LiberaMente - n.5 marzo 2011

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L ibera M ente Il bimestrale de La Casa sulla Roccia - n.5 marzo 2011 APPROFONDIMENTO LA MASCHERA ˚ veramente difficile, parlando di maschere, non pensare a quelle che i politici usano quoti- dianamente, soprattutto nel pas- sare da uno schieramento a un altro o nel fare proclami alle te- levisioni in modo artificioso e‰mascherato‰. Le maschere fu- rono usate per la prima volta nelle tragedie dellÊantica Grecia per esprimere sentimenti e stati dÊanimo. Con il tempo sono di- ventate paraventi per nascon- dere sentimenti e stati dÊanimo. Forse potremmo imparare qual- cosa dai ragazzi della Comunità nel loro articolo „Io e il mio specchio‰. EDITORIALE LÊITALIA CHE VORREI di Mauro Aquino Il disegnare secondo il proprio pensiero quello che ci circonda è un esercizio che tutti fac- ciamo, alimentando il desiderio del cambiamento nel volerci sentire in un posto più giusto. LÊItalia che vorrei è quella in cui sulle prime pagine dei giornali ci fosse raffigurata il volto di una politica seria e operosa sulle problematiche della na- zione:giornali sui quali vedere ritratto il nostro presidente del consiglio ripreso alle 7,00 del mattino, con le maniche della camicia arrotolate e la giacca sulle spalle, mentre esce in strada dal palazzo del governo, dopo una notte di serio lavoro con i propri ministri. Un presidente che, dopo aver individuato soluzioni, program- mato strategie economiche, de- lineato leggi, politiche sociali, si sofferma in strada a parlare con il giornalaio, a stringere la mano ad un passante; un pre- sidente che entra nel primo bar aperto e, sorseggiando il caffè, esorta i „comuni‰ cittadini ad avere fiducia nella politica del paese, ad essere persone re- sponsabili, che li inciti ad es- sere a loro volta i testimoni di un impegno personale, fami- liare, sociale, parte di una lunga catena per mezzo della quale viene trasmessa forza ed impe- gno al nostro sistema Italia, ma soprattutto,⁄ che sentano con fierezza lÊessere italiani, che si sentano parte di una nazione diventata tale grazie allÊimpe- gno ed al sacrificio di quanti hanno creduto e lavorato per questÊunità. LÊItalia che vorrei è quella in cui i magistrati come Boccassini, Igroia, Gratteri, Forleo⁄ pos- sano svolgere il loro impegno istituzionale e civile ad di fuori delle melmose paludi di occulti poteri dello stato, dellÊecono- mia privata e della criminalità, tutti poteri trasversali alla lega- lità. Delegittimazioni,isolamento, depistaggi, sono solo alcune delle produzione della ben nota macchina del fango che rende tutto più pesante, tentando len- tamente di disarmare ed emar- ginare chi cerca di svincolarsi. Falcone diceva „In Sicilia la mafia colpisce i servitori dello Stato che lo Stato non è riuscito a proteggere‰: di questa frase non capirò mai se sÊintendeva dire che „non è riuscito‰ o che „non ha voluto‰ proteggere. LÊItalia che vorrei è quella in cui non ci fossero divisioni e arroc- camenti a difesa di territori ad economia più forte rispetto a quella più sofferente, alimen- tando le paure delle popola- zioni confinanti. Si attuano prevaricazioni, si mettono in atto appropriazioni per rendere più ricchi i già ricchi e togliendo ai già poveri quello che servi- rebbe per tentare ed ottenere un possibile avvicinamento fra i due grandi gruppi sociali. Un esempio ? Questo governo ha prelevato 31,381 miliardi di L’ASSOCIAZIONE Lo Studio di Consulenza Psicologica pag.2 EVENTI Prevenzione : parte il pro- getto pag.21 - 1 - - „Villa Dora‰ - Sede della Comunità Terapeutica - Prata P.U. SETTORE CULTURALE VILLA DORA Dalla Comu- nità di Villa Dora pag.6 VOLONTARIATO Volontariato : tesoro da pro- teggere pag.19

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LiberaMente il bimestrale dell'Associazione La Casa sulla Roccia - Centro di Solidarietà

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LiberaMenteIl bimestrale de La Casa sulla Roccia - n.5 marzo 2011

APPROFONDIMENTO

L A M A S C H E R A

˚ veramente difficile, parlandodi maschere, non pensare aquelle che i politici usano quoti-dianamente, soprattutto nel pas-sare da uno schieramento a unaltro o nel fare proclami alle te-levisioni in modo artificiosoe‰mascherato‰. Le maschere fu-rono usate per la prima voltanelle tragedie dellÊantica Greciaper esprimere sentimenti e statidÊanimo. Con il tempo sono di-ventate paraventi per nascon-dere sentimenti e stati dÊanimo.Forse potremmo imparare qual-cosa dai ragazzi della Comunitànel loro articolo „Io e il miospecchio‰.

EDITORIALE

LÊITALIA CHEVORREIdi Mauro Aquino

Il disegnare secondo il propriopensiero quello che ci circondaè un esercizio che tutti fac-ciamo, alimentando il desideriodel cambiamento nel volercisentire in un posto più giusto.

LÊItalia che vorrei è quella in cuisulle prime pagine dei giornalici fosse raffigurata il volto diuna politica seria e operosasulle problematiche della na-zione:giornali sui quali vedereritratto il nostro presidente delconsiglio ripreso alle 7,00 delmattino, con le maniche dellacamicia arrotolate e la giaccasulle spalle, mentre esce instrada dal palazzo del governo,dopo una notte di serio lavorocon i propri ministri. Un presidente che, dopo averindividuato soluzioni, program-

mato strategie economiche, de-lineato leggi, politiche sociali,si sofferma in strada a parlarecon il giornalaio, a stringere lamano ad un passante; un pre-sidente che entra nel primo baraperto e, sorseggiando il caffè,esorta i „comuni‰ cittadini adavere fiducia nella politica delpaese, ad essere persone re-sponsabili, che li inciti ad es-sere a loro volta i testimoni diun impegno personale, fami-liare, sociale, parte di una lungacatena per mezzo della quale

viene trasmessa forza ed impe-gno al nostro sistema Italia, masoprattutto,⁄ che sentano confierezza lÊessere italiani, che sisentano parte di una nazionediventata tale grazie allÊimpe-gno ed al sacrificio di quantihanno creduto e lavorato perquestÊunità. LÊItalia che vorrei è quella in cuii magistrati come Boccassini,Igroia, Gratteri, Forleo⁄ pos-sano svolgere il loro impegnoistituzionale e civile ad di fuoridelle melmose paludi di occultipoteri dello stato, dellÊecono-mia privata e della criminalità,

tutti poteri trasversali alla lega-lità.Delegit timazioni,isolamento,depistaggi, sono solo alcunedelle produzione della ben notamacchina del fango che rendetutto più pesante, tentando len-tamente di disarmare ed emar-ginare chi cerca di svincolarsi.Falcone diceva „In Sicilia lamafia colpisce i servitori delloStato che lo Stato non è riuscitoa proteggere‰: di questa frasenon capirò mai se sÊintendevadire che „non è riuscito‰ o che

„non ha voluto‰ proteggere.LÊItalia che vorrei è quella in cuinon ci fossero divisioni e arroc-camenti a difesa di territori adeconomia più forte rispetto aquella più sofferente, alimen-tando le paure delle popola-zioni confinanti. Si attuanoprevaricazioni, si mettono inatto appropriazioni per renderepiù ricchi i già ricchi e togliendoai già poveri quello che servi-rebbe per tentare ed ottenereun possibile avvicinamento frai due grandi gruppi sociali. Un esempio ? Questo governoha prelevato 31,381 miliardi di

L’ASSOCIAZIONE

Lo Studio diConsulenzaPsicologicapag.2

EVENTI

Prevenzione :parte il pro-gettopag.21

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- „Villa Dora‰ - Sede della Comunità Terapeutica - Prata P.U.

SETTORE CULTURALE VILLA DORA

Dalla Comu-nità di VillaDorapag.6

VOLONTARIATO

Volontariato :tesoro da pro-teggerepag.19

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euro dai fondi FAS (Fondi per le Aree Sot-toutilizzate), destinati al Sud Italia, ma dirot-tati al in altre aree del paese per finanziareil Servizio Sanitario Nazionale, lÊ ICI, il di-savanzo del Comune di Roma, quello di Ca-tania, lÊadeguamento prezzi, il G8 dellaSardegna (con annessi scandali), i rifiuti diNapoli, lÊintervento sui conti pubblici, ecc. Ed è proprio di questÊultimi giorni un altrotaglio. 190 milioni di euro assegnati dal Go-verno con la legge obiettivo per la realizza-zione della terza corsia e la messa insicurezza della tratta stradale che collegaAvellino a Salerno dirottati nella costru-zione dellÊasse ferroviario Trieste- Lubiana.LÊItalia che vorrei è quella in cui vederechiare prese di posizione da parte di tuttiquegli enti che si definisco „morali‰, i quali,quando devono prendere posizione pubbli-camente sono assenti o si propongono „tie-pidamente‰, lasciando ampi spaziallÊinterpretazione; non denunciano aperta-mente gli abusi, le connivenze, non scen-dono in piazza a manifestare, così comefarebbero in occasione della giornata pro-gay, o della famiglia perfetta. Mi verrebbe da pensare che forse le „molliparole e i sommessi respiri‰ sono, forse,condizionati dai i vari contributi elargiti dallostato quale l'otto per mille, il finanziamento

a scuole ed università private, alla contrat-tualistica differenziata per gli insegnanti direligione nella scuola pubblica, ai finanzia-

menti ai mezzi di comunicazione religiosa,ai finanziamenti per le infrastrutture di pro-prietà non dello stato italiano, ai finanzia-

menti per l'assistenza religiosa negli ospe-dali pubblici, per lÊesenzioni fiscale, ecc. LÊItalia che vorrei è quella in cui lÊimprendi-toria italiana si confronti su un mercato fattodi competitività, di regole, di meriti, di idee,non soffocando da un lato le conquiste deilavoratori né dallÊaltra utilizzando la„cassa‰ dello Stato come un bancomat daattingere per lÊattivazione degli ammortiz-zatori sociali e mascherare investimenti, uti-lizzando finanziamenti per alleggerire ilcosto dalle tasche della proprietà aziendale.Penso che, come in politica, anche lÊim-prenditoria italiana, in questi ultimi anni, siaregredita cercando non lÊimpegno del-lÊazione o il credere nelle proprie idee comehanno fatto i „padri‰ delle più note Aziendeitaliane lavorando e sottraendo prima a lorostessi, per alimentare e sostenere la loro ini-ziativa su quel „pazzo‰ progetto su cui,molti, non avrebbero scommesso. Così tutti pazzi i Giovanni Ferreo (1905 –Ind. Alimentare), Angelo Salmoiraghi(1848 – Ind. Ottica), Enzo Ferrari (1898 –Ind. Automobilistica), Pietro Barilla (1913 –Ind. Alimentare), Edoardo Bianchi (1865 –Ind. Meccanica), ecc. LÊItalia che non vorrei ? Quella di oggi, unÊItalia ⁄⁄⁄ con la ma-schera.

