Scuola Europea di Anestesia Ostetrica www.eesoa.com
Master Biennale di Alto Perfezionamento in ANALGESIA, ANESTESIA E TERAPIA INTENSIVA IN OSTETRICIA
Direttore Prof. Giorgio Capogna Anno accademico 2017-2018
EMBOLIA POLMONARE MASSIVA: CASO CLINICO Tesi finale di Dott.ssa Alessandra Grasso
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INDICE:
Introduzione
Caso clinico
Discussione
Conclusioni
Bibliografia
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INTRODUZIONE
Durante la gravidanza ed il puerperio (fino a 6 settimane dopo il parto) si
assiste ad una modificazione del sistema della coagulazione che
determina un “fisiologico stato di ipercoagulabilità” indispensabile per
proteggere la donna da un’eventuale emorragia post-partum o aborto
spontaneo. Si verifica un aumento dei fattori della coagulazione (II, IV, VII,
VIII, XII e fibrinogeno), una riduzione dell’attività trombolitica (attivatore
tessutale del plasminogeno) e una riduzione dell’attività delle proteine
anticoagulanti (proteina C, proteina S) (1)
Si pensa che questi cambiamenti possano essere la causa dei numerevoli
episodi di tromboembolismo che avvengono in gravidanza: trombosi
venosa profonda, embolia polmonare, ictus ischemico, trombosi su
protesi valvolare cardiaca. Per questo motivo la gravidanza ed il puerperio
sono tra i maggiori fattori di rischio per l’insorgenza di tromboembolismo
venoso che include la trombosi venosa profonda e l’embolia polmonare.
L’incidenza di tromboembolismo venoso varia da 0.76 a 1.72 per 1000
gravidanze, incidenza che è da 4 a 5 volte maggiore rispetto alla non
gravida.Tra i fattori di rischio l’età gioca un ruolo importante, il rischio di
tromboembolismo venoso aumenta con l’età e questo può essere
spiegato dal fatto che all’ aumentare dell’età materna aumenta anche la
prevalenza di altre morbidità materne come il diabete, l’ipertensione, le
malattie cardiovascolari, l’obesità e l’espletamento del parto con taglio
cesareo. Il rischio di embolia polmonare durante la gravidanza è di 10.6
per 100.000 donne per anno (2). Secondo l’ultimo report inglese 2013-
4
2015 tra le cause di mortalità tra la sesta settimana di gravidanza ad un
anno dopo aver partorito, il tromboembolismo rappresenta il 5%. L’
embolia polmonare è quindi una delle principali cause di morte materna
nei paesi industrializzati. Dal 45% al 60% i casi di embolia polmonare sono
diagnosticati nel post-partum e maggiormente nelle donne che hanno
partorito con taglio cesareo (3).
CASO CLINICO
Donna B.S. di 43 anni, secondipara a 25 settimane di gestazione, riferito
dal marito arto inferiore di destra edematoso e dispnea lieve da un paio
di giorni.
Anamnesi patologica remota negativa, gravidanza normodecorsa, primo
figlio partorito a 38 settimane per via vaginale.
Ore 6.53: chiamata al 118 da parte del marito per peggioramento del
quadro respiratorio e successiva perdita di coscienza.
Ore 7.10: arrivo del personale sanitario, la situazione si presenta molto
critica, la donna è cosciente ma molto agitata, tachicardica (150
batt/min), tachipnoica, dispnoica, cianotica, ipotesa (80/40 mmHg).
Eseguita dal medico del 118 terapia volemica con colloide 500 ml senza
nessun miglioramento del quadro emodinamico. Eseguito EGC 12
derivazione con invio del tracciato all’ unità coronarica di Borgo Trento
che non mostra sotto o sopra slivellamenti del tratto ST. Le condizioni
della signora peggiorano, la saturazione arteriosa periferica risulta essere
70% nonostante mascherina O2 alti flussi (10 L/min), pressione arteriosa
70/40 mmHg. Paziente soporosa.
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Ore 7.36: visto il quadro respiratorio ed emodinamico, il medico decide
per l’intubazione endotracheale previa sedazione e curarizzazione
(farmaci utilizzati midazolam, fentanyl e rocuronio).
