Le migrazioni internazionali ai tempi della crisi

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A cura di Corrado Bonifazie Massimo Livi Bacci

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    Le migrazioni

    internazionaLiai tempi deLLa

    crisi

    A cura di Corrado Bonifazi

    e Massimo Livi Bacci

    Associazione Neodemos 2014

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    con il contributo di

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    Introduzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . p. 7

    In Memoriam . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . p. 9

    I Il contestointernazionale. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . p. 11

    Premessa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . p. 12

    Martin Rhus Diritti dei migranti: meno pu signicare pi? . . . . p. 14

    Ettore Recchi La libera circolazione e i suoi nemici . . . . . . . . p. 17

    Ferruccio Pastore Mobilit intra-europea: la UE a un bivio . . p. 22

    Davide Calenda Cicli migratori sempre pi precari e incerti. . . p. 25

    Marta Avesani Crisi economica europeae migrazione peruviana . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . p. 30

    Massimo Livi Bacci Tunisia: crisi, migrazioni e buon vicinato. . . p. 35

    II Limmigrazione in Italia. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . p. 39

    Premessa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . p. 40

    Filippo Bontadini e Anna Segre Evoluzioni recentidellimprenditoria straniera in Italia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . p. 42

    Caterina Francesca Guidi e Laura Bartolini Assistenzasanitaria in Italia: limmigrazione indispensabile . . . . . . . . . . p. 46

    Gian Carlo Blangiardo Stranieri in Italia: guardandoal presente e immaginando il futuro. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . p. 51

    Cinzia Conti e Salvatore Strozza Should I stay or should I go?Limmigrazione non comunitaria in Italia. . . . . . . . . . . . . . . . . p. 57

    Corrado Bonifazi e Cristiano Marini Il lavoro degli stranieriin tempo di crisi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . p. 64

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    III Lintegrazione, la cittadinanza e la demograa. . . .p. 68

    Premessa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . p. 69

    Marco Accorinti I fondi pubblici per lintegrazionedegli immigrati . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . p. 71

    Elena Manetti LOrchestra di Piazza Vittorio: un esempiodintegrazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . p. 75

    Stefano Molina Stallo in tre mosse: il dibattito italiano sullacittadinanza ai gli degli immigrati . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . p. 78

    Livia Ortensi La fecondit delle donne immigrate:

    temi emergenti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . p. 83Giuseppe Gesano e Salvatore Strozza Possono gli immigratiridurre linvecchiamento della popolazione? . . . . . . . . . . . . . . p. 87

    Gustavo De Santis With or without you (immigrant) . . . . . . . p. 91

    IV Italiani in fuga? . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . p. 96

    Premessa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . p. 97

    Federico Quadrelli Una nuova fase perlimmigrazione italiana? . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . p. 100

    Massimo Livi Bacci Fuga dei cervelli:o non c o non si vede per ora. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . p. 104

    M. Carolina Brandi Le migrazioni dei ricercatori italiani . . . p. 109

    Corrado Bonifazi Un pezzo dItalia poco conosciuto . . . . . . . p. 114

    Mastro Cico Se stai bene vai allestero.Il nuovo paradosso delle migrazioni qualicate . . . . . . . . . . . . p. 118

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    Introduzione

    La mattina del tre ottobre 2013 pi di trecentocinquanta migranti peri-rono di fronte allisola di Lampedusa nellaffondamento del barconeche dalla Libia li trasportava sulle nostre coste. Una tragedia che colp

    profondamente unopinione pubblica ormai assuefatta allo stillicidio quasiquotidiano di morti lungo le rotte dellimmigrazione. Anche un dramma diqueste proporzioni stata per metabolizzato in fretta, scalzato nellatten-zione degli italiani dai problemi economici e dalle giravolte della politicanazionale. Limmigrato e lo straniero sono cos rapidamente tornati ad

    essere i capri espiatori perfetti: eterni signori Malaussne a cui possibileattribuire la responsabilit di tutti i mali della societ.

    Gli elettori svizzeri lo hanno confermato il 9 febbraio di questanno,approvando il referendum per la reintroduzione delle quote nellimmigra-zione dallUnione europea proposto da un piccolo partito populista che,facendo leva su alcuni problemi reali, riuscito cos a sconggere tutte lelite del paese. Unapprovazione avvenuta nonostante il provvedimento,secondo la quasi totalit degli analisti, produrr pi danni che beneci,con effetti negativi anche per le fasce sociali pi deboli che con ogni pro-

    babilit sono state le pi sensibili a questa iniziativa.

    Lesito del referendum svizzero ha confermato come negli stati demo-cratici sia necessario mantenere e allargare il consenso popolare sulle po-litiche dimmigrazione, un processo che non pu per prescindere da unaattenta analisi dei costi e dei beneci di un fenomeno complesso dallemolteplici conseguenze. Tale considerazione acquista ancora pi forza inuna realt come quella italiana, che ha visto in poco pi di dieci anni tri-

    plicare il numero di stranieri, senza una esplicita scelta politica in questadirezione, e che, dal lato demograco, presenter nel prossimo futuro, inmancanza di una adeguata immigrazione, un persistente e consistente de-clino della popolazione in et lavorativa.

    Sono temi su cui Neodemos ha sempre cercato di dare il suo contribu-to, pubblicando numerosi articoli che hanno approfondito i diversi aspettidel fenomeno e tentando anche di intervenire pi direttamente nel dibattito

    politico. In questa direzione va vista la pubblicazione delle-bookMigra-zioni vademecum di un riformista e la preparazione, con la FondazioneIsmu e con Fieri, del documento Oltre la crisi: riforme per il governo delle

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    migrazionicon cui si voluto offrire una base di discussione, fondata susolide evidenze scientiche, allindispensabile aggiornamento della nostra

    politica migratoria.

    Le-bookLe migrazioni al tempo della crisi va in questa direzione, rac-cogliendo alcuni degli articoli che Neodemos ha pubblicato negli ultimidue anni sulle migrazioni. Il volume si apre con larticolo In Memoriam,con cui la Redazione della rivista ha voluto partecipare a suo tempo aldolore generale per la tragedia di Lampedusa, non rinunciando per a trar-re da quellevento anche alcune indicazioni di carattere politico. Gli altri22 articoli, aggiornati quando necessario, sono stati suddivisi in quattrosezioni, ognuna dedicata a un tema specico e inquadrata da una breve

    premessa. La prima sezione stata riservata al Contesto internazionaleeaffronta il problema dei diritti dei migranti, la libera circolazione allinter-no dellUnione, i cambiamenti dei cicli migratori e alcune situazioni spe-ciche ma esemplicative di problemi pi generali. La seconda sezione dedicata allImmigrazione in Italiae riguarda le tendenze generali delfenomeno, gli effetti della crisi e alcune dinamiche particolari. La terzasezione raccoglie, invece, contributi suLintegrazione, la cittadinanza e lademograa. In questo caso vengono presi in esame il tema della spesa pub-

    blica per lintegrazione, un caso positivo ed emblematico di integrazione,i possibili interventi sulla normativa per la concessione della cittadinanza,

    limpatto demograco dellimmigrazione e la fecondit delle donne stra-niere. Lultimo gruppo di articoli affronta, inne, il tema dellemigrazioneitaliana. Sotto il titolo diItaliani in fuga?sono cos raccolti cinque articoliche trattano delle nuove tendenze del fenomeno, dellemigrazione italianaqualicata e delle fonti a disposizione per misurare questo usso migra-torio.

    il modo di Neodemos di contribuire alla discussione pubblica, of-frendo a un pubblico non specialistico i risultati pi recenti della ricercascientica su un fenomeno che ha ormai acquistato un ruolo centrale nellavita della societ italiana.

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    In Memoriam

    Gli oltre trecentocinquanta migranti morti a poche centinaia di metrida Lampedusa, allalba del 3 ottobre, nel naufragio del barcone che litrasportava dalla Libia, impongono allItalia e allEuropa di andare oltrela retorica del cordoglio, guardando in faccia i fatti e predisponendo azioniconcrete. Neodemos segnala 10 punti essenziali per evitare equivoci, dop-

    piezze e facili scorciatoie.

    1) Siamo, in Europa, in tempi di pace, ma nel Mar Mediterraneo muo-iono migliaia di persone inermi, in cerca di sopravvivenza.

    2) I morti di Lampedusa erano, quasi tutti, in cerca di protezione e asiloche, quasi tutti, avrebbero ottenuto. Erano in fuga da Somalia e Eritrea:uno stato fallito in preda alla violenza, il primo, e uno stato tiranno e op-

    pressivo, il secondo.

    3) Ci sono pochi e chiari principi di portata universale che governanoqueste gravi situazioni. Quelli che fanno capo alla legge del mare, che im-

    pone il salvataggio di chi in difcolt chiunque, e dovunque ci possa

    essere umanamente possibile. E quelli che hanno solennemente assunto irmatari della Convenzione di Ginevra: chi perseguitato o in grave peri-colo deve essere accolto e protetto quando bussa alle porte di uno Stato.

    4) Ma questi principi hanno un macroscopico vuoto: come si fa a bus-sare ad una porta che lontana migliaia di chilometri e ha il mare dimezzo? Si intraprende un lungo e rischioso viaggio, per terra e per mare,assumendo costi, sopportando traversie, sdando la sorte e rischiando lamorte.

    5) LEuropa ha il dovere di trovare un rimedio a questo vuoto. Ecconeuno: si creino dei presidi di garanzia nei paesi di transito, dove il mi-grante possa presentare domanda di asilo e dove possa trovare sostegno e

    protezione in attesa che la domanda venga esaminata, e la sua destinazionedecisa. Presidi di questo genere devono derivare da accordi con i paesidi transito, sotto lombrello giuridico e politico della Unione Europea, del-le Nazioni Unite, dellOrganizzazione degli Stati Africani.

    6) I presidi potrebbero anche essere creati ad hoc, o addirittura tra-sformarsi in corridoi umanitari, nelle situazioni di emergenza pi gravi.

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    7) Si pretenda una riforma radicale del Dublino 2, il trattato che im-pone al richiedente asilo di rimanere nello Stato dove tale domanda vienepresentata. Questo ingiusto e irrazionale; rende difcile la sistemazione

    del protetto che sarebbe assai pi facile se potesse andare dove, ad esem-pio, ha parenti, o amici, o maggiori probabilit di trovare lavoro adeguatoalle sue capacit.

    8) Molti Paesi soprattutto del Nord Europa si oppongono alla ri-forma del Dublino 2 ricordando, tra laltro, che lItalia ha in rapportoalla popolazione o al PIL una quota di rifugiati assai inferiore alla mediaeuropea. vero: debbono perci essere studiati ed avviati meccanismi diequa ripartizione degli oneri.

