1.2.1 - Segnali analogici e digitali - cine-tv.net · 1 1.2.1 - Segnali analogici e digitali Si...

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1 1.2.1 - Segnali analogici e digitali Si definisce analogico un segnale che può assumere infiniti valori nel campo di variabilità del segnale stesso (fig. 1.4a). I segnali analogici sono così denominati poiché nel rappresentare una grandezza di origine, come ad es. un suono, variano seguendo l’andamento di quest’ultima, ovvero « in analogia » con essa. Si definisce digitale (dall’inglese digit, cifra), o numerico, un segnale che può assumere solo un numero limitato di valori (fig. 1.4b); un caso particolare si ha quando i valori possibili sono due: in tal caso si parla di segnale digi- tale binario (fig. 1.4c). I segnali digitali o numerici sono così definiti in quanto idonei a rappresentare sequenze di cifre associate ai pos- sibili livelli. Il segnale di fig. 1.4b può essere interpretato come la sequenza 1 - 2 - 3 - 0 - 2 - ...; il segnale di fig. 1.4c può essere interpretato come la sequenza 1 - 0 - 1 - 1 - 0 - … le cui cifre, per la caratteristica che hanno di po- ter assumere solo due valori, sono dette cifre binarie o bit (contrazione di binary digit). Fig. 1.4 - (a) Segnale analogico; (b) segnale digitale; (c) segnale digitale binario. 1.2.3 - Segnali periodici e aperiodici Un segnale v(t) è definito periodico se per qualsiasi istante t si ha (1.1) v(t) = v(t + T) dove la costante T, denominata periodo, è il più piccolo intervallo di tempo che realizza tale condizione; in parole povere ciò significa che il segnale in questione si ripete a intervalli di durata T (fig. 1.9). L’insieme di valori che il segnale assume in un intervallo T è detto ciclo. I cicli di un segnale periodico, così come il valore del periodo T, possono essere individuati a partire da un istante qualsiasi, e cioè partendo da un punto qualsiasi dell’asse t. I segnali che non presentano periodicità nel tempo sono detti aperiodici. Fig. 1.9 - Segnale periodico. Il numero di cicli che il segnale compie nell’unità di tempo è detto frequenza. Il valore della frequenza f si ottiene dividendo l’unità di tempo per la durata T di ciascun ciclo: campo di variabilità V3 V2 V1 V0 v1(t) v2(t) v3(t) t t t V1 V0 (a) (b) (c) T T T t v(t) t1 t1 + T ciclo

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1.2.1 - Segnali analogici e digitali Si definisce analogico un segnale che può assumere infiniti valori nel campo di variabilità del segnale stesso (fig. 1.4a). I segnali analogici sono così denominati poiché nel rappresentare una grandezza di origine, come ad es. un suono, variano seguendo l’andamento di quest’ultima, ovvero « in analogia » con essa. Si definisce digitale (dall’inglese digit, cifra), o numerico, un segnale che può assumere solo un numero limitato di valori (fig. 1.4b); un caso particolare si ha quando i valori possibili sono due: in tal caso si parla di segnale digi-tale binario (fig. 1.4c). I segnali digitali o numerici sono così definiti in quanto idonei a rappresentare sequenze di cifre associate ai pos-sibili livelli. Il segnale di fig. 1.4b può essere interpretato come la sequenza 1 - 2 - 3 - 0 - 2 - ...; il segnale di fig. 1.4c può essere interpretato come la sequenza 1 - 0 - 1 - 1 - 0 - … le cui cifre, per la caratteristica che hanno di po-ter assumere solo due valori, sono dette cifre binarie o bit (contrazione di binary digit). Fig. 1.4 - (a) Segnale analogico; (b) segnale digitale; (c) segnale digitale binario. 1.2.3 - Segnali periodici e aperiodici Un segnale v(t) è definito periodico se per qualsiasi istante t si ha (1.1) v(t) = v(t + T) dove la costante T, denominata periodo, è il più piccolo intervallo di tempo che realizza tale condizione; in parole povere ciò significa che il segnale in questione si ripete a intervalli di durata T (fig. 1.9). L’insieme di valori che il segnale assume in un intervallo T è detto ciclo. I cicli di un segnale periodico, così come il valore del periodo T, possono essere individuati a partire da un istante qualsiasi, e cioè partendo da un punto qualsiasi dell’asse t. I segnali che non presentano periodicità nel tempo sono detti aperiodici. Fig. 1.9 - Segnale periodico. Il numero di cicli che il segnale compie nell’unità di tempo è detto frequenza. Il valore della frequenza f si ottiene dividendo l’unità di tempo per la durata T di ciascun ciclo:

campo di variabilità

V3

V2

V1

V0

v1(t) v2(t) v3(t)

t t t

V1

V0

(a) (b) (c)

