Le migrazioni degli ominidi - download.kataweb.it

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n tempo sembrava tutto molto j semplice. L'evoluzione umana si svolse in Africa, e solo a una data relativamente tarda i primi rappre- sentanti della ben nota specie Homo erectus lasciarono il continente dove avevano avuto origine; intorno a un mi- lione di anni fa, erano già arrivati in Asia orientale. Tutti i tipi successivi di esseri umani discendevano da questa specie, e gli studiosi concordavano quasi unanimemente sul fatto che tutti doves- sero essere classificati come H. sapiens. Per riconoscere che alcuni di questi di- scendenti di H. erectus erano estrema- mente diversi da noi, ci si limitava al più a defmirli «H sapiens arcaici». Questa ingannevole semplicità era però troppo bella per durare, e in anni recenti è divenuto evidente che gli ulti- mi stadi dell'evoluzione umana furono assai più movimentati di quanto con- venzionalmente si riconoscesse. Ciò è vero anche per i primi stadi, sebbene non vi sia per ora alcun motivo di dubi- tare che la culla dell'umanità sia stata l'Africa. In effetti, le testimonianze re- lative a più di metà dell'esistenza docu- mentata della famiglia degli ominidi (che comprende tutti i primati a loco- mozione bipede) sono state senza ecce- zione rinvenute in questo continente. Dati recenti sembrano però indicare che non fu necessariamente H. erectus a lasciare l'Africa, e che le peregrina- zioni dei nostri antenati cominciarono ben prima di quanto ritenessimo. Lo scheletro chiamato «Lucy» rappre- senta la specie più nota di ominide pri- mitivo, Australopithecus afarensis, spes- so descritto come uno «scimpanzé bipe- de». Questo esemplare, risalente a 3,18 milioni di anni fa, proviene dalla regio- ne dell'Hadar, in Etiopia. ec enti scoperte, avvenute in Kenya, di fossili attribuiti alla nuova specie Australopithecus anamensis hanno ora permesso di stabilire che ominidi a loco- mozione bipede esistevano già da circa 4,2 a 3,9 milioni di anni fa. Reperti più ambigui provenienti dall'Etiopia, deno- minati Ardipithecus ramidus, potrebbero far arretrare questa datazione a circa 4,4 milioni di anni fa. I fossili di A. anamen- sis presentano una forte somiglianza con la specie più tarda, e assai meglio cono- sciuta, Australopithecus afarensis, docu- mentata in siti dell'Etiopia e della Tan- zania fra 3,9 e 3 milioni di anni fa; il suo rappresentante più famoso è lo scheletro di «Lucy», ritrovato ad Hadar in Etiopia. Lucy e i suoi simili camminavano in posizione eretta, come attestano in par- ticolare le strutture del bacino e l'arti- colazione del ginocchio, ma conserva- vano molti tratti ancestrali, soprattutto nelle proporzioni degli arti e nelle estremità, che dovevano permettere lo- ro di arrampicarsi facilmente sugli al- beri. Insieme con il cervello, di dimen- sioni analoghe a quello di una scimmia antropomorfa, e con la faccia larga e prominente, questi tratti hanno indotto molti a denominarli «scimpanzé bipe- di». Si tratta probabilmente di una defi- nizione piuttosto accurata, soprattutto considerando le indicazioni sempre più numerose secondo cui i primi ominidi preferivano habitat di foresta alquanto fitta. Il loro modo di vita aveva eviden- temente successo perché, sebbene questi primati fossero arrampicatori meno abili delle attuali scimmie antropomorfe, e bi- pedi meno efficienti degli ominidi più recenti, il loro adattamento rimase vali- do per oltre due milioni di anni, periodo durante il quale specie apparentemen- te analoghe comparvero e scomparvero nella documentazione fossile. Non è neppure chiaro fmo a che punto i modi di vita cambiarono con l'introdu- zione degli strumenti litici, che segnano l'inizio della documentazione archeolo- gica vera e propria, circa 2,5 milioni di anni fa. Non vi sono ossa umane associa- te ai più antichi strumenti conosciuti, provenienti da siti del Kenya e dell'Etio- pia. Possediamo invece un disparato as- sortimento di fossili di ominidi del perio- do successivo a circa 2 milioni di anni fa, per lo più associati agli strumenti di pietra e alle ossa di mammiferi uccisi rinvenuti nella Gola di Olduvai in Tan- zania e nella regione del Turkana orien- tale in Kenya. Secondo un'opinione, al- meno alcuni dei più antichi fabbricanti di arnesi litici di queste regioni non erano più grandi né avevano uno scheletro più evoluto della minuscola Lucy; altri so- stengono che i primi strumenti potrebbe- ro essere stati realizzati da ominidi più alti, con un cervello un po' più grande e strutture anatomiche più moderne. Esat- tamente quante specie di ominidi primiti- vi siano esistite, quali di esse fabbricas- sero strumenti e quale fosse la loro po- stura sono ancora fra i principali enigmi dell'evoluzione umana. Almeno da un punto di vista anatomi- co, il quadro comincia a chiarirsi a parti- re da circa 1,9 milioni di anni fa, epoca a cui risalgono le prime testimonianze certe della presenza, nel Kenya setten- trionale, di una specie riconoscibilmente simile all'uomo attuale. Questi indivi- dui, il cui migliore esempio è uno sche- letro eccezionalmente completo risalen- te a 1,6 milioni di anni fa, chiamato «ra- gazzo del Turkana» e scoperto nel 1984, avevano una struttura anatomica essen- zialmente moderna, che permetteva loro una deambulazione del tutto analoga a quella dell'uomo attuale, unita a un cra- nio con faccia moderatamente larga, contenente un cervello di dimensioni doppie rispetto a quello delle scimmie antropomorfe (anche se non molto più grande di metà della media attuale). Il ragazzo del Turkana, in particolare, morì durante l'adolescenza, ma si stima che, se fosse sopravvissuto fino all'età adulta, avrebbe raggiunto una statura di circa 180 centimetri; i suoi arti erano lunghi e slanciati, come quelli delle po- polazioni che oggi vivono nel clima cal- do e arido di queste zone dell'Africa, anche se, naturalmente, questo adatta- mento in comune non implica alcuna specifica relazione di parentela. Abbia- mo qui, finalmente, un esempio di omi- nide il cui ambiente di elezione era la savana aperta. Una tradizione paleoantropologica or- mai invalsa da tempo cerca di minimiz- zare il numero di specie incluse nella do- cumentazione fossile umana e di traccia- re una discendenza lineare e progressiva fra le poche accettate. Conformemente a questa pratica, il ragazzo del Turkana e i suoi affini furono originariamente classi- ficati come H. erectus. Questa specie venne descritta per la prima volta a parti- re da una calotta cranica e da un femore trovati un secolo fa a Giava. Fossili rin- venuti in seguito in Cina - soprattutto l'«uomo di Pechino», oggi perduto, risa- lente a 500 000 anni fa - e ancora a Gia- va furono ben presto assegnati alla stessa specie, e alla fine H. erectus giunse a comprendere una notevole varietà di fos- sili di ominidi, fra cui la massiccia scato- la cranica 0H9 da Olduvai. Quest'ultima è stata ora datata a circa 1,4 milioni di anni fa, sebbene all'inizio la si ritenesse molto più recente. Tutte queste forme fossili avevano un cervello di modeste dimensioni (con volume compreso fra 900 e 1200 millilitri, rispetto ai 1400 millilitri in media dell'uomo attuale e ai circa 400 millilitri delle scimmie antro- pomorfe), contenuto in un cranio allun- gato e appiattito, con creste nette nella parte posteriore e arcate sopraccigliari prominenti. Le poche ossa degli arti che si conoscano sono robuste, ma essenzial- mente uguali a quelle dell'uomo attuale. Si è discusso animatamente se H. erectus abbia mai occupato l'Europa; l'alternativa era quella di considerare tutti i fossili umani primitivi di questa regione (i più antichi dei quali non sono precedenti a 500 000 anni fa) come rap- presentanti arcaici di H sapiens. Dato che i fossili di Giava erano convenzio- nalmente datati, al più, fra l milione e 700 000 anni fa, e i primi fossili cinesi non erano considerati più vecchi di un milione di anni fa, la conclusione appa- riva chiara: H. erectus (esemplificato da 0H9 e anche da esemplari più antichi come il ragazzo del Turkana e i fossili a esso correlati) si era evoluto in Africa e aveva lasciato quel continente poco più di un milione di anni fa, diffondendosi rapidamente in Asia orientale e origi- nando tutti i successivi sviluppi dell'e- voluzione umana, compresi quelli avve- nuti in Europa. Tuttavia, a un esame più attento, gli esemplari kenioti si sono rivelati assai differenti, nella struttura della scatola cranica, dai classici IL erectus dell'Asia orientale. In particolare, certi tratti anato- mici che appaiono come specializzazioni nell'H. erectus asiatico sembrano vice- versa arcaici nei fossili africani di età pa- ragonabile. Molti ricercatori hanno co- minciato a rendersi conto di avere a che fare con due tipi di esseri umani primiti- Il «ragazzo del Turkana», un Homo er- gaster adolescente datato a circa 1,6 milioni di anni fa, è un rappresentante dei primi ominidi dotati di struttura scheletrica moderna. Le migrazioni degli ominidi L'Africa è la culla dell'umanità; ma quante specie umane vi si sono evolute? E quando si sono diffuse nel resto del mondo? di Ian Tattersall