    9) Si rafforzino i pattugliamenti, e si potenzi FRONTEX che non hamezzi propri, ma si avvale di quelli temporaneamente messi a disposizio-ne dei vari paesi, assicurando nel contempo la sua responsabilizzazione

    politica, oggi carente, ma necessaria per i delicati interventi che opera inmare. Ricordiamo per che il pattugliamento lultima ratio e che il suorafforzamento ha anche controindicazione perch invita i piloti dei natantia itinerari pi rischiosi.

    10) I mercanti di morte, i nuovi negrieri, i trafcanti criminalivanno arrestati e puniti e le loro organizzazioni (spesso per sono imprese

    individuali) vanno smantellate. Ma essi sono solo lo strumento perverso del quale si avvale la massa di coloro che vogliono uscire da situazionidi inaccettabile pericolo. inutile scaricare sdegno e retorica su di lorosenza affrontare le ragioni della loro esistenza.

    C inne un appello nale a Parlamento e Governo suggerito dallagrottesca iscrizione dei sopravvissuti al naufragio nel registro degli in-dagati: abolire subito il reato di immigrazione clandestina. Una normasimbolo, introdotta per ragioni squisitamente ideologiche, che, come

    mostra levidenza, colpisce chi gi vittima, ostacola la soluzione deiproblemi (degli immigrati e dellItalia nel suo rapporto con loro) e noncontribuisce in alcun modo a contrastare il fenomeno che formalmentedichiara di voler combattere.

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    Il contestointernazionale

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    Premessa

    Secondo le ultime stime delle Nazioni Unite i migranti a livello mon-diale erano nel 2013 232 milioni. Si tratta, in molti casi, di persone chenon hanno la cittadinanza del paese in cui vivono e i cui diritti sono forte-mente differenziati tra un paese e laltro. In diversi stati, compresi quellidellUnione europea, limmigrazione strettamente regolamentata ma, incompenso, chi riesce a raggiungere lo status di migrante regolare ha ingenere laccesso a molti dei diritti previsti per i cittadini locali, compresoquello alle prestazioni dello stato sociale. In altri casi, tipico quello dei pa-

    esi arabi produttori di petrolio, gli ingressi sono invece molto pi agevolima i diritti sono a volte del tutto inesistenti, tanto che in passato non sononeanche mancate vere e proprie espulsioni di massa. In queste situazionianche le condizioni di lavoro possono diventare fortemente precarie. Per ilquotidiano inglese Observer, cheriprende una valutazione di una organiz-zazione umanitaria nepalese, oltre 400 lavoratori del paese asiatico hannoad esempio gi perso la vita in Qatar nei cantieri per la costruzione delleopere per i mondiali di calcio del 2020.

    Risulta difcile persino ipotizzare che la pubblica opinione di un paesedemocratico sia disposta ad accettare una situazione di questo tipo. I maggioridiritti garantiti agli immigrati implicano per politiche di ingresso meno gene-rose, con la conseguente diminuzione del volume dei ussi e, di concerto, unminore contributo della mobilit al miglioramento delle condizioni di vita dei

    paesi di partenza. Daltra parte, le politiche migratorie hanno bisogno neglistati democratici del consenso popolare, che si ottiene solo tenendo ben pre-senti i timori, pi o meno fondati, che limmigrazione possa danneggiare la

    popolazione locale. Gli stessi timori che hanno recentemente portato in Sviz-zera allapprovazione della proposta per la reintroduzione delle quote nei us-

    si con i paesi dellUnione, mettendo in discussione quel principio della liberacircolazione che ormai diventato uno dei cardini della costruzione europea.

    Non era certo cos agli albori del processo di unicazione. In un Euro-pa ancora segnata dalle distruzioni del conitto, lintroduzione della liberacircolazione fu infatti una delle innovazioni pi signicative del Trattatodi Roma. Un risultato che pot concretizzarsi grazie alla convergenza diinteressi tra lItalia dellemigrazione e una Germania in cui iniziava a ma-nifestarsi una crescente domanda di immigrazione. Le utopie realizzate

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    non per detto che durino per sempre e nonostante siano ormai 14,6milioni i cittadini di uno stato dellUnione che vivono in un altro paesedellarea di libera circolazione si affacciano, di tanto in tanto, proposte e

    spinte per rivedere in senso restrittivo le norme esistenti.Del resto la situazione migratoria presenta numerose differenze allinterno

    dellUnione e si intreccia strettamente con la crisi economica. Afdarsi alla solamobilit per riequilibrare le differenze economiche appare utopistico anche sele migrazioni possono dare il loro contributo e, in effetti, in questi ultimi annilOecd ha valutato tra il 2009 e il 2011 un aumento del 45% dellemigrazionedei cittadini dei paesi dellEuropa meridionale, i pi colpiti dalla crisi. Siamoquindi in presenza di interessi diversi tra i paesi e allinterno degli stessi paesi,sar il bilanciamento di tutte queste esigenze a determinare gli assetti futuri delle

    politiche migratorie nazionali e comunitarie.

    Ci avverr in un contesto che da qualche anno gi segnato dalla crisieconomica. La dimensione complessiva dei ussi di immigrazione si inrealt ridotta meno di quanto ci si poteva attendere, anche perch in alcuni

    paesi la recessione rimasta connata al solo 2009. I ussi diretti nellaUE a 15, in Svizzera e Norvegia sono infatti complessivamente scesi dai 4milioni del 2007 ai 3,1 del 2009 ma sono tornati a 3,5 milioni nel 2011. Aldi l per dellaspetto dimensionale, la crisi sta modicando alcuni carat-teri delle migrazioni europee. In primo luogo, ha determinato una battutadarresto nella straordinaria crescita dei ussi verso lEuropa meridionalee ha determinato anche un aumento dei ussi in uscita dei giovani di questi

    paesi. La riarticolazione dei processi migratori investe per anche le areedi partenza, con una riduzione delle opportunit per le nuove generazionidi migranti e cicli migratori che si fanno sempre pi precari e difcili.

    I paesi pi colpiti sono ovviamente quelli che avevano un legame mi-gratorio pi forte con lEuropa meridionale, maggiormente colpita dallacrisi. Gli effetti principali sono stati laumento dei ritorni e le variazioni

    nelle rimesse che hanno visto, nel caso del Per, una forte riduzione nel2009 e una limitata ripresa negli anni successivi. Resta poi nellarea me-diterranea il problema di confrontarsi con il mondo arabo e con i profondicambiamenti politici che hanno interessato diversi paesi dellarea. Sonodinamiche che riguardano in molti casi realt prossime allItalia e che van-no affrontate con attenzione e lungimiranza, dando alla variabile migra-toria limportanza che merita ed inserendola in un quadro di relazioni di

    buon vicinato con paesi la cui stabilit un nostro interesse diretto noneludibile.

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    Pubblicato l11/12/2013

    Diritti dei migranti:

    meno pu signicare pi?MARTINRHUS*

    Allinizio dello scorso Ottobre, lAssemblea Generale delle NazioniUnite ha dibattuto il tema del governo globale delle migrazioni. Undibattito particolarmente tempestivo dopo la notizia delle numerose mortitra i lavoratori Nepalesi avvenute in Qatar, nei cantieri di costruzione de-gli impianti per i Mondiali di calcio. Ma ancora una volta, nella riunione di

    New York, i politici hanno trascurato di affrontare una delle questioni pidifcili nel dibattito migratorio: come trovare un terreno di compromessotra una maggiore apertura nellammissione dei migranti, e laccesso deimigranti, una volta ammessi, ai diritti. Il Qatar e i Paesi del Golfo sonoesempi di paesi che adottano il paradigma alti numeri e pochi diritti:hanno politiche di ammissione molto aperte, ma con severe restrizioni perquanto riguarda i diritti dei migranti. Allestremo opposto dello spettro si

    pongono alcuni paesi del nord Europa, che offrono ai migranti un ampio

    spettro di diritti, ma ne ammettono un numero relativamente esiguo.

    ALLARICERCADIUNCOMPROMESSO

    Esiste sicuramente uno spazio intermedio tra questi due modelli, ma ipolicymakerche agiscono in campo internazionale non sono ancora riusci-ti ad elaborare una strategia guidata dal compromesso. A questa incapacitva posta la parola ne. La liberalizzazione delle politiche migratorie nei

    paesi ricchi sostenuta da molti paesi a basso reddito, e dalle organizza-

    zioni dello sviluppo come la Banca Mondiale o il Programma di Sviluppodelle Nazioni Unite (UNDP). In particolare, si sottolinea la necessit diallentare le regole che governano lammissione dei lavoratori meno quali-cati. questa la categoria di migranti che attualmente soffre delle mag-giori restrizioni, ma anche una di quelle da cui ci si possono attenderealti guadagni in termini di reddito e di sviluppo. La Banca Mondiale, peresempio, ritiene che unaccresciuta migrazione di lavoratori sia la strada

    pi efciente per aumentare il reddito dei lavoratori nei paesi poveri.

    Allo stesso tempo, le organizzazioni per i diritti dei lavoratori, come

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    lOrganizzazione Internazionale del Lavoro (OIL), spingono per una mag-giore eguaglianza nellaccesso ai diritti da parte dei migranti. Gli attivistidi tutto il mondo premono perch un maggior numero di paesi ratichi

    la Convenzione delle Nazioni Unite del 1990 sui Diritti dei LavoratoriMigranti, che esprime un vasto insieme di diritti civili, politici, economicie sociali per i migranti, inclusi coloro che risiedono e lavorano allesteroirregolarmente. Ad oggi, non arrivano a 50 i paesi che hanno raticato laConvenzione, e nessuno tra questi a forte immigrazione.

    MENODIRITTIPIMIGRANTI, EVICEVERSA

    Il problema che non sempre possibile avere, insieme, pi migran-

    ti e pi diritti. Dopo unanalisi delle politiche immigratorie in 45 paesiad alto reddito, ho trovato una relazione inversa tra grado di apertura eaccesso dei migranti ad alcuni diritti. Una maggiore eguaglianza nellac-cesso ai diritti per i nuovi migranti tende ad essere associata con politichedi ammissione pi restrittive, specialmente con riferimento allaccesso dilavoratori meno qualicati e provenienti dai paesi pi poveri.

    Il contrasto tra accesso e diritti riguarda pochi diritti consideraticostosi dai paesi di immigrazione. In particolare, laccesso ad alcuniservizi e beneci del sistema di welfare per i lavoratori poco qualicati ad

    essere sacricato.Avviene cos che linsistenza afnch i nuovi immigrati abbiano gli

    stessi diritti dei cittadini determina politiche di ammissione pi restrittive.Luguaglianza dei diritti protegge i pochi immigrati che vengono ammes-si, ma riduce le opportunit di molti altri di avvalersi del lavoro disponibi-le nei paesi pi ricchi.