T T T

t

v(t)

t1 t1 + T

ciclo

2

(1.2) fT

=1

Se l’unità di tempo utilizzata è il secondo, la frequenza risulterà misurata in cicli al secondo, e cioè in Hertz (Hz): (1.3) 1 Hz = 1 ciclo/s Se si conosce la frequenza di un segnale periodico è possibile calcolarne il periodo mediante la relazione inversa alla 1.2:

(1.4) Tf

=1

2.2 - Informazione L’oggetto di una comunicazione a distanza è indicato comunemente con il termine generico di informa-zione; il trasferimento di informazione implica un messaggio, il cui contenuto sia in grado di cambiare il grado di incertezza di chi lo riceve riguardo a determinati aspetti della realtà. Guardando ad es. un telegiornale, lo spettatore acquisisce una serie di informazioni che modifica il suo grado di conoscenza su vari elementi: fatti, luoghi e circostanze, ma anche identità e voce dello speaker, arredamento dello studio, ecc. Per quanto riguarda la natura dei messaggi informativi, si deve osservare che quasi sempre i destinatari di un sistema di comunicazione sono esseri umani, la cui capacità di acquisire conoscenza è basata principalmente sui sensi della vista e dell’udito; per tale motivo, la maggior parte dei sistemi di telecomunicazioni è destinato alla trasmissione di immagini fisse o in movimento e suoni, nonché di informazioni codificate in immagini e/o suoni, classificate con il generico termi-ne di dati. I dispositivi atti a trasformare i diversi tipi di informazione dalla forma fisica originaria a quella elettri-ca, e viceversa, sono denominati trasduttori; la relativa operazione è definita trasduzione (fig. 2.3). Fig. 2.3 - Trasduzione.

Il flusso informativo trasferito da un sistema di comunicazione può essere di un’unica natura o costituito dall’unione di diversi tipi di informazione; nel primo caso si parla di comunicazioni monomediali, ovvero che uti-lizzano un unico « medium », cioè mezzo (di comunicazione), come avviene nell’utilizzo del telefono o del Tele-video, mentre nel secondo si parla di comunicazioni multimediali, ovvero che utilizzano molti « media », come avviene nell’utilizzo della TV o nella navigazione di siti web. 2.2.1 - Informazione audiovisiva Le grandezze fisiche che determinano il contenuto di una immagine corrispondono alla intensità e colore della luce emessa da ciascun punto dell’immagine (fig. 2.4a); se tali caratteristiche sono variabili nel tempo, ne risulta un’immagine in movimento (fig. 2.4b). La grandezza fisica associata ad un suono consiste invece nella va-riazione nel tempo, rispetto al valore a riposo, della pressione presente in un mezzo elastico (fig. 2.4c). Poiché le grandezze fisiche associate ad immagini e suoni possono variare con continuità entro il loro campo di definizione, l’informazione audiovisiva ha una natura originaria di tipo analogico.

v t( )

t

3

Fig. 2.4 - Natura dell’informazione audiovisiva e relativa trasduzione in forma elettrica.

Per trasmettere a distanza un’immagine fissa, risulta necessario utilizzare un opportuno dispositivo che,

mediante una scansione, ne trasformi il contenuto in un segnale elettrico variabile nel tempo (fig. 2.4a1); analoga-mente un’immagine in movimento deve essere trasformata, ad es. mediante una videocamera, in un segnale video variabile nel tempo, che rappresenti una sequenza di immagini (quadri) distanziate da un piccolo intervallo tempo-rale (fig. 2.4b). Nel caso di un suono la trasduzione è più semplice, poiché è sufficiente produrre, mediante un mi-crofono, un segnale audio avente lo stesso andamento di quello acustico (fig. 2.4c). Mediante i segnali elettrici rappresentati in fig. 2.4, le informazioni audiovisive possono essere trasmesse ad un ricevitore remoto, dove soli-tamente sono riportate nella forma originaria da opportuni trasduttori inversi (fig. 2.5). Fig. 2.5 - Trasduzione inversa di segnali elettrici di tipo audiovisivo. 1 La figura è puramente concettuale. Sebbene siano esistiti dispositivi atti alla trasduzione di immagini in formato ana-logico, si deve osservare che attualmente qualsiasi dispositivo di scansione fornisce una rappresentazione digitale dell’immagine; le modalità della conversione saranno brevemente esaminate in un successivo paragrafo.

intensità e colore della luce variano nello spazio

intensità e colore della luce variano nello spazio e nel tempo

la pressione varia nel tempo

4

2.2.2 - Dati La generica categoria dei dati include qualsiasi messaggio definito da una sequenza di simboli, il cui in-sieme di appartenenza, numericamente limitato, è denominato alfabeto o codice. L’alfabeto utilizzato può essere più o meno ampio, e dipende dal tipo di informazione e dal metodo di codifica, come esemplificato in tab. 2.1.

dato alfabeto testo scientifico a - … - z - A - … - Z - 0 - … - 9 - , - ; - … - α - … - ω - Α - … - Ω romanzo a - … - z - A - … - Z - 0 - … - 9 - , - ; - … risultato della schedina2 1 - X - 2 Tab. 2.1 - Esempi di codifica dati.

