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25-OH Vitamina D e
1,25-OH Vitamina D
Una breve introduzione come da figura sottostante
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La sintesi della vitamina D comincia a livello della pelle, dove il 7-deidrocolesterolo colpito dai raggi UVB si trasforma in colecalciferolo in seguito alla rottura dell’anello B del ciclopentanoperidrofenantrene (Il ciclopentanoperidrofenantrene, detto anche sterano o gonano è un idrocarburo tetraciclico composto da un peridrofenantrene ed è la struttura base degli steroli e degli steroidi come, rispettivamente, il colesterolo o il cortisolo). I raggi UVB rompono l’anello del 7-deidrocolesterolo per formare la pre-vitamina D3, che poi, in parte, isomerizza (isomeria = Fenomeno per cui due o più composti di uguale composizione hanno proprietà chimiche e fisiche differenti) con il calore e ci restituisce la vitamina D3 vera e propria (colecalciferolo).
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Il colecalciferolo subisce poi due idrossilazioni [Le idrossilazioni sono reazioni chimiche che portano all'introduzione di gruppi idrossile (-OH+) in una molecola]:
• la prima nel fegato, con formazione del 25-idrossicolecalciferolo o calcidiolo;• la seconda nel rene, con formazione dell’1,25-diidrossicolecalciferolo o
calcitriolo che è finalmente la forma attiva dell’ormone.
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Ovviamente fegato e reni possono idrossilare ed attivare anche il colecalciferolo di origine alimentare, che ritroviamo in elevate quantità:
• nell’olio di fegato di merluzzo ➜ fino a 250 µg/etto, ovvero 10 mila IU;• nei pesci grassi ➜ vincono l’ipoglosso con 1097 IU/etto e lo sgombro sotto
sale con 1006, seguiti dalla carpa con 988 e dall’anguilla con 932; più staccati la trota cotta (759) e il salmone affumicato (685);
• nel tuorlo d’uovo (218 IU di vitamina D ogni 100 grammi);• negli alimenti fortificati come il latte di mucca, i cereali e le bevande vegetali
➜nei quali la quota di vitamina D aggiunta varia in base all’alimento ma in genere è tale da soddisfare – con una porzione – circa il 30-40% del fabbisogno giornaliero (che ricordiamo essere fissato, per gli adulti, a 600 IU).
N.B. Per la fortificazione spesso viene usata anche la D2 o ergocalciferolo, che è di provenienza vegetale.
Quindi anche l’ergocalciferolo o vitamina D2, di provenienza vegetale, che si origina dal “contatto” tra i raggi UVB e l’ergosterolo contenuto per es. nei miceti, può essere doppiamente idrossilato e convertito in 1,25-diidrossiergocalciferolo, un ormone attivo tanto quanto il calcitriolo (entrambi si legano al recettore con la stessa affinità).
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Perchè si consiglia di prediligere gli integratori a base di D3?
Perchè le sottili differenze tra colecalciferolo ed ergocalciferolo a livello della catena laterale fanno sì che il primo si leghi con maggiore affinità alle DBP (Vitamin D Binding Protein, ovvero le proteine che trasportano la vitamina D nel sangue); l’ergocalciferolo viene invece allontanato più rapidamente dalla circolazione sanguigna, quindi la sua efficacia nell’innalzare i livelli di 25-OH-vitamina D risulta minore. Se la vitamina D2 ha origini vegetali, ossia è prodotta dalle piante, la vitamina D3 può essere prodotta dai mammiferi. Essendo l’uomo parte di questa categoria, è chiaro che ognuno di noi è in grado di autoprodurla naturalmente dal proprio corpo grazie all’esposizione al sole (proprio per questo motivo viene chiamata Vitamina del Sole) e, in seguito, di sintetizzarla. Ne consegue il fatto che fonti di vitamina D2 sono quindi reperibili in alimenti vegetali (come ad esempio i funghi), mentre la vitamina D3 si trova in alcuni alimenti animali (latte, pesce ed in particolar modo nell’olio di fegato di merluzzo) come vedremo in seguito meglio.
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Una cosa curiosa è che la conversione ergosterolo-ergocalciferolo nei funghi può avvenire anche dopo la raccolta: esporli al sole o ai raggi UVB può aumentare notevolmente il loro contenuto di vitamina D2 (si può passare da appena 0,1 µg a 500 µg e oltre a seconda della durata dell’esposizione).La vitamina D è un vero e proprio ormone e, così come gli ormoni steroidei, ha un recettore che, una volta attivato, è in grado di migrare nel nucleo cellulare.
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Il VDR (recettore della vitamina D) è infatti un fattore di trascrizione: dopo aver preso a braccetto l’RXR (recettore X per i retinoidi. I retinoidi sono una classe di composti chimici che sono chimicamente collegati alla vitamina A ) può legarsi a determinate sequenze del DNA regolando l’espressione genica. Ciò significa che la vitamina D ha la capacità di promuovere l’espressione di determinati geni (e quindi la produzione di determinate proteine) reprimendo al contempo l’espressione di altri geni (e la sintesi di altre proteine).
