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Spedizione in abbonamento postale Roma, conto corrente postale n. 649004 Copia € 1,50 Copia arretrata € 3,00 (diffusione e vendita 16-17 dicembre 2020) L ’O SSERVATORE ROMANO GIORNALE QUOTIDIANO POLITICO RELIGIOSO Unicuique suum Non praevalebunt Anno CLX n. 290 (48.614) mercoledì 16 dicembre 2020 Città del Vaticano y(7HA3J1*QSSKKM( +"!#!?!=!/ Siria, un altro gelido inverno All’udienza generale Per un Natale più vero purificato dal consumismo Un Natale «più religioso, più ve- ro», soprattutto purificato «dal consumismo»: lo auspica il Papa in questo 2020 segnato dalla pan- demia. All’udienza generale di mercoledì 16, ancora senza la pre- senza di fedeli a causa del covid- 19, il Pontefice ha preso spunto dalla situazione attuale: «Que- st’anno ci attendono restrizioni e disagi», ha osservato salutando i fedeli; ma basta pensare, «al Na- tale della Vergine Maria e di San Giuseppe», per i quali «non furo- no rose e fiori». Al contrario eb- bero «difficoltà e preoccupazio- ni. Eppure la fede, la speranza e l’amore li hanno sostenuti. Che sia così anche per noi!». In prece- denza, proseguendo le catechesi sulla preghiera, Francesco aveva parlato dell’orazione d’interces - sione. PAGINA 8 Nella visione della «Fratelli tutti» Il nuovo popolo della solidarietà di GIUSEPPE BUFFON N ell’enciclica sociale di Papa Francesco, Fratelli tutti, il ten- tativo di recuperare il valore della fraternità, spesso rele- gata a “sorella minore” rispetto alla liber- tà e all’uguaglianza, trova avvio già nella lettura della parabola del Samaritano. La doppia esclusione, da una parte, etnico- religiosa e politica, quella del Samarita- no, che vive la condizione di straniero, e dall’altra, sociale ed esistenziale, quella dell’uomo malmenato e trascurato dai re- sponsabili della sua stessa etnia, della stessa religione e del suo stesso popolo, viene risolta mediante un gesto di cura, che si dimostra fondante la stessa frater- nità. Tra lo straniero e il piagato, si opera come un riconoscimento reciproco, sulla base del fatto che entrambi risultano esclusi. Ed è proprio la ferita a offrire l’opportunità per infrangere l’esclusione e creare un nuovo popolo, quello tessuto da una fraternità basata sulla cura. Nelle piaghe dell’uomo malmenato, il Samari- tano cura, infatti, la sua stessa dignità, la dignità che spetta a ogni essere umano. In questo atto di prossimità al misero, il Samaritano radica la possibilità di dare vita al popolo della solidarietà inclusiva, nel quale egli stesso non sia più conside- rato straniero. Quest’atto di cura, a fon- damento della fraternità, stabilisce, per- ciò, una nuova cittadinanza, una nuova antropologia, quella dal cuore aperto al mondo intero. Non è più l’appartenenza a uno Stato, a una Nazione, a un’etnia o a una religione a costituire elemento di me- rito a pro di una cittadinanza, ma soltan- to la sollecitudine di una cura, in nome del diritto di ciascuno alla dignità, del di- ritto a essere riconosciuto fratello. Per in- ciso, va ricordato che il termine “fratel - lanza” è stato introdotto nel vocabolario giuridico internazionale proprio con la Dichiarazione universale dei diritti uma- ni (1948), formulata dall’O rganizzazione delle Nazioni Unite. Non è perciò casua- le l’attenzione, che Papa Francesco riser- va all’Onu nella Fratelli tutti, auspicando- ne una riforma, che ne assicuri maggiore incisività sul piano della difesa della di- gnità umana. Nell’enciclica il correttivo del concet- to di libertà, a rischio di individualismi e “inequità”, e quello del concetto di uguaglianza, soggetto, invece, a derive omologanti, populiste, proviene non da una fraternità disegnata in modo astrat- to, decontestualizzato. Come già si de- duce dai suoi importanti discorsi ai Mo- vimenti popolari, associazioni tipica- mente latinoamericane, per il Papa che viene dall’altro capo del mondo, la con- cezione di tale fraternità si ispira all’e- sperienza di un popolo, che affonda le sue radici nell’humus socio-ecclesiale e politico latinoamericano, per non dire addirittura argentino. Proprio in Argen- tina, infatti, si dimostra assai diffusa la cosiddetta “teologia del popolo”, che sostituisce la teologia della liberazione, maggiormente in auge nelle altre regio- ni del continente latinoamericano e so- prattutto in Brasile. In un popolo di questo genere, il cittadino per eccellen- za non può essere che il povero, non tan- to per il fatto di essere privo di beni, quanto per il fatto di dimostrare una speciale disponibilità alla condivisione, l’attitudine a intrecciare relazioni frater- ne, a vivere un’appartenenza come soli- darietà: una solidarietà spesso impasta della sofferenza per una comune esclu- sione sociale, economica; solidarietà nella comune ferita, inferta alla dignità umana. Nel protagonismo religioso, cultura- le e sociale di questo popolo solidale e fraterno, più volte richiamato nella Fra- telli tutti, si intravede anche la grande esperienza delle “riduzioni” gesuite. Es- se, infatti, avevano rappresentato un Siria, un altro gelido inverno NOSTRE INFORMAZIONI PAGINA 7 SEGUE A PA G I N A 3 C on l’arrivo dell’in- verno torna a essere a rischio la sopravvi- venza di oltre due milioni di siriani sfollati che si trovano in condizioni dispera- te nella parte nord-occidentale del Paese. L’allarme giunge da Medici senza frontiere (Msf), che ricorda come «chi vive nei campi dovrà sopportare gelo, strade fangose e pioggia nelle tende. E per molti non sarà il primo inverno passato in que- ste condizioni». A ciò si ag- giunge la preoccupazione per la pandemia, con oltre 17.000 casi nella regione. Gli opera- tori di Msf sono al lavoro per distribuire kit invernali con vestiti pesanti, cerate, materas- si e coperte a circa 14.000 fa- miglie che vivono in più di 70 campi. OGGI IN PRIMO PIANO Laboratorio Dopo la pandemia DOMINIQUE COLLIN E MARCO BELLIZI ALLE PA G I N E 2 E 3 Nell’inserto «Religio» La casa dei Magi IGOR TRABONI A PA G I N A I ALLINTERNO A 250 anni dalla nascita L’eredità di Ludwig van Beethoven MARCELLO FILOTEI E SAV E R I O SIMONELLI A PA G I N A 6 Videomessaggio di Francesco L’educazione è un atto di speranza PAGINA 7

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L’OSSERVATORE ROMANOGIORNALE QUOTIDIANO POLITICO RELIGIOSO

Unicuique suum Non praevalebunt

Anno CLX n. 290 (48.614) mercoledì 16 dicembre 2020Città del Vaticano

y(7HA

3J1*QS

SKKM(

+"!#!?!=

!/

Siria, un altro gelido invernoAll’udienza generale

Per un Natalepiù veropurificato

dal consumismoUn Natale «più religioso, più ve-ro», soprattutto purificato «dalconsumismo»: lo auspica il Papain questo 2020 segnato dalla pan-demia. All’udienza generale dimercoledì 16, ancora senza la pre-senza di fedeli a causa del covid-19, il Pontefice ha preso spuntodalla situazione attuale: «Que-st’anno ci attendono restrizioni edisagi», ha osservato salutando ifedeli; ma basta pensare, «al Na-tale della Vergine Maria e di SanGiuseppe», per i quali «non furo-no rose e fiori». Al contrario eb-bero «difficoltà e preoccupazio-ni. Eppure la fede, la speranza el’amore li hanno sostenuti. Chesia così anche per noi!». In prece-denza, proseguendo le catechesisulla preghiera, Francesco avevaparlato dell’orazione d’i n t e rc e s -sione.

PAGINA 8

Nella visione della «Fratelli tutti»

Il nuovo popolo della solidarietàdi GIUSEPPE BUFFON

Nell’enciclica sociale di PapaFrancesco, Fratelli tutti, il ten-tativo di recuperare il valoredella fraternità, spesso rele-

gata a “sorella minore” rispetto alla liber-tà e all’uguaglianza, trova avvio già nellalettura della parabola del Samaritano. Ladoppia esclusione, da una parte, etnico-religiosa e politica, quella del Samarita-no, che vive la condizione di straniero, edall’altra, sociale ed esistenziale, quelladell’uomo malmenato e trascurato dai re-sponsabili della sua stessa etnia, dellastessa religione e del suo stesso popolo,viene risolta mediante un gesto di cura,che si dimostra fondante la stessa frater-nità. Tra lo straniero e il piagato, si operacome un riconoscimento reciproco, sullabase del fatto che entrambi risultanoesclusi. Ed è proprio la ferita a offrirel’opportunità per infrangere l’esclusionee creare un nuovo popolo, quello tessuto

da una fraternità basata sulla cura. Nellepiaghe dell’uomo malmenato, il Samari-tano cura, infatti, la sua stessa dignità, ladignità che spetta a ogni essere umano.In questo atto di prossimità al misero, ilSamaritano radica la possibilità di darevita al popolo della solidarietà inclusiva,nel quale egli stesso non sia più conside-rato straniero. Quest’atto di cura, a fon-damento della fraternità, stabilisce, per-ciò, una nuova cittadinanza, una nuovaantropologia, quella dal cuore aperto almondo intero. Non è più l’appartenenzaa uno Stato, a una Nazione, a un’etnia o auna religione a costituire elemento di me-rito a pro di una cittadinanza, ma soltan-to la sollecitudine di una cura, in nomedel diritto di ciascuno alla dignità, del di-ritto a essere riconosciuto fratello. Per in-ciso, va ricordato che il termine “fratel -lanza” è stato introdotto nel vocabolariogiuridico internazionale proprio con laDichiarazione universale dei diritti uma-ni (1948), formulata dall’O rganizzazione

delle Nazioni Unite. Non è perciò casua-le l’attenzione, che Papa Francesco riser-va all’Onu nella Fratelli tutti, auspicando-ne una riforma, che ne assicuri maggioreincisività sul piano della difesa della di-gnità umana.

Nell’enciclica il correttivo del concet-to di libertà, a rischio di individualismi e“inequità”, e quello del concetto diuguaglianza, soggetto, invece, a deriveomologanti, populiste, proviene non dauna fraternità disegnata in modo astrat-to, decontestualizzato. Come già si de-duce dai suoi importanti discorsi ai Mo-vimenti popolari, associazioni tipica-mente latinoamericane, per il Papa cheviene dall’altro capo del mondo, la con-cezione di tale fraternità si ispira all’e-sperienza di un popolo, che affonda lesue radici nell’humus socio-ecclesiale epolitico latinoamericano, per non direaddirittura argentino. Proprio in Argen-tina, infatti, si dimostra assai diffusa lacosiddetta “teologia del popolo”, che

sostituisce la teologia della liberazione,maggiormente in auge nelle altre regio-ni del continente latinoamericano e so-prattutto in Brasile. In un popolo diquesto genere, il cittadino per eccellen-za non può essere che il povero, non tan-to per il fatto di essere privo di beni,quanto per il fatto di dimostrare unaspeciale disponibilità alla condivisione,l’attitudine a intrecciare relazioni frater-ne, a vivere un’appartenenza come soli-darietà: una solidarietà spesso impastadella sofferenza per una comune esclu-sione sociale, economica; solidarietànella comune ferita, inferta alla dignitàumana.

Nel protagonismo religioso, cultura-le e sociale di questo popolo solidale efraterno, più volte richiamato nella Fra -telli tutti, si intravede anche la grandeesperienza delle “riduzioni” gesuite. Es-se, infatti, avevano rappresentato un

Siria, un altro gelido inverno

NOSTREINFORMAZIONI

PAGINA 7SEGUE A PA G I N A 3

Con l’arrivo dell’in-verno torna a esserea rischio la sopravvi-venza di oltre due

milioni di siriani sfollati che sitrovano in condizioni dispera-te nella parte nord-occidentaledel Paese. L’allarme giunge daMedici senza frontiere (Msf),che ricorda come «chi vive neicampi dovrà sopportare gelo,strade fangose e pioggia nelletende. E per molti non sarà ilprimo inverno passato in que-ste condizioni». A ciò si ag-giunge la preoccupazione perla pandemia, con oltre 17.000casi nella regione. Gli opera-tori di Msf sono al lavoro perdistribuire kit invernali convestiti pesanti, cerate, materas-si e coperte a circa 14.000 fa-miglie che vivono in più di 70campi.

OGGI IN PRIMO PIANO

Lab oratorioDopo la pandemia

DOMINIQUE COLLIN

E MARCO BELLIZI ALLE PA G I N E 2 E 3

Nell’inserto «Religio»

La casadei Magi

IGOR TRABONI A PA G I N A I

ALL’INTERNO

A 250 anni dalla nascita

L’eredità di Ludwigvan Beethoven

MARCELLO FILOTEI

E SAV E R I O SIMONELLI A PA G I N A 6

Vi d e o m e s s a g g i odi Francesco

L’educazioneè un atto

di speranzaPAGINA 7

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L’OSSERVATORE ROMANOpagina 2 mercoledì 16 dicembre 2020

Laboratorio - Dopo la pandemia «Per chi è responsabile la domanda ultima non è: come me la cavo eroicamente in quest’a f f a re ,ma: quale potrà essere la vita della generazione che viene» (D. Bonhoeffer)

Il messaggio del cristianesimo all’indomani del «Tempus clausum»

L’eventuale eternità del presente

Il libro «Radical Choc. Ascesa e caduta dei competenti»

Esp ertoquanto mi costi

Del numero 5/2020 di «Vita e Pen-siero», bimestrale culturale dell’Uni-versità Cattolica del Sacro Cuore,pubblichiamo il seguente intervento.

di DOMINIQUE COLLIN

I l lockdown dovuto allapandemia ha rappresen-tato, per il mondo comeper la Chiesa, un Te m p u s

clausum (così si definiva, in al-tre epoche, il “tempo chiuso”dell’Avvento e della Quaresi-ma durante il quale eranoproibite le feste pubbliche)imprevedibile, i cui effetti nonsi sono ancora esauriti. La crisisanitaria è una crisi del tempo:una di quelle rare volte, dalunga data e su tale scala, incui il presente, vissuto fino aquel momento come transito-rio, ci è apparso reale o, in al-tre parole, si è presentato a noiin modalità di discontinuità.Ci ha brutalmente ricordato laverità, oscurata dal mito mo-derno del tempo progressivo ecumulativo, che l’i m p re v i s t o ,ciò di cui non esistono prece-denti, può accadere. Ogni crisiè rivelatrice. Questa ci fa vede-re che noi, ben più che nondell’ennesimo virus, siamoammalati di discordanza deitempi: angosciati da un futuri-smo che non promette nientedi buono (catastrofismo impe-rante) e un passato che dob-biamo affrontare come se, peruna sorta di capovolgimento,avesse preso il posto del futuro(commemorazione e penti-mento), ci troviamo reclusi inun presente che è diventatol’unica dimensione disponibi-le del tempo, un presente ri-dotto a “p re s e n t i s m o ”, formavuota di un presente senzapresenza. Questo è, schemati-camente, il male moderno deltemp o.

Il cristianesimo, purtroppo,accusa l’impatto della moder-nità ben più di quanto non neraccolga la sfida spirituale,quella della coniugazione deitempi tra passato, presente eavvenire. Ciò supporrebbe cheesso si riconnettesse con la suainattualità originale, che quiintendo nel senso di Niet-zsche: operare «contro il tem-po e, in questo modo, sul tem-po e, speriamo, a favore di untempo a venire». Messo a nu-do da un virus, ridotto ad ap-parire come il braccio spiritua-le degli Stati e a offrire loro lasua garanzia morale, il cristia-nesimo si trattiene dal confes-sare la propria disfatta spiri-tuale. Avrebbe dovuto farlo,invece, non per battersi il pet-to ma per rinnovarsi. Gli sa-rebbe stato però necessario vi-vere come un autentico k a i ró s ilTempus clausum che gli è statoimposto. Avrebbe forse allorascoperto che la virtù di un“frattanto”, consistente nell’a-bolire la fugacità degli istanti,gli offriva un’occasione di so-spendere il tempo senza aboli-re l’avvenire, e non un’o ccasio-ne di perderlo. Ho letto pocotempo fa le seguenti parole delresponsabile della comunica-zione di una diocesi che misembrano appunto rivelatricidi quanto sto provando a spie-gare: «Ricuperare il tempo

perduto: ecco la parola d’o rd i -ne delle scuole e delle imprese,ma anche della Chiesa». Qua-si che la sfida spirituale stessenel «ricuperare il tempo per-duto»! Come per tutti i malatiinconsapevoli di esserlo, nonsono i loro sintomi che ci de-vono allertare, bensì la loro«salute artificiale» di cui parlaKierkegaard quando ammoni-sce: «Più che alla sua morteapparente, si tratta di strappa-re la cristianità alla sua vita ap-parente, che fra tutti i pericoliè il peggiore…perché in appa-renza senza pericolo!». Quan-to a me, mi chiedo se la «vitaapparente» della Chiesa nonconsista appunto nel cercaresempre di «ricuperare il tem-po perduto», come se le man-casse sempre il tempo per rag-giungere la compiutezza cheessa spera: incarnare infinequella che Jean-Luc Nancychiama «l’equivalenza del sen-so e del mondo». Nancy ritie-ne che il cristianesimo abbiasciolto questa identità a disca-pito del mondo e a vantaggiodel senso (cfr. Quand le sens nefait plus monde. Entretien avecJean-Luc Nancy, in «Esprit»,m a rs - a v r i l 2014), ma ciò che og-gi osserviamo è l’inverso: il cri-stianesimo trascura il suo sen-so sempre più incomprensibilea vantaggio della promozionedel suo “essere al mondo”, unamessa in scena che lascia pe-raltro il mondo indifferen-te…La Chiesa non vede che ilmondo riceve dalla tecnica daesso prodotta una religiositàsacrale che non deve più anda-re a domandarle nulla, in cam-bio di qualche favore. Il mon-do fa tranquillamente a menodi Dio perché è fondamental-mente pagano; per contro, esi-ge una credenza (la Salute, ilProgresso tecnologico, la Cre-scita), un rito (tutto è diventa-to “sp ettacolo”, apparenza divita, spoglia di azione vera e dipassione profonda) e un suoclero tecnocratico (i famosi“esp erti”, tra i quali si trovanooggi in prima fila gli epide-miologi). La crisi sanitaria ciha rivelato anche questo mon-do, che “dop o” sarà quello cheera già “prima”, ma in peggio.Se la Chiesa fatica a vedere ilpericolo rappresentato dallapropria “vita apparente”, èprobabilmente perché è anda-ta costruendosi su un malinte-so riguardo al suo senso nellastoria: invece di partecipare al-la storia adottandovi il puntodi vista del mondo-a-venire,ha voluto essere la Storia. Ora,«ovunque vi sia Storia» – se-condo il severo giudizio diBenjamin Fondane, acuto let-tore di Kierkegaard e di Niet-zsche – «questa basta a se stes-sa: siamo agli antipodi del reli-gioso». A partire dal momentoin cui la Chiesa basta a se stes-sa, diventa pagana, a immagi-ne del mondo. Per riprendereMarx, ma sostituendo “filoso-fia” con “cristiano”, si può direche il divenire-cristiano delmondo è, in pari tempo, un di-venire-mondo del cristianesi-mo: la sua realizzazione è lasua perdita. Il mondo è rima-sto pagano e lo diventa ancorpiù grazie al trasferimento del-

