COSTANTINOPOLI 4 - Università degli studi di Bergamo · 2013. 5. 20. · Ninfe, la caduta di...

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COSTANTINOPOLI 4

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  • COSTANTINOPOLI 4

  • Un nuovo grandioso sviluppo la città ebbe infine con Teodosio II, a cui spetta l'erezione nel 413 della colossale cinta di mura a circa 1 km e mezzo di distanza dalla cerchia costantiniana, inglobando e proteggendo i quartieri extraurbani, attestandosi al quartiere settentrionale delle Blacherne, che doveva avere una fortificazione a parte, prolungando poi nel 439 la cinta lungo le coste della Propontide e del Corno d'Oro. Teodosio dette l'incarico della gigantesca costruzione al prefetto Antemio e tutta la popolazione dovette partecipare attivamente all'opera; le fazioni del Circo, i Verdi e gli Azzurri, avrebbero fornito 16.000 uomini forse adoperati in lavori secondarî, mentre maestranze specializzate eressero le mura di buona tecnica, lavorando contemporaneamente in vari settori e riuscendo a completare l'opera in breve tempo, forse un anno. Nel gennaio del 447 un violento terremoto abbatté gran parte delle mura con 57 delle 96 torri e Teodosio, intanto, era battuto da Attila in Tracia; ma il barbaro non osò attaccare la città e fece trattative di pace versando anche un tributo annuale. Il prefetto del pretorio Costantino nello stesso anno si dette a restaurare le mura e completò l'opera in soli due mesi, come dicono le iscrizioni tuttora esistenti. Oltre a rialzare le parti cadute della cinta, Teodosio creò anche un antemurale con 82 torri minori e scavò un grande fossato antistante che andava dal Mar di Marmara al Corno d'Oro. Restauri alle mura furono poi eseguiti sotto Giustino II (565-578), Leone III (717-741), Costantino V (741-775); l'angolo N fu ampliato da Eraclio nel 627 e questo tratto fu raddoppiato nell'813 da Leone Armeno, ebbe un completamento forse sotto Teofilo (829-842), mentre il Palazzo delle Blacherne fu poi fortificato con una cerchia di mura con torri, ma senza fossato, da Manuele Comneno nel 1150, riallacciandosi all'angolo estremo delle mura di Teodosio II a N del Tekfur Sarayi.

  • La poderosa fortificazione teodosiana, che sviluppa circa 19 km e mezzo, resistette a tutti gli attacchi successivi dei barbari fino all'assedio del 1453, quando il 29 maggio attraverso tre brecce l'esercito turco di Maometto II penetrò nella città, ponendo termine all'Impero d'Oriente. La fortificazione di Teodosio II è costituita dal muro interno spesso dai 3 ai 4 m e alto in media m 11, con 96 torri a intervalli di m 55 in media, di forme diverse: 74 quadrate, 1 pentagonale, 5 esagonali, 2 eptagonali, 14 Ottogonali, a due o a tre piani, alte dai 15 ai 20 m, larghe da 8 a 10 metri. Il muro aveva un cammino di ronda e scale di accesso dall'interno; vi si aprivano Io porte che si sono distinte in civili e militari, le prime munite di ponte sul fossato; non sappiamo se le militari avessero un numero d'ordine, ipotesi suggerita dal nome di Deuteron, Trìton, Pèmpton, ecc. di alcuni quartieri adiacenti. Seguiva un peribolo largo dai 18 ai 20 m, fra il muro interno e quello esterno. Il muro esterno o antemurale è spesso circa m 2, alto circa m 8, rinforzato da 82 torri, alte da 9 a 10 m, larghe da 4 a 5 m, di varia forma, delle quali ne restano 16, 34 quadrate, 18 semicircolari, 4 esagonali. Un secondo peribolo correva tra il muro esterno e la scarpata del fossato, largo da 12 a 15 metri. Il fossato, largo da 15 a 20 m, profondo da 5 a 7 m, è retto da una scarpata in muratura verso le mura e da una controscarpa verso la campagna; è diviso da 19 muri trasversali che servivano forse a trattenere l'acqua nei tratti in declivio e a sostenere le condutture in terracotta e, davanti alle porte principali, i ponti lignei. Non si sa peraltro se il fossato venisse veramente riempito d'acqua in caso d'assedio o se rimanesse sempre asciutto.