Quali sono gli effetti della vitamina D?
Poiché i VDR sono praticamente ubiquitari a livello corporeo abbiamo:• a livello intestinale e renale la vitamina D promuove la sintesi delle
calbindine, proteine in grado legare il calcio e favorirne rispettivamente l’assorbimento e il riassorbimento tubulare; l’effetto finale è un aumento della calcemia, che a sua volta inibisce la secrezione di paratormone (PTH) e dunque il fenomeno noto come “riassorbimento osseo”, ovvero il processo mediante il quale gli osteoclasti “disgregano” il tessuto osseo rilasciando i minerali che lo compongono nel sangue.
• a livello osseo stimola la maturazione degli osteoblasti, le cellule che costruiscono le nostra ossa; l’effetto finale è un’aumentata mineralizzazione.
• a livello immunitario inibisce lo sviluppo dei linfociti Th1 e favorisce quello dei linfociti Treg (I linfociti T regolatori (Treg) sono una sottopopolazione di linfociti T specializzati nel sopprimere l'attivazione del sistema immunitario verso auto-antigeni e quindi mantengono la tolleranza al self) e delle cellule NK (Natural Killer), con effetti importanti per la prevenzione e la terapia di molte malattie autoimmuni. Patologie come l’artrite reumatoide, il diabete di tipo 1, le MICI (malattie infiammatorie croniche intestinali, ergo morbo di Chron e colite ulcerosa), la sclerosi multipla e le tiroiditi di Hashimoto e Graves sono mediate proprio dai linfociti Th1, che normalmente hanno il compito di eliminare le cellule infettate da virus e batteri. I linfociti Treg, come detto, sono
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fondamentali per la tolleranza nei confronti degli antigeni-self, perché spingono all’apoptosi (morte programmata) i linfociti attivatisi senza reale motivo; producono inoltre citochine anti-infiammatorie che tendono a sopprimere la risposta immunitaria e possono esprimere un recettore per l’IL-2 ad altissima affinità così da “sottrarre” questa citochina ai linfociti Th1 e bloccarne la proliferazione. Le cellule NK, infine, secernono l’IL-4, che inibisce la differenziazione dei linfociti Th1; una loro carenza/malfunzionamento favorisce lo sviluppo di patologie autoimmuni (per informazioni più dettagliate leggere capitolo IMMUNITA’ delle PILLOLE)
Nella figura sopra si vedono gli effetti del calcitriolo sulle cellule immunitarie. La vitamina D spinge la cellula progenitrice dei linfociti ( B-cell) a differenziarsi in Th2 anziché in Th1, aumenta il numero dei Treg e riduce quello dei Th17 (anch’essi coinvolti nello sviluppo di molte malattie autoimmuni) e inibisce la sintesi di IgE e altri anticorpi da parte dei linfociti B (con possibile beneficio per le allergie). Inoltre può bloccare la maturazione delle cellule dendritiche (che normalmente catturano gli antigeni e li presentano ai linfociti T) e incentivare quella dei macrofagi, spingendoli a produrre più peptidi antimicrobici come la catelicidina e la defensina. P.S.: Notare che queste cellule esprimono, tutte, l’enzima 1-alfa-idrossilasi, che permette loro di attivare la 25-idrossi-vitamina D proprio come fa il rene.
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Tutto quanto sopra evidenziato in un puzzle più completo:
I recettori della vitamina D abbondano anche nel cervello, in particolare nella substantia nigra, una zona ricca di neuroni dopaminergici importante per il controllo dei movimenti oltre che per la motivazione, la memoria e l’apprendimento. VDR sono stati isolati anche in talamo, ipotalamo, cervelletto, ippocampo e gangli della base. Sembra che la vitamina D sia in grado di promuovere la sintesi di fattori neurotrofici come l’NGF (Nerve Growth Factor = una piccola proteina segnale coinvolta nello sviluppo del sistema nervoso) e il BDNF (Brain Derived Neurotrophic Factor = polipeptide presente nel cervello dei mammiferi) e ridurre i livelli di citocromo c, una
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proteina capace di promuovere l’apoptosi nei neuroni.(Il citocromo c, abbreviato cyt c, è una piccola emoproteina libera di diffondere nello spazio intermembrana, tra la membrana interna ed esterna dei mitocondri facente parte della classe dei citocromi).
Stimolerebbe inoltre l’espressione della triptofano idrossilasi 2 (TPH2), un enzima fondamentale per la sintesi della serotonina nel cervello. La carenza di vitamina D è stata associata a diversi disturbi neuropsichiatrici, tra cui le demenze (incluso l’Alzheimer), il morbo di Parkinson, l’epilessia, la schizofrenia, l’autismo e la depressione.