la tecnica al sacro (e non l’in-verso, come aveva ben capitoJacques Ellul), mentre il cri-stianesimo si ritrova “nudo”,senza “mondo” né “senso”.Certo il cristianesimo è rilut-tante a vedersi nella sua nudi-tà, per questo si riveste di unabito molto comodo perché inapparenza contrario a tuttociò che il mondo autosuffi-ciente rappresenta: lo vediamoindossare l’umanesimo. Allostesso tempo razionale masenza eccessi, liberale ma conmoderazione, individualistama democratico, aperto almondo ma legato alle “identi-tà”, l’umanesimo calza comeun guanto a questo cristianesi-mo che vuol essere simulta-neamente “mondo” e “sensodella Storia”. La Chiesa nonha forse interesse a brillare peril suo umanesimo, così da farsiperdonare il suo passato, lasua intolleranza e i suoi abusi?E perché mai ci sarebbe un pe-ricolo, per il cristianesimo, aidentificarsi con l’umanesimo?Perché l’umanesimo attinge ipropri valori dalla credenza,più o meno conscia, che l’uo-mo basta a se stesso; e c’è que-sto di imbarazzante: non è

possibile essere cristiani uma-nisti senza rinunciare a esserecristiani. Qualcuno ribatterà:ma i valori evangelici non so-no umanisti? Ebbene, io nonlo credo. E non per la ragioneche sarebbe falso tentare direndere gli uomini un po’ piùcompassionevoli, un po’ piùgenerosi, un po’ meno incliniall’egoismo brutale, o tentaredi incitarli a un umanismo piùprofilattico, del genere “mettiin pratica le norme di distan-ziamento”, “pensa agli altripensando a te”, eccetera. Main maniera più fondamentale,perché l’umanesimo è effettodi un’astrazione: si riferisce aun uomo a priori, come do-vrebbe essere in se stesso, dun-que indipendentemente dal-l’appello a esistere che gli vie-ne da fuori di sé. Tale indipen-denza di principio su cui l’u-manesimo si fonda è agli anti-podi del Vangelo. Eppure,quel «cristianesimo originale»di cui parlava Nietzsche in“L’Anticristo”, che «sarà sem-pre possibile in tutte le epo-che», non avrà in serbo un av-venire? Se il momento attualeci richiede di reinventare ilsenso inattuale del cristianesi-

mo, dobbiamo per questo es-sere presenti all’esperienza cheè alla sua origine: atteggia-mento “di fondo” p eraltroestraneo a ogni concezione“a rc h e o l o g i c a ” della tradizio-ne. L’esperienza da cui il cri-stianesimo nasce procede dauna duplice conversione: daun lato, nel prolungamentodelle attese bibliche ma senzaidentificarsi completamentecon esse, testimonia nel pre-sente una presenza altra, lasperanza di un mondo-a-veni-re che esclude a ogni istante dipoter coincidere con il mondoo identificarsi con esso; dall’al-tro lato, fronteggiando la sa-cralizzazione della volontà dipotenza dell’impero romano,afferma la libertà dello Spirito,libertà che può essere vissutasoltanto sotto la figura diumanità in cui essa s’incarna.In altre parole, all’origine staun’esperienza che rendeva im-possibile tanto una qualsivo-glia identificazione con ilmondo così com’è, quanto lafuga dal mondo e dalla storiain nome di una verità che nonsarebbe umana. Se il cristiane-simo non avesse finito perconfondere il mondo e il sen-

so, avrebbe potuto realizzareciò che professava solo a fiordi labbra: cioè che l’imminen-za del mondo-a-venire, il qua-le non cessa di essere accoltonella speranza della fede, ria-pre, al contempo, il futuro e ilpassato. Riaprendo il futuro,libera le possibilità del passa-to; riaprendo il passato, rendeeffettiva e concreta la speranzadi un a-venire di cui non èl’uomo la condizione, poiché è

di MARCO BELLIZI

«L a natura ha creato il virus maè il sistema tecnologico adaverlo trasformato in un'epi-demia. Così ci ha posto il

suo estremo ricatto: sacrificare la nuda vitaoppure accelerare verso la distopia». Sia stataeffettivamente la natura o piuttosto una scri-teriata sperimentazione in laboratorio a de-terminare il disastro ancora in corso, la consi-derazione che Raffaele Alberto Ventura affi-da alle prime pagine del suo ultimo libro (Ra -dical Choc. Ascesa e caduta dei competenti, Einaudi2020, pagine 232, euro 14) contiene elementidifficilmente confutabili. Le caratteristicheintrinseche dell’attuale modello di societàhanno indubbiamente amplificato la diffu-sione del virus, attraverso la moltiplicazionedei contatti, la catena economica alla qualeaffidiamo il nostro benessere e la nostra sicu-rezza. Considerazioni che ci hanno spinto,più o meno onestamente e concretamente, ainterrogarci sul senso del nostro stile di vita.

Ventura però, analista del Groupe d'étudesgéopolitiques di Parigi, scrittore emergente, alsuo terzo libro di successo dopo “Te o r i adella classe disagiata” e “La guerra di tutti”,va oltre una generica condanna e già nel ti-tolo punta il dito contro una categoria benidentificata, quella dei cosiddetti “comp e-tenti”. “Una rivolta globale contro gliesperti sta iniziando”, diceva il fisico Ste-phen Hawking in occasione del suo ultimointervento pubblico, evidenziando il diffu-so sentimento di insofferenza che in molticampi si riscontra nei confronti del “sap e-re ”, vero o presunto. Le informazioni con-traddittorie di scienziati e virologi, la moledi notizie non verificate date in pasto alpubblico da media compiacenti, la cosid-

detta infodemia, non hanno certo contri-buito a cambiare il clima. Come ricorda op-portunamente Ventura, già Max Weberparlava a suo tempo degli “specialisti senzaspirito”, la classe dei funzionari nati a segui-to della crescita gigantesca del ruolo dellaburocrazia e della centralizzazione delle de-cisioni nelle società dell’epoca. Oggi “icomp etenti” appaiono piuttosto il prodottodella “società della sicurezza”, che è allostesso tempo, paradossalmente, la “so cietà

del rischio”, giacché nell'illusione di metter-si al riparo dal pericolo il nostro mondo fi-nisce con il produrre le stesse minacce chevorrebbe evitare, esattamente come accadecon l'eccesso di farmaci o con l'ipocondria.

Il concetto generale di sicurezza, scrivel'autore, nei suoi significati di “essere al si-curo dai rischi” e di “essere sicuri” di unacerta verità, infatti, «indica il modo in cui latecnica ambisce a rendere il mondo e la vitaintera massimamente prevedibili attraversoleggi, procedure e competenze». Come intempi passati il dominio burocratico ha fi-nito con l'essere per esempio il frutto amarodel socialismo reale, allo stesso modo — è latesi di Ventura — il dominio tecnocratico è

ora la linfa del “capitalismo reale”. Protago-nisti ne sono appunto i “comp etenti”. Al-meno fino a quando la legittimità di questiultimi non viene messa in discussione dacrisi sanitarie, ecologiche, sociali ed econo-miche. «Una cosa è certa – scrive l’a u t o redel libro — : nel momento in cui il sistema sipone come monopolista radicale della sicu-rezza, avendo annientato ogni concorrenzanel suo movimento di espansione, esso sitrova ad essere necessario anche quando èinefficace: la sua legittimità discende dalfatto che non esiste più alcuna alternativa».Altrimenti non si spiegherebbe perché con-tinui ad esistere, considerato che, come si èvisto anche in alcune fasi della pandemia,«in certi casi lanciare una moneta potrebberisultare una pratica non molto più impreci-sa che richiedere il parere di un esperto. E cicosterebbe molto meno». In sintesi, l’attua -le sistema economico, sociale e politico percontinuare ad esistere assume sempre mag-giori rischi, richiedendo perciò competenzesempre più sofisticate a fronte di un’utilitàsempre minore.

Ventura è figlio della sua epoca, e nel di-spiegarsi dei suoi ragionamenti spesso, ac-canto a grandi sociologi, economisti escienziati cita frasi celebri o dialoghi di filmo personaggi di fumetti: utilizza in manierabrillante gli elementi di una cultura plasma-ta più attraverso il confronto con paventatedistopie che con il sogno di mondi migliori(“Sbaglio o là fuori stanno impazzendo tut-ti quanti?” è la frase tratta dal pluripremiatofilm J o k e r, del 2019, che apre il capitolo 1 dellibro, insieme a quella che lo stesso antieroepronuncia rivolgendosi al commissarioGordon in un'altra avventura di Batman:“Stai facendo quello che qualsiasi uomo sa-no di mente farebbe nella tua situazione:stai impazzendo”).

Nella speranza che la follia non sia l'uni-ca risposta possibile a un mondo irraziona-le, Ventura evidenzia i percorsi evolutivi diun sistema avviato a suo parere a una fine fi-siologica, ancorché non indolore. La partepiù interessante è senza dubbio quella del-l'analisi condotta anche attraverso il con-fronto con il passato (gli umanisti in fondoerano i “p opulisti” del loro tempo, osserva a

«È il suono sordo dell'impattoquello che già sentiamo su di noi,ma rallentato al puntoche ci siamo convintisi tratti solo di un rumore di fondo».

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L’OSSERVATORE ROMANOmercoledì 16 dicembre 2020 pagina 3

Laboratorio - Dopo la pandemia «Per chi è responsabile la domanda ultima non è: come me la cavo eroicamente in quest’a f f a re ,ma: quale potrà essere la vita della generazione che viene» (D. Bonhoeffer) Il nuovo popolo

della solidarietà

progetto, allo stesso tempo, pastorale e sociale,ideato dai padri della Compagnia, per difenderela popolazione indigena dai soprusi dei rappre-sentanti della monarchia iberica, che con il pas-saggio dagli Asburgo ai Borboni, si sarebbe impe-gnata a chiedere alla Sede apostolica la soppres-sione della medesima Compagnia. Questi primigoverni, cosiddetti illuminati, cioè guidati da éli-tes intellettuali illuministe, sulla base di una, siapure compressibile, razionalizzazione delle risor-se, interpretavano sempre più la “politica missio-naria” come mero investimento economico. Sicomprende, perciò, come, nella stessa critica ri-volta da Papa Francesco alla politica, lo snodocentrale riguardi proprio l’eccessivo assoggetta-mento della medesima, non tanto all’economia,quanto al suo aspetto deteriore, la speculazione fi-nanziaria.

La fraternità che preserva libertà e uguaglianzada individualismo e populismo trova, dunque, at-tuazione in un popolo, che sia modello di unanuova economia, solidale e fraterna, e, di conse-guenza, modello di una nuova politica, schierataa favore della dignità di ogni persona, cioè favore-vole a una governance aperta a tutti e orientata dalprincipio dell’opzione per i poveri. Lo esprimevagià chiaramente e quasi profeticamente PapaFrancesco in uno dei suoi ultimi interventi primadi salire al soglio pontificio. Nel 2013, in un opu-scolo intitolato Noi come cittadini noi come popolo (JacaBook), egli, infatti, sembra già tracciare le lineeprincipali della sua Fratelli tutti: «La riuscita di unacultura dell’incontro che privilegi il dialogo comemetodo, la ricerca condivisa di consensi, di accor-di, di ciò che unisce invece di ciò che divide e con-trappone, è un cammino che dobbiamo percorre-re. Per questo dobbiamo privilegiare il tempo ri-spetto allo spazio, il tutto, rispetto alla parte, larealtà rispetto all’idea astratta e l’unità rispetto alconflitto» (pp. 73-74). Questo progetto politicointegrale per superare le disuguaglianze, senzaannullare le differenze, per superare le contrappo-sizioni, pur accettando i conflitti, per privilegiarela cultura del dialogo e dell’incontro, si trova in-carnato, dunque, nella volontà popolare che, persalvaguardare la stessa democrazia, deve farsi sog-getto politico, senza divisioni di classe o di parte.

La centralità assegnata al popolo nella Fra t e l l itutti è altresì significativa, se valutata nella cornicedi quella sinodalità che Papa Francesco considera«il cammino che Dio si aspetta dalla Chiesa delterzo millennio» (17 ottobre 2015, discorso per ilcinquantesimo dell’istituzione del Sinodo). Nel-l’importante passaggio da una sinodalità identifi-cata con l’assemblea del Sinodo dei vescovi a unasinodalità come stile di Chiesa, il popolo di Dioviene, infatti, ad assumere un ruolo da protagoni-sta, affiancando il collegio dei vescovi e il vescovodi Roma nel discernimento che deve orientare ilcammino ecclesiale. Si tratta, in effetti, di un recu-pero del modello di Chiesa-popolo di Dio, pro-spettato dal concilio Vaticano II: «Quella totalitàdi fedeli, i quali [avendo] ricevuto l’unzione delSanto (1 Gv 2, 20-27) non può sbagliarsi nel crede-re e manifesta questa proprietà che gli è peculiaremediante il senso soprannaturale della fede di tut-to il popolo» (Lumen gentium 12). Riteniamo, per-ciò, che la centralità ecclesiologica assegnata alpopolo da Papa Francesco consenta di attribuireallo stesso concetto di popolo il ruolo di principa-le chiave interpretativa della visione del Ponteficeche trova la sua piena espressione nella Fratelli tut-ti.

Dopo la diagnosi offerta nel primo capitolo,che nella solitudine della società contemporaneaprospetta l’esclusione tanto dello straniero, quan-to dell’uomo ferito e abbandonato lungo la stra-da, oggetto del secondo capitolo, il terzo e il quar-to, forse il cuore del documento, delineano lo svi-luppo socio-culturale (terzo) e antropologico(quarto) della Parola evangelica. È nel terzo capi-tolo, infatti, che viene considerata la fraternità, fil-trandola con il prisma della solidarietà popolare,quale correttivo di libertà e uguaglianza, mentrenel quarto viene trattato il tema dello straniero, sa-maritano, fondatore, mediante la cura, della me-desima fraternità. Gli altri capitoli aprono pisteapplicative sul piano politico-economico (quin-to), su quello del dialogo (sesto) e della riconcilia-zione (settimo), che esplicitano le risorse relazio-nali proprie della solidarietà popolare. L’ottavocapitolo, con l’applicazione della categoria dellafraternità al dialogo interreligioso, realizzato me-diate l’amicizia con l’imam Ahmad Al-Tayyeb, in-dividua la radice teologica della fraternità, cioè lafigliolanza di ciascuno da colui che è Padre di tut-ti.

CO N T I N UA DA PAGINA 1

invece il mondo-a-venire che èla condizione dell’uomo. Sidirebbe che il prezzo da paga-re per attenersi a questa fedesia apparso troppo elevato aicristiani, che si aspettavanoforse che la loro nuova fedepromettesse loro e il senso e ilmondo. Ora, il Vangelo nonpromette né l’uno né l’a l t ro .Quelli che vogliono il senso, ilVangelo li conduce sulla viadel “senza senso”, che non è il

senso né il non-senso ma unaparola che il desiderio non so-spetta nemmeno, e che Paolochiama «il linguaggio dellacroce». A quelli che voglionoil mondo, il Vangelo promettela remissione dei peccati, cheNancy interpreta appunto co-me «non volere più instaurareil mondo da se stessi e a pro-pria misura» — il mondo-a-ve-nire come uscita dal mondodella chiusura su di sé. In veri-tà, il mondo-a-venire e il “sen-za senso” rimandano a unastessa modalità di essere — me-taforicamente chiamati “Re-gno” o “Spirito” o, ancor piùespressivamente, in termini di“Vi t a ”. È per questo che nonpossiamo dire cosa sia il «cri-stianesimo originale» meglioche con questa parola trattadagli Atti degli Apostoli: è lamètanoïa eis Zoè, la «conversionealla Vita» (At 11,18). “Conver-sione in vista della Vita, o perla Vita”: qui risiede la veritàdel cristianesimo e la sua for-za, qui si trova anche una pos-sibile via d’uscita riguardo altempo. Condivido la convin-zione di François Jullien che ilcristianesimo possiede risorseinaudite per pensare e viverela Vita (si veda il suo volumet-to Ressources du christianisme maissans y entrer par la foi religieuse ed.it. Risorse del cristianesimo.Ma senza passare per la viadella fede, Ponte alle Grazie,2019), questa “Vita viva” che il

greco del Nuovo Testamentodesigna con il termine Zoè perdistinguerla dalla bíos, la vitaorganica. Ora, ciò che la crisisanitaria ha fatto emergere èappunto la focalizzazioneesclusiva sulla bíos e l’assenzacompleta di considerazioneper la Zoè, focalizzazione cheOlivier Rey bolla a buon titolocome «idolatria della vita»(cfr. L’idolâtrie de la vie, Paris,Gallimard, 2020). Rey do-manda: «A quali servitù siamonoi disponibili se concediamoalla “vita” la posizione supre-ma?». Su cosa si fonda questa«idolatria della vita»? Suquello che in noi non vuolemorire, in altre parole su unasegreta speranza di immortali-tà. Come un giorno qualcunomi disse: «So di essere morta-le, però mi sento immortale».Ciò che la minaccia attualemaggiormente rivela di noi è ilnostro bisogno viscerale di es-sere immunizzati contro lamorte (e anche contro l’ango-scia e l’imprevisto), bisognoattorno al quale sembrano or-ganizzarsi oggi tutte le attesedella società come pure le ri-sposte che forniscono gli Stati.Questo fantasma dell’immor-talità è certo consustanziale al-l’apparizione dell’uomo, ma lamodernità tecnoscientifica pa-re averne fatto il primo ingre-diente della sua ideologia delprogresso, dei suoi sogni transo post-umanisti o, ancora, del-

la promozione della bíos in ci-ma a tutto il resto, vita ridottaalla questione della salute, co-me se vivere significasse, pergli umani, unicamente “noncessare di essere” (vita nel sen-so debole di sopravvivenza).Lo vediamo bene: è una con-cezione della vita agli antipodidel cristianesimo e, per questaragione, rappresenta per essoun’opportunità per testimo-niare l’inaudito di questa Vitaviva. Sono stato troppo severocon la tentazione umanista delcristianesimo? È possibile.L’umanesimo esprime, nelprofondo, una verità che è lastessa del cristianesimo: c’è so-lo l’uomo. Ma ciò che fa sì checi sia l’uomo soltanto è preci-samente questa Vita di cuil’uomo non detiene né il sape-re né il controllo, questa Vitache è movimento di uscita dasé, movimento verso, che nontrattiene nulla per se stessa. Laverità della vita è spossessa-mento o, con un termine fru-sto, amore (agàpe). Che la vitasia spossessamento, quandonoi vi ci aggrappiamo per noncessare di essere, rende la suaverità inverosimile e la suaeventualità impossibile. Comese il vero della Vita potesse es-sere fatto coincidere con il ve-rosimile! Come se l’eventualitàdi una Vita viva non fosse ap-punto dell’ordine dell’i m p re -vedibile e dunque aperta sola-mente alla speranza della fede!Il cristianesimo insiste: «La vi-ta si manifestò, noi l’abbiamoveduta e di ciò diamo testimo-nianza e vi annunciamo la vitaeterna, che era presso il Padree che si manifestò a noi» (1 Gv1,2). L’unica missione del cri-stianesimo è testimoniare que-sta eventualità, l’eventualità diuna Vita che nessuna tecnicapermette di anticipare o dicontrollare. Quel che l’uomoha il diritto di domandare alcristianesimo è ciò che questoha ricevuto in proprio: unnuovo pensiero della vita (la«Parola della Vita» in 1 Gv 1,1)che, lo ripeto, non ha niente dibiologico (né di “bio etico” odi “ecologico” o che so io). Maesiste forse compito più arduodel «libero uso di ciò che ci èproprio», come ha detto Höl-derlin? Sì, c’è solo l’uomo, in-siste il cristianesimo, a rischiodi apparire inattuale – ma l’i-nattualità è la sua soluzione ri-guardo al tempo. C’è soltantol’uomo, ossia l’uomo sposses-sato di sé, l’uomo che vive diuna Vita che riceve da un Al-tro, dunque l’uomo sottrattoal regime del senso e al con-trollo del mondo, l’uomo, per-petua risorsa di rinnovamento.Siamo entrati in un’epoca fa-tale poiché ormai è l’inevitabi-le che detta legge. Ed è questafatalità che ormai, macchinal-mente, la tecnica s’ingegnerà arendere possibile. C’è per laChiesa – e per il cristianesimoin generale – un’altra via pos-sibile, un’altra soluzione sulpiano del tempo? Sì, è la Vitaviva, poiché è lei che da sem-pre e per sempre è la trama diun desiderio di eternità checoniuga origine e destino, ne-cessità e libertà. Conveniamo-ne: se il cristiano premodernoaveva il compito di testimonia-re l’eternità di prima e di dopoil tempo, almeno potrebbe,nel mondo moderno, e controil mondo moderno, testimo-niare l’eventualità presente diquella Eternità.

