Giovanni Di Bonaventura, PhD RHABDOVIRUS

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RHABDOVIRUS Giovanni Di Bonaventura, PhD Università di Chieti-Pescara CdS Medicina e Chirurgia AA 2019-2020

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RHABDOVIRUSGiovanni Di Bonaventura, PhD

Università di Chieti-Pescara

CdS Medicina e Chirurgia

AA 2019-2020

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RHABDOVIRIDAETASSONOMIA

La famiglia Rhabdoviridae comprende una grande varietà di virus ed ampio

spettro d’ospite (vertebrati a sangue caldo/freddo, invertebrati e piante).

Comprende 6 generi:

▪ Lyssavirus (virus della rabbia, unico per uomo)

▪ Vesiculovirus (animali, virus stomatite vescicolare dei bovini)

▪ Ephemerovirus, Novirhabdovirus (diverse specie animali)

▪ Cytorhabdovirus, Nucleorhabdovirus (piante)

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RHABDOVIRIDAEMORFOLOGIA E STRUTTURA

A forma di proiettile (o sigaro) (d: 45-100 nm; l: 100-430 nm)

Presenza di envelope:

▪ numerose proiezioni di 10 nm (trimeri di glicoproteina G) con funzione di antirecettori

▪ proteina M (strato interno)

Nucleocapside a simmetria elicoidale:

▪ ssRNA (11 kb), polarità (-)

▪ nucleoproteina N (strutturale)

▪ RNA-pol-RNA-dip (L) associata a P (fosfoproteina)

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RHABDOVIRIDAECICLO REPLICATIVO

1. il virus si lega al recettore cellulare (recettore nicotinico per acetilcolina) mediante la gp G; internalizzazione per endocitosi

2. fusione involucro pericapsidico con membrana endocitica (pH acido) e liberazione del nucleocapside nel citosol

3. replicazione RNA:

a. trascrizione (RNA-pol-RNA-dip virale) in mRNA(+) monocistronici

b. traduzione

c. RNA(+) antigenomici fungono da stampo per genomi virali RNA(-)

4. assemblaggio (del genoma a N, L, P) e liberazione della progenie virale per gemmazione

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RHABDOVIRIDAEEFFETTI CITOPATICI

▪ Linee cellulari sensibili e permissive all’infezione:

▪ cellule renali di scimmia (Vero)

▪ fibroblasti embrionali umani

▪ In vitro, il virus rabbico si replica attivamente senza, di norma, causare effetti citopatici evidenti

In vivo:

▪ Durante la replicazione, il virus concentra le componenti strutturali in compartimenti subcellulari formando corpi di inclusione eosinofili citoplasmatici (corpi del Negri), a significato patognomonico

▪ Degenerazione cellulare di midollo, corteccia cerebrale e cerebellare

▪ Infiammazione perivascolare (infiltrato neutrofilo)

corpi del Negri

infiltrato perivascolare

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RHABDOVIRIDAEPATOGENESI

Trasmissione dell’infezione mediante:

▪ morso di animale infetto (più frequente)

▪ trapianto di tessuti infetti (cornea, in particolare)

▪ inalazione di aerosols (grotte dove risiedono pipistrelli)

Replicazione nel tessuto muscolare e connettivo al sito di penetrazione; quindi, dopo ore o settimane, raggiunge il SNC:

- terminazioni nervose periferiche (via giunzioni neuromuscolari) radici gangli dorsali e midollo spinale

(trasporto centripeto via guaine nervose) cervello (ippocampo, corno di Ammone, cellule Purkinje cerebellari)

- quindi, in direzione centrifuga si sposta verso ghiandole salivari (fase finale dell’infezione e via di trasmissione)

ed altre sedi (cornea, retina, cute di testa/collo, mucosa nasale, pancreas, midollare surrenalica, cuore)

La replicazione virale nel SNC causa encefalite, con degenerazione neuronale e, quindi, della funzionalità cerebrale.

Spiccato neurotropismo virale per la capacità di gp G di riconoscere altri recettori oltre il nicotinico per acetilcolina.

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RHABDOVIRIDAEPATOGENESI

La rabbia è una zoonosi: l’uomo è un ospite occasionale e non svolge alcun ruolo nella trasmissione.

▪ Periodo di incubazione estremamente variabile (10 gg – 2 aa; media: 2 mesi), dipendente dalla innervazione

del sito di ingresso (massima nella testa) e dalla sua distanza dal SNC, dalla carica virale, dallo stato

immunitario ed età dell’ospite.

La malattia evolve nelle seguenti fasi:

▪ pròdromo (2-10 gg): sintomi aspecifici (malessere, cefalea, nausea, vomito), fotofobia e parestesia nella zona

di inoculo

▪ fase neurologica acuta (7 gg) a carico del SNC: ansia, allucinazioni, disorientamento, irrequietezza, convulsioni,

paralisi; l’idrofobia compare nel 20-50% dei casi ed è dovuta al dolore associato a deglutizione (spasmo della

muscolatura respiratoria)

▪ stato comatoso (10 gg) e morte (90% casi) per ipotensione ed arresto cardiaco

Nel cane la malattia evolve in maniera similare a quella umana (oltre a maggiore aggressività), mentre nei

pipistrelli l’infezione è asintomatica (problema di sanità pubblica per scarso controllo).

