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Scuola Europea di Anestesia Ostetrica www.eesoa.com Master Biennale di Alto Perfezionamento in ANALGESIA, ANESTESIA E TERAPIA INTENSIVA IN OSTETRICIA Direttore Prof. Giorgio Capogna Anno accademico 2017-2018 EMBOLIA POLMONARE MASSIVA: CASO CLINICO Tesi finale di Dott.ssa Alessandra Grasso

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Scuola Europea di Anestesia Ostetrica www.eesoa.com

Master Biennale di Alto Perfezionamento in ANALGESIA, ANESTESIA E TERAPIA INTENSIVA IN OSTETRICIA

Direttore Prof. Giorgio Capogna Anno accademico 2017-2018

EMBOLIA POLMONARE MASSIVA: CASO CLINICO Tesi finale di Dott.ssa Alessandra Grasso

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INDICE:

Introduzione

Caso clinico

Discussione

Conclusioni

Bibliografia

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INTRODUZIONE

Durante la gravidanza ed il puerperio (fino a 6 settimane dopo il parto) si

assiste ad una modificazione del sistema della coagulazione che

determina un “fisiologico stato di ipercoagulabilità” indispensabile per

proteggere la donna da un’eventuale emorragia post-partum o aborto

spontaneo. Si verifica un aumento dei fattori della coagulazione (II, IV, VII,

VIII, XII e fibrinogeno), una riduzione dell’attività trombolitica (attivatore

tessutale del plasminogeno) e una riduzione dell’attività delle proteine

anticoagulanti (proteina C, proteina S) (1)

Si pensa che questi cambiamenti possano essere la causa dei numerevoli

episodi di tromboembolismo che avvengono in gravidanza: trombosi

venosa profonda, embolia polmonare, ictus ischemico, trombosi su

protesi valvolare cardiaca. Per questo motivo la gravidanza ed il puerperio

sono tra i maggiori fattori di rischio per l’insorgenza di tromboembolismo

venoso che include la trombosi venosa profonda e l’embolia polmonare.

L’incidenza di tromboembolismo venoso varia da 0.76 a 1.72 per 1000

gravidanze, incidenza che è da 4 a 5 volte maggiore rispetto alla non

gravida.Tra i fattori di rischio l’età gioca un ruolo importante, il rischio di

tromboembolismo venoso aumenta con l’età e questo può essere

spiegato dal fatto che all’ aumentare dell’età materna aumenta anche la

prevalenza di altre morbidità materne come il diabete, l’ipertensione, le

malattie cardiovascolari, l’obesità e l’espletamento del parto con taglio

cesareo. Il rischio di embolia polmonare durante la gravidanza è di 10.6

per 100.000 donne per anno (2). Secondo l’ultimo report inglese 2013-

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2015 tra le cause di mortalità tra la sesta settimana di gravidanza ad un

anno dopo aver partorito, il tromboembolismo rappresenta il 5%. L’

embolia polmonare è quindi una delle principali cause di morte materna

nei paesi industrializzati. Dal 45% al 60% i casi di embolia polmonare sono

diagnosticati nel post-partum e maggiormente nelle donne che hanno

partorito con taglio cesareo (3).

CASO CLINICO

Donna B.S. di 43 anni, secondipara a 25 settimane di gestazione, riferito

dal marito arto inferiore di destra edematoso e dispnea lieve da un paio

di giorni.

Anamnesi patologica remota negativa, gravidanza normodecorsa, primo

figlio partorito a 38 settimane per via vaginale.

Ore 6.53: chiamata al 118 da parte del marito per peggioramento del

quadro respiratorio e successiva perdita di coscienza.

Ore 7.10: arrivo del personale sanitario, la situazione si presenta molto

critica, la donna è cosciente ma molto agitata, tachicardica (150

batt/min), tachipnoica, dispnoica, cianotica, ipotesa (80/40 mmHg).

Eseguita dal medico del 118 terapia volemica con colloide 500 ml senza

nessun miglioramento del quadro emodinamico. Eseguito EGC 12

derivazione con invio del tracciato all’ unità coronarica di Borgo Trento

che non mostra sotto o sopra slivellamenti del tratto ST. Le condizioni

della signora peggiorano, la saturazione arteriosa periferica risulta essere

70% nonostante mascherina O2 alti flussi (10 L/min), pressione arteriosa

70/40 mmHg. Paziente soporosa.

