SOCIOLOGIA DELLE MIGRAZIONI

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 SOCIOLOGIA DELLE MIGRAZIONI 1. MIGRAZIONI E MIGRANTI Le migrazioni sono un fenomeno antico quanto lumanità. Prima di diventare sedentario, luomo era nomade, si spostava di continuo in cerca di prede da cacciare o per sfuggire a carestie e calamità naturali. I trasferimenti da un territorio allaltro di singoli individui, gruppi o intere popolazioni si sono sempre verificati nella storia dellumanità. Quello migratorio è un fenomeno eterogeneo e vasto. Le Nazioni Unite hanno proposto una definizione di migrante come:  persona che si è spostata in un paese diverso da quello di residenza abituale e che vive in quel paese da più di un anno . Tuttavia questa definizione risulta incompleta, poiché non tiene conto anzitutto delle migrazioni interne, che sono un fenomeno importante, soprattutto nella storia del nostro paese, ma prende in considerazione solo gli spostamenti da un paese allaltro, in secondo luogo non tiene conto degli spostamenti di durata inferiore a un anno (trascurando così, ad esempio, le migrazioni per lavoro stagionale). Si distingue tra il movimento dellemigrazione (che si riferisce alluscita dal paese di origine) e quello dellimmigrazione (che riguarda invece lingresso nel paese ri cevente). Si parla rispettivam ente di emigranti ed immigrati. Si tratta di due fasi, due punti di vista diversi di uno stesso fenomeno di trasferimento. Questo equivale a dire che possiamo studiare i processi migratori sotto il profilo dellemigrazione se li consideriamo a partire dal luogo di provenienza, e come immigrazioni se li guardiamo dal punto di vista del paese in cui si stabiliscono. (Gli studiosi dei paesi di origine insistono di solito sul primo aspetto, quelli dei paesi riceventi sul secondo). Generalmente si intendono per migrazioni i trasferimenti in un paese straniero, esiste però anche il fenomeno delle migrazioni interne (particolarm ente importante in Italia nel secolo scorso), cioè lo spostamento da una regione allaltra di uno stesso paese. Questo fenomeno, da un lato presenta caratteristiche diverse dalle migrazioni internazionali, poiché in questo caso gli immigrati sono cittadini, hanno diritto di voto e accesso agli stessi diritti che spettano ai residenti, parlano la stessa lingua, condividono generalmente la stessa religione, cultura, storia, identità nazionale, eppure anche gli immigrati interni possono venire percepiti come “diversi” dagli abitanti autoctoni, dando luogo a problemi di discriminazione. Le migrazioni sono costruzioni sociali complesse, in cui agiscono 3 principali fattori: - le società di origine, con le loro capacità di offrire benessere e diritti ai propri cittadini e con  politiche più o meno favorev oli allespatrio della popolazione, - i migranti effettivi e potenziali, con le loro aspirazioni, progetti e legami sociali, - le società riceventi, con le loro capacità di dare accoglienza agli immigrati. Le società riceventi svolgono infatti un ruolo fondamentale nei processi migratori. Con i loro atteggiamenti, le loro politiche di accoglienza, la loro domanda di lavoro immigrato, giocano un ruolo sempre più decisivo nel plasmare i processi migratori, determinan do le modalità di insediamento degli immigrati nel territorio e il rapporto con i cittadini autoctoni. Linsediamento stabile degli immigrati in un territorio e la problematica integrazione nella società ospitante in cui vivono possono dar luogo alla formazione di minoranze etniche, che si configurano come gruppi subordinati allinterno della società, soggetti a valutazione negativa da parte dei gruppi dominanti. TIPI DI IMMIGRATI Un aspetto rilevante dei processi migratori contemporanei è che la figura dellimmigrato si è molto diversificata rispetto al passato. Prima limmigrato era , tipicamente, un uomo in età lavorativa, inizialmente solo, poco qualificato. Oggi si sono differenziate le porte di ingresso nelle società riceventi, per cui entrano sia immigrati con motivazioni diverse da quelle lavorative, sia lavoratori con diversi livelli di qualificazione professionale e diversa provenienza sociale. Si è quindi modificato il profilo anagrafico della popolazione immigrata. Si possono distinguere diverse figure di immig rati: Immigrati per lavoro. Oggi non sono più soltanto maschi, non sono necessariamente poco istruiti e qualificati professio nalmente, trovano per lo più impiego nelle occupazioni meno ambite del mercato del lavoro dei paesi riceventi. Mentre prima si trattava quasi esclusivamente di uomini, che in un

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SOCIOLOGIA DELLE MIGRAZIONI

1.  MIGRAZIONI E MIGRANTI

Le migrazioni sono un fenomeno antico quanto l‟umanità. Prima di diventare sedentario, l‟uomo era nomade,si spostava di continuo in cerca di prede da cacciare o per sfuggire a carestie e calamità naturali.

I trasferimenti da un territorio all‟altro di singoli individui, gruppi o intere popolazioni si sono sempre

verificati nella storia dell‟umanità. Quello migratorio è un fenomeno eterogeneo e vasto.Le Nazioni Unite hanno proposto una definizione di migrante come:  persona che si è spostata in un paese

diverso da quello di residenza abituale e che vive in quel paese da più di un anno. Tuttavia questadefinizione risulta incompleta, poiché non tiene conto anzitutto delle migrazioni interne, che sono unfenomeno importante, soprattutto nella storia del nostro paese, ma prende in considerazione solo glispostamenti da un paese all‟altro, in secondo luogo non tiene conto degli spostamenti di durata inferiore a unanno (trascurando così, ad esempio, le migrazioni per lavoro stagionale).

Si distingue tra il movimento dell‟emigrazione (che si riferisce all‟uscita dal paese di origine) e quellodell‟immigrazione (che riguarda invece l‟ingresso nel paese ricevente). Si parla rispettivamente di emigrantied immigrati. Si tratta di due fasi, due punti di vista diversi di uno stesso fenomeno di trasferimento. Questoequivale a dire che possiamo studiare i processi migratori sotto il profilo dell‟emigrazione se li consideriamoa partire dal luogo di provenienza, e come immigrazioni se li guardiamo dal punto di vista del paese in cui sistabiliscono. (Gli studiosi dei paesi di origine insistono di solito sul primo aspetto, quelli dei paesi riceventisul secondo).

Generalmente si intendono per migrazioni i trasferimenti in un paese straniero, esiste però anche il fenomenodelle migrazioni interne (particolarmente importante in Italia nel secolo scorso), cioè lo spostamento da unaregione all‟altra di uno stesso paese. Questo fenomeno, da un lato presenta caratteristiche diverse dallemigrazioni internazionali, poiché in questo caso gli immigrati sono cittadini, hanno diritto di voto e accessoagli stessi diritti che spettano ai residenti, parlano la stessa lingua, condividono generalmente la stessareligione, cultura, storia, identità nazionale, eppure anche gli immigrati interni possono venire percepiti come“diversi” dagli abitanti autoctoni, dando luogo a problemi di discriminazione.

Le migrazioni sono costruzioni sociali complesse, in cui agiscono 3 principali fattori:-  le società di origine, con le loro capacità di offrire benessere e diritti ai propri cittadini e con politiche più o meno favorevoli all‟espatrio della popolazione,

-  i migranti effettivi e potenziali, con le loro aspirazioni, progetti e legami sociali,-  le società riceventi, con le loro capacità di dare accoglienza agli immigrati.

Le società riceventi svolgono infatti un ruolo fondamentale nei processi migratori. Con i loro atteggiamenti,le loro politiche di accoglienza, la loro domanda di lavoro immigrato, giocano un ruolo sempre più decisivonel plasmare i processi migratori, determinando le modalità di insediamento degli immigrati nel territorio e ilrapporto con i cittadini autoctoni.

L‟insediamento stabile degli immigrati in un territorio e la problematica integrazione nella società ospitantein cui vivono possono dar luogo alla formazione di minoranze etniche, che si configurano come gruppi

subordinati all‟interno della società, soggetti a valutazione negativa da parte dei gruppi dominanti.

TIPI DI IMMIGRATI

Un aspetto rilevante dei processi migratori contemporanei è che la figura dell‟immigrato si è moltodiversificata rispetto al passato. Prima l‟immigrato era, tipicamente, un uomo in età lavorativa, inizialmentesolo, poco qualificato. Oggi si sono differenziate le porte di ingresso nelle società riceventi, per cui entranosia immigrati con motivazioni diverse da quelle lavorative, sia lavoratori con diversi livelli di qualificazioneprofessionale e diversa provenienza sociale. Si è quindi modificato il profilo anagrafico della popolazioneimmigrata.

Si possono distinguere diverse figure di immigrati:

Immigrati per lavoro. Oggi non sono più soltanto maschi, non sono necessariamente poco istruiti equalificati professionalmente, trovano per lo più impiego nelle occupazioni meno ambite del mercatodel lavoro dei paesi riceventi. Mentre prima si trattava quasi esclusivamente di uomini, che in un

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secondo momento venivano raggiunti da mogli e figli, oggi è aumentato il numero delle donneprimomigranti, che emigrano per lavoro prima e/o indipendentemente da mariti e famiglia. Leimmigrate lavoratrici trovano lavoro soprattutto nel settore dei servizi alle persone e alle famiglie(cioè come colf e badanti), con possibilità di promozione sociale ancora più scarse degli immigratimaschi, soggette a una doppia discriminazione, in quanto donne e in quanto immigrate.Immigrati stagionali. Si distinguono dai precedenti poiché in alcuni paesi sono soggetti a una

regolamentazione specifica che ne autorizza l‟ingresso per periodi limitati, a l fine di rispondere atemporanee e delimitate esigenze di manodopera. Il caso tipico è quello del lavoratore stagionale nelsettore agricolo o alberghiero. In Italia in particolare le provincie di Trento e Bolzano fanno ampioricorso al lavoro stagionale immigrato per la raccolta della frutta o per la stagione turistica.Immigrati qualificati e imprenditori. Si tratta principalmente di tecnici informatici, ingegneri,scienziati, medici, ma anche investitori ed imprenditori, quindi immigrati con elevati livelli diistruzione e di qualifica professionale. Fenomeno in crescita nei paesi più aperti all‟immigrazione,come USA, Canada, Australia, e da qualche anno anche alcuni  paesi dell‟Europa centro-settentrionale stanno cercando di promuovere questo tipo di immigrazione.Inoltre si sta sviluppando in tutti i paesi riceventi la cosiddetta skilled migration, ovvero il fenomenodel lavoro immigrato indipendente e dell‟imprenditorialità etnica. Familiari al seguito. Una categoria diventata importante in Europa dopo la chiusura delle frontierenel „73-„74 nei confronti dell‟immigrazione per lavoro. Dopo di allor a, i ricongiungimenti familiarisono diventati la motivazione più frequente per gli ingressi ufficiali nei paesi riceventi. È cosìaumentata la quota di popolazione immigrata che non partecipa al mercato del lavoro, e il profiloanagrafico degli immigrati tende a normalizzarsi, diventando più simile a quello della popolazionenativa, con un riequilibrio tra numero di uomini e donne e tra fasce d‟età. Rifugiati e richiedenti asilo. Anche questa tipologia di immigrati è aumentata in conseguenza dellachiusura delle frontiere del „73-‟74 e dei vari sconvolgimenti bellici successivi. Si tratta in realtà didue categorie distinte.Lo status di rifugiato è tutelato dalla Convenzione di Ginevra delle Nazioni Unite del 1951, chedefinisce il rifugiato come una persona che risiede al di fuori del proprio paese di origine e che nonpuò o non vuole tornarvi per un fondato timore di persecuzione personale per motivi di razza,

religione, nazionalità, opinione politica.Il richiedente asilo invece non rientra nei rigidi criteri della Convenzione di Ginevra, si tratta di unapersona che abbandona il proprio paese che vive una fase di crisi o instabilità per cercare protezionein un altro paese. La Costituzione italiana sancisce che "lo straniero al quale sia impedito nel suopaese l'effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha dirittod‟asilo nel territorio della Repubblica”. Per cui, una volta arrivato in Italia, può presentare richiestad‟asilo al tribunale, che poi valuterà di caso in caso.Negli ultimi decenni, i focolai di guerra in varie parti del mondo, le aumentate possibilità di mobilitàgeografica, nonché le diminuite possibilità di immigrazione per lavoro (in seguito alla chiusura dellefrontiere) hanno provocato un maggiore ricorso alla strada del rifugio politico e umanitario come porta d‟ingresso nei paesi sviluppati, e non è sempre facile distinguere le motivazioni politiche daquelle economiche. I paesi riceventi più interessati dai flussi hanno a loro volta reagito a questo

incremento della domanda di asilo inasprendo i criteri di accesso e varando norme più restrittive (ilche va di fatto ad aumentare indirettamente gli ingressi irregolari).Immigrato irregolare, clandestino. Occorre fare una distinzione. L‟immigrato irregolare è colui che èentrato nel paese in maniera regolare, tipicamente con un visto turistico, ed è poi rimasto dopo lascadenza del titolo che gli aveva consentito l‟ingresso, quindi da una situazione regolare inizialediventa irregolare in seguito. Il clandestino invece è colui che entra nel paese di destinazione inmaniera irregolare, con documenti falsi o senza documenti.Un‟altra categoria è quella della vittima del traffico di essere umani, cioè lo straniero (spesso donna)che viene coinvolto in un attraversamento delle frontiere con la forza o con l‟inganno. Tipico è ilcaso della prostituzione forzata.Migranti di seconda generazione. Con questo termine si indicano i figli degli immigrati in sensoampio, comprendendo sia i figli degli immigrati nati nel paese ricevente sia quelli nati nel paese di

origine e emigrati insieme ai genitori oppure ricongiunti in seguito. Il modo in cui questi vengonoconsiderati nella società ospitante varia in base alle specifiche legislazioni nazionali: nei paesi chericonoscono il “diritto di suolo”, i figli di immigrati nati nel paese ospitante sono considerati a tutti

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gli effetti cittadini di quel paese poiché nati lì, invece nei paesi che si basano sul “diritto di sangue” ifigli degli immigrati, anche se nati lì, sono considerati stranieri poiché figli di stranieri. In Italiapossono acquisire la cittadinanza facendone richiesta una volta raggiunta la maggiore età.Attraverso la nascita e la crescita delle seconde generazioni, prende le mosse un altro processogravido di conseguenze: l‟insediamento della comunità immigrata in un paese diverso da quello diorigine diventa stabile, il che la porta a doversi misurare con la società ospitante, questo confronto

può dar luogo alla formazione di minoranze etniche, cioè in cui la comunità minoritaria rimanerelegata ai margini della società, senza integrarsiMigranti di ritorno. Coloro che rientrano nel paese di origine dopo aver trascorso un periodo dellapropria vita in un altro paese. Fenomeno ben visto e promosso sia dai paesi di origine che da quellidi destinazione. Dal punto di vista psicosociale si tratta spesso di una nuova immigrazione, con tuttele problematiche di adattamento e integrazione che comporta.