Un certo dato può essere rappresentato fisicamente nelle forme più diverse, e in particolare su carta, mi-crofilm, supporto magneto-ottico o altro; in genere, essendo memorizzato su un supporto, rappresenta un’informazione che non varia nel tempo. Ai fini della comunicazione a distanza, è necessario rappresentare il da-to da trasferire mediante un segnale elettrico variabile nel tempo; concettualmente parlando, il modo più semplice di realizzare tale operazione consiste nell’associare un certo valore di tensione a ogni particolare simbolo dell’alfabeto. Poiché l’insieme dei simboli è limitato, il dato è rappresentato mediante un segnale digitale, la cui trasmissione realizza il trasferimento del dato stesso (fig. 2.6).

Fig. 2.6 - Trasmissione di un dato.

Per assicurare la corretta sincronizzazione tra dispositivi trasmittenti e riceventi, è necessario che ciascuna segnalazione (livello corrispondente ad un simbolo) abbia identica durata, in modo tale che il ricevitore possa leg-gere il contenuto del messaggio con una cadenza costante; pertanto il segnale digitale corrispondente a una certa sequenza di simboli deve essere discontinuo nel tempo (fig. 2.7). 1 - X - 1 - 2 - X - X - 1 - 1 - 2 - X - 1 - 1 - X - 2 Fig. 2.7 - Rappresentazione di 14 risultati calcistici mediante un segnale elettrico sincrono. Sebbene sia plausibile rappresentare e trasmettere un dato a N simboli mediante un segnale a N livelli, tale metodo è operativamente inapplicabile, in quanto manca di universalità (diversi dati hanno alfabeti con diverso numero di simboli), e implicherebbe, ove il numero di simboli fosse molto alto, complessità circuitali inaccettabili e ridotta distanza tra i livelli con conseguente difficoltà di riconoscimento da parte del ricevitore. Per tale motivo, la tra-smissione a distanza di un dato in forma elettrica si basa sulla codifica binaria, che, nella modalità più semplice, avviene mediante la seguente procedura: − viene determinato un numero n di bit da associare a ciascun simbolo, salvaguardando che il numero delle pos-

sibili combinazioni 2n sia maggiore o uguale a quello dei simboli dell’alfabeto;

2 Si dovrebbe includere anche la possibilità di partita sospesa o non giocata; per semplificità ometteremo di considerare tale eventualità.

sequenza di

simboli

sequenza di

simboli t

v(t)

segnale digitale

1

X

2

v(t)

t 1 X 1 2 X X 1 1 2 X 1 1 X 2

5

− a ogni simbolo dell’alfabeto viene associata una sequenza di cifre binarie (fig. 2.8a), in modo tale da codifica-re l’intero messaggio con una serie di bit (fig. 2.8b);

− la sequenza di bit ottenuta viene rappresentata mediante un segnale digitale binario discontinuo nel tempo (fig. 2.8c), la cui trasmissione realizza il trasferimento del dato.

Tale metodo rende i sistemi di trasmissione dati universali, poiché qualsiasi tipo di dato viene codificato in forma binaria; oltre a ciò, assicura la minore complessità circuitale possibile e la massima affidabilità, dato che i disposi-tivi si trovano ad operare con il più semplice segnale digitale esistente, e cioè quello a due livelli.

simbolo codifica binaria 1 00 X 01 2 10

Fig. 2.8 - Rappresentazione binaria di un dato. Per quanto riguarda la trasduzione di un dato in forma elettrica, il metodo più diffuso consiste nella scrit-tura tramite un dispositivo di elaborazione dotato di tastiera; ad es., questo testo è stato digitato dall’autore, me-morizzato su memoria di massa e trasmesso per posta elettronica all’editore. Alternativamente è possibile, per mezzo di software specifici, estrarre un testo da una pagina stampata scansionandola, o anche trasformare in un testo il contenuto di un segnale vocale. La trasduzione inversa, da segnale elettrico a dato percepibile, avviene normalmente mediante un display, un monitor o un dispositivo di stampa, anche se esistono metodi di sintesi vo-cale, utilizzati in ambiti specifici. La fig. 2.9 rappresenta schematicamente i sistemi descritti. 2.2.4 - Degradazione