L’ASSOCIAZIONE

CONSULENZAPSICOLOGICA:adesso si puòIl nuovo servizio della Casa sullaRoccia

di Enza PetruzzielloNon solo dipendenze. La Casa sulla Rocciaamplia i suoi confini e si apre ai problemi ditutti i giorni. Ansia, panico, stress. Adole-scenza e disturbi. Psiche a 360 gradi. Per-ché se è difficile per una persona

riconoscere di avere un problema, ancorapiù difficile è chiedere e ottenere aiuto. Maora si può, grazie al servizio di ConsulenzaPsicologica inaugurato pochi mesi fa al cen-tro di solidarietà di Avellino. LÊidea è dicreare con il tempo un vero e proprio con-sultorio dove tutti possono trovare il soste-gno psicologico di cui hanno bisogno. Doveper ogni problema ci sia uno specialista ingrado di aiutare la persona a superarlo. Av-viato lo scorso ottobre, il centro con iltempo sta crescendo e migliorandosi. Il ser-vizio si rivolge ad adolescenti e adulti condifficoltà di carattere psicologico, e a coppiecon problematiche di carattere coniugale ogenitoriale. La modalità del servizio prevedela possibilità di effettuare un colloquio gra-tuito con uno psicologo dellÊAssociazione,con finalità conoscitive e di comprensionedella richiesta effettuata. Il primo passo,quindi, è accogliere la persona, capire il suobisogno e offrire la risposta più adatta adessa. CÊè uno sportello sempre aperto, sipossono inviare e-mail, e poi cÊè la segrete-ria con cui fissare un colloquio e un appun-tamento. Dopo un primo colloquio, sidefinisce la tipologia di intervento più ido-nea per lÊutente. Il settore infatti effettuacolloqui di consulenza psicologica, di psico-diagnosi, di consultazione psico-pedago-gica, di psicoterapia in setting individuale,di coppia e di gruppo. E ancora: gruppi disostegno alla genitorialità, consulenze psico-pedagogiche rivolte ai genitori e agli inse-gnanti, interventi di orientamento allo

studio e di prevenzione della dispersionescolastica rivolto ad adolescenti, progetti diprevenzione primaria alle dipendenze e la-boratori socio-educativi in collaborazionecon le scuole secondarie di primo grado edi secondo grado, progetti per adolescenticon disabilità. Insomma prevenzione adampio respiro. Anche fisicamente si è cer-cato di mantenere la privacy, con uno spa-zio proprio allÊinterno della struttura dellaCasa sulla Roccia in modo da garantire lariservatezza sia della persona esterna chedegli utenti che si trovano nel percorso direcupero della dipendenza. LÊobiettivo è fa-vorire lo sviluppo e il benessere individualein senso globale. Obiettivo che siamo certisarà raggiunto perché la felicità è alla por-tata di tutti, basta volerlo.

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AIUTARSI PERAMARSIIntervista a Maria Calabrese responsabile del nuovo centro diConsulenza psicologica de LaCasa sulla Roccia.

di Enza Petruzziello

Dottoressa Calabrese, il Centro di solida-rietà La Casa sulla Roccia non è più solouna comunità di recupero per le dipen-denze. Da tempo è stato inaugurato il cen-tro di Consulenza psicologica. ComÊè nato?ÿIl centro nasce con lÊintento di offrire unservizio sul territorio che rispecchi lo stessostile di Progetto Uomo della Casa sulla Roc-cia: solidarietà e sensibilità alle problemati-che delle persone di Avellino e provinciaesterne al disagio della dipendenza. Paral-lelamente cÊè la voglia di dare un servizioche sia competente e altrettanto professio-nale come il percorso comunitario struttu-rato ormai da 25 anni. La Consulenzapsicologica intende insomma sfruttare lacompetenza raggiunta attraverso lÊespe-rienza decennale della comunità in un per-corso differente, privato e ambulatoriale.Esperienza che scaturisce sia dal nostro in-terno che dalla nostra modalità di interfac-ciarsi con altre realtà e con le altre comunitàdella FICT (Federazione Italiana ComunitàTerapeutiche) dove si sperimentano nuovisistemi, percorsi e attenzioni per ulterioriproblematiche relative alla dipendenzaŸ.Finora come è stata la risposta dei cittadini?ÿIn questi pochi mesi il servizio ha ricevutobuone risposte. Ci sono state delle primeconsulenze e successivamente delle presein carico. Si tratta di persone che hanno sa-puto del nuovo servizio e si sono rivolte anoi per ricevere un sostegno psicologico. Aldi là del singolo trattamento terapeutico, at-traverso il servizio di consulenza psicologicastiamo cercando di promuovere anche unaserie di iniziative di prevenzione. Ad esem-pio lo scorso novembre abbiamo aderito

alla Settimana del benessere psicologicopromossa dallÊOrdine degli psicologi dellaCampania. Per tutta la settimana siamostati impegnati in molte scuole dellÊIrpinia.Ormai da qualche anno si sono consolidatii rapporti con alcuni istituti superiori diAvellino. Adesso ci stiamo interfacciandocon gli istituti secondari di primo livello per-ché pensiamo che la prevenzione vada fattasoprattutto in quella età con interventi cheriguardano varie tematiche non stretta-mente legate al discorso della dipendenza,ma connesse al bullismo, al disagio adole-scenziale e allÊalfabetizzazione emotiva. Pro-prio questÊanno si è registrato unincremento di alleanze con alcune scuole,registrando una fiducia in più del territorionei nostri confronti che ci vede competentinon solo nel trattamento della dipendenzama in tutte le altre attività correlateŸ. Il servizio a chi si rivolge e chi si rivolge avoi?ÿEÊ rivolto ad ampio raggio ad adolescenti,adulti, coppie e coppie genitoriali. LÊidea èdi offrire uno spazio che abbia le caratteri-stiche di un consultorio che possa prendereil cittadino in tutte le fasi della vita, dallÊado-lescenza alla nascita della famiglia. Tra lÊal-tro con lÊUfficio Adozioni Internazionali datempo prepariamo e sosteniamo le coppieche fanno richiesta di adozione. Insommadiventiamo - con settori differenti - un puntodi aiuto, non solo per i genitori e gli adole-scenti ma per tutti coloro che hanno pro-blemi psicologici più strettamente clinici: daidisturbi di ansia ai disturbi di umore e di ali-mentazione. Cerchiamo di offrire una rispo-sta accessibile a qualsiasi persona con undisagio psicologico che non sia strettamentelegato al tema della dipendenza. Inoltre,stiamo lavorando sulla possibilità di offrirela nostra consulenza psicologica anche aenti e aziendeŸ. Spesso è difficile riconoscere di avere unproblema. Ancora più difficile è chiedereaiuto. Cosa spinge una persona a rivolgersia uno psicologo?ÿInnanzitutto lÊidea che si può stare meglio.La consapevolezza di un senso di benessereche può essere migliorato. Bisogna sapersiinterrogare e, con onestà, comprendere cheesiste un malessere che può essere supe-rato. In secondo luogo è importante capireche non sempre da soli ce la si può fare. Larichiesta di aiuto deve diventare un aspettodi forza della persona e non di fragilità e de-bolezza, o peggio di vergogna. Chiedereaiuto è un atteggiamento di amore per sestessiŸ. Quali sono i problemi maggiormente riscon-trati?ÿFinora soprattutto quelli che riguardano gliadolescenti e i genitori. Ad esempio adultiche hanno un malessere che vivono come

riflesso di una difficoltà nella propria fun-zione genitoriale. Magari persone chehanno alle spalle dei problemi personali chesi riflettono nella relazione con il proprio fi-glio. Per quanto riguarda i più giovani, lÊin-gresso nellÊadolescenza non è mai sempliceessendo un momento evolutivo importante.Si registrano disagi nella studio, nella socia-lizzazione, nellÊidentità sessuale e così viaŸ. CÊè ancora reticenza nei confronti della fi-gura dello psicologo?ÿForse culturalmente ancora si. Però esi-stono ormai così tante emergenze chenasce spontanea lÊesigenza di potersi e vo-lersi affidare a qualcuno che sia più compe-tente e specializzato rispetto al medico difamiglia. Ma siamo ancora in una fase dipassaggio. Esiste poi unÊemergenza educa-tiva in cui lÊintervento psicologico può ca-larsi in tutti i contesti e gli ambienti oltreche nelle singole storie Ÿ.Lei ha lavorato molto anche in Comunità.Quali sono le differenze tra i due tipi diaiuto?ÿLa Comunità utilizza degli strumenti tera-peutici che sono calati nel contesto della re-sidenzialità e che privilegiano la dinamicadel gruppo. Nella terapia individuale ci sonodiversi approcci e alla fine si sceglie il trat-tamento più adeguato alla necessità del sin-golo e al suo modo di essere. Il comunedenominatore è la filosofia di „ProgettoUomo‰ che insegna che tutte le personecon problemi di dipendenza sono fonda-mentalmente persone con la loro unicità ac-comunate da un problema simile. Con ilnuovo servizio ci stiamo avvicinando a per-sone che non hanno problemi simili, mache sono sempre delle personeŸ.Perché bisogna fidarsi dello psicologo?ÿPiù che fidarsi, bisogna affidarsi. Perché inalcuni momenti particolari della propria vita- a seguito di alcuni eventi o quando si con-vive con dei malesseri interiori - ci si rendeconto che da soli non si riesce a raggiungerequello stato di benessere che invece si desi-dera e che non sembra raggiungibile. LÊaffi-darsi allo psicologo è un punto a favore, ungesto di cura di se stessi. In un momento incui culturalmente e socialmente cÊè tanta at-tenzione al proprio benessere estetico, bi-sognerebbe fare attenzione al propriobenessere interiore. Lo psicologo non èsolo necessario nei casi più gravi, ma puòdiventare il momento di confronto con qual-cuno che ci aiuta a guardarci dallÊesterno.Perché la cura di se stessi è alla portata dituttiŸ.

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Il servizio di Consulenza Psicologica, della “La Casa sulla Roccia”, si rivolgead adolescenti e adulti con difficoltà di carattere psicologico, e a coppie enuclei famliari con problematiche di carattere coniugale o genitoriale.

Il servizio effettua: colloqui di consulenza psicologica, di psicodiagnosi, di con-sultazione psico-pedagogica, di psicoterapia in setting individuale, di coppiae di gruppo; gruppi di sostegno alla genitorialità; consulenze psico-pedago-giche rivolte ai genitori e agli insegnanti; interventi di orientamento allo stu-dio e di prevenzione della dispersione scolastica rivolto ad adolescenti;progetti di prevenzione primaria alle dipendenze e laboratori socio-educativiin collaborazione con le scuole secondarie di primo grado e di secondo grado;progetti per adolescenti con disabilità.

La modalità del servizio prevede la possibilità di effettuare un colloquio gra-tuito con uno psicologo dell’Associazione, con finalità conoscitive e di com-prensione della richiesta effettuata. Contestualmente si definisce con ilpaziente la tipologia di intervento per lui più idonea. Il contratto terapeuticoviene effettuato sulla base del Codice Etico della struttura e nella piena ga-ranzia dei diritti dell’utente. Si riceve su appuntamento presso la sede della Casa sulla Roccia, in rioneS.Tommaso n.85.

Sudio di Consulenza PsicologicaSegreteria - La Casa sulla Roccia

Rione San Tommaso, 85 - 83100 Avellino

tel : 0825/72420 - 72419 fax : 0825/71610

email : [email protected]

web : http://www.lacasasullaroccia.it

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LA DOMANDAdi Serena Petretta

Perché è infinita la commedia delle domande.E striminzita quella delle risposte.

EÊ sempre questa inesorabile sproporzione che determina lÊinvecchiamento delle cellule.