Ore 7.39: arresto cardiocircolatorio, ritmo di presentazione: attività
elettrica senza polso (PEA). Vengono iniziate immediatamente le
procedure standard di rianimazione cardiopolmonare: compressioni
toraciche, e somministrazione di adrenalina 1 mg ev ogni 3-5 min. Si
assiste a ripresa del circolo(ROSC) con successivo arresto cardiaco(PEA)
per ben 3 volte.
Ore 7.55: arrivo in pronto soccorso, ad attendere la paziente c’è già
un’equipe formata da tre anestesisti rianimatori, un neonatologo, due
ginecologi, due ostetriche.
La paziente si presenta in condizione emodinamicamente molto instabili:
pressione arteriosa 80/50 mmHg, frequenza cardiaca 135 battiti/minuto,
emodinamica sostenuta da dopamina 5 gamma/kg/min.
Paziente in coma, GCS 3 (E1-M1-V1), pupille midriatiche, riflesso
fotomotore presente.
I valori emogasanalitici sono compatibili con un gravissimo quadro di
acidosi metabolica: ph 6,89, pCO2 66 mmHg, pO2 66 mmHg, BE – 20
mmol/l, lattati 11 mmol/L, Hb 11 g/l, saturazione arteriosa periferica 83%
con FIO2 100%.
Nel sospetto di embolia polmonare massiva vista l’anamnesi patologica
prossima, si somministra Eparina sodica 5000 U ev.
Ore 8.05: ecografia fetale che evidenza marcata bradicardia.
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Ore 8.08: si decide per taglio cesareo emergente.
Ore 8.10: incisione secondo Pfannenstiel
Ore 8.11: estrazione fetale. Feto non vitale, iniziate subito le manovre di
rianimazione cardio-polmonare da parte del neonatologo, interrotte alle
ore 8.41 per exitus.
Ore 8.13: durante laparotomia, arresto cardiaco della paziente, ritmo di
presentazione fibrillazione ventricolare, dopo defibrillazione 200 J, ritmo
di presentazione PEA. Si continuano le manovre di rianimazione, si utilizza
massaggiatore automatico LUCAS. Somministrate in tutto 7 fiale di
adrenalina ev (1 fl ogni 3-5 min secondo line guida ACLS) con esito
negativo. La paziente permane in arresto cardiocircolatorio.
All’ ecografia transtoracica si esclude la presenza di pneumotorace e di
versamento pleurico e pericardico, si segnala un ventricolo destro molto
dilatato.
La situazione si complica con un’importante emorragia post-partum,
l’utero è ipotonico e non responsivo a nessun farmaco uterotonico per cui
si rende necessaria isterectomia ed annessiectomia sinistra. La paziente
viene trasfusa con 3 unità di emazie concentrate gruppo O Rh neg, acido
tranexamico 1 gr, fibrinogeno 2 gr.
All’ecocardio transesofageo: presenza di trombo in atrio destro e all’
imbocco dell’arteria polmonare principale.
Si contattano a questo punto il cardiologo emodinamista, il tecnico
perfusionista e il cardiochirurgo per posizionamento ECMO atero-venoso
e procedura di trombolisi meccanica con metodo Angiojet.
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La paziente permane sempre in arresto cardiocircolatorio (5 episodi di
fibrillazione ventricolare con successiva defibrillazione senza ROSC)
Ore 8.40: chiusura laparotomia eseguita per TC emergente e si trasporta
utilizzando sempre massaggiatore esterno automatico LUCAS, in sala
angiografica della Radiologia.
Ore 8.56: inizio procedura posizionamento ECMO A-V.
Ore 9.45: termine posizionamento cannule ed avvio ECMO. Si assiste a
ripresa di circolo molto instabile che necessita di infusione di inotropi e
vasocostrittori ad alti dosaggi (adrenalina 0,2 gamma/kg/min e
noradrenalina 0,2 gamma/kg/min) e stabilizzazione del ritmo cardiaco
(tachicardia sinusale).
(visibili cannule ECMO
VA arteria e vena
femorale destra)
Contemporaneamente al posizionamento ECMO, il cardiologo
emodinamista esegue angiopneumografia dove si conferma il quadro di
embolia polmonare massiva bilaterale.