    Pochi paesi di emigrazione insistono sulla piena uguaglianza di dirittiper i loro lavoratori allestero. Ne un buon esempio la blanda reazio-ne del governo del Nepal nei riguardi della morte dei propri cittadini inQatar. Poich la situazione attuale conviene agli interessi economici deidue paesi, i due governi hanno perno organizzato una conferenza stampacongiunta per comunicare che i diritti dei migranti erano stati pienamenterispettati.

    NELLAGENDAINTERNAZIONALE

    Il dibattito internazionale sul governo globale delle migrazioni ha com-pletamente ignorato il dilemma tra apertura e diritti. Sarebbe oppor-

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    tuno che il Global Forum on Migration and Development che si terr inSvezia nel prossimo anno aprisse la discussione sul tema. C bisogno diun dibattito ragionato tra le organizzazioni che perseguono pi migrazione

    per promuovere lo sviluppo, come la Banca Mondiale, e quelle che sonoprincipalmente orientate alla protezione ed alla uguaglianza dei diritti, co-me la OIL.

    E allora, se deve esserci un compromesso tra apertura e diritti, qual la soluzione? Si tratta di una domanda che ammette pi di una risposta.Ci sono forti ragioni per auspicare una liberalizzazione delle migrazionidei lavoratori, specialmente per i meno qualicati. Questo potrebbe avve-nire per mezzo di programmi temporanei che allo stesso tempo garanti-scano un insieme di diritti fondamentali ma che allo stesso tempo tenga inconsiderazione linteresse del paese di immigrazione, ponendo restrizioniad alcuni specici diritti che creano costi netti e sono perci un ostacoload un maggiore apertura.

    Occorre perci avviare la discussione su questo insieme di diritti fon-damentali per i migranti, allo scopo di identicare questi diritti e di porsial centro del dibattito sul governo globale delle migrazioni. Questi dirit-ti fondamentali saranno meno di quelli previsti dalla Convenzione del1990, ma pi paesi potrebbero essere coinvolti. E, fatto assai signicativo,tra questi ci potrebbero esserci anche paesi di forte immigrazione ma chehanno scarsi incentivi per migliorare seriamente la condizione dei migran-ti. In questo modo il grado di protezione dei migranti sarebbe accresciuto

    perch pi migranti sarebbero coinvolti. Pu apparire una conclusione pa-radossale, ma fondata sui fatti: in tema di protezione dei migranti, risultache meno signica pi.

    * University of Oxford

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    Le migrazioni internazionali ai tempi della crisi

    Pubblicato il 20/05/2013

    La libera circolazione e i suoi nemiciDIETTORERECCHI*

    Le utopie a volte si realizzano, ma quando succede si nisce per darleper scontate. Questo destino ironico toccato al risultato forse pisignicativo prodotto dallintegrazione europea: il diritto di spostarsi li-

    beramente da uno stato allaltro, con le stesse prerogative dei cittadini delpaese in cui si sceglie di risiedere. In unimmagine, labbattimento delle

    frontiere che per secoli hanno segnato la storia insanguinata del continen-te. lutopia di un Churchill che, la notte che precede la battaglia di ElAlamein, annota: I miei pensieri si concentrano sullEuropa []. Auspi-co la formazione degli Stati Uniti dEuropa, in cui le barriere tra le nazionisaranno rese minime e in cui sar possibile viaggiare senza restrizioni. Edi uno Spinelli che sempre in quegli anni di guerra invoca unEuropaunita per assicurare la piena libert di movimento di tutti i cittadini entroi conni della federazione.

    Con la gradualit e gli stop and go che hanno caratterizzato lintegra-

    zione europea, la libera circolazione delle persone si venuta progressiva-mente estendendo e consolidando dagli anni Cinquanta del Novecento adoggi. Il suo ancoraggio alla cittadinanza europea avvenuto con il trattatodi Maastricht nel 1992 ne ha rinforzato lo statuto di diritto che incarna il

    progetto europeo come progetto in cui si riassumono condizioni di paci-ca convivenza, libert personale e opportunit di vita.

    Gli europei che pure hanno accolto il processo di integrazionesenza particolare slancio non sono rimasti insensibili al fascino diquesto diritto e alla visione del mondo che rappresenta. Tant che

    quando lEurobarometro chiede cosa sia lUnione Europea, la rispostaprevalente sempre: la libert di viaggiare, studiare e lavorare ovun-que nellUE. Il diritto di libera circolazione lUnione Europea nellamente degli europei.

    Col tempo, la platea di coloro che hanno assaporato questo diritto andata ampliandosi. A ritmi moderati (ma costanti e al di l delleaspettative dettate dai differenziali di reddito, che si sono ridotti),

    per effetto degli spostamenti degli europei occidentali. In misura pi

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    robusta, dal 2004, per lapporto dei cittadini dei paesi ex comunisti.Le differenze di reddito tra nuova e vecchia Europa, infatti, hannostimolato un revival delle migrazioni economiche entro i confini del

    continente quale non si vedeva dagli anni Sessanta del Novecento.Oggi la crisi economica che sta colpendo lEuropa mediterranea stafacendo riscoprire le opportunit che il regime di libera circolazioneoffre in un mercato del lavoro allargato e privo dei colli di bottigliacon cui devono fare conti i migranti tradizionali. Come stato no-tato da pi parti, lafflusso di italiani, spagnoli, portoghesi e greciin Germania nel 2012 stato superiore del 40-50% rispetto allanno

    precedente (cfr. www.destatis.de).

    Figura 1 - Cittadini residenti in uno stato membro diverso dal proprio, in migliaia

    Fonte: E. Recchi (2013, p. 96).

    Vi sono attualmente quasi 14 milioni di cittadini europei che risie-dono in un paese dellUE diverso dal proprio (g. 1). A costoro si ag -giunge un numero imprecisato di persone che vivono o lavorano in unaltro stato membro senza prendervi la residenza il che specialmente

    possibile nelle regioni di frontiera, ma non solo (grazie anche alla ttarete di voli low cost che consentono pendolarismi arditi). E moltissi-mi altri hanno fatto in passato lesperienza di vivere oltreconne invirt delle facilitazioni della cittadinanza europea. Unindagine Euro-

    barometro del 2010 permette di stimare che il 17,8% degli europei ha

    http://www.destatis.de/http://www.destatis.de/
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    Le migrazioni internazionali ai tempi della crisi

    risieduto allestero per almeno tre mesi consecutivi in passato (quasitutti probabilmente in Europa). Certo, vi sono grandi differenze da un

    paese allaltro. Gli italiani, in particolare, sono tra i pi provinciali:

    malgrado il passato di emigrazione e il presente di immigrazione, solol8,9% ha vissuto oltrefrontiera. Allestremo opposto, senza contaregli intervistati in Lussemburgo (paese di fortissima immigrazione e

    per giunta di dimensioni geograche ridotte), spiccano i residenti inSvezia, Irlanda, Cipro e Danimarca, il 30-35% dei quali ha lavorato,studiato o comunque trascorso almeno tre mesi consecutivi della pro-

    pria vita allestero (g. 2). Dinamiche migratorie classiche (specie daEst ad Ovest) e fenomeni meno convenzionali (come le migrazioni da

    pensionamento o da stile di vita lungo la rotta Nord-Sud) si intrec-

    ciano. E se vero che i giovani tendono a sfruttare di pi le opportunitdi mobilit internazionale, la quota di persone che hanno nella loro

    biograa almeno un periodo di vita allestero declina solo moderata-mente con let (g. 3). Nel complesso, la mobilit intraeuropea te-nendo conto delle diverse forme in cui si manifesta non una praticacos di nicchia come spesso si dice.

    Figura 2 - Popolazione europea che ha vissuto per tre mesi o pi in altro paese, per paese, al

    2010 (valori %)

    Fonte: Eurobarometro 73 (2010). N=26.602. Media ponderata secondo la dimensione demograca

    degli stati membri.

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    Figura 3 - Popolazione europea che ha vissuto per tre mesi o pi in altro paese, per et, al 2010

    (valori %)

    Fonte: Eurobarometro 73 (2010). N=26.602. Media ponderata secondo la dimensione demograca

    degli stati membri.

    Questa centralit della libera circolazione nel processo di integrazioneeuropea la espone oggi agli attacchi di chi vede nellUE la fonte delledifcolt del tempo presente. Spesso a ni elettoralistici, strizzando loc-chio ai nazionalisti euroscettici, leader politici e governi minacciano dirimetterla in discussione. gi successo in passato (ad esempio, durantela campagna elettorale presidenziale francese del 2012). Torna a ripetersiin queste settimane, con una lettera alla Commissione Europea degli ese-cutivi di Austria, Germania, Olanda e Gran Bretagna che denunciano ge-nericamente come le migrazioni intra-comunitarie stiano mettendo sotto

    pressione i loro sistemi di welfare nazionali (Pascouau, 2013) dimenti-cando che daltra parte si contano circa un milione di cittadini tedeschi ealtrettanti inglesi, mezzo milione di olandesi e duecentosessantamila au-

    striaci espatriati nellUE in virt della cittadinanza europea. Contempora-neamente, il governo svizzero, che dal 1999 si impegnato ad applicarela libera circolazione con lUE, fa marcia indietro e si appella a una clau-sola di salvaguardia per imporre quote di accesso ai cittadini comunitari.In maniera meno scoperta, inne, ad alcune frontiere interne dellUnionesi ricominciano a registrare controlli di passaporti e documenti di identitin barba alle regole di Schengen (secondo le segnalazioni puntuali del sitofreemovement.net).

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    Le migrazioni internazionali ai tempi della crisi

    Commissione Europea e Corte Europea di Giustizia si sono sempreerte a difesa del regime di libera circolazione, reprimendo aggiramenti esoprusi di varia natura in molti casi, ad opera degli stati membri deside-

    rosi di mantenere qualche privilegio per i propri cittadini nazionali. Chegli attacchi a questo regime si moltiplichino nellAnno Europeo dei Cit-tadini suona triste e beffardo. E a maggior ragione nel bel mezzo del pigrave choc asimmetrico tra le economie del continente mai registratonel secondo dopoguerra. proprio in momenti come questi che la mobilitdei lavoratori gli economisti lo hanno sottolineato anche in tempi nonsospetti costituisce un meccanismo importante di riequilibrio sistemicoe, quindi, di benecio diffuso. Forse mettere in comune i debiti nazionaliesige uno sforzo di generosit n giusto n politicamente sostenibile da

    parte degli stati membri pi ricchi. Ma far leva sulla libera circolazione il minimo sindacale della solidariet europea. Se cade anche questultimo

    bastione, vuol dire che la china della disintegrazione gi stata imboccata.

    Per saperne di pi

    Y. Pascouau, Strong attack against the freedom of movement of EU citizens: turning back the clock,www.epc.eu(pubblicato il 30 aprile 2013)

    E. Recchi, Senza frontiere, Il Mulino, Bologna, 2013.

    Una prima versione di questo articolo stata pubblicata su www.eri.it.