  • La porta principale era quella Aurea, che si apre fra l'ottava e l'undecima torre, fiancheggiata dai suoi due piloni marmorei ed oggi è all'interno compresa e circondata dal Castello delle Sette Torri (Yedikule hisari), edificato nell'inverno del 1457-1458, che si appoggia alle due torri teodosiane con una cinta poligonale munita di tre torri rotonde agli angoli, ben visibile dietro l'acquedotto di Valente. La Porta Aurea è a tre fornici, di cui il centrale maggiore, oggi in gran parte bloccati, ed è fiancheggiata da due possenti torrioni quadrati di blocchi marmorei. Sull'archivolto centrale era l'iscrizione in lettere bronzee, di cui rimangono parte dei fori.. La particolare architettura della Porta con tre fornici e piloni aderisce alla sua speciale funzione rappresentativa, essendo la porta a cui faceva capo la Via Egnatia e donde entravano sempre in città i cortei trionfali, moventi da Hèbdomon. In questa occasione soltanto si aprivano i battenti della grande porta centrale che Teodosio II aveva fatto dorare (Malalas, 360 B), mentre quelli laterali rimanevano sempre aperti. Dalla doratura dei battenti, prendeva il nome di Aurea. Questo tipo di porta con piloni trova confronti con quelle onoriane Flaminia, Appia, Latina della cerchia di Roma e per il triplice fornice con la Porta Pretoria di Aosta.

  • Porta Aurea

  • Non solo i battenti erano dorati, ma varie statue decoravano questo solenne ingresso alla città, e abbiamo notizia dell'esistenza di una statua di un Teodosio, non sappiamo se il I o il II, che fu abbattuta da un terremoto sotto Leone III Isaurico, di una statua di Nike, di una altra di Tyche e di quattro elefanti di bronzo dorato provenienti, pare, da Atene. Ai lati della Porta si leggono iscrizioni con dediche militari fra le quali di Zeones iuniores e cornuti appartenenti agli auxilia palatina e acclamazioni augurali agli imperatori. Dinanzi alla Porta Aurea l'antemurale ha un Propileo con vòlta a botte, con facciata decorata da due colonne di marmo verde agli stipiti dell'arco; i muri laterali sono scompartiti da colonnine e lesene ed erano decorati da dodici rilievi di varia provenienza, sei a destra e sei a sinistra su due file sovrapposte, descritti da molti viaggiatori e illustranti il supplizio di Prometeo, un giovane che tira giù un altro da cavallo, un satiro e una figura femminile e una maschile, tre scene con le fatiche di Eracle, a N; Endimione, Eracle e Cerbero, due contadini con uva, Pegaso e tre Ninfe, la caduta di Fetonte, Eracle e la Cerva, a S. Nel 1625 Sir Thomas Roe tentò invano di asportarne quattro a Londra; l'abate Sestini nel 1778 ne ricorda alcuni ancora in posto, ma gli ultimi rimasti di Eracle e di Prometeo andarono in rovina nel 1795 come narra J. Dallaway; oggi si hanno solo alcuni frammenti. La Porta di Xylòkerkos (!"#$%&'%()) corrisponde a Belgradl:api e il nome era dovuto ad un ippodromo ligneo; della porta rimangono solo gli stipiti; sopra si leggeva l'iscrizione: "L'imperatore Teodosio e il prefetto d'Oriente Costantino hanno costruito queste mura in sessanta giorni”.

  • Seguono una seconda porta militare e la Porta detta di Pege o della Sorgente (oggi Balildi Kapisi), detta poi di Selybria; dopo si trova la Porta di Sigma, cosiddetta per l'inflessione a sigma lunato che le mura fanno a questo punto, da altri identificata con la porta militare di Kalagròs); la Porta di Rhèsion o di Rhègion (*+,-.(") o di Polyandros o Myrìandros )o volgarmente Koliandros, nomi questi ultimi derivati dalla tradizione riguardante la costruzione nel 449 quando gli Azzurri, che costruivano il tratto movente dalle Blacherne verso S, e i Verdi, che costruivano quello dalla Porta Aurea verso N, si sarebbero incontrati nel luogo dove sorse la Porta che fu detta perciò di Poöandros (oggi Mevlevi hane). Questa parte centrale delle mura era detta Mesoteichion. Sulla prima torre della Porta si legge l'iscrizione greca e latina che ricorda la costruzione ad opera del prefetto Costantino. Dopo la quarta porta militare si apre quella di Topkapi, detta di San Romano (/(0 1-.(" *+2µ34(5) e fra le due porte le mura sono molto rovinate per l'assedio del 1453. Dopo la vallata del Lykos segue la Porta di Pèmpton e sull'architrave è l'iscrizione che menziona Pusaeus, non inferiore al grande Antemio ha consolidato le mura con le salde porte, non sappiamo esattamente quando visse; un Pusaeus fu console nel 467, ma non è certo che sia quello dell'iscrizione. Il nome della Porta si riferiva al villaggio al quinto chilometro dal Milion.