8
Si esegue frammentazione del trombo con catetere pigtail e successive
multiple tromboaspirazioni con catetere Angiojet PE (aspirazione di circa
300 cc di sangue polmonare). Al controllo angiopneumografico netto
miglioramento della perfusione parenchimale.
Durante la procedura radiologica, comparsa di addome acuto ed
instabilità emodinamica nonostante ECMO A-V, farmaci vasopressori ed
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inotropi ad alto dosaggio. Dai valori emogasnalitici: Hb 5 gr/dl, lattato 12
mml/l.
La paziente è in shock emorragico, evidente sanguinamento dalla ferita
laparotomica, dalla protesi endotracheale, dal punto d’inserzione delle
cannule.
Si esegue revisione della ferita chirurgica da parte dei Colleghi Ginecologi
che riscontrano gemizio diffuso con infarcimento retroperitoneale, si
procede a tamponamento addominale secondo Logothetopoulos (6 garze
interne e 2 esterne) con utilizzo di punti emostatici muscolo fasciali per
chiusura della ferita solo parziale.
Si trasfondono plasma fresco congelato 2400 ml, 12 sacche di emazie
concentrate, 1 pool piastrinico, fibrinogeno 4 gr, acido tranexamico 1
gr+1 gr i.c, Human Complex 1500 U.
Al tromboelastogramma (TEG Hemostasis System) si conferma la
gravissima coagulopatia in atto.
Ore 12.00: terzo controllo angiopneumografico, si aspirano con catetere
angiojet altri 50 ml di sangue polmonare. Le condizioni emodinamiche
della paziente migliorano, tachicardia sinusale, pressione arteriosa
100/60 mmHg rapporto PaO2/FIO2>200, Hb 12,7gr/l, lattati in ulteriore
aumento (16 mmol/l)
Ore 12.30: si esegue TAC TOTAL BODY con e senza mdc prima del
trasferimento in Rianimazione. Persiste sanguinamento dalla ferita
chirurgica.
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Tac encefalo: parenchima cerebrale con ipodensità diffusa e con scarsa
differenziazione tra sostanza bianca e sostanza grigia, edema cerebrale
diffuso. Scarsamente rappresentate le cisterne basali. Mancata
rappresentazione del III- IV ventricolo.
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Tac torace: in ambito
polmonare diffusi e
disomogenei addensamenti
parenchimali circondati da
alone a vetro smerigliato ai
segmenti postero-basali del
lobo superiore destro,
coinvolgenti interamente i
lobi inferiori. Tracce di
pneumopericardio. No falde
di pneumotorace.
Sottile falda di versamento
pleurico bilaterale.
Tac addome: falda di versamento a densità sovrafluida periepatica. Reni
in sede, non spandimenti di
urina, ureteri di calibro
regolare. Vescica vuota con
catetere.
A livello del moncone vaginale
raccolta disomogeneamente
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iperdensa delle dimensioni
60x 50 mm. Versamento di
densità sovrafluida in regione
retroperitoneale destra che si
estende antero-lateralmente
al muscolo ileopsoas di
destra e lungo la fascia
lateroconale omolaterale fino a raggiungere la pelvi. Ampia breccia
chirurgica lungo la parete addominale in sede pelvica.
Presenza di ECMO.
Ore 13.00: si trasferisce in Rianimazione: paziente non sedata, pupille
lievemente anisocoriche destra>sinistra, riflesso fotomotore assente.
Emodinamicamente molto instabile nonostante assistenza ECMO VA
totale, persiste sanguinamento dalla ferita chirurgica dai siti di inserzione
delle varie cannule ed aspirazione di sangue dal sondino nasogastrico.
Si trasfonde con 6 unità emazie concentrate, 1200 ml plasma fresco
congelato, fibrinogeno 3 gr, 1 pool piastrinico. Si esegue anche
tromboelastogramma (TEG) che documenta gravissima carenza di fattori
della coagulazione, di piastrine e fibrinogeno.
La gastroscopia urgente richiesta non documenta fonti di sanguinamento
in atto ma una lieve sanguinamento a nappo su tutta la parete gastrica.
