme de force
vige la regola pratica del “qui e ora”.
Quando valuta un programma di viaggio, il turista in questione
si accerta che l’all inclusive comprenda davvero tutto, in special
modo fa l’elenco della lista dei luoghi da visitare e la confron-
ta con le guide. E non può certo mancare il giro riassuntivo in
torpedone decappottato, con commento nella lingua preferita!
Già 17 città d’arte in Italia hanno adottato la formula dei City
Sightseeing (www.city-sightseeing.it) in autobus: si tratta di li-
nee con itinerari che attraversano gli scorci più caratteristici e
si fermano a due passi dalle cattedrali, nelle piazze storiche, nei
musei, ma anche ai ristoranti, ai parchi, ai giardini, alle boutique.
Il v
iaggio
com
e ra
gio
ne
di v
ita
Capitolo
12 Tourisme de force
97
Si acquista il biglietto da 24 o 48 ore e si può salire e scendere dal bus tut-
te le volte che si vuole per vedere seguendo il proprio ritmo Roma, Verona,
Sorrento, Palermo, Firenze, Milano e tante altre città. Mentre, digitale alla ma-
no, si scatta come pazzi per arricchire la collezione di fi gurine da incollare
sull’album dei ricordi e per dimostrare a se stessi e agli altri di aver visto tut-
to.
Alla categoria del forzato del turismo appartiene anche il fanatico della cul-
tura. A lui non importa contemplare un paesaggio dalla stanza di un hotel e
il cibo non è il vero pane per i suoi denti. L’unica cosa che sazia la sua fame
e la sua sete di cultura è il racconto minuzioso di uno stile, la descrizione di
un capitello o di una pala d’altare. Così, con la guida di un esperto (possibil-
mente plurilaureato, blasonato dalle più importanti istituzioni e soprattutto
massima autorità nel campo), può sostare per un intero pomeriggio davanti a
un portale romanico senza batter ciglio e senza perdere l’attenzione. Certo, se
la motivazione viene meno, c’è il rischio di addormentarsi. Per non fare fi gu-
racce davanti ai più diligenti compagni di viaggio, basta munirsi di cappellino
parasole per abbassare le palpebre senza farsi notare.
Questo è un tipo di turista che prende sul serio la missione di conoscere e
scoprire il mondo. E così si avventura negli altipiani della Turchia orientale, tra
Erzurum e Van, alla ricerca di paesi fantasma o nelle steppe dell’Uzbekistan,
dove di Gengis Khan non restano tracce tangibili, solo pietre sparse. Ma tant’è.
Cosa importa se cibo e ospitalità non soddisfano i gusti? Quel che conta è ar-
ricchire il bagaglio culturale, tornare a casa con il diploma di resistenza.
La scelta dell’operatore è fondamentale. Innanzitutto deve avere un curricu-
lum istituzionalmente rilevante, come gli Amici di Brera (www.amicidibrera.
milano.it). L’associazione culturale della pinacoteca milanese propone viaggi
a breve e lungo raggio in occasione di mostre e itinerari a tema con la guida
di docenti universitari specializzati, mentre affi da l’aspetto organizzativo a un
tour operator esperto in viaggi di alto livello anche avventurosi ed estremi, co-
me Kel12 (www.kel12.com).
C’è invece chi si è fatto un nome grazie al passaparola. Ma non tutti sono
attrezzati per aff rontare l’impresa. Chi parte con il dottor Luca Mozzati (viag-
gi.photomozzati.com), instancabile viandante e conoscitore meticoloso della
cultura mediorientale antica e attuale, deve sapere a cosa va incontro: prima di
tutto deve essere disposto all’ascolto, e non può avere velleità goderecce né di
Il viaggio come ragione di vita
98
tempo libero. I suoi viaggi sono master di livello universitario spiegati sul cam-
po. In questo caso, l’autoselezione è consigliata. Al ritorno, forse c’è bisogno di
una vacanza, ma si può essere sicuri di aver scoperto qualcosa di raro, di straor-
dinario, di inaudito. Qualche concessione in più alla comodità e al bien vivre
si ottiene arruolandosi ai viaggi del professor Raff aele Casciaro (Sala delle Asse,
tel. 3484386582) che alterna le lezioni di storia ai piaceri temporali che il luo-
go mette a disposizione, primo tra tutto la buona tavola.
La defi nizione di forzato del turismo può sembrare negativa a prima vista. Ma
non è così. Basta togliere al viaggio i concetti di vacanza, total relax, coccole e
lusso che spesso si associano automaticamente e naturalmente. Sarebbe più ap-
propriato defi nire questi viaggiatori “nuovi esploratori culturali”. E anche se
alcuni collezionano monumenti come fossero fi gurine Panini e altri vanno al-
la ricerca di un approfondimento al limite del professionale, se agli uni basta
una guida sintetica dei luoghi mentre gli altri viaggerebbero con l’enciclope-
dia Treccani nel trolley, con le dovute distinzioni, in entrambi i casi si viaggia
per vedere, scoprire, conoscere. Facendosi sfuggire il meno possibile, a volte,
ma non sempre, a costo della comodità.
Il viaggio come ragione di vita
99
Passo numero uno: comprare una carta del mondo piuttosto grande
per poter piantare bandierine, puntine colorate o quel che si vuole
in corrispondenza dei posti visitati. Secondo: pianifi care i viaggi ancora da re-
alizzare e distribuirli equamente nell’arco dell’aspettativa media di vita di un
occidentale (75 anni circa). Terzo, decidere il metodo: prima si visita ciò che
sta più vicino, poi si prende il volo verso rotte sempre più esotiche. Oppure
si fa un po’ qui e un po’ là, dove porta il cuore (o l’occasione). Quarto: non
sprecare giorni di ferie, ma accumularne il più possibile per un viaggio lungo.
Quinto: rimpinguare sempre il conto in banca. Anche se si è adepti del “last
minute” o del “prenota prima” (vedi pag. 184), le due formule più diff use
per risparmiare su voli e proposte. Il conto in banca stabilisce anche il tipo di
viaggio: si va dall’all inclusive (vedi pag. 188) con il tour operator ai viaggi-av-
ventura no frills, al fai da te. In ogni caso, conta la quantità. Di solito infatti si
prenota il viaggio successivo prima di partire per l’ultimo prenotato; e magari,
tra i due, ce ne scappa pure un altro.
Molte community online attestano l’attività di questi vagabondi senza requie
che si auto-defi niscono seriali. Basta un’occhiata ai loro dibattiti per compren-
derne la strategia. Si caratterizzano per tipologia (tourist, tripper, sight, trekker,
navigator, explorer), si confrontano sui temi più svariati (dai commenti all’ul-
timo viaggio ai consigli tecnici), condividono foto e video.
Gli iscritti a forum.virtualtourist.com sono 1.177.276; quelli di www.travelpod.
com possono creare (gratuitamente) un blog di viaggio personalizzato e chattare
tra loro sugli argomenti che condividono. Ogni settimana vengono pubblica-
ti circa 60.000 nuovi viaggi in tutto il mondo, che contribuiscono a defi nire e
classifi care destinazioni, hotel, compagnie aeree, assicurazioni, noleggio auto, tut-
to provato in prima persona. E non si tratta di una persona qualunque, ma di un
viaggiatore seriale, quindi con un bel bagaglio di esperienze alle spalle.
Nella categoria del serial traveller rientra anche chi crede che il mondo sia una
grande città in cui il mezzo di trasporto è l’aereo. Insomma, chi prende l’aereo un
po’ come il tram. La settimana tipo deve essere ben pianifi cata: lunedì a Parigi per
un concerto, martedì a Valencia per i saldi di Zara, giovedì a Londra per il diplo-
Serial traveller
Il viaggio come ragione di vita
100
ma del nipote, sabato a Como per l’anniversario di matrimonio dei genitori. Poi
si riparte: un matrimonio a Boston, un compleanno a San Francisco e, già che ci
si trova oltreoceano, una mostra al New Museum di New York. Oppure, lune-
dì a Parigi per un cocktail con amici, martedì ad Atene per il dentista, mercoledì
a Londra per un’intervista di lavoro, venerdì a Milano per un vernissage, e via di
nuovo in volo per Maui, dove fi nalmente ci si concede un break per riprendere
fi ato con qualche lezione di yoga sulla spiaggia. Ma prima, inevitabile sosta a Los
Angeles (tanto l’aereo fa scalo) per un po’ di shopping up-to-date. Sembra uno
scherzo, ma davvero esistono persone che vivono così e se perdono il ritmo, in-
combe la depressione. Come George Clooney nel fi lm di Jason Reitman (2009).
Il titolo, Tra le nuvole, annuncia bene la trama: in periodo di grande crisi economi-
ca, un Clooney tagliatore di teste americano vive viaggiando in tutti gli Stati degli
Usa col compito di ridurre il personale di imprese e uffi ci. Quando gli paventa-
no l’ipotesi di lavorare da una postazione fi ssa tramite video chiamata, impazzisce
all’idea: togliergli l’opportunità di viaggiare è come togliergli l’aria che respira. Il
suo monolocale, dove trascorre appena una quarantina di giorni all’anno, è arreda-
to come una camera d’albergo; il suo guardaroba sta tutto in un bagaglio a mano.
E, al di là delle prestazioni professionali, due sono gli obiettivi della sua vita e del
suo vagabondaggio: rinunciare a qualunque legame che lo possa fermare per più di
48 ore consecutive nello stesso posto e collezionare miglia, nel caso specifi co il re-
cord di 10 milioni che danno diritto a una vip card, chiave d’ingresso a privilegi e
ad altre avventure di viaggio. Come si legge su uno dei forum attivi sull’argomen-
to, c’è chi aff erma: “Viaggio molto per lavoro, poi quando mi voglio rilassare, beh,
viaggio”. Insomma, al serial traveller piace partire. Non gli interessa tanto dove va,
per lui conta avere sempre un posto ragionevole, ovunque nel mondo, dove atter-
rare. E per esser certo di raggiungere lo scopo, utilizza ogni momento libero per
programmare a tavolino le successive destinazioni, anche con piani quinquennali o
comunque a lunga scadenza. L’importante è fermarsi il meno possibile.
Chi volesse controllare le proprie potenzialità di Serial Traveller, scarichi da Internet
la lista dei 194 Stati indipendenti del mondo (per esempio da www.state.gov) e
conti su quanti ha posato piede. Se supera i 20, è sulla buona strada!
Il viaggio come ragione di vita
101
I fi gli sono cresciuti, la pensione è raggiunta (e, tra l’altro, insuffi ciente
a vivere dignitosamente), il clima cittadino non aiuta artrosi, bronchiti
croniche e altri acciacchi dell’età. Insomma le condizioni inducono a un’uni-
ca conclusione: è tempo di fare le valigie, chiudere con il solito tran tran e
trasferirsi per sempre.
Dove? Di solito in una bella località di villeggiatura, dove la vita (non la vacan-
za) costa meno, piove poco e il termometro non scende mai sotto i 20 °C. Da
qualche anno, baby pensionati ancora in gamba, con una lunga aspettativa di
vita e una notevole dose di edonismo, partono per una vacanza no limit, trasfe-
rendo defi nitivamante baracca e burattini nell’amena destinazione eletta.
C’è anche chi fa la grande scelta prima della pensione, chi decide di conce-
dersi per 12 mesi all’anno l’atmosfera rilassante della vacanza. Come Peter
Mayle, pubblicitario londinese che all’apice di una carriera e una vita di suc-
cesso molla tutto per andare nel Luberon, in Francia e dedicarsi alla scrittura,
sua grande passione. Nel romanzo Un anno in Provenza dichiara le sue motiva-
zioni: «Eravamo in Provenza. C’eravamo stati più volte da turisti, insoddisfatti
della nostra razione annuale di due o tre settimane di caldo e di luce brillante.
Ogni volta, andandocene con il naso spellato e con molto rimpianto, ci ripro-
mettevamo, prima o poi, di venire a vivere qui. Ne avevamo discorso durante
inverni lunghi e grigi, o verdi e umide estati, riguardando con un sospiro di
nostalgia le foto dei mercatini di paese o dei vigneti, sognando di essere sve-
gliati da un sole abbagliante (…). E ora, quasi con nostra sorpresa, c’eravamo
buttati nell’impresa, avevamo comprato una casa, preso lezioni di francese (…)
ed eravamo diventati due stranieri».
Insomma il turismo residenziale è una fi losofi a di vita: quella di chi cerca la
vacanza e i suoi privilegi tutto l’anno. E la sua bussola è sempre puntata a
sud: Malindi (con 2.500 residenti italiani), Marocco, Santo Domingo, Phuket,
Canarie (nell’arcipelago risiedono ben 25.000 italiani). Ma questi sono solo
pochi esempi tra i tanti che si trovano nei siti creati per chi sogna di cambiare
vita ma non ha ancora deciso dove, come e quando.
Turismo per sempre e Anno sabbatico
Il viaggio come ragione di vita
102
Qualche idea la suggerisce il portale www.voglioviverecosi.com dove si leggo-
no le esperienze di chi si è già trasferito e forum sugli investimenti favorevoli
per chi spende in euro.
Se poi non si vuole partire per sempre, si possono fare le prove generali sfrut-
tando il famoso anno sabbatico per viaggiare. Previsto anche dalla legge sui
congedi (53/2000), l’anno sabbatico può essere concesso su richiesta ai di-
pendenti di tutte le aziende, pubbliche e private. Prassi consolidata nel Nord
Europa, il “gap year” comincia a contagiare anche l’Italia dove sempre più
neolaureati prima di entrare nel mondo del lavoro, dipendenti con almeno
cinque anni di servizio e anziani subito dopo la pensione si prendono un an-
no di libertà, spesso per viaggiare.
In tutti i casi serve a rompere una routine, uno schema di vita, e può dura-
re da 11 mesi a tutta la vita. Che si tratti di una tendenza si capisce anche dal
moltiplicarsi di pubblicazioni dal titolo allusivo, come The Gap Year Book: The
Defi nitive guide to Planning and Taking a Year Out (Lonely Planet Publications,
2003) di Joseph Bindloss, Charlotte Hindle, Matt Fletcher, e Your Gap Year:
Everything You Need to Know to Make Your Year Out the Adventure of a Lifetime
(Crimson Publishing, 2010) di Susan Griffi th, e dal proliferare di siti che for-
niscono istruzioni e informazioni per sfruttare l’anno di pausa per viaggiare
in modo costruttivo: www.thecareerbreaksite.com, www.gapyear.com, www.
gapyearforgrownups.co.uk.
Il viaggio come ragione di vita
103
Mancation, ovvero una vacanza rude, maschia.
Un neologismo composto da “Man” (uomo) +
“Vacation” (vacanza) che defi nisce una vacanza da duri, tosta,
per l’uomo che, anche in viaggio, non deve chiedere mai. È uno
dei nuovi modi di viaggiare nati all’inizio di un millennio che fa
di tutto per distinguersi, sovvertendo tradizioni e consuetudini
oppure riscrivendo le regole di pratiche antiche. In questo ca-
so si tratta della vacanza per soli uomini, un po’ sullo stile delle
pubblicità dell’Amaro Montenegro o di Welcome to Marlboro
Country.
Si ritiene che questo termine sia stato coniato nel 2002 da Larry
Meadows (titolare del blog Mancation!, http://originalmanca-
tion.com), durante una cerimonia nuziale. Non c’è da stupirsi,
dato che la Mancation è un po’ l’estensione del classico ad-
dio al celibato, con la diff erenza che invece di trascorrere una
serata tra ristorante e night senza allontanarsi troppo da casa,
qui si programma una vacanza più complessa, come accade agli
amici che scappano a Las Vegas nel fi lm Una notte da leoni (a
questo proposito, alcuni alberghi di lusso off rono pacchetti per
Mancation con baccanali di tre notti a Las Vegas alla modica ci-
fra di 49.000$). Particolarmente congeniale agli sceneggiatori di
Hollywood, il concetto era stato già evocato nel 2006 nel fi lm
Ti odio, ti lascio, ti... (The Break-Up) con Jennifer Aniston, e da al-
lora il termine è diventato un neologismo di uso comune.
Le Mancation sono decisamente anomale: apparentemente sono
esperienze da duri, ma in verità rappresentano un ritorno all’in-
fanzia, al momento in cui i bambini sceglievano divertimenti
diff erenti: gli uni i soldatini, le altre le bambole. Pensate come al-
ternativa alla vacanza di coppia, le vacanze da single temporanei
riscuotono sempre più consensi: secondo l’Usa Today, ogni anno
Mancation
Via
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Capitolo
13
104
Viaggi di genere
circa 20 milioni di americani si regalano una Mancation, spendendo comples-
sivamente da 10 a 20 miliardi di dollari. Uno studio del 2008 della società di
ricerche Synovate ha evidenziato che il 42% degli uomini ha già partecipato a
una mancation e che un altro 42% vi parteciperebbe in futuro. Il viaggiatore
tipo è un uomo sposato tra i 30 e i 55 anni che può scegliere tra la “mancation
light”, che comprende partite a poker, tornei di golf, pesca e grandi bevute di
birre in compagnia, alla mancation da duri e puri, stile Un tranquillo weekend
di paura, con campeggi in zone estreme e caccia ad animali feroci. C’è poi la
mancation extralight, con trattamenti in spa all’avanguardia, corsi di cucina, di
yoga e rigenerazione spirituale. Ovviamente il tutto è condito da exploit di
dongiovannismo.
Tra i viaggi più gettonati, il Bourbon Trail nel Kentucky per il National
Bourbon Heritage Month, in settembre.
Nell’estate 2006 metà dei Fairmont Hotels negli Usa ha addirittura propo-
sto pacchetti di “mancation”, con degustazioni di whiskey e sigari, e partite
di poker.
Legato alla mancation (un altro sito da non perdere è www.mantripping.com)
è il “Man Date”, dove due uomini etero si danno appuntamento per una ce-
na o una passeggiata nel parco, senza secondi fi ni. Per la cronaca, una forte
amicizia tra uomini, senza risvolti sessuali, è detta “bromance” (da broche più
romance). La versione femminile del Mancation è il “Girlfriend Getaway”. Il
concetto è lo stesso della Mancation: per qualche giorno si sta lontano da ma-
riti e fi danzati, e ci si gode una vacanza tra donne, un po’ stile Sex and the City.
C’è chi affi tta una casetta in montagna per fare lunghe passeggiate o chi pre-
nota un soggiorno di relax in una spa, o ancora, chi preferisce un weekend di
shopping totale a Parigi o a Londra. Negli USA, dove negli ultimi tre anni il
24% delle donne ha eff ettuato un Girlfriend Getaway, le mete predilette sono
state nell’ordine Las Vegas, Palm Beach e San Francisco.
105
Viaggi di genere
Se c’è una cosa molto cambiata nel turismo d’oggi è il genere. Tutte le
statistiche lo aff ermano: le donne sono le più moderne, avventurose e
curiose viaggiatrici dei nostri tempi. I direttori delle testate di viaggi o cercano
di convincere gli editori che un travel magazine è prima di tutto un femmini-
le, perché, anche in famiglia, chi decide dove andare, quale hotel e ristorante
prenotare, cosa fare, sono soprattutto le donne. E quando viaggiano da sole, pre-
tendono servizi ad hoc, sicurezza e posti pensati su misura per loro. Nel 1989,
nel centro di Berlino, a due passi dai negozi, dai teatri e dai monumenti, è sta-
to inaugurato il primo albergo per sole donne con insegna dedicata ad Artemisia
Lomi Gentileschi, una delle poche pittrici barocche passate alla storia (www.ar-
temisia-berlin.com). A clienti del gentil sesso è riservato anche il Lady’s First,
design hotel di Zurigo con centro benessere aperto anche a chi non è ospite,
purché sia donna (www.ladysfi rst.ch). Poi il fenomeno è diventato internazionale
e, nelle metropoli di tutto il mondo, le più importanti catene alberghiere hanno
attivato servizi “women friendly”. La ragione? Oggi le donne rappresentano cir-
ca il 40% dei clienti in viaggio d’aff ari e il dato è in crescita. Dal 2000, in molte
strutture Hilton (www.hilton.com) sono stati allestiti piani per le ospiti della ca-
tena (più di diecimila all’anno) con camere a serratura più sicura e maggiordomo
a disposizione 24 ore su 24, mentre nei 41 alberghi Best Western Love Promise
for Woman (www.bestwestern.it/woman) sono a disposizione corner colazione
con prodotti bio, concierge dedicato, riviste femminili nelle aree comuni, par-
cheggi agevolati, vicini e illuminati. Inoltre c’è la possibilità di prenotare speciali
camere Woman con servizi dedicate alle donne come il phon professionale, un
kit cortesia con prodotti cosmetici di marca, bollitore con un set di tè e tisane e...
servizio in camera gratuito! Nel loro piccolo, seguono il trend anche i boutique
hotel indipendenti. Come il Premier Times Square (www.millenniumhotelnyc.
com/premier-hotel) di New York, dove c’è un “women’s only fl oor” con accesso
in ascensore e key card abilitata. Nelle sette camere, oltre ai soliti phon e vani-
ty kit, si trovano i sali da bagno, l’arriccia-capelli, il ferro da stiro (sì, anche loro
lo usano a volte!), il tappetino per fare yoga e i femminili più letti negli States:
Turismo rosa
106
The Oprah, Self e Cosmopolitan. Le donne ospiti dell’hotel possono anche entrare
nel privé del lounge bar. Sarebbe un errore ridurre però i viaggi delle donne agli
spostamenti d’aff ari. Le donne viaggiano anche con lo zaino in spalla, adorano
arte e cultura e si adattano persino a indossare burka lunghi fi no ai piedi pur di
visitare Iran e dintorni musulmani; sono abituate a partire da sole o con un grup-
po di amiche. Insomma, si dimostrano audaci, elastiche, coraggiose, specialmente
quando non hanno consorti al seguito. Per ragioni fatalistiche quanto statistica-
mente brutali, le donne spesso sopravvivono ai loro compagni e mariti (83 anni
di vita media per le donne italiane, 77 per gli uomini) e spesso restano dinami-
che e curiose fi no agli ottant’anni e oltre. Edoniste o no frills che siano, hanno le
idee chiare su dove andare e come muoversi. Insomma, di Karen Blixen esperte
d’Africa e Marguerite Yourcenar appassionate d’Oriente ormai è pieno il mondo.
E persino nei viaggi organizzati la partecipazione femminile supera spesso il 50%.
Se la quota rosa arriva invece al 100% non è un caso. Si tratta di proposte ad hoc,
fatte da operatori che passano dal women friendly al women only. Sempre più, le
viaggiatrici rappresentano un target specifi co per alcuni tour operator, agenzie di
viaggio, associazioni, travel magazine. Basta un giro su Internet per vedere quanti
sono: www.permesola.com, www.journeywoman.com, www.fuorirotta-don-
na.it, www.eliotropica.it, www.womentravel.info, www.women-traveling.com.
Tutti dispensano idee, pareri di esperte, informazioni, consigli su dove andare (e
dove non andare), cosa mettere in valigia, come comportarsi in un certo Paese. E
forniscono strumenti sempre più affi nati per un viaggio sicuro, come www.ex-
patclic.com che, nato per donne espatriate, dà informazioni utili anche per chi
è in viaggio di piacere, compresi i nomi di medici generici e specialisti suggeriti
da chi nel Paese ci vive. Manager, esploratrici, curiose, avventuriere, intellettuali,
le viaggiatrici non sono più uno sparuto gruppo di casi, e non si possono più in-
quadrare in una tipologia defi nitiva, con confi ni off limits ed esperienze vietate.
Sono sempre più numerose e spaziano dalla circumnavigazione del globo in so-
litaria e senza assistenza - come ha fatto nel 2009 la sedicenne australiana Jessica
Watson al villaggio sull’isoletta di Whidbey, vicino a Seattle, dove poetesse e scrit-
trici di tutto il mondo si rifugiano in cerca di ispirazione e di una “stanza tutta per
sé” (come consigliava Virginia Woolf). Per ottenerla (ci sono solo sei ambitissimi
cottege), bisogna fare domanda su www.hedgebrook.org, e aspettare che venga
accolta; poi, raggiunta la meta, si trascorrono due settimane o due mesi scrivendo,
passeggiando, conoscendo altre artiste.
Viaggi di genere
107
Fino a qualche tempo fa, appena una trentina d’anni, presentarsi in
due dello stesso sesso alla reception di un albergo chiedendo una
camera doppia (con letto matrimoniale, s’intende) poteva creare diffi coltà o
almeno un certo imbarazzo sia per gli ospiti, sia per chi ospitava.
Ma i tempi cambiano, e in epoca di eclatanti coming out, sempre più alber-
ghi, locali e destinazioni si dichiarano “gay & lesbian friendly”, cioè favorevoli
ad accogliere anche turisti omosessuali. Da anni, le guide Lonely Planet han-
no capitoli dedicati all’argomento, e ne vengono pubblicate sempre di nuove
ancora più specifi che, come le 60by80 (www.60by80.com) che danno sug-
gerimenti per visitare Barcellona, Londra, Madrid, Parigi, Berlino, New York
scegliendo alberghi, bed & breakfast, ristoranti, bar, club, discoteche frequen-
tati da omo, bi e tran-sex.
La diff usione del fenomeno - in Italia il turismo di lesbiche, gay, bisex e trans
(LGBT) rappresenta circa il 7% del mercato, con un giro d’aff ari annuo di oltre
3 miliardi di euro (dati Ttg, 2010) - ha giustifi cato la nascita di strutture “only
men” e “only women” e di tour operator di nicchia. Un esempio è Travelgay
(www.travelgay.it) che oltre alle classiche mete omosex, come Mykonos e
Gran Canaria, Ibiza e Santorini, propone un catalogo ricco di destinazioni ex-
tra europee in strutture gestite da omosessuali o gay friendly, off re viaggi in
vista dei gay pride e delle gay parade in giro per il mondo, organizza weekend
e matrimoni nei Paesi dove sono consentite le unioni tra uomini o tra donne
o qualunque altra combinazione non prevista dal codice civile italiano.
Altro esempio di agenzia di viaggi online molto attiva nel settore, la prima in
Italia per data di nascita, è Quiiky (www.quiiky.com) che vanta 5.000 iscrit-
ti, 800 passeggeri nel 2009, e l’organizzazione di un “familiarization trip”(*) a
Philadelphia nel maggio 2010 per far conoscere gusti e mete predilette del tar-
get omosessuale: a sorpresa, una delle più gettonate dell’anno è Tel Aviv. La hit
parade più attendibile degli hotel europei più gay friendly l’ha invece pubbli-
LGBT tourism (lesbiche, gay, bisex e trans in viaggio)
(*) Viaggio economicamente vantaggioso per sponsorizzare turisticamente un luogo o un hotel.
Viaggi di genere
108
cata TripAdvisor: al primo posto c’è la Colson House di Brighton, al secondo
l’Hotel Sejour Beaubourg di Parigi, al terzo l’Hotel Axel a Barcellona, consi-
derata oggi la capitale gay d’Europa.
Negli Stati Uniti, dal 1985, opera RSVP Vacation (www.rsvpvacations.com).
La sua è una storia eloquente, perché mr Kevin J. Mossier, pioniere del turi-
smo LGBT, era alla ricerca di resort che off rissero accoglienza e sicurezza ai
viaggiatori omosessuali. Nessun albergo, villaggio o struttura si dimostrò allora
disponibile al progetto. Ragione per cui Mossier, scoraggiato da mille rifi u-
ti, decise di abbandonare l’impresa e di creare la sua compagnia di crociera, la
prima solo per omosessuali. L’intuizione era giusta, il momento favorevole; e
in 25 anni di attività, RSVP Vacation ha superato i 35.000 passeggeri.
Oggi l’atteggiamento nei confronti dei turisti omosessuali è cambiato e l’anda-
mento del mercato ha senz’altro aiutato a superare tabù e paure. Basti consultare
il sito www.iglta.org, della International Gay & Lesbian Travel Association, per
verifi care quanti sono nel mondo gli Stati, le città, gli agenti di viaggio, i tour
operator gay friendly o gay owned (di proprietà o gestiti da omosessuali).
Tuttavia, nonostante molti Paesi si dichiarino open minded e ne tutelino i di-
ritti, ci sono ancora luoghi sconsigliati ai viaggiatori LGBT. Qualche esempio:
i Paesi musulmani in generale (con alcune eccezioni in Tunisia e Marocco), la
Cina, Mauritius e Santo Domingo. In certi casi, basta non dichiararsi o seguire
scrupolosamente la guida Gay Travels in the Muslim World di Michael T. Luongo
(HPP, 2010) per evitare trappole. Oppure, visto che il mondo è molto grande
e molto bello, evitare i posti più rigidi.
Viaggi di genere
109
Solo mamme, rigorosamente senza fi gli e senza papà. Momcation, elo-
quente termine americano per indicare una meritata "mom’s vacation",
defi nisce la vacanza dalla famiglia e dai suoi ritmi, per rilassarsi, rigenerarsi e
riequilibrare il sistema nervoso, cosicché, quando mamma torna a casa, sarà
persino più bella, simpatica e adorabile di prima.
Una promessa mantenuta se si seguono passo a passo tutti i consigli degli
specialisti in “ristrutturazione mamme”: yoga, corsi di cucina, gite, passeggia-
te nella natura, autocoscienze e confronti, trattamenti di bellezza e massaggi.
