NEO paganinirockstar presentazioneGianna Nannini in questa sezione racconta cosa vuol dire trovarsi...

52
narrative environments operas

Transcript of NEO paganinirockstar presentazioneGianna Nannini in questa sezione racconta cosa vuol dire trovarsi...

NEO_paganinirockstar_presentazione.cdrPAGANINI ROCKSTAR LA MOSTRA
Si tratta del laboratorio di un liutaio, dove è possibile scoprire le caratteristiche dei diversi strumenti musicali presenti in mostra: il violino, la chitarra acustica e la chitarra elettrica. I ragazzi delle scuole potranno, in apposite postazioni, provare a suonare gli strumenti e, tramite l'utilizzo di software multimediali, sperimentare ed analizzare i suoni e la musica.
Il percorso della mostra è fondamentalmente tematico e suddiviso in 7 sezioni, dal talento al virtuosismo, dall'innovazione all'espressività, dal mito all'aspetto personale e intimo, no al confronto con il contemporaneo senza tralasciare le elaborazioni della sua musica nel XX secolo.
LA COSTRUZIONE DEL PERSONAGGIO (sala 2a e 2b)
Il mondo della musica e del teatro viene rievocato da elementi scenici dell'allestimento che servono ad esporre in maniera non tradizionale, oggetti e documenti. Alcuni ight case (contenitori utilizzati per il trasporto degli strumenti utilizzati nei concerti) divengono vere e proprie vetrine, grandi quinte teatrali riproducono scenari evocativi dell'epoca ottocentesca, e superci composite di grandi dimensioni diventano pareti narrative che attraverso l'accostamento di immagini, citazioni e testi, approfondiscono la vita di Paganini e le tematiche delle singole sale, costruendo connessioni tra diverse epoche e discipline, ad esempio, le analogie tra virtuosismo musicale e sportivo, l'improvvisazione in Paganini come nel jazz.
Questa è una sala immersiva, in cui le parole dei fans e della critica internazionale testimoniano l'esplodere del mito al suo apice.
LA MOSTRA
Per raccontare il personaggio Paganini si entra nella sua storia, attraverso forti elementi scenici, grandi fondali, quinte teatrali, l'esposizione di oggetti fortemente rappresentativi come la chitarra, spartiti autogra, la famosa agenda rossa, proveniente dalla Biblioteca del Congresso di Washington, il libro mastro dei suoi conti ecc., che attraverso una messa in scena teatrale, propongono al visitatore una tta serie di rimandi evocativi, rafforzati dall'ascolto della musica e dalle proiezioni visive.
IL TALENTO (sala 1) Questa prima sala mette in scena la musica di Paganini e la sua straordinaria capacità di esecuzione attraverso il confronto con la riproduzione di parole che scorrono e si susseguono allo stesso ritmo, serratissimo, della musica. La difcoltà di lettura mette lo spettatore in condizioni di cogliere immediatamente le caratteristiche di velocità del brano ascoltato. Come testimone musicale è stato scelto, per questa prima sala Salvatore Accardo.
La sezione è divisa in due ambienti. Il primo riproduce un loggione di teatro, dove il pubblico si dispone per vedere l'intervento video di Morgan, che parla del rapporto tra fama e immagine dal suo punto di vista. Il secondo ambiente è dedicato al tour italiano di Paganini e attraverso le voci del suo pubblico, recitate da attori e accompagnate da suggestive immagini, viene consacrato vera e propria star.
VITA D’ARTISTA (sala 3) In questa terza area, la musica del Capriccio 24 di Paganini viene spettacolarizzata utilizzando immagini video del linguaggio corporeo ed interpretata da una performance di Roberto Bolle.
PAGANINIMANIA (sala 4)
APPASSIONATO (sala 5)
Gianna Nannini in questa sezione racconta cosa vuol dire trovarsi di fronte a un grande pubblico, le aspettative e le emozioni che si
scatenano e come riesce a trasmetterle, travolgendo con passione migliaia di persone. La sala racconta anche il lato più intimo e fragile di Paganini e il suo rapporto con il dolore e la malattia, lungo tutta la sua vita.
Le quattro pareti della sala sono completamente invase dalle parole della stampa dell'epoca che, insieme alle voci dei cronisti recitate da attori, immergono il visitatore nell'atmosfera di euforia, fanatismo, ma anche dissenso, che attorniava la gura controversa di Paganini.
L'Adagio del concerto n°4 è messo in scena attraverso i dettagli video di persone intente all'ascolto del brano. I volti, piano piano modicano la loro espressione comunicando sensazioni. Il visitatore che, nella sala ascolta la stessa musica, condivide empaticamente le stesse emozioni.
Qui sono esposti in 12 teche spartiti musicali, tutti riconducibili all'eredità musicale di Paganini, che lo spettatore può scegliere di ascoltare.
INCANDESCENTE COME JIMI HENDRIX (sala 7a e 7b)
PAGANINI SOUNDLAB E LABORATORIO DEL LIUTAIO (sale didattiche)
In questa ultima sezione, l'allestimento cambia registro. Si colora e si rifà a suggestioni psichedeliche, creando un'atmosfera adeguata alle multiproiezioni di materiali di repertorio, fotograco e video, dedicate a Jimi Hendrix. Ivano Fossati racconta le similitudini attraverso cui si può paragonare Paganini a Hendrix e confrontare così le caratteristiche del modo di suonare e del porsi di fronte al pubblico, il loro anticonformismo e lo spirito di innovazione, caratteristiche per cui non è sbagliato chiamare entrambi ROCKSTAR. La mostra si conclude con l'eccezionale esposizione nella magnica Cappella del Doge di Palazzo Ducale del celebre Cannone di Niccolò Paganini e della chitarra di Jimi Hendrix accompagnata dall'ascolto diffuso di alcuni brani scelti per l'occasione.
Paganini non fu solo tecnica, ma grande capacità espressiva.
DA MUSICA NASCE MUSICA (sala 6) Questa penultima sezione è dedicata a quelli che sono considerati gli eredi del grande Maestro.
In un'area attigua al percorso sopra descritto, è stato allestito uno spazio particolare e dedicato in particolare alle scuole.
narrative environments
PAGANINI ROCKSTAR LA MOSTRA
Mettere in mostra la musica non è facile, ma nemmeno impossibile. Una delle strade percorribili è mettere in gioco i racconti, numerosissimi, che Paganini ed Hendrix hanno ispirato in coloro che hanno avuto la fortuna di assistere alle loro magìe. Allo stesso tempo possiamo ascoltare i racconti delle rockstar di oggi, che narrando la loro esperienza attualizzano e riattualizzano continuamente i processi creativi (individuali e collettivi) e i complessi percorsi organizzativi sottesi alla vita di una star della musica rock.
Paganini e rockstar sono due parole ardite da accostare. Tuttavia, nelle sale di Palazzo Ducale s'intende raccontare l'arte del grande violinista genovese (1782-1840), osservata dalla prospettiva musicale di oggi, un oggi forgiato anche dai suoni e dal genio di un chitarrista afroamericano di Seattle, Jimi Hendrix (1942-1970). Niente di apparentemente più distante.
Invece, proprio dalla vicenda artistica e biograca di Paganini derivano elementi e caratteristiche che ancora oggi marcano il percorso dei musicisti: la scoperta del talento, il virtuosismo, la performance, l'immagine, il look, il tour, lo scatenamento di fantasie ed entusiasmi del pubblico, il complicato rapporto fra vita professionale e dimensione esistenziale privata, le eredità...
Era il potere della loro aura potremmo dire. La meraviglia suscitata dal virtuosismo di Paganini, così estremo, nuovo, dirompente è pari allo stupore del pubblico della Hendrix Experience proposta alla ne degli anni Sessanta: un'esperienza determinante per il futuro del rock.