All’ecocardio transtoracico di controllo le sezioni destre sono
marcatamente dilatate e ventricolo sinistro ipocinetico.
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Nonostante la somministrazione di fattori della coagulazione, plasma
fresco congelato, fibrinogeno, ATIII il quadro coagulativo non migliora:
piastrine 30.000 x 109/L, fibrinogeno 1,06 g/l, ATIII 30%, PT 1,5 INR PTT
2,5 ratio.
Collegialmente si decide di somministrare il Fattore Settimo
Ricombinante rFVIIa (Novoseven) 90 gamma/kg con successiva
stabilizzazione del quadro emorragico.
Ore 19.00: all’ esame obiettivo la paziente è midriatica, riflesso
fotomotore assente, drive respiratorio
assente.
Alla luce del quadro clinico si decide di
eseguire tac encefalo di controllo ed
angiografia cerebrale: i rilievi
documentati dai due esami eseguiti
sono compatibili nel complesso con
morte encefalica.
Ore 20.45: si riunisce la commissione
ed inizia accertamento di morte
Ore 3.25: termina accertamento di
morte cerebrale
Ore 8.00: si conduce la paziente in sala
operatoria per prelievo multiorgano
previo consenso da parte dei familiari.
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DISCUSSIONE
L’ embolia polmonare massiva è una tra le cause più frequenti di arresto
cardiaco in donne gravide a qualsiasi epoca gestazionale e nel post-
partum.
In una recente review sulle più comuni cause di arresto cardiaco nella
gravida, l’embolia polmonare rappresenta il 29%, seguita dall’ emorragia
(17%), la sepsi (13%), la cardiomiopatia peripartum (8%), lo stroke (5%), la
preeclampsia-eclampsia (2.8%), complicazioni legate all’ anestesia (2%)
(4)
Sebbene in letteratura non siano descritti segni e sintomi precisi per
questo quadro clinico, l’embolia polmonare massiva è caratterizzata
fondamentalmente da ipotensione arteriosa e shock cardiogeno.
Le linee guida ESC 2008-2014 definiscono l’embolia polmonare massiva
come quella condizione di compromissione respiratoria o emodinamica,
con shock e/o sincope e/o ipotensione (definita come una pressione
arteriosa sistolica <90 mmHg per almeno 15 minuti, o che richieda
supporto di inotropi, se non causata dall’insorgenza di una nuova aritmia,
ipovolemia, sepsi o disfunzione ventricolare sinistra) o spiccata
bradicardia emodinamicamente instabile (5). Nelle pazienti gravide il
sospetto di embolia polmonare può essere ostacolato dai fisiologici
cambiamenti che avvengono in gravidanza: aumento del 40-50% nella
ventilazione minuto, un aumento del 45% della gittata cardiaca,
tachicardia e se la donna gravida è nel I-II trimestre una diminuzione della
pressione arteriosa di 5-10 mmHg.
15
Il Royal College of Obstetricians and Gynaecologists definisce l’embolia
polmonare massiva come quella condizione caratterizzata da shock,
ipossiemia severa e refrattaria e/o disfunzione ventricolare destra all’
ecocardio, una situazione definita come emergenza medica.
Un episodio sincopale con instabilità emodinamica e/o shock in una
donna gravida o in una puerpera deve essere gestito da un team
multidisciplinare di esperti compreso il ginecologo che decidano sulla
base del quadro clinico se la donna necessità di somministrazione di
eparina sodica, terapia trombolitica, e/o embolectomia chirurgica (6)
In caso di gravida in arresto cardiaco la rianimazione materna deve
seguire i principi dell’ABC mantenendo la paziente in posizione laterale
sinistra con fianco sollevato di 30 gradi. Se non si assiste a ROSC occorre
eseguire taglio cesareo peri-mortem entro 4 minuti con estrazione fetale
entro il 5 minuto se la gravidanza è superiore alla 20a settimane di
gestazione (8)
Il dilemma di noi medici quando troviamo coinvolti in questa drammatica
situazione di emergenza è quali farmaci fare nella donna gravida con
embolia polmonare massiva e come migliorare il quadro clinico qualora il
trattamento medico non funzionasse.