Nel corso del trasferimento attraverso un sistema di comunicazione, i segnali in gioco subiscono altera-zioni di vario tipo e aventi cause diverse, per cui si verifica una progressiva dissomiglianza tra l’andamento del segnale trasmesso all’origine del sistema e quello dei segnali prodotti dalla propagazione dello stesso in punti via via più lontani (fig. 2.12). Tale diversità, le cui cause e modalità saranno discusse in successivi approfondimenti, può essere genericamente indicata come degradazione del segnale; il modo in cui la degradazione del segnale de-termini la perdita di contenuto informativo dipende dalle caratteristiche del segnale e in particolare, come vedre-mo, dal formato analogico o digitale dello stesso. Fig. 2.12 - Degradazione della forma d’onda del segnale durante la propagazione. 2.3 - Cenni sulla codifica numerica audio-video E’ sotto gli occhi di tutti come il progressivo aumento delle potenzialità messe a disposizione dalle tecno-logie digitali, a costi sempre più favorevoli, abbia determinato la crescente affermazione delle tecniche che preve-dono la digitalizzazione dell’informazione analogica (conversione analogico-digitale o A/D), la successiva tra-smissione o memorizzazione in forma numerica (serie di bit), e infine la riconversione nell’informazione analogi-ca di partenza (conversione digitale-analogico o D/A). Le tecniche di codifica numerica, numerose e in molti casi

1 X 1 2 X X 1 1 2 X 1 1 X 2 00-01-00-10-01-01-00-00-10-01-00-00-01-10

v(t)

1

0 t

1 X 1 2 X X 1 …

(a) (b) (c)

t

v(t) v’(t) v’’(t)

t t

origine sistema di comunicazione destinazione

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complesse, sono accomunate dalla seguente considerazione di carattere generale: La tab. 2.4 illustra schematicamente questa osservazione; la sua comprensione deve essere integrata con i succes-sivi paragrafi, in cui sono esaminate alcune procedure di base nell’ambito delle codifiche numeriche.

grandezza analogica ∞ conversione A/D

istanti di tempo campionamento suono

valori di pressione suddivisione del campo di variabilità in fasce

punti dello spazio suddivisione dello spazio in un reticolo immagine fissa

gradazioni di colore riduzione del numero di colori

istanti di tempo successione di fotogrammi

punti dello spazio suddivisione dello spazio in un reticolo immagine in movimento

gradazioni di colore

passaggio da infinito

a finito

riduzione del numero di colori

Tab. 2.4 - Codifica dell’informazione analogica con un numero finito di bit. 2.3.1 - Frequenza di cifra Abbiamo visto (vedi par. 2.2.2) come un segnale informativo digitale debba essere necessariamente di-scontinuo nel tempo ed inoltre, per motivi pratici, di tipo binario; esamineremo pertanto segnali costituiti da se-quenze di bit b1, b2, ecc., ovvero di segnalazioni aventi la medesima durata Tbit, e rappresentanti con il loro anda-mento la sequenza di cifre 0 e 1 che costituisce in contenuto informativo del segnale. Il modo più semplice (ma non l’unico) per trasmettere una sequenza binaria, consiste nel generare un segnale a due valori, ognuno dei quali corrispondente alla cifra binaria 0 o 1, come raffigurato in fig. 2.13a. Un metodo alternativo, ma più complesso, di rappresentare la medesima sequenza binaria, è raffigurato in fig. 2.13b. Fig. 2.13 - Segnali digitali binari.

Dividendo l’unità di tempo per la durata di ciascun bit, si ottiene il numero di cifre binarie fk trasmesse mediante il segnale nell’unità di tempo:

(2.1) fTk

bit

=1

I segnali analogici variano con continuità nel tempo e nel loro campo di definizione Qualsiasi informazione deve essere codificata con un numero finito di bit

Le tecniche di conversione A/D devono realizzare un passaggio dal mondo infinito analogico al mondo finito digitale. Tale trasformazione implica un’approssimazione che però, pur essendo inevi-tabile, può essere resa piccola a piacere nei limiti del progresso tecnologico.

v1(t)

t

Tbit

b1 b2 b3 b4 b5 b6 b7

1 0 1 1 0 1 0

0

1

v2(t)

Tbit

b1 b2 b3 b4 b5 b6 b7

1 0 1 1 0 1 0

0

1

t

(a) (b)

t

t

t

t

7

Tale quantità è detta frequenza di cifra, o bit rate, del segnale binario. La frequenza di cifra si misura in bit/s (bit al secondo) o bps (bit per second) e relativi multipli. E’ opportuno sottolineare che nell’ambito delle telecomunicazioni i multipli si esprimono con le comuni conven-zioni (1 kbit/s = 103 bit/s, 1 Mbit/s = 106 bit/s, ecc.), e non mediante le convenzioni informatiche (1 kbit = 1024 bit, 1 Mbit = 10242 bit, ecc.). Per passare dalla frequenza di cifra alla velocità di trasmissione in byte (contrazione di binary octete, 1 B = 8 bit) al secondo, che indicheremo con fkB, è sufficiente dividere o moltiplicare per 8:

(2.2) ff

kBk=

8 f fk kB= 8

Naturalmente, nota la frequenza di cifra di una trasmissione binaria, la durata di un bit è determinata dalla relazio-ne inversa alla 2.1