In alcune sale i visitatori sono guidati da alcuni oggetti in evidenza; questi servono a catalizzare i racconti e le musiche secondo un celebre passo delle Lezioni americane di Calvino:
Del resto, sia Paganini sia Hendrix afdarono la loro arte e l'espressione di sé come artisti a due oggetti certamente magici: il violino costruito nel 1743 da Giuseppe Guarnieri del Gesù detto Il Cannone per la potenza straordinaria del suono e la chitarra elettrica Fender Stratocaster, un vero e proprio mito per generazioni di giovani musicisti rock che elessero Jimi Hendrix a proprio guru. I due strumenti erano di fatto prolungamenti della loro anima oltreché del loro corpo.
Allo stesso tempo siamo convinti della necessità di alleggerire, e in qualche caso sfatare le leggende più estreme, per dar più peso alla componente umana del far musica, perché alla ne è lì che sta la vera magia.
Ivano Fossati, Roberto Grisley, Raffaele Mellace
La sda della mostra consiste non soltanto nel far emergere i numerosi punti in comune fra Hendrix e Paganini ma anche, forse soprattutto, nel raccontare cosa signichi far musica per una persona che ha il pieno controllo su ciò che suona e su come lo suona. Un virtuoso, dunque.
Diremmo che dal momento in cui un oggetto compare in una narrazione, si carica d'una forza speciale, diventa come il polo d'un campo magnetico, un nodo d'una rete di rapporti invisibili. Il simbolismo d'un oggetto può essere più o meno esplicito, ma esiste sempre. Potremmo dire che in una narrazione un oggetto è sempre un oggetto magico.
Quali sono, insomma, gli ingredienti per fabbricare una rockstar? Provano a rispondere a questa domanda le rockstar di oggi, raccontando la loro stessa vita e il rapporto con la musica. In aggiunta, un danzatore del calibro di Roberto Bolle permette a ogni visitatore di fare esperienza concreta del virtuosismo assistendo ad una sua coreograa (composta a partire da una buona base di improvvisazione) sopra il celeberrimo 24° Capriccio di Paganini.
Hendrix e Paganini sono stati musicisti che hanno scatenato la fantasia di coloro che li ascoltarono, e che, forse proprio per questo, oltre che per la musica, ebbero fama di maledetti. Musica portatrice di una sorta di fascinazione, che faceva cadere le persone in loro potere, trascinandole in territori
inesplorati e dunque pericolosi.
OMBRA STATUETTA SU PARETE DI FONDO
Sala 1 narrative
PAGANINI ROCKSTAR LA MOSTRA
Prima ancora del violino, è lo strumento praticato dal padre, la chitarra, a costituire la consuetudine quotidiana del giovane talento. La chitarra è lo strumento da camera che richiama l'ambito raccolto d'un fare musica che pervade ogni ambiente, attraversa e oltrepassa le classi sociali. Dalle case più modeste ai palazzi signorili, la voce della chitarra rappresenta una pratica assidua e familiare, offre un intrattenimento senza pretese e sempre disponibile, si propone come strumento di educazione alla musica delle signorine di buona famiglia e al contempo come distrazione creativa per dilettanti appassionati che la sera smettono i panni delle rispettive professioni per dedicarsi alla musica. Risuona nelle feste da ballo, in cui interpreta un repertorio di danze, di ascendenza aristocratica o popolare, cui Niccolò contribuisce con lavori come i Divertimenti carnevaleschi. Lavori destinati, ad esempio, alle feste organizzate a Genova dal governatore francese, il generale Milhaud.
Nella memoria collettiva Paganini è innanzitutto il suo talento di violinista eccezionale, in grado di realizzare ciò che nessuno può nemmeno lontanamente immaginare.
Il contatto col talento è a sua volta generativo: desta, risveglia, suscita le potenzialità altrui. Lo testimoniano, in tutte le tappe del grande tour europeo di Paganini, i musicisti geniali, più giovani di una generazione, che ne ricevettero un'impressione indelebile: Chopin (a Varsavia), Schumann (a Francoforte), Liszt (a Parigi).
A questo repertorio cui occorrerà accostare la produzione destinata al mercato degli appassionati, in cui spiccano i 43 Ghiribizzi scritti a Napoli nel 1820, ma anche l'impegno nell'ambito di forme
più classiche ed esigenti, che frutta la Sonata concertata per violino e chitarra e una serie di ben 15 Quartetti.
Il talento necessita tuttavia di essere riconosciuto, reso consapevole a se stesso, indirizzato, coltivato, fatto crescere. Deve insomma attecchire in un terreno favorevole. E qui interviene l'ambiente: la famiglia e la città in cui il bambino prodigio muove i primi e i secondi passi.
Anche Paganini, come Mozart, ha alle spalle una gura paterna cruciale. Certo, con molti distinguo. Non un Leopold Mozart, musicista rafnato e uomo di mondo, compositore, autore d'un trattato per violino, in grado di muoversi con savoir faire negli ambienti di Corte, capace di organizzare per i gli un tour europeo pluriannuale.
Tra gli appassionati, "dilettanti" come si chiamava allora chi non suonasse per professione, conta un altro genovese illustre: Giuseppe Mazzini. Come Paganini, anche Mazzini possiede una chitarra realizzata a Napoli nel 1821 dal celebre liutaio Gennaro Fabbricatore. Mazzini la porterà con sé nell'esilio londinese. Proprio da Londra scriverà il 6 maggio 1841 alla madre rimasta a Genova, chiedendole di fargli avere della musica «che aveva in casa […] mi pare che vi fosse, non so più se per questi strumenti [auto e chitarra], qualche cosa di Paganini».
Nel talento – qualcosa di innato, irriesso, inconsapevole – sta anche il mistero, il fascino del personaggio. È il talento a renderlo un genio suo malgrado.
Il padre di Paganini è una persona semplice, un "ligaballe", cioè imballatore, al porto di Genova. Non ha molte risorse, ma una virtù essenziale nel nostro racconto: è «appassionato per la musica». Benché non vi fosse probabilmente neppure troppo versato («d'orecchio disarmonico», lo ricorderà il glio), ama e pratica due strumenti a pizzico: la chitarra e il mandolino. Ma soprattutto individua precocemente in Niccolò un talento straordinario che prende a coltivare con una ferocia che il virtuoso ormai adulto rievocherà in termini quasi melodrammatici: «Non si può facilmente immaginare un padre più severo di lui: quando non gli sembravo abbastanza diligente, con la fame egli mi costringeva a raddoppiare i miei sforzi, così che ebbi molto a patire sicamente, e la mia salute cominciò a risentirne».
IL TALENTO
environments operas
Paganini è stato molto più d'un grande interprete.
La sua singolarità nell'Europa dell'Ottocento sta nel personaggio che costruì con cura meticolosa, offrendosi in ostensione al pubblico di ogni latitudine. Musica da vedere, non solo da ascoltare.
Dalla Sicilia alla Scozia, dall'Irlanda alla Polonia (non riuscì nell'intento di esibirsi in Russia e negli Stati Uniti), Paganini non offriva soltanto l'incanto sonoro del suo violino, ma contestualmente lo spettacolo della sua persona.
Il personaggio Paganini si alimenta della risonanza assicurata dall'ampliamento del pubblico e dalla stampa, che confonde con disinvoltura verità e nzione. Perché, al di là dell'immagine che Paganini proponeva di sé, sono state anche le cose scritte e dette su di lui a plasmarne il personaggio, a imporlo nell'immaginario collettivo, a crearne il mito giunto no a noi.