Negli Stati Uniti ci sono associazioni nate a tal proposito, come momcation.
org, mentre in Europa e nel resto del mondo si fa fronte alla richiesta con le
proposte di alcuni hotel, resort e spa per mamme stressate. Perché, dopo la crisi
post partum, ne possono seguire di peggiori fi no al compimento della mag-
giore età del fi glio unico o della numerosa prole.
Qualche consiglio per la buona riuscita della vacanza: insieme ai sensi di colpa,
è opportuno lasciare a casa cellulare e laptop. In alcuni casi, coinvolgere sorelle,
cugine, amiche, anche loro in cerca di una pausa dalla famiglia, può aumenta-
re il divertimento e rassicurare fi gli e mariti lasciati soli nel nido.
Momcation
Viaggi di genere
110
I n
eoco
nfo
rmis
ti
Capitolo
14 Neo Grand Tour
Grand Tour. Così si chiamava l’itinerario classico at-
traverso l’Europa e fi no all’Italia di chi viaggiava nei
secoli scorsi, dalla fi ne del Seicento ai primi del Novecento. Un
viaggio che serviva a completare l’educazione di un giovane
nobile e che durava da qualche mese a qualche anno. Dicevano
che l’esperienza aprisse la mente e insegnasse a defi nire e ricono-
scere la categoria del bello: si incontrava gente, si acquistavano
quadri e sculture, si visitavano monumenti straordinari e luoghi
storici, si prendevano appunti e si facevano schizzi per ricorda-
re quel che si vedeva.
Inizialmente il Grand Tour era una tradizione del Regno Unito,
poi divenne moda tra i giovani rampolli di Francia, Olanda,
Germania. Era una sorta di anticipazione del cosmopolitismo,
virtù culturale che pochi potevano permettersi di coltivare. I
grandtouristi rispettavano un itinerario prestabilito: Fiandre,
Francia, Austria e/o Svizzera, ma soprattutto Italia, con tappe
obbligatorie a Venezia, Roma, Paestum, Ercolano e in Sicilia. Le
mete erano quasi sempre le stesse, come testimoniano diari e
carnet di viaggio dalla fi ne del Seicento all’Ottocento: An Italian
Voyage di Richard Lassels, il primo a parlare di Grand Tour nel
1698, il best seller Coryat’s Crudities di Thomas Coryat (Kessinger
Publishing, 2007; 24$), Viaggio in Italia di Johann Wolfgang von
Goethe(Collana I Meridiani, Mondadori, 2006; 12,90€), An
Account of Some of the Statues, Bas-Reliefs, Drawings, and Pictures
in Italy (di Jonathan Richardson il Vecchio e suo fi glio Jonathan
Richardson il Giovane, 1722) erano sì racconti autobiografi ci,
ma erano soprattutto fedeli rendiconti letterari sulla geografi a
dell’epoca, in un certo senso precursori delle contemporanee
guide turistiche d’autore.
Due secoli dopo, diventata l’Europa il continente vecchio e pic-
111
I neoconformisti
colo, anche il Gran Tour si presta a nuove defi nizioni e nuove mete esotiche,
ora che Roma e Il Cairo sono “dietro l’angolo”. Il viaggio dura meno. E
anche il concetto di bello è cambiato. Ora coincide soprattutto con natura in-
contaminata e società arcaiche che allontanino, almeno per tutta la durata del
soggiorno, dalle ansie di prestazione, dalla metropoli, dagli assilli di effi cienza
e plus valore. Ma anche dal traffi co, dai rumori, dal cemento, dall’alta tecno-
logia. Si corre al riparo dal proprio mondo, cercandone uno dove si possano
sovvertire le regole (e in questo i nuovi granturisti non sono tanto diversi dei
predecessori, che lontani dalla famiglia si concedevano uno stile di vita più li-
bero e libertino).
Però anche oggi come allora, il Grand Tour tocca quattro, cinque, sei posti,
sempre più o meno gli stessi per tutti. E al posto degli intellettuali di una volta
in cerca di arte e archeologia, oggi viaggiano imprenditori, professionisti stres-
sati e molti operatori del fashion system e del design, nouveaux riches più che
nobili romantici. Anzi sono proprio stilisti, modelle, fotografi , giornalisti, truc-
catori, i pionieri del Grand Tour del III Millennio, sempre alla ricerca di nuove
ispirazioni per le passerelle, di social life eff ervescente, di splendidi set, di ine-
splorati eden da trasformare in mondi esclusivi. Meta prediletta, Marrakech,
dove è ormai quasi impossibile non incontrare qualcuno di noto, vip o vicino
di casa che sia. A lanciare la moda di Marrakech e della sua aff ascinante me-
dina furono, negli anni Ottanta, Yves Saint Laurent e Pierre Bergé, seguiti poi
da Jean Paul Gaultier, Hermès, Paloma Picasso. Ormai però, colpa anche di un
certo neo Gran Turismo rampante, la città marocchina rischia di diventare una
destinazione fi n troppo popolare, e di perdere il fascino da Mille e una notte
di trent’anni fa. Certo, oltre il deserto, ci sarebbe il Burkina Faso…ma quella è
un’Africa esageratamente arcaica per i turisti da small worlds.
Le Maldive soddisfano invece il desiderio di natura al 100%. Isole piccole,
circondate dalla barriera corallina, con eco-resort dove si cammina a pie-
di nudi e si dorme in capanne sospese sull’acqua che delle antiche dimore
aborigene conservano solo la forma. All’interno hanno aria condizionata, tv
al plasma, collegamenti wi-fi , stereo, vasche idromassaggio e tutto, ma pro-
prio tutto ciò che si desidera e dà comfort. Poi un tuff o in mare, e comincia
lo spettacolo dei pesci tropicali, miriadi, semi addomesticati e dall’eff etto
technicolor! Anche qui, un neo granturista che si rispetti deve esserci stato
o avere in programma di andarci a breve. E poiché nel presente, a diff erenza
112
I neoconformisti
del passato, si spostano masse di gente, ci sono Maldive per tutti i gusti, dal
villaggio all inclusive e low cost al lusso estremo del “one island one resort”
Soneva Six Senses (www.sixsenses.com), dove tutto è a uso esclusivo degli
ospiti, isola inclusa.
Più recentemente sono apparse le nuove mecche, fi no a una ventina d’an-
ni fa inesistenti nella mappa del turismo internazionale. La regina indiscussa
è stata per anni Dubai, città-stato sorta quasi dal nulla tra le dune del deserto,
con piano urbanistico modello mega resort. Motivo? I voli dall’Europa ver-
so le Maldive e verso l’Oriente in generale fanno scalo all’hub internazionale
di Dubai. Quindi, volenti o nolenti (ma di solito nessuno è talmente avver-
so alla sosta), due milioni di viaggiatori all’anno si fermano lì per qualche ora
o per un paio di giorni. Così lo scalo si è attrezzato per stupire e restare im-
presso nella memoria: ci sono il grattacielo più alto del mondo (il Burj Dubai,
801 metri), il più grande centro commerciale del mondo (l’Emirates Mall), un
parco divertimenti (il Dubailand) che è già due volte la superfi cie urbana, una
pista da sci in pieno deserto (a Dubai la temperatura va da un minimo di 14°
a un massimo di 47° C). La lista dell’inimmaginabile non è però fi nita. Per au-
mentare il litorale balneabile, di per sé piuttosto limitato, sono stati costruiti
due arcipelaghi artifi ciali in mare aperto: The Palm e The World, con isole e
Stati in miniatura in vendita a privati multimilionari e vip. E la spiaggia privata
è inclusa nel lotto. Dubai è un pezzo d’Islam che ammicca all’Occidente as-
secondando i suoi gusti ed esaudendo la sua voglia inesauribile di stupore. Per
qualche tempo Dubai è diventata una nuova Svizzera, dove abitare e investire
dava sicurezza. E soddisfaceva le smanie di grandeur. Presto si sono manifestate
anche nuove velleità, culturali ed ecologiche: entro qualche anno dovrebbero
aprire una sede del Louvre e una del Guggenheim e, entro il 2020, dovrebbe
essere pronto un satellite urbano a emissione zero. Sempre che la crisi globale
non interrompa defi nitivamente il sogno più assurdo che sia mai stato realiz-
zato dall’uomo. Intanto, sempre negli Emirati Arabi e sulla scia del successo di
Dubai, sta già sorgendo una nuova stella: Abu Dhabi, alternativa più natural-
style ma altrettanto ambiziosa. Anche qui però, con la crisi del 2009, i lavori
sono stati momentaneamente sospesi.
Forse anche per questo è sempre molto gettonata Sharm El Sheik, in Egitto: a
portata di mano, a buon mercato, o meglio, per tutte le tasche. In questo caso
si è fatto un piccolo esercizio di ampliamento. Sharm El Sheik è ormai troppo
113
I neoconformisti
aff ollata e popolare? Beh il Mar Rosso ha una costa lunga e ce n’è sempre un
pezzettino vergine da convertire alla causa turistica. Ormai si è arrivati al con-
fi ne con l’Etiopia per trovare spiagge selvagge, o in mare aperto sulle isole di
fronte alla costa, dove non c’è proprio nulla, nemmeno resort: ragione per cui
il vero lusso è scoprirle a bordo di uno splendido veliero guidato da un capita-
no-lupo di mare, l’unico tra l’altro con i permessi per navigare fi no allo Yemen
(www.altromare.com). Pesci e trasparenze marine sono assicurate ovunque.
Chi è già stato in questi posti, o ha in programma di andarci, o solo sognereb-
be di farlo, può candidarsi al titolo di neo granturista. Senza però scomodare
Goethe e compagni, per carità!
114
Oltre ogni crisi, anzi in barba a quest’ultima in corso, è nato nel frat-
tempo un nuovo modo di viaggiare. L’upper class, dopo anni di
slalom per evitare ex lussi diventati di massa, ha individuato un nuovo mo-
do per vivere la vacanza più esclusiva: si viaggia con il maggiordomo. Non
si tratta però di un’insistente presenza che segue ovunque il suo cliente pur
di assecondarne i desideri. Questa è soltanto una delle possibili interpretazio-
ni del concierge travelling. Perché più in generale - è fatto degli ultimi due
o tre anni – i turisti e i loro fornitori desiderano personalizzare ogni vacanza,
ogni soggiorno, ogni viaggio. Dimostrazione ne sia la nascita di tour opera-
tor con questo specifi co business core. È il caso di Bradipo Travel Designer
(www.bradipotravel.com), che invece di agenzie apre boutique con sontuosi
arredi in palazzi storici. Il contatto avviene su appuntamento (con orari molto
fl essibili e anche a domicilio) durante il quale il cliente espone le sue esigen-
ze: dove, come, quando, perché. I desiderata sono scrupolosamente annotati
da un travel consultant che poi taglia e cuce su misura la proposta e, una volta
approvata, la trasforma in realtà occupandosi lui di tutto. In pochi anni, queste
“sartorie dei viaggi” si sono moltiplicate e oltre alle 16 boutique italiane, ne
sono state aperte cinque all’estero, compresa una a Istanbul, guarda caso città
emergente come trend setter di usi e costumi della nuova Europa. Non ci so-
no limiti alle richieste: dalla cena sulla muraglia cinese alla visita esclusiva nella
sala macchine della Tour Eiff el, dalla maison di Coco Chanel, generalmente
chiusa al pubblico, alla prenotazione di un tavolo dallo star-chef Ferran Adrià
(senza specialista, l’impresa sarebbe impossibile).
Sempre attingendo al mondo della moda, sono nati anche travel consultant
che studiano viaggi e itinerari sul modello dell’haute couture. «La scelta dello
stilista è la garanzia di un certo modo di essere, di vivere. E perché no, di fa-
re vacanza», dice Giorgio Caire di Lauzet, fondatore di Dream & Charme, che
ama defi nire una “maison del viaggio”. Il presupposto è che, oggi, il tempo è
un bene scarso (se ne ha sempre meno) e prezioso (il tempo è denaro, si dice);
quindi, quando si parte per un viaggio, non ci si può permettere di sprecare
Turismo su misura (o Concierge travel)
I neoconformisti
115
quella rara occasione sbagliando posto, compagnia, operatore. Per non incor-
rere in tali rischi, è meglio affi darsi allo stilista di viaggio giusto. Insomma,
proprio come si sceglie uno stile per il guardaroba, bisogna imparare a indivi-
duare il travel consultant che fa al caso proprio, tenendo conto dei propri gusti,
cultura, passioni, tempo, portafoglio.
Con questi presupposti, la vacanza andrà bene sicuramente. Sul sito www.
dreamcharme.com sono proposte settimane in yacht, crociere a sei stelle, vil-
le superlusso e castelli, gruppi selezionati per categorie: single, coppie, famiglie
con bambini, ecc.
Personalizzare è la parola d’ordine per tutti. Negli hotel vengono riservati
piani “concierge” con servizi speciali, e nelle nuove ammiraglie ci sono pon-
ti “vip” con check-in e check-out prioritari, spa dedicata, ristorante esclusivo,
maggiordomo 24 ore su 24.
Anche i tour operator di lusso hanno attivato uno sportello “concierge” capa-
ce di risolvere problemi a distanza e di assecondare i desideri del viaggiatore
prima e durante, a qualunque ora e in qualunque posto del mondo ci si trovi.
Dal 2010, Kuoni (www.kuoni.it/concierge) off re il servizio a tutti i viag-
giatori che spendono più di 3.500 euro all’anno e per gruppi di almeno tre
amiche. L’assistenza comincia al momento della partenza e serve, in qualunque
momento e in qualunque luogo, per ricordare dettagli di viaggio (orari dei
voli, cambio valuta, passaporti, visti), ricevere informazioni sulla destinazione
(compresi gli indirizzi delle ambasciate e dei consolati, ospedali), prenotare e
acquistare biglietti per spettacoli, concerti e gare sportive, riservare un tavolo
nei migliori ristoranti, consigliare negozi e gallerie, farsi accompagnare nello
shopping o nella visita al museo.
In questa gara al rialzo e all’impossibile, la sfi da può arrivare a pretendere
uno specialista con le chiavi di San Pietro. Nel vero senso della parola: solo
alcune guide riescono a far aprire la sala delle mappe dei Musei Vaticani fuo-
ri orario (Elation, www.elation.it) o a organizzare un’English Breakfast nella
Torre di Londra, dove sono custoditi i Gioielli della Corona Inglese (The
Note Worthy Group, www.noteworthygroup.com). Ma questi sono solo po-
chi esempi. Scegliendo l’operatore giusto, si può assistere alla consegna degli
Oscar a Los Angeles (Rallo Travel for Passion, www.ralloviaggi.it) e riservare
un’isola tutta per sé e per gli amici ai Caraibi: Necker Island (www.neckerisland.
virgin.com), proprietà di Richard Branson, Musha Cay (www.mushacay.com),
I neoconformisti
116
dell’illusionista David Copperfi eld, e Mustique Island, proposta in Italia dal
“private travel lounge” Onirikos (www.onirikos.it).
Quasi qualunque desiderio è ormai realizzabile, e non solo spendendo una
fortuna, perché con piccoli accorgimenti, specialmente se si aspira a cultura e
bien vivre, si può progettare un viaggio esclusivo a prezzi “normali”. Anche
online ci sono servizi affi dabili per organizzarsi in tal senso. Alcuni siti garan-
tiscono qualità delle scelte sulle destinazioni e, in special modo, sull’hotellerie.
A tal fi ne sono nate le directory di lusso (www.mrandmrssmith.com, www.
kiwicollection.com, www.chicretreats.com) dove si possono cercare resort, al-
berghi e boutique hotel, talvolta con sconti e supersconti, senza temere di
sbagliare indirizzo a mille miglia di distanza.
I neoconformisti
117
N egli ultimi anni si è assistito a un boom degli over 70, che si so-
no imposti in ogni ambito della vita sociale, e anche l’industria del
turismo si è adeguata. I turisti anziani (o almeno, quelli che un tempo erano
chiamati così) rappresentano una fetta considerevole del mercato e devono
poter contare su una serie di off erte ad hoc.
Se avete ancora in mente il modello classico dei “vecchi” intruppati in comi-
tive per pellegrinaggi o per crociere in stile Love Boat, dovete aggiornarvi. Le
“Grey Panthers”, le pantere grigie (questo è uno dei nomi usati per indicare i
pensionati alla riscossa) si sono evoluti e hanno preso d’assalto le roccaforti del
turismo classico, e si stanno attrezzando per conquistare anche le discoteche.
Insomma, ora che il format “balera+casa di riposo” sta stretta ai viaggiatori
brizzolati, anche i professionisti del viaggio devono inventarsi qualcosa di nuo-
vo, naturalmente senza eliminare alcuni must della vacanza in grigio.
Innanzitutto va fatta una prima distinzione: ci sono i vecchi che amano di-
vertirsi senza rinunciare al loro status di persone di una certa età e i vecchi
che vogliono sentirsi giovani a tutti i costi, e vivere vite e vacanze un po’ più
spericolate. Chi fa parte della prima categoria continua a prenotare crociere
intorno al mondo su navi che traboccano di un’allegria fi n troppo declamata
e saluta dai fi nestrini delle Ferrovie Svizzere della Jungfraubahn, mischiando-
si festosi agli anziani del Sol Levante. Quelli che non sanno decidersi tra una
fazione e l’altra partecipano a pittoreschi raduni con auto d’epoca, sensibili al
fascino intramontabile della nostalgia e fedelissimi alla loro Fiat Balilla o alla
gloriosa Lancia Flavia (un sotto-gruppo preferisce la moto col sidecar, da gui-
dare con abbigliamento da asso della Prima Guerra Mondiale).
Il terzo gruppo invece sceglie i luoghi più “in”, dalla Sardegna alle Maldive,
per essere “giovani” tra i giovani. Oltre a queste categorie, ci sono poi gli irri-
ducibili, i vecchi che non rinunciano al piacere di essere vecchi e continuano
a frequentare le pensioni dei loro padri, dei nonni e dei bisnonni. Per lo-
ro non c’è paragone tra il vecchio albergo di Cattolica o di Alassio e il resort
alla moda delle Maldive. Gli anziani doc continuano a prenotare presso i cen-
Grey nomads (ma anche Grey tourism
o Senior tourism)
I neoconformisti
118
tri climatico-turistici classici (le regioni più gettonate sono sempre Liguria,
Emilia-Romagna e Toscana e un buon 30% sceglie il viaggio tramite il buon
vecchio Cral aziendale) e vanno alle terme, ma quelle più tradizionali, non alle
spa con massaggi ayurvedici e Stone Therapy. Questo tipo di anziani in genere
perpetua la tradizione del soggiorno lungo (3-4 settimane), a diff erenza degli
altri, che in genere prediligono soggiorni brevi, da uno a tre giorni.
I più tecnologici e i più audaci navigano su Internet e cercano sul web (con
o senza l’aiuto dei fi gli) le off erte più convenienti. I siti dei professionisti
dei viaggi per i “diversamente giovani” sono numerosi. Tra gli altri, l’Auser
(Associazione per l’autogestione dei servizi e la solidarietà, www.auser.it) pro-
pone varie opportunità di viaggio ai propri soci più attempati, con visite a
mostre e musei e ai siti archeologici, Caravantours (www.caravantours.it) or-
ganizza viaggi e gite di gruppo per studenti anziani, il gruppo Getur (www.
getur.com) dispone di centri-vacanze per anziani a Lignano Sabbiadoro e a
Sappada, La Riviera dei Sogni Travels (www.larivieradeisogni.com) propone
viaggi di gruppo per la terza età in Liguria.
In genere, comunque, dopo una certa età il viaggio serve anche a socializ-
zare, e per questo motivo si parla di “turismo sociale”. Le occasioni per fare
amicizia e vivere una vacanza serena possono essere una gita a Cerveteri, per
scoprire le vestigia degli Etruschi, o un corso pensato per chi ha ancora vo-
glia di imparare.
Fin qui, i viaggi per gli “anziani” più intraprendenti. Chi invece non riesce a
stare al passo coi tempi è destinato al Border Tourism, ovvero il turismo nei
centri commerciali, la versione più triste e malinconica del Grey Tourism.
Questa tipologia low cost del turismo anziano consiste nel trascorrere interi
fi ne settimana seduti sulle panchine delle piazzette nei centri commerciali di
periferia, guardando la gente che passa e che fa acquisti: da qui anche il nome
di Shop Watching.
I neoconformisti
119
I primi grandi viaggiatori, da Ulisse a Cristoforo Colombo, si muove-
vano in nave. Mezzo storico per esplorare nuovi mondi, oggi la nave
è più che mai sulla cresta dell’onda. Anzi, mentre il turismo vive un perio-
do di crisi generale, le crociere sono addirittura in aumento. Tant’è che nel
2009 le grandi compagnie di navigazione hanno varato ammiraglie sempre
più grandi e sempre più prodighe di optional e servizi. Ormai tra itinerari e
imbarcazioni ce n’è per soddisfare tutti i gusti. Ammiraglia nuova fi ammante?
Costa Crociere (www.costacrociere.it), Msc (www.msccrociere.it), Seabourn
(www.seabourn.com), Celebrity Cruises (www.celebritycruises.it) hanno
inaugurato navi con super spa, cinema a quattro dimensioni, campi da golf,
simulatori di Formula 1 e suite vip (per pochi e appartate dai ponti più aff ol-
lati). Città galleggiante? Sempre nel 2009, è partita per il primo viaggio Oasis
of the Seas (www.oasisoftheseas.com), la nave più grande del mondo, alta 18
ponti. Traversata d’antan con prima classe? L’imbarco è sulla Queen Mary 2
(www.cunard.com), o sulla Silversea (www.silversea.com), l’unica con ospi-
talità a sei stelle lusso, incluso il maggiordomo per ogni suite. Navigazione in
veliero o su piccole navi? È la peculiarità delle crociere della Compagnie du
Ponant (www.ponant.com) che parte sempre con un tema conduttore, dal
jazz & gospel alla degustazione di vini. Pochi intimi e un capitano al timone?
Si prenota il Silolona (www.silolona.com), uno yacht di molti metri (50) e
poche cabine (6) che naviga tra le isole dell’Indonesia.
Anche gli itinerari sono uno più bello dell’altro. E se la rotta nel Mediterraneo
è già stata sperimentata, allora si può partire per il grande nord tra gli iceberg
della Groenlandia o verso il Polo Sud, oppure sbarcare sulle isole Galapagos
insieme all’esperto naturalista, per poi ritirarsi la sera sul piccolo yacht con
skipper pronti a soddisfare alti palati ed esigenze sibaritiche di ogni genere
(www.equinoxe.it). Altro revival sono le grandi traversate oceaniche che por-
tano oltre l’Atlantico o verso il Giappone e l’Australia, mentre le nuove rotte
prevedono scali a Dubai e negli Emirati Arabi, in Africa e a Gerusalemme.
Basta decidere dove orientare la bussola e per quanti giorni viaggiare. Al re-
Cruise tourism + River cruise tourism
I neoconformisti
120
sto pensano le compagnie (sul sito www.crociereonline.it si trovano tutte le
compagnie e tutti i viaggi). Perché, una volta a bordo, gli ospiti devono solo
scegliere come trascorrere il tempo tra ricchi programmi di intrattenimento,
lezioni di bridge, ballo, pc, incontri con letterati e premi Pulitzer, tornei di car-
te, shopping ed escursioni a terra, in alcuni casi di gruppo, in altri su misura.
Dato il successo di pubblico, aumentano anche le proposte sui fi umi. Dai
péniche-hotel sui canali francesi al fi ume Ayeyarwady nel Myanmar (Orient-
Express, www.orient-express.com), dall’Orinoco in America Latina alle discese
del Danubio in motonave (Gioco Viaggi, www.giocoviaggi.it) al Nilo a bordo
di un’elegantissima barca con prua panoramica sulla valle dei Templi (www.
oberoizahra.com). Da qualche anno, ovunque ci sia un fi ume navigbile com-
pare una barca a tutto confort pronta a solcarlo carica di crocieristi.
Secondo i dati di The European Cruise Council (ECC), il numero di passegge-
ri dal 1999 al 2008 è raddoppiato e l’industria crocieristica continua a crescere
con 21,7 milioni passeggeri in transito nei porti del Vecchio Continente so-
lo nel 2008.
A favore della crociera giocano più fattori. Innanzitutto, la vacanza è all inclu-
sive: vitto, alloggio, cinema, teatri, discoteche, sale da ballo e da gioco e molte
altre attività di bordo sono fruibili senza sovrapprezzo. Inoltre, la maggior parte
delle compagnie non fa pagare il soggiorno ai ragazzi fi no a 18 anni (ma de-
vono stare in cabina con i genitori). Ancora, la crociera permette di vedere in
pochi giorni un’intera macro area geografi ca: Mediterraneo, Caraibi, Oceano
Indiano. Le soste sono mordi e fuggi, è vero, tuttavia si torna a casa con un’idea
generale della destinazione, avendo visto città d’arte e luoghi di interesse tu-
ristico lungo la rotta.
Un altro fatto di rilievo: la crociera si connota anche come luogo di vacanza.
Ecco perché, nell’immaginario collettivo, corrisponde sempre più all’idea del
grande viaggio, di quelli da fare almeno una volta nella vita, da soli, a due, con
la famiglia, con gli amici, a breve raggio, a lungo raggio, a bordo di grandi na-
vi o su golette old style. Non c’è che l’imbarazzo della scelta.
I neoconformisti
121
Il safari fotografi co è roba antiquata per gli appassionati di pose e scatti di
oggi. Che infatti prediligono i photo tour, viaggi per imparare l’arte sul
campo, con la guida e le spiegazioni di un professionista. Dal 2008 è scoppiata
un’autentica mania, e molti operatori hanno cominciato a proporre itinerari
in Africa o in altri luoghi particolarmente scenografi ci abbinando al viaggio il
corso di fotografi a. Con il vantaggio di evitare lunghi workshop in aula a fa-
vore dell’esperienza.
Lo fanno per esempio Impronte Viaggi (www.impronteviaggi.com) che
organizza tour con lezioni di fotografi a naturalistica in Africa, e l’agenzia ame-
ricana Strabo Tours (www.phototc.com) che propone 25 itinerari fotografi ci
dal Bhutan al Perù con insegnanti scelti ad hoc a seconda della destinazione e
del tema del tour: natura, città, arte, animali, ritratti. Le spedizioni in camion
4x4 di Africa Wild Truck (www.africawildtruck.com) seguono le rotte più
selvagge dell’Africa che sono poi le aule all’aperto dei workshop di reportage
organizzati con la Nikon School Travel, scuola itinerante di fotografi a. Anche
in questo caso si tratta di tour accompagnati da un fotografo che durante il
viaggio stabilisce deviazioni e soste per cogliere la luce migliore e i soggetti
più interessanti. Più che un insegnante, il capo gruppo è un professionista in
action da osservare e imitare, da interpellare per dubbi e consigli, da consul-
tare per l’utilizzo dell’attrezzatura fotografi ca in dotazione e quella di ultima
generazione a disposizione dei viaggiatori. L’esperienza di un tour così con-
gegnato va oltre lo spostamento da un posto all’altro, e diventa un’occasione
per imparare a vedere, a seguire con pazienza i ritmi della natura e della realtà
intorno, immortalandole in immagini tecnicamente precise. Ragione per cui
molti partecipanti diventano degli habitué di questo genere di spedizioni che
in un solo viaggio concentrano scoperta, avventura e know how specialistico.
E con il tempo si possono diversifi care gli interessi, passando dal photo tour
naturalistico al Private full day of photography a Roma con la guida di un fo-
tografo del National Geographic Magazine proposto dall’operatore Imaging
in Italy (www.imaging-in-italy.com).
Photo tour
I neoconformisti
122
O ancora, chi ha la passione per moda e motori può partecipare ai laboratori
proposti da Photo Workshop Adeventures (www.photoworkshopadventures.
com) che, oltre ai viaggi tradizionali, organizza long weekend in Croazia con
modelle professioniste da ritrarre in location storiche o di particolare bellezza
paesaggistica e corsi per imparare a fotografare le macchine sportive durante la
24 ore di Le Mans, una delle più antiche gare automobilistiche di durata.
Con cosa si torna a casa: maggior confi denza con la macchina fotografi ca, uso
appropriato degli obiettivi, gestione dell’archivio e, naturalmente, un bellissi-
mo album di viaggio.
I neoconformisti
123
Ecco una nuova defi nizione per indicare un vecchio modo di fare
turismo. Con VFP ci si riferisce a chi viaggia per andare a trovare
genitori, fratelli, sorelle, zii, nonni che vivono lontani, ma anche per far visita
a parenti emigrati chissà dove e chissà quando. Così, si torna nel Paese d’ori-
gine, oppure si vola lontano, in Australia, America, Nuova Zelanda, dove
tanti anni prima si era trasferito uno zio di terzo grado che ha messo al mon-
do cugini che a stento riescono a pronunciare in italiano ciao, spaghetti e il
loro cognome.