FASI dei processi migratori nella storia contemporanea:

Periodo dello sviluppo industriale e della grande emigrazione. Dalla metà dell‟800 fino alla primaguerra mondiale, contraddistinto dai fenomeni di migrazioni di massa, soprattutto in direzione delleAmeriche. La realizzazione di grandi opere pubbliche come le ferrovie e lo sviluppo industrialerichiedono grandi volumi di manodopera anche analfabeta. Gli ingressi sono scarsamente regolati.Dall‟Italia verso le Americhe e verso i paesi europei più sviluppati.Periodo tra le due guerre. Nuovi fabbisogni di manodopera per compensare le perdite belliche. A partire dagli anni „20 si afferma l‟idea di regolamentare le migrazioni attraverso trattatiinternazionali e vengono riconosciuti diritti ai migranti. Nel frattempo, in seguito alla crisi del „29, gli Usa introducono misure restrittive per frenare l‟immigrazione e anche il Fascismo ostacola nuovepartenze, i movimenti migratori conoscono così una fase di arresto.Periodo della ricostruzione. Dal „45 agli anni „50, si assiste al rilancio dei movimenti migratori dopogli sconvolgimenti bellici, grazie alla ripresa economica e alla mancanza di manodopera.(Dall‟Irlanda verso Gran Bretagna, dall‟Italia verso Francia, Belgio, Svizzera, dalle ex coloniefrancesi verso la Francia).

Periodo del decollo economico. Cresce il volume delle migrazioni e si allargano le aree direclutamento ad altri paesi dell‟Europa mediterranea. Sono anche gli anni delle grandi migrazioniinterne che hanno interessato il nostro paese, dal Sud verso il Nord d‟Italia. Lo shock petrolifero del„73 chiude in modo brusco questa fase.Il periodo del blocco ufficiale delle frontiere. Dal 1974 in avanti. A causa della crisi, i paesidell‟Europa centro-settentrionale decidono di chiudere le frontiere e di non ammettere più immigratiper lavoro. In realtà solo la Germania riesce a ridurre per un breve periodo il numero degliimmigrati. Nel complesso, l‟arrivo degli stranieri prosegue attraverso altri canali, quello delricongiungimento familiare, delle richieste d‟asilo o dell‟ingresso irregolare. A partire dagli anni‟80-‟90, l‟Europa meridionale diventa a sua volta polo di attrazione dell‟immigrazione, che provieneda un numero sempre più ampio di paesi (dall‟Europa dell‟est e dai paesi extraeuropei).Attualmente, si procede all‟attuazione e al perfezionamento degli accordi di Schengen per un

controllo più rigoroso delle frontiere. Una tendenza attuale, soprattutto in paesi come UK, Francia eGermania, è quella di promuovere l‟arrivo di immigrati qualificati professionalmente.

Tendenze attuali generali dei processi migratori:

-  Globalizzazione delle migrazioni, con la crescita del numero di paesi interessati al fenomeno comesocietà riceventi e come società di origine.

-  Accelerazione delle migrazioni, con la crescita delle dimensioni quantitative del fenomeno in tuttele principali zone di destinazione.

-  Differenziazione delle migrazioni, con la presenza di diversi tipi di immigrati, dai migranti perlavoro temporaneo o a lungo termine, ai rifugiati, ai lavoratori qualificati, ai familiari ricongiunti.

- Femminilizzazione delle migrazioni, con l‟aumento di protagonismo delle donne, non solo piùcome migranti per ricongiungimenti familiari, ma come primomigranti, migranti per lavoro che precedono l‟arrivo dei mariti.

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FASI E CICLI DELL‟IMMIGRAZIONE 

Si possono identificare fasi o cicli ricorrenti delle migrazioni, partendo dall‟arrivo dei primi pionieri,principalmente per motivi di lavoro, alla stabilizzazione e alla formazione di nuclei familiari.

Lo schema di Böhning individua 4 fasi o stadi dei processi migratori:

. nella fase 1 arrivano piccoli numeri di immigrati, generalmente maschi, di giovane età, celibi, provenientidalla aree più sviluppate del paese di origine, ossia le grandi città, che trovano occupazione nelle posizionipiù marginali e tendono a fermarsi per brevi periodi;

. nella fase 2 arrivano altre ondate migratorie, con prevalenza sempre maschile ma un‟età media più alta,incoraggiati e spinti dai racconti e dai legami sociali dei primomigranti. Si allargano i bacini di reclutamentoalle zone più ampie del paese di origine, diminuiscono i rientri in patria;

. nella fase 3 l‟immigrazione comincia a stabilizzarsi, hanno luogo i ricongiungimenti familiari ed aumenta lacomponente femminile e minorenne. Nel frattempo partono nuovi immigrati dalle aree meno sviluppate delpaese di origine, iniziando nuovamente dai giovani maschi celibi, ma dotati di livelli di qualificazionemediamente più bassi dei precedenti;

. nella fase 4 l‟immigrazione giunge a maturità. Sorgono a poco a poco istituzioni etniche, comeassociazioni, scuole, negozi, centri religiosi, ecc.

Questo schema si incentra sull‟immigrazione per lavoro (ha il limite, ad esempio, di aver trascurato lasituazione dei rifugiati, o dei lavoratori qualificati, o delle donne primomigranti). Riassumendo: primaarrivano i lavoratori uomini, con l‟obiettivo, solitamente, di accumulare risparmi e di un successivo rientro inpatria, in seguito, quando i lavoratori hanno consolidato la loro posizione, vengono chiamate le famiglie. Conl‟arrivo delle famiglie aumenta la domanda di servizi sanitari, abitativi, educativi, ecc . e aumenta anchel‟impatto della comunità immigrata sulla società autoctona. 

Un altro modello proposto recentemente è quello di Castles e Miller, più sensibile all‟azione delle reti sociali (come insieme di legami che accompagnano l‟insediamento nella società ricevente) e alla dimensione

politico-istituzionale.

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2.  ALLA RICERCA DELLE CAUSE

Un primo argomento di studio nell‟analisi dei movimenti migratori è la questione delle cause che liproducono. Si confrontano al riguardo le due principali prospettive sociologiche: quella macrosociologica,detta anche strutturalista, che assegna il primato alle forze esterne (politiche, economiche, culturali) checondizionano e orientano l‟agire degli individui, e quella microsociologica, che parte invece dall‟individuo e

lo considera un attore razionale che prende decisioni volte a massimizzare il proprio benessere.Alla fine del secolo scorso sono stati elaborati diversi modelli teorici al fine di spiegare le migrazioni,tuttavia si tratta di sforzi parziali e isolati, che non riescono a cogliere il fenomeno nel suo complesso.

La PROSPETTIVA MACROSOCIOLOGICA, si basa sulla distinzione tra:

-  fattori di spinta (push factors): fattori interni alla società di origine che spingono la popolazione aemigrare (cattive condizioni di vita, povertà, ecc.)

-  fattori di attrazione (pull factors): fattori interni alla società di destinazione, cioè quelle più sviluppate,che attraggono nuovi migranti (poiché in grado di offrire migliori condizioni di vita, occupazione, ecc.)

Nelle migrazioni della fase dello sviluppo industriale a cavallo tra „800 e „900 prevalevano i fattori diattrazione da parte dei sistemi economici più sviluppati, nella fase attuale sembrano prevalere i fattori dispinta. I migranti quindi si muovono per effetto di fattori espulsivi operanti nei luoghi d‟origine, anche senzaavere effettive opportunità di accoglienza e occupazione nelle aree di destinazione.

Secondo una prospettiva macrosociologica che si focalizza sui fattori di spinta come causa delle migrazioni, ifenomeni migratori sono determinati da cause strutturali operanti a livello mondiale soprattutto nelle societàdi provenienza, cause quali povertà, disoccupazione, guerre, disastri ambientali, regimi oppressivi, cheinducono un numero crescente di individui a lasciare il proprio paese e a cercare di raggiungere i paesisviluppati in cerca di migliori condizioni di vita.

In questa concezione si collocano anche diverse teorie, che hanno matrici disciplinari diverse:

-  Teoria neomarxista della dipendenza, secondo cui le migrazioni per lavoro sono determinate dalledisuguaglianze geografiche esistenti nei processi di sviluppo, conseguenza delle relazioni coloniali cheriproducono lo sfruttamento del Terzo Mondo attraverso rapporti di scambio ineguali. 

-  Teoria del sistema-mondo, secondo cui, riprendendo l‟idea della divisione internazionale e degli scambiineguali, i paesi vengono classificati in base al loro grado di dipendenza dalla dominazione capitalisticaoccidentale, come paesi del centro, della periferia e della semiperiferia. Le migrazioni sono viste quindicome effetto della dominazione esercitata dai paesi del centro su quelli della periferia dello sviluppocapitalistico, derivano dalla disuguaglianza economica e la incrementano. È stata posta in rilievo lacontraddizione tra libera circolazione dei capitali, merci e informazioni e la chiusura delle frontiererispetto alla mobilità dei lavoratori. 

-  Teoria sistemica delle migrazioni, prende in considerazione un ampio numero di fattori e variabili (di tipo

economico, politico, culturale, linguistico, ecc.) che entrano in gioco nei processi migratori. Lemigrazioni sono viste e vanno studiate quindi come il risultato di questo insieme di fattori e variabili. 

In questo approccio i migranti vengono considerati soggetti passivi, in balia di forze sovrastanti che limuovono come pedine sulla scacchiera della geopolitica e degli interessi economici, privi di effettivecapacità di scelta, di progetti di vita. Lo schema push-pull, ancora molto impiegato nel dibattito italiano, conla sua inevitabile enfasi sui fattori di spinta, è ormai considerato insoddisfacente a livello internazionale. Nonbasta che si determini una spinta a partire perché si verifichi uno spostamento migratorio.

Un‟altra spiegazione, sempre all‟interno della prospettiva macrosociologica, si focalizza sui fattori diattrazione. Una visione opposta in quanto alla lettura delle cause (cioè sui fattori di attrazione, e non su quelli

di spinta), ma affine nel considerare le migrazioni come un processo strutturale, attivato da forze chesoverchiano le scelte individuali. Pone al centro delle cause delle migrazioni la domanda di lavoro povero daparte dei sistemi economici sviluppati.

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Tra le teorie che si inseriscono in questo approccio:

-  Teoria dualistica del mercato del lavoro di Piore, secondo cui nei sistemi economici occidentali ilmercato del lavoro si suddivide in due segmenti: mercato del lavoro primario (composto da posti dilavoro sicuri, ben retribuiti, tutelati sindacalmente, appannaggio dei lavoratori dotati di maggiore forzacontrattuale, ovvero maschi adulti nativi) e mercato del lavoro secondario (composto da posti di lavoro

precari, poco tutelati, mal retribuiti, dove confluiscono i lavoratori più deboli, ovvero donne, giovani e gliimmigrati. Questi, all‟arrivo nella società ospitante, hanno un orientamento provvisorio e strumentaleverso il lavoro, desiderosi di lavorare e risparmiare, senza legami sociali, non badano alla qualità e allastabilità del lavoro, si sobbarcano i lavori poveri e faticosi del mercato secondario). Le società riceventihanno un continuo bisogno di questi immigrati.

-  Teoria delle città globali,  secondo cui, dopo il declino dell‟industria manifatturiera, le metropoli sonodiventate i nodi strategici dell‟economia internazionale. Si determina così una polarizzazione dellapopolazione urbana, da un lato crescono le componenti privilegiate, formate da dirigenti e professionistiad alto reddito, ma dall‟altro declina la classe media e crescono invece le fasce di lavoratori manualinecessarie al funzionamento delle città (manutenzione delle strutture – pulizie, riparazioni – e servizi allepersone  – lavanderie, ristoranti, collaboratrici familiari, babysitter). Queste figure, precarie e dai redditi bassi, sono fornite in gran parte dall‟immigrazione, che viene attratta dalla domanda di manodopera delle

economie urbane. 

Nella PROSPETTIVA MICROSOCIOLOGICA i fenomeni migratori sono l‟effetto di scelte individuali,volontarie, compiute da individui razionali e calcolatori, volte al miglioramento delle proprie condizioni divita.

Secondo una concezione neoclassica, il fattore fondamentale che produce i processi migratori sarebbe quellodella redditività del proprio capitale umano (inteso come capacità di lavoro derivante da età, salute,istruzione..), cioè la possibilità che il trasferimento all‟estero aumenti la redditività del proprio capitaleumano. Ma non basta questo a spiegare le migrazioni, a spingere a partire, bisogna tenere conto anche diaspettative non direttamente salariali, come il desiderio di emancipazione o la protezione sociale (sistema di

welfare) che la società ospitante è in grado di offrire.All‟interno dello stesso paradigma, la nuova economia delle migrazioni tenta di ricostruire uno scenario piùcomplesso in cui si colloca la maturazione delle decisione di emigrare, non più solo come scelta individuale,ma come fenomeno che riguarda l‟intera famiglia (per esempio, si manda un componente della famigliaall‟estero affinché accumuli capitale da rinviare a casa). 

Nel tentativo di superare i limiti delle teorie precedenti, i migration studies degli ultimi vent‟anni hannotentato di elaborare alcune teorie che si collocano a un livello intermedio tra micro e macro.

Grande fortuna hanno riscosso soprattutto le Teorie dei network , che considerano le migrazioni come uneffetto dell‟azione di RETI SOCIALI, di relazioni interpersonali tra immigrati e potenziali migranti. I

network migratori vengono definiti come complessi di legami interpersonali che collegano migranti e potenziali migranti nelle aree di origine e destinazione, attraverso vincoli di parentela, amicizia e

comunanza di origine. È proprio grazie alle reti che i processi migratori si verificano anche in presenza dicondizioni di mercato sfavorevoli, esse si indirizzano verso un determinato paese piuttosto che un altro nonin base a maggiori opportunità economiche ma in base a punti di riferimento creati dall‟insediamento diparenti, amici, connazionali. La decisione di emigrare infatti non avviene in un vuoto di relazioni sociali. Lemigrazioni, comprese quelle per lavoro, non sono semplicemente l‟esito di de cisioni economiche basate sudomanda e offerta di lavoro, ma si tratta di fenomeni di natura primariamente sociale. Le precedenteesperienza migratoria di consanguinei o conoscenti, i legami stabiliti tra i luoghi di origine e di destinazione,l‟esistenza di reti di sostegno, catene familiari, flussi informativi appaiono fondamentali nell‟indirizzare lascelta dei migranti.

Un‟evoluzione della teoria dei network è rappresentata dall‟approccio definito Transnazionalismo, che ponel‟attenzione sulla figura dei transmigranti come ponti di collegamento tra le loro società di origine e quelle diinsediamento, attraverso le molteplici relazioni di natura familiare, economica, sociale, politica, ecc. che

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intrattengono tra le due società (assumendo identità culturali fluide). Si afferma quindi l‟idea di migrantecome attore sociale dinamico e promotore di cambiamenti sociali, culturali, economici.