La vitamina D può anche:• inibire l’espressione della renina e dunque l’intero sistema renina-
angiotensina-aldosterone, che normalmente porta ad un aumento della pressione sanguigna ;
• agevolare la secrezione di insulina da parte delle cellule beta del pancreas ;• aumentare il numero di recettori dell’insulina a livello muscolare
contrastando l’insulino-resistenza.
In questi ultimi anni, la rilevanza dei polimorfismi del recettore della vitamina D, (VDR) è stata valutata da un gran numero di studi. E’ stato così ipotizzato che i polimorfismi VDR possono influenzare il rischio di insorgenza e la prognosi del cancro e orientarne la prevenzione. Da una revisione sistematica della letteratura è stata analizzata la rilevanza di polimorfismi VDR per singole neoplasie, tra cui il cancro della pelle, della prostata, del seno, del colon, ovaio, rene e della vescica. Più oltre analizzeremo pertanto l’associazione cancro e vitamina D.
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Dopo questa introduzione, al fine di meglio focalizzare l’argomento, e quindi anche per ricapitolare, aggiungo quanto segue con immagini ripetitive ma
differenti in grado ben inquadrare i vari aspetti.
Sotto il nome vitamina D sono raggruppate varie forme molecolari:
- i pro-ormoni o pre-ormoni liposolubili (distinti in 5 diverse vitamine: D1, D2, D3, D4 e D5);- la forma biologicamente attiva (1,25 diidrossi vitamina D) o 1,25 (OH)2 detto calcitriolo
La vitamina D subisce due idrossilazioni successive:
- una nel fegato per formare la 25-OH vitamina D
- poi l’altra a livello dei reni e dei tessuti per generare la 1,25-(OH)2 vitamina D
biologicamente attiva.
La 25(OH) vitamina D costituisce la forma principale di immagazzinamento nel corpo
umano; inoltre si ritrova in forti concentrazioni nel siero o nel plasma, cosa che rende la
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25(OH) vitamina D l’analita preferenziale per la determinazione dello stato nutrizionale
della vitamina D.
Le indicazioni cliniche per la misura delle forme non attive e della forma attiva sono
completamente differenti:
** le prime (pro-ormoni) danno informazioni sullo stato vitaminico D del paziente,
determinato dall’apporto con la dieta (circa il 10% della vitamina D totale) e con la sintesi a
livello della cute per mezzo dell’esposizione ai raggi solari (circa il 90% della vitamina D
totale). Tra i pro-ormoni le due più importanti forme, che si determinano nei
laboratori clinici, sono:
** la vitamina D2 e la vitamina D3 nella forma idrossilata in posizione 25 della
molecola;
** la vitamina 1,25 diidrossi vitamina D, forma biologicamente attiva in seguito alla
seconda idrossilazione in posizione 25 per azione di enzimi a livello renale, che ha
indicazioni cliniche molto limitate quali il monitoraggio dei pazienti con grave
insufficienza renale in corso di trattamento con calcitriolo, la diagnosi differenziale
dei rachitismi e in alcuni casi di alterazione del metabolismo fosfocalcico. Per meglio
inquadrare e memorizzare il tutto si riportano più figure per meglio comprendere tutti i
meccanismi legati a questa importantissima Vitamina.
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VITAMINA D E CANCRO
Il calcitriolo regola numerosi percorsi cellulari che potrebbero avere un ruolo nel
determinare il rischio di cancro e sua prognosi. Gli studi clinici suggeriscono
fortemente che la carenza di vitamina D aumenta il rischio di sviluppare il cancro
per cui l’aggiunta di integratori di vitamina D potrebbe essere un modo economico e
sicuro per ridurre l’incidenza del cancro e migliorarne la prognosi.
Evidenze da osservazioni e da studi di laboratorio hanno identificato oltre 15 tipi di
cancro per i quali maggiore UVB luce solare e / o livello di 25 (OH) D sierici sono
associati ad un rischio ridotto. Due studi (degli oltre 400 presenti in pubmed) sono
particolarmente degni di nota. Uno, lo studio norvegese che ha visto coinvolto 658
pazienti con cancro del seno, del colon, del polmone, o linfoma con livelli sierici di
25 (OH) D determinati entro 90 giorni dalla diagnosi di cancro, sono stati seguiti per
un massimo di nove anni [Tretli et al., 2012]. Rispetto a quelli con livelli <18 ng / ml,
quelli che in origine avevano livelli> 32 ng / ml hanno avuto una riduzione del
rischio di morte di cancro del 66%.
Un altro, ha appurato che la supplementazione con 4000 UI / die di vitamina D3 in
pazienti con cancro prostatico di basso grado [Marshall et al., 2012], ha portato a
queste conclusioni: ventiquattro dei quarantaquattro soggetti (55%) hanno mostrato
una diminuzione della quantità di cancro; cinque soggetti (11%) non hanno
mostrato alcun cambiamento; 15 soggetti (34%) hanno mostrato un aumento.
