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ATTUALITA’ NORMATIVEDal 30 aprile 2008 cambiano le regole per assegni e denaro contante. 1

Attività di sorveglianza e di gestione. 1

DOTTRINA: LETTURE E ORIENTAMENTIL’utilizzatore di un bene in leasing finanziario può far accertare il corrispettivo del fornitore. 2

Legittimo l’atto non compreso nello statuto se idoneo a perseguire l’oggetto sociale. 3

Forma e prova dell’intestazione fiduciaria di quote di s.r.l.. 3

I limiti dell’arbitrato nelle controversie societarie. 4

Anatocismo: svolta clamorosa della Corte Costituzionale. 4

Antiriciclaggio: gli attuali limiti al contante colpiscono anche il trasferimento frazionato. 5

Fallimento sociale e personale e revocatoria degli atti del socio. 5

Gli anticipi su “ricevute bancarie” fra lo sconto ed il mandato all’incasso. 6

Riflessioni minime sul concordato preventivo alla luce del decreto legislativo correttivo della legge fallimentare. 6

La chiusura del fallimento in pendenza di insinuazioni tardive di crediti. 6

Quando è valida la procura alle liti? 7

In tema di trust tra tutela e frode ai creditori. 7

L’invasione della zona di esclusiva non è punibile come contraffazione. 8

GIURISPRUDENZASelezione delle decisioni più recenti della Corte di Cassazione e dei tribunali. 9

OSSERVATORIO

DIRITTO CIVILE, CONCILIAZIONE E “ADR” 27

Exceptio doli generalis ed exceptio doli specialis. 27

CREDITO AL CONSUMO, LEASING E FACTORING 28

Principio di trasparenza: obbligo di chiarezza e di comprensibilità. 28

DIRITTO SOCIETARIO 29

Valutazioni antitrust delle concentrazioni bancarie. 29

DIRITTO BANCARIO 30

Termini per la costituzione dell’opponente a decreto ingiuntivo. 30

MERCATI FINANZIARI 31

La funzione di conformità nella disciplina di vigilanza. 31

DIRITTO FALLIMENTARE 32

Gli accordi di ristrutturazione del debito nel quadro dell’intervento correttivo del 2007: una possibile soluzione alla crisi d’impresa. 32

SOMMARIO

ESECUZIONI IMMOBILIARI 33

La sospensione del processo esecutivo disposta dal giudice dell’esecuzione. 33

INTELLECTUAL PROPERTY AND INFORMATION TECHNOLOGY 34

Tutela dei dati personali nei rapporti banca - cliente. 34

DIRITTO TRIBUTARIO 35

Rimborso delle ritenute su interessi e canoni corrisposti a società UE e novità in tema di ritenute su dividendi. 35

BREVISSIME

Operazioni fuori conto 36

Protezione dei dati personali 36

Causa collettiva contro Sky 36

Mp3 gratis 36

COSE NOSTRE

Nuove dallo studio 37

Convegni 37

BIBLIOTECA

Nuovi acquisti 38

ATTUALITA’ NORMATIVE

DAL 30 APRILE 2008 CAMBIANO LE REGOLE PER ASSEGNI E DENARO CON-TANTE.

Con la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale n. 290 - supplemento ordinario n. 268 del 14 dicembre 2007 – è entrato in vigore il Decreto Legislati-vo n. 231/2007.Detto decreto che ha recepito la Direttiva Comuni-taria 2005/60/CE, relativa alla prevenzione dell’uso del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di natura illecita la prevenzione dell’utilizzo, ha modificato, fra le altre, alcune modalità di utiliz-zo di assegni e denaro contante.Con effetto dal 30 aprile 2008, per specifica pre-visione normativa, l’art. 49 del d.lgs. 231/07 stabili-sce nuove e considerevoli novità nell’utilizzo di as-segni e di denaro contante.Queste in sintesi le novità apportate dall’art. 49 del-l’anzidetto Decreto Legislativo:riduzione dei limiti di utilizzo del contante da € 12.500,00 ad € 5.000,00;chiarimenti sulla definizione di “operazione frazio-nata”nuove regole per l’emissione e la circolazione degli assegni;nuove regole per i libretti di deposito bancari o po-stali e per il relativo trasferimento.Come accennato, il decreto in esame modifica in termini sostanziali le modalità relative all’emissione degli assegni da parte di Banche e Poste, in partico-lare:i moduli di assegni bancari e postali devono essere rilasciati dalle Banche e da Poste Italiane S.p.a. muniti della clausola di non trasferibilità. Il cliente può chiedere per iscritto, il rilascio di mo-duli di assegni bancari o postali in forma libera. Il cliente può altresì richiedere, per iscritto, il rilascio di assegni circolari, vaglia postali e cambiari di im-porto inferiore ad € 5.000,00 senza la clausola di non trasferibilità.Per ciascun modulo di assegno bancario o postale richiesto in forma libera ovvero per ciascun assegno circolare o vaglia postale o cambiario rilasciato in forma libera è dovuta dal cliente, a titolo di impo-sta di bollo, la somma di € 1,50. Ciascuna girata deve recare, a pena di nullità, il codice fiscale del girante 8 art. 49, comma 10 d.lgs n. 231/07.Gli assegni bancari e postali emessi per importi pari o superiori ad € 5.000,00 devono recare l’indicazio-ne del nome o della ragione sociale del beneficiario e la clausola di non trasferibilità.Gli assegni bancari e postali emessi all’ordine del traente possono essere girati unicamente per l’in-casso ad una Banca o a Poste Italiane S.p.a.

In sostanza, ai sensi della novella legislativa, non sarà più possibile emettere titoli non trasferibili per importi superiori ad € 5.000,00.Inoltre, per gli assegni non muniti della clausola di intrasferibilità non sarà più prevista la possibilità di far circolare gli assegni al portatore mediante la c.d. “girata in bianco”, gli stessi dovranno recare la gi-rata “piena”, mentre gli assegni bancari e postali emessi all’ordine del traente non potranno essere girati ad un soggetto qualsiasi né potranno circolare “al portatore”.Ai lettori di Iusletter si segnala, altresì, che recen-temente l’Agenzia delle Entrate con la circolare n. 18/E del 7 marzo 2008 ha precisato che l’introdu-zione dell’imposta di bollo prevista dall’art. 49, comma 10 d.lgs. n. 231/07 non modifica e, quindi, fa venire meno l’imposta di bollo dovuta sugli estratti conto bancari, comprese le comunicazioni relative ai depositi di titoli, inviati dalle banche ai clienti ai sensi dell’art. 119 del T.U.B., nonché sugli estratti conto postali.Nell’ambito dell’anzidetta circolare, l’Agenzia delle Entrate ha fornito alcuni chiarimenti in ordine al-l’ambito applicativo ed alla modalità di attuazione della novella legislativa, avendo rilevato che l’art. 49, comma 10 del d.lgs. 231/07, pur introducendo il pagamento dell’imposta di bollo per gli assegni, i vaglia e le cambiali emessi in forma libera, non è stato organicamente inserito nella disciplina dell’im-posta di bollo di cui al DPR 26 ottobre 1972 n. 642. Per ulteriori spunti, si rinvia all’articolo di Mauro Leo pubblicato in Guida al Diritto citato nella sezione dottrina. (f.s.)

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ATTIVITÀ DI SORVEGLIANZA E DI GESTIONE.

La Banca d’Italia in data 5 marzo 2008 ha emanato le nuove disposizioni in materia di organizzazione e guida societaria delle banche. Le banche e i gruppi bancari devono verificare la coerenza dei propri assetti con le nuove norme e apportare gli opportu-ni interventi correttori entro il 30 giugno 2009.(s.o.)

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IUSLETTER n. 47/08 ATTUALITA’ NORMATIVE

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DOTTRINA:LETTURE E ORIENTAMENTI

L’UTILIZZATORE DI UN BENE IN LEA-SING FINANZIARIO PUÒ FAR ACCERTA-RE IL CORRISPETTIVO DEL FORNITO-RE.- di Alessandra Micali, in Guida al Diritto, n. 48/07, pag. 65.

L’Autore commenta una recente sentenza (Corte di Cassazione, Sezione III civile, 2 ottobre – 16 no-vembre 2007, n. 23794, per la cui massima si ri-manda alla Sezione Giurisprudenza), con la quale la Suprema Corte ha fissato il principio di diritto secondo cui nell’ambito del contratto di leasing finanziario l’utilizzatore è legittimato ad agire nei confronti del fornitore per sentire accertare quale sia l’esatto corrispettivo spettante allo stesso fornitore.La pronuncia prende spunto dalla controversia nata tra una società che, con contratto di locazio-ne finanziaria, diviene utilizzatrice di uno stabili-mento industriale e la ditta alla quale, su indica-zione della società utilizzatrice, la società di lea-sing affidava l’effettuazione dei lavori di amplia-mento di detto immobile e con la quale la società utilizzatrice firmava un contratto in cui si concor-dava che, se l’appaltatore avesse concluso i lavori entro una certa data gli sarebbe stato riconosciuto un premio di accelerazione, mentre se tale termi-ne non fosse stato rispettato per fatto e colpa di un terzo il premio di accelerazione gli sarebbe sta-to riconosciuto per i lavori eseguiti solo per un determinato complessivo importo.Ebbene, in corso d’opera, l’impresa appaltatrice aveva iscritto quattro riserve a bilancio, riserve integralmente respinte dal collaudatore. Pertanto, la società utilizzatrice aveva agito nei confronti dell’appaltatore per accertare che nulla era dalla stessa attrice dovuto in relazione alle predette causali. In tale giudizio si costituiva successiva-mente l’appaltatrice, eccependo la carenza di le-gittimazione attiva dell’utilizzatrice.Il Tribunale di primo grado e, poi, la Corte d’appel-lo accoglievano l’eccezione proposta dalla conve-nuta, osservando che i lavori erano stati commis-sionati dalla proprietaria e che la società attrice, essendo solo l’utilizzatrice dell’immobile, non po-teva ritenersi destinataria delle obbligazioni na-scenti dal contratto di appalto e che, da quest’ul-timo, non poteva derivare alcuna legittimazione processuale in capo all’utilizzatrice.Quest’ultima società infine, basandosi sul principio che l’utilizzatrice deve ritenersi l’unica detentrice

sostanziale dell’interesse concreto alla corretta esecuzione della fornitura e, pertanto, l’unica legit-timata a resistere a pretese ulteriori rispetto al prezzo pattuito, si rivolgeva alla Suprema Corte, al fine di ottenere il riconoscimento del proprio dirit-to di azione diretta nei confronti di colui che forni-sce o costruisce l’opera oggetto di locazione finan-ziaria.La Cassazione, prendendo spunto dai precedenti giurisprudenziali in materia (Cassazione, sentenza n. 10926 del 1998; sentenza n. 15762 del 2000 e sentenza n. 19657 del 2004), ha ritenuto il ricorso fondato, rilevando che, nel caso di leasing finan-ziario, il contratto di fornitura si viene a rea-lizzare nei confronti del terzo e pertanto que-st’ultimo, ovvero l’utilizzatore, è legittimato a far valere la pretesa all’adempimento del contratto di fornitura oltre all’eventuale richiesta di risarcimen-to danni.La Corte, sulla base di tale assunto, ha quindi de-dotto che in caso di leasing finanziario, se l’utiliz-zatore è legittimato a far valere nei confronti del fornitore le azioni tese all’adempimento del con-tratto di fornitura, è altresì legittimato a sentire accertare quale sia l’esatto corrispettivo spettante allo stesso fornitore.I giudici di legittimità hanno, altresì, censurato l’illegittimità della motivazione della sentenza im-pugnata nella parte in cui ha negato la legitti-mazione processuale della società utilizza-trice, rilevando che detta ricorrente era l’unica legittimata ad agire nei confronti dell’appaltatrice relativamente al contratto con la stessa stipulato.Infine, la Corte ha osservato che la decisione as-sunta con la sentenza n. 23794 del 2007 è peral-tro conforme alle norme introdotte in Italia dalla Convenzione di Ottawa sul leasing internazionale 28 maggio 1988 con la legge del 14 luglio 1993 n. 259. (l.t.)

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IUSLETTER n. 47/08 DOTTRINA: LETTURE E ORIENTAMENTI

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LEGITTIMO L’ATTO NON COMPRESO NELLO STATUTO SE IDONEO A PERSE-GUIRE L’OGGETTO SOCIALE.- di Mauro Leo, in Guida al Diritto, n. 4/08, pag. 56.

Con la sentenza Cass. Civ., Sez. I, 12 dicembre 2007, n. 26011 (per la cui massima si rimanda alla Sezione Giurisprudenza) i giudici di legittimità so-no stati chiamati a stabilire se un determinato at-to - nella fattispecie una fideiussione gratuita pre-stata a favore di terzi - compiuto dall’ammini-stratore di una società di capitali, potesse o meno ritenersi estraneo all’oggetto sociale, alla luce degli artt. 2384 e 2384-bis c.c. nel testo anteriore all’entrata in vigore del d.lgs. 17 gennaio 2003, n. 6. L’iter argomentativo seguito dalla Su-prema Corte - che ha giudicato pertinente all’og-getto sociale l’atto compiuto dall’amministratore - si è allineato all’orientamento seguito dalla dottri-na, sul tema degli atti estranei all’oggetto sociale. In particolare, si è ribadito che l’indagine sulla pertinenza di un atto all’oggetto sociale deve ef-fettuarsi non sulla base della sola lettura dello Sta-tuto bensì valutando la “concreta aderenza” dell’attività compiuta all’attività sociale. Tale richiamo alla concretezza dell’atto è stato precisa-to in senso oggettivo, rigettando valutazioni fon-date sulla convenienza per la società di compiere un determinato negozio. Infatti, nell’indagine sul-l’estraneità di uno specifico atto all’oggetto sociale occorre tenere conto di tutti i “possibili elementi di giudizio” che non possono però includere i mo-tivi non esplicitati nell’atto e propri di una sola parte contraente. A ciò si aggiunga che l’opinione prevalente in dottrina, a cui mostra di aderire an-che la pronuncia in esame, ritiene che l’indagine sulla pertinenza dell’atto realizzato dagli ammini-stratori debba effettuarsi al momento in cui il negozio viene compiuto, prescindendo dall’in-tenzione dei membri dell’organo amministrativo. Da ciò discende che la consapevolezza nei terzi, circa il travalicamento da parte degli amministrato-ri dei limiti del loro potere, non può certo risolversi in un accertamento di potenziale idoneità dell’atto rispetto all’attività economica prescelta dalla socie-tà; tale riscontro, infatti, deve essere condotto sulla base di un criterio di normalità, implicante un rinvio alla valutazione sociale dell’ambito tipico di quell’attività imprenditoriale. (v.z.)

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FORMA E PROVA DELL’INTESTAZIONE FIDUCIARIA DI QUOTE DI S.R.L..- di Gerardo Pizzirusso, in Diritto e Pratica delle Società, n. 2/08, pag. 66.

Con sentenza n. 10121 del 2 maggio 2007, (per la cui massima si rimanda alla Sezione Giurispruden-za) la Corte di Cassazione ha stabilito che la pro-va dell’intestazione fiduciaria delle quote sociali non è soggetta a requisiti di forma e può essere data con ogni mezzo, ivi compresa la prova testimoniale, affermando che tale vicenda negoziale rientra nel più vasto fenomeno dell’in-terposizione reale. L’interposizione reale si configura quando un soggetto interposto contratta in nome proprio ed acquista effettivamente i diritti nascenti dal contratto dell’interponente con l’ob-bligo, derivante dal rapporto interno con l’interpo-nente, di trasmettere o ritrasmettere a quest’ulti-mo i diritti così acquisiti.L’Autore dell’articolo esaminato si sofferma sull’uti-lità applicativa della decisione in commento.Frequente è, invero, in materia societaria l’intesta-zione fiduciaria di azioni o quote: ordinario è il caso in cui un soggetto intesta in via fiduciaria azioni o quote ad altro soggetto con impegno di quest’ultimo, formalizzato in scrittura privata, alla retrovendita. Tale intestazione presuppone che le parti abbiano concluso un negozio fiduciario che, secondo la prevalente dottrina, è l’accordo con cui ad un sog-getto (fiduciario) è attribuita da un altro (fiducian-te) una posizione di fronte ai terzi diversa da quella esistente tra le parti ed ulteriore rispetto all’intento che le parti stesse perseguono e per la cui realizzazione scaturisce un’obbligazione del primo verso il secondo, distinguendosi un’efficacia reale del negozio ed un’efficacia obbligatoria. L’Autore rileva come la qualificazione giuridica del-l’intestazione fiduciaria fornita dalla Suprema Cor-te, che ben la distingue dall’interposizione fittizia, comporti importanti conseguenze, in particola-re, sotto il profilo processuale. In effetti, evi-denzia il commentatore, la soluzione adottata dal-la Corte consente di trovare un rimedio agevole nella circostanza in cui il fiduciario inizi a compor-tarsi come effettivo titolare delle partecipazioni detenute fiduciariamente, non adempiendo all’invi-to di provvedere al ri-trasferimento in favore del fiduciante. Secondo la pronuncia evidenziata diversamente dall’interposizione fittizia scaturente dai negozi simulati che sconta le limitazioni processuali di cui agli artt. 1415 e 1417 c.c. il negozio fiduciario non deve essere considerato soggetto ai limiti di natu-ra probatoria sancite dagli artt. 2721, 2722 e 2725 c.c.. In tale situazione, seguendo il ragionamento della giurisprudenza citata dall’articolo, la prova dell’interposizione incontra solamente i limiti pro-pri del negozio posto in essere tra l’interponente e

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l’interposto in virtù del quale l’interposto deve ritrasferire i diritti acquisiti dall’interponente. (c.c.)

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I LIMITI DELL’ARBITRATO NELLE CONTROVERSIE SOCIETARIE.- di C. Girardi ed A. Mengozzi, in Le Società, n. 2/08, pag. 235.

La decisione (Tribunale di Bari, 21 giugno 2007, per la cui massima si rimanda alla Sezione Giuri-sprudenza) annotata si sofferma ad esaminare, in modo approfondito, la nozione di “diritti indi-sponibili” inerenti al rapporto societario, di cui all’art. 34 d.lgs. n. 5/03, il quale dispone che le controversie aventi ad oggetto diritti indisponibili non possono essere devolute ad arbitri. A tal ri-guardo, la sentenza in esame stabilisce che devo-no considerarsi “diritti indisponibili”, quelli che tutelano in concreto gli interessi ultraindivi-duali, cioè gli interessi della società nel suo in-sieme, della collettività dei soci e dei terzi. Il Tri-bunale di Bari si allinea, dunque, con l’orienta-mento seguito dalla Suprema Corte (sentenza del 23 febbraio 2005, n. 3772) secondo la quale: “le controversie in materia societaria possono, in linea generale, formare oggetto di compromes-so, con esclusione di quelle che hanno oggetto interessi della società o che concernano la viola-zione di norme poste a tutela dell’interesse col-lettivo, dei soci o dei terzi; a tal fine l’area del-l’indisponibilità deve ritenersi circoscritta a quegli interessi protetti da norme inderogabili, la cui violazione determina una reazione dell’ordina-mento svincolata da qualsiasi iniziativa di parte”. In termini pressoché analoghi si è espressa ancora la Corte di Cassazione con la sentenza 21 febbraio 2000, n. 27 nonché alcune Corti di merito, tra le quali il Tribunale di Milano (sentenza 7 febbraio 2002), la Corte di Appello di Roma (sentenza 7 settembre 2006) ed il Tribunale di Modena (sen-tenza 12 maggio 2004), secondo il quale “tra le materie escluse dalla compromettibilità in arbitri, va ricordata ancora la nomina del liqui-datore della società” in quanto non avente ad oggetto diritti disponibili. Oltre alle menzionate pronunce giurisprudenziali, occorre tenere presen-te, per le opportune comparazioni, anche il princi-pio generale in materia, contenuto nell’art. 806, comma 1, c.p.c., che, per quanto riguarda le “controversie arbitrabili”, prevede testualmente che “le parti possono far decidere da arbitri le controversie tra loro insorte che non abbiano per oggetto diritti indisponibili”. (v.z.)

ANATOCISMO: SVOLTA CLAMOROSA DELLA CORTE COSTITUZIONALE.- di Angelo Riccio, in Contratto e Impresa, n. 6/07, pag. 1395.

La Consulta, con una recente sentenza (Corte Cost., 12 ottobre 2007, n. 341 per la cui massima si rimanda alla Sezione Giurisprudenza), ha dichia-rato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 25, comma 2, d.lgs. 4 agosto 1999, n. 342.Quest’ultimo articolo, come noto, ha apportato modifiche al testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia e, soprattutto, ha inserito un secondo comma all’art. 120 del d.lgs. 385/93, con cui è stato attribuito al CICR il compito di stabilire le modalità e i criteri per la produzione di interessi sugli interessi maturati nelle operazioni poste in essere nell’esercizio dell’attività bancaria.Nell’articolo in commento, viene riportato inte-gralmente il testo della sentenza emessa dalla Corte Costituzionale, la quale ha ritenuto non fon-dati tutti i profili formulati dal remittente, in parti-colare quello relativo al presunto eccesso di delega. In merito, la Consulta ha precisato che l’intervento del legislatore delegato rientrava nel perimetro normativo tracciato dal legislatore dele-gante, il quale aveva posto tra i principi e i criteri direttivi del decreto delegato la necessità che il T.U.B. fosse adeguato al quadro conseguente al recepimento della direttiva comunitaria 646/89.Con la sentenza in oggetto, si è dunque avuto un inaspettato cambiamento da parte della Consulta, che solo pochi anni fa aveva invece dichiarato l’il-legittimità costituzionale del comma 3 dell’art. 25, d.lgs. 342/99.L’Autore mostra di non condividere la decisione a cui sono pervenuti i giudici, sostenendo che la Corte Costituzionale avrebbe integrato, in via in-terpretativa, la legge delega che, a suo parere, non attribuirebbe al Governo alcun potere di inter-vento in materia di anatocismo. Egli muove, per-tanto, alcune critiche alla sentenza e avanza nuo-ve ipotesi di illegittimità costituzionale della norma che è stata oggetto di vaglio della Corte Costitu-zionale. (s.d.)