(2.3) Tf

bitk

=1

2.3.2 - Codifica audio Una tecnica molto comune utilizzata per la conversione analogico-digitale di un segnale audio è la codifi-ca PCM (Pulse code Modulation). Tale tecnica prevede un’operazione, denominata campionamento, in cui viene rilevato il valore del segnale analogico ad intervalli regolari; a ogni valore letto (campione) viene associata una certa sequenza di n bit, dipendente dalla fascia di appartenenza del suo livello di tensione (fig. 2.14a). L’intervallo di tempo che distanzia i diversi campioni è detto periodo di campionamento; dividendo l’unità di tempo per il periodo di campionamento si ottiene il numero di campioni considerati nell’unità di tempo, e cioè la frequenza di campionamento, espressa solitamente in Hz, ovvero in cicli (di campionamento) al secondo. In rice-zione il flusso di cifre binarie ricevuto viene riconvertito, con un procedimento inverso, in un segnale analogico simile all’originale (fig. 2.14b). Fig. 2.14 - Codifica PCM a 2 bit e 4 livelli. (a) Segnale origine; (b) segnale destinazione. Per motivi grafici, la fig. 2.14 rappresenta una codifica a soli 2 bit e 4 livelli; nella applicazioni il numero n di bit di codifica è molto più elevato (lo stesso dicasi per il numero di livelli, pari a 2n), e cresce quanto maggio-re è la fedeltà desiderata. La frequenza di cifra di un segnale PCM si ottiene moltiplicando la frequenza di cam-pionamento fs per il numero di bit n con il quale è codificato ciascun campione: (2.4) f nfk s=

Il Registratore di suoni di Windows è in grado di eseguire codifiche digitali in diversi formati, tra cui PCM. Selezionando File/Proprietà/Converti… si raggiunge una finestra dalla quale si imposta il formato di registrazione. Accanto a ciascun formato è indicato il flusso in kB/s (purtroppo basato su multipli informatici e approssimato per troncamento). Ad es., mediante campionamento a 8.000 Hz e codifica a 8 bit, si ottiene una frequenza di cifra fk = 8.000 ⋅ 8 = 64 kbit/s, corrispondente a 8 kB/s (7 kB/s in fig. 2.16).

t

11

10

01

00

v(t)

1 2 3 4 …

istanti di campionamento

campo di variabilità

00-11-11-10-…

1 2 3 4 …

v’(t)

t

(a) (b)

8

Fig. 2.16 - Formato di codifica del Registratore di suoni.

2.3.3 - Codifica dell’immagine La codifica digitale di una immagine fissa avviene mediante dispositivi di scansione o fotografici che suddividono il quadro dell’immagine in un reticolo a elementi solitamente quadrati denominati pixel (campiona-mento nello spazio), e associano a ciascun pixel una sequenza di n bit in base al colore al quale l’elemento, nel suo insieme, si avvicina di più (fig. 2.17a). Il segnale numerico può essere riconvertito in un’immagine mediante un dispositivo di visualizzazione o di stam-pa, in grado di riprodurre il colore di ciascun elemento del reticolo in base alla stringa di bit con la quale è codifi-cato (fig. 2.17b). Fig. 2.17 - Codifica numerica di un’immagine. Nel caso degli scanner la densità del reticolo spaziale, e cioè la risoluzione, viene espressa in dpi, ovvero dots per inch o punti per pollice (1 pollice = 2,54 cm); nel caso delle fotocamere viene indicato in numero complessivo di pixel generato dal sensore ottico. Il numero n di bit di codifica e il corrispondente numero di colori 2n variano nel-le diverse applicazioni; ad es. i comuni scanner digitalizzano a 24 bit rappresentando le immagini con 224 = 16.777.216 colori. Codificando un’immagine con un numero maggiore di bit, ovvero aumentando la risoluzione e/o il numero n di bit per pixel, si ottiene una maggiore fedeltà tra l’immagine originale e la corrispondente ver-sione digitalizzata. In fig. 2.18 è rappresentato il risultato di una scansione a 256 livelli di grigio (8 bit) a risolu-zione di 200 dpi sia in verticale sia in orizzontale. Fig. 2.18 - (a) Immagine originale; (b) ingrandimento dell’immagine digitale. 2.3.4 - Codifica video Un segnale video è costituito da una sequenza di immagini, separate da un intervallo di tempo sufficien-temente piccolo da generare, durante la riproduzione della sequenza, l’impressione della continuità. Tale impres-sione è determinata dal fenomeno della persistenza dell’immagine sulla retina, la cui durata è di circa 1/20 di se-condo, per cui è sufficiente la riproduzione di 25 quadri al secondo, come avviene per la TV, per generare conti-nuità di movimento nella scena riprodotta. Data tale premessa, la codifica numerica video è un procedimento con-cettualmente analogo alla codifica in bit dell’immagine; nella pratica, nel campo dei filmati digitali sono state svi-luppate tecniche specifiche, rese necessarie dalla mole di bit che si genererebbe codificando ogni fotogramma di un segnale video in modo indipendente rispetto agli altri.