Confrontati con un gruppo di 19 pazienti che non ha avuto alcuna
supplementazione di vit. D, solo 4 di loro (21%) ha avuto regressioni oncogene, 3
(16%) non ha mostrato cambiamenti, e 12 (63%) hanno mostrato un aumento del
cancro.
In un altro studio pubblicato nel 2014, i ricercatori hanno dimostrato che i pazienti
con cancro al colon con i più alti livelli di vitamina D hanno avuto il 32 % in meno di
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probabilità di morire rispetto a quelli con un più basso livello (studio di follow-up di 5
anni).
Tutto ciò consente di concludere che i malati di cancro con alti i livelli di vitamina D
al momento della diagnosi hanno tempi di sopravvivenza significativamente più
lunghi rispetto a quelli con livelli più bassi.
Altra cosa importante rilevata è che alcuni farmaci per la chemio possono ridurre i
livelli di vitamina D del malato di cancro.
In uno studio è stato appurato che integrare con 2,000 UI al giorno non è stato
sufficiente per innalzare i livelli di vitamina D dei malati di cancro sottoposti a
chemioterapia e portarli nel range corretto. Cosa che è stata fatta addirittura con
50,000 UI settimanali.
E’ quindi indispensabile, per i malati di cancro, farsi misurare i livelli di vitamina D
oltre che ovviamente calcemia (in particolare nei soggetti osteoporotici trattati con dosi
generose di calcio) e provvedere all’occorrenza all’ assunzione di vit. K2 per prevenire
eventuali calcificazioni extra-ossee. Utile anche l’assunzione di magnesio con molta
acqua per evitare eventuali danni da ipercalcemia. [La vitamina K2 attiva una serie di
speciali proteine che mobilizzano il calcio, promuove l’osteocalcina che attira il calcio nelle ossa e
nei denti e attiva anche un’altra proteina chiamata MPG (Matrix GLA Protein) la quale mobilizza il
calcio dai tessuti molli e dalle arterie, luoghi dove questo importante minerale può risultare dannoso.
La vitamina K2 viene prodotta fisiologicamente dai nostri batteri intestinali a partire dalla vitamina K1
contenuta e fornita all’organismo dai vegetali a foglia verde. Purtroppo la disbiosi intestinale,
frequentemente presente, ne altera la produzione rendendola insufficiente. Inoltre la vitamina K2 non
viene immagazzinata nei tessuti se non in piccole quantità; se ne ritrova nelle ghiandole salivari, nel
pancreas, nel cervello e nello sterno. Per cui quando c’è un deficit di introduzione della vitamina K1
attraverso una alimentazione incongrua (cibi ricchi sono: lattuga, broccoli, spinaci, cavolfiori, cavolo,
cavolini di Bruxelles, cime di rapa, fagiolini, asparagi, piselli e carote ne sono ricche), si hanno
ripercussioni anche sulla sintesi della vitamina K2.].
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Da notare che, mentre le fonti alimentari come le uova e i pesci grassi forniscono
circa 200-400 UI al giorno per la maggior parte delle persone, l’esposizione al sole
può fornire 500 UI al minuto.
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25-OH Vitamina D
La 25-idrossivitamina D è la forma dell’ormone più presente in circolo ed è il precursore
inattivo della forma attiva, 1,25- diidrossivitamina D. A causa della sua lunga emivita e
alta concentrazione, la 25-idrossivitamina D viene comunemente misurata per
monitorare lo stato vitaminico D nel paziente.
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La vitamina D viene mantenuta nell’organismo grazie a due meccanismi, uno endogeno,
con la produzione dell’ormone grazie all’esposizione al sole ed uno esogeno, con
l’introduzione per via alimentare della vitamina D. La struttura chimica di questi tipi di
vitamina D è differente e vengono chiamate vitamina D2 (ergocalciferolo) e vitamina
D3 (colecalciferolo). La D2 è presente in alcuni cibi; negli integratori alimentari e nei
preparati farmaceutici vitaminici possono essere presenti indifferentemente le due forme di
vitamina. La vitamina D3 invece viene prodotta dall’organismo a livello cutaneo sotto
l’effetto dell’irraggiamento solare. Le due forme di vitamina, D2 e D3, hanno lo stesso
effetto e quindi è importante conoscere la somma delle loro quantità ovvero la
concentrazione totale della 25-OH vitamina D.
La maggior parte dei metodi analitici per la misura della 25-OH vitamina D non
distinguono le due forme D2 e D3 e misurano la concentrazione totale. Altri metodi invece
distinguono le due forme. La concentrazione di 25-OH vitamina D viene utilizzata per
avere una stima della riserva di 25-OH vitamina D per una eventuale supplementazione.
Sorgenti e forme di Vitamina D
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NOTA: L'ergosterolo è uno sterolo precursore della vitamina D₂. Viene trasformato in viosterolo
per azione dei raggi ultravioletti e viene quindi convertito in ergocalciferolo.
