FXP Dicembre 2011 Numero 1

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KRISIS Quando il capitalismo si inceppa

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editoriale5 Un nuovo anno scolastico insieme

krisis10 Bibliografia e recensioni

13 La lettera degli economisti16 La rivoluzione delle pentole20 A colloquio col professore

24 La rivoluzione del Silent Takeover30 La moneta etica

34 L’etica dei legami in tempo di crisi38 Ezra Pound

41 La crisi economica in Italia44 La scoperta del valore indotto

48 Le agenzie di rating50 Tra crisi e rinascita

52 L’insostenibile crisi nera54 Il grande dittatore

56 V per vendetta58 Black Block

60 L’altra manifestazionesocietà64 JMJ 2011teatro

66 Le Metamorfosimusica

68 Music Planetcinema

70 Inside Jobil quadrato

72 Un piccolo gesto... per un grande aiuto74 Il fascino dell’inchiesta giornalistica

76 Alla ricerca della felicitàsport

77 Ciao Sic79 Sportlife

chine81 Dove sono i miei occhiali?

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Care lettrici/cari let-tori…Eccoci di nuovo in-

sieme, ad avviare e scan-dire questo nuovo anno scolastico. FXP, in controtenden-za rispetto all’universo della scuola, tenta sem-pre più di affrancarsi dal-la precarietà, diventando una realtà riconosciuta, apprezzata, integrata nel territorio.Nato come un gioco, come una scommessa, Fxp è cresciuto negli anni (il primo numero, ormai memorabile, usciva nel lontano 2006), ha am-piamente raggiunto gli obiettivi che si era prefis-so, realizzando quel me-talaboratorio che alcuni insegnanti avevano so-gnato (cfr FXP n.0 anno IV – editoriale); centinaia di ragazzi si sono infatti al-ternati nelle firme degli articoli, hanno dato vita a

gruppi di ricerca, hanno preparato e svolto le intervi-ste, altri hanno acquisito competenze legate all’edito-ria e al design grafico e alcuni si sono distinti per le ca-pacità organizzative, si sono scoperti a loro insaputa direttori del marketing, direttori editoriali, caporedat-tori impegnati ed efficientissimi.A questo punto la scommessa è vinta; nella scorsa edi-zione l’obiettivo prioritario era quello di migliorare il livello qualitativo dei contenuti, un po’ leggero e ap-prossimativo delle prime edizioni; da tale esigenza è nata la scelta vincente (merito di quella Redazione) dello speciale, il tema da mettere a fuoco ed affronta-re in ogni numero. Grazie alla scelta del tema, la qua-lità dei contenuti è notevolmente migliorata, come ri-velano gli speciali sul Risorgimento e sull’energia.L’altro obiettivo, diciamo quello subordinato, riguar-dava la veste grafica; non era sostenibile infatti la scel-ta di continuare a stampare FXP in bianco e nero, era necessario rivoluzionare tutto, ridisegnare la testata, tutti i loghi e soprattutto colorarne le pagine. Riporta-re insomma la forma al livello del contenuto. Grazie al sostegno del territorio – sponsor, famiglie, istituzioni locali – anche questo obiettivo, gravoso soprattutto in termini finanziari, è stato raggiunto. Forma e contenuto si sono integrate perfettamen-te, nella scorsa edizione e questo, in definitiva, era ciò che volevamo. Semmai, si correva ora il rischio dell’assuefazione e della sazietà; è difficile infatti, arrivati a tali traguardi, non solo rilanciare nuovi obiettivi, ma persino il voler

un nuovo anno scolastico insiemeFXP riparte sulla scia di una prestigiosa nomination a livello nazionale

a cura di Fabrizio COPERTINO (Vicedirettore)

I quattro numeri della scorsa edizione

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voce può emer-gere e creare

aggregazio-ne, interesse, opinione. Ma chiedere alla redazione di

promuovere anche questo

sforzo è velleita-rio; non che man-

chino le competenze: come dimostra ad esem-pio il sito ufficiale del-la scuola, perfettamen-te interattivo e con una veste grafica moderna e intuitiva, ciò che inve-ce fa difetto è il tempo, la mancanza di strutture, di organizzazione e di sta-bilità. Del resto, da inse-gnanti, dobbiamo dedi-care la maggior parte del nostro tempo allo svol-gimento della program-mazione, da cui non pos-siamo e non vogliamo prescindere.Comunque il blog esiste, nato contestualmente al progetto dello scorso anno; noi della redazio-ne abbiamo piena fiducia nelle capacità mediatiche e intellettuali del suo di-rettore, che a breve po-sterà una selezione dei migliori articoli di que-sti anni, mentre sono già presenti in formato PDF sfogliabile i numeri della scorza edizione (presen-ti anche sul sito ufficiale dell’istituto).FXP tuttavia continue-rà (credo almeno fino a quando le nostre ama-

mantenere quelli raggiunti. Tanto più che come notavamo sopra, la scuola attua-le essendo il luogo dell’instabilità, inter-rompe e vanifica relazioni, progetti, pas-sioni.Fortunatamente è giunto inaspetta-to un avvenimento a darci nuova linfa, a costringerci in definitiva a rilanciare. Il FalconeXPress infatti – lo diciamo con malceto orgoglio – ha ottenuto un prestigio-so riconoscimento a li-vello nazionale, rilascia-to dall’Associazione Alboscuole. Tale associazione, promuovendo per statuto il giornalismo scolastico, ha svolto una ricerca autonoma sul web e ha selezionato un numero ristretto di candidati, tra cui FXP, per l’asse-gnazione del premio: Giornalista per un giorno. L’asso-ciazione in questione ha una veste istituzionale e il suo impegno nel giornalismo scolastico, dall’alto valore ci-vico e formativo, ha ottenuto la targa d’argento dalla Presidenza della Repubblica. La nomination giunge tanto più gradita in quanto ina-spettata, non inseguita. È il riconoscimento di un inte-ro territorio e della sua scuola, cioè della sua anima.Per questo bisogna spostare avanti gli obiettivi, biso-gna non accontentarsi, rilanciare.L’edizione che avete fra le mani è quella dell’anno V, la seconda della nuova era.Fermo restando la medesima veste editoriale del-lo scorso anno (che semmai si cambia ogni due anni), puntiamo innanzitutto ad una maggiore partecipazio-ne degli studenti, anche quella dei più piccoli, maga-ri con il filtro dei loro insegnanti (scrivere regolarmen-te brevi articoli di giornale potrebbe essere un ottimo esercizio di stile e un efficace strumento didattico), poi intendiamo potenziare le relazioni con i nostri ex-stu-denti, soprattutto quelli che con le loro firme, le in-chieste, le interviste hanno contribuito alla crescita di FXP.Ma la sfida più importante per quest’anno è potenzia-re il blog; avviare quella sorta di dematerializzazione del giornalino, richiesta dallo spirito dei tempi.Cercheremo di impegnarci anche su questo fronte; consapevoli però che il successo del blog dipende da una serie di fattori, molti dei quali indipendenti dal-la nostra volontà. La rete è un organismo vivo e caoti-co, solo se abbiamo davvero qualcosa da dire la nostra

Il logo dell’Associazione Alboscuole

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te nonnine non avranno tutte un ipad a testa) ad essere realizzato anche nella versione cartacea e distribuito sul territo-rio, dando modo a chiun-que, magari in sala d’at-tesa dal dottore o al bar durante il cappuccino, di sfogliare il giornalino del-la “loro” scuola e di mera-vigliarsi delle insospetta-te competenze dei loro figli.Permettetemi un’ultima parola. Questa volta ri-guardo il valore civico e formativo del giornali-smo. Viviamo in un secolo in cui – per usare le paro-le di Chomsky – domina l’informazione del Gran-de Fratello, dove lo scon-tro politico veicolato dai media è solo apparente – un referente di simulazio-ne – e le notizie vengono selezionate accuratamen-te dalle grandi agenzie di stampa, per essere gira-te a giornalisti pantofo-lai che a loro volta, sen-za un minimo di verifica, le girano ai lettori, crean-do – la maggior parte di loro inconsapevolmen-te – un’opinione pubbli-ca preconfezionata. Tale macchina dell’informa-zione, efficiente e perfet-tamente oliata a volte, però, s’inceppa, scric-chiola. Ricordate le lette-re all’antrace? Appena si appurò che provenivano dai laboratori americani o che comunque non c’en-

travano niente con il terrorismo – eravamo ai tempi dell’Undici settembre -, la notizia venne fatta cadere e tutti se ne dimenticarono; oppure, ricordate le armi di distruzione di massa di Saddam? Non esistevano. Ep-pure l’occupazione dell’irak continua, mentre l’infor-mazione del Grande fratello cerca di occultare l’illegit-timità dell’intera operazione, raccontandoci la solita storia della democrazia, del dittatore cattivo, dei rischi per la sicurezza internazionale; tale antinformazione, viene diffusa in perfetta neolingua orwelliana: l’eserci-to impegnato in missioni umanitarie e di pace (war is peace). Durante le recenti vicende libiche, abbiamo vi-sto, nei frenetici giorni iniziali, le fosse comuni in cui le milizie di Gheddafi avrebbero gettato centinaia di oppositori. Peccato che tali immagini – di repertorio probabilmente – mostravano un vecchio e innocen-te cimitero libico. Anche in questo caso la notizia, così come era comparsa, è svanita, senza che a nessuno degli opinionisti accreditati – né tantomeno all’opinio-ne pubblica addomesticata – sorgesse il minimo dub-bio riguardo l’autenticità delle notizie che arrivavano dalla Libia.Quando, poi, la notizia è troppo pericolosa, quando ri-schia di creare un cortocircuito nel meccanismo d’in-dottrinamento, allora la stessa neanche passa nei ca-nali ufficiali dell’informazione. Il caso dell’Islanda è emblematico a tal riguardo: nella piccola nazione insu-lare, nel bel mezzo dell’Oceano Atlantico settentriona-le si sta svolgendo una rivoluzione democratica senza precedenti, un esperimento politico dalle potenziali-tà enormi. Nel silenzio eloquente dei media il popolo islandese, dal gennaio del 2009, è in cammino verso il recupero della propria sovranità.Questo solo per dire (del caso Islanda si discorrerà, puntualmente, nelle prossime pagine) che FXP ha uno spirito – lo chiamiamo FalconGeist –, avverte il sacro ufficio dell’informazione e quindi rifugge il coro belan-te del pensiero unico, le semplificazioni manichee; FXP vuole formare i suoi studenti al pensiero divergente, allo sguardo critico nei confronti dell’esistente, vuole accompagnarli verso la complessità, dimostrando loro che non esiste una sola narrazione, che la realtà non è così ovvia e banale come vogliono farci credere. È con questo spirito – ricco di entusiasmo, di ricono-scimenti ma anche di tante incognite– che riparte l’av-ventura del vostro piccolo grande FXP.

Buona immersione…

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bibliografia e recensioniPer uno sguardo panoramico sui motivi della crisi

a cura della Redazione

È un libro dello stori-co medievista Fran-co Cardini che che

focalizza l’attenzione sul ruolo di Stati Uniti, multi-nazionali e lobbies (Grup-po di persone legate da in-teressi comuni e in grado di esercitare pressioni sul potere politico per ottene-re provvedimenti a proprio favore) nelle dinamiche politiche ed economiche globali. Il libro descrive la capaci-tà degli Stati Uniti di porsi come unici garanti della si-curezza internazionale, con una manovra di influenza politica, militare e socia-le (attraverso il monopo-lio della cultura). In que-sta politica, un momento chiave è costituito dai fatti

Astrea e i Titani Le lobbies americane alla conquista del mondodi Franco CARDINI

Editore: Laterza

dell’11 Settembre, che, da quel momento, hanno giu-stificato agli occhi di tut-ti ogni possibile reazione, prima fra tutte la legittimi-tà del paese. Da quel gior-no, in nome della lotta al terrorismo per la libertà e la democrazia, l’autodeter-minazione e la sovranità degli stati sono state sacri-ficate in cambio di una si-curezza internazionale, die-tro la quale si nascondono gli interessi U.S.A. Tuttavia, neanche la poli-tica americana è libera e autonoma nelle sue scel-te, ma a sua volta vittima di una manipolazione stra-tegica portata avanti da lobbies e multinaziona-li, capaci di infiltrarsi negli apparati statali e condizio-narne la politica interna ed esterna: il potere decisiona-le non sta più nelle mani dei popoli e delle nazioni, ma neppure dei governi. Da qui il titolo del saggio: le vec-chie potenze statali, private di ogni potere decisionali, sono paragonate alle divi-nità assoggettate a Zeus, figurazione degli U.S.A., a sua volta messo sotto asse-dio dai Titani, lobbies e po-teri occulti. Solo il ritorno di Astrea, dea della giusti-zia, permetterà un ritorno all’ordine: ella si porrà con-tro il tradimento dei politici, che hanno accettato di di-venire comitato d’affari del-le multinazionali” e contro

quelle multinazionali che sono riuscite a fare evolvere la democrazia stessa fino a svuotarla di senso, aldilà dei meccanismi di selezione su cui si fonda.

Il paese dell’utopiaLa risposta alle cinque domande di Ezra Pounddi Giacinto AURITI

Editore: Tabula Fati

Ezra Pound e Giacin-to Auriti, il Poeta e il Giurista contadi-

no. Personaggi apparen-temente diversi, per origi-ne e cultura, ma uniti da un legame indissolubile: la ricerca della verità a tut-ti i costi.Ezra Pound pone cinque domande alle quali non aveva mai risposto nessu-no: moneta, credito, in-teresse, usura e circola-zione; Giacinto Auriti dà, in questo saggio, rispo-ste precise. Una continui-

tà ideale che li unisce nel-la scuola degli economisti eretici. Chi crea il valore del-la moneta – dice Giacinto Auriti – non è chi la stampa ma il popolo che l’accetta come mezzo di pagamen-to, sono però i banchie-ri, i grandi usurai che si appropriano del valore monetario,usandolo come mezzo di dominazione ed imponendo all’umanità il signoraggio del debito. Ed ecco allora la geniale so-luzione del problema: La proprietà popolare della moneta, che restituisca al popolo il maltolto dei valo-ri monetari che esso crea. L’auspicio è che siano i go-verni a gestire l’emissione monetaria ed a ripartire gli utili, come diritto di cittadi-nanza, a tutti i cittadini.

EuroschiaviLa grande frode del debito pubblicoi segreti del signoraggiodi Marco DELLA LUNA e Antonio MICLAVEZEditore: Arianna Editrice

L’Italia è sempre più povera a causa di un debito pubbli-

co in continuo aumento che comporta un’elevata pressione fiscale.Il debito pubblico è un’in-venzione costruita da poli-tici e banchieri al fine di ar-ricchire gli azionisti privati della Banca Centrale italia-na e europea.In passato, le banche che emettevano denaro lo ga-

rantivano con la copertu-ra aurea, si impegnavano a convertire le banconote in oro e sostenevano un co-sto di emissione. Oggi, le monete non sono coperte da riserve di oro, non sono convertibili e il loro costo di emissione è praticamente zero, ma il guadagno di chi le emette, ossia il signoraggio, è del 100% del valore nominale. Quando lo Stato doman-da soldi alla Banca Centra-le paga il costo del valore nominale (e non il solo co-sto tipografico) con titoli del debito pubblico, ossia impegnandosi a riscuotere crescenti tasse dai cittadini e dalle imprese. Tutto ciò avviene attraver-so la Banca Centrale Eu-ropea, un mostro giuri-dico creato dal Trattato di Maastricht, esente da ogni controllo democrati-co come un vero e proprio Stato sovrano, posto al di-sopra delle parti. Euroschiavi svela i segre-ti e i meccanismi di questo sistema di potere che si è eretto e mantenuto sul fat-to di essere ignorato dalla gente, soprattutto dai la-voratori, dai risparmiatori

Shock economyL’ascesa del capitalismo dei disastridi Naomi KLEINEditore: Rizzoli

e dai contribuenti, e indica come porre fine legalmen-te a questo saccheggio.

La tesi principale so-stenuta dall’autri-ce è che l’applicazio-

ne di questa nuova politica che prevede privatizzazio-ni, tagli alla spesa pubblica e liberalizzazioni dei salari sia stata effettuata sempre senza il consenso popo-lare, approfittando di uno shock causato da un even-to contingente, provocato ad hoc per questo scopo, oppure generato da inca-pacità politiche o da cau-se esterne. Inoltre l’effetto dell’applicazione di que-ste teorie è stato la cresci-ta della disoccupazione e il generale impoverimento della popolazione.Tra questi shock l’autrice annovera le torture ed il re-gime di Pinochet in Cile nel 1973, il crollo del muro di

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Berlino e l’instabilità eco-nomica in Polonia e Russia all’inizio degli anni ottan-ta, inflazione inarrestabi-le in Bolivia, la guerra del-le Falkland per Argentina ed anche in Gran Bretagna, la guerra in Iraq e la distru-zione di New Orleans per opera dell’ Uragano Katrina in tempi più recenti.

La bancaLa moneta e l’usuradi Bruno TARQUINIEditore: Controcorrente

Questo libro, sia pur con un linguaggio molto semplice (e

forse proprio per questa sua qualità), ha l’ambizione di far conoscere un aspetto della finanza e dell’econo-mia che è sempre rimasto nascosto nei luoghi oscuri del Palazzo, come qualcosa che non convenisse svelare al popolo. Si tratta di una scomoda verità che si preferisce ne-gare: lo stato ha da tempo rinunciato alla propria so-vranità monetaria in favore

di un ente privato, la Ban-ca d’Italia.La rinuncia consiste nel ri-fiuto di emettere moneta propria, chiedendo in pre-stito oneroso le necessarie risorse finanziarie attraver-so l’assunzione di debi-ti verso l’Istituto di emis-sione.Questo indebitamento im-proprio viene pagato dai cittadini attraverso l’au-mento della pressione fi-scale che diventa così de-bitore di una moneta di cui è proprietario. Una palese violazione dei principi co-stituzionali in materia eco-nomica.

Keynes e l’instabilità del capitalismodi HYman P. MinskyEditore: Bollati Boringhieri

Formulando un’interpreta-zione alternativa della “Te-oria generale”, Minsky ana-lizza l’opera di Keynes da un punto di vista non tradi-zionale e sottolinea come dagli aspetti meno fre-quentati della sua dottrina si possa trarre una politica economica adeguata al ca-pitalismo sviluppato. L’in-certezza, la speculazione e la complessità del sistema finanziario fanno sì che la stabilità sia destabilizzan-te. Secondo Minsky, Key-nes ha elaborato da una parte una teoria del ciclo fondata sugli investimen-ti e dall’altra una teoria de-gli investimenti fondata su elementi “finanziari” II pro-

trarsi di un periodo di flo-ridità economica fa insor-gere un boom speculativo, il quale a sua volta mette in essere rapporti finanzia-ri fragili e destinati a con-durre alla crisi. Le autorità fiscali e monetarie si trova-no di fronte alla dramma-tica alternativa di allenta-re le tensioni sui mercati finanziari riproponendo le condizioni di una instabi-lità finanziaria aggravata, o di prendere misure che potrebbero provocare una deflazione creditizia e con-seguentemente una pro-fonda depressione. Il vo-lume si conclude con una proposta strategica di poli-tica economica in linea con le idee di Keynes ma alter-nativa a quella basata sugli investimenti privati e sul-la speculazione. L’introdu-zione di Riccardo Bellofio-re fornisce una sintesi della teoria economica di Min-sky e l’aggiorna per tene-re conto delle nuove for-me assunte dal capitalismo e dall’instabilità finanziaria dopo la neweconomy e la bolla immobiliare.

Pubblichiamo la lettera degli economisti. Un appello al governo firmato da autore-voli economisti.Tale petizione non solo offre un diverso paradigma economico, al di là di quello proposto come unico e ineludibile dal pensiero unico attualmente dominante, ma dimostra, altresì, che lo stesso possie-de un serio fondamento epistemologico.Dal nostro punto di vista, risulta partico-larmente apprezzabile la critica all’ipotesi di inserire il pareggio di bilancio nella Costituzione, soprattutto perché su tale ipotesi si è di nuovo verificato un accor-do unanime in Parlamento, senza che nessun politico l’abbia, non dico osteg-giata, ma quantomeno fatta oggetto di discussione. A chiunque si occupi di storia, infatti, il pareggio di bilancio evoca la famigerata e infamante tassa sul maci-nato di Quintino Sella, ribattezzata a suo tempo tassa sulla miseria, la quale riuscì sì, insieme ad altri provvedimenti, come il corso forzoso della moneta e la svendita del patrimonio pubblico, a raggiungere

per l’unica volta nella storia italiana il pa-reggio del bilancio, ma al prezzo di scontri sociali e un unlteriore impoverimento delle classi meno abbienti. Crediamo che nell’attuale situazione economica, tale provvedimento darebbe il colpo di grazia a quel poco di welfare che è rimasto nel nostro paese. Bisognerebbe, inoltre, inter-rogarsi su alcuni meccanismi di finanza privat che in maniera determinante contribuiscono alle disfunzioni del siste-ma socio-capitalistico; ci riferiamo, ad esempio, anche sulla scorta della lettura di importanti economisti - come Maurice Allais o Hyman P. Minsky - ai meccanismi di moltiplicazione finanziaria con cui, gli istituti di credito privati, creano moneta dal nulla immettendola nel sistema e rea-lizzando inflazione e bolle speculative. A tal riguardo, sarebbe utile - anzi, di vitale importanza - operare una riforma che imponga l’eliminazione della riserva frazionaria e la sua trasformazione in riserva totale, arginando così la creazione incontrollata di denaro bancario.