Nella maggior parte di VFP, si fa base a casa del parentado e da lì si esplora-
no i dintorni o si ripercorrono luoghi e ricordi del passato. Per programmare i
viaggi e per pianifi care la tabella di marcia, il consiglio è di cominciare dall’al-
bero genealogico che si può tracciare su www.familyrelatives.com e vedere
fi n dove si sono espansi i rami. Si può così scoprire di avere dei cugini all’Isla
Margarita, un nipote in Australia e uno, più vicino, ad Amsterdam. In tutti i ca-
si, viaggi interessanti che hanno il vantaggio di far sentire un po’ a casa.
Nella categoria rientrano anche lavoratori e studenti pendolari che nei perio-
di di ferie o nei break tra un esame e l’altro tornano a casa, aff rontando tutte
le implicazioni di un viaggio qualsiasi: prenotazione e acquisto dei biglietti,
preparazione dei bagagli, trasporto fi no alla destinazione, ricerca dei souvenir
e, fi nalmente l’inizio della vacanza con tutto quel che ne consegue, dai piace-
ri della tavola, ai lunghi riposi senza sveglia, dal dolce far niente alle escursioni
per salutare amici e parenti.
Anche se in questi casi il viaggio ha dimensione casalinga, si tratta comunque
di turismo. Turismo di ritorno, si potrebbe dire.
VFP: visita a famiglia e parenti
I neoconformisti
124
Ci sono un Brasiliano, un Russo, un Indiano e un Cinese in vacanza.
L’incipit non faccia supporre un fi nale da barzelletta; qui si allude
al BRIC*, che non è un viaggiatore solo, né corrisponde ai quattro sogget-
ti nominati. Stiamo parlando di milioni di persone, di una nouvelle vague del
turismo di massa, del ritorno al temutissimo torpedone capace di sfornare de-
cine e decine di nuovi turisti di vecchio stampo ogni giorno: si scende per il
tempo di una posa davanti ai monumenti classici, poi si risale sul bus diretti
verso la prossima cartolina.
Da quando le economie di questi paesi emergenti sono cresciute esponen-
zialmente, sempre più cinesi, brasiliani, russi e indiani tecnologicamente
superdotati hanno preso il volo per isole esotiche, città d’arte, mete del diver-
timento non stop. Ora stabiliscono loro l’indice di gradimento delle località
e le vacanze di moda, mentre i vari Abramovich defi niscono il nuovo lusso
avanzando richieste sempre più esagerate e personalizzate a ogni costo, cioè a
suon di milioni. Nulla a che spartire con i concetti di viaggi etici ed eco. Anzi,
spesso si pratica tutto quello che resta escluso dalla fi losofi a di sostenibilità: dal
pacchetto vacanza mordi&fuggi dei più, al trasferimento a bordo di inquinan-
ti jumbo o mega yacht degli happy few. Insomma la solita tiritera del turismo
minaccioso, tradotta però in nuove lingue!
BRIC travellers (i Nuovi turisti)
* Il termine BRIC è stato usato per la prima volta nel 2001 da Jim O’Neill in una conferenza sulle economie emergenti per la banca Goldman Sachs. In quell’occasione O’Neill sosteneva che Brasile, Russia, India e Cina, le cui inziali corrispondono all’acronimo BRIC, domine-ranno l’economia mondiale entro il 2050 raggiungendo un pil simile a quello dei G6. Se si aggiunge anche l’economia emergente del Messico, si parla di BRICM.
I neoconformisti
125
Siamo davanti a un bivio: o ci calmiamo con i ritmi del
turismo di massa, oppure i nostri luoghi di svago e va-
canze assomiglieranno sempre più a Rimini, Las Vegas, Dubai.
Non che queste amene cittadine del divertimento non procu-
rino piaceri e denari a tutto un sistema più che consolidato di
produttori e consumatori. Ma dove andrà a fi nire chi invece
detesta le vacanze di puro intrattenimento e preferisce porre tra
sé e la civiltà in cui vive gran parte dell’anno la distanza di un
ghiacciaio perenne o di una foresta pluviale?
E ancora, se si trattasse solo del piacere di qualche vetero-turista
in via di estinzione, beh, si potrebbe augurare pace all’anima sua,
e contemporaneamente mettersi l’anima in pace sul futuro della
Natura che, tanto, si è sempre dimostrata capace di salvaguardare
se stessa nonostante le aggressioni umane. Ma non è così che si
possono interpretare lo scempio e la distruzione che un secolo
e mezzo di industria (turismo incluso) ha prodotto sul pianeta,
in un certo senso scagionando l’uomo dalle sue responsabilità.
Non che si debba essere “green” a tutti i costi, e nemmeno fare
la contabilità delle risorse fi nite o infi nite del pianeta: probabil-
mente i risultati sarebbero comunque errati, per eccesso e per
difetto. Tuttavia è innegabile che il mondo stia cambiando sotto
i nostri occhi a una rapidità e in una direzione che la coscienza
collettiva registra come “very dangerous”: vero o no, ci sentia-
mo in pericolo.
Quindi tutti, operatori, turisti, istituzioni nazionali e associazioni
internazionali tentano di contenere i danni e di dettare regole di
comportamento generale per rispettare la Terra. A questo punto,
il coro di voci è unanime, tutte (più o meno) d’accordo sull’ur-
genza di porre un freno al consumo spietato delle risorse.
Il turismo, nella sua accezione migliore, potrebbe diventare Tur
ism
o so
sten
ibil
e e
resp
onsa
bile
Capitolo
15 Ecoturismo (anche turismo ecosolidale)
126
agente attivo e virtuoso in questa mission planetaria. La corsa a ridurre impat-
to ambientale, consumo d’energie, rifi uti, è iniziata da qualche anno, e resort,
hotel, villaggi, compagnie aeree e di crociera blasonano brand e pubblicità
con certifi cati “eco-friendly” e progetti “verdi”. Così si danno un gran daff a-
re a piantare alberi per incrementare l’assorbimento di anidride carbonica, a
diff erenziare la raccolta e riciclare rifi uti, a diminuire l’importazione di cibi e
prodotti dando la precedenza a quelli a chilometro zero, cioè ai prodotti locali.
Ciò premesso, si può dichiarare defi nitivamente superato il turismo che pro-
pone una bella vacanza di total relax in un villaggio all inclusive, con consumo
no limit di cibo, acqua, luci alogene, aria condizionata? Non ancora. Basta una
minima distrazione per trovarsi nelle mani di un tour operator che, motivato
da aspirazioni antropologiche poco elaborate, porta ingenui fi lantropi a vede-
re in Africa le tribù Zulu che fanno la lotta con il gonnellino di paglia, e in
Thailandia le donne giraff a che si allungano il collo a oltranza indossando un
numero record di collane. Il giro d’aff ari generato da questo tipo di turismo
è ancora troppo vantaggioso per sperarne la fi ne imminente. Per fortuna, pe-
rò, comincia a profi larsi una categoria sempre più numerosa di turisti evoluti,
coscienziosi e colti che desiderano vedere e conoscere il mondo in punta di
piedi, senza togliere l’acqua al villaggio dell’oasi vicina per farsi cinque doc-
ce al giorno nel resort di lusso e senza immortalare con l’obiettivo del folclore
immagini di miseria incurabile. Il bello di questa formula di turismo è, ancora
una volta, la sua versatilità; che si chiami ecoturismo, turismo sostenibile, tu-
rismo responsabile, turismo verde, turismo solidale, in ogni caso fa appello a
un’industria dalle potenzialità straordinarie. Vediamo come.
Ties (The international ecotourism society, www.ecotourism.org), la maggio-
re associazione del settore a livello internazionale, nel 1990 defi nì l’ecoturismo
“un viaggio responsabile in zone di interesse naturalistico che rispetti l’am-
biente e migliori il benessere della popolazione locale”. Per promuoverne lo
sviluppo, Ties ha scelto tre strategie: creare una rete internazionale di indivi-
dui, istituzioni e industria turistica; educare i turisti e gli operatori del turismo;
infl uenzare l’industria turistica, le istituzioni e i donatori affi nché integrino i
principi dell’ecoturismo nelle proprie attività e politiche.
In attesa che questi obiettivi si consolidino, cosa può fare un turista nel suo
piccolo? Decaloghi ed elenchi di regole sono presenti ovunque, nei siti e per-
sino nei sussidiari della scuola elementare, perché, almeno a livello teorico,
Turismo sostenibile e responsabile
127
l’educazione al rispetto dell’ambiente sociale e naturale è oggi un valore fon-
damentale e condiviso della cultura globale. Solo che c’è il solito “mare” tra il
dire e il fare. Quindi, prima di proclamarsi membri o seguaci del movimen-
to eco-solidale, bisogna essere sicuri di rispettare alcune regole imprescindibili:
minimizzare l’impatto delle attività turistiche sulla natura, sulla cultura e sul-
la popolazione visitati; sostenere e promuovere l’economia locale e favorirne
l’indipendenza; salvaguardare la natura e la cultura; creare esperienze positive
per visitatori e ospiti; rispettare il clima ambientale sociale e politico del Paese
ospite. Chi è sinceramente convinto di seguire questi principi, può defi nir-
si un eco-turista.
Se si comincia dal turismo, il pianeta potrebbe essere salvo. Perché, secondo i
dati pubblicati da Ties, l’industria turistica è il più ricco business del mondo,
con 230 milioni di posti di lavoro e oltre il 10% medio del Pil dei singoli Paesi.
Inoltre, produce un giro d’aff ari di 6.500 miliardi di dollari, è il prodotto prin-
cipale dell’83% dei Paesi in via di sviluppo e uno dei più importanti per il 30%
dei Paesi più poveri. Inoltre, per i 40 Paesi più poveri del mondo, il turismo è
la seconda risorsa economica dopo il petrolio. Quindi, il meccanismo virtuoso
dell’ecoturismo contagerebbe il più importante settore industriale del mondo,
con conseguenti eff etti collaterali positivi.
Ma non è proprio così che vanno le cose. Il dibattito è acceso e tutt’altro che
concluso. Infatti, allo stato attuale, il business dell’ecoturismo ha creato anche
nuovi confl itti di interesse tra persone, enti e operatori locali; ha aumentato il
fl usso di gente in luoghi impreparati ad accoglierla; ha indotto la costruzione
di infrastrutture in posti sperdutissimi del mondo; ha portato mezzi di tra-
sporto, toilette, botteghini e fast food in cima a montagne fi no a pochi anni
fa raggiungibili solo a dorso d’animale. Insomma, l’ecoturismo è una faccen-
da molto delicata, in via di defi nizione, con risvolti positivi e negativi, un’arma
a doppio taglio. Ragione per cui ci limitiamo qui a descrivere la faccia buo-
na di una medaglia, che forse è piuttosto un prisma poliedrico con ben più
di due lati.
Nonostante manchino statistiche attendibili sull’ecoturismo (sarebbero 5
milioni gli ecoturisti, per lo più provenienti da Usa, Europa Occidentale e
Australia), quel che è certo è che si tratta di un fenomeno di nicchia, anche
perché è tuttora molto diffi cile distinguere con esattezza cosa è oppure non è
ecoturistico. Per esempio non lo è un ecolodge di lusso nella savana da 1.000
Turismo sostenibile e responsabile
128
euro a notte a persona, con concierge (unico local della situazione insieme alla
servitù e all’autista), aperitivo a base di caviale e ostriche, e Cessna parcheg-
giato davanti alla suite. Quello è solo lusso sfrenato per happy few a scapito
di altre cose, persone e animali: il caviale non è cibo africano; acqua, frigo-
rifero, aria condizionata non si sposano con l’ambiente naturale intorno; gli
autoctoni impiegati sono istruiti per prestare un servizio a misura di occiden-
tale viziato e non per off rire l’arte dell’accoglienza e dell’ospitalità tradizionali.
Prima che l’ecolodge e suoi ospiti arrivassero, quello era un luogo inconta-
minato, un santuario della natura. Anche l’ecoturismo alle Galapagos è più
un’illusione che una realtà. L’arcipelago ecuadoregno dove Charles Darwin si
ritirò a studiare Le origini della specie e la Teoria dell’evoluzione nel silenzio del-
la civiltà è oggi una delle mete sedicenti eco: per vedere le tartarughe giganti
e centenarie, milioni di foche e altre rare specie di animali in via di estinzione,
ci si imbarca animati dall’entusiasmo dello spettacolo che attende all’appro-
do. E gli operatori allettano con proposte tipo le “isole della Genesi”, “l’arca di
Noè”, “il biopark più naturale del mondo”.
Invece non è niente di tutto ciò. Tant’è che l’Unesco, l’ente dell’Onu preposto
alla tutela delle ricchezze artistiche e naturali, ha da qualche anno escluso le
Galapagos dalla lista dei patrimoni dell’umanità. Per correre ai ripari, l’Ecua-
dor ha contingentato gli ingressi. Ma il danno è compiuto, e la vacanza tutta
natura si è trasformata in un business appetibile e in un danno ecologico ir-
reversibile.
Un vero ecoturista predilige operatori istituzionali, come Legambiente
Turismo (www.legambienteturismo.it), oppure locali. Ma ammettiamolo: non
è facile organizzare un viaggio in terre esotiche appoggiandosi a un’agenzia
o a un tour operator del posto di cui, nella migliore delle ipotesi, si conosce
solo il sito web. Si può però scegliere un operatore conosciuto che rispetti i
criteri di eco-sostenibilità e solidarietà. Per esempio, India and More (www.
indiaandmore.com) organizza viaggi in tutta l’India tramite agenzie locali,
sperimentate personalmente dai promoter italiani: dal super classico Rajasthan
all’etno-trekking tra Kashmir e Laddakh, alle cure ayurvediche in Kerala con
settimana stile Robinson Crusoe alle Laccadive (le Maldive di quarant’anni
fa, per chi le ricordasse), tutto viene scelto nel rispetto della cultura locale, se-
guendo il calendario delle feste religiose, soggiornando in strutture gestite da
gente del posto, contribuendo quindi direttamente all’economia locale.
Turismo sostenibile e responsabile
129
Se si rispettano i criteri elencati, si possono organizzare in modo “ecologically
correct” anche arrampicate in parete, trekking in montagna, discese dei fi u-
mi in kayak o canoa, viaggi d’avventura con zaino in spalla. Passino anche i
viaggi responsabili che seguono la fi losofi a di non lasciare tracce del proprio
passaggio (per esempio, lattine, contenitori, rifi uti se si fa campeggio libero), e
passino anche i green travel che hanno come scopo l’osservazione rispettosa
della natura (birdwatching per esempio), quelli solidali che arricchiscono di-
rettamente le comunità di cui si è ospiti, e i soggiorni in lodge sì, ma con bagni
chimici, sistema di acque grigie ed elettricità a pannelli solari. È molto proba-
bile che non si causino danni ambientali con le vacanze attive: anche se non
si defi niscono eco, mountain bike, climbing, surf, diving risultano tali alla lun-
ga perché le compagnie e le regioni che promuovono queste vacanze hanno
interesse a preservare gli ambienti in cui si praticano, pena la perdita dei loro
clienti che ambiscono soprattutto a scenari incontaminati.
Insomma, il concetto di ecoturismo si è ampliato alle più varie categorie del
viaggio, fi no a contagiare il mondo del lusso. Nel 2001 è nata Ecoluxury
(www.ecoluxury.com), costola dei Viaggi dell’elefante (www.viaggidellelefan-
te.it) che propone una selezione di 147 resort, hotel e campi tendati in tutto il
mondo dove si sposano coerentemente i principi del turismo d’élite con quel-
li dell’ecoturismo. Filosofi a analoga quella adottata da Six Senses, catena di spa
resort eco-chic che promette di diventare a “impatto zero” entro il 2020. Il
comfort e l’esclusività sono garantite, abbattendo o diminuendo però il costo
ambientale del lusso. Come in ogni viaggio e in ogni vacanza, anche il turi-
sta ecoluxury si gode il soggiorno mentre il tour operator si adopera affi nché
la sua presenza non impoverisca nessuno, né rovini l’incanto di cui è protago-
nista. Come sostiene Leo Hickman, giornalista di The Guardian e autore del
saggio Ultima chiamata (Ponte alle Grazie, 2008), forse è ancora possibile fare
turismo senza avere sulla coscienza il pianeta, però bisogna diventare più con-
sapevoli dei veri costi delle nostre vacanze, sempre più internazionali, sempre
più numerose, sempre più inquinanti. E decidere di conseguenza come spen-
dere bene il nostro tempo libero e di piacere.
Turismo sostenibile e responsabile
130
La storia del turismo è partita in quarta: come molte altre industrie
del XX secolo, in poco più di cinquant’anni il turismo è passato da
esperienza esclusiva di pochi a fenomeno di massa. E nonostante siano recenti,
vacanze e turismo sono concetti ormai acquisiti, radicati profondamente nel-
la nostra cultura. La pausa da una a quattro settimane consecutive dal lavoro si
è identifi cata sempre più con la vacanza al mare, in montagna, in campagna,
in giro per il mondo… Solo che con i cambi di rotta e le innumerevoli defi -
nizioni degli ultimi vent’anni, il fenomeno si è arricchito di nuove pratiche,
inimmaginabili fi no a poco tempo fa. È il caso della “vacanza-lavoro” (non
retribuita), che può sembrare una contraddizione in termini per chi concepi-
sce il viaggio in modo tradizionale. Meglio allora defi nirla, come si fa oggi,
"volonturismo", cioè una sintesi tra volontariato e turismo. Volontariato per-
ché si partecipa attivamente e senza scopo di lucro a un progetto umanitario, a
una ricerca scientifi ca, a una causa di sostenibilità ambientale o pacifi sta; turi-
smo perché la partecipazione ai progetti implica una trasferta, la conoscenza di
nuove realtà, il distacco temporaneo dalla propria. Dagli anni Novanta, questo
modo di spendere le vacanze è passato da segmento di nicchia a moda, con-
vincendo a partire per una buona causa anche molti “non addetti ai lavori”, i
volontari appunto, specialmente giovani fi no a 35-40 anni. Ma c’è spazio per
tutti: ci sono progetti per i quali non è richiesta alcuna abilità e altri per i qua-
li è indispensabile una competenza specifi ca; a due ore da casa oppure all’altro
capo del mondo; di una settimana o di qualche mese. Anche le motivazio-
ni della partecipazione sono le più svariate, dal desiderio di fare del bene a se
stessi e agli altri a quello di mettersi alla prova, alla sperimentazione da vicino
di realtà molto lontane.
All’inizio degli anni Novanta, la Travel Industry Association of America con-
tava 55 milioni di volonturisti statunitensi, ma le cifre raddoppiavano se si
aggiungevano alla statistica i viaggiatori potenzialmente disposti a fare una
vacanza-lavoro. Tant’è che proprio in quegli anni Bill McMillon pubblicò la
prima edizione di Volunteer Vacations: Short-Term Adventures that Will Benefi t You
Volontourism (Volonturismo)
Turismo sostenibile e responsabile
131
and Others (Chicago Review Press, Chicago, 2006), un manuale con 200 orga-
nizzazioni no profi t per aiutare volonturisti ai primi passi e quelli più navigati
a scegliere tra progetti e associazioni.
Passando alla pratica, a chi ci si rivolge per partecipare a un progetto? Come si
prepara il viaggio? Quanto costa? Cominciamo con gli organizzatori, che so-
no soprattutto associazioni laiche o religiose indipendenti e senza fi ni di lucro,
associazioni umanitarie, enti e privati con progetti mirati a migliorare la qua-
lità di vita delle persone e delle comunità.
Orientarsi nel mare magnum di proposte nazionali e internazionali è già un’im-
presa. Ci sono siti (e quintali di volumi) che elencano associazioni, fi nalità e
progetti, e portali che trattano in modo specifi co l’argomento, come www.vo-
luntourism.org, strumento fondamentale per chi è in cerca di coordinate. E c'è
un’infi nità di associazioni, alcune con curriculum molto rassicurante dal pun-
to di vista dei lavori portati a termine.
Coopi (www.coopi.org), organizzazione non governativa nata nel 1965 per
lottare contro la povertà, ha già realizzato 700 progetti in 50 Paesi ed è attiva su
altri 180 progetti di sviluppo ed emergenza. Chi c’è dietro le quinte? 50.000
operatori che hanno fi nora assicurato benefi cio a circa 60 milioni di persone.
Sempre nel campo delle organizzazioni laiche e non governative, ci sono Youth
Action for Peace Italia (www.yap.it), con campi di lavoro destinati ai giovani
e fi nalizzati alla ricerca delle condizioni per una pace sostenibile nel mondo,
e Lunaria (www.lunaria.org), che propone campi sui temi dell’ecologia, della
pace, della solidarietà e dell’antirazzismo. La United Nations Volunteers (www.
unv.org) ricerca invece fi gure professionali specializzate nel settore agroali-
mentare, tecnico e medico per progetti di pace e sviluppo nel Terzo Mondo,
mentre Wep (www.wep-italia.org) propone esperienze di volontariato sociale
in progetti umanitari e volontariato ecologico nei parchi nazionali.
Spesso, prima della partenza, i partecipanti vengono istruiti sul progetto, sulle
sue fi nalità e sull’impegno richiesto, per comprendere a fondo l’obiettivo di un
viaggio che non è puro turismo, né solo lavoro. Nemmeno quando si scelgo-
no le proposte di Wwoof (World wide opportunities on organic farms, www.
wwoof.org), movimento internazionale nato nel 1971 in Gran Bretagna per
condividere stili di vita sostenibili, che mette in contatto volontari disposti a
off rire manodopera e aziende che in cambio garantiscono ospitalità, pasti, trai-
ning su agricoltura e allevamento biologici.
Turismo sostenibile e responsabile
132
In generale, il lavoro dei volonturisti non è retribuito ma off erto, spesso in
cambio di vitto e alloggio. Sono invece a carico del viaggiatore le spese di tra-
sporto per raggiungere la sede del progetto. Di gratuito al 100% non c’è nulla;
ma questo può essere considerato un elemento virtuoso del volonturismo che
promuove una consapevole, ben integrata combinazione di volontariato e dei
migliori valori tradizionali del viaggio (arte, cultura, geografi a, storia e intrat-
tenimento) e non una forma di turismo low cost.
Nel volonturismo rientrano anche i cantieri di scavi organizzati dai Gruppi
archeologici d’Italia (www.gruppiarcheologici.org) per la tutela, la valoriz-
zazione e la salvaguardia del patrimonio storico e archeologico. Nonostante
l’altissima mission dell’associazione ai volontari non è richiesto di essere esper-
ti della materia; basta diventare soci, avere più di 15 anni (in alcuni casi 17),
essere disposti a lavorare in gruppo e lasciarsi guidare dai capisquadra nelle im-
prese di scavo e ai campi di ricerca in Etruria, o dagli archeo-sub al largo delle
coste siciliane, o ancora in Egitto, in Portogallo, ad Atene, in Turchia e nei va-
sti territori che furono dell’Impero Romano.
Volendo spingersi al limite estremo, quasi oltrepassando il confi ne etico e il
signifi cato intrinseco del termine, si possono includere nel volonturismo le
proposte dei resort di lusso che, dopo aver servito litri di champagne su iso-
le private e sfruttato energia a go go per aria condizionata e piscine riscaldate,
cominciano a far retromarcia sui consumi smodati, e per tutelare i magnifi -
ci paradisi che off rono regalano notti in cambio di ore al giorno di lavoro per
proteggere la barriera corallina, salvaguardare gli squali a rischio di estinzio-
ne, piantare alberi (sono per esempio proposte dei resort Soneva alla Maldive,
sixsenses.com). Associare volonturismo e resort di lusso può sembrare para-
dossale, siamo d’accordo, ma la dice lunga su come stia cambiando il concetto
del viaggio e sulla priorità attuale e unanime di tutelare natura, arte e cultu-
ra dalle invasioni turistiche, cominciando proprio dal coinvolgimento attivo
del viaggiatore.
Lo spiega bene la recente politica dell’Organizzazione mondiale del turismo
(www.unwto.org), che per monitorare l’andamento della recessione del setto-
re turistico (nel 2009 si sono registrati cali di presenze internazionali in tutti
i continenti a eccezione dell’Africa, che registra invece un +4%) ha istituito
un’unità di crisi e preparato una “Roadmap for recovery”, che raccoglie in un
unico documento le misure adottate da oltre 60 Paesi per la ripresa del setto-
Turismo sostenibile e responsabile
133
re, identifi cando le aree in cui il turismo può svolgere un ruolo essenziale per
rilanciare e stimolare l’economia globale, sostenere i Paesi in via di sviluppo e
accelerare il passaggio necessario alla Green Economy. Il volonturismo è una
di queste.
Azzardiamo quindi una conclusione: il turismo potrebbe diventare un fattore
di sviluppo sociale ed economico a livello globale e potrebbe essere considera-
to un campo sperimentale per il defi nitivo passaggio all’economia sostenibile,
alla quale non si poteva tuttavia arrivare senza la crisi del modello (di produ-
zione e di consumo) fi n qui adottato. D’altra parte, cosa meglio del turismo
può funzionare da agente per divulgare idee di sostenibilità, di nuovi stili di
viaggio, di comportamenti eticamente corretti?
Turismo sostenibile e responsabile
134
Il cicloturismo non è esattamente una nuova forma di turismo. In real-
tà è un evergreen sulla cresta dell’onda da parecchi decenni, va sempre
di moda, è capace di rinnovarsi senza sosta, non stufa mai e riesce sempre a
sfoderare qualche novità che lo fa sembrare la cosa più trendy del momento.
Innanzitutto, col passare del tempo il cicloturismo si è perfezionato, diven-
tando sempre più tecnico e raffi nato, facendo dimenticare le scampagnate stile
anni Cinquanta a favore di un modello molto più cool.
Poi sono aumentate a ritmo esponenziale le destinazioni, che prevedono spesso
viaggi decisamente impegnativi o addirittura impossibili, del tipo “gli Usa in bi-
cicletta coast to coast”, “la Cina su due ruote” o “pedalando a Capo Nord”. In
ogni caso, lasciando per un momento da parte le estremizzazioni, diciamo che
si va dalla sana gita fuori porta di mezza giornata fi no al viaggio che tocca va-
ri Paesi d’Europa e comprende tutta una serie di tappe che necessitano di una
programmazione attenta e meticolosa. Ne è passato di tempo da quando il riferi-
mento assoluto e irraggiungibile era Paul de Vivie (1853-1930), detto “Velocio”,
uno dei grandi protagonisti dell’epopea a due ruote, abituato a percorrere in bi-
cicletta notevoli distanze, aff rontando viaggi di 660 km tra la Francia, la Svizzera
e l’Italia. Da allora, da quando Velocio ha lanciato la moda delle lunghe distanze,
è stato tutto un inventarsi itinerari insoliti che richiedono resistenza e polpacci
fuori del comune. Basti pensare a Lionel Brans, che nel 1948 intraprese un raid
in bicicletta da Parigi a Saigon. Molti puntano verso i Paesi Bassi, un paradiso del
ciclista, con i loro 20.000 km di piste ciclabili, altri mettono in cima alla top ten
l’Icefi elds Parkway, in Canada, una strada panoramica di 230 km, con le Rocky
Mountains come sfondo, in una natura incontaminata.
Tra i grandi classici ci sono naturalmente i tour tradizionali, che tanti appassio-
nati si dilettano a ripercorrere, emulando i propri campioni preferiti.
Topbike Tours (www.topbike.com.au) è un tour operator australiano che or-
ganizza escursioni in bici per ripercorrere il Giro d’Italia e il Tour de France,
oltre, naturalmente, a gite nella terra dei canguri, come l’Aussie MTB Single
Track Heaven Tour.
Cicloturismo
Turismo sostenibile e responsabile
135
Ma la fantasia dei ciclisti e dei tour operator non conosce limiti e le propo-
ste non si contano. Due ruote nel vento (www.dueruotenelvento.com) ha in
catalogo, tra l’altro, gite di 10 giorni in Messico, con 230 km da eff ettuare a
piedi e in canoa, ma soprattutto in bici e in mountain bike. Verde Natura
(www.verde-natura.it) organizza vacanze in bicicletta con vari livelli di dif-
fi coltà: si può pedalare lungo il Danubio, da Passau a Vienna o tra le foreste
della Bulgaria.
Abbonda la letteratura di viaggio: Natalino Russo ha raccontato la sua avven-
tura in bici lungo il Cammino di Santiago nel libro Nel mezzo del Cammino di
Santiago (Ediciclo), mentre lo svizzero Claude Marthaler, che in 7 anni ha per-
corso 122.000 km in bici, visitando 60 Paesi, ha descritto la sua impresa in Il
canto delle ruote (Ediciclo).
Naturalmente, a fronte di queste nuove esigenze, anche l’industria dell’ospita-
lità si è adeguata, e così si sono moltiplicati i “bike hotel”, alberghi che devono
avere un deposito per le biciclette, un’offi cina con servizio di manutenzione,
disporre di guide cicloturistiche, mappe e itinerari, lavanderia specializzata per
l’abbigliamento tecnico e ristorazione ad hoc. Molti di questi alberghi si tro-
vano sul sito Italy Bike Hotels (www.italybikehotels.it).