Il colonnello inglese Archibald Montgomery Maxwell, che conobbe Paganini a Genova nel febbraio 1815, lo giudicò «il personaggio più eccentrico, più stravagante e più strano che abbia mai visto e sentito nel panorama musicale». Lo impressionarono «la sua lunga gura, il collo lungo, il viso allungato e la fronte alta; il volto scavato e pallido, i grandi occhi neri, il naso aquilino, i capelli neri, che sono lunghi». Il tutto contribuiva a farne «la persona più straordinaria che abbia mai visto».
La testa, la fronte, le sopracciglia, il naso, le labbra, il mento, la «corona di capelli neri che ricadono a ciocche sulle spalle»; le smore del viso, l'aspetto sofferente; le movenze, la postura sul palco, la presa del violino, gli inchini frenetici rappresentano gli ingredienti essenziali di questa eccezionalità del personaggio.
Un'eccezionalità che prestò da subito il destro alla leggenda nera, «gotica» di Paganini, alimentata dall'aspetto e dai comportamenti stravaganti, ma anche dalle fake news, diffuse in diverse varianti,
secondo cui il violinista aveva ucciso l'amante e proprio l'esercizio forzato durante la prolungata carcerazione l'aveva reso quel virtuoso senza paragoni. Anche lo zampino del diavolo, maestro di chissà quali segreti, entrò in gioco in questa narrazione, tanto più che – per pura casualità ma non senza conseguenze – Paganini aveva inaugurato la propria carriera con le variazioni Le streghe. Da qui al soprannome di Hexenmeister, "maestro delle streghe", attribuitogli in Germania, il passo è davvero breve.
Anzi, del suo personaggio, che naturalmente non si sovrappone al Paganini privato come ce lo mostra la corrispondenza.
Paganini si propone come personaggio caratterizzato da un negativo fascinoso, selvaggio e fantastico. Magnetico, seducente e inquietante, capace di attrarre e respingere con uguale intensità. Tanto più che un'immagine simile contrasta con l'arte sublime del violinista, che si materializza appena l'archetto tocca le corde.
Stravagante al massimo grado, il personaggio Paganini rappresenta per il suo pubblico l'incarnazione stessa dell'artista romantico, proteso a superare il limite, a salpare impavido verso l'ignoto. Forse ancor più rappresenta l'incarnazione del personaggio romantico, come quello, nuovissimo e destinato a grande fortuna, proposto da John William Polidori nel suo romanzo Il vampiro nel 1819, l'anno stesso in cui il principe Metternich sente Paganini a Roma, ispirando al musicista il progetto del grande tour europeo. «Era un morto venuto fuori dalla tomba, un vampiro con il violino?», si chiederà dopo aver assistito a una sua esibizione il poeta Heine.
LA COSTRUZIONE DI UN PERSONAGGIO
Sala 2a narrative
La stagione del tour italiano sancisce il riconoscimento del valore straordinario dell'artista da parte del pubblico e dei colleghi, che intrattengono con Paganini rapporti che attraversano una vasta gamma di atteggiamenti, dalla rivalità aperta all'ammirazione, dall'emulazione alla collaborazione cordiale.
Durante il tour italiano il talento di Paganini acquista anche il crisma dell'ufcialità. L'artista è in rapporti, non sempre semplici, con le autorità. Nel 1818 il riuto di concedere un bis al Teatro Carignano di Torino («Paganini non ripete!») gli costa l'annullamento d'un concerto. È nominato accademico larmonico a Bologna e a Roma. Suona per il re di Sardegna Vittorio Emanuele I, cui dedica tre quartetti, e per il principe Metternich, che lo invita a Vienna.
In questi anni Paganini si produce in un celebre sda con il violinista francese Charles- Philippe Lafont alla Scala. Fa musica da camera col cèco Franz Krommer e con l'italiano Mauro Giuliani. Incontra il tedesco Ludwig Spohr, evitando di farsi sentire da lui. Suona in pubblico col polacco Karol Lipinski. Si esibisce in concerto con diverse cantanti, tra cui la leggendaria Giuditta Pasta.
Per quindici anni Paganini percorre con successo tutta la Penisola: Milano, Pavia, Torino, Saronno, Genova, Padova, Venezia, Trieste, Udine, Ferrara, Piacenza, Cremona, Parma, Mantova, Bologna, Firenze, Lucca, Pistoia, Siena, Roma, Napoli, Palermo, Perugia, Livorno...
Il 29 ottobre 1813 l'affermazione nel primo concerto tenuto al Teatro alla Scala inaugura un nuovo capitolo nella vicenda umana, artistica e professionale di Paganini.
Il ritorno alla Scala nel 1827 concluderà simbolicamente la stagione dell'affermazione italiana, preludio del più ambizioso progetto europeo avviato pochi mesi più tardi.
Sviluppa un'amicizia duratura con Gioachino Rossini, di cui dirigerà al Teatro Apollo di Roma la prima rappresentazione dell'opera Matilde di Shabran. Durante il carnevale romano partecipa a una mascherata con Rossini e Massimo d'Azeglio. A temi da opere rossiniane Paganini si ispirerà per diverse, importanti serie di variazioni.
Nel 1827 ottiene l'ambita onoricenza ponticia dello Speron d'Oro, che gli permetterà di fregiarsi da allora in avanti del titolo di cavaliere.
A questi anni risale anche un numero considerevole di composizioni importanti, a cominciare dalle variazioni Le Streghe scritte per i concerti scaligeri del 1813.
Campeggia al cuore di questa stagione la pubblicazione dell'opus maximum paganiniano, la raccolta dei 24 Capricci usciti a Milano per l'editore Giovanni Ricordi nel 1820.
Sono anni tumultuosi anche sul piano sentimentale, con ricadute ingenti anche sulla biograa del violinista. L'affaire con Angelina Cavanna lo conduce a una breve detenzione genovese e una lunga vertenza legale. La relazione con Antonia Bianchi, interrotta all'avvio del tour europeo, lo renderà padre. Superati da poco i trent'anni, lasciatosi alle spalle gli esordi nella Genova francese e il servizio pur
prestigioso alla Corte di Lucca, il violinista trova nel trionfo milanese la conferma della nuova strada intrapresa: la carriera da virtuoso free lance. Un ruolo inedito per il musicista che, affrancato dai vincoli del servizio cortigiano, ha di fronte a sé l'orizzonte promettente di poter attraversare l'Italia e l'Europa che escono allora dalle Guerre napoleoniche.
Anche Achille, glio unigenito di Paganini, è dunque frutto di questa intensa stagione italiana.
VITA D’ARTISTA
Sala 2b narrative
PAGANINI ROCKSTAR LA MOSTRA
Fu in realtà lo stesso Paganini, senza mai scrivere una sola riga di teoria, a rivelarlo nell'opera a stampa che inaugura il suo catalogo: i 24 Capricci composti e dedicati agli artisti, le uniche pagine per violino solo pubblicate e fatte circolare dal musicista. Dedicati «agli Artisti», confratelli dell'arte musicale, quintessenza di difcoltà e ben presto consacrati come il simbolo stesso del virtuosismo strumentale, grazie anche alla molta musica altrui che ispirarono.
Il virtuosismo procede innanzitutto da un dato naturale: un talento innato, frutto di abilità musicali eccezionali e qualità psicomotorie fuori dall'ordinario.
Questo virtuosismo "trascendentale", per prendere in prestito il termine da Liszt, che a Paganini si ispirò direttamente, va in realtà ben oltre il Genovese.
Il virtuosismo è spettacolare perché mette in scena una vera e propria coreograa: quella disegnata dagli arti dell'esecutore (le mani, le braccia, l'intera persona).
Ma il virtuosismo è spettacolare anche perché mette in scena l'esecutore e la sua performance per provocare di proposito la meraviglia, tenendo gli spettatori il ato sospeso davanti al rischio sempre incombente dell'errore, dell'incertezza, dello scacco della magia.