un certo punto l'autore).Il nostro sistema, dunque, per non im-

plodere si rende sempre più dipendentedalle sue norme e da una complessità chediventa la sua gabbia. Il concetto è un po'quello, economico, dell'”utilità marginale”:arrivati a un determinato livello, quanto ri-cavo produce un'ora in più di lavoro, consi-derato il suo costo? Secondo Ventura «nonè economicamente sostenibile il livello dicompetenza ideale» di questo sistema, nelquale ciò che conta non è neanche più il ca-pitale economico ma il portafoglio delleproprie abilità, dei titoli acquisiti e delle re-lazioni sociali che appunto la classe dei“comp etenti” può vantare.

Un capitale, però, sempre meno produt-tivo. Per dirla con Robert Michel, è ormaicompiuta la “sostituzione dei fini”: l'orga-nizzazione, da mezzo per raggiungere unoscopo, è diventata fine a se stessa. E produ-ce una grande mole di disposizioni: «La ri-gida applicazione della norma, anche quan-do si mostra inadeguata al caso particolare,presenta almeno due vantaggi al competen-te: da un lato lo mette al riparo da ogni con-testazione; dall'altro gli consente di fornireil minor sforzo cognitivo possibile». A sca-pito della competenza autentica. Il “com -p etente” acquisisce titoli, accumula cartelli-ni: è quanto gli serve per rendersi indispen-sabile. Detto che, naturalmente, non bastail cartellino per essere certi che il funziona-rio stia effettivamente lavorando, anche la«funzione di produzione della conoscen-za», scrive Ventura, è sottoposta alla logicadei “rendimenti decrescenti” e la classe deicompetenti sa che «per quanta nuova sicu-rezza produca, ne consumerà sempre dipiù, per quanta incertezza riesca ad assorbi-re, ne produrrà sempre di nuova col solofatto di esistere».

Per Ventura, la tentazione del populismonasce da qui. Del resto, scrive, «la legittima-zione è un debito che presto o tardi deve es-sere pagato». E cita Nietzsche: «Affinchéun santuario possa essere eretto, un santua-rio deve essere ridotto in frantumi: è questala legge, mi si indichi il caso in cui non èadempiuta». Insomma, siamo arrivati alsaldo.

La crisi viene da lontano: il Novecento,afferma l'autore, è stato «la grande pattu-miera in cui è stata occultata la crisi dell'im-perialismo occidentale» e «se la storia lasciadietro di sé un cimitero di élite bisogna purchiedersi come avviene il loro smaltimen-to». E se «davvero la storia prenderà la stra-da della distruzione creatrice per sostituire isuoi paradigmi in crisi, allora dobbiamosperare che le catastrofi del passato ci abbia-no insegnato un po' di prudenza, e che tra ipopulismi che si candideranno ad abbatterel'ordine dominante sapremo scegliere il me-no devastatore». Perché «è il suono sordodell'impatto quello che già sentiamo su dinoi, ma rallentato al punto che ci siamoconvinti si tratti solo di un rumore di fondo.Il nostro tempo è passato e il mondo in cuisiamo cresciuti appartiene già a ieri».

C’è l’eco, in queste parole, della battutache Vittorio Gassman pronuncia in un film

che forse non rientra fra i “cult” di Ventura,essendo di un altra epoca: «Il futuro è pas-sato — dice l’ex partigiano e poi avvocatoGianni Perego in “C’eravamo tanto amati”di Ettore Scola (1974) — e non ce ne siamoneanche accorti». L’affermazione, poi ri-presa anche da Gabriele Salvatores nel suofilm “Tu r n é ” del 1990 (la ripete uno degli at-tori che mettono in scena il “Giardino deiciliegi”), illustra l'amaro bilancio di una ge-nerazione che nel secondo dopoguerra ave-va sognato di rivoluzionare il mondo perpoi finire con l’essere risucchiata dagli in-granaggi di quella macchina che aveva por-tato a tanta sofferenza.

Ripetere quel fallimento ora sarebbe im-p erdonabile.

Van Gogh,"Sulla sogliadell’eternità"(1890),MuseoK rö l l e r –M ü l l e r,O t t e rl o .

Joaquin Phoenixe Robert De Niroin una scenadel filmJoker (2019)

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L’OSSERVATORE ROMANOpagina 4 mercoledì 16 dicembre 2020

Per condividere informazioni sul degrado

Patto europeoper il clima

Il cardinale Tomasi in vista di un webinar sul disarmo

Inaccettabile anche il solopossesso delle armi nucleari

DAL MOND O

Niger: l’Unhcr condannal’attacco di Boko Haram

L’Agenzia Onu per i Rifugiati con-danna l’attacco armato sferrato saba-to scorso a Toumour, nel Niger su-dorientale, in cui 28 persone sono ri-maste uccise e diverse centinaia feri-te. L’Unhcr esprime preoccupazioneanche per gli oltre 30.000 rifugiati esfollati interni che da tempo hannotrovato riparo nella città nigerina.Distrutti due terzi delle case e uccisooltre un migliaio di capi di bestiame.

Brexit: superato il principaleostacolo tra Ue e Regno Unito

Bruxelles e Londra hanno superatoil principale ostacolo che ha impedi-to loro di andare avanti per quasi 40giorni. «Sono stati risolti i nodi sullagovernance», ha detto il presidentedella Commissione europea Ursulavon der Leyen, alla plenaria dell’Eu-roparlamento. Ora, ha aggiunto, re-stano in sospeso altri due punti: illevel playing field (la parità di con-dizioni sulla concorrenza) e la pesca.

Oltre due milioni di bambini nel Tigrayesclusi dall’assistenza umanitaria

BRUXELLES, 16. Coinvolgerequante più organizzazioni ecittadini possibile nell’azionecontro il degrado climaticonell’Unione europea. È l’o-biettivo del Patto per il clima,una iniziativa annunciata dalvice presidente della Commis-sione europea, Frans Timmer-mans, che parte oggi.

Previsto nell’ambito delGreen Deal europeo, il pattoper il clima offre alle personedi ogni estrazione sociale unospazio per comunicare e persviluppare e attuare collettiva-mente soluzioni per il clima,grandi e piccole.

Si tratta di un’iniziativaaperta, inclusiva e in evoluzio-ne incentrata sull'azione per ilclima: invita le regioni, le co-munità locali, l'industria, lescuole e la società civile a con-dividere informazioni sui cam-biamenti climatici, sul degra-

do ambientale e sul modo incui ciascuno possa affrontareal meglio queste minacce esi-stenziali.

Attraverso una piattaformaonline e tramite il dialogo e gliscambi tra i cittadini, il pattopromuoverà il collegamentotra la transizione digitale equella verde. Il progetto vuoleoffrire «uno spazio per con-nettersi e sviluppare collettiva-mente soluzioni climatiche,grandi e piccole», spiega unanota dell’Esecutivo dell’Ue.Inoltre, servirà a condividereinformazioni sui cambiamenticlimatici e sul degrado am-bientale e su come affrontarequeste minacce esistenziali.

Centrale sarà la figura degliAmbasciatori per il clima, chesi impegneranno nelle loro co-munità di riferimento in azio-ni per il clima, con il sostegnodell’Unione europea.

Gigantesco icebergminaccia un’isola

popolata da pinguini

LONDRA, 16. Un enorme ice-berg, il più grande del mondo,è in rotta di collisioni con laGeorgia del Sud — un remototerritorio britannico d’o l t re -mare nell’Oceano Atlanticomeridionale — e rischia discontrarsi con un’isola di pin-guini. L’impatto, che sembrasempre più inevitabile, po-trebbe devastare la fauna del-l’isola e influenzare la catenaalimentare di diverse specie.Questa porzione di terra è unodei luoghi in cui il riscalda-mento globale avviene attual-mente al ritmo più veloce.

Gli scienziati del BritishAntarctic Survey si stannopreparando per una missioneurgente. Lo riferisce il «Guar-dian». I ricercatori raggiunge-ranno l’11 gennaio le Falklande, dopo un periodo di quaran-tena per il covid, si imbarche-ranno in un viaggio di tregiorni verso l’iceberg a bordodella nave da ricerca RRS Ja-mes Cook.

L’iceberg A-68A, più gran-de del Lussemburgo, si è stac-

cato dall’Antartide nel 2017 acausa dei cambiamenti clima-tici e da allora è andato alladeriva. Ora minaccia di di-struggere il ricco ecosistemaintorno alla Georgia del Suddevastando il fondale marino,che ospita molluschi, coralli ealtre forme di vita, e raffred-dando l’acqua.

Tuttavia, non è ancora chia-ro se la collisione si verificheràin pochi giorni o settimane,poiché le correnti oceanichepossono sia accelerare che ral-lentare l’avanzata di questamassa ghiacciata verso l’isola.A detta di Geraint Tarling,oceanografo biologico dell’o-peratore nazionale Antarticodel British Antarctic Survey, sitrova «a meno di 50 chilometridal bordo della piattaformaSud». Se dovesse impattaresul fianco dell’Isola sarannonecessari fino a dieci anni af-finché si sciolga. Ciò compro-metterebbe l’accesso all’ali-mentazione tradizionale per lefoche e i quasi due milioni dipinguini che abitano l’Isola.

Il legame tra pace e disarmo al tempodella pandemia è al centro di un webinarpromosso per questo pomeriggio dal Di-castero per il servizio dello sviluppoumano integrale (D ssui) in occasionedella presentazione del libro A World Freefrom Nuclear Weapons (“Un mondo liberodalle armi nucleari”). Il volume, edito daGeorgetown University Press, è statopubblicato per commemorare il 75° anni-versario del bombardamento di Hiroshi-ma e Nagasaki. L’incontro, che si tieneoggi a partire dalle ore 16, può essere se-guito sul canale YouTube di Vatican Ne-ws.

Per la circostanza il cardinale SilvanoMaria Tomasi intervistato da Giancarlo

La Vella e Amedeo Lomonaco di VaticanNews, ha collegato l’appuntamentoodierno con due encicliche: Fratelli tutti diPapa Francesco e Populorum progressio disan Paolo VI. Il porporato ha dapprimarilanciato forte l’appello di Papa Bergo-glio che nella sua ultima enciclica, «indi-ca un preciso “imperativo morale e uma-nitario”: “La pace e la stabilità interna-zionale non possono basarsi su un falsosenso di sicurezza, sulla minaccia di di-struzione reciproca o di annientamentototale, o semplicemente sul mantenimen-to di un equilibrio di potere”». In talecontesto «l'obiettivo finale della totaleeliminazione delle armi nucleari — ag-giunge il Pontefice — diventa sia una sfi-da sia un imperativo morale e umanita-rio». Il cardinale ha proseguito sottoli-neando la proposta del Santo Padre diutilizzare il denaro impiegato nelle armie nelle spese militari per creare «un fon-do mondiale che possa finalmente porrefine alla fame e favorire lo sviluppo neiPaesi più poveri». Su questo aspetto di-ce ancora il cardinale Tomasi «le paroledi Papa Francesco sulla pace si inserisco-no nel cammino tracciato da Paolo VInell’enciclica Populorum progressio. Lo svi-luppo — scrive Papa Montini — è il nomenuovo della pace. “Le disuguaglianzeeconomiche, sociali e culturali troppograndi tra popolo e popolo provocanotensioni e discordie, e mettono in perico-lo la pace”. “La pace non si riduce aun’assenza di guerra, frutto dell’equili-brio sempre precario delle forze”».

Oltre al collegamento con i due docu-menti magisteriali di Bergoglio e Monti-ni il porporato, a lungo osservatore per-manente della Santa Sede presso l’Uffi-

cio delle Nazioni Unite ed Istituzionispecializzate a Ginevra, ha tenuto a vo-ler far comprendere la posizione presada Papa Francesco, secondo cui non èsolo eticamente inaccettabile l’uso dellearmi nucleari, ma è eticamente inaccetta-bile anche il loro possesso. Così ha fattopresente come il webinar odierno si leghicon quanto rimarcato da Papa Francescoil 10 novembre 2017 nel discorso ai parte-cipanti al Simposio internazionale suldisarmo promosso dal D ssui sul tema:«Prospettive per un mondo libero dallearmi nucleari e per un disarmo integra-le». «“Non possiamo non provare un vi-vo senso di inquietudine — aveva dettoin quell’occasione il Pontefice — se con-sideriamo le catastrofiche conseguenzeumanitarie e ambientali che derivano daqualsiasi utilizzo degli ordigni nuclea-ri”» ha ricordato il cardinale Tomasi te-stimoniando la ferma condanna del Pon-tefice sull’uso, nonché sul possesso di ta-li armi. «“Le armi di distruzione di mas-sa, in particolare quelle atomiche — ave-va aggiunto il Santo Padre — non posso-no costituire la base della pacifica convi-venza fra i membri della famiglia umana,che deve invece ispirarsi ad un’etica disolidarietà”» ha detto ancora il porpora-to.

L’obiettivo dell’appuntamento di oggipomeriggio è dunque «promuovere ildialogo interculturale e una maggiorecomprensione dello sviluppo umano in-tegrale come immaginato da Papa Fran-cesco nella enciclica Laudato si’» ha pro-seguito il porporato, evidenziando come«questa idea fondamentale, che è stataspinta in avanti da Papa Francesco, è sta-ta poi ribadita nel suo viaggio storico inGiappone e nell’ultima enciclica Fra t e l l itutti. È una valutazione morale del fattoche le armi nucleari, per le loro conse-guenze, non sono in alcun modo accet-tabili e che la vera pace abbraccia unapanoramica più vasta che include una si-curezza per tutti e non soltanto per po-chi».

Alla domanda sul perché l’arma nu-cleare sia ritenuta più immorale di quelleconvenzionali il cardinale ha affermatoche «le armi di distruzione di massa, co-me soprattutto quella nucleare, hannodelle conseguenze che vanno al di là delcontrollo delle persone che le usano...Anche le persone non coinvolte in azionimilitari vengono colpite e distrutte.Questo rende l’uso delle armi nuclearimoralmente inaccettabile».

ADDIS ABEBA, 16. Circa 2,3 milioni dibambini nel Tigray continuano a rimane-re esclusi dall’assistenza umanitaria acausa delle continue violenze scoppiateall’inizio di novembre, nonostante l’Etio-pia e l’Onu abbiano concordato un pia-no per convogliare aiuti nello Stato re-gionale.

«Siamo estremamente preoccupati peril fatto che più a lungo l’accesso è ritarda-to, peggiore diventerà la loro situazioneman mano che scarseggiano cibo — com-preso quello terapeutico per il trattamen-to della malnutrizioni infantile — medici-ne, acqua, carburante e altri beni di pri-

ma necessità», ha dichiarato il direttoreesecutivo dell’Unicef, Henrietta Fore.

«Proteggere questi bambini, molti deiquali sono rifugiati e sfollati interni, efornire loro aiuti umanitari deve essereuna priorità» ha aggiunto, spiegandoche è fondamentale assicurare supportonella regione e avere pieno accesso perdeterminare l’entità dei bisogni dei bam-bini. Fore ha poi esortato le autorità aconsentire la libera circolazione a quantidesiderano cercare sicurezza altrove.

Intanto il premier Abiy Ahmed ha an-nunciato il ripristino di elettricità e tele-comunicazioni nella regione.

Sacerdote rapitoin Nigeria

ABUJA, 16. Un sacerdote è stato rapitoieri da quattro uomini pesantementearmati mentre si recava ai funerali delpadre in programma domani, giove-dì. Lo rende noto l’Agenzia Fides se-condo cui padre Valentine Oluchu-kwu Ezeagu era in viaggio per il suovillaggio, Igboukwu, nella zona delgoverno locale di Aguata, nello Statodi Anambra, quando alcuni uominiarmati sono usciti dalla boscaglia,hanno bloccato l’auto del sacerdote elo hanno costretto a salire sul retrodella vettura e sono partiti a tutta ve-lo cità.

