Marzo prima parte

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l’editoriale di Claudio Bonito

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Due degli articoli di questo numero ci parlano di Deserti e di Montagne. Il Tenerè e

le Dolomiti. Che cosa hanno in comune questi luoghi che apparentemente sembra-

no così diversi tra loro? Essi rappresentano, ognuno per conto proprio, il tentativo

di riscoprire la natura attraverso il diretto contatto con la maestosità e la grandezza che

solo il rapporto con essa ci permette di provare. Il deserto ha sempre rappresentato il

luogo d’incontro con la divinità e la montagna, il simbolo dell’elevazione spirituale.

Una nuova spiritualità sta venendo avanti. I luoghi di silenzio e di meditazione diven-

tano mete sempre più ambite e ricercate.

L’uomo, attraverso il contatto con la natura e gli animali, può ritrovare quel senso

della vita che ha distrattamente lasciato dentro un’auto imbrigliata nel traffico o nel fre-

netico avvicendarsi degli eventi quotidiani.

La natura dell’uomo è nella natura. E a questo rapporto, a questa sorta di simbiosi noi

non possiamo sottrarci. Ogni giorno sperimentiamo la bellezza delle sensazioni che ci da

l’osservare la natura anche nei suoi aspetti più forti, più intensi, più affascinanti.

Viviamo un’epoca contraddistinta da un nuovo umanesimo.

Nel massimo fervore degli studi sulla nostra origine, sia dal punto di vista biologico

che ontologico sta nascendo, forse, una nuova dimensione dell’uomo. Anche l’assoluto

dominio attribuito, ad esempio, al DNA sta vacillando. Tutti gli esperimenti sulle clonazio-

ni stanno confermando, infatti, l’impossibilità di creare due organismi identici. Anche

innestando lo stesso codice genetico in un ovocita si ottiene un organismo simile, “quasi”

identico, ma “non” identico. Segno che qualcos’altro concorre alla formazione di un esse-

re vivente. ...“Formazione”, “forma”, ” sostanza”... che strano, Aristotele ne parlava

tanto tempo fa...

LA DIFFUSIONE DI About...La rivista About... viene distribuita gratuitamente in 12.000 copie.Nei quartieri di CASALPALOCCO, AXA, MALAFEDE,MADONNETTA NUOVA e PALOCCO 84la consegna avviene direttamente nella cassetta della posta.

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ACILIAEdicola di via di Acilia, Bar Gran Caffè Laura,Bar Marika, Edicola via Macchia Saponara fronte SMA.

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IN PIU’…Bar Pasticceria Alessia piazza Eschilo, Palestra New Cast piazza Eschilo,Bar Orsetto Goloso Centro bianco, Bar le Mimose isola 45,Bar Novecento largo Biante, Bar la Casa del Tramezzino Centro Vecchio,Ass. Enogastronomica Oasi Ostia Antica, Osteria Scarchilli via Eschilo,Bar La Casa del Dolce via Maccari, Bar vicino mercato coperto via Maccari,Edicola fronte San Carlo da Sezze, Bar Amadeus via Bocchi,Bar Domino via di Macchia Saponara.

La rivista About... è presente anche presso la Biblioteca Sandro Onofri di via U. Lillonicome consultazione.

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sommario

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marzo 2010

rubriche

FOCUS

QUANDO ANCHE LAROCCIA HA UN CUOREMichael Wachtler: filosofo dellanatura, scopritore e documen-tarista: uno dei più grandiconoscitori dell’arco alpino.

IL POLO

EL CRIOLLO

Il buon carattere, l’agilità e laresistenza hanno reso questocavallo una delle razze più adattea questo sport.pa

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A CASA CON… L’ARCHITETTO

LA SPA DOMESTICA

Una nuova rubrica interamentededicata all’arredamento degliinterni grazie ai consigli dell’inte-rior designer Alberto Ambrosini.

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MEDICINA

CAMPUS BIOMEDICOUn impianto avveniristico a duepassi da casa, un Ateneo “voca-to”alle Scienze della Salute.

sogni

L’ACQUA COME FONTEDI VITA

Simbolo fondamentale di ognienergia inconscia che alimentala vita e permea tutta la natura.pa

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MERAVIGLIE D’ITALIA

IL FORTE DI FENESTRELLELa fortificazione alpina più gran-de d’Europa, emblema storico euno dei monumenti simbolo deltorinese.

APPROFONDIMENTO

ALCUNI CENNI SULLASACRA SINDONE

Studi e cenni alla storia di unmistero ancora irrisolto.

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ABOUT...Rivista mensile distribuitanel 13° Municipioin 12.000 copie gratuiteRedazione: Via Tespi, 8500125 Romawww.aboutroma.it

Free Magazine Iscritto al tribunale di RomaIl 12 aprile 2006N° 177/2006

EditriceFrancesca Romana BelliniCell. [email protected]

Responsabile EDITORIALEEdoardo Puglisi

Direttore ResponsabileGiulia Di Michele

Marketing & PubblicitàEdoardo PuglisiFrancesca R. Bellini Tel. [email protected]

impaginazione GraficaGiuseppe Merini

Sito Internet realizzato da Elisistemi srlwww.elisistemi.com

Foto DI COPERTINADEEPFROG17 DREAMSTIME

FotografieDreamstime

Stampa amadeusIndustria Poligrafica EuropeaVia Nettunense, km. 7.347Ariccia - RomaTel. 06.9343687

HANNO COLLABORATO:Alessandro BettiClaudio BonitoRiccardo BrandiPatrizia Colbertaldo Giorgi

La collaborazione a questo mensile è da considerarsi a titolo gratuito, a meno di accordi diversi tra l’editore e gli autori, firmatari che sono responsabili degli articoli.La redazione si riserva di effettuare le opportunemodifiche ai testi. Non si garantisce la restituzione del materiale inviato alla redazione.

CARLA PERROTTI

UNICA DONNA FRA GLIUOMINI BLUDeserto del Ténéré: unica donnaal seguito dell’Azalai, ultima tra-dizione del popolo Tuareg.

Paola CucèPasqualino Demitri Davide DorinoGianluca MaginiStefania MaglianiManuela MarianiCarla PerrottiEdoardo PuglisiFrédéric RenaudFranco TassiAlessandro Torella154° Circolo - 168° Circolo

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www.studioronconi.com

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di Paola Cucé

L’uomo ha da sempre dimostrato un innatobisogno di conoscere e di spingersi laddo-ve nessun altro uomo è ancora arrivato.

Questa naturale propensione umana è allabase dello sviluppo e del progresso nel campomedico, scientifico, spaziale, tecnologico e viadi seguito.