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Ore 7.36: visto il quadro respiratorio ed emodinamico, il medico decide

per l’intubazione endotracheale previa sedazione e curarizzazione

(farmaci utilizzati midazolam, fentanyl e rocuronio).

Ore 7.39: arresto cardiocircolatorio, ritmo di presentazione: attività

elettrica senza polso (PEA). Vengono iniziate immediatamente le

procedure standard di rianimazione cardiopolmonare: compressioni

toraciche, e somministrazione di adrenalina 1 mg ev ogni 3-5 min. Si

assiste a ripresa del circolo(ROSC) con successivo arresto cardiaco(PEA)

per ben 3 volte.

Ore 7.55: arrivo in pronto soccorso, ad attendere la paziente c’è già

un’equipe formata da tre anestesisti rianimatori, un neonatologo, due

ginecologi, due ostetriche.

La paziente si presenta in condizione emodinamicamente molto instabili:

pressione arteriosa 80/50 mmHg, frequenza cardiaca 135 battiti/minuto,

emodinamica sostenuta da dopamina 5 gamma/kg/min.

Paziente in coma, GCS 3 (E1-M1-V1), pupille midriatiche, riflesso

fotomotore presente.

I valori emogasanalitici sono compatibili con un gravissimo quadro di

acidosi metabolica: ph 6,89, pCO2 66 mmHg, pO2 66 mmHg, BE – 20

mmol/l, lattati 11 mmol/L, Hb 11 g/l, saturazione arteriosa periferica 83%

con FIO2 100%.

Nel sospetto di embolia polmonare massiva vista l’anamnesi patologica

prossima, si somministra Eparina sodica 5000 U ev.

Ore 8.05: ecografia fetale che evidenza marcata bradicardia.

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Ore 8.08: si decide per taglio cesareo emergente.

Ore 8.10: incisione secondo Pfannenstiel

Ore 8.11: estrazione fetale. Feto non vitale, iniziate subito le manovre di

rianimazione cardio-polmonare da parte del neonatologo, interrotte alle

ore 8.41 per exitus.

Ore 8.13: durante laparotomia, arresto cardiaco della paziente, ritmo di

presentazione fibrillazione ventricolare, dopo defibrillazione 200 J, ritmo

di presentazione PEA. Si continuano le manovre di rianimazione, si utilizza

massaggiatore automatico LUCAS. Somministrate in tutto 7 fiale di

adrenalina ev (1 fl ogni 3-5 min secondo line guida ACLS) con esito

negativo. La paziente permane in arresto cardiocircolatorio.

All’ ecografia transtoracica si esclude la presenza di pneumotorace e di

versamento pleurico e pericardico, si segnala un ventricolo destro molto

dilatato.

La situazione si complica con un’importante emorragia post-partum,

l’utero è ipotonico e non responsivo a nessun farmaco uterotonico per cui

si rende necessaria isterectomia ed annessiectomia sinistra. La paziente

viene trasfusa con 3 unità di emazie concentrate gruppo O Rh neg, acido

tranexamico 1 gr, fibrinogeno 2 gr.

All’ecocardio transesofageo: presenza di trombo in atrio destro e all’

imbocco dell’arteria polmonare principale.

Si contattano a questo punto il cardiologo emodinamista, il tecnico

perfusionista e il cardiochirurgo per posizionamento ECMO atero-venoso

e procedura di trombolisi meccanica con metodo Angiojet.

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La paziente permane sempre in arresto cardiocircolatorio (5 episodi di

fibrillazione ventricolare con successiva defibrillazione senza ROSC)

Ore 8.40: chiusura laparotomia eseguita per TC emergente e si trasporta

utilizzando sempre massaggiatore esterno automatico LUCAS, in sala

angiografica della Radiologia.

Ore 8.56: inizio procedura posizionamento ECMO A-V.

Ore 9.45: termine posizionamento cannule ed avvio ECMO. Si assiste a

ripresa di circolo molto instabile che necessita di infusione di inotropi e

vasocostrittori ad alti dosaggi (adrenalina 0,2 gamma/kg/min e

noradrenalina 0,2 gamma/kg/min) e stabilizzazione del ritmo cardiaco

(tachicardia sinusale).