In questo difficile momento il paese ha bisogno di un gover-

no autorevole che agi-sca con determinazio-ne sia all’interno che nel quadro europeo e glo-bale. Pur non nascon-dendo le gravi responsa-bilità che competono a buona parte della classe dirigente nazionale per non aver saputo attuare politiche che favorisse-ro lo sviluppo del paese, la stagnazione dell’eco-

nomia italiana nell’ulti-ma decade trova la sua principale spiegazio-ne nell’ambito del con-testo macroeconomico europeo, e in particola-re nell’assenza, nella co-struzione dell’Unione Monetaria, di un quadro di politiche fiscali e mo-netarie coordinate vol-te alla crescita, alla piena occupazione, all’equi-librio commerciale fra

gli stati membri, e a una maggiore equità distri-butiva nei paesi e fra i paesi.La crisi europea e il suo aggravamento, in parti-colare con l’attacco ai ti-toli del debito pubblico italiano, trovano la loro origine in questa assen-za e sono solo parzial-mente riconducibili alla progressiva caduta di credibilità del governo

la lettera degli economistiPer un cambiamento della politica economica in Italia

ed Europa che rilanci domanda, sviluppo e occupazione

Al Parlamento della Repubblica Italiana e alle forze politicheMartedì 15 novembre 2011

a cura della Redazione

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FALCONEXPRESS14dicembre 2011 FALCONEXPRESS15

sinora in carica. La man-cata iscrizione tra i com-piti della Banca Centrale Europea del tradiziona-le ruolo di prestatore di ultima istanza nei con-fronti dei debiti sovrani ha contribuito ad espor-re all’attacco i titoli del debito italiano e di altri paesi europei. Le misure intraprese dai pae-si dell’Eurozona per sostenere i debiti sovrani, e in primo luogo il cosiddetto Fondo Salva-Stati, risultano del tutto insufficienti anche per i debiti delle economie più pic-cole, e a maggior ragione per quelli dei paesi più gran-di. Per di più le mi-sure di restrizione dei bilanci pubbli-ci che vengono richieste in cambio di quegli aiu-ti hanno aggravato la re-cessione e la stessa crisi finanziaria nei paesi be-neficiari. Attualmente l’Eurozona è senza una bussola. Per l’opposi-zione del paese più for-te, nell’ultima riunione del G-20 essa ha persi-no respinto la proposta di una emissione di Di-ritti Speciali di Prelievo da parte del Fondo Mo-netario Internazionale a sostegno dei debiti so-vrani sotto attacco. Sono in gioco la sopravviven-za dell’Unione Moneta-ria e del Mercato Unico, e la stabilità economica

europea e globale.I firmatari di questo appello ri-tengono che la gra-ve situa-zione at-tuale nelle sue cau-se contin-

genti e di lungo periodo non possa essere affron-tata se non nel quadro di un progressivo muta-mento dell’insieme del-le politiche economi-che europee, fatte salve le azioni di politica eco-nomica che l’Italia deve intraprendere al suo in-terno. Siamo per un più pieno coordinamen-to delle politiche fisca-li, monetarie e salariali in Europa, che includa a pieno titolo la piena oc-cupazione fra gli obiet-tivi. Per questo siamo fermamente contrari alla iscrizione nelle Co-stituzioni nazionali del-la clausola del pareggio

del bilancio pubblico.In queste circostanze ri-teniamo che il nuovo esecutivo debba rapi-damente muoversi nel-le sedi europee appro-priate, con la necessaria determinazione e le ne-cessarie alleanze poli-tiche, per ottenere una garanzia ferma e illimi-tata della BCE sul debito sovrano italiano e degli altri paesi dell’Eurozo-na, volto a ricondurre i tassi di interesse ai livel-li pre-crisi -intervento da tempo sostenuto an-che dall’Amministrazio-ne americana e da mol-ti autorevoli economisti di diverso orientamento teorico. Riteniamo, an-che in questo caso con il conforto di opinioni diffuse tra gli economi-sti, che politiche di ridu-zione dei debiti pubbli-ci siano in questa fase controproducenti, e re-putiamo quindi che la ri-chiesta nei riguardi della BCE vada accompagna-ta da un impegno non già all’abbattimento, ma bensì alla stabilizzazio-ne del rapporto debi-to pubblico/Pil in Italia e negli altri paesi in diffi-coltà. Un nuovo esecu-tivo, tecnico o politico, che si configurasse inve-ce come mero esecuto-re delle richieste euro-pee, quali espresse nelle scorse settimane, deter-minerebbe un aggrava-mento della crisi eco-nomica e finanziaria in

Italia e in Europa, con devastanti conseguen-ze sociali e l’insostenibi-lità degli attuali accordi, monetari e commercia-li, nell’UE. Fermo nella denuncia di tali perico-li, il Governo italiano si dovrebbe pertanto fare promotore in ambito eu-ropeo e del G-20 di poli-tiche fiscali, monetarie e salariali concertate volte al rilancio della doman-da aggregata, in parti-colare da parte dei paesi in forte avanzo commer-ciale.La riduzione dei tassi, accompagnata dall’im-pegno alla stabilizza-

zione del rapporto de-bito/Pil, nel quadro di politiche internaziona-li espansive libererebbe nel nostro paese risor-se per la crescita sia dal lato del sostegno del-la domanda interna che del rilancio della com-petitività. Riteniamo in particolare che tali risor-se - assieme a quelle che dovranno provenire da una seria lotta all’evasio-ne fiscale, da un’imposta che colpisca i patrimo-ni su base regolare e an-nua e non una tantum, e dalla razionalizzazio-ne della spesa pubblica (inclusi i costi della po-

litica) - vadano priorita-riamente destinate alla riduzione del carico fi-scale sul lavoro, con un aumento dei salari netti, al sostegno di istruzione, ricerca e cultura, all’au-mento degli investimen-ti per l’industria pubbli-ca e il Mezzogiorno, alla difesa dell’ambiente, all’efficienza della giusti-zia e della pubblica am-ministrazione, alla difesa della legalità. Su que-sti obiettivi un nuovo e più autorevole esecutivo dovrebbe impegnarsi in Europa chiedendo e re-stituendo fiducia al po-polo italiano.

John M. KEYNES (1883-1946).

Tra i più celebri economisti del

mondo. Grazie alle sue teorie, ispirate all’intervento pub-

blico nell’economia e messe in pratica

dal presidente Roosevelt, gli Stati Uniti riuscirono a

superare la terribi-le crisi del ‘29

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La rivoluzione delle pentoleVita, morte e risurrezione di un paese di pescatori

a cura di Joned SARWAR (Blogdirector)

2008-2011: quat-tro anni, 4 miliar-di di euro e tre re-

ferendum dopo la peggior crisi economi-ca nella storia del pae-se, l’Islanda si rialza nel nome della democra-zia e dell’esercizio del-la cittadinanza. Era l’au-tunno del 2008 quando la prima banca islande-se, Glitnir, veniva nazio-nalizzata. Fino ad allora gli economisti si erano

spesi in elogi per il pic-colo stato nordico ca-pace in soli due decen-ni di passare da paese in via di sviluppo tra i più poveri d’Europa a pae-se più felice e con il red-dito pro capite tra i più alti al mondo. Merito della politica neoliberi-sta principalmente mi-rata a ridurre budget e deficit, contenere l’in-flazione e privatizza-re aziende pubbliche. A ciò si aggiungeva la de-

regulation delle banche nel 2001 che permette-va agli istituti di credito di indebitarsi con l’este-ro fino a 10 volte il PIL. A settembre 2008, a cri-si incipiente, l’incapa-cità delle tre principali banche del paese di far fronte ai propri debiti e l’impossibilità di ottene-re nuovi prestiti da altre banche spingeva a chie-dere aiuto alla banca centrale islandese. Tut-tavia, quando un debito è maggiore della capa-

cità di un paese di pro-durre ricchezza nemme-no la banca centrale può garantirne la solvibili-tà. Eccoci quindi al big chill, una bancarotta più grande di quella di Leh-mann Brothers, se com-parata alla popolazione di soli 320.000 abitanti.Le conseguenze sono devastanti: disoccupa-zione triplicata, stipen-di e orari di lavoro ridot-ti, crescita esponenziale dei debiti contratti con mutui a tasso variabi-le. Nulla valgono le azio-ni del governo per mini-mizzare l’impatto della crisi sulla popolazione: si rompe la passività, quel velo di indifferenza che, a ben vedere, caratte-rizza molti cittadini fino a quando le cose van-no bene. Presidi conti-nui davanti al parlamen-to picchiando pentole e padelle. Il governo si di-mette e si va ad elezio-ni anticipate. Le banche vengono nazionalizza-te e ristrutturate per ge-stire l’economia inter-na, ma si pone a questo punto il problema del debito estero, in partico-lare nei confronti di Re-gno Unito e Paesi Bassi, molto esposti per avere approfittato delle van-taggiose condizioni of-ferte, una storia già vista in Argentina. Il nuo-vo governo di sinistra,

abbandonando il mo-dello neoliberista, ma strizzando l’occhio alla comunità internaziona-le, decide per un rimbor-so di 5 miliardi di dol-lari tra il 2017 e il 2023, con pagamenti in per-centuale sul proprio PIL. Tuttavia, i creditori non accettano ed anzi bloc-cano gli aiuti del FMI, in una sorta di ricatto le-galizzato, paventando l’isolamento economico dell’isola.Una seconda revisio-ne del piano di rimbor-si prevede un paga-mento di 3,8 miliardi di euro spalmati in 15 anni sull’intera popolazio-ne: 100 euro a testa al mese per 15 anni. Trop-pi, per rimediare agli er-rori di una società priva-ta, secondo i cittadini, che con una petizione da 56.000 firme (17,5% della popolazione) con-vincono il presidente Grimsson a non firma-re la legge e ad indire un referendum. 93% con-

tro, cifre da maggioran-za bulgara. Nuovi ne-goziati portano ad un secondo referendum, con esito nuovamen-te contro la restituzio-ne del debito. I cittadi-ni islandesi sottolineano come il rendimento di un investimento sia di-rettamente proporzio-nale al rischio e che quindi non solo non sia a loro carico la restitu-zione del debito, ma le perdite rappresentino uno schiaffo meritato dato dalla mano invisi-bile. La corte di giusti-zia europea deciderà il da farsi, anche perché il problema di un de-fault del debito sovra-no fino a poco tempo fa era considerato un pro-blema da paesi emer-genti e si affronta quindi una mancanza di legisla-zione e di procedimen-ti consolidati. Dal canto suo, il popolo islandese ha deciso di perseguire i “colpevoli” di questa co-lossale bancarotta, iden-tificando banchieri e funzionari, ora raggiunti da mandati di cattura in-ternazionali.Insieme alle dimissioni del governo e all’identi-ficazione dei responsa-bili, però, i manifestanti hanno chiesto anche un altro cambiamento: la ri-scrittura della costitu-zione, vecchia ed eredi-

“Per quanto al momento l’esposizione delle banche con finanziamenti este-ri rappresenti il rischio maggiore per il sistema fi-nanziario, la probabilità di un evento creditizio [falli-mento, ndr] è bassa”

(Frederic S. Mishkin, econo-mista, sull’economia islande-

se, 2006)

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FALCONEXPRESS18dicembre 2011

tata dalla dominazione danese. Ciò che colpi-sce è il modo di proce-dere alla redazione del-la nuova carta: cercate Stjórnlagaráð su Face-book e vi ritroverete im-mersi nell’assemblea costituente. Un esem-pio reale di democrazia partecipata. Nonostan-te l’intervento del FMI nessun burattino del-la finanza internaziona-le, nessun partecipante dei Bilderberg meetings, nessun membro del-la Trilaterale si è seduto sulla poltrona di Primo ministro. Anzi, i cittadini hanno preso in mano la situazione riapproprian-dosi dei loro diritti ed esercitando attivamente la loro cittadinanza.Molti temono ora che l’onda lunga della rivo-luzione finirà, che tut-to tornerà come prima. Forse formalmente è già successo, ma nel cuo-re delle persone è rima-sta una consapevolezza nuova, una sfiducia ir-

reversibile nei confronti del sistema.Ma può l’esperienza islandese rappresenta-re un paradigma, ap-plicabile in altre nazioni alle prese con la stret-ta del debito pubblico? Non del tutto. Dal pun-to di vista economico in-fatti l’Islanda ha potuto beneficiare di un poten-te strumento per mezzo del quale gettare nuo-vamente le proprie fon-damenta: la sovranità monetaria. Infatti, a dif-ferenza di quanto acca-drebbe ad uno stato del-la zona Euro, l’Islanda ha potuto svalutare la pro-pria moneta stampan-do nuova carta mone-ta, diminuendo quindi il valore del proprio de-bito pubblico a costo di diminuire il potere d’ac-quisto e spingere l’in-flazione. Tuttavia, da un punto di vista politico e sociale, l’esempio islan-dese dovrebbe rappre-sentare uno stimolo, un segnale che reclamare i

propri diritti, ricordando a chi ci governa il perché si trova in quella posi-zione, è possibile, che la farsa del debito pubbli-co ha raggiunto il limite dell’accettabilità. Si trat-ta di un richiamo al qua-le noi Italiani dovremmo fare particolare atten-zione, in un momen-to in cui la speculazio-ne finanziaria attacca il nostro Paese e ci fanno credere che lo spread rappresenti davvero la nostra economia reale.Il popolo islandese ha avuto il coraggio di sta-re a testa alta davanti ai tecnocrati della finan-za internazionale, mo-strando l’orgoglio di chi vuole essere sovrano nel proprio paese. E non è un caso che l’ingresso nell’Unione Europea sia osteggiato da una fetta consistente di questi pe-scatori, che hanno deci-so di mettersi in giacca e cravatta e combattere per il bene della propria Nazione.

“Ci avevano detto che se avessimo rifiutato le con-dizioni della comunità in-ternazionale, saremmo di-ventati la Cuba del Nord. Ma se avessimo accettato, sa-remmo diventati l’Haiti del Nord.”

(Olafur R. Grimsson, presidente islandese)

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FALCONEXPRESS20dicembre 2011 FALCONEXPRESS21

Nel XVI secolo l’Ita-lia era il centro in-tellettuale dell’Eu-

ropa. Giungevano a Bologna (prima sede universitaria) studenti ed intellettuali da ogni parte del mondo percor-rendo itinerari che dura-vano anche settimane. Era il simbolo dell’Euro-pa intellettuale, che era un’Europa unita. Ci sono voluti secoli per tornare a questa unità. L’Europa non ancora unita politi-camente, ritorna ad es-sere unita economica-mente e culturalmente.Professor Prodi, già vent’anni fa Lei soste-neva che la sfida per la supremazia economi-ca non si sarebbe più svolta a livello di nazio-ni, bensì di continenti. È ancora così oggi e qual è l’oggetto del conten-dere?Oggi è ancora così, e lo è di più. L’Ottocento è sta-to il secolo dell’Europa, il

Novecento il secolo degli Stati Uniti, il nostro il se-colo dell’Asia. È impres-sionante vedere come

le cose cambino, perché solo vent’anni fa questo sembrava decisamente il secolo americano, tan-to che fu scritto il libro “La fine della storia” poiché dopo il crollo dell’Unione Sovietica si pensava che l’America avrebbe indi-sturbatamente governato per tutto il ventunesimo secolo. Invece il mondo sta cambiando rapidis-simamente. Riferendoci all’Asia intendiamo spes-so Cina ed India che sono il nuovo grande bloc-co del mondo. Accanto a questo ci sono il Brasile, la Turchia come nuova po-tenza regionale e la Rus-sia. Celebre è l’acronimo BRICs al quale alcuni stu-diosi aggiungono il Sud Africa perché nell’ambi-to del continente africano esso ha un suo ruolo di prim’ordine che però non è paragonabile agli altri paesi del BRIC. Se non vi saranno fatti imprevisti a metà del secolo noi avre-

a colloquio col professoreLa sfida dei continenti per le risorse e gli strumenti per uscire dalla crisi.

a cura di Massimiliano GALLI (ex studente)Non sempre la televisione propone banalità. Ci sono programmi di tale spessore che do-vrebbero essere proposti non solo in prima serata, ma a reti unificate. A questi appartiene Il mondo che verrà trasmesso ad ottobre da La7 alle 23.10. Una serie di tre lezioni nelle qua-li il Professor Romano Prodi ha fatto il punto della situazione economica, politica e geo-politica mondiale e delle sfide che ci attendono per uscire dalle crisi. Colloquio essenziale quindi per capire qualcosa di più. Riporto di seguito il tema della prima serata.

mo come prima econo-mia del mondo la Cina, quindi Stati Uniti, India, Giappone, Brasile, e solo dopo troviamo i paesi dell’Europa (che se fosse-ro uniti farebbero la gara per essere tra i primi del mondo anche nel secolo dell’Asia). Il debito pubblico ame-ricano è stato declassa-to, così come quello ita-liano. Da una parte sono diventati sempre più grandi i piani per salva-re i paesi a rischio, però il rischio di fallimento di questi paesi è anch’es-so aumentato. Perché si sono accumulati questi enormi debiti pubblici a partire da paesi ricchi e potenti come ad esem-pio gli Stati Uniti?Gli Stati Uniti hanno di-minuito la loro forza re-lativa nel mondo. Alla fine della seconda guer-ra mondiale erano il 35% dell’economia mondia-le, oggi il 23%. La doman-da interna statunitense è stata sostenuta in modo sempre più forte special-mente con tagli delle im-poste e questo ha scom-binato il rapporto fra spese ed entrate. Inoltre il deficit americano è per un terzo dovuto alle spe-se militari: essere i nume-ri uno al mondo con 610 basi militari, quasi 400 mila soldati impegnati in guerre in Iraq ed Afga-nistan ha fatto accumu-lare agli Stati Uniti spese

per circa 4 mila miliardi di dollari. Essi sostengo-no il 43% delle spese mili-tari del mondo essendone però solo il 23% del red-dito. La Cina, che come abbiamo detto sostitui-rà gli Stati Uniti ai vertici dell’economia mondiale, sostiene il 7% delle spe-se militari globali. È im-portante rilevare come le suddette spese “di dife-sa” incidano sul bilancio in rapporto al pil. Il 4.5% per gli Usa, solo il 2% per la Cina.Cina e Stati Uniti sono legati a doppio filo an-che per quanto concer-ne il debito pubblico. Ci spiega in che senso?Il problema è che mentre nei vecchi tempi il debi-to pubblico veniva finan-ziato da emissioni di titoli che si vendevano sul mer-cato interno del paese adesso, invece, esso vie-ne finanziato sul merca-to internazionale. La Cina possiede il 15% del debi-to americano, il Giappo-ne poco meno e via via gli altri paesi; per cui in questo momento gli Sta-ti Uniti dipendono for-tissimamente dall’atteg-giamento cinese e può sembrare paradossale, ma una delle chiavi poli-tiche del mondo sta pro-prio nel potere d’influen-za a livello decisionale che questo comporta. In sintesi nessuna decisione può essere messa in atto se la Repubblica Popola-

re Cinese non siede anche lei con i propri rappresen-tanti al tavolo delle deci-sioni.Stati Uniti, Cina ed Euro-pa. Cosa c’è da aspettar-si dalla crisi dei paesi del Mediterraneo? La mone-ta unica sopravvivrà?L’euro è certamente in una situazione difficile, ma bisogna considera-re che il deficit dei paesi dell’euro è di 4 punti in-feriore al deficit america-no. La differenza è che gli Stati Uniti sono un paese unico e forte con una ca-pacità di decisione unita-ria e nessuno si avventa ad attaccare impune-mente il dollaro; i pae-si europei, separati così, sono facilmente attacca-bili dalla speculazione fi-nanziaria internazionale. È difficile avere una mo-neta comune senza ave-re una politica economi-co-finanziaria comune. L’Europa è ben più sana degli Stati Uniti, e se si pensa che, ad esempio, il bilancio della California è peggiore di quello gre-co, solo che la California è dentro una rete di salva-taggio che la Grecia an-cora non ha perché ab-biamo un’unità fatta solo a metà. L’euro comun-que resisterà, perché nes-suno ha interesse a farlo naufragare. Nemmeno la Germania, che è di gran lunga la prima potenza economica europea gra-zie all’euro. Dagli anni

Attualmente Romano Prodi è Professore alla

CEIBS (China Europe In-ternational Business School) in Shanghai;

Professor at-large alla Brown University (USA);

Presidente del Gruppo di lavoro ONU-Unione

Africana sulle missioni di peacekeeping in Afri-

ca e Presidente della Fondazione per la Colla-

borazione tra i Popoli.

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FALCONEXPRESS22dicembre 2011 FALCONEXPRESS23

sessanta fino all’entrata nell’euro l’Italia ha svalu-tato la lira del 600% men-tre la Germania non ha mai svalutato il marco. Le politiche commerciali de-gli altri paesi dell’Europa hanno impedito alla Ger-mania di accumulare sur-plus. Oggi, che non è più possibile svalutare la mo-neta la Germania ha ac-cumulato solo nell’ultimo anno duecento miliar-di di euro di surplus. La vera Cina oggi è la Ger-mania. Anche se il popu-lismo trionfa in Germa-nia come in Italia, e ogni politico cerca di compia-cere il proprio elettorato, quando si arriva al sodo la comunità degli affari tedesca non ha nessuna intenzione di abbando-nare la moneta unica.Professore, passiamo dall’aspetto economi-co finanziario della cri-si a quello alimentare. Lei sostiene che il cibo potrebbe diventare una delle principali cause di conflitto. Perché?Il cibo è sempre stato il problema drammatico per l’umanità. Da un paio di generazioni nel mon-do ricco questo problema è passato in secondo pia-no perché c’è stata la co-siddetta rivoluzione verde che ha aumentato la pro-duzione agricola in ma-niera veramente sostan-ziosa. Oggi il problema è tornato perché non c’è più quell’aumento della produttività che c’era pri-

ma; l’aumento della po-polazione è continuato ed è cambiata la dieta (è facile evincere che man-giare carne piuttosto che riso impegna ben diver-samente l’ambiente e la terra) e questo ci porta al grande problema dell’ac-qua. Si pensi che una ca-loria di cibo esige un litro d’acqua. Vi sono gran-di fiumi: il Nilo che arri-va quasi secco al Medi-terraneo. Due paesi per i trattati si appropriano di tutta l’acqua, il Sudan e l’Egitto. L’Etiopia dal can-to suo vorrebbe costrui-re dighe. E pensare che se si facesse un’irrigazione decente, non dico moder-nissima, a pioggia inve-ce che ad acqua fluente, si impiegherebbe un deci-mo dell’acqua impiegata. Considerazioni analoghe valgono per il Tigri e l’Eu-frate: se i turchi continue-ranno a costruire dighe sparirà la Mesopotamia. Dovrebbe angosciarci la mancanza di solidarietà internazionale su un pro-blema che può diventar tragico per l’umanità.Le tensioni alimentari sono aumentate nei pa-esi poveri e anche nei paesi ricchi. Perché ?Il mondo è uno e la scar-sità fa aumentare i prezzi. Questo significherà lotta per la terra. E per questa ragione che Cina, Giap-pone, Sud Corea stan-no acquistando terreno coltivabile (per garantir-si cibo in futuro) in Africa

ed America Latina. Il pro-blema è così grande che in Brasile ed in Argentina hanno messo un limite di mille ettari all’acquisto di terreno da parte degli stranieri.A questo va aggiunto che la produttività dell’agri-coltura aumenta dell’1% all’anno e non più del 4% perché si è smesso di inve-stire in ricerca (siamo ar-rivati quasi al fatto evan-gelico del 100 per uno, ma ci siamo fermati). E poi c’è la speculazione: si gioca a non esportare per far aumentare i prez-zi e garantirsi i riforni-menti per il futuro, c’è una specie di scommessa con i cosiddetti futures, con-tratti che riguardano con-segne future di beni. Stia-mo attenti perché la fame vuol dire emigrazioni di massa, vuol dire tragedie, vuol dire sofferenza.Oggi tutto sembra dirci che la radice del proble-ma sta nella sovrappo-polazione, ma vediamo come per convenzioni etiche, religiose ed an-che umane il problema demografico non viene affrontato con la dovu-ta attenzione. Cosa dob-biamo aspettarci dal fu-turo?Oggi sul nostro pianeta siamo 7 miliardi di indivi-dui, a metà del secolo sa-remo circa 9 miliardi. Un secolo fa l’Europa aveva più abitanti della Cina, adesso abbiamo un mi-liardo e trecento milio-

ni di abitanti in Cina, un miliardo e cento milio-ni in India, cinquecento milioni in Europa trecen-tododici negli Sati Uni-ti. A metà del secolo l’In-dia avrà superato la Cina, l’Asia conterà più di 3 mi-liardi di abitanti, l’Africa 2 mentre la quota di Stati Uniti ed Europa sarà sem-pre inferiore.Cosa si può fare per un miliardo di perso-ne denutrite e per l’al-tro miliardo che soffre la fame?Se avessi la soluzione, senz’altro la condivide-rei, ma una correzione alle cose che non vanno la possiamo fare. Prima

di tutto occorre fare ricer-ca in agricoltura per au-mentare la produttività, mettere a coltura le ter-re incolte, prestare atten-zione a quei territori fertili (come ad esempio la pia-nura padana) che stan-no vivendo una fase di cementificazione selvag-gia. Non dobbiamo mai dimenticare che ogni ter-reno agricolo divenuto edificabile per sfizio poli-tico dell’amministratore di turno o per necessità di fare cassa in tempi di cri-si è terreno tolto alla col-tivazione. Inoltre è impor-tante ricordare la gravità e il danno derivanti dal-la speculazione finanzia-

ria internazionale, dalla nascita dei biocarburanti nonché da un uso impro-prio e distorsivo degli in-centivi statali sulle fonti di energia rinnovabile.Se guadiamo alle no-stre città ed ai nostri pa-esi in perenne espansio-ne ma con centri storici vuoti causa il caro prezzi delle case e alla perenne crisi dell’agricoltura, com-prendiamo come queste tematiche ci coinvolgano sempre più perché fanno parte del nostro imme-diato futuro.