Turismo sostenibile e responsabile
136
Si tratta di un turismo di nicchia, senza grandi numeri ma per grandi
appassionati. Questo genere di viaggio ha come meta orti e giardini
botanici, eventi e festival legati al giardinaggio, luoghi interessanti dal punto
di vista della storia del paesaggio. Sicuramente da una decina di anni a questa
parte il Garden Tourism rappresenta una via di fuga al caos e allo smog me-
tropolitani. E proprio per sua natura e defi nizione è l’antitesi del turismo di
massa: di solito il green addicted viaggia solo, o con pochi intimi. Il punto è
che si parte alla ricerca del bello e del silenzio, per favorire la concentrazione
e gustare pienamente della meraviglia che aleggia intorno.
Non appena c’è aria di primavera, i giardini riaprono al pubblico con un
ricchissimo calendario delle fi oriture e spettacolo assicurato. Quindi, dove
orientarsi? Prima di tutto dipende dal tempo a disposizione: in alcuni casi, si
può optare per la gita in giornata, e l’Italia, da questo punto di vista, è un luo-
go privilegiato: dai Giardini di Castel Trauttmansdorff (www.trauttmansdorff .
it), diletto della principessa Sissi durante i soggiorni a Merano, ai giardini
all’italiana sul Lago Maggiore, al centro botanico Moutan (www.centrobo-
tanicomoutan.it) dove si coltivano centinaia di peonie, ai parchi delle ville di
Roma, non basterebbero 10 anni per visitarli tutti.
Per cominciare, si può consultare il sito dei Grandi Giardini Italiani (www.
grandigiardini.it), dove si racconta tutto di 76 giardini privati e pubblici in 14
regioni, più due in Svizzera e uno a Malta; e si aggiornano i dati delle visite: ci
sono stati 7 milioni di italiani solo nel 2009, il 27% in più dell’anno prima. Sul
sito si trovano una ricca bibliografi a, un elenco di vivai dove acquistare pian-
te e arredi da giardino, proposte di percorsi guidati tutto l’anno e i viaggi di
Linnea Tours (www.linneatours.it) tra orti, vivai, foreste e parchi.
A meno di non essere esperti botanici, è sempre consigliabile rivolgersi agli
operatori specializzati per riuscire a cogliere profumi e rarità di passaggio. Uno
dei primi è Garden Tour (www.garden-tour.com) che realizza viaggi su mi-
sura per appassionati di piante, fi ori, habitat naturalistici sui colli fi orentini e
tra paesaggi di vigne e castelli delle Langhe, in Olanda e in Svezia. Itinerari di
Garden tourism
Turismo sostenibile e responsabile
137
giardini italiani (www.italiangardentour.com) accompagna anche a vedere le
rose in Bulgaria e le fi oriture di lavanda in Provenza mentre Boxwood Tours
(www.boxwoodtours.co.uk) propone “Quality Garden Holidays”, cioè un so-
fi sticato connubio tra buona ospitalità, ristoranti ben selezionati e la visita ad
alcuni rarissimi giardini segreti, compresi quelli zen del Giappone. Su Garden
Visit (www.gardenvisit.com) invece non si organizzano viaggi, ma si trova tut-
to ciò che serve per pianifi carli a proprio piacimento: ci sono informazioni su
tour tematici (ma non si prendono prenotazioni), sui giardini aperti al pubbli-
co in tutto il mondo dall’Afghanistan agli Usa, e-books (da acquistare online),
come Garden Travel Guide e 24 Historic Styles of Garden Design, entrambi di Tom
Turner.
Turismo sostenibile e responsabile
138
Per turismo aborigeno si intende un viaggio solidale organizzato
tramite operatori, guide, gestori di hotel e servizi, proprietari di ri-
storanti e boutique appartenenti alla popolazione locale, siano questi gli Inuit,
i Métis del Canada, o gli abitanti del Northern Territory in Australia.
Questo è il genere di esperienze proposte da Aboriginal Tours of Australia
(www.aboriginaltourism.com.au) che suggerisce attività dei nativi in tutti i
campi, compresi i corsi di didgeridoo, o da Aboriginal Tourism Association of
BC (ATBC, www.aboriginalbc.com), associazione no profi t del Canada che
ha attivato un network di professionalità e personalità per off rire viaggi auten-
tici attraverso la cultura e la storia dei nativi del British Columbia.
Lievemente diverso, il turismo etnico prevede che l’incontro con popolazio-
ni e culture locali - per esempio i Dogon del Mali, i Mapuche del Cile, gli
Akha del Laos, i popoli dell’Amazzonia - sia organizzato da tour operator
specializzati e responsabili o associazioni umanitarie, rispettose delle comu-
nità visistate ma non necessariamente di proprietà o gestione aborigena. Per
esempio, Azalai (www.azalai.info) e Azonzo Travel (www.azonzotravel.com)
organizzano itinerari di conoscenza e scambio culturale con etnie piccole e
spesso isolate dalla cosiddetta civiltà globale, nel rispetto delle loro tradizioni,
del loro ambiente, della loro economia. Invece, Camp Ya Kanzi (www.maasai.
com), struttura a cinque stelle lusso in Kenya costruita con la collaborazione
dei Masai, propone eco safari con due scopi dichiarati: promuovere lo sviluppo
della comunità locale e la sostenibilità ambientale tramite l’ecoturismo. In tutti
i casi citati, l’esperienza è squisitamente turistica (scoprire le ricchezze tradi-
zionali, artistiche e culturali del Paese ospite), ma grazie alla supervisione delle
associazioni o dell’operatore si garantisce di non infrangere l’equilibrio locale
e di fi nanziare progetti di sviluppo.
Sia nell’ipotesi di turismo aborigeno che in quella di turismo etnico, entrambi
nicchie dell’ecoturismo, chi sceglie questo genere di viaggi non è un an-
tropologo in spedizione scientifi ca, piuttosto un fi lantropo appassionato che
desidera sperimentare uno stile di vita diverso, confrontarsi con gruppi e po-
Turismo aborigeno ed etnico (Turismo fi lantropico)
Turismo sostenibile e responsabile
139
poli sconosciuti, trovare luoghi autentici, avvicinarsi (ma in punta di piedi) a
culture antiche, mettersi in discussione, conoscere. Un elenco di doti che ri-
schia di far perdere l’entusiasmo. Ma è così. Essere turisti etnici o aborigeni
comporta studio, informazione, consapevolezza.
Un libro fondamentale per cominciare, da leggere prima di decidere se partire
è: L’incontro mancato. Turisti, nativi, immagini di Marco Aime (Bollati Boringhieri,
2005; 16€).
Turismo sostenibile e responsabile
Nell’ottica di un turismo sostenibile, l’Urbsturismo si propone di
riscoprire e valorizzare il mondo della città-natura. Il termine ri-
sale al 1993 ed è stato coniato dall’ideatore di questa nuova forma di turismo,
Armando Sichenze, professore all’Università degli Studi della Basilicata e au-
tore con Ina Macaione del libro Urbsturismo. Dimensioni culturali, progetto e
prime esperienze in Basilicata (Franco Angeli, 1997).
Come si legge nel sito del Laboratorio Multimediale e di Progettazione
dell’Università degli Studi della Basilicata, “l’urbsturismo si propone di ri-
scoprire la città-natura come risorsa di civiltà. Urbsturismo e agriturismo
insegnano a difendere la qualità della vita dai processi che destrutturano, in-
sieme alla natura, interni di città e interni di case” (www.unibas.it/utenti/
sichenze/SITE_LAB/Ricerca/Urbsturismo_1.html).
Le mete privilegiate dell’Urbsturismo sono i piccoli borghi arroccati sulle mon-
tagne, i paesi dove la vita scorre ancora lenta e dove le tradizioni si conservano, i
luoghi dove si riscontra ancora una sinergia tra urbanesimo e natura.
Urbsturismo
140
Via
ggi
spir
itua
li
Capitolo
16
I dati parlano chiaro: se c’è un settore nel turismo che non
avverte crisi è quello verso i luoghi sacri. Non che si trat-
ti di un nuovo modo di viaggiare. Anzi, forse è il più antico di
tutti, dato che proprio i pellegrinaggi hanno mosso masse di
viaggiatori per secoli e da secoli, già molto prima delle Crociate
in Terra Santa. Storia e letteratura sono dense di cammini e
viaggi religiosi, dai raduni musulmani alla Mecca (2,5 milioni
di fedeli nel 2009) alle lunghe traversate da ogni punto del sub-
continente indiano per compiere rituali purifi catori sul Gange.
Cosa c’è di nuovo nel viandante religioso di oggi? Per esem-
pio, la scoperta di nuove mete (come la Giordania di San Paolo,
le sette chiese dell’Apocalisse in Turchia, i monasteri mariani in
Polonia); e soprattutto l’organizzazione ultra specializzata: char-
ter, tour operator, locandieri con una particolare predisposizione
per lo charme e navigatori ultratecnologici consentono di rag-
giungere le mete religiose sempre, velocemente, con un confort
ineguagliabile al passato (anche solo di un secolo fa), senza com-
promettere la credenziale, che viene ugualmente garantita.
Un fatto eloquente nonostante una società sedicente laica: la
grotta della Madonna di Lourdes batte il museo del Louvre per
numero di presenze (la fi la non si scioglie mai, né sotto il sole
cocente, né con la pioggia battente). E poi, Lourdes non è solo
il santuario più frequentato della cristianità (700 milioni di visi-
tatori in 150 anni, con un trend che arriva a 7 milioni all’anno),
ma è anche il secondo polo alberghiero di Francia: i suoi 230 al-
berghi sono meno di quelli di Parigi ma più di Nizza e Cannes.
E se da un lato la Chiesa lamenta una dilagante perdita di fe-
deli, dall’altro i luoghi sacri e di apparizioni sono in cima alle
classifi che turistiche (7 milioni all’anno sono anche i visitatori
della basilica di San Pietro, mentre circa 6 milioni vanno a pre-
Turismo religioso
141
gare Padre Pio a San Giovanni Rotondo e partono per Gerusalemme). Al pari
di qualunque città d’arte o spettacolo della natura, sono autentiche mete tu-
ristiche con tanto di alberghi, bar e negozi di souvenir, acque sante in vendita
insieme a ex voto, madonnine e rosari, santini di buon auspicio da distribui-
re agli amici bisognosi.
L’affl uenza nei luoghi di culto cattolici e i ritmi del nostro tempo hanno giu-
stifi cato una partnership tra l’Opera Romana Pellegrinaggi (www.jospfest.
com), organizzazione di viaggi religiosi legata al Vaticano, e la compagnia ae-
rea Mistral Air (www.mistralair.it/) per off rire voli charter tra le principali città
italiane e i luoghi di culto più frequentati: Lourdes, Santiago de Compostela in
Spagna, Fatima in Portogallo, Terra Santa, Czestochowa in Polonia, la penisola
egiziana del Sinai. Con 150 mila passeggeri all’anno (nel caso di anno giubila-
re le statistiche sono ancora più ottimiste) e un risparmio del 10% rispetto alle
tariff e di altre compagnie low cost.
Anche i cammini religiosi sono tornati in grande auge. Ma non sempre si trat-
ta di una Nouvelle Vague spirituale. Pellegrinaggi e cammini infatti assolvono
a esigenze che vanno anche oltre la motivazione religiosa: si ripercorrono la
storia e i passi di migliaia di uomini, lungo itinerari ricchi di testimonian-
ze artistiche, spesso in contesti naturalistici spettacolari, con soste gourmand
che per le ore di trekking quotidiano e/o per la bontà dei prodotti regio-
nali, restano impresse nella memoria. Si aggiungano poi i rinomati benefi ci
del camminare sia per il corpo sia per la mente. Insomma, non è così diffi ci-
le capire perché un viaggiatore riesca a immedesimarsi naturalmente con il
pellegrino, anche senza la spinta della devozione. Fatto è che i cammini sto-
rici riscuotono rinnovato interesse turistico. Tant’è che sulla Via Lattea, ossia
il cammino tra Saint Jean Pied de Port e Santiago de Compostela, si incon-
tra tanta gente quanta in agosto sulle spiagge delle Riviera Adriatica, e che
Santiago, punto d’arrivo di un percorso in 36 tappe e circa 800 chilometri, in
quel periodo sembra una mistica Rimini. Nella chiesa dove i pellegrini rice-
vono la benedizione di fi ne cammino c’è un mare di gente giunta fi n lì con
le più svariate motivazioni. Chi ha camminato (o pedalato) almeno cento chi-
lometri per ottenere la credenziale, chi ha fatto un voto, chi per chiedere una
grazia o una guarigione, chi per scontare una pena, chi per nutrire lo spirito
attraverso la divina manifestazione della natura, chi per ragioni artistiche e chi
per amor di trekking e sfi da con se stessi. Nonostante le diffi coltà - sveglia alle
Viaggi spirituali
142
5 del mattino e zero vita notturna - il Cammino di Santiago è un viaggio che
piace, sempre meglio attrezzato per accogliere campeggiatori e raffi nati signo-
ri, famiglie con bambini e gente di una certa età, che dopo aver percorso in un
giorno 30-40 chilometri a piedi non desidera altro che mangiare un boccone
e riposare. E si può scegliere se farlo in tenda, in un rifugio o nell’ovattata at-
mosfera di un Parador, ex nobile delizia e oggi blasonato hotel storico (www.
paradores.es). Insomma, il cammino oggi è un’esperienza storico-artistica-spi-
rituale straordinaria che non esclude soste per altri piaceri, più goderecci. Con
un po’ di pazienza e con le guide giuste, gli ottocento chilometri possono di-
ventare un’indimenticabile passeggiata attraverso i secoli.
Dato il successo di pubblico, sono stati ritracciati altri cammini storici, come la
via Francigena che da Canterbury conduceva i pellegrini a Roma. Lo scritto-
re Enrico Brizzi l’ha percorsa passo a passo, raccontata nel romanzo Il pellegrino
dalle braccia d’inchiostro (Mondadori, 2007) e spiegata sul sito www.francigena-
XXI.com, guida pratica per altri viandanti, con informazioni su dove fermarsi,
cosa fare, come vivere appieno questo e altri percorsi storici.
Nel dicembre del 2003, in provincia di Rieti, è stato inaugurato il Cammino
di Francesco (www.camminodifrancesco.it) che collega i luoghi della vita del
Santo umbro in un tour panoramico di 80 chilometri e 7 tappe. E anche se
nei rifugi e nei relais non si risparmiano le soddisfazioni terrene (diffi cile non
apprezzare la cucina casalinga delle trattorie di zona), lontani da cemento e
rombi d’auto, si respira un’atmosfera più simile a quella che ha ispirato la vita
di San Francesco d’Assisi.
Diffi cile credere in conversioni o illuminazioni improvvise, anche se si può
confi dare in qualche dubbio sull’esistenza che ciascuno di noi conduce. Il
cammino, spesso usato come metafora letteraria della vita e della fede, potreb-
be quindi infl uenzare il viandante anche nella realtà.
L’archetipo del pellegrino si può declinare a ogni credo: con spirito devozionale
si recano i musulmani alla Mecca, gli induisti sul Gange; c’è tuttora e ovunque
gente disposta a fare sacrifi ci sovrumani pur di garantirsi un miracolo, un’assolu-
zione o qualunque altro premio divino. E ancora, l’aff ollamento in questi luoghi
dimostra da un lato una tendenza in crescita e alimenta dall’altro le speranze di
chi intraprende il percorso. La massa raff orza l’intento e la motivazione del sin-
golo; senza, non sarebbe lo stesso viaggio. Anzi, sarebbe proprio un altro viaggio,
ugualmente spirituale, ma individuale, personale, senza mete precisate e cammi-
Viaggi spirituali
143
ni tracciati, con percorsi e tappe prestabiliti. In questo caso, il viandante prende le
distanze dalla sua quotidianità e dal suo contesto sociale per inserirsi in un altro,
con altre regole e ritmi. In Italia per esempio ci sono monasteri, conventi, eremi
che off rono ospitalità e un’esperienza “ora et labora”, durante la quale preghiera
e lavoro manuale sono gli strumenti di purifi cazione dalle abitudini temporali e
di una rinascita interiore (www.turismoreligioso.eu).
Luoghi e motivazioni creano una mappa del mondo spirituale molto vasta,
interessante e varia. E osservandola si possono organizzare viaggi la cui mo-
tivazione è sì la ricerca spirituale, ma declinata in percorsi che vanno al di là
della confessione religiosa. Il viaggiatore per fede è un turista di alto profi lo
che coniuga la missione religiosa con un interesse per il territorio e il suo pa-
trimonio naturalistico, storico e artistico. Secondo una ricerca di Istur (Istituto
Internazionale di Scienze Turistiche), un terzo dei viaggiatori per fede è co-
stituito da giovani tra 20 e 30 anni e giovani adulti tra 30 e 40 anni, e circa la
metà partecipa a riti e si dedica alle off erte. Ma il 35% dichiara di nutrire in-
teresse turistico anche per la destinazione in sé. Trasformando le percentuali
in numeri - 300 milioni di persone per un giro d’aff ari di 18 miliardi di dol-
lari (dati WTO, World Tourism Organization) - il turismo spirituale si rivela
un’ottima opportunità di crescita per alcuni luoghi. Lo testimonia la presen-
za di operatori sempre più specializzati. Un esempio: Grandi Pellegrinaggi
(www.grandipellegrinaggi.it) organizza settimane nei luoghi di origine del
cristianesimo (Israele, Turchia), nei luoghi in cui il cristianesimo si è confron-
tato (e spesso scontrato) con le altre grandi religioni monoteiste (ebraismo
e islamismo), e nei luoghi in cui è stato adottato da antiche civiltà (Messico,
Perù, Guatemala). Ma l’elenco è lungo e gli operatori sono tanti (una ricca
selezione si trova sul sito di Aurea, la borsa del turismo religioso: www.aurea.
spazioeventi.org/ espositori_2009.php).
Insomma, anche in periodo di crisi delle vocazioni, alla Borsa internazionale
del turismo 2010 di Milano si è svolto Itinera, un workshop con circa 300 ope-
ratori dedicato ai pellegrinaggi (cristiani, ebraici e islamici), ai luoghi di culto,
alle destinazioni religiose, e ai “turisti per fede” che potrebbero diventare una
valida alternativa ai “turisti per caso”.
Viaggi spirituali
144
Nel 1968, quando i Beatles andarono a Rishikesh, India, per cono-
scere di persona il guru Maharishi Mahesh Yogi, erano tra i primi.
Più o meno per le stesse ragioni, in quegli anni partirono a migliaia dall’Oc-
cidente in cerca di un nuovo paradiso (un ashram, molto spesso), con nuovi
santi, regole e sacramenti. Partivano con mezzi di fortuna, facendo l’autostop,
su treni e bus tracimanti di umanità, compiendo una specie di folkloristico
pellegrinaggio che preludeva a una nuova felicità in attesa alla meta.
I turisti new age erano turisti religiosi anticonformisti: la Terra Santa non era
contemplata nelle loro rotte; andavano piuttosto in India o in Sudamerica. Poi,
a metà degli anni Ottanta, cominciò una sorta di controesodo: la vacanza del
tipo “mollo tutto e me ne vado” era fi nita, si tornava a casa, abbandonando
questa volta ashram, meditazioni trascendentali, sari e turbanti.
Nel frattempo il viaggio new age alla ricerca di un nuovo misticismo si è evo-
luto in un’esperienza forse meno radicale ma meglio strutturata, magari meno
istintiva ma più responsabile e istruttiva. Oggi non si parte più per cercare solo
se stessi, moda superata e da molti rinnegata, bensì per conoscere altre fi losofi e
e credo, per fare una vacanza illuminante, da cui rientrare con buoni propositi
per uno stile di vita diverso. E sono emerse nuove mete, fi no a poco tempo fa
inaccessibili. Come il Bhutan, il Myanmar, il Mustang in Tibet che da pochissi-
mo hanno socchiuso le porte ai turisti, pretendendo cautela e rispetto rigoroso
delle loro regole. Sono viaggi estremi e molto delicati, per i quali è consi-
gliabile affi darsi a tour operator specializzati, per esempio To Associati (www.
toassociati.com) e Viaggi Illuminazione (www.voyagesillumination.com), che
organizza spedizioni spirituali in tutto il mondo: dai monasteri della Scozia
al Gange, dai sentieri sacri dei Kapaj Nan Nuna e degli Incas in Argentina
all’incontro con gli sciamani in Birmania, sempre con full immersion nelle tra-
dizioni dei Paesi ospiti e incontro con i loro capi spirituali.
C’è ancora spazio tuttavia per le correnti neo new age, con Madonna che si
appassiona di Cabala e ne segue le tracce, e Richard Gere che abbraccia la fe-
de buddista e trascorre lunghi periodi in Tibet.
New age tourism
Viaggi spirituali
145
Ma tornando a noi, se un soggiorno a Sedona (www.aznewage.com), patria
della spiritualità alternativa in Arizona, sembra troppo lontano, si può orga-
nizzare una vacanza curativa e illuminante a breve raggio: nella campagna di
Li Mezzani, in Sardegna, sono sparse le Tombe dei Giganti, monumenti nu-
ragici che hanno la reputazione di regalare guarigione e virilità a chi li tocca.
Ragioni che spingono fi n lì ogni giorno decine di pellegrini e gruppi di Reiki
in cerca di un luogo pieno di energia positiva.
Viaggi spirituali
146
Il Gambling Tourism (in inglese “gamble” signifi ca az-
zardo) in un certo senso si può defi nire “turismo verde”.
Non perché abbia a che fare con l’ecologia e con le teorie tanto
di moda sulla sostenibilità, ma perché prevede lunghissime soste
ai tavoli verdi dei casinò di mezzo mondo.
Ci sono fondamentalmente due tipi di Gambling Tourism, quel-
lo light e quello più sostenuto.
Il Gambling Tourism light, che potremmo anche defi nire clas-
sico, è piuttosto moderato e coinvolge sopratttutto i cosiddetti
“casual gambler”, giocatori occasionali che non rischiano di ri-
dursi sul lastrico come nei romanzi d’appendice dell’Ottocento.
Si tratta di un pubblico di curiosi o di pensionati (o almeno di
over 50) che azzardano timorosamente, con assennatezza, qual-
che puntata al tavolo del blackjack, del chemin de fer o della
roulette, magari su una mega nave da crociera (in questo senso,
si parla di Cruise Gambling Tourism, una sottocategoria molto
frequentata dalle Grey Panther, vedi Grey Tourism, pag. 117).
Le mete più gettonate dai viaggiatori d’azzardo tradizionali so-
no il casinò Ruhl di Nizza, quello di Montecarlo e naturalmente
i casinò postmoderni di Las Vegas, rilanciata alla grande dalla se-
rie tv CSI (e anche qui si crea facilmente una sovrapposizione
di categorie, questa volta col tele turismo).
D’altronde, una giornata al casinò è un’esperienza turistica
completa, che non si esaurisce con il tempo trascorso a gioca-
re. I grandi casinò off rono ogni tipo di intrattenimento, come se
fossero dei villaggi-vacanze: ci sono spettacoli con cantanti ever-
green, buff et dove si può mangiare fi no allo sfi nimento, bar che
off rono aperitivi di ogni genere, boutique di grandi fi rme, come
al Bellagio di Las Vegas.
E poi, naturalmente, le faraoniche megasuite a tema per riposare
Via
ggi
per
gio
co
Capitolo
17 Turismo d’azzardo (o Gambling tourism)
147
prima di iniziare una nuova giornata di gioco (molti casinò sono anche alber-
ghi). A questo proposito, ci sono pacchetti che comprendono un soggiorno
nell’hotel del casinò e il biglietto aereo.
Talvolta l’off erta è vincolante e prevede che si debba trascorrere un tot di ore
al giorno nel casinò in questione. In altri casi, il pacchetto consente di fre-
quentare diversi casinò della stessa città: è la fi losofi a del “Casino Hopping”,
che prevede un soggiorno in cui si possono visitare i vari templi del gioco, in
modo da trovare quello più consono.
Ultimamente, anche sull’onda del fi lm Casino Royale, ventunesimo episodio
della saga di James Bond, va molto di moda andare a giocare in Montenegro
(anche se in realtà le scene con gli esterni del casinò furono girate a Karlovy
Vary, nella Repubblica Ceca).
Una chicca per intenditori è il casinò Blankenberge, in Belgio, sulla spiaggia
omonima, uno dei lidi europei più chic degli anni Trenta.
Chi invece non vuole allontanarsi troppo alterna mete più vicine, che off rono
sempre la possibilità di abbinare gioco, cultura e scenari da favola, che si tratti
di Venezia, Saint Vincent, Campione d’Italia, Nova Gorica o Portorose.
Abbiamo visto che il Gambling Tourism è un turismo ibrido, che si confon-
de con altre categorie.
C’è anche una variazione sul tema della Staycation (vedi pag. 93): chi non si
può permettere un viaggio più o meno impegnativo nei templi del gioco, non
si muove dalla propria città e si limita a partecipare a una bella tombolata, che
se organizzata sotto Natale, dà vita al Christmas Gambling Tourism. I puristi
della Staycation invece preferiscono una partita di poker online a casa, davan-
ti al computer, con accanto una bottiglia di whiskey che fa pensare di essere
a Reno.
Infi ne c’è la versione più spinta del turismo d’azzardo, l’Hard Gambling
Tourism. In questo caso i protagonisti sono i “compulsive gambler”, i gio-
catori accaniti. Sono, per esempio, i manager in cerca di emozioni forti, che
spendono piccole fortune in folli giocate nei casinò di Hanoi, Dubai, Macao
(imperdibile una sosta all’hotel Venetian, www.venetianmacao.com, sulla vicina
isola di Taipei) e Città del Capo. Ogni meta ha poi le proprie specializzazioni:
così si va al Mandarin di Macao per giocare a baccarat, al St. James di Antigua
per trovare un esotismo raffi nato, al Clermont, un club privato di Londra, per
cedere all’irresistibile glamour della tradizione.
Viaggi per gioco
148
Per completezza, citiamo le off erte roulette proposte da alcune agenzie di
viaggi: si tratta di una variante dei viaggi last minute dove si scelgono un paio
di mete possibili per la propria vacanza e fi no all’ultimo non si sa se si partirà
per una o l’altra destinazione.
Viaggi per gioco
Si programmano viaggi con l’obiettivo di superare i primati registrati
nel Guinness World Records. Per esempio, si può cercare di replicare
(o addirittura di migliorare) l’impresa di Josh e Anna Hogan, che tra il 2007 e
il 2008 hanno percorso su una Quadbike 27.141 km, da Mombasa, in Kenya,
a Elche, in Spagna. Oppure si può pensare di emulare Flavio Jardim e Diogo
Guerreiro, che nel 2005 sono andati in windsurf da Chui a Oiapoque, sulla
costa del Brasile, percorrendo 8.120 km.
Guinness tourism
149
Il Parkour, ovvero l’arte di aff rontare un percorso metropolitano adattan-
do il corpo ad ogni tipo di ostacolo, con salti, piroette e altre acrobazie,
ha in sé alcuni principi fondamentali della fi losofi a zen, in quanto prevede
che per andare da un punto all’altro si scelga la maniera più fl uida ed elegante
possibile. Si superano con estrema disinvoltura scale, fi nestre, tettoie, pro-
digandosi in una serie di movimenti atletici e acrobatici, quasi si fosse degli
street dancers. Prende così forma un inconsapevole turismo metropolitano, di
grande eff etto e molto coreografi co.
Fondatore del Parkour è il francese David Belle (1973), che alla fi ne degli anni
'80 a Lisse, un sobborgo di Parigi, applicò al contesto urbano le tecniche tipi-
che dei percorsi usati negli addestramenti militari.
In particolare, Belle si ispirò al metodo messo a punto alla fi ne dell’Ottocen-
to dal militare Georges Hébert, uffi ciale della Marina francese e insegnante di
educazione fi sica. Gli appassionati di Parkour (Il termine venne fondato nel
1998 da David Belle e da Hubert Koundé), chiamati “traceurs”, cioè creato-
ri di percorsi (gli inglesi invece preferiscono il termine “Parkourists”), cercano
continuamente di individuare la via più elegante per andare da un punto all’al-
tro, cercando di toccare terra il meno possibile, librandosi nell’aria con raffi nati
volteggi.
A questo proposito, è stata messa a punto anche la disciplina del “Free Running”,
che mira a spettacolarizzare al massimo l’esperienza del Parkour, prendendo
spunto proprio dalla ginnastica acrobatica, per dar vita a elaborate fi gure con
il corpo. Il percorso viene così arricchito da salti mortali, capriole, volteggi e
quant’altro possa servire a rendere più aff ascinante la corsa nella metropoli.
Diffi cile dire quanto incida la componente puramente turistica nel Parkour,
che appare più che altro come uno sport elegante. Forse però si potrebbe de-
fi nire un “turismo da periferia”, un modo di scoprire e valorizzare la città
strettamente legato alla nostra epoca.
Comunque sia, talvolta la padronanza di questo virtuosismo di matrice milita-
resca appare addirittura indispensabile. Per esempio nelle città in guerra, dove
Parkour
Viaggi per gioco
150
è importante saper individuare prontamente le vie di fuga più agevoli. E allo-
ra il Parkour diventa un turismo inconsapevole e necessario.
