La Banconota - Numero 56 - Dicembre 2008

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la Banco nota ISSN 1972 - 8379 Il Sole 24 ORE Business Media Srl - via G.Patecchio 2 - 20141 Milano - POSTE ITALIANE SPA N. 56 - Dicembre 2008 Strategie Brera, il quartiere dal profumo antico Finanza e Investimenti 2008: l’anno dei record negativi L’opinione Fondi comuni immobiliari: com’è cambiata la normativa fiscale Costume La “finanziera” del re, le “borse” di Gladstone Itinerari Il Monferrato: buon vino, buon cibo e non solo Nuove tecnologie Oggi la tv viaggia via cavo telefonico Luca Manzoni e Rosa Maria Cassata Nuncas, un’azienda attenta ai valori etici

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La rivista periodica del Gruppo Banco Desio

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N. 56 - Dicembre 2008

StrategieBrera, il quartiere dal profumo antico

Finanza e Investimenti2008: l’anno dei record negativi

L’opinioneFondi comuni immobiliari:com’è cambiata la normativa fi scale

CostumeLa “fi nanziera” del re, le “borse” di Gladstone

ItinerariIl Monferrato: buon vino, buon cibo e non solo

Nuove tecnologieOggi la tv viaggia via cavo telefonico

Luca Manzoni eRosa Maria Cassata

Nuncas, un’aziendaattenta ai valori etici

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Sommario

3

la Banco nota

Nuova Serie

N. 56 - Dicembre 2008

Direttore Responsabile:Luigi Gavazzi

Comitato di Direzione:Riccardo Battistel, Luigi Gavazzi,Alberto Mocchi, Marco Sala, Umberto Vaghi

In Redazione:Alessandra Monguzzi

Collaboratori:Enrico Casale, Giovanni Cec ca tel li, Grazietta Chiesa, Alessandra Monguzzi,Marco Piazza, Francesco Ronchi

Impaginazione:Diego Poletti

Testi, fotografi e e disegniRiproduzione vietata copyright ©. Tutti i diritti di riproduzione in qual-siasi forma, compresa la messa in rete, che non siano espressamente per fi ni personali o di studio, sono riservati.Per qualsiasi utilizzo che non sia individuale è necessaria l’autorizzazione scritta da parte di Il Sole 24 ORE Business Media. Qualsiasi genere di materiale inviato in Redazione, an-che se non pubblicato non verrà in nessun caso restituito.Nel caso la rivista sia pervenuta in abbonamento o in omaggio, si rende noto che i dati in nostro possesso sono impiegati nel pieno rispetto del D.Lgs. 196/2003. I dati trasmessi a mezzo cartoline o questionari presenti nella rivista, potranno venire utilizzati per indagini di mercato, proposte commerciali, o l’inoltro di altri prodotti editoriali a scopo di saggio. L’inte-ressato potrà avvalersi dei diritti previsti dalla succitata legge.In conformità a quanto disposto dal Codice di deontologia relativo al Trattamento di dati personali art. 2, comma 2, si comunica che presso la nostra sede di Milano, via Patecchio 2, esiste una banca dati di uso re-dazionale. Gli interessati potranno esercitare i diritti previsti dal D.Lgs. 196/2003 contattando il Responsabile del Trattamento sig. Maurizio Bal-lerini ([email protected]).Dichiarazione PrivacyAi sensi dell’art. 10 della L. 675/1996, le fi nalità del trattamento dei dati relativi ai destinatari del presente periodico, o di altri dello stesso edi-tore, consistono nell’assicurare una informazione tecnica, professiona-le e specializzata a soggetti identifi cati per la loro attività professiona-le.L’Editore, titolare del trattamento, garantisce ai soggetti interessati i diritti di cui all’art. 13 della suddetta legge.

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Associato USPI Unione Stampa

Periodica Italiana

REGISTRAZIONETribunale di Milano n. 292 del 15/04/2005

Editore incaricato:

Via Patecchio, 2 - 20141 MilanoTel. 02/39646.1 - Fax 02/3964.6291

Presidente: Eraldo Minella

Amministratore Delegato: Antonio Greco

Direttore Editoriale: Mattia Losi

Uffi cio Commerciale e Traffi co: Anna Boccaletti([email protected])

Stampa:Faenza Industrie Grafi che S.r.l.

Costo copia: € 2,00

La Banco nota

4 Brera, il quartiere dal profumo antico

8 2008: l’anno dei record negativi

12 Fondi comuni immobiliari: com’è cambiata

la normativa fi scale

16 Le origini delle Offi cine Reggiane

18 Crema: storia e preistoria

20 Monterotondo, la battaglia sbagliata

22 Nuncas, un’azienda attenta ai valori etici

26 La “fi nanziera” del re, le “borse” di Gladstone

30 Il Monferrato: buon vino, buon cibo e non solo

34 Oggi la tv viaggia via cavo telefonico

p. 4

p. 12

I più sentiti I più sentiti auguri auguri

di buone feste di buone feste a tutti i lettoria tutti i lettori

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Strategie

4 La Banco nota

di Alessandra Monguzzi

Spesso, per citare una grande città, basta

richiamarne una zona o un quartiere

famoso: Soho per Londra, il Greenwich

Village per New York, la Ginza per Tokyo... e Brera

per Milano. Un quartiere, questo, che nella città

lombarda occupa un posto di rilievo, sia perché

è collocato ai margini del centro, e dunque fa-

cilmente raggiungibile da qualsiasi altra parte

della metropoli, sia perché nell’immaginario

collettivo rappresenta (rappresentava?) la zona

della trasgressione: qui si concentravano infatti

alcuni dei ritrovi più frequentati dal popolo della

notte: per citarne alcuni, il Giamaica, il Tombon, il

Due, e qui ancora oggi si raggruppa una miriade

di bar, di baretti, di ristoranti chic e di trattorie

più alla mano dalle più diverse frequentazioni in

caccia del suo profumo antico. Di giorno, invece,

Brera rimane al centro di una fascia cittadina ad

alta concentrazione lavorativa: a sud corrono

infatti le vie dell’Orso e Monte di Pietà (poche

centinaia di metri la dividono da piazza della

Scala), mentre a nord il quartiere tocca le vie

Pontaccio e Fatebenefratelli, che poi vogliono

dire via Solferino, via San Marco, via Moscova,

corso di Porta Nuova e corso Garibaldi, tutte

importanti per l’economia dell’intera città.

Un quartiere, meglio una zona, quella di Brera

con il suo circondario, che trasuda storia ad ogni

passo e dove ogni portone ed ogni negozio

avrebbero una propria vicenda da raccontare.

E dove sorgono istituzioni che illuminano ben

più di quelle vie. Basti citare - partendo proprio

Brera, il quartiere Brera, il quartiere dal profumo anticodal profumo antico

È questa una zona di Milano frequentatissima di giorno e di notte ed importante per l’economia

di tutta la città - Proprio qui, nella sua fi liale all’angolo fra via San Marco e via Moscova, il Banco

Desio off re alla clientela i servizi di Private Banking

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Strategie

5La Banco nota

Nella pagina a fi anco, la

fi liale del Banco Desio di

via Moscova angolo via

San Marco a Milano, che

propone alla clientela

i servizi di Private

Banking.

Qui sotto, uno scorcio

dell’interno della fi liale

le vie Senato, Visconti di Modrone, Francesco

Sforza, Mulino delle Armi.

Fermiamoci un attimo proprio qui, in fondo

a via San Marco, per ammirare una delle opere

d’ingegneria idraulica del passato grazie a cui

era possibile superare la diff erenza di livello

esistente fra le acque del naviglio interno e

quelle del canale Martesana: la chiusa del Ponte

delle Gabelle, la cui costruzione, o perlomeno

l’ideazione, la tradizione popolare fa risalire a

Leonardo da Vinci.

Che il genio toscano all’epoca della realizza-

zione di questo tratto del naviglio facesse parte

del novero degli ingegneri di Ludovico il Moro è

certo, come è certo che si interessò ai problemi

dell’argomento, ma ciò purtroppo non basta

per attribuirgli la progettazione dell’opera, che

alcuni documenti dell’epoca - ci dice Wikipedia -

attribuiscono invece a Bartolomeo della Valle.

Risaliamo ora via San Marco in direzione di

Brera e, sull’angolo con via della Moscova, supe-

riamo il palazzo dove oggi si colloca una delle fi -

liali del Banco Desio in città, una sede prestigiosa

che off re alla clientela anche i servizi di Private

Banking. Poco più avanti, al semaforo successivo,

dal centro di Brera - la rinomata Accademia, da

cui sono usciti tanti degli artisti che hanno arric-

chito il panorama culturale cittadino, lombardo

e nazionale. Oppure, verso i Bastioni, il “Corriere

della Sera”, le cui pagine sono un punto di rife-

rimento per chi voglia un’interpretazione del

mondo che ci circonda.

Poi, per arricchire la rapida carrellata, come

non citare l’ospedale Fatebenefratelli, collocato

ai margini del quartiere e la cui origine risale al

1584 e a San Carlo, e il cui nome discende dal

fatto che i frati di San Giovanni di Dio, a cui fu

affi dato, quando questuavano dicevano “Fate

bene o fratelli a voi stessi”.

E come dimenticarsi del fatto che sempre la

stessa zona è stata per secoli toccata dalle acque

del naviglio Piccolo, come una volta si chiamava

la Martesana, canale progettato per portare le

acque del fi ume Adda fi no a Milano.

Il canale entrava in città nella zona dell’at-

tuale via Padova per arrivare poi alla fossa

dell’Incoronata e al laghetto di San Marco, e

per alimentare infi ne il naviglio interno, quella

sorta d’autostrada d’acqua che collegava la via

Fatebenefratelli con il sud della città attraverso

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Strategie

6 La Banco nota

Un rapporto Un rapporto di fi duciadi fi duciaNell’aff annosa rincorsa all’innovazione fi nanziaria a tutti i costi,

alla sofi sticazione del servizio off erto e dei prodotti consigliati, il

Sistema ha perso la centralità e la semplicità delle esigenze del

cliente. L’obiettivo del Banco e dei suoi uomini private invece, oggi

come ieri, è sempre quello di soddisfare i clienti in maniera conti-

nuativa nel tempo, dove la solidità dell’azienda, la competenza,

la professionalità e l’umanità del private banker rappresentano

gli elementi che costituiscono le basi del rapporto.

La clientela private richiede una strategia mirata, anche in momenti

particolarmente tumultuosi come quelli odierni, che non si limiti

solo alla semplice off erta dei prodotti fi nanziari ma che scenda in

profondità, per far sì che il private banker venga percepito come

il corretto interlocutore.

Pertanto il vero valore aggiunto della relazione private deve essere

la semplicità, la fi ducia reciproca (cliente-private) e la chiarezza,

con l’off erta di servizi e/o di strumenti fi nanziari facilmente valu-

tabili e percepibili nella loro trasparenza e utilità.

L’antica chiusa del Naviglio in fondo a via San MarcoL’antica chiusa del Naviglio in fondo a via San Marco

La reception dei servizi di Private BankingLa reception dei servizi di Private Banking

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Strategie

7La Banco nota

rendiamo omaggio ad uno dei già citati locali storici della Milano di notte,

quel Tombon de San Marc (si pronuncia “tumbun”) che era uno dei ritrovi più

frequentati dai viveurs dei secondi cinquant’anni del secolo scorso.

Se il Giamaica, grazie alla collocazione a pochi metri dall’Accademia, era

il naturale ritrovo di artisti e di aspiranti tali, e se al Due si davano appun-

tamento i più giovani, al Tombon si radunavano “tutti gli altri”, quelli che ci

stavano naturalmente, a partire dalle maestranze - gli operai, gli impiegati

e i giornalisti - del già citato quotidiano per fi nire agli studenti, ai gaudenti,

al popolo dei perditempo e a quello dei super impegnati di Milano per non

dire della Lombardia. Ora il Tombon si è rifatto il look, e non è più possibile

coglierne, già dall’esterno, l’antico profumo fatto di birre, di sigari e sigarette,

di superalcolici, di insalate e di panini consumati a profusione fi no alle ore più

piccole: il locale, inaugurato agli inizi degli anni sessanta, fu infatti fra i primi

ad ottenere il permesso di rimanere aperto dopo le 20 di sera.

