Un Mondo Possibile 34

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Un Mondo Possibile è il nome della rivista trimestrale del VIS, strumento di informazione e incontro con i nostri sostenitori, ma anche e soprattutto luogo di confronto, approfondimento e analisi dei temi a noi cari, attraverso la testimonianza di missionari e volontari, l’approfondimento di docenti ed esperti, le immagini e le foto dei progetti e delle persone con cui lavoriamo per la promozione dei loro diritti.

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Editoriale

Per i diritti fondamentali di ogni bambino

VOLONTARIATO INTERNAZIONALE PER LO SVILUPPO 1

che nel nostro Paese dovrebbero spettare a tutti i bambini nati in Italia anche se da ge-nitori stranieri.

Da 48 ore poi siamo in piena emergenza umanitaria a Goma (Nord Kivu, RepubblicaDemocratica del Congo): sparatorie e colpi di mortaio a poca distanza dal Centro educa-tivo di Ngangi frequentato normalmente da 3.600 bambini e ra-gazzi poveri e, nelle ultime ore, invaso da un’impressionante mareadi oltre 8.000 persone seguite da mucche, capre, maiali accolteall’interno del centro in cerca di aiuto e protezione. I nove volon-tari del VIS a Goma stanno lavorando senza sosta insieme ai Salesiani di Don Bosco ehanno già censito 111 bambini completamente soli.

In situazioni di guerre o di catastrofi, i bambini non registrati all’anagrafe sono i piùvulnerabili: senza dati affidabili è praticamente impossibile ritrovare i loro familiari.

Penso che probabilmente leggerete queste righe nei giorni delSanto Natale, quando Gesù bambino, che nasce in una stalla du-rante un viaggio per la registrazione anagrafica e il censimento, ciprovochi direttamente per un maggiore impegno individuale e col-lettivo perché ciascun bambino possa godere dei suoi diritti fon-damentali “senza distinzione di sorta e a prescindere da ogni considerazione di razza, dicolore, di sesso, di lingua, di religione, di opinione politica o altra condizione del bambinoo dei suoi genitori o rappresentanti legali, dalla loro origine nazionale, etnica o sociale,dalla loro situazione finanziaria, dalla loro incapacità, dalla loro nascita o da ogni altracircostanza” (art.2, Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti del fanciullo). ­­­■

visti da Loro by RoBot

Il Rettor Maggiore ha dedicato l’appel-lo di quest’anno alla promozione comestrumento di lotta alla povertà e di pre-venzione della violenza sui bambini

In situazioni di guerre o di catastrofi,i bambini non registrati all’anagrafe sono i più vulnerabili: senza dati affi-dabili è praticamente impossibile ritrovare i loro familiari

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SOMMARIO

COOPERAZIONE4

REPORTAGE15

PROGETTI20

EDITORIALEPer i diritti fondamentalidi ogni bambinoCarola Carazzone

SPECIALE COOPERAZIONE4. “Muovi l’Italia,

cambia il mondo!” Sì, ma...Gianluca Antonelli

10. Intervista ad Andrea RiccardiAlessandra Tarquini eGianluca Antonelli

12. La scelta della cooperazioneRossella Urru

REPORTAGE15. Viaggio negli estremi

confini dell’EtiopiaLa nostra Africa

PROGETTI20. Angola

I nostri figliValery Ivanka Dante

22. Rep. Dem . del CongoColtivando solidarietàStefano Merante

26. PerùIl senso della biodiversitàSimona Tornatore

28. SiriaGuerra e paceEmanuela Chiang

Il viaggio fotogra-fico di MargheritaMirabella (Sho-ot4Change) ci por-ta tra i villaggi e lacapitale dell’Etio-pia, a testimonia-re i lavoro dei vo-lontari del VIS, a“trovare” l’acqua, a costruire scuole,ad aiutare i ragaz-zi di strada di Ad-dis Abeba

Un bilancio sinte-tico del Forumdella Cooperazio-ne Internazionale(Milano, 1-2 otto-bre) promosso e organizzato dalMinistro per laCooperazione el’Integrazione, delquale riportiamouna significativaintervista

Oltre 40 Paesi e piùdi 80 volontari: èl’espressione dellacooperazione inter-nazionale del VIS.Fra i tanti progetti,abbiamo seleziona-to quattro interven-ti, diversi per tipo-logia e area geogra-fica, ma accumuna-ti dallo stesso con-cetto di sviluppo nelquale crediamo

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VOLONTARI 34

DIRITTI UMANI 37

VITA ASSOCIATIVA 44

VOLONTARI30. Coma la stella cometa...

34. SudanUn progetto 3 donneCarlotta NanniDuaa Elsadig Ibrahim AbdallahKhalda Omer Abuelgasim

DIRITTI UMANI37. Dialogo interreligioso

e diritti umani:due strade una direzioneBarbara Terenzi

OGGI SI PARLA DI...40. La verità del Natale

Enzo Bianchi

FAVOLE42. Chak Malis gen pa l

VITA ASSOCIATIVA44. Sognando

“la scuola di mondialità”don Claudio Belfiore

RECENSIONI46. Ogni Mattina a Jenin

Elisa Nucci

47. Piccole e nere:le infaticabili formiche di Fabio VettoriAlessandra Tarquini

DAL DIRETTORE48. Solidarietà e civiltà

Luca Cristaldi

Il progetto per laBaraccopoli di Ma-yo, in Sudan, ha co-me obiettivo inse-gnare ai bambini lebuone pratiche igie-nico-sanitarie perprevenire le malat-tie più comuni, co-me la malaria, lafebbre tifoide, l’av-velenamento dal ci-bo, l’AIDS e la dis-senteria

Assistiamo a un dif-fuso incremento diatti di limitazione deidiritti umani e di ag-gressione nei con-fronti delle minoran-ze religiose ed in par-ticolare dei Cristiani.In India, Indonesia,Siria, Nepal, Libano,Turchia, Kenya e Ni-geria, negli ultimi an-ni si sono verificatigravissimi episodi diviolenza

Torino, Harambée2012: un incontroche è punta di unvasto e articolatomovimento mis-sionario, di luoghidi cultura e forma-zione, di esperien-ze estive, di vo-lontariato interna-zionale, di com-mercio equo&soli-dale, di presenzanelle scuole

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Qualità ed efficacia degli aiuti

di Gianluca Antonelli, VIS - Responsabile [email protected]

“Muovi l’Italia, cambia il mondo!” Sì, ma…

Si è tenuto a Milano l’1 e il 2ottobre scorso il Forum dellaCooperazione Internazionale,

evento promosso e organizzatodal Ministro per la

Cooperazione e l’Integrazione,Andrea Riccardi. Il Forum era

scaturito, come impegnofondamentale del dicastero, giàdalle conclusioni del convegnotenuto lo scorso 1 marzo dalle

principali reti di Ong italiane(Cini, Link 2007 e AOI) e da altre espressioni

della società civile del nostro Paese1

Forum di Milano ha visto unaricca partecipazione di sogget-ti2 quali Ong e altre formazioni

del terzo settore, università, centri stu-di e ricerca, imprese, sindacati, fonda-zioni, rappresentanti delle istituzioni eamministrazioni nazionali (in primis laDirezione Generale Cooperazione alloSviluppo) e locali (regioni e comuni),nonché numerosi giovani e studenti.Soprattutto il Forum haconosciuto gli interventinon solo dei rappresen-tanti dei dicasteri oggi di-rettamente competenti inmateria di cooperazione, ilMinistro degli Affari Este-ri Terzi e il Ministro Ric-cardi appunto, ma anche il

contributo (video) del Presidente del-la Repubblica Napolitano e quello delPresidente del Consiglio Monti, non-ché la presenza di numerosi altri espo-nenti dell’attuale Esecutivo, quali ilMinistro Grilli, il Ministro Cancellie-ri e il Ministro Giarda. Un bilancio sintetico del Forum di Mi-lano rileva i seguenti aspetti positivi:

+ L’evento ha rappresentatoun’operazione “giusta” (cioè op-portuna e pertinente) in rela-zione al momento attuale (po-litico e sociale), di svolta ri-spetto al pesante silenzio, allatotale inerzia e indifferenza, al-la frustrazione che hanno ca-ratterizzato negli ultimi 5 anniil dibattito politico e pubblico

SPECIALE COOPERAZIONE

Soprattutto il Forum haconosciuto gli interventinon solo dei rappresen-tanti dei dicasteri oggi di-rettamente competenti inmateria di cooperazione, ilMinistro degli Affari Este-ri Terzi e il Ministro Ric-cardi appunto, ma anche il

un’operazione “giusta” (cioè op-portuna e pertinente) in rela-zione al momento attuale (po-litico e sociale), di svolta ri-spetto al pesante silenzio, allatotale inerzia e indifferenza, al-la frustrazione che hanno ca-ratterizzato negli ultimi 5 anniil dibattito politico e pubblico

Il

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e l’agire degli attori del settore. In que-sto senso il Forum ha avuto il merito diriportare la cooperazione allo sviluppoall’attenzione del dibattito pubblico edell’agenda politica, rinfocolando nuo-va passione e restituendole una certadignità. In particolare, è emersa l’esi-genza di rinnovare profondamente ilnostro sistema di cooperazione, conl’adozione di una visione politica piùmoderna e coerente, innovativa ed ef-ficace, di un nuovo modello istituzio-nale e gestionale e di una rinnovatapartecipazione dei suoi attori.+ Il Ministro Riccardi, dopo la formaliz-zazione delle deleghe in materia di coo-perazione, avvenuta con la Direttivadello scorso 6 aprile del Presidente delConsiglio Monti, attraverso il Forum haufficializzato e condiviso in pubblico ta-le investitura, ponendo fine - almeno alivello di rappresentanza istituzionale -alla confusione di ruoli rispetto al Mini-stro degli Esteri e a una visione mini-malista del suo dicastero.+ Nella prolusione al Forum il Presi-dente Napolitano ha affermato che lacooperazione è stata “imperativo eticodi solidarietà”, ma oggi, nel secolo del-la globalizzazione, essa si pone anchecome “critico investimento strategiconelle relazioni internazionali” e “im-pegno internazionale a lungo terminedel nostro Paese” e, per questo, deve

essere riportata “tra le priorità della po-litica nazionale”. Nell’ambito dell’at-tuale dibattito pubblico, il Forum haanche fatto chiarezza sull’opportunitàdi fare cooperazione nelle fasi di fortecrisi economica3.+ La presenza e il coinvolgimento delcapo del governo e di alcuni tra suoiprincipali rappresentanti hanno costi-tuito un fondamentale segnale nel pro-cesso di “rilegittimazione” della coo-perazione allo sviluppo come ambitooperativo rilevante per l’Esecutivo eper le future strategie politiche del no-stro Paese.+ Durante il Forum, il governo - attra-verso il Ministro Riccardi e il MinistroGrilli - ha ufficializzato l’impegno perun’inversione di tendenza nel trend fi-nora negativo delle disponibilità finan-ziarie per l’Aiuto Pubblico allo Sviluppo(APS), che negli ultimi anni ha subitoun taglio di quasi il 90% rispetto alle do-tazioni del 2008. Tale inversione di ten-denza è confermata dalle previsioni del-

la nuova legge di stabilità, che prefigu-rano un aumento dell’APS che potrebbearrivare ai 500 milioni.+ Le principali reti delle Ong italiane ealtre importanti espressioni del terzo set-tore hanno manifestato unitarietà di in-tenti e di finalità. Tale condizione, che siconfigura più come un effetto “indotto”dalle attuali dinamiche politiche e set-toriali piuttosto che da effettive conver-genze o aspirazioni verso rappresentanzeunitarie, costituisce comunque un im-portante fattore per contribuire a man-tenere una costruttiva vitalità di un’im-portante parte della società civile.Dall’altro lato, il bilancio del Forum diMilano evidenzia, direttamente o in viaindiretta, i seguenti principali limiti ocriticità:– L’assenza di impegni effettivi, inno-vativi e di spessore sul piano istituzio-nale e su quello politico per la riformadel sistema di cooperazione del nostroPaese, compresa la riforma della legge49 del 1987.

1 “La cooperazione italiana dell’Italia: una risorsa da va-lorizzare, modernizzare, rilanciare”, Roma 1 marzo2012. Per le posizioni espresse dalle Ong italiane inquesto convegno e anche in eventi successivi si ve-dano i documenti contenuti nei siti di rappresentan-za: http://www.cininet.org/, http://www.link2007.org/,http://www.ongitaliane.org/.2 I numeri ufficiali parlano di più di 2.600 iscritti ecirca 1.900 partecipanti alla giornata inaugurale.3 Cfr. sul punto il video ben realizzato e diffuso du-rante il Forum di Milano sulla necessità e opportu-nità di fare oggi cooperazione, disponibile suht tp : / /www.youtube .com/watch?v=4V-WHA47Qu4&feature=plcp.

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Qualità ed efficacia degli aiutiCOOPERAZIONESPECIALE

golari). Lungi dall’assumere posizioniesclusive o di nicchia e riconoscendole diversità e il diritto d’iniziativa diciascuno, bisogna tuttavia presentare eintervenire sulla complessità chiaren-do a monte rispettivi ruoli, funzioni efinalità, identificando l’obiettivo fon-damentale del “sistema Italia”, gliobiettivi e le strategie comuni e/o con-divise tra i diversi attori ma anche di-stinguendo e regolando gli specifici in-teressi di parte. Il documento conclusivo del Forumpone alcuni punti sostanziali, che pos-sono costituire i fondamenti per ilproseguo di un’azione integrata tra idiversi attori (istituzionali e non) vol-ta a rimettere al centro la cooperazio-ne internazionale allo sviluppo. Inparticolare:a) La necessità di una visione strategi-ca unitaria e condivisa della coopera-zione internazionale dell’Italia da adot-tare ad alto livello (Consiglio dei Mi-nistri, Parlamento) che individui unnumero definito di priorità, in terminidi scelte operative, geografiche e te-matiche trasversali (es. diritti umani,democrazia, pace, empowerment delledonne, ambiente e cambiamenti cli-matici, ecc.), che assicuri la coerenzadi tutte le politiche e il coordinamen-to fra le diverse istituzioni nazionali cheoperano a diverso titolo nella coopera-zione, superando la frammentazione.b) L’importanza di un referente politi-co unico per la cooperazione, che legarantisca la dignità di politica pub-blica al pari delle altre; la maggioran-za ritiene che tale figura debba essereun Ministro dedicato, con deleghespecifiche. c) Per quanto riguarda l’attuazione de-gli indirizzi di cooperazione e della re-lativa gestione, la necessità che l’at-

– Se è vero che la cooperazione allo svi-luppo, grazie all’istituzione del Ministroper la Cooperazione e l’Integrazione eall’evento di Milano, è riemersa all’at-tenzione del dibattito politico e pubbli-co, altro è la sua configurazione come ef-fettiva priorità politica (cioè del gover-no, del parlamento e dei partiti) e comefocus fondamentale nell’opinione pub-blica nazionale. – Permane il conflitto istituzionale tra ilMinistero degli Affari Esteri e il dicaste-ro del Min. Riccardi. Tale conflitto, fi-glio di una totale divergenza sulla visio-ne e sul modello da adottare, può con-durre al rischio di una paralisi dei pro-cessi di riforma o, peggio, a soluzioni dicompromesso inefficaci e per nulla in-novative.– Durante i lavori del Forum è statapalese la generalizzata assenza della“politica”, cioè delle rappresentanzeparlamentari e partitiche, se si esclu-dono i pochi esponenti più coinvoltiin questi anni nel tema e nei tentatividi riforma. Considerando l’attuale fasedi transizione dalla fine della presentelegislatura alle elezioni politiche della

prossima primavera, tale assenza è ap-parsa di grande peso e in contrasto conle finalità di emersione della coopera-zione allo sviluppo nella nuova agendapolitica italiana. – Connesse alle criticità sopra specifica-te appaiono anche l’isolamento del-l’azione politico-istituzionale del Min.Riccardi e la relativa forte divergenza ri-spetto all’attuale fase parlamentare del-la riforma della legge 49.– Al centro del Forum di Milano nonc’è stata la Cooperazione allo Sviluppoma, più in generale, la CooperazioneInternazionale e tutti i suoi attori. Seciò, da un lato, risulta coerente con lavisione che rileva la complessità del si-stema di cooperazione nell’attuale fasestorica, dall’altro lato profila un forterischio di confusione e commistionetra attori, finalità e interessi assai di-versi e talora in contrapposizione (sipensi alle imprese e alle Ong, ai go-verni dei Paesi partner e ai Paesi do-natori, alle associazioni di impreseorientate all’internazionalizzazione ealle comunità di immigrati presenti nelnostro Paese o ai flussi migratori irre-