tratto da “Il mondo che verrà”

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FALCONEXPRESS24dicembre 2011 FALCONEXPRESS25

Egregio avvocato, il suo libro Euroschia-vi ha venduto nu-

merose copie giungendo, se non sbaglio, alla terza edizione. Ritiene che tale successo sia la dimostra-zione di una presa di co-scienza da parte del gran-de pubblico?Il grande pubblico, proba-bilmente, ancora non va ol-tre il settore vago generale che l’economia la finanza e i poteri finanziari ed econo-mici sono molto importanti per la qualità della sua vita, per la progettualità di un fu-turo. Euroschiavi, che arri-va quest’anno alla quarta edizione, come molti altri li-bri comparsi sulla materia economica e monetaria ne-gli ultimi tempi, ha fornito a migliaia di persone la co-noscenza reale di cosa sia la moneta, di quali siano i suoi effetti.Mentre il libro successi-vo, la moneta copernica-na, non ha riscosso lo stes-so successo. Crede che ciò sia dovuto ad una sorta di censura messa in atto dal-la grande distribuzione nei suoi confronti?La moneta copernicana è un libro più di nicchia, più specialistico; sotto certi aspetti, non ha come target il grande pubblico.La casa editrice della mo-neta copernicana è diversa:

Nexus. E a differenza di ma-cro edizioni non risponde di una propria rete di distribu-zione. Oggigiorno nel siste-ma librario i distributori det-tano legge, ossia decidono quali libri abbiano succes-so e quali libri no. Le gran-di casi editrici hanno le loro reti e riescono a essere pre-senti nelle librerie, le picco-le case editrici invece dipen-dono da distributori di solito poco solerti o indifferenti ed estremamente inefficienti nella promozione editoriale.Nelle sue pagine viene di-

mostrata l’illegittimità delle strategie di moltipli-cazione monetaria mes-se in atto dagli istituti di credito privati (signorag-gio secondario). Altri au-torevoli esperti, come ad esempio Maurice Allais, hanno criticato questo si-stema finanziario. Secon-do lei è realistico imma-ginare una riforma che imponga alle banche commerciali la riserva to-tale, invece di quella fra-zionaria?Vi sono molti strumenti non solo quello della riserva fra-zionaria che, peraltro, ades-so non si può più chiamare così, ma piuttosto moltipli-catore bancario. Strumenti finanziari che hanno effetti a breve, medio o lungo ter-mine distruttivi sull’econo-mia reale, sulla società, sul-la vita delle persone, sulle possibilità di una partecipa-zione democratica, almeno in piccola parte, all’esercizio del potere effettivo. Quindi il moltiplicatore monetario è uno solo degli aspetti. Lei mi chiede sostanzialmen-te è possibile? Può avvenire che il potere politico arrivi a regolamentare questi stru-menti speculativi che spes-so hanno un effetto pesan-temente ed enormemente distruttivo, pensiamo agli attacchi che vengono fatti ai vari paesi, al debito pub-

blico, italiano, greco, spa-gnolo, irlandese e islande-se. Pensiamo agli attacchi - come lei puntualmente ri-corda - che attuò in passa-to Soros contro la sterlina e contro la lira, con gravis-simi danni all’economia re-ale e alla gente. È possibile che la politica riesca a rego-lamentare? A mio avviso, è assolutamente improbabile perché questi strumenti così distruttivi sono gli strumen-ti attualmente più potenti ai fine dello sfruttamento eco-nomico della società, ma anche i più potenti e i più ef-ficienti a regolare gli altri strumenti, quelli della poli-tica, quelli del diritto, quelli del potere giudiziario.Fermo restando il fat-to che la nostra impoten-te classe politica si è mo-strata incapace di dare risposta ai gravi problemi che la crisi ci pone dinan-zi, non si potrebbe ripor-re affidamento nel potere indipendente della magi-stratura?La magistratura in Italia è un gruppo di interesse or-ganizzato, la sua indipen-denza è molto relativa. La magistratura è molto con-dizionata dal potere esecu-tivo, dal potere legislativo, dagli equilibri del potere re-ale che stanno dietro alla costituzione formale. Inoltre come gruppo di interesse or-ganizzato la magistratura è molto impegnata innanzi-tutto nella difesa delle pro-prie prerogative, che alcu-ni chiamano privilegi e, in secondo luogo, in un paese dove praticamente l’attività

amministrativa, quasi tutta la spesa pubblica viene me-diata da meccanismi politi-ci clientelari diciamo corrot-ti, la magistratura Interviene sporadicamente e selettiva-mente; alcuni dicono che in-tervenga contro coloro che disturbano il potere costitu-ito, che colpisca il business di una fazione politica per consentire il business dell’al-tra fazione politica. Le dina-miche, gli interessi, gli orga-nismi del mondo reale non sono quelli del diritto uffi-ciale, del diritto dichiarato, delle istituzioni, dei trombo-ni istituzionali, bensì molto diversi.Si parla tanto di grandi speculatori internaziona-li; abili e cinici tecnocra-ti che grazie a sosfisti-che tecniche finanziarie sono in grado di mettere in crisi, a proprio vantag-gio, l’economia di intere nazioni. Di costoro cono-sciamo nome e cogno-me, persino i volti (recen-temente pubblicati da un noto quotidiano italiano). Ebbene, secondo lei, non si può configurare qual-che tipo di reato da far va-lere contro questi signori? Le loro attività, provocan-do recessione, licenzia-menti, miseria non pos-sono essere equiparate a crimini contro l’umanità?Sì. Ci sarebbe il reato di ag-giotaggio, manovre specu-lative per condizionare a proprio favore il mercato. Ci sarebbe sicuramente la fro-de ai danni dei risparmia-tori. Ci sarebbe, talvolta, la truffa, palese, in certi stru-

menti finanziari, apposita-mente costruiti da ingegne-ri matematici; ad esempio, i famosi contratti deriva-ti che sono stati venduti a pubbliche amministrazio-ni e che in grande quantità scadranno l’anno prossimo. Sono stati inoltre costruiti, in modo intenzionalmente fraudolento, gli attacchi al debito pubblico di questo o quel paese, mirati a produr-re effetti politici e paralizza-re l’azione del governo, del parlamento; sono veri e pro-pri attentati alla libertà di questi organi costituzionali, quindi sono reati. Quindi, in linea di principio, lei ha ragione, il mondo è sottoposto all’azione di spe-culatori che dispongono di conoscenze che la popola-zione generale, ma anche gli addetti ai lavori, come ad esempio i commercialisti, neanche immaginano e che dispongono inoltre di fonti di informazione riservatissi-me: la Bank of England No-minees, cioè la società che controlla la Bank of England e che sostanzialmente ap-partiene alla casa reale, può avvalersi delle informazioni dei servizi segreti britanni-ci che danno ai suoi membri la possibilità di speculare in condizioni più favorevoli ri-spetto agli altri.Le crisi, i mali finanziari ed economici di cui sta sof-frendo la nostra epoca sono causati da azioni di un nu-mero limitato di sogget-ti identificabili di cui si co-nosce l’identità e allora in fondo è solo un problema di carattere criminale. Azio-

Marco Della Luna avvocato e saggista di Mantova, studioso di po-litica economica, noto per il suo recente sag-gio Euroschiavi, nel quale mette a nudo i meccani-smi giuridici ed econo-mici mediante i quali lo Stato viene svuotato di ogni autonomia politica e trasformato in stru-mento di spremitura fi-scale dei cittadini

la rivoluzione del silent takeoverIntervista a Marco Della Luna, l’autore mantovano di Euroschiavi

a cura di Stefano SOLAZZI (IIIAs)

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FALCONEXPRESS26dicembre 2011 FALCONEXPRESS27

ni illegali, illecite e perfino crimini contro l’umanità, in quanto riducono alla fame intere nazioni.La soluzione quindi ci sareb-be e anche semplice, baste-rebbe mandare l’Interpool ad arrestare quelle perso-ne e impedire l’uso di cer-te piattaforme telematiche, informatiche, ma non lo si fa. Perché il possesso di que-gli strumenti è tuttuno con il possesso del potere vero del mondo.Lei parla di silent takeo-ver, per descrivere il sop-piantamento silenzioso dello Stato da parte del capitale privato. Le recen-ti vicende europee, con il crollo di vari governi de-mocraticamente eletti per volontà dei mercati (cioè del potere finanziario), non da ultimo quello ita-liano, non sono una pro-va della correttezza di tale previsione?Esattamente. Vi è anche il

graduale trasferimento del potere giudiziario, dagli Sta-ti a organismi sostanzial-mente opachi, tecnocratici, come il WTO che a sua volta è stato istituito nel ‘95 attra-verso un processo tutt’altro che democratico, tutt’al-tro che trasparente e che ha visto un soggetto privato, cioè la grande finanza sta-tunitense e gli altri sogget-ti convocati alla conferenza Montevideo imporre questa trasformazione dall’alto. Sì il silent takeover continua, e adesso non è più silent ma è loud, è molto sonoro ed esce allo scoperto, diventa visi-bile: questa è la vera novi-tà; ciò che prima avveniva di nascosto ora è fatto aper-tamente; la grande finan-za che è al di sopra sia della testa della Merchel sia della testa di Barrosso sia dei ver-tici dell’Eurozona, cioè l’alta finanza, ha messo i suo fidu-ciari a fare da premier, non solo in Italia, ma anche in Grecia: Papademos (Gold-man Sachs), Draghi (Gold-man Sachs), Monti (Gold-man Sachs). Ci mette la faccia, questa è la novità, si prende la responsabilità di governare; ancora non dice sono i miei uomini, non lo dice, però si intuisce, si vede abbastanza chiaramente che sono i suoi uomini. Per la prima volta la grande fi-nanza si assume la respon-sabilità della conduzione politica.A suo avviso, perché Ma-rio Monti e Mario Draghi, vengono salutati in modo così acritico dall’opinione pubblica che senza cono-

scere nulla di loro, li salu-ta addirittura come i sal-vatori della patria?Dobbiamo andarci piano parlando di opinione pub-blica, poiché noi abbiamo il sistema dei Mass Media che parla soprattutto attraver-so la televisione alle singole persone. Io sto davanti al te-levisore, passo dieci canali e tutti mi danno una versione entusiastica di Mario Dra-ghi alla BCE, Mario Monti a Palazzo Chigi; grandi aspet-tative, finalmente l’Italia ri-torna tra i grandi e ritrova la sua dignità, adesso si impo-sterà tutto per bene. Io pos-so anche essere scettico e con me può essere scettica - rispetto a questi due per-sonaggi ritenuti come riso-lutivi e benefici - la maggior parte della popolazione. Tuttavia, siccome ciascuno vede un’immagine del mon-do, della società, compatta nella fiducia riconosciuta a queste persone, allora pen-serà: io se voglio essere in-tegrato in questa società, se non voglio essere la “pecora nera”, il deviante, devo pure partecipare a questo entu-siasmo. Anche il presidente della re-pubblica Giorgio Napolita-no contribuisce a sostene-re questa aspettativa, ma qualcosa del genere è avve-nuto anche negli Stati Uniti. Ne parlava Noam Chomsky in occasione della guerra di occupazione contro l’Iraq. Allora si trasmetteva un’Im-magine della popolazio-ne unita attorno al suo pre-sidente e siccome ciascuno davanti al suo piccolo scher-

mo riceveva questo mes-saggio di unità e coesione, intorno a questi falsi e ingiu-sti programmi si realizzò un fortissimo consenso popo-lare e la guerra partì. Poi lo stesso consenso andò calan-do, ovviamente, poiché la verità, alla lunga, è più forte della menzogna.Si può affermare che la ri-nuncia alla propria sovra-nità nazionale, in favore di organismi sovrannazio-nali e tecnocratici come la BCE o il FMI, sia anticosti-tuzionale? La nostra Car-ta fondamentale, infatti, all’Art. 11 permette una li-mitazione (si badi bene, non una rinuncia) alla so-vranità, ma in nome del-la pace e della giustizia fra le nazioni; non ci sembra, tuttavia, che tali organi-smi – fra l’altro privati e indipendenti da qualun-que controllo democrati-co – assolvano a scopi di pace e giustizia. Lei cosa ne pensa?Io penso e ho anche scritto che ben poco, praticamente nulla dei principi della costi-tuzione Italiana si possa tro-vare nella realtà. La costitu-zione formale (scritta nella Carta) in Italia è molto ma molto lontana dalla costi-tuzione materiale (reale). La costituzione reale dell’Ita-lia è in totale contrasto con la costituzione Italiana, su molti punti, anche su que-sto. Lei giustamente cita l’ar-ticolo 11, prima però ancora parlava di sovranità. L’ar-ticolo 1 della costituzione dice: “L’Italia è una repubbli-ca democratica fondata sul

lavoro, la sovranità appar-tiene al popolo”, se appar-tiene al popolo come può il governo con un voto di rati-fica parlamentare cedere la parte più importante della sovranità, cioè quella eco-nomica, come può cederla a un soggetto non nazionale? E’ assurdo. Se io sono sovra-no, lo sono sempre e total-mente, non esiste la sovra-nità parziale, ci può essere un’autonomia parziale, ma la sovranità è la condizio-ne di “Superiorem non reco-noscent” cioè di non ricono-scere un soggetto superiore, se lo si riconosce non si è più sovrano. E non può es-sere più o meno sovrano, o lo è o non lo è. Ora, la ces-sione di sovranità naziona-le attuata con il trattato di Mastrich con il sistema del-la BCE è chiaramente in con-trasto con la costituzione. Lei diceva giustamente che l’articolo 11 consente limita-zioni, ma non cessioni della sovranità: esatto! Così an-che la costituzione Francese che è più spiccata sul punto, ma soprattutto faccio pre-sente che, come lei ha ricor-dato, che questa limitazione della sovranità ha un pre-supposto, che è quello che la limitazione serva ai fini di giustizia e di pace. Ora non c’è alcun fine di giustizia e di pace nella BCE, non si tratta di pace, di mantene-re la pace, non è un organi-smo di sicurezza militare, di prevenzione della guerra, si tratta di business, si tratta di finanza. Quindi manca an-che questo presupposto per la limitazione della sovrani-

tà. Tuttavia, va anche det-to che lo statuto della Ban-ca d’Italia, prima del 2006, disponeva che il capita-le della stessa doveva esse-re in maggioranza detenuto dalla mano pubblico, men-tre era detenuto in maggio-ranza - 94,5% - da società private. Quindi era già una situazione di illegalità costi-tuzionale perché la sovra-nità monetaria era in mano a privati. Però nel dicembre del 2006 fu realizzata, dal governo Prodi, una riforma dello statuto della banca d’Italia. Il governo Prodi del resto, dovette realizzare tale riforma per legittimare la proprietà privata della Ban-ca d’Italia, perché Prodi stes-so come presidente dell’IRI aveva ceduto ai privati, ave-va privatizzato le tre banche dell’IRI che erano detentrici di quote della Banca d’Italia. Siccome uno statuto prece-dente prevedeva che non si potessero cedere quote della Banca d’Italia a soggetti pri-vati finche non fosse stato stabilito il 51%, cioè la mag-gioranza assoluta di mano pubblica della proprietà del-la Banca d’Italia, l’azione compiuta da Prodi era chia-ramente contraria a questa regola. Bisognava quindi le-gittimarla a posteriori. E così si è fatto. Io, se fossi stato il Presidente della Repubbli-ca, non avrei firmato quella riforma della Banca d’Italia, l’avrei sentita come un’ope-razione non conforme a co-stituzione. Però Napolitano la firmò. Comunque ancora prima, nell’83, la sovranità monetaria Italiana era sta-

Goldman Sachs Tower Jersey City - Usa

Uno dei grandi santuari di quel

potere che chiamiamo

Mercati.

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FALCONEXPRESS28dicembre 2011 FALCONEXPRESS29

ta smantellata, col famoso divorzio tra la Banca d’Ita-lia che prima era controlla-ta dal ministero del tesoro e il ministero del tesoro stesso (Governo Ciampi).Con la famosa finanziaria-zione del debito pubblico, il grosso dello stesso è passata in mano straniera, con la re-lativa mpennata sia dei tas-si che soprattutto del debito pubblico medesimo.Sappiamo che lei sta rap-presentando legalmente diverse amministrazioni

locali, danneggiate dal-lo strumento dei deriva-ti finanziari, proposti loro senza un’adeguata cono-scenza dagli istituti di cre-dito. Come stanno andan-do questi procedimenti?Tre si sono esauriti già nella fase delle trattative in modo favorevole. Riguardo un al-tro, in cui ci sono 21-23 con-tratti truffa realizzati da banche ai danni di un’am-ministrazione provinciale di una regione del sud, non posso fare previsioni perché, seppure abbiamo documen-tato il carattere truffaldino dell’operazione e quindi l’in-validità dei contratti, regioni di equilibrio politico - anche

a livello nazionale - frena-no questa azione e biso-gnerà aspettare l’esito non scontato. Però dal punto di vista della prova della frau-dolenza dei contratti abbia-mo tutto.Quindi ci aggiornerà sul suo blog riguardo l’esito di questa vicenda?Sì, certo, ma nei limiti del se-greto professionale.Il compianto prof. Auri-ti, che lei cita nel suo li-bro, diede vita ad un epo-cale esperimento quando

mise in circolazione il Si-mec; una moneta che non generava debito all’at-to dell’emissione. Imme-diatamente i poteri forti si scagliarono contro que-sto intellettuale, facendo-lo oggetto di persecuzioni mediatiche e soprattut-to giudiziarie. Ci può dire brevemente, se ne è a co-noscenza, come si conclu-sero tali vicende giudizia-rie?Si. Iniziarono col sequestro del SIMEC e si conclusero con l’assoluzione totale, con il proscioglimento del pro-fessore Auriti, non c’è reato, non è un atto illecito creare una moneta privata, è per-

fettamente lecito. Un ana-logo attacco da parte del sistema bancario, attraver-so il governo e la banca cen-trale Austriaca, fu perpetra-to nel primo dopoguerra, ai danni di un certo Silvio Ge-sell il quale in Austria aveva introdotto, in un area mol-to limitata, una moneta al-ternativa per sostituire la valuta legale che mancava, questa iniziativa ebbe mol-to successo. Una moneta a deperimento, cioè con una svalutazione programma-

ta. Aveva molto successo e disturbava le banca, Avvo-cato non pensa che que-sta moneta possa essere emessa anche per esigen-ze di Welfare e non solo per esigenze di produzio-ne?Se noi emettiamo moneta per realizzare investimen-ti produttivi, aumentiamo la produzione, aumentiamo il PIL, aumentiamo il gettito fiscale, con il gettito fiscale aumentato potremo pagare i pubblici servizi, il Welfare, le pensioni, la sanità. Quin-di non si tratta di creare mo-neta anche per il Welfare, anche per la spesa assisten-ziale, no, si deve creare ed

emettere moneta per la pro-duzione, poi dalla produzio-ne deve saltare fuori il dena-ro attraverso le tasse e altre forme mutualistiche che sono ancora più efficienti. Una spesa diretta nel Wel-fare crea inflazione, e non occupazione, crea assisten-zialismo. Solo così è possibi-le dare all’uomo la dignità che gli spetta, perché la per-sona, “L’Homo Faber” è do-tato di dignità quando può scambiare qualcosa, se in-vece riceve semplicemente assistenzialismo è avvilito e diminuisce il suo senso di re-sponsabilità civica.Cosa ne pensa di Wiki-pedia che, in quanto en-ciclopedia open source, dovrebbe garantire la plu-ralità delle opinioni e si è invece nettamente schie-rata contro le tesi che lei difende?È logico che per vivere, per sopravvivere, ci si schieri con chi ha il controllo, appunto, del non libero mercato. Lo spirito che anima Wi-kipedia dovrebbe essere l’esatto contrario. Il mondo del dovrebbe esse-re è il mondo, appunto, che dovrebbe essere, quindi non esiste. Comunque Wikipe-dia è utile.Cosa risponde a coloro che l’accusano di com-plottismo?Le grandi decisioni come il GAT il GAZ cioè il WTO, il Trattato di Mastrich, i trat-tati della banca dei regola-menti internazionali di Ba-silea, sono tutte prese in segreto; è un dato di fatto.Non si possono definire

complotti. Le decisioni eco-nomiche, soprattutto dei gruppi industriali, dei car-telli appunto, sono prese in forma segreta. Se io devo immaginare una riunio-ne dell’OPEC che fa dei ra-gionamenti su come spre-mere più soldi dai paesi che consumano petrolio, posso immaginare che questa ri-unione sia a porta aperte, con la presenza di giorna-listi e pubblico che ascolta come durante un consiglio comunale? Ovviamente no. I grandi poteri, le grandi de-cisioni operano nella segre-tezza, a porte chiuse; lo sta-tuto delle banche centrali, ad esempio, che dovrebbe-ro essere pubbliche, prevede la segretezza, prevede il di-ritto di criptazione, prevede l’inviolabilità anche da par-te della magistratura dei se-greti bancari.La banca dei regolamen-ti internazionali, addirittu-ra, può compiere qualsiasi tipo di operazione finanzia-ria in segreto, potrebbe an-che compiere finanziamenti al terrorismo in segreto. Nel 1995 a Montevideo si decise la globalizzazione, l’abbattimento delle barrie-re doganali, si decise la pri-vatizzazione della rete idri-ca, quella fu un’operazione a porte aperte o a porte chiu-se? Pensiamo ancora prima. 1944, Bretton Woods, deci-sione sull’assetto monetario mondiale, decisione fonda-mentale per la vita dei po-poli, fu presa con un pubbli-co dibattito? No.Monti è stato nominato, scelto democraticamente?

L’ultima consultazione po-polare aveva scelto Berlu-sconi, chi ha scelto Monti? Napolitano, su indicazione molto autorevole e perento-ria dei mercati. Che cosa c’è di democratico in questo? Niente. Che cosa vuol dire complottismo?Avvocato, la ringraziamo per il tempo che ci ha de-dicato e, nel salutarla, la invitiamo a dare un consi-glio a tutti i lettori di FXP che, indignati per le ini-quità e le ingiustizie che hanno sotto gli occhi, vor-rebbero in qualche modo contribuire al cambia-mento dell’esistente, ad una nuova e reale presa di coscienza rispetto ai temi che abbiamo affrontato.Studiare materia economi-ca, economia politica, so-prattutto finanza e moneta e prepararsi a tempi molto difficili. Il Sole 24 ore di ieri parlava di banche statuni-tensi, specializzate in valute, che si preparano informa-ticamente a gestire la crisi dell’Euro e la morte dell’Eu-ro. Prepararsi quindi a tem-pi di perdita di potere d’ac-quisto, di scarsità di beni, difficoltà, disservizi, turbo-lenze sociali, fare scorte.Quindi lei è pessimista, diciamo, sul futuro? Secondo le miei miglio-ri informazioni avremo un anno, almeno, molto ma molto difficile; esiste uno schema di soluzione che però avrà un notevole co-sto, un periodo di elabora-zione, di implementazione come si dice oggi, piuttosto lungo.