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n tempo sembrava tutto molto

jsemplice. L'evoluzione umanasi svolse in Africa, e solo a una

data relativamente tarda i primi rappre-sentanti della ben nota specie Homoerectus lasciarono il continente doveavevano avuto origine; intorno a un mi-lione di anni fa, erano già arrivati inAsia orientale. Tutti i tipi successivi diesseri umani discendevano da questaspecie, e gli studiosi concordavano quasiunanimemente sul fatto che tutti doves-sero essere classificati come H. sapiens.Per riconoscere che alcuni di questi di-scendenti di H. erectus erano estrema-mente diversi da noi, ci si limitava al piùa defmirli «H sapiens arcaici».

Questa ingannevole semplicità eraperò troppo bella per durare, e in annirecenti è divenuto evidente che gli ulti-mi stadi dell'evoluzione umana furonoassai più movimentati di quanto con-venzionalmente si riconoscesse. Ciò èvero anche per i primi stadi, sebbenenon vi sia per ora alcun motivo di dubi-tare che la culla dell'umanità sia statal'Africa. In effetti, le testimonianze re-lative a più di metà dell'esistenza docu-mentata della famiglia degli ominidi(che comprende tutti i primati a loco-mozione bipede) sono state senza ecce-zione rinvenute in questo continente.Dati recenti sembrano però indicareche non fu necessariamente H. erectusa lasciare l'Africa, e che le peregrina-zioni dei nostri antenati cominciaronoben prima di quanto ritenessimo.