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IUSLETTER n. 47/08 DOTTRINA: LETTURE E ORIENTAMENTI

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ANTIRICICLAGGIO: GLI ATTUALI LI-MITI AL CONTANTE COLPISCONO AN-CHE IL TRASFERIMENTO FRAZIONATO.- di Mauro Leo, in Guida al Diritto, n. 4/08, pag. 116.

Nell’articolo in esame, l’Autore illustra e commenta la disciplina concernente le limitazioni all’uso del contante e dei titoli al portatore stabilita dall’art. 49 del d.lgs. 21 novembre 2007, n. 231, la quale entrerà in vigore il 30 aprile 2008.Si segnala che è vietato: (i) trasferire, “a qualsiasi titolo” e tra soggetti diversi, denaro contante, li-bretti di deposito bancari o postali al portatore, titoli al portatore, quando il valore dell’operazione, anche frazionata, è complessivamente pari o supe-riore a 5.000 euro (art. 49, comma 1); (ii) emette-re assegni bancari e postali al portatore per im-porti pari o superiori a 5.000 euro. Questi devono essere nominativi e portare la clausola “non tra-sferibile” (art. 49, comma 5); (iii) emettere asse-gni circolari, vaglia postali e cambiari al portatore. Essi devono essere sempre nominativi e portare (salvo che siano di importo inferiore a 5.000 euro) la clausola “non trasferibile” (art. 49, commi 7 e 8).Per la violazione dei divieti contenuti nei commi 1, 5 e 7 dell’art. 49, è prevista una sanzione am-ministrativa pecuniaria che và dall’1% al 40% dell’importo trasferito. E’ disposta inoltre la salvezza dell’efficacia degli atti (art. 58, comma 1, d.lgs. 231/2007). Sul piano dell’accer-tamento della violazione, l’art. 51 d.lgs. 231/2007 pone a carico dei soggetti destinatari del decreto (tra cui: società di gestione finanziaria, intermediari finanziari e altri soggetti esercenti attività finanziaria, professionisti, quali ragionieri, periti commerciali, dottori commercialisti, consu-lenti del lavoro, notai e avvocati, revisori contabili) l’obbligo di segnalarla entro trenta giorni al Ministero dell’economia e delle finanze (comma 1). Tale norma poi: (i) stabilisce che, in caso di infrazioni riguardanti assegni bancari, as-segni circolari, libretti al portatore o titoli similari, la comunicazione deve essere effettuata dalla banca o da Poste Italiane S.p.A. che li accetta in versamento e dalla banca o da Poste Italiane S.p.A. che ne effettua l’estinzione salvo che il sog-getto tenuto alla comunicazione abbia certezza che la stessa è stata già effettuata dall’altro sog-getto obbligato (comma 2); (i) prevede che, qua-lora oggetto dell’infrazione sia un’operazione so-spetta di trasferimento segnalata ai sensi del d.lgs. 231/2007, il soggetto che ha effettuato la segnalazione non è tenuto alla comunicazione di cui all’art. 51, comma 1 (comma 3). In questo modo evitandosi – opportunamente – una duplica-zione di segnalazioni sulla medesima operazione “a rischio riciclaggio” a due diverse istituzioni. L’espressa previsione, a carico dei soli istituti

di credito, dell’obbligo di segnalazione delle infrazioni riguardanti gli assegni e i libretti al portatore (oltre a quelle relative alla limitazio-ne del contante) circoscrive “a contrario” l’obbligo di comunicazione a carico degli altri soggetti ob-bligati. Da ciò si ricava in via generale che le infra-zioni per le quali l’obbligo di segnalazione è posto a carico degli istituti di credito siano tutte quelle che violino una o più regole di comportamento nell’emissione e nell’impiego illecito dei titoli; men-tre quelle a carico degli altri soggetti obbligati ri-guardano l’utilizzazione in modo illecito nei traffici commerciali di quegli stessi titoli, anche se for-malmente regolari. (b.b.)

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FALLIMENTO SOCIALE E PERSONALE E REVOCATORIA DEGLI ATTI DEL SOCIO.- di Ferdinando Bruno, in Il Fallimento, n. 1/08, pag. 22.

L’Autore, annotando una recente sentenza della Suprema Corte (Cass. Civ., Sez. I, 23 luglio 2007 n. 16213, per la cui massima si rimanda alla Se-zione Giurisprudenza) si sofferma sulle questioni della legittimazione del Curatore del falli-mento del socio illimitatamente responsabi-le a revocare gli atti compiuti da quest’ultimo qua-le imprenditore individuale e quella inerente ai termini temporali entro i quali deve essere ri-scontrata la scientia decoctionis.L’Autore, incidentalmente, affronta l’ulteriore pro-blematica del fallimento dell’impresa individuale di cui è titolare il socio illimitatamente responsabile di una società in accomandita semplice come con-seguenza automatica della dichiarazione di falli-mento della Sas, accennando infine alle innova-zioni recentemente apportate dalla riforma del diritto fallimentare agli artt. 147 e 148 l.f..In conclusione, viene esaminato, ai fini dell’eserci-zio azione revocatoria, l’indirizzo della Suprema Corte in merito alla determinazione del mo-mento del pagamento di un titolo di credito, coincidente con quello della riscossione del titolo e non con quello della semplice emissione ovvero girata. (f.s.)

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GLI ANTICIPI SU “RICEVUTE BANCARIE” FRA LO SCONTO ED IL MANDATO AL-L’INCASSO.- di Giorgio Tarzia, in Il Fallimento, n. 2/08, pag. 158.

L’Autore commenta una recente sentenza con la quale la Suprema Corte (Cass., Sez. I, n. 15225, 5 luglio 2007, per la cui massima si rimanda alla Sezione Giurisprudenza) ha confermato il proprio consolidato orientamento secondo il quale non può darsi luogo ad un contratto di sconto nel caso di “cessione di ricevute bancarie” e che l’eventuale presenza del pactum de compen-sando nell’ambito del contratto di “anticipazione” non esclude la revocabilità dei pagamenti dei terzi accreditati sul conto corrente del soggetto poi fal-lito.Cogliendo lo spunto offerto da tale pronuncia, l’Autore, dopo un breve ma importante excursus dedicato alla diversità della natura sottesa alle “anticipazioni” su ri.ba., analizza le due questioni sopra esposte, argomentando, da un lato, che la cessione delle ricevute bancarie alla Banca, pur non integrando la nozione del contratto tipico di sconto ex art. 1859 c.c. (non rappresentando le ri.ba. titoli di credito) non esclude la sussistenza del contratto di sconto ex art. 1858 c.c., dovendo-si valutare caso per caso se vi sia stata la cessione del credito, e, dall’altro lato, che la presenza del pactum de compensando nell’ambito dell’antici-pazione comporta la necessità in capo al Cura-tore Fallimentare di impugnare non già la riscossione del credito, ma il negozio a mon-te (i.e. il pactum), attesa l’impossibilità di darsi luogo alla revocatoria della compensazione.In entrambi i casi, comunque, oggetto dell’impu-gnativa del Curatore non potrà essere unicamente la riscossione del credito, ma l’avvenuta cessione o, in mancanza della prima, la stipulazione del pactum, purché, ovviamente, sussistano i presup-posti applicati di cui all’art. 67 l.f.. (s.b.)

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RIFLESSIONI MINIME SUL CONCOR-DATO PREVENTIVO ALLA LUCE DEL DE-CRETO LEGISLATIVO CORRETTIVO DELLA LEGGE FALLIMENTARE. - di Stefano Scarafoni, in Giurisprudenza di Merito, n. 12/07, pag. 3229.

Nell’articolo viene commentata una pronuncia con la quale il Tribunale di Ancona, 9 maggio 2007, (per la cui massima si rimanda alla Sezione Giuri-sprudenza) ha dichiarato l’inammissibilità della domanda di concordato preventivo presenta-ta nell’ambito di un giudizio volto ad ottene-re la dichiarazioni di fallimento del debitore, a seguito della quale il creditore istante per il falli-mento – il quale rappresentava la maggioranza dei crediti aventi diritto al voto – aveva anticipato il proprio voto negativo rispetto alla domanda di concordato.Sulla scorta di tale provvedimento, l’Autore ha tracciato un interessante quadro volto a chiarire il rapporto esistente tra il procedimento per la di-chiarazione di fallimento e quello concernente la domanda di concordato preventivo a seguito del-l’entrata in vigore delle riforme introdotte sia con il d.l. 35/05, sia con il d.lgs. “Correttivo” 169/07.La disciplina introdotta dal “decreto correttivo” prevede, al novellato art. 162 l.f., che se il Tribu-nale accerti che non ricorrono i presupposti per l’ammissione alla procedura di concordato preven-tivo, dichiari l’inammissibilità del concordato pre-ventivo e, su istanza del creditore o del p.m., di-chiari il fallimento del debitore.Viene così ribadito quanto già affermato dalla Cor-te Costituzionale in merito all’impossibilità in capo al Tribunale Fallimentare di procedere alla dichia-razione d’ufficio, in violazione del principio di ter-zietà del giudice naturale. (s.b.)

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LA CHIUSURA DEL FALLIMENTO IN PENDENZA DI INSINUAZIONI TARDIVE DI CREDITI.- di Federica Commisso, in Il Fallimento, n. 11/07, pag. 1363.

L’Autore trae spunto da una recente sentenza del Trib. di Reggio Calabria (sez. I, 9 marzo 2007, per la cui massima si rimanda alla Sezione Giurispru-denza) nell’ambito della quale, in conformità con il prevalente orientamento giurisprudenziale, viene ammessa la possibilità di procedere alla chiusu-ra del fallimento nonostante la pendenza di insinuazioni tardive (aventi ad oggetto crediti di lavoro) per svolgere un breve approfondimento relativamente alle ipotesi in cui il lavoratore di-pendente può invocare l’intervento del Fondo

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di Garanzia. In particolare, l’Autore individua ed esamina le ipotesi di infruttuoso esperimento del-l’azione esecutiva, di chiusura del fallimento per mancanza o insufficienza dell’attivo, dell’inadem-pienza dell’imprenditore (del datore di lavoro) non assoggettabile al fallimento. (f.s.)

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QUANDO È VALIDA LA PROCURA ALLE LITI?- di Chiara Caramaschi, in Il Civilista, n. 1/07, pag. 62.

Nell’articolo in esame l’Autore analizza i vizi che possono comportare l’invalidità della procura alle liti, le conseguenze di questa nel procedi-mento civile ed i principi per una corretta redazio-ne della procura speciale, cercando di ovviare in tal modo alla situazione di incertezza dovuta alla mancanza di norme che ne dettino in modo speci-fico i requisiti di validità.La procura deve permettere all’avversario di cono-scere l’identità dell’autore e del difensore, nonché la volontà del primo di conferire l’incarico al se-condo di rappresentarlo in giudizio.La procura può essere generale, in tal caso il difensore ha la rappresentanza in tutte le contro-versie nelle quali il soggetto conferente potrà ve-nirsi a trovare come parte, o speciale, ed in tal caso ha la rappresentanza in una determinata controversia specificatamente indicata nella procu-ra. Quest’ultima, oltre che ad avere la forma di atto pubblico o scrittura privata autenticata da pubblico ufficiale, come la procura generale, può anche essere apposta in calce o a margine dell’at-to giudiziale (art. 83 c.p.c.).Quanto alla questione della validità, non essendo previste ipotesi espresse di nullità della procura, occorre, secondo l’Autore, individuare quali atti, sostanziali e processuali, possa compiere il difen-sore nei casi in cui la procura sia stata formulata in modo eccessivamente generico. La dottrina considera atti inclusi nei poteri del difensore tutti quelli con cui quest’ultimo concreta la generica volontà della parte di far valere un diritto ed esclusi quelli che incidono sul diritto in contesa.La tendenza che sembra essersi affermata di re-cente (v. Cass. SS.UU. 4810/05, riguardante l’il-leggibilità della firma) è nel senso di salvaguar-dare il principio dell’autonomia processuale e della giusta durata del processo. (l.t.)

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IN TEMA DI TRUST TRA TUTELA E FRODE AI CREDITORI.- di Alessio Reali, in I Contratti, n. 1/08, pag. 15.

L’Autore commenta un provvedimento (Tribunale di Reggio Emilia, Ufficio Esecuzioni Immobiliari, 14 maggio 2007 per la cui massima si rimanda alla Sezione Giurisprudenza), che ha sospeso il pro-cedimento esecutivo promosso da un creditore di una società in accomandita semplice contro il socio accomandatario che aveva assunto medio tempore il ruolo di trustee di un trust autodi-chiarato per il pagamento dei creditori della socie-tà.Nel caso di specie il socio accomandatario - in qualità di trustee - ha contestato il diritto del cre-ditore di procedere esecutivamente nei suoi con-fronti in quanto i beni, già trasferiti in trust con atto trascritto nei RR.II. anteriormente al pigno-ramento, non potevano essere assoggettati ad azione esecutiva; in particolare l’opponente osser-vava che era stato istituito un trust interno e au-todichiarato (in cui cioè coincidono le figure del disponente e del trustee) la cui caratteristica più rilevante consiste nel fatto che i beni oggetto del trust costituiscono un patrimonio sepa-rato da quello del trustee e inattaccabile dai creditori; a maggior ragione i beni non possono essere aggrediti dai creditori del disponente, dato che i beni sono usciti dalla sua sfera di apparte-nenza a seguito del trasferimento al trustee.Dal riconoscimento del trust istituito in conformità della legge regolatrice deriva, quindi, automatica-mente l’effetto segregativo nel patrimonio del tru-stee e la conseguente impossibilità per il creditore di quest’ultimo di attaccare i beni trasferiti; inoltre, per effetto del trasferimento al trustee, nessun diritto sui beni in trust spetta più al disponente.L’emanzione del provvedimento di sospensione della procedura esecutiva si basa, quindi, secondo l’Autore, su valutazioni del G.E., al quale spetta in questa fase solo una verifica del fumus delle ra-gioni addotte dall’opponente senza entrare nel merito della validità del trust, che appaiono essere basate su situazioni pregiudizievoli al socio acco-mandatario il quale, avendo istituito il trust, non poteva più ritenersi debitore. (i.r.)

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L’INVASIONE DELLA ZONA DI ESCLU-SIVA NON È PUNIBILE COME CON-TRAFFAZIONE.- di Eugenio Sacchettini, in Guida al Diritto, n. 4/08, pag. 59.

L’articolo commenta la sentenza della Corte di Cassazione n. 27081/2007 (per la cui massima si rimanda alla Sezione Giurisprudenza) che afferma l’inesistenza di contraffazione nel caso di marchio legittimamente apposto su capi in-trodotti in Italia da un paese extra UE, sen-za il necessario consenso del titolare del marchio stesso.L’Autore ritiene, di contro, che tale comportamen-to integri un’ipotesi di concorrenza sleale ex art. 2598 n. 3 c.c.. L’Autore rileva come in tema di esaurimento del marchio sia pacifico il diritto di opposizione del titolare all’importazione di prodotti provenienti da un Paese extra UE, e contrassegna-ti con il suo marchio, se non ha acconsentito all’in-troduzione dei beni nel mercato europeo.Seppur l’illecita immissione di prodotti provenienti da aree extra UE nel territorio Europeo costituisca una condotta contraria alla legge marchi, tale condotta non integra di per sé un’ipotesi di con-traffazione del marchio.Vi è contraffazione quando ricorre una delle ipote-si di cui all’art. 20 c.p.i., ovvero la presenza di un segno identico al marchio per prodotti identici (per tipologia) a quelli per cui è registrato, un segno identico o simile al marchio registrato per prodotti identici o affini se l’identità o affinità possa creare una confusione per il pubblico e nell’ipotesi di marchio rinomato.La norma implica, in ogni caso, una diversità tra i prodotti importati e quelli offerti dal titolare del segno, pertanto l’ipotesi contraffattoria non si con-figura laddove i beni siano identici e, quindi, non vi possa essere per il pubblico alcun rischio di con-fusione. La Suprema Corte, affermando il principio di cui sopra, riconduce, quindi, la condotta dell’importa-tore parallelo all’art. 2598 n. 3 c.c., poiché, sebbe-ne l’invasione della zona di esclusiva non integri un atto di concorrenza sleale, tale illecito sussiste se l’importatore si avvale di mezzi, come la viola-zione dei diritti a tutela del marchio, non conformi alla correttezza professionale e idonei ad alterare la normale situazione concorrenziale. (v.dg.)

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GIURISPRUDENZA SELEZIONE DELLE DECISIONI PIÙ RECENTI DELLA CORTE DI CASSAZIONE E DEI TRIBUNALI.

OBBLIGAZIONI

Cass., 18 dicembre 2007, Sez. Unite Ci-vili, n. 26617.- in Guida al Diritto, n. 3/08, pag. 30.

Nelle obbligazioni pecuniarie per le quali non sia imposta per legge una diversa modalità di pa-gamento, il debitore ha facoltà di pagare, a sua scelta, in monete avente corso legale nello stato o mediante consegna di assegno circo-lare; nel primo caso il creditore non può rifiutare il pagamento, come invece può nel secondo solo per giustificato motivo da valutare secondo la re-gola della correttezza e della buona fede oggetti-va; l’estinzione dell’obbligazione con effetto libe-ratorio del debitore si verifica nel primo caso con la consegna della moneta e nel secondo quando il creditore acquista concretamente la disponi-bilità giuridica della somma di denaro, rica-dendo sul debitore il rischio dell’inconvertibilità dell’assegno.

Cass., 8 novembre 2007, Sez. II, n. 23315.- in Guida al Diritto, n. 3/08, pag. 61.

La diffida ad adempiere è stabilita nell’interesse della parte adempiente e non costituisce un ob-bligo, bensì una facoltà, che si esprime - a priori - nella libertà di scegliere questo mezzo di risolu-zione del contratto a preferenza di altri, e - a po-steriori - nella possibilità di rinunciare agli effetti risolutori già prodottisi. In particolare pur produ-cendosi, per effetto della diffida ad adempiere, la risoluzione di diritto, indipendentemente dalla volontà dell’intimato, la stessa rimane nella di-sponibilità dell’intimante che può, successiva-mente, rinunciare ad avvalersene e agire, per l’ef-fetto, per l’esecuzione del contratto.

Cass., 31 luglio 2007, Sez. Un., n. 16871.- in I Contratti, n. 11/07, pag. 991.

Nel caso di ritardato adempimento di una ob-bligazione pecuniaria il danno da svalutazione monetaria non è «in re ipsa», ma può essere

liquidato soltanto ove il creditore deduca e dimo-stri che un tempestivo adempimento gli avrebbe consentito di impiegare il denaro in modo tale da elidere gli effetti dell’inflazione. Tale principio trova applicazione anche alle pretese restitutorie vantate dal contribuente nei confronti dell’erario, rispetto alle quali peraltro – in conside-razione della specificità della disciplina dell’obbli-gazione tributaria – la prova del danno da svaluta-zione monetaria deve essere valutata con partico-lare rigore da parte del giudice di merito.

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CREDITO AL CONSUMO, LEASING E FACTORING

Cass., 2 ottobre 2007, Sez. III, n. 23794.- in Guida al Diritto, n. 48/07, pag. 65, con nota di Alessandra Micali.

In materia di contratti, nell’ambito del contratto di leasing finanziario l’utilizzatore è legittimato ad agire nei confronti del fornitore per sentire accertare quale sia l’esatto corrispettivo spettante allo stesso fornitore.

Cass., 22 marzo 2007, Sez. III, n. 6969.- in I Contratti, n. 1/08, pag. 33.

Lo schema negoziale socialmente tipico del lease back presenta autonomia strutturale e fun-zionale, quale contratto di impresa, e caratteri peculiari, di natura soggettiva ed oggettiva, che non consentono di ritenere che esso integri, per sua natura e nel suo fisiologico operare, una fatti-specie negoziale fraudolenta sanzionabile ai sensi degli articoli 1344 e 2744 c.c.. Lo stato di debo-lezza economica e l’utilizzo del prezzo per ripianare debiti costituiscono alterazione dello schema negoziale tipico, idonee a denunciare che l’operazione non tende al perseguimento di inte-ressi propri del lease back, bensì al persegui-mento di uno scopo di garanzia con caratteri-

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stiche integranti la realizzazione del risultato ma-teriale vietato dall’art. 2744 c.c..

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SOCIETA’

Cass., 12 dicembre 2007, Sez. I, n. 26011.- in Guida al Diritto, n. 4/08, pag. 51, con nota di Mauro Leo.

Nell’accertare se gli amministratori hanno il potere di rappresentare la società a norma dell’articolo 2384 del c.c. (nel testo precedente alla riforma del d.lgs. 17 gennaio 2003 n. 6) e di impegnarne con-seguentemente la responsabilità nei rapporti con il terzo contraente, l’atto compiuto dagli ammi-nistratori in nome della società deve essere considerato nella concretezza dei suoi elementi costitutivi (e specificamente della sua causa e del-l’oggetto dell’accordo delle parti) con esclusione dei crediti di convenienza per la società, e di moti-vi propri degli amministratori, ma non comuni al terzo contraente; e l’atto medesimo deve poi esse-re confrontato con la formulazione delle norme dell’atto costitutivo e dello statuto della so-cietà concernenti l’oggetto sociale, senza tener conto di elementi estranei all’atto e non conosciuti di fatto dal terzo contraente, attribuendo, in ogni caso, valore preminente della manifestazione di volontà espressa al riguardo dai soci costituenti. Solo all’esito di questa indagine, e nel caso che essa si concluda nel senso dell’estraneità dell’atto all’oggetto sociale, il giudice del rinvio accerterà se la società ha fornito la prova contraria della buona fede del terzo contraente, a norma dell’articolo 2384 - bis del c.c..

Cass., 25 luglio 2007, Sez. I, n. 16416.- in Il Foro Italiano, n. 12/07, pag. 3393.