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Bassi livelli nel sangue indicano una scarsa esposizione ai raggi solari o una scarsa introduzione con la dieta o un malassorbimento intestinale. A volte farmaci antiepilettici come la fenitoina (Dilantin) possono interferire con la produzione di vitamina D nel fegato. Esistono evidenze, come detto precedentemente, che una bassa concentrazione di vitamina D sia correlata ad un aumentato rischio di ammalarsi di cancro, di patologie autoimmuni e patologie cardiache. Alti livelli di 25-idrossivitamina D indicano un sovradosaggio farmacologico o nella dieta, di tale ormone.
1,25-OH Vitamina D
La 1,25-diidrossi vitamina D è la forma attiva dell’ormone 25-idrossi vitamina D. La
seconda idrossilazione, che porta all’attivazione delle funzioni biologiche
dell’ormone, avviene a livello renale. La 1,25-diidrossi vitamina D ha un’emivita di
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poche ore e la concentrazione circolante (pg/mL) è mille volte inferiore a quella del suo
precursore.
La Vitamina D, in particolare, svolge una funzione regolatoria nell’assorbimento di
calcio, fosforo e magnesio.
Essa è di vitale importanza nell’accrescimento osseo e per la salute dell’osso stesso; in
assenza di tale ormone le ossa sono fragili, malformate e incapaci di ripararsi, questa
patologia è chiamata rachitismo nei bambini e osteomalacia negli adulti.
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La Vitamina D è inoltre implicata nei meccanismi autoimmunitari, nelle funzioni
metaboliche e nella prevenzione del cancro. Per questo motivo oggi il dosaggio della
vitamina D è diventato un esame per determinare lo stato generale di salute.
25-OH Vitamina D
L’esame è utilizzato per chiarire se la fragilità ossea, le malformazioni ossee o l’anormale
metabolismo del calcio (valori patologici di calcio, fosforo, PTH) siano da imputare a mancanza o
eccesso di Vitamina D.
Poiché la vitamina D è solubile negli acidi grassi (LIPOSOLUBILE) e come tale viene
assorbita dall’intestino, la sua misura risulta utile in diverse patologie quali la fibrosi cistica,
il morbo di Chron e nei pazienti che hanno subito gastroresezione o non sono in grado di
assorbire abbastanza ormone. Questo test viene inoltre utilizzato per monitorare l’efficacia
di terapie a base di vitamina D, calcio, fosforo e/o magnesio.
1,25-OH Vitamina D
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La misura della 1,25-diidrossi vitamina D, data la sua bassa concentrazione e breve
emivita, è indicata solo in poche e particolari condizioni: principalmente serve nel
monitoraggio della terapia farmacologica. Essendo questa la forma biologicamente attiva
dell’ormone, la sua somministrazione non può essere intesa come assunzione di un
integratore (come viene fatto per il precursore inattivo 25-OH vitamina D) ma come
somministrazione di un farmaco la cui posologia deve essere accuratamente
monitorata. La concentrazione misurata deve essere adeguata agli obiettivi terapeutici che
si vogliono raggiungere. Livelli eccessivamente elevati di 1,25-diidrossivitamina D indicano
un sovradosaggio farmacologico mentre la misura della 1,25-OH vitamina D (forma attiva)
è indicata solo per i pazienti in trattamento con questo ormone per patologie quali
insufficienza renale cronica, psoriasi, malattie autoimmuni, ecc.
Negli Stati Uniti è uso comune aggiungere vitamina D agli alimenti come latte, cereali e succhi di frutta, in questo modo è stato drasticamente diminuito il numero di incidenza di rachitismo.
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RIASSUMENDO IL TUTTO CON UNA IMMAGINE
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PRECISAZIONI FINALI
È bene sottolineare che la vitamina D, a dispetto del suo nome, non è affatto una vitamina ma un vero e proprio ormone che regola il metabolismo del calcio: appartiene alla famiglia degli ormoni steroidei come gli ormoni del surrene e gli ormoni sessuali. Il fatto che sia liposolubile, implica la sua capacità di distribuirsi molto bene nei tessuti ricchi di grassi. Per questo motivo lo spazio in cui questo ormone si deposita è molto maggiore nelle persone con eccesso di peso; in altri termini maggiore è il peso corporeo, maggiore è la quantità di vitamina D che deve essere assunta per raggiungere livelli ottimali nel sangue».