Le teorie dei network tendono a enfatizzare le valenze positive delle reti sociali, trascurando la possibilitàche producano effetti di intrappolamento in attività marginali o addirittura devianti.

È stato proposto un ampliamento della prospettiva dei network, con una più ampia Teoria delle istituzioni

migratorie, che comprende le varie istituzioni, strutture, legami sociali che intervengono nel determinare lascelta migratoria. Le istituzioni migratorie possono comprendere imprese che reclutano lavoratori all‟estero,associazioni di migranti, sistemi di parentela, agenzie governative. Nei paesi riceventi è importante il ruolodelle istituzioni solidaristiche e umanitarie (religiose, sindacali, non governative) sorte per tutelare alcunecategorie di immigrati più deboli, come i rifugiati, i minori, donne vittime di violenza, per accoglierle esostenere il loro percorso di insediamento.

Una crescente enfasi viene posta da alcuni anni sulla regolazione normativa del fenomeno migratorio, cheriguarda la produzione legislativa, l‟applicazione delle leggi, l‟azione dei governi, la capacità di controllo daparte delle forze dell‟ordine, i sistemi giudiziari.

La regolazione normativa esercitata dagli stati riceventi (avviata soprattutto con il blocco delle frontiere del73-74) ha avuto (ed ha) un peso fondamentale nel determinare le dinamiche migratorie:

. in UE si è inasprita la contrapposizione tra cittadini dei paesi membri, insigniti del diritto alla liberacircolazione, e i cittadini esterni, la cui possibilità di ingresso sono severamente disciplinate;

. nei paesi che hanno mantenuto la possibilità di immigrazione legale per lavoro, come USA, Canada eAustralia, le migrazioni si sono caratterizzate molto di più come skilled migrations, ossia come migrazione dilavoratori istruiti e professionalmente qualificati; in Europa, la Germania e altri paesi stanno seguendo questavia;

. la regolazione delle frontiere ha favorito indirettamente i flussi migratori non legati al mercato del lavoro,come quelli dei ricongiungimenti familiari e delle richieste d‟asilo politico o umanitario;

. i migranti sono andati alla ricerca di nuove destinazioni, così i paesi dell‟Europa meridionale, dotati dilegislazioni meno restrittive e miranti a favorire l‟ingresso per turismo, hanno cominciato a diventare nuovemete di flussi migratori;

. la negazione della possibilità di migrazione per lavoro ha contribuito ad aggravare il fenomenodell‟immigrazione irregolare; 

. per rimediare agli effetti della chiusura delle frontiere e dell‟immigrazione regolare sono stati messi in atto provvedimenti di sanatoria, che però esercitano effetti di retroazione sui flussi migratori, generando l‟ideache una volta entrati in un paese sviluppato in un modo o nell‟altro sarà possibile regolarizzare in seguito ilproprio status giuridico.

Vediamo quindi come nei fenomeni migratori concorrano numerose cause e fattori: condizioni economiche,

politiche, sociali del paese di origine o di destinazione (macrosociologiche), scelte, aspirazioni, progetti divita individuali (microsociologiche), reti di relazioni e di sostegno.

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3.  L’INSERIMENTO NEL MERCATO DEL LAVORO 

Dall‟800 fino alla crisi del 73-74, con andamenti non lineari, il fabbisogno di manodopera è stato sempre unfattore promotore di immigrazione. Anche oggi, pur nella problematica situazione economica attuale, leeconomie dei paesi più avanzati continuano ad aver bisogno di lavoratori, che attraggono dai paesi piùpoveri. La figura centrale dei fenomeni migratori è stata storicamente e ancora rimane quella del lavoratore

che attraversa le frontiere per cercare lavoro all‟estero. 

Il rapporto tra immigrati e mercato del lavoro è stato analizzato in sociologia attraverso tre prospettive:liberale assimilazionista, strutturalista, della nuova sociologia economica.

• L‟approccio liberale e assimilazionista, sviluppato in America a partire dagli anni „30 nell‟ambito dellaScuola di Chicago, ha una concezione ottimistica: gli immigrati al loro arrivo si collocano sui gradini piùbassi della stratificazione sociale occupando i lavori più sgraditi, ma con il tempo si inseriscono nella società,ne apprendono la lingua e la cultura fino a diventare difficilmente distinguibili dalla popolazione nativa,parallelamente salgono nella scala sociale, lasciando ai nuovi arrivati i lavori più ingrati. (Assimilazione

come processo inevitabile e individuale).

• L‟approccio strutturalista, contro l‟ottimismo dell‟approccio liberale, riconosce che le società riceventihanno bisogno di immigrati ma non per questo sono disposte a trattarli in modo paritario e a dar loro effettive possibilità di avanzamento e promozione sociale, anzi hanno l‟interesse a confinarli in ambiti svantaggiati esubalterni del mercato del lavoro. Gli immigrati formano una massa di lavoratori deboli, sfruttabili; a lorotoccano sempre i lavori non qualificati, a basso salario, collegati a uno status sociale basso, senza possibilitàdi avanzamento. Essi li accettano perché, a differenza dei lavoratori nativi, per loro il lavoro non haconnotazioni sociali, non serve a conferire stima e identità, ma è solo un modo per guadagnarsi da vivere.

Riprendendo la concezione della segmentazione del mercato del lavoro, il sistema occupazionale si articolain nicchie e livelli poco comunicanti tra loro, occupati in maniera separata da nativi e immigrati. Le posizionidegli immigrati si diversificano internamente, con grandi differenze per esempio tra le nazionalità, marestano largamente concentrate a livelli inferiori (questo processo contribuisce alla formazione di minoranzeetniche escluse e marginalizzate, in cui gli immigrati sono vittime di un doppio svantaggio: sono tra gliesclusi della società ma vengono anche visti come la causa dei problemi).

• Entrambe le prospettive sono messe in discussione da tendenze attuali dell‟immigrazione, come la richiestadi immigrati istruiti e professionalmente qualificati (che confuta l‟idea dell‟immigrazione come condizionedi svantaggio nel mercato del lavoro sia che sia temporanea  – visione liberale- o duratura  – visionestrutturalista), e la crescita di protagonismo degli immigrati attraverso le reti di solidarietà a base etnica e ilpassaggio al lavoro autonomo. Ai fenomeni migratori vengono applicati concetti e approcci della  nuova sociologia economica, che propone l‟idea di una  costruzione sociale dei processi economici, secondo la

quale i comportamenti economici subiscono l‟influenza di legami sociali, appartenenze culturali, relazioniinterpersonali. Viene elaborato, a questo proposito, il concetto di embeddedness, ovvero di radicamentodell‟azione economica in contesti sociali che la favoriscono, modellano, vincolano in vario modo.  L‟azioneeconomica degli immigrati rappresenta uno degli esempi più chiari di costruzione sociale dei processieconomici.

IMMIGRAZIONE NEL SUD EUROPA

Il fatto più rilevante nella mappa migratoria europea degli ultimi decenni è stato il cambiamento di status deipaesi mediterranei da aree di partenza ad aree di destinazione. A partire dalla metà degli anni „70 e

soprattutto nei „90, i flussi migratori si sono diretti non più soltanto verso i paesi dell‟Europa centro -settentrionale, ma anche verso i paesi meridionali, Spagna e Italia soprattutto. Si è trattato di un‟evoluzioneimprovvisa e spontanea dei flussi di ingresso che ha colto questi paesi impreparati ad assumere il loro nuovoruolo di società ospitanti. Questi nuovi flussi migratori sono stati caratterizzati da un alto grado di irregolarità

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e clandestinità dei nuovi arrivi, anche per effetto delle regolamentazioni restrittive, dalla carenza di politichedi integrazione che hanno generato marginalità sociale e stereotipi stigmatizzanti nei confronti dei gruppiimmigrati, concentrazione in occupazioni precarie e sottopagate.

Negli ultimi anni, nell‟Europa meridionale i mercati del lavoro sono stati interessati da una serie ditrasformazioni dei sistemi occupazionali (terziariarizzazione, flessibilizzazione, informalizzazione), accanto

a tali trasformazioni troviamo strutture economiche tradizionali, come per esempio la presenza, più diffusarispetto al Nord, di lavoro autonomo e piccole imprese, la diffusione dell‟economia sommersa, il ruoloimportante del settore agricolo e turistico. Pugliese ha parlato in proposito di modello mediterraneo di

immigrazione. Bisogna però ricordare che in Italia il lavoro degli immigrati assume connotazioni diversenelle diverse regioni e che le trasformazioni menzionate sono presenti anche nei paesi del nord Europa.

Agli immigrati toccano prevalentemente i lavori delle 5 P: pesanti, pericolosi, precari, poco pagati,penalizzati socialmente. Lavori ancora necessari alle economie sviluppate, ma che non trovano più unarisposta nell‟offerta dei lavoratori nativi. Assistiamo a un paradosso del mercato del lavoro immigrato, cioè ilcontrasto tra la negazione ufficiale del fabbisogno di manodopera immigrata e un utilizzo endemico e diffusodi questo lavoro nelle nicchie dell‟economia informale e negli ambiti più sgraditi dell‟economia ufficiale. Inmancanza di politiche esplicite di reclutamento, ci pensano gli immigrati stessi, attraverso le reti migratorie,a promuovere l‟arrivo di nuova manodopera. 

Da che cosa nasce la domanda di lavoro immigrato? Perché le società sviluppate hanno bisogno di lavoratoriimmigrati per occupare le posizioni più basse? Se guardiamo all‟economia del nostro paese, con alti tassi didisoccupazione giovanile e femminile, si potrebbe pensare che dal punto di vista quantitativo l‟offerta dilavoro interna potrebbe bastare, tuttavia i lavoratori autoctoni hanno imparato a coltivare aspirazioni piùelevate, e i sistemi di welfare (particolarmente nell‟Europa del nord) e la protezione familiare(particolarmente nell‟Europa del sud) facendo da ammortizzatori sociali e fornendo una certa tutela allepersone prive di occupazioni contribuiscono ad innalzarne le aspettative e la selettività. Per cui per queisettori occupazionali che non trovano risposta nei lavoratori autoctoni vengono colmati dagli immigrati.

Sono state messe a confronto le migrazioni delle società industriali classiche (della fase dello sviluppoindustriale del dopoguerra, 1945-1973) e le migrazioni contemporanee (inserite nel critico contestoeconomico attuale, definibile “postfordista”). 

Migrazioni delle società industriali classiche:I flussi partivano dall‟Europa meridionale e dalle ex colonie verso l‟Europa centrosettentrionale . Gliimmigrati erano inizialmente, per lo più, maschi, giovani, poco istruiti, mentre le donne arrivavano in unsecondo momento per i ricongiungimenti familiari.I settori di inserimento erano quello dell‟industria, miniere, agricoltura. Si trattava di occupazioniregolari, inserite nell‟ambito dell‟economia ufficiale. 

Le politiche migratorie si basavano sulla gestione preventiva degli ingressi, con accordi internazionalitra i paesi per la fornitura di manodopera, quindi l‟immigrazione rispondeva a una richiesta esplicita.Migrazioni delle società postfordiste:I flussi partono dall‟Europa orientale e dai paesi extra-europei (Africa, Asia, Sud America) in direzionedi tutta l‟Europa occidentale. Si rileva un aumento delle quote di popolazione istruita tra gli immigrati, ecresce anche la presenza delle donne come primomigranti.I settori di inserimento sono soprattutto il basso terziario, le piccole imprese, l‟agricoltura. È frequente ilricorso al lavoro irregolare, non tutelato, nell‟economia sommersa. Non vi è una domanda esplicita di manodopera immigrata nei paesi riceventi, però se ne verifica unampio utilizzo formale e informale. L‟immigrazione è quindi autonoma e autopropulsiva, non rispondea una esplicita domanda.Le politiche migratorie messe in atto fanno un frequente ricorso alle sanatorie con legalizzazioni a

posteriori, e prevedono visti di ingresso per lavoratori qualificati e stagionali.

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Il caso italiano. Come gli altri paesi euromediterranei, l‟Italia si è trasformata, nell‟arco di circa 20 anni, dapaese di emigranti in meta di ingenti flussi migratori. Questa trasformazione ha colto di sorpresa le istituzionipubbliche, gli attori politici e la società nel suo complesso. Anche in Italia l‟immigrazione è diventata unacomponente imprescindibile per il funzionamento di diversi settori:-  l‟industria. Una struttura industriale ancora consistente, ma basata in larga misura su piccole e medieimprese, operanti nei settori dell‟industria leggera che in altri paesi sviluppati hanno subito un drastico

declino (tessile e abbigliamento, calzature, legno e mobili, ceramica). Questi settori richiedono lavorooperaio e comportano condizioni di lavoro insalubri e gravose;- l‟edilizia, i servizi turistici e alberghieri, la raccolta di prodotti agricoli, che richiedono grandi quantità dilavoro immigrato ma hanno per lo più carattere stagionale;- il terziario urbano. Gli immigrati lavorano soprattutto in: pulizie, ristorazione, piccoli trasporti,manutenzioni, movimentazione merci, facchinaggio, tutte attività modeste ma importanti per ilfunzionamento quotidiano delle città;- specialmente le donne immigrate sono assunte dalle famiglie per svolgere compiti domestici e di assistenzaalle persone (per integrare la scarsa presenza del welfare statale).Sono presenti in Italia profondi squilibri territoriali, che affiancano regioni con tassi di disoccupazione tra i più alti d‟Europa e regioni con situazione di quasi piena occupazione e anzi carenza di manodopera per alcune mansioni. Nel passato la carenza di manodopera nel nord veniva compensata dalle migrazioni interneprovenienti dal Mezzogiorno. Oggi vari fattori (aumento dei livelli di istruzione, protezione familiare,opportunità di lavoro nell‟economia sommersa) hanno diminuito le migrazioni interne per lavori operai, cherestano quindi per gli immigrati.

Pluralità di modelli territorialiIl paesaggio del lavoro immigrato nel nostro paese non è uniforme. Si possono distinguere, in relazione allemarcate differenze territoriali, quattro principali modelli territoriali di impiego del lavoro immigrato:1.  quello dell’industria diffusa. Gli immigrati trovano lavoro come operai nelle piccole imprese nelle

 provincie, nelle regioni dell‟Italia settentrionale e in parte centrale. Questo lavoro operaio insediato nellearee di provincia costituisce una differenza tra il caso italiano e gli altri paesi europei, dove il lavoro degliimmigrati è molto più metropolitano e terziario, o legato a edilizia e agricoltura;

2. 

quello delle economie metropolitane. Soprattutto a Milano e Roma, ma anche nelle altre grandi città, gliimmigrati trovano lavoro nel basso terziario e nell‟edilizia, nelle attività meno qualificate e più precarie, ele donne nell‟assistenza alle famiglie e alle persone. Nelle città si manifesta in particolare il passaggio allavoro autonomo, che può assumente manifestazioni diverse;

3.  quello delle attività stagionali nel sud . Attività instabili, precarie, irregolari nel sud, legate all‟agricoltura,all‟industria turistico-alberghiera, all‟edilizia, ma anche all‟assistenza. In generale il sud rimane un‟areadi primo insediamento e di passaggio verso altre destinazioni;

4.  quello delle attività stagionali nel centro-nord . Assume un carattere più regolare. Esemplare il caso delTrentino-Alto Adige, che ricorre ogni anno a un ingente numero di permessi di ingresso per lavorostagionale, destinato all‟agricoltura nel Trentino e all‟industria alberghiera in Alto Adige. 