Qui, appunto a qualsiasi ora della notte, come del resto in tutti gli altri

locali oggi diremmo cult della zona, era facile trovarsi trascinati in intermi-

nabili discussioni su un qualsiasi argomento, meglio se di taglio politico,

avendo per interlocutori a destra il rotativista del “Corriere” che attendeva la

mezzanotte per prendere servizio, e a sinistra il megadirettore galattico di

una multinazionale, di passaggio da Milano e venuto apposta a Brera dopo

la serata a teatro innanzi tutto per sentirsi libero, e poi magari per cogliere

appunto il profumo della città di notte.

Un profumo che, purtroppo, in Brera sembra essersi in parte consumato

con il volgere del millennio oppure trasferito verso altri lidi (ma i rotativisti

del “Corriere” hanno lasciato la zona molto prima...).

Come si presenta oggi il “Tombon“Come si presenta oggi il “Tombon“ La sede del “Corriere della Sera“, La sede del “Corriere della Sera“,

in via Solferinoin via Solferino

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Finanza e Investimenti

8 La Banco nota

2008: l’anno 2008: l’anno dei record negatividei record negativi

Negli ultimi mesi la caduta dei corsi azionari e la crisi creditizia hanno raggiunto livelli

mai visti. I governi e le banche centrali hanno intrapreso manovre altrettanto eccezionali

I prezzi di azioni e obbligazioni societarie sono molto bassi, ma è ancora presto per fare

previsioni per il prossimo futuro

Il 2008 sarà ricordato come l’anno dei record

negli annali di storia economica e finanzia-

ria. Record di caduta dei corsi azionari, di

volatilità dei mercati, dell’ascesa e del crollo

del petrolio, di salvataggi delle grandi banche

e di manovre straordinarie volte a preservare il

funzionamento del sistema, ma anche record

di peggioramento sincronizzato del ciclo eco-

nomico internazionale.

Nell’ultimo anno e mezzo il sistema fi nan-

ziario internazionale ha iscritto nei bilanci

perdite per mille miliardi di dollari relativi a

svalutazioni di titoli in portafoglio e perdite su

crediti ed ha bussato alla porta degli azionisti,

dei governi e dei fondi sovrani raccogliendo

capitali per 900 miliardi. Nel frattempo il mer-

cato interbancario si è pressoché bloccato:

mai si era vista una situazione simile per un

periodo così lungo. Inizialmente era sembra-

to un problema di liquidità del sistema; poi le

Banche Centrali hanno inondato il mercato di

liquidità, prestando denaro a condizioni sem-

pre più vantaggiose e accettando in garanzia

anche titoli “rischiosi”.

La crisi dei mutui americani si è trasformata in

crisi di liquidità, poi in crisi di fi ducia ed infi ne in

una vera crisi del credito. I problemi di liquidità

e di deterioramento delle attività presenti nei

a cura dell’Uffi cio

Gestione Patrimoni

Mobiliari del Banco Desio

analisi al 27/11/2008

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Finanza e Investimenti

9La Banco nota

bilanci di molte banche sono tuttora in corso;

inoltre in questi mesi sono stati davvero tanti

i colossi bancari e assicurativi salvati tramite

maxi aumenti di capitale, nazionalizzazioni o

aiuti vari da parte dei governi nazionali (Nor-

thern Rock, Bearn Stearns, Fannie Mae e Freddie

Mac, Aig, Merrill Lynch, Fortis, Dexia, Ubs, Credit

Suisse, Wachovia, eccetera) se non addirittura

falliti (American Home Mortgage Investment

Corp, Washington Mutual, ma soprattutto Leh-

man Brothers).

I governi e le banche centrali ci hanno messo

parecchio tempo, più dei mercati fi nanziari, a

valutare la gravità della situazione. Inizialmente

hanno messo in atto misure sparse, incomplete,

scarsamente defi nite e poco coordinate, man

mano sostituite da piani di una portata senza

precedenti, che oggi sembrerebbe suffi ciente

a scongiurare il pericolo di una crisi fi nanziaria

sistemica mondiale. Le misure sono principal-

mente volte a salvaguardare il sistema bancario;

mirano inoltre a favorire il credito ad imprese

e famiglie ed in ultimo a sostenere la crescita.

È diffi cile citare tutti i piani attuati o annun-

ciati, anche perché ogni giorno ne arrivano di

nuovi. Basti solo ricordare che le autorità ame-

ricane hanno ridotto i tassi uffi ciali dal 5,25%

all’ 1%; hanno fornito un’enorme liquidità al

sistema bancario prestando denaro in cambio

di titoli societari e cartolarizzazioni, nonché

comprando titoli emessi dalle “neo-naziona-

lizzate” agenzie Fannie Mae and Freddie Mac

ed obbligazioni garantite da mutui e da prestiti

vari; hanno organizzato il salvataggio di svariate

primarie banche e garantito i prestiti fi no a tre

anni emessi dalle banche americane. In Europa

misure analoghe sono state adottate per ga-

rantire i depositi interbancari e le obbligazioni

bancarie per gli istituti che ne fanno richiesta;

sono stati eff ettuati interventi di sostegno

fi nanziario e ricapitalizzazione alle banche in

diffi coltà, organizzati veri e propri salvataggi

sfociati talvolta in nazionalizzazioni; la Bce ha

ridotto il tasso di riferimento dal 4,25% al 2,50%

ed ha espresso l’intenzione di proseguire in tal

senso, mentre in Inghilterra e Svizzera i tagli

sono stati ancora più rapidi.

Sul fronte fi scale e della spesa pubblica, sono

stati annunciati vari piani a livello nazionale,

che dovrebbero mettere a disposizione circa

200 miliardi di Euro per i Paesi dell’Unione Eu-

ropea, tra incentivi fi scali alle imprese ed alle

famiglie, riduzione dell’IVA (in Inghilterra) ed

investimenti in infrastrutture. In America si do-

vrà attendere il 20 gennaio per l’insediamento

della nuova amministrazione Obama, ma è già

stato annunciato un imponente piano di ridu-

zione della tassazione sulle famiglie, di opere

pubbliche ed iniziative nel campo della ricerca

e dello sviluppo di fonti d’energia alternative.

Tanto sono imponenti e non convenzionali

le armi dispiegate in queste settimane, tan-

to impressionante è stato il peggioramento

congiunturale avvenuto in pochissimi mesi,

certifi cato dagli inquietanti dati sulla situazione

economica pubblicati a partire da settembre,

più o meno in coincidenza con il fallimento

di Lehman Brothers, vera pietra miliare per i

mercati e per il crollo della fi ducia. Non è chiaro

perché Lehman sia stata lasciata fallire, a dif-

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Finanza e Investimenti

10 La Banco nota

ferenza di altre banche d’aff ari; forse perché

le potenziali perdite sarebbero state troppo

alte, forse per un errore di valutazione, o forse

perché non adeguatamente appoggiata presso

le alte sfere. Sta di fatto che in poco tempo i

consumi sono calati, sempre più aziende hanno

annunciato utili in calo, ridotto la produzione

e tagliato personale. Interi settori sono entrati

in profonda crisi, primo fra tutti l’automobi-

listico, dove società come General Motors e

Ford sono a rischio di fallimento, salvo possibili

aiuti pubblici. Negli Stati Uniti sono già stati

distrutti 2 milioni di posti di lavoro e tutto fa

temere un peggioramento nei prossimi mesi.

Il settore immobiliare resta in piena crisi, con

un numero elevato di case invendute, prezzi

in discesa e aumento dei pignoramenti per

mutui non onorati.

La contrazione di consumi e produzione

si sta verifi cando anche in Europa. Sul fronte

occupazionale il peggioramento è già preoc-

cupante in Gran Bretagna, Spagna e Irlanda,

mentre per Italia, Francia e Germania occorrerà

attendere ancora poco.

È possibile dunque che nel prossimo futuro

i tassi uffi ciali vengano tagliati in maniera si-

gnifi cativa, magari sotto il 2%, e che i Governi

integrino i piani già annunciati con interventi

più signifi cativi.

Anche in Asia la crisi sta facendo sentire i suoi

eff etti. Per questo il governo cinese ha annun-

ciato un piano d’investimenti in infrastrutture

ed abitazioni per circa 560 miliardi di dollari in

due anni che potrebbe essere accompagnato

da un ulteriore piano di stimolo fi scale. Inoltre

la Banca Centrale Cinese ha ripetutamente

ridotto il costo del denaro.

Il forte liberismo abbinato a scarsi controlli,

prestiti facili ed un eccessivo peso della fi nanza

sull’economia globale stanno facendo pagare

il conto tutto d’un botto e probabilmente ci

vorrà parecchio tempo perché il sistema si

normalizzi e si riprenda.

In America i consumatori dovranno passare

da una fase di oggettiva diffi coltà economica

ad una di maggiore oculatezza e cioè di mag-

giore risparmio e minore indebitamento. In

Europa è probabile che le cose vadano per le

Page 11: La Banconota - Numero 56 - Dicembre 2008

Finanza e Investimenti

11La Banco nota

lunghe a causa del minore dinamismo che la

contraddistingue e della maggiore rigidità del

mercato del lavoro.

L’enorme impiego di capitali pubblici messo

in atto comporterà anche un trasferimento di

rischi dai bilanci privati a quelli pubblici ed in

eff etti il mercato sta già distinguendo gli Stati

solidi da quelli più fragili, attraverso un mag-

giore costo del debito pubblico. Inoltre i rischi

di una “cattiva spesa” e di creazione di nuove

bolle sono sempre in agguato, tanto più se

gli interventi non saranno accompagnati da

maggiore trasparenza e controlli sui mercati,

sugli operatori e sulle aziende. Per esempio

molte banche d’aff ari continuano a tenere fuori

bilancio importanti fette dei loro investimenti,

attraverso veicoli chiamati “Siv” (Structured In-

vestment Vehicle), che potrebbero costringerle

ad iscrivere nuove perdite nei bilanci, come

sta avvenendo da un anno a questa parte.

Qualcuno ha sentito alzarsi in coro le voci dei

politici per imporre una totale trasparenza in tal

senso? Un altro esempio riguarda l’effi cienza e

la trasparenza dei mercati: per anni le autorità

hanno imposto la concentrazione degli scambi

dei titoli azionari in mercati regolamentati (le

borse valori), ma recentemente si sta optando

per consentire la creazione di “borse private”

organizzate da singole banche d’aff ari o grup-

pi di banche. I recenti esperimenti sui mercati

obbligazionari non provano al momento che

ciò possa creare vera concorrenza, trasparenza

ed effi cienza.

Tornando ai mercati, l’unica certezza per

il prossimo futuro è che non è possibile fare

previsioni. Raramente nel corso della storia si

sono viste valutazioni così a buon mercato per

quanto riguarda l’azionario e le obbligazioni

societarie, ma queste stesse valutazioni erano

molto interessanti già a settembre, prima che

le borse crollassero di un ulteriore 20%. Prima

di poter tornare ad investire con un ragionevo-

le grado di confi denza e di serenità, occorrerà

probabilmente attendere non la fi ne della crisi

economica, ma quanto meno di poter avere

un’idea più concreta dell’entità della crisi.

Inoltre nei prossimi mesi i grandi acquirenti

potrebbero ancora latitare sui mercati “rischio-

si”: le banche saranno ancora impegnate a fare

pulizia nei bilanci, mentre la politica continuerà

a pressarle affi nché si sforzino nel concedere

più credito ai privati; i fondi d’investimento

tradizionali per ora sono costretti a vendere

per i riscatti e i fondi hedge stanno subendo in

aggiunta una restrizione repentina del credito;

in sostanza tutto il mondo economico e fi nan-

ziario sta riducendo la leva fi nanziaria.