Incessante è la necessità dei ricercatori diandare avanti, di abbattere le barriere del-l’ignoto e oltrepassare i limiti della conoscenzaper progredire verso il futuro, guardando alpassato non più come ad un puzzle dai tassel-li mancanti, ma come una scacchiera completae ben illuminata.

Essere ricercatore comporta non solo suc-cessi e ricompense bensì sacrificio, dedizione,studio e passione. Un ricercatore ama ciò chestudia, interagisce con la sua materia e laesplora di persona.

I luoghi più impervi , difficili da raggiungeree lontani dall’insediamento umano sono quelliin cui si nascondono i resti di un passato chelascia le sue impronte nella roccia: foglie, sche-letri di animali, conchiglie e pesci di epochepreistoriche sono stati ritrovati sotto forma difossili, soprattutto tra le catene montuosedelle Alpi.

Tutte le rocce, ma in particolare quelle delleDolomiti, sono ricche di innumerevoli tesori,alcuni dei quali giacciono nel cuore di unanatura selvaggia e non ancora esplorata dal-l’uomo. Il ricercatore italiano MichaelWachtler ha fatto delle Dolomiti la sua secon-da casa, esplorandone le zone più alte e sco-

scese e la montagna lo ha ricambiato congioie, soddisfazioni e importanti scoperte. Allostesso tempo, però, la montagna è stata fontedi dolori e sofferenze: nel 1984 MichaelWachtler partì per una spedizione alla scoper-ta dei cristalli insieme al suo maestro NolliHuber, che perse la vita precipitando in unagola. Nonostante questo doloroso episodio,Wachtler non ha perso l’amore e la dedizioneper le rocce, per indagare ciò che nascondonoe ascoltare le loro storie.

‘’Si potrebbe pensare che ogni anfratto opicco delle Alpi, ogni loro metro quadrato, sia

stato già in qualche modo esplorato, e in granparte è vero. Ma col tempo mi sono potutorendere conto che in alta montagna, lontanodalle vie di comunicazione e dalle opere realiz-zate dall’uomo, iniziava un altro mondo.”Afferma Wachtler e continua: ”Questa terranon aveva mai conosciuto i confini tracciatiarbitrariamente dall’uomo, né la lingua degliumani. A questi lidi erano approdati solo quan-ti avevano imparato a capire il linguaggio dellanatura.’’

E il linguaggio della natura sembra essereben compreso dal ricercatore, il quale sin dalla

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focus

NEL CUORE DELLEDOLOMITI TRA PAURE,

GIOIE E SCOPERTE.

QUANDOANCHE

LA ROCCIAHA UN CUORE

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prima adolescenza ha dimostrato il suo pro-fondo impegno ed interesse nello scoprire inprofondità il mondo delle pietre. Cosi ha potu-to registrare sul suo conto il più grande ritro-vamento d’oro e di cristalli nelle Alpi, oltre anumerose scoperte di dinosauri e fossili vege-tali fin’ora sconosciuti. Per questa sua capacitàè stato definito "L’ uomo dei cristalli" e rap-presenta uno dei più grandi conoscitori dell’ar-

co alpino.Nel 1999 Wachtler durante una delle tante

spedizioni sulle Dolomiti, rompendo col mar-tello una roccia, vide staccarsi una lastra e,osservandola, vi notò delle costole fossilizzate.All’inizio pensò si trattasse di un pesce fossile,ma questo scheletro aveva qualcosa di diverso… dopo attenti studi Wachtler scoprì che loscheletro fossilizzato non apparteneva ad un

comune pesce preistorico, bensì a quello di uninsolito animale terrestre.

La scoperta fu di importanza mondiale poi-ché si trattava di un sauro vissuto più di 240milioni di anni fa appartenente alla categoriadei lepidosauri primitivi. Venne chiamatoMegachirella Wachtleri, dal greco ‘’dalle gran-di mani’,’ poiché il sauro presentava un corposottile e longilineo con artigli molto grandi chegli consentivano di arrampicarsi sugli alberiper cacciare insetti. Il sauro, che era grandequanto una lucertola, è considerato l’anello dicongiunzione e l’antenato dei serpenti, delleiguane e lucertole comuni. «Fossili che docu-mentano la fasi iniziali della storia evolutivasono rarissimi,per questo Megachirella ha unanotevole importanza scientifica», spiega SilvioRenesto, specializzato nello studio dei rettilimesozoici.

Wachtler fu l’artefice anche di un’altraimportantissima scoperta nel 2003 quandoscoprì a Brusson, in Valle D’Aosta, il più gran-de giacimento di oro mai registrato sulle Alpi.

Furono ritrovati ben 20kg d’oro e Wachtlercommentò tale scoperta affermando che lanatura è un’immensa cornucopia che, se si èfortunati, rivela i suoi più grandi tesori; e così èstato, nonostante le scarse aspettative di potertrovare dell’oro proprio sulle Alpi. Quello che,al contrario, si svelò agli occhi del ricercatorefu uno spettacolo mozzafiato: il suolo sotto-stante conteneva una buona quantità d’oropuro e cristalli di quarzo.

“Dopo alcuni colpi di piccone vennero allaluce, uno dopo l’altro, vari esemplari di oropurissimo e nell’arco di due ore si formò dinan-zi ai nostri occhi un mucchietto d’oro dal pesocirca di 2kg. Come era possibile un ritrovamen-to così fortunato? Avevamo intrapreso questaspedizione senza grandi aspettative ed ora ogniframmento di quel metallo prezioso sembravasvelarmi la forza intrinseca della natura”.

Wachtler con tono ironico aggiunge :“Nonpotevamo far altro che ridere: qui per genera-zioni e generazioni hanno cercato l’oro e noil’abbiamo trovato in gran quantità, senza spe-rare nemmeno in un tale ritrovamento!”.Questa scoperta può essere definita un po’come la “ricompensa del ricercatore”, il cuiamore e sacrificio lo portano sulle più altevette non solo alpine, ma del panorama scien-tifico mondiale.

