10. Il mito di Fetonte nelle arti figurative - edu.lascuola.it · La leggenda di Fetonte ha...

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10. Il mito di Fetonte nelle arti figurative C’è chi vede nel mito di Fetonte la trasposizione di fenomeni meteorologici e astronomici, o anche il ricordo collettivo di catastrofi naturali. Ecco allora che Fetonte è il Sole che ogni sera precipita nel mare a Occidente rischiarando l’orizzonte con il bagliore di un incendio. Oppure è il ricordo, mitizzato, di una stagione particolarmente calda. Sempre nell’ambito della teoria «catastrofica» – anticipata nel Timeo di Platone («Gli uomini sono stati distrutti e lo saranno ancora in molti modi: a causa del fuoco e dell’acqua avvennero le distruzioni più gravi», 6, 22 c) – il mito sarebbe connesso all’eruzione di Santorini (1400 a.C.). Secondo R. Chevallier 1 e altri (soprattutto archeologi) la leggenda andrebbe ambientata nella pianura del Po e sarebbe legata alla via dell’ambra, che dalla pianura padana risaliva al Baltico. Così la vicenda di Fetonte e delle sorelle (Eliadi) dalle lacrime di ambra è sembrata carica di realtà topografiche, umane, commerciali, e ha conosciuto, oltre allo sviluppo colto, anche una fioritura orale, consegnata al folklore. La leggenda di Fetonte ha ispirato nell’antichità classica molti artisti. Su una sardonica (onice sarda) di Firenze (figura 1), riecheggiamento di un quadro ellenistico (Mansuelli), è mirabilmente rappresentata, di scorcio e vista da dietro, la quadriga di Fetonte. Due dei cavalli sono ancora aggiogati. Il cavallo libero di destra è girato in senso contrario agli altri e inarca il collo alzando la zampa sinistra. Il quarto cavallo, pure girato in senso opposto alla quadriga, urta con il cavallo aggiogato di sinistra. «I due gruppi – scrive G.A. Mansuelli – sono disposti in prospettiva raccorciata, su due piani convergenti verso il fondo, al centro, dove i due cavalli si urtano. Lo sviluppo dei corpi che si sovrappongono e, per così dire, si compenetrano, è frutto di una concezione grandiosa, di un’audacia e di una potenza drammatica davvero uniche». Alla base, l’urna rovesciata simboleggia il Po, mentre il cigno rappresenta Cicno metamorfizzato. Singolare è una forma di Arezzo (figura 2), conservata al Museum of Fine Arts di Boston, che raffigura la caduta di Fetonte e la metamorfosi delle Eliadi. La matrice, di piccole proporzioni, non è facilmente databile, comunque attesta la 1 R. Chevallier, Le mythe de Phaéton d’Ovide à G. Moreau, in Colloque présence d’Ovide. Da questo lungo articolo derivano le notizie, i materiali iconografici che qui riportiamo in forma assai riassunta.