IMMIGRAZIONE ED ECONOMIA SOMMERSA

Il lavoro degli immigrati è spesso svolto al di fuori delle regole legislative e contrattuali, nell‟ambitodell‟economia sommersa. In Italia, l‟economia sommersa ha radici profonde e una diffusione endemica.Lavoro nero ed economia sommersa sono quindi  preesistenti all‟arrivo degli immigrati, tuttavia questiproprio per le loro caratteristiche rappresenta un bacino di reclutamento favorevole per i datori di lavoro chevogliono assumere in nero, sono una forza lavoro che ha necessità e urgenza di lavorare e che spesso non ha idocumenti necessari per accedere al mercato del lavoro ufficiale. Però non si deve credere che l‟economiasommersa sia totalmente separata da quella ufficiale, in realtà i due settori spesso si intrecciano (ad esempio,un‟impresa perfettamente in regola può appaltare le pulizie a un‟impresa del settore che per contenere i costiimpiega lavoratori a nero).

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Si possono distinguere 3 ambiti del lavoro immigrato irregolare:

1.  lavoro dipendente, vi rientrano:-  il lavoro occasionale e stagionale (tipicamente il lavoro bracciantile non regolarizzato) -  lavoro semicontinuativo (uno stesso datore di lavoro chiama il lavoratore periodicamente, per

soddisfare fabbisogni periodici, tipico nell‟edilizia e nel settore alberghiero) -  lavoro stabile e continuativo (assomiglia a un normale rapporto di lavoro a tempo indeterminato,

ma viene svolto in nero) 2.  lavoro indipendente

-  auto impiego (svolto senza regolari licenze e autorizzazioni, tipicamente il commercio ambulanteabusivo o semiabusivo)

-  inserimento promozionale (creazione di piccole imprese proprie, tipicamente imprese etniche agestione familiare)

3.  lavoro coatto-  lavoro coatto in aziende (vi rientrano le prestazioni di lavoro dipendente a cui gli immigrati sono

costretti, in genere dai loro connazionali, per debiti contratti al momento del loro ingresso nelpaese, con forme di pressione e ricatto, spesso una forma di paraschiavitù) 

-  lavoro coatto nella prostituzione (spesso dietro la prostituzione di donne straniere vi è una rete disfruttamento e di costrizione che parte dal paese di origine e si dirama in Italia). 

 Nell‟incontro tra sistema economico italiano e lavoro immigrato assumono un ruolo importante le istituzionisolidaristiche, un complesso di attori sociali (sindacati, volontari, associazioni, istituzioni ecclesiastiche,servizi locali come sportelli e uffici per l‟immigrazione) che, sopperendo alla scarsa azione delle istituzionipubbliche, svolgono un ruolo di intermediari nel processo di inclusione degli immigrati nelle società italiana.

La domanda di lavoro incontra l‟offerta immigrata attraverso due canali: le reti informali create dagli stessiimmigrati, e l‟azione di istituzioni solidaristiche che, intrattenendo vari rapporti con le reti sociali locali,favoriscono l‟incontro tra domanda e offerta. In un mercato del lavoro come quello italiano, fatto di piccoleimprese, spesso il reclutamento avviene soprattutto attraverso le conoscenze personali e dirette, questo da unlato penalizza gli immigrati in quanto esclusi dalle reti sociali della società ospitante, ma una volta cheriescono a penetrare in un segmento del mercato del lavoro vi si inseriscono efficacemente proprio graziealle reti sociali migratorie.

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4.  LE RETI SOCIALI

Spesso gli immigrati di una certa nazionalità si concentrano in un determinato settore o svolgono la stessaoccupazione. Questo è una conseguenza dell‟azione delle reti migratorie: sono i legami sociali cheproducono l‟incontro tra domanda e offerta di un determinato tipo di lavoro, attraverso i rapportiinterpersonali che diffondono le informazioni sui posti disponibili, attraverso l‟appoggio di parenti, amici e

persone conosciute. Funziona così anche per i lavoratori autoctoni, ma per gli immigrati i fattori relazionalisono ancora più decisivi, poiché essi non hanno per esempio la possibilità di partecipare a concorsi pubblici ehanno difficoltà a far valere i propri titoli di studio conseguiti in patria.

Le loro reti di conoscenze nel paese ospitante si limitano nella maggior parte dei casi al circuito di parenti econnazionali. Gli ambiti in cui gli immigrati già insediati sono in grado di introdurre i nuovi arrivati sonoquelli in cui già lavorano essi stessi, in cui si sono fatti conoscere e di cui dispongono di notizie su postivacanti e opportunità. È così che si formano catene di contatti e conoscenze che conducono a colonizzaredeterminate nicchie occupazionali. Si parla a tal proposito di specializzazione etnica, intendendo appunto laconcentrazione di lavoratori immigrati in determinati ambiti occupazionali, ed è un effetto delle reti.

Ricordiamo la definizione di reti migratorie come complessi di legami interpersonali che collegano

migranti e potenziali migranti nelle aree di origine e destinazione, attraverso vincoli di parentela, amicizia ecomunanza di origine. Nella letteratura internazionale, soprattutto anglosassone, si parla frequentemente direti etniche come sinonimo di reti migratorie, si parla poi di specializzazioni etniche quando le reti diconnazionali si insediano in maniera significativa in una determinata nicchia del mercato del lavoro. Nell‟ambito americano ha avuto una certa diffusione anche il concetto di enclave etnica, che indica unaconcentrazione residenziale di una popolazione immigrata, con la formazione di imprese e istituzioni proprie(scuole, chiese, giornali, banche).

La costituzione di enclavi etniche vere e proprie è rara, invece è un fenomeno abbastanza diffuso nelle grandicittà la formazione di quartieri connotati etnicamente, soprattutto nei paesi con storie di immigrazione piùantiche (si pensi a Chinatown, Little Italy). Questo fenomeno può assumere valenze diverse, può determinareun‟esperienza di isolamento e ghettizzazione della comunità immigrata, ma può essere anche unarricchimento del  panorama della vita urbana sotto il profilo dell‟offerta culturale, commerciale,intrattenimento.

Lo studio delle reti migratorie è un modo per osservare come le relazioni sociali intervengono a strutturarel‟azione economica. L‟azione delle reti sociali è una delle più notevoli forme di costruzione sociale dei processi economici. Nei contesti economici contemporanei, l‟influenza delle reti sociali pervade ilreclutamento delle forza lavoro, per lo meno nelle piccole imprese. Questo però ha una conseguenza: leassunzioni operate attraverso le reti di contatti sociali, cioè per conoscenza, fanno abbassare la probabilitàche le imprese trovino i lavoratori più adatti e che i lavoratori trovino l‟occupazione che meglio risponde alleloro capacità. In questo modo ogni impresa ha accesso soltanto a una frazione dei lavoratori chepotenzialmente potrebbero occupare il posto offerto, così come ogni lavoratore ha accesso soltanto a una

frazione dei posti di lavoro che potrebbe teoricamente occupare.Le reti migratorie svolgono diverse funzioni: canalizzano informazioni, forniscono un punto di riferimentoper i nuovi arrivati, aiutano nella ricerca del lavoro e dell‟alloggio, realizzano opportunità di incontro esocializzazione, offrono sostegno emotivo. Tuttavia l‟azione delle reti non è sempre positiva: l‟aiuto fornitonon è sempre disinteressato, ma possono anche instaurare rapporti di sfruttamento ai danni dei nuovi arrivatie coinvolgerli in circuiti devianti. Lo stesso sostegno nella ricerca del lavoro concorre a intrappolare gliimmigrati in nicchie collocate ai livelli inferiori del mercato del lavoro.

L‟azione delle reti migratorie, e anche di altre istituzioni sociali volte a f avorire l‟inserimento degliimmigrati, è tanto più importante quanto meno incide la regolazione pubblica e statale. In Italia, per gliimmigrati, le reti migratorie rappresentano il primo e principale punto di riferimento al loro arrivo, nel loro

percorso di inserimento e adattamento, e nell‟affrontare tutti i problemi. Questa funzione di sostegno,esercitata in modo spontaneo e informale dalle reti sociali, occupa gli spazi lasciati vuoti dai poteri pubblicinella promozione di processi di integrazione economica e sociale dei nuovi arrivati. Si parla di reti di mutuoaiuto tra immigrati.

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Tratti specifici delle reti migratorie rispetto ad altre reti sociali:

•  Si tratta di reti più concentrate ed esclusive di quelle della popolazione autoctona. Di solito ognunodi noi partecipa a diverse cerchie sociali: di appartenenza familiare, lavorative, amicali, di vicinato,ecc., siamo inseriti in più reti di relazioni. Per gli immigrati invece queste varie cerchie tendono acoincidere. Le rete familiare (più o meno allargata ai connazionali) è anche il luogo in cui si

trascorre il tempo libero, dove si trova sostegno, dove si trova lavoro, ecc.•  Per gli immigrati sono preponderanti i legami forti, quelli basati sui vincoli familiari e di amicizia,

mentre sono molto meno tenui i legami deboli, basati sulla semplice conoscenza o frequentazioneoccasionale. Ma in realtà è proprio di questi legami che avrebbero bisogno per uscire dall‟ambienteristretto della “famiglia” e trovare una maggiore integrazione nella società ospitante, e uscire dailivelli più bassi (lavorativi e non solo) in cui vengono relegati gli immigrati. Questa è una delle causedelle concentrazione di determinati gruppi immigrati in determinati settori lavorativi. Lespecializzazioni etniche sono insieme effetto e causa di questi processi.

Funzioni svolte dalle reti etniche. La loro azione di supporto si esplica in diversi ambiti: accoglienza esistemazione logistica, ricerca di lavoro subordinato, aiuto in caso di autoimprenditorialità (con capitali ecollaborazioni per le imprese etniche), approvvigionamento di informazioni tramite il passaparola, supporto

sociale (per i molteplici problemi..malattie, sfratti, incidenti), sostegno emotivo e psicologico (attraverso lafrequentazione dei connazionali gli immigrati recuperano e conservano la loro identità culturale, trovano unaiuto nell‟affrontare lo stress della lontananza da casa, la solitudine, i problemi di comunicazione, il senso diemarginazione e inferiorità percepito nella società ospitante).

Occorre precisare che l‟influenza delle reti sociali varia a seconda delle situazioni individuali e delle diversefasi del percorso migratorio. Normalmente il loro apporto è più decisivo nelle prime fasi del processo diinsediamento e nel caso di persone sole senza famiglia. Il ricongiungimento familiare e l‟adattamento allasocietà ospitante (si impara la lingua, si impara a muoversi nella società) riducono la dipendenza dalla retesociale dei connazionali. Il legame con le reti è più importante per gli immigrati meno qualificati, chi invececerca di inserirsi in posizioni qualificate difficilmente potrà contare sulle modeste risorse che parenti econnazionali possono fornire.

Un altro aspetto da considerare è che le reti migratorie contribuiscono anche ad alimentare fenomenimicroimprenditoriali. Quando una comunità immigrata si stabilizza in un paese ospitante, sorge la domandadi prodotti e servizi specifici (si pensi a negozi etnici, ristoranti, centri telefonici, macellerie islamiche..).L‟imprenditorialità etnica trova impulso nella presenza di immigrati e vi trova anche forza lavoro (poichéassumono i propri connazionali).

Le reti migratorie non hanno soltanto valenze positive. Possono limitare la mobilità individuale, rafforzare lasegregazione occupazionale, coinvolgere i partecipanti in attività devianti. Benché l‟azione delle reti possaavere conseguenze indesiderabili, senza di esse i processi di integrazione degli immigrati sarebbero più arduie incerti. Molti esiti dipendono in realtà dalla disponibilità di altri dispositivi di inclusione e promozione

sociale degli immigrati nelle società riceventi, nonché dalle modalità di organizzazione e funzionamentodelle reti stesse.

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5.  IL LAVORO INDIPENDENTE

Il passaggio al lavoro autonomo rappresenta nei fenomeni migratori delle società contemporanee la novità dimaggiore rilievo. Gruppi minoritari, socialmente marginali nelle società ospitanti, spinti dal bisogno edall‟aspirazione alla mobilità sociale, sviluppano una propensione per il lavoro autonomo el‟imprenditorialità. In America settentrionale il fenomeno ha già una consistente tradizione, ma anche in

Europa il tasso di lavoro autonomo degli immigrati sta crescendo.

Il fenomeno non si manifesta in modo uguale in tutti i paesi e per tutte le nazionalità di immigrati, esistonoinfatti profonde differenze tra i contesti locali e tra i diversi gruppi nazionali, alcuni più di altri riescono asviluppare esperienze di imprenditorialità. Diversi studi hanno cercato di individuare le ragioni di talidiversità in fattori e caratteristiche interne alle popolazioni immigrate:

•  Teoria culturale: alcuni gruppi etnici sono più propensi di altri alle attività commerciali e al lavoroautonomo per una questione culturale, di valori condivisi, background psicologico, religioso,socioculturale.

•  Teoria dello svantaggio: quella del lavoro autonomo è una scelta di ripiego contro la difficoltà diaccedere al mercato del lavoro “normale”. Quindi minoranze svantaggiate per la scarsa padronanza della

lingua, con un capitale educativo poco spendibile, soggette a forme di discriminazione nell‟accesso allavoro, tenderebbero a rifugiarsi, in mancanza di meglio, in attività indipendenti.

•  Teoria della mobilità bloccata: l‟autoimprenditorialità sarebbe una risposta alla discriminazioneincontrata non tanto nell‟accesso al lavoro subordinato quanto nelle possibilità di carriera eavanzamento. Quindi gli immigrati passerebbero al lavoro indipendente perché nel mercato del lavorodipendente non riescono ad avanzare in maniera corrispondente al loro livello di istruzione o alle loroaspirazioni. Qui il lavoro indipendente ha un valore positivo, al contrario delle teoria dello svantaggio.

•  Teoria delle middleman minorities: si tratta di quei gruppi etnici che hanno storicamente ricoperto nelmondo il ruolo di minoranze dedite ad attività commerciali (si pensi agli ebrei, agli indiani in Sudafrica,ai cinesi in Tailandia). Condividono alcune caratteristiche: sono migranti che non si insediano inmaniera permanente, si concentrano in determinate attività e settori, dedizione al lavoro, alto grado disolidarietà interna con la formazione di comunità molto organizzate e chiuse in sé stesse, resistentiall‟integrazione. 

