N° 1506/16 R.G.Trib.
N° 1283/15 R.G.N.R.
N° Reg. Sent. 94 7 /20
del l 5/12/2020
Data di deposito
.\ Q . °3>, LD'L À
Estensore
Comunicata al P.G.-PA il
(ex artt.548 -585c.p.p.)
Data notifica estratto al contumace
Impugnazione
Data irrevocabilità
Data trasmissione
estratto per l'esecuzione
Data redazione scheda per il casellario
N° ___ Reg. 3/SG
N° __ Mod. 2/NSG
• REPUBBLICA ITALIANA
In nome del popolo italiano
IL TRIBUNALE DI TRAPANI
SEZIONE PENALE
In composizione monocratica, nella persona del Giudice
dott. Giancarlo CARUSO
con l'intervento del Pubblico Ministero, rappresentato dal V.P.O.
dott. Giacomo Barbarino, giusta delega n. 563/20 e con l'assistenza
del Cancelliere dott. Luigia Ala
all'udienza del 15/12/2020 ha pronunciato e pubblicato mediante
lettura del dispositivo la seguente
SENTENZA
nei confronti di:
1) C. F., nato ad xxxxxx (xx) il xx.xx.xxxx, ivi residente in via xxxxxxlibero presente
2) C.V,, nato a XX (XX) il xx.xx.xxxx, residente a XXX in via
xxxxxxx.
libero presente
Difesi di fiducia dall'avv. Giuseppe De Luca del Foro di Trapani,
presente;
IMPUTATI
C F:
a) artt. 81, 110 e 348 c.p., Per aver con più azioni esecutive di un medesimo disegno
criminoso esercitato abusivamente la professione di fisioterapista in quanto sprovvisto
del prescritto titolo abilitativo, nonché per aver posto in essere attività riabilitative
proprie del fisioterapista o comunque non più rientranti nella competenza del masso
fisioterapista.
C V:
b) artt. 81, 110 e 348 c.p., Per aver consentito al di lui figlio C F, di esercitare
abusivamente la professione di fisioterapista nonostante questi fosse sprovvisto del
prescritto titolo abilitativo;
c) artt. 443, 452 c.p. per aver detenuto, per la somministrazione presso lo studio medico di
cui al responsabile, specialità medicinali scadute, o mettendo per colpa virgola di
sottoporre le stesse a controllo periodico.
Fatti accertati in Trapani in data 16 Febbraio 2015
CONCLUSIONI DELLE PARTI
Il Pubblico Ministero chiede la condanna per C F alla pena di mesi sei di reclusione ed euro
800,00 di multa; per C V alla pena di mesi sette di reclusione ed euro 850,00 di multa.
Svolgimento del processo. C F e C V sono stati citati a giudizio per rispondere:
- il primo, del reato di abusivo esercizio della professione di fisioterapista;
- il secondo, del medesimo reato di cui all'art. 348 c.p. (per avere consentito al
figlio di esercitare la professione in questione nonostante fosse sprovvisto del
titolo abilitativo), nonché del reato di detenzione di specialità medicinali scadute
presso lo studio medico, sito in xxxxxxxx via xxxxxxxxxxA seguito del mutamento del Giudicante, il processo veniva chiamato all'udienza
del 26 aprile 2018 nella quale si confermava l'utilizzabilità delle attività
istruttorie compiute in precedenza.
L'istruttoria proseguiva all'udienza del 13 novembre 2018 con l'escussione del
Maresciallo dei N.A.S. dei Carabinieri P R e, all'esito, si acquisiva la
documentazione sequestrata presso lo studio medico al momento
dell'intervento della P.G. nonché la planimetria dell'ambulatorio del dott. C. I
residui testimoni della Pubblica Accusa rendevano la propria deposizione alle
udienze del 12 febbraio (G S e T R); 11 aprile (P A) e 4 luglio 2019 (I M).
Invertendo l'ordine di assunzione delle prove, alle udienze dell'otto ottobre e del
13 novembre 2019, si ascoltavano i testimoni indicati dalla difesa degli imputati:
T A e A.
Ai sensi dell'art. 83 D.L. n. 18 del 17.3.20, il processo veniva rinviato d'ufficio
all'udienza del 22 luglio 2020 nella quale si svolgeva l'esame di entrambi gli
imputati.
A seguito di un breve differimento determinato dall'impedimento del difensore,
si disponeva un rinvio all'udienza odierna nella quale, dichiarata chiusa
l'istruttoria dibattimentale, si è svolta la discussione e le parti hanno rassegnato
le rispettive conclusioni indicate come in epigrafe.