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10. Il mito di Fetonte nelle arti figurative C’è chi vede nel mito di Fetonte la trasposizione di fenomeni meteorologici e astronomici, o anche il ricordo collettivo di catastrofi naturali. Ecco allora che Fetonte è il Sole che ogni sera precipita nel mare a Occidente rischiarando l’orizzonte con il bagliore di un incendio. Oppure è il ricordo, mitizzato, di una stagione particolarmente calda. Sempre nell’ambito della teoria «catastrofica» – anticipata nel Timeo di Platone («Gli uomini sono stati distrutti e lo saranno ancora in molti modi: a causa del fuoco e dell’acqua avvennero le distruzioni più gravi», 6, 22 c) – il mito sarebbe connesso all’eruzione di Santorini (1400 a.C.). Secondo R. Chevallier1 e altri (soprattutto archeologi) la leggenda andrebbe ambientata nella pianura del Po e sarebbe legata alla via dell’ambra, che dalla pianura padana risaliva al Baltico. Così la vicenda di Fetonte e delle sorelle (Eliadi) dalle lacrime di ambra è sembrata carica di realtà topografiche, umane, commerciali, e ha conosciuto, oltre allo sviluppo colto, anche una fioritura orale, consegnata al folklore. La leggenda di Fetonte ha ispirato nell’antichità classica molti artisti. Su una sardonica (onice sarda) di Firenze (figura 1), riecheggiamento di un quadro ellenistico (Mansuelli), è mirabilmente rappresentata, di scorcio e vista da dietro, la quadriga di Fetonte. Due dei cavalli sono ancora aggiogati. Il cavallo libero di destra è girato in senso contrario agli altri e inarca il collo alzando la zampa sinistra. Il quarto cavallo, pure girato in senso opposto alla quadriga, urta con il cavallo aggiogato di sinistra. «I due gruppi – scrive G.A. Mansuelli – sono disposti in prospettiva raccorciata, su due piani convergenti verso il fondo, al centro, dove i due cavalli si urtano. Lo sviluppo dei corpi che si sovrappongono e, per così dire, si compenetrano, è frutto di una concezione grandiosa, di un’audacia e di una potenza drammatica davvero uniche». Alla base, l’urna rovesciata simboleggia il Po, mentre il cigno rappresenta Cicno metamorfizzato. Singolare è una forma di Arezzo (figura 2), conservata al Museum of Fine Arts di Boston, che raffigura la caduta di Fetonte e la metamorfosi delle Eliadi. La matrice, di piccole proporzioni, non è facilmente databile, comunque attesta la

1 R. Chevallier, Le mythe de Phaéton d’Ovide à G. Moreau, in Colloque présence d’Ovide. Da questo

lungo articolo derivano le notizie, i materiali iconografici che qui riportiamo in forma assai riassunta.

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popolarità del tema. Dei primi anni dell’impero è uno stucco della Farnesina, che decorava il soffitto di una casa romana e raffigura Fetonte accompagnato dal suo maestro, entrambi avvolti in un mantello da viaggio e muniti di bastoni (figura 3). Fetonte, con la mano destra tesa in atto supplice, presenta la propria richiesta al Sole, che alza il braccio in segno di avvertimento. Una pittura della Domus aurea, oggi illeggibile ma nota attraverso disegni antichi (figura 4), rappresenta Fetonte davanti al Sole circondato dalle stagioni. La presenza di un tema solare nella casa di Nerone non ha nulla di eccezionale. Il motivo ritorna nei sarcofaghi del II e III secolo. In uno di questi, proveniente da Roma e ora agli Uffizi, la caduta di Fetonte (al centro) è, con originalità tipicamente romana, ambientata nel contesto dei giochi del Circo Massimo (figura 5). Il motivo ricorre in numerosissimi altri sarcofaghi, anzi è un elemento topico della simbologia funeraria. Ma quali sono le connessioni tra il mito di Fetonte e la sorte dei defunti? C’è chi ha supposto che si scegliesse questa leggenda per decorare le tombe delle vittime d’incidenti stradali (nell’antichità, più frequenti di quanto non si creda). C’è chi, con maggiore attendibilità, ha colto il nesso tra il mito e la conflagrazione che, in una prospettiva platonica e stoica, distrugge ciclicamente la terra al termine d’ogni periodo cosmico. Vario è l’atteggiamento dei poeti latini nei confronti di questo mito. A parte il rifiuto aprioristico, per ragioni d’evidenza razionale, di Lucrezio o Plinio il Vecchio, i riferimenti alla leggenda di Fetonte sono frequenti e obbediscono prevalentemente a motivi estetici, legati alla suggestiva grandiosità della vicenda. Ma il mito assume talora un doppio simbolismo, morale e personale. Fetonte è il figlio che si rivolta contro il padre o, più generalmente, l’orgoglioso che vuole elevarsi troppo in alto e per ciò è punito da Nemesi, anche se, a giudizio di alcuni autori, questo suo coraggio è eroico e ammirevole. Così Orazio (Odi IV 11, 25 ss.: «L’arso Fetonte ... t’insegna a inseguire sempre obiettivi a misura d’uomo e ritenere sacrilego sperare al di là dei limiti consentiti». La lezione morale è indicata da Ovidio stesso all’inizio dell’episodio: «È un castigo, Fetonte, quello che tu invochi come favore. Mostra più saggezza nei tuoi desideri», ma poi l’ammirazione del poeta è espressa nell’epigrafe finale: «Qui giace Fetonte, che volle condurre il carro paterno. Se non fu capace di farlo, almeno morì vittima di una nobile audacia». Anche Seneca scrive nel De providentia (5, 10 ss.): «Considera a quali altezze deve