Lo scheletro chiamato «Lucy» rappre-senta la specie più nota di ominide pri-mitivo, Australopithecus afarensis, spes-so descritto come uno «scimpanzé bipe-de». Questo esemplare, risalente a 3,18milioni di anni fa, proviene dalla regio-ne dell'Hadar, in Etiopia.

ec enti scoperte, avvenute in Kenya,di fossili attribuiti alla nuova specie

Australopithecus anamensis hanno orapermesso di stabilire che ominidi a loco-mozione bipede esistevano già da circa4,2 a 3,9 milioni di anni fa. Reperti piùambigui provenienti dall'Etiopia, deno-minati Ardipithecus ramidus, potrebberofar arretrare questa datazione a circa 4,4milioni di anni fa. I fossili di A. anamen-sis presentano una forte somiglianza conla specie più tarda, e assai meglio cono-sciuta, Australopithecus afarensis, docu-mentata in siti dell'Etiopia e della Tan-zania fra 3,9 e 3 milioni di anni fa; il suorappresentante più famoso è lo scheletrodi «Lucy», ritrovato ad Hadar in Etiopia.

Lucy e i suoi simili camminavano inposizione eretta, come attestano in par-ticolare le strutture del bacino e l'arti-colazione del ginocchio, ma conserva-vano molti tratti ancestrali, soprattuttonelle proporzioni degli arti e nelleestremità, che dovevano permettere lo-ro di arrampicarsi facilmente sugli al-beri. Insieme con il cervello, di dimen-sioni analoghe a quello di una scimmiaantropomorfa, e con la faccia larga eprominente, questi tratti hanno indottomolti a denominarli «scimpanzé bipe-di». Si tratta probabilmente di una defi-nizione piuttosto accurata, soprattuttoconsiderando le indicazioni sempre piùnumerose secondo cui i primi ominidipreferivano habitat di foresta alquantofitta. Il loro modo di vita aveva eviden-temente successo perché, sebbene questiprimati fossero arrampicatori meno abilidelle attuali scimmie antropomorfe, e bi-pedi meno efficienti degli ominidi piùrecenti, il loro adattamento rimase vali-do per oltre due milioni di anni, periododurante il quale specie apparentemen-te analoghe comparvero e scomparveronella documentazione fossile.

Non è neppure chiaro fmo a che punto

i modi di vita cambiarono con l'introdu-zione degli strumenti litici, che segnanol'inizio della documentazione archeolo-gica vera e propria, circa 2,5 milioni dianni fa. Non vi sono ossa umane associa-te ai più antichi strumenti conosciuti,provenienti da siti del Kenya e dell'Etio-pia. Possediamo invece un disparato as-sortimento di fossili di ominidi del perio-do successivo a circa 2 milioni di annifa, per lo più associati agli strumenti dipietra e alle ossa di mammiferi uccisirinvenuti nella Gola di Olduvai in Tan-zania e nella regione del Turkana orien-tale in Kenya. Secondo un'opinione, al-meno alcuni dei più antichi fabbricanti diarnesi litici di queste regioni non eranopiù grandi né avevano uno scheletro piùevoluto della minuscola Lucy; altri so-stengono che i primi strumenti potrebbe-ro essere stati realizzati da ominidi piùalti, con un cervello un po' più grande estrutture anatomiche più moderne. Esat-tamente quante specie di ominidi primiti-vi siano esistite, quali di esse fabbricas-sero strumenti e quale fosse la loro po-stura sono ancora fra i principali enigmidell'evoluzione umana.

Almeno da un punto di vista anatomi-co, il quadro comincia a chiarirsi a parti-re da circa 1,9 milioni di anni fa, epoca acui risalgono le prime testimonianzecerte della presenza, nel Kenya setten-trionale, di una specie riconoscibilmentesimile all'uomo attuale. Questi indivi-dui, il cui migliore esempio è uno sche-letro eccezionalmente completo risalen-te a 1,6 milioni di anni fa, chiamato «ra-gazzo del Turkana» e scoperto nel 1984,avevano una struttura anatomica essen-zialmente moderna, che permetteva lorouna deambulazione del tutto analoga aquella dell'uomo attuale, unita a un cra-nio con faccia moderatamente larga,contenente un cervello di dimensionidoppie rispetto a quello delle scimmieantropomorfe (anche se non molto piùgrande di metà della media attuale). Ilragazzo del Turkana, in particolare,morì durante l'adolescenza, ma si stimache, se fosse sopravvissuto fino all'etàadulta, avrebbe raggiunto una statura dicirca 180 centimetri; i suoi arti eranolunghi e slanciati, come quelli delle po-polazioni che oggi vivono nel clima cal-do e arido di queste zone dell'Africa,anche se, naturalmente, questo adatta-mento in comune non implica alcunaspecifica relazione di parentela. Abbia-mo qui, finalmente, un esempio di omi-nide il cui ambiente di elezione era lasavana aperta.