Esistono sistemi informatici in mano alla grande speculazione capaci di gestire milioni di transazioni finanziarie in pochi secondi

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FALCONEXPRESS30dicembre 2011 FALCONEXPRESS31

Egregio sig. Toma-selli lei è il coor-dinatore, per la

Lombardia, del progetto Scec. Potrebbe spiegarci brevemente in cosa con-siste tale iniziativa?Congiuntamente ad un gruppo di persone che ho il piacere di coordina-re, mi sono assunto l’ono-re e l’onere di diffondere in Lombardia i Progetti che Arcipelago Scec sta realiz-zando in tutta Italia che in sostanza si potrebbero sin-tetizzare nel concetto del sostegno alle economie lo-cali anche attraverso l’uso dello Scec in questo mo-mento di crisi che neces-sariamente è destinato a protrarsi Sig. Tomaselli, le voglia-mo rivolgere la stessa accusa che Marx muo-veva ai socialisti del suo tempo. Non crede, in-fatti, che il progetto del-lo Scec, rinunciando alla lotta e all’affermazione politica (data la vostra esplicita dichiarazione di essere apolitici) si pre-cluda la possibilità di in-cidere realmente sull’esi-stente? Non c’è il rischio dell’utopia; che cioè le local money, con tutti i suoi teorici, arranchino dietro alla storia, piutto-

sto che cambiarla?Premetto che non siamo apolitici bensì apartitici.Approcciare l’esistente eco-nomico come dato storico è un errore, lo stesso errore che fanno tutti i partiti po-litici. Se l’unica dimensio-ne disponibile per la perso-na è quella storica allora è giusta la conclusione che indica la domanda. Cre-do invece che la dimen-sione coerente con la per-sona, sia quella logica. L’elemento discriminante non è l’utopia sì o no, ma è sulla verità logica del sen-so comune che la persona può costruire una rappre-sentazione autofondante dell’esistente. Lasciamo alla filosofia di cercare quella che più con-fà alla sua vocazione. Infatti, utilizzando il peso, il numero e la misura come discernimento del capita-

lismo di stato, o marxista, o del capitalismo selvag-gio chiunque può trarre le sue normali conclusioni senza ricorre a particola-ri indottrinamenti ideolo-gici. Con la semplicità, l’in-chiostro della trasparenza, possiamo giungere all’esi-to conclusionale dei ragio-namenti che sottendono la sua domanda.L’economia attuale ha una trave nell’occhio che dob-biamo eliminare. Questa trave è la moneta, e il pensiero che la genera.Lo Scec è generato con peso, numero e misura a differenza delle mone-te attuali, indipendente-mente che siano euro, dol-laro, sterlina, yen, yuan ecc. Tutte queste monete sono generate all’origine, all’emissione, con un Nu-mero Negativo che non è un Numero Naturale per-ché, questi, sono unica-mente positivi. Per questa semplice considerazione, e non con roboanti paroloni retorici e ideologici, possia-mo affermare che l’econo-mia esistente è falsa, non è una scienza, e men che meno esatta. Lo Scec di-spone di una sua peculiare verità logica autofondan-te i fenomeni economi-ci che intende rappresen-

la moneta eticaIntervista a Fausto TOMASELLI, coordinatore del progetto Scec,

la più concreta e diffusa esperienza di local money in Italiaa cura della REDAZIONE

tare. Pertanto, ad incidere sull’esistente è, e sarà sem-pre di più, la logica dello Scec, il quale messo in cir-cuito come “abbuono”, è sostenuto da un impian-to logico tant’è che noi lo indichiamo come «mone-ta logica». L’unica «moneta logica», esistente al mondo è solo, e soltanto, lo Scec, e non ci interessa il succes-so incentrato su qualche aspetto legato all’utilità di questa, o quest’altra lo-cal money. La “rivoluzione” che alimentiamo è incen-trata sulla maturazione di una coscienza economica della persona fondata sul-la verità logica della mo-neta che renda l’economia una scienza perché esatta e riproducibile nonché di-sponibile a tutti. La strate-gia è quella di costruire il nuovo rendendo obsole-to il vecchio per cui l’uto-pia, per noi, è un possibile realizzabile e la soluzione all’esistente c’è, ed è testi-moniata dalle isole che lo Scec ha da tempo avvia-to in quasi tutto il territorio nazionale.Il circuito Scec ha mai su-bito attacchi speculati-vi o giudiziari, volti ad ostacolarne la diffusio-ne?Abbiamo subito attacchi speculativi subito fatti fuo-ri dal circuito.Nessun attacco giudiziario. Un controllo fiscale. Una ri-sposta positiva dell’Agen-zia delle Entrate sulla rego-lare legittimità fiscale dello Scec.

Da intellettuale e mili-tante impegnato in te-matiche economiche così urgenti, vuol spie-garci questo dogma del debito pubblico? In par-ticolare: dato che le ulti-me manovre finanziarie – quelle che ci chiedono sangue e lacrime – si ag-girano sui 5 – 8 miliardi di euro; e considerando che il debito pubblico ha da poco superato i 1900 miliardi di euro, le chie-diamo se non è assurdo solo proporre l’obiettivo di voler arginare il debi-to pubblico?Il dogma trova il suo fon-damento su una verità, come ragionamento per-fetto, fino a prova contra-ria. Se il dogma è fondato su una falsità logica allora è una truffa. Lo Scec recu-pera questa dinamica del pensiero economico nato come economia della casa, della cura della per-sona e della sua famiglia. Il dogma monetario esisten-te è costruito con una truf-fa legalizzata. Il processo dell’emissione moneta-ria inizia con un segno ne-gativo. La moneta, cioè, è emessa come debito, per cui tutta l’economia reale che utilizza la «moneta de-bito» ha, di fatto, un’origi-ne negativa pur essendo un’attività positiva. Pertan-to, l’esistente ha una di-mensione reale positiva ed una rappresentazione mo-netaria negativa. Dal pun-to di vista logico questa è una truffa.

La truffa legalizzata è un potere delegato e detenu-to dalle banche emitten-ti. I BOT, BTP e CCT emes-si dagli stati sono, a tutti gli effetti, delle cosiddette «partite di giro» o, sempli-cemente, un movimento di denaro raccolto presso i risparmiatori da restitui-re alla scadenza. Nel perio-do di tempo che intercor-re fra la negoziazione del titolo pubblico e la data di scadenza il denaro è as-sorbito anche dall’interes-se. L’interesse assorbe una parte del denaro messo in circolazione come debi-to riducendo anno dopo anno la disponibilità to-tale della massa moneta-ria. L’incidenza dell’interes-se diventa critica quando riduce la massa moneta-ria da rendere disponibile per la restituzione ai com-pratori dei BOT, BTP e CCT. Con l’emissione a debito della moneta, e l’interesse eterno, il debito pubblico è un’assicurazione eterna del sistema bancario. Proporsi di arginare questo cancro è una «missione impossibi-le» nel circuito reale, pos-siamo solo affrontarlo dal punto di vista logico, come lo sta facendo lo Scec. Lo Scec sostituisce il drenag-gio dovuto all’interesse, che agisce come l’idrovo-ra nello stagno della mas-sa monetaria, cercando di immettere quel poco di acqua necessaria almeno per far galleggiare la nave. Spetta a ciascuno di noi fare quel passo decisivo

ww

w.arcipelagoscec.org

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FALCONEXPRESS32dicembre 2011 FALCONEXPRESS33

uscendo dalla gabbia mo-netaria attuale incammi-nandosi decisamente ver-so la libertà dello Scec. L’Italia non potrebbe semplicemente dichia-rarsi insolvente e ripar-tire da zero, piuttosto che bruciare ricchezza e risorse nella fornace del debito (basti pensa-re che i famosi fondi fas, destinati alla crescita del Mezzogiorno, e quindi di tutto il paese, sono sta-ti usati per pagare gli in-teressi sul debito pub-blico)?Il circuito «moneta debito più interesse» è un vorti-ce che risucchia e annulla qualsiasi forma di resisten-za si voglia mettere in atto. L’unico modo per risolver-lo è prosciugare il vortice. Noi abbiamo cominciato a prosciugarlo con il ridur-re l’uso dell’€uro introdu-cendo lo Scec. Lo Scec può essere usato anche per co-prire il 100% degli scambi tra venditore ed acquiren-te. Se l’Italia decidesse di usare lo Scec come mone-ta nazionale molti proble-mi cesserebbero di esistere.

Man mano che i titoli pub-blici arrivano a scadenza semplicemente si sostitui-scono gli €uro con gli Scec ottenendo l’azzeramento costante e progressivo del debito. A vostra insaputa, e in silenzio, è iniziata una nuova storia che oggi vi stiamo annunciando, sen-za rivoluzioni, e soprattut-to senza debito a interesse. Lo facciamo e basta, nes-suno può impedirci di esse-re liberi di liberarci.Ritiene che l’attuale cri-si economica sia contin-gente (ossia che dopo un periodo più o meno lungo di sacrifici e auste-rità, la crescita e la ric-chezza possano riparti-re) o che, invece, abbia dei caratteri strutturali, di sistema?E’ evidente che siamo in un ciclo storico di fine impe-ro della moneta come ce l’hanno imposta. E questi periodi di fine impero sono stati tutti descritti a comin-ciare dalla fine dell’impero babilonese a quello roma-no. Spetta a noi assume-re nella nostra coscienza questa realtà, e non allar-

marci più di tanto, magari indignarci sì, ma costruen-do il nuovo e opponendo-lo al vecchio che sta mo-rendo.Cosa risponde a colo-ro che negano la possi-bilità, per la rivoluzione islandese, di porsi come paradigma e alternati-va di un nuovo sistema politico ed economico, a causa della sua bassa densità demografica?La via islandese è un pos-sibile realizzabile, ma non risolve il problema della truffa dell’economia esi-stente.L’ex governatore e pre-sidente della repubblica Ciampi, nel periodo del suo mandato di Gover-no, propose un disegno di legge in cui si definiva il debito pubblico come inesigibile (cfr, Atti par-lamentari – 10 febbra-io 1993). Non ritiene che sia assurda, nonché mo-struosa, l’idea di un de-bito non estinguibile e che tale definizione con-figuri, in sostanza, l’as-servimento per l’eternità di intere popolazioni ed economie?Non lo ritengo assurdo perché il pensiero di Ciam-pi è coerente con la sua cultura di monetarista. Una moneta di cui non si conosce la definizione, che ostinatamente e strenua-mente persegue e difende la sua anomia lo fa per evi-

tare che una persona qual-siasi si alzi e trascini in un qualsiasi tribunale la ban-ca emittente. Fino a quan-do la moneta manterrà la sua anomia non sarà pos-sibile trascinarla in giudi-zio per accusarla della truf-fa. Ecco che il pensiero di Ciampi, nella sua logica, è perfettamente coerente. Proviamo a definire la mo-neta e farla uscire dall’ano-mia, come stiamo facendo con lo Scec e sarà possibi-le fare un confronto fra ciò che il senso comune può li-beramente nominare e ciò che, invece, le è impedito finanche di pensare.Secondo lei, in una zona come la nostra, carat-terizzata dalla capilla-re presenza di piccole e medie aziende (sia mani-fatturiere che agricole), potrebbe avere successo l’esperimento dello Scec, liberando energie non valorizzate e restituendo dignità al lavoro e alle economie locali?

Certamente. L’economia locale è il focus del proto-tipo economico dello Scec secondo il suo nuovo para-digma. Solo con lo Scec la comunità locale acquista la piena sovranità che le è riconosciuta dalla costitu-zione visto che esiste come reale soggetto economico, sociale e politico. Lo Stato è solo un concetto metafi-sico, e come stiamo veden-do molto fragile tanto da essere facile preda dell’an-ti-stato. Come può un operatore economico locale chiu-dere il “cerchio” della sua attività quando i fornito-ri pretendono di essere pagati in Euro? Non c’è, in sostanza, il rischio di rimanere con il classico cerino in mano?Questa è una situazione reale che è prevista all’av-vio del circuito. Ma, in que-sto tipo di domanda è sub-dolamente insinuato un implicito giudizio mora-le che con lo Scec non ha presa. Spiego meglio il mio pen-siero.La storia attuale asso-cia alla moneta un giudi-zio morale. La moneta è un male o un bene in fun-zione di parametri mol-to soggettivi, individua-li, e di arbitraria censura dei comportamenti socia-li conseguenti. Per quan-to abbiamo sostenuto in

precedenza, la moneta dovrebbe essere giudica-ta in primo luogo se è vera o falsa, da un punto di vi-sta logico secondo la verità riconosciuta dal senso co-mune. Quando si ha la cer-tezza che una moneta ri-sponde al peso, numero e misura del pensiero econo-mico che si intende soste-nere allora, e solo allora, possiamo far corrisponde-re alla moneta un princi-pio morale. L’unico princi-pio morale che qualsiasi moneta deve rispettare è questo: «NON RUBARE». E l’unica moneta che rispet-ta questo principio è lo Scec. Tutte le altre monete gestiscono l’esistente con una scommessa: «scom-mettiamo che esiste un im-becille che mi adotterà per indebitarsi eternamente?». Se la crisi dovesse pro-cedere e acuirsi, lo Scec potrebbe diventare la moneta d’emergenza, un po’ come successo in Ar-gentina all’indomani del default? E’ l’unica soluzione già fun-zionante.Sig. Tomaselli nel salu-tarla e ringraziarla vor-remmo sapere come pre-vede l’evolversi della crisi in Italia, nei prossi-mi mesiLo Scec che abbiamo fon-dato, adottato e scelto come nostra prospettiva non ci spinge ad un natu-rale pessimismo ma ci apre alla speranza reale che la soluzione c’è, va solo divul-gata e adottata.

Un negozio che adotta lo Scec

Pierluigi PAOLETTI, ispiratore e teorico dello Scec, con una copia di FXP

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FALCONEXPRESS34dicembre 2011 FALCONEXPRESS35

Ci sono parole come rating, bond, de-fault, downgra-

ding, spread, che ormai fanno parte del voca-bolario italiano ed ac-compagnano le nostre giornate come qualcosa di terribile e minaccioso che incombe sulle no-stre vite. Parlano di eco-nomia e finanza. Milioni di italiani hanno impara-to a vivere con lo spread e le agenzie di rating e temono il downgrading più della peste di man-zoniana memoria. Tut-ti ormai hanno la Bor-sa nella testa, convinti a buon ragione che, an-che se non sono azio-nisti, non possiedono derivati o buoni del te-soro, la faccenda, alla fine dei conti, si conclu-derà direttamente den-tro il proprio portafogli, attraverso le manovre approvate dal Governo. Lo scopo di tale mano-vra è quello di avvicinar-si al pareggio di bilancio rapidamente, cioè nel 2013, nel tentativo or-mai estremo, di fermare la spirale che dagli anni Settanta aggiunge debi-to ad altro debito. Tutto questo forse rendereb-be tranquilli i proprietari del nostro enorme debi-

to, diminuendo il rischio che corrono nell’ottica di eventuali altri acqui-sti. Perché, più aumenta il rischio, più aumenta-no i tassi e quindi il fa-moso spreadm, cioè il differenziale tra i nostri titoli e i titoli di Stato te-deschi che costituiscono (per un virtuosismo for-se un po’ troppo sopra-valutato) una inossida-bile pietra di paragone. Gli italiani hanno capi-to che arrivare al pareg-gio di bilancio ed evita-re il fallimento (come è accaduto per l’Argenti-na) dell’Azienda Italia si-gnifica pagare di tasca propria le spese di que-sta bufera che scuote l’ Occidente dall’America all’Europa e non trala-scia neppure l’Asia. Au-mentano tasse, bollette, biglietti del tram, prez-zi degli affitti, rate uni-versitarie. Il lavoro sarà sempre più a rischio e i

conti di fine mese sem-pre più difficili da far quadrare. Saremo noi, persone normali, sem-pre più poveri e più…in-dignati. Bisogna guardare alla drammatica situazio-ne dell’economia e dei mercati finanziari con realismo. Le dinami-che dell’ economia reale (disoccupazione, com-mercio, crescita, prez-zi, tasse) sono profon-damente legate a quelle della finanza (azioni, ti-toli, speculazione, deri-vati) che a loro volta tro-vano nelle decisioni dei politici e nella loro ca-pacità di imporre regole improntate ad una mag-giore etica dei mercati, il substrato da cui attinge-re. Ma la Politica sembra avere perso lo slancio ideale che ne nobilita il nome. Fa impressio-ne assistere ad un decli-no del potere democra-tico in tutto il mondo, testimoniato dalla pro-gressiva diminuzione dell’affluenza alle urne durante le elezioni po-litiche, come se conqui-ste e diritti tipo libertà e autodeterminazione fossero optionals di cui ora si può fare a meno. Siamo di fronte ad una

l’etica dei legami in tempi di crisi crisi globale del capitali-smo simile a quella che si verificò tra il 1929 e la metà degli anni Trenta segnata da dittature e riarmo sfociati nella se-conda guerra mondiale. Con estrema arrogan-za i Guru del capitali-smo avevano promesso una crescita ininterrot-ta. Il sistema liberista, seppur esasperato, si sa-rebbe auto-alimenta-to in modo illimitato. I nodi sono invece venu-ti al pettine con il loro feroce realismo. L’esa-sperato consumismo, i giganteschi debiti pub-blici degli Stati sovra-ni e delle società priva-te hanno corroso quel senso di fiducia e ottimi-smo verso il futuro che aveva fatto vivere l’ Oc-cidente al di sopra delle proprie possibilità. Egoi-sticamente, perché in-curante delle condizioni di miliardi di esseri uma-ni che popolano le aree sottosviluppate del pia-neta. Comprendere che questa “euforia” costi-tuiva il vero problema dell’emisfero capitalista avrebbe significato get-tare le basi per una seria diagnosi e conseguen-te cura. Purtroppo si è assistito ad una sfrenata corsa all’indebitamen-to che ha coinvolto un po’ tutti e sta segnando un punto di non ritor-no. Politici sempre pre-occupati della scadenza elettorale hanno pre-stato il fianco a proget-ti ed alchimie finanziarie

proposte dai vertici di Federal Reserve, Fondo Monetario, e Banca Cen-trale Europea con tut-ta una serie di “incontri al vertice” (ultimo in or-dine di tempo il G20 di Cannes), che, nel tenta-tivo di valutare le effetti-ve possibilità di svilup-po e stabilità dei singoli Stati membri, in realtà non fanno altro che de-stabilizzarne il già pre-cario equilibrio. Soluzio-ni efficaci esistono se si ragiona nell’ottica di un radicale ridimensiona-mento del nostro teno-re di vita, senza dimenti-care che non è il denaro, ma il lavoro a produrre ricchezza. Una cosa è chiara: non tutti pagheranno allo stesso modo i costi di questa crisi. “Miracola-ti” come gli evasori fisca-li costano ai contribuen-ti onesti un fardello di ben 120 miliardi di euro all’anno perché chi paga le tasse le paga per se stesso e per gli altri. Al secondo posto, ma sem-pre “miracolati” vengo-no i possessori di grandi patrimoni mobiliari ed immobiliari appena sfio-rati dalle nuove imposte del provvedimento del Governo. E pensare che in Francia ed in Germa-nia i manager e i ricchi hanno chiesto espressa-mente di essere tassa-ti per aiutare e sostene-re l’economia nazionale. (Anche in Italia a dire il vero si è levata qual-che flebile voce in que-

sta direzione, ma aveva il sapore acre della far-sa e della presa in giro per cui si è subito smor-zata!).Da noi la classe politi-ca non ne vuole sape-re di fare la propria par-te. Vergognoso è il caso dei “vitalizi”, la secon-da pensione dei parla-mentari maturata dopo cinque anni di legislatu-ra a partire dai 65 anni che forse verrà cancel-lata ma solo sull’onda dell’indignazione po-polare. Per non parlare della “legge Trota”, così chiamata in onore di un figlio illustre. Questa legge permetterebbe ai minori di 25 anni di candidarsi al Parlamen-to. Un cambio genera-zionale sarebbe auspi-cabile è vero, ma il fatto che tale legge sia stata ribattezzata nel modo suddetto la dice lunga sulle intenzioni del legi-slatore.E’ chiaro che i sacrifici toccano sempre ai soli-ti noti e le tasse le paga chi ha il prelievo fisca-le alla fonte: i lavorato-ri dipendenti. Bisogna inoltre prendere in con-siderazione quella che viene definita la “tassa dei poveri”: l’inflazione, termine con il quale si definisce la diminuzio-ne del potere d’acqui-sto dell’unità monetaria e conseguente rialzo dei prezzi.La crisi economica di Eu-rolandia non fa dormire sonni tranquilli nemme-

Bisogna recuperare il senso della parola solidarietà, radice della nostra plurisecolare cultura

a cura di Michelle GALLI (ex studentessa)

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no ai Membri più forti, perché il fragile castel-lo di carte su cui si regge l’economia può crolla-re da un momento all’al-tro. Allora salvare la Gre-cia (che venne ammessa all’euro nonostante i suoi conti pubblici fos-sero chiaramente truc-cati) può diventare un imperativo per evitare una crisi ad effetto do-mino. Immediate infat-ti sarebbero le ricadute sulle indebitatissime Ita-lia e Spagna. Ciò potreb-be portare ad una nuo-va mappatura della zona Euro. Francia e Germa-nia hanno banche molto esposte con Atene per cui, una volta recupera-ti i loro miliardari credi-ti, potrebbero imporre un euro a due velocità: dei poveri con Portogal-lo, Italia, Grecia, Spagna (PIGS secondo un acro-nimo suggerito dalla stampa britannica) e dei “ricchi”. La Germania, a parte la solidità dei con-ti pubblici, ha le stes-se difficoltà di crescita in campo manifatturie-ro dell’Italia e guarda ad Est verso Polonia, Russia ed oltre. La Francia che ha voluto fortemente la guerra in Libia, si muove nel Medio Oriente verso Egitto, Libano e Siria per affermare la sua egemo-nia nel Mediterraneo e ridare un po’ di smalto al suo presidente che con questo iper–attivismo in campo internaziona-le cerca di far dimenti-care ai francesi i pro-

blemi nazionali in vista delle proprie elezioni. La grandeur de la France colpisce ancora l’imma-ginario collettivo? Forse, anche se dagli anni 50-60 di De Gaulle è passa-to più di mezzo secolo. Questi “giochi senza frontiere” spesso am-mantati di buone inten-zioni democratico–uma-nitarie, non tengono in considerazione il desti-no di milioni di persone che vedono in serio pe-ricolo non solo i rispar-mi di una vita, ma il loro stesso futuro. Le gene-razioni dell’iper-capita-lismo hanno prodotto anziché ricchezza una crescente e diffusa di-soccupazione, specie tra i giovani. Ogni giorno, in diretta, alla televisio-ne, assistiamo allo sgre-tolarsi dei miti della so-cietà del denaro senza scorgere a breve una via d’uscita capace di supe-rare gli egoismi nazio-nali. Questo perché in Europa manca una po-litica estera ed econo-mica condivisa. Chi ha responsabilità e siede al tavolo dei cosiddet-ti “grandi” deve operare scelte decisive per non ricadere nelle tragedie del secolo passato: dit-taure, guerre ed inflazio-ne fuori controllo. Bisogna inoltre riscopri-re il profondo significato della parola “solidarie-tà” che al di là del facile buonismo è alla radice della nostra cultura.Interessantissima per-

ché chiama in causa tut-ti, è l’analisi fatta da Jo-sep Mirò, responsabile dell’Istituto di Capita-le Sociale dell’università cattolica Abat Oliba Ceu du Barcellona.Cito: La parola solida-rietà è parte della nostra cultura. In generale as-sistiamo alla crescita di un’altra cultura: quella della mancanza di vinco-li e di legami in base alla quale la persona si rea-lizza solo in base ai suoi desideri individuali. È un iper – individualismo a tutto campo, dal fronte sessuale a quello finan-ziario. Del resto alla base dell’attuale crisi econo-mica c’è una crisi morale. Molta gente rinuncia alla responsabilità dei legami: lo fa l’imprenditore che si disinteressa dei suoi di-pendenti, la madre che non si occupa dell’edu-cazione dei figli, il padre che pensa solo al lavoro e non ha tempo per la fa-miglia. Il welfare che co-nosciamo oggi, rinun-ciando a modi di vivere collegati direttamente alle virtù che permettono di rendere attuali i valo-ri, rischia di farci scivola-re verso una società sen-za legami, incompatibile con il sistema democra-tico.È in quest’ottica dunque che, accantonati bizanti-nismi, antagonismi, pro-tagonismi, si ritrova e si riscopre il senso di una comune responsabili-tà accompagnata da un vivo senso di solidarietà.