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tuale assetto sia innovato per garanti-re coerenza tra programmazione, rea-lizzazione degli interventi, presenza ef-ficace all’estero e valutazione dei risul-tati. La maggioranza ritiene che l’isti-tuzione di un’agenzia sia la soluzionepiù efficace. Il documento finale non chiarisce (enon può chiarire) quale maggioranza so-stenga queste posizioni. E, in effetti, tan-to il Forum, quanto gli altri eventi e irelativi posizionamenti che stanno ca-ratterizzando il dibattito in corso, com-presi quelli promossi dalle Ong italia-ne, non chiariscono un elemento cen-trale: esiste una concezione condivisadella cooperazione allo sviluppo? Purtroppo la risposta è negativa. Esisteuna progressiva convergenza rispettoad alcuni caratteri e ad alcune finalità,ma non si può ancora dire che vi siaunanimità di visione e di intenti e, so-prattutto, che le condizioni politiche eistituzionali attuali consentano la pie-na attuazione dei punti condivisi. Alcune delle posizioni del documento

finale del Forum di Mi-lano sono state an-

ticipate e promosse dal VIS più di die-ci anni fa, in un clima di isolamento eserrata critica. Mettere allora in di-scussione il rapporto tra politica este-ra e cooperazione era considerataun’eresia. Oggi non è più così eun’ampia schiera di attori della coope-razione ha abbracciato la nostra tesi. Esiste tuttavia il rischio, acuito dallacrescente volontà di cambiamento, dicadere in quel che potremmo definireil paradosso “dell’assimilazione dellepolitiche”: se non si riesce a distingue-re elementi diversi allora si fanno coin-cidere. Così, una tesi che si sta profi-lando in modo crescente, promossa so-prattutto dai rappresentanti della Far-nesina ma anche da una parte delmondo delle Ong, ritiene che oggi “lapolitica estera è chiamata a diventarepolitica di cooperazione”,4 che l’Italiapuò assumere un ruolo centrale a li-vello internazionale se conduce la pro-

pria politica esteracome politica di

cooperazione, identificando poche eprecise priorità geografiche e settoria-li, ritagliandosi cioè a livello interna-zionale uno spazio di vitalità e visibili-tà su alcune specificità. Dalla cooperazione allo sviluppo comeparte integrante della politica estera(art.1 legge 49/1987) si passa d’embléealla politica estera intesa, concepita econdotta come politica di cooperazio-ne, dimenticando che la cooperazioneha una sua specificità, un proprio so-strato di valori e finalità e che non puòessere assimilata e quindi coinciderecon la politica estera (cioè con “il sa-cro egoismo o il supremo interesse del-la Patria”). Il ribaltamento concettua-le è forse interessante perché potrebbedenotare un’auspicabile crescita di si-gnificatività politica dei valori fon-danti la cooperazione (quali, ad ➔

4 Sono le parole pronunciate dall’attuale Sotto-segretario agli Esteri Marta Dassù all’evento daltitolo “La cooperazione internazionale allo sviluppoche vogliamo”, organizzato a Roma dalle reti del-le Ong italiane lo scorso 20 settembre.

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es., il perseguimento della pace e deidiritti umani, la lotta alla povertà el’impegno per lo sviluppo umano e so-stenibile), ma non appare oggi né rea-listico né fattibile. La cooperazione internazionale allosviluppo fa certamente parte delle re-lazioni internazionali di un Paese e sipone in stretto rapporto con la sua po-litica estera (e con le altre politichenazionali), ma non può essere assimi-lata ad essa in quanto le relazioni ester-ne comprendono ambiti e perseguonofinalità ulteriori e spesso differenti. La cooperazione allo sviluppo costitui-sce e deve invece essere promossa e ge-stita come un ambito politico e istitu-zionale specifico.L’attuale percorso parlamentare di ri-

forma della legge 49, ripreso nellascorsa primavera e che di recente hasubito un’accelerazione,5 potrebbe co-stituire un’opportunità di reale inno-vazione del sistema italiano di coope-razione ma solo se effettivamenteorientato ai punti sopra specificati e seconfigura un modello gestionale svin-colato dalla direzione politica e istitu-zionale, in grado di garantire efficacia,efficienza e trasparenza (come nei mo-delli esistenti da tempo in Germania,Inghilterra e in altri Paesi nord-euro-pei). Tuttavia, le forti divergenze esi-stenti tra il Ministro per la Coopera-zione e la Farnesina, i numerosi espesso contrastanti interessi in gioconella riforma, la crisi di rappresentati-vità degli attuali parlamentari e i tem-

pi assai ridotti per arrivare al varo del-la nuova legge entro la fine della legi-slatura, sono fattori che profilano ilgrave rischio di una “riforma al ribas-so”, ovvero di una legge di compro-messo che nasce già vecchia nei suoifondamenti e cerca di mettere insie-me elementi, attori e funzioni tra loroinconciliabili. Vi è da augurarsi checiò non accada.Non posso esimermi dal riproporrequanto più volte il VIS ha affermato

5 Il percorso ha preso il via presso la CommissioneEsteri del Senato ed è guidato prevalentemente dairelatori, i Senatori Tonini (PD) e Mantica (PdL).Alla stesura di questo articolo, la bozza di riforma èancora ferma in Commissione Esteri e si attende ilparere della Commissione Bilancio. Qualora il di-segno di legge sia approvato dal Senato dovrà pas-sare anche al vaglio della Camera.

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quindi svincolata dalla politica esterae dalla relativa struttura che la gesti-sce, assumendo invece dignità e ruolopropri nell’ordinamento e nel sistemadi governo, e una gestione efficace etrasparente da valutare secondo i ri-sultati.Concludo con le parole di una splen-dida testimone, durante il Forum diMilano, del fare oggi cooperazione:Rossella Urru, la cooperante del CISPrapita nel Saharawi e liberata doponove mesi di prigionia, della quale riportiamo un estratto dell’interventonel dossier di queste pagine - Rossellaha infatti offerto, con semplicità eprofondità, con passione e competen-za, le coordinate e i criteri fondamen-tali della necessità di fare o, meglio,di vivere la cooperazione allo svilup-po: “La scelta della cooperazione, perchédi scelta di vita si tratta, è una scelta cheva rinnovata ed alimentata giorno dopogiorno, va sempre messa in discussione,pone degli interrogativi ai quali bisogna

saper trovare delle risposte per poter pro-seguire... una scelta da rinnovare, unascelta coerente con la realtà che vedevo esoprattutto con quella che avrei voluto...Rassegnarsi all’impotenza o voltarsi dal-l’altra parte, non solo è nocivo o pococostruttivo ma credo che non sia banal-mente più possibile come soluzione.L’isolamento è un’illusione... Si trattapiuttosto di decidere se noi stessi siamouomini o no, ne va dell’umanità nostra edi tutti... E la cooperazione di cui parlo,non sacrifica nessuno ma crea ricchezzacondivisa... Una cooperazione seria chedia risposte vere, a bisogni reali, unacooperazione coraggiosa ed indipendenteche sia esigente con se stessa e con i propri partner, una cooperazione che siarricchisca della diversità che già esiste e che possibilmente la protegga e la fomenti. Una cooperazione che però, prima anco-ra di una professione, deve rimanere unmodo di vivere e di vedere il mondo dioggi e di domani...”. ■

nel corso di questi anni sulla coopera-zione allo sviluppo “di domani”, con-cepita esclusivamente nella sua radicesolidaristica (e non “egoistica”), chescaturisca ab origine non da interessipropri o parziali ma sia ancorata al per-seguimento della pace, alla promozio-ne dei diritti umani e dello sviluppoumano e sostenibile. La cooperazionenon è più configurabile come “pontetra società civili”. Oggi i “ponti” nonesistono più perché superati: le societàcivili sono già integrate a Nord, co-minciano a esserlo a Sud e bisognaquindi passare ad una nuova visione,quella di una società e di una cittadi-nanza mondiale “costruita insieme”, diuna cooperazione allo sviluppo fatta diconoscenza ed esperienza reciproca,incontri e rapporti, nella quale perso-ne, comunità e istituzioni “costruisco-no insieme” il proprio sviluppo, tantonel Nord quanto nel Sud del mondo.Il modello che auspichiamo è quelloin cui la cooperazione allo sviluppo sia

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Intervista al Ministro per la CooperazioneInternazionale e l’Integrazione

ANDREA RICCARDIa cura di Alessandra Tarquini e Gianluca Antonelli

1) Sappiamo che il connubio tra integrazione e coope-razione espressa già dal nome del suo Ministero è sta-ta una sua puntuale e forte richiesta nell’accettazionedell’incarico. Può spiegarci la significatività di questo le-game? Pensa che l’Italia sia oggi capace e pronta a leg-gerne il legame? Chi e in che modo può contribuire asensibilizzare l’opinione pubblica in questo senso?In un mondo globalizzato e sempre piùinterdipendente certe distinzioni delpassato non offrono più una chiave dilettura adeguata. Occorre un approc-cio diverso, moderno e unitario. Cre-do che immigrazione e integrazione, daun lato, e cooperazione internazionale,dall’altro, siano le due facce della stes-sa medaglia. Tante volte sentiamo di-re: basta immigrati, aiutiamoli a casaloro. In questa affermazione, semplici-stica e un po’ rozza, c’è però un fondodi verità. Oggi governare i flussi mi-gratori significa anche poter disporre,in un clima di collaborazione interna-zionale, della leva della cooperazione.Oggi fare integrazione sul territorio na-zionale significa anche mantenere undialogo costante con i Paesi di prove-nienza degli immigrati. Occorre chiu-dere definitivamente la fase dell’emer-genza con cui abbiamo finora affronta-to il tema dell’immigrazione e ritorna-re a pensare in grande.

2) Il Forum della Cooperazione tenutosi a Milano lo scor-so ottobre ha ribadito la necessità di riportare la coope-razione internazionale allo sviluppo tra le priorità dellapolitica nazionale, come auspicato dallo stesso Presi-dente Napolitano nel suo messaggio di apertura del-l’assise. Il VIS dal 2000 evidenzia la necessità di “ri-fondare” la nostra cooperazione allo sviluppo, facendosì che assuma dignità e ruolo propri nell’ordinamento e

nel sistema di governo; pensiamo ai modelli e alle buo-ne pratiche già in essere in importanti Paesi europei - co-me il Regno Unito, la Germania, la Spagna e alcuni pae-si Nord-europei - che hanno da tempo configurato nuo-vi sistemi di cooperazione allo sviluppo attraverso l’isti-tuzione di ministeri e agenzie ad hoc. A suo parere, l’Ita-lia quale direzione dovrebbe prendere?L’Italia esce da un periodo di introver-sione e di assenza dalla scena interna-zionale, almeno per quanto riguarda al-cune aree, pensiamo per esempio al-l’Africa. La sfida che ho voluto lancia-re ai cooperanti a Milano è questa: perrilanciare la cooperazione non basta la-mentarsi che i fondi scarseggiano, oc-corre una visione del futuro. E la coo-perazione, in questo senso, va riscopertacome un asse centrale della proiezioneitaliana nel mondo e, anche, comeun’opportunità per il sistema Italia. Nelmondo cresce sempre più l’interdipen-denza. Si illude chi pensa di salvarsi,invece di accettare la sfida con intel-ligenza, costruendo nuovi muri. Pen-siamo alla questione climatica o a quel-la della sicurezza. Sono questioni chevanno molto al di là degli angusti con-fini nazionali. È inutile girarci attorno:oggi si cresce, economicamente e inqualità della vita, se tutti crescono.

3) Una cooperazione efficace, capace di riportare l’Ita-lia nel suo ruolo di protagonista significa anche la de-finizione e il raggiungimento di standard qualitativi equantitativi del nostro aiuto allo sviluppo, in coerenzaanche alle conclusioni e indicazioni del Quarto Forumdi alto livello sull’efficacia degli aiuti tenutosi a Busan,in Corea, nel novembre 2011. Qual è in questo sensola sua prospettiva di lavoro?Al Forum di Milano è emerso chiara-mente che ogni euro aggiuntivo per lacooperazione allo sviluppo porta con séla grande responsabilità di otteneremassima efficacia. Da qui l’impegno acostituire un organismo di valutazioneindipendente che valuti la coerenza el’impatto delle iniziative e che garan-tisca anche la massima trasparenza. Altempo stesso, continua lo sforzo per ilcoinvolgimento del settore privato pro-fit con l’idea che l’impegno in jointventure d’imprese del nord con con-troparti del sud abbia importanti po-tenzialità in termini di crescita inclu-siva e sostenibile. Le ONG e la DGCSsi sono impegnate a realizzare la messain opera di un sistema di assegnazionidi risorse sul modello del bando euro-peo, garantendo obiettività. Infine, glistanziamenti decennali in legge di sta-bilità garantiscono prevedibilità alme-

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no per i Fondi di sviluppo purtroppol’aumento per la legge 49/87 è solo diun anno ma spetterà alla prima legge distabilità della prossima legislatura con-fermarlo.

4) Si avvicina il 2015 e, con questa data, anche ilmomento di verificare lo stato degli Obiettivi di Svi-luppo del Millennio posti dalle Nazioni Unite nel2000. Sarà anche un’ulteriore occasione di verificadella capacità del nostro Paese di rispettare gli impe-gni assunti, tra gli altri, nella lotta alla povertà e allafame, nel contrasto della diffusione dell’aids e nel mi-glioramento della salute materna, nella promozionedell’eguaglianza di genere, dell’istruzione universalee, più in generale, dei diritti umani. Nel corso degli ultimi 15 anni l’Italia ha registratotrend contraddittori e, di recente, negativi. Come po-tremo presentare più “dignitosamente” il nostro Pae-se nel 2015? Il 2015 ridiscute la cornice dello svi-luppo globale, se i risultati per il no-stro Paese sull’obiettivo 8 in termini diquantità d’aiuto sono stati deludenti,l’Italia ha peculiarità e valori aggiuntiche possono pesare in un dibattitocomplessivo che discuterà una cornicedi sviluppo che sia valida anche i Pae-si del nord e non solo per quelli del sudcome erano stati gli MDG.

C’è la consapevolezza e la volontà diandare oltre il PIL definendo indica-tori di benessere, introducendo obiet-tivi per la diseguaglianza. L’Italia comesistema ha molte eccellenze dallo svi-luppo e coesione territoriale, alla giu-stizia minorile o al lavoro di sviluppodegli indicatori di benessere che po-tranno necessariamente essere valoriz-zati ma che sicuramente maggiori ri-sorse per la cooperazione allo svilupporenderebbero più forti.

5) Molti commentatori, anche nel mondo delle Ong,hanno rilevato come contraddittoria la scelta di inseri-re il suo dicastero tra quelli senza portafoglio e quindiprivo di reali mezzi per operare sia per l’integrazionesia per la cooperazione allo sviluppo. Alla luce di que-sti mesi di lavoro, è stato veramente cosi?Per costituire un ministero della Coo-perazione internazionale e dell’Inte-grazione con portafoglio sarebbe statanecessaria una legge ad hoc, con tem-pi probabilmente lunghissimi. La que-stione del tempo è una delle maggioridifficoltà che il governo Monti si è tro-vato davanti. Si è pertanto preferito,per dare immediato carattere di opera-tività alle mie deleghe, di agire attra-verso convenzioni e accordi con gli al-

tri ministeri interessati. Credo che que-sti mesi abbiano dimostrato la necessi-tà per il futuro di dotare l’Italia di unministero che si occupi di questi temistabilmente e con propria capacità dispesa. Il tema sarà, spero, argomento didiscussione nella prossima legislatura.

6) La nostra Ong da più di 25 anni promuove il vo-lontariato internazionale, fenomeno che al Forum diMilano è stato ben testimoniato dalle parole di Ros-sella Urru. Il volontariato internazionale negli ultimi15 anni è profondamente cambiato, sia nel sostratoculturale (e quindi nelle motivazioni), sia nella decli-nazione effettiva e operativa. Oggi, da un lato, operare nei Pvs è diventato “moltoesigente”, dall’altro si configura sempre più spessocome scelta professionale o, di più, come scelta di vi-ta. Quale messaggio sente di poter inviare ai giovaniitaliani già impegnati nei PvS o che si accingono a en-trare nella cooperazione allo sviluppo?Per quanto l’attività di cooperazione sistia sempre più caratterizzando per i suoiprofili di professionalità, resta in fondouna vocazione. A chi si impegna, spes-so esponendosi a diversi rischi, in que-sto campo non posso che ripetere quel-lo che ho detto nel caso di Rossella Ur-ru: i cooperanti sono la parte miglioredell’Italia, continuate a rappresentarcicosì nel mondo.