Una tradizione paleoantropologica or-mai invalsa da tempo cerca di minimiz-zare il numero di specie incluse nella do-cumentazione fossile umana e di traccia-re una discendenza lineare e progressivafra le poche accettate. Conformemente a

questa pratica, il ragazzo del Turkana e isuoi affini furono originariamente classi-ficati come H. erectus. Questa specievenne descritta per la prima volta a parti-re da una calotta cranica e da un femoretrovati un secolo fa a Giava. Fossili rin-venuti in seguito in Cina - soprattuttol'«uomo di Pechino», oggi perduto, risa-lente a 500 000 anni fa - e ancora a Gia-va furono ben presto assegnati alla stessaspecie, e alla fine H. erectus giunse acomprendere una notevole varietà di fos-sili di ominidi, fra cui la massiccia scato-la cranica 0H9 da Olduvai. Quest'ultimaè stata ora datata a circa 1,4 milioni dianni fa, sebbene all'inizio la si ritenessemolto più recente. Tutte queste formefossili avevano un cervello di modestedimensioni (con volume compreso fra900 e 1200 millilitri, rispetto ai 1400millilitri in media dell'uomo attuale e aicirca 400 millilitri delle scimmie antro-pomorfe), contenuto in un cranio allun-gato e appiattito, con creste nette nellaparte posteriore e arcate sopraccigliariprominenti. Le poche ossa degli arti chesi conoscano sono robuste, ma essenzial-mente uguali a quelle dell'uomo attuale.

Si è discusso animatamente se H.erectus abbia mai occupato l'Europa;l'alternativa era quella di consideraretutti i fossili umani primitivi di questaregione (i più antichi dei quali non sonoprecedenti a 500 000 anni fa) come rap-presentanti arcaici di H sapiens. Datoche i fossili di Giava erano convenzio-nalmente datati, al più, fra l milione e700 000 anni fa, e i primi fossili cinesinon erano considerati più vecchi di unmilione di anni fa, la conclusione appa-riva chiara: H. erectus (esemplificato da0H9 e anche da esemplari più antichicome il ragazzo del Turkana e i fossili aesso correlati) si era evoluto in Africa eaveva lasciato quel continente poco piùdi un milione di anni fa, diffondendosirapidamente in Asia orientale e origi-nando tutti i successivi sviluppi dell'e-voluzione umana, compresi quelli avve-nuti in Europa.

Tuttavia, a un esame più attento, gliesemplari kenioti si sono rivelati assaidifferenti, nella struttura della scatolacranica, dai classici IL erectus dell'Asiaorientale. In particolare, certi tratti anato-mici che appaiono come specializzazioninell'H. erectus asiatico sembrano vice-versa arcaici nei fossili africani di età pa-ragonabile. Molti ricercatori hanno co-minciato a rendersi conto di avere a chefare con due tipi di esseri umani primiti-

Il «ragazzo del Turkana», un Homo er-gaster adolescente datato a circa 1,6milioni di anni fa, è un rappresentantedei primi ominidi dotati di strutturascheletrica moderna.

Le migrazionidegli ominidi

L'Africa è la culla dell'umanità; ma quantespecie umane vi si sono evolute? E quando

si sono diffuse nel resto del mondo?

di Ian Tattersall

Australopithecus anamensis, una specie di recente identi-ficazione, è il più antico ominide ben documentato. Que-sta mandibola da Kanapoi, in Kenya, fotografata al mo-mento della scoperta, è stata datata a circa quattro milio-ni di anni fa. A. anamensis ha una dentatura assai similea quella di A. afarensis, e un frammento di tibia indicache camminava in posizione eretta.

Questi due utensili acheuleani, da St. Acheulin Francia, hanno probabilmente un'età dicirca 300 000 anni, ma strumenti di questo ti-po cominciarono a essere realizzati in Africagià 1,5 milioni di anni fa. A sinistra si vedeun'ascia non immanicata, a destra uno stru-mento da taglio a terminazione smussata.

Questa replica di un «nucleo» di basalto daOlduvai illustra in che modo schegge affilatevenivano staccate da esso per ottenere uten-sili da taglio. Gli strumenti di questo tipovennero realizzati a partire da circa 2,5 mi-lioni di anni fa.

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nome attribuito a questo• cranio di un H. erectus• ---(11-sesso masch~a--g to a Zhoukoudian presso

Pechino. Il cranio è stato1----ricostruito a partire daE frammenti appartenenti• a individui diversi, tuttiE probabilmente risalentio a circa 500 000 anni fa.O

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90 LE SCIENZE n. 346, giugno 1997 LE SCIENZE n. 346, giugno 1997 91

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La calotta cranica denomi-nata 0H9 (Olduvai Hominid9) è stata recentemente data-ta a 1,4 milioni di anni fa; inorigine la si riteneva assaipiù recente. Le sue affinitàsono tuttora discusse.

vi, e la più antica forma keniota vieneora considerata una specie a sé - H. erga-ster - da un numero crescente di autori.Essa costituisce un antenato plausibile ditutti i tipi umani successivi, laddove lespecializzazioni craniche di H. erectusfanno pensare che questa specie, a lungoconsiderata come l'ominide standarddel periodo compreso fra 1 milione e500 000 anni fa, sia stata in realtà unosviluppo limitato all'Asia orientale (e,come spiegherò fra poco, deve essereconsiderata un «ramo secco»).