    * Ettore Recchi insegna sociologia delle relazioni internazionali nellUniversit G. dAnnunzio diChieti-Pescara. Coordina ilprogetto EUCROSS sulla Europeanisation of Everyday Life (7 Pro-

    gramma Quadro di ricerca della Commissione Europea), www.eucross.eu.

    http://www.epc.eu/http://www.eucross.eu/http://www.eucross.eu/http://www.epc.eu/
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    Pubblicato il 05/06/2013

    Mobilit intra-europea: la UE a un bivioFERRUCCIOPASTORE*

    Due interessanti studi appena pubblicati dallo European Policy Centre(EPC) di Bruxelles (Making progress towards the completion of the Single

    European Labour MarketeIntra-EU mobility: the second building blockof EU labour migration policy) forniscono loccasione per tornare sul te-ma affrontato di recente da Ettore Recchi nellarticolo a pag 17.

    Come mostrano alcune ricerche in corso (www.labmiggov.eu), la crisista ridisegnando in profondit la geograa europea delle politiche degli in-gressi per motivi di lavoro. Paesi come la Spagna, il Regno Unito, la stessaItalia, che no al 2007 si erano affermati, seppure in forme assai diverse,come i pi aperti, si sono convertiti a una linea di (pi o meno effettiva)chiusura. Daltro canto, paesi tradizionalmente cauti in materia, come laGermania e la Svezia, intensicano la sperimentazione di approcci piaperti e proattivi. Questa diversicazione delle risposte, comprensibile e

    per molti versi opportuna vista la diversit delle situazioni economiche

    sottostanti, resa possibile dal pieno controllo che gli stati membri, anchenellEuropa timidamente ridisegnata dal trattato di Lisbona, conservanosui ussi legali di lavoratori da paesi terzi.

    LAMOBILITINTRA-EUROPEA

    invece assai pi ridotto, per non dire quasi inesistente, il marginedi sovranit che gli stati mantengono sui movimenti di lavoratori allin-terno dello spazio comunitario. Peraltro, come sintetizzano bene i datiforniti da Recchi nel suo articolo, questi movimenti, rimasti di entitlimitata per tutti gli anni Novanta, hanno subito una decisa impennatanel nuovo secolo. Inoltre, nonostante la frenata imposta a questi ussidalla crisi, sviluppi imminenti potrebbero contribuire a tenere viva lamobilit est-ovest: alla ne del 2013, i cittadini di Romania e Bulgariaacquisteranno piena libert di movimento anche verso gli ultimi statimembri Germania in primis - che ancora la sottopongono a restrizioni,avvalendosi di tutte le opportunit dilatorie offerte dai trattati di ade-sione. Prima ancora, nel luglio di questanno, la Croazia diventer il

    http://www.epc.eu/pub_details.php?cat_id=2&pub_id=3529http://www.epc.eu/pub_details.php?cat_id=2&pub_id=3529http://www.epc.eu/pub_details.php?cat_id=2&pub_id=3500http://www.epc.eu/pub_details.php?cat_id=2&pub_id=3500http://www.labmiggov.eu/http://www.labmiggov.eu/http://www.epc.eu/pub_details.php?cat_id=2&pub_id=3500http://www.epc.eu/pub_details.php?cat_id=2&pub_id=3500http://www.epc.eu/pub_details.php?cat_id=2&pub_id=3529http://www.epc.eu/pub_details.php?cat_id=2&pub_id=3529
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    ventottesimo stato dellUnione, con un potenziale migratorio che, perquanto presumibilmente assai limitato, genera comunque preoccupazio-ne in alcune capitali.

    DUEOPZIONIPOLITICHE

    In questo contesto, non deve stupire che la libert di movimento sia og-getto di controversie sempre pi accese. Da un lato, i ministri dellinternodi alcuni paesi importanti si sono schierati, chiedendo deroghe restrittive

    per contrastare forme di benet tourism (migrazioni fatte per sfruttarele norme generose dello stato sociale del paese di destinazione, e non perlavorare), di cui si afferma la tendenza alla crescita senza peraltro fornirealcuna evidenza empirica (Strong attack against the freedom of movementof EU citizens: turning back the clock). Dal canto suo, la Commissioneeuropea abbraccia una linea opposta, proponendo unarticolata azione disostegno alla mobilit dei giovani europei come componente importantedi una strategia anti-crisi (Youth employment), che prende atto della cre-scente polarizzazione economica dellUE, pur senza rinunciare a ridurlanuovamente nel medio-lungo periodo.

    Alcuni studi recenti, come quello di Yves Pascouau citato allinizio,vanno oltre, sottolineando i beneci che verrebbero da un rafforzamento

    delle opportunit, oggi limitatissime, di mobilit secondaria anche per ilavoratori di paesi terzilegalmente residenti in un paese UE che intenda-no ri-emigrare verso un altro stato membro dove siano maggiori le chancedi impiego.

    LIBERTONECESSIT?

    Intorno alla mobilit allinterno dellUnione, nelle sue diverse forme,si sta dunque svolgendo una partita sempre pi complessa e combattuta.Ai due capi dellorizzonte, vi sono scenari opposti: da un lato, quello di

    unEuropa che rimanga mercato unico solo per merci e servizi, con ilrischio conseguente di un ulteriore drammatico crollo di legittimit tra icittadini dei paesi relegati in periferia. Dallaltro lato, vi il rischio oppo-sto, di unEuropa che si arrenda alla tendenza polarizzante, imponendo difatto ai cittadini dei paesi pi deboli di assorbire loro lo shock asimmetricodella crisi, migrando.

    Tra questi due scenari estremi, vi quello di un Unione che preservie perfezioni quel suo cardine prezioso che la mobilit interna, facendo

    http://en.wikipedia.org/wiki/Benefit_tourismhttp://en.wikipedia.org/wiki/Benefit_tourismhttp://en.wikipedia.org/wiki/Benefit_tourismhttp://en.wikipedia.org/wiki/Benefit_tourismhttp://www.epc.eu/pub_details.php?cat_id=4&pub_id=3491http://www.epc.eu/pub_details.php?cat_id=4&pub_id=3491http://ec.europa.eu/social/main.jsp?catId=1036http://ec.europa.eu/social/main.jsp?catId=1036http://www.epc.eu/pub_details.php?cat_id=4&pub_id=3491http://www.epc.eu/pub_details.php?cat_id=4&pub_id=3491http://en.wikipedia.org/wiki/Benefit_tourismhttp://en.wikipedia.org/wiki/Benefit_tourismhttp://en.wikipedia.org/wiki/Benefit_tourism
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    il possibile perch rimanga una libert e non (ri)diventi una necessit dimassa. Nelle parole del Commissario europeo per loccupazione, LszlAndor, alla presentazione del rapporto EPC: se facessimo afdamento

    sulla mobilit dei lavoratori come canale principale di aggiustamento eco-nomico allinterno di una unione monetaria incompleta, ci avvicineremmo

    pericolosamente a una forma di mobilit forzata, non giuridicamente maeconomicamente forzata.

    La UE si trova dunque a un bivio, tra il rilancio della libert di movi-mento e il suo depotenziamento, o addirittura smantellamento progres-sivo. Le scelte fatte avranno una valenza e un impatto molto diversi, aseconda che siano accompagnate o meno da politiche mirate ed efcacidi contrasto alla disoccupazione giovanile nei paesi periferici, da cui le-migrazione in ripresa. In ogni caso, le scelte fatte avranno implicazionidi particolare importanza per lItalia, in quanto uno dei paesi che hanno

    beneciato di pi della mobilit intra-europea, storicamente in uscita, pirecentemente in entrata. Per questo, auspicabile che il dibattito sulle po-litiche migratorie e di mobilit, nella loro dimensione nazionale come inquella europea, esca dal cono dombra in cui stato connato negli ultimianni da un intreccio di ideologismi, emergenzialismi e visioni riduttivedelle priorit reali del paese.

    *Direttore del Forum Internazionale ed Europeo di Ricerche sullImmigrazione FIERI (www.eri.it)di Torino

    http://europa.eu/rapid/press-release_SPEECH-13-472_en.htm%3Flocale%3Denhttp://europa.eu/rapid/press-release_SPEECH-13-472_en.htm%3Flocale%3Denhttp://www.fieri.it/http://www.fieri.it/http://europa.eu/rapid/press-release_SPEECH-13-472_en.htm%3Flocale%3Denhttp://europa.eu/rapid/press-release_SPEECH-13-472_en.htm%3Flocale%3Den
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    Le migrazioni internazionali ai tempi della crisi

    Pubblicato il 10/04/2013

    Cicli migratori sempre pi

    precari e incertiDAVIDECALENDA*

    Lincertezza e la precariet sono fattori sempre pi pregnanti, se noncostitutivi, della condizione materiale e psicologica del nostro tem-po. Basandomi su interviste con oltre 2000 migranti di ritorno (personeche sono tornate nel paese di origine da massimo dieci anni e da almenotre mesi al momento dellintervista dopo essere stati migranti internazio-nali per almeno un anno) realizzate nel 2006 e nel 2012, in questarticolodiscuto come tale condizione si rietta anche nei cicli migratori, con laconseguenza che le nuove generazioni di migranti sembrano avere minoriopportunit rispetto alle generazioni che li hanno preceduti. Una tendenzache dovrebbe suonare molto familiare ai giovani europei.

    UNCONFRONTOTRAMIGRANTIDIRITORNO: 2006 E2012

    Nata tra il 2005-2006 come indagine sui migranti di ritorno del Magh-reb, gi nota ai lettori di Neodemos1, la ricerca si estesa nel 2012 in Malie in Armenia e ha previsto una seconda indagine in Tunisia2.

    La banca dati include oltre 2.000 interviste strutturate a migranti diritorno, ossia persone rientrate nel paese di origine da massimo dieci annial momento dellintervista, dopo essere stati migranti internazionali peralmeno un anno. La banca dati contiene quindi informazioni sullinterociclo migratoriocontraddistinto da tre tappe: prima di emigrare, durante ilsoggiorno allestero e dopo il ritorno. Lintervallo temporale considerato

    molto ampio considerando tutto il periodo dal secondo dopoguerra a oggi.Un confronto tra le due indagini mette in luce come sia diminuita nel corsodel tempo la proporzione di migranti che riescono a completare il ciclomigratorio. Tenendo conto della differenza tra ritorno deciso(la decisionedi tornare nel paese di origine presa in modo autonomo senza costrizionidi alcuna natura) e ritornoforzato(che non si basa su una decisione liberadella persona ma invece il risultato di un atto amministrativo o giuridicodelle autorit nel paese dimmigrazione teso ad espellere lindividuo dalterritorio nazionale) e incrociando con la principale ragione del ritorno,

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    otteniamo tre tipi di ciclo migratorio:

    - ciclo interrotto (a causa della perdita dei requisiti legali, espulsione,

    guerra ecc.);- ciclo incompleto (ritorno a causa di circostanze sfavorevoli e vincolitra cui precariet del lavoro, malattia, problemi familiari ecc.)