(a) (b)

000 000 010 010

000 000 010 010

110 110 000 000

110 110 000 000

000-000-010-010-000…

immagine reticolo codifica degli elementi segnale numerico immagine

(a) (b)

scanner

monitor o

stampante

9

2.3.5 - Vantaggi Le tecniche digitali, oggi dominanti nella trasmissione o memorizzazione dell’informazione (basti pensa-re alla telefonia mobile, al campo della registrazione e riproduzione musicale, alle trasmissioni televisive), sono destinate a divenire di uso esclusivo per diversi motivi. Uno dei più importanti è che la conversione dei segnali audio-video in un uguale formato (serie di bit), identico a quello della trasmissione dati, ha uniformato ciò che in un sistema di telecomunicazioni deve essere trasferito da un punto all’altro, creando la premessa per l’impiego di un’unica rete di telecomunicazioni per tutti gli scambi di informazione: trasmissione dati, telefonia, TV, fax, canali musicali, videoconferenza, ecc. (fig. 2.19). Fig. 2.19 - Rete numerica. Oltre a quanto detto, la trasmissione dell’informazione audio-video in forma numerica ha di per sé numerosi van-taggi rispetto a quella analogica, tra i quali: − il segnale trasmesso può essere ricostruito senza errori dal ricevitore, purché la degradazione subita nella tra-

smissione non sia così grande da non permettere la corretta interpretazione delle cifre binarie ricevute; in par-ticolare è sempre possibile interporre lungo il canale di trasmissione rigeneratori a distanze opportune, in mo-do da limitare la degradazione del segnale (fig. 2.20);

Fig. 2.20 - Riconoscimento e ricostruzione di un segnale digitale binario degradato. − il segnale può essere gestito mediante l’uso di elettronica a componenti integrati (fig. 2.21a), con evidenti

vantaggi nei costi, nell’affidabilità e nella manutenzione rispetto a quella a componenti discreti (fig. 2.21b); − è possibile generare segnali che includono informazioni addizionali di qualsiasi tipo (si pensi ad es. alla ripro-

duzione video in cui è possibile selezionare la lingua dell’audio e dei sottotitoli); − l’informazione può essere crittografata, e cioè resa decodificabile solo mediante una chiave numerica, in mo-

v1(t)

t

v2(t)

t

v3(t)

t

origine

rigeneratore

Rete numerica Internet, telefonia, TV, fax, musica,

videoconferenza, ecc.

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do flessibile e senza perdita di qualità; − il segnale può viaggiare su fibra ottica, dove sono consentite trasmissioni a frequenza di cifra elevatissima. Tali notevoli vantaggi richiedono dispositivi di elaborazione e memorizzazione di complessità e prestazioni supe-riori in confronto ai corrispondenti sistemi analogici; proprio per tale motivo le tecniche digitali, note sin dagli an-ni 30, si sono imposte solo nel momento in cui in le risorse elettroniche e informatiche necessarie sono divenute disponibili a costi convenienti.

Fig. 2.21 - Elettronica a) a componenti integrati e b) a componenti discreti. 2.4 - Canali trasmissivi Le informazioni scambiate mediante un sistema di telecomunicazioni sono affidate a grandezze fisiche di tipo e.m., che si propagano attraverso un mezzo fisico denominato canale di trasmissione, con modalità che di-pendono dalle caratteristiche del mezzo stesso; pertanto a differenti canali trasmissivi corrispondono onde e.m. dalle diverse proprietà. La tab. 2.5 mostra una classificazione delle modalità di trasmissione, indicando i canali utilizzati, la tipologia dei segnali in gioco, le relative velocità di propagazione e il formato analogico o digitale dei segnali stessi; per completezza vanno menzionate le guide d’onda, utilizzate ad alta frequenza (≈ GHz) su brevis-sime distanze. canale di trasmissione segnale velocità di propagazione formato segnali linee di trasmissione tensione (ovvero corrente) 1,5⋅105 ÷ 2,5⋅105 km/s analogico/digitale

spazio campo e.m. a radiofrequenza (10 kHz ÷ 100 GHz) ≅ 3⋅105 km/s analogico/digitale fibre ottiche campo e.m. a frequenza visibile (≈ 100.000 GHz) ≅ 2⋅105 km/s digitale

Tab. 2.5 - Classificazione delle modalità trasmissive in base al canale.