Quanto ancora questo potrà durare, nessu-

no può dirlo. Certo è che si arriverà al punto

in cui i rendimenti dei titoli di stato saranno

così bassi e quelli potenzialmente off erti dalle

attività rischiose così alti (titoli societari ed

azioni in primis), che i gusti degli investitori

cambieranno. Mai come in questo periodo

è stato più vero che gli investimenti “rischio-

si” possono off rire un vero valore aggiunto

rispetto a quelli “sicuri”, ma solo per chi può

permettersi un orizzonte temporale lungo: i

mercati potrebbero restare in balia dei fl ussi

e della volatilità per diverso tempo ancora e

il complesso groviglio della situazione attuale

richiederà tempo per districarsi.

I Lions lombardi I Lions lombardi a congressoa congressoSi è svolto lo scorso 8 novembre

presso la Sala Convegni del Banco

Desio l’annuale Congresso d’Au-

tunno dell’International Associa-

tions of Lions Clubs, promosso dal

Distretto 108 IB1 Italy.

Alla presenza del governatore di-

strettuale Roberto Monguzzi, di

personalità del mondo lionistico,

del sindaco di Desio Giampiero

Mariani, e di oltre 250 delegati in

rappresentanza di 68 club della

Lombardia, Agostino Gavazzi,

presidente del Banco, ha dato

uffi cialmente l’avvio ai lavori del

consesso che si sono protratti per

tutta la giornata.

Nella foto, a destra il governatore

Roberto Monguzzi e Agostino Ga-

vazzi con sullo sfondo lo stendardo

dei Lions International.

Page 12: La Banconota - Numero 56 - Dicembre 2008

L’opinione

12 La Banco nota

di Marco Piazza*

Fondi comuni Fondi comuni immobiliari: immobiliari: com’è cambiata com’è cambiata la normativa fi scalela normativa fi scale

Con scarsa tempestività - vista la grave

crisi dei mercati finanziari e anche di

quello immobiliare - il Governo ha

introdotto, la scorsa estate, una normativa

fiscale di maggior rigore per i fondi comuni di

investimento immobiliari italiani.

La conseguenza di più generalizzato inte-

resse, per il pubblico degli investitori, è l’ele-

vazione della ritenuta sui proventi del fondo,

dal 12,5% al 20%.

PROVENTI SOGGETTI A RITENUTA

La ritenuta si applica:

• sull’ammontare dei proventi distribuiti dal

fondo in costanza di partecipazione;

• nonché sulla diff erenza fra il valore di riscat-

to o di liquidazione delle quote e il costo di

sottoscrizione o d’acquisto, documentato

dal partecipante. Alcuni esempi:

Primo esempio:

il fondo immobiliare distribuisce un pro-

vento di 100 euro per ogni quota. La società

di gestione (o la banca, se le quote del fondo

sono negoziate in borsa) opera, all’atto della

distribuzione del provento, una ritenuta del

20%. Nei confronti delle persone fi siche, delle

società semplici, degli enti non commerciali

e degli enti esenti o esclusi da imposizione,

la ritenuta è a titolo d’imposta, cioè esaurisce

il rapporto tributario, senza che sia richiesto

alcun obbligo di dichiarazione dei redditi. Oc-

corre prestare attenzione al fatto che a volte il

fondo combina la distribuzione dei proventi,

con il rimborso del capitale originariamente

versato; pertanto, in questi casi, la ritenuta vie-

ne operata solo sul provento e non sulla quota

capitale, la quale, ovviamente, non è tassata in

capo all’investitore, ma deve essere sottratta

Il Governo ha elevato dal 12,5% al 20% la ritenuta sui proventi dei fondi comuni

di investimento immobiliari italiani - Vediamo cosa ciò comporta per gli investitori

Page 13: La Banconota - Numero 56 - Dicembre 2008

L’opinione

13La Banco nota

dal costo di acquisto della quota, che risulterà,

quindi, corrispondentemente ridotto.

Secondo esempio:

l’investitore riscatta una o più delle proprie

quote investite nel fondo immobiliare oppure il

fondo viene posto in liquidazione, per cessazio-

ne del periodo d’investimento o per altre cause.

L’investitore riceve un corrispettivo di 1.200

euro per ciascuna quota. Il costo di sottoscrizio-

ne o di acquisto delle quote riscattate è 1.100

euro. La diff erenza di 100 euro è un provento

assoggettato alla ritenuta del 20% di cui si è

detto nel precedente esempio. Può accadere

che l’investitore abbia acquistato più quote in

epoche e prezzi diff erenti; ad esempio:

• 20 quote a 1000 euro

• 10 quote a 1.100 euro

e che riscatti solo una parte di esse; ad

esempio 15 quote, ottenendo un corrispettivo

unitario di 1.200 euro.

In questo caso, la legge concede all’inve-

stitore di stabilire in autonomia quali quote

considerare riscattate. Ovviamente, nel caso in

esame, preferirà considerare che le quote riscat-

tate siano tutte le 10 quote costate 1.100 euro

l’una, e solo 5 delle 20 quote costate 1.000 euro

l’una, così da minimizzare l’impatto fi scale.

DECORRENZA

DELLA MAGGIORE ALIQUOTA

Nel caso di rimborso delle quote (quindi

non anche nel caso di distribuzione di proventi

in costanza di partecipazione), continua ad

operarsi la ritenuta del 12,50 per cento fi no

a concorrenza della diff erenza positiva tra il

valore della quota risultante dall’ultimo rendi-

conto periodico redatto prima del 25 giugno

2008 e il costo di sottoscrizione o acquisto. In

altri termini, la parte di proventi maturata pri-

ma dell’aumento dell’aliquota resta indenne

dall’aumento. Di norma, l’ultimo rendiconto

è quello al 31 dicembre 2007. I fondi comuni

italiani, infatti, redigono rendiconti semestrali,

coincidenti con i semestri solari. Nell’esempio

sopra formulato, se a tale data il valore della

quota risultante dal rendiconto era 1.150, il

possessore sarà tassato al 12,5% su 150 euro

(diff erenza fra 1.150 e 1.000 euro) e al 20% su

50 euro (diff erenza fra 1.200 e 1.150 euro); se il

valore di rendiconto alla data del 31 dicembre

2007 era, invece, 1.250 euro, l’intero provento di

200 euro sarà tassato al 12,5%; mentre, infi ne,

se il valore risultante dall’ultimo rendiconto

era 900 euro, l’intero provento di 200 euro sarà

tassata al 20%.

Ma cosa succede se il valore di rimborso è

inferiore al prezzo d’acquisto della quota? La

diff erenza negativa è considerata minusvalenza

è può essere portata in deduzione di eventuali

successive plusvalenze realizzate su strumenti

fi nanziari soggette all’imposta sostitutiva del

12,5%.

Supponendo, quindi, che l’investitore sia

titolare di un portafoglio titoli diversifi cato,

comprendente, oltre ai fondi immobiliari anche

azioni quotate, obbligazioni, ecc.) e che tale por-

tafoglio sia affi dato in amministrazione ad una

banca, con opzione per il cosiddetto regime del

Page 14: La Banconota - Numero 56 - Dicembre 2008

L’opinione

14 La Banco nota

“risparmio amministrato”, provvederà la banca

stessa a tenere memoria della minusvalenza

realizzata in occasione del riscatto della quota

e a compensarla con eventuali future plusva-

lenze derivanti dalla vendita, di altre quote di

fondi immobiliari (vedere sotto) o delle azioni

od obbligazioni.

Se invece, le quote del fondo immobiliare

sono in “regime dichiarativo”, la minusvalenza

troverà compensazione, in sede di dichiarazio-

ne dei redditi (quadro RT) con le plusvalenze

realizzate nell’anno e nei quattro successivi,

sugli strumenti fi nanziari tassabili al 12,5%.

Ricordiamo che la minusvalenza può avere

rilevanza, nell’ambito dei redditi diversi anche

in caso di rimborso di una quota non acquistata

sul mercato, ma sottoscritta all’emissione arti-

colo 67, comma 1 quater del Testo unico.

PLUSVALENZE

Può accadere che l’investitore, anziché

ottenere il riscatto della quota, la venda; ad

esempio, in borsa. In tal caso non consegue

un provento inquadrabile come “reddito di

capitale” e soggetto alla ritenuta del 12,5%,

ma consegue una “reddito diverso di natura

fi nanziaria” (plusvalenza).

La riforma non ha modifi cato l’aliquota

dell’imposta sostitutiva sulle plusvalenze, che

resta, pertanto, fi ssata al 12,5% per tutti i sog-

getti non esercenti imprese commerciali.

Solo, se oggetto della cessione sono i cosid-

detti “fondi immobiliari familiari” (rari casi di

fondi riservati a pochi investitori, fra i quali non

sono compresi, per legge, tutti i fondi quotati),

anche l’imposta sostitutiva sulle plusvalenze

sale al 20%.

La plusvalenza è data dalla diff erenza fra

il prezzo di cessione e il costo di acquisto o

sottoscrizione; non applicandosi l’articolo 45,

comma 1 bis del Testo unico (Assogestioni,

circolare 07/04/C, del 22 gennaio 2004, pag.

7), essa non deve venire depurata dell’incre-

mento di valore della quota risultante dal con-

fronto fra l’ultimo prospetto periodico prima

dell’acquisto o sottoscrizione e l’ultimo prima

della vendita, la quale, in caso di cessione, non

viene autonomamente tassata come “reddito

di capitale”.

Ciò premesso, è quindi possibile che, in

prossimità della distribuzione dei proventi

o della liquidazione del fondo, gli investitori

soggetti a ritenuta a titolo d’imposta (persone

fi siche non imprenditori, società semplici, enti

non commerciali) preferiscano cedere la quota

sul mercato; le naturali controparti saranno

contribuenti che subiscono la ritenuta a titolo

d’acconto (imprenditori individuali, nell’eser-

cizio d’impresa, società in nome collettivo e

in accomandita semplice, società di capitale

ed enti commerciali, stabili organizzazioni di

società ed enti non residenti) o non soggetti

a ritenuta (residenti in paesi white list di cui

al Dm. 4 settembre 1996; fondi pensione e

fondi mobiliari italiani o altri fondi immobiliari

italiani), o - per i motivi che vedremo oltre - in

regime di risparmio gestito.

FACCIAMO UN ESEMPIO

L’investitore ha acquistato, nel 2008, una

quota a 1.000 euro. Al momento in cui preve-

de il riscatto, il valore da prospetto (NAV) della

quota è 1.500 euro, mentre il prezzo di mercato

è 1.100 euro.

Page 15: La Banconota - Numero 56 - Dicembre 2008

L’opinione

15La Banco nota

Banco DesioBanco Desio vittorioso a calcetto vittorioso a calcettoLo scorso sabato 15 novembre, presso

il Palaextra di Mariano Comense,

si sono affrontate in una partita

amichevole le squadre di calcetto del

Banco Desio - Parco Nord e del Sole 24

Ore Business Media. Il risultato fi nale

ha premiato la squadra del Banco, che

si è imposta per 7 gol a 5.

Nella foto, le due squadre, con i

giocatori del Banco Desio in maglia

rossa.

Se l’investitore riscatta la quota ottiene un

guadagno di 500 euro soggetto alla ritenta del

20%; se, invece vende la quota sul mercato,

ottiene un guadagno di 100 euro, soggetto

all’imposta sostitutiva sulle plusvalenze del

12,5%, a meno che non abbia minusvalenze

già realizzate che possano essere compensate

con la plusvalenza. E’ chiaro che, in questo caso

(che è il più probabile nelle attuali situazioni

di mercato) conviene riscattare la quota. Ove

invece lo spread fra il NAV e il prezzo di mer-

cato fosse meno marcato, potrebbe convenire

l’opposta soluzione.