Quando ci si riferisce alla vitamina D è bene sapere che è disponibile in diverse forme, da qui i diversi nomi che si possono leggere sulle confezioni dei prodotti o dei farmaci che la integrano. Il colecalciferolo o vitamina D3 rappresenta la forma inattiva dell’ormone prodotta dall’uomo sotto l’azione dei raggi solari nella cute ma in questa forma la vitamina D è anche abbondante nel fegato, negli oli di pesce e in alcuni pesci marini come aringa, salmone e sardina, ecc.L’ergocalciferolo o vitamina D2 è di origine vegetale, si assume quindi con il cibo, ma è una forma molto meno attiva del colecalciferolo (da 50 a 100 volte). Il calcifediolo e il calcitriolo, infine, sono forme modificate della vitamina D, differiscono nella formula chimica: vengono fatte tutte queste distinzioni, perché quando la vitamina D è carente, di solito è sufficiente ricorrere a una supplementazione con calciferolo o calcifediolo, ma nei pazienti affetti da insufficienza renale cronica o ipoparatiroidismo si deve ricorrere all’uso del calcitriolo, una forma di vitamina D già attiva che non deve subire proprio il processo di attivazione a livello di fegato e reni».
Quindi: la prima fase dell’attivazione della vitamina D3 prodotta a livello cutaneo, il colecalciferolo (pro-ormone), avviene nel fegato, da parte dell’enzima 25-idrossilasi. Da questo passaggio si produce il metabolita 25-idrossi-vitamina D3 [(25(OH)D3], noto come calcifediolo, che non è ancora l’ormone attivo, anche se possiede una sua attività. Il secondo livello di attivazione ormonale della vitamina D avviene a livello renale attraverso l’enzima 1alfa-idrossilasi. Si arriva così alla formazione dell’ormone attivo, la 1 alfa-25-diidrossi-vitamina D3 [1,25(OH)2D3], nota anche come calcitriolo. Il calcitriolo è l’ormone più attivo sull’assorbimento intestinale di calcio rispetto al calcifediolo (> 1000 volte), ma il calcifediolo circola a concentrazioni 1000 volte superiori rispetto al calcitriolo. La vitamina D attiva (calcitriolo) possiede tutte le caratteristiche di un ormone, mentre colecalciferolo e calcifediolo sono considerati pro-ormoni. Dunque, la vitamina D è un ormone e non un semplice “supplemento”.
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A CHI MANCA LA VITAMINA D
La sua carenza, negli ultimi decenni, sta diventando molto più frequente che in passato; a lamentarne un deficit sono soprattutto le persone anziane (costrette in casa o nelle strutture di ricovero e che quindi non riescono a godere a sufficienza dell’irradiazione solare), coloro che non si possono esporre al sole a causa di problemi dermatologici, le persone con la pelle scura, le donne che indossano veli o che comunque espongono scarsamente il loro corpo al sole, le persone che fanno uso di filtri solari (protezioni molto elevate) o la presenza di patologie che interferiscono con l’assorbimento della vitamina D come la celiachia.Altri fattori importanti che determinano bassi livelli di questo ormone nel sangue sono, in ogni caso, l’eccesso di peso e il trascorrere gran parte della giornata in ambienti chiusi.Una carenza di vitamina, in età pediatrica, incide negativamente sulla calcificazione ossea , mentre in età avanzata contribuisce all’osteoporosi. La vitamina D, infatti, gioca un ruolo chiave nel metabolismo del calcio e del fosforo e una sua carenza, si riflette in un’aumentata fragilità ossea. In assenza di adeguati livelli di vitamina D attiva nel sangue, il calcio contenuto negli alimenti non viene assorbito adeguatamente nell’intestino e quindi l’organismo è costretto a mobilizzare le scorte
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interne rappresentate dall’osso attraverso un altro ormone coinvolto nella regolazione del metabolismo del calcio, il paratormone. Se questo meccanismo si prolunga per tempi lunghi l’osso viene progressivamente indebolito ed esposto a rischio di frattura.
RACCOMANDAZIONI PER I BAMBINI
L’ipovitaminosi D, condizione che va dall’ insufficienza al deficit di vitamina D, riguarda in Italia oltre un bambino su due, con punte massime in epoca neonatale e nell’adolescenza, dove si arriva a percentuali del 70%. Primo fattore di rischio per la condizione è la scarsa esposizione solare e poi sono a rischio i bambini obesi perché il tessuto adiposo “sequestra” la vitamina D e quelli con la pelle scura perché questa non permette ai raggi solari di filtrare. La SIP (Società Italiana di Pediatria) per tutti i neonati fino al compimento del primo anno di vita raccomanda la profilassi con vitamina D, indipendentemente dal fatto che l’allattamento sia fatto al seno oppure no, poiché né il latte materno né quello in formula, anche se addizionato, riescono a soddisfare il fabbisogno di vitamina D. Dal compimento del primo anno e fino ai 18 anni la profilassi con tale vitamina si raccomanda solo nei bambini di etnia non caucasica ed elevata pigmentazione, che si espongono poco al sole, che seguono regimi alimentari come la dieta vegana oppure affetti da condizioni patologiche come l’insufficienza renale o l’epatite cronica, l’obesità o la celiachia o le malattie infiammatorie croniche.