In verità il Parkour, noto anche come PK, può essere visto anche come un ag-
giornamento in chiave contemporaneo della pratica del Wanderer romantico,
il passeggiatore solitario che entrava in sintonia col paesaggio per coglier-
ne le più intime suggestioni. Nel Parkour si defi nisce compiutamente questa
comunione ideale tra sportivo (e pseudoturista) e contesto, fi no ad arrivare
a una sorta di identifi cazione con il paesaggio stesso. Con una diff erenza: gli
appassionati di Parkour vivono in gruppo, formano “crews” per condividere
avventure e esperienze.
Il Parkour è molto presente nella cultura popolare. Sequenze di Parkour si tro-
vano nel fi lm Taxi 2, prodotto da Luc Besson, che è anche il produttore di
Yamakasi. I nuovi samurai, in cui si vedono in azione alcuni membri del gruppo
Yamakasi, composto da esperti dell’Art du déplacement (arte dello spostamen-
to), una disciplina simile al Parkour.
Momenti di Parkour da antologia sono off erti anche da Sébastien Foucan (lo
sportivo che ha fondato il termine “Free Running”) nel fi lm Casino Royale,
nell’inseguimento con Daniel Craig alias 007. Senza contare le sequenze di
Parkour in Prince of Persia e in Iron Man 2. Lo stesso David Belle, fondatore del
Parkour, ha recitato in Banlieue 13.
Il Parkour non manca neppure nei palinsesti dei programmi televisivi, do-
ve spicca l’MTV Ultimate Parkour Challenge. E poi ci sono i videogame. Ezio
Auditore è un antesignano del Parkour, proposto nella Firenze rinascimenta-
le di Assassin’s Creed 2. Anche in Grand Theft Auto IV si possono mettere in
pratica varie tecniche di Parkour, ma è Mirror’s Edge il videogioco per eccel-
lenza per chi ama il Parkour: un’ottima palestra virtuale per memorizzare salti
e acrobazie.
Il blog uffi ciale del Parkour è quello del suo fondatore, David Belle (www.
wmaker.net/parkour).
In Italia, tra i siti di riferimento, quello dell’Associazione Italiana Parkour.
it (www.parkour.it) e quello di Parkour APKI-Associazione Parkour Italia
(www.apki.it).
Viaggi per gioco
151
Questo è l'inevitabile conseguenza di dieci anni di tam
tam sulle grandi opere delle archistar. Chi non ha an-
cora sentito nominare Philippe Starck, Frank Gehry, Zaha Hadid,
Jean Nouvel, Tadao Ando, Oscar Niemeyer, Santiago Calatrava,
Renzo Piano, Massimiliano Fuksas, beh possiamo serenamente af-
fermare che costui vive in un altro mondo. E in un’altra epoca
storica, o forse in un bunker, di sicuro senza giornali e tv e pc e
smartphone e tablet e… Perché nell’ultimo decennio e nel nuo-
vo millennio le amministrazioni metropolitane e cittadine si sono
date un gran daff are per aggiudicarsi i progetti dei grandi architet-
ti del presente.
Spesso caratteriali e capricciosi, come tutte le star, sono indubbia-
mente artefi ci di nuovi skyline e nuovi concept urbani. Certo è
che se una dozzina di anni fa qualcuno andava a Bilbao, lo faceva
per ragioni personali, aff ettive, di famiglia e di lavoro, di sicuro non
per ammirarne le bellezze architettoniche. Poi è arrivato Frank
Gehry, e ha costruito un mueso per la collezione Guggenheim
regalando alla città il suo nuovo simbolo. Di lì a poco, a breve di-
stanza, gli hanno commissionato il progetto tutto curve e lamiere
scintillanti della Wine-Spa Les Sources de Caudalie.
Così si arriva a due landmark che, insieme alla buona cucina e all’at-
mosfera easy di tapas e streetlife, valgono il viaggio nella cittadina
basca. Al punto che si parla di “eff etto Bilbao” per spiegare come
un posto anonimo possa diventare in poco tempo una delle più
visitate mete turistiche in Europa. Ancora, il porto di Valencia ha
cambiato faccia da quando è approdata l’America’s Cup e con essa
i capolavori di Calatrava, Chipperfi eld, Piano. Poi ci si sono messe
le compagnie aeree low cost con voli quasi gratuiti, ed è arrivato
il boom turistico di una tranquilla cittadina fi no ad allora adom-
brata dalla vicina e decisamente più monumentale Barcellona. E
Vaca
nze
in
tell
igen
ti
Capitolo
18 Archi-Tourism
152
Berlino? Basta scendere dal treno per trovarsi in una stazione tutta cristalli e ac-
ciaio e da lì inoltrarsi in una sorta di passeggiata nella storia dell’architettura del
Dopoguerra e del dopo Urss.
Gli esempi di certo non mancano. Che si vada a Los Angeles, Seattle, Milano,
Roma, Londra, Saragozza, Pechino, Shangai, Dubai e Abu Dhabi l’architour tra i
monumenti del contemporaneo è d’obbligo. Queste metropoli sono in continua
metamorfosi grazie all’opera visionaria dei grandi studi internazionali di archi-
tettura. A Dubai la realtà ha superato l’immaginazione con la costruzione di due
arcipelaghi artifi ciali, uno a forma di palma, l’altro a forma di atlante geografi co
del mondo con ogni continente progettato da un architetto diverso. Strabiliante,
anche se la crisi globale ha posto un arresto ai lavori in corso.
L’architettura del XX e del XXI secolo è un fi lo rosso per viaggi culturali, di cui si
sono fatte interpreti diverse associazioni. La fondazione Architecture di Chicago
(caf.architecture.org) propone più di 85 giri attraverso l’architettura cittadina, in
bus, in bici, in barca, a piedi. Gli spunti interessanti non mancano e l’idea nel-
la città americana nasce spontanea: il primo grattacielo al mondo fu costruito da
Mies van der Rohe proprio lì; le prime opere pubbliche e private di Frank Lloyd
furono realizzate a Chicago; sempre lì, l’artista indiano Amish Kapoor ha colloca-
to una nuvola d’acciaio su cui si specchiano passanti, alberi e grattacieli e Renzo
Piano ha appena completato The Modern Wing dell’Art Institute. Aggiungiamo
pure che Barack Obama era di stanza a Chicago quando frequentava la facoltà di
giurisprudenza e che la sua casa e i suoi luoghi preferiti fanno parte di uno degli
itinerari più richiesti dopo la sua elezione come Presidente degli Usa.
Altra meta classica degli appassionati di architettura è Barcellona, disegnata da
Ildefonso Cerdà con le più innovative teorie dell’urbanistica di metà Ottocento,
e movimentata dalle facciate scenografi che di Gaudí che ha fi rmato case, parchi
e una cattedrale ancora incompleta.
Per girare a Barcellona può bastare la guida giusta: per esempio la City Guide
Wallpaper (Phaidon, anche per I-phone) che indica i Landmark più importan-
ti e da non perdere, o con le schede della guida Barcellona Passeggiate in Città
(Magazzini Salani) che, in base al tempo a disposizione e all’interesse, sug-
geriscono itinerari a piedi tra i quartieri. Bisogna però assicurarsi che siano
sempre aggiornatissime e non manchino le ultime novità. Per esempio, dal 2010
Barcellona ha un monumento in più, che di sicuro passerà alla storia: l’Hotel W
(www.w-barcelona.com) di Ricardo Bofi ll. Per essere sicuri di non perdere al-
Vacanze intelligenti
153
cunché di imprescindibile, ci si può affi dare alle agenzie che a Barcellona come
in tutte le città degne di nota architettonica si specializzano in architour (www.
architour.es).
Con la consulenza di addetti ai lavori - architetti, ma anche giornalisti, docenti
universitari e designer, fotografi – l’agenzia italiana Viaggi di Architettura (www.
viaggidiarchitettura.it) organizza architour di più giorni in tutto il mondo, apren-
do le porte dei più importanti studi di progettazione e di edifi ci solitamente
chiusi al pubblico, come banche, ambasciate, case private e cantieri.
Quasi ogni meta turistica che si rispetti ha un patrimonio architettonico con-
temporaneo da vedere. Alcune si identifi cano con quel patrimonio, che ne
rappresenta l’identità più attuale: Shanghai post Expo 2010, Pechino del dopo
Olimpiadi 2008, Brasilia costruita da zero su progetto di Oscar Niemeyer, Milano
del prossimo Expo 2015.
Altre invece hanno realizzato (o hanno in cantiere) interi quartieri modernissi-
mi: Lisbona e Bordeaux con i loro monumenti nuovi di pacca sono luoghi ideali
da visitare in quest’ottica. Ma anche i nuovi auditori Parco della Musica a Roma,
la Philarmonie a Luxembourg, l’Opera di Oslo. E poi stazioni e aeroporti, i nuo-
vi musei, i fl agshipstore degli stilisti, gli alberghi come l’Hotel Le Corbusier
a Marsiglia (www.hotellecorbusier.com), il Mama Shelter di Philippe Starck a
Parigi (www.mamashelter.com), l’NH Fiera di Norman Foster a Milano (www.
nh-hotels.it).
Anche le realtà rurali vanno al passo coi tempi, con esperimenti di bioarchitet-
tura e di design a cominciare dalle cantine più pregiate che vengono rinnovate
o costruite ex novo da Mario Botta (Cantina Petra in Maremma), Renzo Piano
(Rocca di Frassinello, in Toscana), Massimiliano Fuksas (Distilleria Nardini a
Bassano del Grappa), Zaha Hadid (López De Heredia Viña Tondonia).
L’ultima tendenza è affi dare agli studi di architetti famosi anche i progetti di su-
per yacht. In modo che ovunque si vada e con qualunque mezzo si viaggi, ci
sia sempre la fi rma dell’archistar. Nel maggio 2009 è stato inaugurato l’Emerald
Ocean fi rmato Norman Foster, avveniristico 41 metri in multiproprietà, dispo-
nibile anche in charter (www.boatbookings.com): da 115.000 a 160.000 euro
a settimana (spese escluse) da suddividere tra 12 persone! Per archituristi mol-
to facoltosi.
L’architour in chiave contemporanea non deve essere però interpretato come una
minaccia alla fama e al numero di visitatori dell’Alhambra, della Cappella Sisitina
Vacanze intelligenti
154
e degli altri capolavori del passato; al contrario, la nuova tendenza, uffi cialmente
riconosciuta nel 2002 dalla “Columbia University Conference on Architecture
as a Destination for Tourism”, raff orza e rinnova l’immagine culturale dei luoghi
e tutt’al più intensifi ca i fl ussi turistici, attirati sì dalle grandiose opere del XXI
secolo ma altrettanto pronti a spalancare occhi e bocca davanti ai più bei monu-
menti storici.
Vacanze intelligenti
Aun certo punto, una ventina di anni fa è scoppiata una moda: man-
dare i fi gli a studiare all’estero. Secondo la classe medio-borghese
rampante una cultura internazionale era molto formativa per le giovani leve
e la prima conquista da compiere era la padronanza dell’inglese, cioè la lin-
gua del business, prima negli Usa, poi sempre più in Australia e in Nuova
Zelanda.
In alternativa, si potevano scegliere anche paesi di madre lingua spagnola, fran-
cese, tedesca. Da allora e sempre di più, moltissimi giovani dai 13 anni in su (a
volte anche prima) vengono iscritti a gruppi di vacanze studio e spediti a mi-
gliaia di chilometri, per mettere le basi di una cultura internazionale, vivendo
con un’altra famiglia, frequentando una scuola nuova con insegnanti, compa-
gni e lingua totalmente sconosciuti.
Per due settimane estive in molti casi, oppure per un anno intero. È questa
la mission di associazioni come Intercultura (www.intercultura.it), Ef (www.
eftours.com), Experiment in International Living (www.experimentinter-
national.org), attive nel promuovere i primi passi nel mondo di migliaia di
studenti e apprendisti-turisti che vogliono imparare una lingua, nuovi stru-
menti e l’arte del viaggio buono.
Allo stesso modo diventano turisti anche gli universitari che si iscrivono al
programma Erasmus per frequentare corsi e sostenere esami negli istituti pari-
fi cati d’Europa. Anche se non esistono statistiche, oggi, per ragioni di studio, si
mettono in viaggio ogni anno milioni di adolescenti e giovani. Cioè milioni
di nuovi turisti, milioni di futuri viaggiatori con un bel background di valori
Educational tourism e vacanze studio
155
Appassionati di Ernest Hemingway? Alla scoperta dell’Africa di Karen
Blixen? Oppure curiosi dei luoghi di Georges Simenon a Parigi, o
di quelli immaginari di Sherlock Holmes a Londra? La Praga di Kafka?
Insomma, si potrebbe andare avanti per ore, scorrendo l’indice di una Garzantina
della Letteratura. La letteratura infatti off re infi niti spunti per organizzare viag-
gi e itinerari a tema.
In pratica, per fare turismo letterario basta avere: un autore preferito (di qua-
lunque epoca), un libro del cuore, un movimento o una corrente letteraria che
appassiona e partire alla ricerca dei relativi luoghi reali e immaginari. Per questi
viaggiatori sono nati siti dedicati (uno dei più completi è www.literarytrave-
ler.com), guide d’autore (un esempio: Lisbona. Quello che il turista deve vedere di
Fernando Pessoa, ET Geografi e, Einaudi, 2003), appuntamenti (www.festivalet-
teratura.it), mappe e tour sulle tracce di scrittori e libri (come la Roma di Angeli
& Demoni raccontata da Dan Brown, www.angeliedemoni.it).
Un esperimento tutto italiano che mira all’arricchimento dell’off erta turi-
stica responsabile e sostenibile e alla valorizzazione dei nostri patrimoni è
“Paesaggio Culturale”, che prevede la realizzazione di cartine geografi co-let-
terarie, un calendario di eventi, un catalogo di tour (con la direzione tecnica
dei Viaggi dell’Elefante, www.viaggidellelefante.it) nei Parchi letterari d’Italia
(www.parchiletterari.com).
Una delle più recenti declinazioni del turismo letterario è il Bookstore
Tourism, che prende il via nel 2003 da un progetto dallo scrittore e pro-
fessore universitario statunitense Larry Portzline (www.larryportzline.com).
L’obiettivo è promuovere alcune località - metropoli e paesi, famose o meno -
attraverso la visita di piccole librerie indipendenti dove si possono scovare testi
rari e di nicchia legati alla storia e ai luoghi della città in cui si trovano. Il sou-
venir del viaggio è, se si è fortunati, una copia autografata dall’autore che si è
sempre sognato di conoscere.
Per analogia di motivazioni culturali, si potrebbe includere in questo capito-
lo il Vermeer Tourism o più genericamente turismo pittorico. C’è infatti chi
Turismo letterario (e pittorico)
Vacanze intelligenti
156
si inventa viaggi per vedere tutti i 34 quadri di Jan Vermeer, il grande pittore
olandese del Seicento, celebrato anche dal cinema con La ragazza dall’orecchi-
no di perla, conservate nei musei di mezzo mondo, dal Mauritshuis dell’Aia al
Metropolitan Museum di New York. Con lo stesso principio si può scegliere
un pittore o scultore e collezionarne le opere (in cartolina, naturalmente!) vi-
sitando tutte le sedi, temporanee e permanenti, di esposizione.
Vacanze intelligenti
157
Se il teatro di prosa è una passione, ci sono due modi per seguirlo:
aspettare che la compagnia passi in città, oppure raggiungerla nella sua
sede stabile. Nel secondo caso, si rientra nella tipologia del turista teatrale,
cioè chi è disposto a viaggiare per vedere teatri, spettacoli e compagnie dal vi-
vo e nel posto d’origine. Come aff erma lo studioso inglese Howard Hughes,
il turismo teatrale è una nicchia in rapido sviluppo di quello culturale (Arts,
entertainment and tourism, Oxford, Butterworth-Heinemann, 2000) e, a parte
interessi particolari, segue cartelloni, stagioni, festival ed eventi storici e di ri-
chiamo internazionale. E, dati i soggetti che se ne appassionano, ha di solito
mire fi lologiche: il miglior palcoscenico per vedere una tragedia greca è il te-
atro di Siracusa, per le commedie di Shakespeare invece è il Globe di Londra,
per il musical non c’è nulla di più spettacolare di Broadway.
Stesso discorso vale per gli amanti di lirica e musica classica, da seguire nelle
sedi più belle (La Scala di Milano) e nelle occasioni più importanti (Concerto
di Capodanno al Musikverein di Vienna). Ai biglietti, ma anche a volo, hotel e
tour, pensa il tour operator (Il Sipario Musicale, www.ilsipariomusicale.com).
La maggior parte dei viaggiatori, però, si organizza autonomamente per segui-
re le rassegne culturali preferite, costruendo stagioni personali con cartellone
internazionale che spazia dal Festival dei Due Mondi a Spoleto a quello Jazz
di Motreaux, dal Festival di Venezia a quello di fotogiornalismo a Perpignan, a
pochi chilometri da casa o a migliaia di miglia di distanza se si vuole vedere, al-
meno una volta nella vita, il Burning Man nel Black Rock Desert, in Nevada,
o il Festival Panafricain du Cinéma et de la Télévision de Ouagadougou in
Burkina Faso. Si creano così occasioni di viaggio speciali che consentono di
vedere teatri, ma anche piazze e monumenti, paesi animati dalle più interes-
santi rappresentazioni del mondo.
Turismo teatrale, lirico e dei festival
Vacanze intelligenti
158
Si parte per imparare qualcosa, per seguire un workshop o fare una
full immersion in ciò che più piace e diverte. Chi è appassionato di
giardinaggio, pesca nei fi umi, climbing, tango, barca a vela, guida sporti-
va, considera l’abbronzatura e il dolce far niente banali trofei di viaggio e
approfi tta delle vacanze per praticare e approfondire lo sport o l’hobby prefe-
rito nel posto migliore e con i massimi esperti. E così, in giro per il mondo,
si possono frequentare le scuole più prestigiose e seguire lezioni impartite
dalle massime autorità in materia: dal corso di carnet de voyage tenuto da
Stefano Faravelli per la Scuola del Viaggio (www.scuoladelviaggio.it) ai ma-
ster dell’Escuela Argentina de Tango (www.eatango.org) a Buenos Aires. La
diff erenza con l’Educational Tourism (vedi pag. 154) è molto sottile: in quel
caso si persegue un diploma, un attestato uffi cialmente riconosciuto, un cre-
dito formativo; nel caso delle vacanza per imparare, invece, l’obiettivo è più
dilettevole che professionale. E così, chi è disinteressato al dolce far nulla e
all’abbronzatura, approfi tta delle ferie per dedicarsi alle attività che non riesce
a coltivare nella quotidianità o per provare qualcosa di nuovo o di estremo, e
magari scoprire in sé doti nascoste.
Ci sono proposte di ogni genere. Da pochi giorni a mesi, da principianti ai
massimi livelli di professionalità, dall’avventura al lusso, da pochi euro a cifre
da capogiro. Per esempio ci si può trasformare in mandriani e seguire a cavallo
per cinque giorni la transumanza dei bovini nell’Outback australiano (www.
cattledrive.com.au): si dorme in campi tendati, si impara ad annodare il lazo
e a dirigere la mandria. Chi invece ha il pallino della vela può iscriversi alla
Scuola di Mare Beppe Croce (www.yachtclubitaliano.it): in una settimana si pro-
va a condurre la barca, tracciare rotte, issare le vele, ormeggiare in rada, ogni
giorno con ruoli diversi.
I villaggi del Touring Club Italiano (La Maddalena, Marina di Camerota, Isole
Tremiti, Favignana, www.villaggi.touringclub.it) propongono settimane a te-
ma: a seconda degli interessi, si può scegliere tra vela, storia dell’arte, geologia,
tango argentino, manipolazione dell’argilla, astronomia, ambiente, e seguire i
Vacanze per imparare
Vacanze intelligenti
159
corsi con esperti della materia. Per imparare il massaggio ayurvedico, invece,
bisogna puntare la bussola in Kerala, nell’India del sud. Al Somatheeran (www.
somatheeram.in), resort pluripremiato come miglior centro del mondo, ha se-
de la Ayurveda Academy che propone stage da 45 a 3 ore in 20 o 6 giorni con
rilascio del certifi cato a fi ne programma.
Insomma, sono sempre più numerosi i turisti che preferiscono investire il tem-
po della vacanza in modo creativo e istruttivo. E sono sempre più varie e
numerose anche le proposte. Per questo bisogna scegliere con oculatezza con
chi e dove andare, prediligendo sempre gli specialisti con curriculum di livello
e le destinazioni appropriate: quindi, Argentina per il tango, Thailandia per la
Thai Box, Irlanda per la pesca alla mosca, Libia per l’archeologia, e via dicen-
do per qualunque materia. La ricerca non è sempre facile, ma un buon punto
di partenza è il sito www.shawguides.com dove sono elencate 6.000 diver-
se possibili vacanze per imparare in tutto il mondo: dalle scuole del vino ai
workshop di scrittura creativa, dai corsi di regia a quelli sui nuovi media, dalle
settimane di golf a quelle di tennis. C’è persino una guida alle proposte alta-
mente specializzate: seminari di yoga a Cape Cod, tauromachia a Salamanca e
campi di surf in California.
Vacanze intelligenti
160
Est
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filo
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aggio
Capitolo
19
“La vera casa dell’Uomo non è una casa, ma la strada,
e la vita stessa è un viaggio da fare a piedi”. Parola
di Bruce Chatwin (Sentieri Tortuosi, Bruce Chatwin Fotografo,
Adelphi). Volendo partire dalle origini del nomadismo con-
temporaneo, bisogna cominciare proprio da Bruce Chatwin
(1940-1989).
Chatwin era uno scrittore, ma non aveva il vizio della scrittu-
ra. Per lui la scrittura era uno strumento al servizio del viaggio,
vera passione e impegno di tutta la sua esistenza. Munito di tac-
cuini - le mitiche moleskine che comprava in una cartoleria di
Parigi - per appuntare impressioni e intuizioni, girava il mondo
e viveva da vero outlandish, che per un inglese signifi cava anche
solo superare la Manica, barriera fi sica e metafi sica che condu-
ceva subito in un altrove psicologico e favoloso.
Secondo Roberto Calasso, direttore editoriale di Adelphi,
Chatwin non era un erede di Odisseo, che viaggiava per tornare
in patria. Era piuttosto un autentico nomade, senza patria né in-
dirizzo di residenza, con un destino scritto nel nome: Chatwin
infatti, interpretato e tradotto, signifi ca “sentieri tortuosi”. Quelli
su cui si è incamminato fi n da giovanissimo per raggiungere
l’Egitto, il Dahomey (ora Benin), l’Afghanistan, la Patagonia, e
l’Australia dove raccolse appunti per uno dei suoi best seller,
Le vie dei canti (Adelphi, 1995). Durante i viaggi, Chatwin fo-
tografava e annotava impressioni su popoli e luoghi; teneva più
a questi fogli che al passaporto, perché erano intuizioni, visioni,
tessere di un complesso puzzle che componeva la sua vera car-
ta d’identità.
Chatwin è considerato il capostipite dei nuovi nomadi che
vanno per il mondo per scoprirlo e aff rontarlo in prima linea,
guardarlo, sentirlo addosso, odorarlo, toccarlo, gustarlo, udirlo e
Vagabonding e new nomadism
161
infi ne, ma non necessariamente, raccontarlo. Gente che ha il mito di Ulisse nel
DNA ma che possiede i mezzi del Terzo Millennio. Oggi, mete e trasporti so-
no più accessibili, si conoscono i nomi di quasi ogni etnia del pianeta, si sanno
con precisione clima e temperatura a ogni latitudine, si viaggia a bordo di ve-
locissimi jumbo con telefoni satellitari, rete wi-fi e spa, si dispone di navigatori
gsm potentissimi, si fanno simulazioni di itinerari su Google Earth. Con que-
sto bagaglio di strumenti e conoscenze si parte per il moderno vagabonding.
Che, nonostante la dotazione hi-tech, resta un’avventura e comporta l’impe-
gno di un viaggio indipendente e a lungo termine, la defi nizione di nuove
rotte e linee di pensiero. Per molti il vagabondaggio diventa la ragione di vita,
uno stile, un metodo, un approccio all’esperienza umana che trova la sua per-
fetta metafora e realtà proprio nel viaggio.
Nomadi si nasce oppure si diventa. Nel secondo caso, occorre distaccarsi fi -
sicamente e mentalmente dal proprio mondo per intraprendere una nuova
esperienza che non prevede stanzialità né routine.
A ogni incontro, in ogni situazione il viaggiatore si espone a imprevisti, accetta
inconvenienti. Si muove da un posto al successivo trasformando la quotidiani-
tà in un fatto eccezionale.
Dopo le guide per il viaggio indipendente, Vagabonding in Europe and North
Africa e Vagabonding in the Usa scritte da Ed Buryn negli anni Settanta, il con-
cetto è stato ripreso nel 2003 da Rolf Potts – in curriculum 5 continenti, la
discesa del Mekong in peschereccio, l’Europa in autostop, Israele a piedi, il
Burma in bici, dalla California alla Patagonia in fuoristrada – con il saggio
Vagabonding. L’arte di girare il mondo (Ponte alle Grazie) e la pubblicazione del
blog www.vagabonding.net dedicato a chi vuole realizzare il progetto. Ben
evidente sulla homepage, si trova la defi nizione del lemma, “Vagabonding: (1)
L’atto di abbandonare la vita quotidiana per viaggiare indipendentemente per
un lungo periodo. (2) Un modo di viaggiare dal signifi cato personale che en-
fatizza creatività, avventura, consapevolezza, semplicità, scoperta, indipendenza,
realismo, buon umore, e sviluppo dello spirito. (3) Una scelta di vita che ren-
de possibile la libertà di viaggiare”.
Pur partendo da questa defi nizione, motivazioni, modi e mete sono però mol-
to vari. C’è chi parte con mission di scoperta dei limiti e delle possibilità
umane, come l’alpinista altoatesino Reinhold Messner (www.reinhold-mes-
sner.it) che ha scalato tutte le 14 cime sopra gli ottomila metri e attraversato
Estetica e filosofia del viaggio
162
senza mezzi l’Antartide, la Groenlandia e il Deserto dei Gobi, e c’è chi parte
per una causa ambientalista come David de Rotschild, fondatore di Adventure
Ecology (www.adventureecology.com/), che ha compiuto la traversata da San
Francisco a Sydney a bordo di una zattera di bottiglie di plastica riciclata:
quattro mesi e ottomila miglia marine per sensibilizzare l’opinione pubblica
sull’inquinamento marino.
Qualunque sia lo scopo, anche solo mettere alla prova le proprie forze e le
proprie capacità di problem solving, al neo nomade sono richieste doti ecce-
zionali. Perché il vagabonding espone la vita a pericoli inattesi e ad avventure
che potrebbero essere fatali. Come accadde a Chris McCandless, che nel 1990
si mise in viaggio con l’idea di attraversare gli Stati Uniti fi no all’Alaska, dove
fu trovato morto di fame, di freddo, di solitudine in un autobus abbandonato
(la storia è raccontata nel romanzo. Nelle terre selvagge, di Jon Krakauer, Milano,
Corbaccio, 1997, e nel fi lm Into the wild di Sean Penn, 2007). Da allora, molti
giovani si sono avventurati nel Parco Nazionale di Denali, alla ricerca del bus
al capolinea del mondo e della vita di Chris; anche loro, però, sono spesso im-
preparati ad aff rontare un’Alaska selvaggia e la natura impervia. Solo nell’estate
del 2010 i ranger del parco sono intervenuti in soccorso di giovani esploratori
un decina di volte, alcune delle quali troppo tardi per salvarli. Quindi, attenzio-
ne! Coraggio e spirito di adattamento non bastano per intraprendere un serio
vagabonding. Bisogna partire attrezzati, avere esperienza (molta) e gli strumen-
ti giusti (meglio con telefono satellitare e gsm a portata di mano).
Estetica e filosofia del viaggio
163
Il gusto di camminare è una pratica antica, che nel tempo è stata conti-
nuamente perfezionata, adattandola anche alla sensibilità delle diverse
epoche. Sintetizzare una storia del camminare in poche righe è un’impre-
sa ardua, viste le molteplici modalità di questa variante del moto a luogo,
che spesso ha dato vita a forme volontarie e non di turismo: basti pensare al-
le estenuanti camminate dei pellegrinaggi religiosi o alle passeggiate brevi e
ben regolamentate dei nobili che visitavano con calma e meticolosità i giar-
dini più belli d’Europa. Nondimeno, ormai da qualche secolo, è in atto una
tendenza che vede un progressivo avvicinamento tra la passeggiata e la medi-
tazione, defi nendo sempre più compiutamente l’idea della passeggiata come
atto estetico. Fin dal Settecento la passeggiata diventa sinonimo di occasione
di un momento contemplativo, come appare nelle Reveries d’un promeneur
solitaire di Jean-Jacques Rousseau, dove l’atto del camminare è visto pure co-
me metafora di libero vagabondaggio dei pensieri, che danno vita a rifl essioni
e considerazioni sulla condizione dell’uomo. Un modo di agire e di pensare
comune anche al poeta inglese William Wordsworth, che era un grande ap-
passionato di passeggiate: si stima che nella sua vita abbia percorso a piedi più
di 290mila chilometri, entrando in sintonia e in comunione con il paesaggio.