Il virtuosismo è improvvisazione, l'abilità misteriosa forse più in grado di affascinare il pubblico, in grado di stabilire una sintonia empirica e immediata tra il virtuoso e il suo pubblico di quel momento preciso.
Il virtuosismo è inne seduzione, potere di soggiogare e insieme inquietante (perché ai più incomprensibile) vittoria sulle leggi della natura: tanto incredibile da venir letta come patto col diavolo.
Paganini è il virtuoso per eccellenza. Non per nulla già nell'Ottocento il suo nome indica per antonomasia i virtuosi di qualsiasi strumento: "il Paganini del pianoforte", "il Paganini del auto", "il Paganini del clarinetto", "il Paganini del contrabbasso" …
Rappresenta una categoria che accomuna Paganini alle più audaci esperienze performative di ieri e di oggi, nel jazz, nel rock, ma anche nella danza e nella vasta galassia delle performing arts.
Il segreto del virtuosismo di Paganini venne investigato assiduamente durante tutta la vita del violinista. Il trattato di Guhr L'Arte di suonare il violino di Nicolò Paganini esposto in questa sala tenta precocemente di darne conto.
Il virtuosismo è anche esaltazione della sicità stessa del virtuoso: la voce, per i cantanti, le mani per i virtuosi di qualsiasi strumento, simbolo della capacità dell'uomo di compiere l'incredibile.
Il virtuosismo è tensione a oltrepassare il limite tramite la velocità: la sda che pone è vincere la pesantezza, la stessa forza di gravità. Il virtuoso è dunque la personicazione del concetto stesso di leggerezza e agilità… Agisce sul senso stesso dell'istante, dell'attimo fuggente, modicandolo.
IL VIRTUOSO
environments operas
PAGANINI ROCKSTAR LA MOSTRA
Impressionante è il numero di città, dalle grandi capitali ai centri minori, in cui si esibisce in centinaia di concerti. Non solo di fronte alle grandi platee dei teatri, ma anche in privato. A ne dicembre 1829 il corrispondente da Francoforte dell'«Allgemeine musikalische Zeitung» riferisce che «Paganini è di nuovo qui, ma non darà alcun concerto, bensì suona volentieri e non di rado in circoli privati quartetti e sonate, anche di Beethoven. Inoltre si è fatto ascoltare gratuitamente nel nostro museo».
La fama di Paganini, che, con 45 primavere alle spalle, ha ormai raggiunto la piena maturità, è stata preparata dall'attività concertistica in Italia e dalla diffusione della raccolta rivoluzionaria dei Capricci usciti nel 1820, mentre il repertorio costruito negli anni italiani costituisce una solida base che il musicista arricchirà a ogni tappa del tour europeo, in relazione specica ed esatta con ciascuna di esse. A Vienna e Berlino compone serie di variazioni sugli inni nazionali all'epoca in vigore (rispettivamente la difcilissima Maestosa sonata sentimentale e le Variazioni su "God save the King"); in Polonia la Sonata "Varsavia", basata su una mazurka del direttore del conservatorio locale, Józef Elsner, maestro di Chopin; per l'ultimo concerto a Dublino St. Patrick's Day, variazioni su un tema popolare irlandese. Segni d'un dialogo puntuale e attento con il pubblico di fronte al quale il virtuoso si trova di volta in volta a esibirsi.
Non meno impressionante è la schiera di musicisti d'ogni calibro che non si lasciano sfuggire l'occasione di ascoltarlo, ricavandone un'impressione spesso importante, di cui hanno lasciato traccia nei loro scritti. In alcuni avrà lasciato un segno che si trasmetterà nella loro creatività e nella loro stessa esperienza di interpreti e compositori. Ascoltarono con interesse Paganini Schubert (a pochi mesi dalla morte), Clara e Robert Schumann, Liszt, Mendelssohn, Meyerbeer, Spontini... Berlioz concepì per lui la Sinfonia per viola e orchestra Harold en Italie. Il Genovese non l'eseguì, ma ricambiò con un dono generoso accompagnato da un'eloquente manifestazione di stima ("Beethoven spento, non c'era che Berlioz che potesse farlo rivivere").
6 marzo 1828. Paganini parte per Vienna. Rientrerà in Italia solo nell'ottobre 1834.
Una prima tranche di tre anni (marzo 1828 – febbraio 1831) vede Paganini a Vienna (per cinque mesi), Praga, Varsavia e in oltre 40 città della Germania, che copre a tappeto. Tra Germania e Polonia si esibirà in ben 102 concerti.
Il 24 febbraio 1831 Paganini giunge a Parigi, nelle parole di Marie et Léon Escudier, suoi biogra, «il punto luminoso verso il quale si rivolgono gli sguardi di tutti gli uomini di cui l'Europa ha proclamato il genio: il focolaio splendente che attira tutti gli spiriti innamorati della fama e della gloria; il crogiuolo dove fermentano e si puricano le grandi creazioni; l'autorità sovrana, accettata e riconosciuta dall'Europa intera, che giudica in ultimo grado tutti i talenti, che distrugge o consolida tutte le reputazioni». Fu effettivamente proprio Parigi a consacrare Paganini come inaggirabile fenomeno continentale.
Ma anche polemiche per il prezzo dei biglietti e per l'atteggiamento spesso poco condiscendente dell'artista, che ad esempio non accetta tutti i concerti di benecenza che gli vengono richiesti. E la diffusione – in funzione polemica, ma nel contempo utile sul piano pubblicitario – della leggenda nera del Paganini uxoricida, galeotto, colluso con le forze del male.
Ovunque pubblico numeroso che l'attende, l'acclama, l'accoglie con scene da delirio. Eco straordinaria della stampa che prepara, segue, commenta, amplica le esibizioni, facendo rimbalzare le notizie da un angolo all'altro d'Europa.
Ingentissimi sono poi i guadagni che, grazie a una gestione oculatissima né senza trattative anche aspre, la tournée europea frutta a Paganini. Gli introiti relativi al solo 1829 ammontano, secondo i calcoli di Andreas Lange, a 54.000 talleri, pari a oltre un milione di Euro odierni.
Inizia così la seconda fase del tour, il triennio1831-34, in cui il virtuoso si dividerà, in un'agenda frenetica di esibizioni, fra Parigi, Londra, l'Inghilterra, la Scozia e l'Irlanda.
I sei anni e mezzo della tournée europea rappresentano la consacrazione denitiva del virtuoso sulla grande scena continentale.
Quasi prolungamento del tour europeo e frutto indiretto dell'enorme esperienza maturata in Europa con tante compagini orchestrali sarà il Progetto di regolamento dell'Orchestra Ducale di Parma, stilato all'indomani del rientro in Italia (1835).
PAGANINIMANIA
PAGANINI ROCKSTAR LA MOSTRA
Scrive uno dei primi biogra, Giancarlo Conestabile, «se pur talvolta avveniva, ch'ei nel dar concerti si presentasse sotto l'aspetto solo delle difcoltà, negar non poteaglisi di esser padrone, quando voleva, dell'uman cuore, su di che non importa attendere il giudizio degli intelligenti, non valgono artistiche investigazioni, bastando solo di udir la voce di un popolo, che come a Vienna, a Lipsia ed altrove seguitò col pianto l'ascolto dei suoi melanconici adagi».
Queste pagine introducono a una dimensione intima, privata dell'uomo, gura romantica anche al di là del personaggio inscenato per il pubblico e della sua leggenda.
E tuttavia Paganini non smise mai di accarezzare la prospettiva del matrimonio, autentico miraggio cui probabilmente attribuiva la soluzione a quella solitudine che lamentava, scrivendo all'amico Germi, come un peso intollerabile.