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L’OSSERVATORE ROMANOmercoledì 16 dicembre 2020 pagina I

RreligioI N C A M M I N O S U L L E V I E D E L M O N D O

La casadei Magi

Le grotte sotterranee di Betlemme nei pressi della basilica della Natività

L’avventura della fede: Giovanni Battista Sidoti

Da Palermo al Giappone

GENEROSO D’AGNESE A PA G I N A II

Il racconto della vita della Chiesa in Mongolia

Con la freschezza delle origini

CRISTINA UGUCCIONI A PA G I N A III

Ospedale da campo

Hope Onlus e l’emergenza covid

SI LV I A CAMISASCA A PA G I N A IV

di IGOR TRABONI

«In un momento così delicato ripartiamo daBetlemme per ricostruire il nostro ambiente,la nostra vita, probabilmente la nostra umani-tà. Facciamo il cammino dell’Avvento comelo fecero i magi, arrivati da lontano per cerca-re qualcosa che poi ha scombussolato le lorovite. E Betlemme può ancora cambiarci e ri-voluzionare anche le nostre di vite». È unmessaggio di auguri, intriso di speranza,quello che da Betlemme lancia Vincenzo Bel-lomo, responsabile per quell’area dei progettidi Pro Terra Sancta, con il riferimento nienteaffatto causale ai magi, visto che è chiamatoproprio «Dar Al Majus», in arabo la “Casadei magi”, il progetto che l’associazione lan-cia come ulteriore segno di fiducia in questotempo complicato, contando sulla generositàdi chi può spendersi «per le pietre vive, ovve-ro per questa gente in difficoltà, e per le pietredella storia», come sottolinea più volte Bello-mo, collegato sui social con migliaia di perso-ne, non solo in Italia, grazie alla diretta alle-stita nelle settimane scorse dal responsabiledella comunicazione di Pro Terra Sancta, An-drea Avveduto.

«Quella del 5-6 gennaio — riprende Bello-mo — è una ricorrenza importante per noi cri-stiani in molti Paesi, come Italia e Spagna, maa Betlemme non c’era nessuna opera con que-sto nome. I re magi sono persone come noi,come migliaia di pellegrini venuti da lontanoper cercare qualcosa, quel messaggio, quellagrotta, e ognuno di loro ha portato la sua arte,il suo dono più prezioso. Ed è quello che cer-chiamo di fare noi ogni giorno con questagente, mettendo a disposizione la nostra artee le capacità, ma anche le debolezze e i pro-blemi, portando così quello che di più prezio-so abbiamo, in cammino con umiltà per an-dare nella grotta. La “Casa” — prosegue — èun luogo che vuole mettere insieme Oriente eOccidente, ma anche un posto per tutti quelliche a Betlemme hanno trovato bellezza ehanno il desiderio di tornare, per le migliaiadi persone che abbiamo incontrato in questianni. Questo progetto è un regalo di Nataleper tutti, dedicato alla comunità locale, maanche l’occasione per essere legati a tali luo-ghi. Adesso qui viviamo un momento sospe-so: la stanchezza e la preoccupazione di que-sti mesi cominciano a farsi sentire nella nostraquotidianità. Ma ci prepariamo a qualcosa dipiù bello: al Natale, alla speranza».

Il progetto, dunque, per la comunità diBetlemme, cristiana e musulmana, è quello diriprendere e sistemare un antico edificio pro-prio vicino alla basilica della Natività, per svi-luppare una serie di attività già poste in esse-re. Ma, come vedremo, c’è anche la possibili-tà concreta di aiutare tanti artigiani messi inginocchio dalla pandemia e dall’assenza dituristi, acquistando le loro capannine in le-

gno: le informazioni utili su come donare sitrovano sul sito dell’associazione (www.pro-terrasancta.org). Una richiesta di aiuto tantopiù significativa perché la Casa si affacciaproprio su piazza della Mangiatoia, nel cuoredi Betlemme.

«Dar Al Majus — spiega ancora Bellomo —è la storia della nostra presenza a Betlemme,un progetto nato sul campo, con la gente, nel-la nostra affezione e attenzione quotidiana siaalle pietre vive, per l’assistenza medica e sco-lastica, sia a quelle che raccontano la storiaantica, che marcano la presenza millenaria. Èun luogo che vuol mettere insieme il nostrolavoro di prossimità alle persone con i luoghiche raccontano una storia di appartenenza».

Le emergenze per Betlemme e la Palestina so-no legate ovviamente anche alla difficile si-tuazione sanitaria: «Da diversi anni — ag -giunge il responsabile di Pro Terra Sancta —portiamo avanti un programma di sostegnorispetto all’emergenza medica, rafforzato an-che nei momenti più difficili e complicati del

lockdown, per sta-re vicini alle perso-ne, garantire l’ac -cesso alle cure pri-marie extra covid.Betlemme vive perl’80-85 per cento diturismo, ma orasenza pellegrini,tanta gente si ritro-va improvvisamen-te senza stipendio.Mandare i figli a

scuola, accedere alle cure, è diventato undramma. L’assistenza medica e l’educazionesono i pilastri della nostra azione, ma nelle ul-time settimane tutto questo si è arricchito daldesiderio di offrire opportunità di lavoro, da-re dignità alle persone. Ogni giorno ci inven-tiamo piccole attività per i disabili e gli anzia-ni, per offrire giornate lavative a chi è rimastosenza». Alternative al turismo? «Ci siamomessi all’opera — sottolinea Bellomo — fin dasubito, per esempio tramite il progetto di uncorso di cucito, con l’idea di fare le mascheri-ne e ora dei grembiuli, per insegnare unanuova arte alle donne di famiglie dove en-trambi gli adulti hanno perso il lavoro. Ma èdifficile trovare alternative per tutti, per le mi-

gliaia di persone che vivevano di artigianato.L’economia non va, basti pensare che adessoil tronco di ulivo da lavorare costa addiritturameno di quello da mettere nei forni per il pa-ne». Il progetto realizzato da Pro Terra San-cta ha dalla sua anche una discreta sostenibi-lità, illustra Bellomo: <Non solo ricostruiamola Casa ma diamo anche lavoro a tanta gente,almeno quaranta famiglie sono impegnate tratecnici, operai e artigiani. E questa è già unascelta coraggiosa che speriamo di portare atermine con l’aiuto di chi ci vuole sostenere.Una volta ripartiti, all’interno ci saranno an-che delle attività, dalla cucina a uno spazioper i pellegrini, per sostenere il tutto».

La situazione, come accennato, è a dir po-co complicata e Vincenzo Bellomo la fotogra-fa così più da vicino: «I numeri della pande-mia sono difficili da raccontare, l’andamentoè abbastanza critico, in Palestina abbiamocirca novecento casi al giorno e siamo cinquemilioni di abitanti, per cui l’impatto è moltoforte. A Betlemme un centinaio di casi quoti-diani, ma in tutta la Palestina non vengonofatti più di 4-5 mila tamponi al giorno. Qui,però, la popolazione è molto giovane, al con-trario dell’Italia, e questo in qualche modoconsente di reggere, anche se siamo moltopreoccupati per l’inverno. Vicino a noi Israe-le sta uscendo da una chiusura molto rigida,con la riapertura parziale delle scuole dopo 3mesi. L’autorità palestinese non può chiude-re perché non ha alcun sistema di welfare. Ibisogni principali? La gente è rimasta senzalavoro, qui dicono che è ancora molto più dif-ficile della guerra, della seconda Intifada,

perché allora c’era solidarietà internazionalementre oggi tutto il mondo è in crisi. Tutte leparrocchie sono impegnate ogni giorno a di-stribuire cibo nell’emergenza, ma non basta.Dovremmo essere zona “ro s s i s s i m a ”, ma ilgoverno non può fare niente, non ha alterna-tive».

Problemi che si sommano. Come quellidegli anziani, in isolamento da nove mesi.«Non abbiamo più centro diurno, gli anzianisono aumentati di numero, ora abbiamo qua-rantacinque persone in accoglienza nellastruttura della Società antoniana, grazie aivolontari rimasti qui, alle suore che portanoavanti in silenzio la loro missione», fa sapereancora Bellomo che poi dà conto di qualcheluce che pure si intravede, come quella del-l’ottima collaborazione tra i ministeri dellaSalute israeliano e palestinese. I flussi sono ri-masti aperti, grazie anche all’opera di media-zione della Chiesa, per i palestinesi che vannoa lavorare in Israele dove lo stipendio è trevolte superiore e così una famiglia può so-pravvivere. «Non vediamo l’ora di riaprire leporte e riaccogliere tutti, anche perché — sor -ride e conclude il responsabile dei progetti diPro Terra Sancta a Betlemme — ci mancano itanti amici che venivano a trovarci, anche sequi sono rimasti molti volontari. Prima ma-gari ci lamentavamo che erano troppi, chenon avevamo tempo per noi, adesso invece cimancano i caffè presi insieme, le chiacchiera-te. Ma il rischio, quando si ricomincerà, è chenon tutti ce la faranno, perché in molti si sonoindebitati per aumentare l’accoglienza e orahanno debiti pesanti».

A Betlemme, vicino alla basilica della Natività,grazie al progetto «Dar Al Majus», ideato

dall’associazione Pro Terra Sancta, sorgerà unluogo di incontro tra le comunità cristiana e

musulmana colpite pesantemente dalla pandemia

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R Rreligio religio

Da Palermo al Giappone del Seicento, l’epopea di Giovani Battista Sidoti

Il missionario solitario

La Libreria Editrice Vaticana sui socialDalle pagine cartacee al rinnovato sito internete ora ai social media. La Libreria Editrice Va-ticana (Lev) è sbarcata con un profilo ufficialesu Facebook e Twitter. Un ponte digitale nonsolo per raggiungere un maggior numero di let-tori, ma anche per promuovere un’ulteriore dif-fusione delle parole e del magistero del SantoPadre e dei documenti delle Congregazioni ro-mane. Per il responsabile editoriale dell’editricefra Giulio Cesareo, «Papa Francesco ci fa capi-re in Fratelli tutti che il primo passo verso la fra-

ternità è permettere all’altro di esprimersi emettersi in suo ascolto con rispetto e senza pre-concetti. La nostra speranza sincera è che i so-cial di Lev, allora, mentre sono un altro modoper proclamare il messaggio evangelico e dif-fondere la parola del Santo Padre, siano ancheun’opportunità per cogliere da chi ci segue o ciseguirà provocazioni, idee, esigenze, che ci aiu-tino a metterci meglio al servizio delle personee delle comunità concrete». Ecco le coordinateper restare aggiornati e raggiungere i nuoviprofili social della Lev: @LVaticana è il nome

a cura di FABIO BO L Z E T TA

In rete

Una storia trentennale in Argentina e il nuovo Vademecum sull’unità dei cristiani

Cooperazione esemplaredi MARCELO FIGUEROA

I l recente documento del PontificioConsiglio per la promozione dell’unitàdei cristiani, Il Vescovo e l’unità dei cristiani:Vademecum ecumenico, contiene all’internodel capitolo intitolato «L’Ecumenismospirituale» una sezione dedicata alleSacre Scritture. Lì vengono definite co-me «patrimonio biblico comune [che]offre varie opportunità per incontri dipreghiera e scambi basati sulle Scrittu-re, per la lectio divina, per pubblicazio-ni e traduzioni condivise». Lì si fa an-che un riferimento esplicito al docu-mento Direttive per la cooperazione intercon-fessionale nella traduzione della Bibbia, redat-to insieme alle Società Bibliche Unite.

Mi sia concessa una nota di caratterepersonale. La firma di quel documen-to, nel 1987, è coincisa con il mio in-gresso nelle Società Bibliche in Argen-tina. Nei 23 anni in cui ho servito in

quell’associazione ho potuto essere te-stimone della rilevanza e dello svilup-po di quello storico accordo. Ho anchepotuto, insieme ai miei fratelli cattolici,sperimentare come, attraverso quell’as -sociazione, sia stato possibile percorre-re ampi cammini di un ecumenismospirituale. Quel documento affermavanella sua introduzione di far riferimen-to a un accordo fondamentale che defi-niva come immutabile e dove «l’elab o-razione e la revisione delle traduzionisaranno realizzate in stretta coopera-zione, affinché il testo sia accettato eusato da tutti i cristiani e da tutte le co-munità cristiane che parlano la linguanella quale la traduzione è stata fatta.L’evidente obiettivo di questo sforzointerconfessionale è di produrre delleedizioni delle Sacre Scritture che forni-scano un testo comune a tutti coloroche parlano una data lingua. Ciò ren-derà possibile, spesso per la prima vol-ta, una testimonianza comune della pa-rola di Dio nel mondo di oggi».

Riguardo agli aspetti tecnici del te-sto biblico, è stato molto importantel’accordo di uso delle basi testuali delNuovo e dell’Antico Testamento. Na-turalmente rispetto al primo, non c’èstata grande dissonanza. L’utilizzodell’edizione critica in greco, che ha co-

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di GENEROSO D’AGNESE

I suoi resti furono ritrovati nel 2014.Erano conservati in una tombaposta nell’area della KirishitanYahiki, la prigione dei cristianifatta costruire nel 1646 a Edo, l’at-tuale Tokyo. La sua storia fu inve-ce riscoperta soltanto nel XIX seco-lo, grazie all’apertura del Giappo-ne al resto del mon-do, all’impegno deimissionari che vi sirecavano e ad alcu-ni studiosi localiche decisero di ri-pescare dall’obliola sua terribileesperienza umana.

E oggi gli stu-diosi giapponesinon nascondono laloro ammirazioneper Giovanni Batti-sta Sidoti, uno de-gli uomini che siprodigò per far in-contrare la culturaoccidentale e quel-la locale.

Nato a Palermo il 22 agosto del1667, Giovanni Battista Sidoti erail terzogenito di Giovanni edEleonora D’Amico, una famigliadi nobile lignaggio le cui originipescavano nell’Asturia spagnola.Il giovane palermitano conseguì igradi accademici in filosofia e teo-logia presso il locale collegio ge-suitico. Dopo il trasferimento aRoma, avvenuto probabilmentenel 1693, conseguì la laurea in di-ritto civile e in diritto canonico al-l’università La Sapienza. Stimatoper la sua grande cultura letterariae per essere un terziario francesca-no, Giovanni Sidoti fin dagli annigiovanili aveva manifestato la suapassione per la vita missionaria.Tale vocazione fu amplificata da-gli echi provenienti dal Giappone,Paese nel quale a partire dal 1597erano iniziate atroci persecuzioniai danni dei missionari e dei cri-stiani. Non risultano però rappor-ti con i gesuiti né con altri ordinireligiosi impegnati nelle missioninel continente asiatico, oltre checon Propaganda Fide.

Il 31 dicembre del 1701 il suo no-me comparve però in una lista di17 missionari in partenza per la Ci-na, al seguito di monsignor CarloMaillard de Tournon, legato diClemente XI. La missione fu ap-prontata per affrontare sul postola controversa questione dei riti,allora al suo culmine polemico.

Sidoti venne inserito nell’elen-co come sacerdote secolare e noncome gesuita e si imbarcò senzal’incarico di missionario apostoli-co. Per avvicinarsi alla meta giap-ponese Sidoti si aggregò alla dele-gazione de Tournon, composta dapreti diocesani di stretta obbe-dienza alla congregazione roma-na. Il gruppo partì il 4 luglio del1702 da Civitavecchia su un va-scello genovese e iniziò una vera epropria avventura marittima. L’iti-

nerario infatti fu stravolto daglieffetti della guerra di successionespagnola, con un blocco navaleanglo-olandese su Gibilterra e ilcontrollo francese della Carrera delas Indias. Il triennio 1701-03 unìeccezionalmente Spagna e Franciasotto la stessa dinastia borbonicae costrinse i naviganti a trovarenuove rotte verso l’Oriente. Il va-

scello arrivò alle Canarie nel feb-braio del 1703 e vi si fermò per duemesi per attendere il convogliodella Compagnie française des In-des orientales. Il religioso paler-mitano, sceso a terra, offrì alla lo-cale chiesa della Sant Cruz due re-liquie romane ancor oggi oggettodi venerazione. Sidoti raggiunsePondichery nei primi giorni di no-vembre e dopo aver attraccato aMadras, arrivò a Manila il 22 set-tembre del 1704. Nell’attuale capi-tale filippina restò quattro anninei quali riprese lo studio dellalingua e del territorio giapponeseavviati a Roma avvalendosi anchedell’aiuto di naufraghi o rifugiatigiapponesi. Gli anni trascorsi aManila fecero conoscere un sacer-dote instancabile. Sidoti si mise inluce per l’impegno pastorale, lacura degli infermi e dei fanciulli eper il contributo alla realizzazionedel seminario diocesano, del qualescrisse il regolamento e fu ammi-nistratore. Nel 1706 redasse l’attodi costituzione di un’opera pia fi-nalizzata a riscattare e formare alcristianesimo bimbi abbandonati.La meta giapponese iniziò a pale-sarsi nel 1707 grazie al governatoreche finanziò la costruzione e i ri-fornimenti del vascello SantísimaTr i n i d a d . Il missionario sicilianosi imbarcò con il recolletto scalzoManuel de San Nicolas e altri mis-sionari agostiniani nel suo primoviaggio verso il Giappone senzaperò avere fortuna. Il viaggio fuinterrotto forzatamente sulle costecinesi e anche gli altri due succes-sivi si rivelarono fallimentari.

Il 9 ottobre 1708, dopo circa 50giorni di navigazione, Sidoti rag-giunse finalmente l’agognata metae sbarcò nelle ore notturne neipressi del villaggio di Koshima, aYakushima, un’isola situata all’e-stremo nord del gruppo delleNansei. Il sacerdote indossava

abiti giapponesi, con tanto di spa-da, rasatura e crocchia alla samu-rai, e si inoltrò sul sentiero con lasua valigetta contenente gli arredisacri, un breviario, due grammati-che giapponesi, alcuni libri di pie-tà, un piccolo dipinto (copia in ra-me della Madonna del dito di Ca-ro Dolci ritrovata nel 2014 nel luo-go della morte e ora conservata al

Tokyo NationalMuseum), e unpiccolo crocifis-so appartenenteal gesuita Mi-chele Mastrilli,martirizzato inGiappone nel1 6 3 7.

Non ebbe pe-rò modo di darela pur minimaforma al suoapostolato. Se-condo le relazio-ni olandesi, i solioccidentali auto-rizzati a traffica-re con l’imp erogiapponese, e i

resoconti di mercanti e naufraghigiapponesi a Manila, il missiona-rio fu catturato immediatamente econdotto dal Bugyō dell’isola (iltitolo corrisponde a "commissariogovernativo”) che ne informò ilSatsuma di Kami. Il religioso fuportato a Nagasaki il 20 dicembre1708 per esservi imprigionato e in-

terrogato da un inter-prete e da cinqueolandesi della Com-pagnia delle Indieorientali.

Posto dietro a untendaggio, Sidoti ri-spose alle domandeposte in portoghese epoi in latino, mante-nendo i suoi vestiti di foggia giap-ponese e avendo il proprio croci-fisso al collo, un rosario e due libritra le mani. Rivelò il suo nome e lasua identità specificando di essereitaliano e quindi esente dalla proi-bizione di entrare in Giappone.La seconda fase degli interrogato-ri fu gestita direttamente dal go-verno feudale. Portato a Edo (l’at-tuale Tokyo), il missionario fu in-ternato nel Kirishitan Yashiki, laresidenza-prigione dei cristiani,ed esaminato dal consigliere delloshogunato Arai Hakuseki, sulleragioni del viaggio nonché su geo-grafia, cartografia e religione del-l’Occidente. Arai Hakuseki ragio-nava secondo una visione di mo-dernizzazione dell’Impero mante-nendo salva l’autarchia dello stes-so ed era quindi fortemente inte-ressato a tutti gli elementi innova-tivi provenienti dall’Occidente. Inquel 1709 l’inquisitore rimase affa-scinato dall’uomo che aveva da-vanti. Secondo i verbali trascrittidal missionario saveriano, Loren-zo Contarini, si trattava di uno

straniero vestito con fogge localima dalla lingua incomprensibile,un «erudito occidentale» di «va-sta cultura e forte memoria» che,«senza pari» nell’astronomia egeografia, esponeva «la sua dottri-na religiosa senza una parola chesi avvicinasse alla logica», ma deltutto simile «a quel che dicono iMaestri Buddisti» .