Un atto profondamente legato al senso di libertà che molto spesso si sposa con
un bisogno irrinunciabile di vivere in contatto con la natura.
Non a caso, nel XIX secolo, con l’aff ermarsi del gusto per la natura, si diff on-
de la moda delle passeggiate nel verde. A quell’epoca vengono creati i primi
Walking Club, che ben presto fanno proseliti in tutto il mondo.
Tra gli esempi notevoli, quello dei Sydney Bush Walkers, che negli anni Venti
del Novecento contribuirono a riscoprire il patrimonio naturalistico dell’Au-
stralia. Ma i testimonial del passeggiare sarebbero molti, da Henry David
Thoreau, autore del prezioso libretto Camminare, allo scrittore svizzero Robert
Walser, che ha sigillato le sue emozioni di camminatore ispirato ne La passeggiata.
Oggi la pratica del camminare è molto in voga. Come si legge nel si-
to della rivista americana Walk About (www.walkaboutmag.com), una
Walkscaping
Estetica e filosofia del viaggio
164
delle più reputate del settore, “il rapporto tra walker e runner è di 3 a 1,
e in America il camminare è al primo posto tra le attività per il fi tness”.
Il passeggiare ha assunto progressivamente un carattere zen: si va sempre più
verso il piacere del camminare, verso il camminare bene, con metodo, rispet-
tando tutta una serie di regole non scritte. Si aff erma così il Walkscaping, che
coniuga passeggiata e meditazione sul paesaggio.
Grazie al Walkscaping, fenomeno ben descritto da Francesco Careri nel li-
bro Walkscapes. Camminare come pratica estetica, si defi nisce un nuovo turismo,
che comprende soprattutto luoghi che sfuggono alla rigida gerarchia degli hi-
ghlights, ma di ciò che sta tra un riferimento monumentale e l’altro. Insomma,
si cammina per il bisogno di creare una continuità nella percezione del pae-
saggio, riscoprendo il gusto per l’esplorazione, anche urbana.
Un modo di fare turismo e di viaggiare che ha registrato un’ulteriore impen-
nata grazie a “App” per iPhone pensate per fare giri insoliti, spesso a tema,
nelle città del mondo.
Estetica e filosofia del viaggio
165
Slow tourism
Contemplare un panorama, ammirare un capolavoro dell’arte sen-
za limiti di tempo, camminare o pedalare lungo sentieri che si
perdono tra boschi, fermarsi a chiacchierare con qualcuno senza dover scap-
pare altrove, aspettare per ore il volo di un uccello. Con estrema tranquillità,
sempre senza fretta. Lo Slow Travel è un modo di viaggiare che implica la
scoperta del cibo, della natura, dell’arte di un territorio, la ricerca di autenti-
cità, di esperienze vere e personali. È la versione vacanziera dello Slow Food,
nato come contraltare al Fast Food. Lo Slow Travel invece si oppone fi losofi -
camente al viaggio “mordi e fuggi”. Sono concetti che hanno a che fare con
lo stile di vita. Sostengono che per godere appieno di ciò che si fa bisogna
rallentare i ritmi, e promuovono valori come il muoversi lentamente, l’atten-
zione all’ambiente e la responsabilità sociale, ma anche il gusto per la qualità
delle esperienze.
Come si diventa turisti “slow”? Il primo passo, dopo la scelta della destinazio-
ne (Umbria, Toscana, Alto Adige sono le prime della lista italiana), è cercare di
arrivarci senza aereo e senza auto. Poi, giunti alla meta, ci si sposta con mezzi
di trasporto pubblico, treno, bici, cavallo, canoa, a piedi, si prenotano bed and
breakfast, alberghi diff usi, case in affi tto, ovvero strutture che aiutino a cogliere
la tradizione e il modo di vivere del posto. L’obiettivo della vacanza non è fare
centinaia di foto, né collezionare monumenti, bensì cercare di entrare in sin-
tonia con la realtà locale, mettersi in relazione profonda con essa, abbandonare
cellulare, pc, Internet, alta velocità e guide turistiche, privilegiando piuttosto
i consigli della gente del posto e il contatto diretto ed esclusivo con tutto ciò
che ci circonda.
Turismo lento, secondo il Manifesto for Slow Travel (articolo di Nicky Gardner
pubblicato sulla rivista Hidden Europe 25, marzo-aprile 2009) e il saggio Slow
Travel and Tourism di Janet Dickinson e Les Lumsdon (Earthscan, 2010) signi-
fi ca vivere i posti, e non consumarli, compiendo scelte consapevoli. Le regole
sono: osservare, gustare, sostare, leggere il quotidiano locale; i luoghi deputati
per farlo sono i mercati, i negozi di artigianato, i caff è dove è più facile ascol-
Estetica e filosofia del viaggio
166
tare lingua e dialetto e impararne qualche frase. Divieto categorico: andare di
fretta. Secondo questa fi losofi a di viaggio persino un treno in ritardo o un au-
tobus perso sono considerate delle autentiche occasioni per vivere qualcosa di
inatteso.
Chi segue il protocollo è pronto per chiedere il passaporto di Slow Tourism
Club (www.slowtourismclub.it), l’associazione internazionale che mette in
network gli strumenti per organizzare consapevolmente vacanze lente.
A questo scopo servono anche le “Slow Guide” pubblicate da Bradt nel 2010
(North Yorkshire, Devon & Exmoor, Norfolk & Suff olk sono le prime della
collana), a dimostrazione che questo nuovo modo di viaggiare esiste e si sta ra-
pidamente divulgando.
Estetica e filosofia del viaggio
167
La prima a parlare di geografi a emozionale è stata Giuliana Bruno, do-
cente di Visual and Enviromental Studies all’università di Harvard,
che nel 2002 ha pubblicato Atlas of Emotion. Journeys in Art, Architecture, and
Film (Edizioni Verso, New York). Per elaborare la sua teoria e il suo atlan-
te, Bruno è partita dalla “Carte du pays de tendre”, una mappa seicentesca
che illustrava il paesaggio interiore con paesi, fi umi, laghi, mari, isole, mon-
tagne nominati secondo i moti dell’animo (nel romanzo Clélie di Madeleine de
Scudéry, 1654): da lì è nata l’idea di rappresentare i luoghi come spazi in cui le
emozioni si liberano, i ricordi si sedimentano, le cose accadono. In un’inter-
vista al mensile Aria (n. 1, giugno 2005, pagg. 14-29, edizioni Circom Psc),
Giuliana Bruno aff ermava: “Le città sono la somma di quello che chi le vive
e le percorre porta dentro di sé. Sono il rifl esso dell’immagine che abbiamo di
esse attraverso lo scorrere del tempo. Più che nel tempo, la memoria si muo-
ve soprattutto attraverso lo spazio. E anche il cinema, mettendoci davanti a
immagini di paesaggi virtuali, crea dentro di noi mappe mentali ed emoti-
ve. I fi lm ci conducono dentro le città e nei luoghi attraverso lo sguardo dei
loro autori e dei loro protagonisti, e quelle architetture di sguardi si impri-
mono dentro la memoria insieme a ciò che gli occhi registrano durante gli
spostamenti fi sici reali”. Dunque, grazie al paesaggio immaginario, il viaggio
reale entra in relazione con l’identità del viaggiatore e del luogo. La geogra-
fi a che ne consegue può allora essere defi nita come l’insieme degli spazi di cui
si fa esperienza, e nasce da percorsi volti alla scoperta dei luoghi e di se stessi.
Un esempio: qualunque città, anche la meno romantica, può essere una città
dell’amore, se la passione amorosa diventa il “mezzo di trasporto” con cui gli
amanti la percorrono e vi disegnano i propri itinerari emotivi.
Come dice la Bruno: “Nelle città i corpi si cercano, si trovano, si inseguono, si
allontanano, si desiderano. Il desiderio crea traiettorie e itinerari. È trasporto,
pura emozione in movimento”. Ora, se esiste una geografi a delle emozioni,
dovrà anche esistere un turismo emozionale che ne esplora e traccia i con-
fi ni, variabili per defi nizione. A tal fi ne, sono stati escogitati alcuni strumenti
Turismo emozionale (o sentimentale)
Estetica e filosofia del viaggio
168
a metà tra l’art show e l’hi-tech, come la Emotion Mapping messa a punto nel
2009 dall’artista inglese Christian Nold per rilevare le emozioni in base alle
variazioni di sudorazione del viaggiatore nei luoghi visitati. In pratica, con un
dispositivo Gps si registra l’alterazione emotiva del turista e si trasforma il da-
to in informazione geografi ca sulla mappa.
A Firenze invece è stato recentemente avviato il progetto sperimentale
“Florence Emotional Map” che si serve del Web 2.0 per alimentare il sito
emomapper.com con racconti ed emozioni di viaggio e la creazione di micro-
comunità di abitanti e fruitori di passaggio di uno stesso luogo, nate all’unico
scopo di condividere sensibilità e interessi spaziali contingenti. Grazie alle
nuove tecnologie, l’interazione tra visitatore e città porta a una nuova forma
di turismo creativo.
Come quello proposto dalle guide Whaiwhai (anche scaricabili per Iphone,
www.whaiwhai.com, editore Log607) che invitano alla scoperta delle città
d’arte italiane con una caccia al tesoro. E così Milano, Verona, Roma, Venezia,
Firenze (e presto anche New York) diventano lo scenario di un’avventura di
cui il viaggiatore (munito di cellulare, indispensabile per l’utilizzo della guida)
è il protagonista.
Estetica e filosofia del viaggio
169
La parola spagnola non indica come verrebbe spontaneo pensare un’in-
stabilità psico-fi sica, bensì un viaggio che ha il suo climax nel tragitto
e non nel luogo d’arrivo. Non è importante dove si va, ma come ci si va.
Ci sono precedenti storici e fi losofi ci ai quali si ispira lo stile “vacilando”:
guarda al passato remoto, tra i grandi esploratori in cerca di nuovi eden, ma
guarda anche a un tempo più recente, quando gli hippy andavano in bus o in
autostop dall’Europa all’India più che altro in cerca di se stessi. Nulla di più
astratto, eppure quell’utopia giustifi cava partenza e viaggio.
Vacilando è diventato sinonimo di un certo modo di viaggiare da quando
John Steinbeck adottò il termine per spiegare la sua traversata degli States in
Travels with Charley: in search of America, celebre travelogue del 1962. Scriveva:
«In Spagna c’è una parola per la quale non trovo un corrispettivo inglese. È
il verbo vacilar, participio presente vacilando. Che non si può tradurre con la
parola “vacillando”. Se qualcuno sta vacilando, signifi ca che si sta recando in
un determinato luogo, e sebbene abbia una meta precisa, raggiungerla o meno
non è la sua preoccupazione principale. Qualunque cosa al mondo deve avere
un disegno, altrimenti la mente umana la rifi uta. E deve avere uno scopo, altri-
menti la coscienza umana ne fugge».
Dove voleva arrivare Steinbeck? In nessun luogo specifi co e ovunque nel
Paese da cui traeva spunti e vicende per la trama dei suoi romanzi. Spesso, le
sue, erano storie inventate, ma parlavano di un’America reale, perché in quel
viaggiolo scrittore aveva capito com’era davvero l’America degli anni Sessanta.
Secondo il fi glio Thom, invece, Steinbeck era partito perché sapeva di esse-
re malato e desiderava vedere il Paese un’ultima volta. Ma la conclusione non
cambia: di nuovo il viaggio si intrecciava con le ragioni profonde dell’esisten-
za e rappresentava una metafora del suo compiersi e del suo fi ne.
Di viaggi metafi sici attraverso luoghi fi sici la letteratura è piena, a comincia-
re da Jack Kerouac, capostipite del genere On the road (come il titolo del suo
best seller). Anche lui aveva attraversato gli Usa scoprendo nelle metropoli
dell’Est come nelle praterie del Far West un’America inedita, da vivere, osser-
“Vacilando”
Estetica e filosofia del viaggio
170
vare e raccontare contemporaneamente. Mentre in Il mondo alla fi ne del mondo
(Guanda, 2004), Luis Sepúlveda esplora con intento ecologista, oltre che let-
terario, il Sudamerica di oggi, fi no a raggiungere i confi ni possibili e i limiti
insuperabili della Terra del Fuoco, per vedere fi n dove si può spingere l’uomo
fi sicamente e da che punto in poi deve invece cedere all’immaginazione dei
luoghi. Anche il cinema adotta spesso il viaggio come trama, perché quasi ogni
vicenda umana può essere rappresentata come un percorso attraverso i luoghi.
Per esempio, poco importa se alla fi ne di El Viaje (Fernando Solanas, 1992) lo
spettatore non ricorda che il protagonista andava dalla Patagonia al Messico
per cercare suo padre. Quello che più contava nella storia erano gli incontri e
gli orizzonti del Sudamerica politico, sociale, rivoluzionario, passionario attra-
versati durante le due ore di proiezione.
Oggi molti operatori costruiscono itinerari che recuperano l’originale idea
del vacilando e la propongono come nuova forma di turismo e non più come
impresa riservata a intellettuali ed esistenzialisti. Possono rientrare nel genere
una crociera atlantica, il giro del mondo, un coast to coast; in ogni caso l’obiet-
tivo non è certo il luogo d’arrivo (se così fosse, oggi sarebbe più comodo e più
economico prendere l’aereo), ma tutto quello che ci sta in mezzo. Un esempio
calzante è la crociera transoceanica Los Angeles-Southampton: a bordo della
Silversea Spirit (www.silversea.com) si naviga per circa 40 giorni, di cui buo-
na parte in mare aperto, passando per Papeete, Auckland, Sydney, Hong Kong,
Singapore, Dubai, Atene. Solo nababbi (il viaggio costa all’incirca 40 mila eu-
ro), cabine vista mare, e una serie di attività di intrattenimento che vanno dal
centro benessere (750 mq) al maggiordomo personale; dalle lezioni di esperti
naturalisti, storici, geografi alle escursioni per musei e città d’arte; dall’aperitivo
con champagne alla cena al ristorante con stella Michelin di bordo; dal cine-
ma all’aperto sul ponte della piscina al casinò. Tutte queste piacevolezze che
accadono da quando la nave salpa dalla California all’approdo in Florida sono
il succo dell’esperienza.
Una delle imprese più avventurose per chi ama i coast to coast e le lunghe
traversate è a bordo dell’Oz Bus (www.oz-bus.com): salita a Londra, ultima
fermata a Sydney, 92 giorni dopo. Di nuovo, il tragitto è la parte sostanzia-
le del viaggio e, seppure per una “toccata e fuga”, ci si ferma in 17 Paesi di
tre continenti (Europa, Asia e Australia). Ancora, si può compiere la trasvola-
ta dell’Africa da nord a sud: partenza dal Cairo, arrivo in 21 giorni a Città del
Estetica e filosofia del viaggio
171
Capo. E, tra estremo sud ed estremo nord del continente, si visitano le pira-
midi di Giza, il cratere di Ngorngoro in Tazania, le chiese copte dell’Etiopia, i
parchi del Kenya (www.gabbianolivingston.com).
Sono tornati di moda anche i tour attorno al globo. I Phileas Fogg del XXI
secolo non fanno più Il giro del mondo in ottanta giorni che Jules Vernes aveva
fantasticato nel 1873. Partono in aereo (www.skyteam.com) o con una com-
binazione di vari mezzi per compiere l’impresa straordinaria, di solito unica
nella vita. Di giorni, oggi, ce ne possono volere anche di meno. Oppure mol-
ti di più. Quanti se ne vogliono, tempo e denaro permettendo.
I perpetual traveler, o permanent tourist, genericamente PT adottando
la tipica sintesi inglese, sono i veri cittadini del mondo, cosmopoliti e
globetrotter per eccellenza, che hanno fatto di necessità virtù, spostandosi per
tutta la vita, non prendendo mai fi ssa dimora. E se ce l’hanno (di solito in
qualche paradiso fi scale), la usano poco o niente. In pratica, i PT perdono lo
status di cittadini di un luogo, non hanno residenza legale in nessuno dei Paesi
in cui transitano, e non ne osservano le norme governative. In altre parole
evitano qualunque forma istituzionale di rapporto con gli Stati ospiti.
Come si fa? Semplice: per diventare un eterno viaggiatore basta stare nello
stesso posto fi nché scade il visto turistico (tre mesi in Europa, e 22 giorni ne-
gli Stati Uniti), poi si va altrove.
Così facendo, il perpetual traveler gira il mondo (nella categoria rientrano pa-
recchi ereditieri) e pratica senza vincoli (compreso quello di pagare le tasse) il
proprio stile e la propria fi losofi a di vita.
Perpetual traveler
Estetica e filosofia del viaggio
172
Non si creda più possibile partire allo sbaraglio come i turisti fai-
da-te di qualche anno fa, pronti a rimediare fi guracce qua e là nel
mondo, facendosi ricordare per goff aggine, maleducazione, confusione, ori-
gine (e sugli italiani in viaggio se ne sono sentite di tutti i colori). Infatti, con
l’evolversi e lo specializzarsi dei viaggi, è stata sempre più interiorizzata la re-
gola di buon senso “posto che vai, tradizione che trovi”, e comportamento
che devi adottare, aggiungiamo noi.
Per capire cosa si intende per Jetiquette, cioè l’etichetta a bordo di un jet, e
per estensione anche in aereo, nave, autobus e in qualunque altro mezzo di
trasporto e luogo di viaggio, bisogna fare un semplice esercizio di immede-
simazione. Si pensi di essere in treno seduti di fi anco a qualcuno impegnato
in un’interminabile conversazione al cellulare. Non è irritante la sola idea?
Soprattutto se si sperava di leggere in santa pace, o godersi la quiete del viag-
gio in silenzio. Basta questo piccolo esempio per comprendere che quando si
viaggia sui mezzi pubblici, quando si condividono spazi e rotte, e più in gene-
rale quando si approcciano Paesi e culture stranieri bisogna farlo in punta di
piedi. Con il massimo rispetto per gli altri.
Esiste un bon ton per ogni per ogni situazione e per ogni meta, e per imparar-
lo non si va a scuola. Di solito sono suffi cienti l’esperienza e il buon senso. Per
facilitare il compito vengono anche stilati decaloghi e manuali che suggeri-
scono in modo sintetico cosa fare e, soprattutto, cosa evitare quando ci si trova
in un determinato posto. Spesso, le guide turistiche dedicano un capitolo alle
abitudini e tradizioni locali. A volte in modo ingenuo. Per esempio una vec-
chia edizione americana della guida Lonely Planet su Cuba suggeriva di dire il
meno possibile la parola “red” al cospetto di un abitante dell’isola. Il motivo?
Costui avrebbe potuto sospettare che si trattasse di un insulto al comunismo.
Ecco un esempio di consiglio inutile: forse aveva un senso per gli americani,
per defi nizione e generalizzazione nemici dei cubani. Ma che assurdità tra-
durlo per gli italiani ai Caraibi, più che altro gente in cerca di spiagge, musica,
bellezze locali e mojito, e sempre meno nostalgici del comunismo che fu!
Jetiquette
Estetica e filosofia del viaggio
173
Invece, è fondamentale sapere che in Iran le donne, anche le straniere, han-
no l’obbligo di indossare chador e soprabiti lunghi fi no ai piedi, a qualunque
temperatura (e attenzione, gli integralisti islamici non vanno tanto per il sotti-
le quando si trasgrediscono le loro norme).
All’occorrenza, è interessante sapere che in Svizzera ci si saluta con tre baci, in
Francia con quattro mentre in Inghilterra è meglio evitare smancerie e limi-
tarsi a stringere la mano. Rispettare le abitudini degli altri è prova di interesse,
capacità di adeguamento, empatia. Tutte doti che il buon viaggiatore dovreb-
be possedere e condividere. Ma non è sempre così. Anzi.
Per evitare l’imbarazzante condotta di alcuni e il relativo fastidio di altri, al-
cuni centri benessere, luoghi in cui per defi nizione si cercano quiete e relax,
espongono ben in vista le regole per rendere il soggiorno più appagante per
tutti: spegnere il cellulare, indossare l’accappatoio, non tenere alto il volume
dell’mp3, parlare il meno possibile o a voce bassa, rispettare gli orari (anzi è
buona regola arrivare una ventina di minuti prima dell’appuntamento), non
scambiare il massaggiatore per uno psicologo rovesciandogli addosso problemi
di lavoro, famiglia, coppia per spiegare il caso personale di bulimia, invecchia-
mento precoce, cellulite.
Anche durante gli spostamenti in treno, in nave o in aereo bisogna ricordare
che lo spazio è limitato e va equamente suddiviso tra tutti, cercando nel pro-
prio piccolo di non invadere quello altrui telefonando, parlando a voce alta dei
fatti propri, provando le suonerie ad alto volume, messaggiando a suon di fa-
stidiosi “bip bip” del cellulare.
Stare al proprio posto è la prima regola del viaggiatore modello. Quello che sa
muoversi senza pestare i piedi a nessuno, che sa interpretare il ruolo dell’ospi-
te ovunque arrivi, fosse anche all’altro capo del mondo, tra gli indigeni della
Papua Nuova Guinea.
Perché laddove non conosce usi e costumi, studia, almeno si informa, cerca di
capire e non perde mai l’aplomb dell’osservatore attento.
Estetica e filosofia del viaggio
174
Via
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Capitolo
20 Turismo del tempo perduto
I nostalgici del proprio passato organizzano periodicamen-
te dei viaggi nel déjà vu, ritornando nei giardinetti dove
si andava a correre col go-kart, nelle aule di scuola dove si sono
fatte le scuole elementari e le medie, nelle pensioni dell’Adria-
tico dove si sono trascorse le vacanze. Tra il proustiano e il
patetico.
Genetourism
Si tratta del turismo nei luoghi di nascita di persone famo-
se. A volte il Genetourism è semplicemente un derivato,
la sezione di un viaggio più complesso: per esempio, si va a
Londra per vedere Buckingham Palace e Piccadilly Circus, ma
c’è pure chi decide di andare nella capitale britannica soltanto
perché è la città di Jude Law o di Hugh Grant.
Vintage tourism
Per chi non resiste al fascino delle mete di moda negli
anni Sessanta, la Golden Age della villeggiatura.
Tra le destinazioni intramontabili: Rimini, Riccione, Lignano
Sabbiadoro e, per una settimana bianca, Bormio o l’Aprica.
175
Capitolo
21
C’è chi li ha soprannominati metropoli satelliti, chi
li defi nisce non luoghi, chi li chiama incroci in-
ternazionali. Fatto è che gli aeroporti, negli ultimi dieci anni,
hanno cambiato aspetto e identità. La ragione è semplice: an-
che se non ci abita nessuno, ci passano centinaia, migliaia, in
alcuni casi milioni di persone ogni giorno e hanno un nume-
ro di dipendenti pari a quello di una pubblica amministrazione
cittadina. E a parte i picchi di alta stagione turistica, sono perlo-
più popolati da gente che viaggia per lavoro. Business traveller,
appunto. Cioè manager, agenti di commercio, amministratori
delegati, ma anche musicisti e artisti in tournée, calciatori in tra-
sferta, collezionisti d’arte, buyer, ecc. Comunque una categoria
in rapidissima crescita, considerando che compagnie aeree, ho-
tel metropolitani e resort esotici, stazioni dei treni, agenzie e
tour operator specializzati escogitano sempre nuovi servizi per
le loro esigenze.
Qualche esempio: un riposino prima di prendere l’ultimo volo e
aff rontare la riunione di lavoro? Si può fare un pisolino nella nap
room dell’aeroporto JFK di New York o in quello di Monaco
di Baviera. Il jetlag ha provocato borse agli occhi e pesantez-
za alle gambe? Tutto passa in 15 minuti alla Espa di Heathrow a
Londra o nel Massage Bar (www.massagebar.com) di Seattle e
di altri sette aeroporti degli Usa. Ma tra Oxygen Bars, Wellness
Club e alta ristorazione la lista è troppo lunga da completare e
non sarebbe mai esaustiva. Per andare incontro ai bisogni di chi
è in viaggio d’aff ari, i più importanti scali internazionali (oggi si
chiamano hub), e sempre più spesso anche gli aeroporti minori,
ricavano sale meeting per incontri e riunioni, lounge room ele-
gantissime per le attese, dove ci si collega a internet in wi-fi , si
stampano documenti, si beve un caff è e, in molti casi, si può fa-
Business travel
Di
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essi
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176
re la doccia e farsi stirare la camicia. Ci sono già aeroporti con campi da golf,
simulatori di volo, parchi a tema a due passi (vedi Disneyland Hong Kong, sor-
ta a ridosso dell’aeroporto, park.hongkongdisneyland.com). Tutto giustifi cato,
visto che il popolo dei business traveler rappresenta la maggior parte dei fre-
quent fl yer. Anche molte compagnie aeree e hotel pluri o medio stellati hanno
cucito servizi hi-tech e speciali su misura dei business traveller, i loro clienti
più assidui e fedeli. Per esempio le compagnie di bandiera allettano i viaggia-
tori della business class con personale multilingue, champagne e telefono in
volo, ma soprattutto con sedili sempre più ampi, confortevoli e accessoriati.
Come le poltrone-intelligenti sull’A380 della Emirates: completamente re-
clinabili, diventano letti con funzione massaggio, mentre la struttura minipod
prevede per la postazione vano oggetti, separé per la privacy, presa di corren-
te, porte usb, tv a schermo panoramico con cui si possono mandare e ricevere
sms e email (1$ a messaggio). Sull’A380 ci sono anche una suite per i massag-
gi e il bagno con doccia.
D’altro canto, anche gli hotel partecipano alla gara al rialzo, off rendo sale me-
eting altamente tecnologiche da 10 a 2000 posti con segreteria, camere con
telefono a due o più linee dirette, pc, stampante, collegamento wi-fi e super-
veloce, servizi di conciergerie che vanno dal pick up in aeroporto in limousine
alla prenotazione di manicure, cene e biglietti per il teatro. Così, almeno fi nché
la video-conferenza non si imporrà defi nitivamente come luogo di incontro
professionale, il viaggio d’aff ari continua a essere un business in attivo e in-
crollabile nonostante la grande frenata dopo il crollo delle Torri Gemelle l’11
settembre 2001, e la crisi economica globale cominciata nel 2008.
Da qualche tempo, Carlson Wagonlit Travel (www.carlsonwagonlit.com),
Uvet-Amrican Express (www.uvetamex.com), HRG (www.hrgworldwide.
com), BCD Travel (www.bcdtravel.it) e le altre aziende leader del settore non
organizzano solo i viaggi ma affi ancano le aziende per la razionalizzazione e la
riduzione delle spese di viaggio.
All’inizio del 2010, durante il Business Travel & Meeting Show (www.bu-
sinesstravelshow.com), la più importante fi era dedicata ai viaggi aziendali in
Europa, sono stati presentati dati di ripresa nel settore “viaggi d’aff ari” per il
2010. Da un sondaggio condotto su un campione di 1.400 manager, il 27%
degli intervistati prevede un incremento di budget per le trasferte, mentre il
35% conta sull’aumento del numero di viaggi.
Di necessita virtu' '
177
A conclusioni simili arriva anche il sondaggio di TTG Italia (www.ttgita-
lia.com), leader italiano nella comunicazione e nei servizi al settore turistico
(organizza anche un’importante fi era annuale nel mese di ottobre): il 45%
degli intervistati prevede stabilità, mentre il 35% scommette su una ripre-
sa del settore.
Altro fattore di ottimismo è il proliferare di nuovi approcci al travel busi-
ness. Uno dei più recenti è il volo in jet privato che da un lato garantisce
risparmio all’azienda e dall’altro off re maggior privacy, charme e accoglien-
za personalizzata al viaggiatore. Per esempio, Fast Jet (www.fastjet.it) - sedi a
Verona, New York e presto anche a Mosca, Londra e Dubai - propone volo
a/r Milano-Roma in giornata a 4.900 euro “all inclusive” (anche tasse e ca-
tering), con imbarco 10 minuti prima del decollo, niente fi le al check-in e
in dogana. Per 6 passeggeri, il costo è di circa 800 euro a persona, che per un
servizio di aerotaxi non è una cifra da capogiro (il volo di linea analogo costa
312 euro). Con la stessa fi losofi a si possono organizzare viaggi da ovunque a
ovunque. Basta cercare su Google “private jet” per ottenere i siti di altre com-
pagnie, verifi care le off erte e confrontarle: www.fl yprivatejet.org (Fly Private
Jet) e www.skyjet.it (Sky Jet) sono le prime due voci in italiano. E, una volta
provato, viaggiare in aereo privato potrebbe diventare un vizio irrinunciabi-
le, anche per le vacanze.