Come si può osservare dalla tab. 2.5, un segnale viaggia in un canale trasmissivo alla velocità minima di 150.000 km/s. Ricordando che la circonferenza terrestre è pari approssimativamente a 40.000 km, un segnale che parte da un punto del globo è in grado di raggiungere gli antipodi in meno di 15 centesimi di secondo. Anche se a tale piccolo ritardo se ne sommano ulteriori dovuti a elaborazioni di vario tipo, si può affermare che la velocità di propagazione dei segnali e.m. è tale, in rapporto alle dimensioni del globo, da non produrre, per le comunicazioni che utilizzano collegamenti terrestri, alcun tipo di inconveniente dovuto al ritardo (fig. 2.22a). Più in generale, si può affermare che l’unico caso, nell’ambito delle telecomunicazioni, in cui l’utente comune può percepire il ritar-do dovuto alla sola propagazione, è quello di comunicazione interattiva tramite satellite in orbita geostazionaria (tale da mantenere fissa la posizione del satellite rispetto al suolo); poiché un tale tipo di satellite dista dalla Terra circa 36.000 km, la propagazione di un segnale radio da superficie a superficie dura circa un quarto di secondo, con conseguenti attese di circa mezzo secondo nella comunicazione. 2.4.1 - Linee di trasmissione L’insieme di due conduttori metallici, continui e isolati tra loro, è definito linea di trasmissione (fig. 2.23). Applicando una tensione ai capi della linea, si ottiene la propagazione lungo la linea stessa di un’onda e.m.; poiché il campo magnetico prodotto nelle vicinanze dei conduttori è trascurabile, il segnale che viaggia su una li-nea di trasmissione è usualmente considerato solo dal punto di vista elettrico. La velocità dell’onda di tensione, in dipendenza dal tipo di linea, assume un valore compreso nell’intervallo 1,5⋅105 ÷ 2,5⋅105 km/s. Poiché lo spazio

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interessato dalla propagazione del segnale è delimitato dalla linea stessa, si parla di propagazione guidata.

Per cavo elettrico si intende un insieme di conduttori elettrici opportunamente isolati e protetti dall’ambiente esterno (fig. 2.24). Un singolo cavo elettrico può contenere una o più coppie di conduttori, sino al limite di qualche migliaio. L’operazione mediante la quale apparati distanti tra loro sono collegati per mezzo di cavi elettrici è denominata cablaggio elettrico (dal francese cable, cavo).

Fig. 2.24 - Cavi elettrici: (a) doppino ritorto a 2 coppie (cavo simmetrico); (b) coassiale. 2.4.2 - Trasmissioni radio Le trasmissioni radio (dal latino radius, raggio) si basano sulla libera propagazione nello spazio di onde e.m., generate e rivelate mediante antenne trasmittenti e riceventi (fig. 2.25); il mezzo trasmissivo in questo caso può essere il vuoto, altrimenti definito « etere », oppure un mezzo fisico a bassa conducibilità, come ad es. l’atmosfera. La velocità con la quale si propagano le onde e.m. nel vuoto è pari a c = 3⋅105 km/s = 3⋅108 m/s, valo-re che si può assumere valido, con piccolissima approssimazione, anche per la propagazione attraverso l’atmosfera. Per motivi tecnici legati alla dimensione delle antenne e alla propagazione, le trasmissioni radio uti-lizzano segnali a radiofrequenza, ovvero con frequenza compresa tra 10 kHz e 100 GHz. Poiché i segnali trasmes-si non sono confinati nello spazio, si parla in questo caso di propagazione libera. Fig. 2.25 - Trasmissione radio I sistemi basati su trasmissione radio condividono lo stesso mezzo trasmissivo; pertanto, in generale, in un punto dello spazio possono essere presenti segnali radio di ogni genere (TV, canali audio, GSM, UMTS, ecc.). La non sovrapposizione dei segnali è garantita dal seguente criterio: due sistemi radio sono separati se influiscono su regioni di spazio distinte, oppure se i segnali emessi sono tali da poter essere distinti singolarmente da un ricevito-re (fig. 2.26). Quest’ultima proprietà è fondata sul valore di una certa frequenza associata a ciascuna trasmissione, come ben noto dall’utilizzo dei servizi radio più comuni; in relazione a tale aspetto organismi nazionali e interna-zionali sono preposti a emanare precise norme relative all’assegnazione delle frequenze. Un collegamento radio è subordinato quindi alle seguenti condizioni: 1. la distanza tra il trasmettitore e il ricevitore deve essere tale da consentire la comunicazione; 2. il trasmettitore e il ricevitore devono essere d’accordo, o più propriamente « in sintonia », sulla frequenza as-

sociata al segnale. Fig. 2.26 - Separazione dei sistemi radio.