“Le Alpi sono ricche di tesori di ogni genereutili a ricostruire il nostro passato ed a offrircicontinui ritrovamenti, ma a molta gente tuttociò non interessa”, afferma Wachtler e conti-nua: “Altri invece vorrebbero capire, ma nonriescono a superare i propri limiti e a guardareoltre le apparenze, anche se talvolta basta solosaper interrogare la natura per ottenere rispo-ste”. Le risposte che il ricercatore ha avuto leha ottenute tornando ogni giorno in quei luo-ghi selvaggi, sui monti, nei boschi, analizzandoed osservando attentamente ogni specie dialbero, pianta o animale ed ogni tipo di roccia,minerale, poiché è capendo la particolarità diogni singolo esemplare che se ne comprende ilsuo inconfondibile carattere. ◆

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focus

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criminologia

di Stefania Magliani, coordinatrice del corso di laurea

Il problema della sicurezza è generalmenteaffrontato come un fenomeno recente, lega-to al terrorismo, all’immigrazione, alla crimi-

nalità organizzata, alla droga, alla prostituzio-ne, fino al disagio giovanile. In realtà si trattadi un fenomeno antico, sempre affrontato daiGoverni, seppure in maniera diversa. E’ eviden-te che i regimi assoluti hanno affrontato le lorocriticità con il controllo, la repressione e la vio-lenza; una seria riflessione sulla sicurezza deicittadini, o meglio, come si dicevanell’Ottocento, sulla “pubblica incolumità”, ènata con gli Stati costituzionali, con i modelliliberali e, ancor più, con quelli democratici. E’noto che le organizzazioni criminali prospera-no nelle democrazie che, con il loro legittimogarantismo dei diritti di tutti, lasciano marginidi manovra e “buchi” nelle maglie del control-lo della legalità.

Se è vero che basta scorrere gli atti dei pro-cessi e i giornali del tempo per capire che unnumero di delitti impressionanti ed efferati siè, ad esempio, perpetrato fin dagli alboridell’Unità italiana, è altrettanto vero che lostato di benessere della società contempora-nea rivendica un maggior senso di sicurezza,

SECURITYLANGUAGESSECURITYLANGUAGES

per la difesa dei propri beni e del proprio sta-tus. Per questo motivo la sicurezza è diventatacentrale nelle aspettative dei cittadini e neiprogrammi di Governo. Tali programmi, però,evidenziano tutte le contraddizioni e tutti ilimiti dei sistemi democratici. Non appare pos-sibile garantire la sicurezza senza violare laprivacy dei singoli, senza adottare misurerestrittive, senza aumentare controlli, che met-tono però a repentaglio la libertà individuale.

L’unica strada possibile in questa situazionenon può che essere la formazione. Formazioneper il personale di sicurezza, civile e militare,per la previsione e l’intervento; formazionenelle scuole, per le famiglie e per gli insegnan-ti quale opera di prevenzione.

Uno dei settori della formazione che ritenia-mo strategici, sul quale nessuno si è mai sof-fermato, e sul quale occorre sviluppare ricercae didattica, è quello dei Security languages.Intendiamo lo studio di tutti i linguaggi, verba-li, non verbali e tecnologici che vengono utiliz-zati dalle semplici conversazioni alle operazio-ni di intelligence. E’ fondamentale saperequale linguaggio deve essere utilizzato nellediverse situazioni: una parola, un tono dellavoce, una espressione del viso o una postura

del corpo possono fare la differenza nella rice-zione del messaggio da parte dell’interlocuto-re. A seconda dell’obiettivo che vogliamo rag-giungere dovremo usare un diverso linguag-gio. Parimenti, per decodificare il linguaggiodel nostro interlocutore e, di conseguenza,comprenderne le intenzioni, dovremo conosce-re i suoi canali di comunicazione e, soprattut-to, il suo modo di usarli. Per fare ciò possiamoutilizzare gli studi sociologici sulla comunica-zione, ma questi non sono sufficienti da soliper le applicazioni in sicurezza. Occorre cono-scere, a seconda dei livelli ai quali vogliamointervenire, la geopolitica globale, le strutturelegali e illegali dei diversi Paesi, i sistemi diequilibrio e di pressione, gli strumenti di comu-nicazione palesi e occulti, l’uso specifico dellediverse lingue, i giochi di ruolo che ognunoassume per determinati obiettivi. Occorre cala-re i principi della comunicazione nelle diversesituazioni di devianza e criminalità, conoscen-done modelli e strutture, organizzazione efinalità.

Per attivare “buone pratiche” di prevenzio-ne sociale è necessario prendere coscienza chel’uso di una parola, di un gesto o di un imma-gine può creare interazione o contrapposizio-ne; occorre imparare a decodificare i “segna-li” che vengono dall’altro, non secondo schemitradizionali e superati, ma attraverso un'anali-si accurata, una separazione tra segnali atten-dibili e rumori di sfondo, una rielaborazionedelle informazioni. Interventi e decisionidovranno poi essere gestiti sulla base delleinformazioni selezionate, per raggiungere gliobiettivi prefissati.

Questo nuovo filone di studi ha preso avvioin questi giorni a Narni, in un Master di I livel-lo, che prosegue ed approfondisce il discorsoche si affronta quotidianamente nel corso dilaurea in Scienze per l’investigazione e la sicu-rezza. Sarà occasione di riflessione, ma anchedell’inizio della messa a punto di un program-ma e, auspichiamo, di un protocollo perSecurity languages da adottare in tutti gliambiti della sicurezza. ◆

CORSO DI LAUREA IN SCIENZEPER L'INVESTIGAZIONE E LA SICUREZZAFACOLTÀ DI SCIENZE DELLA FORMAZIONEDELL'ATENEO DI PERUGIANARNI, PIAZZA GALEOTTO MARZIO

PER INFORMAZIONI: TEL. 0744-7632

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di Gianluca Magini - Archivio foto internet

Il padre riconosciuto del cavallo che oggi siutilizza in tutto il mondo per praticare ilgioco del polo è un animale di una razza

particolare e profondamente generosa: ilCriollo.

Il cavallo Criollo latino – americano è ildiscendente diretto dei cavalli importati nelNuovo Mondo fin dall’epoca di CristoforoColombo dagli eserciti dei “conquistadores”spagnoli durante il XVI secolo, e più in partico-lare deriva da soggetti andalusi giunti nellazona del Rio de la Plata assieme a Don PedroMendoza, fondatore nel 1535 del porto diSanta Maria de Buenos Aires in Argentina.

Una leggenda racconta che Mendoza abban-donò rapidamente il suo quartier generale persfuggire all’assedio degli Indios Charrùas,abbandonando una quarantina di cavalli. Mapiù probabilmente un buon numero di cavalliimportati furono abbandonati o fuggirono col

tempo nella Pampa, dove trovarono un ambien-te ideale per la loro sopravvivenza e riproduzio-ne tornando ben presto allo stato brado.

Certamente la dominante della razza di que-sti cavalli fu quella in uso tra i “conquistado-res” ovvero quella dei berberi-andalusi e forsequalche capo lusitano. Durante i quattro secolisuccessivi la razza criolla, così creata, si adattòsempre più all’ambiente sviluppando granderesistenza ad ogni tipo di privazione e malattia.Il forte carattere, la rusticità e l’indipendenza,

assieme alla struttura muscolosa, equilibrata eben proporzionata ne fanno un soggetto adat-to ad ogni tipo di sforzo.