Il Tribunale ha emesso la propria deliberazione, dando lettura del dispositivo alla
pubblica udienza, facendo riserva del deposito delle motivazioni nel termine di
novanta giorni, avuto riguardo alla complessità del processo ed alla delicatezza
delle questioni trattate.
***
La ricostruzione delle indagini svolte nei confronti degli odierni imputati è stata
affidata, in dibattimento, al Maresciallo R P, in forza al Comando N .A.S. dei
Carabinieri di XXXX il quale riferiva che il giorno 16 febbraio 2015, insieme ad
altri due colleghi (T e F), aveva svolto un controllo presso lo studio medico
del dott. V C.
All'atto del loro arrivo, era presente il figlio F C al quale veniva richiesto di
esibire l'agenda degli appuntamenti dei pazienti, alcuni dei quali venivano
escussi a S.I.T. nelle ore e nei giorni successivi.
1
Complessivamente, le persone interrogate erano cinque: F A, I M, G S, T R e
T V.
Nel corso del controllo, i militari acquisivano non solo la copia dell'agenda
cartacea dello studio medico ma anche alcune stampe tratte dall'archivio
informatico dell'ambulatorio, attinenti alle schede dei pazienti, indicative dei
trattamenti medico-sanitari prestati in favore degli stessi e dei relativi costi per
gli utenti.
Da ultimo, gli operanti eseguivano una ricognizione fotografica di tutti gli
ambienti dello studio medico, formando un apposito fascicolo (vedasi
documentazione prodotta ed acquisita alle udienze del 29 .11.17 e 13 .11.18). Nel
corso dell'audizione del Maresciallo P si apprendeva inoltre che l'attività
investigativa aveva preso le mosse da una segnalazione pervenuta, in data 7
ottobre 2014, da parte del Sindacato Professionale Italiano Fisioterapisti (Spif)
che denunciava l'abusivo esercizio della professione fisioterapica da parte di F
C, presumibilmente in possesso del solo diploma di
massofisioterapista e sprovvisto di specifico titolo abilitativo (vedi doc. n. 2 della
citata produzione del 29 .11.17).
Sposando l'impostazione seguita nella predetta nota, i Carabinieri del N.A.S.
ritenevano, in linea generale e citando fonti normative e regolamentari su cui
meglio si discuterà infra, che per effettuare qualsiasi tipo di terapia in favore di
pazienti portatori di traumi fisici di vario livello e gravità, fosse necessaria ed
obbligatoria il possesso di una laurea in fisioterapia (vedi pag. 8 trascrizioni
udienza del I 3 .11. I 8).
Nello specifico, dall'escussione dei pazienti e dalla consultazione dell'agenda e
delle fatture emesse dallo studio medico, i militari accertavano che il C F avesse
personalmente eseguito la tecar-terapia utilizzando gli ambienti e le
attrezzature dell'ambulatorio.
Si accertava, inoltre, che l'imputato in parola fosse in possesso di un diploma di
massoterapista rilasciato in data 30.10.2013 e avesse superato gli esami finali di
un corso biennale presso la scuola di massaggiatori degli stabilimenti idroterapici
di XXXXXX.
*
Al fine di poter meglio valutare gli esiti dell'istruttoria dibattimentale e,
conseguentemente, a stabilire la fondatezza del ragionamento accusatorio,
occorre tratteggiare, in via di sintesi, i principi ordinamentali ed i contorni che
connotano lo svolgimento delle professioni sanitarie.
La figura del massofisioterapista è stata definita dalla legge, una "professione
sanitaria ausiliaria" che è esercitabile soltanto dai massaggiatori e
massofisioterapisti diplomati da una scuola di massaggio e
massofisioterapia statale o autorizzata con decreto del Ministro per la Sanità, sia
che lavorino alle dipendenze di enti ospedalieri e di istituti privati, sia che
2
Occorre, tuttavia, osservare che gli interventi legislativi successivi alla data di
contestazione del reato (16 febbraio 2015), non possono avere alcuna rilevanza
nella valutazione della condotta posta in essere dall'imputato la cui posizione
deve essere esaminata sulla base del quadro legislativo e regolamentare vigente
al tempo in cui è stata formulata l'imputazione.
Fatta questa premessa metodologica, all'esito dell'analisi del contesto teorico -
normativo, deve precisarsi che C F era in possesso di un diploma di
massoterapista rilasciato in data 30.10.2013 e aveva conseguito il titolo di
massaggiatore degli stabilimenti idroterapici al termine della frequentazione di
un corso biennale in XXXXX.