IL RISPARMIO GESTITO

Per un difetto di coordinamento, la ritenuta

alla fonte sui proventi dei fondi immobiliari si

applica anche nei confronti dei contribuenti

in regime di risparmio gestito. In caso di rim-

borso della quota, la ritenuta è calcolata sulla

diff erenza fra il valore di rimborso e il prezzo

d’acquisto o sottoscrizione o, se successivo,

l’ultimo valore tassato nell’ambito del rispar-

mio gestito (Assogestioni circolare 55/06/C

del 22 maggio 2006, pag. 3). Consegue che

l’incremento di valore delle quote immesse in

risparmio gestito sarà tassato al 20% solo per

l’eventuale eccedenza rispetto al valore che

ha concorso a formare il risultato di gestione

al termine dell’anno precedente.

PRESUNZIONE DI RESIDENZA

Per motivi di cautela fi scale, è stata introdot-

ta una presunzione “relativa” (che cioè ammette

la prova contraria da parte del contribuente)

di residenza fi scale nel territorio dello Stato

delle società o enti non residenti se ricorrono

congiuntamente due diverse condizioni:

• hanno investito il loro patrimonio in misura

prevalente nelle quote di fondi immobiliari

italiani

• e se sono controllati, direttamente od indiret-

tamente, per il tramite di società fi duciarie o

per interposta persona, da soggetti residenti

in Italia.

Per quanto attiene alla nozione di controllo,

la norma fa espresso richiamo della nozione di

controllo prevista dal primo e secondo comma

dell’articolo 2359 del codice civile anche per le

partecipazioni possedute da soggetti diversi

dalle società. Scopo della norma è di evitare

che soggetti residenti in Italia siano invogliati

ad interporre società estere non soggette ad

imposta fra loro e i fondi immobiliari italiani, allo

scopo di conseguire redditi immobiliari di fonte

italiana in sostanziale franchigia d’imposta.

*Dottore commercialista e professore

di Economia e Tecnica degli scambi

internazionali presso

l’Università Cattolica di Milano

Page 16: La Banconota - Numero 56 - Dicembre 2008

Nuove Filiali

16 La Banco nota

di Francesco Ronchi

Le origini delle Le origini delle Offi cine ReggianeOffi cine Reggiane

Come l’imprenditore Giuseppe Menada, direttore della SAFRE, riuscì a costituire una offi cina

meccanica specializzata nelle produzioni ferroviarie

Ai primi d’agosto 2008 il Gruppo Fantuzzi,

che dal 1994 aveva rilevato dall’Efim

le attività e il grande complesso pro-

duttivo delle Officine Reggiane, ha concluso

la vendita dell’area alla ex concorrente Terex,

multinazionale con sede nel Connecticut. La

vicenda viene seguita con grande attenzione a

Reggio Emilia, dove dal 2005 l’amministrazione

e il polo universitario locali hanno promosso

una serie d’iniziative culturali ed urbanistiche

con l’intento di conservare la memoria della

storica azienda meccanica, la prima della Pro-

vincia, che venne aperta nel 1901.

L’attenzione degli studiosi si concentra,

doverosamente, sul futuro dei complessi

residenziali, ormai anch’essi storici, sorti per

ospitare le famiglie degli operai ed operaie

delle Reggiane; che negli anni della II Guerra

Mondiale, prima dei bombardamenti del gen-

naio 1944, erano arrivati ad oltre 11 mila. Alla

vigilia del XX secolo Reggio contava poche

attività “industriali”: la latteria Faccioli e la Fab-

brica Spazzole Agazzani. La Cassa di Risparmio

deliberò un fi nanziamento a fondo perduto di

50 mila lire per chi avesse avviato una nuova

azienda. L’allora direttore della SAFRE (Soc. An.

Ferrovie di Reggio Emilia), Giuseppe Menada,

convinse l’ing. Policarpo Righi e il reggiano

Antonio Cuppini a partecipare col progetto

d’una offi cina meccanica.

Era la seconda metà degli anni ‘80, perio-

do in cui molti capitali s’indirizzavano verso

le costruzioni ferroviarie. Menada fu inviato

a Reggio per capire se fosse conveniente

costruire un collegamento tra Sassuolo (ai

piedi dell’Appennino) a Guastalla (sul Po), via

Scandiano, Reggio, Bagnolo e Novellara. Nel

1888 si costituì a Milano la SAFRE, fi nanziata

dalla Subalpina e dalla ben più grossa Banca

Generale di Genova. Menada divenne in pochi

anni un protagonista dell’economia locale. Ar-

chiviato il diffi cile periodo della crisi bancaria

del 1893-94, durante la quale crollò anche la

Banca Generale la SAFRE tornò rapidamente in

attivo, tanto da realizzare anche la diramazione

Bagnolo-Carpi.

Page 17: La Banconota - Numero 56 - Dicembre 2008

Nuove Filiali

17La Banco nota

La fi liale del Banco Desio

di Reggio Emilia è

in Via Terracchini 1

Le costruzioni ferroviarie - Nell’autunno

del 1903 il nuovo governo Giolitti annunciò il

passaggio alla gestione diretta delle ferrovie

da parte dello Stato, che fu attuato nel 1905.

Pur non essendovi certezza sul destino delle

società di carattere provinciale (ad esempio

le Ferrovie Nord Milano mantennero la loro

autonomia) Menada comprese che era il mo-

mento di liquidare i soci e di concentrarsi sulla

produzione ferroviaria; dal dicembre 1904 la

Righi fu ricapitalizzata ed assunse una deno-

minazione analoga all’attuale. Ricordava nel

1906 il presidente: “Le Offi cine Reggiane han-

no modestamente iniziato con la costruzione

dei carri scoperti semplici, ....poi sono passate

ai carri merci, ai bagagliai,...sono giunte alla

costruzione di splendidi vagoni di terza classe

e stanno per tentare quelli di seconda classe,

per poi procedere, attraverso vagoni di pri-

ma classe, alla costruzione delle più perfette

vetture”.

Due erano gli ostacoli al suo programma: le

maestranze e i concorrenti. Sin dalle origini gli

operai si mostrarono molto sindacalizzati: era

stata massiccia nell’autunno 1904 l’adesione

allo sciopero generale voluto dai massimalisti.

Menada si dimostrò disponibile ad accettare

interventi di mediazione del socialista Luigi

Roversi, sindaco quasi ininterrottamente dal

1902 al 1917, ma ottenne anche una stazione

dei carabinieri in via F. Gioia, di fronte all’ingres-

so della fabbrica. La concorrenza era quella,

preventiva, della Ernesto Breda di Milano, il

maggior produttore italiano di locomotive.

Principale azionista della Breda era la Banca

Commerciale Italiana, la stessa che aveva fi -

nanziato Menada nel 1904. Tuttavia l’impren-

ditore piemontese fece valere i buoni rapporti

instaurati con uno dei massimi dirigenti della

Comit, Otto Joel, il quale proveniva dalla Banca

Generale. La Reggiane fu quindi autorizzata a

compiere il defi nitivo salto di qualità , ma con

forze proprie. Nel 1907 la tedesca Henschel

cedette la licenza sui disegni delle sue apprez-

zate “tre assi”; nel 1908 Menada, consapevole

dell’inesperienza delle maestranze reggiane,

acquisì la ditta di costruzioni ferroviarie No-

bili di Bologna, ed entrando nel capitale della

Metallurgica Ossolana si assicurò una fornitura

siderurgica diretta. Le prime quattro vaporiere

uscirono dalla Reggiane nel 1909; il rapporto

qualità/prezzo era tale che l’anno dopo le

Ferrovie dello Stato fecero un consistente or-

dinativo. L’impresa era avviata, e faceva ormai

parte della storia della città.

Page 18: La Banconota - Numero 56 - Dicembre 2008

Nuove Filiali

18 La Banco nota

Crema: storia Crema: storia e preistoriae preistoria

La città lombarda conserva un ricco patrimonio di testimonianze del suo passato, sia quello

autentico, sia quello leggendario, legato all’ormai scomparso lago Gerundo

di Alessandra Monguzzi

Nell’antichità, la Lombardia non era quella

che conosciamo oggi: anche se non ne

rimane più traccia, la parte di pianura

compresa fra i territori di Bergamo e Cremona

era un grande acquitrino alimentato dalle ac-

que dei numerosi fiumi della zona, dall’Adda

all’Oglio, dal Serio al Lambro.

L’esistenza di questo acquitrino, a cui si è dato

il nome di lago Gerundo, sarebbe comprovata sia

dai sedimenti geologici, sia da alcuni riferimenti

contenuti in un testo di uno storico romano vis-

suto nel primo secolo d.C., Plinio il Vecchio.

Con il passare dei secoli i fi umi si scavarono i

letti defi nitivi, le acque del Gerundo pertanto si

ritirarono, lasciando emergere terre su cui anda-

rono a stabilirsi le prime popolazioni preistori-

che. In seguito, siamo già in epoca preromana,

in queste zone vennero a stabilirsi i Liguri e i

Veneti, i Celti e gli Insubri. Nel terzo secolo a.C. i

Romani assoggettarono la Gallia Cisalpina scon-

fi ggendo le varie tribù che l’abitavano e dando

vita alle prime colonie, quelle che sarebbero poi

diventate Milano, Pavia, Bergamo e Piacenza,

Lodi, Treviglio e Cremona.

Secondo quanto tramandano le cronache, la

città di Crema sarebbe sorta alcuni secoli dopo,

si dice esattamente il 15 agosto 570, quando per

sfuggire all’invasione longobarda gli abitanti

della zona, ancora ricca di acquitrini e paludi, tro-

varono rifugio in una località soprelevata, chia-

mata “isola della Mosa”. La difesa venne affi data

a due comandanti, Cremete e Fulcherio, dai cui

nomi discenderebbero appunto i due toponimi

Crema e Insula Fulcheria, il territorio posto fra i

Page 19: La Banconota - Numero 56 - Dicembre 2008

Nuove Filiali

19La Banco nota

In apertura il Duomo di

Crema, dedicato a Santa

Maria Assunta

Il Banco Desio ha aperto

una fi liale a Crema, in

Via Cavour 13

fi umi Serio e Adda. Secondo altri studiosi sareb-

be avvenuto il contrario: dalle denominazioni

delle due zone deriverebbero i nomi dei due

condottieri, e per altri ancora Crema sarebbe

la semplice contrazione di Cremona.

Sia come sia, la zona e il nucleo primitivo

della città dovettero dapprima fare i conti con

i Longobardi e poi su su attraverso i secoli con

la dominazione dei Franchi di Carlo Magno, dei

signori di Milano, della Repubblica di Venezia,

di Francia e Austria.

Della preistoria di Crema e del periodo ro-

mano rimangono alcune testimonianze, quali

i resti di una villa conservati nel Museo Civico

cittadino, e vari manufatti, dalle primitive pie-

tre lavorate, asce e punte di freccia, ai reperti

in bronzo e in ceramica delle popolazioni pre-

romane. Interessanti i resti di alcune piroghe,

si pensa di periodo altomedioevale, utilizzate

per la pesca, per il trasporto delle merci, e come

mezzi di comunicazione in una zona solcata da

numerosi corsi d’acqua.

Ricche invece le testimonianze dei secoli

successivi: fra i luoghi di culto, basta citare il

Duomo, intitolato a Santa Maria Assunta, eretto

in stile gotico-lombardo fra il 1284 e il 1341, e i

cui interni sono stati completamente restaurati

a metà dello scorso secolo, e la basilica di santa

Maria della Croce, iniziata nel 1490, rotonda al-

l’esterno e dalla vasta sala ottagonale all’interno.

Senza dimenticare il Vescovado (1548) e, fra le

altre, le chiese dedicate a San Giovanni Battista

(1583), alla Madonna delle Grazie (1601), alla

barocca SS. Trinità (1737). Fra gli edifi ci pubblici,

da ricordare innanzitutto il Palazzo Pretorio (ora

Municipio), la cui costruzione inizia nel 1547, e il

Palazzo del Comune, di poco precedente (1525).

Della stessa epoca è il Torrazzo, adattamento di

una preesistente torre medioevale.