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librarsi la virtù e capirai bene come una tale ascesa non possa avvenire senza pericolo», e poi cita di seguito i versi ovidiani in cui Febo cerca di dissuadere Fetonte. Il motivo personale è svolto da Ovidio nelle Epistulae ex Ponto I 2, 33. «Beate voi, o Eliadi, la cui bocca che reclamava il fratello fu ricoperta dalla scorza di un pioppo! A me non è dato d’essere mutato in albero». C’è poi un simbolismo politico secondo il quale Fetonte incarna la rivolta contro il potere ufficiale o contro gli dei. Ecco un esempio tratto da Svetonio (Calig. 11, 2): «Tiberio dichiarò spesso che Gaio viveva per la rovina propria e di tutti ... novello Fetonte per il mondo intero». Il triplice significato del mito (estetico, morale e personale, politico) spiega la sua lunga permanenza nelle letterature neoclassiche. «Lo studio condotto relativamente all’antichità mostra che, per i poeti e gli artisti, l’interesse per la leggenda fu in primo luogo estetico. Essa offriva, come del resto tutte le Metamorfosi, a pittori, mosaicisti e scultori una serie inesauribile di soggetti interessanti. Accanto al motivo ornamentale (fascino di un racconto meraviglioso, preziosità dell’ambra) i testi e i monumenti figurativi illustrano il simbolismo del mito: interpretazione morale o politica, personale o collettiva, quest’ultima particolarmente adatta alla concezione di un impero solare» (Chevallier). La triplice simbologia permane, attraverso il Medioevo (dove immensa è stata la «fortuna» di Ovidio) fino alle creazioni moderne. Nel Rinascimento fu forte l’interazione tra testi e immagini grazie alle illustrazioni dei libri stampati. La riflessione sulla natura del potere politico trarrà profitto dall’iconografia del mito di Fetonte: negli affreschi del Palazzo del tè, a Mantova, il principe che protegge la fede cristiana è l’immagine della potenza divina in terra e la rivolta contro la sua autorità è un delitto religioso. In Giove vendicatore sono riuniti l’imperatore e Dio punitore. L’interpretazione politica del mito avrà grande diffusione nella Francia dei secoli XVI e XVII. Tra i molti esempi della fortuna rinascimentale del mito di Fetonte nelle arti figurative (disegno, pittura, affresco), citiamo uno splendido disegno di Giulio Romano per il Palazzo del tè a Mantova (ora al Museo Condé di Chantilly, figura 6), e alcuni disegni di Michelangelo (figura 7), che vide nella caduta di Fetonte (disegnata su commissione di Tommaso Cavallieri tra il 1532 e il 1533) il segno della presunzione punita dal giusto risentimento divino.

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Figura 1.

Figura 2.

Figura 3.

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Figura 4.

Figura 5.

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Figura 6.

Figura 7.

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La caduta di Fetonte secondo

De Chirico.

Giambattista Tiepolo, Fetonte chiede il carro

del Sole ad Apollo (1719-1720), affresco,

Villa Baglioni;

Alessandro Pontremoli, Il Precipizio di

Fetonte, Milano 1594;

La caduta di Fetonte, piatto

della Bottega di Mastro

Giorgio, 1527 - Gubbio,

Museo del Palazzo dei

Consoli;

Girolamo Romanino (nato 1485), Fetonte

trascinato sul carro del sole;