Spetta a ciascun socio della società di persone il diritto di pretendere il risarcimento dei danni direttamente subiti in conseguenza del com-portamento doloso o colposo degli ammini-stratori, purchè tali danni non siano soltanto il riflesso di quelli arrecati al patrimonio sociale, ma siano direttamente cagionati come conseguenza immediata del comportamento degli amministrato-ri.

Cass., 19 luglio 2007, Sez. III, n. 16031.- in I Contratti, n. 1/08, pag. 57.

La cessione delle azioni di una società di capi-tali o di persone fisiche ha come oggetto imme-diato la partecipazione sociale e solo quale oggetto mediato la quota parte del patrimonio sociale che tale partecipazione rappresenta. Per-tanto, le carenze o i vizi relativi alle caratteristiche e al valore dei beni compresi nel patrimonio socia-le - e, di riverbero, alla consistenza economica della partecipazione - possono giustificare l’an-nullamento del contratto per errore o, ai sen-si dell’art. 149 c.c., la risoluzione per difetto di “qualità” della cosa venduta (necessariamente attinente ai diritti e obblighi che, in concreto, la partecipazione sociale sia idonea ad attribuire e non il suo valore economico), solo se il cedente abbia fornito, a tale riguardo, specifiche garanzie contrattuali, ovvero nel caso di dolo di un con-traente, quando il mendacio o le omissioni sulla situazione patrimoniale della società siano accom-pagnate da malizie ed astuzie volte a realizzare l’inganno ed idonee, in concreto, a sorprendere una persona di normale indigenza.

Cass., 20 giugno 2007, Sez. I, n. 21130.- in Guida al Diritto, n. 48/07, pag. 57.

Deve essere rimessa al primo presidente della Corte di Cassazione, per l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite del Supremo Collegio, la que-stione relativa alla possibilità di ammettere autorizzazioni implicite o ratifiche all’opera-to degli amministratori sociali i quali, prele-vando denaro contante dalle casse sociali, abbiano agito senza essere stati formalmente autoriz-zati dall’assemblea dei soci, ancorché sussista una specifica delibera di approvazione del bilancio della società in cui risultino appostati i compensi prelevati, sulla base dei quali, giusta l’articolo 2389 del c.c., gli amministratori rei del prelievo siano stati rimossi dall’incarico sociale per giusta causa revocatoria.

Cass., 2 maggio 2007, Sez. I, n. 10121.- in Diritto e Pratiche delle Società, n. 2/08 pag. 64, con nota di G. Pizzirusso.

La prova dell’intestazione fiduciaria delle quote sociali non è soggetta a requisiti di forma e può essere data con ogni mezzo, ivi compresa la prova testimoniale. L’interposizione reale si con-figura quando un soggetto (interponente) contrat-ta in nome proprio e acquista effettivamente i di-ritti nascenti dal contratto, con l’obbligo derivante dal rapporto interno con l’interponente di trasmet-

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tere o ritrasmettere a quest’ultimo i diritti così ac-quistati. (Massima non ufficiale)

Cass., 26 gennaio 2006, n. 1525.- in Il Diritto Fallimentare e delle Società commerciali, n. 5/07, pag. 388.

Tra le limitazioni del potere di rappresentanza opponibili ai terzi ai sensi dell’art. 2384, comma 2, c.c. rientrano anche le limitazioni del potere di gestione. Nell’ipotesi prefigurata all’art. 2391 c.c. il conflitto di interessi emerge in sede delibe-rativa e quindi in un momento anteriore a quello in cui l’atto viene posto in essere, in nome della società, nei confronti del terzo. Ne consegue, quindi, che, se il compimento dell’atto non è pre-ceduto dall’adozione della delibera consiliare, tale disposizione non può applicarsi, restando questa fattispecie disciplinata dall’art. 1394 c.c.. La rile-vanza esterna del limite derivante dal divieto di agire in conflitto di interessi con la società rappre-sentata non è condizionata dai presupposti stabiliti dal comma 2 dell’art. 2384 c.c., trattandosi di limi-te imposto da norma di legge (art. 1394 c.c.).

Trib. Bari 21 giugno 2007, Sez. IV, n. 1643.- in Le Società, n. 2/08, pag. 235, con nota di C. Girardi ed A. Mengozzi.

Devono intendersi controversie riguardanti i diritti indisponibili e, in quanto tali, non compromettibili in arbitri, quelle che tutelano in concreto gli inte-ressi della società nel suo insieme oppure della collettività dei soci o dei terzi.

Trib. S. Maria Capua Vetere, 10 ottobre 2006.- in Il Diritto Fallimentare e delle Società commerciali, n. 5/07, pag. 507.

Il comma 6 dell’art. 2474 c.c. contiene una previ-sione resasi necessaria dall’automatizzazione della disciplina delle soc. a resp. lim. da quella delle soc. per az., ma in tutto e per tutto analoga a quella dell’art. 2395 c.c., ciò che rende pienamen-te utilizzabile tutta l’elaborazione dottrinale e giu-risprudenziale formatasi a proposito. La situa-zione patrimoniale ex artt. 2446, 2447, 2482 bis e 2482 ter c.c. deve assumere la forma di un vero e proprio bilancio, costituito sia dallo stato patrimoniale che dal conto economico, e deve essere aggiornata. La principale differenza tra mutuo e versamento in conto di un futuro au-mento di capitale è data dal fatto che solo il mu-tuante ha diritto alla restituzione del capitale du-

rante la vita della società, laddove i versamenti effettuati dai soci in conto di un futuro aumento di capitale non danno luogo a crediti esigibili nel cor-so della vita della società.

Trib. Milano, 8 marzo 2006, Sez. VIII, n. 1466.- in Diritto e Pratica delle Società, n. 1/08, pag. 81.

Esiste il potere degli amministratori (nel sen-so di consiglio di amministrazione) di procedere all’impugnazione della delibera assembleare quando la stessa confligge con gli interessi della società. In caso di impugnazione della delibera assembleare in tema di azione di responsabilità degli amministratori, il controllo del tribunale è di mera legittimità e non deve entrare nel merito delle ragioni che hanno portato a deliberare in questo senso.

Trib. Roma, 27 gennaio 2006.- in Il Diritto Fallimentare e delle Società commerciali, n. 5/07, pag. 465.

Riveste qualifica di amministratore di fatto, e come tale risponde verso la società ed i creditori sociali dei danni cagionati dalla violazione dei pro-pri doveri, chi si sia sistematicamente ingerito nella concreta gestione della società impar-tendo direttive ai dipendenti ed abbia ricoperto un ruolo direttivo nelle scelte strategiche atti-nenti all’amministrazione dell’ente, nonché chi ab-bia avuto il potere di firmare assegni per la società ed abbia intrattenuto rapporto con i terzi fornitori, scegliendo ed acquistando la merce da vendere in azienda.

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DIRITTO BANCARIO E FINANZIARIO

Corte Costituzionale, 12 ottobre 2007, n. 341.- in Contratto e Impresa, n. 6/08, pag. 1395, con nota di Angelo Riccio.

E’ infondata la questione di legittimità costi-tuzionale dell’art. 25, comma 2, del decreto legi-slativo 4 agosto 1999, 342 (Modifiche al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, recante il testo unico delle leggi in materia bancaria e credi-tizia), con il quale sono state apportate variazioni all’art. 120 T.U.B., sollevata, con riferimento agli artt. 1, 3, 70, 76 e 77 della Costituzione, dal Tri-bunale ordinario di Catania (Massima non ufficia-le).

Cass., 31 agosto 2007, Sez. I, n. 18447.- in Il Massimario del Foro Italiano, n. 7/07, pag. 1398.

Nel caso della c.d. anticipazione su fatture o scon-to improprio, a fronte del mandato all’incasso di ricevute bancarie, è onere del creditore che pretende la restituzione della somme erogate, in ragione del mancato pagamento del terzo, dimo-strare non solo l’esistenza del contratto di finanziamento, bensì anche l’avvenuta eroga-zione delle somme sovvenute, senza che ad inte-grare tale prova possa ritenersi sufficiente la pro-duzione, da parte della banca, dell’originale delle ricevute bancarie, di per sé inidonee a dimostrare l’effettiva anticipazione delle somme oggetto di finanziamento.

Trib. Padova, 30 marzo 2006.- in Il Diritto Fallimentare e delle Società commerciali, n. 5/07, pag. 550.

La violazione degli obblighi informativi in materia di intermediazione mobiliare non ge-nera la radicale nullità del negozio stipulato, poi-ché tali informazioni costituiscono elementi estrin-seci alla fattispecie negoziale, essendo utili solo per la valutazione della convenienza dell’operazio-ne, che non può dirsi perciò mancante del con-senso. Rimane tuttavia un obbligo risarcitorio fondato sulla responsabilità contrattuale di cui (all’ art.) 1337 c.c., per la perdita subita in conseguen-za delle operazioni bancarie compiute senza ade-guata informazione e ragguagliato al minor van-taggio o maggior aggravio economico causato dal contegno sleale della parte.

CONTRATTI

Cass., 20 dicembre 2007, Sez. III, n. 26977.- in Guida al Diritto, n. 6/08, pag. 41.

Deve escludersi che l’articolo 1453 del c.c. sia inapplicabile qualora la parte adempiente operi in regime di monopolio. Se, infatti, in favore dell’imprenditore che somministri beni o presti servizi in regime di monopolio legale trova-no applicazione, in assenza di espressa deroga, non solo l’articolo 1460 del c.c., sull’eccezione di inadempimento, ma anche l’articolo 1461 del c.c., sulla facoltà di sospendere l’esecuzione della pre-stazione dovuta quando sussista un evidente peri-colo di non ricevere il corrispettivo in ragione delle condizioni patrimoniali dell’altro contraente, trat-tandosi di previsioni compatibili con l’obbligo, po-sto dall’articolo 2597 del c.c., di contrattare e di osservare parità di trattamento a maggior ragione sono applicabili le altre disposizioni in tema di ina-dempimento contrattuale.

Cass., 29 novembre 2007, Sez. I, n. 24939.- in Guida al Diritto, n. 50/07, pag. 58.

L’opera demandata al notaio richiesto dalla preparazione e stesura di un atto pubblico non si riduce al mero compito di accertare la volontà del-le parti, ma si estende a quelle attività prepa-ratorie e successive necessarie affinché sia assicurata la serietà e la certezza dell’atto giuridico da rogarsi, per effetto del conseguimento dello scopo tipico di esso, con la conseguenza che l’inosservanza dei menzionati obblighi accessori da parte del notaio, salvo espresso esonero delle par-ti, comporta responsabilità ex contractu per inadempimento dell’obbligazione di prestazione d’opera intellettuale, a nulla rilevando che la legge professionale non contenga alcun esplicito riferi-mento a tale peculiare forma di responsabilità.

Cass., 24 agosto 2007, Sez. Un., n. 17952.- in I Contratti, n. 11/07, pag. 991.

E’ necessario coinvolgere, quale contraddittore necessario, il coniuge legale di colui che abbia sottoscritto da solo un preliminare di compra-vendita immobiliare di bene comune, quando si discuta dell’esecuzione forzata del contratto stesso ex art. 2932 c.c.. Ove infatti dal contratto preliminare scaturiscano controversie, non può disconoscersi al coniuge rimasto estraneo al nego-

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zio l’interesse a partecipare ai relativi giudizi, in quanto, pur se non è rimasto personalmente ob-bligato e se non è corresponsabile al coniuge sti-pulante, unico obbligato, tuttavia l’impegno assun-to da quest’ultimo e la responsabilità personale del medesimo sono comunque tali da incidere sul patrimonio comune, sul tenore di vita della fami-glia, giacché, ex art. 189 c.c., espongono all’altrui azione esecutiva non solo i beni del promittente ma anche quelli della comunione, essendo, infatti, la richiesta pronunzia ex art. 2932 c.c., o l’alterna-tiva pronunzia risarcitoria quanto meno per re-sponsabilità precontrattuale, destinate ad inci-dere anche sul diritto del coniuge comproprie-tario o contitolare non stipulante e sulla consisten-za del patrimonio familiare.

Cass., 6 febbraio 2007, Sez. III, n. 2553.- in I Contratti, n. 11/07, pag. 965.

La clausola risolutiva espressa non compor-ta automaticamente lo scioglimento del contratto a seguito del previsto inadempimento, essendo sempre necessario, per l’art. 1218 c.c., l’accertamento dell’imputabilità dell’inadempimen-to al debitore almeno a titolo di colpa.

Cass., 16 gennaio 2007, Sez. III, n. 843.- in I Contratti, n. 11/07, pag. 945.

L’art. 1475 c.c., il quale stabilisce che le spese del contratto di compravendita e le altre accesso-rie sono a carico del compratore se non è stato diversamente pattuito, detta una norma che è al tempo stesso supplettiva, perché la sua operati-vità è subordinata alla mancanza di esplicita diver-sa pattuizione, e in bianco, poiché la dizione «spese accessorie» può estendersi ad una plurali-tà di contenuti determinati prima dai contraenti in sede di conclusione del contratto e, poi, dall’inter-prete che, nella fase contenziosa, è il giudice di merito.

Trib. Civitavecchia, 5 aprile 2006.- in Giurisprudenza Commerciale, n. 6/07, pag. 1269.

Si ha subfornitura ai sensi dell’art. 1 l. n. 192 del 18 giugno 1998, qualora un imprenditore (committente) isoli una o più fasi in cui si arti-cola il processo produttivo – fasi che, comun-que, potrebbe esso stesso svolgere direttamente con una diversa organizzazione della produzione, impiegando risorse (materie prime, macchinari e personale) proprie – per affidarla all’esterno, ad altro imprenditore, il quale nell’eseguire la pre-

stazione, dovrà attenersi alle indispensabili diretti-ve di carattere tecnico impartite dal committente.Nelle controversie relative ai contratti di subforni-tura, ove non sia stato esperito il tentativo di con-ciliazione nei modi e termini in cui all’art. 10 l. n. 192 del 1998, la domanda giudiziaria con cui la parte attrice introduce un giudizio di cognizione ordinaria deve essere dichiarato improcedibile.

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GARANZIE

Cass., 12 dicembre 2007, Sez. I, n. 26012.- in Guida al Diritto, n. 3/08, pag. 46.

La fideiussione rilasciata da un socio illimi-tatamente responsabile di una società di per-sone in favore dei creditori della società deve rite-nersi valida. Preliminarmente, risulta soddisfatto il requisito richiesto dall’articolo 1936 del c.c. se-condo il quale la garanzia deve riguardare l’adem-pimento di un’obbligazione altrui. Infatti, benché le società di persone non siano dotate di persona-lità giuridica, tuttavia, a esse deve riconoscersi una forma di soggettività giuridica (sia pure atte-nuata) distinta da quella dei singoli soci, per effet-to della loro autonomia patrimoniale (anche se imperfetta), che consente la configurazione di un’alterità tra società, da una parte, e soci, dall’altra. Né può sostenersi che l’obbligazione fideiussoria assunta dal socio illimitatamente re-sponsabile sia nulla per mancanza di causa. Al contrario, vi é un concreto interesse dei terzi creditori alla sua stipulazione, poiché si tratta di uno strumento di garanzia operativo anche oltre la durata del vincolo societario e non condizionato dal beneficium excussionis, invece opponibile dai soci ai creditori sociali ai sensi dell’articolo 2304 del c.c..

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TITOLI DI CREDITO

Cass., 3 settembre 2007, Sez. III, n. 18528.- in Il Massimario del Foro Italiano, n. 7/07, pag. 1402.

L’assegno bancario rilasciato senza indicazio-ni del nome del prenditore non è invalido, ma vale come assegno bancario al portatore e, quindi, può essere convertito dal possessore in titolo all’ordine o riempiendolo con il proprio nome e trasferendolo mediante girata, ovvero riempien-dolo con il nome di un terzo e consegnandogli il titolo; in questa seconda ipotesi, la persona for-malmente indicata come prenditore non assume in realtà tale figura giuridica, che spetta solo a colui che ha concluso il contratto di emissione e ha ri-cevuto l’assegno rilasciato in bianco o al portatore, ma rimane terzo rispetto al rapporto di emissione e non possono, pertanto, essergli op-poste le accettazioni di cui all’art. 25 r.d. n. 1736 del 1933 (nella specie, la Suprema Corte sulla scorta dell’enunciato principio e cassando con rin-vio la sentenza impugnata, ha ritenuto che, in vir-tù del fatto che l’assegno rilasciato con il nome del prenditore in bianco era stato riempito con quello di un terzo divenutone possessore, a quest’ultimo non avrebbero potuto essere opposte le circostan-ze relative al successivo pagamento del titolo).

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FALLIMENTO

Cass., 19 dicembre 2007, Sez. Unite ci-vili, n. 26730. - in Guida al Diritto, n. 3/08, pag. 38.

Il provvedimento che liquida il compenso al curatore cessato in pendenza di fallimento é sempre ricorribile di Cassazione se con esso il tribunale ha inteso procedere alla liquidazione definitiva dello stesso e ciò a prescindere dal momento temporale in cui il decreto viene emes-so. L’impugnazione non è invece consentita quan-do l’organo giudiziario ha voluto corrispondere solo un’attribuzione patrimoniale provvisoria e su-scettibile di successiva integrazione. Stabilire se il caso di specie rientri nel primo o nel secondo caso é problema interpretativo che va risolto dal giudice dell’impugnazione tenendo conto della qualificazione del provvedimento espressa dal giu-dice che lo ha emesso e, ove occorra, del tenore

dell’istanza del compenso presentata dal curatore cessato. Anche nel vigore del testo originario dell’articolo 39 della l.f., al curatore cessato dalla carica prima della conclusione della procedura di fallimento può essere attribuito un accordo sul futuro compenso, ma tale compenso non può essere invece liquidato in via definitiva prima che la procedura concorsua-le sia giunta a compimento.

Cass., 16 novembre 2007, Sez. II, n. 2378.- in Guida al Diritto, n. 3/08, pag. 62.

L’opponibilità di una compravendita immo-biliare al fallimento del venditore postula che l’at-to di trasferimento non solo abbia la data certa richiesta dall’articolo 2704 del c.c., ma anche che lo stesso sia stato trascritto in data anteriore alla dichiarazione di fallimento, giacché l’articolo 45 della legge fallimentare esclude espressamente l’efficacia nei confronti dei creditori delle formalità necessarie per rendere opponibili gli atti ai terzi compiute dopo la data della dichiarazione di falli-mento.

Cass., 22 ottobre 2007, Sez I, n. 22105.- in Il Fallimento, n. 1/08, pag. 97.

In materia di chiusura del fallimento, in presenza di una della ipotesi previste dall’art. 118 l.f., nes-suna facoltà discrezionale è data agli organi fallimentari di protrarre la procedura, sicché quest’ultima, ricorrendo uno dei casi di cui al cita-to art. 11, deve essere dichiarata nonostante la pendenza di giudizi di opposizione allo stato passi-vo o di dichiarazione tardiva di credito; la cogni-zione della corte d’appello in sede di reclamo, per-ciò, è limitata alla verifica della sussistenza di una della predette ipotesi.

Cass., 19 ottobre 2007, Sez. I, n. 22014.- in Il Fallimento, n. 1/08, pag. 95.

In materia di revocatoria fallimentare, la cessio-ne pro solvendo di un credito verso terzi, effettuata nell’ambito di un contratto di sconto ed al fine di ottenere dalla banca cessionaria l’antici-pazione, previa deduzione degli interessi, dell’im-porto del credito stesso, non costituisce un mezzo anormale di pagamento posto che la cessione viene stipulata a scopo di garanzia, non già per estinguere un debito preesistente e scadu-to ed è funzionalmente contestuale al sorgere del credito garantito.

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Cass., 19 ottobre 2007, Sez. I, n. 22013.- in Il Fallimento, n. 1/08, pag. 96.

In materia di decorrenza del termine per l’opposi-zione allo stato passivo del fallimento, i creditori esclusi o ammessi con riserva possono fare oppo-sizione entro 15 giorni dalla data di ricezione delle raccomandate con avviso di ricevimento, con le quali il curatore deve dare notizia dell’avve-nuto deposito dello stato passivo in cancel-leria; ne consegue che il termine non può farsi decorrere dalla data di ricevimento della racco-mandata, con la quale il curatore abbia comunica-to soltanto l’esito della domanda d’insinuazione, senza far cenno del deposito di cancelleria dello stato passivo del fallimento, non essendo previsto dall’art. 97 l.f. l’onere per il creditore insinuato di verificare il predetto deposito.

Cass., 9 ottobre 2007, Sez. I, n. 21090.- in Il Fallimento, n. 1/08, pag. 97.

L’art. 106 l.f., nel testo anteriore alla novella del 2006, affida alla discrezionalità del giudice delegato la scelta delle forme della vendita, nonché le concrete modalità della stessa; ne con-segue che il rilevante valore economico del bene non rappresenta un impedimento alla vendita ad offerte private né richiede necessariamente la fis-sazione di un prezzo minimo. (Nella specie la S.C. ha confermato la statuizione del Tribunale che, adito in sede di reclamo ex art. 26 l.f., non aveva censurato la scelta del giudice delegato di vendere a trattativa privata un compendio aziendale di rile-vante valore economico, né aveva fissato un prez-zo minimo di vendita).

Cass., 2 ottobre 2007, Sez. I, n. 20700.- in Guida al Diritto, n. 1/08, pag. 37.

In materia di opposizione alla dichiarazione di fallimento non opera la sospensione dei termini processuali, poiché tale sospensione, prevista dall’art. 1 della legge 742/1969, non si applica, ai sensi del successivo articolo 3, in rela-zione all’articolo 92 dell’ordinamento giudiziario alle cause inerenti la dichiarazione e revoca del fallimento, senza alcuna limitazione o distinzione sia fra le varie fasi e i vari gradi del giudizio, sia alle ragioni dell’opposizione.

Cass., 1 ottobre 2007, Sez. I, n. 20622.- in Il Fallimento, n. 1/08, pag. 96.