In ragione di ciò, è possibile affermare che C F avesse il diritto di
operare, sia presso strutture pubbliche che private ed anche in regime di libera
professione, nello svolgimento delle mansioni del Massoterapista.
Per la corretta individuazione delle possibilità operative del Massoterapista,
risulta opportuno citare nuovamente le conclusioni cui giungeva il parere reso dal
Consiglio Superiore di Sanità in data 19 gennaio 2000: "attua piani di lavoro applicativi delle tecniche del massaggio, centrati sui bisogni del paziente e relativi alle manifestazioni patologiche degli organi di movimento; attuale applicazioni di carattere terapeutico richiedenti l'utilizzo delle diverse forme di energia fisica; [. .. ] è in grado di interpretare la prescrizione medica e quindi di effettuare tutte le manovre e le relative variazioni del massaggio terapeutico, manipolare da applicare terapie in trattamenti locali, trattare le articolazioni ed effettuare il massaggio connettiva/e, effettuare il massaggio nelle varie patologie, praticare l'esercizio terapeutico in disabilità transitorie minimali
{ ] "....
Ne discende che il C F ben poteva attuare interventi a carattere
terapeutico anche con l'ausilio di attrezzature tecniche (tecar-terapia o
ultrasuoni), con la doverosa precisazione che qualsiasi tipo di attività richiedeva
la preventiva formulazione di una diagnosi e di una prescrizione da parte di un
medico il quale aveva un ruolo di controllo e di supervisione dell'operato del
Massoterapista in questione.
Tale ricostruzione, coerente con le fonti normative e regolamentari sopra
esaminate, consente, in prima battuta, di confutare la proposizione accusatoria
secondo cui l'imputato non potesse svolgere alcuna delle attività testé indicate
poiché privo del titolo abilitativo di laurea in fisioterapia.
A differenza di un fisioterapista dotato di piena autonomia diagnostica e
operativa, il C F avrebbe potuto attuare gli interventi a carattere
terapeutico prescritti al paziente a seguito di un consulto con un soggetto
esercente la professione sanitaria, e sotto la supervisione di quest'ultimo.
Nel caso di specie, è pacifico che C F operasse all'interno dello studio medico
del dott. V C, medico chirurgo.
6
Il punto principale dell'indagine dibattimentale deve essere dunque quello di
stabilire se l'imputato si fosse effettivamente attenuto ai limiti connessi al corretto
svolgimento della propria professione di massofisioterapista, ossia se avesse, in
prima analisi, effettuato interventi su pazienti solo all'esito di una compiuta
diagnosi e nel rispetto delle prescrizioni impartite dal sanitario.
In seconda battuta, occorre accertare se l'attività del C F, all'interno degli
ambienti dello studio medico in questione, si fosse svolta sotto il controllo diretto
da parte del padre V, medico chirurgo e responsabile della struttura.
Ad entrambi gli interrogativi, può essere fornita una risposta affermativa sulla
base delle risultanze emerse dall'istruttoria dibattimentale.
Alcuni dei pazienti interrogati dai Carabinieri e successivamente escussi in
dibattimento (I M, F A, T R) riferivano di essersi rivolti allo studio medico
per risolvere dei problemi fisici di vario genere; di essersi sottoposti ad una
visita con il dott. C V ed a conclusione della stessa, avevano effettuato delle
sedute di tecar-terapia con il figlio F. Durante i trattamenti, era sempre presente
all'interno dello studio medico il dott. C V, che di tanto in tanto faceva ingresso
nella stanza della terapia per controllare la regolarità dell'intervento (" ... c'era
sempre il dollor che era di sempre che veniva e usciva dalla stanza":
vedi pag. 5 trascrizione deposizione teste F all'udienza dell'undici aprile
2019).
Altri pazienti (G S e T V) dichiaravano, invece, di essere ricorsi alle cure
dell'ambulatorio dopo avere effettuato, in altra sede e privatamente, specifici
esami diagnostici (ecografia e risonanza magnetica) prescritti loro da un
medico di fiducia.
Sulla base delle indicazioni cliniche fomite dal medico, i predetti pazienti si
erano rivolti allo studio C per eseguire la terapia prevista (nello specifico, la
tecarterapia).
Sul punto, vedasi le dichiarazioni rese in dibattimento, alle udienze del 28.11. I 7
e 12.2.19, nonché i documenti prodotti dalla difesa alle udienze dell'undici aprile
e del I 2 febbraio 2019.