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RHABDOVIRIDAEIMMUNITA’

Un solo tipo antigene (sierotipo) di virus rabbico, sebbene l’uso di anticorpi monoclonali (vs epitopi differenti di

NP e G) abbia evidenziato la presenza di variazioni minori.

La risposta umorale (Ab anti gp G) è protettiva in quanto neutralizza il virus in sede extracellulare (lisi

Complemento-mediata), ma avviene tardivamente (dopo la comparsa del quadro clinico).

La risposta cellulo-mediata (linfociti CD8+) non sembra svolgere un ruolo fondamentale nell’eradicazione

dell’infezione; potrebbe addirittura essere causa di fenomeni immunopatologici.

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RHABDOVIRIDAEEPIDEMIOLOGIA

Gli animali selvatici sono solo serbatoi dell’infezione.

Gli animali domestici fungono sia da serbatoi che da vettori attraverso cui il virus infetta l’uomo.

Pertanto, la rabbia si manifesta in due forme epizootiche:

▪ Rabbia urbana (trasmessa da animali domestici: cani, gatti, bovini, equini):

▪ endemica a livello mondiale, con maggiore prevalenza in aree ad alto randagismo (America Latina, Africa)

▪ rabbia canina sotto controllo in Europa, Canada e Stati Uniti

▪ Rabbia silvestre (colpisce gli animali selvatici: volpe, donnola, furetto, faina, puzzola, tasso, riccio, scoiattolo):

▪ pipistrelli vampiri, asintomatici, rappresentano un grande pericolo perché diffondono, attraverso il morso, il virus ad altri

animali selvatici (Canada, Stati Uniti, Australia)

Numero di casi per anno di rabbia: 50.000 (mondo); 40-50 casi negli ultimi 5 anni (Europa).

Italia: rabies-free dal 1997 all’ottobre 2008; dal 2008 a febbraio 2010, diagnosticati centinaia di casi di rabbia in animali in Friuli-

Venezia Giulia, in Veneto e nella Provincia Autonoma di Trento (correlati a rabbia silvestre nella vicina Slovenia).

La trasmissione interumana non ha alcun significato epidemiologico essendo circoscritta a pochi casi (soprattutto, trapianto di cornea

proveniente da donatore infetto).

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In un soggetto con documentata esposizione al virus ed encefalite acuta la diagnosi di rabbia è prettamente clinica.

Campioni biologici: materiale autoptico o bioptico di tessuto nervoso (ippocampo e cervelletto), biopsia cutanea (faccia, cuoio capelluto), strisci di cornea.

Evidenziazione dei corpi di Negri in tessuto nervoso da materiale autoptico.

La diagnosi virologica si base su:

▪ isolamento del virus in topi neonati, a seguito di inoculazione per via intracerebrale, od in colture cellulari

▪ ricerca di antigeni virali mediante immunofluorescenza indiretta (IFA) con Ab monoclonali specifici

▪ ricerca di geni mediante RT-PCR (elevata sensibilità)

La risposta anticorpale non ha utilità diagnostica in quanto la risposta umorale si accompagna alla comparsa del quadro clinico.

RHABDOVIRIDAEDIAGNOSI DI LABORATORIO

IFA

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RHABDOVIRIDAEPROFILASSI E CONTROLLO

La profilassi è unico strumento per limitare sia la diffusione del virus nell’ambiente che la mortalità (> 90%)

nell’uomo e negli animali. Si basa su:

▪ vaccinazione pre-esposizione, nei soggetti ad alto rischio (veterinari, speleologi, guardie forestali); il vaccino

è composto da virus inattivati (ceppo HDCV, Human Diploid Cell Vaccine; schema: gg 0, 7, 21, 28)

▪ profilassi post-esposizione, a seguito di contatto con liquidi biologici potenzialmente infetti: a causa di

incubazione e decorso molto lunghi, si somministrano contemporaneamente sieri iperimmuni umani (giorno 1)

(neutralizzazione del virus) e vaccino antirabbico (schema: gg 0, 3, 7, 14, 28) (stimolazione della risposta

immune) per impedire che il virus raggiunga il SNC

La vaccinazione è preventiva negli animali domestici, mentre è obbligatoria in quelli selvatici.

Vaccino per animali: ceppo «Fleury», vivo ma attenuato.

Regole comportamentali: condurre il cane sempre al guinzaglio, impedendo ogni contatto con animali selvatici,

soprattutto le volpi; segnalare al veterinario eventuali cambiamenti del comportamento abituale o atteggiamenti

insoliti nel cane o gatto; non adottare animali selvatici come animali da compagnia.

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