La città accoglie poi alcune splendide costru-

zioni gentilizie, da Palazzo Vimercati Sanseveri-

no, per secoli appartenuto alla famiglia che lo

ha eretto nel 1590, a Palazzo Benzoni (1627),

testimonianza dell’unico casato cremasco che si

insignorì in città. Da Palazzo Bondendi, ora Terni

de’ Gregori (1698), a Palazzo Bisleri, del 1840,

l’unico cittadino in stile neoclassico.

Rimangono poi alcune leggende, legate alla

fede, come i poteri miracolosi del Crocefi sso

custodito in Duomo, o risalenti all’antico lago

Gerundo. Lago che sarebbe stato popolato da

strani animali e da misteriose creature a forma di

serpente cui le popolazioni della zona diedero il

nome di draghi, magari per l’alito pestifero.

Favole? Forse no, se gli abitanti di Calven-

zano eressero 15 chilometri di mura alte tre

metri per difendersi dagli attacchi di un temi-

bile animale lacustre che viveva nei paraggi, e

a voler far risalire a queste bestie i reperti ossei

conservati in alcuni luoghi sorti attorno al Lago

Gerundo, quali una costola di 260 centimetri

appartenuta ad un animale catturato lungo il

fi ume Brembo, ed un’altra di 180, che sarebbe

quanto rimane di un drago del Gerundo ucciso

da un eroe locale.

Page 20: La Banconota - Numero 56 - Dicembre 2008

Nuove Filiali

20 La Banco nota

di Francesco Ronchi

Monterotondo Monterotondo la battaglia sbagliatala battaglia sbagliata

Nell’ottobre 1867, la città fu il primo obiettivo di

Garibaldi nella sua spedizione per la conquista del

Papato - Fallita l’insurrezione di Roma, qui il Generale

decise di ripiegare

Tra le numerose questioni rimaste inso-

lute dopo l’improvvisa scomparsa di

Cavour nel 1861 v’era quella legata alla

sorte dello Stato Pontificio. Essa tornò attuale

all’indomani dell’ingloriosa vittoria del 1866

sull’Austria, quando l’alleato prussiano aveva

deciso di lasciare che fosse l’imperatore fran-

cese Napoleone III a ratificare il passaggio dei

territori promessi al Regno d’Italia.

Mentre nella capitale, Firenze, la cosiddetta

consorteria politico-fi nanziaria s’accordava con

i circoli economici veneti (esemplare il caso del

banchiere Giacomo Alvisi di Rovigo) a Roma il

Centro d’Insurrezione repubblicano contattò

il sessantenne Garibaldi, già comandante del-

l’esercito di volontari della Repubblica Romana

sconfi tto nel 1849 dalla coalizione austro-fran-

co-borbonica. Informato del fatto che il Centro

aveva promosso una raccolta di fondi per una

spedizione armata, nell’aprile del 1867 il gover-

no francese inviò una protesta formale; essa fu

tenuta in gran conto dal piemontese Urbano

Rattazzi, appena tornato alla presidenza del

Consiglio: nel 1862 egli aveva dovuto dimettersi

per le polemiche seguite all’impiego dell’eserci-

to contro i garibaldini in Aspromonte, e l’anno

seguente aveva sposato Maria Wise Bonaparte,

cugina dell’imperatore Napoleone III.

Rattazzi per alcuni mesi cercò d’illudere la

Sinistra che la Francia avrebbe forse accettato il

fatto compiuto se vi fosse stata una sollevazio-

ne “spontanea” di cittadini pontifi ci contro Pio

IX; ma in settembre il Generale, intervenendo

al Congresso per la Pace di Ginevra, si scagliò

contro il papato e dichiarò che intendeva met-

tersi a capo dei volontari raccolti da suo fi glio

Menotti, specialmente in Toscana. Allora Rat-

tazzi lo fece arrestare e il 24 settembre lo inviò

in domicilio coatto alla residenza sull’isola di

Caprera, sorvegliata da una piccola squadra

navale. Ma Garibaldi riuscì ad eludere la sor-

veglianza, ed esattamente un mese dopo si

trovava alla testa di circa cinquemila volontari

pronto ad attaccare le mura di Monterotondo,

difesa da 400 uomini e due cannoni.

L’irruente Menotti attaccò con una piccola co-

lonna porta S. Rocco, dove i garibaldini subirono

gravi perdite; essi decisero quindi d’occupare il

convento dei Cappuccini e di circondare la città,

Page 21: La Banconota - Numero 56 - Dicembre 2008

Nuove Filiali

21La Banco nota

Monterotondo la battaglia sbagliata

La sede del Banco Desio

di Monterotondo è in

Via Salaria 201C, angolo

Via Papa Giovanni XXIII

che venne presa il giorno dopo. Intanto a Firen-

ze si consumava una lotta di potere tra Rattazzi

e il generale Enrico Cialdini, il quale mise ben

poco entusiasmo nell’ottemperare all’ordine

di fermare Garibaldi prima che s’estendessero

i combattimenti. Parigi infatti aveva consenti-

to a molti militari d’entrare nei ranghi (come

“volontari”) della Legione d’Antibo formata da

legittimisti francesi che intendevano riscattare

la sconfi tta di Castelfi dardo del 1860.

Tra i due litiganti il terzo a godere fu Luigi

Menabrea, che il 27 ottobre ottenne l’incarico

di formare un nuovo governo. Garibaldi, un po’

turbato dalla scarsa simpatia della popolazione

per la sua causa, dal 28 ottobre cominciò ad

inviare colonne armate in direzione di Roma.

Per la notte del 30 s’attendeva l’insurrezione

di Roma, che non avvenne. Vennero invece le

truppe pontifi cie, e dopo un breve scontro al

ponte Nomentano indussero il Generale a ri-

piegare verso Monterotondo; un buon numero

di avventizi, scoraggiati, decisero di tornare a

casa, come aveva consigliato in quella circo-

stanza Giuseppe Mazzini. Garibaldi nei giorni

seguenti riorganizzò i suoi uomini, cui con

ogni probabilità s’aggiunsero altri soldati fatti

passare per volontari, e nel pomeriggio del 3

novembre lasciò Monterotondo col grosso

delle truppe, in direzione di Tivoli. Intanto gli

zuavi pontifi ci, confi dando sull’apporto delle

due divisioni francesi sbarcate a Civittavecchia,

decisero d’attaccare la colonna garibaldina nei

pressi della vicina Mentana.

Lo scontro fu sanguinoso; nonostante la re-

sistenza di alcuni, stretti intorno ai due cannoni

presi a Monterotondo, il grosso dei volontari si

sbandò e iniziò a ripiegare su Monterotondo,

dove però mancavano viveri e munizioni suf-

fi cienti per poter resistere a lungo.

Così il giorno dopo Garibaldi sciolse uffi cial-

mente i volontari una volta raggiunto il confi ne

pontifi cio a Passo Corese, nei Monti Sabini. Lui

venne fatto tornare a Caprera; nei decenni se-

guenti i circoli politici che di Garibaldi avevano

fatto una bandiera avrebbero stravolto a loro

uso e consumo il senso di quella sfortunata

occupazione, tanto che a Mentana vennero

intitolate vie, piazze e monumenti, e nell’anno

1900 fu deciso d’attribuire una medaglia ai “li-

beratori di Roma”.

Page 22: La Banconota - Numero 56 - Dicembre 2008

Cover Story

22 La Banco nota

Secondo la Nuncas la chimica deve rispettare l’ambiente

e l’uomo: ecco perché la sua missione è inquinare il

meno possibile. Sia con i suoi prodotti, sia con la sua

sede di Settimo Milanese, tra l’altro autonoma dal punto

di vista energetico

Chimica e ambiente: sembrano due ter-

mini irrimediabilmente inconciliabili.

Eppure c’è chi da anni lavora, giorno

per giorno, per affermare un nuovo concetto

di chimica più rispettoso del sistema naturale

e dell’uomo. Una chimica «amica» in grado di

non inquinare o, quanto meno, di inquinare il

meno possibile. È la Nuncas, un’azienda mi-

lanese che realizza prodotti per la cura della

casa. Il suo impegno per l’ambiente affonda

le radici in una storia pluridecennale che ini-

zia nel 1935 grazie all’idea di un imprenditore

intraprendente: Nunzio Cassata. Ne abbiamo

parlato con Luca Manzoni, attuale presidente

e amministratore delegato della Nuncas.

Com’è nata la Nuncas?

La Nuncas è nata nel 1935. È stata fondata

da Nunzio Cassata (il nome Nuncas deriva dalle

sue iniziali), il nonno di mia moglie Rosa Maria.

Nunzio Cassata era un commerciante che, a

seguito delle sanzioni imposte all’Italia dalla

Società delle Nazioni dopo l’invasione dell’Etio-

pia, dovette cessare l’attività di importazione

di pellami. Di fronte al crollo degli aff ari non si

perse d’animo e trasformò l’azienda in un’im-

presa di artigianato chimico. Il primo prodotto

fu il bianchetto per le scarpe e il cuoio bianco.

Allora si usava vestire di bianco e anche le

calzature dovevano avere quel colore. A ben

vedere già in quel prodotto era riassunta la

fi losofi a della nostra azienda e cioè la volontà

di rivolgersi a un consumatore esperto che

cura le proprie cose. Il bianchetto è rimasto in

produzione a lungo e ha trascinato il successo

dell’azienda. Nel frattempo il laboratorio in via

Camperio, prima sede della Nuncas, era diven-

tato insuffi ciente. Così si decise di spostare la

produzione in una cantina a livello strada in

via Monti a Milano.

di Enrico Casale

Un’azienda attenta Un’azienda attenta ai valori eticiai valori etici

Page 23: La Banconota - Numero 56 - Dicembre 2008

Cover Story

23La Banco nota

Nella pagina a fi anco, la

sede della Nuncas,

la cui costituzione

risale al 1923

La Nuncas quando è passata da una

dimensione artigianale a una industriale?

Fino al dopoguerra, l’impresa ha mantenuto

una dimensione artigianale. La prima sede indu-

striale tout court fu quella di Bollate dove la pro-

duzione venne trasferita nei primi anni Sessanta

e da dove, nel 1985, sarebbe stata nuovamente

trasferita a Mazzo di Rho dove tuttora abbiamo

lo stabilimento. Fu Salvatore Pietro Cassata, su-

bentrato al padre Nunzio negli anni Cinquanta,

a far crescere l’azienda senza però cambiarne la

fi losofi a. Oggi come allora crediamo nella cura

artigiana, nell’impegno e nella passione nel fare

le cose, nella profonda conoscenza del mondo

della detergenza domestica, nella competen-

za nel ricercare soluzioni effi caci a problemi

di pulizia e cura della casa e della persona, nel

costruttivo utilizzo di un patrimonio di tecnica

ed esperienza acquisita negli anni. Noi vogliamo

rispettare alti standard qualitativi. Abbiamo uno

staff specializzato nell’attività di controllo della

qualità che sottopone a rigida verifi ca l’intero

processo di produzione: dalla selezione delle

materie prime e dei componenti, alle singole

fasi di lavorazione fi no al prodotto fi nito. Un

impegno che ci ha portato, nel giugno 2003,

all’ottenimento della certifi cazione ISO 9001-

2000. In breve ciò che contraddistingue la nostra

azienda è la ricerca dell’eccellenza e dell’inno-

vazione anche oggi che a gestire l’azienda è

la terza generazione della famiglia e inizia ad

aff acciarsi la quarta.

Quali signifi cati attribuite al concetto di

eccellenza?

La ricerca dell’eccellenza signifi ca che le for-

mule di base dei nostri prodotti sono tra le più

ricche esistenti in commercio perché quando

studiamo un prodotto non mettiamo limiti al

costo della formula: questa dev’essere la miglio-

re possibile e la più effi cace. La nostra azienda

è come un cuoco che per i suoi piatti sceglie

solo le migliori materie prime in commercio e

le mette insieme con sapienza per cucinare un

piatto eccellente. La Nuncas sceglie solo le ma-

terie prime biodegradabili, pure ed effi caci per

realizzare prodotti di grande qualità.

Cosa intendete per innovazione?

Per innovazione intendiamo la capacità di

capire in anticipo le esigenze del consumatore.