cose si complicarono all'inizio delI 1994, quando Carl C. Swisher delBerkeley Geochronology Center e colle-ghi utilizzarono il metodo di datazioneargo/argo, allora piuttosto nuovo, sucampioni di roccia vulcanica raccolti indue siti di Giava in cui erano stati rinve-nuti ominidi. Ne risultarono età assai su-periori a quanto ci si aspettasse - 1,81 e1,66 milioni di anni fa - sebbene la datapiù antica confermasse una cronologiastabilita parecchi anni prima. Purtroppo ifossili provenienti da questi due siti nonpermettono di risalire alla specie: il pri-mo è una scatola cranica infantile (priva

quindi delle caratteristiche adulte in basealle quali si definisce una specie), e il se-condo è un cranio malamente schiacciatoe deformato che non è mai stato possibi-le ricostruire in modo soddisfacente. En-trambi gli esemplari sono stati general-mente considerati come H. erectus, mapiù per ragioni di convenienza che peraltro. Nel corso dei decenni si sono avutesporadiche discussioni riguardo all'esi-stenza, nella documentazione fossile diGiava, di una o più specie di ominidi pri-mitivi. Inoltre recentemente sono statisollevati gravi dubbi sul fatto che i cam-pioni che hanno fornito la data più anticasiano stati effettivamente prelevati dallostesso punto delle ossa infantili. Tuttaviaqueste date si accordano con altri ele-menti che indicano come, probabilmen-te, ominidi di qualche tipo si trovasseroin Asia orientale molto prima di quantosi fosse mai ritenuto.

Una conferma indipendente di questaipotesi giunge, per esempio, dal sito diDmanisi nella Repubblica ex sovieticadella Georgia, dove nel 1991 venne ri-trovata una mandibola di ominide chegli scopritori attribuirono a H. erectus.Tre metodi di datazione differenti indi-

cano che il reperto potrebbe avere an-che un'età di 1,8 milioni di anni; sebbe-ne non tutti accettino questa cronolo-gia, presi nel loro complesso i datigeorgiani e quelli giavanesi più recentiimplicano un esodo inaspettatamenteantico di ominidi dall'Africa. La letturapiù cauta della documentazione esisten-te (per quanto incompleta sia) fa pensa-re che questi primi emigranti debbanoessere stati H. ergaster o una formamolto simile.

Una dispersione molto precoce degliominidi dall'Africa ha il vantaggio dispiegare un'apparente anomalia delladocumentazione archeologica. Gli stru-menti di pietra scoperti in sedimenticoevi ai primi H. ergaster (poco menodi due milioni di anni fa) sono a tutti glieffetti identici a quelli più antichi che siconoscano, realizzati centinaia di mi-gliaia di anni prima. Questi attrezzi rudi-mentali consistevano principalmente inschegge acuminate staccate da un ciotto-lo per mezzo di un «percussore» di pie-tra. Per quanto potessero essere stru-menti efficaci per tagliare (gli archeolo-gi sperimentali hanno dimostrato checon essi si può sezionare in modo effi-

ciente persino una carcassa di elefante),non venivano realizzati in forme stan-dard; apparentemente l'unico scopo eraquello di ottenere un bordo tagliente benaffilato. A partire da 1,4 milioni di annifa, però, in Africa si cominciarono aprodurre strumenti litici standardizzati,esemplificati dalle asce non immanicatee dai pesanti strumenti atti a tagliare del-l'industria acheuleana (identificata perla prima volta a metà del secolo scorsonel sito di St. Acheul, in Francia). Sitrattava di oggetti di dimensioni rag-guardevoli, accuratamente lavorati su en-trambi i lati in modo da ottenere una for-ma a goccia. Stranamente, le industrielitiche dell'Asia orientale mancano di u-tensili di questo genere, il che ha con-dotto molti a chiedersi perché i primiabitanti umani della regione non avesse-ro portato con sé questa tecnologia, vi-sto che i loro antenati la utilizzavano giàda mezzo milione di anni. Le nuove datefanno pensare, però, che i primi ominidia lasciare l'Africa lo abbiano fatto primadell'invenzione della tecnologia acheu-leana, nel qual caso non c'è ragione perattendersi di trovare questa tecnologia inAsia orientale. È interessante il fatto che,

alcuni anni fa, l'archeologo Robin W.Dennell fece scalpore pubblicando alcu-ni strumenti litici molto rozzi da Riwat,in Pakistan, e asserendo che fossero piùvecchi di 1,6 milioni di anni. Oggi la lo-ro estrema antichità appare sempre me-no anomala.

Ovviamente, ogni scoperta sollevanuovi problemi: in questo caso si trattadi spiegare che cosa abbia permesso al-le popolazioni umane di diffondersi perla prima volta fuori dall'Africa. Lamaggior parte degli studiosi ritenevache fossero stati i progressi tecnologicia consentire l'espansione nelle zonecontinentali più fresche, verso nord. Se,tuttavia, i primi ominidi a lasciare l'A-frica erano dotati solo delle più rudi-mentali tecnologie di lavorazione dellapietra, dobbiamo ipotizzare che questo«ingrediente magico» fosse qualcosa didiverso dalle capacità tecnologiche. Edato che, a quanto pare, la prima dia-spora umana fece immediatamente se-guito all'acquisizione di una formaanatomica più o meno moderna, sem-bra ragionevole concludere che la ten-denza tipica della nostra specie a trasfe-rirsi in luoghi anche lontani si sia mani-

festata al momento dell'emancipazionedegli ominidi dal margine della foresta,che era stato il loro habitat preferito.Ovviamente, il fatto che il ragazzo delTurkana e i suoi simili fossero adattatiad ambienti caldi e asciutti non ci aiu-ta a spiegare perché H. ergaster sia sta-to in grado di diffondersi rapidamen-te nelle zone temperate più fresche anord del Mediterraneo; evidentementela nuova struttura anatomica che rende-va possibile una notevole resistenza fi-sica negli habitat aperti era di per sésufficiente a fare la differenza.