•  Teoria della successione ecologica: la piccola borghesia impegnata in attività indipendenti sopravvivemediante il reclutamento di piccoli imprenditori dalle classi più basse, così quando in un quartiere i piùanziani operatori nazionali cominciano ad uscire dall‟attività e non trovano succ essori, nuovi lavoratoriindipendenti sorti dalle fila della popolazione immigrata tendono a prendere il loro posto. 

•  Teoria delle enclave: per enclave si intendono delle aree in cui si realizza un‟elevata concentrazione diimprese fondate da stranieri. Gruppi di immigrati si concentrano in una determinata dislocazionespaziale e organizzano imprese, destinate a servire prima il mercato interno del gruppo , soprattutto per prodotti specifici difficilmente reperibili all‟esterno, poi la popolazione esterna generale. 

•   Integrazione tra teoria culturale e teoria dello svantaggio: non tutti i gruppi svantaggiati si mostranougualmente intraprendenti, ciò che fa la differenza allora è la disponibilità di risorse collettive. Quindi

alcuni gruppi immigrati hanno sviluppato tassi di imprenditorialità più alti perché hanno potuto disporredi particolari risorse.

 Negli anni più recenti si è sviluppata una maggiore attenzione alle connessioni dell‟imprenditoria immigratacon i sistemi economici delle società ospitanti, quindi l‟imprenditoria immigrata sarebbe legata alletrasformazioni delle economie postindustriali e al funzionamento delle metropoli (che di fatto incoraggianola proliferazione di piccole imprese). Nelle metropoli della globalizzazione economica si è generata unadiffusa domanda di lavoro povero, sia nei servizi alle imprese, sia nei servizi alle persone e alle famiglie. Lapenetrazione degli immigrati in questi ambiti, non solo come salariati ma anche come lavoratori autonomi, èfavorita dalla diminuzione di iniziativa imprenditoriale da parte dei nativi, attratti da occupazioni più sicuree socialmente elevate.

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I costi dell’intraprendenza. Aspetti critici del fenomeno:

• Sfruttamento della manodopera femminile. L‟avvio di attività imprenditoriali nelle società ospitanti restaun‟esclusiva prevalentemente maschile, mentre le donne sono relegate spesso a essere la manodoperaimpiegata nell‟attività a gestione familiare, lavoratrici non retribuite o sottopagate, sottoposte a ritmi econdizioni di lavoro pesanti. Pertanto alla base di molte imprese di immigrati vi sarebbero relazioni di

genere basate sulla disuguaglianza e sullo sfruttamento delle donne.

• Condizioni di lavoro. Soprattutto nei settori labour intensive come l‟abbigliamento, basato sullalavorazione per conto terzi, si rilevano: lavoro a domicilio illegale, impiego di immigrati irregolari,condizioni di lavoro malsane, utilizzo di minori, assenza di controlli statali.

•  Lavoro protratto e problemi familiari. Tipicamente i lavoratori autonomi immigrati si sottopongo a unavita di duro lavoro, le attività immigrate lavorano molto di più di quelle autoctone con orari di lavoroprolungati, che hanno inevitabilmente ripercussioni sulla qualità della vita familiare.

• Costi per la società più ampia. L‟imprenditoria immigrata con il suo lavoro a basso costo e con tali formedi sfruttamento rischia di abbassare le condizioni di impiego del lavoro anche all‟esterno, condizione

l‟azione sindacale, inibisce la formazione di una coscienza di classe.

Il caso italiano. Nell‟economia italiana il lavoro autonomo è molto radicato, molto più che negli altri paesiavanzati. Per tanto tempo l‟ispirazione a mettersi in proprio ha rappresentato per molti italiani il principalecanale di mobilità sociale, gli immigrati si inseriscono quindi in un ambiente economico e culturale con unaradicata tradizione di lavoro autonomo. D‟altro canto però il massiccio insediamento di operatori italiani nelsettore rappresenta per certi versi una barriera all‟ingresso di lavoratori autonomi stranieri, ostacolandol‟inserimento di nuovi attori (per esempio, il settore dei taxi in molte metropoli occidentali è un tipicocampo di insediamento di lavoro indipendente immigrato, in Italia non avviene per via delle leggi moltosevere nella concessione delle licenze). È probabile che riescano a inserirsi più facilmente nelle attività piùsgradite e meno redditizie, gradualmente abbandonate dagli operatori italiani.

Dal punto di vista legislativo, la legge quadro del „98 ha liberalizzato la possibilità di avviare ditteindividuali aprendo così le porte all‟imprenditoria immigrata. 

Inoltre, anche in Italia, nonostante la relativa giovinezza dell‟immigrazione, cominciano a crearsi dellecomunità immigrate insediatesi stabilmente nelle nostre città, con le relative conseguenze, ovvero iricongiungimenti familiari, il consolidamento delle reti migratorie e la creazione di mercati etnici, con ladomanda di servizi, negozi, attività connotati etnicamente. Si sviluppa appunto una domanda che a cui darisposta l‟imprenditoria immigrata. 

Nel nostro paese, è ancora difficile per gli immigrati qualificati vedere riconosciuti i propri titoli di studio ele competenze professionali pregresse, il fenomeno delle skilled migrations è praticamente sconosciuto, pertanto l‟avvio di attività indipendenti sembra essere l‟unica possibilità per coloro che cercano unavanzamento sociale.

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6.  LE DONNE MIGRANTI

Un aspetto rilevante dei fenomeni migratori contemporanei è l‟aumentato protagonismo e presenza delledonne. È aumentato il numero delle donne che emigrano non solo come ricongiungimenti familiari, maanche che emigrano da sole, per cercare lavoro in un altro paese, al pari degli uomini. Donne comeprimomigranti che vengono poi raggiunte dai familiari. La presenza delle donne aumenta anche tra i rifugiati

e i richiedenti asilo, e anche nel traffico dei esseri umani, soprattutto a sfondo sessuale.

Le donne migranti sono, più degli uomini, vittime di processi discriminatori nelle società riceventi, tanto chesi parla di una doppia, tripla e a volte anche quadrupla discriminazione . Sono doppiamente discriminatein quanto donne e in quanto immigrate. Alla discriminazione per genere e razza, se ne aggiunge una terza,quella di classe, poiché spesso si trovano in condizioni sociali ed economiche svantaggiate. Il quarto attributoche aggrava la condizione delle donne immigrate sarebbe il colore delle pelle.

A proposito delle discriminazione per razza, occorre sottolineare che esiste una gerarchizzazione delle donneimmigrate nelle società riceventi, tale per cui le famiglie autoctone preferiscono come collaboratrici familiaridonne originarie di determinati paesi mentre rifiutano di assumerne altre per via di una nazionalità sgradita.Le donne africane di colore sono generalmente oggetto di discriminazione, però in Italia come in altri paesi,

alcune nazionalità si sono inserite stabilmente nel settore domestico-assistenziale, così capoverdiane, eritreee somale, pur essendo di colore, trovano da anni lavoro nelle famiglie italiane. Invece, le albanesi, benchébianche ed europee, sono state per molto tempo non accettate, a causa della cattiva reputazione del lorogruppo nazionale. Al vertice della gerarchia delle preferenze vi sono le filippine, che hanno solitamentesalari migliori e lavorano nelle famiglie più agiate. Naturalmente si tratta di stratificazioni fluide e mobili,non fisse, ma che cambiano nel tempo e nei luoghi.

Per quanto riguarda la discriminazione per classe sociale, è bene ricordare che molte donne immigrate provengono dalla classe media, hanno conseguite nel loro paese un livello di istruzione alto, ma l‟esperienzamigratoria schiaccia verso il basso il loro capitale umano.

Per quanto riguarda le possibilità occupazionali, le donne immigrate sono nella maggior parte dei casirelegate al lavoro domestico-assistenziale, con qualche estensione nelle imprese di pulizie e nel settorealberghiero. Per le donne immigrate l‟accesso al mercato del lavoro è ancora più difficile che per gli uomini. 

Seguendo un cliché paradossale, le donne immigrate sono la parte più accettata della popolazione migrante,quella che suscita meno timori e resistenze, quella che trova più facilmente lavoro (sebbene sempre relegatoad attività domestiche) e alloggio. Tuttavia, qualunque sia il loro livello di istruzione, le esperienzeprofessionali pregresse, le competenze e capacità, viene loro offerto esclusivamente impiego comecollaboratrici familiari, in mansioni di cura delle casa o assistenza alle persone.

Una domanda di lavoro femminile così caratterizzata in campo domestico-assistenziale è congruente con ilmodello familistico di welfare, tipico dei paesi mediterranei. Il sistema di protezione sociale italiano è basato

essenzialmente su aiuti monetari, sotto forma di pensioni, e meno su servizi pubblici alle persone e allefamiglie, rispetto ai paesi del nord Europa. In questo modo alle famiglie, ed in particolare alle donne,vengono delegati i compiti di cura, che altrove sono assunti dagli apparati pubblici. A questo si aggiungal‟entrata nel mercato del lavoro extradomestico delle donne sposate. L‟impiego di collaboratrici familiari, ein maniera crescente di donne immigrate, risponde quindi a queste nuove esigenze delle famiglie autoctone,nell‟aiutare le famiglie e le donne italiane a reggere i carichi domestici e assistenziali. 

Tre profili professionali del lavoro domestico-assistenziale:

-   Assistente a domicilio per anziani, il più faticoso, vengono richieste prestazioni di tipo assistenziale eparasanitario, si richiede non solo occuparsi dello stato di salute e pulizia della persona, ma anchecompagnia e sostegno emotivo. È richiesta la coabitazione, e quindi senza orari, anche di notte e nei

giorni festivi. In questo segmento del mercato è larghissimo l‟impiego di donne immigrate in condizioneirregolare.-  Collaboratrice  familiare fissa, al servizio di famiglie abbienti. Il lavoro in questo ambito è solitamente

meno pesante, ma non meno costrittivo per l‟autonomia personale e la vita privata, poiché richiede la

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coabitazione. La qualità del rapporto di lavoro dipende dall‟atteggiamento dei padroni di casa. Vi sonocasi sia di lavoro in nero che regolare.

-  Colf a ore. Il vantaggio è quello di non dover convivere con i datori di lavoro e di acquisire autonomiapersonale, si può avere una propria casa e vivere con la propria famiglia. Si avvicina di più a un normalelavoro, diminuisce però la convenienza economica per via della necessità di provvedere al vitto ealloggio. Inoltre richiede una certa capacità di muoversi nella società ricevente, per questo spesso è

un‟evoluzione degli altri due lavori. Viene infatti svolto con maggiore frequenza da donne in possessodi permesso di soggiorno e insediate in maniera stabile nella società ricevente. Molto diffuse restanoinvece le irregolarità contrattuali e retributive (lavoro non messo in regola).

La relativa facilità nel trovare occupazioni di questo genere ha come contrappunto la grande difficoltà auscirne per inserirsi in attività più qualificate. Stando alle statistiche, non sono rari poi i casi di sfruttamentodel lavoro femminile nell‟ambito domestico, che vanno dalla violazione degli obblighi contrattuali, fino adabusi e prepotenze, stabilendo forme di lavoro servile (soprattutto quando la lavoratrice non ha un permessodi soggiorno, e il datore di lavoro può approfittarne con forme di ricatto).

Spesso occupazioni che a noi appaiono dequalificate come quella della collaboratrice domestica, sono visteinvece dalle donne immigrate come veicolo di emancipazione. Una volta arrivate fanno il confronto con la povertà e l‟arretratezza dei contesti da cui provengono, con la soggezione a rapporti patriarcali e la mancanzadi autonomia. L‟indipendenza economica che acquisiscono con il salario che guadagnano diventa una primaforma di promozione sociale. Spesso migrare è anche un modo socialmente accettabile di sottrarsi amatrimoni infelici e alla soggezione a mariti e padri, guadagnando l‟indipendenza e l‟autonomia. 

Anche le stesse migrazioni maschili si riflettono in un aumento dell‟autonomia femminile, poiché in assenzadei mariti emigrati, le donne rimaste in patria assumono la guida della famiglia.

Le migrazioni femminili sono più dipendenti da ragioni familiari di quelle maschili, e anche il fatto che ildenaro guadagnato dalle donne viene mandato a casa per aiutare la famiglia ne innalza lo status econtribuisce ad aumentare la loro autonomia ed emancipazione.

Inoltre la donna nelle comunità immigrate, anche quando è relegata nelle sfera domestica e familiare, assumeun ruolo fondamentale e di protagonismo, che è quello di assolvere le funzioni di mediazione culturale. Sonoprincipalmente le donne che, attraverso la gestione dei legami sociali, tengono viva la cultura del gruppoetnico di appartenenza, con la conservazione di abitudini e usi, la trasmissione ai figli di valori culturali e ilmantenimento delle pratiche religiose.

Le donne migranti sono protagoniste anche nei rapporti con la società ospitante, e promotrici di processi diintegrazione. Sono le donne che a tutti gli effetti fanno degli immigrati una comunità all‟estero, intessendorelazioni sia all‟interno che all‟esterno. 

Un aspetto emergente delle dinamiche familiari è quello delle  FAMIGLIE TRANSNAZIONALI, in cui igenitori vivono in paesi diversi da quelli dei figli. Il fenomeno diventa importante quando sono soprattutto lemadri che emigrano, lasciando i figli a casa, con i padri o con i nonni. È oggetto di interesse lo sforzo che lemadri migranti devono affrontare per mantenere il rapporto con i figli: viaggi frequenti, uso di tutti i mezzi dicomunicazione, diverse pratiche di cura familiare a distanza, risorse economiche inviate. Si ridefiniscono, sisopprimono i tradizionali ruoli familiari.

Si possono distingue tre diverse forme di migrazione familiare:•   Ricongiungimenti familiari, attuati dall‟uno o dall‟altro coniuge. Alla chiusura delle frontiere europee

 per l‟immigrazione per lavoro, i ricongiungimenti sono diventati il principale canale di ingresso per inuovi immigrati.

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•   Migrazioni per matrimonio, che comporta quindi la formazione di nuove famiglie. Tipico era il caso in passato dell‟uomo celibe emigrato sposava una donna del suo paese di origine spesso tramite sensali e laconduce con sé nel paesi ospitante. È frequente ancora oggi in alcune componenti delle popolazioniimmigrate in Europa cercare uno sposo o una sposa del proprio paese di origine.

•   Migrazioni di intere unità familiari, più tipico dei rifugiati che degli immigrati per lavoro.