QUANTA NE SERVE
Il fabbisogno di vitamina D è molto diverso a seconda della fascia di età: - 200 unità/die per i bambini e gli adulti - 400 unità/die per le persone di età compresa fra i 50 e i 70 anni - 600 unità/die per gli anziani con più di 70 anni.
VITAMINA D e POLIMORFISMI(per la Genomica qui introdotta leggere l’argomento NUTRIGENOMICA delle PILLOLE)
L’1,25(OH)2D3 controlla più di 200 geni, responsabili della regolazione di proliferazione cellulare, differenziazione cellulare, apoptosi e angiogenesi. La maggior parte degli effetti dell’1,25(OH)2D3 sui tessuti bersaglio è dovuta al legame della vitamina con il suo recettore nucleare ad alta affinità (VDR), che agisce come fattore di trascrizione attivato dal ligando.
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IL RECETTORE DELLA VITAMINA D (VDR)
Struttura e funzioniIl gene del recettore della vitamina D (VDR) è situato sul cromosoma 12, in posizione 12q13-14 (Figura 6). Esso si estende per circa 75 kb ed è organizzato in 14 esoni. In particolare, i 6 esoni da 1a a 1f codificano per la regione 5’ non tradotta mentre gli 8 esoni dal 2 al 9 codificano per la proteina VDR. I promotori del VDR si trovano negli esoni 1d, 1a e 1f e danno luogo a diversi trascritti tessuto specifici. In particolare, il VDR è espresso nelle cellule dell’epitelio intestinale, nei tubuli renali, nelle cellule della ghiandola paratiroidea, nei cheratinociti e fibroblasti dell’epidermide, nel tessuto mammario, nel pancreas, nella ghiandola pituitaria, nelle cellule del tessuto scheletrico (osteoblasti e condrociti), e nel sistema immunitario (monociti, macrofagi e linfociti T). Inoltre, tre diversi RNA messaggeri (mRNA) del VDR possono essere sintetizzati a seconda dello splicing alternativo degli esoni 1a, 1b e 1c. La proteina VDR (Figura 6) è costituita da 427 residui amminoacidici, per un peso di circa 48kDa, organizzati in:
a) un dominio di transattivazione all’estremità amino terminale per il legame al fattore di trascrizione TFIIB; b) un motivo molto simile in tutti i recettori di ormoni steroidei e tiroidei, rappresentato da due dita di zinco [I motivi a dito di zinco (o, con accezioni leggermente differenti tra loro, zinc finger o zinc cluster) sono specifiche regioni proteiche in grado di legare il DNA] che interagiscono con sequenze specifiche del DNA nelle regioni promotrici della trascrizione dei geni regolati dall’1,25(OH)2D3, e che sono inoltre responsabili della formazione di un eterodimero con il Recettore dell’acido retinoico (RXR), e infine; c) una dominio di legame con la vitamina D (Ligand Binding Domain) situato a livello dell’estremità carbossiterminale che riconosce specificamente la molecola del calcitriolo. Il VDR presente nel nucleo media l’attivazione trascrizionale dopo il legame con l’1,25(OH)2D3 (Figura 7). Il VDR, legatosi alla vitamina D, si associa al RXR e subisce una modificazione allosterica che consente all’eterodimero VDR-RXR di interagire con gli elementi responsivi alla vitamina D (VDRE) che si trovano a monte dei geni target. Successivamente il VDR recluta le proteine nucleari del complesso d’inizio della trascrizione e la RNA polimerasi II che ne è parte integrante. Il ruolo del VDR come mediatore dell’1,25(OH)2D3 può essere influenzato da numerosi fattori tra i quali la disponibilità di vitamina D - che dipende dal bilancio tra dieta, processi di sintesi e catabolici - il contenuto dei recettori nelle cellule - che è regolato dai ligandi del VDR e da altri ormoni e fattori di crescita - le modificazioni pre-trascrizionali del VDR
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indotte dal ligando, - quali la fosforilazione di residui di serina che riduce l’attività del recettore stesso - e il livello dei componenti del complesso di trascrizione nel nucleo. Le azioni genomiche della vitamina D VDR-mediate si distinguono in classiche e non classiche. Riguardo le prime, il sistema endocrino D agisce come fattore essenziale nell’interazione tra rene, osso, paratiroide e intestino per mantenere i livelli di calcio extracellulare entro i limiti di normalità. Tra le azioni genomiche non classiche, la recente scoperta di VDR nelle cellule del sistema immune ed il fatto che numerose di queste cellule posseggono il corredo enzimatico per produrre l’ormone, hanno indicato che esso svolge importanti proprietà antiproliferative ed immunoregolatorie.
Le figure qui riportate ricalcano fedelmente quanto indicato precedentemente.