Meditazioni liriche come il giovanile Andantino per chitarra sola qui esposto: pentagrammi annotati con nonchalance sul retro d'una carta contenente altre inezie.
Nel tour europeo e nei sei anni scarsi che gli restarono da vivere Paganini si accompagnò sempre col glio Achille, di cui aveva ottenuto l'afdamento a Vienna nel 1828. Achille crebbe così col padre dai tre anni alla vigilia dei quindici. Adorato da Paganini, che non se ne separò quasi mai, accudito amorevolmente, sottoposto al regime d'una vita girovaga e alle sue conseguenze, faceva da interprete, incantava le ammiratrici del virtuoso, costituì per gli ultimi tre lustri il maggior motivo di gioia di Paganini, la principale consolazione in tempi sempre più duri.
Alla solitudine si associa la malattia. Conformazione sica e salute di Paganini sono state da subito oggetto d'indagine, con l'intento di carpire il segreto d'un virtuosismo inspiegabile. Nel 1831 il dottor Francesco Bennati pubblica sulla «Revue de Paris» uno studio acuto, la Notizia siologica su Paganini. Minata già dall'infanzia, la salute del violinista subisce un'involuzione considerevole con i quarant'anni, quando gli viene diagnosticata una patologia classicata come silide. L'intera maturità trascorre in cure costanti, in cui il rimedio – alte dosi di mercurio, l'Elisir purgativo Leroy, dagli effetti collaterali devastanti – si rivela probabilmente peggiore del male. La malattia e il suo contrasto diventano un'ossessione, l'impegno quotidiano del virtuoso ipocondriaco. Dal 1837 il deterioramento delle condizioni di salute costringerà Paganini a interrompere l'attività.
Paganini non è solo l'esaltazione del virtuosismo sfrenato, la spettacolarizzazione della musica e del musicista.
Il segreto del suo successo sta in parte signicativa nella capacità di commuovere no alle lacrime – lo confessava persino l'altrimenti imperturbabile Rossini –, di scuotere le platee con la nezza del sentire: mandarle in estasi, per dirlo con la stampa dell'epoca.
«Melanconici adagi», come quelli proposti a Vienna che, ammetteva lo stesso Paganini, «producono dell'effetto; uno fece piangere e l'altro col titolo di Religioso fece l'udienza contrita».
Amori, salute, viaggi, paternità sono un quadrifoglio di temi decisivi per questo racconto.
La tumultuosa vita sentimentale è stata indagata dalla stampa coeva, dai biogra, dal cinema. La passione per le donne, spesso giovanissime, senza distinzione di classe sociale, latitudine, ambiente, è una costante. Relazioni spesso fugaci, non sempre indolori. All'avvio della carriera lo scandalo Cavanna gli frutta l'incriminazione per rapimento di minorenne, qualche giorno di carcere e una lunga causa. La relazione più stabile, con la cantante Antonia Bianchi, che gli dà un glio, è tempestosa e naufraga all'inizio del tour europeo.
Per buona parte dell'esistenza – quella più rilevante per l'artista e il suo mito – Paganini fu on the road. Nelle condizioni che viaggiare prima della diffusione della ferrovia comportava. Senza particolari lussi, nonostante il benessere raggiunto. Per Marie e Léon Escudier, «Paganini ostentava una completa indifferenza verso i comfort della vita; il suo bagaglio era sempre composto dagli stessi oggetti: un violino, un Guarneri di considerevole valore, chiuso in una cassa molto malridotta e consumata che gli serviva al tempo stesso come cassaforte, una valigia da notte e una cappelliera: ecco tutto il suo bagaglio da viaggio». Unici accorgimenti: attrezzare la carrozza per scrivere musica e difendersi dal freddo, sempre temutissimo.
APPASSIONATO
environments operas
PAGANINI ROCKSTAR LA MOSTRA
Un'esplosione di creatività, un mondo di musica cui Paganini non partecipa direttamente ma che deve l'esistenza alla sua esibizione e all'impressione suscitata dalla sua musica.
Il confronto più serrato avvenne però sul terreno più denso di valori musicali e problemi tecnici: la raccolta di Capricci dedicata già dallo Paganini stesso ai colleghi «Artisti». Risulta di grande interesse il compositore proteso a superare i limiti tecnici dello strumento per sprigionarne musica audace, dagli orizzonti inauditi: una sollecitazione che innesca un agonismo fecondissimo presso autori altrettanto geniali.
Nel cuore dell'Ottocento vedono così la luce, monumentale omaggio al libro paganiniano, gli studi di Schumann, Liszt e Brahms.
Il virtuoso diventa così il riferimento di lavori come le popolarissime Variations Brillantes in Mi maggiore op. 40 del violinista austriaco Joseph Mayseder, dedicate appunto a Paganini.
Il fantasma di Paganini non smette d'inquietare i colleghi anche ben oltre la generazione romantica, scomparsi rivali e testimoni dei suoi trion. Il Novecento ne ribadisce infatti la persistenza del mito e l'efcacia come riferimento musicale.
Johann Nepomuk Hummel pubblica a Londra le Recollections of Paganini, un centone di memorie paganiniane; Franz Liszt esce a Parigi e a Vienna con la Grande fantasia di bravura sulla "Campanella"; Chopin, il violinista Heinrich Wilhelm Ernst, il pianista genovese Carlo Andrea Gambini compongono variazioni sul tema del Carnevale di Venezia.
Nel 1840, l'anno della morte di Paganini, il pittore austriaco Josef Franz Danhauser, inviato tre anni prima a Parigi dal costruttore di pianoforti viennese Conrad Graf, realizza, con la tela Liszt al pianoforte, una sorta di capriccio gurativo di tema musicale. Il pianista virtuoso suona con gli occhi ssi al busto di Beethoven, al centro d'una cerchia di ascoltatori d'eccezione: ai piedi del pianoforte si trova la contessa Marie d'Agoult, compagna di Liszt; alle spalle di quest'ultimo, seduti, Alexandre Dumas padre e George Sand, a lungo compagna di Chopin; in piedi, Berlioz, Rossini e Paganini.
Compare come personaggio in Carnaval di Robert Schumann; ormai nel Novecento Franz Lehár gli dedicherà l'intera operetta omonima.
Né la voce di Paganini si è afevolita nella contemporaneità. Ce lo ricorda il più importante lavoro cameristico di Azio Corghi, Animi Motus per quartetto d'archi ed elettronica, di cui viene esposto in mostra l'autografo: una composizione il cui tema – la vittoria del segno creativo dell'esistenza sull'implacabile trascorrere del tempo – è particolarmente adatto a coronare questo vitalissimo percorso paganiniano.
L'ideale salotto romantico ricreato dall'artista simboleggia bene la prossimità tra musicisti (e letterati) nell'Europa romantica. Una prossimità che nel caso di Paganini si tradusse ben presto – già all'epoca della trionfale tournée europea – in un fenomeno notevolissimo: la risonanza che Paganini e la sua musica trovarono presso i colleghi, esposti tanto quanto le platee di profani alla manifestazione folgorante di un virtuosismo dal fascino irresistibile.
Ancor più spesso è la sua musica a ispirare i colleghi, con particolare predilezione per i Capricci e altre pagine d'ineludibile suggestione, come il Rondò nale del Secondo concerto, "La campanella".
Molto tempo dopo la stagione romantica il pianoforte solo ritorna ad appropriarsi di Paganini con due lavori nati durante la II Guerra mondiale, le Variazioni per due pianoforti di Witold Lutosawski e la Sonatina canonica di Luigi Dallapiccola.
Popolano la prima metà del secolo la popolarissima, immaginica Rapsodia per pianoforte e orchestra
del maturo Rachmaninov, su cui Michel Fokine realizzò una coreograa, così come le fantasmagorie sinfoniche della Paganiniana di Alfredo Casella e le Variazioni orchestrali di Boris Blacher.