Di necessita virtu' '
178
L’acronimo signifi ca Meetings, Incentive Travel, Conventions (o
Conferences) and Exhibitions (o Events) e indica un turismo di
gruppo con mete paradisiache e obiettivi ben stabiliti. Partiamo dallo scopo
del viaggio: professionale. Un congresso di medici, per esempio, una presen-
tazione di un nuovo farmaco, un corso d’aggiornamento, una fi era di settore
diventano occasioni per staccare dalla postazione usuale e partecipare a un
evento aziendale altrove, di solito in una località turistica da sogno. Infatti,
dopo le riunioni, l’evento, i corsi, attende il divertimento (resort, piscine, ma-
re, sole, cibo a volontà), ragione per cui tutti tornano a casa felici e contenti
della vacanza di lavoro. Restano soddisfatte soprattutto le aziende che il viag-
gio lo hanno organizzato, perché, se l’obiettivo era promuovere un prodotto,
di sicuro gli invitati alla trasferta non lo ignoreranno. Ma attenzione alle trap-
pole: “mice” in inglese signifi ca topi, e il rischio di diventare cavie di strategie
di vendita e comunicazione non può essere escluso! Una breve digressione
sulla I di Incentive Travel. Si tratta di viaggi premio per un lavoro ben fatto o
una mission compiuta. In questo caso, la vacanza è meritata ed è un extra che
ciascuno ha diritto di consumare a proprio piacimento.
MICE
Di necessita virtu' '
179
Il Team Building è una strategia aziendale per sviluppare senso di ap-
partenenza, creare unione e migliorare il clima all’interno di un gruppo
di persone che operano nello stesso settore. Per fare ciò, alcuni uffi ci delle
Risorse Umane intraprendono una serie di attività formative, giochi ma anche
viaggi esperienziali che aiutino a evidenzare le singole capacità e potenzialità
di problem solving, organizzazione, obbedienza, comando in piccoli gruppi.
Un viaggio perfetto a tal scopo è la crociera in barca a vela che richiede meti-
colosa divisione e rispetto dei ruoli, grande affi atamento, tutte qualità che poi
l’azienda sfrutterà al meglio all’interno della sua struttura. Oltre alla regata, le
agenzie specializzate in costruzione dei gruppi - Team Building & Incentive
(www.eventmedia.it), Eventi Motivazionali (www.eventimotivazionali.it),
Elation (www.elation.it) - propongono anche corsi di roccia, escursioni nel
deserto o ai poli, rafting, orienteering e tante altre spedizioni con l’obiettivo
di creare sì una squadra effi ciente, ma anche dipendenti appagati.
Team building tourism
Di necessita virtu' '
180
Archiviato il concetto goldoniano di villeggiatura con trasferimento
e trasloco in un’amena località di campagna, mare, lago o collina, e
archiviato anche il trimestre di vacanza, abitudine della media borghesia fi no
agli anni Ottanta, oggi le vacanze sono sempre più brevi. Oltre ai 10 gior-
ni in media di pausa concessi tutt’al più per le ferie estive, chi ama viaggiare
si ritaglia nel corso dell’anno piccoli spazi per fare mini viaggi. Nel voca-
bolario internazionale e nazionale sono entrate espressioni come weekend,
long weekend, short break, a indicare una vacanza di tre, massimo quattro
giorni (comunque meno di una settimana) per riprendere il fi ato e rifarsi gli
occhi con un bel panorama e qualche monumento prima di immergersi nuo-
vamente nel tran tran quotidiano. Infatti, sempre più persone adottano la
microvacanza come via di fuga: c’è chi la pratica ogni fi ne settimana, dal ve-
nerdì alla domenica, e chi la programma una volta ogni tanto concentrando
in quei pochi giorni (magari con l’aggiunta del giovedì o del lunedì) la visita a
Stoccolma (Visitsweden ha inaugurato nel 2010 un sito per gli short break), lo
shopping a Londra, la mostra a Parigi e persino a New York. Ovunque, pur-
ché a sei ore massimo di volo.
Secondo i dati divulgati da Ipk World Travel Monitor, i “city break”, cioè viaggi
brevi e a medio raggio nelle città d’arte, rappresentano il 40% dei pernotta-
menti in Europa e il 20% delle entrate derivanti dal turismo internazionale.
Secondo Istat e Federculture, il city break ha resistito alla crisi in atto dal 2008
e si conferma come la formula più destagionalizzata del turismo. Un trend che
operatori e città colgono infatti come opportunità turistica da sfruttare tutto
l’anno.
Microvacanze
Di necessita virtu' '
181
Molti scelgono di frequentare corsi di sopravvivenza, o perché
vogliono trascorrere due settimane in stile paramilitare, o per-
ché l’azienda chiede ai propri dipendenti di fare uno stage motivazionale,
spesso orientato al team building.
Ebo Adventure (www.eboadventure.com) propone pacchetti di Survival trai-
ning che si tengono in Cornovaglia ma che prevedono tutte le varianti, dalle
tecniche di sopravvivenza nella jungla a quelle nel deserto.
Numerosi anche i corsi della Survival School, sempre in Inghilterra. Ci sono
anche corsi notturni, in cui le diffi coltà aumentano notevolmente. C’è pure
l’Extreme Survival Course, con esercizi di “Search and Rescue”, atterraggio
con elicottero, orientamento ed evacuazione di vittime.
In questi corsi si incontra una varia umanità: ci sono gli appassionati delle av-
venture paramilitari, i manager che vogliono evadere dalla loro scrivania e
pure qualche “survivalist”, gente che si prepara nel caso si verifi chino possibi-
li futuri sconvolgimenti e disastri, tipo guerre chimiche e nucleari, pandemie
o catastrofi naturali.
Questo tipo di esperienze sono contigue alle “vacanze avventura”.
Ci sono viaggi in Kenya dove, invece di rilassarsi in un camp lodge di lusso, si
imparano le tecniche di combattimento Masai. Li organizza Bush Adventures
(www.bush-adventures.com): già nell’Introductory Training, che dura quattro
giorni, dopo aver appreso i rudimenti della lingua Masai, vi spiegano come ci
si protegge dalle belve feroci, vi erudiscono nel tiro con l’arco e vi fanno fa-
miliarizzare con la lotta corpo a corpo.
Survival tourism
Di necessita virtu' '
182
Servono un paio di scarpe comode, abbigliamento sportivo e una bottiglia
d’acqua. Tutto qui. Il sightjogging è un modo di far turismo correndo.
Non nel senso del turismo “mordi e fuggi”, ma secondo l’originale accezio-
ne del “run & see” che prevede il tour di monumenti, musei, città mentre si fa
sport. Non c’è di che stupirsi, il jogging oggi è una specie di mania nazional-po-
polare: per le strade, nei parchi, sulle spiagge, negli anelli dei centri sportivi o sui
tapis roulant delle palestre c’è un sacco di gente che corre. Dicono faccia bene
alla salute, alla forma fi sica, ai muscoli, alla circolazione, al sistema nervoso, allo
smaltimento di stress e aggressività. Anzi correre sembra un’epidemia internazio-
nale, e dicono sia contagiosa e dia dipendenza. In questi casi patologici, si può
programmare l’intera vita in stile jogging e persino le vacanze. Addirittura, chi ha
passione e resistenza per la corsa ma non è ferrato nell’organizzazione delle attività
turistiche può affi darsi alle agenzie specializzate – Sight Jogging a Roma (www.
sightjogging.it), Paris Running Tour (www.parisrunningtour.com), Lisbon Sight
Jogging (www.lisbon-sight-jogging.net), Sight Jogging Berlin (www.sightjog-
ging-berlin.de), Running Tours Barcelona (www.runningtoursbarcelona.com)
- che organizzano in tutte le capitali europee running tour di diversa durata e
diffi coltà per uno o più persone (da 20€ in su all’ora). Niente guide con tailleur,
bandierina e microfono. Al loro posto è previsto un trainer in tuta e sneaker che
fornisce informazioni storico-culturali mentre si passa davanti ai monumenti e
suggerisce gli esercizi da fare durante le soste nei parchi e nei “percorsi vita” che
si attraversano. Niente paura per la salute: durante le escursioni, i jogger vengono
muniti di cardiofrequenzimetri per tenere a bada i parametri vitali e, su richie-
sta, possono avere un Bodyguard Service (ma si paga a parte). La medaglia a fi ne
percorso è il souvenir della vacanza fi tness.
La meta più sognata dai running tourist? New York, dove si svolge la celeberrima
maratona; per partecipare però è necessario almeno un anno di allenamento, otti-
ma scusa per cominciare a fare sightjogging nella propria città. E dopo Manhattan?
Ci si potrebbe preparare per il Cammino di Santiago.
Sightjogging
Di necessita virtu' '
183
Un imperativo da quando è cominciata la crisi economica
internazionale nel 2008: piuttosto che rinunciare al viag-
gio tout court, si rinuncia al lusso, all’esclusività, alle cinque stelle
in hotel e alle tre stelle (Michelin) a tavola. Insomma, invece di
cambiare hobby, cambia il modo di praticarlo. E le occasioni non
mancano. Innanzitutto si sono moltiplicate le compagnie aeree
low cost (Virgin Blue, Easy Jet, JetBlue Airways, Ryanair, Wind
Jet, Air Asia, Vueling Airlines, MyAir, Aerlingus, Blu-Express),
che decollando e atterrando in aeroporti secondari hanno acceso
i rifl ettori su città minori, interessanti dal punto di vista artistico,
culturale, del lifestyle ma ancora fruibili a prezzi più bassi rispetto
alle più famose capitali e metropoli connazionali. Fino a una de-
cina di anni fa Valencia, Tallin, Cracovia, Dubrovnik non erano
tappe dei tour tradizionali. Oggi sono invece mete perfette per un
city break o una microvacanza (vedi pag. 180). Se si prenota per
tempo, il volo a/r costa una cinquantina euro tasse e bagaglio a
mano inclusi; poi si trova un bed & breakfast o un appartamento
in affi tto o una pensioncina di gusto contemporaneo, e il viaggio
è organizzato. Quasi qualunque cittadina europea ha un bel cen-
tro e monumenti da scoprire, storia e cultura da raccontare, sapori
tradizionali da sperimentare. Molte non hanno ancora un’identi-
tà turistica defi nita. Mancano guide e itinerari, anche se editori ed
enti hanno lavorato sodo negli ultimi dieci anni per ottenere il ri-
conoscimento di visitatori e comitati specialisti.
Tim Leff el, il giornalista di viaggi e autore nel libro: The World’s
Cheapest Destinations: 21 countries where your money is worth a for-
tune (Booklocker, 2009), suggerisce per ogni meta l’alternativa
low cost, salvaguardando però l’atmosfera del viaggio: invece della
Germania si può scegliere l’Ungheria, invece del Costa Rica si va
in Guatemala e l’Ecuador può ben sostituire il Cile, le Laccadive
Via
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spar
mio
Capitolo
22 Turismo low cost
184
indiane sono sul genere delle Maldive, quelle di quarant’anni fa però, anche per
quanto riguarda i prezzi. Non è detto però che il turismo low cost obblighi a sce-
gliere esclusivamente posti fuori rotta e città minori. Seguendo alcune semplici
regole è possibile organizzare un viaggio low cost ovunque. L’ideale è prenotare
il volo con largo anticipo (“early booking”) e non lasciarsi sfuggire le occasio-
ni, che hanno durata limitata. Così, si possono comprare voli molto economici.
Per esempio, quando Alitalia lancia una promozione sulle città europee, si pos-
sono acquistare in una sola volta i biglietti per quattro o cinque destinazioni con
partenze nei successivi sei mesi: Siviglia, Londra, Berlino, Praga, Parigi. In alter-
nativa - e questa è l’opzione preferita dagli italiani - si sceglie un’occasione di
viaggio “last minute” o addirittura “last second” (www.it.lastminute.com) ag-
giudicandosi a prezzi scontatissimi pacchetti all inclusive per Zanzibar, Sharm El
Sheik sul Mar Rosso, Nordest del Brasile e negli altri posti più belli del mondo.
Per l’organizzazione del soggiorno ci si può affi dare alle guide della collana “Low
Cost” di Morellini Editore e a Dove vado con 100 Euro (Morellini Editore, 2010),
pensate proprio per risparmiare senza sacrifi care il piacere del viaggio. Quindi,
in quest’ottica, anche Stoccolma, Amsterdam, Londra, Parigi, San Pietroburgo,
Ginevra possono essere alla portata di tutti.
Anche su Internet si trovano gli strumenti per organizzare una vacanza a budget
limitato. Il sito zingarate.com, fondato nel 1998 da quattro amici per condividere
esperienze di viaggio, e www.easyviaggi.it hanno motori di ricerca aggiornati sui
voli e sulle off erte più vantaggiose disponibili. Altro strumento effi cace per anda-
re a caccia di aff ari sul web è www.kayak.it, che confronta e seleziona le off erte
di voli e hotel in base al prezzo migliore, mentre iscrivendosi alla community di
www.hideaways.com si trovano sconti speciali per strutture di alto livello.
Ancora qualche strategia. Per risparmiare sui voli si consiglia di scegliere rotte
o linee aeree appena inaugurate promosse con tariff e lancio. Per risparmiare sul
soggiorno, invece, si può approfi ttare delle opening-rate scontatissime di hotel e
resort neonati (dal 30% al 50% di sconto, anche in strutture di lusso); oppure si
può ricorrere a una consolidata e vecchia pratica: lo scambio di case per i periodi
di vacanza. In questo caso si paga solo un abbonamento mensile all’associazione
prescelta, per esempio Home Exchange (www.homeexchange.com).
Lo scambio di ospitalità, invece, è gestito direttamente dai proprietari ed è com-
pletamente gratuito.
Viaggiare al risparmio
185
Un tempo c'era il giovane turista che girava il mondo in autostop. Ma
questo genere di viaggiatore è in via di estinzione. Oggi invece va di
moda chiedere un “passaggio” in casa, assicurando il minimo del disturbo: un
cantuccio sul divano e nulla di più. Lo scopo è simile: girare il mondo spen-
dendo poco e conoscendo gente.
La parola dice tutto: couch = divano + surfi ng = saltare da un posto all’altro.
Del tipo: hai un divano libero? Allora perché lasciarlo inutilizzato, improdut-
tivo, quando, spenta la tv, potrebbe dare riposo a un giovane viandante con
budget limitato? Ognuno può off rire quello che ha o che vuole: la camera de-
gli ospiti, la dépendance inutilizzata, un’aiuola del giardino per piantarci una
canadese. Il quadretto idilliaco del buon ospite si scontra spesso con la realtà.
Perché le cronache mettono in guardia dagli sconosciuti che al sorgere della
luna potrebbero trasformarsi in loschi personaggi, comodamente appostati sul
divano di casa. E, d’altra parte, l’incosciente viaggiatore potrebbe fi nire nel-
la tana del lupo e scoprire che il cortese padrone di casa è invece un pazzo
assetato di sangue. Sono esagerazioni, senza dubbio, e non fatti all’ordine del
giorno. Tuttavia, il lato oscuro e imprevedibile della mente umana è uno dei
principali deterrenti allo scambio di ospitalità gratuita e alla reciproca genero-
sità. Ragione per cui, prima di off rire o accettare un posto su un divano, è di
fondamentale importanza conoscersi.
Grazie a Internet, le associazioni che organizzano questo genere di turismo
permettono la conoscenza virtuale delle affi nità prima dell’incontro vero e
proprio, dando un volto all’ospite e all’ospitante. E forniscono garanzie di
rintracciabilità e di identikit. L’idea del couchsurfi ng, o meglio la sua forma-
lizzazione con un nome e un progetto, è di Casey Fenton, giovane informatico
con la passione per i viaggi e pochi soldi in tasca, che nel 1999 studiò un
programma per creare una comunità di globetrotter e proprietari di casa in
qualunque posto del pianeta aperti allo scambio interculturale. Il proget-
to Couch Surfi ng (www.couchsurfi ng.org) fece il boom nel 2004, quando
si aggiunsero al sito nuove funzioni per facilitare l’interazione tra gli utenti:
Couchsurfi ng
Viaggiare al risparmio
186
scambio di messaggi, descrizione del posto-letto off erto, profi lo degli iscrit-
ti, feedback dell’ospite e del proprietario di casa sull’esperienza compiuta, una
sezione dedicata alle donne e alle regole per essere ospiti impeccabili. Le sta-
tistiche del sito, aggiornate a dicembre 2009, aff ermano che i couch surfer
provengono da oltre 69.000 località e parlano 302 lingue. Quel che più stu-
pisce sono proprio i numeri: dalla nascita del sito a oggi gli iscritti hanno
segnalato 4,3 milioni di esperienze positive, pari al 99,7% degli incontri avve-
nuti. Il network ha continuato a crescere fi no a diventare un’organizzazione
internazionale (senza fi ni di lucro) con contatti in 230 Paesi del mondo e una
mission precisa: attivare un rete di persone di culture diverse a scopo di incon-
tro e, perché no, di amicizia.
Dall’inizio del millennio le associazioni per lo scambio culturale e di ospita-
lità si sono moltiplicate. Nel 2000 è nato www.hospitalityclub.org, con oltre
350.000 soci in 231 Paesi, dall’Abkhazia allo Zimbabwe; nel 2007 approda alla
rete www.bewelcome.org, che ai 9.500 iscritti off re servizi online multilingue
e gratuiti di accoglienza e assistenza durante il viaggio. In cambio si richiede
agli utenti un po’ di lavoro volontario o donazioni per far funzionare bene la
macchina. Nulla di più. Il sito australiano globalfreeloaders.com conta invece
più di 77.000 iscritti in oltre 200 Paesi che off rono e cercano ospitalità gratu-
ita in giro per il mondo.
Grazie al web, il panorama si è ampliato e il couchsurfi ng, a prescindere dalle
mission umanitarie o meno delle associazioni che lo promuovono, è diven-
tato un modo laico e autonomo di viaggiare, «senza dover pagare 6 euro per
un pacchetto di praline nel mini bar», dicono i fondatori di Air Bed and
Breakfast (www.airbnb.com). Anche loro hanno cominciato nel 2007 da un
divano. Quell’anno in ottobre, a San Francisco, si doveva svolgere un im-
portante convegno sul design e non si trovava una camera d’albergo libera
nemmeno a pagarla oro. Perciò Joe Gebbia and Brian Chesky, due giovani
studenti di stanza nella città californiana, decisero di mettere a disposizione de-
gli ultimi arrivati il loro sofà. Per pubblicare l’annuncio online nel luogo più
appropriato chiesero aiuto all’amico Nathan Blecharczyk esperto di web. Il si-
stema funzionò e i tre si associarono per affi ttare sistematicamente lo spazio
libero, guadagnando pochi dollari e qualche nuovo amico. Da lì alla creazione
di quello che il magazine Time ha defi nito una sorta di «Ebay for space» è sta-
to brevissimo. In meno di tre anni il web business di Air Bed and Breakfast è
Viaggiare al risparmio
187
cresciuto esponenzialmente sia in qualità di servizi che in quantità di proposte,
e permette di viaggiare in 7.117 diverse località di 158 Paesi (dati dell’ottbre
2010). Solo che, oltre al posto sul famoso divano, ora si può scegliere di sog-
giornare anche in tepee indiani, in caravan tipo fi gli dei fi ori, in bungalow
sugli alberi, e in splendide ville e castelli. La piattaforma consente di cercare
alloggio in base al prezzo, al tipo di sistemazione e alla meta. Quindi, il viag-
giatore si mette in contatto con il padrone di casa attraverso il sito, su cui sono
pubblicati i profi li degli utenti e le raccomandazioni degli altri viaggiatori.
Però, il bello di Air Bed & Breakfast è soprattutto il lato umano. Perché chi
ospita, così come chi è ospitato, deve presentarsi con un dettagliato curricu-
lum specifi cando gusti, preferenze culturali, passioni, motivazioni del viaggio.
Così, secondo il concetto “da cosa nasce cosa”, nella piazza virtuale si conosce
gente, si scambiano opinioni, si stringono amicizie che potrebbero durare per
sempre. Mission compiuta!
Viaggiare al risparmio
188
Sarebbe scorretto mettere questo tipo di turismo tra le novità tout court.
Tuttavia il suo inserimento in questo manuale è appropriato perché il
turismo all inclusive è innegabilmente tornato sulla scena. Motore del turismo
di massa con proposte economicamente molto allettanti, è stata una formula
supersfruttata negli anni Ottanta e Novanta sia dalle agenzie sia da viaggiatori
e turisti d’ogni livello e tipo. Tutti ricordano gli spot del turista-fai-da-te che
fi niva sempre nei guai. Almeno fi nché non decideva saggiamente di affi darsi
a un tour operator che risolveva i problemi e off riva serenità perché pensava
a tutto: biglietti, hotel, auto, gite, trasferimenti, cibo, permessi, ingressi. Nella
cifra fi nale era incluso tutto. Quei prezzi sempre più bassi e onnicomprensivi
hanno convinto a viaggiare anche i più sedentari. Così, allettati dalle off erte,
si trovavano sullo stesso aereo, resort, bus il viaggiatore pretenzioso e il cafone
senza pretese. Un connubio esplosivo che ha portato i primi a cercare solu-
zioni sempre più personalizzate lasciando l’all inclusive a chi si accontentava
di un bungalow, un ricco buff et e una spiaggia.
Poi ci sono stati gli attacchi terroristici del 2001, lo tsunami nel 2006, la cri-
si economica del 2008, e il turismo ha subito una grave battuta d’arresto. Per
aff rontare il momentaccio, la soluzione rispolverata dagli operatori, e in gene-
rale ben accolta dai viaggiatori, è il ritorno alla formula “tutto compreso” dei
villaggi-vacanze (tipo Club Med, www.clubmed.it) e dei pacchetti di viag-
gio. L’importante è chiarire prima della partenza se sono inclusi solo trasporto,
alloggio, bambini, o anche le attività, l’astice alla griglia e il calice di vino pro-
messi. Così i turisti non si sentono fregati e anzi fanno pubblicità, e le agenzie
ricominciano a lavorare.
All inclusive
Viaggiare al risparmio
189
O ttobre è tempo di tartufi bianchi e vino novello. Chi
ha fi uto parte per il Piemonte, per gustare al meglio
gli aromi di stagione e, già che c’è, per farsi un giro a Torino
al Salone del gusto (www.salonedelgusto.it), fi era della gastro-
nomia regionale, dove si possono assaggiare e scoprire tante
eccellenze italiane. Per gli acquisti invece, il gourmet preferisce
recarsi nel posto giusto. Compra il prosciutto a San Daniele del
Friuli, il Parmigiano Reggiano a Borgotaro, la bufala in provin-
cia di Salerno, e così via da nord a sud, seguendo una mappa
del Belpaese con le indicazioni doc, dop, igp, igt, stg al po-
sto dei monumenti, e l’elenco dei ristoranti consigliati sempre
a portata di mano. Si sceglie dove andare in base alle preliba-
tezze di un posto, per arricchire il palato di nuove esperienze
organolettiche seguendo i percorsi proposti da province e pro
loco (di solito sono indicati con segnaletica stradale color mar-
rone) e le insegne delle aziende che si contendono i passanti a
suon di inimitabili gorgonzola, purissimi oli d’oliva extravergi-
ne, e pecorini di fossa stagionati secondo tradizione. E sempre
più spesso le aziende agrituristiche trattengono gli ospiti an-
che la notte, adibendo ali del cascinale o della tenuta a camere
di charme, così che al piacere della tavola si accompagni anche
quello dell’accoglienza. Insomma, mai come oggi si viaggia per
degustare, assaggiare, mangiare, scoprire sapori, talvolta più vo-
lentieri che visitare musei e palazzi storici.
Secondo la International Culinary Tourism Association (www.
culinarytourism.org), la prima associazione del genere fondata
nel 2003, il turismo gourmand ha come “meta” il raggiun-
gimento di esperienze memorabili e uniche (ma non e non
necessariamente pretenziose ed esclusive); e può essere a pie-
no titolo considerato una sottocategoria del turismo culturale,
Via
ggi
del
corp
o e
dell
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ente
(P
er s
tacc
are
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pin
a)
Capitolo
23 Turismo gourmand (o Turismo culinario)
190
mentre l’agriturismo è piuttosto assimilabile al turismo rurale. Il turista culi-
nario è infatti un viaggiatore raffi nato, come sostiene Erik Wolf nel suo saggio
Culinary Tourism: The Hidden Harvest (Kendall/Hunt Publishing, 2006). Il testo
è rivolto agli albergatori e agli operatori turistici, ma sono interessanti alcuni
presupposti dell’autore secondo cui “Il cibo è un’attrazione, al pari di un mu-
seo”. E conta nella scelta di una destinazione tanto quanto clima, paesaggio,
monumenti, livello dell’ospitalità.
L’attualissimo trend culinario del turismo si evince anche dal cresecente nu-
mero di corsi di cucina organizzati negli hotel di lusso e dalla dilagante moda
di regalare cofanetti gourmand (Eatinerari, Smartbox, Boscolo Gift) che con-
tengono buoni da spendere in un giorno o in un weekend nei santuari del
gusto, siano essi ristoranti o zone geografi che tipiche.
A sostegno di questo genere di turismo e per prevenire eventuali disorienta-
menti, vengono pubblicate ogni anno le guide di stimati critici gastronomici
che aiutano a scegliere la miglior bottega per comprare il lardo a Colonnata e
la fontina ad Aosta e i migliori ristoranti dove assaggiarli: Michelin (più di 2.300
ristoranti, quasi 400 agriturismi), I Ristoranti d’Italia dell’Espresso; Touring Club
Italiano (due guide: agli Alberghi e Ristoranti, 7.000 indirizzi, e ai Vini buoni),
Osterie d’Italia (1.700 indirizzi, Slow Food Editore) sono quelle con la miglior
reputazione, equiparabili alle “Lonely Planet” e alle “Guide Verdi” dei turisti
incalliti.
Come l’Italia, ci sono molti altri Paesi con eccellenze culinarie capaci di mo-
tivare un viaggio. Dal 1954, Galway, in Irlanda, ospita l’Oyster Festival (www.
galwayoysterfest.com), mentre a Monaco c’è la duecentenaria Oktober Fest
(www.oktoberfest.it): sei milioni di visitatori all’anno e un portale (anche in
italiano) che organizza il viaggio dalla prenotazione in hotel al posto a tavo-
la nei 14 capannoni del più grande festival della birra del mondo. La sbornia
anche di folla è assicurata. Nulla a che vedere con la vendemmia nella tenuta
Espernay di Moët & Chandon (www.moet.com), dove per essere invitati biso-
gna chiamarsi Scarlett Johansson. Il resto dell’anno però, chiunque può visitare
le cantine e degustare champagne con pochi euro.
Viaggi del corpo e della mente
191
Per il popolo della notte ci sono i grandi classici, come Ibiza, Mykonos,
Rimini, e ci sono le new entry: dal 2000 a oggi si sono avvicen-
date nella top ten del divertimento Catania, Valencia, Belgrado, Tel Aviv.
Classifi che a parte, il viveur non ha mete esclusive, e per lui esiste solo una
domanda da porre per decidere dove andare: «È qui la festa?». Se la risposta è
«Sì», fa i bagagli e va ovunque la movida lo chiami.
Giunti a destinazione, la vacanza tipo prevede che si dorma di giorno e che
invece della colazione si faccia l’aperitivo al tramonto. Da lì in poi, si procede
da un chiosco a un ristorante, da un bar a una discoteca, al party sulla spiag-
gia fi no all’alba, quando è ora di andare a letto. Non prima di aver consumato
cappuccino e croissant caldo, come gli altri comuni mortali.
Le tribù dell’happy hour e dei disco tour, perlopiù giovani, single e non ne-
cessariamente abbienti, non hanno mete fi sse. Tempo e denaro permettendo,
vanno dove il richiamo (e il numero di decibel) è maggiore, isola o metro-
poli che sia, all’inseguimento di feste e notti bianche. La stagione delle notti
bianche europee è cominciata nel 1997 a Berlino: l’evento era stato ideato
per aumentare i turisti con musei, negozi e locali aperti 24 ore su 24, pro-
muovendo le ore piccole come momento clou della giornata e della vita.
Nel 2002 l’iniziativa fu adottata anche da Parigi e nel 2003 da Roma, che
l’anno successivo arrivò per l’occasione a un milione e mezzo di presenze.
I numeri erano eclatanti e raccontavano un’Europa vibrante che non dor-
miva mai.
Uno dei massimi esperti di vita notturna, aspetti sociologici compresi, è Roberto
Piccinelli, giornalista e scrittore, che dal 1997 cura e aggiorna la Guida al pia-
cere e al divertimento (www.piacereedivertimento.com, Outline Edizioni, 2011)
selezionando i luoghi del loisir in tutta Italia: club privé, meeting point, gossip
club, art cafè, show window, wine bar e show food dove darsi appuntamen-
to per trascorrere una bella serata o, in trasferta, un weekend senza requie.
L’annuario di Piccinelli appartiene alla categoria delle guide turistiche, perché,
per stessa ammissione dell’autore, propone una chiave di lettura contempo-
Nightlife tourism
Viaggi del corpo e della mente
192
ranea e realistica di alcune destinazioni come luoghi per trascorrere il tempo
libero (e in senso lato la vacanza) all’insegna del divertimento. Cioè con musi-
ca, drink e cocktail, bella gente.
Del Nightlife Tourism fa parte l’esordiente nicchia del Party Tourism. Che ta-
le resterà, perché gli altissimi costi rendono la pratica inaccessibile ai più. Ecco
come funziona: per festeggiare compleanni o altre ricorrenze si organizzano
gala o rave in qualche amena località, magari a Marrakech, oppure alle Maldive.