Secondo le ultime linee-guida del Royal College of Obstetricians and
Gynaecologists, in caso di embolia polmonare massiva l’eparina non
frazionata endovenosa dovrebbe essere il trattamento di scelta iniziale
(bolo di 80U/kg seguito da infusione continua a 18U/kg/h). Questa
decisione è giustificata dal fatto che l’eparina non frazionata ha un rapido
16
effetto, si conosce bene come agisce e se deve essere presa in
considerazione la terapia trombolitica per l’aggravarsi del quadro clinico,
l’infusione endovenosa può essere regolata più facilmente.
Nell’ embolia polmonare massiva con instabilità emodinamica (o con la
presenza di un’estesa trombosi venosa ileofemorale potenzialmente
letale), la terapia trombolitica deve essere presa in considerazione se la
terapia anticoagulante da sola non riduce l’ostruzione circolatoria.
Una volta somministrato il trombolitico l’infusione d’eparina non
frazionata può essere ripresa ad un dosaggio di 18U/kg/h senza il bolo
iniziale come dose carico. Una volta stabilizzata la paziente l’eparina non
frazionata può essere sostituita con eparina a basso peso molecolare per
tutta la durata della gravidanza (6-7).
Gli agenti trombolitici in commercio possono essere classificati in tre
gruppi: prima generazione (urochinasi, streptochinasi), seconda
generazione (alteplase), terza generazione (reteplase, tenecteplase).
Sono farmaci con peso molecolare superiore a 1000 Da, dimensioni che
difficilmente permettono di attraversare la barriera placentare.
Non esiste un registro per monitorare gli esiti della gravidanza nelle
donne esposte ai trombolitici, negli studi sugli animali non sono stati
descritti significativi danni fetali per quanto riguarda la teratogenicità o
altri rischi.
I trombolitici di prima generazione non sono fibrina- specifici, funzionano
convertendo il plasminogeno in plasmina. La loro emivita è breve
richiedendo quindi tempi di infusione più lunghi di 12-24 ore.
17
L’urochinasi, originariamente isolata dall’ urina umana, mette in atto i
suoi effetti trombolitici con il meccanismo descritto sopra. Il passaggio
transplacentare nell’ uomo non è stato studiato, sebbene sia stato visto
che la placenta contiene proteinasi inibitorie che possono inattivare
l’urochinasi una volta attraversata la barriera placentare.
Dosaggio:4400 U/kg somministrata endovena in almeno 10 minuti, poi
4400 U/Kg per ora per 12 ore
La streptochinasi agisce attivando la formazione di un complesso
streptochinasi-plasminogeno convertendolo poi in plasmina e iniziando
cosi la fibrinolisi.
La somministrazione di streptochinasi è associata a possibili reazioni
allergiche ed ipotensione dovuta alla formazione di anticorpi diretti verso
il complesso streptochinasi-plasminogeno. Gli anticorpi possono
attraversare la placenta, essere trasferiti al feto e dare reazioni allergiche
qualora anch’esso dovesse in futuro essere trattato con questo farmaco.
Dosaggio:250.000 unità somministrate endovena in almeno 30 minuti, poi
100.000 U/ora per 24 ore.
Trombolitico di seconda generazione è l’alteplase (rtPA), farmaco creato
con tecniche di clonazione molecolare, è fibrina-specifico, agisce
formando un complesso con la fibrina convertendo il plasminogeno in
plasmina. Ha un’emivita lunga e viene somministrato con tempi di
infusione di circa 2 ore. Non è associato a reazioni allergiche o febbrili.
L’ alteplase è il trombolitico più utilizzato.
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Dosaggio: 100 mg somministrato endovena in 2 ore; in caso di arresto o
peri arresto cardiaco da sospetta embolia polmonare è possibile
somministrare questo farmaco in bolo (0,6 mg/kg in due ore). Per
semplificare i calcoli matematici durante un arresto cardiaco è molto più
pratico somministrare 50 mg di alteplase endovena in due minuti
ripetibile allo stesso dosaggio dopo 15 minuti se non c’è ROSC.