Questo si sa.P. Sorrentino –Hanno tutti Ragione-

Può sorprenderti in qualsiasi momento.Che tu sia adagiato sul più solito dei tramonti nel rito della pipì deltuo cane. Che tu ti stia chiedendo perché quellÊuomo - tuo padre- si ostini ad essere così simile a te nonostante tutte le battaglie.Che tu stia facendo colazione alle 6 del mattino in un aeroportointernazionale o passando il vapore tra le piastrelle, con i bambiniche urlano nel sudore di una partita di calcetto.Arriva. E non lo puoi impedire.La domanda che ti rende lÊunico e il più vulnerabile degli esseridella Terra: chi sono? E qualsiasi cosa ne dicano le religioni e i mil-lenni e le filosofie la risposta non può essere così semplice da dare.Soprattutto se si scorge appena il peso della sua essenza, il fattoche non si possa declinare attraverso contesti e compromessi, pos-sessi e relazioni. Se si va al cuore del quesito e al baratro di possibilità che apre da-vanti ai nostri occhi più che alla comodità delle maschere e deiruoli che di volta in volta possiamo interpretare. Perché quando untale impegno di umanità viene allÊimprovviso a chiederci conto dellanostra vita, delle nostre scelte, delle nostre aspettative, più difficileè intraprendere lÊarduo percorso necessario a sfiorare la verità, piùfacile è darsi confortanti risposte immediate, quasi ovvie, che cifanno sentire sicuri, che sembrano ineluttabili e solide come le sediesu cui ci accomodiamo, i pavimenti che sostengono il nostro peso,gli asfalti delle nostre passeggiate. Maschere appunto o perfino armature, che ci consentono di andarenella recita del mondo sapendo cosa fare, cosa dire, cosa provare,aiutandoci a interpretare segnali che noi stessi generiamo, permet-tendoci di valutare la nostra adeguatezza al palcoscenico della vita,che ci sia capitato o che sia stato scelto tra tanti possibili. Ma allaleggerezza del nostro passo, sicuro nei suoi obiettivi, così vicinoalla realtà materiale e sociale, fa da contraltare la distanza semprepiù grande, sempre più incolmabile con noi stessi, di cui spessoperdiamo il senso e il sentire, riversando nei nostri ruoli e nelle no-stre facce lÊintero peso della nostra identità.Distanza difficile da colmare, che spesso riempiamo dÊangoscia odi anestesie, che poi siano fatte di sostanze, comportamenti o si-

lenzi forse non fa tanta differenza. Ed è per questo che il ProgettoUomo aiuta ad intraprendere il viaggio verso il proprio se stessi,basandosi sul fatto che la ricerca più tipicamente umana non possache essere sostenuta da un altro processo tipicamente umano: ilbisogno e la vicinanza dellÊaltro.Solo gli occhi dellÊaltro ci possonoaiutare a scorgere i nostri occhi dietro i fori delle nostre maschere,le crepe nel metallo della nostra invincibile armatura, la forza nelvelo delle nostre lacrime, il bisogno dietro la solitudine delle nostrebugie.Nel percorso terapeutico, aiutandosi nella forza del gruppo, concostanza e con cautela si iniziano a smantellare i muri delle nostreimmagini, cercando di capire la natura e il perché di ogni mattone,di ogni pezzo di storia e ricordo, analizzando quanto siano stati,alla fine dei conti, disfunzionali ai nostri scopi più veri, lasciandocinellÊillusione di perseguire ed ottenere quelli fittizi.Si tratta di com-prendere come ogni singolo mattone sia il risultato della nostra re-sponsabilità e delle nostre scelte, a volte superficiali, ma anche ilrisultato dello sguardo degli altri, delle loro etichette, delle loro in-terpretazioni che semplificano la vita e che ci condizionano.Della necessità di dare al mondo ciò che pensiamo il mondo vogliada noi: il figlio educato da plasmare, la donna innamorata da accu-dire, lÊadolescente ribelle da domare, lÊuomo autonomo e indipen-dente cui affidarsi. In un complesso gioco delle parti in cui ognitua maschera dà alla mia la possibilità di esprimersi, di sentirmi amio agio nella mia immagine di guaritore onnipotente, di bisognosomelodrammatico, di inflessibile educatore. Come in un incastrosenza apparenti sbavature.Senza distinguere il sano dal malato, ilvero dal falso, i valori reali dalle moralità di ceramica. Senza poterbere un sorso dÊacqua da una sorgente pura.Senza poter ammettere che si ha paura del buio. Senza potersi ap-prezzare per quel che si è. E in un attimo, nella ricerca disperatadel plauso del mondo ritrovarsi ad essere additati tra gli ultimi, ri-trovarsi a sentirsi tra gli ultimi.Più consoni alla morte che allavita.Laddove la vita stessa poteva essere il nostro merito e il nostroplauso.Togliersi la maschera ti fa sentire nudo, in quella vulnerabilità chehai fuggito, solo di fronte a quella domanda – chi sono? - e senzaarmi per affrontarla, se non quella parte di noi che alcuni chiamanoanima, altri cuore, altri mente e forse è solo umanità.E che, nonostante tutte le nostre paure, è più che sufficiente a sco-prire il nostro Io e a portarlo per il mondo se impariamo a scor-gerla in noi e dietro le maschere degli altri. Scoprendo che siamosimili.Talvolta identici nellÊessere uomini. Un percorso che non è semplice e non è breve. Un percorso cheè fatto di cadute, di urla a volte, ma anche di volontà e di presenza.Di dignità. E che porta allÊunica risposta possibile alla più vera delledomande.E la risposta è lÊautenticità.

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IO E IL MIOSPECCHIO DALLACOMUNITAÊ VILLA DORADal settore culturale di Villa Dora

di Valentina e Raffaele

Innanzitutto ci presentiamo: siamo Valentina e Raffaele, vi scri-viamo dalla comunità „La casa sulla roccia‰ e, affascinati dallÊinte-ressante argomento proposto da questa edizione di „LiberaMente‰,volevamo porre alla vostra attenzione la nostra esperienza e rac-contarvi cosa ha significato per noi indossare una maschera. Due ragazzi, due adolescenti che, cresciuti in realtà lontane ma si-mili , si sono trovati di fronte ad una scelta: essere se stessi ed ac-cettare la propria diversità e i propri limiti affrontando le difficoltà;oppure costruire unÊidentità che riuscisse a mascherare tutto questoe a nascondere la debolezza, la paura, lÊinsicurezza e la fragilità . Partiamo da Raffaele. Immaginate un ragazzino che ha passato lasua infanzia al nord e che a un certo punto, in piena adolescenza,torna a vivere nel suo paese natale, Pietrelcina, un paesino di pro-vincia come tanti, dove non succede mai niente e si sa tutto di tutti.Si ritrova a vivere in un contesto a cui non è abituato, si sente di-verso dai suoi coetanei, nellÊabbigliamento, nel modo di parlare,nella disponibilità economica; non riesce a relazionarsi e questo fanascere in lui un senso dÊinferiorità. Un vuoto lo accompagna, nonsa chi è, sa solo chi non è. LÊunica via di fuga a tutto questo era fare della sua diversità unpunto di forza. Ed ecco apparire pantaloni larghi, piercing, ta-tuaggi ⁄ e un camper con cui girare il mondo, alla ricerca di qual-cosa che lo facesse sentire vivo. Si comincia a vedere bene, siguarda allo specchio e si piace. Ma quella sensazione non gli bastae perde il controllo, si spinge oltre, fino a diventare „schiavo dellasua maschera‰. Ed ecco Valentina , che ha sempre pensato di es-sere ciò che mostrava, unÊ illusione di ciò che desiderava diventare,nascosta dietro un velo che trasformava la sua immagine agli occhidegli altri. Ma non a se stessa. Ostentava tanta sicurezza, aggressi-vità, perché era insicura e aveva paura; appariva attraverso la tra-sgressione, ma solo perché non riusciva a sentirsi uguale agli altri.E allora ha deciso che non voleva essere come gli altri e che le ca-tene, i vestiti stracciati, i capelli colorati o rasati fossero ciò chelÊavrebbero distinta, nel mondo ... ma invece ne è rimasta prigio-

niera, di quelle catene.Ha imparato a trasformare il suo senso di diversità e di solitudine,accentuandolo per non sentire quanto le faceva male, essere solain mezzo a tanti.Così era ⁄ tante maschere, troppe identità e dietro a queste si na-scondeva, Valentina, che non si sentiva amata, che aveva solo bi-sogno di qualcuno che la prendesse per mano e le dicesse:‰Andiamo ...‰Si era persa , troppo impegnata a far finta che non esistesse perchéodiava quella fragilità, giudicava la sua semplicità, il suo aspetto, lasua intelligenza. Preferiva far finta di non capire, fingendosi stu-pida. Oggi, quei ragazzi di cui vi abbiamo parlato siamo noi . Ab-biamo messo giù la maschera e stiamo imparando a conoscercisenza nasconderci, senza più il bisogno di difenderci . Stiamo riscoprendo la bellezza dellÊessere liberi, di lasciare traspa-rire tutte le nostre emozioni, di arrossire quando ci imbarazziamoo commuoverci, senza più giudicarci ⁄ senza più giudicare.Abbiamo scavato a fondo prima di trovare noi stessi ed ora riu-sciamo a guardarci allo „specchio‰ e a vedere attraverso lÊimma-gine, ciò che vive dentro.Noi pensiamo che al di là di ogni esperienza personale , nella vitain generale ci siano cose, situazioni, emozioni che, specie quandosi è giovani, appaiono incomprensibili e che si trasformano in mon-tagne insormontabili. Il succo del nostro racconto è che spesso sifinisce per trovare scorciatoie, strade alternative per non affrontarela realtà e per non dire cosa proviamo a chi ci è vicino, alimentandocosì un senso di solitudine. Ammettere le proprie difficoltà e i propridifetti è il primo passo verso la libertà e verso la coscienza che tuttisiamo diversi gli uni dagli altri e per questo, nella diversità, meravi-gliosamente: Unici. Adesso vi salutiamo, con la speranza che il no-stro messaggio sia arrivato, al di là di ogni apparenza, al cuore diognuno di voi.

Noi festeggiamo l’Italia

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Antonio TirinatoLe maschere e i volti del sé

Editore, Armando

LÊautore, prendendo spunto da un casoreale, fa notare come situazioni, statidÊanimo e accadimenti apparentementetra di loro scollegati, contribuiscono in-vece a costruire un piano organico di co-scienza e di evoluzione individuale, ecome la parte inconscia dell'uomo non sia

solo costituita da quel magazzino polveroso dove risiede il rimossofreudiano, ma anche, come lo stesso Jung chiarisce, da uno "stratopiù profondo che non deriva da esperienze ed acquisizioni perso-nali". Di fatto nellÊuomo interagiscono tre piani paralleli; un primopiano mentale, un secondo psichico ed infine il terzo, quello spiri-tualelizzante della propria esistenza.

Sauro TronconiIl cuore dietro la maschera

Editore, EdUP

Una raccolta di brevi racconti, velocicome è veloce la nostra vita odierna,come è veloce il mondo dellÊimma-gine. Sono spaccati di vita, personaggied eventi atipici che mettono in evi-denza, a volte in maniera paradossale,alcuni aspetti dellÊanimo umano. ˚ in

questi aspetti che il lettore può riscoprire le tante sfaccettature delsuo animo, quelle che a volte restano celate fra le pieghe di unamaschera ben delineata, quella maschera con la quale ci si mostraal mondo e, qualche volta, anche a se stessi. Sono racconti cheparlano del rapporto tra essere umano e coscienza.