7) Qual è il “Mondo Possibile” che Lei immagina? I grandi cambiamenti avvenuti sullascena mondiale ci fanno sentire tuttiimpauriti e spaesati. Ma la paura nonporta da nessuna parte: il mondo pos-sibile di domani è quello che costruia-mo oggi con lungimiranza, passione,speranza e visione del futuro. ■

Qualità ed efficacia degli aiuti

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COOPERAZIONESPECIALE

La SCELTAdella COOPERAZIONE

redo che tutti i presenti siano aconoscenza del fatto che ormaiquasi un anno fa, sono stata se-

questrata insieme a due colleghi spa-gnoli nei campi rifugiati saharawi do-ve lavoravamo, da un gruppo islami-sta che ci ha trattenuti per nove lun-ghi mesi nel deserto del Mali. Non èperò di questa oscura parentesi chevorrei parlare oggi, quanto di tutto ciòche c’era prima e che ci sarà dopo.Questa seppur orribile vicenda non deve infatti oscurare imotivi per cui io, ma anche i miei colleghi, eravamo e lavo-ravamo in quei posti.Per quanto mi riguarda, vivevo stabilmente nei campi rifu-giati saharawi nel sudovest dell’Algeria dal 2009, lavorandocome responsabile del CISP per diversi programmi di coo-perazione e aiuto alla popolazione rifugiata, legati soprattut-to all’alimentazione, alla salute e all’istruzione. Eravamo cir-ca una trentina di espatriati fissi, una decina di ONG checontribuivamo a garantire a una popolazione stimata in165.000 rifugiati un aiuto di base per poter sopravvivere inun luogo in cui qualsiasi tipo di attività economica o svilup-po sostenibile è impossibile. Quei campi sono nati dal 1975per ospitare rifugiati in fuga dalla guerra che vedeva con-trapposti il Fronte POLISARIO e il Marocco, a seguito delfallimento della decolonizzazione del Sahara Occidentale adopera della Spagna. Questi campi, nati in territorio algerinocome sistemazione provvisoria, si sono convertiti in trenta-sette anni di vita in enormi accampamenti in cui ormai ge-nerazioni intere di saharawi sono nate, cresciute e morte inattesa di un ritorno a casa.La questione della decolonizzazione delSahara Occidentale, la cui soluzione do-

vrebbe secondo il diritto internaziona-le essere la celebrazione del referen-dum di autodeterminazione, è una del-le tante crisi dimenticate di cui si par-la poco o indirettamente in occasionicome quella del mio rapimento. Crisidimenticate dai costi sociali e umanialtissimi: sicuramente per la popola-zione rifugiata, in secondo luogo perl’instabilità che contribuisce a crearenella zona.

La non risoluzione di conflitti come questo mette insospeso vite intere: smembra, sminuzza il tessuto sociale dipopoli, quel che è peggio cambia l’idea stessa di tempo e dispazio per generazioni intere. Da dove veniamo e dove an-diamo, non sono solo domande retoriche. Persone nate ecresciute in

Questa seppur orribile vicenda non deve infatti oscurare iLa non risoluzione di conflitti come questo mette in

C

Riportiamo un significativo estratto dell’intervento al Forum della Cooperazione di Rossella Urru cooperante della ONG CISP,

rapita nel Saharawi e liberata dopo nove mesi di prigionia

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VOLONTARIATO INTERNAZIONALE PER LO SVILUPPO 13

un campo profughi, vivono in un tempo sospeso “in attesa ditornare a casa”, una casa che non conoscono, vivono in un“luogo temporaneo” che non sarà mai casa loro, pur essen-do l’unico che conoscono. La disperazione rischia di diven-tare il tratto comune di generazioni intere.Ecco: la cooperazione per me significa in primo luogo lascelta di non voltarsi dall’altra parte, di andare contro le in-giustizie, di tutelare diritti altrimenti negati.La scelta della cooperazione, perché di scelta di vita si trat-ta, è una scelta che va rinnovata ed alimentata giorno dopogiorno, va sempre messa in discussione, pone degli interro-gativi ai quali bisogna saper trovare delle risposte per poterproseguire. Sin da quando la cooperazione è entrata a farparte del mio mondo, l’ho sempre vissuta così: come unascelta da rinnovare, una scelta coerente con la realtà che ve-devo e soprattutto con quella che avrei voluto.Non è stato facile sceglierla e riconfermarla giorno dopogiorno, questa scelta. Come credo tutti noi, mi sono trovatatantissime volte in dubbio, soprattutto a causa della discra-sia fra la realtà che avevo sotto gli occhi e quella di cui siparlava nei documenti.In parte è questo un limite naturale del mondo delle idee:la realtà cambia continuamente, è così disomogenea, cosìcomplessa che i concetti che tentano di imbrigliarla percapirla sono spesso inadeguati o arrivano in ritardo.Parliamo di aiuti di “emergenza” trentennali, di campi ri-fugiati che si sono ormai convertiti in centri abitati in pie-na regola, di piani di pace conclusi con guerre ancora incorso: cosa significa?L’inadeguatezza dei termini in sé non sarebbe un grande pro-blema, se non celasse tutta una serie di ripercussioni estre-mamente pratiche e quotidiane nei luoghi in cui la coope-razione lavora.Nonostante questa limitazione intrinseca, bisogna essere

chiari su un concetto: l’aiuto, nel caso della mia esperienzacon il CISP quello umanitario, può fare davvero la differen-za nella vita della gente. Può incontrare bisogni primari maanche ridare ruolo e dignità a persone e comunità altrimen-ti dimenticate. Soprattutto se l’aiuto è pensato, pianificato,valutato, assieme, con e per le popolazioni cui si rivolge. Di questo sono assolutamente certa e direi - al pari di tantialtri cooperanti e volontari delle ONG, testimone.Le contraddizioni e le ingiustizie diffuse, pur dipendendoda ragioni e quindi da soluzioni politiche, non devonomai smettere di essere viste quali sono: stridenti incoe-renze oramai inaccettabili. Le incoerenze, ovunque esse siano, vanno corrette se pos-sibile, o per lo meno vanno segnalate, denunciate. Credo fermamente che non ci si possa permettere di tra-dire questa semplice quanto difficile aspettativa: né pernoi che viviamo adesso, né per le generazioni future, qui eovunque.Rassegnarsi all’impotenza o voltarsi dall’altra parte, non so-lo è nocivo o poco costruttivo ma credo che non sia banal-mente più possibile come soluzione. L’isolamento è un’illu-sione. Rinchiudersi dove? Evitare l’azione, a partire da quan-do? Ignorare chi? Dalla frontiera in poi? Dal mare in giù? Sitratterebbe di decidere chi è uomo e chi non lo è? Si trattapiuttosto di decidere se noi stessi siamo uomini o no, ne vadell’umanità nostra e di tutti.Credo che siamo arrivati ad un punto di non ritorno in cuibisogna davvero decidere quale mondo vogliamo, oltre ilnavigare a vista. La non scelta non è una decisione: è unadelega a qualcun’altro che deciderà al nostro posto.Alla luce della situazione attuale, che vede l’umanità con-trapposta in blocchi, ho deciso che proprio la cooperazioneera un modo di dire basta, di nuovo e ancora una volta, conpiù veemenza di prima, a questa logica bipolare Io Tar- ➔

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COOPERAZIONESPECIALE

collaborare e fare cooperazione a diversi livelli: per indivi-dui, per piccole e medie imprese, per Stati, per Regioni, alsolo patto di condividere principi fondamentali quali il ri-spetto dell’ambiente, dell’uomo, delle culture e delle leggi.Credo che la cooperazione oggi abbia bisogno di rinnovarsi,di rinnovare strumenti, persone, metodi e concetti: in Italiaforse più che altrove. Sicuramente, ho notato che qualcosaè cambiato al mio ritorno: la stessa istituzione di un Mini-stero ad hoc, il Forum e il lavoro che corolla, la cooperazio-ne sembra essere qualcosa di più familiare, finalmente.Una politica di cooperazione seria potrebbe favorire il rilan-cio del ruolo dell’Europa e dell’Italia nel mondo, la costru-zione di un vero rapporto che possa superare quelle sem-plificazioni che banalizzano o demonizzano una o piut-tosto un’altra parte di mondo. Una cooperazione seriache dia risposte vere a bisogni reali; una cooperazionecoraggiosa ed indipendente che sia esigente con se stes-sa e con i propri partner; una cooperazione che si arric-chisca della diversità che già esiste e che possibilmentela protegga e la fomenti. Una cooperazione che però,prima ancora di una professione, deve rimanere un mo-do di vivere e di vedere il mondo di oggi e di domani.Ma una cooperazione, quindi, che non deve essere la-sciata sola davanti a sfide, emergenze o problemi che so-no universali ma che dialoghi con la politica da pari apari, si nutra della propria società civile e la alimenti asua volta, perché il punto di non ritorno di cui parlavonon si limita alla cooperazione: il punto di non ritornoè decidere finalmente e coraggiosamente, come indivi-dui o gruppi ma anche come Stato, se la dignità umanaè un diritto di tutti, se le leggi sono uguali per tutti gliStati e per tutti gli individui, se rispettare la diversitàdelle persone e dei popoli come ricchezza vera e non co-me diversità estetica o apparente. ■

zan/Tu Jane, noi/voi, Occidente/Oriente, Nord/Sud, Cri-stianesimo/Islam…e via dicendo.La cooperazione è superare nella prassi, giorno per giorno,quella essenzializzazione e riduzione della complessità del-l’uomo e del mondo a cui siamo troppo abituati, conoscen-dosi e costruendo insieme qualcosa che contribuisca a mi-gliorarci come uomini e come società.Appena liberata mi è venuto naturale ricordare i popoli op-pressi e ho dichiarato di voler continuare a lavorare in coo-perazione: a dire il vero, era quella la mia normalità, quellaera la mia scelta di vita e quindi la mia libertà.Vorrei però ribadire ancora una volta, in questa congiuntu-ra storica così difficile, da sarda che ha sempre conosciuto lacrisi, la disoccupazione e l’emigrazione, che la dignità chemi sta a cuore non è solo là, dall’altra parte del mare, ma an-che qua perché sono ben cosciente che, come mi ha dettoun anziano una volta, “non si può guarire un cieco dandoglii propri occhi: ci sarà sempre un cieco, che sia tu o che sial’altro”. E la cooperazione di cui parlo, non sacrifica nessunoma crea ricchezza condivisa. Ci sono immense possibilità di

Un campo profughi Saharawi in Algeria

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REPORTAGELa nostra Africa

Viaggio negli estremiconfini dell’Etiopia

Oggi siamo a Gambella, confine con il Sud Sudan.Abba Filippo, un salesiano che sorride sempre, mispiega che se dovessi incontrare un pitone, e di-sgraziatamente cadere, dovrei sdraiarmi, tenereuna gamba distesa e l’altra ben sollevata in modoche il rettile possa cominciare ad ingoiarmi dallagamba alla sua portata senza poter andare oltre.Una volta arrivato all’inguine si bloccherà ed io chenaturalmente avrò in t asca un coltellino gli aprirò labocca in un mortale sorriso e me lo sfilerò comeuno stivale. Come non pensarci. Improvvisamente incontriamo una coda di camion,la strada ha ceduto a causa delle piogge, le stessepiogge che sono benedette, quando nutrono que-sta terra difficile, oggi hanno ingoiato una strada.Non si può proseguire, decine di persone accam-pate attendono che qualcuno arrivi con un mezzocapace di estrarre i camion dalla voragine. Noi chepossiamo, torniamo indietro.Arriviamo ad Ibago, uno dei villaggi dove il VIS ha

costruito un pozzo; ci accolgono festanti, sorrido-no, corrono verso di noi, adulti e bambini. Anzianebevono caffè, che qui è tanto buono, alcune si na-scondono per non farsi fotografare, due bambine siprendono per i capelli, quale sarà quale l’oggettodel contendere?Se non fosse per alcuni ragazzini che vestonomaglie di calciatori famosi potrei credere di esse-re in un tempo lontano, medioevo forse, mi do-mando che spazio abbia il pensiero, l’evoluzionedel pensiero.I volontari del VIS si muovono disinvolti e sorri-denti, sanno che aver portato l’acqua ha cam-biato la vita di queste persone. L’emergenza sic-cità è prioritaria, a Gambella come nella SomaliRegion; a Las Hanot assistiamo ad un test di por-tata per un pozzo scavato in profondità. Il riscal-damento globale ha fatto sì che se un tempo 10-15 metri scavati a mano fossero sufficienti a tro-vare falde acquifere adesso bisogna trivella- ➔

Testo e foto di Margherita Mirabella per Shoot4Change

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La nostra AfricaREPORTAGE

Il vilaggio di Ibago

re con mezzi pesanti fino a 120 metri, non certocosa facile. Soprattutto qui.Una decina di persone celebrano, cantando e bal-lando, l’improvviso, potente getto d’acqua che ba-gna noi e la terra: una magia, la salvezza.“L’acqua è vita” così recita in perfetto inglese uncartello di benvenuto a Gogti, un villaggio della So-

mali Region dove siamo giunti dopo estenuanti 10ore di viaggio su “non strade” a bordo di Land Ro-ver impolverate. Buchiamo due ruote, i volontari lo-cali hanno cambiato le gomme a velocità degna diun pit stop di Formula Uno mentre famiglie di faco-ceri e iene attraversavano allegramente la terra ari-da, affascinante e spaventosa allo stesso tempo.

Abba Filippo,il Salesiano chesorride sempre

a destraLa presidente

del VIS,Carola Carazzone

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“L’acqua è vita”

Per il VIS non è solo l’acqua ad essere prioritaria,ma l’educazione: scuole e un centro dove le don-ne possano riunirsi e lavorare protette.Le scuole sono piccoli edifici azzurri e gialli: i bam-bini non sono ancora tornati sui banchi, colpa del-la stagione delle piogge a Gambella e della siccitàe del caldo nella Somali Region.

L’educazione, l’istruzione, imparare un mestiere,a noi sembra naturale, passaggi obbligati e un diritto, non è così scontato, non in Etiopia, non inAfrica.Addis Abeba, in amarico significa “Nuovo Fiore”: èla città capitale dove convivono 80 nazionalità di-verse e altrettante lingue, una città dove con-

Un testdi portata per un pozzoa Las Hanot

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La nostra AfricaREPORTAGE

vivono realtà opposte, dove una catena di caffet-terie ha vinto una battaglia legale con il colosso“Starbucks”, reo di aver copiato il loro logo, e do-ve un numero impressionante di bambini e ado-lescenti vive per strada, a volte per scelta, a vol-te per necessità. Il martedì alcuni volontari salesiani sostenuti dal VIS

vanno a cercare i bambini di strada per raccontareloro che esiste un luogo chiamato Bosco Childrendove se volessero potrebbero trovare un letto, unpasto, dei maestri di scuola disposti ad insegnarloro un mestiere, come creare mobili o lavorare imetalli; troverebbero anche artisti di strada felici dicondividere le loro “magie” come volteggiare in

I bambini di strada

ad Addis Abeba

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unmondopossibile 34-2012

Don Bosco SchoolMekanissa

aria e fare giochi con palline e birilli. Ci sarebberodelle regole da rispettare, ma nessun obbligo direstare. Ho sempre pensato che qualunque forma d’arte,che la si osservi o che la si crei, elevi lo spirito.Vedere bambini provare, con impegno e fierezza,a fare capriole in aria mi dice che ho ragione: “fare

arte”, esprimersi con il corpo eleva lo spirito; salti inaria li sollevano dalla polvere e dalla sporcizia di BoleRoad la strada principale di Addis dove hanno dor-mito e vissuto di espedienti chissà quanto tempo.Il confine ti disorienta, ma poi alla fine del viaggio ca-pisci che hai trovato il tuo centro, l’equilibrio fra iconfini, anche quelli dell’anima.

Per sostenere le attività VIS in Etiopia

puoi effettuare un bonifico bancario presso Banca Etica

IBAN IT 70F0501803200000000520000

oppure

un versamento sul CCP n. 88182001

intestato a VIS Volontariato Internazionale per lo Sviluppo

Causale: Progetto Etiopia

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SPECIALE PROGETTI NATALE

di Valery Ivanka Dante - VIS, Desk [email protected]

ANGOLA

Un sognopossibileOltre 40 Paesi e più di 80 volontari, progetti finanziati da donatori istituzionali e privati, numeri che servono a comporrel’espressione dellacooperazione internazionaledel VIS; numeri il cuirisultato è uguale all’idea disviluppo integrale dellapersona; numeri chedovrebbero contribuire a far sìche ciascuno abbia diritto adun futuro migliore.

Abbiamo selezionato diseguito quattro interventi delVIS, diversi per tipologia,contesto e area geografica,ma accumunati da uno stesso intento, da un medesimo approccio alla vita e al concetto disviluppo nel quale crediamo.