Il reteplase, agente di terza generazione agisce in presenza di fibrina
facilitando la conversione del plasminogeno in plasmina. La sua struttura
molecolare permette a questo farmaco di legarsi alla fibrina con una
specificità ed affinità 5 volte maggiore rispetto agli altri trombolitici,
migliorando la sua capacità di prenetrare nei coaguli. Per la mancanza di
dati riguardo i dosaggi di questo farmaco nella popolazione, la FDA non
ha ancora approvato il suo utilizzo nel trattamento dell’embolia
polmonare.
Il tenecteplase, anch’esso trombolitico di terza generazione ha il
vantaggio di avere un’alta specificità per la fibrina, una grande potenza d’
azione e una maggior durata a causa di una diminuita clereance
plasmatica (eliminazione per via epatica). Viene somminitrato in un’unica
dose.
Come il reteplase il tenecteplase non è ancora stato approvato dall’ FDA
nel trattamento dell’embolia polmonare ma solo nel trattamento
dell’infarto miocardico acuto.
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Dosaggio:<60 Kg somministrare 30 mg; tra 60-70 kg somministrare 35 mg;
tra 70-80 kg 40 mg; tra 80-90 Kg 45 mg;>90 kg 50 mg sempre in 5 secondi
endovena.
Attualmente non ci sono linee-guida che definiscano il ruolo del
trombolitico nella gravida con embolia polmonare (9-10-11).
Le linee-guida più recenti raccomandano di utilizzare il trombolitico in
queste tre situazioni (CHEST 2016):
- pazienti con embolia polmonare emodinamicamente instabili (pressione
arteriosa sistolica <90 mmHg) che non hanno alto rischio di
sanguinamento si suggerisce di somministrare sistematicamente tale
terapia (Grado 2B)
- pazienti con embolia polmonare acuta non associata ad ipotensione non
si raccomanda la somministrazione sistemica del trombolitico (Grado 1B)
-pazienti con embolia polmonare la cui condizione clinica deteriora dopo
aver iniziato terapia anticoagulante (tachicardia, ipossia, segni clinici di
shock, peggioramento dell’insufficienza cardiaca destra, trombo
fluttuante in atrio o ventricolo), senza ipotensione sistemica e a basso
rischio di sanguinamento si suggerisce di somministrare sistematicamente
terapia trombolitica (Grado 2C).
La decisione di somministrare il trombolitico è fortemente influenzata
dalle condizioni cliniche dell’individuo.
Nella popolazione generale, la terapia sistemica con trombolitico ha
avuto benefici maggiori rispetto alla terapia anticoagulante solo nel
20
trattamento dell’embolia polmonare in pazienti con alto rischio di
mortalità (12).
Nei pazienti con embolia polmonare massiva in cui la trombolisi sistemica
fallisce e persiste un’instabilità emodinamica severa con basso rischio di
sanguinamento, le linee guida suggeriscono di somministrare il
trombolitico direttamente in arteria polmonare attraverso un catetere
arterioso (CDT). Questa tecnica offre dei vantaggi rispetto alla trombolisi
sistemica, il più importante dei quali è il minor rischio di sanguinamento
intracranico e gastrointestinale. Il trombolitico viene somministrato in
loco con un dosaggio di circa 1/3 della dose utilizzata per via sistemica.
In caso di alto rischio di sanguinamento che preclude la terapia
trombolitica, la rimozione del trombo in arteria polmonare può avvenire
mediante una tecnica meccanica di frammentazione tramite un catetere
particolare progettato per questo scopo. La frammentazione determina lo
spostamento distale del trombo che può essere aspirato e rimosso (9-10-
11-12-13).
In letteratura non ci sono ancora raccomandazioni sull’ utilizzo sia del
trombolitico per via sistemica nelle pazienti gravide nonostante siano
descritti case reports in cui questa terapia soprattutto se la paziente è in
arresto cardiaco prolungato o ad alto rischio di sanguinamento ha
migliorato la sopravvivenza materna (14-15).