(visibili cannule ECMO

VA arteria e vena

femorale destra)

Contemporaneamente al posizionamento ECMO, il cardiologo

emodinamista esegue angiopneumografia dove si conferma il quadro di

embolia polmonare massiva bilaterale.

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Si esegue frammentazione del trombo con catetere pigtail e successive

multiple tromboaspirazioni con catetere Angiojet PE (aspirazione di circa

300 cc di sangue polmonare). Al controllo angiopneumografico netto

miglioramento della perfusione parenchimale.

Durante la procedura radiologica, comparsa di addome acuto ed

instabilità emodinamica nonostante ECMO A-V, farmaci vasopressori ed

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inotropi ad alto dosaggio. Dai valori emogasnalitici: Hb 5 gr/dl, lattato 12

mml/l.

La paziente è in shock emorragico, evidente sanguinamento dalla ferita

laparotomica, dalla protesi endotracheale, dal punto d’inserzione delle

cannule.

Si esegue revisione della ferita chirurgica da parte dei Colleghi Ginecologi

che riscontrano gemizio diffuso con infarcimento retroperitoneale, si

procede a tamponamento addominale secondo Logothetopoulos (6 garze

interne e 2 esterne) con utilizzo di punti emostatici muscolo fasciali per

chiusura della ferita solo parziale.

Si trasfondono plasma fresco congelato 2400 ml, 12 sacche di emazie

concentrate, 1 pool piastrinico, fibrinogeno 4 gr, acido tranexamico 1

gr+1 gr i.c, Human Complex 1500 U.

Al tromboelastogramma (TEG Hemostasis System) si conferma la

gravissima coagulopatia in atto.

Ore 12.00: terzo controllo angiopneumografico, si aspirano con catetere

angiojet altri 50 ml di sangue polmonare. Le condizioni emodinamiche

della paziente migliorano, tachicardia sinusale, pressione arteriosa

100/60 mmHg rapporto PaO2/FIO2>200, Hb 12,7gr/l, lattati in ulteriore

aumento (16 mmol/l)

Ore 12.30: si esegue TAC TOTAL BODY con e senza mdc prima del

trasferimento in Rianimazione. Persiste sanguinamento dalla ferita

chirurgica.

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Tac encefalo: parenchima cerebrale con ipodensità diffusa e con scarsa

differenziazione tra sostanza bianca e sostanza grigia, edema cerebrale

diffuso. Scarsamente rappresentate le cisterne basali. Mancata

rappresentazione del III- IV ventricolo.

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Tac torace: in ambito

polmonare diffusi e

disomogenei addensamenti

parenchimali circondati da

alone a vetro smerigliato ai

segmenti postero-basali del

lobo superiore destro,

coinvolgenti interamente i

lobi inferiori. Tracce di

pneumopericardio. No falde

di pneumotorace.

Sottile falda di versamento

pleurico bilaterale.

Tac addome: falda di versamento a densità sovrafluida periepatica. Reni

in sede, non spandimenti di

urina, ureteri di calibro

regolare. Vescica vuota con

catetere.

A livello del moncone vaginale

raccolta disomogeneamente

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iperdensa delle dimensioni

60x 50 mm. Versamento di

densità sovrafluida in regione

retroperitoneale destra che si

estende antero-lateralmente

al muscolo ileopsoas di

destra e lungo la fascia

lateroconale omolaterale fino a raggiungere la pelvi. Ampia breccia

chirurgica lungo la parete addominale in sede pelvica.

Presenza di ECMO.

Ore 13.00: si trasferisce in Rianimazione: paziente non sedata, pupille

lievemente anisocoriche destra>sinistra, riflesso fotomotore assente.

Emodinamicamente molto instabile nonostante assistenza ECMO VA

totale, persiste sanguinamento dalla ferita chirurgica dai siti di inserzione

delle varie cannule ed aspirazione di sangue dal sondino nasogastrico.

Si trasfonde con 6 unità emazie concentrate, 1200 ml plasma fresco

congelato, fibrinogeno 3 gr, 1 pool piastrinico. Si esegue anche

tromboelastogramma (TEG) che documenta gravissima carenza di fattori

della coagulazione, di piastrine e fibrinogeno.

La gastroscopia urgente richiesta non documenta fonti di sanguinamento

in atto ma una lieve sanguinamento a nappo su tutta la parete gastrica.