Sei percorsi di costituzione del nucleo familiare:-  Percorso al maschile, il più tradizionale e diffuso, in cui l‟uomo emigra per primo, trova lavoro e casa e

 prepara il terreno per l‟arrivo di figli e moglie, -  Percorso al femminile, la donna parte per prima e promuove l‟arrivo di marito e figli, -  Percorso neocostitutivo, la famiglia si forma nel paese ricevente, con un partner incontrato sul posto o

fatto venire dal paese di origine,-  Percorso simultaneo, i coniugi o l‟intera famiglia si trasferiscono nello stesso momento,-  Percorso monoparentale, uno solo dei genitori emigra,-  Percorso delle famiglie miste, formate da partner di origine diversa.

Il ricongiungimento è un fattore di normalizzazione della presenza degli immigrati, il cui profilo sociale edemografico tende così ad avvicinarsi a quello della popolazione autoctona. La presenza delle famiglie, didonne e bambini, aumenta la domanda di servizi sanitari, scolastici, abitativi nei paesi riceventi.

Un paradosso è che l‟immigrazione più accettata, quella familiare, è quella che ha più ripercussioni sullasocietà ricevente, e più costosa sotto il profilo economico, rispetto a quella dei lavoratori adulti, che puressendo più conveniente è invece meno accettata socialmente.

Un‟altra importante dimensione dei fenomeni migratori è rappresentata dai matrimoni misti. Nel nostropaesi, come in altri, la grande maggioranza delle unioni miste legano un uomo nativo con una donna

straniera. Queste unioni vengono viste come un veicolo di integrazione.È interessante l‟analisi delle motivazioni che spingono le persone immigrate a contrarre matr imonio con unpartner autoctono. Tipologie di matrimonio:-  di convenienza, finalizzato ad acquisire uno status giuridico che consenta di rimanere nel paese o a

migliorare la propria condizione economica,-   facilitatore, per accelerare l‟inserimento nella società di accoglienza, -  riparatore, in seguito alla nascita di figli,-  elettivo, di natura affettiva,-  intellettuale, finalizzato a conoscere l‟altra cultura, -  negoziato, combinato con un servizio di intermediazione,-   per  motivi culturali, rappresenta un modo per rompere con la propria famiglia di origine e mettere in

discussione i valori tradizionali di origine, tipico delle donne.

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7.  I FIGLI DELL’IMMIGRAZIONE 

La formazione di una nuova generazione scaturita dall‟immigrazione rappresenta un nodo cruciale neifenomeni migratori, segna il passaggio da migrazioni inizialmente vissute come esperienze provvisorie ainsediamenti definitivi, con la trasformazione da immigrazioni per lavoro in immigrazioni di popolamento.Inoltre è un fattore di trasformazione delle società riceventi. Ricongiungimenti familiari, nascita dei figli,

scolarizzazione, incrementano i rapporti tra gli immigrati e le istituzioni della società ricevente, producendoun progressivo processo di integrazione dell‟immigrato. 

Nel bene e nel male, la nascita e la socializzazione dei figli dei migranti inevitabilmente producono unosviluppo delle interazioni, degli scambi, comportando delle trasformazioni nella società dei paesi in cuiavvengono.

Nella definizione di seconde generazioni rientrano diverse categorie: dai figli nati e cresciuti nella societàricevente, ai figli ricongiunti che arrivano nel nuovo paese già cresciuti, con alle spalle un processo disocializzazione nel paese di origine, ai figli delle coppie miste. I diversi casi (minori nati in Italia, ricongiuntiin base alle diverse età, giunti da soli, rifugiati, per adozioni internazionali, figli di coppie miste) comportanosituazioni socioculturali e problematiche educative diverse.

La questione delle seconde generazioni è cruciale rispetto alla ridefinizione dell‟ integrazione sociale nelle

società riceventi. In generale le seconde generazioni sono spesso viste come fonte di problemi per le societàriceventi. La loro socializzazione in contesti sviluppati le rende meno disponibili della generazione deigenitori a sobbarcarsi i lavori umili che questi accettavano, mentre l‟accesso alle opportunità migliori rimanedifficile e spesso precluso. Il problema si pone quindi non perché i figli degli immigrati non sianoculturalmente integrati, ma al contrario, proprio perché cresciuti in contesti occidentali hanno assimilatogusti e aspirazioni dei loro coetanei autoctoni, e come loro tendono e rifiutare le occupazioni subalterne che iloro genitori accettavano.

Il problema è che nonostante questo spesso continua ad essere difficile anche per loro l‟ingresso nel mercatodel lavoro qualificato, da ciò, da questa dissonanza tra socializzazione culturale riuscita ed esclusionesocioeconomica, possono originarsi fenomeni di esclusione sociale, devianza, opposizione alla societàricevente.

Riguardo al processo di inclusione delle seconde generazioni nella società ricevente, si sono confrontatediverse visioni:

-  Strutturaliste, diffuse in ambito europeo, sottolineano la persistente discriminazione sofferta anche daifigli degli immigrati, nell‟ambito educativo e occupazionale, 

-   Neoassimilazioniste, più tipiche dei paesi extraeuropei sviluppati, rilevano come i processi diassimilazione avvengano inevitabilmente sotto il profilo linguistico, lavorativo, matrimoniale, scolastico,

-  Altre visioni si situano in una posizione intermedia tra le due precedenti.In questo ambito è stato elaborato, con riferimento alle città americane, il concetto di downward 

assimilation, per indicare l‟assimilazione verso il basso dei giovani immigrati all‟interno dei comunitàmarginali. Succede che i giovani immigrati si trovano a crescere nei ghetti urbani insieme ad altreminoranze svantaggiate, come la popolazione di colore più povera, acquisendo una convinzione di unadiscriminazione insuperabile da parte dalla maggioranza autoctona e l‟idea dell‟inutilità di ogni sforzo dimiglioramento sociale. Si alimenta così una cultura oppositiva, che comporta il rifiuto di norma e valoridella società maggioritaria.In questa visione viene proposto anche il concetto di assimilazione segmentata, che coglie il diversogrado di successo raggiunto dalle diverse minoranze immigrate, nel contesto americano. I diversi gradi disuccesso ottenuti in ambito scolastico e lavorativo da giovani appartenenti a diverse comunità immigratesono stati collegati con il ruolo delle famiglie di origine, in termini di rafforzamento dell‟identitàcomunitaria e di investimenti educativi. Le seconde generazioni ottengono migliori risultati scolastici deigenitori, livelli di istruzione più alti con conseguente miglioramento degli esiti occupazionali e dellostatus economico conseguito. Esistono però notevoli differenze tra le diverse componenti etniche, gliasiatici ottengono i risultati migliori, superando addirittura i bianchi a volte, mentre i messicani restano

 più indietro nell‟istruzione, non ottenendo progressi rispetto alla generazione precedente. Molte minoranze incoraggiano un tipo di assimilazione definita acculturazione selettiva, che consistenell‟apprendere la lingua e la cultura americana ma mantenendo anche la lingua, la cultura, i valori dellafamiglia di origine. Questa forma di acculturazione conduce a un‟integrazione più efficace. 

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In ogni caso il destino delle seconde generazioni è mediato dalle istituzioni sociali che incontrano neiprocessi di socializzazione, prima di tutto famiglia e scuola.

La famiglia è la prima istituzione di socializzazione e ha un ruolo fondamentale nel determinare i processi diinserimento dei figli nella società ospitante. Nei casi di ricongiungimenti familiare, spesso i figli sono affidatialle madri appena arrivate, mentre i padri vanno a lavorare, con scarse competenze linguistiche e ridotta

capacità di movimento nella società ospitante. È ovvio che madri fragili socialmente sono un sostegno precario per il processo educativo dei figli e l‟inserimento nella società. Gli immigrati di secondagenerazione, grazie alla frequenza della scuola, si vengono a trovare ben presto in una situazione di piùavanzata integrazione culturale nella società ricevente rispetto ai genitori. Quindi in una situazione ditensione tra ubbidienza ai genitori che perpetrano i loro valori tradizionali e maggiori capacità di interazionee movimento nella società ospitante, viene messo a soqquadro il rapporto genitori-figli nelle famiglieimmigrate.

Esiti problematici sono:-  il rovesciamento dei ruoli, attraverso il quale i figli grazie alla migliore conoscenza della lingua assumono

delle responsabilità nell‟aiutare i genitori nel contatto con la società ospitante, accompagnandoli dalmedico, nei rapporti con gli uffici pubblici, ecc. Questo rischia di indebolire l‟autorità dei genitori e la

loro funzione di guida nella crescita dei figli;-  la perdita di autorevolezza e capacità educativa dei genitori, superati dai figli per dimestichezza,

socializzazione, capacità di movimento nella società;-  la tensione nei confronti della trasmissione di modelli culturali della società di origine (il conflitto tra il

mantenimento delle tradizioni e l‟assimilazione della nuova cultura); -  le problematiche di genere, in merito soprattutto ai processi di emancipazione femminile che possono

essere visti come pericoli per i valori patriarcali tramandati da molte culture.

La seconda istituzione di socializzazione è la scuola, vista come luogo fondamentale in cui si determinano lebasi per l‟integrazione o le premesse per l‟emarginazione, e quindi come possibile trampolino di lancio per la

promozione sociale o meno.In generale giocano un ruolo importante:-  le risorse e gli atteggiamenti della famiglia nel promuovere la carriera scolastica dei figli. Il livello di

istruzione dei genitori influisce sul livello di istruzione che raggiungeranno i figli.-  il funzionamento del sistema scolastico della società ricevente, con il suo grado di apertura nei confronti

degli alunni con un background linguistico e culturale diverso, con le sue capacità di cogliere e trattare lediversità culturali e predisporre misura di accoglienza e sostegno per i figli degli immigrati.

La condizione delle seconde generazioni è dunque ambigua, in bilico tra appartenenza ed estraneità. Sipossono individuare tre traiettorie generali che le seconde generazioni possono seguire:-  l‟assimilazione tradizionalmente intesa (l‟avanzamento socioeconomico si accompagna

all‟acculturazione nella società ricevente e abbandono dell‟identità etnica minoritaria), -  la confluenza negli strati svantaggiati delle popolazione (con scarse possibilità di fuoriuscita da una

condizione di esclusione, marginalità, disoccupazione),-  l‟assimilazione selettiva (la conservazione dei tratti identitari minoritari rielaborati ed adattati al nuovo

contesto diventa una risorsa, un arricchimento per il proprio capitale umano e facilita i processi diinclusione),

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8.  LA REGOLAZIONE DELL’IMMIGRAZIONE 

Le politiche pubbliche in materia di immigrazione si dividono in due grandi categorie:

• le politiche migratorie rivolte alla regolazione dei flussi migratori e al controllo dell‟ingresso nel territoriodi cittadini stranieri,

• le politiche per gli immigrati, che riguardano la gestione dei rapporti con la popolazione immigrata, gliapprocci e le misure per la sua integrazione nella società ricevente.

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Negli ultimi anni la questione del controllo e della regolazione delle migrazioni è diventata di grandeattualità. In passato, fino agli anni ‟70, erano i paesi di partenza che cercavano di ostacolare l‟emigrazionedei propri cittadini per non perdere manodopera e risorse per l‟esercito, a partire dalla fine del „900 invecesono stati i paesi mete di migrazioni a chiudere le frontiere per bloccare i flussi migratori in ingresso.

Un paradosso degli ultimi anni è il fatto che sono stati liberalizzati gli scambi finanziari, commerciali,turistici, culturali attraverso le frontiere mentre i movimenti di persone sono stati sottoposti a regimi

restrittivi. Anzi sono liberalizzati a senso unico, cioè avvengono in libertà dai paesi ricchi ai poveri, mentrevengono ostacoli in senso inverso.

La regolazione politica del fenomeno rappresenta oggi una questione di primo piano nella maggior parte deipaesi sviluppati. Nei diversi paesi si registra una similarità di azione nelle misure politiche adottate percontrastare l‟immigrazione, soprattutto quella irregolare (Ipotesi della convergenza). Tali misure però, ingenerale, vengono percepite come inadeguate dalla popolazione, scatenando il malcontento dell‟opinionepubblica contro i movimenti migratori (Ipotesi del divario). Ne consegue una crescente pressione neiconfronti delle forze politiche e dei governi affinché adottino misure più restrittive.

Un elemento cruciale nelle politiche di regolazione delle migrazioni è l‟organizzazione dei controlli applicati ai migranti. Vengono distinti controlli esterni (visti, permessi di soggiorno, regole per l‟ingresso ela permanenza, messi in atto dagli stati nazionali per governare l‟accesso al proprio territorio) e controlliinterni (per intercettare gli immigrati che soggiornano illegalmente sul territorio).

Le politiche di controllo delle migrazioni sono considerate come il luogo di mediazione tra forze di mercato,che spingono verso un‟apertura delle frontiere alla forza lavoro immigrata, e logiche politiche, che tendonoinvece a chiudere i confini e riservare servizi e diritti di protezione sociale solo ai cittadini.

La regolazione dell‟immigrazione oggi è una questione principalmente di politica, il rapporto tra aperturedeterminate da motivazioni economiche e umanitarie e chiusura suggerite da motivazioni politiche, devetenere conto di numerosi fattori: calcoli di politica estera, accordi governativi, pressione delle organizzazioninon governative e umanitarie, sicurezza e contrasto del terrorismo, opinione pubblica.

 Nello scenario europeo, poiché tutti i paesi ammettono in un modo o nell‟altro delle possibilità di ingressolegale anche per lavoro, la priorità è attribuita alla repressione dell‟immigrazione irregolare e all‟uso

improprio del diritto d‟asilo e al traffico di essere umani. Vi è una crescente collaborazione tra i vari paesinel trovare risposte comuni al fenomeno e nell‟armonizzare le procedure e le azioni da intraprendere (una politica comune in materia di visti, incremento dell‟efficacia delle procedure di espulsione, coordinamentodei controlli alla frontiera, repressione del traffico di persone e del favoreggiamento dell‟ingressoclandestino). Gli stati dell‟UE hanno convenuto sullo sviluppo di una politica comune concernente lemigrazioni illegali, il controllo dei confini esterni, il rimpatrio dei immigrati senza documenti, lacooperazione con i paesi di origine.

Nonostante la politica di chiusura portata avanti dai governi europei, continuano le spinte all‟apertura dellefrontiere per esigenze economiche. I fabbisogni dell‟economia continuano in un modo o nell‟altro adimporsi, alimentando così i flussi migratori.

Risulta quindi che gli sforzi dei governi per controllare le migrazioni hanno dei limiti strutturali, chedipendono dai mercati, da fattori che inducono la partenza nelle società di origine, dal ruolo delle struttureintermediarie che favoriscono i trasferimenti con le reti migratorie. I governi appaiono quindi deboli,condizionati e contraddittori nella loro azione.