(a) (b)

conduttori

sistemi separati nello spazio

sistemi separati nella frequenza

trasmettitore

ricevitore v1(t) v2(t)

antenna trasmittente antenna

ricevente onde radio

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2.4.3 - Fibre ottiche La radiazione e.m. avente frequenza compresa nell’intervallo 4⋅1014 ÷ 8⋅1014 Hz è ciò che più semplice-mente chiamiamo luce. Tale radiazione può propagarsi all’interno di minuscoli cavi di vetro denominate fibre ot-tiche. Un sistema ottico prevede l’interfacciamento della fibra con gli apparati elettronici mediante trasduttori op-toelettronici in grado di trasformare un segnale elettrico digitale in impulsi luminosi, e viceversa (fig. 2.27). Ana-logamente che per le linee, la propagazione è del tipo guidato. Fig. 2.27 - Sistema ottico.

Un cavo ottico è un insieme di fibre opportunamente rivestite e protette dall’ambiente esterno (fig. 2.28).

Un singolo cavo ottico può contenere una o più fibre, sino al limite di qualche centinaio. L’operazione mediante la quale apparati distanti tra loro sono collegati per mezzo di cavi ottici è denominata cablaggio ottico. Come sarà puntualizzato in successivi approfondimenti, i sistemi ottici consentono solo comunicazioni numeriche; le fre-quenze di cifra consentite sono maggiori di quanto non sia possibile ottenere su linee di trasmissione o via radio. Fig. 2.28 - Cavo ottico a due fibre. 2.6 - Breve storia delle telecomunicazioni

Informatica e Cibernetica

1605 F. Bacon descrive un cifrario che costituisce il primo esempio documentato di codifica dell’informazione in forma binaria.

1931 R. L. A. Valtat propone di rappresentare in numeri in forma binaria ai fini del calcolo au-tomatico.

1941 J. V. Atanasoff realizza il primo elaboratore elettronico.

1943 Nascono i primi grandi elaboratori: in Gran Bretagna Colossus (rimasto segreto fino al 1975), negli stati Uniti il più noto ENIAC.

1951 l’UNIVAC, prodotto in serie dalla Remington Rand, inaugura la prima generazione di computer.

1958 Digital, Siemens, Sperry Rand e IBM producono elaboratori a transistor di seconda gene-razione.

1964 IBM inaugura con il Sistema 360 la terza generazione di computer, basata su microchip.

1969 Ken Thompson sviluppa nei Bell Laboratories UNIX.

1971 Intel 4004, basato su 2250 transistor, è il primo microprocessore; inaugura la quarta gene-razione di computer.

1976 Apple II è il primo Personal Computer di successo commerciale.

1981 Nasce il PC IBM, su Intel 8088 a 4,77 MHz, 64 kB di RAM e sistema operativo Microsoft DOS.

1984 Apple introduce il computer Macintosh.

fibre

vi(t)

vo(t)

fibra

trasmettitore

trasduttore (ad es. diodo

LED)

trasduttore (ad es. diodo

PIN)

ricevitore

segnale luminoso

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1985 Nasce Microsoft Windows.

1991 Linus Torvalds, basandosi su UNIX, realizza LINUX.

1995 Nasce Windows a 32 bit.

2001 Nascono Microsoft Windows XP e Apple OS X.

Fig. 2.36 - L’ENIAC aveva 18.000 valvole collegate da 500.000 saldature a mano, pesava 30 ton-nellate, occupava lo spazio di 180 mq e consumava 150 kW.

2.6.3 - Schema riassuntivo Come sintesi dei paragrafi precedenti, in fig. 2.40 è riportato uno schema riassuntivo in cui è descritta, in una linea temporale, l’evoluzione dei principali servizi di telecomunicazioni con riferimento alle reti utilizzate. Si notino in particolare la progressiva affermazione del formato digitale nel campo audio-video, e la tendenza alla convergenza della quasi totalità dei servizi nell’ambito di una rete integrata nei servizi a larga banda (B-ISDN, Broadband ISDN) cablata. Oltre a ciò si possono ipotizzare, in una prospettiva a lungo termine, la riconversione della rete telefonica e di quella telex e la possibile scomparsa delle trasmissioni radiotelevisive analogiche; se tali ipotesi saranno verificate, entro la metà del prossimo secolo la totalità, o quasi, dei sistemi di telecomunicazione sarà di tipo numerico.

14 1850 1900 1950 2000 2050

1850 1900 1950 2000 2050

rete telegrafica rete telex

rete telefonica

rete televisiva analogica

b/n colore

rete radiofonica analogica

trasmissione dati

telefonia

mobile

FAX

videoconferenza

reti cellulari analogiche voce

voce FAX tr. dati* voce FAX tr. dati* voce FAX videoconf. tr. dati*

FAX tr. dati*

messaggi di testo

reti cellulari digitali

ISDN a banda stretta

reti dati pubbliche

B-ISDN

*include acceso a Internet e relativi servizi (WWW, E-mail, ecc.)

radiodiffusione AM FM

TV

voce FAX videoconf. tr. dati* radio TV

radio

radio

radio TV

TV

TV

rete radiofonica digitale

rete televisiva digitale

reti satellitari analogiche e digitali

Fig. 2.40 - Evoluzione dei sistemi di comunicazione.

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