Dapprima gli indios, poi i gauchos, fecero delcavallo Criollo il loro fedele compagno ed allea-to nella caccia, nel governo delle mandrie, nelgioco e nel divertimento.

Emblematica l’avventura vissuta tra il 1925ed il 1928 da Aimè Felix Tschiffely, il quale partìda Buenos Aires con i suoi due cavalli criolliMancha e Gato per giungere dopo 18.000 kma New York. Da questa avventura Tschiffelytrasse uno stupendo libro oggetto di culto ditutti gli appassionati.

Nel 1918 venne istituito ufficialmente ilprimo registro della razza Criolla; ne vennerostabilite le caratteristiche e gli standard a curadelle rinomata Sociedad Rural Argentina.

LE VARIE QUALITA’ DEL CAVALLO CRIOLLOIn base al suo manto il Criollo si può divide-

re in varie categorie:Il Blanco (che può essere “plateado”,

“palomo” e “porcelano”) è di colore intera-mente bianco: la tradizione lo vuole comecavallo di re ed imperatori ed ancora oggi, neiraduni dei gauchos nelle feste di campagna, gliviene dato il rango di capofila.

L’Azalan (che può essere “claro”, “ tosta-do” e “dorado” ) è un sauro.

Il Bayo (che può essere “ blanco “,”amaril-lo”, “celebruno”, “ruano” e “naraninjo” ) è ilbaio, considerato resistente, intelligente e leale.

Il Gateado (che può essere “claro“,“rubio”, “overo”) è quel manto accompagnatosul dorso dalla caratteristica riga scura detta“mulina”: ha fama di essere cavallo instancabi-le e valoroso.

Il Tordillo il cui manto è formato da unamescolanza di colore bianco e nero in cui unodei due è predominante.

Infine, molte altre sono le classificazioni cheun buon gaucho riesce ad individuare in uncavallo Criollo. Il buon carattere, l’agilità, laresistenza, il coraggio e la sua naturale predi-sposizione al lavoro con gli altri animali, hannofatto si che il cavallo Criollo si adattasse senzagrandi difficoltà al gioco del polo.

Con il tempo, ulteriori interventi dell’uomosulla razza, “contaminata” dal purosangueinglese, hanno fatto si che a questo cavallo for-midabile si aggiungesse anche la destrezza e lavelocità, caratteristiche fondamentali nel giocodel polo moderno che, come il cavallo stesso,ha subito diversi cambiamenti, di cui parleremonei nostri futuri appuntamenti. ◆

EL CRIOLLOIL PROGENITORE DEI CAVALLI DA POLO

il polo

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Abbiamo incontrato Giovanni Lombardi,chef del nuovissimo ristorante Mirò, perfarci raccontare alcuni aspetti essenziali

della sua cucina e in generale di questo nuovolocale.

Cantina, trattoria e griglieria ma soprattuttocucina genuina e tipicamente romana.

E’ possibile degustare un buon vino maanche ritrovare nel cibo il gusto particolare delsapore romano.

Da quanto tempo siete aperti?Dal primo dicembre 2009. La nostra è un'at-

tività a conduzione familiare.La vostra nuova gestione è a condu-

zione familiare, possiamo quindi consi-derare genuini i prodotti e la loro lavo-razione?

Proprio perché siamo una piccola realtà nel-l’ambito della ristorazione, scegliamo con curai nostri prodotti, rifornendoci da persone difiducia.

Che tipo di ristorante è, e che cosa èpossibile “gustare” qui da voi?

E' essenzialmente una trattoria e i nostripiatti sono quelli della cucina tipica romana.Spesso però questi piatti sono in qualchemodo rivisitati, attraverso abbinamenti parti-colari.

Da noi è possibile mangiare, dai più classicipiatti come la trippa, i saltimbocca alla roma-na, la coda alla vaccinara, a piatti più ricercaticome ad esempio i ravioli con la coda.

Il martedì e il venerdì abbiamo il pesce fre-sco e le pietanze possono dunque variare diconseguenza.

Per quel che riguarda il locale abbiamo lapossibilità di ospitare una settantina di perso-ne e possiamo anche allestire banchetti e rice-vimenti.

Lei è uno chef senza segreti ? Usatespezie particolari per insaporire il cibo oaromi chimici?

Sì, nelle mie pietanze è possibile ritrovare ilgusto tipico delle ricette nostrane, come lamenta, il prezzemolo, l’origano, niente di artifi-ciale.

Avete la possibilità di soddisfareanche chi cerca una dieta vegetaria-na?

Sì anche per chi ha fatto la scelta vegetaria-na da noi è possibile trovare tutte le verdure distagione, ma anche gustare pasta e ceci, pastae patate o fagioli o i broccoli, i tipici piatti dellacucina “povera” romana.

Intorno a che prezzi ci aggiriamo?Di norma da noi si mangia con 25/30 euro,

ma dipende molto che tipo di vino si vuolebere.

Ci avvaliamo di una cantina piuttosto forni-ta, con etichette particolari, ma in generaleabbiamo vini per tutti i gusti e per tutte letasche. Ogni pietanza può e deve essereaccompagnata dal giusto vino.

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ARREDAMENTO

ristrutturazioni d'interni un angolo wellness enon più segregato in qualche angolo remotodella loro casa ma come elemento centraledella progettazione magari inserito nella salada bagno che guadagna così,rispetto ad anniindietro, un rilievo quanto mai più importanteed inaspettato.La nuova tendenza, quindi, è la voglia di rita-gliarsi momenti speciali nell'intimità della pro-pria casa come nei migliori centri specializzati.Il benessere diviene quindi realmente raggiun-gibile ed alla portata di tutti.

Un angolo benessere domestico ha bisogno dialmeno 15 mq. di superficie fino ad arrivare a 20e più, nella maggior parte dei casi inserito allar-gando una sala bagno esistente o chi invece vuoleproprio, avendo a disposizione ampi spazi, creareuna superficie dedicata soltanto al wellness.

Si partirà da una semplicedoccia multifunzione o perdirla filosoficamente docciaemozionale fino ad arrivarea costruire una sala (o cabi-na) sauna, una sala bagnoturco, una vasca idromas-saggio o per chi ha più spa-zio una mini piscina. Non sideve dimenticare di inserireun angolo relax compostoper lo più da comodi lettini.