    - ciclo completo (ritorno deciso senza vincoli o pressioni motivato dalraggiungimento degli obiettivi, come la conclusione del percorso distudio, pensionamento, o da nuove opportunit e progetti, come la cre-azione di un impresa nel paese di origine ecc.).

    Tra gli intervistati nel 2006, il 52% era riuscito a completare il ciclomigratorio (g.1). Nel 2012 solo il 19% ci riesce. La proporzione di chi costretto a interrompere il ciclo migratorio o non riesce a completarlo,

    passa rispettivamente, nei due periodi, dal 24% al 37% e dal 21% al 40%.Se incrociamo il ciclo migratorio con la data di nascita degli intervistati,la progressiva precarizzazione dei cicli migratori nel corso del tempo ap-

    pare pi evidente: le nuove generazioni hanno maggiori difcolt a com-pletare il ciclo migratorio.

    Figura 1. Migranti di ritorno: esito dei cicli migratori nel corso del tempo (rif. data di nascita

    dellintervistato raggruppata in decenni), %. N=2031

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    ILCICLOMIGRATORIOELASUAPRECARIZZAZIONE

    Un focus sui migranti di ritorno tunisini scelta favorita dal numero

    pi cospicuo di casi a disposizione poich la stessa indagine stata realiz-zata nel 2006 e nel 2012 - conferma la tendente precarizzazione dei ciclimigratori. Nel 2006, 6 migranti su 10 avevano potuto completare il ciclomigratorio, nel 2012 la proporzione si dimezza: 3 su 10.

    Le caratteristiche socio-demograche e il livello di istruzione non ciaiutano molto a spiegare questo peggioramento, n eventi eccezionali eso-geni come il conitto in Libia che nel 2011 costrinse un buon numero ditunisini a rientrare. Se per esempio selezioniamo solo gli intervistati chesono tornati in Tunisia dopo aver vissuto in Italia (circa 100, equamente

    distribuiti tra le due indagini) il peggioramento della situazione resta evi-dente: il ciclo migratorio completo per 4 migranti su 10 tra gli intervistatinel 2006 e 1 su 10 tra quelli del 2012.

    la combinazione tra politiche migratorie (pi restrittive e orientatea fornire manodopera essibile), crisi economica e precarizzazione dellavoro che spiega come mai i cicli migratori degli ultimi dieci anni sono

    pi incerti e insicuri rispetto ai decenni precedenti. Comparando lespe-rienza degli intervistati tunisini che hanno vissuto in Italia, notiamo un

    peggioramento nel tempo, su diverse dimensioni prese in esame, tra cui

    le opportunit e le condizioni di lavoro, laccesso ai servizi e al welfare,sentimento di discriminazione.

    La precarizzazione dei cicli migratori tende ad avere un impatto nega-tivo sulla reintegrazione socioprofessionale nel paese di origine, comstato gi discusso da Cassarino e Guarneri. La gura 2 illustra chiaramenteche la proporzione dei migranti tunisini tornati dallItalia che sono riuscitiad ottenere impieghi pi sicuri o realizzare attivit imprenditoriali sia inItalia che dopo il rientro in Tunisia, minore nellindagine del 2012 rispet-to a quanto osservato nel 2006.

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    Figura 2. Proporzione di lavoratori dipendenti, imprenditori e lavoratori autonomi regolari

    sul totale degli occupati tra i migranti tunisini di ritorno dallItalia, durante il ciclo migrato-

    rio, %.

    LEUROPASTAPERDENDOILSUOAPPEAL?

    Ho riscontrato una simile tendenza tra i migranti di ritorno che sono an-

    dati a lavorare in Francia. Del resto, che lEuropa offra meno opportunitrispetto al passato non sembra essere sfuggito alle nuove generazioni dimigranti tunisini che, a differenza dei loro connazionali emigrati - e ritor-nati in Tunisia - nei decenni precedenti, hanno scelto in misura maggiore

    paesi non europei, soprattutto gli stati arabi, come principale destinazione.Molti studi ci dicono che lidentit dellEuropa in crisi e che i giovanieuropei sono sempre pi disillusi. Cicli migratori sempre pi incerti e pre-cari potrebbero diffondere tale disillusione anche tra quei paesi che pergenerazioni hanno guardato allEuropa come principale meta del proprio

    progetto migratorio. Serviranno altre indagini per controllare questa ipo-tesi, ma intanto mi pare di poter affermare che limpiego della nozione diciclo migratorio, costruita tenendo conto sia della dimensione istituziona-le sia di quella soggettiva che stanno alla base di ogni scelta e non scelta- di ritorno nel paese di origine, si sia rivelata efcace nellindagare em-

    piricamente e in senso diacronico, la qualit delle esperienze migratorie.

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    NOTE

    [1] Cassarino, J.P., Guarneri, A. Quando la decisione individuale di tornare nel proprio paese fa ladifferenza.Neodemos Pubblicato il 25/07/2007.

    [2] Il progetto MIREM (Migration de retour au Maghreb) ed il progetto CRIS (Cross-RegionalInformation System on the Reintegration of Migrants in their Countries of Origin) sono ospitatipresso il Return migration and Development Platform delRobert Schuman Centre for AdvancedStudies, Istituto Universitario Europeo. Per saperne di pi: rsc.eui.eu/RDP.

    * Robert Schuman Centre for Advanced Studies, European University Institute, Fiesole.

    http://rsc.eui.eu/RDP/http://rsc.eui.eu/RDP/
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    Pubblicato il 14/11/2012

    Crisi economica europea

    e migrazione peruvianaDIMARTAAVESANI*

    La forte crisi economica che sta colpendo lEuropa e, in particolare, iPaesi dellarea meridionale, provoca visibili effetti negativi sul feno-meno migratorio peruviano.

    Le due mete preferite dai peruviani diretti verso lEuropa sono Spagna eItalia. Secondo LOrganizzazione Internazionale delle Migrazioni (OIM),i peruviani emigrati tra il 1990 e il 2007 hanno viaggiato per il 13% versola Spagna (terzo posto) e per il 10% verso lItalia (quarto posto) senzacontare i rimpatri e le nascite allestero. Gli stranieri di cittadinanza pe-ruviana nel 2011 erano poco pi di 100 mila in Italia (ISTAT), mentre inSpagna, circa 140 mila (Secretara General de Inmigracin y Emigracin).

    Tuttavia, in questi ultimi mesi sta cambiando il volto della migrazione pe-ruviana in Europa proprio a causa della crisi economica. Un effetto di tale

    sconvolgimento quello dei ritorni verso il Paese dorigine. Un altro effetto quello della variazione delle rimesse, ovvero dei ussi di denaro inviati daimigranti dal Paese daccoglienza al Paese dorigine per sostenere i familiari.

    Entrambi questi fenomeni sono di gran lunga pi visibili in Spagna,maggiormente colpita dalla crisi economica. Tuttavia anche in Italia si

    possono osservare alcune avvisaglie di cambiamento.

    I RITORNI

    Sono molti i peruviani residenti in Spagna che stanno pensando di fa-re ritorno in patria o lo hanno gi fatto (circa 80.000 secondo lo studiodi Consejera de Asuntos Sociales de la Comunidad de Madrid), sospintianche dal momento di forte sviluppo economico che il Per sta vivendo.Pi precisamente, il numero di latinoamericani che sono emigrati dallaSpagna nel 2011 stato maggiore del numero di immigranti entrati nelPaese, provocando una diminuzione della popolazione latinoamericana inSpagna tra l1% e il 2% (Graco 1).

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    La diminuzione del numero dei migranti maschi molto maggiore ri-spetto a quella dellemigranti. Se si osserva il Graco 2, riguardante laSpagna, si pu notare come la crisi economica abbia investito, tra i set-tori nei quali i migranti sono maggiormente impiegati, soprattutto quellodelle costruzioni, mentre non ha toccato per nulla quello dei servizi. Se

    pensiamo ora a quali categorie di migranti sono legati a tali settori possia-mo facilmente individuare il settore in crisi come un settore tipicamente

    maschile, mentre il settore dei servizi (infermiere, badanti, baby-sitter...)occupa prevalentemente manodopera femminile. Questo spiega la relativacostanza delle migrazioni femminili in contrapposizione al pi forte arre-tramento di quelle maschili.

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    Le difcolt economiche spingono anche i migranti peruviani in Italia avagliare lipotesi del ritorno. Nel graco 3, bench non si osservi (ancora)uninversione di tendenza alla crescita dellammontare dei peruviani re-

    sidenti in Italia, si pu notare come, nel 2011, sia rallentato notevolmentelaumento dei residenti, soprattutto per una frenata della componente ma-schile, rimasta praticamente invariata tra il 2010 e il 2011. Considerandoche i migranti di cui parla il graco sono solo i regolari e che solitamente la componente irregolare a fare per prima ritorno al Paese dorigine neimomenti di maggiore difcolt, sembra dunque di cogliere anche da noi i

    prodromi della tendenza gi emersa in Spagna.

    Gi da qualche anno, Francia, Germania e Spagna, insieme alla OIM,mettono a disposizione fondi per il rientro dei migranti in difcolt, of-frendo il viaggio di ritorno oltre che un piccolo nanziamento per il rein-serimento nel Paese dorigine, talvolta comprendente un aiuto per lavviodi unimpresa. Anche in Italia si pensato talvolta a iniziative in questo

    senso, ma no ad ora il servizio nel nostro Paese stato offerto solo dallaOIM.

    DIMINUZIONEDELLAQUOTADIRIMESSE

    La crisi economica che ha investito lEuropa in questi ultimi anni haanche inuito sempre pi pesantemente sulloccupazione e sul poteredacquisto dei salari e, di conseguenza, sulla capacit di inviare rimessedei migranti.

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    Le migrazioni internazionali ai tempi della crisi

    Il graco 4 visualizza landamento del usso di rimesse in Sud Ame-rica e Caraibi dal 2006 al 2011, che diminuito fortemente, soprattuttonegli ultimi trimestri del 2009, con cali anche del 15%.

    In seguito, per, le rimesse sembrano aver ripreso la loro crescita conun tasso del 6% nel 2011.

    PERCHLERIMESSETORNANOADAUMENTAREINPIENARECESSIONE

    ECONOMICA?Fino ad ora si dato per scontato che uomini e donne inviino la stessa

    quantit di rimesse, ma non cos. Infatti, la migrazione si sta femmini-lizzando non solo perch le migranti rappresentano il 52% dei peruvianiallestero (Alvites Sosa L., 2011), ma anche per il fatto che le donne pe-ruviane tendono ad inviare una percentuale del loro salario di gran lungamaggiore rispetto a quella degli uomini. Esse inviano infatti in media il60% del loro salario, mentre gli uomini ne inviano solamente il 20% (Pro-getto Per Migrante, 2012).