In un Paese imbevuto di cultu-ra tradizionale e fuorviato dallaaggressiva propaganda protestan-te olandese, Sidoti salvò inizial-mente la propria vita. Il nuovocorso dell’impero, unificato dalloshogunato, iniziava a introdurredelle riforme anche grazie all’aiu-to delle scienze e delle tecnologieoccidentali e Sidoti fu visto comeun sapiente che poteva portarenuove informazioni. Fu dimenti-cato nella prigione di Edo. Nono-stante la decisione di Hakuseki dinon sottoporlo ai tormenti, nellasolitaria vita a cui fu destinato dal-le leggi ferree in vigore, il missio-nario convertì i suoi carcerieri,un’anziana coppia di sposi e li

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R Rreligio religio

L’impegno della Chiesa in Mongolia raccontato dal prefetto apostolico di Ulaanbaatar

Con in dono la freschezza delle origini

dell’account da seguire su Twitter e @Libre-riaEditriceVaticana su Facebook. Mentre staper essere inaugurata anche una nuova iniziati-va settimanale di comunicazione digitale. Tuttada scoprire online!

Sussidio della Cei disponibile onlineCento pagine in una pubblicazione digitale

con contenuti multimediali a disposizione ditutti con un clic. Il sussidio liturgico-pastoraleCamminiamo nella speranza per i tempi di Avventoe Natale 2020, è stato pubblicato dall’Ufficio li-

turgico nazionale della Conferenza episcopaleitaliana (Cei) anche sul sito https://liturgi-co.chiesacattolica.it. Il testo, composto di treparti, intende offrire un’occasione di riflessione,con discrezione e sobrietà, per accompagnare lapreghiera della comunità ecclesiale, nel deside-rio di potersi trovare riunita a celebrare, e lapreghiera in casa, sostenendo la fede delle fa-miglie. «La speranza cristiana — ha scritto nellapresentazione il segretario generale della Cei,monsignor Stefano Russo — ci invita a nonguardare alla storia in maniera fatalistica, per-

ché le sue radici sono nel cuore stesso di Dio.Essa, invece, chiede di vivere il nostro impegnonel mondo con coraggio e con fiducia. Alloranon solo il tempo nuovo sarà spazio di speran-za, ma noi stessi saremo uomini e donne di spe-ranza». Affinché «esortati da Papa Francesco,in piena comunione con lui e con tutta la Chie-sa, “Camminiamo nella speranza” (Fratelli tutti,55)».

Una storia trentennale in Argentina e il nuovo Vademecum sull’unità dei cristiani

Cooperazione esemplarestituito di per sé uno sforzo congiuntodi studiosi cattolici e di altre confessio-ni cristiane, è stato un primo puntod’incontro. Quell’accordo riguardo aitesti del Nuovo Testamento ha avutouna corrispondenza diretta nell’edizio -ne e nelle prime stampe delle futureversioni interconfessionali. Anche senell’accordo non viene menzionato, inrealtà è sempre stato stampato e distri-buito prima questo volume, non solocome procedura di prova della tradu-zione, ma anche come modo per offrireun contributo tangibile vicino a ognilavoro ecumenico di traduzione bibli-ca. Con la pubblicazione del NuovoTestamento, spesso si è riusciti solo alasciare una testimonianza stampata dialcune traduzioni interconfessionalima, per diversi motivi, non si è mai riu-sciti a pubblicare la Bibbia completa.Rispetto all’Antico Testamento, l’ac -cordo raccomandava ai gruppi inter-confessionali di utilizzare la Biblia He-braica Stuttgartensia, pubblicata dalla So-cietà Biblica Tedesca. Il documento di-ce al riguardo queste parole: In genera-le, il testo masoretico deve essere consi-derato come base per la traduzione.Dove, tuttavia, ci fossero particolaridifficoltà nella forma tradizionale deltesto, gli studiosi dovrebbero far uso

dei dati forniti dalle recenti scoperte te-stuali e dalle versioni antiche per le al-tre forme del testo ebraico. Si dovrebbedare la dovuta considerazione alle nuo-ve intuizioni fornite dalle lingue semi-tiche similari, anche se esse possonocontrastare con le versioni tradiziona-li». L’accordo esplicito di questo docu-mento di 33 anni fa, dove si affermavache «l’intento delle società bibliche èquello di fornire le Scritture nel canonedesiderato dalle Chiese», ha impiegatotroppi anni a concretizzarsi. In Argen-tina, per esempio, lo si è potuto attuaresolo nel 2006, quando l’allora arcive-scovo di Buenos Aires, il cardinale Ber-goglio, ha raccomandato, in spirito digenerosità, un’edizione interconfessio-nale della Società Biblica. A tal fine hainviato una lettera, inclusa nella coper-tina di quell’edizione dove, tra le varieconsiderazioni, affermava che quellaversione era stata «realizzata dalle So-cietà Bibliche Unite, insieme a biblisticattolici, e dedicata a tutti coloro che,con il loro cuore semplice desideranoaprirsi al Signore che ci parla in mododiretto come a dei figli (cfr. Dei verbum,n. 1), e noi sappiamo che un padre par-la sempre in modo semplice per esserecompreso. Perciò questa traduzione èstata preparata in modo tale che tutti

possiamo capire il piano d Dio per lanostra vita, e imparare a essere suoi di-scepoli» (Raccomandazione Bibia LenguajeAc t u a l , cardinale Jorge Mario Bergo-glio, s.j. Buenos Aires, 31 luglio 2006).

L’accordo citato nel Vademecum ecume-nico include anche una sezione con ap-porti ecumenici significativi riguardoad aspetti esegetici. Lì si legge: «Nellaprospettiva di un accordo sempre piùampio tra gli studiosi delle diverse con-fessioni cristiane, si potrebbe stabilireuna base esegetica comune mediantel’adozione di commentari mutuamenteaccettati e di opere scientifiche». Per-ciò sono state fatte raccomandazionispecifiche su varianti testuali, altre tra-duzioni con interpretazioni diverse dalingue originali a lingue riceventi, spie-gazione di nomi propri ponendo l’en -fasi sulle etimologie popolari, informa-zione storica, differenze culturali e cosìvia. Un altro aspetto importante è statoquello relativo alla linguistica. A tale ri-guardo è stata espressa la necessità diapplicare principi scientifici quando sipresentano difficoltà di fronte a sistemiortografici diversi, l’esigenza di un ac-cordo nell’adozione di nomi propri inbase al loro uso tradizionale, all’attac -camento confessionale e alla loro entitàsimbolica religiosa diversa. Infine, l’ac -cordo ha affrontato l’importante aspet-to dello stile. A tale proposito, ha affer-mato che «ogni traduzione comunedovrebbe cercare uno stile linguisticoche sia, al tempo stesso, significativo eatto a essere letto in pubblico».

battezzò, sapendo di firmare lasua condanna a morte. Il missio-nario, prima di affrontare l’ultimoatto della sua vita, decise di dipin-gere con il proprio sangue unacroce sulla parete della propriacella, desiderando lasciare un se-gno in testimonianza del suo do-lore. Sidoti e i due discepoli Chô-suke e Haru furono calati in trebuche poco più grandi dei lorocorpi, alimentati quotidianamen-te, ma senza aria, nella putredine(il buco del missionario misurava140 centimetri per 180 ed era il piùgrande).

Morì il 27 novembre del 1714 al-l’età di 47 anni, probabilmente perdeperimento, perché gli servironosempre meno cibo, chiudendo de-finitivamente la sua avventura di“ultimo missionario occidentale inGiapp one”.

Trecento anni dopo, il 24 luglio2014 a Bunkyō-ku, municipio diTokyo dove era collocata la resi-denza-prigione dei cristiani, ven-nero ritrovati resti umani che gliesami scientifici identificarono poicome quelli del sacerdote e i duegiapponesi uccisi con lui.

Un libro scritto da Mario Torci-via: Giovanni Battista Sidoti, Missiona-rio e martire in Giappone, edito daRubettino, ricostruisce la figura diquello che i cattolici giapponesiconsiderano un vero un martiredella fede. Fin dall’inizio, quellaintrapresa in solitaria da Sidoti,era chiaramente un’impresa quasisuicida e destinata al fallimento.L’incontro con Arai Hakuseki pe-rò trasformò il fallimento in unatestimonianza preziosissima deldialogo interculturale tra il mon-do occidentale cattolico e l’imp erogiapp onese.

di CRISTINA UGUCCIONI

Nella nostra epoca, sempre più domi-nata dalle leggi del mercato, i disce-poli del Signore sanno di non do-ver cadere nella tentazione di inten-dere anche l’evangelizzazione intermini di efficienza, risultati e otti-mizzazione delle risorse. Sanno chel’ansia del raccolto finisce per farperdere la festa che si fa in cielo perogni «pecora», «moneta», «figlio»ritrovati e l’invito a gioire con il Si-gnore (Luca, 15). Lo sanno e accol-gono l’invito, con gratitudine e stu-pore. Come accade in Mongolia,Paese nel quale i primi missionarigiunsero nel 1992, su richiesta delgoverno che aveva appena stabilitorelazioni diplomatiche con la SantaSede dopo l’inverno del regime co-munista durato settanta anni. Que-sta terra, cinque volte più grandedell’Italia, caratterizzata da rigidis-simi inverni, è abitata da tre milionidi persone, in larga maggioranzabuddiste; i cattolici costituisconoun piccolo gregge: anno dopo annosono diventati 1.300. Le parrocchiesono otto, i sacerdoti 22 (di cui unooriginario della Mongolia), le suore46. A questi religiosi e religiose, cheappartengono a dieci congregazio-ni, si aggiungono due laici missio-nari e un diacono mongolo che do-po il lockdown sarà ordinato sacer-dote. Lo scorso 2 aprile Papa Fran-cesco ha nominato prefetto aposto-lico padre Giorgio Marengo, mis-sionario della Consolata, 46 anni,di cui 17 trascorsi in Mongolia.

Dal 1992 la Chiesa, attenta ai bi-sogni della popolazione, si è impe-gnata in campo sociale, educativo,sanitario: sono stati fondati un isti-tuto tecnico, due scuole elementarie due materne, un ambulatorio me-dico che offre gratuitamente cure emedicine ai più indigenti, un cen-tro che garantisce assistenza ai disa-bili, due istituti che accolgono glianziani abbandonati e poveri.Ogni parrocchia hainoltre avviato pro-getti caritativi, apren-do mense e doccepubbliche, servizi didoposcuola, corsi de-stinati alla popola-zione femminile.«Dagli anni Novantaad oggi la Mongoliaè profondamentecambiata», raccontapadre Marengo. «Lacrescita tumultuosadell’economia, dovu-ta in larga misura allosfruttamento delleimmense risorse delsottosuolo, ha note-volmente miglioratole condizioni di vita, tuttavia ha de-terminato anche diversi squilibri».Gran parte della popolazione vivedi allevamento, ma negli ultimi an-ni un sempre maggior numero dipersone abbandona le steppe e sitrasferisce nella capitale, Ulaanbaa-tar, alla ricerca di un lavoro stabile,che però è difficile trovare. «LaMongolia non è più un Paese in via

di sviluppo, ma la povertà non èscomparsa», prosegue il prefettoapostolico. «Con le proprie struttu-re assistenziali la Chiesa continua asostenere le giovani generazioni ead assistere coloro che patisconoprivazioni e sofferenze. Oggi peròil quadro normativo è cambiato etalvolta è faticoso mantenere leopere esistenti. Un esempio: solita-mente un centro medico privato of-

fre prestazioni a paga-mento e risulta difficilecapire il nostro ambula-torio che garantisce assi-stenza gratuita ed è so-stenuto da un ente reli-gioso che si mantienegrazie alla Provvidenza.Al momento stiamo dun-que lavorando per potercontinuare ad assicurarealla popolazione questoprezioso servizio di cura,che mira unicamente albene delle persone, senza alcuna fi-nalità di supposto proselitismo».La Chiesa ha fondato anche duecentri culturali: uno, dotato diun’apprezzata biblioteca, sorge aUlaanbaatar, nei pressi dell’univer-sità; il secondo ha sede nell’anticacapitale dell’impero, Kharkhorin,ed è dedicato alla promozione deldialogo interreligioso. Per decenniin questa città i fedeli delle diversereligioni hanno vissuto insieme pa-cificamente e il centro si propone difar conoscere questa importantepagina della storia mongola. Aquesto scopo la Prefettura apostoli-ca sta curando la pubblicazione diun’opera dedicata alla città scrittada un archeologo locale. Allo stes-so tempo si stanno promuovendostudi sul cristianesimo in Mongo-lia: esso infatti giunse in questoPaese nella forma nestoriana giàprima dell’anno Mille e vi rimaseper lungo tempo.

La Caritas, costituitasi negli anniNovanta e riconosciuta dal gover-no mongolo nel 2010, lavora alacre-mente a sostegno della popolazio-ne, affiancando la protezione civilein occasione dei disastri climatici,accudendo le persone più fragili evulnerabili, promuovendo progettidi artigianato e agricoltura, come leserre ad alto rendimento termico.

Nel corso dei decenni la Chiesasi è dedicata all’annuncio, alla cate-chesi, all’amministrazione dei sa-

cramenti e all’accompagnamentodi quanti chiedevano di intrapren-dere un cammino di fede. Attual-mente, dal punto di vista pastorale«è indispensabile, operare affinchéquesto piccolo gregge di cattolici,sparpagliato in diverse località etalvolta visto con sospetto e com-miserazione dal resto della popola-zione, possa sentirsi maggiormenteunito», sottolinea padre Marengo.«Lo scorso agosto Papa Francesco,durante un incontro, mi ha invitatoa curare la formazione dei sacerdo-ti: il mio proposito è camminare in-sieme a loro con spirito fraternomoltiplicando le occasioni di con-fronto, preghiera, riflessione percostruire comunione fra noi, unacomunione che sarà poi più facileedificare fra le diverse comunità, al-le quali è importante anche offrirealcuni percorsi pastorali comuni.Reputo necessario inoltre lavorareper sostenere meglio il cammino di

fede delle persone che, dopo il bat-tesimo, sono molto desiderose diessere aiutate a declinare concreta-mente nella vita quotidiana il lorolegame d’affetto con il Signore. Aquesto scopo intendo adoperarmi,ad esempio, affinché i fedeli possa-no disporre di un maggior numerodi testi del magistero tradotti in lin-gua mongola». E riflettendo sull’e-sperienza maturata in missione, pa-dre Marengo aggiunge: «Potersvolgere il mio ministero in questoPaese dove Gesù è poco conosciutoè stata e continua ad essere una del-le grazie più grandi che ho ricevu-to. Mi intenerisce sempre molto co-gliere lo stupore di uomini e donneche iniziano a conoscere un Diopersonale, un Dio che perdona. Micommuove sempre molto constata-re l’azione del Signore nei cuoridelle persone che si sentono guaritee liberate da molte paure. Pensoche la giovane Chiesa mongola stiaportando in dono alla Chiesa tuttauna sorta di freschezza delle origi-ni, la bellezza e la letizia sincera diuomini e donne che hanno scoper-to Gesù da pochi anni e comincia-no a camminare dietro a Lui. La lo-ro è una felicità semplice e grata,una felicità che spero possa soste-nere e contagiare quelle comunitàoccidentali segnate da tiepidezza,ripiegate su se stesse e tentate dirimpiangere nostalgicamente ilpassato».

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L’OSSERVATORE ROMANOpagina IV mercoledì 16 dicembre 2020

«Io vedo con chiarezza che la cosa di cui la Chiesa ha più bisogno oggi è la capacità di curare le feritee di riscaldare il cuore dei fedeli, la vicinanza, la prossimità.

Io vedo la Chiesa come un ospedale da campo dopo una battaglia... Curare le ferite, curare le ferite...E bisogna cominciare dal basso»

Rreligio O S P E D A L E D A C A M P O

«Io vedo con chiarezza che la cosa di cui la Chiesa ha più bisogno oggi è la capacità di curare le ferite

Io vedo la Chiesa come un ospedale da campo dopo una battaglia... Curare le ferite, curare le ferite...

Ovunque ci sia un fratelloche attende aiuto

L’opera dell’organizzazione Hope Onlus in Brasile contro il covid

di SI LV I A CAMISASCA

Gli sguardi si sono incrociati la primavolta in un velocissimo incontro frala clinica Mangiagalli e l’andirivienidi ambulanze nel cortile del Policli-nico di Milano: lei, Elena Fazzini,fondatrice e responsabile di HopeOnlus, organizzazione non profitmilanese altamente specializzata inprogetti umanitari per la salute e l’e-ducazione, e lui Paolo Taccone, diri-gente medico rianimatore della tera-pia intensiva dello stesso ospedale,da febbraio, in primissima linea nel-la battaglia al covid-19. E se è veroche alcuni incontri cambiano la vita,il loro l’ha salvata a centinaia e centi-

naia di persone: le tante curate,quando ormai si stavano spegnendole ultime speranze, con le apparec-chiature medicali che, tramite Ho-pe, sono state importate in Italia e,poi, a tempo record, donate agliospedali allo stremo nella battagliacontro il virus. Lo straordinario spi-rito di sacrificio con cui si sono pro-digati e l’efficienza dei loro inter-venti ha contraddistinto a tal puntoHope, che lo stesso Papa Francescoha suggerito che si affidasse allasquadra di Elena la responsabilità diguidare i soccorsi ad alcuni ospedalial confine del pianeta: Brasile, Liba-no e, non appena Elena e la sua or-ganizzazione umanitaria potrannocontare sulle necessarie risorse,Amazzonia e India.