A partire da 10.000,00 euro(per arrivare, però, anche acifre molto superiori) è pos-sibile realizzare un angolowellness più che soddisfa-cente, personalizzando com-pletamente l'ambiente aseconda le finiture scelte.Dal punto di vista esteticopuò essere inserito senzaproblemi in qualsiasi conte-sto architettonico.Una volta realizzato, l'homewellness non ha bisogno di

particolari costi di manutenzione ed anche ilconsumo elettrico è relativamente contenuto.Quindi occhio al prossimo rifacimento delvostro bagno; con l'inserimento di qualche ele-mento ben progettato potreste riscoprire emo-zioni stimolanti.Vi ricordo, dal punto di vista edilizio, che qual-siasi demolizione, spostamento e rifacimentoanche di un solo tramezzo interno, è disciplina-ta da regole urbanistiche che comporteranno lapresentazione, a firma di un tecnico abilitato ediscritto all'albo professionale, di una praticadenominata D.I.A. (denuncia inizio attività).Alla prossima. ◆

A casa con...L’ARCHITETTO

La Spa domestica

Alberto Ambrosini, architetto ed interior designer, riceve su appuntamento presso lo show room“Home&Country”, via Mar Arabico, 48/50 ad Ostia Lido. Tel. 337 945169

Nasce con questo numero una nuovarubrica dedicata interamente all'arre-damento degli interni ed alla decora-

zione della casa. Ogni mese affronteremo unnuovo argomento che porterà il lettore ad"immaginare il suo abitare", ad individuare unsuo orientamento stilistico, a scoprire oggetti,materiali, tecniche e tutto quello che giraattorno all'interior design.

Un percorso a tema che ogni volta Vi farà sco-prire un nuovo modo di concepire e di viveregli spazi domestici,attraverso tendenze, mate-riali e notizie dalle Fiere del settore.

“Un bagno di benessere”Ormai sempre più miei clienti e non più timida-mente come prima ma sicuri di quello chevogliono,mi chiedono di inserire nei progetti di

Prossime Fiere del settore:Riminiwellnessdal 13 al 16 maggio 2010(www.riminiwellness.com)

Di Alberto Ambrosini

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carla perrotti

di Carla Perrotti

Ora che mi chiamano la Signora deiDeserti certi ricordi mi fanno quasi sor-ridere. Ora che ho scoperto la gioia di

condividere la mia passione per il deserto coni partecipanti a Desert Therapy, il percorso apiedi nel deserto egiziano che organizzo eguido personalmente, pensare a come tutto ècominciato mi provoca ancora emozione.L’emozione che cerco di trasmettere anche acoloro che accompagno nel deserto quando lasera davanti al fuoco mi chiedono come equando è scattato il colpo di fulmine per que-sto luogo tanto affascinante e difficile che miha portato a percorrere a piedi otto deserti inquattro continenti.

Tutto ebbe inizio il gennaio del 1990. Mi tro-vavo in Niger con Oscar, mio marito, per girareun documentario sulla Parigi-Dakar, la famosacorsa a tappe di auto e moto che ogni anno sisvolge in determinate zone del Sahara. Fu pro-prio verso la fine di una giornata piuttosto

pesante, che avvenne l'incontro che avrebbecambiato la mia vita. Eravamo seduti nellanostra jeep stanchi, sudati, coperti di polvere,mentre la macchina saltava e sobbalzava sullasabbia.

Vista da lontano sembra una fila compattache avanza lentamente. Al momento noncapiamo bene cosa sia, poi incominciamo adistinguere i cammelli e finalmente gli uomini.I loro abiti blu e neri risaltano sullo sfondocolor ocra della sabbia, mentre avanzano conun ritmo costante tutti insieme: è l'Azalai, lamitica carovana del sale, ultima tradizionenomade del popolo Tuareg. Attraversano ildeserto percorrendo centinaia e centinaia dichilometri senza mai fermarsi, se non pocheore durante la notte per mangiare e far riposa-re gli animali. Non seguono piste, non hannobussole o carte, neppure un orologio; solo unodi loro, la guida, è in grado di trovare la strada.Oscar con la cinepresa in spalla, gira metri e

UNICA DONNAFRA GLI UOMINI

BLUUNICA DONNAFRA GLI UOMINI

BLUCARLA PERROTTI RACCONTA IN PRIMAPERSONA IL PERCORSO A PIEDI NELDESERTO DEL TÉNÉRÉ, UNICA DONNAAL SEGUITO DELL’AZALAI, LACAROVANA DEL SALE.

CarlaPerrotti

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carla perrotti

metri di pellicola, li rincorre, mi fa cenno diseguirlo. Io invece mi fermo a guardarli mentresi allontanano, senza scattare neppure unafoto, fisso nella mente le ultime immagini dellacarovana che si allontana, non riesco neanchea muovermi. Lentamente come è arrivata,l'Azalai sparisce nell'orizzonte di sabbia.L'unica cosa che ci hanno chiesto è stato unpacchetto di fiammiferi.

Da quel momento non ho fatto altro chepensare all’incontro e il desiderio di percorrereil deserto insieme ai nomadi mi ha portatal’anno successivo a ritornare in Niger per ten-tare di unirmi ad una carovana del sale.

Dopo molte incertezze e trattative, final-

mente il capo carovana mi accetta ma aggiun-ge: “Se la donna non ce la fa a proseguire, lalasciamo nel deserto”, un brivido mi percorrela schiena mentre annuisco. Per la prima voltaa una donna è concesso di partecipareall’Azalai.

Camminiamo nove giorni percorrendo 450km, con temperature che nelle ore centralidella giornata sfiorano i 60 gradi. Con me cisono 17 uomini tuareg e 200 cammelli che tra-sportano i loro carichi di sale dalle saline diFachi all’oasi di Toureiet, attraverso il desertodel Tenèrè, in Niger.

Il caldo è insopportabile, preme su ogni cen-timetro di pelle, ti avvolge come se volesse sof-focarti, faccio fatica a respirare; nelle ore piùcalde gli uomini salgono sui cammelli a uno auno e si rannicchiano immobili, tutti copertiper disperdere meno liquidi possibile. Mi fannocenno di salire anch’io e seppure a fatica riescoa sistemarmi in mezzo al carico di sale sullagobba di Aorat, il mio dromedario bianco dagliocchi azzurri, capriccioso ed imprevedibile.

Si cammina senza sosta dallesette del mattino alle dieci di sera,senza fermarsi neppure per man-giare e bere. Ogni giorno percorria-mo dai 40 ai 50 chilometri e lasosta notturna permette di dormi-re non più di tre, quattro ore.

Gli animali arrivano a sera esau-sti. Il sale che trasportano in panilegati tra di loro è molto pesante eper tutta la durata della traversatanon possono bere. Anch’io sonostanchissima, non mi aspettavo diaffrontare una prova tanto dura edifficile e continuo a ripetermi chenon ce la potrò mai fare a conclu-dere la mia impresa.