Si è avuto modo di accertare, inoltre, che la distribuzione e l'organizzazione degli
spazi all'interno dell'ambulatorio rifletteva il citato metodo operativo: i pazienti
venivano inizialmente ricevuti nella stanza del dott. V C sia nel caso che gli
stessi avessero con sé già una prescrizione medica sia qualora avessero preso
direttamente contatto con l'ambulatorio per una visita.
Adiacente a tale stanza vi era un altro ambiente all'interno del quale il dott.
V C eseguiva i propri interventi.
Queste due stanze si affacciavano su un corridoio dove erano presenti tre ulteriori
vani nei quali erano ubicate le attrezzature e i macchinari per lo svolgimento delle
terapie specifiche (tecar e ultrasuoni), l'allocazione del materiale necessario
( creme, oli etc.) e, infine, uno spogliatoio.
7
Una volta conclusa la propria visita con il dott. V C, i pazienti venivano
dirottati, secondo le esigenze del caso, nella stanza della tecar-terapia ove si
tenevano le sedute con il dott. F C.
In merito alla consistenza dell'immobile di via xxxxxxxxx, si acquisiva in
dibattimento il fascicolo fotografico fonnato dai Carabinieri del N.A.S. nel
corso dell'accesso ispettivo del 16 febbraio 20 I 5 oltre ad una planimetria (vedi
documenti prodotti alle udienze del 29.11.17 e del 13.11.18).
La suddetta ricostruzione trova, altresì, riscontro nella documentazione fiscale
prelevata dai militari operanti dall'archivio dello studio medico, dalla quale
emerge che tutte le fatture relative alle prestazioni mediche effettuate all'interno
dell'ambulatorio erano state emesse dal dott. V C il quale era unico ed esclusivo
titolare della struttura.
I dati provenienti dall'istruttoria dibattimentale convergono pertanto nel
delineare una situazione in cui l'operato del C F si fosse svolto nel pieno rispetto
deJie attribuzioni e dei limiti previsti per l'attività del massofisioterapista. In
particolare, tutti i testimoni escussi hanno confennato l'esistenza di una prassi
operativa secondo cui l'intervento del C F avveniva solo all'esito di una diagnosi
e prescrizione medica compiuta, a seconda dei casi, dal medico di fiducia
del paziente ovvero dal dott. V C.
Quest'ultimo aveva comunque il compito di sottoporre a visita tutti gli utenti,
impartendo istruzioni al figlio F sul tipo e sulle modalità di esecuzione della
terapia stabilita.
Nel corso delle sedute, il dott. V C era costantemente presente all'interno
dell'ambulatorio ed esercitava una sorveglianza continua sulle attività che ivi si
svolgevano.
Alla luce di questi elementi, non può che pronunciarsi una sentenza pienamente
assolutoria per entrambi gli imputati nelle loro rispettive qualità, non essendo in
alcun modo emerso che sia stata abusivamente esercitata la professione
fisioterapica.
La condotta posta in essere dal C F è rimasta legittimamente confinata
nell'alveo delle mansioni proprie dal massoterapista, a nulla potendo rilevare la
sopravvenuta ( e tuttora incerta) soppressione di tale figura professionale.
Allo stesso modo, non si può ritenere abusiva l'azione dell'imputato alla luce del
mutato quadro legislativo che, in epoca successiva all'introduzione della Legge
n. 145/20 I 8, ha previsto la necessaria iscrizione del massoterapista negli "Elenchi
speciali ad esaurimento istituiti presso gli Ordini dei tecnici sanitari di radiologia
medica e delle professioni sanitarie tecniche, della riabilitazione e della
prevenzione".
8
Vale infatti evidenziare che, nell'anno 2015, i suddetti elenchi non erano stati né
previsti né istituiti, sicché l'esercizio della predetta attività professionale era del
tutto libero e non soggetto ad alcun adempimento di natura fonnale.
Alla luce delle considerazioni che precedono, C F e C V devono essere
mandati assolti dai reati loro rispettivamente ascritti ai capi a) e b)
dell'imputazione perché il fatto non sussiste.
*
C V è chiamato pure a rispondere del reato di detenzione, a fini di
somministrazione, di medicinali non in corso di validità presso il proprio studio
medico, omettendo per colpa di svolgere un controllo periodico, ai sensi del
combinato disposto degli artt. 443 e 452 c.p ..
Il Maresciallo P riferiva che, nella stanza in uso al dott. V C, era stata rilevata la
presenza, all'interno di un annadio, di medicinali scaduti.
Il Maresciallo P dichiarava trattarsi della stanza comunicante con quella adibita
dal dott. C per le visite ai pazienti. (vedi pag. 25 trascrizioni udienza del
13.11.18).