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Le ragioni del limitato successo degli sforzi politici per regolare le migrazioni:

-  solo raramente i governi dei paesi riceventi intervengono sul complesso di fattori che operano nei paesidi origine favorendo l‟emigrazione, 

-  la regolazione dell‟immigrazione è spesso una risposta a breve termine formulata sotto la pressionedell‟opinione pubblica, 

- le popolazioni immigrate insediate stabilmente rappresentano a loro volta un importante fattore neiprocessi migratori complessivi contribuendo a produrre nuova immigrazione,

-  l‟applicazione di politiche restrittive verso certe categorie di stranieri può interferire con altri importantiobiettivi politici, come l‟apertura al turismo internazionale o scambi culturali, 

-  può cozzare con i valori etici delle società democratiche.

Tutti i paesi europei ammettono qualche forma di immigrazione per lavoro, oltre ai ricongiungimentifamiliari e all‟accoglienza dei rifugiati. Però le possibilità di ingresso legale disponibili si collocano ai dueestremi opposti della struttura occupazionale: si tratta di autorizzazioni per lavoro stagionale, soprattutto inagricoltura e settore turistico, o di lavoratori ad alta qualificazione, nei settori tecnologici.

Le restrizioni hanno riguardato anche il diritto d‟asilo e la possibilità d‟ingresso per ragioni umanitarie.Canale che è stato sempre più utilizzato da quando sono state ristrette le possibilità di immigrazione per

lavoro. Soprattutto negli anni successivi alla caduta dei regimi comunisti dell‟est-Europa e alle guerre balcaniche, l‟UE è stata interessata dall‟arrivo di una grande popolazione di rifugiati politico-economici.

I paesi sviluppati, in base agli accordi internazionali, non possono respingere chi proviene da paesipoliticamente instabili, colpiti da guerre o disordini sociali, questo ha provocato la crescita di una vastapopolazione di rifugiati di fatto, tollerati per ragioni umanitarie ma senza concrete possibilità di lavorare,studiare e integrarsi nelle società ospitante.

 Negli ultimi anni sono state varate misure atte a ostacolare l‟ingresso nei paesi maggiormente presi di miraper l‟ingresso, al fine di far diminuire le richieste d‟asilo e rendere più r estrittive le procedure per ottenernelo status.

Nonostante gli sforzi dispiegati per controllare le frontiere e gli spostamenti delle persone attraverso i

confini, un certo numero di individui riesce a entrare illegalmente. In molti paesi si manifesta l‟esigenza divarare dei provvedimenti per regolarizzare la presenza di immigrati irregolari.

Molte democrazie occidentali non riescono a fermare l‟immigrazione irregolare e sono costrette a ricorrereperiodicamente a provvedimenti di sanatoria.

I motivi di tutto ciò sono riconducibili a diversi fattori:

-  La convenienza economica, gli immigrati irregolari sono comunque una risorsa per il sistema economicoe sociale, perché proprio per la loro mancanza di diritti li rende flessibili, e quindi appetibili per ilsistema economico (da sfruttare in nero!)

-  L‟attivismo delle reti migratorie, che favoriscono l‟arrivo e l‟insediamento degli immigrati irregolari, -  Il liberalismo delle democrazie occidentali, che si fanno “garanti delle tutela dei diritti civili” non

possono attuare quei provvedimenti che risulterebbero invece i più efficaci nel contrastarel‟immigrazione (espulsioni di massa, pattugliamento armato delle frontiere, criminalizzazione degliimmigrati irregolari, ecc.). Per diventare più efficienti dovrebbero diventare meno liberali.

-  I costi economici di politiche repressive più efficienti e la difficoltà di attuare procedimenti di espulsionenei confronti di immigrati provenienti da paesi con i quali non si ha accordi per la riammissione degliespulsi.

-  Produzione istituzionale dell‟illegalità, introdurre misure restrittive nell‟immigrazione legaleindirettamente incentiva il fenomeno illegale.

In Italia, come negli altri paesi, il percorso tipico dell‟immigrato è il seguente: dopo un ingresso avvenutonella maggior parte dei casi per vie legali, di solito con un visto turistico, un periodo più o meno lungo disoggiorno irregolare e di lavoro in nero, seguito dalla possibilità di regolarizzazione del soggiorno e del

lavoro. Tra economia sommersa, solidarietà etnica e aiuti delle istituzioni solidaristiche umanitarie, gliimmigrati sprovvisti di permesso di soggiorno riescono a sopravvivere in attesa di un provvedimento disanatoria che gli permetta di regolarizzare la propria posizione.I provvedimenti di sanatoria in Italia:

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-  hanno un carattere collettivo e di massa, mentre in altri paesi in cui le regolarizzazioni sonoprovvedimenti individuali concessi caso per caso

-  hanno ricorrenza periodica e scadenze ravvicinate (in media una ogni tre anni). Questo produce l‟ideadistorta e pericolosa che l‟Italia sia un paesi in cui se si riesce ad entrare, pur illegalmente, non mancanole opportunità di impiego nell‟economia sommersa e nel giro di qualche anno è relativamente facileottenere un permesso di soggiorno.

Contraddizione intrinseca: gli immigrati, per poter ottenere e conservare lo status di regolari, devono avereun‟occupazione stabile, ma il mercato li richiede proprio per colmare esigenze relative a lavori instabili eprecari.

9.  POLITICHE PER GLI IMMIGRATI

Le politiche per gli immigrati riguardano gli approcci e le misure per la loro integrazione nelle societàriceventi. Sono stati individuati tre modelli di inclusione degli immigrati:

-  Temporaneo. L‟immigrazione è vista come un fenomeno temporaneo, subordinata a provvisorie esigenzedel paese ricevente, soprattutto esigenze di manodopera, con la prospettiva di farli tornare nel proprio paese d‟origine una volta finta e colmata l‟esigenza. Non è ammesso il ricongiungimento familiare.(Modello tedesco passato).

-   Assimilativo. L‟orientamento delle politiche è verso una rapida omologazione, anche culturale, dei nuoviarrivati. Apertura all‟ingresso di nuovi immigrati, a patto che aderiscano alle regole e alla cultura dellenazione ricevente. Gli immigrati sono per tanto destinati a diventare cittadini. Le istituzione puntanoall‟integrazione (Modello americano passato).

-  Pluralistico. Punta a costruire un‟organizzazione sociale di tipo pluralistico, valorizzando e sostenendola formazione di comunità e associazioni di immigrati con politiche multiculturali (Modello di Canada eAustralia, Olanda).

Il caso italiano è caratterizzato dal fatto di essere entrato recentemente a far parte dei paesi di immigrazionee in maniera improvvisa e inconsapevole. L‟arrivo e l‟insediamento degli immigrati è stato infatti spontaneo,

non derivante da politiche di reclutamento di manodopera né da misure di programmazione degli ingressi, viè stata e vi è una scarsa regolazione istituzionale, le misure legislative hanno affrontato il problema più aposteriori (con sanatorie) che a priori, senza precederlo e governarlo. Gli attori locali (amministrazioni locali,volontariato, associazionismo) hanno un ruolo importantissimo nelle iniziative di accoglienza, a fronteinvece di una scarsa presenza delle istituzioni pubbliche nazionali. L‟inserimento lavorativo degli immigratiè contraddistinto in larga misura dall‟informalità e dalla precarietà. Il diffuso attivismo di reti spontanee dimutuo aiuto tra connazionali non si accompagna tuttavia a uno sviluppo di strutture associative formali eistituzioni proprie come scuole, giornali, sindacati (come avviene invece in altri paesi di più lunga tradizionedi immigrazione). Si nota una opposizione dilagante e fenomeni di chiusura dell‟opinione pubblica neiconfronto degli immigrati, a causa di una diffusa percezione di mancanza di una funzione economicapositiva degli immigrati e della clandestinità dilagante. Per l‟Italia si parla infatti di un modello implicito di

inclusione degli immigrati, privo di misure efficaci ed importanti da parte delle politiche ufficiali (cheassumono solo misure solo parziali ed emergenziali). La legge Bossi-Fini del 2002 ha introdotto regole piùrestrittive per gli ingressi e per le possibilità di soggiorno degli immigrati; da un lato l‟idea di base è quella diammettere lavoratori stranieri in maniera temporanea limitatamente a specifiche esigenza economiche, però ivincoli introdotti rendono complesso e difficile per i datori di lavoro il reclutamento di nuovi lavoratoriimmigrati. Contemporaneamente, la sanatoria per gli immigrati irregolari che hanno trovato lavoro rendeambiguo l‟atteggiamento delle istituzioni: esclusi per principio dall‟ingresso legale, i lavoratori immigratisembrano essere ammessi attraverso la porta di servizio del lavoro irregolare e dei successivi provvedimentidi sanatoria.

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La questione degli immigrati riguarda naturalmente i criteri di attribuzione della cittadinanza.

Possiamo distinguere in proposito quattro criteri di accesso alla cittadinanza:-  Per  discendenza: (diritto di sangue), per essere cittadini di un determinato paese occorre essere figli, oalmeno discendenti, di persone originarie di quel paese. Particolarmente radicata in quei paesi, comel‟Italia, che hanno una lunga storia di emigrazione verso l‟estero, nell‟intento di mantenere un legame

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con i propri cittadini sparsi nel mondo incoraggiandoli a mantenere l‟identità nazionale e al rientro inpatria;

-  Per  matrimonio: sposando un cittadino di un paese se ne acquista la stessa cittadinanza, in modo quasiautomatico;

-  Per  nascita: (diritto di suolo), la nascita sul territorio di un paese permette di chiederne e in alcuni paesidi ottenere automaticamente la cittadinanza;

-  Per  residenza: si ottiene la cittadinanza dopo un periodo di residenza fissa nel paese.Si sta verificando nei paesi occidentali un processo di convergenza che combina diritto di sangue e diritto disuolo, verso maggiori opportunità di naturalizzazione.

Agli immigrati residenti da lungo tempo, anche quando non vengono naturalizzati, sono generalmentericonosciuti garanzie e diritti maggiori rispetto ai nuovi arrivati, per esempio di solito hanno titoli disoggiorni più stabili e difficilmente revocabili. In alcuni paesi, come la Svezia, possono votare ed essereeletti nelle elezioni amministrative. In altri paesi, come l‟Italia, si comincia a discutere delle possibilità diconcedere il diritto di voto in ambito locale.

La questione riguarda il fatto che gli immigrati sono lavoratori che risiedono stabilmente, ma che vengonoesclusi dai processi decisionali. Agli immigrati che lavorano regolarmente vengono riconosciuti diritti

sociali, come assistenza sanitaria, pensionistica, antinfortunistica, i figli hanno accesso all‟istruzionepubblica, hanno naturalmente diritti civili (libertà di parola e opinione, diritto a ottenere giustizia), ma nondiritti politici. (Il fatto di non poter votare rende deboli e più difficili da tutelare i diritti degli immigrati, afronte delle pretese di priorità e di esclusività avanzate dai residenti-elettori.)

Il concetto di cittadinanza, in particolare nei confronti del concetto in straniero-immigrato, comprende:-  l‟appartenenza a uno stato, che comporta il diritto a risiedere sul territorio e a entrarvi e uscirvi

liberamente;-  l‟emancipazione, ossia la possibilità di contribuire alle decisioni pubbliche;-  la dotazione comune, ossia l‟accesso a servizi e benefici garantiti dai poteri pubblici;-  la standardizzazione, ossia la condizione di eguaglianza tra i cittadini.

La presa di coscienza dell‟esclusione dai diritti politici ha indotto a individuare alcune possibili forme di

partecipazione politica indiretta, messe in atto tramite associazioni etniche o miste e organizzazionisindacali. Gli immigrati, pur privi di rappresentanza politica diretta, possono incidere sulle scelte politichedelle società riceventi e promuovo i propri diritti e interessi. Queste associazioni posso agire facendo pressione sulla formazione dell‟opinione pubblica e occupandosi della tutela delle persone vittime didiscriminazione e ingiustizie. L‟associazionismo immigrato è cresciuto in importanza negli ultimi anni,assumendo svariate funzioni, dalla rappresentanza politica, alla promozione culturale, alla fornitura diservizi.

Le politiche nazionali forniscono un inquadramento per i processi di integrazione degli immigrati nellesocietà riceventi, ma spetta poi agli enti locali sviluppare misure ed interventi specifici a livello locale.

In Italia, per quanto riguarda le politiche sociali rivolte agli immigrati, hanno un ruolo di primo piano leistituzioni solidaristiche, promotrici della maggior parte di provvedimenti in materia. Nel settoresolidaristico a sostegno degli immigrati, si possono distinguere tre classi di organizzazioni non profit : leorganizzazioni caritative, rivolte a determinate categorie di beneficiari, i gruppi di pressione, che si occupanodelle tutela dei diritti, le organizzazioni di mutuo aiuto interne alle reti migratorie.

Le modalità di azione dell‟associazionismo nei confronti degli immigrati può essere divisa quindi in quattrotipi:-  associazionismo caritativo, caratterizzato dall‟aiuto diretto alle persone in difficoltà, offerto su base

volontaria. È quello più diffuso, parrocchie che offrono spazi alle comunità straniere per le loro attivitàdi aggregazione e offrono cibo e abiti, piccoli centri d‟accoglienza creati da associazioni locali, menseper i poveri;

-  associazionismo rivendicativo, o di tutela dei diritti, attivo soprattutto sul fronte della rivendicazionepolitica e culturale, come la lotta alle discriminazioni e la richiesta di cambiamenti legislativi;

-  associazionismo imprenditivo, forme di cooperative per offrire agli immigrati servizi più complessi,come disbrigo pratiche relative al soggiorno e condizioni particolari di rifugiati, vittime di abusi, ecc;

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-  associazionismo promosso da immigrati, all‟interno del quale si distinguono associazioni formali e retietniche informali.

10.  DEVIANTI E VITTIME, TRAFFICANTI E TRAFFICATI

Una questione molto discussa riguarda la partecipazione degli immigrati ad attività illegali. Nel nostro paeseil tasso di criminalità degli immigrati supera enormemente quello degli italiani, ed è anche più elevatal‟incidenza degli immigrati sulla popolazione carceraria. (A questo proposito la presenza di immigrati nellecarceri è maggiore nelle regioni settentrionali che in quelle meridionali, questo divario è stato interpretatocome effetto di una maggiore tolleranza nel Sud nei confronti di comportamenti devianti e comeconseguenza di un maggior radicamento della criminalità locale, che lascia quindi meno spazio agliimmigrati). Il problema della criminalità immigrata resta ai vertici delle preoccupazioni dell‟opinionepubblica.

Caratteristiche del fenomeno della criminalità immigrata:

. Si concentra in alcune categorie ristrette di reati, come quelli contro il patrimonio, contro la persona, reatidi falsità, traffico di droga.

. Si constatano forme di specializzazione di alcune nazionalità in determinati ambiti delittivi: traffico didroga per marocchini, tunisini, algerini; reati di falso per albanesi, senegalesi; furti per rumeni, serbi, croati.Queste specializzazioni per nazionalità sono anch‟esse effetto delle reti migratorie, che spesso concorrono aprodurre un inserimento dei connazionali in attività devianti, anziché in occupazione legali.