Ciascuno nella propria vitadovrebbe avere un sogno daseguire, ma come dicevaOscar Wilde, questo dovrebbeessere abbastanza grande dapermetterci di non perderlo di vista mentre tentiamo di raggiungerlo

I nostri figli

fin dal 1991 che il VIS opera afavore della popolazione ango-lana con i Salesiani di Don Bo-

sco, a Luanda (la capitale) ma anchein altre provincie remote del Paese,tra le quali il Moxico, ai confini conla Repubblica Democratica del Con-go. La Provincia del Moxico è la piùestesa delle province dell’Angola, conuna superficie di 223.023 km² ed unapopolazione stimata nel 2011 di850.000 abitanti. Il capoluogo dellaProvincia è Luena, città che, secondole stime più recenti, conta circa450.000 abitanti. È proprio a Luenache il VIS sta avviando un interven-to per contrastare il fenomeno deibambini a rischio e dei bambini distrada, sulla scia dei buoni risultati esfruttando le buone pratiche emersedurante lo svolgimento a Lunda delprogramma intitolato “La Strada per la

Vita!”, rivolto proprio ai bambini distrada. Tale programma, in corso dapiù di tre anni nella capitale e nellearee limitrofe, è cofinanziato dal-l’Unione Europea, dal Ministero de-gli Affari Esteri Italiano, dalla Pro-vincia di Roma ed è sostenuto da di-versi donatori privati.Purtroppo il fenomeno dei bambini arischio e dei bambini di strada rappre-senta a Luena e, più in generale intutto il Moxico, un fenomeno rile-vante e attualmente in aumento, cheviene però purtroppo sottovalutato senon del tutto trascurato. La situazionedei bambini di strada a Luena è mol-to preoccupante e in rapida crescita:nell’arco di pochi anni si sono creatipiccoli gruppi e ad oggi si contano cir-ca 140 bambini che vivono in stradanella sola città di Luena. Costoro fan-no uso di droghe e/o sniffano benzina,

È

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Sostieni il progetto Ana Jetu!5 euro: 1 razione di cibo per un bambino in casa famiglia per una settimana 15 euro: 1 kit di formazione per gli operatori sociali coinvolti nel progetto

(dispense, manuale di base, penne, ecc.)30 euro: 5 sacchi di cemento per la ristrutturazione della casa famiglia100 euro: 1 kit completo per l’ospitalità di 1 bambino: letto, armadio, sedia,

materasso, lenzuola e abbigliamento di base250 euro: 1 kit di attrezzature e materiali per la ristrutturazione della casa

famiglia Per sostenere i progetti del VIS in Angola

puoi effettuare un bonifico bancario presso Banca Etica IBAN IT 70F0501803200000000520000

oppureun versamento sul CCP n. 88182001

intestato a VIS Volontariato Internazionale per lo SviluppoCausale: Progetto SAD Angola - Luena

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non hanno accesso all’istruzione e so-lo in pochi casi svolgono alcuni pic-coli lavori. Dormono in strada o, i piùfortunati, in vecchi vagoni dismessidella ferrovia. In tutta la provincia delMoxico non esiste una sola strutturadi assistenza e protezione sociale a lo-ro dedicata e tantomeno esistono ope-ratori formati ad accoglierli, assisterlie reintegrarli nelle rispettive famiglie(ove possibile) o in grado di offrire lo-ro un percorso educativo e formativodi reale riabilitazione e reinserimentosociale.Ma perché il fenomeno dei bambinidi strada è in crescita, nonostante laguerra civile sia conclusa da diversi

anni? Purtroppo la fragile realtà dimolte delle famiglie di origine deibambini e adolescenti è spesso la pri-ma causa dell’autoesclusione ed emar-ginazione sociale. La maggior partedei bambini a rischio cresce in fami-glie analfabete o con un bassissimo li-vello di istruzione (spesso sono i geni-tori i primi ad accusarli di stregone-ria) e caratterizzate da gravi deficit nelruolo genitoriale e da precarie condi-zioni economiche. Gli effetti dellalunga guerra civile che ha sconvoltol’Angola continuano pertanto ad ave-re effetti sulle generazioni future. L’ intervento che il VIS sta realizzan-do è pertanto finalizzato a:

• l’avvio del primo servizio di accoglienza e recupero deibambini ed adolescenti di stradadi Luena, con la ristrutturazione el’avvio dell’attività della Casa Famiglia “Ana Jetu” (I nostri figli);

• l’aggiornamento e la formazionedei primi operatori sociali;

• azioni di sensibilizzazione volte al rafforzamento del ruolo della famiglia.

Anche tu puoi contribuire ad offrirela possibilità, ad ogni bambino dellacittà di Luena, di avere un futuro e ditornare ad essere principalmente ciòche è: un bambino. ■

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SPECIALE PROGETTI NATALE

di Stefano Merante, VIS - Desk Repubblica Democratica del [email protected]

Coltivandosolidarietà

VIS è presente a Goma sindal 2003, a supporto dellasplendida realtà del Centro

Don Bosco Ngangi. La RepubblicaDemocratica del Congo, secondol’ultima statistica dell’indice di svi-luppo umano, è all’ultimo po-sto su 189 Paesi. Il VIS opera in una realtà molto particola-re, dato che il NordKivu (di cui Goma è capitale) è unaprovincia ancora fortemente desta-bilizzata dalle guerre che si sono suc-cedute negli ultimi decenni. Le emergenze non cessano mai: si-curezza, istruzione, salute, alloggio,acqua, autosufficienza alimentare,elettricità e vie di comunicazione si-cure non sono ancora garantite allatotalità della popolazione.

ColtivandoKivu (di cui Goma è capitale) è una

Rep. Dem. CONGO

Il

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VOLONTARIATO INTERNAZIONALE PER LO SVILUPPO 23

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VOLONTARIATO INTERNAZIONALE PER LO SVILUPPO 23

Sostieni i progetti del VIS a Goma e nelle piantagioni di Shasha e Nyangoma!

5 euro: medicinali necessari per un mese per un bambino di Mai-son Ushindi, il servizio del Centro dei Giovani Don BoscoNgangi che si occupa di accogliere i bebè abbandonati

15 euro: kit scolastico (quaderni, materiali didattici e sportivi) peruno degli oltre 2.000 bambini allievi della scuola elemen-tare del Centro dei Giovani Don Bosco Ngangi

30 euro: un pasto caldo ad uno dei piccoli ospiti del Centro dei Gio-vani Don Bosco Ngangi

100 euro: kit di coltivazione per le “mamans” di Shasha, donne capo-famiglia cui il progetto fornirà la formazione ed i servizinecessari per un rilancio dell’agricoltura nella zona

250 euro: materiali necessari per un mese di formazione agricola di 90studenti nella nuova Scuola di Formazione Agraria Don Bosco

Per sostenere i progetti del VIS a Gomapuoi effettuare un bonifico bancario presso Banca Etica IBAN IT 70F0501803200000000520000

oppureun versamento sul CCP n. 88182001

intestato a VIS Volontariato Internazionale per lo Sviluppo

Causale: Progetto RDCongo

La Comunità Salesiana del “Centrodei Giovani Don Bosco di Ngangi”,in collaborazione con il VIS, svolgeun ruolo di primo piano nel cercaredi rispondere ai diversi bisogni dellefasce più vulnerabili della popola-zione, dando priorità agli interventinei settori della formazione (alfabe-tizzazione, istruzione elementare, su-periore e professionale) e dell’acco-glienza e protezione di bambini egiovani vulnerabili o in stato di ab-bandono (ragazzi di strada, ragazziassociati alle forze armate, ragazzi ac-cusati di stregoneria, ragazze vittimedi violenza sessuale, ragazze abban-donate dalla famiglia). L’attività del VIS a Goma è miratasoprattutto al capacity building delpersonale locale nella pianificazionee gestione dei servizi del centro. I principali filoni progettuali chestiamo sviluppando adesso sono:• promozione dello sviluppo uma-

no per i minori vulnerabili e for-mazione socio-sanitaria per i qua-dri locali a Goma, nell’ambito deiservizi di Maison Gahinja (primaaccoglienza per bambini di stra-da) e del Servizio Sociale (acco-glienza e pianificazione educati-va individuale per le migliaia di casi che si presentano al DonBosco Ngangi)

• interventi di recupero e reinseri-mento sociale per le ragazze madri evittime di abusi, nella Maison Mar-gherita di Goma

• realizzazione di attività di svilupporurale nelle piantagioni di Shasha eNyangoma: lancio di una scuola di

formazione agraria, supporto ai col-tivatori locali, miglioramento dellaproduzione delle piantagioni per co-prire il fabbisogno alimentare dellemigliaia di bambini ed adolescentiaccolti a vario titolo nel CentroDon Bosco Ngangi di Goma. ■

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Betlemme, 2012

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And

rea Merli

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SPECIALE PROGETTI NATALE

PERÙ

di Simona Tornatore - VIS, Desk Perù[email protected]

Il senso della biodiversità

VIS opera con i Salesiani in Perù allo scopo di pro-muovere lo sviluppo delle comunità indigeneAchuar, presenti nella zona Amazzonica del Paese.

Il programma, che gode attualmente dei finanziamentidella Conferenza Episcopale Italiana, della FondazioneCariplo e della Provincia Autonoma di Bolzano e dellacollaborazione dell’Università di Ferrara, è stato avvia-to nel 2010: l’obiettivo è quello di promuovere attivitàgeneratrici di reddito per gli Achuar, basate sullo svi-luppo di filiere produttive di risorse naturali. Si dà così risposta alla ricerca, da parte del popoloAchuar, di opportunità di reddito per migliorare le pro-prie condizioni di vita e rispondere in primis a necessi-tà-diritti fondamentali come l’alimentazione, l’educa-zione e la salute.

Allo stesso tempo, l’iniziativa si configura come alter-nativa ad altre fonti di guadagno offerte da imprese diestrazione del petrolio e del legname, che rappresentanouna continua e grave minaccia all’unione del popoloAchuar e alla conservazione della foresta amazzonica.Grazie ai progetti del VIS, 150 famiglie Achuar presen-ti in 15 comunità, sono state coinvolte in attività diformazione e assistenza tecnica agroforestale per ap-prendere tecniche di produzione e prima trasformazionedi alcune risorse naturali: le arachidi, il sacha inchi(prodotto simile alle arachidi, da cui si ricava un olioda condimento dalle eccellenti proprietà nutritive) e ledue palme dell’ungurahui e dell’aguaje, dai quali fruttisi estrae un olio per cosmetici.Contemporaneamente alle attività di formazione e as-

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sistenza tecnica, i progetti avviati in questi tre anni dilavoro nel Paese hanno consentito la messa in funzionedi un centro di raccolta e di un centro di trasformazio-ne delle suddette materie prime (rispettivamente pres-so le località di San Lorenzo e Yurimaguas).Si è inoltre promossa la costituzione di una cooperativadei produttori indigeni (diretta da loro rappresentanti)che coordinerà tali centri e le varie filiere produttive,con l’accompagnamento iniziale del VIS e della con-troparte locale (l’associazione salesiana Bioselva), finquando non sarà in grado di seguire queste mansioni inmaniera autonoma.Oggi siamo in una fase di rafforzamento delle capacità pro-duttive delle famiglie Achuar e di standardizzazione di al-cuni primi prodotti finiti (gli oli di aguaje e ungurahui percosmetici, l’olio di sacha inchi, le arachidi tostate salate,piccanti, glassate o rivestite al cioccolato, il burro di ara-chidi). Siamo altresì prossimi all’ottenimento dei permes-si per la commercializzazione a livello nazionale e interna-zionale e alla definizione di accordi formali con diversiclienti presenti nel Paese e all’estero. Avviata la commer-cializzazione dei prodotti, le famiglie Achuar avranno fi-nalmente una fonte di reddito costante che consentirà lo-ro di migliorare le proprie condizioni di vita. ■

Sostieni una famiglia di produttori indigeni Achuar

nell’Amazzonia peruviana!5 euro: 1 contenitore da 20 litri per lo stoccaggio

e il trasporto dell’olio estratto dalle palmedi ungurahui e aguaje

15 euro: 1 kit da 10 sacchi per la raccolta delle ara-chidi e del sacha inchi

30 euro: 1 imbragatura per scalare in sicurezza lepalme di ungurahui e aguaje e raccogliernei frutti

100 euro: 1 kit per l’estrazione dell’olio delle palmedi ungurahui e aguaje (2 contenitori in al-luminio per la preparazione e la decanta-zione, 1 imbuto, dei filtri)

250 euro: 1 kit agricolo completo per la produzionedel sacha inchi (attrezzi, cavo per tralicci,sacchi per raccolta)

Per sostenere i produttori indigeni Achuarpuoi effettuare un bonifico bancario presso Banca Etica IBAN IT 70F0501803200000000520000

oppureun versamento sul CCP n. 88182001

intestato a VIS Volontariato Internazionale per lo Sviluppo

Causale: Progetto Perù

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SPECIALE PROGETTI NATALE

di Emanuela Chiang, VIS - Desk [email protected]

GUERRA e

PACE

SIRIA

all’inizio del conflitto in Siria(marzo 2011) si sono registrati ol-tre 20.000 morti, circa 200.000

feriti e circa un milione e mezzo tra sfol-lati e rifugiati. La maggior parte di loroha cercato rifugio nelle città di Dama-sco e Aleppo, e nelle zone montuose in-torno a Homs e Hama, aree in cui han-no avuto inizio gli scontri. Gli sfollatisono spesso accolti in scuole e strutturepubbliche.Nelle città mancano i beni di prima ne-cessità: carburante, elettricità, acqua,pane, gas e a ciò si aggiunge la mancanza

di sicurezza dovuta al dilagare degli scon-tri. La situazione economica generalepeggiora continuamente a causa dellachiusura delle fabbriche e delle attivitàeconomiche e lavorative in genere, conconseguente dilagante disoccupazione.Il desiderio di emigrare è molto diffusotra la popolazione, ma per tanti motivila fuga non è sempre possibile.Per le migliaia di famiglie sfollate al-l’interno della Siria la situazione èdrammatica, molti hanno urgente bi-sogno di cure mediche e generi ali-mentari, ma gli aiuti umanitari che ar-rivano nel Paese sono scarsi e hannoforte difficoltà a essere distribuiti.

In Siria il VIS, prima dell’inizio del con-flitto, stava lavorando con i Salesianiper sostenere i profughi iracheni cheavevano trovato rifugio nell’area di Da-masco. Da quando la situazione è di-ventata insostenibile, le attività di so-stegno - non solo materiale ma anchepsicologico - si sono estese a tutte le per-sone e famiglie colpite in vario mododal conflitto. Dalle parole di don Munir - IspettoreSalesiano del Medio Oriente - che vi-sita costantemente le tre opere salesia-ne del suo Paese, Damasco, Aleppo eKafroun, abbiamo conferma del climadi terrore, tristezza e insicurezza che si

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VOLONTARIATO INTERNAZIONALE PER LO SVILUPPO

Sostieni le attività di assistenza ed emergenza del VIS e

dei Salesiani in Siria!

50 euro: acqua e viveri per il sostentamento settimanale

di una famiglia

70 euro: materiali ludici e didattici per 10 bambini

100 euro: gas e combustibili, coperte, vestiti e medicine

per una famiglia

300 euro: affitto mensile di una casa e altri bisogni prima

ri familiari

Per sostenere i progetti VIS in Siria

puoi effettuare un bonifico bancario presso Banca Etica

IBAN IT 70F0501803200000000520000

oppure

un versamento sul CCP n. 88182001

intestato a VIS Volontariato Internazionale per lo Sviluppo

Causale: Progetto Siria

respira. Ciò nonostante il centro sa-lesiano di Damasco è diventato“un’oasi di pace, condivisione e acco-glienza, sempre più prezioso per i gio-vani della zona. Tutti i confratelli mihanno confermato la loro ferma volon-tà di rimanere in Siria e di servire i gio-vani. Abbiamo rilanciato le visite nel-le case delle famiglie dei bambini e deiragazzi più giovani che non si recano alCentro per paura dei pericoli che incon-trano lungo il cammino, cercando di so-stenerli sia a livello spirituale che moralee materiale”.La casa di Kafroun, che in genere vie-ne aperta solo in estate per le attivitàestive dei gruppi giovanili, è rimastaaperta per accogliere gli sfollati prove-nienti da Aleppo: circa quaranta per-

sone vi hanno trovato dimora stabile.“La casa sta anche portando avanti attivi-tà educative e ricreative con i giovani sfol-lati provenienti dalla città di Homs, la piùcolpita dagli scontri. La vita comune deglisfollati e della famiglia salesiana è organiz-zata secondo uno stile familiare basato suun programma preciso che coordina i mo-menti di vita comune, quali i pasti, il la-

voro e la preghiera. Gli ospiti sono im-pegnati nei lavori della casa, quali la ma-nutenzione, la cura dell’orto, la cucinae la lavanderia, e nel lavoro pastoralecon gli altri sfollati e con i ragazzi dellazona”.Anche la casa di Aleppo rappresen-

ta un punto di riferimento per i giova-ni e per le loro famiglie, che non soloricevono aiuti (alimenti, medicine, sol-di per acquisti e affitti) ma hanno an-che la possibilità di trascorrervi le orepomeridiane e serali, organizzate in at-tività sociali, ludiche e ricreative, di sup-porto psicologico e condivisione. ■

L’Opera Salesiana di Aleppo e la casa di Kafroun,aperta per accogliere gli sfollati di Aleppo

La distruzione e gli sfollati della città di Aleppo

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VOLONTARI

Gëzuar Krishtlindjet!Il segno di sorpresa e di gioia più recente sono gli occhi di Zina quando leabbiamo chiesto di partecipare a Terra Madre. I suoi occhi luccicanti e com-mossi non esprimevano solo felicità ma anche gratitudine a chi per la primavolta nella sua vita le aveva dimostrato stima e affetto. Zina è nata e cre-sciuta tra le montagne del Kelmend, ha 27 anni ed è madre di 3 bambini, nonaveva mai pensato che i suoi prodotti (composti, marmellate, succhi e sciroppi)potevano avere importanza per qualcuno. Con il contributo del VIS Zina potràaprire il suo laboratorio di lavorazione dei piccoli frutti e permettere anche ad altribambini di avere colazioni e merende genuine. Mina, Davide e Pierpaolo

Noheli Nziza!Una sorpresa che mi è entrata nel cuore in Burundi,come un piccolo regalo di Buon Natale che ti arrivainaspettato, è una lettera. Una lettera che contenevaun serie di disegni fatti per me da una bambina cheaveva dedicato del suo tempo a disegnare cose bel-le. La spontaneità e la naturalezza del messaggio è ilsegno di un Buon Natale. Giulio

Ero con un collega di lavoro sulla strada che portaverso casa. All’improvviso nel cielo buio e carico di

pioggia, appare un bellissimo arco-baleno. Ho apprezzato lo stupore ditutte e due nell’ammirare questo spet-tacolo che ci veniva offerto. Impararea stupirci fa bene per aprirci alla com-prensione e alla tolleranza.