La ricerca e lo sviluppo garantiscono tale forza

innovativa grazie all’impegno e alla competenza

degli esperti del laboratorio chimico che testano

e sottopongono ad approfondite verifi che ogni

nuovo prodotto. Per esempio, per essere sem-

Il presidente e

amministratore delegato

Luca Manzoni

con la moglie

Rosa Maria Cassata

Page 24: La Banconota - Numero 56 - Dicembre 2008

Cover Story

24 La Banco nota

pre innovativi anche nella particolare e delicata

categoria dei prodotti «insetticidi e disinfestanti

per uso domestico e civile», in Nuncas Italia è pre-

sente un’offi cina di produzione di presidi medico

chirurgici, autorizzata dal ministero della Sanità,

recentemente migliorata sia nella struttura che

nella impiantistica di produzione, così da garan-

tire igiene e ordine in tutti i processi. Il risultato

è che noi, che siamo una piccola azienda, siamo

copiati dalle grandi multinazionali.

La Nuncas è un’azienda italiana: voi tenete

molto alla vostra italianità?

Direi che l’italianità è una delle caratteristi-

che fondamentali della nostra azienda. Tutto

il mondo è concorde nel riconoscere all’Italia il

primato nell’arte del vivere, nell’uso di materiali

pregiati, nell’amore per la casa, nell’esperienza.

Questo patrimonio è fortemente espresso in

Nuncas attraverso la passione e la tradizione

nella fabbricazione di alta qualità e nella com-

petenza nel trattamento dei materiali pregiati.

Il nostro modello di impresa è molto simile

a quello delle aziende della moda. Abbiamo

cioè un nostro direttore creativo che cura sia gli

aspetti che riguardano la creazione del prodotto

e la sua immagine sia la fi losofi a dell’azienda.

Che le nostre scelte siano giuste è dimostrato

dai buoni risultati ottenuti sul mercato italiani

e su quello estero. Le nostre fi liali in Francia e in

Spagna, nate nel 2006, ci stanno infatti dando

le prime soddisfazioni.

Quali sono i vostri prodotti?

I nostri sono prodotti indispensabili per la

cura della casa e della persona. La gamma è

ampia: in listino abbiamo più di 200 referenze:

dalle cere ai detergenti per pavimenti, dai de-

tergenti per superfi ci a quelli per tessuti delicati

ai lucidanti per argento e materiali preziosi,

eccetera. Il marchio che ci contraddistingue è

Nuncas, che è anche quello più conosciuto e

riguarda tutti i prodotti per la cura e la pulizia

della casa (compresa la detergenza e la pulizia

dei tessuti). Abbiamo poi altri tre marchi: Livax,

nato nel 1952, che copre la gamma delle cere

per pavimenti e per mobili; Compagnia dei pro-

fumi, nato negli anni Novanta, che copre tutta la

gamma dei prodotti per la profumazione degli

ambienti e dei tessuti; Vittoria Verde, nato alla

fi ne degli anni Ottanta, che contraddistingue i

nostri prodotti per l’igiene e la cura della persona.

Questo marchio fa della ricerca della naturalità

il proprio principio ispiratore. Noi intendiamo

tutelare al massimo la pelle per evitare ogni ir-

ritazione. Il sottomarchio 0% contraddistingue

i prodotti nati per eliminare le sostanze nocive

per la cute.

La vostra è un’azienda rispettosa

dell’ambiente. Da che cosa nasce questa

vostra attenzione?

La Nuncas è un’azienda chimica e la chimica

è un settore importante per il sistema produt-

tivo nazionale e mondiale. Detto questo non

possiamo negare che le nostre lavorazioni

comportino rischi. Di questo ne siamo consci e

così cerchiamo di rispettare tutte le normative

che regolamentano il settore a livello italiano ed

europeo. Oltre a questo, negli anni abbiamo vo-

luto essere parte attiva nella difesa dell’ambiente

e lo abbiamo fatto in due modi. Innanzi tutto

partendo dai prodotti. Le nostre materie prime

sono attentamente selezionate dai ricercatori,

secondo criteri di atossicità e di alta qualità, per

eliminare tutto ciò che risulta essere pericoloso

o inquinante. I nostri prodotti detergenti sono

poi molto concentrati, per cui basta utilizzarne

dosi contenute per avere ottimi risultati. L’uti-

lizzo in piccole quantità immette nell’ambiente

La Nuncas è un’azienda

rispettosa dell’ambiente:

le materie prime che

utilizza sono selezionate

secondo criteri di alta

qualità

Page 25: La Banconota - Numero 56 - Dicembre 2008

Cover Story

25La Banco nota

poco prodotto e quindi contribuisce a inquinare

meno. A ciò si aggiunge un’attenzione partico-

lare al packaging. Nuncas sta abbandonando

il Pvc (polivinilcloruro) per passare al Pe (polie-

tilene), una plastica più eco-compatibile e con

minor impatto sulla salute degli operatori che

lavorano il materiale ad alte temperature. Un

progetto questo premiato dalla Regione Lom-

bardia. Ma non ci fermiamo qui. Anche i cartoni

per le confezioni sono di carta riciclata.

Quali interventi avete posto in essere per

ridurre l’impatto ambientale?

Innanzi tutto siamo costantemente impe-

gnati nel progettare processi di produzione che

riducano al minimo emissioni, consumi e rifi uti.

È di esempio l’adozione nei nostri stabilimenti

di un impianto di evaporazione interno delle

acque refl ue che riduce notevolmente gli sprechi

d’acqua e quelli di energia.

Questa attenzione l’abbiamo avuta anche

nella realizzazione della sede di Settimo Mila-

nese che è la prima sede di un’azienda italiana

completamente autonoma dal punto di vista

energetico. Autonoma non signifi ca che ab-

biamo il pozzo di petrolio in giardino, ma che

produciamo in loco tutta l’energia che consu-

miamo. Come facciamo? Abbiamo installato un

campo di pannelli fotovoltaici che producono

la corrente necessaria per l’illuminazione, per

far funzionare la pompa di calore che serve

per dare fresco d’estate e caldo d’inverno e per

i computer. Abbiamo poi una serie di pannelli

solari che producono acqua calda. Abbiamo

infi ne realizzato una serie di accorgimenti (iso-

lamento delle pareti e delle condutture, colori

delle pareti, eccetera) che servono per eliminare

gli sprechi energetici. Abbiamo quindi messo

in campo tutto ciò che c’è di meglio e di più

avanzato sul mercato per far sì che la palazzina

uffi ci non emetta neppure un grammo di ani-

dride carbonica.

Questa sede però vi sarà costata molto più

di una sede normale...

È ovvio, però il costo maggiore è giustifi cato

dal fatto che non danneggiamo l’ambiente. Poi

credo che nel lungo periodo l’investimento avrà

un ritorno in termini di minori costi dell’energia

e di maggiore valore dell’immobile. Tutto questo

però richiede la volontà di fare un investimento

importante e di saper guardare avanti. Questa

sede è un simbolo della nostra coerenza: come

noi rispettiamo i nostri clienti dando loro prodotti

di massima qualità, lo stesso amore lo rivolgiamo

all’ambiente.

Come si svilupperà in futuro la Nuncas?

A prescindere dalla diffi cile situazione odierna

dei mercati mondiali, noi puntiamo a conquistare

uno spazio in Europa consolidando e crescendo

nei mercati francese e spagnolo e consolidando

il mercato italiano. Questo sempre nel rispetto

della nostra fi losofi a aziendale che non guarda

tanto al consumatore distratto, ma piuttosto a un

consumatore attento alla propria casa, ai propri

beni, ma anche ai valori etici delle aziende. Quei

valori di cui da sempre siamo i portatori.

Dal 2006 la Nuncas

dispone di fi liali in

Francia e Spagna

Page 26: La Banconota - Numero 56 - Dicembre 2008

Società e Costumi

26 La Banco nota

Figura 1

Il futuro Presidente

americano Franklin D.

Roosevelt fotografato

nel 1900 in un

completo a tre pezzi,

o business suit

La “fi nanziera“ del re La “fi nanziera“ del re Le “borse“ Le “borse“ di Gladstonedi GladstoneDall’eleganza esclusiva alla confezione di massa: la

moda maschile dall’800 agli anni Trenta del XX secolo.

L’anglomania e l’infl uenza statunitenseL

’anglomania diffusa che caratterizzò l’ul-

tima parte del XVIII secolo tornò a farsi

viva dopo la metà dell’800, un periodo

in cui l’orgoglio nazionale britannico segnò

uno delle sue punte più alte. Intanto, l’amara

sconfitta subita dai francesi nella guerra franco-

prussiana del 1870 tolse alla Francia, atterrita

e demoralizzata, ogni velleità di rivincita sulla

tradizionale nemica d’Oltremanica, fosse pure il

miraggio di un ruolo predominante nella moda

maschile europea.

Il trionfo internazionale della Grande Espo-

sizione del 1851, voluta dal principe consorte

della regina Vittoria, il principe Alberto, dette

alla ricca borghesia e alla classe dirigente in-

glese la ferrea sicurezza sulla superiorità asso-

luta dei propri codici di riferimento, compresi,

ovviamente, quelli vestimentari. Già il secolo

XIX, passato il ciclone napoleonico, era stato

tutto impostato, per quanto riguarda la moda

maschile europea, sulle due forme-base sette-

centesche di tradizione inglese: l’abito a frac,

con o senza code - nato, come riding-coat, per

le cavalcate mattutine, tanto che nell’800 gli

inglesi lo defi niranno morning coat - e il “redin-

gotto” a falde, che oscillava da una lunghezza

fi no al polpaccio alle forme corte, strettissime

sui fi anchi, defi nendo la perfetta silhouette

dell’uomo romantico.

Fino al quarto decennio del secolo, si indos-

savano dei soprabiti, o surtout, alla francese,

che tendevano eff ettivamente a confondersi

con il redingotto, se non per certe soluzioni

ovatés, o con rifi niture in pelliccia, contro il

freddo. Il mondo dei soprabiti fu sconvolto,

nel 1838, dalla comparsa di una nuova forma

di Grazietta Chiesa

Page 27: La Banconota - Numero 56 - Dicembre 2008

Società e Costumi

27La Banco nota

La “fi nanziera“ del re Le “borse“ di Gladstone

di surtout, il paletot, destinato a diffi cilissimi

esordi quanto a stabili successi. Originaria-

mente, con il termine inglese paltok veniva

indicato un rozzo giaccone di uso popolare,

usato soprattutto dalla gente di mare. Il mila-

nese “Piccolo Corriere delle Dame” ne salutò la

comparsa come “la moda più orribile, più sgra-

ziata, più ignobile che sia mai stata inventata...

Qual’è l’abito più di questo barbaro e informe,

che siasi mostrato in giro per la città?”. Ma non

era ancora spirato l’anno 1838 che le riviste di

moda ne registravano la vittoria “in onta a’ suoi

numerosi detrattori”.

Pochi anni più tardi, un altro elemento base

dell’abbigliamento maschile - a tutt’oggi non

completamente sconfi tto - ebbe a soff rire gli

stessi negativi commenti, che non risparmia-

rono mai le soluzioni “di confi denza” del vestire

cittadino. Nel 1857 fu la giacchetta a trovarsi

esposta alle critiche “modifere”, come si diceva

allora: “Specie di vestito che non è né marsina,

né redingotta... che appena copre le natiche,

che ha la forma di un sacco”. Non c’è che dire; la

società elegante, quella che ancora intendeva

confrontarsi con il modello aristocratico, disde-

gnava i riferimenti popolari cui rimandavano

questi elementi, ispirati proprio alla razionale

praticità degli abbigliamenti da lavoro. E dire

che, di lì a poco, i lions italiani saranno obbligati

ad accettare - e imitare! - un nuovo re, Vittorio

Emanuele II, che prediligeva la sua giacca “alla

cacciatora” anche in città!