L’impugnazione del provvedimento del giudice delegato ex art. 98 l.f. non implica l’automatica applicazione delle norme che disciplinano il

giudizio di appello; ne consegue che non opera la preclusione di ciò all’art. 345 c.p.c., laddove il cu-ratore, che nel giudizio di opposizione allo stato passivo assume la posizione di convenuto abbia sollevato un’eccezione non proposta in sede di adunanza ex art. 96 l.f..

Cass., 13 settembre 2007, Sez. I, n. 19164.- in Il Fallimento, n. 1/08, pag. 99.

Nel giudizio di cassazione non si possono pro-spettare nuove questioni di diritto ovvero nuovi temi di contestazione che implichino indagini ed accertamenti di fatto non effettuati dal giudice di merito nemmeno se si tratti di questioni rilevabili d’ufficio. (Nella fattispecie la S.C. ha di-chiarato l’inammissibilità del ricorso, rilevando che nel giudizio d’appello in materia di opposizione allo stato passivo la questione dibattuta concerneva l’individuazione della durata - biennale ovvero quinquennale - dalla prescrizione del credito di lavoro connesso - dell’arruolamento marittimo, mentre la questione sollevata in sede di legittimità era relativa alla sussistenza di una rinuncia tacita alla prescrizione, deducibile da pagamenti parziali seguiti all’emissione di un titolo di credito emesso dal fallito).In tema di ricorso per cassazione notificato ad una parte nelle forme dell’impugnazione incidentale successiva al ricorso principale, la parte che inten-da impugnare a sua volta i capi della sentenza a sé sfavorevoli deve proporre ricorso incidentale entro i termini di cui all’art 370 c.p.c e, nel caso di notifica ai sensi dell’art. 332 c.p.c., rispettando il termine breve di decadenza di cui all’art. 371, secondo comma, c.p.c. (Nella fattispecie la S.C., facendo applicazione del principio dell’unicità del processo di impugnazione contro una stessa sen-tenza - il quale comporta che, una volta avvenuta la notificazione della prima impugnazione, tutte le altre debbano essere proposte in via incidentale nel medesimo processo - ha affermato la tardività del predetto ricorso, notificato dell’impugnante oltre i 40 giorni dalla ricezione della notifica del ricorso incidentale, termine decorrente, ex art. 138 c.p.c., dall’attestazione dell’ufficiale giudiziario del rifiuto a ricevere l’atto da parte del domiciliata-rio, destinatario di tutte le altre notifiche di atti diretti contro la medesima parte, ritualmente ese-guite nel medesimo procedimento).

Cass., 11 settembre 2007, Sez. I, n. 19088.- in Il Fallimento, n. 1/08, pag. 95.

La rimessa effettuata da un terzo sul conto corrente del debitore, poi fallito, è, ai fini della

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revocatoria fallimentare, un atto neutro, poiché può trovare giustificazione tanto nell’adempimento di una propria obbligazione, se chi effettua la ri-messa ha garantito l’esposizione del correntista, quanto ancora nell’adempimento di terzo dell’ob-bligazione del correntista; pertanto, la predetta rimessa non può essere valutata prescindendo dalle ragioni che hanno determinato un terzo ad effettuarla. In tema di presunzioni semplici, gli elementi assunti a fonte di prova non debbono essere necessariamente più d’uno, potendo il con-vincimento del giudice fondarsi anche su di un solo elemento purché grave e preciso, do-vendosi il requisito della “concorrenza” ritenersi menzionato dalla legge solo in previsione di un eventuale ma non necessario concorso di più ele-menti presuntivi. (Nella specie la S.C ha conferma-to la decisione di merito che ha desunto la cono-scenza dello stato d’insolvenza di un imprenditore, successivamente dichiarato fallito, in capo alla banca, da un unico fatto costituito dall’improvvisa revoca di tutte le linee di credito e richiesta d’im-mediato soddisfacimento di tutti i suoi crediti).

Cass., 30 agosto 2007, Sez. I, n. 18318.- in Il Fallimento, n. 1/08, pag. 93.

La nullità dell’unica istanza di fallimento non comporta, nel regime anteriore alla riforma introdotta dal d.lgs. n. 5 del 2006, nullità della sentenza dichiarativa del fallimento, dato il carattere inquisitorio del procedimento sia quanto all’iniziativa, sia quanto alla formazione e valuta-zione della prova.

Cass., 25 luglio 2007, Sez. I, n. 16426.- in Il Fallimento, n. 1/08, pag. 97.

La prededuzione, ammissibile anche nel con-cordato preventivo, deve corrispondere ai de-biti della massa, contratti cioè per le spese e dunque a causa dello svolgimento e della gestione della procedura, nell’interesse dei creditori; deve escludersi tale natura al credito per il prezzo di una vendita coattiva, nel caso in cui la citazione per la esecuzione in forma specifica dell’obbligo di contrarre, in relazione al preliminare stipulato quando le parti erano in bonis, sia stata notificata al debitore anteriormente all’apertura del concor-dato, mentre la sentenza costitutiva sia sopravve-nuta quando il concordato era già stato omologato e si era aperta la fase della liquidazione.

Cass., 24 luglio 2007, Sez. Un., n. 16300.- in Diritto e Pratica del Fallimento, n. 5/07, pag. 40.

Ai fini della liquidazione dei diritti del procuratore e degli onorari spettanti al difensore per la rappre-sentanza e la difesa della parte nel giudizio di op-posizione alla dichiarazione di fallimento, il valore della causa non va ragguagliato all’entità del passivo accertato, ma deve considerarsi inde-terminabile. (Massima non ufficiale)

Cass., 23 luglio 2007, Sez. I, n. 16213.- in Il Fallimento, n. 1/08, pag. 21, con nota di Ferdinando Bruno.

In caso di estensione del fallimento di una società di persone al socio illimitatamente responsabile, che sia anche titolare di un’impresa indivi-duale, quest’ultimo risponde con tutto il suo patrimonio sia delle obbligazioni contratte in qualità di titolare di detta impresa, sia di quelle contratte dalla società, senza che possano ipotizzarsi al riguardo due masse distinte (come avviene invece nel rapporto tra la società e il so-cio, che sono soggetti diversi): pertanto, il curato-re del fallimento è legittimato ad agire in revoca-toria per tutti i pagamenti eseguiti dal predetto socio ivi compresi quelli effettuati nell’esercizio dell’impresa individuale.In tema di azione di azione revocatoria fallimenta-re, il requisito temporale del compimento nel-l’anno anteriore alla dichiarazione di fallimento, previsto dell’art. 67, comma 2, l.f., va accertato, nel caso di pagamento eseguito in adempimento di cambiali, in riferimento non già all’emissione o alla girata del titolo, che in quanto promessa di pagamento non ha l’effetto di soddisfare immedia-tamente il prenditore, ma alla riscossione del credito, che comporta la lesione della par condi-cio creditorium.

Cass., 13 luglio 2007, Sez. I, n. 15669.- in Il Fallimento, n. 1/08, pag. 31.

In materia di esecuzione del contratto di conto corrente bancario, il suo scioglimento ai sensi dell’art. 78 l.f. per effetto del fallimento del cliente, non estingue con immediatezza ogni rapporto obbligatorio fra le parti, sussistendo anche per l’epoca successiva una serie di obbligazioni, anco-ra di derivazione contrattuale e corrispondenti po-sizioni di diritto soggettivo; in particolare la prete-sa del curatore, che subentra nell’amministrazione del patrimonio fallimentare ai sensi degli artt. 31 e 42 l.f., è un diritto che promana dall’obbligo di buona fede, correttezza e solidarietà, declinandosi

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in prestazioni imposte dalla legge (ai sensi dell’art. 1374 c.c.), secondo una regola di esecuzione di buona fede (ex art. 1375 c.c) che aggiunge tali obblighi a quelli convenzionali quale impegno e solidarietà (ex art. 2 Cost.), così imponendosi a ciascuna parte l’adozione di comportamenti che, a prescindere da specifici obblighi contrattuali e dal dovere extracontrattuale del neminem laedere, senza rappresentare un apprezzabile sacrificio a suo carico, siano idonei a presentare gli interessi dell’altra parte; posto che tra i doveri di compor-tamento scaturenti dall’obbligo di buona fede vi è anche quello di fornire alla controparte la documentazione relativa al rapporto obbligato-rio ed al suo svolgimento, il predetto diritto alla documentazione trova fondamento e regolazione inoltre nell’art. 8 legge 17 febbraio 1992, n. 154 e compiutamente nell’art. 119 T.U.L.B. (d.lgs. 1° settembre 1993, n. 385), che già pone a carico della banca l’obbligo di periodica comunicazione di un prospetto inerente allo svolgimento del rappor-to ed attribuisce al cliente ovvero a chi gli succeda anche solo nell’amministrazione dei beni il diritto di ottenere - a sue spese, per gli ultimi dieci anni, indipendentemente dell’adempimento del dovere di informazione da parte della banca anche dopo lo scioglimento del rapporto - la documentazione di singole operazioni registrate sull’estratto conto.

Cass., 5 luglio 2007, Sez. I, n. 15225.- in Il Fallimento, n. 2/08, pag. 155, con nota di Giorgio Tarzia.

In tema di cessione delle ricevute bancarie, trattandosi di documento unilaterale predisposto dal creditore e con il quale si attesta di aver rice-vuto una somma di denaro versata tramite una banca che ne cura presso il debitore l’incasso alla scadenza, il negozio non coincide con lo sconto bancario, in difetto di data certa ex art. 2704 c.c. e dunque di opponibilità al fallimento che chiede la revoca delle somme così introitate, restando dunque le anticipazioni degli importi già effettuale dalla banca al creditore ed il mandato in rem pro-priam che comunque si instaura, non influenti sia sulla titolarità del credito (che non si tra-sferisce alla banca cessionaria) sia sulla possibi-lità, che va esclusa, che la banca possa invocare compensazione ex art. 56 l.fall. tra quanto anticipato ed i versamenti nel frattempo affluenti sul conto corrente su cui l’operazione è convenuta.Con nota di Giorgio Tarzia.

Cass., 8 gennaio 2007, Sez I, n. 90.- in Il Fallimento, n. 2/08, pag. 155.

L’obbligo di comunicare al promissario acqui-rente la pendenza dell’azione esecutiva intra-presa dal creditore fondiario secondo le regole di correttezza previste dall’art. 1175 c.c., si configura a carico dell’organo esecutivo della proce-dura indipendente ed ancor prima del consolidarsi del trasferimento ex art. 2932 c.c..

Cass., 15 dicembre 2006, n. 26935.- in Il Diritto Fallimentare e delle Società commerciali, n. 5/07, pag. 379.

La conoscenza, da parte del creditore, dello sta-to di decozione del debitore, sebbene debba esse-re effettiva e non meramente potenziale, può tut-tavia essere provata anche esclusivamente at-traverso indizi caratterizzati dai requisiti della gravità, precisione e concordanza. La scelta degli elementi che costituiscono la base della presunzione, ed il giudizio logico con cui da-gli stessi si deduce l’esistenza del fatto ignoto co-stituiscono un apprezzamento di fatto che, se adeguatamente motivato, sfugge al controllo di legittimità.

Cass., 9 luglio 2005, n. 14481.- in Il Diritto Fallimentare e delle Società commerciali, n. 5/07, pag. 362.

Alla quietanza non può essere attribuita alcuna valenza liberatoria, pur possedendo data certa anteriore al fallimento, non essendo un atto di natura negoziale; valenza liberatoria, invece va riconosciuta al pagamento, che rappresenta un fatto estintivo dell’obbligazione, il quale deve esse-re provato attraverso strumenti finanziari inconte-stabili.

App. Torino, 5 settembre 2007, Sez. I.- in Il Fallimento, n. 2/08, pag. 186.

Il privilegio accordato al creditore fondiario dall’art. 42 R.D. 16 luglio 190, n. 646 (applicabile alla fattispecie ratione temporis) di iniziare e pro-seguire l’azione esecutiva nei confronti del debito-re dichiarato fallito ha natura puramente pro-cessuale, con la conseguenza di una distribuzio-ne provvisoria e senza alcuna deroga al principio di cui all’art. 52 l.f.. Se, tuttavia, il curatore svolga in sede esecutiva individuale una domanda diretta ad ottenere un accertamento sulla collocazione dei rispettivi privilegi intesi in senso sostanziale, tale accertamento assume il medesimo effetto di stabi-

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lità proprio dell’ordinaria distribuzione, senza che vi osti il principio dell’art. 52 l.f..

App. Milano, 30 agosto 2007, Sez. fer.. - in Il Fallimento, n. 1/08, pag. 43.

La disciplina sui presupposti di fallibilità, e in particolare il carattere marcatamente dispositivo del relativo procedimento, impongono di dare ri-lievo alla sola documentazione inerente agli esercizi chiusisi prima della data di deposito dell’istanza di fallimento, non a fatti e docu-menti successivi.

App. Torino, 24 maggio 2007, Sez. I.- in Il Fallimento, n. 11/07, pag. 1331.

L’abrogazione del registro dei falliti di cui all’art. 50 l.f. non ha effetto retroattivo ed il procedimento per la riabilitazione civile continua a trovare applicazione nei confronti dei soggetti già falliti alla data del 16 gennaio 2006.

Trib. Bari, 6 novembre 2007, Sez. II.- in Il Fallimento, n. 1/08, pag. 37.

Il divieto dell’azione esecutiva per i debiti contratti dall’impresa in amministrazione straordinaria pur implicando che anche i «crediti di massa», sebbene prededucibili, devono essere soddisfatti nell’ambito della procedura concorsua-le, non contrasta con gli artt. 3 e 24 della Costituzione, in quanto l’indebolimento di tutela rispetto ai parametri ordinari è giustificato dalla finalità della procedura e dal carattere di straordi-narietà che legittima l’intervento di risanamento dell’impresa altrimenti destinata al fallimento.La normativa comunitaria e la decisione della Commissione Europea del 16 maggio 2000 preve-dono l’illegittimità del regime fondato sui c.d. «aiuti di Stato» dai quali si distingue il di-vieto di azioni esecutive individuali, trattandosi di una disposizione ripetitiva dell’ordinaria disciplina fallimentare, di per sé inidonea ad inserirsi nel suddetto regime degli «aiuti». Conseguentemen-te, deve ritenersi che la decisione della Commis-sione ha effetto caducatorio soltanto per le singole norme che all’interno della legge n. 95/1979 pre-vedono vantaggi diversi rispetto all’ordinaria disci-plina fallimentare.

Trib. Roma, 17 ottobre 2007.- in Il Fallimento, n. 1/08, pag. 102.

Spetta al fallimento che eccepisca la tardivi-tà dell’opposizione allo stato passivo per violazio-ne del termine di 15 giorni prescritto dall’art. 98 l.f. provare, attraverso la produzione della rela-tiva cartolina di ricevuta, la data della comuni-cazione della legge posta a carico del curatore - potendo supplire eventualmente il collegio alla mancanza acquisendo la relativa documentazione - e dovendosi in caso di mancanza di acquisizione ritenere l’opposizione tempestiva.

Trib. Monza, 12 ottobre 2007.- in Il Fallimento, n. 2/08, pag 244.

La nuova disciplina introdotta dal D.L n. 35/2005, in tema di revocatoria di rimesse in conto corrente bancario, non è applicabile ai falli-menti dichiarati prima della sua entrata in vigore.

Trib. Napoli, 17 luglio 2007.- in Il Fallimento, n. 11/07, pag. 1375.

In materia di azione revocatoria fallimentare, le diverse previsioni contenute nei due commi del-l’art. 67 l.f. configurano ipotesi differenti di revo-ca, cui corrispondono azioni autonome, sicchè il passaggio dall’una all’altra ipotesi implica il mu-tamento della causa petendi e perciò la prospet-tazione di una domanda nuova, inammissibile se formulata nella memoria ex art. 183, comma 5 c.p.c..

Trib. Palmi, 16 luglio 2007.- in Il Fallimento, n. 11/07, pag. 1332.

Dopo il 16 luglio 2006, data di entrata in vigo-re del d.lgs. n. 5/2006, è inammissibile la do-manda di riabilitazione civile, ma il debitore ha il diritto di richiedere ed ottenere il certificato civile del casellario, senza alcuna menzione dei provvedimenti concernenti il fallimento ed, in par-ticolare, della sentenza dichiarativa del fallimento.

Trib. La Spezia, 5 luglio 2007, Sez. fall..- in Il Fallimento, n. 2/08, pag. 208.

Il decreto con il quale il giudice delegato, ai sen-si dell’art. 125, comma 3 l.f., preso atto del vinco-lante parere negativo del curatore sulla proposta di concordato fallimentare, dispone di non dare

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corso alla procedura, è reclamabile ex art. 26 l.f..In caso di parere negativo del curatore sulla pro-posta di concordato fallimentare, il giudice delega-to, prima di emettere il decreto di “arresto“ della procedura, deve effettuare un controllo sulla regolarità della stessa, senza entrare nel meri-to della convenienza, in modo da impedire che un eventuale errore o travisamento dei fattori da par-te del curatore possa avere come effetto la sottra-zione del potere di voto e di decisione per i credi-tori.

Trib. Parma, 31 maggio 2007, Sez. I, n. 751. - in Diritto e Pratica del Fallimento, n. 5/ 07, pag. 65.

Per effetto dello spossessamento dei suoi beni ai sensi dell’art. 42 l.f., il debitore non può più di-sporre del proprio patrimonio e gli atti da lui compiuti in epoca successiva alla dichiarazione di fallimento sono inefficaci nei confronti della massa dei creditori. Dunque, perché un atto abbia effetto nei confronti della massa, esso deve essere certamente anteriore al fallimento. L’art. 44 l.f. istituzionalizza in tal modo il conflitto tra i cre-ditori anteriori al fallimento e coloro che non di-spongono di un titolo anteriore e, a protezione degli interessi della massa concorsuale, nel giudi-zio di verifica dello stato passivo e negli eventuali giudizi di opposizione è preposto il curatore che assume la qualità di terzo. Poiché nella procedura di amministrazione straordinaria di cui al decreto “Marzano” l’accertamento del passivo si snoda in maniera pedissequa a quanto avviene nel falli-mento, il commissario straordinario assume la qualità di soggetto terzo al quale i documenti pos-sono essere opposti solo se muniti di data certa ai sensi dell’art. 2706 c.c..

Trib. Milano, 23 maggio 2007.- in Il Fallimento, n. 2/08, pag 244.

La natura privilegiata del credito non priva il curatore dell’interesse ad agire per l’esercizio dell’azione revocatoria fallimentare del pagamento che lo abbia estinto.

Trib. Milano, 23 maggio 2007.- in Il Fallimento, n. 2/08, pag. 244.

Il bilancio sociale può costituire indizio della conoscenza dello stato d’insolvenza solo qualora dal suo esame emerga chiaramente tale stato.

Trib. Ancona, 9 maggio 2007, Sez. II.- in Giurisprudenza Di Merito, n. 12/07, pag. 3227, con nota di Stefano Scarafoni.

La manifestata opposizione alla proposta di con-cordato e a qualsiasi altra proposta, resa nel corso dell’udienza prefallimentare, da parte del creditore che vanta un credito superiore al 50% dei crediti degli aventi diritto al voto, determina una prognosi negativa riguardo all’approvazione della proposta stessa conseguentemente deve dichiararsene l’immediata inammissibilità in quanto ogni ulterio-re attività, ivi compresa la successiva convocazio-ne dell’adunanza dei creditori sarebbe dilatoria e inutilmente dispendiosa.

Trib. Milano, 7 maggio 2007.- in Il Fallimento, n. 2/08, pag. 244.

La segnalazione, da parte della Centrale dei Rischi presso la Banca d’Italia, di sconfinamenti del debitore poi fallito costituisce indizio di co-noscenza dello stato d’insolvenza da parte della banca qualora sia accompagnato da altre anomalie nello svolgimento del rapporto.

Trib. Milano, 10 aprile 2007.- in Il Fallimento, n. 1/08, pag. 102.

La revocatoria del pagamento del terzo avvenu-to nel periodo sospetto è ammissibile, allorché il pagamento sia stato eseguito con somme fornite dal fallimento ed il terzo abbia esercita-to la rivalsa nei confronti dell’imprenditore insol-vente.

Trib. Milano, 14 marzo 2007.- in Il Fallimento, n. 11/07, pag. 1375.

Il pagamento del corrispettivo della cessio-ne di credito stipulata nell’anno antecedente alla dichiarazione di fallimento tra il creditore dell’in-solvente e chi, essendo a sua volta debitore dello stesso insolvente, abbia fatto valere in compensa-zione il credito cedutogli, non è revocabile a norma dell’art. 67, comma 2 l.f., perché non può considerarsi atto estintivo del debito del fallito e non è a lui riferibile, neppure indirettamente.

Trib. Milano, 14 marzo 2007.- in Il Fallimento, n. 11/07, pag. 1376.

Il conferimento di un mandato in rem pro-priam all’incasso di crediti nei confronti di un terzo, con l’attribuzione delle facoltà di utilizza-

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re le somme incassate per l’estinzione, totale o parziale, di un debito verso il mandatario, benché non ancora sorto, anche attraverso la compensa-zione delle rispettive ragioni creditorie, producen-do effetti sostanzialmente analoghi alla cessione di crediti ha, oltre che uno scopo di garanzia, soprat-tutto una funzione solutoria, risolvendosi nella precostituzione di un mezzo sicuro di pagamento per il mandatario in ordine ai finanziamenti da effettuare a favore del mandante; ne consegue che, trattandosi di un mezzo satisfattorio diverso dal danaro ed estraneo alle comuni relazioni commerciali, risulta suscettibile di revocatoria fallimentare ai sensi dell’art. 67 comma 1, n. 2 l.f.., se pattuito nel biennio sospetto, a nulla rile-vando che la pattuizione sia coeva al sorgere del rapporto.

Trib. Milano, 13 marzo 2007.- in Il Fallimento, n. 11/07, pag. 1376.