Tanti sono gli angoli del pianetadi sofferenza e dolore, in ogni terrac’è un fratello che attende il nostroaiuto. Nei luoghi di confine acco-munati dall’urgente bisogno di ven-tilatori polmonari, ecografi, moni-tor e altri macchinari sanitari salva-vita, portare soccorso significa farsicarico di una speranza di vita e dicura molto concreta. Taccone, fino apochi mesi fa medico rianimatoreoperativo nelle terapie intensive co-vid-19 di Milano, ora è anche un am-basciatore speciale volontario diHope pronto a portare la tecnologiasanitaria laddove occorre. Di coro-navirus si muore, ma un ventilatoremeccanico e un medico formato al-l’uso possono fare la differenza: perquesto Hope offre, oltre ai dispositi-vi sanitari, quella formazione spe-cialistica necessaria a sfruttare inmodo ottimale la tecnologia. Ope-rare al meglio, organizzando missio-

ni in luoghi remoti, spesso difficil-mente raggiungibili, e in condizionilogistiche complesse, comporta unacerta dose di abilità nel fronteggiareimprevisti e incidenti di percorso,per la quale è tornata utile l’esp e-rienza di Elena consolidata nelle or-ganizzazioni umanitarie, oltre algrande desiderio di spendersi congratuità al servizio del prossimo:qualità che ha trascinato Paolo inquesta avventura. «Ricorderò sem-pre la telefonata del 15 febbraio, concui Elena, rispondendo al nostro di-sperato appello di ventilatori, im-provvisamente introvabili, con in-credibili energia e determinazione,restituiva fiducia in tutti noi. Che

poi è lo spirito chemi ha spinto allaprofessione di me-dico» affermaTaccone. Dal Poli-clinico di Milano edall’ospedale SanGerardo di Mon-za, con i primi di-ciotto ventilatori,proseguendo conquelli di Bergamo,Brescia, Pavia,Como sono statiriforniti tutti i no-socomi lombardidelle necessarie

apparecchiature. «È stata una lottacontro un virus invisibile, ma anchecontro il tempo, riuscire a portare inuna sola settimana aiuti tangibili,con tutte le complicazioni di unaesperienza mai vissuta». Due esseriumani, come tutti noi con tante pau-re e dubbi di fronte al buio di un pe-riodo così incerto, hanno scelto difare la propria parte per il bene dellacomunità, la sola in cui tutti ci rico-nosciamo, quella umana. E così, si-

lenziosamente, senza eroismi sban-dierati, la loro quotidianità si è tra-sformata nella ricerca di mezzi e ri-sorse per recuperare, e poi trasferirealle strutture ospedaliere, macchinesalvavita. Da qui la fase di addestra-mento del personale medico all’usodei dispositivi.

In quanto organizzazione umani-taria, specializzata in progetti su sa-lute ed educazione in Italia e Mediooriente e preparata ad operare incontesti di emergenza, Hope fin dafebbraio si è distinta tra i principaliprotagonisti capaci di attuare speci-fiche azioni in risposta agli SOS degliospedali in maggior affanno nellacura dei pazienti contagiati dall’epi -demia da coronavirus. Alle terapieintensive degli ospedali del nordItalia, più severamente colpiti lascorsa primavera, sono stati donaticentinaia di migliaia di dispositivi diprotezione per gli operatori sanitarie la popolazione e oltre 170 apparec-chiature medicali salvavita, ma an-che forniti servizi per il personalemedico e mezzi alle famiglie dei pa-zienti concretamente in difficoltà.Per la seconda volta, in questa nuo-va emergenza, la mobilitazione èstata tempestiva e, ora, instancabil-mente, i volontari arrivano laddovec’è bisogno — negli ospedali, nelleparrocchie, presso le famiglie in dif-ficoltà — portando respiratori pol-monari, mascherine, computer eprovviste. Tuttavia, la missione chemeglio può raccontare quanto puòla solidarietà umana è quella che havisto Hope protagonista della piùgrande operazione italiana a favoredegli ospedali brasiliani, attraversol’acquisto e la donazione di diciottopostazioni per la terapia intensivaequipaggiate con ventilatori polmo-nari ad alta tecnologia ed ecografi

portatili per la diagnosi e la cura delcovid-19, per un valore di oltre unmilione di euro, ottenuti grazie alprezioso supporto di donatori pri-vati e associazioni filantropiche, fracui la Fondazione europea GuidoVenosta, di Giuseppe Caprotti.

L’iniziativa è nata in risposta al-l’appello di Papa Francesco tramiteil suo elemosiniere, cardinale Kon-rad Krajewski, che ha affidato adElena la missione nel secondo Paeseal mondo per numero di contagi edecessi. A testimonianza del grandelavoro, presso l’Hospital São Lucasdi Porto Alegre è stato inauguratoun nuovo reparto di terapia intensi-va chiamato Unidad intensiva PapaFrancisco & Hope Onlus, con ungesto che esprime la gratitudine ditutta la vasta comunità locale. Inquesto lungo viaggio della speran-za, Paolo Taccone è stato accompa-gnato dall’ex dirigente della Bancamondiale, Antonio Guizzetti, an-ch’esso volontario di Hope. Insiemehanno percorso migliaia di chilome-tri fino alle strutture più disagiate,difficilmente raggiungibili, anchedal punto di vista logistico. Alcunidi questi ospedali, infatti, sono inangoli remoti del Paese e offronoservizi sanitari nell’arco di cinque-

cento chilometri, coprendo così learee abitate dalla popolazione del-l’Amazzonia. Hanno ricevuto le ap-parecchiature medicali i centrisprovvisti, gestiti per lo più da diver-si ordini religiosi, che offrono curegratuite a tutti: l’Hospital Santa Ca-sa de Misericórdia di Goiânia, l’Ho -spital Maternidade Dom Orione diAraguaiana, la Sociedade Benefi-cente São Camilo di Crato, l’Hospi -tal São José di Aracajú, l’HospitalSão Francisco na Providência deDeus, di Rio De Janeiro, e l’Hospi -tal São Lucas di Porto Alegre. Tuttodonato, senza nulla in cambio.«Non è stato affatto semplice trova-re donatori pronti a scommettere suuna missione quasi impossibile —ammette Elena, alla vigilia della par-tenza per la prossima missione, inLibano — ma in Brasile, India, Liba-no, ci sono migliaia di persone di-menticate, che l’epidemia rischia direndere invisibili: al contrario, que-sta deve essere l’occasione per risve-gliare in tutti una umanità ed unaforza sopite. Perché spetta a noi e al-le nuove generazioni capitalizzare ilbisogno di relazione con l’altro, rin-novando il nostro sguardo sul pros-simo: uno sguardo che restituiscasenso e speranza al quotidiano».

I carmelitani scalzi di Bruxelles al fianco di chi ha bisogno in questo tempo di pandemia

Non c’è più spazio per egoismo e indifferenzadi FRANCESCO RICUPERO

«L a Chiesa è un porto di arrivo deibisogni: c’è chi viene a scaldarsi,chi cerca una parola di conforto,chi ha fame e chi ha necessità di

lavorare. Noi, li accogliamo tutti senza fare ecce-zione, è proprio questo il nostro compito»: èquanto dice a «L’Osservatore Romano», padreStefano Cottoner, priore del convento dei carme-litani scalzi che sorge sulla Toison d’Or, a Bru-xelles, dove la pandemia da coronavirus ha cau-sato oltre duemila morti e cambiato, come inmolte altre città del mondo, lo stile di vita deisuoi abitanti. «In effetti — aggiunge padre Stefa-no — stiamo facendo cose che prima della pande-mia erano impensabili. Per esempio, trasmetterela messa in streaming per i fedeli costretti a rima-nere a casa. Lo abbiamo fatto durante il primolockdown e fino a qualche giorno fa». Da sabatoscorso, infatti, nelle chiese del Belgio è consenti-to l’accesso di 15 fedeli alla volta. Viene allentato,quindi, il lockdown disposto dal governo per far

fronte all’emergenza covid-19 che non permette-va lo svolgimento di celebrazioni religiose fino al15 gennaio. «Noi abbiamo sempre celebrato al-l’interno della nostra comunità trasmettendo lamessa on line e cercando di aprire una finestra sulmondo per vivere questo isolamento forzato».

Fino a qualche giorno fa, la chiesa dei carme-litani scalzi è stata aperta durante le ore pome-ridiane soltanto per l’adorazione eucaristica eper le confessioni. «È un segno di speranza, an-che se le persone che entrano per pregare nonsono tante», il priore, infatti, avverte tra i fedeliuna sorta di stanchezza e preoccupazione. «Cirendiamo conto che molte cose sono cambiate equelle che prima erano certezze adesso si sonotrasformate in timori. Molti giovani e ancheadulti sono venuti a Bruxelles per cercare lavo-ro e iniziare una nuova vita, ma si sono trovatiad affrontare problemi più grandi di loro: lon-tananza dai propri cari e difficoltà a trovareun’occupazione». Ed è proprio in queste situa-zioni che i carmelitani di Bruxelles cercano dirisolvere i problemi di tanti immigrati. «In que-

sti ultimi mesi stiamo cercando di creare con-nessioni tra chi è alla ricerca di un lavoro e chiha bisogno di personale. Al momento, non sitratta di impieghi sicuri che garantiscono salarifissi, però — aggiunge padre Stefano — faccia -mo incontrare chi cerca lavoro con chi ne pro-pone uno. Ci auguriamo che tutto questo finiràspesso e si potrà ritornare alla routine quotidia-na, con qualche cambiamento». Il padre car-melitano si riferisce in particolare allo stile di vi-ta. «Non sarebbe sbagliato se pensassimo unp o’ di più agli altri e abbandonassimo l’ego checi ha accompagnato fino a qualche mese fa. In-differenza ed egoismo dovrebbero far posto al-la solidarietà e all’altruismo». Per la comunitàcristiana è necessario aprire le porte e il cuore,tendere la mano a chi è nel bisogno. «Non ap-pena tutto questo finirà — conclude — dobbia -mo rimboccarci le maniche e guardare gli altricon più attenzione. Abbiamo imparato a farecose nuove, ma non dobbiamo dimenticarequanto è importante il contatto. L’uomo, cosìcome il cristiano, è un essere sociale».

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L’OSSERVATORE ROMANOmercoledì 16 dicembre 2020 pagina 5

Appello dell’Onu al governo colombiano

Fermare le violenzecontro la popolazione

Allarme in America Latina secondo tre agenzie delle Nazioni Unite

Covid, cresce il rischio di aggressionisu donne e minori

SANTIAGO DEL CILE, 16. Intempi di pandemia da covid,ragazze, ragazzi e adolescentiin America Latina e nei Carai-bi «sono stati e sono esposti aun rischio sempre maggiore diessere vittime di violenza do-mestica, mentre possono con-tare su meno fattori di prote-zione». Lo affermano le Na-zioni Unite in un documento

dal titolo «Violenza contro ibambini e gli adolescenti intempi di covid-19» elaboratodalla Commissione economicaper l’America Latina e i Carai-bi (Cepal), il Fondo delle Na-zioni Unite per l’infanzia(Unicef) e l’Ufficio del Rap-presentante speciale del Segre-tario generale Onu sulla vio-lenza contro i bambini.

Le tre agenzie Onu metto-no in guardia sul tragico feno-meno sottolineando come re-centi stime indichino una pre-valenza del 55 per cento di ag-gressioni fisiche e del 48 percento di aggressioni psicologi-che nell’educazione dei figli inAmerica Latina e nei Caraibi.

Nel testo si rende noto che,nel quadro del contenimentodella pandemia, i fattori pro-tettivi sono stati ridotti e i ri-schi di violenza sono stati ag-gravati. Da un lato, c’è unaminore capacità di rilevareepisodi di violenza dovuti al-l’isolamento fisico e alla chiu-sura delle attività in presenzanelle istituzioni educative enei centri per la prima infan-zia, dall’altro si registra una ri-duzione dell’offerta socialedegli Stati e una grave crisieconomica, già presente nellaregione, ma sicuramente ag-gravata dall’emergenza sanita-ria creata dalla pandemia.

Per affrontare la violenzacontro i bambini e gli adole-scenti nel contesto della rispo-sta alla crisi “covid”, il docu-mento propone ulteriori rac-comandazioni alle politiche, aiprogrammi e alle azioni pree-sistenti. Mettere i bambini alcentro delle politiche e deipiani per la ripresa economicadei Paesi per fermare, se noninvertire, l’aumento della po-vertà e sradicare le disugua-

glianze fornendo un’attenzio-ne specifica e differenziata allepopolazioni già vulnerabili;allo stesso tempo, operarsi perricostruire la fiducia nelle isti-tuzioni democratiche. Saràinoltre necessario ottimizzarele risorse attraverso la conver-genza di servizi che, tra gli al-tri, consentano un’attenzionecoordinata ai casi di violenzacontro le donne e contro le ra-gazze, i ragazzi e gli adole-scenti, promuovendo assisten-za sanitaria mentale universalee gratuita e supporto psicoso-ciale.

Il rapporto infatti, oltre aevidenziare l’aumento delledenunce di violenza contro ledonne, denuncia anche l’au-mento di fattori come lo stresse stati d’ansia.

Altro obiettivo da raggiun-gere quello di garantire l’ac-cesso universale a Internet pertutti i bambini e gli adolescen-ti nelle aree scoperte, nonchéla diffusione di dispositivielettronici a ragazze e ragazziper garantire la loro formazio-ne continua. Parimenti proteg-gere i bambini dalla violenzaonline — in rapido aumento inquesti mesi di pandemia — dif-fondendo tra i minori messag-gi su comportamenti sicuri eresponsabili e adottando mi-sure concrete per combattereadeguatamente la violenzasulla rete.

DAL MOND O

Pakistan: nuova legge per accelerarei tempi dei processi per stupro

Il presidente del Pakistan, Arif Alvi, ha promulgato unanuova legge che accelera i tempi dei processi per stupro edaltri abusi sessuali su donne e minori. Allo stesso tempo, lanorma istituisce il primo registro nazionale degli autori direati sessuali. In base alla nuova legge, i tribunali specialiincaricati di giudicare i casi di abusi e violenze avranno almassimo quattro mesi di tempo per emettere la sentenza.Ogni giorno in Pakistan, secondo i dati ufficiali, si contanoben 11 casi di stupro. Le autorità di Islamabad ammettono,però, che i numeri reali sono molto più alti.

Leader talebano a Islamabadper colloqui con il Governo

Il mullah Baradar Akhund, capo negoziatore dei talebani aDoha, ha lasciato il Qatar alla volta del Pakistan, dove —secondo un comunicato degli insorti afghani — avrà collo-qui con il premier, Imran Khan, e altri dirigenti pakistani.«Le parti discuteranno dei rifugiati afghani, il tema deiviaggi di civili e commerciali tra i due Paesi», riferisce ilportavoce talebano, Muhammad Naeem. Secondo il porta-voce, i talebani sono stati invitati in Pakistan dal Governodi Islamabad, che tuttavia non ha ancora ufficializzato lanotizia dell’i n c o n t ro .

Attivista anti-corruzioneassassinato a Baghdad

Un attivista iracheno della società civile di Baghdad è sta-to assassinato a colpi di arma da fuoco nella capitale ira-chena da due uomini armati. Lo riferiscono i media locali,secondo i quali l’attivista, Salah al Iraqi, tra i principalipromotori della mobilitazione popolare in corso in tutto ilPaese per la trasparenza e i principi di cittadinanza, è statoraggiunto da almeno sei pallottole nel quartiere di NuovaBaghdad. L’uomo è morto in ospedale in seguito alle feriterip ortate.

Fiji: il ciclone Yasa si rafforzain super tempesta

Il ciclone tropicale Yasa, come previsto dai meteorologi, siè intensificato sul Pacifico fino a diventare una super tem-pesta di categoria cinque (il massimo) e sta proseguendo lasua rotta puntando sulle isole Fiji che diventeranno il suobersaglio nelle prossime ore. Il servizio meteorologico Wea-therwatch, con sede in Nuova Zelanda, ha riferito che Yasasi è rafforzato con raffiche di vento che hanno raggiunto i280 km all’ora Secondo gli esperti, una tempesta così po-tente può distruggere edifici, sradicare alberi e causare de-vastanti inondazioni.

Nello Stato del Gujarat

In India il più grande parco di energia rinnovabile al mondoNEW DELHI, 16. Sono iniziatiieri nello Stato indiano delGujarat i lavori per la costru-zione del più esteso parco dienergia rinnovabile del mon-do. Alla cerimonia ha presoparte, virtualmente, il primoministro, Narendra Modi.

Il parco, che verrà realizza-to a Khavda, nella zona de-sertica del Kutch, sarà il pri-mo in India con caratteristi-che ibride: su un’area di72.600 ettari saranno infattiinstallati sia pannelli solariche impianti eolici, con l’o-biettivo di fornire 30.000 me-gawatt di potenza. Il progettoè uno dei primi passi concretiper raggiungere l’obiettivo delPaese asiatico, che si è impe-gnato ad installare entro il2022 impianti con fonti dienergia rinnovabile per alme-no 175 gigawattora.

Il quotidiano «The IndianExpress» ha sottolineato, pe-rò, un aspetto controverso delprogetto: il parco sarà infattirealizzato ad appena sei chilo-metri dal confine con il Paki-stan, in una zona controllatasia dall’esercito di New Delhiche dal Bsf, Border SecurityForce, le forze speciali difrontiera. L’intera area — inac-cessibile ai civili — è circonda-ta da zone vietate, che appar-tengono sia all’esercito che al-la Bsf. Lo scorso aprile, il mi-nistero della Difesa indianoha comunque dato il nullaosta all’uso dell’a re a .

Sempre ieri, il primo mini-stro indiano ha inaugurato unimpianto di desalinizzazionedi dieci milioni di litri di ac-qua al giorno a Mandvi, neldistretto di Saurashtra, lungole coste del Mare Arabico.

GINEVRA, 16. «Chiedo alleautorità colombiane di intra-prendere azioni più forti edefficaci per proteggere la po-polazione da questa violenzaspaventosa e pervasiva».Con queste parole l’Altocommissario delle NazioniUnite per i diritti umani,Michelle Bachelet,, dopo irecenti massacri di vittimecivili, ha esortato ieri il go-verno a intraprendere azioniconcrete per tutelare effica-cemente la popolazione dal-le violenze perpetrate in ma-niera sistematica da gruppiarmati, bande criminali e al-tre forze irregolari.

La violenza nel Paese col-pisce soprattutto le fasce piùdeboli come contadini, po-polazioni indigene e afro-co-lombiani. «È tragico vederecosì tante persone vittimedelle violenze senza sosta sututto il territorio nazionale»ha affermato Bachelet, sotto-lineando come «oltre a que-ste uccisioni, l’emergenza ri-guarda le persone vicine allevittime, che rimangono qua-si completamente indifese».

L’Alto commissario ha

poi aggiunto come sia «do-vere dello Stato essere pre-sente in tutto il Paese, at-tuando tutta una serie di po-litiche pubbliche, non soloper perseguire i responsabilidelle violenze, ma anche perfornire servizi di base e sal-vaguardare i diritti fonda-mentali della popolazione».

Nel 2020, l’Agenzia del-l’Onu ha documentato inColombia 66 massacri, con255 persone uccise in 18 di-partimenti. Tuttavia, secon-do la ong colombiana Inde-paz, che da 36 anni denun-cia le violenze nel Paese, imassacri di quest’anno sa-rebbero stati in realtà 84,con un bilancio di 350 vitti-me

Inoltre, l’Alto commissa-riato ha ricevuto informazio-ni sull’uccisione di 120 difen-sori dei diritti umani nel cor-so dell’anno che sta per con-cludersi e, infine, ha aggior-nato a 244 il numero di excombattenti delle Forze ar-mate rivoluzionarie dellaColombia (Farc) uccisi dopola firma dell’accordo di pacedel novembre 2016.