1,5 MILIONI DI BAMBINI MUOIONO OGNI ANNO A CAUSADELL’ACQUA INQUINATA

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l’APPROFONDIMENTO

LA MASCHERA

Genitori efigli tuttele fragilità

di un rapportoNon è semplice individuare il con-fine tra ciò che è autentico e ciòche è falso, perché spesso si scam-bia per autenticità quanto è in-vece conforme ai canoni delsistema. Occorre essere consape-voli che le maschere dell'io si pos-sono indossare, ma che il voltoautentico appartiene al Sé. Tutta la nostra esistenza è impo-stata sulla costruzione di un’iden-tità, la nostra “pietra”, cercandol’armonia con il sentire. Ecco chesiamo sulla giusta strada per ini-ziare la ricerca…

di Anna De Stefano

Prima di parlare delle maschere nelle rela-zioni filiali (rapporto genitore-figli) credo sianecessario partire da sé, dalla conoscenzache ognuno di noi ha di se stesso. Una delleprime relazioni che sviluppiamo è propriocon se stessi e per questo che bisognerebbeconoscersi a fondo, conoscere le maschereche ognuno di noi, da quando è venuto almondo ha indossato e anche a ragione,visto che nel momento in cui ci siamo in-carnati ,arrivando nel mondo delle forme,nel mondo materiale, per poter entrare incontatto con lÊesterno, con lÊaltro, abbiamodovuto necessariamente utilizzare una per-sonalità la cui etimologia, non a caso, derivadal latino „maschera‰. Dunque, per poteragire, per poter vivere nel mondo materialeè indispensabile una personalità (=ma-schera) che riveste la parte più profonda epiù intrinseca di noi, il Sé. Mettere una ma-schera sul volto, etimologicamente e simbo-

licamente, significa dunque assumere quellapersonalità, o, quanto meno, mostrarsi conquel carattere. La maschera è lo strumentoattraverso cui è possibile apparire. Astrolo-gicamente parlando è lÊascendente (il segnoche sorge allÊorizzonte nel momento dellanascita, rappresentando lÊimmagine di noiche viene mostrata agli altri) la mascherache indossiamo di preferenza, „è ciò che noicrediamo di essere e ci permette di recitarela nostra parte preferita, il personaggio chevorremmo essere, il nostro scudo, la nostraparte più riuscita, il nostro alter ego anchese quello che sembriamo non è ciò chesiamo in realtà‰. Secondo la visione di Ma-slow, fondatore della psicologia umanistica,lo scopo esistenziale dellÊindividuo è di„auto realizzarsi‰, dopo aver soddisfatto i bi-sogni fondamentali. Maslow teorizza ed af-ferma che il bambino alla nascita deve vedersoddisfatti in primis i suoi bisogni fisiologici- essere nutrito, essere dissetato per potersopravvivere - e poi subito dopo veder sod-disfatti il isogno di stabilità, dipendenza,protezione, sostegno emotivo, rassicura-zione e strutturazione di regole che siano ingrado di affrontare e dare risposte contro il„caos ansiogeno‰. Se questi bisogni non en-gono soddisfatti, il bambino struttureràdelle maschere per difendersi dal dolore,che assorbiranno le sue energie anche inetà adulta e gli impediranno di vivere una

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vita piena. Per la crescita dellÊindividuo, lopsicologo americano considera necessariosoddisfare il bisogno di affetto e apparte-nenza, cioè lo stare insieme in un gruppo:inizialmente il contenitore famiglia, poi ilgruppo dei coetanei. Questo bisogno è fon-damentale per il ragazzo perché non lo fasentire sradicato, ma appartenente a qual-cuno, a un gruppo sul quale può contare eche diventa parte delle sue radici. Salendosu nella piramide dei bisogni, al quartoposto Maslow individua il bisogno di stimae di autostima inserendo in esso anche la

necessità di ogni individuo di essere e sen-tirsi importante per sé e per gli altri, biso-gno che scaturisce dallÊessere stati amati edunque permette di amarsi. In questo bisogno rientra la fiducia, il ri-spetto, la reputazione, la dignità e tutto ciòche a che fare con lÊapprezzamento. Infinevi è il bisogno di autorealizzazione, ovverolÊaffermazione personale e il piacere di séche si ottiene quando ciò che è già insito alproprio interno, il proprio potenziale, riescead esprimersi. Maslow lo definisce come il„bisogno di divenire ciò che si è‰, cioè la vo-lontà di crescere ed evolvere. Solo quandoriusciamo a risolvere i nostri bisogni fisiolo-gici e di sicurezza abbiamo lÊenergia e met-tiamoin moto la motivazione per spingerci versoi bisogni superiori, innati ed universali, ameno che non si hanno esperienze tragichee distruttive che „fissano i bisogni‰ e cristal-lizzano comportamenti: ecco che si usanomeccanismi di difesa, si innalzano muri cheognuno ha creato per potersi difendere da

quello che noi crediamo possa farci male oche comunque percepiamo come pauroso,diverso, minaccioso.I muri fra genitori e figli creano divisioni,lontananze emotive che si sono già formatenellÊetà della prima infanzia, ma che assur-gono in tutta la loro preponderanza, esplo-dendo nellÊetà adolescenziale. Ecco che siutilizzano volutamente e coscientemente le

maschere, intese nellÊaccezione negativa ecomune del termine, che significa „nascon-dere qualcosa‰, ma in realtà le maschere leutilizziamo quanto più ci si sente fragili evulnerabili.Un esempio di fragilità è la maschera dellarigidità spesso tramandata da genitore a fi-glio e ostacolo inconsapevole per rapportiautentici con se stessi, con il partner e conil figlio. Lidia Fasso, psicologa, esamina neldettaglio la rigidità, mettendo su questa ma-schera la lente di ingrandimento per capirnele cause. Queste ultime possono essere

varie, ma sono tutte riconducibili ad una„ferita nellÊindividualità‰ del bambino, ilquale si rende conto che non può espri-mersi per come è, perché il suo comporta-mento viene considerato sbagliato o nonadeguato da parte del genitore. Il bambinosi confronta con lÊautorità del genitore chegli trasmette il giudizio di „non valere‰, cri-ticandolo. Vive sentimenti di umiliazione eingiustizia, sente di non essere accettato,apprezzato per quello che è. Cerca quindi di diventare „perfetto‰, inat-taccabile.Quando il bambino comincia apercepire che un genitore, a sua volta rigidoed incapace di mostrare sentimenti, noncomprende che egli è piccolo e che neces-siterebbe di una guida amorevole, inizia ilsenso di inadeguatezza e per difendersi daquesto dolore, crea una corazza difensivache ridurrà la sofferenza, ma inevitabil-mente gli farà tagliare i contatti con le emo-zioni, con quel „sentire‰ che altrimentisarebbe insopportabile. Sono bambini e poiadulti che „hanno scelto‰ di sviluppare la

capacità di non percepire troppo la lorosensibilità, proprio perché „sentono troppo‰e si „difendono‰ non „sentendo‰, appa-rendo allÊesterno con un comportamento ri-gido, distaccato, non coinvolto, spessoautoritario ed impositivo come hanno assi-milato proprio dal genitore svalutante. La persona rigida si è protetta sin da bam-bino bloccando lÊaccesso a qualsiasi im-

pulso e desiderio che gli potesse creare pro-blemi. Nella sua vita gli è sempre stato fattopresente che avrebbe ricevuto una ricom-pensa per essersela meritata, ma che poinon gli è stata riconosciuta, vive sempre conla sensazione di non meritarsi nulla equando si concede qualcosa lo deve pagarein qualche modo con la moneta del sensodi colpa autoindotto. La persona rigida hadovuto imparare ad essere autonoma pre-cocemente senza avere la struttura internapronta per questa autonomia, imparando afare a meno del mondo esterno e a non

chiedere mai aiuto. Il sentimento predomi-nante è la paura di fare qualcosa di sba-gliato, riprovevole che comporterebbecritiche, punizioni o umiliazioni, e ciò portala persona a controllare tutto, a diventareesigente con se stesso e con gli altri: cercadi essere perfetto. Tutto quello che gli in-tacca questa immagine di sé viene da lui re-pressa e con il tempo la persona rigida si„scollega dal piacere‰, ponendo al primoposto il dovere. Tutto questo lo allontanerà dalle personeche in lui percepiranno rifiuto, non coinvol-gimento e freddezza. Il conflitto con il figlio, soprattutto adole-scente, diventerà sempre più difficile, disa-gevole e conflittuale. Pertanto il genitorerigido, per avere un rapporto vero, auten-tico dovrà „concedersi‰ di fare un lavoro diconsapevolezza della propria maschera, ditoglierla e accettare che emerga la sua fra-gilità, diventando il punto di forza per potercomunicare e far finalmente emergere il

bambino dentro di sé che urla il bisogno didolcezza e di amore gratuito. Sono i nostripensieri che determinano il mondo che ve-diamo e pertanto la maschera che indos-siamo partecipa alla nostra visione delmondo: una maschera positiva ci aiuta adadattarci meglio, mentre una maschera ne-gativa sostiene una visione del mondo ostilee negativo.

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TUTTO INIZIA INdi Anna Iovino

"Non sono quello che dovrei essere e neanche quello che ho in-tenzione di essere però non sono più quello che ero prima". Questoaforisma, trovato dallo psicologo Erik Erikson in un saloon di cow-boy, esprime molto bene, a mio parere, lo stato d'animo provatoun poÊ da tutti nei momenti di cambiamento quando ci troviamodi fronte a varie prove e iniziamo ad autovalutarci, a indossare iden-tità diverse, a capire come gli altri ci vedono e alla fine veniamo apatti con la realtà. E tutto questo come accadde? Semplicemente provando ogni voltauna nuova maschera.Indossare una maschera rende tutto più semplice. Aiuta a nascon-dere lÊidentità e a renderla irriconoscibile. Le maschere, nella fan-tasia e nella realtà, hanno da sempre permesso di fare ciò che aivolti è proibito.Grazie ad una maschera Romeo riuscì ad entrare in casa Capuleti,a danzare con Giulietta e a non farsi sfidare da Tebaldo, con „themask „ dei fumetti chiunque poteva diventare invulnerabile pienodi poteri, violando così le leggi della fisica e della realtà, e solomettendo la maschera il nobile Don Diego de la Vega riuscì a com-battere, in nome della povera gente, contro la tirannia sotto la ma-schera di Zorro. Dietro una maschera si celano molteplici identitàe al contempo la vera essenza dellÊessere che, in contrasto con laquotidianità, si confonde tra i sogni.Il cubismo e le maschere del Congo di Picasso, la danza espres-sionista di Mary Wigman, Hugo Ball e il dadaismo, hanno messo

in evidenza lÊimportanza della maschera, soprattutto nella sfera fi-gurativa. In latino la persona era la maschera che copriva il capo dellÊattorein teatro, la quale era regolarmente diversa in base ai personaggi,agli antichi attori dei teatri dellÊarte: infatti, assumevano determi-nate caratteristiche identificandosi con la maschera che indossa-vano e nascondendo il loro vero volto. Pirandello, partendo proprio da questo presupposto, sostenne lapiù grande verità: ogni uomo si serve di una maschera di volta involta diversa per interagire con se stesso e con gli altri. SecondoPirandello, gli uomini recitano una parte, parte che viene loro at-tribuita dalla società man mano che crescono.Infatti, sin dalla nascita, ci viene impostata una "forma" che ci ob-bliga a rispettare delle regole e degli obblighi. In tutto ciò, spesso,non ci riconosciamo. Frequentemente vorremmo evadere da questischemi in cui siamo ingabbiati. Gli uomini indossano una "ma-schera" che le regole sociali impongono. Maschera che noi stessiaccettiamo ma in cui non sempre sappiamo riconoscerci. Ognunodi noi è combattuto da una parte dal vivere nel proprio intimo comeciascuno crede, dall'altra dal far parte di unÊesistenza fatta di con-venzioni sociali, ruoli familiari e professionali, pregiudizi altrui⁄Il primo posto in cui iniziamo a costruirci una maschera e a mo-strarci come maschera è paradossalmente il posto in cui ci sentiamopiù al sicuro e dove possiamo man mano provare le maschere peressere accettati o accettare, amare o essere amati, odiare o essere