Agli effetti dell’azione revocatoria fallimentare, la consulenza tecnica d’ufficio che demandi ad un soggetto diverso dal giudice l’accertamento della conoscenza dello stato d’insolvenza è inammissibile.Ai fini della scientia decoctionis delle revocatorie bancarie, in mancanza di altri significativi elementi presuntivi, la presenza di un bilancio con indici negativi non è sufficiente a ritenere provata la conoscenza dello stato d’insolvenza.La circostanza che il rapporto di conto corrente bancario, dopo aver fatto registrare un saldo at-tivo, abbia ripreso ad evidenziare saldi in «da-re», costituisce indizio di non conoscenza dello stato d’insolvenza.

Trib. Reggio Calabria, 9 marzo 2007, Sez. I.- in Il Fallimento, n. 11/07, pag. 1363, con nota di Federica Commisso.

La chiusura del fallimento determina l’ineffi-cacia per improseguibilità, di tutti i giudizi pendenti per insinuazione al passivo (anche, come nella specie, della domanda tardiva per l’ammissione di un credito privilegiato a totale ca-rico del Fondo di garanzia dell’INPS).

Trib. Milano, 23 gennaio 2007, Sez. II. - in Diritto e Pratica del Fallimento, n. 5/07, pag. 57.

Gli accordi di ristrutturazione dei debiti, pre-visti dall’art. 182-bis l.f., integrano un autonomo istituto giuridico, non assimilabile al concordato preventivo ma, nella struttura bilaterale plurisog-

gettiva causa unitaria, appaiono assimilabili ad un pactum de non petendo. Di conseguenza, le norme in materia di concordato preventivo non sono ad esso applicabili in via analogi-ca. Il Tribunale, nel giudizio di omologa degli ac-cordi di ristrutturazione dei debiti, non deve limi-tarsi ad una mera constatazione della sussistenza dei requisiti formali richiesti dalla legge, svolgendo una funzione certificativa della loro sussistenza e ratificando passivamente l’espressione della mag-gioranza delle adesioni, ma deve anche valutare il merito del ricorso e soffermarsi con attenzione sulla concreta attuabilità del piano, con riguardo alle concrete prospettive di realizzo.

Trib. Roma, 30 novembre 2005.- in Il Diritto Fallimentare e delle Società commerciali, n. 5/07, pag. 409.

Le società di capitali sono assoggettabili al fal-limento indipendentemente dall’esercizio effettivo di un’attività commerciale, in quanto acquista-no la qualifica di imprenditori commerciali già al momento della loro costituzione.

* * *

PROCEDIMENTO CIVILE

Cass., 6 dicembre 2007, Sez. II, n. 25471.- in Guida al Diritto, n. 3/08, pag. 62.

Alla controversia che, pur riguardando un rap-porto compreso tra quelli di cui all’articolo 409 o all’articolo 442 del c.p.c. sia stata decisa con il rito ordinario é applicabile il regime della sospensione dei termini di impugnazione nel periodo feriale, giacché il rito adottato dal giudice assume una funzione enunciativa della natura del-la controversia, indipendentemente dalla esattezza della relativa valutazione e perciò detto rito costi-tuisce tra le parti criterio di riferimento anche ai fini del computo dei termini per la proposizione dell’impugnazione, secondo il regime previsto dal-l’articolo 3 della legge 7 ottobre 1969 n. 742.

Cass., 30 ottobre 2007, Sez. III, n. 22944.- in Guida al Diritto, n. 3/08, pag. 61.

Nel rapporto fra il giudizio d’impugnazione di una sentenza parziale e quello che sia proseguito

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avanti al giudice che ha pronunciato detta senten-za, l’unica possibilità di sospensione di tale giudizio è quella a richiesta concorde delle parti, prevista dal terzo inciso del quarto comma dell’articolo 279 del c.p.c., restando esclusa sia la sospensione ai sensi dell’art. 295 del c.p.c., sia la sospensione ai sensi del comma 2 dell’articolo 337, per l’assorbente ragione che il giudizio è uni-co e che per tale ragione la sentenza resa in via definitiva è sempre soggetta alle conseguenze di una decisione incompatibile sulla statuizione og-getto della scadenza parziale.

Cass., 18 settembre 2007, Sez. III, n. 19359.- in Guida al Diritto, n. 48/07, pag. 77.

L’articolo 2943 del c.c., nel prevedere l’efficacia interruttiva della prescrizione in relazione al compimento di atti giudiziali, si riferisce solo ad atti tipici e specificamente enumerati, quali l’atto introduttivo del giudizio o la domanda ricon-venzionale e non a qualsiasi atto del processo ge-nericamente considerato. La valutazione tuttavia, della concreta idoneità di un atto a interrompere la prescrizione, quando non si tratti degli atti pre-visti espressamente e specificatamente dalla leg-ge, costituisce apprezzamento di fatto, come tale riservato al giudice del merito e insindacabile in sede di legittimità, se immune da vizi logici e da errori giuridici.

Cass., 18 settembre 2007, Sez. III, n. 19358.- in Guida al Diritto, n. 48/07, pag. 76.

La prova dell’avvenuta notificazione può essere fornita solo mediante la produzione in giudizio della relata dell’ufficiale giudiziario prevista dall’articolo 148 del c.p.c., rimanendo escluso che ai fini di tale prova possa supplirsi con alcun elemento indiziario. La mancanza della relata di notifica (nella specie: dell’atto di citazio-ne relativo al giudizio di primo grado) si risolve nella inesistenza della prova dello stesso rapporto processuale, costituente presupposto perché possa formarsi tra le parti il giudicato, deducibile in ogni stato e grado del giudizio e determina una situazione cui l’articolo 327, com-ma 2 c.p.c. - che attiene all’ipotesi della nullità della citazione o della notifica di essa - va appli-cato per analogia, integrando la detta situazione ex se in linea generale, la prova della non cono-scenza da parte del convenuto.

Cass., 14 settembre 2007, Sez. III, n. 19224.- in Guida al Diritto, n. 48/07, pag. 75.

Perché il contumace possa evitare la deca-denza dal diritto di proporre impugnazione per decorso del termine annuale, non è sufficiente (a norma dell’articolo 327, comma 2, del c.p.c.) la sola nullità della notificazione (dell’atto introdutti-vo del giudizio) ma occorre, altresì, la prova del-la mancata conoscenza del processo a causa di tale nullità. Tale prova può essere fornita an-che a mezzo di presunzioni, purché gravi, precise e concordanti. (Nella specie, in applicazione del riferito principio, la Suprema Corte ha affermato che la notificazione dell’atto introduttivo del giudi-zio presso la filiale anziché presso la sede legale della società convenuta è sì causa di nullità della sentenza, ma non è tale da poter essere fatta va-lere attraverso lo strumento dell’impugnazione tardiva, non provando la mancata possibilità di conoscenza del processo da parte della società).

Cass., 14 settembre 2007, Sez. III, n. 19218.- in Il Massimario del Foro Italiano, n. 7/07, pag. 1434.

In tema di notificazioni, nel processo disciplinato dagli artt. 138 e 139 c.p.c., che è imperniato sulla consegna diretta della copia dell’atto al destinata-rio, la consegna della copia a persone la cui presenza in casa sia occasionale (nella specie, a persona che si assumeva “coniuge di fatto” del destinatario e in un luogo diverso da quello ove quest’ultimo aveva il domicilio o la dimora) - pur non richiedendosi che sia legata a lui da rapporto di parentela o di stabile convivenza - non è assi-stita dalla presunzione di consegna al desti-natario stesso e non consente il perfezionamento della notifica, che deve ritenersi quindi nulla, salva la sanabilità di tale nullità con la costitu-zione in giudizio della parte o con la mancata de-duzione di esse con l’atto di impugnazione.

Cass., 7 settembre 2007, Sez. III, n. 18892.- in Guida al Diritto, n. 48/07, pag. 78.

L’illeggibilità della firma del conferente alla procura alla lite, apposta in calce o a margine del-l’atto con il quale sta in giudizio una società esat-tamente indicata con la sua denominazione, è irrilevante, non solo quando il nome del sot-toscrittore risulti dal testo della procura stessa o dalla certificazione d’autografia resa dal difenso-re, ovvero dal testo di quell’atto, ma anche quan-do detto nome sia con certezza desumibile dal-

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l’indicazione di una specifica funzione o ca-rica, che ne renda identificabile il titolare tramite dei documenti di causa o delle risultanze del regi-stro delle imprese.

Cass., 7 settembre 2007, Sez. III, n. 18882.- in Guida al Diritto, n. 48/07, pag. 77.

La quietanza costituisce atto unilaterale di rico-noscimento del pagamento e integra, tra le parti, confessione stragiudiziale, proveniente dal creditore e rivolta al debitore. L’esistenza del fatto estintivo (pagamento) da essa attestato, quindi, può essere contestata solo mediante la prova degli stessi fatti (errore di fatto o violenza) ri-chiesti dall’articolo 2832 del c.c. per privare di efficacia la confessione, essendo irrilevanti il dolo e la simulazione. Inoltre non è ammissibile la prova testimoniale o per presunzioni, diretta a dimostrare la simulazione assoluta della quietan-za, che dell’avvenuto pagamento costituisce do-cumentazione scritta, ostandovi l’articolo 2726 del c.c..

Cass., 3 settembre 2007, Sez. III, n. 18512.- in Rivista dell’Esecuzione Forzata, n. 3/07, pag. 581.

Nel caso di pronuncia della sentenza costitutiva ai sensi dell’art. 2932 c.c., le statuizioni di con-danna consequenziali, dispositive dell’adempi-mento delle prestazioni a carico delle parti fra le quali la sentenza determina la conclusione del contratto, sono da ritenere immediatamente esecutive ai sensi dell’art. 282 c.p.c., di modo che, qualora l’azione ai sensi dell’art. 2932 c.c. sia stata proposta dal promittente venditore, la statui-zione di condanna del promissario acquirente al pagamento del prezzo è da considerarsi immedia-tamente esecutiva.

Cass., 8 agosto 2007, Sez. III, n. 17417. - in Il Massimario del Foro Italiano, n. 7/07, pag. 1350.

La lettera raccomandata - anche in mancanza dell’avviso di ricevimento - costituisce prova certa della spedizione attestata dall’ufficio po-stale attraverso la ricevuta, da cui consegue la presunzione, fondata sulle univoche e concludenti circostanze della spedizione e dell’ordinaria regola-rità del servizio postale, di arrivo dell’atto al desti-natario e di conoscenza ex art. 1335 c.c. dello stesso, per cui spetta al destinatario l’onere di di-

mostrare di essersi trovato senza sua colpa nel-l’impossibilità di acquisire la conoscenza dell’atto (nella specie trattasi di piego postale contenente disdetta dal contratto di affitto di fondi rustici, ai sensi dell’art. 4 l. 3 maggio 1982 n. 203).

Cass., 17 luglio 2007, Sez. I, n. 15952.- in Il Massimario del Foro Italiano, n. 7/07, pag. 1315.

Il ricorso per cassazione deve contenere, a pena di inammissibilità, l’esposizione dei motivi per i quali si chiede la cassazione della sentenza impu-gnata, aventi i requisiti della specificità, com-pletezza e riferibilità alla decisione impugna-ta, (nella specie, la Suprema Corte ha ritenuto inammissibile il motivo di ricorso con cui il ricor-rente ha, in parte, rivolto censure contro la sen-tenza di primo grado anziché contro quella di ap-pello, oggetto dell’impugnazione). Il ricorso per cassazione - per il principio di autosufficienza - deve contenere in sé tutti gli elementi necessari a costituire le ragioni per cui si chiede la cassazio-ne della sentenza in merito e, altresì, a permettere la valutazione della fondatezza di tali ragioni, sen-za la necessità di far rinvio ad accedere a fonti esterne allo stesso ricorso e, quindi, ad elementi o atti attinenti al progresso giudizio di merito; per-tanto il ricorrente che denuncia, sotto il profilo di omessa o insufficiente motivazione su un punto decisivo alla controversia, l’omessa o erronea valu-tazione delle risultanze istruttorie ha l’onere di indicarne specificamente il contenuto (nella specie, la Suprema Corte ha ritenuto inammissibile il motivo di ricorso con cui il ricorrente ha, in par-te, rivolto censure, contro la sentenza di primo grado anziché contro quella di appello, oggetto dell’impugnazione, e, in parte, ha prospettato l’er-rore d’interpretazione del giudice di appello senza cogliere la ratio decidendi della sentenza di se-condo grado e ha, altresì, sollecitato una diversa lettura delle risultanze documentali ad opera della corte di legittimità, senza riporre in modo puntuale ed esauriente il contenuto degli atti asseritamente male o insufficientemente valutati dal giudice di merito).

Cass., 7 luglio 2007, Sez. II, n. 15310.- in Il Massimario del Foro Italiano, n. 7/07, pag. 1302.

In tema di negozio costitutivo del fondo pa-trimoniale proveniente da entrambi i coniugi, sussistono i presupposti trattandosi di atto a titolo gratuito, per la sua dichiarazione di inef-ficacia ai sensi dell’art. 2901 c.c., poiché con l’azione revocatoria ordinaria viene rimossa, a van-taggio dei creditori, la limitazione delle azioni ese-

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cutive che l’art. 170 c.c. circoscrive ai debiti con-tratti per i bisogni della famiglia; per la gratuità dell’atto (nella specie, costitutivo di fondo patri-moniale con riguardo ad un immobile e stipulato in data posteriore al protesto di un assegno ban-cario) a determinare l’eventus damni è suffi-ciente anche la mera variazione qualitativa del patrimonio del debitore, in tal caso deter-minatosi il pericolo di danno costituito dalla even-tuale infruttuosità di una futura azione esecutiva, mentre sotto il profilo dell’elemento soggettivo è sufficiente la mera consapevolezza di arrecare pregiudizio agli interessi del creditore (scientia damni), ovvero la previsione di un mero danno potenziale.

Cass., 21 giugno 2007, Sez. lav., n. 14517.- in Il Massimario del Foro Italiano, n. 7/07, pag. 1294.

L’atto interruttivo della prescrizione richiesta dal-l’art. 2943 c.c., comma 3 non deve essere neces-sariamente identificato con le costituzioni in mora e con i criteri che individuano quest’ultima, sicché ha efficacia interruttiva della prescrizione la dichiarazione del creditore resa in giudizio di voler insistere nella propria pretesa creditoria, anche se tale dichiarazione è resa nei confronti del difensore del debitore e non verso questo perso-nalmente, ed anche se la dichiarazione - che risulti dalla verbalizzazione ufficiale del processo - non abbia forma scritta. L’estinzione del processo esclude l’effetto di interruzione - sospensio-ne previsto dall’art. 2945, comma 2, c.c. - per il quale, ove l’interruzione sia avvenuta a mezzo di notificazione dell’atto che dà inizio al giudizio o di proposizione di domanda in corso di causa, la pre-scrizione non corre fino al momento in cui passa in giudicato la sentenza che definisce il giudizio - mentre i singoli atti processuali (nella specie, la dichiarazione personalmente resa dal creditore in giudizio e risultante dal verbale del processo) pro-ducono l’effetto interruttivo istantaneo e conten-gono l’espressione della volontà del creditore di perseguire il soddisfacimento del credito.

Cass., 17 maggio 2007, Sez. III, n. 11434.- in Il Massimario del Foro Italiano, n. 7/07, pag. 1286.

La querela di falso è proponibile anche nel giudizio di cassazione, ma limitatamente ad atti del relativo procedimento, come il ricorso o il controricorso, ovvero a documenti producibili ai sensi dell’art. 372 c.p.c.; essa, invece, non può riguardare atti e documenti che il giudice di merito

abbia posto a fondamento della decisione impu-gnata, potendo l’eventuale falsità di essi, se defini-tivamente accertata nella sede giudiziaria compe-tente, essere fatta valere come motivo di revoca-zione. A seguito dell’abrogazione dell’art. 357 c.p.c., che contemplava e disciplinava il reclamo al collegio contro le ordinanze dell’istruttore di-chiarative dell’improcedibilità, inammissibi-lità ed estinzione dell’appello, la pronuncia di siffatti provvedimenti spetta ora al collegio nella nuova struttura collegiale del giudizio d’appello ed ha natura formale di sentenza non essendo, detti provvedimenti, più soggetti a reclamo ed essendo perciò decisori e definitivi, con l’ulteriore con-seguenza che dette sentenze del giudice d’appello sono ricorribili in cassazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c..

Cass., 7 marzo 2007, Sez. I, n. 5273.- in I Contratti, n. 11/07 pag. 971.

La “exceptio doli generalis seu praesentis” indica il dolo attuale, commesso al momento in cui viene intentata l’azione del processo, e costi-tuisce un rimedio di carattere generale, utilizzabile anche al di fuori delle ipotesi espressamente codi-ficate, il quale è diretto a precludere l’esercizio fraudolento o sleale dei diritti di volta in volta attribuiti dall’ordinamento, paralizzando l’efficacia dell’atto che ne costituisce la fonte o giustificando il rigetto della domanda giudiziale fondata sul me-desimo, ogni qualvolta l’Attore abbia sottaciuto situazioni sopravvenute al contratto ed aventi for-za modificativa o estintiva del diritto, ovvero abbia avanzato richieste di pagamento “prima facie” abusive o fraudolente, o ancora abbia contravve-nuto al divieto di “venire contra factum pro-prium”. Tale rimedio si distingue dalla “exceptio doli specialis seu peteriti”, la quale indica in-vece il dolo commesso al tempo della esclu-sione dell’atto, ed è diretta a far valere (in via di azione o eccezione) l’esistenza di raggiri impiegati per indurre un soggetto a porre in essere un de-terminato negozio, al fine di ottenere l’annulla-mento, ovvero a denunziare la violazione dell’ob-bligo di comportarsi secondo buona fede nello svolgimento delle trattative e nella formazione del contratto, la quale assume rilievo, quale dolo in-cidente, nel caso in cui l’attività ingannatrice ab-bia influito su modalità del negozio che la parte non avrebbe accettato, se non fosse stata fuorvia-ta dal raggiro, e non comporta l’invalidità del con-tratto ma la responsabilità del contraente in mala fede per i danni arrecati dal suo comportamento illecito, i quali vanno commisurati al minor van-taggio e al maggior aggravio economico subiti dalla parte che ne è rimasta vittima, salvo che sia dimostrata l’esistenza di danni ulteriori, collegati a

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detto comportamento da un nesso di consequen-zialità diretta.

Cass., 28 febbraio 2007, Sez. III n. 4733.- in Il Massimario del Foro Italiano, n. 7/07, pag. 1275.

Il provvedimento che dichiara l’interruzione del processo ha non soltanto la forma, ma anche il contenuto intrinseco di ordinanza, in quanto non pronunzia sulla pretesa sostanziale fatta valere in giudizio, né definisce il processo, ma importa sol-tanto un temporaneo stato di quiescenza del-lo stesso fino a riassunzione, o, in mancanza di questa, fino all’estinzione, ed ha quindi carattere ordinario e preparatorio; conseguentemente av-verso detto provvedimento, anche se emesso irri-tualmente nella forma di sentenza, è inammissi-bile sia l’appello, sia il ricorso per cassazio-ne ai sensi dell’art. 11, comma 7, cost.. Allor-quando sussiste una ragione oggettiva di inam-missibilità dell’impugnazione per essere stata essa proposta avverso un provvedimento non suscetti-bile di impugnazione con il mezzo esperito, la rela-tiva questione prevale ed il giudizio dev’essere definito sulla base di essa, senza necessità di esaminare un’eventuale ragione di ammissibilità dell’impugnazione relativa o all’individuazione del soggetto passivo di esse o alla notificazione del-l’impugnazione nei suoi confronti.

Cass., 27 febbraio 2007, Sez. I n. 5191.- dal sito - www.legge-e-giustizia.it.

Nel processo civile deve ritenersi consolidato il principio giurisprudenziale secondo cui la manca-ta contestazione di un fatto allegato dalla controparte comporta la sua ammissione. In proposito la sentenza delle Sezioni Unite n. 761 del 2002 facendo leva sull’onere del convenuto - previsto dell’art. 461 c.p.c., per il rito del lavoro, e dall’art. 167, primo comma, c.p.c. (come novellato dalla legge 26 novembre 1990, n. 353), per il rito ordinario - di prendere posizione, nell’atto di costi-tuzione, sui fatti allegati dall’attore a fondamento della domanda, ha affermato che il difetto di con-testazione di quei fatti ne implica l’ammissione in giudizio se si tratta di fatti c.d. principali, ossia costitutivi del diritto azionato, mentre per i fatti c.d. secondari, dell’art. 116, comma 2, c.p.c.. A questa fondamentale apertura sono seguiti ulte-riori sviluppi, con l’affermazione del più ampio principio secondo cui l’onore di contestazione tempestiva non è desumibile solo agli artt. 167 e 416 c.p.c., ma deriva da tutto il sistema proces-suale (come risulta dal carattere dispositivo del

processo, che comporta una struttura dialettica a catena; dal sistema di preclusione, che comporta per entrambe le parte l’onore di collaborare, fin dalle prime battute processuali, a circoscrivere la materia controversa; dai principi di lealtà e probità posti a carico delle parti e, soprattutto, dal gene-rale principio di economia che deve informare il processo, avuto riguardo il novellato art. 111 Co-st);conseguentemente, ogni volta che sia posto a carico di una delle parti (attore o convenuto) un onore di allegazione (e prova), l’altra ha l’onore di contestare il fatto allegato nella prima difesa utile, dovendo, in mancanza, ritenersi tale fatto pacifico e non più gravata la controparte del relativo onore probatorio, senza che rilevi la natura di tale fatto (Cass. 12636/2005, procedura da Cass. 3245/2003, riferita al solo processo di lavoro, e seguita da Cass. 1540/2007, che ha esteso il principio al processo tributario). Alla descritta evoluzione della giurisprudenza di questa Corte va data continuità, confermando la sussistenza di un onere, per la parte costituita, di contestare tempestivamente i fatti allegati dalla parte avversaria, che altrimenti è esonerata dal fornire la prova.