. Una parte dei reati imputati agli immigrati dipende direttamente dalla loro condizione di stranieri dallostatus incerto e precario, che vengono infatti definiti “reati di immigrazione” (declinazione di falsegeneralità, resistenza a pubblico ufficiale, violazione delle leggi sull‟immigrazione). 

. La popolazione femminile immigrata presenta un basso grado di coinvolgimento in attività devianti.Anche in questi casi si nota l‟incidenza di alcune specializzazioni derivanti dai legami a base etnica, inattività illegali, prima fra tutte la prostituzione.

In generale però le donne immigrate coinvolte in attività illecite sono per lo più vittime di reato, piuttosto chesoggetti attivi di reati, esemplificativo è proprio il fenomeno della sfruttamento della prostituzione.

Gli immigrati, in quanto componenti socialmente deboli sono sistematicamente più esposti della popolazionenativa ad abusi e sfruttamento, sia da parte di altri immigrati che da parte di cittadini nazionali.

A proposito della devianza degli immigrati si confrontano due scuole di pensiero:

-  Scuola classica. Gli immigrati sono un gruppo sociale più coinvolto della media in attività illegali,sovrarappresentati tra i denunciati, condannati e carcerati. Questo è imputabile alla loro condizione di

irregolarità, dovuta all‟ingresso irregolare, soggiorno irregolar e e conseguente precarietà delle condizionidi vita.

-  Scuola critica. Considera la devianza degli immigrati come una profezia che si autoadempie: gliimmigrati sono oggetto di chiusure sociali e pregiudizi, che ne ostacolano l‟integrazione e necompromettono l‟accesso ad opportunità di vita dignitosa guadagnandosi da vivere con mezzi leciti. Lacaduta nella devianza è la conseguenza dell‟esclusione dalla società normale. 

La produzione di comportamenti devianti tra gli immigrati si correla quindi a tre fattori macrosociali:. degrado e devianza già presenti nella società ricevente,. politiche migratorie proibizioniste che rendo impossibile immigrare regolarmente,. affermazione di un modello sociale nelle società riceventi che produce l‟esclusione sociale edetichettatura anziché la possibilità di integrarsi.

Una parte dei reati attribuiti agli immigrati derivano dalla loro condizione di stranieri e in particolaredall‟irregolarità del soggiorno, che li conduce a violare le leggi sull‟immigrazione, a declinare falsegeneralità, cercare di sottrarsi alla cattura, si parla in proposito di una  produzione istituzionale delle

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devianza, che attribuisce quindi la responsabilità non agli immigrati ma alle società riceventi e alle loropolitiche migratorie.

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Un aspetto rilevante della devianza degli immigrati riguarda quindi la violazione delle norme che i paesiriceventi fissano per regolare l‟ingresso e il soggiorno di stranieri nel proprio territorio.

Si ricordi la differenza sostanziale tra immigrati irregolari (overstayers), clandestini e i migranti trafficati (persone che vengono costrette o convinte con inganni, ricatti, ecc, a emigrare da altri, interessati a trarneprofitto o a sfruttarle una volta giunte a destinazione).

Esiste una vera e propria industria dell‟attraversamento irregolare dei confini, sempre più strutturata,presidiata da organizzazioni criminali, presente in tutti i paesi. Si distinguono in proposito le attività dismuggling (il favoreggiamento della migrazioni di persone consenzienti, lo smuggler aiuta dietro compensoi clienti consenzienti a varcare le frontiere) e di trafficking (indica il più grave fenomeno della tratta diessere umani, il trafficante f a entrare delle persone in un altro paese con l‟inganno o con la violenza, pertenerle sotto il suo potere e sfruttarle in diversi modi, che vanno dalla prostituzione, alla mendicità, al lavoro

coatto).Spesso i due fenomeni si intrecciano, e molti aspiranti all‟emigrazione si appoggiano a questi intermediaritrafficanti, correndo il rischio di rimanere invischiati in attività illegali.

Il trafficking comprende tre stadi:. il reclutamento dei migranti nei paesi di origine,. il viaggio attraverso i confini,. l‟inserimento nel mercato del lavoro nella società ricevente.È un fenomeno molto complesso che implica altre attività illecite come la fabbricazione di documenti falsi,la corruzione di addetti ai controlli, scappatoie legislative, inoltre spesso di interseca con altri traffici illegalicome quello di armi, droga, beni di contrabbando, denaro da riciclare.

Non solo le scarsissime possibilità di ingresso legale spingono alla ricerca di altri canali per riuscire ad

entrare nell‟Occidente, ma determinano anche conseguenze nella selezione dei partenti. Se di solito sonostati storicamente soprattutto gli individui più capaci a decidere di emigrare, quando si tratta di attraversareillegalmente le frontiere affidandosi a organizzazioni di trafficanti, cresce la probabilità che a partire sianosoggetti che non hanno nulla da perdere, disposti a tutto, senza grandi remore nei confronti della violazionedelle leggi. Questo sistema quindi non lascia passare i soggetti migliori per gli interessi delle societàriceventi.

Il caso più noto di sfruttamento di immigrati fatt i entrare illegalmente nel nostro paese è l‟ingresso di giovanidonne straniere da immettere nel mercato della prostituzione.

Anche in questo ambito particolare di scambi economici, l‟ingresso e l‟espansione di offerta stranieratrova un riscontro di domanda interna molto ampia. La prostituzione italiana si è evoluta verso forme menovisibili e più protette e ha lasciato scoperto il segmento di mercato più rischioso, quello della prostituzione di

strada. Così, come in altri ambiti, il ricorso all‟offer ta straniera ha compensato i vuoti del mercato interno.(Di pari passo con il processo di emancipazione delle donne autoctone).Anche in questo ambito si realizza una forma di specializzazione etnica, sono infatti alcune componenti

nazionali ad alimentare l‟offerta di prostituzione, anche se con modalità diverse e legate alle reti sociali.In Italia i due gruppi più attivi per diversi anni sono stati quello nigeriano e quello albanese. Gruppiemergenti sono quello rumeno e quello cinese.

Il caso nigeriano ha una struttura organizzativa etnica di gestione del traffico, intrisa di elementi tradizionali,con una forte componente femminile. Centrale è infatti la figura della Madame o Maman, sia nella fase direclutamento delle ragazze nei luoghi di origine raggirandole con opportunità di lavoro e di guadagno, sianella gestione dell‟attività in Italia. La Madame gestisce e supervisiona l‟attività delle ragazze, dà loroalloggio, gestisce i guadagni, controlla i comportamenti; le Madame acquistano le ragazze facendole venirein Italia e poi vantano il diritto di rivalersi su di loro per rifarsi dei costi sostenuti. Gli uomini hanno il ruolodi controllare il territorio. Una caratteristica di questa gestione al femminile del traffico nigeriano è lamanipolazione affettiva, spesso la Maman non è solo una padrona sfruttatrice violenta, ma anche una

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confidente, una guida, una benefattrice, diventa un modello da imitare per le ragazze che aspirano adestinguere il loro debito e mettersi in proprio comprando altre ragazze che lavorino per loro.

Il caso albanese è molto più complesso, il traffico è gestito da organizzazioni criminali strutturate, conmodalità di funzionamento più violente. Le ragazze vengono spesso attirate, o addirittura rapite, da fidanzatiche le vanno a cercare nei paesi di origine, convinte a partire e poi obbligate a prostituirsi con minacce e

sevizie. Ragazze controllate a vista, costrette a convivere con gli sfruttatori, sottoposte a violenza. Negli ultimi anni le aree di reclutamento si sono allargate ad altri paesi dell‟Europa dell‟Est, per cui spessogli sfruttatori sono albanesi ma le ragazze di nazionalità diverse. L‟ organizzazione albanese si è spessointrecciata con le organizzazioni malavitose italiane.

11.  PREGIUDIZIO, DISCRIMINAZIONE, RAZZISMO

Il pregiudizio è riconducibile per alcuni aspetti a processi di categorizzazione tipici del funzionamento dellamente umana: noi conosciamo classificando e generalizzando, ossia inserendo i casi singoli in categoriecollettive che ci sono familiari.Il pregiudizio etnico però rappresenta una forma di generalizzazione indebita: a tutti i membri di undeterminato gruppo sociale, in questo caso etnico, vengono attribuiti comportamenti e caratteristiche(soprattutto intellettuali e morali) considerati tipici del gruppo di appartenenza.Dai pregiudizi nascono così gli stereotipi, ossia rappresentazioni rigide e standardizzate, solitamente

svalutanti, che si applicano a gruppi sociali considerati collettivamente appiattendo le differenze individuali,si  formano categorie collettive in cui vengono incasellati gli individui (“gli zingari rubano”, “gli albanesisono violenti”, ma anche “le filippine sono docili”).Entra qui in gioco una dinamica psicosociale, l‟etnocentrismo, ossia la tendenza a privilegiare il propriogruppo e a ritenere che le sue norme, valori, codici di comportamento siano migliori di quelli dei gruppiesterni.Un derivato del pregiudizio etnico e dell‟etnocentrismo è la xenofoba, ossia l‟atteggiamento di rifiuto o di

ostilità nei confronti degli stranieri.Questi processi generano le forme di razzismo, caratterizzate dalla contrapposizione tra “noi” (gli autoctoni)e “gli altri” (gli immigrati), con la svalutazione e la subordinazione di questi ultimi. L‟ostilità razziale si acutizza in determinati contesti e gruppi sociali, ad esempio si innesca in alcunecomponenti della società la paura di un declassamento e si manifesta in forme più acute in quelle che sisentono più minacciate dai nuovi arrivati. Ecco perché forme più marcate di pregiudizio razziale sono piùdiffuse generalmente nelle classi inferiori delle società riceventi, cioè quelle componenti della società chesotto il profilo occupazionale e abitativo sono più a contatto con i nuovi arrivati e desiderano distinguersi daloro. Non è quindi la distanza a generare razzismo, ma la vicinanza che genera la paura del contatto e dellamescolanza. Non va dimenticato però che altre forme di pregiudizio etnico sono invece tipiche delle classisuperiori, come la percezione degli immigrati con minaccia per la sicurezza o per l‟ordine sociale. 

Il razzismo subisce delle variazione nel tempo, cambiano ad esempio i bersagli dell‟ostilità, spostandosi sualtri gruppi etnici, di solito sui neoarrivati, mentre migliora l‟immagine e lo status degli immigrati giàinsediati.Anche gli italiani emigrati in passato negli altri paesi sono stati spesso vittime di razzismo: in America enell‟Europa settentrionale gli italiani erano etichettati come diversi e inferiori, pregiudizi simili si trovavanoanche nell‟Italia settentrionale nei confronti degli immigrati meridionali. Gli irlandesi al loro arrivo inAmerica non erano neanche considerati di razza bianca, e gli italiani erano più africani che europei. Soloquando irlandesi, polacchi, italiani in America, e i meridionali nel Nord Italia, hanno conosciuto unasufficiente mobilità sociale la percezione della differenza razziale si è modificata.

Il razzismo porta a processi discriminatori. La discriminazione razziale consiste in comportamenti concretiche penalizzano singoli e gruppi in ragione di fattori come la nazionalità , la religione, l‟apparenza fisica.

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Definita come trattamento differenziale e ineguale delle persone a causa delle loro origini, appartenenza,apparenza fisiche, opinioni.

Diverse forme di discriminazione razziale:

-  Forme esplicite o dirette di discriminazione, che incontrano gli immigrati in misura prevalente, peresempio annunci di affitto con la precisazione che non sono accettati inquilini immigrati, il soggetto è

escluso da un certo rapporto economico per il solo fatto di essere immigrato o per appartenente ad unaspecifica nazionalità. La discriminazione è una possibilità insita nel libero mercato, cioè nella libertà discegliere con chi intrattenere rapporti economici. Va ricordato tuttavia che molto paesi, compreso ilnostro, hanno introdotto delle leggi per proteggere gli immigrati e le minoranze etniche almeno contro leforme più evidenti di discriminazione.

-   Discriminazione istituzionale, insita nelle norme giuridiche. Consiste in limitazioni della possibilità diaccedere a determinate occupazioni, diritti o benefici, attuata dalle istituzioni pubbliche delle societàriceventi sulla base della cittadinanza.Un esempio di discriminazione istituzionale è costituito dalle norme sulla reciprocità, che concedonodelle facoltà ai cittadini stranieri a patto che nel paese da cui provengono le stesse opportunità sianoriconosciute ai cittadini italiani. Un secondo esempio è rappresentato dall‟impiego pubblico, al quale può

accedere, in Italia e in altri paesi, soltanto chi gode della nazionalità (questa norma incideinevitabilmente sulla possibilità per gli immigrati di accedere a occupazioni qualificate regolate daiconcorsi pubblici). Un terzo esempio è costituito dalla ritrosia a riconoscere i titoli di studio rilasciati daipaesi esterni al sistema occidentale, che contribuisce anch‟esso ad escludere gli immigrati daoccupazioni qualificate.

-   Discriminazione implicita o indiretta, quando pratiche sociali apparentemente neutre pur adottandocriteri generali di fatto penalizzano o favoriscono alcuni gruppi etnici. Ad esempio quando nel mercatodel lavoro i requisiti professionali richiesti o le pratiche di reclutamento sono in teoria uguali per tutti,ma nella pratica trattano alcune componenti etniche più favorevolmente di altre.

-   Discriminazione statistica, frequente nel mercato del lavoro, riguarda l‟attribuzione a un intero grupposociale di atteggiamenti, caratteristiche, comportamenti, effettivamente osservabili in alcuni soggetti

appartenenti al gruppo. Ne deriva un trattamento sfavorevole per le persone appartenenti al gruppo oetichettate come tali, ad esempio un datore di lavoro tende ad assumere o meno dei canditati inoccupazioni già diffusamente svolte dai connazionali (“gli albanesi sono portati per l‟edilizia”, “gliindiani per le stalle”..).

L‟ambito dei rapporti di lavoro costituisce un luogo cruciale ed emblematico dei processi di discriminazione. 

Possiamo distinguere tre livelli di discriminazione sul lavoro:

-  All‟ingresso, gli immigrati vengono collocati in una posizione di svantaggio, r elegati alla fascia inferioredelle occupazioni disponibili, associati a un certo tipo di lavori indipendentemente dal loro curriculum.

-  Alle condizioni di impiego, le imprese tendono a non rispettare le condizioni egualitarie imposte dallalegge vigente, con disparità di trattamento da parte dei datori di lavoro.

-  Alle prospettive di carriera

Nelle procedure di selezione del personale e negli sviluppi di carriera esercitano una grande influenza ifattori definiti “le tre A”: l‟accento (inflessione straniera nella parlata), l‟ascendenza (la provenienza da un paese estero o da una famiglia di origine immigrata), l‟apparenza (l‟aspetto fisico con riferimento al coloredella pelle). Tali fattori influiscono anche sulle possibilità di impiego per le seconde generazioni.