21
(12)
Nei pazienti con EP massiva ed instabilità emodinamica severa, shock
cardiogeno o in arresto cardiaco prolungato con controindicazione alla
trombolisi sistemica o fallimento degli interventi descritti sopra falliscono,
l’utilizzo della tecnica ECMO (Extra Corporeal Membrane Oxigenation) in
combinazione con o non l’ embolectomia chirurgica sono due interventi
che “devono” essere usati per migliorare l’ ossigenazione, la portata
cardiaca e raggiungere una stabilità emodinamica che riduca i danni
secondari da ipoperfusione sistemica.
22
Nonostante le linee guida della Società Europea di Cardiologia del 2014
descrivano brevemente l‘utilizzo dell’ ECMO nel trattamento dell’embolia
polmonare massiva come un mezzo di supporto emodinamico e di ausilio
per l’embolectomia chirurgica e le linee guida CHEST 2016 per il
trattamento del tromboembolismo venoso non menzionino l’uso
dell’ECMO nell’ embolia polmonare massiva, in letteratura sono descritti
case report e piccoli studi in cui si dimostra una miglior sopravvivenza in
caso di EP massiva refrattaria al trattamento farmacologico sistemico o
loco-regionale.
L’ECMO può essere utilizzato come “ponte” per avere una stabilità
emodinamica temporanea che permetta di eseguire un trattamento
fibrinolitico o meccanico locoregionale ed un’eventuale embolectomia
chirurgica (17).
Per “ECMO” (Extra Corporeal Membrane Oxygenation) si intende una
tecnica di circolazione extracorporea che mette il cuore e/o i polmoni con
un’insufficienza severa a risposo, al fine di permettere all’organo malato
di recuperare la propria funzione, tramite ventilazione e ossigenazione e
sostituzione della gittata cardiaca. Dal punto di vista tecnico e pratico
esistono due tipologie di ECMO; l’ECMO-VV(veno-venosa) che permette
di sostenere la funzione polmonare tramite ossigenazione e ventilazione
del sangue, e l’ECMO-VA (veno-arteriosa) che permette sia di sostenere
la funzione polmonare (come nella forma VV) che di sostituire la funzione
della pompa cardiaca.
23
A livello respiratorio le indicazioni classiche sono una insufficienza
respiratoria severa, con un grado di ipossia refrattario al trattamento
medico convenzionale massimale (compreso l’utilizzo di NO e decubito
ventrale se possibile).
A livello cardiaco si parla di ECMO-VA in caso di arresto cardiaco
refrattario con criteri precisi quali un no-flow inferiore a 3-5 minuti, un
low-flow inferiore a 100 minuti (dall’arresto all’inizio dell’ECMO), età
inferiore a 65 anni, ritmo cardiaco differente dall’asistolia, etCO2 > 10
mmHg (1.3 kPa). Tutte queste caratteristiche sono legate alla
sopravvivenza del paziente che viene a ridursi notevolmente dopo un
arresto di lunga durata, rendendo altamente futile l’inizio di un ECMO-VA.
Un’altra indicazione é l’embolia polmonare massiva con un paziente
24
emodinamicamente instabile e/o con ipossiemia severa e/o con
controindicazione alla trombolisi, ma anche forme di shock cardiogeno
post-cardiochirurgia e/o post-STEMI, presenza di aritmie
maligne, intossicazione da medicamenti cardiotropi (anti-aritmici, beta-
bloccanti) e/o ipotermia severa (inferiore a 32°C).
Il sistema ECMO si struttura con una serie di materiali e componenti che
devono essere in grado di supportare il funzionamento cardiaco e
polmonare. Gli accessi (di cui parleremo meglio successivamente) devono
essere in grado di trasportare flussi di 3 l/mq/minuto, con SVO2 superiori
al 70%; i flussi dipendono dagli accessi vascolari, dalle resistenze dei tubi
e dalle proprietà della pompa sangue.
L’ECMO ha una struttura composta da una pompa rotativa centrifuga, di
cui si può regolare la velocità (in giri per minuto), un ossigenatore a
membrana (per il controllo dell’ossigeno e della CO2), un riscaldatore di
sangue (per il controllo della temperatura del paziente), ed
25
una cannulazione periferica che può essere VV (tipicamente nella
giugulare interna destra o nella femorale oppure le due canale a livello
femorale) oppure VA (femori-femorale, axillo-femorale, atrio
destro/aorta).