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La poesia è un ge-nere letterario che si presta molto

bene alla varietà di temi e questo ci è dimostrato direttamente dalla sto-ria. Pensiamo alla Divi-na Commedia, l’esempio più palese, dove Dan-te tratta, all’interno della stessa opera, di religio-ne, politica, mitologia e storia.Un esempio più con-temporaneo, che può essere ricollegato alla si-tuazione attuale, è rap-presentato dalla figura di Ezra Pound, uno dei più grandi poeti del No-vecento.Nato da una famiglia di forte estrazione religio-sa, il 30 ottobre 1885 a

Hailey, fu uno dei più importanti promoto-ri della poetica di Guido Cavalcanti e di Dante nella cultura inglese.Fu un attivo sostenito-re del fascismo, di cui apprezzava i provvedi-menti sociali in favore dei lavoratori, le opere pubbliche e una politica economica di ricerca di una via di mezzo tra li-berismo e collettivismo. Dopo essere stato accu-sato di tradimento e sot-toposto ad un processo, venne dichiarato infer-mo di mente e rinchiuso per molti anni nel mani-comio di Saint Elizabeth.Nel 1958 venne liberato e si rifugiò presso la fi-glia a Merano. Il giorno

1 novembre 1972 Ezra Pound morì nell’adorata Venezia dove è tutt’oggi sepolto.L’importanza e l’attuali-tà della figura di Pound è dovuta al fatto che egli riuscì ad unire il mon-do delle arti con quello dell’economia, due uni-versi che sembrano non avere nessuna forma di collegamento.Pound era infatti convin-to che la figura del po-eta non potesse astrarsi dalle circostanze in cui si trova a vivere. Il poeta deve oggi stu-diare l’economia come nel Medioevo dovette studiare la teologia, nel Rinascimento l’arte e la natura e durante l’Illumi-

ezra poundQuando la poesia incontra l’economiaa cura di Daniela ANDALONI e Francesca VIOLA (VAs)

nismo le scienze.Il mondo contempora-neo è permeato di eco-nomia ed è compito suo comprenderne i proble-mi.Pound individuò nel conflitto tra economia e finanza la chiave di volta del mondo moderno e dedicò ampia parte del-la sua letteratura e della sua poetica alla riflessio-ne sul tema.Il fulcro del conflitto è l’usura: argomento al quale il poeta dedicò due libri: Abc dell’Econo-mia e Lavoro e Usura.L’usura era infatti il ne-mico numero uno per Pound che non aveva nessuna considerazione dei banchieri. Egli criticò fortemente la finanza internaziona-le, ritenuta colpevole di aver indotto il governo statunitense a prendere parte alla Seconda Guer-ra Mondiale. Non a caso affermò, in un suo cele-bre aforisma, che i politi-ci non sono altro che i ca-merieri dei banchieri.Il poeta, dunque, crede-va fosse necessario un profondo cambiamen-to e che l’unico modo per farlo fosse la parte-cipazione e comprensio-ne dell’economia, foca-lizzandosi sull’emissione monetaria.È proprio nella mone-ta che Pound identifi-ca il centro dei problemi di un’economia sempre

Contro l’usuraCon usura nessuno ha una solida casa di pietra squadrata e liscia per istoriarne la facciata, con usura non v’è chiesa con affreschi di paradiso harpes et luz e l’Annunciazione dell’Angelo con le aureole sbalzate, con usura nessuno vede dei Gonzaga eredi e concubine non si dipinge per tenersi arte in casa ma per vendere e vendere presto e con profitto, peccato contro natura, il tuo pane sarà staccio vieto arido come carta, senza segala né farina di grano duro, usura appesantisce il tratto, falsa i confini, con usura nessuno trova residenza amena. Si priva lo scalpellino della pietra, il tessitore del telaio CON USURA la lana non giunge al mercato e le pecore non rendono peggio della peste è l’usura, spunta l’ago in mano alle fanciulle e confonde chi fila. Pietro Lombardo non si fe’ con usura Duccio non si fe’ con usura nè Piero della Francesca o Zuan Bellini nè fu “La Calunnia” dipinta con usura. L’Angelico non si fe’ con usura, nè Ambrogio de Praedis, nessuna chiesa di pietra viva firmata : “Adamo me fecit”. Con usura non sorsero Saint Trophine e Saint Hilaire, usura arrugginisce il cesello arrugginisce arte ed artigiano tarla la tela nel telaio, nessuno apprende l ‘arte d’intessere oro nell’ordito; l’azzurro s’incancrena con usura; non si ricama in cremisi, smeraldo non trova il suo Memling usura soffoca il figlio nel ventre arresta il giovane amante cede il letto a vecchi decrepiti, si frappone tra giovani sposi CONTRO NATURA Ad Eleusi han portato puttane carogne crapulano ospiti d’usura.

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più dipendente dalla fi-nanza, quando in realtà questa dovrebbe essere nient’altro che uno stru-mento.Per Pound era infatti in-concepibile che le ban-che potessero creare de-naro dal nulla attraverso delle semplici operazio-ni contabili.Se quindi è il denaro il carattere dell’ingiustizia economica, il poeta af-ferma che è da esso che deve partire un proget-to di riforma. Una picco-la quantità di denaro che cambia di mano rapida-mente farà il lavoro di una grande quantità che si muove lentamente.

La sua proposta era quella di tassare, al po-sto dei cittadini pro-duttori, sul cui lavoro si regge la prosperità na-zionale, il denaro stesso. Ciò avverrebbe ponen-do ogni mese una marca da bollo pari ad un cen-tesimo del valore nomi-nale delle banconote in modo che fosse garanti-to allo Stato un reddito pari al 12% annuale del-la massa monetaria, sen-za il rischio di evasione fiscale.In questo modo le ban-che verrebbero ridotte a semplici intermediari e lo Stato riacquisterebbe la sovranità monetaria.

Dopo anni di assolu-ta indifferenza nei con-fronti del pensiero eco-nomico di Pound, negli ultimi tempi si sono moltiplicati gli studi e le analisi degli aspet-ti di politica monetaria presenti nelle sue ope-re.L’approfondimento di tali argomenti non si li-mita al nostro Paese, ma si è verificato anche all’estero, dove valen-ti studiosi hanno pub-blicato accurate analisi del pensiero economi-co poundiano, donan-dogli una nuova im-portanza nella cultura odierna.

In questi giorni, arti-coli di giornale e tra-smissioni televisive

parlano della difficile si-tuazione economica che sta attraversando il no-stro Paese. Infatti, sono alcuni decenni che lo Stato ha un ingente de-bito pubblico, ovvero un debito con i risparmiato-ri (imprese, banche e/o Stati esteri), che hanno sottoscritto titoli del de-bito pubblico nei suoi confronti. Il deficit, pur-troppo, è causa di molti licenziamenti e precarie-tà dovuti anche al fatto che molte grandi impre-se delocalizzano in Pae-si sottosviluppati, in cui possono trarre alcuni vantaggi sulla produzio-ne e agevolazioni fiscali. L’economia sta cambian-do e di conseguenza an-che gli stili di vita degli italiani. Alcuni negozi di piccole dimensioni sono costretti a cessare l’atti-vità e i centri commer-ciali, offrendo un’ampia gamma di prodotti, at-tirano un maggiore in-teresse della collettività. Infatti, il livello dei prez-zi è aumentato e a causa dell’inflazione i consu-matori sono costretti ad acquistare beni a basso costo e risparmiare una parte del loro reddito. L’inflazione è in continuo

aumento. Ad agosto il tasso annuo è salito al 2,8% dal 2,7% del mese precedente. Si tratta del livello più alto dall’otto-bre del 2008. A determi-nare l’incremento sono stati soprattutto i car-buranti. Così un gruppo di associazioni dei con-sumatori (Adoc, Coda-cons, Movimento difesa del cittadino e Unione nazionale consumatori) ha calcolato che in dieci anni, dal 2001 al 2011, i rincari di prezzi e tariffe, insieme alla crisi e alle manovre per la corre-zione del deficit pubbli-co, hanno prodotto una perdita pari a 10.850 euro a famiglia. Oggi come oggi, il livel-lo di attività economica produttiva è più basso di quello che si potreb-be ottenere utilizzan-do completamente e in maniera efficiente tutti

i fattori produttivi a di-sposizione. Per ovviare alla recessione, bisogne-rebbe ritrovare lo spiri-to che nel dopoguerra ci ha condotti alla rico-struzione e al boom eco-nomico. Gli italiani sem-brano invecchiati ed impigriti, il benessere raggiunto li ha viziati e riempiti di pretese. Oc-corre dunque rimboc-carsi le maniche, ritrova-re la tenacia e la voglia di lavorare duramente e onestamente, valoriz-zando i giovani, le nuo-ve idee e le tecnologie.E, infine, perché non considerare le ricchezze, anche in termini econo-mici, del nostro Paese. Cominciamo a salva-guardare l’ambiente, il territorio e i beni artisti-ci che possono diventa-re settori trainanti della crescita economica ita-liana.

a cura di Veronica BERTANI e Francesca PASQUALOTTO (IVBitc)

la crisi economica in ItaliaIl grido d’allarme delle associazioni dei consumarori

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È ormai evidente che il sistema economi-co-monetario attua-

le non sia in grado di far fronte alle sue ripetute e costanti crisi. In questo ar-ticolo si vuole introdurre una riflessione su un pro-blema riguardante l’attua-le scienza economica. Abi-tuati a ragionare in termini economici spesso ci si di-mentica di ragionare sopra i termini economici. Il fatto stesso di parlare di “attua-le scienza economica” e di “sistemi economici” mostra innanzitutto come questa

disciplina sia poco affine a una scienza pura (come la matematica o la fisica), il che fa pensare molto sul-le “inconfutabili” leggi al-gebriche che la governa-no. Poiché l’economia va a indagare i difficili rappor-ti tra la realtà e l’uomo non è qualcosa di scontato, di semplice o di regolare. In-fatti da una parte c’è l’at-tività di produrre e scam-biare risorse e servizi, che sembra seguire delle leggi costanti, dall’altra le scel-te umane. Poiché in ultima analisi anche la produzio-

ne e lo scambio sono atti-vità umane, ciò comporta che le leggi economiche, in realtà, sono una realiz-zazione umana: come tali convenzionali e criticabi-li. Ne consegue che il siste-ma economico attuale non è l’unico possibile né oggi come oggi, in maniera evi-dente, il migliore tra i pos-sibili.Cosa è per noi ovvio nei nostri scambi economi-ci giornalieri? Che essi av-vengono grazie al denaro. Questo denaro che circo-la nei nostri portafogli as-

sumendo la forma di una banconota, di una moneta o comparendo sottoforma di numero scritto, su un as-segno, sullo schermo di un bancomat, ecc. Denaro che usiamo abitudinariamente senza sapere cosa sia effet-tivamente. Sapreste voi in questo momento definire precisamente il denaro, o meglio la moneta, con una definizione che ne esauri-sca tutta la sua portata e il suo valore così come il matematico può definire un quadrato? Sicuramente dovrebbe esserne capace un economista. Vediamo dunque, brevemente, cosa l’attuale teoria economia insegna intorno alla mone-ta: essa è (1) “un mezzo per agevolare gli scambi”, (2) funge da “misura del valo-re” ed è infine (3) una “riser-va di valore”.Analizziamo queste affer-mazioni da un punto di vi-sta concettuale. La prima definizione è molto sem-plice da intendere, ma la proprietà che enuncia non concorre affatto a defini-re la moneta, a meno che non si presti fede cieca alle definizioni funzionali. Ora definire un letto come un mezzo per riposare non ci crea effettivi problemi, ma il discorso è ben differente se si vuole definire un’enti-tà teorico-astratta. Un ma-tematico non definireb-be un segmento come uno strumento utile a disegna-re un poligono. La prima cosa che possiamo con-statare è che la moneta è appunto un’entità teorica. Noi, benché la tocchiamo

con mano, le attribuiamo in realtà un valore con-venzionale e puramente astratto. Le banconote non sono altro che il simulacro di questo valore. Questo è riconosciuto dallo stesso sistema economico il qua-le afferma che noi accettia-mo la moneta come mezzo di scambio basandoci su un accordo convenziona-le e sulla fiducia reciproca di chi la usa. Se domani ac-cettassimo un fazzoletto di carta come mezzo di scam-bio la cosa non cambie-rebbe. Ne discende il fatto che se la moneta funge da mezzo di scambio, questo è un suo effetto derivante dalla sua intrinseca costi-tuzione, l’essere un mezzo di scambio non è una pro-prietà che concorre a defi-nirla in modo esauriente.Da cosa deriva questo ef-fetto? Vediamo la secon-da definizione che affer-ma che essa è una “misura del valore”. Cosa si inten-de? Per misura del valore si intende che essa ha la ca-pacità di misurare il valo-re di beni e servizi. Come fa notare il professor Gia-cinto Auriti, questa non è una definizione sbaglia-ta ma porta con sé anche un altro aspetto su cui non si riflette: ovvero che essa è anche il “valore della mi-sura”. Come il metro ha la qualità della lunghezza in quanto intende misurare lunghezze, la moneta deve avere la qualità del valo-re per misurare il valore. La prima conseguenza è che la moneta diviene anche una “riserva di valore”, la

quale viene trattata in ter-mini di potere d’acquisto. Se si possiede una banco-nota il suo potere d’acqui-sto è dato da tutte le cose che si possono acquistare con essa. Prima di prose-guire bisogna chiarire che cosa sia il valore. Sempre seguendo l’analisi di Auri-ti si può dire che il valore è un rapporto tra fasi di tem-po: la penna ha valore per-ché prevede di scrivere, la banconota ha valore per-ché prevede di acquista-re. Il valore quindi sarebbe il rapporto tra le capaci-tà di una determinata cosa nel momento presente e le possibilità che permet-te di realizzare in un prossi-mo futuro. Se la penna non può più scrivere, la sua ca-pacità è nulla, il primo ter-mine del rapporto sarebbe zero e il risultato del rap-porto risulterebbe zero. Lo stesso vale per la moneta, se non è una riserva di va-lore il suo potere d’acqui-sto sarebbe nullo. La mo-neta innanzitutto è intesa come riserva di valore in un duplice modo: riserva di valore perché mantie-ne presso di sé il suo pote-re d’acquisto, e riserva di valore perché al momen-to che è ceduta continua a possedere tale valore sen-za mai esaurirlo. Ne emer-ge che la moneta non ha un solo valore puramente convenzionale e simbolico, ma bensì anche uno indot-to. Ovvero se si possiede denaro, si acquista o si ce-dono beni mediante il de-naro, sulla base della previ-sione del comportamento

a cura di Ermanno Andrea ROSA (ex studente)

la scoperta del valore indottoUn nuovo paradigma economico, frutto del genio di Giacinto Auriti

Giacinto Auriti ha in-segnato nelle Università di Roma e di Teramo, Fi-losofia del Diritto, Dirit-to internazionale, Dirit-to della Navigazione. Ha presieduto commissioni

internazionali ed ha curato la par-te commerciale del Codice Civile Greco.Uomo generoso

dalle preclari virtù, era amato da innume-revoli amici e discenti, d’ogni parte d’Ita-lia e d’ogni ceto sociale e credo politico, che dall’insegnamento dell’Amico e Maestro si sono arricchiti culturalmente, moralmente e spiritualmente. Ha forgiato uomini, crea-to scuole; cattolico di pura fede ha costrui-to una Chiesa.Filosofo e studioso geniale ha teorizzato il Valore indotto della moneta che lo con-durrà alla elaborazione di una proposta di legge sulla Proprietà popolare della mo-neta, presentata al Senato della Repubbli-

ca. Uomo di grande coraggio ha rivelato al mondo la grande truffa dei signori della moneta, gli usurai dai colletti bianchi, che si sono appropriati del diritto di stampa-re moneta a costo zero, lucrando del cor-rispettivo valore creato dai cittadini tra-mite accettazione e convenzione. La fama del prof. Giacinto Auriti raggiunse ogni angolo della terra quando realizzò nel suo paese natale, Guardiagrele, cittadi-na dell’Abruzzo, il SIMEC (SIMbolo ECono-metrico), ovvero una moneta locale dal-la forte dignità epistemologica. Avrebbe meritato il Nobel, invece subì l’avversione bancaria e giudiziaria: persecuzioni che non fiaccarono il suo spirito indomito, ma che certamente minarono lentamente il suo fisico.Gli studi e le teorie scientifiche, contenu-ti in numerosi libri scritti dal prof. Giacin-to Auriti, hanno avuto vasta divulgazione e pratica applicazione in tutto il mondo.Muore nel 2006, lasciando un grave vuoto.Giacinto Auriti era un gigante del pensie-ro, in un mondo accademico di pigmei

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futuro che ci si aspetta dai componenti della società. So che con 10 euro acqui-sto quella cosa perché i 10 euro sono accettati da par-te del commerciante non solo nel loro valore pura-mente simbolico, ma per-ché il commerciante pre-vede, anche egli, un futuro acquisto di un bene: i 10 euro così valgono effettiva-mente 10 euro, non hanno solo un valore simbolico e nominale. Il valore indotto è un valore che si crea dal-la circolazione di moneta e diventa valore autonomo, a sé stante. Ora questo va-lore che viene a formarsi in maniera spontanea va in contraddizione con la teo-ria economica vigente. In essa si distingue, per quel che riguarda la moneta, il valore nominale da quello intrinseco. Quello intrinse-co sarebbe il costo per pro-durre la moneta (a meno che essa non sia ad esem-pio virtuale) quindi carta, inchiostro, filigrana, ecc., quello nominale sarebbe invece il valore simbolico. Valore simbolico che inve-ce non è tale, in quanto la moneta viene a valere ef-fettivamente il suo valore nominale.La stessa teoria economica è d’accordo nell’afferma-re che i beni sono sogget-ti a esaurimento, che il loro valore deteriora nel tem-po fino ad esaurirsi. La mo-neta si presenta come uno strumento per agevolare sì gli scambi tra i beni, ma allo stesso tempo assume valore proprio come bene, quando non dovrebbe (un

uomo acquista da un altro una lepre per dieci euro, lui consuma la lepre, l’altro in-vece non esaurisce affat-to il valore dei dieci euro). Ora, questo valore indotto della moneta, il fatto che essa sia un riserva di valo-re, fa sì che il denaro assu-ma senza controllo un “va-lore” e potere spropositati. Non solo: questa “riserva di valore”, in realtà, non ha un corrispettivo in termini di risorse. Essa dovrebbe ac-quistare valore solo al mo-mento dello scambio, ma compiuto lo scambio essa dovrebbe perdere tale va-lore. Bisogna dire che mai vi sarà la possibilità di que-sta corrispondenza (valore = bene) in quanto il valore è un entità astratta mentre il bene si produce, si alte-ra e si esaurisce. Se le cose stanno in questo modo al-lora vuol dire che bisogna gestire il denaro in manie-ra diversa, considerando questa legge del valore in-dotto. Le scoperte del prof. Auriti, dall’alto valore scientifico, comportano una rivoluzio-ne nel sistema monetario, fondata oltre che sulle evi-denze economiche, anche su un fondamento giuri-dico, poiché se la moneta, come suggerisce l’autore del Simec (moneta di pro-prietà popolare), è una fat-tispecie giuridica (simbo-lo più convenzione) allora dovrà essere gestita anche e soprattutto con la forza del diritto. In definitiva, gli studi del professore di Guardiagrele mostrano come il concet-

to di debito pubblico sia un presupposto ideologico che non ha la necessità di una legge fisica. Lo Stato, inteso come organizzazio-ne e garanzia della sovra-nità popolare, non ha biso-gno di indebitarsi per far fronte alle proprie esigen-ze; carta, inchiostro e im-pulsi elettronici, non sono qualcosa di raro che giu-stifichi in qualche modo la rarità monetaria e l’in-debitamento. Uno Stato davvero sovrano e garan-te degli interessi dei propri cittadini e non dei merca-ti, dovrebbe comprende-re tra i suoi poteri classici, anche quello dell’emis-sione monetaria, gestita - senza debito e in favore di produzione, occupazione e welfare - da un organi-smo indipendente ma re-sponsabile del suo oprato (come la Magistratura) ca-pace di controllare le di-storsioni come inflazione e deflazione, grazie all’emis-sione stessa.Quando, all’avvento dell’Euro, tutti ne esalta-vano le magnifiche sor-ti e progressive, solo il te-stardo e impavido docente prevedeva il disastro che stiamo conoscendo. Que-sta è la prerogativa del ge-nio e della vera scienza: vedere per prevedere.Forse, proprio a causa dell’attuale crisi, avremo la possibilità di conosce-re e preferire un nuovo pa-radigma economico, vero, perché fondato sulla scien-za, giusto, perchè fondato sul diritto, etico, perché al servizio dell’uomo.