Guido

È un giorno della settimana, fine set-tembre. Torno dal lavoro sul terreno,domando all’autista di fare 500 metriin più, fino alla Maison Bethanie. Unadozzina di bambine escono, mi vedo-no, ci corriamo incontro. Spiccico ledue parole di kirundi che conosco peraugurargli uno stentato “buona scuo-la”. Mi sento tirare la maglia da dietro,mi giro e c’è questa nanetta bellissimacol suo grembiulino grezzo, il suo zai-no in spalla, le ciabatte a mo’ di san-dali. Si chiama Ange. Mi porge una ma-

tita nuova appuntita. Durante, un sorriso incredibile. Ilgiorno dopo, di matita, gliene ho portato un’altra. Lasua me la conservo stretta. Ma di più, mi conservo isuoi denti larghi e spaziosi che si aprono davanti a me.Una sorpresa, se ha valore, te la ricordi per sempre.

Luca

ALBANIA

BURUNDI Feliz Natal!

Ogni giovedì sera non sai cosa ti aspetta nell’attività di stra-da. Ragazzi ti ripetono che vogliono cambiare, ti chiedono aiu-to, ma abbandonare questa vita non è semplice. Uno di loroè Valentino, entrato e uscito dal centro di accoglienza diversevolte, sempre solitario, silenzioso, annebbiato dalla droga. Unasera Valentino scoppia a piangere: il papà è morto, la madrelo picchia, non lo vuole più. Quel pianto inatteso, una forte emagnifica sorpresa, spero sia l’inizio della sua nuova vita.

Lucia

Sono arrivata qui da poco tempo, e tante cose per me sono di fatto“una sorpresa”. È una sorpresa vedere quante scuole, quante attivi-tà vengono fatte laddove non vi era nulla. È una sorpresa vedere gliincontri con i bambini di strada che ritrovano le famiglie perdute. Èuna sorpresa vedere padre Roberto, missionario argentino di 78 an-ni, che ancora porta il suo cuore e la sua intelligenza tra i ragazzi di-seredati di Luanda, con il Vangelo e la sua fisarmonica. È una sor-presa vedere i ragazzi del corso professionale di Kala Ka-la nel giorno del loro battesimo. Tutti eleganti, pantaloniscuri e maglietta bianca. Emozionati. Trepidanti. Con tan-ta gente che li guarda. Sì: la Luce sconfigge la morte. Enon fa distinzioni. L’Amore, è per tutti.

Silvia

La sorpresa più grande e riuscire a sentirsi a casa anche in que-st’angolo remoto d’Africa e passare una serata riuniti a tavola con inostri nuovi amici, ognuno preparando un piatto del proprio Paese.Mangiare il loro “funge“ e ascoltare storie di guerra così lontane pernoi e vedere sui loro volti, nel loro modo di raccontare queste espe-rienze drammatiche, la serenità e la voglia di riscatto per un futuromigliore. Quando se ne vanno ci salutano e noi rimaniamo a guar-darci negli occhi, sorpresi per il loro modo di raccontare, sdramma-tizzando con un sorriso un’infanzia vissuta tra nascondiglinella “mata” e fughe da un esercito chevoleva arruolarli.

Lara, Stefano, Sabrina

ANGOLA

sciuta tra le montagne del Kelmend, ha 27 anni ed è madre di 3 bambini, non

Sono arrivata qui da poco tempo, e tante cose per me sono di fatto

La sorpresa più grande e riuscire a sentirsi a casa anche in que-

tutte e due nell’ammirare questo spet-tacolo che ci veniva offerto. Impararea stupirci fa bene per aprirci alla com-prensione e alla tolleranza.

È un giorno della settimana, fine set-tembre. Torno dal lavoro sul terreno,domando all’autista di fare 500 metriin più, fino alla Maison Bethanie. Unadozzina di bambine escono, mi vedo-no, ci corriamo incontro. Spiccico ledue parole di kirundi che conosco peraugurargli uno stentato “buona scuo-la”. Mi sento tirare la maglia da dietro,mi giro e c’è questa nanetta bellissimacol suo grembiulino grezzo, il suo zai-no in spalla, le ciabatte a mo’ di san-dali. Si chiama Ange. Mi porge una ma-

tita nuova appuntita. Durante, un sorriso incredibile. Il

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[email protected]

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I messaggi di Natale dei

nostri volontari nel mon-

do quest’anno racconta-

no i segni di speranza che,

come la stella cometa,

rendono le notti meno

buie nei tanti e diversi luo-

ghi nei quali sono impe-

gnati tutti i giorni per pro-

muovere e proteggere i di-

ritti dei bambini e dei gio-

vani vulnerabili.

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Feliz Navidad!Un giovedì, insieme ai membri delle equipe di Techo e Patio,

siamo andati in carcere a far visita ai ragazzi in situazione di

strada ora rinchiusi e dimenticati, la maggior parte per discrimi-

nazione. Non è stata una sorpresa incontrare Moises, 18 anni,

nella cella destinata alle punizioni, senza acqua né cibo. Lui in

lacrime ci presenta il fratello minore, Iver 12 anni, ci chiede di

portarlo fuori, in uno dei Centri del Progetto Don Bosco. Iver

con un lampo negli occhi ed un sorrisone mi dice: ”Se posso

studiare ci vengo subito via con voi!”. Ora Iver finirà la scuola

nell’Hogar Granja Moglia e continuerà a studiare con noi nell’Hogar Don Bosco. È felice,

si supera ogni giorno e ogni volta che andiamo nel penitenziario ripensiamo alla “ca-

sualità”, provvidenza di una visita che può salvare una vita.

Paolo e Lorenzo

Feliz Navidad y próspero año nuevo!

Ero arrivato da appena qualche mese in Perù con ilcompito di seguire un progetto d’emergenza: co-struire case da donare ad alcune delle famiglie col-pite dal terremoto del 15 agosto 2007. Il giorno del-la cerimonia di consegna, molte persone avevanogioito beneficiando della nuova casa antisismica,tante altre erano rimaste deluse in quanto escluse.Vedendo quei visi così sconfortati colsi un’idea lan-ciata da un salesiano, per cui si sarebbero potutitrovare dei fondi per donare a quelle famiglie unacasa di legno in cui potere vivere dignitosamente.Con enorme sorpresa la proposta fu approvata e

dopo qualche mese anchequelle famiglie bisognose po-terono, con indescrivibile feli-cità, ricevere quel regalo ina-spettato di una casa dovepoter trascorrere tranquilla-mente l’inverno in arrivo.

Enrico

Aid Milad Majeed!In una bella domenica di fine ottobre finalmente glioperai che lavorano nella cantina del convento Sa-lesiano di Cremisan, a Betlemme, hanno ottenutoun permesso dalle autorità israeliane per uscire daiTerritori Occupati e recarsi a vedere il mare. Per nonperdere questa preziosa occasione noi volontari ab-biamo organizzato una gita ad Akko, splendida an-tica città araba arroccata sul mare. Uno dei nostri ri-cordi più belli sarà quello di questi instancabili lavo-ratori, intenti a ballare con l’entusiasmo dei bambinisu una barca che ci fa fare il giro delle mura di Akko.

Elisa, Lugi, Fabiola, Ettore, Daniele

BOLIVIA

PERÙTERRITORI PALESTINESI

dopo qualche mese anchequelle famiglie bisognose po-terono, con indescrivibile feli-cità, ricevere quel regalo ina-spettato di una casa dovepoter trascorrere tranquilla-mente l’inverno in arrivo.

nell’Hogar Granja Moglia e continuerà a studiare con noi nell’Hogar Don Bosco. È felice,

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Feliz Navidad! BOLIVIA

Come la stella cometa...

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Finita la messa, Padre Labila mi accompagna a ve-dere i departure points, spazi lungo le rotaie deltreno nei quali vivono in condizioni degradanti piùdi mille persone in attesa di partire verso il Sud. Ilgoverno del nuovo Paese aveva promesso a moltagente originaria del Sud di coprire le spese delviaggio e aiutarli nella sistemazione se fossero ri-tornati alla loro terra. Moltissime persone hannocosì lasciato le loro case e il loro lavoro, allettati dapromesse che si sono poi rivelate il-lusorie. Intere famiglie sisono accampate lungo i bi-nari di quel treno fonte dicontinua speranza e tor-mento. Hanno perso ormaitutto e vivono in ripari di for-tuna, esposti al torrido solee alle piogge, senza cibo esenza medicine. Ripari fatti di copertoni di auto-mobili, lamiere, stracci e sacchetti di plastica tracui giocano inconsapevoli bambini di ogni età, uo-mini, donne che cercano di darsi da fare, anzianiche siedono rassegnati. Ma ecco che in mezzo atanta degradazione e disperazione, vedo un fiore,un piccolo fiore rosa che, solitario e tenace, sem-bra voler testimoniare l’esistenza della bellezza,della speranza. E improvvisamente, riesco a libe-rarmi del senso di impotenza che mi sovrastava ea pensare con ottimismo a quello che posso fare.

Carlotta

VOLONTARI

Melkam Yegena Beal!Teklai siede fuori dalla sua casetta di pietre e lamiera nel villaggio di Efi-le. Anche ieri non è potuto andare a scuola perché ha dovuto percor-rere da solo diversi chilometri per prendere l’acqua per tutta la famiglia.Oggi qualcosa però è diverso nel suo villaggio. C’è fermento, agitazio-ne. Gli anziani stanno discutendo con dei “ferenji” (gli stranieri). Teklai

si avvicina, vuole capire. È così che cisi presenta: una faccina curiosa che sifa largo tra i “gabi” bianchi e bastoni deicapi villaggio con cui stiamo discuten-do. “Maji”, gli diciamo, acqua. Il visinodi Teklai si illumina. Ha capito: la suafamiglia non dovrà più spostarsi, i bam-bini come lui non dovranno più rinun-ciare alla scuola, il pozzo ora si fa a Efi-le. Per noi è stata l’ennesima giorna-

ta di fatica e di polvere. Ma Teklai ci ha ricordato il motivo per cui sia-mo in Etiopia: far sgorgare una nuova speranza, ogni giorno è Natale.

Gloria, Ale e Chiara

Quest’anno siamo riusciti ad ottenere i fondi per la costruzione di nuo-vi bagni per una scuola pubblica di Adigrat. Dopo averla visitata a feb-braio ci siamo resi conto che era assolutamente inaccettabile che deibambini non potessero frequentare la scuola a causa dei bagni com-pletamente inagibili. Dopo aver presentato un progetto ideato apposi-tamente, a diversi donatori, siamo riusciti finalmentead ottenere i fondi. In questo momento i lavori sonoin corso anche con il contributo della comunità e deigenitori dei ragazzi. Entro la fine dell’anno oltre 600bambini e bambine potranno tornare sui banchi discuola e frequentare regolarmente!

Rossella

ETIOPIA

ta di fatica e di polvere. Ma Teklai ci ha ricordato il motivo per cui sia-

SUDAN

senza medicine. Ripari fatti di copertoni di auto-

Sono arrivata a Port-au-Prince il 5 maggio scorso e disorprese inattese ne sono arrivate tante. Ogni giornoqui ne succede una... ma in genere non troppo piace-voli... tutti grattacapi da risolvere! Forse è proprio que-sta la sorpresa piacevole: se ci metti il cuore i proble-mi si risolvono quasi magicamente e ritorna l’equilibrio,almeno fino al giorno dopo! Comunque una bella sor-presa l’ho ricevuta il giorno del mio compleanno quan-

do Gerson, una delle per-sone incontrate qui ad Hai-ti e che vive una difficile si-tuazione economica, mi haportato un piccolo regalo.Un piccolo regalo, ma ungrande segno di affetto.

Irene

Ore 9:00 arrivo in cantiere, come ogni mattina aspettiamo che lapersona incaricata ci apra il cancello. Una volta dentro la mia at-tenzione è subito catturata da numerosi bambini, con uniformigialle e verdi o grigie e arancioni, che seduti al loro posto, se-guono le lezioni dei maestri sotto improvvisate tettoie. Il Direttorecoglie nel mio sguardo la sorpresa tipica di chi non si aspetta unacosa del genere ma che nel contempo è felice di sapere che, sep-pur in condizioni precarie, i destinatari del nostro progetto nondovranno rinunciare all’istruzione. I bimbi mi guardano, si di-straggono e mi salutano con la mano. Io li saluto a mia volta, vado verso il cantiere inci-tando l’impresa a concludere i lavori, l’ing. dicantiere mi guarda e mi chiede perché. Gli indico i volti dei bimbi sotto le tettoie. Non dice niente, si volta e incita i suoi operai.

Armando

HAITI Bon Nwel!

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Noeli Njema e Eyenga ya Nibotama!La nostra casa di accoglienza per ragazze madri, vittime di violenza e bisognose di protezione ha visto passaretra le sue mura tante giovani donne, spesso ancora bambine, nonostante fossero già madri. Ma, fortunatamente,a settembre il loro percorso riabilitativo si è concluso: le ragazze e i bimbi sono state riunificate, alcune sono rien-trate in famiglia, altre hanno avviato la loro piccola attività. Ma la nostra vita si è arrestata, come se fossimo in at-tesa di un nuovo inizio. Purtroppo il nostro partner e sostenitore principale aveva terminato il suo progetto disostegno a Maison Margherita e non sapevamo se avremmo potuto accogliere nuovi “casi”. Margherita si era co-perta di un’ombra di incertezza. Abbiamo passato intere giornate a preoccuparci del futuro di questo nostro pro-getto a cui tutti tenevamo tanto. Ecco allora che abbiamo chiesto ai Salesiani di credere ancora nel progetto.A fine ottobre è arrivata la risposta di Don Piero, il nostro Direttore: Margherita vivrà! Potremo accogliere le ragazze,

certo non in grande numero, forse con meno comodità da offrire, masicuramente con tutto il nostro impegno e affetto. Bambine di 14 anniscappate dalla guerra, con ancora negli occhi le atrocità vissute esubite, che sorridono timorose, perché sanno di aver trovato final-mente una casa. Un regalo di Natale anticipato e insperato, che ci dàforza e coraggio per andare avanti. Anche a Goma, anche in mezzoa tanto buio, dove Natale sembra un’ipocrisia e ti chiedi spesso se

davvero lavorare qui possa servire. Abbiamo avuto risposta da loro , le no-stre nuove figlie, piene di vita e di luce.

Monica, Giovanna, Enrico, Giovanna, Agostino, Anna, Stefi

Rep. Dem. del CONGO

Tante sono le cose che danno gioia. La voce dei bambini cheriempiono le aule delle scuole mentre ripetono la lezione; losguardo fiero e coraggioso dei ragazzi di strada che saltano ilfuoco alla cerimonia di passaggio da una tappa all’altra del lo-ro percorso educativo; lo sguardo grato e soddisfatto dei bam-bini che mangiano l’unico pasto del giorno grazie alla mensascolastica; le risate dei bambini che rincorrono un pallone or-gogliosi nella loro divisa sportiva in prestito; lo sguardo fiero eorgoglioso delle donne che ogni settimana vengono a rimbor-sare il loro micro credito; il sorriso di A. quando, per la prima

volta a 8 anni, nella sua nuova uni-forme, entra in classe; e la sereni-tà sul volto di L. vedendo i suoi fi-gli scampati alla malnutrizione e illoro sguardo ora solare, allegro esano.