  • Seguiva la Porta di Charisios oggi Edirne kapi o di Adrianopoli. Charisios era il capo della fazione degli Azzurri o dei Verdi quando si costruirono le mura. Questo era il punto più alto e più debole della cinta e qui furono sempre sferrati gli assalti più violenti; le mura furono restaurate da Alessio Commeno (1195-1203). Nell'ultimo tratto delle mura teodosiane andrebbe posta, secondo Ducas, la Kerkòporta, passaggio segreto che fu forzato dai Turchi nel 1453.. Le mura lungo la costa del Corno d'Oro furono costruite in parte da Costantino e poi prolungate, nel 439, da Teodosio II fino alle Blacherne per 5 km dandone l'incarico al praefectus praetorio Ciro di Panopoli (Malal., 361, Bonn; Theophan., 96, de Boor); ma furono distrutte più volte da terremoti e ricostruite da Giustiniano (527-565), Tiberio III (698-7o5), Leone III (717-741), da Teofilo e Michele III (829-842), da Giovanni VI (1347-1354), Bayazid II nel 1505, Murad IV nel 1635 e Ahmed III (1703-1730). Il Buondelmonti descrive questa cinta come un muro alto 10 m e fiancheggiato da 110 torri con 14 porte. A O di Balatkapi, che forse ricorda nel nome la 6378#8%9 :$'/3 esisteva una triplice porta che era decorata con due rilievi raffiguranti l'Annunciazione; quello con la Vergine è perduto, quello in cui si riconosceva l'Arcangelo si conserva al Museo Archeologico di Istanbul e rappresenta una Nike che regge una palma; è datato dal Wegner al periodo di Costantino e dal Kollwitz a quello di Teodosio II. Anche le mura lungo la costa del Mar di Marmara erano dovute prima a Settimio Severo, poi furono prolungate da Costantino e da Teodosio verso occidente, ma furono ugualmente distrutte e rifatte più volte come quelle del Corno d'Oro; il Buondelmonti al suo tempo le descrive con 188 torri e 8 porte e molte postierle, con 5 porti.

  • Il Porto di Teodosio venne costruito, attorno al IV sec. d.C., ed era uno dei maggiori porti commerciali del Mediterraneo. Con la fondazione di Costantinopoli si avviarono numerosi progetti di sviluppo della città e l’aumento del commercio comportò un rapido aumento della popolazione. Il Porto di Teodosio divenne quindi il centro più importante di smistamento del grano (una delle materie prime maggiormente commerciate all’epoca) proveniente dall’Egitto. l relitto fa parte di un gruppo di 35 navi trovate durante lo scavo di una stazione di scambio della metropolitana di Marmaray, in località Yenikapi, che avrebbe dovuto collegare la parte europea con quella asiatica di Istanbul passando sotto lo stretto del Bosforo. Il consorzio Turco-Giapponese, che doveva provvedere ai lavori, aveva scelto una zona esterna all’area dell’antica città di Istanbul così da non aver “problemi archeologici” una volta iniziati i lavori.

  • Trentasei relitti risalenti al V al X secolo dC, sono stati scoperti nel porto Teodosiano di Istanbul, nel quartiere di Yenikapı. Durante la costruzione della ferrovia e della metropolitana Marmaray a Yenikapı tra il 2004 e il 2012, non meno di trentasei relitti, risalenti al periodo medio bizantino datati dal V al X secolo dC, sono stati ritrovati. Gli scavi archeologici in corso hanno confermato che il porto principale di Costantinopoli, Portus Theodosiacus, una volta era situato in questa ex baia naturale, oggi insabbiata dal corso fluviale del Lykos e giace a circa 300 metri dal litorale di oggi. Il porto è noto per essere stato costruito alla fine del IV secolo, durante il regno di Teodosio I (AD 376-395), in risposta alle esigenze della crescente economia e la popolazione della città capitale dell'Impero Bizantino. Secondo i documenti storici, la diga del porto di Teodosio si estendeva dal molo Davutpa;a a ovest, prima verso est e poi nord-est, proteggendo così la baia dai venti da sud ovest prevalenti era fatta di blocchi di pietra calcarea a vista sul lato ovest . Diversi tipi di anfore e merci, monete, candele, statuine, sandali di cuoio, ornamenti, un gran numero di reperti nautici - comprese le apparecchiature quali carrucole, corde, ancore in pietra e ferro. Le navi dal porto Teodosiano hanno dato un contributo enorme per informazioni sulla tecnologia navale e lo sviluppo durante l'antichità e il Medioevo soprattutto per archeologia nautica. I trentaquattro navi possono essere suddivisi in tre gruppi: le navi da guerra lunghe (galee); commerciali per la navigazione marittima, e piccoli vascelli commerciali locali.