Biden in Georgia per sostenerei candidati democratici al SenatoWASHINGTON, 16. All’indo-mani del voto del collegioelettorale, che lo ha incorona-to presidente degli Stati Uni-ti, Joe Biden è ad Atlanta, inGeorgia, per sostenere i duecandidati democratici, JonOssoff e Raphael Warnock,nei ballottaggi del 5 gennaio.Ballottaggi che deciderannole sorti del Senato e anchedell’Amministrazione Biden.

Se la Camera alta del Con-gresso resterà sotto il control-lo dei repubblicani, per i de-mocratici la strada sarà tuttain salita, con maggiori osta-coli per la conferma dei se-gretari e la realizzazione del-l’agenda di Biden.

I ballottaggi del meseprossimo sono di importanzacruciale, perché se i democra-tici dovessero vincere en-trambi i seggi si arriverebbead una situazione di parità alSenato, che significherebbenei fatti la maggioranza dem,dato che la vice presidente,Kamala Harris, avrebbe il vo-to decisivo.

Secondo gli ultimi son-daggi, Ossoff è al momentoin vantaggio sulla senatriceKelly Loefer di due punti eWarnock di un punto sul se-natore David Perdue.

Il voto anticipato per i bal-lottaggi in Georgia è già co-minciato ieri.

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L’OSSERVATORE ROMANOpagina 6 mercoledì 16 dicembre 2020

I dolori del giovane Ludwig

Troppo forte(poi piano)

di MARCELLO FILOTEI

B eethoven è forte,troppo forte. Peròpure parecchio pia-no. Contrasti conti-nui, che rendono l’a-

scolto immediato. Anche a noiche siamo abituati a sentire allaradio musica concepita tutta sul-la stessa dinamica. «Il Gran Lu-dovico Van», come lo chiamaAlex in Arancia meccanica ti dà uncolpo ogni battuta, quasi, e poi titoglie la terra da sotto i piedi, ti fascivolare nel piano, nei ricordi, tiavvolge con melodie sinuose, epoi «sbam», come in un fumetto,colpo netto sull’anima.

In realtà è così solo il cosid-detto “secondo periodo”, anchese questa periodizzazione, ope-rata alla metà dell’Ottocento daWilhelm von Lenz, fa rabbrivi-dire gli esperti. Chi studia le co-se con continuità argomenta chequesto genere di approccio ètroppo rigido e non rispondente

d’anni prima, per raccontare glistravolgimenti amorosi di unuomo accecato dalla gelosia chelo porterà a uccidere la moglie.Con Chopin non avrebbe fun-zionato. Ma come tutte le bellestorie anche questa ha una fine.L’emblema è lo scatto d’ira chesi rifletterà per sempre sulla Ter -za Sinfonia. Scritto pensando aNapoleone, il lavoro prova a te-nere insieme musica e realtà at-traverso una speranza forte, mamal riposta. Beethoven, comeHegel, aveva creduto alla caricarivoluzionaria del generale cor-so che «cavalcava lo spirito delmondo». Gli aveva dedicato l’o-pera, ma quando vide l’uomochiamato a riportare la giustiziaincoronarsi imperatore strappòil frontespizio. Da quel giornola Terza si chiama, in italiano,«Sinfonia Eroica composta perfesteggiare il sovvenire di ungrand’uomo». Attendere pre-go.

Poi la sordità e la vecchiaia,che assieme alle grandi delu-sioni portano ai ripensamen-ti. Arriva il messaggio testa-mentario, quello della fratel-lanza tra tutti gli uomini,quello di un un amore supe-riore, della Gioia, di una«scintilla del divino, figliadell’Elisio» che riunisce tuttisotto l’egida dell’uguaglian -za.

Con gli anni si diventasentimentali, si piange piùfacilmente, si cerca il sensodelle cose o, per dirla comeMila «la straordinaria ten-sione dei contrasti, la riparti-zione dei volumi sonori innette zone di ombra e di luce,si viene mitigando». Non èsolo una scelta estetica, è che

«il mondo interiore del musici-sta ascende a una religiosa tota-lità e lo stile si fa in corrispon-denza più unito e piano, evolveverso una trascendente smate-rializzazione». Insomma i nettie contrastanti principi morali diKant saranno pure belli, ma auna certa età ci vuole sintesi.

E la sintesi la coglie Kubrick,tra i pochi registi a capire la mu-sica che usava. Alex in Ara n c i ameccanica ascolta la Nona che gliispira le pulsioni più perverse. Il

contrario del suo significato(stessa cosa con Singin’ in theRain). Da veicolo di amore uni-versale la Sinfonia diventa mo-tore d’odio. Un rovesciamentosemantico che funziona soloperché l’esecuzione è affidata al-l’elettronica. Se togli l’umanitàdalla Nona la speranza svanisce,e senza speranza resta solo vio-lenza. Kubrick lo sapeva. SeBeethoven avesse ascoltato laversione affidata ai sintetizzato-ri magari avrebbe strappato ilfrontespizio. O forse no, dipen-de dal periodo.

di SAV E R I O SIMONELLI

Q uella sera del 22 dicembre del1808 faceva molto freddo a Vien-na e Beethoven incurante delleavversità meteorologiche aveva

preparato un concerto “m o n s t re ”, che sa-rebbe diventato il più lungo della storiadella musica di tradizione classica almenofino ad allora. La Sinfonia pastorale, alcu-ne arie liriche e brani della Messa in Do, ilQuarto concerto per pianoforte e orchestra, la Quintasinfonia e per concludere la Fantasia corale.

Per le sinfonie quella fu la prima esecu-zione pubblica e la P a s t o ra l e come incipitcontribuì a rinfrancare anime e corpi. Bee-thoven lo aveva espressamente indicatonella partitura, questa musica non è pittu-ra ma evocazione di piacevoli sentimentiall’arrivo in campagna.

L’incanto del ruscello le danze sull’aia,il furioso temporale che per alcuni mo-menti ricorda la tempesta delle quattrostagioni di Vivaldi, e infine l’eco del tem-porale che si spegne, le nuvole fluttuano ecome un tappeto che si arrotola abbando-

nano la volta celeste che torna a risplende-re della serenità ritrovata. Un semplicissi-mo inevitabile intervallo di quarta giustaintonato dal corno riporta la pace. Scon-tato? Forse. Eppure incredibilmente per-fetto. Perfino quello che necessariamentesi aspetta sembra una sorpresa e un sol-lievo. Una catastrofe di bellezza e diquiete. Il finale di una favola. Non unascorciatoia consolatoria ma un senso didurata, di permanenza in un altrove.

Subito dopo inizia una sequenza divariazioni: la campagna effonde vapori,il vento è diventato una brezzolina piace-vole. La musica dice grazie al cielo, i con-tadini tornano a popolare l’aia. E la mu-sica finisce su una riposante terza mag-giore, cantata dall’orchestra, come quan-do il sacerdote dice andate in pace.

Il concerto per pianoforte poi fu sma-gliante. Fino ad allora la norma prevedevaa che l’orchestra suonasse prima e il piano-forte poi. Beethoven invece capovolse irapporti. Iniziò col pianoforte. E poi l’or-chestra gli rispose inaugurando un vero eproprio dialogo. Ma il solista non era mai

esattamente un solista, ma una voce che simisurava con l’altra, di cui aveva bisogno.La musica stava mettendo in scena una di-scussione come se in quel teatro ci fosseropersonaggi e non degli strumenti. Non so-lo il racconto di una storia, ma un dialogoa due voci, un dialogo che aveva tutta lacredibilità del reale. Nell’adagio poi que-sta caratteristica sembrò ancora più evi-dente. Era una sorta di contesa, quasi unlitigio. Il pianoforte sussurrava e l’o rc h e -stra urlava. Sembrava raccogliersi in sestesso, quasi volesse sottrarsi a queglisbocchi violenti e selvaggi, quasi non vo-lesse rispondere se non con la dolcezza.Quel pianoforte era in cerca di intimità maproprio con la forza della mitezza convin-ceva l’orchestra sedando i bollenti spiritidegli archi che alla fine si arrendevano,smussando poco a poco i toni battaglieri erintanandosi in un pianissimo, sussurratoe prossimo al silenzio, come se avesserodeciso di ascoltarne le ragioni, accovaccia-ti lì accanto.

Quello, allora, non era il titano appas-sionato, conquistato dall’eroismo napo-leonico, neppure il musicista folle e intrat-tabile isolato nei suoi meandri segreti, no:quello era un uomo fragile che si metteva anudo e chiedeva agli altri di essere com-preso perché sapeva anche essere dolce.Non c’era scritto qualcosa del genere neltestamento di Heiligenstadt? «Mi sentoperso e ignorato in mezzo agli uomini maquanto amerei la loro compagnia». Eranole stesse confidenze pudiche ma nitide cheaveva sussurrato il pianoforte.

Ma la sorpresa sarebbe arrivata alla fi-ne. Dopo una potente esecuzione dellaQuinta, la sinfonia detta del destino, nellaFantasia corale Beethoven fermò l’o rc h e s t r aper un’entrata sbagliata dei clarinetti. Ecosa disse? «Basta ricominciamo da ca-po». Non tutto il concerto ma quel branoche, dopo oltre quattro ore, chiuse una se-rata che sarebbe rimasta nella storia.

Una catastrofedi bellezza

Il 22 dicembre del 1808eseguì un programmache sarebbe diventatoil più lungo della storiadella musica di tradizione classica

alle reali trasformazioni avvenu-te nel linguaggio del composi-tore. Vero, però per semplifica-re, dopo l’iniziale influenzaviennese, più o meno Mozart eHaydn, e prima della modera-zione senile, che chi ha combat-tuto abbastanza chiama saggez-za, c’è il periodo dei colpi sec-chi, del forte improvviso, dellostaccato frenetico che sfocia inun cantabile apparentementeleggero, ma a sentir bene tragi-co.

Secondo Mas-simo Mila, è pro-prio in questa fa-se, volendo essereschematici dal1800 al 1815, che«il dolore dellavita, risentito daun animo che sifa eco dell’interaumanità, e l’ener -gia indomabilenella disperata ri-soluzione per af-frontarla» appaiono separati egiustapposti. Stiamo parlandodel periodo che inizia con la Ter -za Sinfonia, e termina con il Con -certo per pianoforte e orchestra numero5 «Imperatore». Tra una cosa el’altra Beethoven ha scritto tuttele altre sinfonie, tranne l’ultima,altri quattro concerti per piano-forte e orchestra, la sua unicaopera teatrale, il Fidelio, e una se-rie di capolavori dalle forti tinte.Non a caso Lev Tolstoj, che disentimenti contrastanti ne sape-va qualcosa, nel 1889 usa la Sona -ta a Kreutzer, scritta un’ottantina

«Il Gran Ludovico Van»,come lo chiama Alexin «Arancia meccanica»,ti avvolge con melodie sinuosee poi «sbam», colpo netto sull’anima

L’eredità di Beethoven a 250 anni dalla nascita

INTERMEZZI BEETHOVENIANI • Quel concerto “m o n s t re ”

Berremo acqua lunare?Un passo più vicini a rendere possibile la vita su un altro corpo celeste

di PAOLO MARZIOLI

È di qualche settimana fa la notiziadella scoperta di una quantitàsignificativa, più di quanto ci siaspettasse, d’acqua sulla Luna. È

di molti secoli fa, invece, la storiadell’esplorazione lunare, cominciata adocchio nudo e proseguita con cannocchiali,telescopi, osservatori, fino ad arrivare asonde, fotografie e ai dodici“r a p p re s e n t a n t i ” dell’umanità che vi hannocamminato col programma Apollo. Lacuriosità della scienza verso il corpo celestepiù vicino a noi può dirsi orbitante attornoad un’unica, semplice domanda: «Perchései così vicina, ma sembri così diversa dallaTerra?». Appena vi capita, uscite e guardatela Luna con attenzione. Fingete di nonaverla mai guardata prima, ispezionatene idettagli più evidenti. Vi troverete aosservare una luminosa distesa di toni digrigio, uno sconfinato deserto costellato dicrateri. Come potrebbe essere quel sassoingrigito un “gemello” della nostra casa, delpianeta blu coperto per il 70 per cento daacqua? La risposta è tanto semplice quantoforse inaspettata: l’ambiente. Piantate duesemi a latitudini molto differenti: le duepiante avranno probabilmente una vita

molto diversa, pur essendo due gocce dellostesso mare. Stessa cosa per Terra e Luna:pur essendo sufficientemente probabile chesi siano formate entrambe (nel loro statoattuale) dopo un impatto gigante fra unaproto-Terra ed un corpo delle dimensionidi Marte, hanno una storia troppo diversaper arrivare ad un aspetto simile. La Terra èsufficientemente grande da mantenereattivo un campo magnetico e da tenere bencucita a sé un’atmosfera che ne protegga lasuperficie, che ne mitighi le temperature,che in ultima analisi permetta alla vita diprosperare. A soli quattrocentomilachilometri da noi, la Luna è troppo piccolae “leggera” per fare lo stesso: l’assenza diatmosfera e campo magnetico l'hanno resaun mondo desertico, dove le rocce insuperficie sono letteralmente maciullate dalcontinuo bombardamento di meteoriti,esaltato dalla mancanza di uno strato d’ariache possa frenarne la corsa. Nonostantel’origine comune, la scoperta dell’acqua inun mondo così desolato può essere unagrande sorpresa. È già dagli anni Sessantache abbiamo ipotizzato la presenza dighiaccio nei crateri ai poli lunari, dove ilSole non può arrivare, ipotesi che poi èstata confermata negli ultimi anni. Larecentissima scoperta della Nasa ci dice che

una quantità d’acqua superiore alle attese sitrova, invece, in dei crateri lunari esposti alSole. Nonostante questa quantità sia quasiinfinitesima (100 volte inferiore a quanta netrovereste nel Sahara, ci dice il comunicatodella Nasa), la scoperta pone dueinterrogativi molto importanti. Il primo,scientifico, riguarda il come ci sia arrivata.Tra le ipotesi principali, la più affascinanteriguarda l’impatto di meteoriti e cometesulla sua superficie che ne avrebberorilasciato il loro “carico” di ghiacciod’acqua. L’altro, tecnologico, sullapossibilità di estrarre e utilizzarequell’acqua per le future (e non cosìlontane nel tempo) basi lunari. Non ne èancora chiara la fattibilità, ma grazie aquesta scoperta potremmo essere unpiccolo passo più vicini a rendere la vitapossibile su un altro corpo celeste nondipendendo dalla Terra per le risorse diprimaria importanza. In un futuro nontroppo lontano, uno dei nostri astronauti(e perché no, anche qualcuno di noi sullaTerra) potrebbe ritrovarsi a bere della veraacqua lunare, estratta e purificata grazie aibalzi in avanti della nostra tecnologia,ma ottenuta grazie all’impatto di meteoritie comete sulla nuda superficiedella nostra Luna.

Malcolm McDowell interpreta Alexin «Arancia meccanica»

(Kubrick, 1971)

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L’OSSERVATORE ROMANOmercoledì 16 dicembre 2020 pagina 7

†L’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù e il Consiglio di Amministra-zione esprimono cordoglio per la morte del

P ro f e s s o re

MARCELLO SACCHETTIPresidente dell’O spedale

dal 1978 al 1992

che ha avuto un ruolo fondamentale per lo sviluppo di questo nostroIstituto. Il suo garbo e la sua umanità restano nella memoria di chi loha conosciuto. Il suo lavoro per la crescita del Bambino Gesù, in an-ni decisivi per la storia dell’assistenza sanitaria in Italia, meritano lariconoscenza di tutti noi.

Lutto nell’episcopato NOSTRE INFORMAZIONI Nomina episcopalein BrasileCarlos Silva

ausiliare di São PauloNato il 5 dicembre 1962 ad Andradina,diocesi di Araçatuba, Stato di São Paulo,ha compiuto gli studi di Filosofia nel Se-minário Seráfico São Fidélis di Piracicabae quelli di Teologia nella Pontíficia Uni-versidade Católica de Campinas. Ha fre-quentato il Centro de estudios francisca-nos y pastorales para América Latina (Ce-fepal) a Petrópolis.

Il 10 gennaio 1988 ha emesso la profes-sione religiosa nei frati minori cappuccinie il 1° agosto 1992 è stato ordinato sacer-dote. All’interno della provincia cappucci-na di São Paulo ha coordinato la pastoralevocazionale e missionaria (1996-2004). Pernove anni è stato in missione in Messico,con gli incarichi di promotore vocazionale(2004-2011), vicario parrocchiale di Nue-stra Señora de Guadalupe a Yécora, Sono-ra (2004-2007); maestro dei novizi (2007-2008); maestro del post-noviziato (2008-2013); guardiano del convento San Pío dePietrelcina (2009-2013) e parroco di Santí-sima Trinidad a Ciudad Benito Juárez,Nuevo León (2013).

Nel 2013 è rientrato in Brasile ed è statoeletto ministro della provincia cappuccinaImaculada Conceição, con sede a São Pau-lo. Dal 2018 fino ad ora è stato consiglieregenerale del suo ordine a Roma.

Monsignor Peter YariyokJatau, arcivescovo emeritodi Kaduna, in Nigeria, èmorto nelle prime ore dimercoledì 16 dicembre,nella propria abitazione,all’età di 89 anni. Era infat-ti nato a Marsa Kaje, arci-diocesi di Jos, nel 1931, edera divenuto sacerdote il 7luglio 1963. Eletto allaChiesa titolare di Velebu-

sdo il 26 giugno 1972 e alcontempo nominato arci-vescovo coadiutore di Ka-duna, aveva ricevuto l’o rd i -nazione episcopale il suc-cessivo 5 novembre. E il 10aprile 1975 era divenuto ar-civescovo di Kaduna, suc-cedendo per coadiuzione.Il 16 novembre 2007 avevarinunciato al governo pa-storale dell’arcidio cesi.

Il Santo Padre ha annoverato tra iMembri dei Dicasteri della CuriaRomana i seguenti EminentissimiSignori Cardinali:

1) nella Congregazione per leChiese Orientali e nel Dicasteroper la Comunicazione l’Eminen-tissimo Signor Cardinale Marcel-lo Semeraro, Prefetto della Con-gregazione delle Cause dei Santi;

2) nella Congregazione per iVescovi l’Eminentissimo SignorCardinale Augusto Paolo Lojudi-ce, Arcivescovo di Siena - Colle diVal d’Elsa - Montalcino;

3) nella Congregazione per l’E-vangelizzazione dei Popoli l’Emi-nentissimo Signor Cardinale An-toine Kambanda, Arcivescovo diKigali;

4) nella Congregazione per ilClero gli Eminentissimi SignoriCardinali: Jose F. Advincula, Ar-civescovo di Capiz; CorneliusSim, del Titolo di San Giuda Tad-deo Apostolo e Vicario Apostoli-co di Brunei;

5) nella Congregazione per gliIstituti di Vita Consacrata e le So-cietà di Vita Apostolica l’Eminen-tissimo Signor Cardinale MauroGambetti, Diacono del Santissi-

mo Nome di Maria al Foro Traia-no;

6) nel Dicastero per i Laici, laFamiglia e la Vita l’EminentissimoSignor Cardinale Wilton DanielGregory, Arcivescovo di Washin-gton;

7) nel Pontificio Consiglio perla Promozione dell’Unità dei Cri-stiani l’Eminentissimo SignorCardinale Mario Grech, Segreta-rio Generale del Sinodo dei Ve-scovi;

8) nella Pontificia Commissio-ne per l’America Latina l’Eminen-tissimo Signor Cardinale Celesti-no Aós Braco, Arcivescovo diSantiago de Chile.