Sara

Bon Nwel!

forme, entra in classe; e la sereni-tà sul volto di L. vedendo i suoi fi-gli scampati alla malnutrizione e illoro sguardo ora solare, allegro esano.

davvero lavorare qui possa servire. Abbiamo avuto risposta da loro , le no-

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Feliz Navidad!L’anno scorso, Padre Linares ci chiese diriunirsi la vigilia di Natale per un incontro dilavoro. Ci presentammo all’orario stabilito e il padresorprese tutti in quanto ci chiese di usciredall’ufficio per una passeggiata. Camminammo per quindiciminuti in direzione dei quar-tieri emarginati dove operia-mo e raggiungemmo la casadi uno dei destinatari, Luisi-to. Festeggiammo la vigilia diNatale nella sua casa insiemealla famiglia. Fu un bellissima sorpresa cheancor oggi ricordiamo congioia ed emozione.

Silvia e Tomaso

Rep. DOMINICANA

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VOLONTARI

Un progetto, donne

L’idea del progettoAl mio arrivo in Sudan, Cristiano, volontario VIS in par-tenza, mi aveva parlato dell’intervento del VIS a Mayo eavevo cominciato ad affezionarmi ai quei volti di bambini,che sorridevano sulle foto e al progetto che, nonostante ledifficoltà e i limiti sempre più stretti imposti dalle autori-tà, è stato replicato per due anni consecutivi. Così, nei me-si che si sono succeduti, si è lavorato molto per riuscire amettere insieme i fondi per dare vita ad una nuova fase delprogetto costituita da più componenti: educativa, sanita-ria e nutrizionale. Grazie al coinvolgimento e sostegno dei Salesiani, dell’as-sociazioni Cerveteri Solidale Onlus che da tempo colla-bora con il VIS e a una donazione di materiale educativoda parte di UNICEF, siamo riusciti a mettere insieme lasomma di 8.000 euro e a far iniziare il progetto a giugno.Con questa piccola somma il VIS riesce a pagare gli sti-pendi degli insegnanti locali perché ogni mattina insegni-no arabo, matematica, inglese e religione (cristiana e mu-sulmana) a questi bambini che sono scappati per la guer-ra, per i ribelli dai loro villaggi e hanno perso buona partedel programma scolastico; ad offrire un pasto quotidiano a600 bambini per 3 mesi, bambini le cui famiglie hanno dif-ficoltà a dar da mangiare ogni giorno. C’è poi la compo-nente sanitaria, implementata dall’organizzazione localeMedSIN, che ha permesso di verificare le condizioni di sa-lute di tutti i bambini e di individuare i casi da indirizzarea servizi sanitari specifici. Inoltre il loro intervento,grazie alle lezioni di igiene sanitaria di base, per-metterà ai bambini e alle loro famiglie di prevenirele malattie più comuni.Al momento il VIS, tramite MedSIN, è una dellepoche organizzazioni ad avere accesso a Mayo e adare assistenza ai bambini che vengono dai MontiNuba e dal Sud Sudan. A me, in quanto internazio-nale, non è permesso andare a vedere il progetto, vi-sitare le scuole, conoscere i nostri bambini, ma dal-le foto, dai racconti e dai disegni, conosco i loro vol-ti e immagino la loro vita, i dolori attraverso cui so-no passati, le difficoltà del presente e il sogno di unfuturo migliore in cui ritrovare i parenti lontani e iloro villaggi ai piedi delle montagne o immersi nel-la rigogliosa vegetazione del Sud e vorrei promette-re loro che il progetto andrà avanti e avranno an-cora per molti mesi un pasto al giorno e dei coloriper disegnare... ■

Carlotta Nanni

Un progetto, donne3

Il progetto “Child-Friendly Learning Spaces for ReturneesChildren of Mayo” finanziato dall’associazione CerveteriSolidale Onlus, da UNICEF e da fondi privati del VIS, hacome obiettivo di provvedere all’istruzione dei bambiniche vivono nella baraccopoli di Mayo, in Sudan. Le lezio-ni di educazione di base sono combinate con sessioni dieducazione igienico sanitaria in cui i volontari dell’ONGlocale MedSIN insegnano ai bambini le buone praticheigienico-sanitarie per prevenire le malattie più comuni, co-me la malaria, la febbre tifoide, l’avvelenamento dal cibo,l’AIDS e la dissenteria. I beneficiari del progetto sono 600 bambini originari delle zonein conflitto o in attesa di rientrare con le loro famiglie in SudSudan. Ai bambini viene, offerto un pasto quotidiano a base dilenticchie e pane alternato a latte altamente nutritivo. Il ventiper cento dei bambini visitati da MedSIN risulta avere patolo-gia gravi, pertanto è intenzione del VIS indirizzarli a fine pro-getto verso cliniche e ospedali in cui possano venire curati.Tre donne, coinvolte a diversi livelli nel progetto, raccontano laloro esperienza.

Carlotta è la volontaria italiana del VIS arrivata da 6mesi in Sudan. Nonostante le diverse esperienze in giro per ilmondo si sta confrontando per la prima volta con un mondoin cui vige la sharia e l’uomo domina ogni aspetto della vita.Seppure il Sudan sia un Paese complesso con conflitti in atto,nella sua vita quotidiana, che si svolge prevalentemente nellacittà di Khartoum quello che più le pesa è essere donna in Su-dan. E così in questo racconto ha voluto dar voce alle donne,donne che conosce bene, che lavorano con lei, donne che glistudi e le esperienze di vita hanno portato ad essere forti e de-terminate.

Duaa è la nuova volontaria sudanese che da appena unmese ha cominciato a lavorare con il VIS Sudan. Una ragazzacon la passione della pittura. Alla prima esperienza nel mondodella cooperazione ha già mostrato una sensibilità fuori dal co-mune e una grande motivazione a lavorare a favore dei ragaz-zi e dei bambini a rischio.

Khalda è una ragazza neo laureata in Medicina,mem-bro dell’associazione locale MedSIN che fa parte di un net-work di studenti di medicina di tutto il mondo. Abituata a viag-giare, a parlare in pubblico agli incontri dei giovani in diversiPaesi del mondo, non si era mai trovata così a stretto contat-to con la povertà della gente del suo Paese.

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unmondopossibile 34-2012

La mia giornata a MAYO

Un così lungo viaggio nella strada scura nel mezzo dellagiornata, facce tristi e occhi interrogativi, è stata questa lamia prima volta a Mayo, la prima volta in cui ho incon-trato famiglie scappate dalla guerra, dalla violenza e dallafame, mentre portavano con sé l’ombra del dolore.Seguendo un sentiero di terra siamo arrivati alla scuola, ha un

aspetto di poco migliore dellealtre case. La Direttrice ha rag-gruppato alcuni bambini in unaclasse (circa 35). Ho dato ad ognuno di loro unfoglio e dei colori e ho chiestoloro di disegnare (Cosa vuoi di-ventare da grande?). Dieci mi-nuti sono passati, i fogli sono an-cora bianchi e loro si guardano l’unl’altro perplessi (Il futuro)?! Proba-bilmente questa parola li ha confu-si. Così decido di cambiare il sog-getto, (Disegna il tuo posto preferito).

In un secondo, l’arte del disegno mostranelle sagome che lentamente prendonoforma che ognuno di loro ha sofferto, cheognuno di loro ha una diversa storia da rac-contare: questo è quello che ho visto appe-na hanno impugnato i colori... e poi ho vi-sto ognuno di loro preso in un dialogo muto con i colori, nar-rare ogni cosa ai fogli di carta. John ha detto al colore gial-lo quanto gli manca la sua casa sulle montagne Nuba.Moustafa ha descritto il rumore sordo degli spari che an-cora animano i suoi sogni al colore verde. E Sakina... nonho potuto sentire cosa stesse dicendo al colore rosso. Erano talmente contenti di poter disegnare che quando il

loro foglio era pieno, lo giravano dall’altra partee lo riempivano di forme e di colori. Ho capitoquando ho visto (il cielo rosa, una casa verde e pu-re una bandiera gialla) che a questi bambini man-cano i colori nella loro vita e, immagino, che, sepotessero, colorerebbero tutto il mondo per farlodiventare migliore. Case, chiese, moschee, aero-plani, pistole, automobili e altre cose che non hocapito, ma sicuramente significano qualcosa. Ho chiesto loro di dipingere un luogo speciale,ma hanno disegnato la loro vita. Hanno persomolte cose, ma sono ancora molto forti e moti-vati e vivranno l’oggi guardando al domani e ri-cordando il passato. Non me lo hanno detto, mal’ho letto nei loro disegni e l’ho scoperto quandoho visto un aeroplano rosa, un carro armato gial-lo e una famiglia senza il padre ma con il nonnocon un piede solo, eppure... sempre sorridente. ■

Duaa Elsadig Ibrahim Abdallah

foglio e dei colori e ho chiesto(Cosa vuoi di-

Dieci mi-nuti sono passati, i fogli sono an-cora bianchi e loro si guardano l’un

Proba-bilmente questa parola li ha confu-si. Così decido di cambiare il sog-

(Disegna il tuo posto preferito).In un secondo, l’arte del disegno mostranelle sagome che lentamente prendonoforma che ognuno di loro ha sofferto, cheognuno di loro ha una diversa storia da rac-contare: questo è quello che ho visto appe-na hanno impugnato i colori... e poi ho vi-sto ognuno di loro preso in un dialogo muto con i colori, nar-

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VOLONTARI

Neo laureata in Medicina, ero alla ricerca di un posto do-ve mettere in pratica quanto avevo appreso in questi annidi studio e, allo stesso tempo, mettere le mie conoscenze adisposizione di chi ne aveva bisogno. Venuta a conoscen-za del progetto che il VIS voleva implementare a Mayo, hopensato che sarebbe stata un’ottima occasione per inizia-re. E così sono entrata a far parte di una squadra di sei for-matori, costituita da tre dottori e da tre studenti di medi-cina, con l’obiettivo di fare una visita medica a tutti i 600bambini beneficiari dell’intervento e indirizzare poi i casipiù gravi ad una clinica specialistica per il trattamento.Il primo compito è stato quello di compilare un formularioper ogni bambino in cui sono stati registrati il nome, l’età,il genere e il livello d’istruzione e, in seguito, procedere adun completo check-up. La visita comprendeva la misura-zione del peso e dell’altezza, la cui relazione è indicativa dellivello di malnutrizione, l’esame del sangue per identifica-re i casi di anemia. Tutto è stato registrato in modo da fa-cilitare l’individuazione dei casi più gravi. Ogni giorno so-no stati esaminati circa 30 bambini, da cui è venuto fuoriche quasi il 20% dei bambini risulta avere patologie più omeno gravi, una di queste la tubercolosi. Il VIS sta pren-dendo contatti con alcune cliniche e ospedali pubblici peril trattamento di questi casi.

Da quanto ho potuto vedere la cosa più importante per i bam-bini è la colazione. Quando è ora del pasto, infatti, i bambi-ni dimenticano tutto il resto e accorrono a grande velocità.Viene loro servito un piatto di pane e lenticchie che i bam-bini finiscono in un lampo. Dopo la colazione, verso mezzo-giorno, i bambini rientrano in famiglia. Tecnicamente il progetto sembra molto semplice, ma la suaimplementazione è molto più difficile di quanto possa sem-brare. In primis, il trasporto: quando la macchina del VIS nonè disponibile, la nostra squadra di medici ha molte difficoltàa trovare un taxi che ci porti sul posto, considerato pericolo-so e dalle strade impraticabili per via del fango. Inizialmentei bambini, ma soprattutto le loro famiglie, non si fidavano dinoi perché non ci conoscevano. Alcuni bambini non vole-vano essere visitati, altri scappavano alla nostra vista. Ina-spettatamente i problemi più grossi li abbiamo avuti con l’esa-me del sangue. A Mayo sembra sia diffusa tra la gente la leg-genda per cui alcuni dottori rubano il sangue dei bambini perpoi venderlo. Ma poi l’intervento del leader locale che haspiegato alle famiglie che non dovevano avere paura per i lo-ro figli ci ha permesso di continuare il nostro lavoro. Per concludere, posso dire che questa è per me un’esperien-za dolce-amara, amara per la miseria e le malattie con cui cisiamo dovuti confrontare e per i problemi quotidiani che ab-biamo dovuto affrontare, ma dolce per la relazione con i bam-bini che ogni giorno che passa, nonostante la loro timidezzae diffidenza, ci trasmettono il loro amore e la loro gioia di vi-vere nonostante tutto. Il progetto si concluderà presto e spero con il tutto cuore chepossa continuare per altri mesi perché grazie ad esso, a 600bambini viene garantito un pasto al giorno, educazione e as-sistenza sanitaria. ■

Khalda Omer Abuelgasim

Io, la mia laureae la mia nuovasquadra

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VOLONTARIATO INTERNAZIONALE PER LO SVILUPPO 37

DIRITTI UMANI

di Barbara Terenzi, VIS - Coordinatrice Ufficio Diritti Umani e [email protected]

Dialogo interreligiosoe diritti umani:

due strade una direzione

Nel corso degli ultimi anni si èassistito ad un crescente numerodi eventi che hanno modificato in

maniera sostanziale lo scenarioereditato dalla guerra fredda,

rendendo sicuramente piùcomplessi gli equilibri all’interno

della realtà geopolitica globale. LaPrimavera Araba, ad esempio, è

uno di quei fenomeni sociopoliticiche hanno maggiormente

modificato gli equilibri mondiali emediterranei, perché alla legittimaaspirazione delle masse popolari

di sostituire le classi dirigenti, si èsommata una situazione di vuoto

politico ed istituzionale che haaperto la strada a fondamentalismi

(politici, religiosi, culturali) etentativi di estremizzazione, anche

violenta, contro il “diverso”

ali mutamenti coinvolgono centi-naia di milioni di persone e non pos-sono essere sottovalutati. Devono

rimettere al centro del dibattito politicoil tema, spesso sottovalutato, dei diritti

umani, del dialogo interculturale e dellatolleranza, anche in ambito religioso.Assistiamo, infatti, ad un preoccupantee sempre più diffuso incremento di attidi limitazione dei diritti umani e di ag-

gressione nei confronti delle minoranzereligiose ed in particolare dei Cristiani.India, Indonesia, Siria, Nepal, Libano,Turchia e, nell’ultimo anno, Kenya eNigeria, sono Paesi dove negli ultimi an-ni si sono verificati gravissimi episodi diviolenza. Risuonano allora le parole del-l’Arcivescovo di Abuja, MonsignorJohn Olorunfemi Onaiyekan “Dobbia-mo collaborare per assicurarci che i fanati-ci non dettino la dinamica delle nostre rela-zioni reciproche, spingendoci a diventarenemici gli uni degli altri”, parole che esor-tano a non lasciarsi trascinare dagli ec-cessi e dalle esasperazioni e ad aprir- ➔