  • Sappiamo dell'esistenza in Bisanzio di stadî, di ginnasi vicino al tempio di Posidone, dove il terreno diventava pianeggiante e di cisterne. Il suolo roccioso della città non offriva sorgenti e fin dal periodo greco si cominciò a scavare cisterne sotterranee e a cielo aperto per raccogliere l'acqua piovana e quella condottavi con tubature; le cisterne si moltiplicheranno poi nel periodo imperiale e bizantino. Ad Adriano spetta il merito di aver creato, a quanto pare, il primo grande acquedotto alimentato con le sorgenti captate nelle foreste presso il Mar Nero e una disposizione di Teodosio Il e di Valentiniano ne riserverà poi l'acqua per i ninfei pubblici e per le terme del Palazzo Imperiale; questo acquedotto adrianeo sarà restaurato insieme a quello di Valente da Giustino II nel 576. All'epoca costantiniana le fonti attribuiscono altre cisterne; quella di Filosseno, che sarebbe stato uno dei nobili romani portati dall'imperatore nella nuova capitale (Preger, I, 147-148), era situata presso il Foro di Costantino tanto che P. Gylles l'ha identificata con la cisterna delle mille e una colonna (Bin-bir-direk), che altri considerano, invece, quella ricordata insieme alla chiesa dei Quaranta Martiri, e che il Diehl ha datata all'epoca di Giustiniano; secondo il Mamboury i bolli di mattone sembra che risalgano in parte alla metà del V secolo e altri all'epoca di Giustiniano, e che non si possa perciò riferire a Costantino. A un altro patrizio condotto da Roma, Modesto, alcune fonti attribuiscono un'altra cisterna nella XI regione, ma sembra invece che questo personaggio fosse piuttosto Demetrio Modesto praefectus urbi nel 369.

  • La Cisterna Basilica (in turco Yerebatan Sarayi o Sarnici) è la più grande cisterna ancora conservata ad Istanbul. Scoperta sul finire del XIX secolo, la cisterna fu costruita sotto il regno Giustiniano I (527-565), il periodo più prospero dell'Impero romano d'Oriente, nel 532. Oggi si presenta come un enorme spazio sotterraneo di circa 140 metri per 70, in cui trovano spazio dodici file di 28 colonne alte 9 metri e distanziate l'una dall'altra di 4,90 m. I capitelli sono un misto tra gli stili Ionico e Corinzio, con alcune eccezioni di Dorico o addirittura di colonne non decorate. I muri perimetrali sono di mattoni ed hanno uno spessore di 4 metri. La malta utilizzata nella costruzione è speciale ed impermeabile. Buona parte dei materiali e delle colonne sono elementi di riuso, ne sono testimonianza in particolare due enormi teste di gorgone provenienti da qualche edificio monumentale, che fanno da base (rovesciate) a due delle colonne di sostegno della volta. La cisterna era alimentata da un acquedotto che portava acqua fin dalla foresta di Belgrado, distante 19 chilometri dalla città.

  • “Abbiamo visitato le Mille e una colonna. Situata nel mezzo di Costantinopoli, scendi giù per una lunga fuga di scalini di pietra nel mezzo di un luogo desolato, e sei arrivato. Ti trovi quaranta piedi sotto terra, attorniato da un’assoluta foresta di alte e slanciate colonne in granito di fattura bizantina”. Mark Twain, The Innocents abroad, or The New Pilgrim Progress, The American Publ ishing Company, Hartford (Conn.), 1869, p. 365

  • Acquedotto di Valente (in turco: Bozdo!an Kemeri, "Acquedotto del falco grigio") fu il principale sistema di fornitura di acqua nel periodo tardo antico e medievale, per la città di Costantinopoli (la moderna Istanbul, in Turchia). Storia [modifica] L'acquedotto di Costantinopoli fu completato durante il regno dell'Augusto Valente, nel 368, ma questa costruzione era già iniziata precedentemente, sotto regni di precedenti imperatori. La costruzione di quest'acquedotto concluse un ampio sistema di acquedotti e canali, che si estendevano per tutta la Tracia, e che portavano così l'acqua alla capitale romana d’oriente. Una volta che l'acqua giungeva in città, essa arrivava nelle cisterne sotterranee, come nella Basilica Cisterna. L'acquedotto iniziò quindi ad essere in uso durante il periodo in cui ancora l'impero romano era unito, poi fu in uso per tutta la vita dell'impero romano d'Oriente (caduto il 29 maggio 1453), e in seguito venne usato nei primi anni della dominazione ottomana. Durante il periodo bizantino, l'acquedotto era sottoposto a una buona manutenzione. Oggi di questo grande acquedotto sopravvivono solamente 800 metri di lunghezza, che attraversano l'attuale strada di Atatürk Bulvari.