L’invito è il biglietto aereo, l’appuntamento è all’aeroporto, due ore prima del-
la partenza. Il festeggiato pensa a tutto, anche all’hotel e ai pasti dei suoi ospiti
per tutta la durata del soggiorno (2-4 giorni, di solito). L’impegno organizza-
tivo ed economico non facciano pensare che tali imprese siano appannaggio
esclusivo di Paris Hilton o Karl Lagerfeld. Il compleanno in trasferta oggi è il
massimo della sciccheria e assicura all’evento un posto di riguardo nell’agenda
della mondanità. Chi se lo può permettere lo fa.
Viaggi del corpo e della mente
193
Dopo anni di stress, casi conclamati di workholics a ogni latitudine,
ritmi di vita insopportabili e suffi ciente denaro da spendere, alla fi -
ne degli anni Novanta arriva l’antidoto: la vacanza total wellness! Lo slogan
era promettente e allettava chiunque si riconoscesse in una delle categorie so-
pra elencate. e non c’era meta turistica, storica o emergente, che non volesse
approfi ttare del momento favorevole per identifi carsi come “spa destination”,
cioè località in cui l’attrazione principale è proprio il benessere di chi la visita.
Chi non avrebbe apprezzato una settimana di relax a base di terme, cure co-
smetiche, diete purifi canti o dimagranti, cure olistiche e remise en forme?
Statisticamente i casi di reticenza sono rarissimi. Sempre più numerosi quel-
li pronti a partire al volo per staccare la spina. Dato il successo di pubblico, in
pochi anni molti stabilimenti termali sono stati ristrutturati in stile minimal
chic e rilanciati con la formula del Salus Per Aquam, scostandosi defi nitivamen-
te dall’immagine di sanatori per malati mutuati. Insieme a "spa", appare sulle
insegne la parola "resort", un connubio che prelude a piscine fumanti con cro-
mo e musicoterapia, massaggiatori preparati nelle migliori scuole thailandesi,
staff medici e ospitalità di lusso.
Si parla sempre più anche di “destination spa”, strutture spesso di lusso per
soggiorni all inclusive da una a tre settimane, dove si sperimenta una full im-
mersion nel benessere e si imparano le regole per una vita più sana da applicare
anche dopo la vacanza.
Facciamo qualche esempio: sono destination spa i resort nati o ristrutturati ne-
gli ultimi vent’anni nelle località termali italiane (Fonteverde a San Casciano,
le Terme di Saturnia, l’Adler di Bagno Vignoni solo per citarne alcuni, ma la
ricchezza italiana in tal senso è straordinaria come si può verifi care sul sito
www.federterme.it); gli hotel fi rmati dalle archistar sulle montagne svizze-
re (le Terme di Vals di Peter Zumthor, il Tschuggen Grand Hotel disegnato da
Mario Botta, il Vigilius Mountain Resort a emissione zero di Matteo Thun); i
centri per il benessere integrale e/o medico, come l’Espace Chenot di Merano
e i Bagni di Pisa, e quelli ayurvedici in Kerala (Somatheeram e Cgh Earth
Spa Tourism
Viaggi del corpo e della mente
194
Experience Hotels), le scuole di benessere-bellezza-relax-lusso nelle Spa Island
dei Six Senses Resorts & Spas.
Dal 2000 in poi non c’è testata di turismo e sito di viaggi che non contem-
pli la rubrica “benessere”, con monografi e dedicate, articoli di Spa-safari in
giro per il mondo per provare l’ultimo antidoto alla vecchiaia e il più effi ca-
ce elisir di lunga vita. Un miraggio che spinge fi no all’Outback australiano
per sperimentare le cure aborigene, negli Onsen giapponesi ai piedi del mon-
te Fujiyama, nelle beauty farm metropolitane più all’avanguardia nella ricerca
medico-cosmetica.
Per i fruitori del genere è stato coniato il termine "spa-seeker" o "spa-goer"
che allude alla ricerca incessante di nuovi centri in cui rigenerarsi. Gli spa-go-
er sono, a questo punto, degli esperti con tanto di decalogo comportamentale
(Spa etiquette) e agenda aggiornatissima in base all’obiettivo: bellezza, salute,
relax. Gli indirizzi migliori si trovano su alcune directory che si sono gua-
dagnate autorevolezza in materia www.lhwspas.com, www.johansens.com/
luxury-spas, www.spafi nder.com, www.wahanda.com; sul numero di aprile
di Condé Nast Traveler Usa e sul suo sito, concierge.com; sull’annuario “The
World’s Greatest Hotels, Resorts, and Spas” del mensile Travel + Leisure e sul
sito www.travelandleisure.com/ideas/spa-wellness che indica anche i resort
appena inaugurati.
Viaggi del corpo e della mente
195
Talvolta tradotto con “viaggio della sbronza”. Crociera durante la
quale si può bere alcol fi no allo sfi nimento. Si beve in grande quan-
tità sui traghetti che fanno la spola tra i diversi Paesi del Baltico, così come nei
viaggi in nave dalla Gran Bretagna verso la Francia o il Belgio.
Nel 2003 la rete tv britannica ITV ha trasnesso una miniserie televisiva chia-
mata appunto The Booze Cruise.
SSS (Sun, Surf, Sand)
Non è una e vera e propria tipologia di viaggio, con defi nizione e
bibliografi a di sostegno. L’acrostico arriva diretto dalle spiagge di
California, Australia, Hawaii, dove tutti sanno cosa signifi ca SSS: sun, surf,
sand, cioè sole, surf e sabbia. Diffi cile pensare a un cocktail più allettante per
chi intende la vacanza in modo attivo ed edonistico. Anche perché la formu-
la si riferisce a località esotiche, proverbialmente popolate di bellezze e fusti
straordinari. Ragione per cui, spesso, una a caso delle tre “S” viene spesso in-
dicata con sex!
Summer seeker
C’è chi cerca l’estate tutto l’anno e concepisce il viaggio solo se alla
meta attendono mare cristallino, spiaggia bianca, palme da coc-
co, sdraio. In valigia pochi pezzi indispensabili: infradito, pareo, crema solare.
Quindi, pronti, partenza, via…
Booze cruise
Viaggi del corpo e della mente
196
Da ottobre ad aprile si punta all’estremo sud del mondo: Seychelles, Sudafrica,
India, Cono Sur (Brasile meridionale, Argentina, Cile, Uruguay, Paraguay), ecc.
Per le mezze stagioni si prediligono le mete più vicine all’Equatore, dove fa
caldo tutto l’anno, mentre da maggio a settembre basta avere sott’occhio la
mappa dell’emisfero boreale.
Viaggi del corpo e della mente
Island Hopping indica vacanza itinerante che prevede la visita di di-
verse isole più o meno vicine tra loro. Per esempio, si può fare nelle
Cicladi, passando anche da Mykonos a Santorini, oppure ai Caraibi passando
dalle Bahamas o navigando tra le British Virgin Islands. O ancora nell’Oceano
Indiano tra gli atolli delle Maldive e le isole delle Laccadive, alle Seychelles,
nel Mar Rosso. Con la garanzia di arrivare spesso in posti dove non sbarca
nessun altro, almeno per quel giorno.
Non c’è sempre bisogno di andare lontano, perché anche l’Italia, un concen-
trato di ricchezze e bellezze turistiche, consente stupendi Island Hopping: per
esempio, una delle vacanze di gran moda negli ultimi anni è il giro in barca a
vela tra le Eolie, sette isole diverse tra loro al largo tra la costa siciliana e quel-
la campana, o nell’arcipelago della Maddalena, spingendosi poi fi no all’Asinara
da un lato e a Tavolara dall’altro.
Consiglio: attenzione ai compagni di avventura, gli spazi sono piccoli, il con-
tatto è inevitabile e lo scontro anche, se non si va d’amore e d’accordo. Se
l’esperienza è positiva e saltare da un’isola all’altra del mondo diventa una pas-
sione, si passa a un’altra categoria: si diventa cioè turisti nautici, quelli che per
muoversi hanno bisogno del mare e del vento.
Il numero di porti e delle marine, in rapida crescita in tutto il mondo, dimo-
stra che le conversioni sono già numerose.
Island hopping
197
Abercrombie & Kent (www.abercrombiekent.com). Uno dei tour operator
più affi dabili per chi ama i viaggi specialistici: turismo letterario,
turismo rosa (Journeys for Women), Canal & River Cruise Tou-
rism, familymoon e celebrazioni importanti, viaggi su misura e
turismo estremo (www.akextremeadventures.com).
Aboriginal Tourism (www.aboriginaltourism.com.au). Turismo aborigeno
australiano al 100%, dalla guida al corso di didgeridoo.
Aboriginal Tourism Association of BC (ATBC, www.aboriginalbc.com).
Associazione canadese che organizza viaggi ed esplorazioni del
British Columbia con il supporto e nelle strutture dei nativi.
Africa Wild Truck (www.africawildtruck.com). Photo Tour, ma anche av-
venture e turismo responsabile in Tanzania, Kenya, Malawi, Zam-
bia, Mozambico e Botswana.
Air Bed and Breakfast (airbnb.com). Dal couchsurfi ng all’affi tto di un in-
tero castello.
AITR (Associazione Italiana Turismo Responsabile, www.aitr.org). Pro-
muove il turismo responsabile, favorendo la conoscenza, il coor-
dinamento e le sinergie tra i soci.
Albatros Top Boat (www.albatrostopboat.com). Cruise Tourism e Island
Hopping organizzati o su misura nel Mediterraneo, ai Caraibi,
nell’Oceano Indiano e nel Pacifi co.
Alcatraz Cruises (www.alcatrazcruises.com). Crociere nella baia di San
Francisco, con sosta all’ex carcere di massima sicurezza. In stile
“Jail Chic”.
Alderan Viaggi (www.alderanviaggi.it). Con il programma “8 su 10”
propone 10 itinerari da declinare in 8 modi diversi creando
dei ponti ideali tra archeologia e architettura di un Paese, tra
religione e costumi di un popolo, tra tradizioni e arti musicali
o visive.
Amici di Brera (www.amicidibrera.milano.it). L’Associazione ha iscrit-
ti appassionati d’arte e cultura che amano scoprire altri tesori
fuori Milano. Potrebbe capitare anche un “Veermer Tour”, ma,
più in generale, il calendario dei viaggi prevede visite a mostre e
masterpiece dei maggiori pittori, scultori, architetti della Storia,
spesso del tipo Tourisme de Force.
Azonzo Travel (www.azonzotravel.com). Viaggi estremi in Antartide sulle
Con
ch
i par
tire
198
tracce dei primi esploratori Scott e Amundsen, ma anche turismo natalizio nel
Paese di Santa Claus (Lapponia), turismo su misura e turismo etnico.
Azalai (www.azalai.info). Indicato per chi vuole approfondire il turismo etnico e scoprire
popoli lontani e sconosciuti nel rispetto dei principi dell’ecoturismo.
BCD Travel (www.bcdtravel.it). Business Travel con soluzioni personalizzate di travel ma-
nagement, organizzazione di eventi, congressi, viaggi Incentive, viaggi e vacanze
di piacere dedicate ai dipendenti.
Best Russian Tour (www.bestrussiantour.com/space). Turismo spaziale, dal training per
cosmonauti al volo Zero Gravity. Anche avventure estreme, con esperienze di
War Tourism: un giorno nell’armata russa e altre simili avventure militari.
Boxwood Tours (www.boxwoodtours.co.uk). Garden Tourism di primavera nei giardini
segreti della Gran Bretagna, in Toscana e, a maggio, in Giappone per la fi oritura
dei ciliegi.
Bradipo (www.bradipotravel.com). Travel designer specializzato in turismo su misura.
Bumrungrad International (www.bumrungrad.com). Visite e interventi medici per turisti
che hanno seri problemi di salute (e non cosmetici).
Bush Adventures (www.bush-adventures.com). Survival Tourism in Africa.
Carlson Wagonlit Travel (www.carlsonwagonlit.com). Leader internazionale per Business
Travel e ottimizzazione della gestione dei viaggi d’affari.
Cerresi Tours (www.bustravelcerresi.com). Teleturismo: per partecipare come pubblico
alla Corrida.
Ciao Romania (www.ciaoromania.com). Il Dracula Tour è uno dei suoi itinerari (Kitsching).
Chic Shopping Paris (www.chicshoppingparis.com). Scoprire Parigi con un esperto di
tendenze e negozi. Per un’esperienza di Shopping Tourism super trendy.
Chirurgia e Vacanze (www.chirurgiaevacanze.com). Soggiorni per sottoporsi a masto-
plastica additiva, rinoplastica, lifting e altri interventi di chirurgia estetica in Tuni-
sia, con convalescenza in beach resort (turismo medico).
Club Med (www.clubmed.it). Vacanze all inclusive e Cruise Tourism di lusso a bordo di
un veliero a cinque stelle.
Come Back Alive (www.comebackalive.com). War Tourism con esperienze estreme sui
campi di battaglia: Liberia, Afganisthan, Colombia.
Context (www.contexttravel.com). Walkskaping a tema (storici, archeologici, d’arte,
gourmet, nella natura) e passeggiate-seminario di approfondimento per piccoli
gruppi.
Coopi (www.coopi.org). Progetti di sviluppo per volonturisti.
Cosmetica Travel (www.cosmeticatravel.com). Viaggi in Tunisia per qualche taglia in più
di reggiseno, ventre piatto e viso senza rughe. Il pacchetto comprende anche il
resort sulla spiaggia e visite archeologiche.
Couch Surfi ng (www.couchsurfi ng.org). Divani e dintorni: il Couch Surfi ng secondo i
padri fondatori del genere.
Con chi partire
199
Crociera Online (www.crocieraonline.com). Per organizzare crociere in tutto il mondo,
scegliendo compagnie, rotte, prezzi.
Darwin Viaggi (www.darwinviaggi.com). Viaggi responsabili e turismo sostenibile.
Dream & Charme (www.dreamcharme.com). Viaggi in famiglia o per gruppi di amici su
misura e altri servizi di conciergerie (dal charter all’affi tto della villa extra lusso).
Easyviaggio (ww.easyviaggio.it) Per acquistare online viaggi lastminute e low cost.
Ef (www.eftours.com). Educational tourism e vacanze studio per imparare le lingue
straniere.
EGO Viaggi Idea (www.egoviaggidea.it). Per i Summer Seeker c’è il ricchissimo catalogo
Aqua.
Elation (www.elation.it). Concierge Travels+ Business Travel + MICE.
Eliotropica Travelling (www.eliotropica.it). Organizza viaggi su misura per donne da sole,
con i fi gli, con le amiche (turismo rosa).
Equinoxe Viaggi (www.equinoxe.it). Vacanze in barca a vela (e a motore) con Island Hop-
ping e spedizioni eco turistiche alle Galapagos.
Eventi Motivazionali (www.eventimotivazionali.it). Eventi e viaggi esperienziali fi nalizzati
al Team Building.
Exotic Tours (www.exotictours.com.br). Agenzia di Rio de Janeiro che organizza Favela
Tours. Trova anche biglietti per le partite di calcio, per Soccer Tourist improvvisati
o sprovveduti.
Expedia (www.expedia.it). Web-agency per turismatici avanzati.
Experiment in International Living (www.experimentinternational.org). Per un anno sco-
lastico all’estero e altri viaggi a scopo educativo (Educational Tourism).
Four Seasons Natura e Cultura (www.fsnc.it). Per farsi accompagnare in viaggio da natu-
ralisti, biologi, geologi, storici dell’arte, archeologi e guide turistiche di altissima
esperienza. Spazia dall’ecoturismo al Walkskaping.
Gabbiano Livingston (www.gabbianolivingston.com). Il clou dei suoi viaggi sono le traver-
sate e le trasferte. Un esempio: l’Africa dall’Egitto al Sudafrica in Cessna (“Vaci-
lando” a cinque stelle).
Garden Tour (www.garden-tour.com). Escursioni nei giardini privati e pubblici. Con la
guida del paesaggista.
Garden Visit (http://www.gardenvisit.com). Motore di ricerca per prenotare viaggi di Gar-
den Tourism in tutto il mondo, dall’Austria al Vietnam.
Gea Way (www.geaway.it). Pellegrinaggi, itinerari biblici, mariani, sulle orme dei santi.
Oltre ai turisti religiosi accompagna i cineturisti per giri “felliniani” di cinque giorni
da Rimini a Roma.
Gioco Viaggi (www.giocoviaggi.it). Specializzato in Cruise e River Cruise Tourism in tutto
il mondo.
Grandi Pellegrinaggi (www.grandipellegrinaggi.it). Turismo religioso in Guatemala, Mes-
sico, Turchia, Istaele, Russia, Polonia e altri percorsi di fede in qualunque posto
Con chi partire
200
del mondo, anche quelli meno conosciuti. Su richiesta, organizza anche funzioni
religiose nei luoghi e nei giorni concordati.
Gray Line (www.graylineneworleans.com/katrina.shtml). Disaster Tourism, a partire
dall’“Hurricane Katrina Tours”.
Gruppi archeologici d’Italia (www.gruppiarcheologici.org). Volonturism presso gli scavi
archeologici nei territori che appartennero all’Impero Romano.
Hamalia (www.hamalia.ua/Incomming/Tour_to_Chernobyl). Chernobyl e altri itinerari di
Disaster Tourism.
HRG (www.hrgworldwide.com). Business Travel a 360°: dai viaggi aziendali all’organiz-
zazione di congressi ed eventi in qualunque posto del mondo.
Imaging In Italy (www.imaging-in-italy.com). Tour da mezza giornata in su per immor-
talare i monumenti di Roma e altri tesori italiani con la guida e i consigli di un
fotografo del National Geographic Magazine.
Impronte Viaggi (www.impronteviaggi.com). Photo Tour e safari fotografi ci in Tanzania,
Ecuador, India.
India and More (www.indiaandmore.com). Che si vada nelle incontaminate isole Lak-
kadive, a fare le cure Ayurvediche in Kerala o in ritiro spirituale nel Buthan o in
Tibet, l’attenzione è sempre posta nel rispetto dei luoghi e dei popoli (ecoturismo
e turismo etnico).
Intercultura (www.intercultura.it). Da oltre cinquant’anni promuove scambi scolastici ed
esperienze interculturali. Grazie alla sua organizzazione, ogni anno, 1.500 giova-
ni delle scuole secondarie vanno a vivere e studiare all’estero.
Il Sipario Musicale (www.ilsipariomusicale.com). Tour operator specializzato in turismo
lirico. Per assistere a un’opera nel tempio wagneriano di Bayreuth o al Con-
certo di Capodanno a Vienna, oppure all’inaugurazione del Teatro alla Scala
di Milano.
Itinerari di giardini italiani (www.italiangardentour.com). Garden tourism in Italia e in Europa.
I viaggi del sorriso (www.iviaggidelsorriso.com). Ha fatto dello Smile Tourism la sua ra-
gion d’essere: si viaggia per mettere a posto denti e bocca, ma non si riparte
senza aver visitato monumenti e palazzi di Bucarest, sede della clinica odontoia-
trica dove si realizzano gli impianti, e dintorni.
Kel12 (www.kel12.com). Tourisme de Force. Nel senso che i viaggi proposti sono impe-
gnativi e richiedono molta passione. In catalogo anche viaggi più facili.
King Holidays (www.kingholidays.it). I suoi clienti abituali sono i Business Traveller e chi
deve organizzare viaggi incentive, convention e congressi (MICE).
Kuoni (www.kuoni.it/concierge). Sportello Concierge per chi sceglie viaggi di alto livello,
su misura e per le donne (turismo rosa).
La Boscaglia (www.boscaglia.it). Viaggi a piedi nei parchi e nelle aree protette, senza fi ni
sportivi e valorizzando l’aspetto terapeutico del camminare. Anche per i primi
passi di Walkskaping.
Con chi partire
201
La Riviera dei Sogni Travels (www.larivieradeisogni.com). Viaggi di gruppo per la terza età
in Liguria (Grey Tourism). Anche turismo religioso.
Legambiente (www.legambienteturismo.it). Proposte di ecoturismo rigoroso e istitu-
zionale.
Literary Travel (www.literarytraveler.com). Solo viaggi a tema letterario.
Lunaria (www.lunaria.org). Esperienze di volontariato internazionale, scambi culturali e
vacanze per imparare nel campo dell’educazione non formale: clownerie per
l’inclusione sociale e acting confl ict per la non violenza nelle metropoli.
Maurizio Levi (www.deserti-viaggilevi.it). Viaggi nei deserti alla scoperta di popoli e cul-
ture. Anche turismo etnico, con molta attenzione eco.
Onirikos (www.onirikos.com). Tutto per il turismo su misura. Anche Business Travel,
weddingmoon e shopping tourism (con personal shopper, mai in torpedoni di-
retti agli outlet).
Opera Romana Pellegrinaggi (www.jospfest.com). Turismo spirituale istituzionale (è un’at-
tività del Vicariato di Roma). A giugno organizza il festival “Journeys of the spi-
rit”.
Orient Express (www.orient-express.com). River Cruise Tourism sui canali francesi e in
Myanmar. E viaggi per imparare a: cucinare, a rilassarsi, a dipingere, a praticare
tai chi e yoga.
Paris Running Tour (www.parisrunningtour.com). Sightjogging a Parigi: si può scegliere
tra rive gauche e rive droite della Senna o lungo i canali.
Photo Mozzati (viaggi.photomozzati.com). Tourisme de Forcenella sua migliore accezio-
ne: più che viaggi, sono corsi di storia dell’arte con lezioni sul campo.
Polaris (www.polarisviaggi.it). Per Nightlife Tourist alle prime armi che vogliono provare
una Notte Rosa a Rimini.
Pro Crea (www.procrea.ch). Centro di fecondazione assistita a Lugano. Con organizza-
zione del soggiorno durante le terapie e consigli di piacevole permanenza.
Pronto Tours (www.prontotours.com). Per gli appassionati di teleturismo, ci sono i “Rivom-
brosa Tour”, (www.rivombrosa.com). Anche viaggi incentive e Business Travel.
Quiiky (www.quiiky.com). Resort, itinerari, mete su misura di turisti LGBT.
RSVP Vacation (www.rsvpvacations.com). Crociera per soli uomini o sole donne (LGBT
Tourism).
Russia Travel (www.russia-travel.ws/). Nella categoria Extreme Tourism, si trovano pro-
grammi dedicati ai viaggiatori più audaci, come il diving nel lago ghiacciato di
Valdai.
SeiViaggi (www.seiviaggi.it, tel. 0393900274). Per crociere sui rompighiaccio e spedi-
zioni artiche nel Nord Europa, dove si trova anche Rovaniemi, il paese di Babbo
Natale, prima meta del turismo natalizio.
Sentieri di Nuove Esperienze (www.nuove-esperienze.it). Itinerari per chi vuole sperimen-
tare il Vacilando: per loro ci sono i 9.000 chilometri lungo la ferrovia Transiberiana
Con chi partire
202
e il Gran Tour siberiano attraverso il circolo polare artico.
Servas International (www.servas.it). Programmi di educazione alla pace e allo scambio
culturale (Educational Tourism)
Southside (www.southsideviaggi.com). Australia in tutte le versioni e direzioni, com-
presa la rotta sulla Via dei Canti, per sperimentare il turismo a tu per tu con gli
aborigeni.
Space Adventures (www.spaceadventures.com). “Lunar Mission” e altre esperienze di
turismo spaziale.
Storm Chasing Adventure Tours (www.stormchasing.com). Weather Trips di 7 giorni con
caccia al tornado in Texas, Nebraska e Alabama.
Strabo Tours (www.phototc.com). Trenta professionisti guidano Photo Tour in tutto il
mondo con workshop di fotografi a naturalistica, ritrattistica, ecc.
Team Building & Incentive (www.eventmedia.it). Viaggi e pacchetti studiati per Team
Building.
Terremobili (www.terremobili.com). Itinerari a metà tra il turismo emozionale, con mappe
create ad hoc per scoprire le mete sotto una luce nuova, e il turismo letterario
con incontri con i fondatori delle guide Lonely Planet e con scrittori che invitano
a scoprire i loro luoghi reali e immaginari.
TO Associati (www.toassociati.com). New Age e Spa Tourism, sempre in chiave
responsabile.
Touring Club (www.touringclub.it). Dall’editore di alcune delle più famose d’Italia, anche
viaggi, villaggi e vacanze “eco”.
Tucano Viaggi Ricerca (www.tucanoviaggi.com). Si visitano ecosistemi intatti, remoti vil-
laggi rurali ed etnie dalle tradizioni secolari per scoprire regioni trascurate dai
grandi fl ussi turistici (turismo etnico). Anche microvacanze personalizzate e cro-
ciere a bordo di velieri e rompighiaccio.
Turismo dentale (www.turismodentale.it). Smile Tourism completo di consulto preven-
tivo a Bologna, Roma, Reggio Calabria, organizzazione viaggio e intervento a
Bucarest.
Travelgay (www.travelgay.it). Crociere, settimane bianche, corsi di lingua, weddingmo-
on, tutto rigorosamente gay (LGBT).
United Nations Volunteers (www.unv.org). Volonturismo con progetti umanitari in tutto il
mondo. A partire da Haiti post terremoto.
Urban Gentry (www.urbangentry.com). Londra per insider e per chi vuole sperimentare
più viaggi in una sola volta: Archi Tourism, Shopping Tourism nei quartieri trendy
o del vintage, Flea Market Tourism per mercatini e mercati delle pulci, turismo
gourmand ed esperienze di urbsturismo.
Uvet-Amrican Express (www.uvetamex.com). Nato come joint venture tra Uvet Viaggi Tu-
rismo e American Express, è lo specialista italiano del Business Travel, assisten-
do le aziende anche con strategie di razionalizzazione e risparmio delle spese di
Con chi partire
203
viaggio.
Venere (www.venere.com). Soggiorni e voli cercati e acquistati sul web (Turismatica
doc).
Viaggi di Architettura (www.viaggidiarchitettura.it). Architour guidati da professionisti,
designer, docenti universitari in tutto il mondo.
Viaggi In Avventura (www.viaggiinavventura.it). Viaggi a contatto con luoghi e popoli fuori
dalle rotte classiche del turismo cercando. Tra neo vagabonding, turismo etnico
e turismo estremo.
Viaggi dell’Elefante (www.viaggidellelefante.it). Ecoturismo di lusso con il brand Ecoluxu-
ry (www.ecoluxury.com) e turismo slow nei parchi letterari d’Italia.
Viator (www.viator.com). Per gli appassionati di Disaster Tourism, c’è il “Post Hurricane
Katrina Tour”.
Virgin Galactic (www.virgingalactic.com). Viaggi in orbita e turismo spaziale.
VolunTourism (www.voluntourism.org). Motore di ricerca per orientarsi tra le associazioni
e circa diecimila progetti di Voluntourism ed Educational Tourism nel mondo. La
scelta è davvero ampia, e spazia dal volonturismo con gli animali, con comunità
emarginate, negli Usa e nel resto del mondo.
Voyages Illumination (www.voyagesillumination.com). Viaggi spirituali e New Age Tou-
rism per scoprire l’anima di popoli lontani. Il viaggio include l’incontro con il
rappresentante religioso della comunità visitata: il derviscio, l’oracolessa, il mo-
naco, la guaritrice.
Voyageurs du Monde (www.vdm.com). Viaggi individuali, per due, per famiglia, per amici,
da studiare con la collaborazione di 177 consulenti, ciascuno specializzato in de-
stinazioni e tipologie diverse. La sede principale (magnifi ca) è a Parigi: si chiama
Cité de Voyageurs (50 Rue Sainte-Anne), nella zona della Borsa, e merita una
visita anche senza prenotare la vacanza (di sicuro si esce con la voglia di farlo!).
In vendita guide, mappe, libri geografi ci, accessori di viaggio e un’esposizione-
vendita di oggetti provenienti da ogni luogo del mondo.
Wep (www.wep-italia.org). Soggiorni linguistici, programmi scolastici ed esperienze di
Job & Travel: soggiorni in fattoria, stage in azienda, volontariato ecologico, au
pair, protezione degli animali selvaggi, volontariato, corso di lingua & volontaria-
to.
Wwoof (World wide opportunities on organic farms, www.wwoof.org). Si lavora nelle
aziende agricole in cambio di ospitalità. Per volonturisti bio.
Youth Action for Peace Italia (www.yap.it). Campi internazionali di lavoro per promuovere
la pace sostenibile nel mondo attraverso la mobilità giovanile.
Zingarate (www.zingarate.com). Motore di ricerca per cercare online offerte di viaggi
low cost.
Con chi partire
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Bib
liog
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AA. VV., Film + Travel Europe: Traveling the World through your favourite Movies,
New York, Museyon Guides, 2009
AA. VV., Guide Low Cost, Milano, Morellini Editore; 11,90 €
AA. VV., Guida Michelin, Michelin, 2011; 23 €
AA. VV., Guide Verdi, Milano, Touring Club Italiano;
AA. VV., Guide Whaiwhai, Vicenza, editore Log607
AA. VV., Itinerari d’Autore, Torino, EDT-Lonely Planet
AA. VV., Lonely Planet’s Ultimate Experiences for a Lifetime, Londra, Oakland,
Victoria, Lonely Planet Publications, 2009
AA:VV., Lonely Planet. 1000 viaggi straordinari. Dai più classici ai più stravaganti,
Torino, EDT, 2010
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Finito di stampare
nel marzo 2011
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