T

Il Cairo.Immagini della “primavera araba”in Egitto

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DIRITTI UMANI

si verso la conoscenza e il dialogo co-struttivo. Il problema dei diritti religio-si, della tolleranza religiosa e del dialogointerreligioso era da tempo presente nel-l’agenda internazionale, ma l’argomentosembrava non riuscire a decollare con lagiusta enfasi e il coinvolgimento attivodella società civile. Infatti, anche nellaPiattaforma del FRA, l’Agenzia Europeaper i Diritti Fondamentali a Vienna, dicui fa parte il VIS, lentamente si era an-dato sviluppando un dibattito semprepiù sistematico di osservazione e di ap-profondimento sul dialogo interreligiosoe sulla tolleranza religiosa unitamenteai diritti religiosi nel loro insieme. Dirit-ti umani, dunque, rilevanti e facenti par-te integrale di una politica che ne rico-nosca l’importanza all’interno di unaeducazione ai diritti umani consideratinella loro trasversalità, indivisibilità edinterdipendenza. Cogliendo questa ten-denza ormai forte, anche alla luce deigrandi movimenti a livello internazio-nale che hanno visto e vedono proprioil discorso sui diritti religiosi e sulla tol-leranza religiosa al centro di recenti av-venimenti, il Ministro degli Esteri, On.Giulio Terzi di Sant’Agata, lo scorso lu-glio ha convocato un incontro al Mini-stero chiamando a raccolta le Organiz-zazioni non Governative della societàcivile del nostro Paese attive in questoambito. L’occasione, preliminare alla67° Assemblea Generale delle NazioniUnite a New York (UNGA) a cui l’Ita-lia come Stato Membro era stata chia-mata a partecipare, aveva l’obiettivo diaprire un dialogo sui diritti religiosi, latolleranza religiosa ed il dialogo interre-

ligioso, evidenziare il ruolo giocato dal-la società civile italiana e consolidare laposizione del nostro Paese nell’ottica diun successivo evento a margine, a NewYork, che vedesse partecipi anche lemaggiori Organizzazioni non Governa-tive italiane impegnate su questo fronte. L’invito rivolto dal Governo italiano haprovocato una risposta forte da parte diorganizzazioni come il VIS che, graziealla propria esperienza più che venten-nale insieme ai Salesiani di Don Boscoe al Don Bosco Network - network in-ternazionale di ONG salesiane - marcada anni una presenza di riferimento so-lido e costante in oltre 133 Paesi nelmondo e in Italia, con azioni concreteper una educazione ai e per i diritti uma-ni e nella promozione del dialogo inter-religioso e di una cittadinanza globale.A seguire, quindi, il 27 settembre 2012a New York si è tenuto l’evento a mar-gine dell’UNGA, articolato attraversodue sessioni diverse, sotto il patrociniodel Ministro degli Esteri italiano a cui siè affiancato il Ministro degli Affari Este-ri giordano. L’incontro ad alto profilo

politico, intitolato “La società civile el’educazione ai diritti umani, strumento dipromozione della tolleranza religiosa”, havisto anche la partecipazione dell’AltoCommissario per i Diritti Umani delleNazioni Unite, del Direttore Generaledell’UNESCO e del Consigliere Spe-ciale del Segretario Generale delle Na-zioni Unite per la Prevenzione del Ge-nocidio, proprio per il carattere tra-sversale dell’argomento che abbracciatutti gli aspetti della vita sociale diognuno di noi. L’iniziativa, partita come una sfida ita-liana a mettere sul tavolo un argomen-to particolarmente delicato e di grandeattualità nella presente situazione inter-nazionale, ha nei fatti sollevato un gran-de interesse anche da parte degli altriStati Membri che hanno contribuitocon interventi mirati dei Ministri degliEsteri di Malta, Slovenia, Austria, Ma-rocco, Croazia, Cipro, Svizzera, RegnoUnito, Spagna, Polonia, del Rappresen-tante della Santa Sede presso le Nazio-ni Unite, degli ambasciatori americanoe francese, insieme a quello di altri rap-presentanti del corpo diplomatico pres-so le Nazioni Unite. Alla prima sessione dedicata a “Le buo-ne pratiche dei governi e della società civilein materia di educazione e formazione comestrumento per la promozione e tutela dellalibertà di religione e del dialogo religioso e

In alto, da sinistra:Nigeria 2012, il massacro di cristianinei villaggi nei pressi di Jos da parte

dei fondamentalisti islamiciAttacco a una chiesa cristiana nello

stato settentrionale di Kadun

New York 27 settembre 2012. Il Ministro degli Esteri Giulio Terzi

di Sant’Agata alla conferenza stampaa margine dell’UNGA

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interreligioso” ha fatto seguito una se-conda su “Sfide presenti e future per la co-munità internazionale in materia di libertàdi religione o di credo e protezione delle mi-noranze”.Entrambe le sessioni hanno visto im-pegnate alcune delle maggiori organiz-zazioni non governative che hanno po-tuto illustrare la propria esperienza ebuone pratiche come espressione dimodalità efficaci e sperimentate, repli-cabili, di interventi concreti in rispostaa situazioni ad alto rischio in varie par-ti del mondo.Il VIS, a seguito dell’invito del Ministro,ha così condiviso la sua ampia esperien-za nell’interazione tra Sistema Preven-tivo di Don Bosco e Diritti Umani, conun approccio basato sui diritti umani ap-plicato concretamente nei progetti disviluppo realizzati a sostegno dei bambi-ni, delle bambine, dei giovani a rischioe della ricca e consolidata esperienza co-struita attraverso le strutture educative edi formazione professionale realizzate inpiù parti del mondo. La possibilità di il-lustrare brevemente esempi di buonepratiche e di sottolineare l’importanzadi programmi di formazione e di educa-zione ai e per i diritti umani, attraversoi quali diffondere i valori del rispettodella identità di ogni persona e comuni-tà, ha rappresentato una opportunitàimportante e di estremo interesse. Comeè anche emerso il centrale ruolo svolto ericoperto dalla società civile rispetto aduna azione che intenda effettivamenteraggiungere coloro i quali sono i più vul-nerabili ed a rischio.Il ricco patrimonio esperienziale, matu-rato dal VIS insieme ai Salesiani di DonBosco, ha così potuto essere illustrato ri-cordando l’importante lavoro portatoavanti nella Repubblica Dominicana in-sieme alla Ispettoria delle Antille, inparticolare Muchachos y Muchachascon Don Bosco, attraverso un’azione

diffusa sul territorio che include azionidi sviluppo integrato e azioni basate sul-l’approccio ai diritti umani per una cit-tadinanza attiva di bambini, bambine,giovani e donne a rischio. A cui si ag-giunge un importante programma per losviluppo di strategie di advocacy e sen-sibilizzazione a più livelli inclusi i leaderreligiosi per la protezione dei bambini edelle bambine nell’area caraibica chevede il VIS impegnato in prima linea.È stato anche ricordato l’importante im-pegno annuale assunto, su iniziativa delRettor Maggiore, per la Giornata di pre-ghiera ed azione per i bambini e le bambine,azione volta a promuovere il dialogo ela cooperazione interreligiosa a prote-zione dei diritti fondamentali dei bam-bini, delle bambine e dei giovani nelmondo, promossa dalla GNRC - GlobalNetwork of Religion for Children - e daArigatou International, per la quale ilVIS ogni anno identifica un fronte nuo-vo sul quale mettere a fuoco la riflessio-ne ed azione.Ed ancora il costante e significativo la-voro svolto per il tramite della Scuola diMondialità che con il suo ampioprogramma rappresenta ormai unimportante punto di riferimen-to in Italia in materia di educa-zione ai e per i diritti umani econ il suo molteplice paniere diofferte è in grado di offriresempre una risposta generosaalle richieste dei giovani chevi si affacciano.Infine non è stato possibilenon ricordare la presenza stra-ordinaria costruita nel tempoin Marocco a Kénitra con lacreazione della Scuola DonBosco, della Scuola profes-sionale JUK-SPEL, del-l’Asilo, del Centro professio-nale JUK-CFF e dell’Ora-torio Nadi el Farah dove il

contributo dei Salesiani di Don Boscopresso una comunità quasi interamentemusulmana segna una tappa significati-va nella storia del Paese nel rispetto deidiritti fondamentali, nel dialogo inter-religioso e nella costruzione di una cit-tadinanza globale che metta in luce laforza, l’universalità e la modernità del-l’insegnamento di Don Bosco.

All’evento a margine dell’UN-GA hanno partecipato ol-

tre 40 Organizzazioni nonGovernative e associa-zioni da tutte le parti delmondo e di varie fedi re-

ligiose, impegnate sulfronte dei diritti umanicon particolare riguardoalla tolleranza religiosa e aldialogo interreligioso. ■

Repubblica Dominicana.I giovani della Fondazione “Muchachos y Muchachas

con Don Bosco” realizzano un murales di solidarietà a Santo Domingo

La Scuola di Don Bosco

a Kénitra in Marocco

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OGGI SI PARLA DI...

di Enzo Bianchi, Religioso e scrittore italiano, fondatore e Priore della Comunità monastica di Bose

La verità del NataleL’evento che i cristiani celebrano a Natale non è un’“apparizione” di Dio tra gli uomini,

ma la nascita di un bambino che soltanto Dio poteva dare all’umanità, un “nato da donna” che però veniva da Dio e di Dio doveva essere racconto e spiegazione

nascita di colui che è il Si-gnore e Dio non va presa insenso metaforico, ma in tut-

to il suo senso reale, storico chel’Evangelo mette in evidenza quale“segno”. Infatti, per ben tre volte, nel-la narrazione della nascita di Gesù,l’evangelista Luca ripete con le stesseparole l’immagine da guardare senzadistrazioni: “un bambino avvolto infasce che giace in una mangiatoia” (Lc2,7.12.16)! Sì, c’è anche la luce cherisplende e avvolge i pastori, c’è la glo-ria divina che incute timore, c’è il co-ro degli angeli che canta la pace pergli uomini amati da Dio, ma tutto que-sto è solo la cornice che mette in ri-salto il quadro e cerca di svelarci ilsenso che esso racchiude.Il segno che i pastori ricevono dal-l’annuncio degli angeli è di una sem-plicità estrema, un segno povero, unsegno appartenente all’umanità po-vera: nasce un bambino ma nella po-vertà di una stalla, nasce un bambi-no, figlio di una povera coppia di spo-si, nasce un bambino cui è stata ne-gata l’ospitalità. Il segno del Natale ètutto qui! Eppure, il bambino è pro-clamato Messia: Salvatore e Signore

è un povero bambino, figlio di pove-ri, nato nella povertà!Se i cristiani nella loro fede non man-tenessero vivo il legame tra il bambi-no e il Signore, tra la povertà e la glo-ria, non capirebbero la verità del Na-tale. Purtroppo i cristiani sono sem-pre tentati di nascondere la nuda po-vertà del bambino e vorrebbero la suagloria nella potenza e nel successo, mal’icona autentica del Natale sconfes-sa questi loro desideri. Forte di questa comprensione del mi-stero dell’incarnazione, così cantava la festività del Natale un inno cri-stiano del IV secolo: “Mentre la not-te fonda/buia e tranquilla/avvolgevacon il suo silenzio valli e colline/il Fi-glio di Dio nacque da una vergine/eobbediente alla volontà del Padre/ini-ziò la sua vita di uomo sulla terra”.L’inizio di una vita di uomo sulla ter-ra: forse è proprio per questa sua estre-ma semplicità che il messaggio del Na-tale è così universale. È infatti un mes-saggio semplice, alla portata di tutti,a cominciare dai poveri pastori di Be-tlemme, eppure è annuncio di un mi-stero grande, perché quel figlio d’uo-mo che nasce trascorrerà in modo as-

La sai ordinario la maggior parte della suavita: passerà in mezzo agli altri uomi-ni facendo il bene, compirà il mira-colo grande della ritrovata comunio-ne con Dio e con gli altri servendosidi segni e prodigi legati ai bisogni es-senziali dell’uomo: il pane e il vinomoltiplicati, la salute ridata, la natu-

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ra nuovamente riconciliata con l’uo-mo, la fraternità ristabilita, la vita riaf-fermata come più forte della morte. Perquesto l’apostolo Paolo dice che la ma-nifestazione di Cristo nel mondo è fi-nalizzata a “insegnarci a vivere in que-sto mondo” (cf. Tt 2,11-12).A Natale i cristiani celebrano questomistero già avvenuto - la venuta di Dionella carne di Gesù - come promessae garanzia di quanto ancora attendo-no: che Dio sia in tutta l’umanità e chel’umanità sia fatta Dio. Ma se questoè il fondamento della festa, allora lagioia che la abita non può essere sog-getta ad alcuna “esclusiva”: è gioia “pertutto il popolo”, per l’intera umanitàdestinataria dell’amore di Dio. I cri-stiani non possono impossessarsi delNatale sottraendolo agli altri, non pos-sono imprigionare la speranza che èanelito del cuore di tutti. Se in Gesùil Creatore si è fatto creatura, l’Eterno

si è fatto mortale, l’Onnipotente si èfatto impotente, è perché l’uomo po-tesse diventare il Figlio stesso di Dio.Siamo di fronte a quel “admirabilecommercium”, a quel “mirabile scam-bio” con cui i padri della chiesa dei pri-mi secoli cercavano di spiegare ai lo-ro contemporanei l’evento che avevanon tanto cambiato il corso della sto-ria, ma piuttosto ridato alla storia il suosenso. È questa la radiosa speranza chei cristiani dovrebbero ancora oggi an-nunciare agli uomini e alle donne inmezzo ai quali vivono, così assetati disenso, così desiderosi di speranza, co-sì abitati da un’attesa più grande delloro stesso cuore. Per i cristiani si tratta di andare, distare in mezzo agli altri con la stessagioia con cui Dio è venuto in mezzoa noi nel Figlio, l’Emmanuele, il Dio-con-noi che non può e non deve maidiventare il Dio-contro-gli-altri. Al-

lora il Natale – non solo quello cri-stiano, ma anche quello “di tutti”,anche quel clima contagioso di bon-tà che vince l’ipocrisia di un melen-so buonismo – non finirà bruciato nelconsumarsi di poche ore e di moltibeni, non si spegnerà con l’ultima lu-minaria, non conoscerà lo svilimen-to del “saldo” di fine stagione, ma sidilaterà moltiplicandosi nel vissutoquotidiano: sarà il pegno di una vitapiù umana, abitata da relazioni au-tentiche e da rispetto dell’altro, unavita ricca di senso, capace di espri-mere in gesti e parole la bellezza e laluce, echi di quella luce che brillònella notte fonda di Betlemme e chedeve brillare anche oggi in ogni luo-go avvolto dalle tenebre del dolore edel non-senso. I cristiani sanno per fede che Dio havoluto compromettersi radicalmentecon l’umanità facendosi uomo, sannoche è entrato nella storia per orien-tarla definitivamente verso un esito disalvezza, sanno che ha assunto la fra-gilità dell’uomo esposto alle offese delmale proprio per vincere il male e lamorte. E questa loro “conoscenza” so-no chiamati a testimoniarla in un’as-sunzione quotidiana della povertà, del-l’abbassamento per incontrare l’altro,nella consapevolezza che ciò che uni-sce gli uomini è più grande di ciò cheli differenzia e li contrappone.Sì, se a Natale i cristiani sono nellagioia non è un privilegio a loro riser-vato, un dono che la condivisione va-nificherebbe: al contrario, non è loroconsentito di impadronirsene in esclu-siva perché non possono sottrarre Cri-sto all’umanità cui è stato inviato dalPadre: il Natale è invito alla speranza,e questa speranza è offerta a tutti. ■

Tratto da “Dare senso al tempo. Le feste cristiane” (Qiqajon 2003)

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Favole •

uesta storia risale allanotte dei tempi, esistedal tempo in cui “ti

konkonm t ap goumen ak bere-jèn” (espressione creola cheesprime un tempo remoto). L’hoappresa sulle ginocchia dello zioOlicha. A lui è arrivata da oltre lefrontiere, la leggenda di Bouqui eMalice. Ha percorso innumere-voli Paesi, ha attraversato oceanie città, ha percorso villaggi e sen-tieri dall’Oriente all’Occidente,dal Nilo ai Caraibi. Questa storiaha forse perso delle piume, forsepersonaggi e luoghi sono cam-biati, ma da noi ha avuto unagrande eco, ha acquisito spes-sore, colore e vita. Qui non potremmo più fare ameno dei nostri due prota-gonisti, Bouqui e Malice,che vivono molteplici av-venture, un giorno dietro l’al-tro. Malice è sempre coluiche ne esce vincitore eBouqui, da parte sua,sembra essere nato perfarsi ingannare. Fratello, cugino, zio,nipote, amico, nemi-co, non possono vivereseparati l’uno dall’altro.