FAMIGLIACOMUNICHIAMO IL PRESENTE PROGETTANDO IL FUTURO

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comunicazione

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odiati è: la famiglia.In ogni stadio della nostra vita, noi adottiamo delle strategie di „so-pravvivenza‰ che, specie da bambini, sono per lo più inconsce.Pensiamo ai bambini „seduttivi‰, che ottengono tutto con la dol-cezza e, allÊopposto, ai bambini „terribili‰, che ottengono lo stessotutto, ma perché strillano e rompono. E, più avanti, lo studente„modello‰ e il „bullo‰, la ragazza „che ci sta‰ e la „virtuosa‰, il„buon padre di famiglia‰ e lo „scioperato‰ antisociale, e così via. Quei comportamenti che noi abbiamo adottato in determinate cir-costanze, e che allora ci servivano, con il tempo diventano abitu-dini, riflessi condizionati, abiti che ci sembrano una seconda pelle.Per questo motivo, noi accumuliamo un certo numero di modelli omaschere comportamentali.EÊ come se, allÊinterno della nostra psiche, ci fosse un piccolo teatrocon tanti attori con ruoli diversi. Uno di loro sarà il primo attore,la nostra „maschera‰ consapevole, lÊidentità che accettiamo, le altresaranno in secondo piano, ma pur sempre vive e desiderose di at-tirare lÊattenzione. Il primo a dare unÊimportanza psicologica a queste maschere èstato J.C. Jung, che, colloca la persona (maschera) come una delleistanze del nostro inconscio e la considera lÊantagonista dellÊambra,quindi una parte molto importante della nostra psiche. SecondoJung, siccome il mondo ci richiede alcuni comportamenti, noisiamo costretti a conformarci a certe aspettative e quindi la ma-schera ci permette questo adattamento. Il pericolo – suggerisceJung - sta nel diventare troppo identici alla persona e identificarsicon essa e riconoscere solamente quei particolari tratti e non tuttociò che è estraneo ad esso.Ogni uomo mente, sosteneva Oscar Wilde, ma dategli una ma-schera e sarà sincero. La maschera, dunque, a volte può trasfor-marsi in una muraglia dietro la quale ci si nasconde per difendersidalla paura che qualcuno possa attaccare il vero io. EÊ comoda, na-sconde lÊidentità e spesso fa dire quello che realmente si pena. La

maschera è però anche ambigua, dietro essa si ama nascondere laverità, per salvaguardare la propria profondità e allo stesso tempofuggire dalla realtà.E quando questa maschera che ci siamo creati o che ci hanno cu-cito addosso esplode, non ci resta altro che scontrarci con la follia.Si corre il rischio di restare intrappolati, di non saper riconosceree scindere lÊio dalla maschera che si porta, e così questa diventalÊarma che copre gli occhi, che riveste lÊanimo e che oscura lÊin-dole. La si trascina dietro come una coperta di Linus per proteg-gere lÊentità che dietro si tenta di nascondere.Ma prima o poi il trucco si sfalda e si scioglie; ed anche se dietroogni maschera ce nÊè unÊaltra e unÊaltra ancora, prima o poi si ar-riva al niente. La verità è nascosta tra il velo sottile che divide lapelle dalla maschera ⁄. solo da lì può venire fuori la nostra veraessenza.

Progetto per la dipendenza da gioco.

La Casa sulla Roccia - Avellino

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Sindaco di Avellino

Nome? Giuseppe GalassoSesso? M Età? 59Attività Professionale? MedicoRuolo Istituzionale ricoperto? Sindaco di AvellinoTre definizioni del concetto di maschera? Coprire la realtàLa maschera è più „uomo‰ o „donna‰? Non ha sessoConta più essere o apparire nella vita privata? EssereConta più essere o apparire nel lavoro? Essere NellÊarco della sua giornata quante volte ritiene di indossare unamaschera? MaiIn quali momenti della giornata? Con quali tipologie di personeparticolarmente? -------Ha mai utilizzato maschere per raggiungere i propri obiettivi? NoSecondo lei in politica chi ha raggiunto gli obiettivi più alti indos-sando una maschera? Ci sono figure che indossano una ma-schera, perché il fine giustifica i mezzi, ma non mi riferisco apersone specificheSi è mai nascosto/a dietro ad una maschera? No , perché nonlÊho mai usata Teme le persone che indossano una maschera per rapportarsi alei? Me ne accorgoSa mettere a nudo chi indossa una maschera? Si EÊ davvero utile in politica usare una maschera? Dipende da unocome fa la politica, come la faccio io a me non serveQual è il tipo di maschera più usata in politica secondo lei? Ipo-crisiaLa maschera è: di sinistra, centro o destra? Non ha unÊapparte-nenza politica A quale maschera di carnevale lei si assocerebbe? Non me ne in-tendo Associ una maschera ai seguenti leader politici: Berlusconi, Ber-sani, Fini, Vendola, Di Pietro? Non me ne intendo

Consigliere Regionale - Presidente VI CommissioneRegione Campania

Nome Amtonia RuggieroSesso? FEtà? 33

Attività Professionale? Consigliere regionaleRuolo Istituzionale ricoperto? Consigliere regionale

Tre definizioni del concetto di maschera? Coprire – avvolgere –stupire

La maschera è più „uomo‰ o „donna‰? Donna Conta più essere o apparire nel lavoro? Essere

NellÊarco della sua giornata quante volte ritiene di indossare unamaschera? Poche volte

In quali momenti della giornata? Con quali tipologie di personeparticolarmente? Con chi la indossa con me

Ha mai utilizzato maschere per raggiungere i propri obiettivi?Mai

Secondo lei in politica chi ha raggiunto gli obiettivi più alti indos-sando una maschera? Fini

Si è mai nascosto/a dietro ad una maschera? A volteTeme le persone che indossano una maschera per rapportarsi a

lei? SiSa mettere a nudo chi indossa una maschera? Spesso

EÊ davvero utile in politica usare una maschera? NoQual è il tipo di maschera più usata in politica secondo lei? Dia-

bolik e LupenLa maschera è: di sinistra, centro o destra? Centro

A quale maschera di carnevale lei si assocerebbe? PulcinellaAssoci una maschera ai seguenti leader politici:

Berlusconi: Paperon De PaperoniBersani: PinocchioFini: Don RodrigoVendola: Brighella

Di Pietro: Gendarmi di Pinocchio

Intervista allo specchioRUGGIERO GALASS

O

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di Claudia Minocchia e Fabio Petitto

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UNO

NESSUNO

CENTOMILA

di Luigi Numis

Carissimo e ristrettissimoclub dei lettori di questoesclusivo giornale di nic-chia, inadatto ai rozziclienti di postriboli di ognitipo (scusate, ma lÊincipitera più forte di me⁄), oggiparliamo di maschera. At-tenzione però! Se davverovolete farlo su un terrenopolitico-sociale-psicologico(cioè tutto il terreno a di-

sposizione), vi consiglio vi-vamente di leggere gli altripezzi della nicchia-giornale.Sicuramente saranno piùcompetenti e pedagogici diquesto. Qui ci limiteremo aricordare in qualche modola ricerca sul campo in ma-teria condotta da Piran-dello. Eh sì, proprio Luigi Pirandello, il commediografosiciliano che, bontà sua, ha sdoganato la maschera, lÊhavivificata, lÊha ribaltata nel suo mito, lÊha capovolta nellasua tragica ilarità (tras)portandola dalla vita al teatro e nondal teatro alla vita, lÊha glorificata portandola alla ribaltadei dottori di Stoccolma. Anno 1934, lÊagrigentino riceveil premio Nobel per la letteratura. Il fascismo, la culturafascista, gli epigoni e i teorici del regime, pur non apprez-zando particolarmente le opere di Pirandello, non per-dono lÊoccasione di appropriarsi dellʉitalico trionfo‰, ma non locomprendono fino in fondo, o, se ci riescono, non ne accettano irisvolti più amari e torbidi, naturalmente odiosi alla maniera fascistadella vita. Per non farla tanta lunga, Pirandello il teatrante, obtortocollo tiepido sostenitore di Mussolini, finirà nei registri dellÊOvra.Un paradosso a pensarci: il regime è di per sé una gran masche-rata. Nessun paradosso a pensarci meglio: il regime non ha bisognodi scrittori sofisticati che portino alla luce le bieche mascherate sin-gole, familiari e collettive di uomini e donne inconsapevoli (spe-riamo inconsapevoli. Allora inconsapevoli. Ma oggi? Va beÊ,lasciamo perdere...). „La mia maschera nella vita, il mio vero voltonel teatro‰. Per questo ci piace parlare di Pirandello. Soprattutto ilPirandello di „Uno, nessuno e centomila‰. Invero ognuno di noi

può essere uno, nessuno e centomila⁄Ed è allora che la vita perdela serena e fittizia oggettività e si scompone allÊinfinito nel vorticedel relativismo (non urliamo troppo però, ci sentisse il SantoPadre⁄). Raccontiamo in sintesi la trama del romanzo per queipochi che non lo conoscono. Il protagonista si chiama VitangeloMoscarda, un banchiere di provincia, inetto e piuttosto incapaceche ha avuto la fortuna di nascere figlio di un padre ricco e pro-prietario di banca. La vicenda ha inizio quando la moglie di Vitan-gelo (che lo chiama noiosamente Gegè) gli fa notare che il suo nasopende dal lato destro. Apparentemente un gioco, uno sfottò daniente, unÊinezia, che tuttavia scatena nel poverÊuomo una reazioneviolenta ed estrema. Vitangelo finalmente vede squarciarsi la ma-schera che fino a quel momento aveva portato con noncuranza eleggerezza, la maschera del banchiere usuraio rispettabile e mezzoscemo, manipolato dalla moglie e dagli „amici‰. Vitangelo non ri-conosce più se stesso, né i suoi amici, né la moglie, né la sua con-dizione. Gli viene immediata la voglia di distruggere i ritratti che glialtri hanno fatto di lui. Si avvia a diventare un uomo libero (liberodalla maschera) finalmente, a intraprendere la strada mai battutaprima. Così cerca di mettere becco nelle questioni della sua banca,ma gli altri glielo impediscono e lo giudicano pazzo. Pazzesco in-fatti, agli occhi degli altri, è il tentativo di Vitangelo di togliersi dadosso lÊetichetta di usuraio, pazzesco è il regalo di un appartamentoenorme e lussuoso ad unÊartista bistrattato e deriso (anche dallostesso Pirandello⁄). Pazzesco è che Vitangelo, per la prima voltanella sua vita, agisce per conflitto, con la sua testa, leggera forsema non vuota, svuotando al contrario la paglia della maschera. Mala società che lo circonda non ci sta, reagisce, ghermisce la sciabolae passa al contrattacco. Vuol far interdire il povero Moscarda. Lamogliettina affettuosa vuole umiliare il suo Gegè pur di mantenersinegli agi. Nella seconda parte il romanzo prende unÊartificiosa co-struzione narrativa: è una trama convulsa, con particolari non sem-pre chiaribili sul piano logico. Entra in gioco la figura di Annarosa,unÊamica della moglie, una donna scialba ed eterea, però semplice

e buona. Lei ascolta Vitangelo, e decidedi aiutarlo soprattutto. Lui la tormentacon le sue idee confuse ma zeppe di vo-glia di autenticità. Un giorno la donnalo invita ad un convento di suore dovesi trova una sua zia, perché in quelgiorno dovrebbe essere lì anche il ve-scovo, che potrebbe aiutarlo a piegare

la moglie per la questionedella banca. Succede peròun incidente: mentre ladonna parla con Vitan-gelo le sfugge la pistola(sic!) dalla borsetta e parteun colpo che la ferisce adun piede. Per cui lÊincon-tro con il vescovo non av-viene, ma avverràcomunque più tardi, nelvescovado, dove il Monsi-gnor Partanna, avvalen-dosi dellÊaiuto del