Il fi glio, Umberto I, fu diverso dal padre e si

costruì un’immagine benevola ma severa, adat-

ta alla buona borghesia italiana che cercava,

nella famiglia reale, la “fi aba” della bella famiglia

e dei modelli da imitare. Come ci racconta Al-

fredo Oriani, il re veniva notato per l’uso molto

costante della “fi nanziera”, una lunga giacca

che giunge a coprire la parte superiore delle

gambe, sopra le ginocchia, spesso di tessuto

di lana nera, indossata sopra pantaloni della

stessa stoff a.

L’ultimo decennio dell’800 vide due novità

apparentemente poco eclatanti, destinate però

a lasciare una qualche impronta: la prima - i

risvolti in fondo dei pantaloni - si era andata

aff ermando lentamente, rispondendo alla pra-

tica esigenza di dover, poco elegantemente,

rovesciare all’insù l’orlo degli stessi tutte le volte

che pioggia o fango li mettevano a repentaglio;

ma prima dello spirare del secolo la rovescia

era già ormai entrata nel linguaggio sartoriale,

unendosi all’innovazione della piega centrale

stirata. Questa fu la pronta risposta alla tardi-

va “invenzione” della pressa per pantaloni che

liberò gli elegantoni tardo-ottocenteschi dalle

antiestetiche “borse” alle ginocchia, terrore di

ogni gentiluomo come del suo sarto.

L’aria stazzonata e un po’ sciatta fu, del resto,

una caratteristica tipicamente maschile nella

seconda metà dell’800; perfi no il grande Gla-

dstone, uno dei maggiori protagonisti della

politica britannica ottocentesca, veniva de-

scritto come se “fosse stato chiuso dentro una

valigia sulla quale poi qualcuno si fosse seduto”.

Questi (apparentemente) piccoli problemi ci

dimostrano come il mondo della moda avesse

già risposto alle sollecitazioni delle classi sociali

meno abbienti - artigiani, commercianti, piccola

Figura 2

1926, da sinistra:

costume da golf,

pantaloni di fl anella

con giacca, maglione a

motivi caleidoscopici

Page 28: La Banconota - Numero 56 - Dicembre 2008

Società e Costumi

28 La Banco nota

e media borghesia - che non volevano più esse-

re escluse dalle novità cui potevano accedere i

ceti privilegiati. La produzione tessile aveva già

utilizzato, fi no dagli inizi dell’800, telai automa-

tizzati, e la vendita di tessuti al dettaglio aveva

già individuato, fi no dal secolo precedente, il

modo di rendere possibile l’esecuzione di abiti

in tempi brevissimi, grazie alla disponibilità di

mano d’opera a basso costo. L’industria della

confezione aveva, infatti, iniziato a funzionare

prima che la tecnologia fornisse strumenti più

adatti per una produzione rivolta alla vastissi-

ma domanda di moda, non esclusiva, a prezzi

accessibili.

Gli antichi regolamenti delle arti e mestieri,

con i loro statuti particolari e i loro privilegi

corporativi, erano stati aboliti dalla rivoluzione

francese con una sorta di deregulation, che non

era stata motivata dal progresso tecnologico,

a parte quanto detto a proposito della produ-

zione tessile, ma che causò la trasformazione

di operai qualifi cati, operai di sartoria, in lavo-

ratori “indipendenti”, disposti a lavorare per

conto terzi.

L’abbigliamento maschile fu il primo ad es-

sere prodotto serialmente; ne fu un esempio

Pierre Parissot, dettagliante di tessuti, che nel

1830 si lanciò nella produzione e nella vendita

al dettaglio di abiti maschili per una clientela

operaia, con il nome commerciale di “Belle

Jardiniére”.

Fino dall’inizio, dunque, l’humus più ri-

spondente alla nascente industria della “moda

pronta” fu la grande città, con il suo grande

mercato e il suo complesso e sofi sticato mec-

canismo di diff erenziazione sociale; il segreto

del ready-made risiedé, infatti, nel promuovere

ed ampliare l’eguaglianza della democrazia,

mantenendo in sé la diff erenziazione che è

l’essenza vera della società industriale. Le di-

versifi cate forme di consumo consentivano ai

lavoratori di dimostrare che essi partecipavano

alla nuova società e che non erano emarginati

come i poveri del periodo pre-industriale, senza

possibilità di miglioramento.

Gli ultimi decenni dell’800 apportarono,

quindi, grandi novità non tanto nell’”apparire”

maschile, ma sicuramente nella diff usione di un

apparire generalizzato in cui le diff erenze erano

date non più dalle forme, ma dalla qualità dei

materiali e del taglio. Tra le novità, la presenza

sempre più estesa del completo in tre pezzi - Figura 3

Tavola dalla rivista

americana

“Apparel - Arts”,

1934, vol.V - n.1,

“The Vacation wardrobe”

Figura 4

Una scelta di tessuti

tweed del famoso

negozio Gieves &

Hawkes, al n.1 di

Savile Row

Page 29: La Banconota - Numero 56 - Dicembre 2008

Società e Costumi

29La Banco nota

giacca, pantaloni, gilet - eseguito nello stesso

tessuto, su cui, ovviamente, la confezione giocò

le sue carte migliori, (fi g.1) e nel paese - gli Stati

Uniti - dove la confezione raggiungeva qualità

e stile particolari, tanto da far giungere la sua

infl uenza anche nella vecchia Europa, soprat-

tutto tra le nuove generazioni.

Certo, non c’era l’eccellenza tradizionale della

sartorialità europea; ma la confezione americana

aveva assicurato un tono di informalità giovane

e gradevole, una leggerezza e una libertà in cui

il corpo si muoveva con assoluta spontaneità.

Nei primi decenni del ‘900, neppure il tragi-

co intervallo della prima guerra mondiale ap-

pannò il fascino del disinvolto modo di vestire

all’americana; anzi, anche gli storici della moda

inglese riconoscono, negli anni ‘20, la crescente

infl uenza americana assieme al grande interesse

per lo sport che fece accogliere anche in Italia,

in un regime politico non certo di anglofi lia, la

moda da golf, caratterizzata dai poco attraenti

calzoni “alla zuava” (fi g.2).

Molto di marca statunitense è il defi nitivo

abbandono degli alti colletti inamidati con il con-

seguente accoglimento di camicie a collo mor-

bido, di tessuti morbidi e , soprattutto, a disegni

colorati. Fitzgerald descrisse il protagonista del

suo principale romanzo, Gatsby, mentre mostra

alla donna amata le camicie del suo favoloso

guardaroba: a righe, a intrecci, a quadri, color

corallo, verde mela, lavanda, arancio pallido, di

fi ne batista, di fl anella leggera, di spessa seta

(fi g.3 ). Tra i ‘20 e i ‘30, con la massima diff usio-

ne in questo decennio, il completo in tre pezzi

- o business suit come ormai era defi nito dagli

anglosassoni - abbandonò il tessuto unito e si

rinnovò con un gioco di righe e di incroci, tra cui

incontrarono il maggior favore le righe “gessate”,

il pied-de-poul e l’invincibile “principe di Galles”,

di cui solo una seconda guerra mondiale riuscì

a mitigare il successo (fi g.4).

Nel tempo, questo successo può essere cal-

colato anche dalla regale denominazione che

lo identifi cò - principe di Galles -, altrettanto

verosimilmente attribuibile al futuro Edoardo

VII o al futuro Edoardo VIII e, dopo l’abdicazione,

futuro duca di Windsor. Se le diffi coltà sartoriali

legate al tessuto principe di Galles vennero ri-

petutamente indicate dalle maggiori riviste di

moda maschile - ancora nel 1939, “Adam” indi-

cava l’”arte” di raccordare i quadri come banco

di prova per i sarti di Savile Row -, l’eccentrica

fantasia riuscì ad emergere anche nella confe-

zione pronta (fi g.5).

Intorno al 1925, con l’avvento delle prime

rigature, si delineò nell’abito maschile quello

stile, geometrico e vigoroso, che ne costituì

il connotato essenziale per tutti gli anni ‘30:

l’imponente ampiezza delle spalle e l’evidenza

plastica del torso, create da solide imbottiture

e dai grandi risvolti a punta aperti nella giacca.

Era chiaro che l’ideale atletico dell’uomo forte

si andava imponendo, anche con sfumature

inquietanti: non tanto per la splendida muscola-

tura di Johnny Weismuller, campione olimpico e

primo Tarzan cinematografi co nel 1932, quanto

per certi exploit ginnico-militari che in quegli

anni suscitavano curiosità, provenendo dalla

Germania e dall’Italia.

Figura 5

Pagina da

“Apparel Arts”,

1936, vol.VI - n.III A

“Overseas wardrobe”

Page 30: La Banconota - Numero 56 - Dicembre 2008

Alla scoperta di quella parte di Piemonte compresa fra Alessandria, Asti e Cuneo il cui centro

più importante, Casale, si fregia di alcuni tra i più bei palazzi nobiliari del barocco piemontese

Itinerari

30 La Banco nota

di Enrico Casale

Il Monferrato: Il Monferrato: buon vino buon vino buon cibo, e non solobuon cibo, e non solo

Qualcuno sostiene che la Toscana e, in

particolare, la zona del Chianti sia la

regione più affascinante d’Italia. Senza

nulla togliere alla Toscana, alla sua storia, alle

sue tradizioni, alla sua gente, c’è un’altra regione

che ha un fascino simile, una storia altrettanto

importante, tradizioni radicate. È il Monferrato,

quella terra, quasi tutta collinare, compresa tra

le province di Alessandria e Asti e che si estende

a sud fino all’Appennino ligure al confine con le

province di Genova e di Savona. È una terra di

vini, di buon cibo, di gente affabile. E non solo:

è un luogo da visitare, e dove soggiornare per

periodi più o meno lunghi.

La fertilità della terra e la favorevole posizione

per le vie di comunicazione tra il Mar Ligure e

la Pianura Padana, hanno fatto del Monferrato

una regione contesa e divisa dal Medioevo

all’età moderna. Nelle aree più favorevoli per il

controllo del territorio sorsero una serie notevole

di castelli, in gran parte espressione del sistema

feudale dei potenti marchesi di Monferrato: la

dinastia degli Alerami (X-XIV sec.) seguita da

quella dei Paleologi (XIV-XVI sec.).

Il dominio della regione venne conteso nel

tempo, oltre che dai Comuni e dalle Signorie

vicine, anche dalla Repubblica di Genova, dal

Ducato di Milano e dalla Casa dei Savoia. Nel

Cinquecento, con l’estinzione della dinastia dei

Paleologi, cessò l’autonomia del marchesato.

Il dominio del territorio fu tenuto dai Gonzaga

con alterne vicende in cui entrarono in scena,

oltre ai Savoia, anche le grandi potenze nazionali

europee, come la Francia e la Spagna. Con la

pace di Utrecht del 1713, il Monferrato passava

ai Savoia. La sua capitale, Casale Monferrato,

perdeva la supremazia, venendo spogliata di

importanti servizi e autorità. Dopo le guerre

napoleoniche e con la ricostruzione del Regno

Sabaudo, Casale e il Monferrato diventarono

Page 31: La Banconota - Numero 56 - Dicembre 2008

Itinerari

31La Banco nota

Nella pagina a fi anco,

piazza Mazzini

a Casale MonferratoIl Monferrato: buon vino buon cibo, e non solo

rotative per la stampa. Casale poi è considerata

la capitale del cemento. Qui ha sede la multina-

zionale del cemento Buzzi Unicem.

Qui ha avuto sede anche uno stabilimento

della Eternit, ditta che produceva articoli di ce-

mento impastato ad amianto. Oggi la fabbrica è

chiusa, però Casale subisce ancora le conseguen-

ze delle lavorazioni. In tutta la città è presente un

alto tasso di amianto nell’aria, nell’acqua e nel

terreno, e molte persone continuano a soff rire

di malattie legate alla eccessiva esposizione

al pericoloso minerale. A Casale infi ne c’è una

fi orente industria del settore refrigerazione con

dieci aziende di primissimo livello. Il Monferra-

to casalese è una zona da visitare con calma e

attenzione. Al centro di questo territorio, c’è

ovviamente Casale, che è considerata la capitale

del Monferrato. Qui sorgono alcuni tra i più bei

palazzi nobiliari del barocco piemontese. A Ca-

sale è viva una piccola comunità ebraica che si

riunisce nella sinagoga barocca, tra le più belle

d’Europa, e tiene aperto un ricco museo di arte

ebraica. Poco distante dalla sinagoga, sorge il

duomo romanico con lo splendido nartece. In-

torno alla cittadina sorgono borghi che hanno

un fascino antico.

zone di frontiera e, dopo la sconfi tta di Novara,

resistettero a oltranza alle truppe austriache.