Bouqui e Malice sono legati co-me fratelli siamesi. È per questoche dico: “Ogni Malice ha il suoBouqui”. Allora, vieni a sedertinel nostro cerchio! Prendi la tuasedia! Che i tuoi occhi e soprat-tutto le tue orecchie siano beneaperti! Comincio a raccontare...“Il mio racconto è nato con ilvento del giorno prima, è traspor-

tato dalla corrente del fiume edeccolo maturo grazie all’angelodella sera... arriva... è qui. La mo-glie di Bouqui passava tutti i gior-ni davanti alla casa di Malice perandare e tornare dal mercato. Ma-lice sceglieva sempre il momentoin cui Madame Bouqui passavaper pulire la sua porta e offrirle dientrare a rinfrescarsi un momen-to. Intanto lui andava a rovistarenelle sporte per vedere ciò che lei

aveva riportato dal mercato.Fu così che, un giorno,

vide due belle pentole,una grande e unamedia. All’indo-mani, Malice bus-sò alla porta di

Bouqui: “Zio, puoiprestarmi una delletue pentole, prepare-rò un pranzo specia-le, la mia pentola ètroppo vecchia, rie-sce a bruciare persi-

no l’acqua”. “Certo”,rispose Bouqui. Gli diede

la pentola di medie dimensio-ni dicendo: “Aspetto che tu miporti qualcosa di quello che haipreparato”. “D’accordo”, gli dis-se Malice. Inviò a Bouqui una

QChak Malis gen Bouki pa l

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Haiti

zampa di pollo e un kalalou gom-bo che Bouqui mangiò in un bat-ter d’occhio. L’indomani Malice mise una pic-cola pentola all’interno di quelladi Bouqui e gliela riporta dicen-do: “Zio, la tua pentola ne hapartorito un’altra, dunque ti ap-partiene di diritto”. “Grazie mil-le nipote, sei un brav’uomo, nonsapevo nemmeno che la mia pen-tola fossa incinta”. Passò una set-timana e Malice tornò da Bouquichiedendo: “Zio, puoi ancoraprestarmi una delle tue pentole?Questa volta, però, ne vorrei unapiù grande”. “Con gioia” - ri-spose Bouqui - “ma non dimenti-care di inviarmi qualcosa di ciòche hai preparato, un po’ di piùdell’altra volta, nipote mio. Madame Bouqui ha portato dalmercato una bella pentola, nuo-va nuova, vado a prendertela”.Bouqui sperava, senza osare dir-lo, di ottenere anche stavoltaun’altra pentola, come ricono-

scenza della sua generosità. Tra-scorsi otto giorni senza notizie diMalice, Bouqui e sua moglie co-minciarono a preoccuparsi. Tor-nò quindi Malice piangendo:“Zio, ho una bruttissima notiziaper te, non so come dirtelo. Du-rante il parto, la tua grande ebella pentola è morta in atrocisofferenze”. I due cominciaronoa piangere. Madame Bouqui, af-facciatasi sulla porta, rispose:“Mi prendi in giro Malice, quan-do mai si è sentito parlare di unapentola che muore?”. “Sfortuna-tamente, zia, se una pentola puòpartorire, bisogna riconoscereche è anche possibile che possamorire. Si nasce, si vive, si dà lavita e si muore! È la natura! Latua prima pentola ha partorito ela madre e il bambino sono so-pravvissuti, ma la seconda nonha avuto la stessa sorte”. Bouqui e Malice ricominciaronoa piangere ancora più forte. ■

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Internazionale per lo Sviluppo

Causale: Progetto Haiti

Dopo il terribile terremoto che ha devastato Haitinel gennaio 2010, il VIS in collaborazione con i Sa-lesiani di Don Bosco ha concentrato i suoi inter-venti a stabilizzare e gestire la situazione dei trecampi sfollati siti a Port au Prince (due nell’area diCitè Soleil e uno a Thorland - Carrefour) e a mi-gliorare le condizioni di vita degli sfollati accolti.Da gennaio 2010 a ottobre 2011, più di 12.000persone sono state accolte nei campi e hanno ri-cevuto cibo, acqua e assistenza igenico-sanitaria.Di queste, più di 9.000 persone sono state ricol-locate attraverso un programma volontario di rein-serimento nei luoghi di origine. Parallelamente al-la gestione dei campi sono stati avviati program-mi per il riavvio delle attività educative e forma-tive già condotte dai Salesiani e sospese a segui-to del sisma, nel centro formativo di Thorland enelle strutture scolastiche di Gressier e di Petion-Ville, attraverso la riabilitazione degli edifici esi-stenti e la realizzazione di strutture temporaneead hoc. La struttura scolastica di Petion-Ville hapermesso a 1.561 studenti di riprendere la scuolae le strutture prefabbricate realizzate a Gressierhanno consentito a più di 200 ragazzi di frequen-tare nuovamente le lezioni.Nel corso del 2011 particolare attenzione è statariservata alla fase di post-emergenza, riabilitazio-ne e ricostruzione cercando di avviare quei pro-cessi di graduale ritorno a normali condizioni divita per le famiglie vittime del terremoto e tali dagarantire una completa fuoriuscita dalla crisi at-traverso il riavvio di attività generatrici di reddi-to, la ricostruzione di abitazioni, la realizzazionedi strutture ad utilità comune (scuole, centri gio-vanili e oratori).Nel corso del 2012 si sono rinforzate le attivitàdi sviluppo soprattutto in due ambiti: il settoreeducativo e il settore socio economico.Per ciò che concerne il settore educativo si è da-to continuità ad alcuni interventi avviati l’annoprecendente, come ad esempio il programma disostegno scolastico, la realizzazione di una scuo-la elementare e di un centro giovanile.Per quanto riguarda invece il settore socio eco-nomico, si è consolidato il programma di riav-vio di attività generatrici di reddito rivolto prin-cipalmente alle famiglie che erano state ac-colte nei campi sfollati e alle famiglie benefi-ciarie del programma di sostegno scolasticoche non possono normalmente rivolgersi alle

strutture formali del credito.

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VITA ASSOCIATIVA

Sognando “la scuola di mondialità”Per crescere come “buoni cristiani e onesti cittadini”

Torino, Harambée 2012, Teatro Grande Valdocco: un incontro che è punta dell’iceberg di un vasto e articolato movimento missionario, fatto di campi di lavoro e raccolta,

di molteplici e diversificati gruppi missionari, di luoghi di cultura e formazione (le cosiddette scuola dimondialità), di esperienze estive nei Paesi in via di Sviluppo, di volontariato internazionale,

di commercio equo & solidale e di presenza nelle scuole, di elaborazione di sussidi e strumenti formativi, di advocacy presso enti nazionali e internazionali

di Don Claudio Belfiore, Coordinatore nazionale di PG e presidente CNOS

visto tanti giovani, allegrie impegnati allo stessotempo, appassionati e for-

ti dell’esperienza intensa e coinvol-gente dell’estate: erano solo una rap-presentanza di quei tanti giovani eadolescenti che nell’animazionemissionaria hanno trovato “pane peri loro denti”, qualcosa di serio damasticare per alimentare il loro de-siderio di bene, di giustizia e di soli-darietà a favore di chi ha avuto dimeno dalla vita, e forse quel poco glistanno ancora portando via.Ho visto sessanta consacrati, Sale-siani e figlie di Maria Ausiliatrice,rendersi disponibili per partire come

Ho missionari, lasciare il loro mondo,legami affettivi e sicurezze, e dare ul-teriormente concretezza al dono to-tale di vita come consacrati al Si-gnore per il bene dei giovani: moltidi essi provengono dai Paesi poveri,ma evidentemente generosi e rico-noscenti per il dono ricevuto cheora intendono a loro volta ridonare.Al fianco dei missionari consacratiho visto anche 11 volontari laici,professionisti, coppie sposate, giova-ni motivati, espressione di una sen-sibilità diffusa e crescente: dedicarsiagli altri, mettere a frutto le propriecompetenze, confrontarsi con unacultura diversa e assediata dalla glo-

balizzazione, accettare di mettere indiscussione principi e punti di vista.Vero e proprio laboratorio di vita dacui si esce segnati e accresciuti nel-la propria dignità e umanità.Vi confesso che ho visto questo, ealtro ancora. Ho visto non solo congli occhi, ma con il cuore, e ho so-gnato ad occhi aperti. Nel viaggio diritorno da Torino a Roma, mentre iltreno sfrecciava a 300 km all’ora, eracome se fossi ancora nella platea delteatro e nella sempre bella Basilicadi Maria Ausiliatrice: volti, parole,suggestioni prendevano forma, co-me tanti pezzi di un puzzle che andavano componendosi facendo

Foto di Alessandra Tarquini

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VOLONTARIATO INTERNAZIONALE PER LO SVILUPPO 45

unmondopossibile 34-2012

intuire il disegnocomplessivo. Ho preferito usa-re l’espressione“ho sognato”, enon “ho visualiz-zato”, per espri-mere l’intensitàe la significativi-

tà di quanto focalizzato durante quelviaggio: non solo immagini e ricordi,ma l’intuizione di qualcosa di desi-derabile e realizzabile. A tal propo-sito mi piace ricordare che Don Bo-sco ci insegna che prima si sogna;poi si inizia ad agire, confidandonella Provvidenza di Dio e nell’aiu-to dell’Ausiliatrice; e infine, quan-do e come Dio vorrà, si contempla ilcompimento di tale sogno (“a suotempo tutto comprenderai”). Tuttoquesto senza nessuna pretesa o illu-sione di aver sognato all’altezza diDon Bosco!A distanza di settimane porto anco-ra con me quell’intuizione, che è an-che certezza personale, della validi-tà e significatività dell’animazionemissionaria per la proposta educati-va salesiana, che mira a formarebuoni cristiani e onesti cittadini.

Come incaricati e responsabili di pa-storale giovanile, sia a livello localeche negli uffici di coordinamentoispettoriali e nazionali, spesso ci sia-mo chiesti quale doveva essere losbocco dei nostri cammini di forma-zione: quale uomo e quale donnaadulta, che tipo di cristiano e di cit-tadino, con quali caratteristiche espiritualità. Nell’esperienza dell’animazione mis-sionaria, che si caratterizza per lasensibilità e apertura alla mondialitàe che ben si addice al buon cristia-no, riscontro positive indicazioni dirisposta a tali domande, specialmen-te in alcune direzioni: partecipazionee coinvolgimento personale di fron-te alle necessità dei più poveri; at-tenzione ai problemi legati allo svi-luppo e ai diritti di ogni persona;confronto con altre culture e popo-lazioni; esigenza di operare insiemeper una cultura equa e solidale. Tutto ciò si realizza in modo parti-colare nelle molteplici scuole dimondialità sparse per l’Italia, inizia-tive di formazione che si sono diffu-se e si stanno radicando ormai intutte le Ispettorie salesiane comeimportanti luoghi di studio, condi-

visione ed elaborazione culturale.Nell’attuale contesto socio-cultura-le c’è un aspetto che potrebbe esse-re ulteriormente sviluppato, relati-vo all’onesto cittadino, ma in pienasintonia con il buon cristiano: e sel’animazione missionaria, che nelsuo insieme è scuola di mondialità,si specificasse anche come laborato-rio di formazione alla cittadinanzaattiva? Agire con spirito missiona-rio, non solo verso altri Paesi, manei confronti della propria nazione,sul proprio territorio, insieme allapropria comunità cristiana. Africa-ni, asiatici, latino-americani, euro-pei dell’Est sono nelle nostre città,sulla porta di casa. Le politiche sonosempre di più intrecciate, e se unosviluppo va favorito nei Paesi lonta-ni, non di meno anche nel nostroPaese e nel nostro Continente urgeuna politica di solidarietà e di at-tenzione ai diritti della personaumana.Ho usato le parole “sogno” e “intui-zione”, perché questo articolo è uninsieme di pennellate, più che un di-segno completo e rifinito. Il quadrofinale potrà essere solo frutto del la-voro di tante mani. ■

visti da Loro by RoBot

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VOLONTARIATO INTERNA-

R c s noi iE Ne

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di Elisa Nucci, VIS - Responsabile Paese Territori [email protected]

Ogni Mattinaa Jenin

gni mattina a Jenin è unastoria raccontata umilmen-te, quasi sottovoce: è la

storia della vita di una famigliapalestinese che si snoda perquattro generazioni e per circa60 anni. Attraverso le vicende dei perso-naggi e dei loro amori, speranzee paure, si affresca la storia delconflitto israelo-palestinese: lastoria di due popoli che condivi-devano una terra e finiscono percondividere un conflitto, e diquella forza ignota che imper-scrutabilmente rende gli uominivittime o carnefici. Quando avrete finito di legge-re questa storia potrete sen-tirne gli enormi risvolti inat-tesi. Se la storia di questoconflitto vi è sempre sem-brata un garbuglio inestri-cabile questo libro è ilmezzo giusto per penetrar-la. Senza indugiare in consi-derazioni politiche e senzagiudicare vinti e vincitori,il ritmo sostenuto del-

la storia vi terrà incollati come sesi trattasse di un triller di cui nonconoscete la fine. La precisione, la profondità el’intensità del racconto imprimo-no in maniera indelebile la sug-gestione delle verdi colline dellaPalestina, la poesia e l’incantodelle antiche tradizioni arabe,

dell’intimità delle famiglie, dellacomplicità tra le donne. Susan Abulhawa riesce a tra-smettere emozioni insondabiliquali la forza della lotta per la so-pravvivenza, la disperazione dichi ha perso tutto, il potere del-la vita che nasce anche dopola tragedia, l’empatia con gli altri esseri umani, sempree comunque, nonostantetutto.Le riflessioni, sporadiche eprofondamente sensate,sono accompagnate da in-serti di brani di grandi gior-nalisti, non ci sono mai giu-dizi, solo il racconto di unavita quotidiana e intima. Anche voi sentirete il silen-zio di questo popolo ur-lare nella storia del-l’umanità. ■

O

Susan Abulhawa

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PICCOLE E NERE:le infaticabili formiche di Fabio Vettori

di Alessandra Tarquini, VIS - Responsabile Ufficio [email protected]

Sono piccole, sono tante e uniche, sono nere, infaticabi-li. Sono le formiche nate dalla mano e dal cuore del dise-gnatore Fabio Vettori che per i 25 anni del VIS ha decisodi regalarci una tavola dedicata alla nostra ONG, a cui ab-biamo dedicato la quarta di copertina di questo numero,come augurio di Natale per tutti voi che ci sostenete dasempre! Cosa si nasconde dietro questo formicaio creati-vo? La risposta in questa breve intervista realizzata conl’autore che da oltre 40 anni continua a stupire grandi epiccini con il suo formicaio creativo.

Caro Fabio come mai tra tanti ani-mali hai scelto proprio la formica?La formica tende ad essere silenzio-sa, prediligendo la dimensione delfare piuttosto che del parlare. È unagrande lavoratrice, ma sa anche di-vertirsi e sa sfruttare bene il suo tem-po. Per tutte queste caratteristiche èriuscita a conquistarmi diventandola protagonista dei miei disegni.

Come hai iniziato la tua carriera?Sin da piccolo amavo disegnare paesaggi ricchi di partico-lari. Crescendo sono arrivate le formiche e le richieste deimiei compagni di scuola e degli amici. Sono così iniziati acrescere il numero di disegni al punto che nel 1982 horealizzato la prima mostra personale a Trento che ha datol’avvio a tutto.

Sono molti i fronti del tuo impegno nel volontariato enell’educazione. Cosa ti spinge a fare i laboratori coni bambini? Mi piace dedicare del tempo ai laboratori con i “piccolidisegnatori” perché mi sorprendono per la loro fantasia e

per la loro capacità di sperimentare e di tentare dei per-corsi creativi nuovi. Sono sempre molto impegnato e iltempo non è mai abbastanza per fare tutto quello che vor-rei, ma a queste “fucine creative” non posso rinunciare.

Come è stato disegnare la tavola dedicata al VIS?Ho accolto subito la proposta, anche perché penso cheDon Bosco sia stato un Santo straordinario del suo tempoe apprezzo il lavoro che oggi i missionari salesiani e i vo-lontari internazionali fanno per i bambini e i ragazzi più

poveri nel mondo. Aiutare chi è in difficoltà attraverso l’educazionecredo sia un lavoro straordinario.

Il mondo possibile che immagini?Io non sono un pessimista. Non rie-sco a vedere tutto nero, nonostantela crisi che colpisce tutti. Credoche si possa migliorare, compiendopiccoli passi ogni giorno. Ognunopuò contribuire a suo modo. Se an-diamo alla radice dei valori, quelli

veri, autentici, ci rendiamo conto che la nostra realtà ècomplessa certamente ma anche straordinariamente riccadi opportunità. ■

www.fabiovettori.com

veri, autentici, ci rendiamo conto che la nostra realtà è

Susan Abulhawa47

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dal Direttore

SOLIDARIETÀCIVILTÀe

È segno di civiltà!

Così dicono. Il senso di civiltà di un Paese si misura an-che con la sua capacità e volontà di aiutare chi si trovain difficoltà. La solidarietà è il termometro del livello diciviltà di un popolo e di uno Stato.

Scusate, ma chi l’ha detto?

Sarebbe come dire che non fare cooperazione è sinoni-mo di inciviltà?

Ma figuriamoci.

Ma avete presente come stiamo messi noi, so-prattutto in questo periodo storico, qui a ca-sa nostra? Che non si arriva a fine mese...

Non possiamo aiutarli più. Che risol-vessero i loro problemi in modocreativo e autonomo, magari conpiù lavoro in nero o con scam-bi informali. L’arte di arran-giarsi comunque la cono-scono! Che risolvessero iloro problemi con le loroforze.

Noi ne abbiamo già tanti...L’altro giorno non è venuta acasa mia una signora, amica divecchia data, a chiedermi degli

spicci per comprare un po’ di latte per i suoi figli perchéaveva praticamente finito i soldi della settimana?

Ma vi sembra possibile? Neanche i soldi per il latte. Ne-anche i soldi per poter dar da mangiare ai propri figli.Chi non si muoverebbe a pietà, vedendo dei bambinisenza cibo e senza latte?

E allora, altro che aiutare gli altri. Qui dobbiamo iniziarea tirarci su le maniche e affrontare la nostra situazione,visto come sta degenerando.

Non è cattiveria, veramente. È reale impossibilità afar fronte alle esigenze altrui. Non posso lasciare questi bambini, che sono an-che i miei bambini, morir di fame. Non è umano.

Non è civile.

E lo dirò. Quest’anno non c’è scusache tenga. Certo, lo farò con di-

plomazia. Chiederò scusa agli italiani per

la riduzione dei nostri fondiper la cooperazione, ma diròloro chiaramente che perquest’anno noi africani nonpossiamo proprio aiutarli,perché è arrivata l’ora di affrontare questa emer-

genza che dura ormai dauna vita. ■

di Luca Cristaldi, VIS - Direttore “Un Mondo Possibile”[email protected]

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