* * *

PROCESSO ESECUTIVOE PROCEDIMENTISOMMARI

Cass., 29 settembre 2007, Sez. III, n. 20594.- in Guida al Diritto, n. 48/07, pag. 72.

In sede di opposizione all’esecuzione promos-sa in base al titolo esecutivo giudiziale, il debitore può invocare soltanto i fatti estintivi o modifi-cativi del diritto del creditore (nella specie, opposizione di crediti di compensazione) che si siano verificati posteriormente alla formazio-ne del titolo, e non anche quelli intervenuti ante-riormente, i quali sono deducibili esclusivamente nel giudizio preordinato alla formazione del titolo stesso.

Cass., 18 settembre 2007, Sez. III, n. 19362.- in Guida al Diritto, n. 48/07, pag. 72.

E’ valido il precetto sottoscritto dal difenso-re non munito di mandato se il titolare del diritto risultante dal titolo esecutivo gli conferisce la pro-

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cura dopo la notifica di esso (articolo 480 del c.p.c), perché la ratifica del dominus è ammis-sibile per il compimento di qualsiasi atto giuridico di natura sostanziale.

Cass., 3 settembre 2007, Sez. III, n. 18538.- in Rivista dell’Esecuzione Forzata, n. 3/07, pag. 592.

Il provvedimento con il quale il giudice dell’ese-cuzione determina la somma che deve sostitui-re il bene pignorato è atto del processo esecu-tivo, idoneo a pregiudicare i titolari dei crediti esclusi. Invero, la determinazione della somma, che il giudice dell’esecuzione deve operare ai sensi dell’art. 495 c.p.c., comporta una valutazione sommaria delle pretese del creditore pignoran-te e dei creditori intervenuti e non deve tenere conto dell’esistenza o dell’ammontare dei singoli crediti, giacché tali questioni possono porsi solo in sede di distribuzione della somma a norma del-l’art. 512 c.p.c.. Con ciò non si esclude la possibili-tà che contro l’ordinanza di conversione sia espe-ribile anche l’opposizione all’esecuzione nel caso in cui il debitore assuma che il credito non esista o che l’importo di questo sia inferiore a quanto dovuto.

Cass., 1 settembre 2007, Sez. I, n. 18943.- in Il Massimario del Foro Italiano, n. 7/07, pag. 1269.

Ai fini della legittimità dell’opposizione tardiva a decreto ingiuntivo, non è sufficiente l’accerta-mento della irregolarità della notificazione del de-creto stesso, occorrendo, altresì , la prova - il cui onere grava l’opponente - che proprio a cagione della nullità della notificazione l’ingiunto non ha avuto tempestiva conoscenza del provvedi-mento: ai fini di tale prova, concernendo essa un fatto negativo, possono anche essere utilizzate presunzioni, sicché tale prova può ritenersi rag-giunta tutte le volte che, tenuto conto della moda-lità di esecuzione della notificazione e di eventuali altri elementi, si possa ragionevolmente ipotizzare che l’atto non sia pervenuto tempestivamente nel-la sfera di conoscibilità del destinatario.

Cass., 1 settembre 2007, Sez. I, n. 18942.- in Il Massimario del Foro Italiano, n. 7/07, pag. 1269.

Nel procedimento di opposizione a decreto ingiun-tivo, la riduzione alla metà dei termini di comparizione, prevista dall’art. 645, comma 2, c.p.c., e rimessa alla facoltà dell’opponente, e, nel (solo) caso in cui questi se ne sia effettivamente avvalso, risultano conseguentemente ridotti alla metà anche i termini di costituzione, la cui inosservanza comporta, ai sensi del dispositivo dell’art. 647 c.p.c. la esecutività del decreto ingiuntivo, senza che rilevi la eventuale rinnova-zione, su disposizione del giudice, ove tardiva, atteso che tale rinnovazione è stata ritenuta pos-sibile dalla corte costituzionale (sent. n. 18 del 2002) purché effettuata nel rispetto del termine di quaranta giorni dalla notifica del decreto.

Cass., 31 marzo 2007, Sez. III, n. 8059.- in Il Massimario del Foro Italiano, n. 7/07, pag. 1278.

La sentenza di rigetto dell’opposizione a de-creto ingiuntivo che contenga la condanna alle spese del giudizio di opposizione costitui-sce titolo esecutivo che consente al creditore di precedere ad esecuzione forzata quanto alle spese relative al giudizio di opposizione, atteso che la medesima non è equiparabile ad una sentenza di rigetto della domanda e che, ai sensi dell’art. 282 c.p.c. - come modificato dall’art. 33 l. n. 353 del 1990 - sono provvisoriamente esecutivi tutti i capi della sentenza che contengono una condanna, ivi compreso quelle relative alle spese di giudizio. Il provvedimento del giudice col quale vengono compensate le spese è sindacabile in sede di legittimità nei limiti della logica e correttezza della motivazione (nella specie, la Suprema Corte ha confermato la sentenza di merito che, in un giudi-zio di opposizione a decreto ingiuntivo, aveva get-tato l’opposizione e compensato per metà le spese processuali, adducendo come motivo l’esistenza, in argomento, di un orientamento giurisprudenzia-le conosciuto o, almeno, conoscibile da parte del-l’opponente).

Trib. Reggio Emilia, 14 maggio 2007.- in I Contratti, n. 1/08 pag. 15, con nota di Alessio Reali.

Il Trust autodichiarato istituito dal socio acco-mandatario di una società in accomandita sempli-ce su beni immobili di sua proprietà per il paga-mento dei creditori sociali è da considerarsi astrat-tamente meritevole di tutela secondo l’ordina-

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mento giuridico italiano; di conseguenza, deve essere sospeso il procedimento esecutivo immobiliare promosso da un creditore della so-cietà in accomandita semplice, avente ad oggetto beni conferiti nel trust (da considerarsi in via di principio inaggredibili da parte dei creditori del disponente, e, quindi, non assoggettabili ad ese-cuzione forzata). In sede di esecuzione forzata, l’esistenza di elementi presuntivi che possano far ritenere che nel caso concreto il trust sia simulato non autorizza il giudice dell’esecuzione a dichia-rarne la nullità o a privare di effetti l’applicazione della convenzione dell’Aja per contrasto del trust con le norme inderogabili del diritto interno o con l’ordine pubblico.

Trib. Venezia, 24 gennaio 2007.- in Rivista dell’Esecuzione Forzata, n. 3/07, pag. 560.

L’opposizione a precetto, con la relativa istan-za di sospensione del titolo, concerne sia titoli giudiziali che stragiudiziali, non essendo ipo-tizzabile alcun conflitto tra giudici, atteso che il giudice del precetto deve valutare non già il titolo in sé ma l’efficacia esecutiva dello stesso.L’obbligo di custodia del terzo sorge a far data dalla notifica del pignoramento; pertanto da tale momento il terzo è legittimato a non adempiere quanto dovuto al proprio creditore e a non dispor-re dell’oggetto dell’espropriazione in danno del creditore procedente invocando la propria posizio-ne di terzo custode del credito.

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DIRITTO FISCALE E TRIBUTARIO

Cass., 16 maggio 2007, Sez. trib., n. 11226.- in Diritto e Pratica delle Società, n. 1/08, pag. 72.

L’acconto intra gruppo tra una società estera e la controllata italiana, che preveda che tutte le società del gruppo che vendano al pubblico i pro-dotti da loro realizzati (nella specie: autoveicoli) devono sostenere le spese di riparazione in garan-zia per i difetti di fabbricazione imputabili alle so-cietà consociate produttrici di tali beni, è sogget-to non alla legge italiana, ma alla Convenzione di Vienna dell’11 aprile 1980 (ratificata e resa esecutiva con legge 11 dicembre 1985, n. 765)

che si applica alle vendite internazionali. Al fine di determinare il carattere internazionale della vendita occorre fare riferimento alla sede di affari delle parti e, se questa si trova in due Stati diversi, la vendita ha il carattere dell’interna-zionalità risultando, quindi, soggetta alle disposi-zioni della Convenzioni. Deriva da quanto precede, pertanto, che al riguardo deve trovare applicazio-ne l’art. 11 di tale Convenzione (che sancisce il principio della libertà di forme statuendo che un contratto di vendita non necessita di essere con-cluso o provato per iscritto e non è sottoposto ad alcun altro requisito di forma, potendo venire pro-vato con ogni mezzo, anche per testimoni) e, quindi, l’accollo di accordo di garanzia non ne-cessita di formalizzazione alcuna, né esige, per essere opposto, pattuizione specifica. Con l’ul-teriore conseguenza, da un lato, che il giudice del merito può ritenere costituisca prova di tale ac-cordo una direttiva emanata dalla casa madre, dall’altro, che incombe all’amministrazione finan-ziaria dimostrare che in concreto la regola di as-sorbimento della garanzia costituisce, in realtà, metodo elusivo per scaricare i costi (riducendo gli utili) nel paese di più bassa fiscalità. (Nella specie l’amministrazione aveva recuperato a tassazione presunte sovrafatturazioni di beni acquistati da società esterne del gruppo, per spese per presta-zioni di servizi infragruppo, a norma dell’art. 76, comma 6 D.P.R. n. 917/1986. In applicazione del principio di cui sopra, la Suprema Corte ha con-fermato la pronuncia del giudice del merito che aveva escluso, nella specie, l’esistenza di un’elu-sione fiscale). (Massima non ufficiale)

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MARCHI

Cass., 21 dicembre 2007, sez. I, n. 27081.- in Guida al Diritto, n.4/08, pag. 59, con nota di Eugenio Sacchettini.

E’ vietata senza il consenso del titolare del mar-chio, l’importazione di prodotti provenienti da un Paese extracomunitario contrassegnati (anche legittimamente) con il suo marchio, in quanto pur non integrando in sé l’ipotesi di contraffa-zione di marchio di cui all’articolo 1 del Rd 21 giugno 1942 n. 929, contravviene pur sempre alla disciplina della concorrenza a norma dell’arti-colo 2598, punto 3, del c.c..

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IUSLETTER n. 47/08 GIURISPRUDENZA

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OSSERVATORIO

DIRITTO CIVILE, CONCILIAZIONE E “ADR”

EXCEPTIO DOLI GENERALIS ED EXCEPTIO

DOLI SPECIALIS.

Che l’istituto dell’exceptio doli generalis seu prae-sentis sia stato ammesso a pieno diritto nel nostro ordinamento, sembra oggi pacifico. Ci si continua, però, ad interrogare sul suo fondamento normati-vo, che ha tra l’altro interessato anche la Suprema Corte in una recente pronuncia.Con sentenza del 7 marzo 2007 (per la cui massi-ma si rimanda alla Sezione Giurisprudenza), la Cassazione ha respinto il ricorso di una banca, alla quale una società aveva conferito, a fronte di un finanziamento, mandato irrevocabile all’incasso dei propri crediti. La sentenza impugnata aveva qualificato come exceptio doli generalis l’eccezione con cui la banca, senza far valere l’invalidità del contratto o il diritto al risarcimento dei danni, aveva dedotto la scorrettezza dell’azione proposta nei suoi confronti per ottenere la dichiarazione di ineffica-cia dei pagamenti effettuati in suo favore dalla società - ammessa, dopo quattro mesi dalla stipu-la del contratto, alla procedura di concordato pre-ventivo - in quanto, per espressa previsione della legge fallimentare, lesivi della par condicio credi-torum.In realtà, sostiene la Corte, parlando del compor-tamento tenuto dalla società al momento della stipula del contratto, sarebbe più corretto quali-ficare l’eccezione come exceptio doli specialis seu preteriti. Infatti, la exceptio doli generalis attiene al dolo commesso al momento in cui viene intentata l’azione nel processo, diversamente dalla exceptio doli specialis, che concerne il dolo com-messo al tempo della conclusione del negozio. La prima costituisce rimedio generale, diretto ad im-pedire l’esercizio fraudolento o sleale dei diritti di volta in volta attribuiti dall’ordinamento, permet-tendo il rigetto di domande giudiziarie pretestuose o contraddittorie con un precedente comporta-mento, intraprese allo scopo di arrecare pregiudi-zio, contro ogni legittima ed incolpevole aspettati-va altrui, qualora sussistano elementi oggettivi comprovanti che la parte ha agito in violazione del criterio di buona fede e di correttezza. Tornando, infatti, alla disamina circa il fondamento normativo della exceptio doli generalis, si può affermare che

la dottrina e la giurisprudenza maggioritarie siano orientate ad individuarlo proprio nei principi di correttezza e buona fede ex artt. 1175 e 1375 c.c..La Cassazione ha, dunque, escluso che l’esercizio dell’azione diretta ad ottenere l’inefficacia dei pa-gamenti effettuati nel corso della procedura con-corsuale possa essere paralizzata mediante la ex-ceptio doli generalis, trattandosi di azione sorta a seguito ed in conseguenza dell’apertura di detta procedura, che non può configurare esercizio fraudolento dei diritti derivanti dal contratto, indi-pendentemente dall’atteggiamento soggettivo del-la società.I comportamenti posti in essere da quest’ultima prima della conclusione del contratto potevano, semmai, stando alla ricostruzione della Corte, in-tegrare i presupposti per exceptio doli specialis diretta a far valere l’esistenza di raggiri impie-gati per indurre un soggetto a porre in esse-re un determinato negozio, che non avrebbe altrimenti posto in essere, al fine di ottenerne l’annullamento, ovvero a denunziare la violazione dell’obbligo di comportarsi secondo buona fede nello svolgimento delle trattative e nella formazio-ne del contratto. In tal caso non si avrà l’invalidità del contratto, ma la responsabilità del contraente in mala fede per i danni arrecati dal suo compor-tamento illecito.Infine, una ulteriore differenza tra l’exceptio doli generalis e l’exceptio doli specialis riguarda l’animus del titolare del diritto: nella prima eccezione, infatti, l’attenzione è concentrata sul-l’idoneità, oggettivamente valutata, della condotta lesiva del principio di buona fede; nella seconda, invece, l’elemento soggettivo è essenziale, ciò in quanto deve essere provata la consapevolezza dell’agente in merito all’idoneità del comporta-mento teso a indurre in errore la controparte e deve essere accertato un animus malizioso. In tal senso, come sostenuto dalla Corte nella sentenza in esame, sarebbe stato più utile per la banca, al fine di ottenere un risarcimento del danno, dimo-strare il ricorrere del dolo incidente.

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DIPARTIMENTO DI DIRITTO CIVILE, FAMI-GLIA E ADR:

Paola Ventura ([email protected]);

Stefano La Porta ([email protected]).

CREDITO AL CONSUMO, LEASING E FACTORING

PRINCIPIO DI TRASPARENZA: OBBLI-GO DI CHIAREZZA E DI COMPRENSIBI-LITÀ.

Il comma 1 dell'art. 35 del Codice del Consumo prescrive, a carico del professionista, un obbligo di chiarezza e di comprensibilità nel redigere e nel proporre clausole contrattuali al consumato-re. La norma, apparentemente chiara nella sua formulazione e nella ratio di tutela che ad essa è sottesa, è stata oggetto di discussioni circa l'ambi-to di applicazione dell'obbligo di trasparenza ed alle conseguenze, non legislativamente previste, della sua violazione. La ragione giustificatrice della norma è individuata nell'esigenza di garantire al consumatore un effettivo accesso al con-tenuto del contratto: la chiarezza nella redazio-ne e la comprensibilità della terminologia utilizzata sono funzionali alla comprensione effettiva del rapporto contrattuale cui lo stesso consumatore va a vincolarsi. Prima di passare ad analizzare la norma sotto il profilo della sua applicazione, oc-corre osservare come chiarezza e comprensibilità non sono concetti sovrapponibili e fungibili, seppu-re tra loro connessi: dalla prescrizione in termini di chiarezza emerge la necessità dell'utilizzo da parte del professionista di meccanismi redazionali semplici e leggibili nella presentazione del contratto; dal requisito della comprensibilità risulta il carattere accessibile della lingua e della terminologia utilizzata in contratto, la qua-le corrisponda ad un livello di tecnicità ragionevo-le, non eccessivamente complesso e che comun-que consenta una effettiva comprensione. Si è discusso circa l'ambito di applicazione della nor-ma. Ci si è chiesti, in primo luogo, se il riferimento alla “scrittura” delle clausole proposte al consu-matore escluda dall'obbligo di trasparenza così sancito i contratti verbali. In realtà, la norma non deve essere letta ed interpretata con rigore eccessivo e con un uso acritico di argomentazioni a contrario, con il rischio di snaturare la ratio della disciplina. La disposizione, infatti, intende porsi in termini esemplificativi e fa riferimento a quelle ipotesi che più frequentemente si verificano nella prassi dei contratti con i consumatori, i quali nor-malmente rivestono la forma scritta; si osserva, inoltre, come sia proprio tale forma a rendere di più difficile concretizzazione quella serie di chiari-menti e di negoziazione continua che una contrat-tazione orale generalmente porta con sé. In senso analogo, non pare corretto sforzarsi di ricostruire una interpretazione rigorosa del termine proposto: con esso, infatti, si intende qualunque clausola redatta e predisposta dal professionista, sia se

rivolta ad una pluralità di soggetti indeterminati, che ad uno specifico destinatario. Altra precisazio-ne merita la questione dell'estensione dell'obbligo di trasparenza alla generalità delle clausole, ovvero a quelle per così dire essenziali, sempre che, naturalmente, siano predisposte dal profes-sionista e non oggetto di negoziazione individuale. Non vi è, al riguardo, alcun appiglio né letterale né sostanziale che consenta di fondare un'interpreta-zione restrittiva, stante altresì la difficoltà di di-stinguere entro l'economia contrattuale, tra clau-sole essenziali e non, limitando solo alle prime l'obbligo di chiarezza e di comprensibilità. Un aspetto di particolare rilevanza sul quale soffer-marsi concerne la sanzione giuridica conseguente alla violazione dell'obbligo di trasparenza, varia-mente ricostruita in via interpretativa. Da un lato, vi è chi individua nella non trasparenza della for-mulazione delle clausole negoziali un elemento idoneo a fondare il giudizio di vessatorietà in quanto manifestazione di contrarietà a buona fe-de, seppure da valutarsi nel più ampio ambito del sindacato di vessatorietà. In tal modo, si evidenzia un nesso tra la valutazione della vessatorietà e l'indagine sulla mancanza di trasparenza, nesso che, nelle varie ricostruzioni, può manifestarsi in modo più o meno stretto. Da altri si osserva come leggere il difetto di trasparenza quale indice di vessatorietà conduca ad uno svuotamento sostan-ziale della norma: la non trasparenza individua un ambito più ampio ed esteso della vessatorietà e non la presuppone; pertanto, introdurre la distin-zione tra clausole non trasparenti vessatorie e non vessatorie, renderebbe scarsamente rilevante la norma da un punto di vista operativo. A tale pre-messa consegue l'idoneità della violazione dell'ob-bligo di trasparenza a fondare autonomamente la declaratoria di nullità della clausola, essendo tale da impedire la valida formazione dell’accordo. Un diverso orientamento legge l’obbligo in parola quale estrinsecazione più generale dell’obbligo di comportamento secondo buona fede e correttez-za, rilevante nella fase precontrattuale e, pertanto, quale criterio di valutazione del contraente – pro-fessionista.

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CREDITO AL CONSUMO, LEASING E FACTORING:

Paola Guidi([email protected]);

Sabrina Savazzi([email protected]);

Laura Terenzi([email protected]).

DIRITTO SOCIETARIO

VALUTAZIONI ANTITRUST DELLE CON-CENTRAZIONI BANCARIE.

Gli ultimi anni hanno segnato una netta disconti-nuità rispetto al passato nel nostro sistema banca-rio. La modernizzazione dell’assetto della vigilanza con la l. 262/05 e l’attribuzione all’Autorità anti-trust delle competenze sulle concentrazioni banca-rie prima spettanti alla Banca d’Italia hanno muta-to la concezione per cui la tutela della concorrenza andava subordinata alla garanzia della stabilità degli operatori. Si possono, quindi, trarre le prime conclusioni sull’operato dell’antitrust in tema di concentrazioni bancarie e su quanto l’applicazione delle regole di concorrenza abbia inciso sul pro-cesso di aggregazione bancaria in corso nel nostro Paese.L’Autorità ha in questi anni chiarito ai mercati ban-cari i punti di criticità ed è intervenuta in modo incisivo nelle principali operazioni di concentrazio-ne, modificandone la struttura, per garantire le dinamiche concorrenziali post-fusione. Le decisioni sono basate sul test volto a verificare i rischi di costituzione o rafforzamento di posizioni dominanti. Passando in rassegna le principali operazioni di aggregazione trattate dall’Autorità, quali Intesa/San Paolo, BPU/Banca Lombarda Piemontese, In-tesa San Paolo/Cassa di Risparmio di Firenze e, da ultimo, MPS/Antonveneta si rilevano i seguenti dati comuni: l’antitrust ha tenuto conto delle atti-vità delle banche nel loro complesso, analizzando gli effetti dell’operazione sia nell’attività bancaria tradizionale, cioè nei mercati della raccolta banca-ria e nei mercati connessi alle erogazioni (impieghi alle famiglie, alle PMI, alle grandi imprese, agli enti pubblici), sia nei mercati della gestione del risparmio (produzione e distribuzione di fondi co-muni e gestioni patrimoniali), nonché nei mercati del settore assicurativo (vita in particolare). Oltre, poi, ad essere state esaminate le quote di merca-to, il grado di concentrazione, il suo incremento e il differenziale rispetto al primo concorrente, l’Au-torità ha anche valutato l’effetto “traino” de-terminato dalla raccolta bancaria, cioè la ca-pacità del rapporto di conto corrente di condurre all’attivazione di altri servizi, soprattutto in relazio-ne agli impieghi, ai fondi comuni e alle gestioni patrimoniali. Il mercato geografico è usualmente ancorato alla localizzazione del correntista, giun-gendo a circoscriverlo ai confini provinciali.Un’analisi a sé stante è stata condotta con riguar-do ai mercati della produzione di prodotti del ri-sparmio gestito e di prodotti assicurativi rami vita, laddove le entità nate dalle fusioni sarebbero state in grado, con l’ampliamento delle masse gestite a

monte e con l’estensione della rete, di aumentare il proprio potere di mercato nella fase produttiva. Per tale ragione, anche quote di mercato del 30% sono state ritenute meritevoli di “attenzione” per valutare i rischi di dominanza e le misure adottate sono state finalizzare a “sterilizzare” l’apporto nel-le province critiche o a contenere gli effetti sino al raggiungimento di quote pre-fusione del 30-35%.Strumento indispensabile per il via libera del ga-rante alle predette operazioni è stato quello degli impegni da parte delle banche ad adottare le mi-sure idonee a risolvere i problemi concorrenziali individuati. Per i problemi di sovrapposizione orizzontale, la via maestra è stata quella della cessione degli sportelli a soggetti im-prenditoriali indipendenti. Ciò è accaduto sia in Intesa/San Paolo sia in BPU/Banca Lombarda che in Intesa San Paolo/CRF e non si esclude che la medesima soluzione possa essere adottata a chiusura dell’istruttoria aperta lo scorso 27 feb-braio con riferimento all’operazione di acquisizione di Antonveneta da parte di MPS. Questa misura, oltre a risolvere il problema che l’operazione de-terminava, ha dato vita ad una reale competizione tra le banche. Si tratta, quindi, di un ulteriore sti-molo alla vivacità del mercato proprio in quelle province dove l’operazione di concentrazione, in assenza di tali misure compensative, avrebbe de-terminato la costituzione o il rafforzamento di po-sizioni dominanti. Con riferimento all’integra-zione verticale nei mercati della produzione e distribuzione sia dei prodotti assicurativi, che delle gestioni finanziarie e nei mercati dei capitali si è previsto il rimedio strutturale della cessione di intere aziende a concorrenti indipendenti o dello scioglimento di preesistenti legami, anche in termini di governance, per determinare la nascita sul mercato di entità che agiscano in assoluta indipendenza.