    Inoltre la terza parte delle rimesse globali verso Latinoamerica e Carai-bi viene dagli USA, dove la situazione economica sta migliorando e dovesi prevedono una diminuzione della disoccupazione e una crescita del PILnel prossimo futuro. Tutto ci va e andr a inuire sulla ripresa dei ussidi rimesse, mentre non avr la stessa inuenza positiva la situazione eco-nomica europea, e soprattutto spagnola, che resta, anche nelle previsioni,

    preoccupante. I cittadini dei Paesi andini, scelgono maggiormente lEuro-pa come zona di migrazione e per questo prevedibile che la ripresa dellacrescita delle rimesse sar meno vigorosa in Per (Fondo Multilateral de

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    Inversiones, 2012).

    Inne laumento del usso di rimesse pu essere dovuto altres al mo-

    mento di forte crescita anche degli altri Paesi Sudamericani, dove moltimigranti peruviani decidono di recarsi.

    Per saperne di pi

    Alvites Sosa L., Madres e hijos/as de locutorio. La busqueda de una familia sin fronteras, ProgettoPer Migrante, Lima, 2011.

    Fondo Multilateral de Inversiones (Miembro grupo BID), Las remesas a Latinoamerica y el Caribeen 2011. Recuperando el crecimiento, Washington, 2012.

    Progetto Per Migrante, 2012, Datos generales sobre la migracin peruana, Conferenza stampa del26/06/2012, Huancayo, mimeo.

    *Marta Avesani si laureata in Cooperazione allo Sviluppo allUniversit degli studi di Padova conuna tesi di laurea dal titolo: Cosviluppo e rimesse dei migranti peruviani: il caso della comunit diHuachac.

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    Le migrazioni internazionali ai tempi della crisi

    Pubblicato l 08/02/2012

    Tunisia: crisi, migrazioni e buon vicinatoDIMASSIMOLIVIBACCI*

    Il 14 gennaio del 2011, con la fuga di Ben Al, iniziava la transizione po-litica della Tunisia, approdata il 24 dicembre scorso con la costituzionedel nuovo governo, guidato da Hamadi Jebali, segretario generale del par-tito islamico Ennahda, uscito vincitore dalle elezioni politiche. Il governo sostenuto da una coalizione nella quale gli esponenti di Ennahda tengo-

    no i ministeri-chiave: tra i quali quelli degli Esteri, degli Interni e dellaGiustizia. Il 18 e il 19 gennaio, come membro della missione parlamentaredel Comitato bicamerale Schengen, guidata da Margherita Boniver, hoincontrato i Ministri dei tre dicasteri sopra indicati Rak Abdessalem,Ali Laaridh e Samir Dilou, oltre ai Sottosegretari con deleghe agli affarieuropei ed alla emigrazione. Come funzionano le relazioni tra Italia e Tu-nisia in tema di migrazione? Quali sono le preoccupazioni e le aspettativedel Governo tunisino? Quali prospettive si aprono per il nostro Paese?I colloqui, molto franchi e interessanti, sono avvenuti a poco pi di tre

    settimane dallinsediamento del nuovo esecutivo, i cui esponenti, per lopi nuovi alle esperienze di governo, debbono misurarsi con la grave crisieconomica del paese, con linstabilit del vicino Libico, con la necessit diaccreditare il proclamato moderatismo religioso agli occhi internazionali.

    UNAPROFONDACRISIELACENTRALITDELLEMIGRAZIONI

    La Tunisia il paese pi avanzato del Maghreb sotto il prolo sia delreddito pro-capite sia di altri indicatori sociali in profonda crisi. Il us-so turistico dimezzato ed pi che dimezzata la componente italiana ,

    non estranea la pessima gestione della crisi di Lampedusa e la pubblicitnegativa - catastroca per la Tunisia - che ne derivata. Secondo la BancaCentrale, le riserve sono diminuite del 20 per cento in un anno; la produ-zione e lesportazione dei fosfati sono paralizzate dagli scioperi che, tralaltro, frenano molte attivit, particolarmente nel sud e nellest del paese;lindustria manifatturiera, particolarmente quella tessile, ha ridotto i ritmi

    produttivi per la caduta delle esportazioni verso lEuropa; la disoccupa-zione cresciuta da meno di 500.000 unit prima della rivoluzione ad oltre

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    700.000. E la situazione aggravata dal rientro precipitoso dalla Libiadi oltre 100.000 lavoratori che non si azzardano a rientrare in un paeseinstabile, ancora turbolento e poco sicuro. Gli aiuti dalla Unione Europea

    e dagli Stati Uniti arrivano col contagocce, sovrastati dallimpegno nan-ziario del Qatar che desta per qualche preoccupazione di natura politica.

    Nelleconomia della Tunisia lemigrazione giuoca un ruolo centrale. ITunisini residenti allestero, nel 2008, erano oltre un milione (1,058 mila),secondo le rilevazioni consolari, dei quali 578.000 in Francia, 142.000 inItalia, 83.000 in Germania, 153.000 nei paesi Arabi, in gran parte in Libia.Questa diaspora pari ad un decimo della popolazione origina un ussodi rimesse cospicuo, che nel 2010, secondo le stime della Banca Mondiale,ha sorato i due miliardi di dollari (1.960 milioni), pari al 5,3 per centodel PIL. Si consideri che, nello stesso anno, il valore netto dellaiuto allosviluppo (ODA, Ofcial Development Assistance) stato pari a 1,15 mi-liardi di dollari (3,1% del PIL): per ogni 100 dollari di rimesse, appena 59di aiuti. E nel 2008 il rapporto era stato ancor inferiore, e pari al 40 percento. Insomma, le rimesse pesano il doppio dellaiuto sborsato dai paesiricchi, e vanno direttamente a sostenere i consumi delle famiglie pi po-vere - cibo, salute, istruzione, casa od a stimolare attivit artigianali o di

    piccola impresa. In questa fase storica, le migrazioni hanno una funzionestrategica per lequilibrio e lo sviluppo del Paese: e i suoi governanti lo

    sanno bene.

    LAGESTIONEDELLAMIGRAZIONEIRREGOLARE

    Il nuovo Governo si dichiara convinto sostenitore degli accordi conlItalia in tema di migrazioni; sostiene di essere pronto a contrastare lemi-grazione irregolare e disponibile a riammettere i cittadini arrivati irrego-larmente in Italia; afferma di aderire alle convenzioni internazionali cir-ca i diritti dei rifugiati e richiedenti asilo. Ed effettivamente il controllo

    dellemigrazione irregolare sembra funzionare, e viene sollecitato il com-pletamento del programma di aiuto stipulato con lItalia, che ragguarde-vole. Gi sono state consegnate 4 motovedette, e presto saranno fornite al-tre dodici imbarcazioni e 600 veicoli 4 x 4, oltre a materiale informatico ealla organizzazione di attivit di formazione del personale di frontiera. Perquanto riguarda i 25.000 immigrati sbarcati sulle coste italiane prima del6 aprile dello scorso anno, fu apprezzata la concessione del permesso tem-

    poraneo di sei mesi, scaduto lo scorso ottobre, e rinnovato (a circa 5.000 diloro) per altri mesi. C per preoccupazione per la scadenza del permesso

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    Le migrazioni internazionali ai tempi della crisi

    che avverr allinizio di aprile, e se ne richiede una ulteriore estensione disei mesi, oppure la trasformazione in permessi per ricerca di lavoro. Non chiaro cosa sia avvenuto degli irregolari (quasi 20000) che non hanno richie-

    sto lestensione del permesso, ma si ritiene che gran parte di questi si sianodispersi negli altri paesi europei, presso familiari ed amici della diaspora.Per gli irregolari arrivati dopo il 6 aprile, i tunisini non hanno ostacolato laloro riammissione avvenuta, allinizio, anche con due voli giornalieri, edancora in corso con voli settimanali. Le autorit tunisine, inoltre, chiedonocollaborazione per diverse centinaia di persone (si sta faticosamente compi-lando una lista) che, dopo la partenza dalla Tunisia, risultano disperse. Unacollaborazione che il Governo italiano sta fornendo, ma che deve venirerafforzata. La mancanza di contatti pu essere dovuta a diverse cause, dalle

    pi tragiche la scomparsa in mare ad un deliberato taglio dei ponti coni familiari. Ma i dispersi potrebbero essere internati nei CIE ed aver datogeneralit false e pertanto non risultano identicati; oppure essere reclusiin carcere (ma ancora non esiste una lista nominativa accurata dei detenutitunisini). Inne preoccupa le autorit tunisine e lopinione pubblica - lacondizione degli immigrati trattenuti nei CIE (Centri di Identicazione eEspulsione), sono numerose le proteste in proposito. Si dimostra cos chei CIE, per le condizioni lamentevoli della detenzione oltrech per la lorodisfunzionalit - debbono essere oggetto di profonda riforma ad evitare tra

    laltro di compromettere i buoni rapporti con paesi amici.

    MIGRAZIONE, DEMOGRAFIAESVILUPPO

    In vetta alle preoccupazioni dei nuovi Governanti c la crisi economi-ca e la gravissima disoccupazione. Laccordo sulla gestione delle migra-zioni signica meno emigrazione e meno rimesse; c timore per ulteriorirestrizioni allemigrazione verso i paesi forti della diaspora (Francia, Ger-mania, Italia che sembra orientata a seguire il proposito del precedente

    Governo di non attivare un decreto ussi per il 2012); c difdenza perunEuropa che tiene tirati i cordoni della borsa per quanto riguarda la coo-perazione; si paventa un difcile e lento ritorno alla normalit della Libia,che ritarda il rientro in Libia della manodopera tunisina. Ci si attendedallEuropa e dallItalia in particolare molto, molto di pi.

    Una postilla, per concludere. Sotto il prolo demograco, la Tunisia oramai un paese maturo: la natalit bassa, con una media di due gli perdonna (2005-10), ai livelli dellItalia degli anni 70 (Tabella 1). La spe-ranza di vita, a 74 anni, pari a quella italiana degli anni 80. La piramide

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    di et, nei prossimi anni, andr restringendosi alla base e la crescita dellapopolazione in et attiva sta rapidamente attenuandosi. Insomma la spinta,quella demograca, allemigrazione destinata presto ad allentarsi, ma

    occorre che la molla economica non si carichi troppo.