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In questi tempi di cri-si si sente sempre più spesso parlare delle

agenzie di rating, ma po-chi veramente sanno di cosa si occupano e qual è il loro scopo.Queste agenzie private si occupano di analizza-re la solidità finanziaria di soggetti quali stati, enti, governi, imprese, banche e assicurazioni, dando una valutazione a secon-da della loro affidabili-tà e della possibilità che hanno questi enti nel ri-pagare i debitori. Il rating quindi valuta l’entità del rischio di credito, si divi-de in due principali cate-gorie: il rischio commer-ciale ed il rischio paese dando la valutazione del-la capacità del debitore di far fronte al rimborso del proprio debito finan-ziario.In parole povere le agen-zie valutano se questi soggetti sono in grado di ripagare chi ha investito denaro su di essi. Facen-do un esempio pratico queste valutazioni funzio-nano come le quote del-le scommesse: le agenzie delle scommesse valuta-no la squadra che credo-no possa vincere così che gli scommettitori ven-gono indirizzati su dove “investire” il loro denaro. Così funzionano queste

agenzie, valutano i vari enti così che gli investito-ri possano dare il proprio denaro ed essere sicu-ri che gli ritorni in breve tempo.Di queste agenzie ne esi-stono circa una decina, ma sono tre le più impor-tanti: Standard & Poor’s, Moody’s e Fitch ratings. Tutte e tre forniscono un simile sistema di va-lutazione alfabetico, per esempio Moody’s asse-gna tre A (la valutazione più alta) ai soggetti che hanno un’elevata capa-cità di ripagare il debito, mentre può anche asse-gnare una C se l’ente ri-schia di fallire.queste agenzie preten-dono di offrire un servi-zio utile per la maggior parte degli investitori, dai più esperti ai meno pra-tici, che possono facil-mente comprendere la scelta migliore e senza ri-schi, costringendo così anche le varie agenzie a mostrare i propri bilan-ci, ma se queste banche, queste agenzie o que-sti stati non ricevono più

appoggi economici ap-pena vengono surclassa-te, non riusciranno più a risarcire il loro debiti non avendo più denaro da in-vestire a loro volta, bloc-cando l’economia. Oltre-tutto le valutazioni che offrono non sono sicu-re, le società falliscono da un momento all’altro e non sono tre “A” che fan-no evitare la bancarotta. Tutti ricorderanno, infat-ti, che la Lehman Brothers - la banca che, con il suo fallimento, ha dato l’av-vio alla crisi - godeva di una tripla A nel momen-to stesso del suo crol-lo. Del resto, tali agenzie sono caratterizzate da un enorme conflitto di inte-ressi, dato che tra i loro azionisti privati sono pre-senti quelle stesse socie-tà che dovrebbero essere giudicate e che, ottenen-do valutazioni di favore, si avvantaggiano di una concorrenza a dir poco sleale.Le agenzie di rating dimostrano, in modo em-blematico e paradossale. le distorsioni del paradig-ma neoliberista: secondo lo stesso, infatti, gli Stati non possono intervenire sulla finanza, ma quest’ul-tima, evidentemente, non ha limiti ad interferire, con illegittime ingerenze, nella vita degli Stati.

a cura di Alessandro SPEZZAFERRI (IIIAs)

le agenzie di ratingConflitti d’interesse e indebite ingerenze

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FALCONEXPRESS50dicembre 2011

Entrando nei negozi del paese è capitato spesso, negli ultimi

anni, di sentirsi rivolgere la stessa domanda: c’è lavoro?I gestori dei negozi, soprat-tutto di generi alimenta-ri, dimostravano interes-se e preoccupazione circa il portafoglio ordini delle aziende del settore. Se i calzifici lavorano lavo-riamo anche noi, giustifica-vano la domanda i nego-zianti. Era il momento di maggio-re difficoltà: il mercato in-ternazionale si rivolgeva ai paesi emergenti per l’ac-quisto dei prodotti, sacri-ficando la qualità a favore del prezzo. Le aziende del settore, radicate nella tra-dizione di laboriosità e vi-talità, hanno continuato ad investire in qualità, servi-zio, ricerca-sviluppo e tec-nologia. Un particolare oc-chio di riguardo è stato dedicato al risparmio per-ché, come dicevano i nostri nonni, il primo guadagno è il risparmio e lo spreco non esisteva proprio, non c’era nulla da sprecare!La tenacia è stata premia-ta dal ritorno di interesse, da parte dei consumatori, ad un prodotto di qualità a cui la moda, per la qua-le l’Italia da sempre si con-traddistingue, ha contri-buito. Nonostante questo ritorno non ci sono ancora elementi tali da generare fiducia ed ottimismo. Trop-

pe le chiusure di laboratori artigianali di trasformazio-ne della calza; in contrap-posizione un evidente in-cremento di inizio attività da parte degli stranieri.La normativa vigente è molto vasta e, spesso, di difficile applicazione. So-prattutto le piccole impre-se si sentono soffocate dal-la burocrazia.Questo, insieme all’insuffi-ciente potere degli organi di vigilanza nel far rispet-tare le regole, genera con-correnza sleale e sfiducia.Abbiamo bisogno di tor-nare ai valori che hanno accompagnato la crescita economica ed industriale degli anni settanta-ottan-ta, con la consapevolez-za che non sarà un ritorno facile.La ripresa non vuole ne-cessariamente vedere il ri-sorgere del passato, ma far tesoro delle esperienze del passato per rivedere e ridi-segnare le peculiarità del territorio. Ne sono la pro-va parecchie aziende agri-cole che, dopo momenti di grave difficoltà, si sono riconvertite combinando l’aspetto produttivo agri-colo al turismo ed ai per-corsi didattici.Fondamentale è il suppor-to del Governo per rida-re fiducia. Abbiamo for-temente bisogno di un Governo che restituisca alla gente la politica, la giu-stizia, i valori, l’esempio!

Come possiamo chiede-re ai nostri giovani di cre-dere nel futuro e lavorare per quello in cui credono se glielo neghiamo tutti i giorni?Siamo in crisi? Vediamo il significato della parola crisi (dizionario italiano online)1. sf stato transitorio di particolare difficoltà o di turbamento, nella vita di un uomo o di una società 2. sf repentino aggravar-si del corso clinico di una malattiaSe il significato mi dice transitorietà, mi aspetto un cambiamento. E se nulla cambia va bene lo stesso? O magari peggiora? E chi deve risolvere i problemi?L’articolo 1 della Costitu-zione della Repubblica Italiana sancisce che L’Ita-lia è una Repubblica Demo-cratica fondata sul lavoro, non sullo stipendio (ndr).Il lavoro è attività materia-le ed intellettuale, impe-gno, dedizione, passione, gratificazione, operosità. Il rispetto e la relazione in-terpersonale sono opera di un lavoro di attenzione alla persona. Abbiamo tut-ti il dovere di rendere per quanto ricevuto.Costa fatica? Restituisce re-silienza!Attendere il futuro impie-gando il tempo presente con operosità e desiderio di contribuirvi è già garan-zia di un futuro sicuramen-te migliore.

a cura della Redazione

tra crisi e rinascitaL’esperienza di un imprenditore impegnato sul territorio

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FALCONEXPRESS52dicembre 2011 FALCONEXPRESS53

Con insistenza in questi giorni, da giornali, telegior-

nali, radio, etc., stia-mo assistendo ad uno “spettacolo” non mol-to positivo, che riguarda l’economia mondiale. La crisi economica interna-zionale, di questi tempi, è arrivata a toccare l’api-ce del suo sviluppo rovi-nando sempre più per-sone che fino ad allora la parola crisi nemme-no la conoscevano. L’ag-gravamento di una crisi economica già instabi-le, è dovuto al fatto che i debiti, all’apparenza contenibili, stanno ne-gli anni lievitando a tal punto da rendersi incon-tenibili e soprattutto in-sostenibili da parte del-le popolazioni mondiali. L’aggravamento del de-bito, sostanzialmente,

non fa altro che priva-re uno stato di quell’in-dipendenza necessaria e sufficiente ad un pro-gresso stabile. Un esem-pio eloquente è quello dell’Italia la quale, dopo Grecia, Spagna e Porto-gallo, è lo stato con il più alto debito pubblico in Europa. Che cosa succe-de quindi: l’Italia, sotto “protezione” economica dell’Europa, non riesce a renderle gli arretrati e di conseguenza diven-ta schiava a vita (per-ché provate voi a pen-sare ad una cosa come 1900 miliardi di euro) di una CEE e di un merca-to che pretende gli inte-ressi sui soldi prestatici in passato. Ecco questa è per sommi capi la situa-zione dell’Italia analo-ga per altro a molti sta-ti europei. Ora proviamo

ad immaginarci una si-tuazione del genere pro-iettata in un continen-te come l’Africa oppure l’America Latina, paesi che non conoscono sta-bilità economica, poli-tica e costretti a colma-re i debiti di un passato fatto di schiavitù e co-lonizzazioni. Questo è ciò che si evince dal fo-glio di lavoro preparato dal sig. Guissè all’indo-mani della 56esima ses-sione della commissio-ne sui diritti dell’uomo, nel 2004. La situazione africana, ad esempio, se-condo la commissione, è molto grave sul pia-no economico in quan-to è da ormai secoli che deve rendere i conti al fondo monetario in-ternazionale. Di conse-guenza è impossibilita-ta a fare dei passi avanti, anche piccoli. La con-dizione sociale è pessi-ma: non c’è acqua, cibo, beni di prima necessi-tà, molti, anzi la maggior parte, non ha un tetto e sono anche costretti a fare i conti con malat-tie rischiose e incurabi-li tra cui l’AIDS. E allora ci si chiede, ma perché ormai nel 21esimo se-colo ancora l’80% della popolazione del piane-ta è costretta a vivere in

L’insostenibile crisi neraEffetti del debito in un mondo che non conosce progresso

a cura di Andrea Maniscalco (IVBs)

condizioni disumane e solo il 20% gode di beni e ricchezze? La risposta è semplice: è tutta colpa del debito, che si ripro-duce in scala sempre più grande e quindi volto ad usurare sempre più la povera gente. Que-sto ciclo inesauribile, è il risultato dell’ingiusto trasferimento dei debi-ti degli stati colonizza-tori, che venne imposto ai nuovi stati naziona-li che avevano acces-so alla sovranità nazio-nale. Basti pensare che il debito di questi pae-si nel 1960 ammontava già a 57 miliardi di dol-lari con un tasso di in-teresse del 14% annuo, quindi sostanzialmen-te erano già oppressi dal pesante fardello del de-bito prima ancora di far partire le loro economie. Inutile dire che i bene-fici li traevano i poten-ti della Borsa internazio-nale. E così che il debito si aggrava sempre più per un tasso di interes-se ritenuto da molti usu-rario e pertanto questi paesi non chiedono sol-di per investirli e cresce-re ma semplicemente per colmare, o perlome-no cercare di farlo, il de-bito già esistente; un ci-clo esauribile solo con l’annullamento del de-bito. Questi paesi sono dunque di fronte ad un problema, quello delle colonizzazioni, apparen-

temente ri-solto ma che sta inesauri-bilmente ro-vinando interi popoli. Il pro-blema è dato dal fatto che esistono an-cora oggi leg-gi vecchie e obsolete per non dire disuma-ne ancora legate alle colonie, che però nes-suno si è proposto di cambiare negli anni. Questo perché giova ovviamente ai potenti i quali ormai hanno in mano le redini dei po-poli cosiddetti del Ter-zo Mondo. Insomma la parola colonia sem-bra a noi oggi desue-ta, quasi priva di signi-ficato ma in realtà un paese dalla coloniz-zazione non ne esce; hanno cercato di mi-stificare la realtà de-finendoli i “nuovi sta-ti indipendenti” che di indipendenza han-no ben poco. Indiret-tamente vi è dunque una forma di sfrutta-mento seconda a nes-suno, che impedisce la realizzazione di tutti i diritti umani, sia col-lettivi che individua-li. Debito non è solo denaro ma è divenuto con gli anni uno stru-mento terrificante di dominazione che si autoriproduce su sca-la globale.

Thomas Sanka-ra, primo presiden-te del Burkinafa-

su, fu un politico molto carismatico che cambiò, o perlomeno cercò di far-lo, radicalmente il sistema politico ed economico del suo paese per eliminar-ne la povertà. Questi ele-menti combinati fra loro gli fecero attribuire il so-prannome di Che Guevara Africano.Essendo in uno stato eco-nomicamente poco avan-zato esso puntava mol-to sull’agricoltura la quale ben presto portò lo stato ad una situazione econo-mica stabile. Questo fece sì che il Burkinafasu non do-vette più contare sull’aiuto del FMI (fondo monetario internazionale). Ben presto l’attuale presi-dente burkinabè Blaise Compaoré, coadiuvato da servizi segreti americani e francesi, con un colpo di stato uccise nel 1987 il pre-sidente Sankara. « Per l’imperialismo è più im-portante dominarci cultural-mente che militarmente. La dominazione culturale è la più flessibile, la più efficace, la meno costosa. Il nostro com-pito consiste nel decolonizza-re la nostra mentalità. »

THOMAS SANKARA. Il Che Guevara

africano

L’effetto del debito in Africa

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FALCONEXPRESS54dicembre 2011 FALCONEXPRESS55

Presumo che abbia-te già letto, nelle scorse edizioni di

questo giornale, del si-gnoraggio. Dunque fac-cio prima a non spiegarvi cos’è, dato che lo sape-te già…o forse posso ap-profondire la cosa oltre ciò che si è finora letto. Va bene allora da dove co-minciamo? il fenomeno del signoraggio, innanzi tutto, è il guadagno che ottiene un’istituzione che emette moneta; in prati-ca è la differenza tra i co-sti di emissione e il valore sul mercato della mone-ta. Oh, ho già finito? Ah no vi devo dire il perché questo fenomeno è con-siderato una delle forme di corruzione più grandi del mondo. Dovete sape-re che un tempo, quando uno stato coniava mone-ta, essa era fatta d’oro, ar-gento, rame, tutti metalli preziosi e in base ai qua-li (a seconda del peso) si determinava il loro valo-re. In parole povere, una moneta che contiene 5 grammi di oro, oggi sa-rebbe valutata circa 200 euro, o meglio ci potresti comprare una Xbox360 (con uno sconticino, ma-gari); lo Stato, quindi, per emettere moneta doveva sostenere i costi di estra-zione (o addirittura di ac-quisto) del metallo pre-zioso, e se la moneta, per

esigenze finanziarie del fi-sco, cominciava a essere prodotta con un contenu-to di metallo prezioso più basso, perdeva immedia-tamente di valore. Il va-lore dei soldi era quindi pratico, tant’è che quan-do la Spagna incominciò a importare oro e argen-to a palate dalle Ameri-che, si verificò una bru-sca inflazione (a Venezia circa il 2%, che all’epo-ca era un’enormità). Il si-gnoraggio all’epoca non era quindi gran cosa, dato che le zecche delle nazio-ni spendevano in produ-zione gran parte del va-lore finale della moneta. Un bel giorno, poi, un im-peratore cinese dal nome impronunciabile intro-dusse l’uso delle banco-note: esse all’inizio non erano nient’altro che bi-glietti, documenti (ban-co-nota, cioè nota di un banco!) che attestava-no la presenza di un de-terminato quantitativo di metallo prezioso nel-le “banche” di allora. Una persona, proprietaria di una banconota, poteva quindi andare a ritirare il proprio oro, o argento, o

quel che si vuole, in ban-ca. All’inizio questi istituti erano di proprietà di ora-fi, ma poi si svilupparono, grazie alla grande quan-tità di valori depositati, in vere e proprie potenze commerciali (alcuni ban-chieri, soprattutto italiani, finanziavano intere nazio-ni e guerre) che acqui-sirono potere di coniare moneta. Quindi il diritto di produrre soldi diven-ne di privati; cosa alquan-to strana, dato che un pri-vato cittadino poteva far soldi nel vero senso della parola! Comunque gli sta-ti ponevano dei limiti alle banche, e dato che i co-sti di produzione restava-no alti, il guadagno (per quanto elevato) era pro-porzionale al rischio (gli istituti dovevano custo-dire ingentissime quan-tità di metallo prezioso). Nel 1929 si assistette alla prima grande crisi inter-nazionale dei mercati: le grande depressione. La gente, per mettere al si-curo i propri guadagni, andava a prendere l’oro che gli spettava, e le riser-ve degli stati diminuiro-no velocemente. Quando nel 1934 il presidente Ro-osevelt, per far fronte a questo fenomeno, vietò il possesso di monete d’oro, agli Stati Uniti seguiro-no presto tutti i paesi del mondo; nel 1971 il dena-

Il grande dittatoreIl potere del denaro

a cura di Paolo MUSONI (VBs)

ro divenne totalmente a corso legale: i soldi non avevano un corrispetti-vo valore in oro, ma erano una pura convenzione. È semplice capire come le zecche, oggigiorno, deb-bano sostenere bassis-simi costi di produzio-ne del denaro, a fronte di un guadagno enorme; gli stati impongono a questi istituti una determinata quantità di soldi da conia-re (in generale, tanto più alta quanto è meno stabi-le l’economia del paese), sui ricavati poi riscuote delle tasse, che sono co-munque poca cosa, per uno Stato, in confronto a ciò che guadagnano i

maggiori azionisti di que-ste banche; le banconote prodotte, tra l’altro, sono di fatto non proprietà del cittadino che le possie-de, ma della banca (è an-che per questo che non si possono distruggere), e lo Stato è tenuto a pagare degli interessi (circa il 3%) sul valore nominale della valuta prodotta, interes-si che vanno a pesare sul debito pubblico naziona-le. Ma allora perché uno Stato non si fa i soldi da solo? Beh semplice, i ban-chieri internazionali non lo permettono, minac-ciando il mercato del pae-se stesso. Queste persone hanno di fatto il control-

lo della maggior parte del mondo occidentalizza-to, e lo esercitano in modi che sarebbero troppo complicati da spiegare su un giornalino scolastico, e che sono argomenti da università di economia. Ma una cosa è molto sem-plice: il costo di produzio-ne delle monete da 1, 2, 5 e 10 centesimi è di 15 cen-tesimi, infatti queste sono prodotte dalla banca d’Ita-lia e non dalla BCE (che produce le banconote: co-sto 30 cent). I politici non cambieranno mai la situa-zione, a meno che non sia-no dittatori e, a meno che non si voglia un nuovo Duce, svegliamoci!

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FALCONEXPRESS56dicembre 2011 FALCONEXPRESS57

a cura di Michele ROMANI (VAs)

v per vendettaChi si cela, davvero, dietro la maschera di tanti giovani in corteo

In questo perio-do di crisi mi ca-pita spesso di

vedere miei coeta-nei e molte persone in generale rimet-tere la loro fidu-cia in qualche sim-bolo di speranza, quale può esse-re una religione, o un partito politi-co oppure anche un movimento su facebook. Ad at-tirare la mia at-tenzione qualche giorno fa é stata la frase di un mio co-noscente in meri-to al suo eroe dei fumetti preferito, V per Vendetta di Alan Moore (da cui è anche stato trat-to l’omonimo film), secondo lui infatti se avessimo un eroe come V qua in Italia

riusciremmo a supe-rare la crisi. È venuto

anche a me da pensa-re quanto potesse es-

sere “ganzo” se esistesse un predicatore di ideali del suo calibro, ma è sul-la maschera di quest’eroe che vorrei incentrare la mia riflessione; infat-ti V sia nel fumetto che nel film è il portatore di un messaggio più anti-co rispetto alla sua Lon-

dra futuristica, più pre-cisamente ad un tentato attentato avvenuto nel 1605 in un freddo 5 no-vembre ad opera di un certo Guy Fawkes (rap-presentato appunto dalla maschera di V) nei con-fronti del re Giacomo I e del Parlamento. Ma chi era il signor Fawkes? Sicuramente molti ne hanno sentito parlare, e ovviamente nelle isole britanniche è festeggia-to a livello nazionale, ma da quel che ho notato molte persone non san-no bene in che dinamica e per quali ideali ha agi-to e nel corso della storia in Gran Bretagna si è per-so il vero significato, tan-to che attualmente chi lo festeggia lo fa quasi esclusivamente attraver-so spettacoli pirotecni-ci più carichi di colori che non di ideali.Guy Fawkes era origi-nario di un villaggio nei pressi di York e proveniva da una famiglia modesta. Durante l’adolescenza si convertì al cattolicesi-mo e poi si arruolò come soldato: probabilmen-te durante la sua carriera militare acquisì le nozio-ni per innescare potenti esplosivi; nel 1604 insie-me ad un gruppo di co-spiratori cattolici decise

di pianificare la cosiddet-ta Congiura delle Polveri con l’intento di assassina-re in un colpo solo la fa-miglia reale protestante e i lord aristocratici pre-senti in Parlamento con l’intento di cambiare lo status quo inglese sia dal punto di vista religioso (da tempo la dinastia re-gnante era apertamente anticattolica) sia dal pun-to di vista sociale, infat-ti a comporre la camera dei Lord c’era una mag-gioranza di aristocratici scozzesi e quindi “inva-sori” alleati di Re Giaco-mo. Tuttavia alla mez-zanotte del 4 novembre 1605 i cospiratori venne-rò arrestati poco prima che Fawkes riuscisse ad

accendere la miccia che avrebbe distrutto il Parla-mento. In seguito a gior-ni di torture fu costret-to a confessare i nomi dei suoi complici, mantenen-do comunque la testa alta contro i suoi accusa-tori e confermando sem-pre le sue intenzioni e le sue idee. Il gennaio suc-cessivo dopo un somma-rio processo vennero im-piccati, decapitati e i loro cadaveri squartati. Perchè quindi ricordar-si di Guy Fawkes no-nostante gli ideali non necessariamente condi-visibili? Semplicemente egli divenne per i giova-ni reazionari, soprattut-to nell’800, il simbo-lo della lotta in nome di

un ideale superiore, ov-vero il cambio dello sta-tus quo nel suo caso, e del sacrificio anche del-la propria vita in favore di questo ideale. Per que-sto motivo ancora oggi, nei momenti di grave cri-si sociale, ispirarsi ad un simbolo di speranza che sia un eroe dei fumetti o un reazionario morto da secoli può aiutarci a tro-vare la determinazione necessaria a superare an-che il peggiore dei mo-menti come ad esempio quello che riguarda l’Ita-lia e il mondo in genera-le attualmente, auguran-doci ed impegmandoci per superarlo presto.“Remember, remember the 5th of November”.

Guy Fawkes

La congiura delle polveri 1605

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FALCONEXPRESS58dicembre 2011 FALCONEXPRESS59

15 ottobre, Roma, du-rante Il corteo degli indignati, quello che

doveva essere una ma-nifestazione pacifica, a causa dell’intervento dei Black bloc, si è trasfor-mato invece in una vera e propria guerriglia ur-bana. pochi minuti dopo la partenza della manife-stazione sono iniziati gli scontri. La capitale è su-bito sotto attacco: auto date alle fiamme, vetrine di negozi distrutte, sedi delle banche assaltate e

camionette delle forze dell’ordine bruciate.Ma chi sono i Black bloc, e come sono organiz-zati?L’etimologia del termine deriva dall’unione delle parole inglesi bloc (che indica una massa com-patta di persone) e black (che indica il colore nero, in questo caso l’ab-bigliamento). Con que-sto termine si definisce una tattica che ha dato il nome ad un gruppo di individui, prevalente-

mente di stampo anar-chico, dediti ad azioni di protesta spesso caratte-rizzate da atti vandalici, disordini e scontri con le forze dell’ordine. Que-ste manifestazioni in re-altà, come molti errone-amente pensano, non sorgono per l’euforia del momento, quindi spon-taneamente, ma sono coordinate da veri e pro-pri “nuclei di comando” che decidono modali-tà di interventi e obiet-tivi da colpire. Le proce-

BLACK BLOCKLe prime vittime dei violenti sono i manifestanti pacifici

e le loro legittime rivendicazionia cura di Luca NOVELLINI e Andrea PIAZZA (IIIAs)

dure sono pressoché le stesse in tutte le mani-festazioni; i dimostranti solitamente arrivano soli o in piccoli gruppi, per non destare l’attenzio-ne della polizia, per poi confondersi tra la folla e ricongiungersi al blocco più grande. Inoltre, per evitare i controlli in mol-ti hanno deciso di cam-biarsi più volte durante il tragitto, ad esempio era-no in maglietta durante i momenti di calma, per poi indossare cappucci e passamontagna durante l’azione. Non a caso per individuare i colpevo-li la visione delle imma-gini da parte delle forze dell’ordine si concentra soprattutto sulle scarpe, che certamente sono ri-maste le stesse.Gli investigatori sono convinti che la pianifi-

cazione degli scontri sia co-

minciata già da tem-po, addirittura si pen-sa alla scorsa estate. Il mezzo di comunicazio-ne più utilizzato è stato Internet, e soprattutto sono stati usati gli smar-tphone, che permetto-no la navigazione senza il rischio di essere inter-cettati. Durante queste chat si è deciso il ruolo e le dispozioni che ognu-no avrebbe avuto. Le co-municazioni si sono in-terrotte una decina di giorni prima per non la-sciare sospetti, anche se ormai era ben chiaro a tutti come procedere. Vietato inoltre entrare nel corteo con i cellulari, per evitare di essere in-tercettati. Chiunque sia identificato come par-tecipante al “blocco” po-trà essere accusato di as-sociazione a delinquere con finalità di saccheg-gio e devastazione.