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PAGINA 29

DIPARTIMENTO CORPORATE - M&A:

Carlo Emanuele Rossi([email protected]);

Claudia Casagrande([email protected]);

Valentina Zanelli([email protected]);

Simona Nicolosi([email protected]);

Stefano Silvestri([email protected]).

DIRITTO BANCARIO

TERMINI PER LA COSTITUZIONE DEL-L’OPPONENTE A DECRETO INGIUNTI-VO.

Come è noto l’art. 165 c.p.c. fissa in dieci gior-ni il termine affinché l’attore possa tempestiva-mente iscrivere a ruolo un procedimento di competenza del Tribunale.Nel caso particolare del procedimento di oppo-sizione a decreto ingiuntivo, i termini proces-suali sono ridotti alla metà, così come previsto dall’art. 645 c.p.c..Pertanto, qualora l’attore opponente citi in giudizio il convenuto opposto, fissando un’udienza per la comparizione innanzi al Tribunale, e prevedendo un termine per comparire inferiore ai 90 giorni liberi previsti per la citazione ordinaria dall’art. 163 bis c.p.c., la giurisprudenza consolidata ritiene che l’attore abbia voluto avvalersi della facoltà, con-cessa dall’ordinamento nel già menzionato art. 645 c.p.c., di dimezzare i termini processuali nel procedimento di opposizione a decreto ingiun-tivo. In questo caso tutti i termini processuali sono og-getto di dimezzamento: sia il termine affinché l’at-tore opponente possa validamente costituirsi in giudizio, iscrivendo a ruolo la causa, il quale di-venta di 5 giorni, sia il termine pendente per il convenuto opposto, affinché lo stesso si possa a sua volta costituire in giudizio senza incorrere nel-le decadenze previste dall’art. 167 c.p.c., che vie-ne dimezzato a 10 giorni.Il doversi costituire necessariamente nel termine dimezzato di 5 giorni potrebbe costituire per l’opponente un incombente gravoso, attesa la bre-vità dello stesso.Va però considerato che il procedimento di oppo-sizione a decreto ingiuntivo è uno dei pochi casi in cui non si applica il principio stabilito dalla celebre sentenza n. 477/02 della Corte Costituzionale con la quale il Tribunale delle Leggi ha stabilito che, nei procedimenti di notificazione di un atto giudi-ziario, debba essere effettuata una scissione tra il momento in cui avviene il perfezionamen-to della notificazione in favore del soggetto che la richiede, ed il momento in cui avviene il perfezionamento della stessa nei confronti del soggetto destinatario dell’atto.La soluzione adottata dalla Corte Costituzionale è consistita nello stabilire che il perfezionamento della notificazione per il notificante si verifica con la consegna dell’atto all’Ufficiale Giudiziario, al quale viene richiesta l’attività di notificazione, mentre il momento di perfezionamento nei con-fronti del destinatario, è quello che coincide con la consegna dell’atto al destinatario, secondo le mo-dalità previste dagli artt. 138 e seguenti c.p.c..

Pertanto, come logica conseguenza del principio ora riportato, parrebbe che il termine per poter iscrivere a ruolo il procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo debba scadere il quinto (o il decimo) giorno successivo a quello di perfeziona-mento della notificazione per l’opponente-notifi-cante.La Corte Costituzionale ha però in seguito, tramite le sentenze n. 107/04 e 154/05, affermato che il principio espresso nella sentenza n. 477/02 prece-dentemente menzionata, non trova applicazione nelle opposizioni a decreto ingiuntivo.Infatti, secondo quanto esposto dalla Corte Costi-tuzionale, benché sia possibile per l’opponente procedere all’iscrizione a ruolo della causa anche subito dopo aver richiesto la notificazione della citazione in opposizione all’Ufficiale Giudiziario, il termine ultimo (di 5 o 10 giorni) per l’espletamen-to di detto incombente, decorre dal momento di perfezionamento della notificazione nei confronti del convenuto opposto.Atteso che la soluzione prospettata dalla Corte Costituzionale nelle sentenze n. 107/04 e 154/05 pare essere incongruente con i principi esposti nella propria precedente sentenza n. 477/02, la Corte di Cassazione ha rimesso nuovamente la questione al vaglio della Corte Costituzionale, sol-levando sul punto un’eccezione d’incostituzionali-tà.Il Tribunale delle Leggi, ha quindi ribadito, con la recentissima ordinanza n. 18/08, che il termine per procedere all’iscrizione a ruolo di un’opposi-zione e decreto ingiuntivo, decorre dal momento in cui detta opposizione viene notificata al destina-tario e non, come forse sarebbe più logico, dal momento in cui ne viene richiesta la notificazione.In ragione di quanto ora esposto, deve essere ri-levato che, nella pratica, i soggetti che instaurano un giudizio di opposizione a decreto sono agevola-ti dal fatto che il dies a quo per il decorso del termine di iscrizione a ruolo del procedimento, è posticipato al momento di ricezione dell’atto di opposizione da parte del convenuto.

IUSLETTER n. 47/08 OSSERVATORIO

PAGINA 30

DIPARTIMENTO DIRITTO BANCARIO:

Luciana Cipolla([email protected]);

Simona Daminelli([email protected]);

Raffaella Tavacca([email protected]);

Guido Malberti([email protected]);

Roberto Grisolia([email protected]).

MERCATI FINANZIARI

LA FUNZIONE DI CONFORMIT À NELLA DISCIPLINA DI VIGILANZA.

L’osservanza della normativa e la correttezza negli affari costituiscono elementi fondamentali dell’atti-vità bancaria, che si fonda sulla fiducia. L’evolu-zione dei mercati finanziari, in termini di innova-zione dei prodotti, di trasferimento del rischio e di proiezione internazionale, rende più complessi l’identificazione e il controllo di comportamenti che possono dar luogo a violazioni di norme, di stan-dard operativi, di principi deontologici ed etici del-l’attività di intermediazione.Nel mutato contesto, è necessario promuovere una cultura aziendale improntata a principi di onestà, correttezza e rispetto delle nor-me, e approntare specifici presidi organizzativi, volti a garantire il rigoroso rispetto delle prescri-zioni normative e di autoregolamentazione.A tal fine, assume importanza la costituzione all’in-terno delle banche e dei gruppi bancari di una funzione dedicata al presidio e al controllo della conformità.Nel luglio 2007, Banca d’Italia ha emanato disposi-zioni di vigilanza volte a individuare le finalità e i compiti della funzione di conformità (complian-ce), riconoscendo nel contempo alle banche piena discrezionalità nella scelta delle soluzioni organiz-zative più idonee ed efficaci per realizzarli. Esse si applicano alle banche e ai gruppi bancari secondo il principio di proporzionalità, in coerenza quindi con le specifiche caratteristiche dimensionali e operative. Si evidenzia che le banche di dimensio-ni contenute o caratterizzate da una limitata com-plessità operativa possono affidare lo svolgimen-to della funzione di compliance alle strutture esistenti incaricate della gestione dei rischi o a soggetti terzi (es. altre banche ovvero organismi associativi di categoria), purché dotati di requisiti idonei in termini di professionalità e indipendenza.Tale regolamentazione recepisce i principi guida sulla materia pubblicati nel 2005 dal Comitato di Basilea. Essa pone particolare enfasi su alcuni aspetti: il forte commitment degli organi di verti-ce; la formalizzazione del mandato in termini di compliance policy; l’autonomia del responsabile della compliance e il suo adeguato posizionamen-to gerarchico; il riporto diretto ai vertici aziendali; l’assegnazione di autorità, risorse e competenze adeguate quali presupposti di indipendenza della funzione; il rilievo attribuito al monitoraggio del-l’esposizione ai rischi di non conformità e al re-porting sistematico ai vertici aziendali; l’impulso ad azioni formative e informative su tematiche di conformità, quali strumenti di sviluppo di una cul-tura aziendale di compliance.

“La compliance risk governance”, come af-fermato dalla Dott.ssa A.M. Tarantola, Direttore Centrale per la Vigilanza Creditizia e Finanziaria Banca d’Italia, “non si distingue dalle altre fun-zioni aziendali preposte alla gestione e al control-lo dei rischi, se non per la mission che la con-traddistingue, che consiste nel prevenire e gesti-re il rischio di non conformità (il rischio di incor-rere in sanzioni giudiziarie e amministrative, perdite finanziarie rilevanti o danni di reputazio-ne in conseguenza di violazioni di norme impera-tive ovvero di autoregolamentazione) alle norme in modo da preservare il buon nome della banca e la fiducia del pubblico nella sua correttezza operativa e gestionale e contribuire alla creazio-ne di valore aziendale”. Nel perseguimento di questi obiettivi, le banche sono chiamate a presta-re attenzione soprattutto agli utenti dei servizi of-ferti, non solo attraverso la puntuale e coerente applicazione della disciplina posta a tutela dei clienti, ma anche assicurando un’informazione completa che promuova la consapevole assunzio-ne delle scelte finanziarie.Pare interessante sottolineare che gli elementi richiesti per la funzione nella regolamentazione prudenziale delle banche e nella direttiva MIFID presentano numerosi aspetti di omogeneità (en-trambe le discipline richiedono: l’attivazione di una funzione dedicata e permanente, l’indipendenza e la qualificazione come requisiti irrinunciabili e un’attuazione delle norme sulla funzione di com-pliance informata al principio di proporzionalità) e limitate differenze (il perimetro di riferimento della compliance, nella MIFID è limitato alle norme rile-vanti per lo svolgimento dei servizi e delle attività di investimento, mentre nella disciplina prudenzia-le è più ampio; limitandosi alle norme di eterore-golamentazione, esso comprende, oltre alle regole sulla prestazione dei servizi di investimento, anche le norme sullo svolgimento delle operazioni e dei servizi bancari e di pagamento, la disciplina di vi-gilanza prudenziale, l’azione di prevenzione e contrasto del riciclaggio e dell’usura).

IUSLETTER n. 47/08 OSSERVATORIO

PAGINA 31

DIPARTIMENTO MERCATI FINANZIARI/REAL ESTATE:

Christian Faggella([email protected]);

Sabrina Galmarini([email protected]);

Barbara Bandiera([email protected]);

Paolo Francesco Bruno([email protected]).

DIRITTOFALLIMENTARE

GLI ACCORDI DI RISTRUTTURAZIONE DEL DEBITO NEL QUADRO DELL’IN-TERVENTO CORRETTIVO DEL 2007: UNA POSSIBILE SOLUZIONE ALLA CRI-SI D’IMPRESA.

Con il d.lgs. 12/09/2007 n. 169, il legislatore ha revisionato la disciplina degli accordi di ristrut-turazione del debito di cui all’art. 182 bis l.f., al fine di promuoverne l’utilizzo. In primo luogo, sono state precisate le fasi che caratterizzano i suddetti accordi: una stragiudi-ziale, nella quale il debitore negozia/ristruttura la propria esposizione debitoria, una giudiziale, che si conclude con l’omologazione dell’accordo. L’attuale formulazione consente di condividere quella posizione dottrinale, secondo la quale i suddetti accordi, pur essendo inseriti nel corpus di norme che disciplinano il concordato preventivo, non possono essere qualificati come proce-dimenti concorsuali: tanto è vero che gli inte-ressi si fondano su un contratto di diritto priva-to ove manca l’organizzazione del voto ed ove in adunanza; e la figura del commissario giudiziale; il 60% dei crediti per ottenere l’omologazione, non rappresenta una maggioranza in senso tecnico, bensì la soglia per garantire protezione giuridica di contratto. Oggi pare plausibile ritenere che venga lasciata al debitore la facoltà di scegliere di stipulare un contratto plurilaterale, oppure tanti atti bi-laterali con tanti creditori, purché rappresentanti il 60% dei crediti. Con la nuova formulazione dell’art. 182 bis l.f., dalla data di pubblicazione dell’accordo per 60 giorni non possono essere iniziate o pro-seguite azioni cautelari o esecutive sul patri-monio del debitore da parte dei creditori anteriori (dissenzienti).Si tratta di un ombrello protettivo temporaneo, utile per consentire al debitore di poter concentra-re, in quel periodo, tutti gli sforzi per raggiungere la percentuale utile ad ottenere l’omologazione dell’accordo, evitando che l’intera operazione ven-ga frustrata da terzi dissenzienti.L’accordo è finalizzato alla ristrutturazione del debito, da intendersi quale riprogrammazione dei debiti, quanto alla loro entità e modalità di adem-pimento e scadenza, non avendo nulla a che ve-dere con il risanamento che, diversamente, si so-stanzia nel riequilibrio finanziario (tipico degli ac-cordi ex art. 67, comma 3, l.f.).Dal punto di vista soggettivo, legittimato ad accedere agli accordi è l’”imprenditore” (un

soggetto fallibile) e non più genericamente il “de-bitore”.Dal punto di vista oggettivo, per l’ingresso all’isti-tuto la legge chiarisce che l’impresa deve essere in “stato di crisi” (negli stessi termini esplicitati per il concordato preventivo). Con riferimento agli incombenti necessari per la formalizzazione di tali accordi il legislatore ha pre-cisato la necessità di depositare la medesima documentazione richiesta per l’accesso al concordato preventivo, nonché una relazione, avente ad oggetto l’attuabilità dell’accordo e la idoneità ad assicurare il pagamento integrale dei creditori estranei, elaborata da un esperto dotato di particolari caratteristiche. Una volta depositato il ricorso per ottenere l’omo-logazione dell’accordo lo stesso dovrà essere pub-blicato presso il registro delle imprese ed in segui-to, in assenza di opposizione, verrà omologato dal Tribunale, previa una valutazione nel merito dello stesso.L’intervento del legislatore, non è stato esaustivo, lasciando aperte questioni come l’assenza di coor-dinamento tra l’istituto così introdotto e la discipli-na dei reati fallimentari - ipotesi di bancarotta semplice o fraudolenta (artt. 216 e 217 l.f.) e di abusiva concessione del credito (art. 225 l.f.).La presenza di tali gravi smagliature e della disci-plina, lascia intendere che l’art. 182 bis l.f. potrà essere nuovamente oggetto di revisione, al fine di rendere concreto l’accesso alla soluzione privata della crisi di impresa.

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DIPARTIMENTO DIRITTO FALLIMENTARE:

Luciana Cipolla ([email protected]);

Daniela Calvano ([email protected]);

Monica Biella ([email protected]);

Simone Bertolotti ([email protected]);

Flora Schiavenato ([email protected]);

Davide Greco([email protected]).

ESECUZIONIIMMOBILIARI

LA SOSPENSIONE DEL PROCESSO ESE-CUTIVO DISPOSTA DAL GIUDICE DEL-L’ESECUZIONE.

Per una più esaustiva trattazione della problemati-ca relativa alla sospensione dell’esecuzione appare in primo luogo opportuno svolgere alcune considerazioni di carattere generale.La sospensione del processo è infatti un istituto che disciplina, all’interno del codice di rito, sia il processo di cognizione che quello di esecuzione, pur, al riguardo, essendo prevista da differenti norme. Ciò nonostante, in entrambe le citate si-tuazioni, il legislatore ha voluto disciplinare com-piutamente i casi in cui sia possibile, sia su istanza di parte sia d’ufficio, disporre che il processo ven-ga sospeso.Pertanto, parlando più approfonditamente del pro-cedimento esecutivo, si deve in primo luogo os-servare che, oltre i casi in cui la sospensione viene richiesta direttamente perché vi è sta-ta contestazione in ordine al titolo esecutivo o è proposta opposizione all’esecuzione, vi sono altresì dei casi in cui prima di poter prosegui-re esecutivamente si rende necessario attendere che venga decisa una causa ordinaria di cognizio-ne.Stante quanto sopra esposto, appare di prima ne-cessità analizzare l’art. 623 c.p.c. a norma del quale “Salvo che la sospensione non sia disposta dalla legge o dal giudice davanti al quale è im-pugnato il titolo esecutivo, l’esecuzione non può essere sospesa”. Dottrina e giurisprudenza, nel tempo, hanno fornito diverse letture in merito al-l’interpretazione della formula “giudice davanti al quale è impugnato il titolo esecutivo” al fine di comprendere se si debba considerare anche il giu-dice della opposizione a precetto o solamente quello delle impugnazioni contro il titolo esecutivo: la giurisprudenza maggioritaria, ad oggi, ha chiari-to che il solo giudice competente ad ordinare la sospensione dell’esecutorietà del titolo giudiziale sia quello del giudizio che prosegue in una fase di impugnazione.Pertanto, alla luce dell’interpretazione sopra citata, bisogna ritenere che la sospensione giudiziale dell’esecuzione possa rinvenirsi nei casi cor-relati all’impugnazione di una sentenza, ov-vero del provvedimento avente efficacia esecutiva, e in quelli di sospensione ordina-ta dal giudice dell’esecuzione in attesa della decisione di opposizioni esecutive.Le due tipologie di provvedimenti summenzionati hanno differenti scopi: infatti, mentre il primo ha lo scopo di assicurare gli effetti di una futura deci-

sione di accoglimento dell’impugnazione, il secon-do ha lo scopo di assicurare una futura decisione di accoglimento di opposizioni esecutive. Appare opportuno segnalare che fino a pochi anni fa’ la giurisprudenza ha ritenuto che il secondo tipo di provvedimenti citati non potesse essere adottato se non a processo esecutivo già iniziato e che per-ciò si potesse ottenere solo l’effetto di sospender-ne il corso.Pertanto si sono superati gli ostacoli che impedi-vano di poter qualificare come “impugnazione del titolo” l’opposizione a precetto. A tale conclusione si è pervenuti in conseguenza della considerazione che il diritto a non essere sottoposto a esecuzione forzata ingiusta, che può essere tutelato in pre-senza di ragioni di ingiustizia o illegittimità della decisione, doveva poterlo essere a maggior ragio-ne, nel momento in cui il diritto del creditore viene meno per fatti sopravvenuti non valutati ancora dal giudice, conducendo, di conseguenza ad am-mettere che l’esigenza di tutela che sul piano co-gnitorio può essere fatta valere già attraverso l’opposizione a precetto, giustificava in sede cau-telare l’adozione di un provvedimento d’urgenza che, dichiarando la sospensione dell’efficacia ese-cutiva del titolo, inibisse al creditore di poter dare inizio all’esecuzione.In conclusione si può affermare che lo spazio che in sede di interpretazione dell’art. 623 c.p.c. era stato lasciato scoperto in sede cautelare delle ra-gioni della parte contro cui la procedura esecutiva è minacciata, è stato colmato codicisticamente e non solo più in sede di interpretazione normativa, con la previsione esplicita in forza della quale “il giudice, concorrendo gravi motivi, sospende su istanza di parte, l’efficacia del titolo esecutivo”

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DIPARTIMENTO ESECUZIONI IMMOBILIARI:

Paola Guidi ([email protected]);

Silvia Folcini([email protected]);

Isabella Rago([email protected]);

Tiziana Allievi([email protected]);

Paolo Gianolini([email protected]).

INTELLECTUAL PROPERTY AND INFORMATION TECHNOLOGY

TUTELA DEI DATI PERSONALI NEI RAPPORTI BANCA - CLIENTE.