Nominadi Vescovo Ausiliare

Il Santo Padre ha nominato Ve-scovo Ausiliare dell’Arcidio cesiMetropolitana di São Paulo (Bra-sile) il Reverendo Padre CarlosSilva, O.F.M. Cap., finora Consi-gliere Generale dell’Ordine deiFrati Minori Cappuccini a Roma,assegnandogli la Sede titolare diSummula.

Videomessaggio del Pontefice ai partecipanti a un incontro in Vaticano

L’educazioneè un atto di speranzaSignore e Signori,

l’educazione è sempre un atto disperanza che, dal presente,guarda al futuro. Non esiste l’e-ducazione statica. La riunionedi oggi nella Casina Pio IV è unatto di speranza e solidarietà ge-nerazionale, di speranza e soli-darietà intergenerazionale. I gio-vani leader e gli educatori glo-bali si stanno riunendo da ogniparte del mondo per promuove-re un nuovo tipo di educazione,che permetta di superare l’attua-le globalizzazione dell’indiffe-renza e la cultura dello scarto.

Due grandi mali della nostracultura, l’indifferenza e lo scar-to.

Questo è stato un annostraordinario di sofferenza per lapandemia di Covid-19; un annod’isolamento obbligato ed esclu-sione, di angoscia e crisi spiri-tuali e di non poche morti, e diuna crisi educativa senza prece-denti. Più di un miliardo dibambini hanno affrontato inter-

ruzioni nella loro educazione.Centinaia di milioni di bambinisono rimasti indietro nelle op-portunità di sviluppo sociale ecognitivo. E, in molti luoghi, lecrisi biologica, psichica ed eco-nomica sono state molto aggra-vate dalle crisi politiche e socialic o r re l a t e .

Vi siete riuniti oggi in un attodi speranza; un atto di speranzaaffinché gli impulsi di odio, di-visioni e ignoranza possano esiano superati attraverso unnuovo buon clima, diciamo così,un nuovo buon clima di oppor-tunità educative basate sullagiustizia sociale e sull’amore re-ciproco, un nuovo Patto Globa-le per l’Educazione lanciato giàa ottobre con alcuni dei presen-ti. Prima di tutto, vi ringrazioper esservi riuniti oggi per farcrescere le nostre speranze e pia-ni condivisi in una nuova edu-cazione che promuova la tra-scendenza della persona umana,lo sviluppo umano integrale esostenibile, il dialogo intercultu-rale e religioso, la salvaguardiadel pianeta, gli incontri per lapace e l’apertura a Dio.

Le Nazioni Unite offronoun’opportunità unica affinché igoverni e la società civile delmondo si uniscano sia nella spe-ranza sia nell’azione per unanuova educazione. Cito con pia-cere il messaggio di riconoscen-za di san Paolo VI alle NazioniUnite, dice così: «Signori, voiavete compiuto e state compien-do un’opera grande: l’educazio-ne dell’umanità alla pace. L’ONUè la grande scuola per questaeducazione». La Costituzionedell’U N E S C O, adottata nel 1945,al termine della tragedia dellaSeconda Guerra Mondiale, rico-nobbe che «poiché le guerre na-scono nella mente degli uomini,è nello spirito degli uomini chedevono essere poste le difesedella pace». Settantacinque annifa i fondatori dell’UNESCO chie-sero di «garantire a tutti il com-

pleto e identico diritto all’educa-zione, la libera ricerca della ve-rità oggettiva e il libero scambiodelle idee e delle cognizioni... aifini di una migliore comprensio-ne e di una più precisa e piùreale conoscenza dei loro [deipopoli] rispettivi costumi»(P re a m b o l o ).

Nel nostro tempo, in cui ilpatto educativo mondiale si èinfranto, vedo con soddisfazioneche i governi si sono impegnatinuovamente a mettere in praticaqueste idee mediante l’adozione

dell’Agenda 2030 e degli Obiet-tivi di Sviluppo Sostenibile del-l’O N U, in sinergia con il pattoglobale sull’educazione.

Al centro degli Obiettivi diSviluppo Sostenibile c’è il rico-noscimento del fatto che l’edu-cazione di qualità per tutti èuna base necessaria per proteg-gere la nostra casa comune epromuovere la fraternità umana.Come il Patto Globale per l’E-ducazione, così fondamental-mente anche l’obiettivo 4 impe-gna tutti i governi a «garantire

un’istruzione di qualità inclusivae paritaria e di promuovere op-portunità di apprendimento per-manente e questo per tutti». IlPatto Globale per l’Educazionee la Missione 4.7 lavoreranno in-sieme per la civiltà dell’a m o re ,la bellezza e l’unità. Permettete-mi di dirvi che spero che voisiate i poeti di una nuova bel-lezza umana, una nuova bellez-za fraterna e amichevole, comepure della salvaguardia della ter-ra che calpestiamo. Non vi di-menticate degli anziani e deinonni portatori dei valori umanipiù decisivi. Grazie per quelloche fate e, per favore, non vi di-menticate di pregare per me.Grazie.

ALLA CASINA PIO IV

Pubblichiamo, in una traduzione dallo spagno-lo, il testo del videomessaggio inviato da PapaFrancesco ai partecipanti all’incontro sul tema«La educación es un acto de esperanza», che sitiene il 16 e il 17 dicembre in Vaticano, presso laCasina Pio iv, in occasione della «Missione 4.7»avviata in sinergia con il Global Compact onEducation lanciato dallo stesso Pontefice.Il simposio, in parte online, è promosso dallaPontificia accademia delle Scienze sociali e dal-l’Organizzazione delle Nazioni Unite e ha comefinalità l’implementazione del 4° obiettivo del-l’Agenda Onu 2030 per uno sviluppo sostenibile(«Garantire un’istruzione di qualità inclusiva edequa e promuovere opportunità di apprendi-mento continuo per tutti») e del suo punto 7(«un’educazione volta a uno sviluppo e uno stiledi vita sostenibile, ai diritti umani, alla parità digenere, alla promozione di una cultura pacifica enon violenta, alla cittadinanza globale e alla va-lorizzazione delle diversità culturali»).

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L’OSSERVATORE ROMANOpagina 8 mercoledì 16 dicembre 2020

La catechesi sull’orazione di intercessione

Non si può pregaresenza amare

«Chi non ama il fratello non pregaseriamente»: lo ha sottolineato il Pa-pa mercoledì mattina, 16 dicembre,all’udienza generale svoltasi nella Bi-blioteca privata del Palazzo Apostoli-co vaticano, ancora senza la presenzadi fedeli per le misure di contrasto alcovid-19. Proseguendo le catechesisulla preghiera, il Pontefice si è soffer-mato su quella di intercessione.

Cari fratelli e sorelle,buongiorno!Chi prega non lascia mai ilmondo alle sue spalle. Se lapreghiera non raccoglie legioie e i dolori, le speranze e leangosce dell’umanità, diventaun’attività “decorativa”, un at-teggiamento superficiale, dateatro, un atteggiamento inti-mistico. Tutti abbiamo biso-gno di interiorità: di ritirarci inuno spazio e in un tempo de-dicato al nostro rapporto conDio. Ma questo non vuol direevadere dalla realtà. Nella pre-ghiera, Dio “ci prende, ci be-nedice, e poi ci spezza e ci dà”,per la fame di tutti. Ogni cri-stiano è chiamato a diventare,nelle mani di Dio, pane spez-zato e condiviso. Cioè una pre-ghiera concreta, che non siauna fuga.

Così gli uomini e le donnedi preghiera cercano la solitu-dine e il silenzio, non per nonessere infastiditi, ma per ascol-tare meglio la voce di Dio. Avolte si ritirano dal mondo, nelsegreto della propria camera,come raccomandava Gesù (cfr.Mt 6, 6), ma, ovunque siano,tengono sempre spalancata laporta del loro cuore: una portaaperta per quelli che preganosenza sapere di pregare; perquelli che non pregano affattoma portano dentro un gridosoffocato, un’invocazione na-scosta; per quelli che hannosbagliato e hanno smarrito lavia... Chiunque può bussarealla porta di un orante e trova-re in lui o in lei un cuore com-passionevole, che prega senzaescludere nessuno. La preghie-ra è il nostro cuore e la nostravoce, e si fa cuore e voce ditanta gente che non sa pregareo non prega, o non vuole pre-gare o è impossibilitata a pre-gare: noi siamo il cuore e la vo-ce di questa gente che sale aGesù, sale al Padre, come in-tercessori. Nella solitudine chiprega — sia la solitudine dimolto tempo sia la solitudinedi mezz’oretta per pregare — sisepara da tutto e da tutti perritrovare tutto e tutti in Dio.Così l’orante prega per il mon-do intero, portando sulle suespalle dolori e peccati. Pregaper tutti e per ciascuno: è co-me se fosse un’“antenna” diDio in questo mondo. In ogni

povero che bussa alla porta, inogni persona che ha perso ilsenso delle cose, chi prega ve-de il volto di Cristo.

Il Catechismo scrive: «Interce-dere, chiedere in favore di unaltro [...] è la prerogativa di uncuore in sintonia con la miseri-cordia di Dio» (n. 2635). Que-sto è bellissimo. Quando pre-ghiamo siamo in sintonia conla misericordia di Dio: miseri-cordia nei confronti dei nostripeccati — che è misericordiosocon noi — ma anche misericor-dia verso tutti coloro che han-no chiesto di pregare per loro,per i quali vogliamo pregare insintonia con il cuore di Dio.Questa è la vera preghiera. Insintonia con il cuore di Dio,quel cuore misericordioso.«Nel tempo della Chiesa, l’in-tercessione cristiana partecipaa quella di Cristo: è espressio-ne della comunione dei santi»(ibid.). Cosa vuol dire che sipartecipa all’intercessione diCristo, quando io intercedoper qualcuno o prego perqualcuno? Perché Cristo da-

vanti al Padre è intercessore,prega per noi, e prega facendovedere al Padre le piaghe dellesue mani; perché Gesù fisica-mente, con il suo corpo sta da-vanti al Padre. Gesù è il nostrointercessore, e pregare è un po’fare come Gesù: intercedere inGesù al Padre, per gli altri. Equesto è molto bello.

Alla preghiera sta a cuorel’uomo. Semplicemente l’uo-mo. Chi non ama il fratellonon prega seriamente. Si puòdire: in spirito di odio non sipuò pregare; in spirito di indif-ferenza non si può pregare. Lapreghiera soltanto si dà in spi-rito di amore. Chi non ama fafinta di pregare, o lui crede dipregare, ma non prega, perchémanca proprio lo spirito che èl’amore. Nella Chiesa, chi co-nosce la tristezza o la gioia del-l’altro va più in profondità dichi indaga i “massimi sistemi”.Per questo motivo c’è un’esp e-rienza dell’umano in ogni pre-ghiera, perché le persone, perquanto possano commettereerrori, non vanno mai rifiutate

o scartate.Quando un credente, mosso

dallo Spirito Santo, prega per ipeccatori, non fa selezioni,non emette giudizi di condan-na: prega per tutti. E prega an-che per sé. In quel momento sadi non essere nemmeno troppodiverso dalle persone per cuiprega: si sente peccatore, tra ipeccatori, e prega per tutti. Lalezione della parabola del fari-seo e del pubblicano è sempreviva e attuale (cfr. Lc 18, 9-14):noi non siamo migliori di nes-suno, siamo tutti fratelli in unacomunanza di fragilità, di sof-ferenze e nell’essere peccatori.Perciò una preghiera che pos-siamo rivolgere a Dio è questa:«Signore, nessun vivente da-vanti a Te è giusto (cfr. Sal 143,2) — questo lo dice un salmo:“Signore, nessun vivente da-vanti è Te è giusto”, nessuno di

noi: siamo tutti peccatori —,siamo tutti debitori che hannoun conto in sospeso; non c’èalcuno che sia impeccabile aituoi occhi. Signore abbi pietàdi noi!». E con questo spiritola preghiera è feconda, perchéandiamo con umiltà davanti aDio a pregare per tutti. Invece,il fariseo pregava in modo su-perbo: “Ti ringrazio, Signore,perché io non sono come queipeccatori; io sono giusto, fac-cio sempre…”. Questa non èpreghiera: questo è guardarsiallo specchio, alla realtà pro-pria, guardarsi allo specchiotruccato dalla superbia.

Il mondo va avanti grazie aquesta catena di oranti che in-tercedono, e che sono per lopiù sconosciuti... ma non aDio! Ci sono tanti cristianiignoti che, in tempo di perse-cuzione, hanno saputo ripete-

re le parole di nostro Signore:«Padre, perdona loro perchénon sanno quello che fanno»(Lc 23, 34).

Il buon pastore resta fedeleanche davanti alla constatazio-ne del peccato della propriagente: il buon pastore conti-nua ad essere padre anchequando i figli si allontanano elo abbandonano. Persevera nelservizio di pastore anche neiconfronti di chi lo porta asporcarsi le mani; non chiudeil cuore davanti a chi magari loha fatto soffrire.

La Chiesa, in tutte le suemembra, ha la missione di pra-ticare la preghiera di interces-sione, intercede per gli altri. Inparticolare ne ha il doverechiunque sia posto in un ruolodi responsabilità: genitori,educatori, ministri ordinati,superiori di comunità... ComeAbramo e Mosè, a volte devo-no “d i f e n d e re ” davanti a Diole persone loro affidate. Inrealtà, si tratta di guardarlecon gli occhi e il cuore di Dio,con la sua stessa invincibilecompassione e tenerezza. Pre-gare con tenerezza per gli al-tri.

Fratelli e sorelle, siamo tuttifoglie del medesimo albero:ogni distacco ci richiama allagrande pietà che dobbiamonutrire, nella preghiera, gli uniper gli altri. Preghiamo gli uniper gli altri: farà bene a noi efarà bene a tutti. Grazie!

Il Natale va purificato dal consumismoFrancesco ricorda le restrizioni e i disagi di questo periodo

Udienza generale - Le parole del Papa

LETTURA DEL GIORNO

Efesini 6, 18-20

[Fratelli,] in ogni occasione, pregate con ogni sorta dipreghiere e di suppliche nello Spirito, e a questo scopovegliate con ogni perseveranza e supplica per tutti i santi.E pregate anche per me, affinché, quando apro la bocca,mi sia data la parola, per far conoscere con franchezza ilmistero del Vangelo, per il quale sono ambasciatore in ca-tene, e affinché io possa annunciarlo con quel coraggiocon il quale devo parlare.

L’appello affinché quest’anno — incui «ci attendono restrizioni e disagi»— il Natale sia «più religioso, più au-tentico, più vero», e purificato «dalconsumismo», è stato lanciato dalPapa al termine dell’udienza, conl’invito a ripensare alle difficoltà in-contrate da Maria e Giuseppe. Pub-blichiamo le parole pronunciate dalPontefice nei saluti rivolti ai varigruppi linguistici collegati attraversola radio, la televisione e i nuovi me-dia, prima di guidare la recita del“Padre nostro” e impartire la benedi-zione apostolica .

Sono lieto di salutare le perso-ne di lingua francese. Nell’at-tesa dell’Emmanuele, il BuonPastore, cerchiamo di essereuomini e donne che fanno pro-prie le gioie e le sofferenze, lesperanze e le angosce dell’u-manità, nella preghiera di in-t e rc e s s i o n e .

A tutti do la mia benedizio-ne.

Saluto cordialmente i fedelidi lingua inglese. Prego per-ché la luce di Cristo illumini ipassi del nostro cammino diAvvento e dissipi le tenebredella paura dai nostri cuori. Sudi voi e sulle vostre famiglie in-voco la gioia e la pace del Si-gnore Gesù Cristo.

Un caloroso saluto rivolgoai fratelli e alle sorelle di linguatedesca. L’intercessione ci uni-sce alla preghiera di Gesù, cheintercede presso il Padre pertutti gli uomini. Non dimenti-chiamo di pregare il Signore infavore degli altri, anche percoloro che ci fanno del male. Atutti un buon Avvento.

Saludo cordialmente a los

fieles de lengua española. Ma-ñana comenzamos los díasmayores de Adviento, y la li-turgia se centra con mayor én-fasis en la preparación de laNavidad. En estos días tan es-peciales, los animo a dedicarmás tiempo a la oración de in-tercesión: recemos con mayorintensidad pidiendo unos porotros, en particular por los quemás sufren. Que Dios los ben-diga.

Rivolgo un cordiale salutoai fedeli di lingua portoghese.Cari fratelli, la preghiera du-rante il tempo dell’Avvento ciaiuta a ricordare che non sia-mo più giusti e migliori deglialtri, ma siamo tutti peccatoribisognosi di essere toccati dal-la misericordia di Dio. Su cia-scuno di voi scenda la benedi-zione del Signore.

Saluto i fedeli di lingua ara-ba. Siamo tutti foglie del me-desimo albero: ogni distaccoci richiama alla grande pietàche dobbiamo nutrire, nellapreghiera, gli uni per gli altri.Il Signore vi benedica tutti e viprotegga sempre da ogni ma-le!

Saluto cordialmente tutti iPolacchi.

Oggi inizia la Novena a Ge-sù Bambino.

Nel vostro cammino di Av-vento di quest’anno, in modoparticolare, vi accompagniSan Giuseppe.

Il Bambino Divino, che havisto in lui la tenerezza di Dio,ricolmi i vostri cuori, soprat-tutto in questi tempi difficili,della certezza che il Padre no-stro celeste è un Dio di tene-

rezza, che è buono verso tutti ela Sua misericordia si espandesu tutti i Suoi figli.

Vi benedico di cuore.

Saluto cordialmente i fedelidi lingua italiana. Vorrei esor-tare tutti ad “affrettare il pas-so” verso il Natale, quello ve-ro, cioè la nascita di Gesù Cri-sto. Quest’anno ci attendonorestrizioni e disagi; ma pensia-mo al Natale della VergineMaria e di San Giuseppe: nonfurono rose e fiori! Quante dif-ficoltà hanno avuto! Quantepreoccupazioni! Eppure la fe-de, la speranza e l’amore lihanno guidati e sostenuti. Chesia così anche per noi! Ci aiutianche — questa difficoltà — apurificare un po’ il modo di vi-vere il Natale, di festeggiare,uscendo dal consumismo: chesia più religioso, più autentico,più vero.

Come sempre, mi rivolgoinfine agli anziani, ai giovani,ai malati e agli sposi novelli. Aciascuno auguro di accoglierela grazia di questi giorni: chediventi per voi anziani conso-lazione, per voi giovani fortez-za, per voi malati conforto, eper voi novelli sposi fiducianella divina Provvidenza. CheDio vi benedica tutti!