DA MUSICA NASCE MUSICA
PAGANINI ROCKSTAR LA MOSTRA
La rivista Rolling Stone lo classica nel 2011 come il più grande chitarrista rock di tutti i tempi. Dal 1992 il suo nome fa parte della Rock and Roll Hall of Fame. La sua immagine, assai più trasgressiva del suo reale carattere, che dai più viene descritto come gentile e pacato, è diventata una vera e propria icona. Le riprese discograche dei suoi brani sono innumerevoli, soprattutto in ambito jazz. Da anni anche molti esponenti della musica colta e strumentisti di ambito classico rielaborano le sue composizioni.
James Marshall Hendrix (Seattle 1942 – Londra 1970) attraversa alla velocità di una cometa il periodo più rivoluzionario, fantasioso, discusso ed esplosivo della creatività nell'industria musicale: la seconda metà del novecento. In pochissimi anni lascia un segno incancellabile, attraverso il suo stile compositivo e il suo virtuosismo inedito. E' ispiratore a tutt'oggi di un grandissimo numero di musicisti in tutto il mondo. La sua musica e il suo mito sono globali, avendo ormai da tempo travalicato anche le frontiere più lontane. "Vorrei essere il primo chitarrista a suonare il blues su Venere" dichiara lui stesso nel 1968.
Devozione è il termine esatto per descrivere l'atteggiamento dei fan nei confronti di Jimi Hendrix. Qualcosa paragonabile, nel medesimo periodo, solo ai casi di Elvis Presley, dei Beatles e dei Rolling Stones, che trasforma l'insieme di musica, messaggio, immagine e fascino nel prodotto emotivo nale di una vera dottrina per milioni di ammiratori in tutto il mondo.
Quella di J. H. è una sorta di inedita genialità che passa da un lo e si inoltra, a partire dalla chitarra, attraverso effetti elettronici ancora allo stato pionieristico e sperimentale: distorsori del suono, riverberi, echi, non certo paragonabili per afdabilità a quelli di oggi. C'è una visione innovativa e insieme compositiva in tutto questo, come c'è nell'apparente impenetrabilità di molta musica atonale che Jimi Hendrix mostra di apprezzare.
Lo stile chitarristico di Hendrix sta alla musica come Jerome David Salinger alla letteratura e Tennessee Williams al teatro? Verrebbe da pensare di sì: tutte e tre le innovazioni in un determinato momento fanno cambiare il linguaggio, e cambiare il linguaggio signica voltare pagina per sempre.
Se i termini virtuoso e innovatore potessero innestarsi l'uno nell'altro avremmo forse la denizione perfetta per Jimi Hendrix, che ama essere musicalmente obliquo, non facilmente decifrabile e tecnicamente poco afferrabile. D'altro canto gli piacciono Charlie Parker, Miles Davis e Igor Stravinskij. Inoltre è attratto dai musicisti come lui, che consumano letteralmente tutto di sé davanti al pubblico. Ha espressioni di vera ammirazione per il autista/sassofonista jazz Roland Kirk, che come
lui agisce completamente fuori dagli schemi bruciando della sua stessa passione visionaria.
La musica di Jimi Hendrix vanta una effettiva estetica personale. E' uno dei musicisti nell'ambito pop/rock più saldamente fedele al proprio stile. Eppure le sue canzoni appaiono puntate da subito verso il futuro, in una direzione che forse Jimi non ha del tutto chiara davanti agli occhi ma che il suo istinto, in qualche modo, vede. Essere più avanti del proprio tempo è il destino/dovere degli artisti.
Hendrix al suo apparire dà subito prova di un talento compositivo libero e superiore che chiarisce di non voler utilizzare le abituali, spesso stucchevoli, convenzioni di tanta musica rock. Per questo sia la struttura che la costruzione armonica di molte sue canzoni non sembrano rifarsi a qualcosa di già sentito. Apparentemente J.H. attraversa gli anni incandescenti della sua breve carriera con l'incoscienza di chi si lascia trasportare da un enorme successo di pubblico. Sembra non curarsi troppo di ciò che gli accade intorno ma è solo costantemente concentrato sui cambiamenti della propria musica, al lavoro giorno dopo giorno. Suona con tutti e frequenta le jam session nei club dovunque si trovi, anche quando è ormai una star mondiale.
INCANDESCENTE COME JIMI HENDRIX
Sala 7a - rockstar narrative
environments operas
PAGANINI ROCKSTAR LA MOSTRA
Per la tastiera, i piroli e la mentoniera (introdotta nell'uso solo a partire dal secondo Ottocento) sono invece impiegati legni duri quali l'ebano, il palissandro, il bosso e il giuggiolo.
Nel complesso tuttavia la pratica artigianale e la dotazione di base sono rimaste pressoché invariate da secoli, così come la tecnica costruttiva che vuole, per ogni strumento di qualità, una lavorazione condotta esclusivamente dalle mani del liutaio.
La scelta non è ovviamente casuale: l'acero è un'essenza forte e dura, dagli effetti estetici molto gradevoli, grazie alle sue profonde amme (marezzature); l'abete rosso, invece, è dotato di una bra elastica e regolare la quale, grazie alla sua struttura sico-chimica, garantisce la migliore trasmissione delle onde sonore.
Gli attrezzi utilizzati da un liutaio sono oggetti semplici, espressione di una pratica antica, e non differiscono da quelli di cui si serve un falegname, un intagliatore o un intarsiatore.
La progettazione e il design del violino riettono precise competenze matematiche e architettoniche, mentre la sua realizzazione dimostra l'altissimo livello raggiunto dagli artigiani italiani rinascimentali.
Un liutaio impiega circa 200 ore a costruire un violino: sensibilità musicale, precisione, passione sono ingredienti indispensabili per la riuscita di un buon pezzo.
IL VIOLINO
Ogni violino è diverso da un altro e la resa sonora di ognuno varia seppure in minima misura in base a come è stato costruito: ma è anche vero che risente in maniera determinante anche della personalità del violinista, con il quale si instaura un rapporto di stretta intimità.
Le corde erano anticamente in budello, poi gradualmente sostituito dall'acciaio a partire dai primi decenni del Novecento.
Il violino è una straordinaria “macchina” per produrre suoni e fare musica, in cui ogni minimo dettaglio, perfettamente calibrato, è studiato con uno scopo preciso.
Se Paganini usava chiamare affettuosamente il suo violino “il mio cannone violino” per la profondità e intensità di suono, non è scontato che dallo stesso strumento un altro violinista possa trarre analoghi risultati.
Ad eccezione delle corde, tutti gli elementi sono in legno: la cassa armonica è costituita di due diverse essenze: l'acero per il fondo, le fasce e il ricciolo, l'abete rosso per la tavola armonica, entrambi opportunamente stagionati.
Sino a tempi recenti, il repertorio era piuttosto ridotto, con pochi arnesi – scalpelli, seghe, sgorbie, lime, pialle e coltelli – strumenti d'uso, ma già di per sé preziosi, che facevano parte del corredo stesso del liutaio. Per questo venivano trattati con cura, riparati e conservati con una attenta manutenzione e spesso trasmessi di generazione in generazione.
Nelle vetrine sono esposti i vari elementi, tra gli oltre settanta che compongono lo strumento: tavola armonica, fondo, tastiera, ponticello, manico, piroli, corde, mentoniera.
Il suo design e le sue proporzioni sono il frutto della cultura umanistica italiana del tardo Rinascimento: sebbene si possa identicare nel cremonese Andrea Amati (1505-1577) il primo grande liutaio costruttore di violini, l'idea e la progettazione potrebbero più verosimilmente risalire ad un ignoto e colto suggeritore, forse legato a quei circoli umanistici lombardi permeati di cultura leonardesca e neoplatonica.