Il fatto che la tecnologia acheuleananon abbia mai raggiunto l'Asia orienta-le rafforza l'ipotesi, coerente con lespecializzazioni craniche di H. erectus,che questa parte del mondo sia statauna sorta di vicolo cieco paleoantropo-logico. Qui le antiche popolazioni uma-ne seguirono in gran parte il propriocorso, in maniera indipendente da ciòche accadeva nel resto del mondo. Ul-teriori datazioni confermano questateoria. Così, Swisher e colleghi hannoultimamente pubblicato - per il sito diNgandong a Giava, dove sono stati tro-vati fossili di H. erectus - date di circa

TAPUEK, DmAr,

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OCEAINDIA

Questo frammento dimandibola da Dmanisi,nella Georgia ex sovieti-ca, potrebbe avere un'e-tà di 1,8 milioni di anni.Inizialmente venne attri-buito a H. erectus, ma lasua classificazione è an-cora incerta.

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I fossili rinvenuti a Longgupo, come il frammento di mandibola mostrato a sini-stra, insieme con rudimentali utensili di pietra (a destra), potrebbero indicare lapresenza di ominidi in Cina già 1,9 milioni di anni fa.

92 LE SCIENZE n. 346, giugno 1997

Ondate successive di ominidi lasciaro-no l'Africa diffondendosi in ogni partedel Vecchio Mondo. La documentazio-ne di queste migrazioni è incompleta,ma è chiaro che si tratta di una storiamolto più lunga e complessa di quantosi sia tradizionalmente ritenuto.

40 000 anni fa. Questa cronologia, ben-ché ricavata da analisi molto attente, hasuscitato considerevole scetticismo; mase fosse esatta avrebbe implicazioni ri-levanti per il quadro globale dell'evolu-zione umana. È infatti così recente dafar pensare che H. erectus abbia subìtoun destino simile a quello dei neander-taliani in Europa: l'estinzione a causadell'arrivo di H. sapiens. Ciò che emer-ge è ancora una volta un quadro dell'e-voluzione umana come sperimentazio-ne ripetuta, con specie differenziate alivello regionale - in questo caso ai capiopposti del continente eurasiatico - chehanno finito per essere sostituite daceppi di ominidi evolutisi altrove.

All'estremità opposta della scala cro-nologica, un gruppo di ricerca interna-zionale guidato da Huang Wanpo del-l'Academia Sinica di Pechino ha pubbli-cato nel 1996 una data notevolmente an-tica per la grotta di Longgupo, nella pro-vincia cinese del Sichuan. Questo sitoaveva fornito in precedenza un incisivoe un minuscolo frammento di mandibolacon due denti che erano stati inizialmen-te attribuiti a H. erectus, oltre ad alcunistrumenti litici molto rozzi. Huang ecolleghi hanno concluso che i fossili egli utensili potrebbero avere un'età an-che di 1,9 milioni di anni, e il riesame

del materiale osseo li ha indotti a ipotiz-zare una somiglianza più stretta con leprime specie africane del genere Homopiuttosto che con H erectus.

Quest'ultima affermazione non hamancato di suscitare reazioni. Come os-servato da Jeffrey H. Schwartz dell'Uni-

versità di Pittsburgh e da me, per esem-pio, i denti del frammento di mandibolaricordano le caratteristiche primitive de-gli Homo africani, anziché quelle specia-lizzate che indicherebbero uno strettorapporto di parentela. Per di più, essimostrano una rassomiglianza sorpren-

dente con i denti di un ominoideo impa-rentato con l'orango, noto da un sitomolto più tardo in Vietnam. E sebbenel'incisivo sembri quello di un ominide,non vi è nulla che permetta di assegnarloa una particolare specie umana. Con unpo' di fortuna, futuri ritrovamenti di fos-

sili a Longgupo potranno chiarire la si-tuazione; per ora l'incisivo e gli strumen-ti lirici sono indicazioni della presenza diesseri umani in Cina in un'epoca che po-trebbe essere davvero molto antica. Que-sti individui discendevano dalle primepopolazioni emigrate dall'Africa e, quale

che sia la specie a cui si riveleranno ap-partenere gli ominidi di Longgupo, non èazzardato affermare che Huang e colle-ghi hanno ragione nell'ipotizzare che es-si rappresentino un precursore di H.erectus anziché la specie vera e propria.

Il quadro appare logico, ma vi è un'a-nomalia. Se H. erectus fu una forma lo-calizzata in Asia orientale, dobbiamochiederci se l'identificazione della scato-la cranica 0H9 da Olduvai come appar-tenente a questa specie sia corretta. Secosì fosse, si potrebbe pensare che H.erectus si sia evoluto in Asia orientale auna data molto precoce (si ricordi che0H9 è oggi ritenuto vecchio di quasi 1,4milioni di anni), e che un ramo della spe-cie sia tornato in Africa, a Olduvai. Mase le nuove datazioni ottenute in Asia so-no esatte, quando avremo approfonditole nostre conoscenze su 0H9 e i suoi si-mili scopriremo probabilmente che ap-partenevano a una specie di ominide to-talmente diversa.