Come spesso accade nel corsodi simili esperienze, le maggioridifficoltà sono di origine psicologi-ca. L’ambiente difficile, le condizio-ni climatiche e la stanchezza miprocurano dei problemi e capiscoche se voglio continuare devoentrare in sintonia con il deserto enon viverlo come un nemico. E’dura, ma lentamente ne vengofuori e riesco a superare la crisi.Con Ala, l’unico tuareg che parlaun poco di francese, posso comuni-care e mi sento più tranquilla.

La mia testa è avvolta nello chè-che, il turbante bianco di cotonelungo sei metri che i tuareg mihanno insegnato a drappeggiare,

indispensabile per proteggersi dal sole e dalvento del deserto e sono vestita come loro,con larghi pantaloni da cammello ed unalunga casacca che arriva alle ginocchia. I tua-reg sono musulmani, per questo motivo a nes-suna delle loro donne è concesso di partecipa-re all’Azalai, ma le nobili origini di principiguerrieri li rendono rispettosi nei confrontidegli ospiti. La naturale diffidenza iniziale neimiei confronti lentamente si trasforma inrispetto quando capiscono che nonostante ledifficoltà riesco ad andare avanti.

Manca ormai poco all’arrivo all’oasi. Da lon-tano già distinguo le prime capanne e tutte ledonne del piccolo villaggio ci vengono incon-tro offrendoci del formaggio di capra e dell’ac-qua fresca. I bimbi mi circondano curiosi, nonhanno mai visto una donna bianca arrivare conla carovana, l’oasi è in fermento. Mi rendoconto di avercela fatta: vedo arrivare mio mari-to, con il volto teso: “come stai?” chiede pre-occupato. “Tutto bene” rispondo. Ed incomin-cio a piangere. ◆

Carla Perrotti (www.carlaperrotti.com) nasce a Milano. Esploratrice e documentarista, nel 1991 diventa laprima donna ad aver attraversato da sola con i Tuareg in Sahara il deserto del Ténéré in Niger. Successivamente,sempre in solitaria, attraversa il del Salar de Uyuni in Bolivia, il Kalahari, in Botswana, il Taklimakan, in Cina, ilSimpson Desert in Australia e parte del deserto dell’Akakus Tadrark in Libia. Nel 2009 fa da guida ad un nonvedente per 250 km nel deserto bianco egiziano. Ora è impegnata in Desert Therapy, l’organizzazione di sog-giorni di una settimana nel deserto bianco aperti a tutti coloro che vogliono prendere parte ad un percorso a piedi:fa da guida all’ambiente, all’intelletto e all’anima. Carla Perrotti ha scritto due libri: “Deserti” e “Silenzi di Sabbia”in cui racconta le proprie esperienze.

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di MARIA GRAZIA TASSI

Il 13 marzo 2010 sono decollate ufficialmen-te le attività del “Punto Natura” delComitato Parchi Nazionali ospitato presso il

“Centro di Visite Mario Pastore” della Lipu diOstia: la giornata, sul tema “SOS Fauna”, èstata un’importante occasione d’incontro tracollaboratori, simpatizzanti e tutti coloro che,curiosi ed amanti degli animali, hanno volutoconoscere le attività dei Gruppi operativi delComitato Parchi, e soprattutto del GruppoLince e del Gruppo Criptozoologia.

L’intento degli organizzatori, oltre alladiscussione e divulgazione dei temi appenacitati, era quello di coinvolgere un pubblicovario, sensibile alle tematiche ambientali delterritorio e residente nelle aree limitrofe, inmodo da creare un vero e proprio luogo di rife-rimento e di aggregazione, dove sempre piùpersone di ogni età, con la natura nel cuore,possano trascorrere tempo di qualità approfon-dendo temi che li toccano da vicino.

Questo “Punto Natura” è collegato al rilan-cio del Comitato Parchi per celebrare, nel 2010,i propri 33 anni di impegno in difesa della natu-ra: la posizione strategica dello Chalet dellaLipu di Ostia Levante con il suo Centro HabitatMediterraneo (dove può essere ammirata lazona umida ricostituita alle spalle del Porto diRoma) offre un luogo ideale per incontrare la

natura a due passi da casa.Un altro “Punto Natura” era stato intanto

inaugurato al centro di Roma, in Piazza deiQuiriti 10 (quartiere Prati) dove la signora AnnaMaria Bertoni, tassidermista e naturalista diterza generazione, ha aperto le porte della pro-pria attività per farla conoscere a bambini, stu-denti e appassionati. La possibilità di entrare inuna bottega artigianale dove si restaurano epreparano animali, si studiano insetti e si clas-sificano conchiglie e minerali rappresentaun’occasione unica per scoprire realtà e tecni-che acquisite con l’esperienza, e a volte intro-vabili nei libri. Il giorno preferito per gli incontrisarà il Sabato.

Con oltre un quarantennio di impegno perla conservazione della natura, i promotori sot-tolineano quanto sia fondamentale il coinvol-gimento della collettività (a ogni livello e diogni età), per il raggiungimento della salva-guardia di un bene collettivo come l’ambiente.

Nel lontano 1980 il Comitato Parchi avevalanciato l’ormai famosa “sfida del 10%”, pro-muovendo la protezione di un decimo del ter-ritorio italiano mediante azioni ad ogni livello:didattica e formazione con scuole e giovani,collaborazione con associazioni ed enti, dialo-go e obiettivi con ministeri e istituzioni. Aglialbori del Terzo Millennio il Comitato Parchivinse la propria sfida lasciando un segno cheoggi, alla luce dell’amaro “nulla di fatto” deirecenti vertici internazionali, lascia un solcoancor più profondo, dimostrando come ilsenso di appartenenza spinga al coinvolgi-mento personale e all’impegno per il patrimo-nio naturale della collettività.

Il prossimo appuntamento a Ostia sarà inAprile, e riguarderà un altrotema affascinante, amatis-simo dai giovani: laCriptozoologia, ovverola scienza degli ani-mali nascosti, miste-riosi, forse ancora dascoprire. Un altromodo per porre l'ac-cento sull’esplorazionee la salvaguardia dellanatura intorno a noi. ◆

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CONTINUANODI TEMA IN TEMA,LE RIFLESSIONIECOLOGICHE…

LA TERRA HA UN “CUORE VERDE”,LA NATURA

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ecologia

Alleanza per la Natura: Comitato Parchi e LIPU al CentroHabitat Mediterraneo di Ostia (da sinistra a destra:Alessandro Polinori, Franco Tassi e Luca Demartini)

DOVE TROVARE LA NATURA NEL PUNTO A TE PIÙ VICINO

La Terra ha un cuore verde, la Natura: felice allegoria della Biodiversità

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naturopata

ralmente imparare ad alimentarsi che vuol direanche imparare a leggere le etichette dei cibi,evitando così i cibi industriali ricchi di sostan-ze chimiche potenzialmente o certamente can-cerogene, conoscere gli additivi nocivi per l’or-ganismo, e utilizzare infine alimenti preferibil-mente provenienti da coltivazioni e allevamen-ti biologici e biodinamici.