A precisazione di tale circostanza, il teste affennava che nell'ambiente in cui
erano custoditi i medicinali venivano praticati "interventi estetici non invasivi"
da parte del dott. V C. Oltre al predetto annadio, nella stanza era presente un
lettino a uso medico, un computer portatile e una scrivania (ibidem, pag. 27).
Prima ancora di entrare nel merito dell'accusa formulata nei confronti
dell'imputato, occorre osservare che, a prescindere dalla problematica relativa
alla legittimità della equazione: medicinale scaduto uguale a medicinale guasto o
imperfetto (almeno in carenza, come apparirebbe nel caso in esame, di analisi
chimico-farmacologiche), resta il fatto indubitabile (e reiteratamente affennato
in giurisprudenza) che la nonna incriminatrice contenuta nell'art. 443 c.p. (ed
ovviamente riferibile anche alla ipotesi colposa, fonnalmente contestata dalla
Pubblica Accusa) riguarda soltanto chi detiene per il commercio, pone in
commercio o somministra, medicinali guasti o imperfetti. Ne consegue che non
è possibile assimilare alla ipotesi della detenzione per commercio, espressamente
prevista, quella della detenzione per la somministrazione ( cfr. Sez. I 1.12.1995,
n. 1636 ). Dinanzi a tale inequivoco elemento testuale, per assimilare le due
ipotesi di detenzione, occorrerebbe ricorrere alla applicazione analogica della
fattispecie incriminatrice, con violazione dei principi di legalità e di tassatività
della norma penale (cfr. Sez. I, 10.2.1995, n. 190).
Per altro verso, la connotazione colposa della fattispecie non rende percorribile
l'ipotesi del tentativo del reato, quando la detenzione sia atto univocamente
diretto alla somministrazione (vedi Sez. l , Sentenza n. 5282 del 19/03/1998, dep.
06/05/1998; Sez. 4, Sentenza n. 9359 del 30/06/2000, dep. 25/08/2000).
9
Sul punto, vedasi anche la massima espressa, in tempi più recenti, da Sez. 1,
Sentenza n. 24 704 del 26/02/2015, dep. 11/06/2015: "la detenzione per la
somministrazione di farmaci scaduti è condotta che non integra l'ipotesi consumata prevista dall'art. 443 cod. pen., poiché esclusa dal tenore testuale
della previsione, che fa riferimento "alla detenzione per il commercio, alla messa
in commercio ed alla somministrazione" di tali medicinali, ma che può integrare
un'ipotesi di tentativo punibile, ai sensi dell'art. 56 cod. pen., quando costituisca
atto idoneo diretto in modo non equivoco alla somministrazione e sia
accompagnata dalla consapevolezza del guasto o della impe1fezione del
medicinale ".
Applicando i suddetti principi al caso di specie, si evidenzia che i farmaci scaduti
risultavano allocati all'interno di un armadio nella disponibilità del dott.
V C, titolare dello studio medico.
Le modalità del fatto suggeriscono inequivocabilmente che il medico detenesse
quei medicinali in vista, non già di una commercializzazione, ma tutt'al più di
una somministrazione nei confronti dei pazienti in relazione all'esigenza
terapeutica di volta in volta ravvisata.
Ne discende quindi l'impossibilità di configurare, in astratto, la condotta tipica
prevista dalla norma in quanto, per come già spiegato, alla detenzione per il
commercio (condotta penalmente rilevante ex art. 443 c.p.) non può essere
assimilata la detenzione per somministrazione, pena il divieto costituzionale di
ricorrere all'applicazione analogica in materia penale, soprattutto in malam
partem (art. 25 Cost., art. 14 delle preleggi al Codice civile).
La contestazione in fonna colposa della condotta (ex art. 452 c.p.) impedisce di
configurare anche l'ipotesi del tentativo di somministrazione cui osterebbe anche
il difetto di prova circa la consapevolezza del guasto o dell'imperfezione del
medicinale.
Conclusivamente, C V deve essere assolto dal reato a lui ascritto sub c) perché il
fatto non sussiste.
P.Q.M
Visto l'art. 530 c.p.p.
assolve C V e C F dai reati loro rispettivamente ascritti perché il fatto non
sussiste.
Visto l'art. 544 co. 3 c.p.p.
indica in giorni novanta il termine per il deposito delle motivazioni.
Trapani, 15.12.2020
TRIBUNALE DI TRAPANI Depositato in Cancelleria
Trapani. Jo. �-WLl Il fur, . �.r"c Giudiziario
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