Come ho già accennato, anche l'estre-mità opposta del continente eurasiaticorimase isolata dal corso principale dell'e-voluzione umana. Sembra che l'uomosia arrivato in Europa in epoca abbastan-za tarda: in questa regione, i primi siti ar-cheologici adeguatamente documentati,con strumenti piuttosto rozzi, risalgono acirca 800 000 anni fa (sebbene nel Vici-no Oriente, ossia a breve distanza dal-l'Africa, il sito di `Ubeidiya abbia datoutensili acheuleani datati a circa 1,4 mi-lioni di anni fa, e quindi non molto piùrecenti di quelli rinvenuti nel continenteafricano). Il problema è che qui non si ètrovata alcuna traccia di coloro che rea-lizzarono gli strumenti.

Il sito di Gran Donna, nelle colli-ne di Atapuerca (Spagna setten-trionale), ha fornito i più antichifossili umani finora scoperti inEuropa. Questi reperti, datati acirca 780 000 anni fa e inizial-mente attribuiti a H. heidelber-gensis, potrebbero in realtà rap-presentare una forma distinta.L'osso frontale di un individuonon ancora adulto e il frammentodi mandibola mostrati a destraprovengono da Gran Dolina,mentre il cranio di adulto qui sot-to è stato trovato a Sima de losHuesos, a circa un chilometro didistanza. Qui è stato messo in lu-ce un cospicuo giacimento di fos-sili umani per lo più frammenta-ri, ma splendidamente conserva-ti, datati a circa 300 000 anni fa.

neandertaliani (e forse altre specie a es-si correlate) siano stati una varietà indi-gena europea, questi fossili non per-mettono di stabilire una indubbia con-nessione all'indietro nel tempo con i lo-ro vicini di Gran Dolina.

L-L-e

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H. SAPIENS H. SAPIENS

Le due principali teoriesull'origine dell'uomo mo-derno sono messe a con-fronto in questa illustra-zione. Secondo il modellodella «continuità regiona-le», l'origine di tutte lepopolazioni umane attualiviene fatta risalire a H.erectus, ma ciascuna po-polazione regionale si e-volvette seguendo un pro-prio cammino, pur scam-biando geni con le vicine(frecce) in misura suffi-ciente a mantenersi nel-l'ambito della stessa spe-cie; tutte finirono per di-ventare H. sapiens. In ba-se alla teoria dell'«origi-ne singola», H. sapiens di-scende da una sola popo-lazione ancestrale che eb-be origine probabilmentein Africa.

H. HEIDELBERGENSIS

H. ERECTUS

H. ERGASTER

H. ERECTUS ORIGINE SINGOLA

CONTINUITÀ REGIONALE

H. NEANDERTHALENSIS

IAN TATTERSALL è preside del Dipartimento di antropologia dell'AmericanMuseum of Natural History di New York. È inoltre autore di numerosi libri sull'e-voluzione dell'uomo.

ARSUAGA J.-L. e altri, Three New Human Skulls from the Sima de los HuesosMiddle Pleistocene Site in Sierra de Atapuerca, Spain in «Nature», 362, n. 6420, 8aprile 1993.

SWISHER C. C. iii e altri, Age of the Earliest Known Hominids in Java, Indonesiain «Science», 263, n. 5150, 25 febbraio 1994.

GABUNIA L. e VEKUA A., A Plio-Pleistocene Hominid from Dmanisi, East Geor-gia, Caucasus in «Nature», 373, n. 6514, 9 febbraio 1995.

CARBONELL E. e altri, Lower Pleistocene Hominids and Artifacts from Atapuer-ca-TD6 (Spain) in «Science», 269, n. 5225, 11 agosto 1995.

HUANG W. e altri, Early Homo and Associated Artefacts from Asia in «Nature»,378, n. 6554, 16 novembre 1995.

SCHWARTZ J. H. e TATTERSALL I., Whose Teeth? in «Nature», 381, n. 6579, 16maggio 1996.

SWISHER C. C. III e altri, Latest Homo erectus of Java: Potential Contempora-neity with Homo sapiens in Southeast Asia in «Science», 274, n. 5294, 13 dicem-bre 1996.

olti lettori di questa rivi-sta ricorderanno il dibat-

tito fra i sostenitori degli oppo-sti modelli della «continuità re-gionale» e della «singola origi-ne africana» per quanto riguar-da la nostra specie, H. sapiens(si vedano gli articoli Un 'evolu-zione multiregionale di MilfordH. Wolpoff e Alan G. Thome eUna genesi africana recente diAllan C. Wilson e Rebecca L.Cann in «Le Scienze» n. 286,giugno 1992). Secondo il primodi questi modelli, II. erectus(compresa la forma H. erga-ster), con i suoi caratteri alta-mente arcaici, non sarebbe altroche una antica variante di H.sapiens, e negli ultimi due mi-lioni di anni la storia della no-stra linea evolutiva sarebbeconsistita in un intreccio di po-polazioni di questa specie che sisviluppavano in ogni regionedel Vecchio Mondo, ciascunaadattata alle condizioni locali,ma tutte continuamente colle-gate da scambi genici. La variabilità chesi osserva nelle principali popolazionigeografiche umane è, in base a questoragionamento, niente più che l'ultimapermutazione di questo lungo processo.