    Tab. 1 - Proiezioni della popolazione della Tunisia, 2010-2050

    0-14 15-64 65 e oltre Totale2010 2 459 7 294 729 10 4812015 2 518 7 693 814 11 0262020 2 572 7 950 996 11 5182025 2 482 8 209 1 230 11 9212030 2 315 8 418 1 480 12 2122035 2 128 8 529 1 746 12 4042040 2 005 8 499 2 028 12 5332045 1 978 8 285 2 356 12 6192050 2 003 7 943 2 703 12 649

    Distribuzione %2010 23,5 69,6 7,0 1002015 22,8 69,8 7,4 1002020 22,3 69,0 8,6 1002025 20,8 68,9 10,3 1002030 19,0 68,9 12,1 1002035 17,2 68,8 14,1 1002040 16,0 67,8 16,2 1002045 15,7 65,7 18,7 100

    2050 15,8 62,8 21,4 100

    Incremento % annuo su 5 anni prima20102015 0,48 1,07 2,23 1,012020 0,42 0,66 4,02 0,872025 -0,71 0,64 4,22 0,692030 -1,40 0,50 3,70 0,482035 -1,68 0,26 3,31 0,312040 -1,19 -0,07 3,00 0,212045 -0,28 -0,51 3,00 0,142050 0,25 -0,84 2,74 0,05

    Fonte: Nazioni Unite, World Population Prospects. The 2010 Revision, New York 2011.

    * Facolt di Scienze Politiche, Firenze

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    Limmigrazionein Italia

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    Premessa

    Con quasi 5 milioni di immigrati regolari, si pu ben dire che la com-

    ponente straniera una rarit, no a mezzo secolo fa oggi parteintegrante della societ italiana. Un quarto scarso degli stranieri provieneda un altro paese comunitario, con prerogative e diritti riconosciuti, verie propri cittadini dEuropa. Una cittadinanza comunitaria destinata arafforzare la propria natura, sovrapponendosi a quella del paese di origine,rendendo meno visibili e rilevanti i conni tra paese e paese, pur senza an-nullarli. Gli altri stranieri provengono da paesi fuori dei conni dellUnio-ne Europea, ma oramai pi della met di questi sono soggiornanti di lun-

    go periodo (il loro permesso di soggiorno a tempo indeterminato), unacondizione che si raggiunge solo dopo cinque anni di regolare residenza,qualora si fruisca di un alloggio e di un reddito sufcienti. evidente chesi tratta di immigrati con un buon radicamento nel paese, che normal-mente vivono in famiglia e con gli, per lo pi inseriti nel mercato dellavoro. Poich londata di piena dellimmigrazione assai recente, moltiimmigrati non hanno ancora maturato i requisiti per accedere allo status dilungo-residente, ma la loro incidenza sul totale tende a diminuire. Nel suo

    pi recente rapporto (2013) lISMU ridimensiona il fenomeno dellirre-

    golarit a meno di 300.000 unit, circa il 6 per cento dello stock degli im-migrati, una proporzione non lontana da un accettabile livello siologico.

    La crisi che oramai perdura da cinque anni non ha aiutato il processodi inclusione e di integrazione. Tra il 2008 e il 2012 il tasso di occupazio-ne degli immigrati diminuito di pi di quanto non sia diminuito tra gliitaliani, pur restando ancora su un livello nettamente superiore; simme-tricamente, il tasso di disoccupazione dei primi cresciuto pi di quellodei secondi. Le difcolt economiche fanno aumentare, tra gli italiani, gliscoraggiati che escono almeno temporaneamente dal mercato del

    lavoro, rinunciando a cercare un impiego. Questo fenomeno, per, assaimeno avvertito tra gli stranieri, che non possono permettersi di scorag-giarsi di fronte alle difcolt. E che, presumibilmente, hanno molte menoriserve per fronteggiare la crisi. Sarebbe interessante conoscere ma perora mancano studi specici in quale misura laggravarsi delle difcoltnel 2013 spinga gli stranieri al rientro in patria, magari temporaneamenteed in attesa di una ripresa delle attivit economiche.

    Uno dei fenomeni pi interessanti quello della crescita dellimpren-

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    ditoria straniera. I dati dei registri camerali sono assai interessanti, maderivando da atti amministrativi, non permettono analisi in profondit delfenomeno. Essi mostrano, tuttavia, un tendenziale aumento (pur con una

    battuta darresto nel 2012) delle nuove imprese con titolari stranieri o consoci in prevalenza stranieri. Questa tendenza compensa in parte la diminu-zione tendenziale delle nuove iscrizioni camerali di imprese italiane. Mol-te delle nuove imprese sono nei settori dei servizi, a bassa produttivit. Glistranieri mostrano una forte capacit di autonanziamento, favorita dalsostegno di forti reti familiari e sociali nelle loro comunit. Non sappiamo

    per quanto incida, nellaumento della imprenditoria straniera, la difcol-t di trovare un buon inserimento stabile nel lavoro dipendente, spingendolimmigrato in difcolt verso unattivit imprenditoriale che, pur gracile

    e fragile, rappresenta una sorta di ultima spiaggia.Vi sono poi settori specici con posizioni lavorative di buon livello

    nelle quali gli stranieri stanno facendosi largo. Un esempio quello delsettore sanitario, che esprime una domanda di lavoro in aumento in conse-guenza del veloce invecchiamento della popolazione. Il sistema universi-tario non sembra pi in grado di formare un numero sufciente di medici edi specialisti, e sta aumentano quindi la presenza per ora ancora modesta- di medici stranieri. tuttavia nel settore infermieristico che la doman-da elevata e non soddisfatta da personale formato in Italia: la quota del

    personale straniero supera il 10 per cento (in grande prevalenza donne). Ildiscorso andrebbe allargato alluniverso del personale domestico straniero

    che rappresenta una quota importante dello stock di immigrati che inbuona proporzione si dedica allassistenza anziani non autosufcienti, confunzioni a mezza strada tra il sociale e linfermieristico.

    La crescita della presenza straniera nel periodo di profonda crisi vissu-to dallItalia una riprova di quanto imprescindibile sia lapporto dellim-migrazione alla vita del paese. Nel rapporto ISMU citato in precedenza, si tentata una prudente previsione della presenza straniera, che nel 2035sorerebbe (a legislazione invariata) i 10 milioni di unit, il doppio dioggi. Una prospettiva ragionevole, che esige per una profonda revisionedel quadro normativo e lelaborazione di un modello di societ adegua-tamente attrezzata per accogliere, inserire ed includere, per far si che lamigrazione sia davvero un gioco a somma positiva.

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    Pubblicato il 06/11/2013

    Evoluzioni recenti dellimprenditoria

    straniera in ItaliaDIFILIPPOBONTADINI* EANNASEGRE

    LACRISIELIMPRENDITORIASTRANIERA

    Il 4 giugno 2013 stato presentato il rapporto annuale sullimprendito-ria straniera in Italia, elaborato dal Centro Studi della ConfederazioneNazionale dellArtigianato e della Piccola e Media Impresa (CNA). Di-versamente da quanto rilevato no a oggi, i risultati mostrano che la crisiha avuto un impatto negativo sulle imprese individuali gestite da stranieri:nel 2012, infatti, vi stata una riduzione del 6,7%. Questo calo tuttavia

    pi che compensato dallaumento delle imprese di stranieri, secondo ladenizione pi ampia di Unioncamere1.

    Fig.1: La crescita dello stock di imprese aventi titolari stranieri negli anni della crisi (imprese

    registrate e variazioni assolute annue)

    Fonte: Dati CNA, Rapporto annuale sullimprenditoria straniera in Italia 2013.

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    Le difcolt incontrate nel 2012 dalle imprese individuali non annulla-no limportante trend di crescita degli ultimi anni: il +39,2% nel periodo2007-2012, secondo dati CNA, complessivamente porta gli stranieri a po-

    co meno di un decimo degli imprenditori presenti in Italia.

    PROBLEMATICHESIMILI, PURCONCARATTERISTICHEDIVERSE

    In un contesto di elevato dinamismo dellimprenditoria straniera in Ita-lia, il 2012 presenta per un dato ambiguo, che merita di essere interpreta-to. Certamente la crisi gioca un ruolo importante, ma in questo le impresedi stranieri non si discostano da quelle gestite da italiani. La FondazioneLeone Moressa mette, infatti, in risalto che anche gli imprenditori stranieri

    devono affrontare gli stessi problemi che affrontano gli imprenditori ita-liani, legati soprattutto alleccessiva burocrazia e alle difcolt di liquiditlegate a ritardi nei pagamenti.

    Gli imprenditori stranieri tendono ad avere un autonanziamento ele-vato, in particolare nella fase di avvio dellattivit, dove le reti e i legamifamiliari giocano un ruolo importante (CNEL 2011), mentre si rivolgonomaggiormente alle banche in fase di sviluppo della loro attivit. Secondoi dati del CNEL, gli immigrati che iniziano unattivit imprenditoriale inItalia sono in media ben istruiti, parlano bene litaliano ed hanno gi ac-

    cumulato esperienza nel settore in cui lavorano. Questo dato riette beneil fatto, gi noto, che i lavoratori immigrati provengono, generalmente, daclassi sociali relativamente agiate del paese di origine.

    Le imprese gestite da stranieri sono ben integrate nel tessuto econo-mico territoriale, in particolare a livello locale. Hanno per lo pi clienti efornitori italiani, usufruiscono a pieno dei servizi offerti dalle associazionidi categoria e ritengono importante avere un network ben sviluppato checomprenda anche attori italiani (CNEL 2011).

    I dati CNEL mostrano che il 35% delle imprese di stranieri rientra nellacategoria del lavoratore autonomo e le altre hanno in media 3,7 impiegatidi cui solo il 23% italiano. Tali dati hanno delle ragioni economiche, maevidenziano anche una difcolt sotto il prolo dellassunzione di lavora-tori dipendenti italiani, dovuta in parte alle piccole dimensioni, ma in parteanche a una difcolt di accesso al mercato del lavoro.

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    UNSOSTEGNOALLIMPRENDITORIAITALIANADAPRESERVARE.

    Per quanto riguarda laccesso al capitale economico e sociale, le impre-

    se gestite da stranieri, come quelle gestite da italiani, seguono percorsi le-gati alla rete di conoscenze e legami nei quali sono inserite, mostrando unaforte tendenza allautonanziamento. Se pure le imprese straniere condi-vidono le medesime difcolt ambientali delle imprese gestite da italiani,va anche rilevato che se ne distinguono fortemente per alcuni tratti, in

    particolare per la crescita del loro numero, a fronte di un trend italianoin direzione opposta che si trascina ormai da anni.

    Per interpretare il fenomeno della crescita e della piccola taglia delleimprese gestite da stranieri, deve essere considerato un aspetto importante,

    ossia le caratteristiche strutturali del tessuto economico italiano che vedo-no una netta predominanza delle piccole e medie imprese (PMI), cosa chepu aver condizionato, a prescindere da altri fattori, lo sviluppo di questotipo di aziende. La crescita dellimprenditoria straniera in un periodo dicrisi come quello che stiamo attraversando pu anche essere il frutto didiscriminazioni nel mondo del lavoro subordinato in termini sia di assun-zione sia di carriera che fanno del mettersi in proprio lultima spiaggia peri cittadini stranieri. Il rischio che da questo fenomeno derivi unulterioreghettizzazione delle comunit di immigrati. Dai dati del CNEL non sem-

    bra tuttavia che la crescita delle imprese di cittadini stranieri sia legata adiscriminazioni nel mondo del lavoro dipendente, ma piuttosto a un desi-derio di ascesa e integrazione sociale che non sembra possibile ottenere inaltro modo.