Essere grassi ci espone anche al rischio disviluppare patologie;infatti, uno dei problemidel sovrappeso nonché dell’obesità è quellacondizione che fa parte della sindrome meta-bolica e che viene chiamata con il nome di ipe-rinsulinemia; è proprio tale condizione a con-durre nel tempo allo sviluppo di svariate pato-logie tra cui quelle cardiovascolari e il diabete,ma anche malattie autoimmuni e tumori.

Infatti un’ alimentazione ricca di zuccheri efarine raffinate impoveriscono l’organismo elo costringono a produrre continuamente insu-lina a causa dell’elevato indice glicemico di talialimenti, in un circolo vizioso causato da sbal-zi glicemici in alto e in basso (ipoglicemia reat-tiva) che ci mantengono in uno stato di “famefalsa” costringendoci a mangiare in eccesso ecausandoci inoltre problemi di stanchezza eannebbiamento mentale.

Una corretta associazione di proteine ani-mali e vegetali, carboidrati sotto forma dicereali integrali, frutta e verdura in abbondan-za e grassi, rappresentano uno dei pilastri fon-damentali nella correzione del soprappeso enella regolazione ormonale.

Il sovrappeso e il desiderio smodato soprat-tutto di carboidrati, dipendono infine anche dal-l’equilibrio di certi neurotrasmettitori, quali laserotonina e le beta-endorfine, strettamente col-legato a sua volta alla produzione di insulina.

Non di rado chi è in sovrappeso soffre anchedi una carenza cronica di serotonina e di unaipersensibilità ai carboidrati a veloce assorbi-mento.

Tale condizione, può essere corretta e aiuta-ta senza ricorrere agli antidepressivi chimici uti-lizzando alcuni prodotti di cui la naturopatiadispone tra cui un efficacissimo cerotto daapplicare sulla pelle che rilascia lentamentenell’arco delle 24 ore una serie di principi attividerivati dalle piante tra cui la GriffoniaSimplicifolia, una pianta della tradizione ayur-vedica che contiene il 5-http (5-idrossi-triptofa-no), un precursore della serotonina che aiuta acalmare la fame nervosa regalando tra i piace-voli effetti collaterali anche la regolazione del

di Patrizia Colbertaldo Giorgi

Per dimagrire serve la consapevolezza...smettiamola di fare le diete e di contarele calorie... la sola parola dieta mette tri-

stezza e poi oramai la dieta ipocalorica si èscientificamente dimostrata un fallimento.

Già perché il nostro è un organismo intelli-gente… non lo possiamo ingannare! Appena cimettiamo a dieta lui che fa? Si mette a riposo...Così con la dieta successiva per riperdere i chiliche nel frattempo avrò ripreso con gli interes-si... dovrò mangiare ancora meno in un circolovizioso votato all’insuccesso e alla frustrazione.

Allora... come uscirne?

Indispensabile per il processo di riequilibrioe ritorno al peso corretto è conoscere le pro-prie intolleranze alimentari, perché continuarea ingerire cibi verso i quali mostriamo intolle-ranza contribuisce a mantenere l’organismo inuno stato di intossicazione cronica.

Infatti le intolleranze, chiamate anche“allergie ritardate” in quanto possono scate-nare fenomeni simil allergici all’introduzioneripetuta di un certo cibo, contribuiscono all’in-fiammazione dell’organismo con conseguenteritenzione idrica (leggi anche cellulite e diffi-coltà a perdere peso). Ma cos’è l’intolleranzaalimentare?

L’intolleranza è una reazione anomala emomentanea dell’apparato digerente che con-tribuisce ad “inceppare” il metabolismo e chesi può risolvere e superare con un programmacorretto di eliminazione a rotazione dei cibiimputati cui seguirà la reintroduzione attraver-so una fase di vero e proprio “svezzamento”come per il bambino piccolo.

Esistono oggi dei test molto semplici e sicu-ri nonché assolutamente indolori che permet-tono di valutare le intolleranze alimentari.

Dopo avere effettuato il test occorre natu-

sonno e l’innalzamento del tono dell’umore.Alimentarsi con consapevolezza vuol dire

infine garantirsi un passaporto per la longevi-tà; infatti, secondo le ultime ricerche scientifi-che una restrizione calorica non solo ci consen-te di essere magri e in ottima forma, ma èanche una delle principali condizioni per bene-ficiare di una lunga vita. Tra i diversi approccidi ricerca e interventi antiaging, la riduzionedell’introito calorico rimane infatti la via piùaccreditata.

La restrizione calorica può ridurre l’inciden-za e rallentare l’insorgenza di patologie cardio-vascolari e neurodegenerative, migliorare laresistenza allo stress e decelerare il declinofunzionale aumentando l’aspettativa di vita.

L’isola giapponese di Okinawa per esempio,affascina da tempo gli studiosi coinvolti nellaricerca antiaging per la presenza di un eleva-to numero di centenari, poco soggetti a morteda malattie come cancro e infarti, e sembraormai accertato che il segreto di questi isolanirisieda nella loro dieta frugale.

“Hara hachi-bu” ovvero: “Mangia sinoa quando sei quasi sazio” è uno dei consi-gli che le nonne dell’isola giapponese diOkinawa hanno dato per anni ai loro nipoti, ela scienza sembra provare ancora una volta chela saggezza degli anziani non tramonterà mai.

Cosa stiamo aspettando? ◆

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enologia

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Sono i numeri a fare da cartina tornasole, nel2009 oltre 4200 espositori di cui 126 esteri, piùdi 150.000 visitatori/operatori di cui oltre45.000 stranieri da 112 nazioni e 2.643 giorna-listi di cui 345 della stampa estera. Numeri ine-quivocabili: il Vinitaly è un punto di riferimen-to del mondo enologico.

Al suo interno tavole rotonde, seminari, con-ferenze e convegni, si propongono di rappre-sentare l’idea di dibattito e di ricerca che ponela filiera vitivinicola italiana in prima lineanello sviluppo del settore, anche in ottica eco-compatibile. Concorsi internazionali, degusta-zioni guidate, sfide e proposte enologichequanto tecnologiche, propongono uno scena-rio avvincente che coinvolge il visitatore e glioffre uno spaccato del mondo del vino, nonchéun prospetto del suo futuro.