Un discorso a parte meritano le vernici utilizzate per la cassa armonica, a base di olii, alcool, resine vegetali e pigmenti secondo le antiche ricette della tradizione, spesso custodite gelosamente dai liutai: il loro impiego, oltre a contribuire alla resa estetica dello strumento, incide sulle sue proprietà sonore.
GLI ATTREZZI DEL LIUTAIO
Come accade anche in altri settori, con la Rivoluzione Industriale entrano nell'uso attrezzi più sosticati.
Ai primi dell'Ottocento lo sviluppo dell'industria pesante modica la lavorazione dell'acciaio, precedentemente forgiato a mano, indispensabile per tutti i ferri da taglio; e con la tornitura meccanizzata vengono introdotti nuovi strumenti, come i morsetti a vite o i cursori di registrazione della lama della pialla per esempio, un tempo impossibili da realizzare con altrettanta accuratezza.
Non solo violinista: Paganini suonava anche il mandolino e soprattutto la chitarra.
La chitarra di Paganini esposta in mostra, discendente diretta di quelle già impiegate in età barocca, è di piccole dimensioni e il suono deriva dalla vibrazione delle corde, amplicata dalla cassa di risonanza.
Niente a che vedere con la chitarra di Jimi Hendrix.
A partire dalla ne degli anni Venti del Novecento, con la nascita delle prime orchestre jazz e blues, la chitarra comincia ad assumere proporzioni maggiori e ad essere amplicata con l'ausilio di pick-up, dispositivi elettromagnetici in grado di trasformare le vibrazioni delle corde in impulsi elettrici.
Le soluzioni che adotta per la tecnica violinistica saranno poi determinanti anche nello sviluppo di quella chitarristica.
In questo modo la chitarra elettro-acustica può raggiungere una maggiore potenza sonora e trovare il suo spazio all'interno degli ensemble polistrumentali dell'epoca.
Les Paul, noto chitarrista americano, conduce le sue sperimentazioni in tal senso già a partire dagli anni Trenta e poi nell'immediato dopoguerra, senza tuttavia riuscire a persuadere la Gibson, già all'epoca una delle più importanti case di produzione di strumenti musicali, a credere nel suo progetto.
La vera rivoluzione, la novità che trasforma radicalmente lo strumento, è quella apportata alla ne degli anni Quaranta da Leo Fender, che immette sul mercato un nuovo modello di chitarra solid-body, in cui il suono è generato esclusivamente da dispositivi elettromagnetici.
Stratocaster e Telecaster, nelle mani di musicisti di ogni età ed estrazione, diventano vere e proprie icone della musica rock.
Nei decenni successivi, le ricerche si indirizzano su una forma di chitarra a corpo pieno, priva cioè di cassa armonica.
Il modello brevettato da Fender, estremamente sobrio nel design e di semplice costruzione, consente la produzione industriale su vasta scala e a prezzi decisamente accessibili.
LA CHITARRA ELETTRICA
PAGANINI ROCKSTAR LA MOSTRA
Per questo nella mostra è stato inserito uno spazio di sperimentazione sonora.
Il SOUNDLAB nasce dall'idea che, per capire e quindi apprezzare la musica, sia necessario sollecitare un ascolto consapevole.
A questo proposito, l'area del Sound Lab è strettamente complementare allo spazio dedicato alla liuteria: la possibilità di prendere in mano uno strumento, magari per la prima volta, capire come è stato costruito e quali leggi matematiche e siche presiedono al suo funzionamento consente di riportare il suono alla concretezza materiale del mezzo che lo produce.
In un tempo dominato dalla realtà virtuale, è importante offrire la possibilità di concentrarsi sull'oggetto – il violino, la chitarra - e sulla sua capacità di tradurre il gesto in suono e quindi in pensiero musicale.
Tutto questo ha l'obiettivo di sollecitare la curiosità nei confronti della musica e dei suoi meccanismi interni, che è stimolo indispensabile a ogni successivo approfondimento; e, allo stesso tempo, di suggerire l'intima correlazione tra creatività e metodo, tra estro e studio.
Questo consente di riportare l'attenzione sulle potenzialità espressive di ogni strumento e sulle corrispondenze a distanza tra grandi musicisti di tutte le epoche.
L'ascolto non può che prendere le mosse dalla capacità di distinguere i suoni, di riconoscerli e metterli tra loro in relazione: è questo il primo passo – una sorta di grammatica di base – per cogliere la complessità di un impasto timbrico, individuare una linea melodica, confrontare tonalità, dinamiche e risultati espressivi nelle molteplici versioni di uno stesso brano.
Comparare i virtuosismi di Paganini e quelli di Hendrix, modulare i volumi, manipolare i suoni può far attingere con immediatezza a una conoscenza più diretta e intuitiva della loro musica.
Giocare con le tracce separate di un brano polistrumentale può essere il modo più efcace per capire quanto è importante in un gruppo – sia esso orchestra o rock band – l'equilibrio d'insieme e quanto, nell'era della riproducibilità del suono, possano essere determinanti le scelte operate in sede di post- produzione.
Soundlab narrative
environments operas
MONITOR
Soundlab narrative
environments operas
1849
1847
PAGANINI ROCKSTAR LA MOSTRA
«Un vaso di fiori sulla finestra di un harem» Francesco Hayez
1881
1840
Sala 2a - LA COSTRUZIONE DEL PERSONAGGIO Intervista: Morgan
Sala 2b - VITA D’ARTISTA
Sala 3 - IL VIRTUSISMO Performance di Roberto Bolle
Sala 4 - PAGANINIMANIA
Corridoio B - SOUNDLAB
Sala 6 - DA MUSICA NASCE MUSICA
Sala 7a e 7b - INCANDESCENTE COME JIMI HENDRIX Intervista: Ivano Fossa
Cappella - L’ARTISTA IN CONCERTO
sala 1
sala 3
sala 4
sala 7b
operas
sala 3
sala 4
sala 7b
Videoinstallazione
DESCRIZIONECONCEPT ESPOSITIVO
L’insieme dei ightcase e la sua collocazione nello spazio vogliono ricreare l’idea di una mostra in divenire, di accogliere lo spettatore in uno spazio non denito, nel «retro-palco», nel luogo in cui si consumano le riessioni interiori degli artisti prima della loro performance.
Il concept espositivo per tutti gli oggetti «sici» della mostra «Paganini Rockstar» prevede l’uso di «ightcase» a rafforzare l’idea di teatro esploso che si sviluppa lungo l’intero percorso di visita. Il ightcase è uno strumento di conservazione e trasporto di oggetti tipico degli eventi contemporanei, come i concerti, che viene usato in modo non convenzionale per esporre e conservare oggetti e documenti con l’intenzione di portarli metaforicamente all’oggi.
2. Flight narrativo (colore bianco) 3. Flight narrativo-interattivo (colore bianco)
Nella sezione «Hendrix» il ightcase è stato concepito di colore giallo come le pareti (colore RAL da denire) per distaccarsi visivamente dall’esposizione paganiniana.
SPECIFICHE TECNICHE
Di seguto le speciche di funzionamento delle tre tipologie.