All’ecocardio transtoracico di controllo le sezioni destre sono

marcatamente dilatate e ventricolo sinistro ipocinetico.

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Nonostante la somministrazione di fattori della coagulazione, plasma

fresco congelato, fibrinogeno, ATIII il quadro coagulativo non migliora:

piastrine 30.000 x 109/L, fibrinogeno 1,06 g/l, ATIII 30%, PT 1,5 INR PTT

2,5 ratio.

Collegialmente si decide di somministrare il Fattore Settimo

Ricombinante rFVIIa (Novoseven) 90 gamma/kg con successiva

stabilizzazione del quadro emorragico.

Ore 19.00: all’ esame obiettivo la paziente è midriatica, riflesso

fotomotore assente, drive respiratorio

assente.

Alla luce del quadro clinico si decide di

eseguire tac encefalo di controllo ed

angiografia cerebrale: i rilievi

documentati dai due esami eseguiti

sono compatibili nel complesso con

morte encefalica.

Ore 20.45: si riunisce la commissione

ed inizia accertamento di morte

Ore 3.25: termina accertamento di

morte cerebrale

Ore 8.00: si conduce la paziente in sala

operatoria per prelievo multiorgano

previo consenso da parte dei familiari.

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DISCUSSIONE

L’ embolia polmonare massiva è una tra le cause più frequenti di arresto

cardiaco in donne gravide a qualsiasi epoca gestazionale e nel post-

partum.

In una recente review sulle più comuni cause di arresto cardiaco nella

gravida, l’embolia polmonare rappresenta il 29%, seguita dall’ emorragia

(17%), la sepsi (13%), la cardiomiopatia peripartum (8%), lo stroke (5%), la

preeclampsia-eclampsia (2.8%), complicazioni legate all’ anestesia (2%)

(4)

Sebbene in letteratura non siano descritti segni e sintomi precisi per

questo quadro clinico, l’embolia polmonare massiva è caratterizzata

fondamentalmente da ipotensione arteriosa e shock cardiogeno.

Le linee guida ESC 2008-2014 definiscono l’embolia polmonare massiva

come quella condizione di compromissione respiratoria o emodinamica,

con shock e/o sincope e/o ipotensione (definita come una pressione

arteriosa sistolica <90 mmHg per almeno 15 minuti, o che richieda

supporto di inotropi, se non causata dall’insorgenza di una nuova aritmia,

ipovolemia, sepsi o disfunzione ventricolare sinistra) o spiccata

bradicardia emodinamicamente instabile (5). Nelle pazienti gravide il

sospetto di embolia polmonare può essere ostacolato dai fisiologici

cambiamenti che avvengono in gravidanza: aumento del 40-50% nella

ventilazione minuto, un aumento del 45% della gittata cardiaca,

tachicardia e se la donna gravida è nel I-II trimestre una diminuzione della

pressione arteriosa di 5-10 mmHg.

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Il Royal College of Obstetricians and Gynaecologists definisce l’embolia

polmonare massiva come quella condizione caratterizzata da shock,

ipossiemia severa e refrattaria e/o disfunzione ventricolare destra all’

ecocardio, una situazione definita come emergenza medica.

Un episodio sincopale con instabilità emodinamica e/o shock in una

donna gravida o in una puerpera deve essere gestito da un team

multidisciplinare di esperti compreso il ginecologo che decidano sulla

base del quadro clinico se la donna necessità di somministrazione di

eparina sodica, terapia trombolitica, e/o embolectomia chirurgica (6)

In caso di gravida in arresto cardiaco la rianimazione materna deve

seguire i principi dell’ABC mantenendo la paziente in posizione laterale

sinistra con fianco sollevato di 30 gradi. Se non si assiste a ROSC occorre

eseguire taglio cesareo peri-mortem entro 4 minuti con estrazione fetale

entro il 5 minuto se la gravidanza è superiore alla 20a settimane di

gestazione (8)

Il dilemma di noi medici quando troviamo coinvolti in questa drammatica

situazione di emergenza è quali farmaci fare nella donna gravida con

embolia polmonare massiva e come migliorare il quadro clinico qualora il

trattamento medico non funzionasse.