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IL BOOM DEI CENTRI BENESSEREQuanto più il bambino avrà avuto modo di godersila ricchezza e la libertà del gioco di immaginazionein tutte le sue forme, tanto più solide saranno le basidel suo sviluppo” (Bruno Bettelheim)

di Noé Di Paola

Se i consumi sono lo specchio dei nostri tempi, la ricerca spasmo-dica del benessere psichico e della perfetta forma fisica da parte diun numero crescente di persone sono espressione di una nuovavisione della salute intesa, infatti, non più come prevenzione o curadelle malattie, ma come attenzione allo stato di benessere, comesviluppo delle potenzialità della singola persona e come raggiungi-

mento della serenità interiore.Un numero crescente di individui, in modi diversi, ambisce a faredel proprio corpo un punto in armonia con lÊambiente circostante.Le cure estetiche, le palestre, le innumerevoli tecniche di fitnessoggi praticate, le beauty farm sono divenute la cifra dei nostri tempi,i simboli e, contemporaneamente, i mezzi per raggiungere questadimensione „olistica‰ dellÊesistenza, cioè lo stretto legame tra corpoe anima alla ricerca del benessere. DallÊ indagine svolta emerge che i clienti dei centri di benesseresono persone con unÊetà che oscilla tra i 35 e i 40 anni, in generesono imprenditori o dipendenti che risultano più esigenti di untempo e richiedono continue attenzioni. LÊorario di frequentazionenon è fisso ma riguarda la fascia pomeridiana concentrata soprat-tutto nei giorni che vanno dal giovedì al sabato.Avere un corpo in forma non è esigenza legata solo alla salute o allavoro, ma è fortemente finalizzata allÊaccesso ad una pluralità dipiaceri capaci di emozionare, gratificare, provocare stupore e sod-disfazione.

canonico don Antonio Sclepis, uomo senzascrupoli, costringe Vitangelo ad un accordoche prevede la costruzione di un ospizio perpoveri. E qui vengono clamorosamentefuori le maschere dei potenti uomini dichiesa che, con parole sante e volti lucife-rini, impongono la loro equivoca volontà ai„fedeli bisognosi di aiuto‰. E viene fuorianche la scarsa simpatia di Pirandello versoil Vaticano, ma così la butteremmo in poli-tica e non è questo il nostro intento⁄In se-guito Vitangelo va a trovare AnnarosaallÊospedale: si avvicina per baciarla forseinnamorato, ma lei gli spara (ancora!) conla rivoltella che tiene sotto il cuscino. Accu-sata di tentato omicidio, Annarosa è scagio-nata da Vitangelo stesso che si presentaallÊudienza in tribunale vestito con la ca-sacca degli ospiti del nuovo gerontocomio,dove intanto ha deciso di vivere la sua vita.I giudici gli credono. Alla fine della storia Vi-tangelo ha ormai cercato e sperimentato ilvuoto, e ha deciso di accettare la dimen-sione di personaggio adulterino e fuori daicanoni: vuol „vivere non vivendo‰, cerca dinon essere nessuno e di accettare serena-mente la sua paradossale condizione. Mo-scarda si propone così di cassare (escassare!) il vecchio se stesso, quello condi-zionato dalla nascita, dallÊeducazione edallÊambiente, distruggendo così lÊimmagineche di lui avevano gli altri. Oggi, alcuni uo-mini che fanno la scelta di Vitangelo Mo-

scarda si rivolgono ad una comunità di re-cupero, ed ecco il senso di questo articolo.Vitangelo, secondo molti critici, finisce coldiventar pazzo, alienato dagli altri ma ancheda se stesso. E forse è vero. Ma è altrettantovero che gli utenti di una comunità esconoo cercano di uscire da una condizione difolle dipendenza da qualcosa per diventareuomini „normali‰, cioè di normale dipen-denza da qualcosa (qualcosÊaltro possibil-mente), come tutti gli altri. Vitangeloesagera un tantinello nella sua ricerca di sestesso e del siddharta esistenziale? Può es-sere. La sua avventura davvero si può pa-ragonare a quella di tante giovani vittime disostanze e di maschere suicide? Azzardiamodi sì. Non nella forma ma nella sostanza. EÊnoto che Pirandello stesso definì la suaopera „romanzo di scomposizione dellavita‰ in quanto segnava il progressivo auto-distruggersi di una personalità, da quandocomprende la propria mancanza di „vi-vere‰, fino a chiudersi in una vera e propriaforma anonima; da quando cioè si rendeconto della falsità dei rapporti che di solitoinstauriamo con gli altri ma anche con noistessi. E proprio da questa seconda osser-vazione potreste partire per dare un briciolodi credibilità alla nostra audace similitudine.Orsù, superate lo scetticismo! E provate achiedere ad un tossicodipendente, o meglioad un ex tossicodipendente, come giudichii rapporti umani e sociali del suo periododi più „intensa attività‰. Più o meno vi sen-tirete rispondere che si trattava di rapportifasulli, di continui compromessi e misfattirivoltati ad arte, con gli altri e con se stessi.E cosa cerca un tossicodipendente (o alcool-

dipendente, gioco-dipendente, fate un poÊvoi) se non una vita nuova e libera da tuttoquello che cÊera prima?...E alla fine si vivefelici, perlomeno contenti, senza più esserenessuno ed essendo tutti perché si muorein ogni attimo e ogni attimo si rinasce. Pro-prio come in comunità. Dunque, per lo psi-cologo Pirandello, siamo ombre estranee anoi stessi, maschere nelle quali, tuttavia, citroviamo costretti e mortificati, inchiodati.Ciascuno nascosto nel suo travestimento, inun ruolo impostogli dalla convivenza socialee dalle convenzioni sociali, costretto a reci-tare una parte che non è la propria, maquella voluta da registi perbenisti e un poÊinfami che, insieme, formano la società, in-tesa soprattutto come comunità locale.LÊuomo-maschera comunica attraverso lamaschera, cioè NON COMUNICA; vive inuna solitudine tragica, alienato, estraneo ase stesso e alla propria armonia. E quandoprende coscienza del suo essere fissato, cri-stallizzato in un travestimento, in un ruoloquasi sempre monotono e sempre più in-sopportabile, non ha altro scampo che il de-litto o il suicidio, a meno che non riesca adaprire la valvola salvatrice della pazzia. Lastessa pazzia che spinge ragazzi più o menogiovani, più o meno adulti, ad abbandonarela recita stantia e conveniente del piacerecompulsivo per il piacere ruvido di essere,di diventare altro. Appunto: un altro, nessun altro, centomilaaltri⁄

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Le maschere e la società occidentaledi Nicola De Rogatis

˚ sotto gli occhi di tutti la realtà che vivonogli uomini e le donne nella parte del pianetacosiddetta „opulenta‰. Mentre nei paesiarabi la maggior parte della popolazione sirapporta a uno stile di vita basato sugli in-segnamenti del Corano, in quelli dellÊAme-rica Latina è la musica (Cuba, Brasile, ecc.)e una vena di ottimismo presente anche insituazioni tragiche a indirizzare la quotidia-nità dei popoli di lingua spagnola e porto-ghese e in Oriente i popoli asiatici simuovono con una velocità molto più ridottarispetto allÊOccidente basando i rapportiumani su un atteggiamento di rispetto trale persone e con la natura, in Europa e nelNord-America tutto è vissuto in rapportoallʉapparire‰. Nei rapporti di lavoro (apparire efficienti ededucati, salvo fregare il collega alla primaoccasione), in famiglia (apparire amorevolicon il coniuge e i figli e poca importa se sivive, allÊesterno, una doppia vita) ed anchenegli affari dove tutto si muove per interessieconomici ma facendo apparire ogni deci-sione (nel commercio, nellÊindustria, nellafinanza, ecc.) come un occasione di pro-

gresso per la collettività. Ci sono, inoltre, due ambiti dove negli ultimianni le maschere sono state usate ed abu-sate: lÊambito della politica e quello della re-ligione. Nel primo è ormai chiaro anche aipiù sprovveduti che i nostri parlamentarihanno a cuore, più di tutto, la poltrona chegarantisce loro potere e denaro. Usano imezzi di comunicazione per apparire pro-gressisti, interessati al benessere del paese,impegnati 24 ore su 24 per risolvere que-stioni in campo economico, sanitario, sco-lastico e nelle calamità cosiddette naturali.Ognuno di loro la mattina, appena alzato,sceglie la maschera più appropriata al mo-mento storico e la cambia con il cambiaredelle situazioni. Sembrano attori professio-nisti che riescono a coinvolgere, nella loromelodrammaticità, glÊignari elettori costrin-gendoli a entrare in simbiosi perfetta oracon lÊuno e ora con lÊaltro deputato o cor-rente politica. Nel campo religioso questo fenomeno sievidenzia allo stesso modo con la differenzache non si è di fronte a partiti politici ma acorrenti di pensiero, nellÊambito della stessafede, o a religioni e/o movimenti spirituali

diversi tra loro, tranne che per una cosa: laconquista e il mantenimento del potere. Aun osservatore attento non sfuggirà la schi-zofrenia latente in uomini di fede tra il loroessere e il loro apparire. Sarà forse questoil motivo per cui le chiese continuano asvuotarsi? Nelle rappresentazioni teatrali di molti se-coli fa le maschere venivano usate per ma-nifestare un sentimento, uno stato dÊanimo,non per nascondersi o apparire diversi. Maanche recentemente sono state usate perevidenziare un ambito culturale: lÊironicoPulcinella, la civettuola Colombina, lÊallegriamalinconica di Arlecchino e tutte le altremaschere delle regioni dÊItalia non eranoaltro che il desiderio di mettere in scena lastoria e la cultura dei diversi popoli riuniti inunÊunica nazione: lÊItalia. Oggi, invece, le maschere sono usate pernascondersi, per ingannare e per depre-dare. Quella che più si confà ai nostri depu-tati, industriali, finanzieri e religiosi (nontutti, per fortuna) è quella della Banda Bas-sotti di disneyana memoria (B.B. non vi ri-corda niente questÊacronimo?).