Ai banchi d’assaggio, bottiglie storiche inmostra, intere linee commerciali in degustazio-ne, marchi blasonati a portata di calice e nuoveetichette sotto i riflettori fieristici per la presen-tazione al grande pubblico. Tra le centinaia distand sparsi nei vari padiglioni, segnalo quindialcune novità e grandi classici che valgonosicuramente una piccola sosta.

Prossimo all’ingresso “Cangrande” si trovail padiglione dell’Emilia Romagna, dove meritauna visita lo stand della Fattoria Paradiso;da provare: il Sangiovese Riserva Vigna delleLepri e lo storico Pagadebit, cercando di nonperdere l’esperienza del Vigna del Dosso,occasione unica per provare il vitignoBarbarossa esclusiva mondiale dell’azienda inquanto autoctono di quell’unica vigna scoper-ta nel 1955 da Mario Pezzi. La novità, è il ritor-no dell’etichetta Jacopo (Chardonnay eSauvignon blanc con passaggio in legno)molto apprezzato in passato,ma che da cinqueanni non veniva riproposto.

Di fronte c’è il padiglione del Lazio, dovefare almeno due soste: una allo stand diCantina Sant’Andrea dove provare ilRiflessi (Trebbiano e Malvasia), il Capitolium(Moscato di Terracina passito) e il pluridecora-to Oppidum (Moscato di Terracina secco);l’altra presso lo stand della CooperativaCincinnato, per provare l’Arcatura(Cesanese), il Polluce (Nero Buono), il dolceSolina (Malvasia laziale vendemmia tardiva)ed il particolare Spumante da uve Bellone.

Nel grande padiglione dedicato alla Toscanai box da visitare sono davvero tanti, inutile sot-tolineare la generosità dell’enologia toscana,ma allo stand A13 troverete il Podere LaMarronaia con le nuove annate di Visila(Vernaccia di S. Gimignano) e di Capriforno(Chianti dei Colli Senesi). In zona Marche direiche i Verdicchi di Bucci sono imperdibili, comepure il Colle Vecchio (pecorino doc Offida) di

Cocci Grifoni; transitando poi nel padiglioneCampania, segnalo la presentazione di unesclusivo Greco di Tufo Vintage 2002 daparte di Mastroberardino.

Proseguendo dal padiglione 7 al 7B entria-mo in un ambiente multi regionale, dove pos-siamo incontrare ancora molti vini pregevolifrutto dell’opera mirabile di persone eccezio-nali. E’ il caso dei prodotti dell’aziendaSenatore, che in questa occasione presentadue nuovi vini bianchi: il fresco ed aromaticoAlikia (Greco e Traminer) e le bollicinedell’Euké (Chardonnay, Sauvignon blanc eIncrocio Manzoni). Passando poi in FriuliVenezia Giulia, un occhio di riguardo per lostand C6 di Cantarutti, dove degustare lalinea Scacco al Re, gli spumanti Prologo(Rosè de Noir) ed Epilogo (Blanc de noir)entrambi da uve Pinot noir e infine, imperdibi-le, la duplice annata di Picolit.

L’ultimo suggerimento l’affido agli appassio-nati di birra. La Zago presenta infatti le sueLiving beers, le cuveé di malto artigianali, nonpastorizzate, realizzate con metodo champe-noise attraverso una rifermentazione naturalein bottiglia che esalta la fragranza dei lieviti.Da gustare se possibile la Original H e l’or-mai “mitica” H Cuveé, la linea Edikt 1516,tre birre crude non filtrate prodotte utilizzandosolo acqua, malto, luppolo e lievito, secondo lastorica Legge sulla Purezza emanata, proprionel 1516 dal Duca Guglielmo IV di Baviera. Danon perdere poi la “divina” Nut, prodotta conorzo, mais, segale e frumento secondo un'anti-ca ricetta del 1600.

Infine, per chi ama l’olio, una visita al padi-glione del SOL è d’obbligo, mentre i patiti deigadgets, degli accessori e del packaging nondevono mancare un giro all’interno diEnolitech. ◆

ASPETTANDO VINITALYdi Riccardo Brandi

E’ alle porte il classico appuntamento diaprile che da 44 anni trova a Verona lasua collocazione storica, sebbene Siena

fosse stata, tra gli anni ’30 e il 1960, sede concadenza biennale della grande “Esposizionedei vini italiani”, antesignana del nostroVinitaly.

Nel 1967 a Verona, inizialmente nel palazzodella Gran Guardia, nascono le prime Giornatedel Vino Italiano, evento di carattere convegni-stico che, dopo un paio di anni, accoglie laprima esposizione di case vinicole (130). Nel1971 la manifestazione diventa Vinitaly -Salone delle Attività Vitivinicole e assume iconnotati di rassegna mercantile. Nel ’78 aprele porte ad aziende straniere, diviene “interna-zionale” e dopo due anni sposta il calendarioda settembre ad aprile. Negli anni ’80 accoglieil primo Salone dell’Oliva (poi SOL) e Distilla(Salone dei Distillati) assorbito poi nel ‘95 dallafiera che acquisisce la denominazione diSalone Internazionale del Vino e deiDistillati.

Nel 1998 la svolta internazionale diventauna scommessa vincente, Veronafiere esportail Vinitaly a Shangai dando luogo al primoChina Wine, avviando un processo di diffusio-ne del marchio che toccherà negli anni USA,Singapore, Russia, India e Giappone. Oggi ilVinitaly World Tour rappresenta ormai un con-solidato e riconosciuto meccanismo promozio-nale.

Questo inciso nella storia della manifesta-zione e della sua affermazione deve aprirci gliocchi in vista dell’appuntamento 2010 di “casanostra”, in programma dall’8 al 12 aprilenella sempre più ampia area espositiva diVeronafiere, che conta ormai 11 padiglioni, peruna superficie lorda coperta di 150.000 mq dicui quasi i due terzi interamente dedicati alleaziende espositrici.

Se l’immagine del vino italiano è cresciutadall’abisso del metanolo fino a rappresentaredi gran lunga la voce più importante del nostroexport agroalimentare, parte di questo proces-so evolutivo lo si deve alla visibilità che la ker-messe veronese si è nel tempo conquistata eche dobbiamo riconoscergli.

Enologi e agronomi, produttori e imprendi-tori, sommelier ed appassionati, rappresentan-ti e buyers, da anni si incontrano a Verona peresporre, proporre, vedere, conoscere confron-tarsi e degustare. Negli anni del boom, giorna-listi e media hanno cavalcato il successo dellanuova moda del vino, creando un rapporto dimutuo interesse quasi simbiotico con questoambiente; un meccanismo mediatico che haampliato la cassa di risonanza della manifesta-zione e al tempo stesso di tutto il movimento.

UNO SGUARDO AL PASSATO E LE ATTESEPER LA NUOVA EDIZIONE

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