In definitiva, ritenia-mo

non si devono criticare le manifestazioni in sé, ossia per i fini che si pro-pongono, che a occhi di molti possono sembra-re giusti, con l’econo-mia del paese che non decolla e i posti di lavo-ro che diminuiscono di giorno in giorno, ma la loro degenerazione in violenza. Prendersela con auto di privati e ne-gozi infatti non è di cer-to un atto eroico, annul-la l’effetto mediatico e pone in secondo piano il messaggio che si vo-leva lanciare, rendendo inutile qualsiasi sforzo fatto. Anzi. è ormai evi-dente che le azioni dei Black block danneggia-no prima di tutti i ma-nifestanti pacifici che, comunque, come ha di-mostrato la vicenda di Roma, iniziano a pren-dere le distanze dai fa-cinorosi, arrivando ad-dirittura ad isolarli, in modo da renderli visibili

alle forze dell’ordi-ne.

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FALCONEXPRESS60dicembre 2011 FALCONEXPRESS61

16 Ottobre 2011, ore 10 del mattino, mi sveglio, accendo il

PC, scorro le notizie dal-le prime pagine dei gior-nali on line. Avrei volu-to leggere che centinaia di migliaia di persone (forse un milione) sono scese in piazza per di-mostrare pacificamen-te la propria indignazio-ne verso un’economia che detta le regole della vita sociale e politica dei paesi del mondo glo-balizzato; un’economia che diventa fine, anziché mezzo. Vorrei trovare immagini degli striscio-ni di dissenso, artico-li sul contenuto, o me-glio sui contenuti, della

manifestazione tenutasi a Roma il giorno prece-dente. Invece no!Pochi idioti hanno tra-sformato per l’ennesi-ma volta un movimen-to di protesta pacifico in una guerriglia urbana. In piazza, insieme a centi-naia di migliaia di perso-ne, per proporre un nuo-vo modo di intendere l’economia globale, c’ero anch’io.15 Ottobre 2011, ore 5:00, suona la sveglia per me come per tan-ti altri in tutta Italia. Par-tenza alle ore 5.45 e sva-riate ore di viaggio. In migliaia, come me, han-no rinunciato al week-end di riposo per affron-

tare l’alzataccia ed una trasferta romana. Ci sia-mo alzati avendo ben chiaro in mente il nostro scopo: essere presenti in una manifestazione dal carattere internaziona-le, per prendere in mano la costruzione del nostro futuro, senza delegarlo ad altri.Abbiamo affrontato le ore di viaggio parlando con gli altri che erano seduti accanto a noi in corriera di come non sia accettabile che un debi-to creato da una politi-ca economica sbaglia-ta debba essere pagato dalla popolazione.Ore 14.30. Arrivo a Roma un po’ in ritardo, il cor-

l’altra manifestazionela violenza ci ha rubato la piazzaa cura di Rossana VILLELLA (Italiano e Latino)

teo è già partito. Appe-na uscita dalla metropo-litana ricevo già le prime telefonate delle persone che da casa guardano le auto bruciare lungo via Cavour e che sono pre-occupate per me. Ca-pisco immediatamen-te cosa sta accadendo: qualcuno non si è sve-gliato con i miei stes-si propositi, scommetto che non si è alzato alle 5.00 del mattino. Qual-cuno ha deciso che con-tro una società ingiu-sta debba esplodere la violenza ed è venuto in piazza con il preciso sco-po di opporsi a tutto e tutti.Ore 15.30. il corteo, all’unisono, inizia ad ur-lare “via, andate via” a quei pochi violenti che stanno rovinando la ma-nifestazione. Il “vero” corteo si ribella, ma non basta, anzi viene preso di mira da quelli che la

stampa definisce “black bloc”.Ore 16.30. mi trovo in un lungo serpentone di gente che scorre lun-go via Cavour, senza ne-anche il sospetto di ciò che in quel momento sta accadendo in Piazza San Giovanni. Iniziano ad arrivare però le pri-me notizie degli scontri, si vedono ai bordi della strada le auto carboniz-zate e le vetrine dei ne-gozi spaccate. Ci si chie-de cosa fare.Ore 17.30. Si decide di proseguire e termina-re la manifestazione da-vanti al Circo Massimo; la violenza ci ha ruba-to la piazza e con essa i contenuti che sarebbero stati proposti dal pal-co. Un immenso corteo ha sfila-to pacificamen-te per le vie di Roma, ma di que-sto nessuno si oc-cuperà.

Ore 20.00. Si riparte. Si tirano le somme della giornata ed il sentimen-to che prevale è l’ama-rezza. Non voglio fare dietrologia, non mi inte-ressa inseguire polemi-che sull’inadeguato ser-vizio d’ordine del corteo o sulla solita accusa di incompetenza, se non addirittura di conniven-za, della polizia.Col senno di poi sono tante le motivazioni che vengono in mente e le possibili soluzioni.Quel che è certo è che alle ore 3.15, mentre ri-entro a casa, mi assa-le la sensazione di una grande occasione man-cata.

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FALCONEXPRESS64dicembre 2011 FALCONEXPRESS65

Le Giornate Mon-diali della Gio-ventù sono nate

vent’anni fa da un’intu-izione di Giovanni Pao-lo II, esattamente la do-menica delle Palme del 1984, quando si recaro-no a Roma per il primo appuntamento miglia-ia di giovani, molti in più rispetto alle previsioni.La GMG è nata come giornata della Chie-sa per i giovani e con i giovani. Non si pone in alternativa o in so-stituzione alla pastora-le giovanile ordinaria, ma si colloca all’inter-no di essa come un ap-puntamento particolare per rafforzare il cammi-no ordinario. La pastora-le giovanile, infatti, si fa giorno per giorno, setti-mana per settimana nel-

le parrocchie e nei grup-pi, nelle associazioni e nei movimenti, attraver-so il cammino personale e comunitario, attraver-so l’accompagnamento. La GMG è l’aspetto cele-brativo, visibile di tutto il lavoro nascosto, e tante volte faticoso, che si fa ordinariamente.Per capire cosa è la GMG però non bastano ri-ghe scritte su internet o pubblicate in un artico-lo di giornale. Per capi-re veramente le emozio-ni che può suscitare una GMG la si deve vivere di persona, o per chi non ha questa fortuna parla-re con qualcuno che ha partecipato a questo fa-voloso evento.La XV giornata mondia-le della gioventù si è te-nuta dal 16 al 21 ago-

sto 2011 a Madrid dove sono accorsi circa due

milioni di giova-ni da tutto il mon-do con lo scopo di vivere una nuo-va esperienza ric-ca di emozioni e di arricchimento spirituale. Duran-te questi giorni si sono svolte diver-se attività tra le

quali le catechesi tenu-te ogni mattina dai ve-scovi delle varie diocesi mondiali, incontri cultu-rali e artistici e le liturgie presiedute dal papa. Tra i due milioni di giovani il gruppo maggiore costi-tuito dagli italiani ovve-ro 90 mila di cui 650 pro-venienti dalla provincia di Mantova.L’esperienza della GMG è stata molto forte ed in-tensa. Camminando per le strade di Madrid era come immergersi in una grande festa con giovani provenienti da ogni par-te del mondo che con i loro colori, le loro dan-ze ed il loro entusiasmo hanno animato le bel-lissime vie della città. Il caldo, il sole battente ed un violento temporale che ci ha sorpreso nella veglia, non sono basta-

“Radicati e fondati in Cristo, saldi nella fede”(Col 2, 7) JMJ 2011 ti a scoraggiare questo

esercito di ragazzi. Stan-chi, ma contenti siamo tornati a casa con nuo-vi amici e con un cuore colmo di gioia.Probabilmente nessuno di noi aveva ben chia-ro quale potesse esse-re il motivo che ci ave-va spinto fino a Madrid ma sicuramente la mag-gior parte dei giovani aveva la stessa aspettati-va: condividere una set-timana di vita comuni-taria e sentirsi parte di un’enorme energia po-sitiva. Per noi ha signi-ficato partecipare ad un avvenimento gran-

de, immenso, mondia-le e sicuramente unico... un’avventura da vivere.Il fulcro di questa setti-mana è stata la giornata tra il sabato 20 e la do-menica 21 agosto tra-scorsa a Cuatro Vien-tos, l’aeroporto militare. Nell’arco di questa not-te si sono tenuti i due momenti più intensi: la veglia prolungata fino al mattino e la s. mes-sa tenuta domenica dal papa in persona. E’ sta-to commovente vedere migliaia di altri ragazzi provenienti da ogni pa-ese della terra riuniti in quell’aeroporto con un

unico scopo: dare atto al mondo intero della forza prorompente della GIO-VENTÙ, che ancora so-gna di poter cambiare e migliorare la propria vita e ancora sa alimentare la speranza di essere pro-tagonista del proprio fu-turo. La magica atmo-sfera ha fatto il resto: era palpabile nell’aria la consapevolezza di sen-tirci tutti fratelli ,ugua-li e senza distinzione di razza, colore della pel-le o provenienza. Stan-chi, ma contenti siamo tornati a casa con nuo-vi amici e con un cuore colmo di gioia.

a cura di Francesca GROSSI e Benedetta RAVAGNA (IVAs)

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FALCONEXPRESS66dicembre 2011 FALCONEXPRESS67

Da dove viene l’idea di reinter-pretare le Meta-

morfosi in chiave nove-centesca?L’idea nasce dal fatto che le Metamorfosi rap-presentano un cambia-mento, una trasforma-zione.Nella fase teorica dell’elaborazione del-lo spettacolo, ci siamo chiesti quale fosse l’oc-casione all’interno del-la quale avvengono dei cambiamenti nella vita, ed è emerso che il viag-gio, anzi, i viaggi in ge-

nerale, sono solitamente un’opportunità per com-prendere alcune cose e per cambiarne altre. Si parte sempre per una ragione, che ci porta ad un mutamento, e da qui successivamente l’idea di spostare il cambia-mento all’interno di una realtà storica. Qual è stato il viaggio più importante degli ul-timi anni? Quello degli immigrati che partono per le Americhe alla ri-cerca di qualcosa di di-verso, di una trasforma-zione della loro vita, e da

qui l’idea di ambientarlo su una nave.Capita poi molto spes-so che all’interno di un viaggio, si entri in una dimensione un po’ par-ticolare, nella quale si è pronti a raccontare del-le storie, e ad ascoltarne, per far passare il tempo, quindi da lì è nata l’idea di questi viaggiatori che sul ponte della nave, nell’attesa che passi questo viaggio, comin-ciano a raccontarsi que-ste Metamorfosi, questi aneddoti di Ovidio, che sono un po’ un apoteo-

Intervista al regista e agli attorile metamorfosi

a cura di Marta PARENTI e Francesca VIOLA (VAs)

si delle varie leggende, dei vari miti e delle varie storie.C’è un motivo specifi-co per cui avete scel-to questi miti piuttosto che altri?Abbiamo scelto quel-li che si prestavano di più ad essere adattati in una chiave teatrale, per-ché le Metamorfosi sono un testo letterario, e ab-biamo dovuto adeguar-lo al teatro. In realtà, nel-lo spettacolo ci sarebbe un’altra metamorfosi, ovvero quella di Narci-so ed Eco che in questa circostanza non abbia-mo potuto rappresenta-re per problemi di man-canza di un attore nel ruolo di Narciso.Secondo lei, il tema del viaggio e della me-tamorfosi può essere adattato ad ogni situa-zione, ad ogni circo-stanza e ad ogni perio-do?Sono temi che fanno da sempre parte dell’uomo e che sono radicati nel suo essere e all’interno della vita di ciascuno di noi, quindi sono univer-sali, sono assoluti e an-che oggi trovano un’im-portante collocazione; chi di noi non fa un viag-gio?! Chi di noi, guar-dando un posto nuovo non pensa a quella che è l’origine dell’uomo o si pone quelle che sono le domande classiche su cui l’umanità si interroga da millenni?Quale metodo avete

usato per interpretare i vostri personaggi?Abbiamo applicato il metodo Stanislavskij, che consiste nel cosid-detto “lavoro sul per-sonaggio”. Il lavoro sul personaggio viene svol-to dagli attori durante la parte laboratoriale del-lo spettacolo e consen-te di donare una mag-gior credibilità scenica al personaggio che si sta interpretando. Parten-do dal bagaglio interiore ed emotivo di ogni atto-re si cerca di trovare un affinità con il mondo in-teriore del personaggio. Si tratta quindi di una ri-elaborazione a livello in-timo di tutte le emozioni che il nostro personag-gio prova durante il cor-so dello spettacolo. Per-tanto prima di iniziare a recitare, ci siamo posti delle domande riguar-do il nostro personag-gio: ad esempio noi non dovevamo sapere sem-plicemente che partiva-mo, dovevamo sapere perché lo facevamo, chi eravamo, cosa avevamo fatto prima, cosa avrem-mo fatto nel nostro viag-gio futuro e con qua-li presupposti andavano incontro a questo nuo-vo viaggio. Poi scavando all’interno delle nostre emozioni, siamo riusci-ti ad esternarle sul palco cercando di trasmetterle al pubblico.Qual è la differenza di interpretazione da quando recitate come

narratori a quando reci-tate come personaggi ?Cambia da metamorfo-si a metamorfosi, per fare un esempio nell’epi-sodio di Fetonte, l’attore che interpreta il padre è più confidenziale quan-do parla col figlio, e più austero quando parla al pubblico. Invece i nar-ratori sono più neutrali, essi stanno assistendo alla vicenda ma non ne sono partecipi. I narra-tori non prendono parte attivamente alla storia, la vedono, e ne colgono le conseguenze ma non la vivono mai del tut-to. Fanno da tramite in modo da riallacciare tut-ti gli eventi e le sensa-zioni dei personaggi in primis.Quale pensate sia il messaggio che questo spettacolo vuole co-municare al pubblico?Sempre in ogni mo-mento tutto cambia e tutto si trasforma, tut-to è un continuo rinno-varsi (gli attori ridono, ha riportato una battuta del copione, ndr). Que-ste parole però sono le più adatte: noi vivia-mo tutto per comin-ciare sempre a rivivere ogni cosa che ci capita. Il cambiamento è alla base della nostra vita. Non conta la meta ma il viaggio e il cambia-mento che c’è all’inter-no del viaggio, ovvero la metamorfosi interio-re che avviene nel corso di esso.

è andato in scena al teatro San Carlo di Asola, il 27 ottobre, lo spettacolo le “Meta-morfosi“ di Ovidio. La scuola di teatro di Mantova presenta giovani attori che in-terpretano al meglio i miti raccontati e inseriti dal regista, Raffaele Latagliata, nel contesto dei grandi viaggi del secolo scorso.“Tante sono le ragioni per cui si parte, tanti i destini che si incrociano e le storie che si rac-contano, tante le metamorfosi che un viaggio comporta…”. Prendendo spunto da que-sta premessa ci viene raccontato il cambiamento di un gruppo di uomini e donne, tutti in viaggio verso qualcosa e qualcuno migliore, diversi, in viaggio verso le me-tamorfosi.

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Music PlanetLa rubrica che vi tiene informati sul mondo della musica

consegue riesce ad otte-nere un music award in-cidendo il proprio nome nella storia di Mtv.Best pop: Justin BieberIl ragazzino canadese vince la categoria Best Pop (per il migliore in-terprete pop) batten-do artisti come Britney Spears e Rihanno i qua-li possono vantare molta esperienza e bravura nel genere pop: molto pro-babilmente, senza le sue numerose fan, Bieber non sarebbe riuscito a vincere il premio contro artisti del loro calibro.Best new: Bruno MarsLa miglior novità mu-sicale dell’anno 2011, scelto tra altri arti-sti come Wiz Khalifa, LFMAO e Jesse J, è Bru-no Mars, che grazie al suo singolo Just The Way You Are e successiva-mente The Lazy Song è riuscito a svettare nelle classifiche di ben 9 pae-si. Ben fatto!Best male: Justin BieberAnche qui Justin si ag-giudica il premio come migliore interprete ma-schile spazzando via la concorrenza di candida-ti come David Guetta, Kanye West e Eminem: e anche qua ci duole dire che il canadese vin-ce il premio grazie alle sue agguerrite fan, più che per meriti personali.Best female: Lady GagaL’erede di Madonna (come sono ormai soliti chiamarla i critici musi-cali) si aggiudica anche il premio come miglior

interprete femminile, su-perando artiste candida-te come J-Lo e Beyoncè.Best hip hop: Eminem.Ormai diventato una leggenda vivente del-la musica, con i suoi 10 album, 1 premio oscar per la colonna sono-ra del suo film 8 mile e 12 grammy awards è un vero e proprio veterano del mondo dello spetta-colo: l’ennesimo music award è la sintesi di una vita di alti e bassi, gloria e fallimento raccontati in tutti i suoi album.Best rock: Linkin ParkI Linkin park sono for-se il gruppo più innova-tivo nell’orizzonte rock dell’ultimo decennio: fondendo un hard rock anni ’90 con il più melo-dico rap esistente sono riusciti a creare uno stile unico e all’avanguardia seguito poi da molti altri gruppi. Dopo la colon-na sonora della trilogia di Transfermers il music awards era d’obbligo!Best video: Lady Gaga con Born this way.La canzone che le ha fat-to vincere il premio nel-la categoria best song le procura (meritatamente) la nomination e la suc-cessiva vittoria anche nella categoria per il mi-glior video.Best alternative e Best world stage: 30 second to Mars.Vincono addirittura 2 premi ! sicuramente la voce esplosiva di Ja-red Leto mista a melo-die inusuali per un grup-

po nu metal rappresenta quell’alchimia necessa-ria per eccellere come miglior gruppo progres-sive rock.Best push: Bruno MarsAnche qua Bruno si ri-vela capace di spuntarla e vincere il premio Best Push Act, per la nuova miglior promessa, por-tandosi a quota 2 pre-mi sui 4 per cui era can-didato.Biggest fans: Lady GagaLady Gaga non si ferma più: dopo una dura lot-ta con Justin Bieber, ma anche con band come Paramore e 30 Seconds to Mars riesce ad acca-parrarsi anche il premio per il maggior numero di fans.Worldwide act: BIG-BANG. Con la loro mu-sica metropolitana e il loro look eccentrico, i BI-GBANG sono una delle band più cool della Co-rea.  Grazie al loro gran-de seguito di fan in tutto il mondo hanno battuto artisti candidati a questa categoria come Britney Spears, aggiudicando-si il premio per il miglior gruppo straniero e en-trando nella storia della manifestazione.

Il nostro spazio per que-sta puntata è termina-to, speriamo che vi sia piaciuto il primo appun-tamento con Music Pla-net e vi invitiamo a con-tinuare a seguirci nel prossimo numero! Ciao a tutti!

a cura di Sebastiano CORRADINI e Bruno TRATTA (VAs)

Ciao a tutti amici let-tori del Falcone Ex-press, benvenuti al

primo appuntamento di Music Planet, la ru-brica che si occupa di fornirvi informazioni e divertirvi con inter-viste e news sul mon-do della musica. La rubrica nei prossimi numeri si occuperà so-prattutto di presentarvi e mettervi a conoscenza delle realtà musicali pre-senti nel nostro territo-rio; ma in questo primo numero vogliamo pro-porvi le nostre conside-razioni sui recenti Euro-pe Music Awards, appena avvenuti a Belfast.Gli MTV Europe Mu-sic Awards, in si-gla EMAs o EMA, sono una manifestazione or-ganizzata dall’emittente televisiva MTV Networ-ks Europe, dove vengo-no premiati i cantanti e le canzoni più popolari nel continente europeo.La prima edizione degli Europe Music Awards si è tenuta nel 1994, e seb-bene vi fosse una scarsa affluenza di ascolti nei primi anni, oggi la tra-smissione è diventata molto popolare in tutto il mondo.Gli EMAS si tengo-no ogni anno in una diversa città euro-pea (l’Italia li ha ospi-

tati nel 1998 a Milano e nel 2004 a Roma). La premiazione viene tra-smessa ogni anno dal vivo da MTV e, tra i vari premi assegnati nelle di-verse categorie, ve n’è uno per il miglior artista di ogni paese europeo in cui viene trasmesso il programma musicale più famoso della televi-sione.Generalmente i premi sono assegnati tramite votazioni sul sito ufficia-le, in cui gli utenti pos-sono votare i loro artisti preferiti per la candida-tura e successivamente decretare il vincitore di ogni categoria. Fra i vin-citori più volte premiati nella storia della mani-festazione vanno sicu-ramente ricordati artisti del calibro di Eminem (12 premi), Britney Spe-ars e Lady Gaga (8), Lin-

kin Park e 30 Second to Mars (7).Come già detto,

quest’anno è spetta-to a Belfast , nell’Irlan-da del Nord, ospitare l’evento il 6 Novem-bre scorso.Presentati dalla can-tante texana Selena Gomez hanno visto

premiati dal pubblico nelle varie categorie,in

modo meritato o meno, diversi artisti emergenti con l’amara sconfitta di gruppi come i Coldplay, Foo Fighters, il rapper Snoop Dog e nuove promesse come LMFAO.Ecco i vincitoriBest song : Lady Gaga con Born this wayLady Gaga esordisce per la prima volta nell’apri-le 2008 e si rivela subi-to come figura talentuo-sa e incontrastata nuova voce nell’orizzonte pop; evidenti nel suo stile ri-ferimenti a Madonna, Michael Jackson l’indi-scusso re del pop e ai Queen molto apprez-zati dalla cantante il cui nome fa riferimento al celeberrimo brano Radio gaga. La sua canzone Born this Way le aggiu-dica il premio come mi-glior canzone.Best live: Katy PerryKaty perry con il suo ul-timo album Teenage Dream e il tour che ne

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FALCONEXPRESS70dicembre 2011 FALCONEXPRESS71

La crisi che attual-mente il mon-do sta vivendo e

che noi, in prima perso-na, vediamo avanzare, è l’ emergente protago-nista di moltissimi film che, trattano in modo diverso quello che la gente sta passando. Chi, come in The Com-pany Men, ci aggiun-ge una storia d’amore e qualche lacrima, per un affarista che da Porche e stipendio a sei cifre passa a fare il murato-re, o chi un film del ge-nere lo aveva messo in scena settanta anni fa, parlando della crisi del 29, come John Ford nel suo famosissimo Furo-re; ma ancora tante al-tre sono le storie, i film e i documentari rac-contati da registi di tut-to il mondo. In effetti, qual è l’argomento sul-la bocca di tutti negli ultimi anni? Cosa si leg-ge sui giornali? Cosa di-cono i notiziari? Tutto quello che viviamo gira intorno alla crisi econo-mica mondiale. A mio parere però, un solo film, mostra tut-ti gli aspetti della cri-si, senza trovare scuse

per nessuno dei colpe-voli e senza dare false illusioni dove è impos-sibile trovarle, un film pluripremiato, un film che, come dice lo stes-so titolo “ci è costato più di ventimila miliardi di dollari”, questo film, diretto da Charles Fe-ruston è Inside Job. Un documentario, che non solo spiega nei detta-gli il “come” è scoppiata questa crisi, ma anche il “perché” è scoppiata, perché nessuno ha fat-to qualcosa per impe-dirla, perché è saltato fuori tutto nello stesso momento e perché la crisi si è diffusa in tutto il mondo con tanta ra-

pidità, come una mac-chia di petrolio in un mare che all’apparenza sembrava limpido. Di-chiarazioni che fanno rabbrividire, persone, che sono sempre sem-brate leali e oneste che negano l’ovvio di fron-te alle domande appa-rentemente facili ma in fondo troppo complica-te e politici che si dan-no la colpa a vicenda; nessuno scrupolo, nien-te mezze misure, ricer-che e interviste rivolte a chi è ai vertici del mon-do della finanza e del-la politica. Questo film aiuta, infatti, a ripercor-rere passo dopo passo quello che è successo al mondo e mette a nudo, senza paura, i rappor-ti tossici che hanno in-quinato la politica. Pos-siamo vedere un Eliot Spitzer, governatore di New York e Procurato-re generale dello stato di New York, arrabbiato e deluso e grandi per-sonaggi come Volcker, Frank e Soros, tutti im-portati uomini politici e giornalisti, che riman-gono ammutoliti non sapendo come rispon-dere alle domande che

Inside JobUn film che guarda in faccia la realtà

gli vengono proposte. Non voglio però, dilun-garmi troppo su quel-lo che potrete vede-re e capire guardando questo film e per que-sto non aggiungo altro sulla trama del docu-mentario, ma una fra-se, più di altre può far capire quello che il film intende trasmettere. È raccontata, con gran-de speranza nella voce, dal narratore dell’intero film, l’attore americano Matt Demon. Negli ul-timi minuti del film in-fatti, la telecamera in-quadra il monumentale Empire State Building e una voce leggermen-te emozionata conclu-de il bellissimo docu-mentario con una frase che riaccende un po’ di speranza ad una sem-plice persona che per 120 minuti ha temuto il peggio per l’economia mondiale: “Gli uomini e le istituzioni che hanno causato la crisi sono an-cora al potere, e questo deve cambiare. Ci diran-no che abbiamo biso-gno di loro e quello che fanno è troppo compli-cato per noi da capire. Ci diranno che non suc-cederà più. Spenderan-no miliardi per combat-tere una riforma. Non sarà facile. Ma per certe cose, vale la pena com-battere.”

a cura di Giulia TONINELLI (IAs)

L’amore all’improvviso - Larry Crowne Larry, 45 anni, capo commesso esemplare di un iper-mercato americano, viene licenziato a causa della crisi e decide di iscriversi all’università, dove conosce la bellissima professoressa Mercedes... Tom Hanks e Julia Roberts in una commedia che tro-va la bellezza di ogni attimo nell’epoca della recessio-ne e dei licenziamenti e del bisogno di re-inventarsi.The company menBobby Walker vive il sogno americano: ha un lavoro ben pagato una bella famiglia e una macchina spor-tiva in garage. La sua vita viene però sconvolta quan-do la multinazionale per cui lavora, a seguito di una fusione con un’azienda più grande, lo licenzia insie-me ai suoi colleghi Phil e Gene. I tre sono quindi co-stretti a ridefinire radicalmente la loro vita da uo-mini, mariti e padri. Bobby va a lavorare nell’impresa edile del cognato Jack Dolan, dove la sua abilità negli affari non è certo richiesta. Brillante film drammati-co con Ben Affleck e Kevin Costner.