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IL PERSONAGGIO MASCHERAIntervista a Giuseppe di Giovanni laureato in Psicologia Clinicapresso la Sapienza di Roma. Il suo percorso formativo è rivoltosia al settore di intervento nei contesti di disagio sociale, sia alsettore dell’arte e dello spettacolo.(Scuola di costruzione dellamaschera di Amleto e Donato Sartori);

di Maurizio Picariello e Elena Spiniello

CosÊè per te la maschera (quella teatrale intendo!)?Quando si parla di maschera non si parla mai solo dell'oggetto, madel personaggio......e non solo di un personaggio inserito in unadrammaturgia teatrale, ma riguarda le origini della rappresenta-zione e cioè le tradizioni ritualistiche. La maschera nella storia èsempre stata legata alle rappresentazioni religiose e rituali, dallesue prime apparizioni nelle civiltà preistoriche all'uso nella tragediagreca. In questi tipi di rappresentazione la maschera è un vero èproprio oggetto magico, che indossato dona all'uomo quelle sem-bianza divine per mettersi in comunicazione con le forze ultrater-rene.Quindi le caratteristiche di un personaggio maschera hanno sempre

a che fare con entità ultraterrene, i suoi tratti comportamentali esomatici sono l'estremizzazione della vita reale: si pensi alle famosemaschere di pulcinella o arlecchino che hanno lineamenti profon-damente marcati come i visi dei vecchi, espressioni vissute un'interavita a tal punto da scavare il viso, elementi questi che vivono sottoil simbolo della morte.Nelle culture pagane i vecchi erano ritenuti in grado di comunicarecon i morti, con l'aldilà, essendo loro ormai vicini a quel mondo,e come in tutti i rituali pagani sempre al fine propiziatorio. Il perché dei lineamenti scavati è legato anche ad un aspetto tec-nico, di maggiore contrasto della maschera, per far si che sia vistada lunghe distanze. Come mai tu che ha studiato psicologia ti sei avvicinato al lavorosulle maschere?Non c'è un perché preciso, o meglio non premeditato, ma possosoltanto dire ora che ne penso, e i legami che utilizzo di più. Cisono vari aspetti del personaggio maschera che coinvolgono lasfera della psicologia: innanzitutto la dimensione della comunica-zione non verbale e cioè la postura e i movimenti del corpo, leespressioni facciali e i tempi del comportamento. Nella ricerca per

la costruzione di una maschera incidono tutti questi elementi, e so-pratutto le loro caratteristiche di comunicazione mimetica, elementiche verranno sintetizzati nell'oggetto maschera.La comunicazione mimetica sta ad indicare un processo automa-tico che l'uomo inconsapevolmente attua: ogni percezione innescaun'azione di simulazione delle tensioni muscolari. Quando vediamouna persona che ride il nostro sistema nervoso riproduce attraversotensioni muscolari minime ciò che stiamo percependo, è anche perquesto che la risata risulta contagiosa. L'uomo fin dalla nascitaforma le sue strutture percettive innanzitutto dal riconoscimentofacciale, e di conseguenza l'area corticale deputata a tale funzionerisulta più estesa; questa strutturazione della nostra percezione eattenzione ha determinato alcune caratteristiche peculiari : l'attra-zione della nostra attenzione e quindi anche dei nostri movimentioculari verso i buchi, gli orifizi facciali nei quali sono innervati tuttii muscoli del viso, e da dove hanno origine tutte le espressioni fac-ciali. I buchi detti ocelli in gergo artistico, sono i punti focali dellanostra percezione del mondo: questa modalità non riguarda solola percezione dei visi, ma si estende a tutto. Ad esempio quandoosserviamo un palazzo la nostra attenzione ci porta immediata-mente alle finestre.Nella costruzione di una maschera, e sopratutto nella fase di mo-dellazione della forma e delle espressioni si parte proprio dagliocelli, i punti da dove gli spettatori inizieranno la percezione delnostro personaggio maschera La „realizzazione e lÊideazione‰ di una maschera in cuoio è un la-voro prettamente artigianale?Dipende che cosa si intende per artigianale, e che uso vogliamofarne di questa tecnica.Possiamo costruire delle maschere standard in serie, allora sarà unlavoro artigianale, come ad esempio le tipiche maschere veneziane,

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Progetto direinserimento

lavorativo de

La Casasulla

Roccia

via

luigi

amabile

78

viale

Italia

85

o possiamo fare ricerca per un progetto di personaggio, per rag-giungere una valenza rappresentativa della maschera, allora non èartigianato.Quali tipi di materiale solitamente utilizzi per la realizzazione di unamaschera?Le maschere decorative, che non verranno indossate, possono es-sere costruite in svariati materiali, il processo base resta la model-lazione della forma in argilla e il calco in negativo, con il qualepossiamo realizzare la maschera con numerosi tipi di materiali.Invece le maschere che dovranno essere indossate, necessaria-mente dovranno essere in cuoio o in lattice, perché sono materialiresistenti alla sudorazione, e che conservano una buona elasticitàe quindi anatomicità.Da dove si parte per la „costruzione‰ di una maschera teatrale?Da una ricerca iconografica e di tratti, elementi di vario tipo e non

simili tra loro al fine di produrre dei contrasti per la nascita del per-sonaggio maschera.CosÊè il progetto „Ênatafacc‰?Natafacc' è stato scelto dai ragazzi della casa circondariale di Laurodove ho tenuto per alcuni anni un laboratorio di costruzione di ma-schere, ed è proprio significativo dell'azione didattica penitenziaria:quella di mettere in condizioni di ricrearsi la propria vita, che la de-tenzione ha interrotto. Al di la dei crimini commessi, e delle misuredetentive stabilite, il lavoro dei penitenziari è sopratutto legato allarecidiva. Questo progetto inoltre aveva come finalità sia l'attuazionedi tecniche psicologiche in modo informale, come il colloquio o ladiscussione di gruppo per la risoluzione di problematiche, che lacreazione di connessioni con l'esterno, attraverso la vendita on linedei prodotti e allestimenti espositivi in fiere e mostre dove alcunidetenuti in permesso promuovevano il laboratorio NatafaccÊ.

VOLONTARIATO

Conferenza Regionale VolontariatoGiustiziadi Nicola De Rogatis

Nel nostro magazine ci siamo occupati didonne (vedi il numero di novembre 2010) edi minori e continueremo ad occuparceneperché sono i soggetti più deboli della so-cietà. Al di là della condizione sociale edeconomica, la donna deve sempre fare uno

sforzo in più dellÊuomo per vedere ricono-sciuti i propri diritti, senza contare la moledi lavoro a cui è sottoposta quotidiana-mente dopo aver adempiuto ai suoi doveridi cittadina: cucinare, stirare, aiutare i figlinei compiti, ecc ⁄ E i minori? Tutelati daleggi nazionali e internazionali, create perloro figure professionali e istituzioni ad hoc,migliaia e migliaia di volumi e convegni pergarantirne la giusta crescita, soddisfarne ibisogni, rispondere alle loro istanze nelcampo medico, scolastico e ludico-creativo.Eppure ⁄⁄ possiamo veramente dire che ibambini vivono in un mondo a loro misura?Guardiamo i paesi in via di sviluppo (maquando finisce questo sviluppo?): i primi amorire per fame e malattie sono loro. Men-tre nellÊopulenta (ancora per poco) societàoccidentale subiscono violenze quotidianeda genitori, parenti, educatori e pseudo-amici. Ovviamente, il disagio che vivono ledonne e i bambini si acuisce fortemente inambienti come quelli delle carceri. Non tuttisanno che per la nostra legislazione peni-tenziaria i bambini al di sotto dei tre annihanno diritto a vivere con le loro madri de-tenute scontando, però, una pena per laquale non hanno nessuna colpa se nonquella di essere nati. Se è vero che ogni es-sere umano si forma nei primi anni di vita,cosa si può pensare di centinaia di bambiniche dalla nascita hanno visto il sole a scac-chi? Che hanno vissuto gomito a gomito

con altre donne che non erano né parentie né amiche? Che oltre alle mamme hannoavuto davanti la figura dellÊagente peniten-ziario che, per quanto attento ed amore-vole, era pur sempre il rappresentantedellÊistituzione che aveva sbattuto in carcerela mamma? Di questo argomento, insiemea quello delle pene alternative alla deten-zione, se ne sta facendo carico la Confe-renza Regionale Volontariato Giustizia cheraccoglie gli organismi di volontariato della

Campania che si occupano di accoglienzae sostegno ai detenuti degli oltre 25 istitutiregionali. Nata nel 2002, la CRVG si pro-pone di raccogliere le istanze del volonta-riato e dei reclusi al fine di renderle presentialla società civile e alle istituzioni nellÊotticadella creazione di una cultura „per‰ e non„contro‰ le persone recluse. La sua è,quindi, unÊazione „politica‰ che si proponecome soggetto denunciante e proponenteagli organismi deputati allÊesecuzione della

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pena e alla rieducazione del detenuto: la magistratura, lÊammini-strazione regionale della giustizia e la giunta regionale. LÊobiettivoprimario è la creazione di un tavolo di lavoro dove ogni convenuto,liberandosi dagli impegni elettorali, valuti quanto sia più utile emeno dispendioso investire nella crescita della persona umana piut-tosto che nella reclusione fine a se stessa. Le statistiche ufficiali di-cono che scontare la pena in carcere fino allÊultimo giorno porta aun reiteramento del reato del 65-70 per cento, mentre per quelli

che usufruiscono di pene alternative alla detenzione la percentualecrolla al di sotto del 20 per cento. Nel prossimo numero sarà data ampia risonanza alle prossime ini-ziative della CRVG, mentre per un approfondimento sulla situa-zione delle detenute madri rimando allÊarticolo di Nicoletta Roccadel 25 settembre 2010 consultabile al seguente link:http://www.cronachelaiche.it/2010/09/donne-e-carcere-le-vostre-colpe-ricadranno-sui-vostri-figli/

IL VOLONTARIATO : un tesoro da proteggeredi Carlo Calvino

Ad uno degli ultimi seminari dedicati alle famiglie dellÊaccoglienzasono stati presentati la sorella ed il cognato di un ragazzo che haterminato il programma, quali volontari per „La Casa sulla Roccia‰e che si sono dichiarati disposti a qualsiasi impegno pur di restituire,almeno in parte, ciò che hanno ricevuto frequentando in comunitàil programma parallelo dei familiari.˚ questa una immagine di obbligo nei riguardi di una organizza-zione che ha saputo dare, senza chiedere niente, e che offre unadelle immagini del volontariato.Il volontariato presenta tante altre sfaccettature che impedisconodi poterne dare una definizione unica. Inoltre il tentativo di definireil volontariato ne ridurrebbe notevolmente i tanti valori umani, tra-sformandosi in un meccanico insieme di parole, incapaci di espri-mere questa qualità della vita. Definire questa azione personale ciobbligherebbe ad inquadrarla in forma definita, mentre il volonta-riato è valido proprio perché nasconde, per ogni uomo che losvolge, unÊorigine, uno sviluppo ed una realizzazione prettamentepersonale.Ogni uomo riceve una „vocazione‰ in qualche momento della suavita; sta a lui accettarla, rifiutarla o trasformarla in attività o in si-lenzio assoluto. Chi ritiene opportuno sviluppare questo momentodi ispirazione può dedicarsi a qualche attività di carattere sociale.Un volontario nasce da queste posizioni. Ma se gli viene posta laclassica domanda del „perché svolge tale attività‰, difficilmente siriesce ad ottenerne risposta. Queste varietà di aspetti riescono a convivere nelle attività de „LaCasa sulla Roccia‰, dove i diversi rami di prevenzione, sensibilizza-zione, informazione ed infine recupero, convergono tutti nel pro-gramma del „Progetto Uomo‰.Ogni immagine di volontariato può quindi inserirsi in questa atti-vità, disposta ad utilizzare lÊimpegno di chi si dichiara pronto aconvivere con i principi ed i valori appena esposti, utili e necessariper tutti i ragazzi pronti a staccarsi dai problemi di deviazione e

decisi a rientrare nella realtà della vita.Ma lÊaspetto più bello del volontariato è la reciprocità. Non è solo„dare‰ ma anche „ricevere‰. Convivere con i problemi dei ragazzi permette di guardare più pro-fondamente dentro se stessi e ricercare quei problemi che troppospesso e troppo superficialmente si è abituati a nascondere. Convivere con i problemi delle famiglie aiuta a sviluppare il con-fronto ed a convincersi della necessità di un dialogo, che può in-terrompere la tendenza allÊisolamento che è sempre più presentein ogni casa.Inoltre la comunità segue con solidarietà e fiducia il camino di ognivolontario, qualunque sia la sua attività, con un programma di auto-aiuto adatto a sviluppare in ognuno di essi la forza di azione e laspinta a migliorare la propria attività, per impedire di sciupare ilproprio tesoro.„La casa sulla roccia‰ può ritenersi rara, se non unica, in questorapporto con i volontari. Molti operatori di questa comunità hannoiniziato il loro cammino come volontari, e questo permetto loro dicomprendere senza troppa teoria, ma in forma pratica la determi-nazione nellÊagire, il desiderio di concretizzare, il tentativo di esserepratico, la gioia di essere accanto ai problemi, ed anche la paurache si nasconde in ogni volontario di poter sbagliare, di non saperdare tutto quanto è possibile.