La decisione di posizionare un paziente in ECMO deve tenere conto anche
delle possibili complicanze in quanto questa tecnica non è esente da
possibili seri rischi.
La complicanza più comune è il sanguinamento che si verifica nel 35% dei
pazienti, evento dovuto alla combinazione di più fattori tra cui
l’anticoagulazione sistemica per il buon funzionamento del circuito, la
trombocitopenia eparina indotta (HIT), la disfunzione piastrinica, e il
possibile sanguinamento nel sito d’ inserzione delle cannule.
L’ emorragia intracranica è la complicanza più temuta ed è solitamente
fatale. L’ECMO VA è stato associato ad un aumento di emorragie
polmonari.
La trombosi è un’altra complicanza fatale che può insorgere durante il
periodo in cui le funzioni respiratorie e/o circolatorie della paziente sono
sostenute dall’ ECMO, più frequente nel VA ECMO, si può manifestare con
ischemia arti inferiori con necrosi o stroke a livello cerebrale. In caso di
VV ECMO la trombosi può manifestarsi, se i trombi sono di dimensioni
sufficientemente grandi, come embolia polmonare e disfunzione cuore
destro (18-19-20).
La sopravvivenza dei pazienti in ECMO varia dal 30 al 75% circa e di questi
solo il 30-70% dei pazienti riescono ad esserne svezzati; il tasso di
26
successo dipende in gran parte dalla curabilità della sottostante patologia
(20-21-22).
Quindi riassumendo, le potenziali indicazioni per posizionamento
dell’ECMO nell’ embolia polmonare acuta massiva sono:
Arresto cardiaco
Instabilità emodinamica severa/shock cardiogeno
Controindicazioni alla trombolisi
Fallimento trombolisi sistemica
Fallimento trombolisi locoregionale con aspirazione trombo
Ipossiemia severa (accompagnata da instabilità emodinamica) (22-
23)
CONCLUSIONI
L’embolia polmonare massiva ha un alto tasso di morbidità e mortalità.
Nei pazienti con embolia polmonare acuta che si presentano con
ipotensione severa/shock cardiogeno o in arresto cardiaco causato da
embolia polmonare acuta massiva è contemplato l’uso del trombolitico
per via sistemica. Pazienti ad alto rischio di sanguinamento o in quelli in
cui la trombolisi sistemica ha fallito, possono essere trattati con la terapia
trombolitica locoregionale tramite catetere in arteria polmonare.
Ovviamente deve essere disponibile l’esperto.
I risultati finali riportati da studi osservazionali randomizzati e
retrospettivi in pazienti con embolia polmonare acuta indicano che la
terapia trombolitica migliora il quadro emodinamico pagando però la
27
possibilità di un maggior sanguinamento. Quindi in generale, solo i
pazienti nei quali è stata confermata la diagnosi di embolia polmonare
acuta massiva devono essere trattati con i trombolitici poiché gli effetti
avversi possono essere devastanti.
Il trattamento di questa patologia è multidisciplinare (anestesista,
cardiologo, cardiologo emodinamista, cardiochirurgo, perfusionista),
richiede approcci tempestivi (anticoagulazione) ed aggressivi
(anticoagulazione e trombolisi sistemica e/o locoregionale,
ECMO/embolectomia chirurgica) (12).
L’ utilizzo dell’ECMO nella gravida con embolia polmonare acuta non è
frequente ed è accompagnato da possibili complicanze sia per la madre
che per il feto come l’emorragia, l’emolisi o la trombosi. Attualmente non
ci sono linee-guida in letteratura che descrivano l’efficacia e la sicurezza
di questa metodica in questa popolazione.
L’ECMO, come molti case report descrivono, è uno strumento che può
essere utilizzato per fornire supporto temporaneo emodinamico e di
ossigenazione in coloro che permangono con una instabilità emodinamica
severa o hanno alto rischio di sanguinamento e quindi una
controindicazione ai trombolitici o hanno fallito tale terapia, o
permangono in uno stato grave ipossiemia. L’ ECMO può essere utilizzato
come “ponte” per un’eventuale trombolisi locoregionale o meccanica ed
embolectomia chirurgica se necessaria per la sopravvivenza del paziente.
(24)
28
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