1. Flightcase espositivo. Questo ightcase è realizzato in colore nero con proli in alluminio. E’ composto funzionalmente da due parti: il contenitore e il coperchio. Il contenitore ospita le «teche espositive» collocate all’interno di uno schiumato protettivo sagomato in base alle loro dimensioni. Le teche sono identiche tra loro, sebbene abbiano caratteristiche diverse in base alle esigente dei prestatori (normali, blindate, climatizzate e tutte le loro eventuali combinazioni). Solo la parte superiore delle teche è realizzata in vetro e tutti gli oggetti (nella maggioranza bidimensionali) sono visibili dall’alto. Le teche appoggiano su un piano intermedio in materiale traforato per massimizare la circolazione dell’aria . Poiché alcune teche necessitano di una manutenzione ordinaria per la sostituzione della cartuccia per il trattamento dell’aria, la base del ightcase presenta uno sportello apribile frontalmente per facilitarne l’ispezione. Al di sotto del piano di appoggio
delle teche è presente uno spazio libero ed aerato per ospitare eventuali apparecchiature elettroniche e multimediali. Inoltre le teche presentano dei piedini di appoggio regolabili in modo da poterle esporre tutte alla stessa altezza. (ovvero con il vetro a lo dello schiumato protettivo) Il coperchio ha la funzione di raccontare i contenuti del ightcase. Deve essere sempre tenuto aperto con un angolo di apertura di circa 95 gradi. L’interno del coperchio si presenta come un riempimento schiumato dentro al quale è collocata una plafoniera led su cui vengono collocati i testi su pellicola per retroproiezione. Il pannello superiore del ightcase, ovvero il fondo del coperchio, deve essere realizzato in un materiale idoneo per sostenere la plafoniera LED e, nel caso del iughtcase narrativo, il monitor. Il coperchio ha la funzione di «raccontare» attraverso i testi e le didascalie gli oggetti esposti in ciascun ightcase raccontando le storie e i principi di curatela che li raggruppa.
2. Flightcase narrativo. Strutturalmente e funzionalmente identico al ightcase espositivo, presenta nel coperchio l’aggiunta di un monitor in cui un video racconta, attraverso gli interventi degli storici, altre storie che caratterizzano la sala. Il monitor è trattato come i testi e, quindi, inserito all’interno dello schiumato sagomato in base alla sua dimensione. Il pannello di fondo deve essere forato in 4 punti secondo lo standard VESA in modo da potere sostenere il monitor nella posizione indicata dal progetto con 4 viti ed eventuali distanziatori.
3. Flightcase narrativo-interattivo Strutturalmente e funzionalmente identico al ightcase narrativo, presenta nella base un monitor interattivo atto allo sfogliamento dei documenti esposti. Il monitor è appoggiato su un supporto afnché possa essere posizionato
a lo delle teche contenenti i documenti. Al di sotto del supporto è posizionato il PC in cui è installato il software per l’interattività. Come in tutti i ightcase, il piano di appoggio è realizzato in materiale traforato al ne di consentire un’areazione adeguata.
TECHE
1. Flightcase espositivo (colore nero)
Il progetto utilizza i ightcase in 3 modalità e 3 colori.
SISTEMA AUDIO
Tutti gli oggetti esposti sono collocati all’interno delle teche su degli appositi supporti (in base alle richieste dei prestatori) che li sosterranno e li posizioneranno il più vicino possibile al vetro protettivo al ne di migliorarne la visibilità. L’illuminazione di tutti gli oggetti è prevista all’interno della teca.
E’ previsto, sul fronte del ightcase, l’inserimento di due jack audio da 3,5 mm in modo che i visitatori possano utilizzare, se vogliono, gli stessi auricolari che utilizzano per i propri telefoni cellulari.
Nei ightcase narrativi sono presenti due cufe audio di colore rosso posizionate al lato del ightcase ed evidenti al pubblico.
BASE FLIGHTCASE narrative
M D
environments operas
Amplicatore Marshall 100 watt 591 x 528 x 283mm
Pedale WOX ???
Sonata concertata 215 x 580 mm
Quartetto per archi foglio 1 200 x 300 mm
Quartetto per archi foglio 2 200 x 300 mm
Quartetto per archi foglio 3 200 x 300 mm
Quartetto per archi foglio 4 200 x 300 mm
Ghiribizzi per chitarra 200 x 295 mm
Le Streghe 240 x 320 mm
Nota manoscritta sda 20 x 30 cm
Divertimenti carnevaleschi 220 x 300 mm
Capriccio N. 5 220 x 615 mm
Capriccio N. 24 220 x 615 mm
Progetto regolamento Orchestra Ducale 290 x 385 mm aperto
Account book 10.16 x 19.05 cm
Smart offerta ingaggio 225 x 180 mm
Red Notebook 11.43 x 17.78 cm
Letters 13.97 x 24.13 cm
Gennaro Fabbricatore Chitarra Paganini 37 x 98 cm
Libro mastro dei conti 41,5 x 54 cm
Brahms Op. 35 34.1 x 52.2 cm aperto
Liszt Grande Fantasie 32.7 x 51.8 cm aperto
Azio Corghi Animi Motus 365 x 254 mm foglio
Rachmaninov 19.3 x 27.6 cm aperto
Lutoslawski Variations 34 x 48 cm apertoCasella
divertimento per orchestra 18.5 x 27 cm aperto
Schumann Studien fur das Pianoforte 33.2 x 26 cm chiuso
Dallapiccola 32 x 47 cm aperto
Liszt Grandes Etudes 31.5 x 51.8 cm aperto
Mayseder Variationes Brillantes 32 x 47.5 cm aperto
Hummel Recollection of Paganini 34.7 x 49 cm aperto
Ferri chirurgici
Statuetta Dantan 12 x 12 x h30 cm circa
Blacher Orchestervariatioten 21 x 29 cm aperto
Campanella 225 x 580 mm
Guhr L'arte di suonare il violino 33,5 x 25,5 cm chiuso
S7b_F01 200 x 60 cm
S01_F03 150 x 60 cm
S01_F02 150 x 60 cm
S02_F02 150 x 60 cm
S03_F01 150 x 60 cm
S03_F04 150 x 60 cm
S03_F02 150 x 60 cm
S03_F03 150 x 60 cm
S01_F01 150 x 60 cm
S02_F01 150 x 60 cm
S06_F05 80 x 60 cm
S06_F03 80 x 60 cm
S06_F12 80 x 60 cm
S06_F06 80 x 60 cm
S06_F10 80 x 60 cm
S06_F07 80 x 60 cm
S06_F02 80 x 60 cm
S06_F09 80 x 60 cm
S06_F11 80 x 60 cm
S06_F01 80 x 60 cm
S06_F04 80 x 60 cm
S05_F01 150 x 60 cm
S06_F08 80 x 60 cm
S03_F05 150 x 60 cm
SALA 1
TECHE CLIMABOX
S06_T08 600x500 mm
S03_T08 400x500 mm
DIPINTI
Ritratto di Paganini Patten 180 x 135 cm circa inclusa cornice
Prospetto case chiuso Prospetto case aperto Sezione CC
A
A
Prospetto laterale con sportello anteriore aperto
Sezione DD _ sportello anteriore aperto
D
D
B B
con sportello anteriore aperto Prospetto laterale Sezione DD _ sportello anteriore aperto
D
D
FLIGHTCASE
MDF
FOAM
Pagina 1
Pagina 2
Pagina 3
Pagina 4
Pagina 5
Pagina 6
Pagina 7
Pagina 8
Pagina 9
Pagina 10
Pagina 11
Pagina 12
Pagina 13
Pagina 14
Pagina 15
Pagina 16
Pagina 17
Pagina 18
Pagina 19
Pagina 20
Pagina 21
Pagina 22
Pagina 23
Pagina 24
Pagina 25
Pagina 26
Pagina 27
Pagina 28
Pagina 29
Pagina 30
Pagina 31
Pagina 32
Pagina 33
Pagina 34
Pagina 35
Pagina 36
Pagina 37
Pagina 38
Pagina 39
Pagina 40
Pagina 41
Pagina 42
Pagina 43
Pagina 44
Pagina 45
Pagina 46
Pagina 47
Pagina 48
Pagina 49
Pagina 50
Pagina 51
Pagina 52