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Polimorfismi del VDRAd oggi, sono stati individuati all’interno del gene VDR più di 200 polimorfismi. La maggior parte di essi è collocata in regioni non codificanti del gene, posizionate al 3’UTR, al 5’UTR e nelle regioni del promotore; a differenza dei polimorfismi delle regioni codificanti, essi non modificano la struttura aminoacidica del recettore, ma possono interferire con la trascrizione delle regioni codificanti o con la stabilità dell’ mRNA. In alcuni casi, è stato suggerito che potrebbero essere in linkage disequilibrium con altri polimorfismi funzionali all’interno del gene VDR o in geni vicini. La maggior parte di essi sono polimorfismi della lunghezza del frammento di restrizione (restiction fragment lenght polymorphisms, RFLP), individuabili quindi con l’utilizzo di diversi enzimi di restrizione. I polimorfismi del VDR sono stati associati con il rischio di diverse patologie metaboliche, autoimmuni e neoplastiche, tra cui osteoporosi, osteoartrite, diabete, melanoma, carcinoma alla mammella e alla prostata. Tuttavia la valutazione dell’importanza di questi polimorfismi si è rivelata complessa e, come risultato, solo un piccolo numero di questi polimorfismi è stato studiato su larga scala. In particolare, i quattro polimorfismi più studiati sono quelli caratterizzati dall’utilizzo degli enzimi di restrizione FokI, BsmI, ApaI e TaqI. Gli alleli sono stati rispettivamente chiamati F-f, B-b, A-a, e T-t. Il polimorfismo FokI (rs2228570,Thr2Met) consiste in una sostituzione nucleotidica C/T a livello del primo di due possibili codoni di inizio della traduzione della proteina VDR nell’esone 2 (ACGATG). Il nucleotide T viene anche definito allele f, mentre il nucleotide C viene definito allele F. Tale polimorfismo determina la traslazione a monte di tre aminoacidi del sito d'inizio della traduzione del gene con conseguente alterazione della relativa proteina: infatti negli individui wild-type, portatori dell’allele C, la traduzione inizia al secondo sito ATG e viene sintetizzata una proteina di 424 aminoacidi, mentre negli individui portatori dell’allele T la traduzione inizia a monte, in un primo sito ATG provocato dal polimorfismo, e la proteina VDR risulta più lunga di tre amminoacidi. Il genotipo CC wild-type (forma corta) provoca una maggiore interazione in vitro con il fattore di trascrizione TFIIB e di conseguenza una più alta attività trascrizionale dei geni regolati dal VDR rispetto al genotipo TT. I polimorfismi BsmI (rs1544410, IVS8+284G>A) e ApaI (rs7975232, IVS8-48T>G) sono entrambi localizzati nell’introne 8 del gene VDR e consistono rispettivamente in una variazione nucleotidica G/A e T/G. Per BsmI il nucleotide A viene anche definito allele B, mentre il nucleotide G viene definito allele b, mentre per quanto riguarda ApaI, il nucleotide T viene anche definito allele A, mentre il nucleotide G viene definito allele a. La funzione di questi polimorfismi intronici non è nota. È però interessante notare che questi polimorfismi non influiscono sulla struttura della proteina VDR, tuttavia è stato ipotizzato un loro ruolo
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nella variazione della stabilità del trascritto. Il polimorfismo TaqI (rs731236, Ile352Ile) localizzato nell’esone 9 del gene VDR, a livello del codone 352, consiste in una variazione nucleotidica T/C, che provoca una variante sinonimo al codone 352 (Uno SNP che genera in tutte le sue forme lo stesso peptide è detto sinonimo (synonymous); in caso contrario è detto non-sinonimo (non-synonymous). Il nucleotide T viene anche definito allele T, mentre il nucleotide C viene definito allele t. Anche la funzione di questo polimorfismo non è nota. Gli alleli di BsmI, ApaI e TaqI mostrano un forte linkage disequilibrium, mentre non sembra esserci nessuna concordanza con gli alleli di FokI. Recentemente, sono stati identificati mediante screening con single-stranded conformational polymorphism (SSCP) e sequenziamento automatico, nuovi polimorfismi del promotore del VDR, tra cui in particolare il polimorfismo A-1012G, localizzato a livello dell’esone non codificante 1a. Il polimorfismo consiste in una variazione nucleotidica A/G, in cui l’allele A, sebbene maggiormente rappresentato anche nella popolazione normale, è stato associato al rischio di patologie neoplastiche tra cui il melanoma. Il ruolo funzionale di questa variante nel promotore è ancora largamente sconosciuto. Analisi in silico suggeriscono che l’allele A favorisca l’espressione di un sito di legame putativo (non vero ma ritenuto tale) per GATA-3, ed esperimenti condotti in vitro su linee cellulari hanno dimostrato un’associazione tra i polimorfismi presenti nel promotore del VDR, tra cui A-1012G, e i livelli di mRNA. La posizione all’interno del gene VDR dei polimorfismi menzionati è rappresentata graficamente in Figura 8.
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Sotto sono riportate altre figure esplicative dei concetti precdentemente riportati
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