Con il Provvedimento “Linee guida per i trat-tamenti dati relativi al rapporto banca – clientela” del 25 ottobre 2007 (pubblicato in G.U. n. 273 del 23 novembre 2007), il Garante per la protezione dei dati personali, tenendo conto di varie segnalazioni, reclami e quesiti pervenuti, nonché di precedenti decisioni adottate, obbliga le banche a fornire indicazioni (e non solo) di natura generale in relazione al trattamen-to di dati personali della clientela, nel rispetto dei principi in materia di protezione dei dati per-sonali ai sensi del d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196 (Codice in materia di protezione dei dati personali, o semplicemente “Codice Privacy”).Secondo il Garante, le banche devono, in linea di principio generale, svolgere un’attività che, nel rispetto dei dati del cliente: a) possa fornire in-formazioni sempre esatte ed aggiornate, b) richiedere documenti di riconoscimento solo nei casi indispensabili, c) far rispettare le di-stanze di cortesia all’interno dei locali in cui si svolge la sua attività (collocando per esempio li-nee visibili di delimitazione degli spazi oltre i quali il cliente non deve andare se non per raggiungere un impiegato libero per assisterlo), d) fornire e utilizzare adeguate misure di sicurezza a pro-tezione dei dati personali, e) rispettare rigoro-samente i casi nei quali è lecito comunicare a terzi informazioni bancarie.Sulla base dei principi generali appena enunciati, il Provvedimento entra nel dettaglio dei casi più de-licati di trattamento.Con riferimento agli obblighi che incombono sugli istituti di credito di identificare il soggetto che ef-fettua specifiche operazioni, quali ad esempio la presentazione all'incasso di assegni, il Garante chiarisce che (ex lege), fatta salva l'osservanza dell'obbligo di informativa, non è necessario ri-chiedere il consenso dal momento che i dati sono trattati in base ad un obbligo di legge (ex art. 24 c.I lett. a del Codice Privacy) e, comunque, per eseguire obblighi derivanti dal contratto o per adempiere a specifiche richieste dell'interessato (ex art. 24 c.I lett. b del Codice Privacy).Inoltre, ai sensi del punto 2.3 del Provvedimento – “Principio di pertinenza e non eccedenza: servizi resi telefonicamente e registrazione del contenu-to delle chiamate” – per particolari ordini e istru-

zioni della clientela, la banca può registrare il con-tenuto di conversazioni telefoniche intercorse, an-che per eventuali profili di prova e di tutela di di-ritti in caso di controversia. Fuori di questi specifici casi può risultare altresì giustificato procedere ad analoghe registrazioni in relazione a concrete esi-genze, come ad esempio per servizi di telephone banking. L'interessato deve ricevere opportuna informativa, in sede di conclusione del contratto o, al più tardi, all'inizio della prima conversazione telefonica.Dopo avere passato in rassegna i casi più frequen-ti di comunicazioni indebite che si verificano nella prassi (es. comunicazione di informazioni bancarie a terzi che non siano in alcun modo autorizzati dall'interessato a porre in essere operazioni per suo conto o a conoscere il contenuto della relazio-ne contrattuale in essere con la banca, come, ad esempio, il coniuge), il Garante ha evidenziato i casi di lecita e anzi doverosa comunicazio-ne dei dati, quali ad esempio: comunicazioni di informazioni personali per attuare la disciplina in materia di contrasto del riciclaggio; comunicazioni per finalità di contrasto finanziario al terrorismo e alla commercializzazione di materiale pedo porno-grafico; comunicazioni di informazioni personali per l'accertamento e la repressione di violazioni tributarie, nei limiti previsti dalla legge.Segnaliamo, infine, l’intervento specifico del Prov-vedimento in esame sul flusso dei dati verso la Centrale d'allarme interbancaria (“CAI”). Su questo aspetto, il Garante ha rilevato che gli enti segnalanti devono prestare la massima cautela nell'accertare l'esattezza e la completezza dei dati personali trattati prima di procedere alla segnala-zione, al fine di prevenire l'inserimento nella CAI di nominativi di vittime di furto d'identità, come pure di soggetti che, pur avendo comunicato cor-rettamente alla banca il furto o lo smarrimento di assegni, vengano segnalati in tale archivio a se-guito di un’abusiva negoziazione dei medesimi titoli.

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DIPARTIMENTO INTELLECTUAL PROPERTY AND INFORMATION TECHNOLOGY:

Daniela De Pasquale([email protected]);

Massimiliano Pappalardo([email protected]);

Matteo Martorana([email protected]);

Valentina De Giorgi([email protected]);

Guglielmo Troiano([email protected]).

DIRITTO TRIBUTARIO

RIMBORSO DELLE RITENUTE SU INTE-RESSI E CANONI CORRISPOSTI A SO-CIETÀ UE E NOVITÀ IN TEMA DI RITE-NUTE SU DIVIDENDI.

L'applicazione della direttiva 2003/49/CE del 3 giugno 2003, concernente il regime fiscale comu-ne applicabile ai pagamenti di interessi e di canoni fra società consociate di Stati membri diversi, è stata recepita in Italia con il decreto legislativo 30 maggio 2005, n. 143.Tale disciplina rende possibile (al ricorrere di de-terminate condizioni) l’esenzione “da ogni impo-sta” in Italia, ai pagamenti di interessi e canoni (royalties) effettuati a favore di società residenti in Stati membri dell’Unione Europea (o loro stabili organizzazioni sempre localizzate nell’Unione) le-gate da rapporti di partecipazione diretta con l’erogante o fra loro “consorelle”. Per tali società non si rendono, in sostanza, appli-cabili le ritenute alla fonte sulle somme percepite.In un primo momento il testo del decreto – diffe-rendo dallo spirito della direttiva - prevedeva che l’esenzione si rendesse applicabile anche agli interessi e ai canoni maturati a decorrere dal 1° gennaio 2004 e non anche a quelli pagati dal medesimo periodo.A seguito della sentenza di condanna della Corte di giustizia delle Comunità europee C - 197/03 dell’11 maggio 2006, lo Stato Italiano è stato co-stretto (d.l. 15 febbraio 207, n. 10 convertito in Legge 6 aprile 2007) a rettificare la disposizione di attuazione ( art. 3 d.lgs. n. 143/2005), che quindi adesso riconosce l’esenzione anche agli in-teressi e canoni pagati a decorrere dal 1° gennaio 2004.Tale circostanza rende possibile, per le società che ne facciano richiesta, il rimborso delle ritenute già “operate” sugli interessi e canoni maturati sino al 31.12.2003 e pagati a partire dal 1° gennaio 2004. In particolare la restituzione può avvenire direttamente dai soggetti pagatori i quali ai fini del recupero delle ritenute restituite possono avvalersi della modalità della compensazione di cui all’arti-colo 17 del d.lgs. 241/97.Da ultimo, con Provvedimento del direttore del-l’Agenzia delle Entrate del 15.01.2008, è stato ap-provato lo Schema di modello e le note illustrative per l’applicazione della Direttiva. Sono, quindi, disponibili sul sito dell’Agenzia delle entrate gli appositi modelli per ottenere l’esenzione da / il rimborso dell’imposta italiana sugli interessi e sui canoni pagati da soggetti residenti in Italia a soggetti residenti in altro stato membro dell’Unio-

ne Europea. I modelli sono disponibili anche in lingua inglese e francese.L’articolo 1, commi 67, 68 e 69, della Legge finan-ziaria 2008 (Legge 244/2007) ha introdotto impor-tanti modifiche alla disciplina fiscale dei dividendi corrisposti da parte di società italiane a soggetti non residenti. Le nuove disposizioni si propongono di conformare le disposizioni del nostro paese al principio sancito dalla Corte di Giustizia europea, in base al quale i dividendi in uscita non possono essere assoggettati nello Stato della fonte (ossia lo Stato di residenza della consociata) ad un livello di imposizione superiore a quello applicabile ai dividendi interni.In particolare a seguito di quanto previsto dal no-vello comma 3 - ter. dell’articolo 27 del DPR 600/73 “3 - ter. La ritenuta è operata a tito-lo di imposta e con l’aliquota dell’1,375 per cento sugli utili corrisposti alle società e agli enti soggetti ad un’imposta sul reddito delle società negli Stati membri dell’Unione europea e negli Stati aderenti all’Accordo sullo spazio economico europeo che sono inclusi nella lista di cui al decreto del Ministro dell’economia e delle finanze emanato ai sensi dell’articolo 168-bis del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, ed ivi residenti, in rela-zione alle partecipazioni, agli strumenti finanziari di cui all’articolo 44, comma 2, lettera a), del predetto testo unico e ai contratti di associazione in partecipazione di cui all’articolo 109, comma 9, lettera b), del medesimo testo unico, non re-lativi a stabili organizzazioni nel territorio dello Stato”. Tale trattamento è, pero, applicabile ai soli utili formatisi a partire dall'esercizio succes-sivo a quello in corso al 31 dicembre 2007.

IUSLETTER n. 47/08 OSSERVATORIO

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DIPARTIMENTO TRIBUTARIO:

Angelo Carlo Colombo ([email protected]);

Alberto De Candia ([email protected]);

Marilena Biella ([email protected]);

Cristina Fontana([email protected]);

Luca Nicoletti([email protected]);

Enrico Tosi([email protected]);

Filippo Di Nicolò([email protected]).

BREVISSIME

OPERAZIONI FUORI CONTO

L’Agenzia delle Entrate ha reso noto il provvedi-mento del direttore, datato 29 febbraio 2008, con il quale viene data attuazione alle nuove regole antiriciclaggio, che hanno previsto l’inclusione del-le operazioni svolte in banca al di fuori dei rapporti continuativi, tra quelle che dovranno confluire nel-l’Archivio dei rapporti con gli intermediari finanzia-ri.

PROTEZIONE DEI DATI PERSONALI

Ricordiamo ai lettori di Iusletter che il Documento Programmatico di Sicurezza (DPS) scadrà il 31 marzo 2008. Entro questa data si dovranno pro-cessare, archiviare, comunicare, revisionare, i dati della clientela, dei fornitori e del personale. Anche in assenza di variazioni di contenuto rispet-to all’anno precedente è necessario aggiornare almeno la data di emissione del DPS.

CAUSA COLLETTIVA CONTRO SKY

Il Movimento dei consumatori ha chiesto, al Tribu-nale di Torino, di inibire con urgenza a Sky Italia alcuni comportamenti ritenuti gravi. In particolare, viene contestato il fatto che Sky voglia aumentare il prezzo della propria rivista, i cui costi prima era-no inclusi nel prezzo di abbonamento, e conse-gnarla a tutti coloro che semplicemente hanno deciso di non disdire il servizio.

MP3 GRATIS

E’ in fase di elaborazione il decreto del ministero per i beni e le attività culturali, nonché di quello della pubblica istruzione, volto a definire i criteri per l’applicazione del nuovo articolo 70 comma 1-bis della legge sul diritto d’autore (l.633/1941), in base al quale è ora possibile pubblicare su Inter-net immagini e musiche a titolo gratuito, se a bas-sa risoluzione o “degradate”.

IUSLETTER n. 47/08 BREVISSIME

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COSE NOSTRE

NUOVE DALLO STUDIO

Dal mese di febbraio collaborano con il diparti-mento Intellectual Property & Information Techno-logy Valentina De Giorgi e Gugliemo Troiano.

Valentina è nata il 27 maggio 1981 a Bollate e si è laureata presso l’Università degli Studi di Milano con una tesi in diritto industriale: “Il marchio che gode di rinomanza nella giurisprudenza comuni-taria”.

Risponde all’interno 352 e il suo indirizzo e-mail è [email protected]

Guglielmo è nato l’8 settembre 1974 a Bari e si è laureato presso l’Università degli Studi di Milano con una tesi in diritto Industriale: “Problematiche giuridiche della brevettibilità del software”.

Risponde all’interno 352 e il suo indirizzo e-mail è [email protected]

Dal mese di novembre collabora con il dipartimen-to Esecuzioni Immobiliari Tiziana Allievi.

Tiziana, è nata il 8 giugno 1975 a Desio e si è lau-reato presso l’Università degli Studi di Milano con una tesi in Criminologia: “I volti della paura l’insi-curezza urbana tra strategie preventive integra-te e interventi di ordine pubblico”.

Risponde all’interno 377 e il suo indirizzo e-mail è [email protected]

Dal mese di novembre collabora con il dipartimen-to Tax Filippo Di Nicolò.

Filippo è nato il 22 gennaio 1978 a Milano e si è laureato presso l’Università Bocconi di Milano con una tesi in diritto commerciale “Il rappresentante comune degli azionisti di risparmio”.

Risponde all’interno 355 e il suo indirizzo e-mail è [email protected]

Dal mese di febbraio collabora con il dipartimento di diritto bancario Roberto Grisolia.

Roberto, è nato il 12 giugno 1974 a Milano e si è laureato presso l’Università degli studi di Milano con una tesi in diritto industriale: “La capacità distintiva del marchio”.

Risponde all’interno 305 e il suo indirizzo e-mail è [email protected]

Il giorno 6 marzo Massimiliano Pappalardo dello Studio di Milano è diventato papà del bellissimo Federico. Congratulazioni!!

Il giorno 24 febbraio Nadia Amiche dello Studio di Milano è diventata mamma della bellissima Yuna.Congratulazioni!!

Luca Nicoletti ha recentemente superato l’esame di commercialista conseguendo l’abilitazione pro-fessionale.Congratulazioni!!

CONVEGNI

“Mifid - adeguazione e gestione dei servizi finanziari” il 14/15 febbraio 2008 organizzato da Synergia Formazione, materiale già disponibile.

Relatrice:Sabrina Galmarini ([email protected]).

"Dal bilancio d'esercizio al reddito d'impre-sa: le novità del 2008" - Milano, 7 marzo 2008. organizzato da: Scuola di formazione IPSOA.

Partecipazione di:Alberto De Candia ([email protected]).

“L’evoluzione delle indagini finanziarie 2008 e l’antiriciclaggio a regime” - Milano, 29 febbraio 2008, organizzato da Euroconference.

Partecipazione di: Barbara Bandiera ([email protected]).

IUSLETTER n. 47/08 COSE NOSTRE / CONVEGNI

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BIBLIOTECA

NUOVI ACQUISTI

• AA. VV. Le nuove procedure concorsuali, Collana I Quaderni del fallimento, IPSOA.

Con l’emanazione del c.d. “decreto correttivo” è stata portata a compimento la riforma fallimentare. Il volume offre al lettore il quadro d’insieme della riforma, affiancando:- il testo della legge fallimentare vigente per le pro-cedure dichiarate fino al 16 marzo 2005;- il testo della legge fallimentare come modificato dal d.l. n. 35/2005, convertito in legge n. 80/2005, vigente per le procedure dichiarate a partire dal 17 marzo 2005;- il testo della legge fallimentare come modificato dal d.lgs. n. 5/2006, vigente per le procedure di-chiarate a partire dal 1° gennaio 2008.Ogni modifica è annotata con i riferimenti normati-vi.Il testo, dal punto di vista sistematico ed operativo, rappresenta una guida indispensabile per tutti gli operatori del settore.

• Giovanni Campese, L'espropriazione forzata immobiliare dopo la legge 14.5.2005, n. 80, Collana Diretta da Paolo Cendon, GIUFFRE’, Marzo 2006.

Il testo esamina, in maniera organica e coordinata, la disciplina del processo esecutivo immobiliare che è stata profondamente innovata dalla legge 14.5.2005, n. 80, che ha convertito in legge, con modificazioni, il decreto legge 14.3.2005, n. 35 e dalla legge 24.2.2006, n. 52, di riforma delle proce-dure esecutive mobiliari, nella quale sono contenute alcune modificazioni normative che interessano an-che le esecuzioni immobiliari.

La trattazione si sviluppa attraverso un approfondito esame della giurisprudenza di legittimità e di meri-to, nonché della dottrina più autorevole, con parti-colare attenzione a quella dell'ultimo ventennio.

Partendo dall'esposizione di profili teorici, l'autore presta particolare attenzione ad aspetti più eminen-temente pratici e concreti, mettendo in rilievo le differenze rispetto alla normativa previgente.

• Silvio D’andrea, Il manuale delle società 2008, Collana Guida al Diritto, IL SOLE 24 ORE.

L’opera è divisa in parti: una parte generale, in cui sono esposte le regole comuni a tutte le società, compresa la trattazione della disciplina della re-sponsabilità amministrativa delle persone giuridiche ed il nuovo processo societario, seguono quelle de-dicate alle società di persone, alle società di capitali e, infine, l’ultima parte dedicata alla disciplina dei gruppi di imprese.L’edizione del volume è aggiornata all’abrogazione dell’art. 2450 del c.c. da parte del d.l. 15 febbraio 2007, n. 10, convertito dalla legge n. 46 del 2007, e agli ultimi interventi del Legislatore in materia falli-mentare con il d.l. n. 169 del 12 settembre 2007 (legge finanziaria 2008).

• Forte N., Novità Antiriciclaggio 2008, IL SOLE 24 ORE.

Il volume esamina le novità in tema di antiriciclag-gio dopo l’approvazione del d.lgs. n. 231 del 21 no-vembre 2007, che ha recepito la Direttiva 2005/60/Ce e riscritto le regole sugli obblighi di verifica della clientela, di registrazione dei dati nell’archivio in-formatico o cartaceo e di segnalazione delle opera-zioni sospette, in capo ai professionisti, ai quali la nuova disciplina richiede di osservare obblighi più complessi rispetto al passato: infatti non è più suffi-ciente procedere all’identificazione del cliente, ma la situazione e i comportamenti assunti dallo stesso devono essere monitorati durante l’intera durata del rapporto professionale. Alcune delle novità hanno anche un impatto di tipo fiscale, poiché i dati regi-strati e conservati a cura dei soggetti individuati dal decreto legislativo potranno essere impiegati ai fini delle attività di verifica fiscale.

Il volume intende costituire una vera e propria gui-da operativa per i professionisti, arricchita da un’ampia casistica, che ne rende il contenuto im-mediatamente fruibile sia per i più esperti, sia per quanti hanno iniziato recentemente la libera profes-sione. L’opera è poi completata da approfondimenti, una parte dedicata alle sanzioni e un’appendice del-le disposizioni che disciplinano la materia.

IUSLETTER n. 47/08 BIBLIOTECA

PAGINA 38

• Liburdi D. e Barbato G., I controlli bancari e le nuove indagini finanziarie 2007, EUROCON-FERENCE EDITORE.

Attraverso la legge finanziaria per il 2005 si è assi-stito senza ombra di dubbio all’espressione di una volontà del legislatore ben precisa; ossia, quella di rafforzare la possibilità di accertamento nei confron-ti dei contribuenti su un sistema che si fonda, in modo rilevantissimo sull’analisi dei dati di natura finanziaria. Per il raggiungimento di questo obiettivo sono state modificate le disposizioni normative di riferimento e potenziato il sistema di comunicazione in forma telematica dei dati dai diversi intermediari all’amministrazione finanziaria. Con le modifiche normative in questione viene dunque definitivamen-te abbandonato il c.d. sistema del segreto bancario e, contemporaneamente, avviata quella che di fatto è un’anagrafe unica dei rapporti di natura finanzia-ria. Per altro le norme in materia di accertamento su base finanziaria hanno notevoli interrelazioni con altri settori quali quelli dell’antiriciclaggio e si fon-dano, in termini di linea difensiva, sulla conoscenza di quelli che sono i principali riferimenti giurispru-denziali. Anche di questi aspetti, gli Autori hanno tenuto conto nella redazione del volume.

• Francesca Loffredo, Le persone giuridiche e le organizzazioni senza personalità giuridica, GIUFFRE’.

Il volume tiene conto dei principali interventi nor-mativi, tra le altre, alla nuova disciplina delle fonda-zioni bancarie, alle fondazioni universitarie e al d.lgs. 8 giugno 2001 n. 231 sulla responsabilità de-gli enti, e dei più recenti orientamenti giurispruden-ziali che hanno contribuito a modificare ed integrare la materia delle persone giuridiche e delle organiz-zazioni senza personalità giuridica.

• Avv. Prof. Adriano Vanzetti (diretta da), Giuri-sprudenza annotata di diritto industriale, GIUFFRE’, n. XXXV/2006.

Raccolta annuale delle più importanti sentenze in materia di proprietà industriale e intellettuale com-mentate dai cultori della materia.

• Formulario annotato del Codice di Proce-dura Civile, a cura di Sergio Meschini e Pasquale Nappi, CEDAM.

IUSLETTER n. 47/08 BIBLIOTECA

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In questo numero la selezione delle riviste è aggiornata ai numeri ricevuti sino al 10 marzo 2008:

Banca Borsa e Titoli di Credito, n. 4/2007;

Banche e Banchieri, n. 1/2007;Bollettino Tributario, n. 3/2008;

Circolari Assonime, n. 81/2007;Contabilità Finanza e Controllo, n. 2/2008;

Contratto e Impresa, n. 6/2007;Contratto e Impresa/Europa, n. 4-5/2007;

Corriere Tributario, n. 5/2008;Diritto Comunitario e degli Scambi Internazionali, n. 6/2007;

Diritto dell’Informazione dell’Informatica, n.3/2007;Diritto e Pratica delle Società, n. 2/2008;

Diritto e Pratica del Fallimento, n. 5/2007;Diritto del Turismo, n. 3/2007;

Famiglia e Diritto, n. 11/2007;Fiscalità Internazionale, n. 5/2007;

Giurisprudenza Commerciale, n. 6/2007;Giurisprudenza di Merito, n. 12/2007;

Giustizia a Milano, n. 9/2007;Giustizia Civile, n. 9/2007;

Guida al Diritto, n. 7/2008;I Contratti, n. 1/2008;

Il Corriere Giuridico, n. 11/2007;Il Corriere di Merito, n. 11/2007;

Il Diritto d’Autore, n. 4/2007;Il Diritto Fallimentare e delle società commerciali, n. 5/2007;

Il Diritto Industriale, n. 1/2007;Il Fallimento, n. 2/2008;

Il Fisco, n. 11/2008;Il Foro Italiano, n. 12/2007;

Il Massimario del Foro Italiano, n. 8/2007;Impresa Commerciale e Industria, n. 10/2007;

La Settimana Fiscale, n. 11/2008;Le Nuove Leggi Civili e Commentate, n. 5/2007;

Le Società, n. 2/2008;Pratica Fiscale e Professionale, n. 9/2008;

Rassegna Tributaria, n. 6/2007;Rivista dell’Esecuzione Forzata, n. 3/2007;

Rivista delle Società, n. 1/2008;Rivista dei Dottori Commercialisti, n. 5/2007;

Rivista di Diritto Industriale, n. 1/2007;Rivista di Diritto Tributario, n. 12/2007;

Trust & Attività Fiduciarie, n. 4/2007.

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Massimario del Foro Italiano.Questo numero è aggiornato alla

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Questo numero è stato chiuso il giorno14 marzo 2008.

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