Il Monferrato può essere distinto in due aree

principali: il Basso Monferrato (delimitato a est

dai fi umi Po e Tanaro, a sud dalla valle del fi ume

Belbo e a ovest dai confi ni con Asti e Cuneo) e

l’Alto Monferrato (delimitato dalla Valle Bormi-

da e dall’Appennino Ligure). In questo articolo

ci occuperemo del Basso Monferrato la cui ca-

pitale è Casale. Questa zona dal punto di vista

dialettale, pur essendo in Piemonte, risente degli

infl ussi della lingua lombarda della Lomellina e

del Pavese, soprattutto nelle zone più vicine al

confi ne con la Lombardia.

Dal punto di vista economico è un’area che

ha saputo svilupparsi sia sul versante agricolo

sia su quello industriale. Nella zona pianeggiante

infatti viene coltivato il riso (come nelle vicine

province di Vercelli e Novara), ma nella zona col-

linare si producono ottimi vini: barbera, dolcetto,

grignolino, brachetto, malvasia, moscato.

L’industria conta su alcune aziende leader

nel loro settore a livello mondiale. Basti pensare

alla Bistefani, la celebre industria dei biscotti che

produce i deliziosi krumiri. Oppure alla Cerutti,

la più grande produttrice mondiale di macchine

Vignale Monferrato,

il paese della danza

Page 32: La Banconota - Numero 56 - Dicembre 2008

Itinerari

32 La Banco nota

A pochi chilometri, c’è Terruggia, prima inse-

diamento romano poi feudo di diverse famiglie

nobiliari piemontesi. Presso l’oratorio di San

Grato è conservata la tela della Madonna con

i santi Giovanni Battista e Grato di Carlo Preda.

Proseguendo sulla statale per Asti, si incontra San

Giorgio, dominato dallo scenografi co castello,

dalla cui terrazza si gode uno dei più suggestivi

panorami monferrini. Andando oltre si incon-

tra Ozzano un tempo dominio degli Aleramo

e Paleologi. Qui si possono visitare il castello,

simile a una villa nobiliare, e la parrocchiale

di San Salvatore che ha un massiccio portale

rinascimentale.

A Treville, arroccata su una delle cime più alte

del Monferrato casalese, sorge la parrocchiale

dedicata a Sant’Ambrogio in stile barocco. Pas-

seggiando tra i fi lari si può raggiungere la pieve

di San Quirico, costruzione romanica, meta dei

pellegrinaggi della via Francigena. A Sala la pas-

seggiata al colle S. Francesco domina il paese e

off re una splendida vista sul Monferrato. Nella

chiesa di San Giacomo si trovano importanti

opere del Caccia e dell’Alberini.

A Camagna si entra nel Vignalese. Qui si può

vedere con l’imponente cupola della parrocchia-

le di San Eusebio e, sempre sulla stessa strada, si

può proseguire verso Conzano, defi nito il paese

dell’arte per le frequenti mostre in Villa Vidua.

Vignale invece è il paese della danza e ospita la

prestigiosa manifestazione internazionale che si

tiene solitamente a luglio e ad agosto. Arroccato

sulla collina e circondato da vigneti, tra le sue vie

si scorgono edifi ci e monumenti, tra cui Palazzo

Callori, nel quale ha sede l’Enoteca regionale, che

hanno fatto la storia del Monferrato. A Cuccaro

non è da perdere la strada interna che collega il

paese a Lu. La strada può essere percorsa a pie-

di, in bicicletta o a cavallo e off re una delle viste

panoramiche più suggestive del Monferrato.

Dopo aver lasciato Casale, se si imbocca la stra-

da della Mandoletta, si entra nella Valle Ghenza

e si incontra Rosignano, arroccato sul cucuzzolo

della collina ricoperta di boschi e vigneti. Il paese

ha una storia molto antica. La sentinella di Casale,

così era chiamata nel Seicento, conserva nel cen-

tro storico e nelle sue numerose frazioni chiese

e castelli, case nobiliari e alcuni belvedere che

meritano una passeggiata. Di fronte a Rosignano

sorge Cella Monte, il paese del tufo e della musi-

ca. Qui è interessante passeggiare tra le vie per

ammirare e scoprire gli infernot, specole vinarie

scavate nel tufo sotto le case, defi nite anche le

«catacombe» del vino.

Moleto invece è un antico borgo saraceno

di raro fascino, ormai abitato da pochissime fa-

miglie. Moleto è frazione di Ottiglio dove, nella

parte alta, si trova la chiesa di San Germano con

la facciata barocca che presenta ancora alcune

iscrizioni, una incisa su un blocco di tufo sull’uti-

lizzo nella costruzione della chiesa, iniziata nel

1761, di materiale del castello. Il vicino borgo di

Olivola è invece diventato famoso per i concerti

jazz: da non perdere la visita alla pieve romanica

di San Pietro. Infi ne Frassinello, nota per i due

castelli Sacchi Nemours e Lignano e per la cap-

pella di San Bernardo del Guala.

Provenendo da Torino si arriva nella Valcerrina

e nel Moncalvese. Il primo borgo che si incontra

è Murisengo dove vive l’imprenditrice dell’edito-

ria Inge Feltrinelli. Nelle vicinanze, Villamiroglio,

paese dove a maggio viene organizzata la Sagra

del pisello. Il borgo è stato fondato nel 1164, da

visitare la chiesa parrocchiale, di origine sette-

centesca, dedicata a San Filippo.

A Moncalvo d’Asti

si tiene un’importante

fi era del tartufo

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Itinerari

33La Banco nota

La sinagoga barocca di

Casale, fra le più belle

d’Europa

A pochi chilometri, c’è Cerrina, con la CasaFor-

te gotica e le chiese delle frazioni di Piancerreto

e Montalero, dove si trova un antico castello di

origine longobarda e carolingia: notevoli nel

centro storico Casa Tornielli e le chiese di S.

Pietro apostolo e San Sebastiano e il santuario

di San Gottardo nella frazione Pozzengo. Nella

frazione Cantavenna, la produzione di una delle

più rare e piccole Doc: il Rubino.

Da non perdere una visita a Camino per uno

dei più bei castelli del territorio: torre risalente

al 1000 e la Sala delle Corne con trofei di caccia

provenienti da Venaria Reale e pregevole cera-

mica della scuola di Luca della Robbia. Visitabile

su prenotazione. Verso sud, a Madonnina di Ser-

ralunga, è d’obbligo salire fi no al Sacro Monte

di Crea, situato su una delle più alte colline del

Monferrato. Esso si snoda lungo la salita che

porta al Santuario mariano, e di lì procede lungo

un sentiero che, in un bosco di querce e frassini,

si inerpica tra le asperità di un friabile terreno

roccioso sino ad arrivare alla cappella del Para-

diso, posta alla sommità della collina.

Come gli altri Sacri Monti di Piemonte e

Lombardia, anche quello di Crea è situato in

un vasto parco naturale: in esso si realizza

quella suggestiva sintesi tra paesaggio, arte e

memoria storica, che ne costituisce la cifra in-

terpretativa. Proseguendo verso Asti si incontra

Moncalvo con i resti dell’antico maniero, sotto i

cui bastioni si gioca ancora a pallone elastico o

a tamburello, particolarmente noto per la sagra

del Bue Grasso e per la Fiera del Tartufo. Poco

lontano, all’interno, su un territorio collinare

si estende ad Alfi ano Natta, già possedimento

dei Marchesi del Monferrato e successivamente

feudo della famiglia Natta dal XVI secolo fi no

all’inizio del Novecento.

Da Moncalvo, infi ne, attraverso una deliziosa

passeggiata in auto tra le dolci curve delle col-

line, si sale a Casorzo, celebre per la eccellente

malvasia. La chiesa parrocchiale, costruita nel

1730, su disegno del Magnocavallo, presenta

una splendida facciata in cotto; nell’interno,

tra i numerosi quadri, due tele attribuite al

Moncalvo.

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Nuove Tecnologie

34 La Banco nota

di Alessandra Monguzzi

Oggi la tv viaggia Oggi la tv viaggia via cavo telefonicovia cavo telefonico

Per completare il discorso fatto nei numeri

precedenti sulla televisione, occorre

parlare di un altro tema, quello delle

trasmissioni tv che arrivano nelle nostre case

non tramite un’antenna, quella tradizionale

dedicata ai segnali analogici e del digitale terre-

stre o quella a padella per i segnali da satellite,

ma tramite il doppino telefonico, il classico filo

del telefono per intenderci.

Perché si possa ricevere questo tipo di televi-

sione occorre disporre nelle nostre case di linee

telefoniche un po’ speciali, come quelle a fi bra

ottica tipiche di Fastweb, ma possono bastare

anche quelle tradizionali, appunto il doppino.

Spieghiamo allora che, in quest’ultimo caso,

per ricevere questa forma di tv il disporre di

una linea telefonica è condizione necessaria

ma non suffi ciente: infatti occorre anche che

su quel doppino viaggi oltre al segnale del

telefono anche quello ADSL, dedicato alla

trasmissione dati (il collegamento ad Internet

veloce, per intenderci).

Occorre poi disporre di un modem capace

di gestire quel segnale, ed in grado di smistarlo

al computer, per quanto riguarda i contenuti

Internet (la posta elettronica o quant’altro), o

all’apparecchio televisivo, per la componen-

te tv, componente che verrà trattata da uno

specifi co decoder, esattamente come accade

per il digitale terrestre o per i programmi via

satellite.

Rimandato ad altra occasione il discorso su

Fastweb, diciamo che la televisione via cavo è

fi no ad oggi fornita da Telecom Italia e, stando

alla pubblicità, da Infostrada. Tutte e due le

compagnie garantiscono la necessaria assisten-

za tecnica per predisporre l’impianto di casa

alle necessità del nuovo mezzo: un loro tecnico,

infatti, consegna tutto quanto necessario sia

per l’hardware che per il software, lo installa e

lo regola per la ricezione dei nuovi segnali.

Poi… non resta che impugnare l’ennesimo

telecomando ed incominciare a fruire della

nuova tv. Con qualche sorpresa. Infatti, il ser-

vizio tv di Telecom, Alice, gestisce i segnali

del digitale terrestre esattamente come fa la

nostra televisione di penultimo modello (non

tratta i canali a pagamento, per intenderci),

distribuisce i programmi di Sky Italia (ma bi-

sogna sottoscrivere il relativo abbonamento,

anche se se ne dispone già di un altro). In più,

ci aggiunge un discreto numero di programmi

su cui vedere, gratis o a pagamento, fi lm e con-

certi, serie tv ed approfondimenti giornalistici

dedicati ad alcuni specifi ci temi.

Non male come partenza. Anche se avrem-

mo preferito che, tra gli eventi acquistabili

singolarmente, fossero magari comprese le

singole partite del campionato di serie A: per

fruirne, adesso, bisogna sottoscrivere necessa-

riamente l’intero pacchetto Sky-calcio.

I segnali televisivi non arrivano più nelle nostre case solamente dal cielo o dallo spazio: I segnali televisivi non arrivano più nelle nostre case solamente dal cielo o dallo spazio:

oggi infatti possono viaggiare sulle fi bre ottiche e persino sui normali doppini del telefonooggi infatti possono viaggiare sulle fi bre ottiche e persino sui normali doppini del telefono

I segnali televisivi non arrivano più nelle nostre case solamente dal cielo o dallo spazio:

oggi infatti possono viaggiare sulle fi bre ottiche e persino sui normali doppini del telefono

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