    La riduzione delle imprese individuali, contestuale allaumento dellesociet con strutture pi complesse, pu anche essere interpretato comeun dato positivo, indice di un consolidamento della posizione nel sistema

    produttivo delle societ guidate da stranieri.

    Se vogliamo quindi che gli imprenditori stranieri continuino a prospe-

    rare nel nostro paese e a svolgere la funzione di traino che hanno avutonora, sar necessario far fronte non solo alle problematiche che hanno incomune con le imprese di italiani, ma anche alla mancanza di integrazionesociale che gli stranieri in generale subiscono, che alla lunga rischia discoraggiare o compromettere anche quella economica.

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    Riferimenti bibliograci:

    CNEL 2011: Il prolo nazionale degli immigrati imprenditori, rapporto dellOrganismo Na-zionale di Coordinamento per le politiche di integrazione sociale degli stranieri, CNEL.http://www.cnel.it/271?shadow_documento_altri_organismi=3430

    CNA 2013: Rapporto annuale sullimprenditoria straniera in Italia, Centro Studi del-la Confederazione Nazionale dellArtigianato e della Piccola e Media Impresa (CNA)http://www.cna.it/CNA-Centro-Studi/In-evidenza/IMPRENDITORIA-E-IMMIGRAZIONE-L-im-

    prenditoria-straniera-in-Italia-nel-2012

    Unioncamere 2013: comunicato stampa di Unioncamere sulla base di Movimprese, pubblicato il02/03/2013

    http://www.unioncamere.gov.it/P42A1390C160S123/Immigrazione---24mila-le-imprese-guidate-da-stranieri-nel-2012-.htm

    Fondazione Leone Moressa: www.fondazioneleonemoressa.org

    NOTE

    [1] Sono considerate da CNA solo le imprese individuali il cui titolare sia nato in un paese estero;oltre a queste, Unioncamere include anche le societ di persone in cui oltre il 50% dei soci siacostituito da persone nate in un paese estero e le societ di capitali in cui oltre il 50% dei soci edegli amministratori sia nato in un paese estero.

    * Laurea magistrale in Sviluppo Ambiente e Cooperazione sotto il dipartimento di Economia Co-

    gnetti-De Martiis dellUniversit di Torino e diplomato allInstitut dEtudes Politiques de Bordeauxcon un Master in Go-Economie Applique

    http://www.cnel.it/271%3Fshadow_documento_altri_organismi%3D3430%20http://www.cna.it/CNA-Centro-Studi/In-evidenza/IMPRENDITORIA-E-IMMIGRAZIONE-L-imprenditoria-straniera-in-Italia-nel-2012%20http://www.cna.it/CNA-Centro-Studi/In-evidenza/IMPRENDITORIA-E-IMMIGRAZIONE-L-imprenditoria-straniera-in-Italia-nel-2012%20http://www.unioncamere.gov.it/P42A1390C160S123/Immigrazione---24mila-le-imprese-guidate-da-stranieri-nel-2012-.htm%20http://www.unioncamere.gov.it/P42A1390C160S123/Immigrazione---24mila-le-imprese-guidate-da-stranieri-nel-2012-.htm%20http://www.fondazioneleonemoressa.org/http://www.fondazioneleonemoressa.org/http://www.unioncamere.gov.it/P42A1390C160S123/Immigrazione---24mila-le-imprese-guidate-da-stranieri-nel-2012-.htm%20http://www.unioncamere.gov.it/P42A1390C160S123/Immigrazione---24mila-le-imprese-guidate-da-stranieri-nel-2012-.htm%20http://www.cna.it/CNA-Centro-Studi/In-evidenza/IMPRENDITORIA-E-IMMIGRAZIONE-L-imprenditoria-straniera-in-Italia-nel-2012%20http://www.cna.it/CNA-Centro-Studi/In-evidenza/IMPRENDITORIA-E-IMMIGRAZIONE-L-imprenditoria-straniera-in-Italia-nel-2012%20http://www.cnel.it/271%3Fshadow_documento_altri_organismi%3D3430%20
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    Pubblicato il 23/10/2013

    Assistenza sanitaria in Italia:

    limmigrazione indispensabileDICATERINAFRANCESCAGUIDI* ELAURABARTOLINI**

    La domanda di assistenza sanitaria a livello globale in crescita. Neipaesi in via di sviluppo e emergenti la domanda di assistenza crescecon il miglioramento delle condizioni socio-economiche e con lallarga-mento della copertura sanitaria a fasce pi ampie della popolazione. Nei

    paesi pi avanzati laumento e la trasformazione della domanda sono do-vuti allinvecchiamento della popolazione, per cui cresce il numero di cit-tadini affetti da malattie croniche e bisognosi dassistenza.

    Questi cambiamenti non sono per bilanciati da unadeguata offertadi personale. Secondo stime dellOrganizzazione mondiale della Sanit alivello mondiale mancano circa 4,3 milioni di unit nel settore sanitarioe, sebbene i decit pi acuti siano rilevati nei PVS, il problema riguardaanche i paesi pi avanzati, soprattutto quelli europei (WHO, 2011). PerlUE, la Commissione Europea ha stimato nel 2010 che la mancanza di

    personale sanitario potrebbe raggiungere la cifra di un milione di operatorientro il 2020, sebbene con rimarchevoli differenze tra gli Stati Membri.

    Per colmare questa lacuna, lOrganizzazione Mondiale della Sanitha adottato il Codice di Condotta per il Reclutamento Internazionale di

    Personale Sanitario nel 2010. Il Codice detta le linee guida da seguireper agevolare lassunzione di personale sanitario straniero, riconoscendocondizioni lavorative adeguate e un salario equo e promuovendo la migra-zione circolare degli operatori.

    LASITUAZIONEITALIANAEILBISOGNODIMEDICISTRANIERI

    In questo contesto lItalia vive una duplice emergenza, che mette seria-mente a rischio la garanzia di accesso a un livello uniforme di assistenza ai

    propri cittadini, pilone fondante del Sistema Sanitario Nazionale (SSN). Dal1999 (Legge 264 del 2 agosto 1999) stato introdotto il numero chiusoalle Facolt di Medicina (e anche a altre): una decisione contrastata, sianella logica generale sia nelle sue applicazioni pratiche (tra brogli, ricorsi

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    Le migrazioni internazionali ai tempi della crisi

    al TAR, differenze di criteri tra Atenei, domande originali nei test, ...),determinata soprattutto dalleccessivo numero di medici presenti allora inItalia rispetto agli standard e alle raccomandazioni dellEuropa (medicina

    perch il numero chiuso) e dal troppo elevato numero di matricole. Leffettodella legge stato un drastico calo delle immatricolazioni (da oltre 100 milaa circa 10 mila), con forte riduzione, a qualche anno di distanza, del numerodi laureati in Medicina, come desiderato, ma con effetti anche sulla distri-

    buzione per et dei medici in servizio: oggi, pi del 40% dei medici in Italiaha unet superiore ai 55 anni. Si stima che in questo decennio il numero dimedici che abbandonano la professione per raggiunti limiti di et superer ilnumero dei nuovi assunti (OECD, 2012), e questo nonostante il progressivoinnalzamento dellet pensionabile (da 65 anni nel 2012 a 68 anni nel 2018,

    in crescita di 6 mesi ogni anno). Il decit di personale inoltre aggravatodallemigrazione di medici, infermieri e veterinari verso altri Stati UE: trail 2009 e 2012 si registrato un aumento del 40% delle richieste di trasferi-mento, da 1017 a 1413 unit (Adnkronos Salute).

    Si tratta di numeri importanti se confrontati con il totale del personalesanitario che lavora per il SSN (Fig. 1) e soprattutto con i dati sul numeroannuale di laureati in medicina e nelle professioni sanitarie, che si attestatra le 10 e le 11 mila unit dal 2001 ad oggi (Fig. 2).

    Figura 1: Composizione del personale medico-sanitario in Italia nel 2010

    Fonte: SSN, Ministero della Salute, 2010.

    http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1984/05/25/medicina-perche-il-numero-chiuso.htmlhttp://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1984/05/25/medicina-perche-il-numero-chiuso.htmlhttp://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1984/05/25/medicina-perche-il-numero-chiuso.htmlhttp://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1984/05/25/medicina-perche-il-numero-chiuso.html
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    Associazione Neodemos 2014

    Figura 2: Laureati in professioni sanitarie in Italia, 1997-2011.

    Fonte: OECD Health Dataset, 2013.

    MANCANOANCHEGLIINFERMIERI

    Il quadro non migliora se si considera anche il personale infermieri-stico. Secondo lIPASVI1, alla ne del 2009 gli infermieri professionalierano circa 365 mila. Ogni anno circa 17.000 infermieri cessano di lavo-rare per pensionamento, mentre ne subentrano soltanto 8.000. Qualunquestima si consideri, nessuna colloca la carenza di personale al di sotto delle

    50.000 unit. Nonostante laumento di laureati in scienze infermieristiche(cfr. Fig. 2), i posti resi disponibili per la formazione non sono sufcientia coprire la domanda.

    In questo quadro, la presenza straniera gioca un ruolo sempre pi im-portante. Nel 2011 i medici stranieri abilitati in Italia erano meno di 15mila, il 4,4% dei circa 370.000 professionisti iscritti (FNOMCeO2). I pinumerosi sono i tedeschi (1.070), seguiti da svizzeri (868), greci (864),iraniani (756), francesi (646), venezuelani (630) rumeni (627), statunitensi(617), sauditi (590) e albanesi (552) (ENPAM3).

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    Tabella 1: Medici e Infermieri iscritti agli Albi.

    Medici Iscritti Infermieri Iscritti

    Totale Stranieri Totale Stranieri

    370 000 14 737 (4,4%) 375 185 38 315 (10,2%) % donne % uomini % donne % uomini 44.2 55.7 84.5 15.5

    Fonte: FNOMCeO, 2011 e IPASVI, 2010.

    Allo stesso tempo il numero degli infermieri stranieri in Italia aumen-tato di quasi quindici volte tra il 2002 e il 2010, arrivando a rappresentareoltre il 10% del totale. Alla ne del 2010, gli infermieri stranieri iscrittiagli albi provinciali IPASVI erano pi di 38.000, in maggioranza donne

    (84,5% del totale).Merita per segnalare il sensibile calo delle iscrizioni allAlbo negli

    anni pi recenti: mentre nel 2007 gli stranieri rappresentavano il 35,3%dei nuovi iscritti, nel 2012 sono soltanto il 15,3% (IPASVI, 2013). Tra lenuove iscrizioni, gli stranieri pi rappresentati sono i rumeni (44%),