Adesso al cinema

ADESSO AL CINEMAADESSO AL CINEMAADESSO AL CINEMAADESSO AL CINEMAADESSO AL CINEMAADESSO AL CINEMAADESSO AL CINEMAADESSO AL CINEMAADESSO AL CINEMAADESSO AL CINEMA

ADESSO AL CINEMAADESSO AL CINEMAADESSO AL CINEMAADESSO AL CINEMAADESSO AL CINEMAADESSO AL CINEMAADESSO AL CINEMAADESSO AL CINEMAADESSO AL CINEMA

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FALCONEXPRESS72dicembre 2011

Anche quest’anno abbiamo deciso di crederci.

Da parecchi anni in oc-casione del Natale, gli studenti della quinta A dell’Istituto Tecnico Commerciale si occupa-no di un progetto di be-neficenza.Con il ricavato dalla ven-dita di stelle di Natale e di torte fatte da noi stu-denti, riusciamo a do-nare un sorriso a chi è meno fortunato.Siamo convinti che ba-sti anche un piccolo ge-sto per rendere migliore la vita di chi vive in dif-ficoltà.L’anno scorso, a Natale, si è raggiunta la soglia di ricavo di ben 2100€ e questo ci ha permes-so di fare donazioni per una parte in Burun-

di, un’altra parte alla Casa del Sole di Manto-va e per la piccola par-te rimanente alla Caritas della zona.La soddisfazione mag-giore l’abbiamo colta nell’emozione di aver ri-cevuto una lettera ed

una foto di Nime-rien Ndayiken-guwkiye, uno dei due ragazzi che, grazie al nostro aiuto, usufruisco-

no dell’istruzione e del-le cure mediche stando nel loro Paese d’origine, il Burundi.Naturalmente il merito del successo di tale pro-getto va attribuito a tut-ti gli alunni, i docenti ed il personale dell’Istitu-to che ogni anno hanno contribuito acquistando stelle e torte ed offren-dosi a fare delle torte per far fronte alle nume-rose prenotazioni.Si coglie anche l’occasio-ne dei colloqui dei ge-nitori in occasione dei quali viene allestito un banchetto in cui cerchia-mo, mostrando l’idea, di raccogliere prenotazionio di vendere diretta-mente le stelle.Inoltre il ringraziamento maggiore va alla sig.ra

Preside che ha permes-so ogni anno la continu-ità di questa iniziativa di solidarietà accogliendo sempre con interesse le proposte di noi studenti che ci impegniamo per migliorare sempre più il rendimento.La scuola è anche que-sto, un’occasione per sentirsi utili, per dona-re con poco il calore e la volontà di dare un aiuto a chi non ha la possibi-lità di essere circondato dalla gioia di vivere.Noi, grazie a voi gliela possiamo donare, non è difficile:Acquista anche tu una stella o una torta e sarai la ragione di un sorriso.

un piccolo gesto...per un grande aiuto

La solidarietà è l’unico investimento che non fallisce maia cura di Hasani Azra (VAitc)

Il banchetto per la vendita di Stelle e torte, durante i colloqui generali dello scorso anno

Nimerien, uno dei due ragazzi a cui giunge la nostra solidarietà e l’emozionante lettera che ci ha inviato

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FALCONEXPRESS74dicembre 2011 FALCONEXPRESS75

Sabato mattina pres-so il nostro istituto, in occasione della

terza edizione del Book feast asolano, gli stu-denti hanno incontra-to la giornalista Stefa-nia Divertito la quale ha trattato dinamicamen-te il tema dell’inchiesta giornalistica.Dopo una breve intro-duzione sulla biografia della giornalista tenuta da un relatore esterno, Stefania prende parola presentandosi in prima persona e illustrando la propria esperienza in campo giornalistico sen-za tralasciare le difficoltà incontrate. Stefania scrive per la pri-ma volta all’età di 16 anni incaricata, dalla re-dazione di un quotidia-no napoletano, di sten-dere un articolo relativo ai vari modi in cui i gio-vani trascorrono il mo-mento della ricreazione a scuola.In un primo tempo l’ela-borato breve e sinteti-co non risponde a pieno alle richieste del redat-tore il quale alteratosi leggermente invita Ste-fania a effettuare una ri-

cerca più approfondita, recandosi in prima per-sona nei vari luoghi e attingendo notizie dal dialogo diretto con le persone.Da quel momento Ste-fania inizia una progres-siva specializzazione sul giornalismo d’inchiesta incentrato su tematiche ambientali in particolare sulla tutela.Conclusa la testimonian-za la giornalista con un tono molto accattivan-te chiarisce ai ragazzi il ruolo del giornalista e il comportamento che deve assumere facendo riferimento al suo primo caso d’inchiesta ambien-tale sull’uranio impo-verito. Alla professioni-sta nel settembre 1999 giunge notizia della morte per leucemia del soldato italiano Salvato-re Vacca ritornato in Ita-lia dopo 6 mesi di mis-sione in Bosnia.Nessuna difficoltà nel dare inizio all’indagine se non nella gestione di due fonti contrastan-ti quali il pianto della madre Giuseppina Vac-ca, la quale sostiene che la morte del figlio deb-

ba nascondere delle re-sponsabilità e che non era un semplice caso del destino, e l’esercito che giudica l’accaduto come un puro e semplice acci-dente di leucemia fulmi-nante.Ecco come il giornalista deve essere “controllore dei poteri” ovvero l’inter-mediario tra il lettore e le fonti e controllare per-ciò attraverso l’inchiesta la veridicità della situa-zione anche a costo di risultare invadente e di “rompere le scatole”. Durante la conferenza Stefania non cessa di in-citare i giovani ad avvi-cinarsi al giornalismo e all’inchiesta criticando la pigrizia dei giornali-sti che è costantemen-te presente generando cosi un modo errato di usare i termini e di dare troppo spazio al chiac-chiericcio.Procede poi illustrando due possibilità di giorna-lismo d’inchiesta, rispet-tivamente il giornale locale, soggetto in ma-niera più lieve alla pigri-zia dei giornalisti e dei capi redattori e il libro ri-tenuto autorevole solo se è sottratto alla censu-ra e dal potere economi-co delle redazioni.Dopo aver citato un li-bro scritto da uno scrit-tore americano in pri-ma persona riguardo alla guerra d’Iraq, sotto-

lineandone la stranez-za dal momento che il giornalista o lo scritto-re deve sempre agire in terza persona e rima-nere esterno alla vicen-da, e esposto il suo libro Amianto come un rac-conto scientifico e uma-no sul contatto dell’uo-mo con l’amianto, Stefania conclude con la presentazione della sua prossima inchiesta che avverrà a Firenze per te-stare in prima perso-na cosa succede all’am-biente italiano partendo da ciò che lei stessa ha scritto, mentre viaggia-va, nel libro “l’impegno di avvocati e magistra-ti per la difesa dell’am-biente”.Un caloroso applau-so definisce quella con-versazione che sfocia in un attivo e coinvolgen-te dibattito: dopo aver chiesto ai ragazzi qua-li giornali preferiscono Stefania risponde alla domanda dell’assesso-re alla cultura Francesca Zaltieri sul motivo per cui in linea di massima sui giornali si insiste su litigi, polemiche, aspet-ti gossip e si accentua sempre la spaccatura e la discussione che smi-nuiscono la fiducia dello spettatore.In modo deciso la gior-nalista ribadisce che l’as-senza di notizie effettive va a scapito del giorna-

le inteso come “prodotto economico” poiché risul-ta avere un minore mer-cato.L’insistenza sul gossip serve per “risparmiare energie” e per rendere più immediata la noti-zia, ed è per questo che internet e “io reporter” risultano essere più ef-ficaci dal momento che c’è più notizia e meno testimonianza. Alla pi-grizia dei giornalisti e dei capi redattori si uni-sce il problema econo-mico degli editori poi-ché il giornalista che resta in redazione e co-pia le notizie da “google news” ha costi decisa-mente inferiori.Stefania infine esprime il suo pensiero riguar-do alle catastrofi natu-rali e agli alluvioni che recentemente hanno devastato intere città e villaggi considerando responsabili sia i cam-biamenti climatici sia una cattivissima gestio-ne del territorio da par-te di chi amministra, il quale approva la co-struzione di edifici lad-dove la conformazione del territorio non lo per-metterebbe. La giornali-sta lancia dunque l’invi-to finale di rispettare le regole geologiche e di impegnarsi per la tutela dell’ambienta e la testi-monianza della verità ad ogni costo.

il fascino dell’inchiesta giornalistica

una stimolante conversazione con Stefania DIVERTITOa cura di Giulia ANELLI (IVAs)

Stefania Divertito è nata a Napoli il 22 apri-le 1975. Laureata in scienze poli-tiche, giornalista profes-sionista, ha lavorato per Il Giornale di Napoli, Avveni-menti, Agenzia Giornalisti-ca Italia (Agi). Attualmente è redattri-ce del quotidiano nazio-nale Metro, per il quale ha ricevuto il Premio Cro-nista Piero Passetti 2004 per l’inchiesta, durata quattro anni e pubblica-ta sul quotidiano Metro, sull’uranio impoverito. Ha pubblicato Il fantasma in Europa. La Bosnia del dopo Dayton tra decadenza e ipotesi di sviluppo, Il Segno dei Gabrielli, Verona, 2004 (con Luca Leone); e per In-finito edizioni, il saggio Uranio. Il nemico invisibi-le (2005)

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FALCONEXPRESS76dicembre 2011 FALCONEXPRESS77

Caro, anzi Carissimo, lettore, chi ti scri-ve è ormai vecchio

e sta per andarsene (si spera) da questa scuo-la. Purtroppo non sono (presumibilmente) l’uni-co a andarmene da qui, ma anche la nostra foto-grafa ufficiale, Alice Fer-ro, ha una certa età e l’anno prossimo non po-trà più prestare i propri servigi alla redazione di FXP. Siamo quindi alla ri-cerca di nuovi fotografi con buone capacità, ma soprattutto con tanta voglia di fare, che contri-buiscano ad abbellire il nostro giornalino d’isti-tuto con i loro scatti.Quindi cosa c’è di me-glio di un concorso foto-grafico? Un po’ di sana competizione non gua-sta mai ed inoltre non saremo noi della reda-zione a scegliere le mi-gliori foto, ma gli stu-denti stessi con delle elezioni a suffragio stu-dentesco indette circa 15 giorni prima dell’usci-ta di un nuovo nume-ro di FXP; la votazione si svolgerà con la collabo-razione dei vostri rap-

presentanti di classe che, sfruttando un mo-mento di pausa della giornata, raccoglieranno i voti e li consegneran-no al bar. I voti verranno scrutinati per il numero successivo di FXP e ver-rà eletto il vincitore. La foto, che dovrà essere inviata a [email protected], dovrà avere le seguenti informazioni allegate:- nome del fotografo e classe- data dello scatto- luogo dello scatto- titolo (importantissi-mo!)Ogni studente potrà in-viare solo una foto per ogni numero di FXP e quelle giunte in redazio-ne entro la data prefis-

sata verranno esposte in punti strategici affinché tutti possano ammirarle (bar, bacheca al quadra-to, palestra) e rimarran-no esposte fino al gior-no della votazione.Ecco le informazioni utili per il prossimo nu-mero di FXP:- Tema: FELICITÁ (sbiz-zarritevi il più possibile, perché ciò che impres-siona è l’originalità)- Data di scadenza per l’invio delle foto in reda-zione: 14/01/2012.Ovviamente non sarà preclusa a nessuno la possibilità di partecipa-re con i propri scatti ai numeri del giornalino dell’anno prossimo, ma chi si sarà impegnato con costanza quest’an-no, avrà sicuramente un ruolo più rilevante l’an-no prossimo.Importante!Ogni foto dovrà esse-re ESCLUSIVA, ovve-ro su internet non deve trovarsi una foto simi-le a quella inviata, pena l’esclusione.

Grazie in anticipo per la tua partecipazione.

alla ricerca della felicità

a cura di Enrico TONINELLI (VAs) e Silvia TONINI (VBs)

Partecipa anche tu al concorso fotografico di FXP

23 ottobre 2011, sull’asfalto del circu-ito di Sepang in Ma-

lesia perde la vita Marco Simoncelli, un promet-tente pilota di soli 24 anni che correva in Mo-toGP con il team Gresi-ni. Il mondo dei motori (già scosso dalla mor-te di Dan Wheldon so-praggiunta la settimana precedente), dello sport e non solo viene col-pito da questo tragico evento e la commozio-ne per la morte di que-sto giovane campione pervade il nostro paese e il web. I fans mostrano tutta la loro partecipa-zione pubblicando, sui social network link, foto e video del grande Su-

per Sic. Ma sono le pa-role che contano, si ve-dono quindi commenti di cordoglio e carichi di quelle emozioni che dif-ficilmente una perso-na riesce a gestire quan-do si perde qualcuno a cui si voleva bene. Non era certo un parente o un amico che vediamo tutti i giorni, ma il ricor-do della simpatia e della semplicità di questo ra-gazzo che ci raggiunge-va attraverso giornali e televisioni ci ha reso un po’ tutti tristi davanti ad un così tragico evento.Purtroppo questa fa par-te di quelle cose che non vorresti mai senti-re, nè vedere. Già, vede-re. E rivedere aggiunge-

rei, perché un incidente dove perde la vita un pi-lota fa notizia e la gen-te vuole la notizia. Così si mandano non una, ma innumerevoli vol-te le tragiche immagi-ni dell’impatto solo per fare più audience. Un appassionato, ma an-che un comune essere umano, dopo che ha vi-sto due volte l’inciden-te (una per credere l’al-tra per comprendere) non vuole rivedere più un momento così infe-lice perché ogni volta è un colpo al cuore. L’idea di mostrare immagini drammatiche non è cer-to una novità, l’abbia-mo visto con la morte di Gheddafi, dove il vi-

CIAO SICCi ha lasciato un grande campione.

Una cosa però ce l’ha insegnata: Non mollare mai!a cura di Enrico TONINELLI (VAs)

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FALCONEXPRESS78dicembre 2011 FALCONEXPRESS79

deo del linciaggio bruta-le dei ribelli è stato tran-quillamente mandato in onda sui più importan-ti tg nazionali in fascia protetta. Per quanto ri-guarda l’accanimento giornalistico, non solo la famiglia di Marco è sta-

ta vittima di interviste e richieste di commenta-re la morte di un proprio caro. Ma se guardiamo il mondo della crona-ca nera, la televisione e i giornali ci ripropongo-no, giorno dopo giorno, le stesse storie, rimesco-

late, farcite di notizie fal-se così da poterle smen-tire il giorno successivo. Marco non ha fortuna-tamente a che fare con efferati delitti o crimini brutali. Era un ragazzo che correva la sua pas-sione e a chi gli chiede-va se non avesse paura di morire in un incidente rispondeva: “No, si vive di più andando 5 minuti al massimo su una moto come questa, di quan-to non faccia certa gen-te in una vita intera”. Una risposta che sa ancora di gare di altri tempi, dove l’assenza quasi totale di sicurezza lasciava sugli asfalti dei circuiti di mez-zo mondo molti piloti, e chi correva non aveva paura di morire perché chi corre sente il rischio, ma anche la voglia di fare sempre di più, e ci si ammala così di velocità. Un insegnamento il Sic ce l’ha dato: non molla-re mai. Lui non l’ha fatto, portando fino alla fine la sua passione. Ricordare Marco è giusto, ma for-se il modo migliore l’ha proposto suo papà Pao-lo con un minuto di “ca-sino” in cui tutte le moto iscritte al motomondia-le, hanno girato sul cir-cuito di Valencia. Un momento sicuramen-te commovente e uni-co nel suo genere. Che sarà sicuramente piaciu-to a Super Sic che dall’al-to avrà fatto casino con loro.

Venerdì 4 Novem-bre. Un Teatro S.Carlo così gre-

mito e partecipe non si vedeva da tempo. Nu-merosissimi gli studen-ti della scuola del Falco-ne che hanno assistito con interesse alla confe-renza tenuta dal famo-so superatleta Andrea

Zorzi, che tramite il pro-getto “tracce di Sport”, sta girando per tutta Ita-lia al fine di trasmettere alcuni valori che solo lo sport può infondere in modo così radicale. Due ore di discorsi non retorici, non atti a pavo-neggiarsi della propria esperienze, ma al con-

trario due ore istruttive, nelle quali si respirava profumo di movimen-to e condivisione. Infatti lo sport, come ha detto l’atleta, non è solamente il nuoto, il basket, la pal-lavolo, non è legato ne-cessariamente a vincoli di squadra e a prestazio-ni agonistiche. La paro-

Sportlife Il profeta Andrea Zorzi, 205 cm di saggezza,

istruisce i giovani falconiani alla devozione al “Dio Sport”a cura di Chiara PIVA (IVAs)

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FALCONEXPRESS80dicembre 2011 FALCONEXPRESS81

la “sport” implica anche una semplice corsetta quotidiana, una cammi-nata a ritmo sostenuto, un giro in bicicletta. E’ uno stile di vita. Attraverso esso possia-mo raggiungere un mi-glior rapporto con il nostro corpo. “Io ho co-minciato pallavolo a 16 anni perché ero altissi-mo e le ragazze che invi-tavo a ballare rifiutava-no sempre a causa della mia smisurata altezza, e la vivevo malissimo”. E’ questa l’esperienza del pallavolista Zorzi che consente di essere cre-dibile nella trasmissione di valori quali, in primo luogo, l’accettazione di noi stessi. Attraverso lo sport riusciamo a scari-care la rabbia causata da

problemi quotidiani. Molti ragazzi per esem-pio continuano a prati-care una disciplina no-nostante gli impegni scolastici perché fun-ge da “riscatto”, è un’oc-casione nella quale ci si può sfogare. Nonostante la sua uti-lità indiscutibile, molti sono spinti a continuare per “la fama di successo”, è questo è anche un po’ colpa di mamma tv. Provate a chiedere ad un ragazzo dai cinque ai vent’anni che gioca a calcio perché lo fa… nessuno vi dirà “per lo spirito di squadra” o “perché mi aiuta nella vita”; le uniche risposte saranno “per guadagna-re” o “per avere fama” o ancora “per diventare come tal giocatore”. Il problema è proprio questo: lo sport è diven-tato un datore di lavoro che paga fior fior di sol-di i propri “operai”… ma non in tutti! Ci sono ancora delle di-

scipline sottopagate e possiamo accorgerce-ne durante le Olimpiadi: paragonate per esempio gli atleti di ginnastica ar-tistica a quelli di nuoto. Il confronto è presto fat-to: i primi sono semi-sconosciuti, sottopagati e costretti a fare un se-condo lavoro per potersi mantenere … ora, pen-sate che Federica Pelle-grini, tanto per nominar-ne una, abbia un lavoro supplementare? Quel-la Federica che vediamo sgranocchiare Pavesi-ni in televisione e ospi-te a Verissimo perché in prima pagina sui roto-calchi? Bisognerebbe dare un’uguale possibilità ad ogni sport di essere pra-ticato: non è giusto che un ragazzo se desidera giocare a scherma deb-ba allenarsi a Cremo-na mentre per giocare a pallavolo gli basta pe-dalare cinque minuti e ha già raggiunto la pa-lestra! Non è vero che tutti gli sport sono uguali, per niente, in quelli meno conosciuti c’è maggior consapevolezza del sa-crificio, e di quanta fati-ca sia richiesta per rag-giungere i livelli alti. E in proposito mi viene in mente la citazione del mio insegnante di Edu-cazione Fisica, che spes-so ci dice che “chi non fa sport è uno stronzo”.

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Direttore responsabileAntonio CIRIGLIANO

VicedirettoreFabrizio COPERTINO

Direttore editorialeBenedetta TURCATO

Direttore blogJoned SARWAR

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Rapportocon il territorioe con le IstituzioniMichele ROMANI

GraficaLetizia DOSSENAGianluca GORINIDavide SORESINA

FotografiaAlice FERRO

Firme Edizione anno VDaniela ANDALONIGiulia ANELLIHasani AZRAVeronica BERTANIMichele BERTOLETTIFabrizio COPERTINOSebastiano CORRADINIMassimiliano GALLIMichelle GALLIFrancesca GROSSIAndrea MANISCALCOPaolo MUSONILuca NOVELLINIMarta PARENTIFrancesca PASQUALOTTOAndrea PIAZZAChiara PIVABenedetta RAVAGNAMichele ROMANIErmanno Andrea ROSAJoned SARWARStefano SOLAZZIAlessandro SPEZZAFERRIEnrico TONINELLI

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FXP - Falcone expressanno V - numero 1 - dicembre 2011

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Reg. Trib: di Mantova n. 2292/07 del 17/05/2007Dirigente scolastico: Gianna DI RE

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