L'altro modello, che fra l'altro si ac-corda molto meglio con ciò che sappia-mo dei processi evolutivi in generale,propone che tutte le popolazioni umaneattuali siano discendenti da una singolapopolazione ancestrale, comparsa in unasola regione geografica fra 150 000 e100 000 anni fa. La documentazione fos-sile, per quanto esile, fa pensare che que-sto luogo di origine si trovasse in Africa(sebbene il Vicino Oriente sia una possi-bilità alternativa); i sostenitori di questoscenario fanno notare che anche gli studimolecolari comparativi danno sostegnoall'idea che tutti gli esseri umani attualidiscendano da una popolazione africana.

Alla luce di ciò che ho già detto sulruolo periferico avuto nell'evoluzioneumana dalle popolazioni più antiche siadell'Asia orientale sia dell'Europa, nondovrebbe sorprendere che fra queste duepossibilità la mia preferenza vada sicura-mente a un'origine singola e relativa-mente recente di H. sapiens, con tuttaprobabilità in Africa, il continente dove,fin dalle epoche più antiche, si sono avu-ti gli sviluppi maggiormente significatividell'evoluzione dell'uomo. La comparsadell'uomo attuale è un evento recenteche si è svolto sullo sfondo di una lungae complessa storia di diversificazioneevolutiva degli ominidi, ma la documen-tazione fossile mostra che fin dall'iniziol'Africa è sempre stata il centro da cui sisono irradiate nuove linee evolutive

moderno. La cronologia europea dimo-stra che, nonostante l'evoluzione di pe-culiari varianti regionali, la storia del-l'occupazione di questa regione potreb-be non essere stata affatto semplice. Co-me sempre, però, le nuove scoperte sulremoto passato dell'uomo hanno soprat-tutto evidenziato la complessità deglieventi della nostra evoluzione. Possiamosolo sperare che ulteriori ampliamentidella documentazione fossile arricchi-scano i dettagli di quello che con tuttaevidenza è stato un processo intricato eaffascinante di speciazione degli omini-di e di movimenti di popolazioni nelcorso degli ultimi due milioni di anni.

Questa lacuna cronologica ha comin-ciato a colmarsi grazie a scoperte effet-tuate da Eudald Carbonell dell'Univer-sità di Tarraeona e collaboratori nellagrotta di Gran Dolina, situata nelle colli-ne di Atapuerca (Spagna settentrionale).Gli scavi qui condotti nel 1994 hannofornito numerosi utensili di pietra piutto-sto semplici, oltre a diversi frammentiossei umani, il più completo dei quali(sebbene anch'esso parziale) è la zonafacciale superiore di un individuo nonancora adulto. Tutti i reperti provengonoda un livello datato a oltre 780 000 annifa. Gli strumenti non presentavano trac-ce di tecnologia acheuleana, e gli scopri-tori notarono vari tratti primitivi nei fos-sili, attribuiti provvisoriamente a H hei-delbergensis. (Questa è la specie a cuigli esemplari inizialmente classificaticome H. sapiens arcaici vengono asse-gnati sempre più spesso.) Carbonell ecolleghi collocano i reperti nel puntoiniziale di una linea evolutiva indigenaeuropea, che gradualmente diede origineai neandertaliani. Questi ultimi ominidi,caratterizzati dal cervello voluminoso,sono stati ritrovati solo in Europa e inAsia occidentale, dove fiorirono nel pe-riodo compreso tra 200 000 e 30 000 an-ni fa, allorché l'arrivo di H. sapiens neprovocò l'estinzione.

Questa non è, però, l'unica possibi-lità. Disponendo solo di una descrizio-ne preliminare dei frammentari fossilidi Gran Dolina, è difficile parlare concognizione di causa, ma sembra almenougualmente probabile che essi siano iresti di ominidi africani che compironoun primo, ma infruttuoso, tentativo distabilirsi in Europa. Rappresentanti diH. heidelbergensis sono noti anche inAfrica, già 600 000 anni fa, ed è moltoprobabile che questa specie abbia ri-colonizzato l'Europa in epoca più tar-da. Qui avrebbe dato origine ai nean-dertaliani, mentre una popolazione afri-cana meno specializzata avrebbe fon-dato la linea evolutiva da cui discese H.sapiens.

In un altro sito - Sima de los Huesos,ovvero «pozzo delle ossa» - distantesolo un chilometro da Gran Dolina,Juan-Luis Arsuaga e colleghi, dell'Uni-versidad Complutense de Madrid, han-no scoperto un grande giacimento diossa umane in eccellente stato di con-servazione, risalenti a circa 300 000 an-ni fa. Si è affermato che esse anticipinoper certi aspetti i neandertaliani, manon ne hanno affatto tutti i caratteri. Esebbene mettano in evidenza che i

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umane. Certamente sviluppi evolutivi in-teressanti si sono avuti anche in Europa ein Asia orientale; tuttavia essi hanno ri-guardato popolazioni non solo di origineafricana, ma che furono in un secondotempo soppiantate da nuovi emigrantidall'Africa. Ciò che vediamo nella docu-mentazione fossile come ci si presentaoggi è senza dubbio solo un vago riflessodi quella che deve essere stata una se-quenza di eventi molto complessa.

Una cosa particolarmente importanteè che le nuove datazioni stabilite in Asiaorientale mostrano come la mobilità del-le popolazioni umane risalga alla com-parsa di una struttura anatomica di tipo