Progetto de

La Casasulla Rocciae del Teatrodi GLUCK

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Benigni elÊUnità dÊItaliadi Nicola De Rogatis

Il Festival di Sanremo è considerato, in genere, una pas-serella musicale per lanciare le nuove canzoni italiane eportare profitti agli artisti e ai discografici. A volte, lapresenza di ospiti illustri della musica e del cinema in-ternazionale hanno alzato la qualità della manifestazionerendendola accettabile. Ma mai come questÊanno unodegli ospiti ha valicato i confini dello spettacolo per af-fascinare gli spettatori attorno alla storia della nostra na-zione. Infatti, Roberto Benigni, apparso su un cavallobianco e dichiarando, nel calcare il palco dellÊAriston„Ero indeciso se venire a cavallo perché è un periodoche per i cavalieri non butta tanto bene‰, è riuscito a te-nere inchiodata mezza Italia per circa unÊora descri-vendo, in modo minuzioso e documentato, gli eventiche nel 1961 hanno realizzato lÊunità di una nazione cheper molti secoli è stata divisa tra regni stranieri e mega-comuni. Così tutti abbiamo saputo che Giuseppe Gari-

baldi, francese di nascita, era un eroe richiestodovunque cÊera bisogno di sistemare conflitti nazionalie internazionali dallÊEuropa al Sud America, che la mo-glie Anita morì seguendo fino alla fine il marito braccatodagli austriaci e che i piemontesi dopo la riunificazioneaumentarono le tasse alle regioni meridionali e li costrin-sero ad arruolarsi togliendo forze-lavoro alle campagne.Ma al di là degli eventi storici che, come tutti i grandieventi, hanno sempre un risvolto negativo, la rappre-

sentazione dellÊartista toscano ha avuto il merito di ap-passionare gli italiani attorno al senso dellÊunità nazio-nale che, in verità, non ci appartiene. Infatti, adifferenza dei tedeschi, degli inglesi e dei francesi, i qualinon perdono occasione per ostentare lÊappartenenzaalla loro patria, il popolo dello stivale è stato sempreesterofilo, ha sempre guardato con nostalgia alle demo-crazie di oltreoceano, alle capacità economiche deipaesi di lingua tedesca, al senso di indipendenza dei bri-tanni dimenticando la propria storia e la propria culturache non ha eguali nel mondo. Benigni ha esaltato i Ro-mani e la Giovine Italia, ha rivelato lÊorigine della ban-diera i cui colori derivano, nientemeno, da un passodella Divina Commedia scritta dal fondatore della linguaitaliana, ha dedicato quasi metà dellÊesibizione alla spie-gazione minuziosa, quasi un esegesi, dellÊInno di Mamelirivelandone la bellezza testuale, oltre che musicale, e ad-dirittura cantandolo sottovoce e commuovendosi finoalle lacrime. Sul palco dellÊAriston milioni di telespetta-tori sono stati affascinati dai valori della terra dove la-vorano, amano e soffrono, dal senso dellÊessere unaNazione (sì, una nazione con la N maiuscola!), sono statistimolati a riscoprirne le bellezze evidenti e quelle na-scoste e a darsi da fare per rimettere in sesto questÊItaliatuttora devastata da malcostume, scandali e ingerenzemafiose. „Svegliatevi!‰ ha tuonato Benigni commen-tando la prima strofa dellÊinno. Da quella sera ci siamosentiti tutti un poÊ più italiani, abbiamo abbandonatolÊidea di sostituire „lÊobsoleto‰ inno di Mameli (in passatofu proposto „Volare‰ di Modugno o „Và pensiero‰ dallalega Nord), abbiamo pensato ai nostri connazionali chevivono allÊestero e che mettono la mano sul cuorequando viene suonato lÊinno nelle partite di calcio dellanazionale, ci siamo guardati attorno sentendoci, forse,un poÊ più fratelli (Fratelli dÊItalia, scriveva Mameli). DÊaltronde, come si può non amare una nazione la cuibandiera ha i colori della passione (rosso), della speranza(verde) e della risurrezione (bianco). Il 17 marzo 1861Vittorio Emanuele II fu proclamato Re dÊItalia e il 17marzo 2011 sarà una grande festa per tutti noi, ancheper gli stranieri che hanno deciso di fermarsi nello Sti-vale che dolcemente è adagiato nel Mediterraneo.

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IncontriamociIl 25 febbraio presso il Centro Sociale Samtha dellaPorta di Avellino è stato presentato l’avvio del pro-getto di prevenzione “Incontriamoci”

di Luigi NumisEnnesima presentazione. Ennesima partenza di nuova iniziativa.Ennesimo appuntamento con la naturale vitalità dellÊassociazione.Ennesimo resoconto di una piacevole serata. Infatti nella (prima)serata di venerdì 25 febbraio, per sfondo il centro sociale „DellaPorta‰ di Avellino, si è tenuta la presentazione di „Incontriamoci‰,il programma di Casa sulla roccia di prevenzione sul territorio.Anche questa volta ne sarà perno e protagonista lÊunità mobile bat-tezzata „Con-tatto‰, che questÊanno compie un anno. Con-tatto èuna èquipe composta da uno psicologo e da altri operatori espertidella piaga dipendenze, la cui attività consiste nellÊoffrire acco-glienza e colloqui riservati a persone e familiari di persone con pro-blemi di dipendenze patologiche, consumatorisaltuari e giovani in situazione di disagio. In-somma, la proiezione della filosofia comunitariaallÊesterno, nel cosmo „reale‰, quello senza pro-tezioni e imbragature di sicurezza. Come moltidi voi sapranno, lÊèquipe si muove a bordo diun camper grigio, diventato familiare agli avel-linesi („oÊ pulmino ri terroristi‰ per gli studiosidi politica estera, „oÊ campèr ro giro dÊItalia‰ per gli storici dellacorsa rosa) ciondolanti lungo le vie del centro soprattutto du-rante le oziose serate estive. Una nuova sosta durante la storicapasseggiata per i curiosi. Un orecchio e un cuore sensibili, unpunto di ascolto difficile ma necessario per quelli che la curio-sità lÊhanno già soddisfatta da tempo e cercano una via di sal-vezza. Una speranza per chi cerca i propri cari perduti inanfratti impenetrabili. Ad ogni modo, il pro-getto è stato presentato dal presidente MauroAquino, coadiuvato dal direttore, quello del-lÊassociazione famiglie „Progetto Uomo‰ diCasa sulla Roccia, lÊinesauribile Nicola de Ro-gatis, cognome aristocratico accreditato da unanimo nobile a sua volta, la perfetta sintesi del-lÊottimismo sociologico dellÊAlberoni-pensiero.Nicola ha invitato sul palco due „testimoni‰ dellÊassociazionefamiglie, che hanno portato la loro esperienza. Una sorella eun padre. Molto toccanti, molto convincenti le loro parole. Per-corsi paralleli fra utenti e famiglie, recupero di rapporti persiquando non mai esistiti, sviluppo di potenzialità impensabilifino a due litigate prima, ringraziamenti sentiti e voglia di con-tinuare a lottare. Come dire, noi ci impegniamo in prima per-sona nella battaglia del referendum sulla vita,la vita vissuta non quella immaginata, e ur-liamo a tutti di votare come noi. Perché è giu-sto così. Ancora dobbiamo ricordare che, asucculenta guarnizione dellÊiniziativa, si sonosucceduti due spettacoli teatrali. Il primo, „Fi-gure di pietra‰, in realtà è stato un bellÊeserci-zio di pura corporalità teatrale, una performance da statue viventi:i „tableau vivant‰ per i francesisti esperti del mestiere, un „nonsense‰ per i francesisti profani. Né più né meno un modo di acco-

gliere gli ospiti e intrattenerli, incuriosirli con la difficile artedel „teatro inerte degli uomini di pietra‰. Tutti molto bravigli interpreti dellÊinerzia: Ramona Barbieri, Viviana de Pri-zio, Daniele Giorgione, Elena Spiniello. Molto inerti eppurcomunicativi. Piacevolmente inerti anche le musiche di ac-compagnamento. Inerte parte del pubblico⁄.Di tuttÊaltrogenere, invece, il secondo spettacolo, „Storie di terra, disuoni e di rumori‰: lÊavventura nella storia dellÊultimo secolo

di due contadini sempliciotti e „monoglotti‰,conversanti nellÊunica lingua conosciuta,lÊesilarante dialetto irpino. Irpino si badibene, non napoletano, ed era ora, senzanulla togliere (e ci mancherebbe!) a Pulci-nella, Felice Sciosciammocca e compagniabella. Interpreti Paolo Capozzo (anche au-

tore) e Maurizio Picariello, alias compa Prisco e compa Mu-stino. Due miserabili della storia, che tuttavia la fanno (lastoria) e soprattutto la subiscono, dalle guerre ai terremoti,dalle occupazioni delle terre allÊesplosione dei consumi,dalla civiltà di massa fino al nuovo modo di arricchirsi econquistare status e importanza, cioè il gioco di mettere lamonnezza sotto terra. Tutto fra divertenti scambi e pate-racchi lessicali, ingenue euforie e ritorni traumatici alla re-

altà. Una società in evoluzione (almenoapparente) incomprensibile e per questo af-fascinante agli occhi dei due compari, chela temono e la rincorrono e che, con con-tadina facezia, la sbrindellano. Una furbaconsorteria da cui erano esclusi ed esclusirimarranno, destino quasi scritto il loro.

Anche una sorta di documentario non inzuccherato sulle no-stre umilissime origini contadine, nostre di irpini, figli dellaterra e intrisi del suo sapore amaro. Quella stessa terra chequalcuno tenta di avvelenare offrendo in cambio allÊammic-cante e sprovveduto compa Prisco un cappotto e un tele-fono cellulare. Compa Prisco accetta. Ma compa Mustinono. Compa Mustino diventa suo malgrado lÊeroe solitario.

Ma è compa Prisco, per chi ancora fa finta di non capire, che cirappresenta quasi tutti⁄Lazzi, sipario.

E R R A T A C O R R I G EE R R A T A C O R R I G E Nel precedente numero di gennaio lÊarticolo „Natale in comu-

nità‰ era stato erroneamente attribuito ad altre persone. Ci scusiamo con Davide Ardolino, il legittimo autore.

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LiberaMenteLiberaMenteBimestrale de La Casa sulla Roccia

Registrazione presso :Tribunale di Avellino N. Reg. Stampa :5/10 R. del 15/07/2010

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