Secondo le ultime linee-guida del Royal College of Obstetricians and

Gynaecologists, in caso di embolia polmonare massiva l’eparina non

frazionata endovenosa dovrebbe essere il trattamento di scelta iniziale

(bolo di 80U/kg seguito da infusione continua a 18U/kg/h). Questa

decisione è giustificata dal fatto che l’eparina non frazionata ha un rapido

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effetto, si conosce bene come agisce e se deve essere presa in

considerazione la terapia trombolitica per l’aggravarsi del quadro clinico,

l’infusione endovenosa può essere regolata più facilmente.

Nell’ embolia polmonare massiva con instabilità emodinamica (o con la

presenza di un’estesa trombosi venosa ileofemorale potenzialmente

letale), la terapia trombolitica deve essere presa in considerazione se la

terapia anticoagulante da sola non riduce l’ostruzione circolatoria.

Una volta somministrato il trombolitico l’infusione d’eparina non

frazionata può essere ripresa ad un dosaggio di 18U/kg/h senza il bolo

iniziale come dose carico. Una volta stabilizzata la paziente l’eparina non

frazionata può essere sostituita con eparina a basso peso molecolare per

tutta la durata della gravidanza (6-7).

Gli agenti trombolitici in commercio possono essere classificati in tre

gruppi: prima generazione (urochinasi, streptochinasi), seconda

generazione (alteplase), terza generazione (reteplase, tenecteplase).

Sono farmaci con peso molecolare superiore a 1000 Da, dimensioni che

difficilmente permettono di attraversare la barriera placentare.

Non esiste un registro per monitorare gli esiti della gravidanza nelle

donne esposte ai trombolitici, negli studi sugli animali non sono stati

descritti significativi danni fetali per quanto riguarda la teratogenicità o

altri rischi.

I trombolitici di prima generazione non sono fibrina- specifici, funzionano

convertendo il plasminogeno in plasmina. La loro emivita è breve

richiedendo quindi tempi di infusione più lunghi di 12-24 ore.

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L’urochinasi, originariamente isolata dall’ urina umana, mette in atto i

suoi effetti trombolitici con il meccanismo descritto sopra. Il passaggio

transplacentare nell’ uomo non è stato studiato, sebbene sia stato visto

che la placenta contiene proteinasi inibitorie che possono inattivare

l’urochinasi una volta attraversata la barriera placentare.

Dosaggio:4400 U/kg somministrata endovena in almeno 10 minuti, poi

4400 U/Kg per ora per 12 ore

La streptochinasi agisce attivando la formazione di un complesso

streptochinasi-plasminogeno convertendolo poi in plasmina e iniziando

cosi la fibrinolisi.

La somministrazione di streptochinasi è associata a possibili reazioni

allergiche ed ipotensione dovuta alla formazione di anticorpi diretti verso

il complesso streptochinasi-plasminogeno. Gli anticorpi possono

attraversare la placenta, essere trasferiti al feto e dare reazioni allergiche

qualora anch’esso dovesse in futuro essere trattato con questo farmaco.

Dosaggio:250.000 unità somministrate endovena in almeno 30 minuti, poi

100.000 U/ora per 24 ore.

Trombolitico di seconda generazione è l’alteplase (rtPA), farmaco creato

con tecniche di clonazione molecolare, è fibrina-specifico, agisce

formando un complesso con la fibrina convertendo il plasminogeno in

plasmina. Ha un’emivita lunga e viene somministrato con tempi di

infusione di circa 2 ore. Non è associato a reazioni allergiche o febbrili.

L’ alteplase è il trombolitico più utilizzato.

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Dosaggio: 100 mg somministrato endovena in 2 ore; in caso di arresto o

peri arresto cardiaco da sospetta embolia polmonare è possibile

somministrare questo farmaco in bolo (0,6 mg/kg in due ore). Per

semplificare i calcoli matematici durante un arresto cardiaco è molto più

pratico somministrare 50 mg di alteplase endovena in due minuti

ripetibile allo stesso dosaggio dopo 15 minuti se non c’è ROSC.

Il reteplase, agente di terza generazione agisce in presenza di fibrina

facilitando la conversione del plasminogeno in plasmina. La sua struttura

molecolare permette a questo farmaco di legarsi alla fibrina con una

specificità ed affinità 5 volte maggiore rispetto agli altri trombolitici,

migliorando la sua capacità di prenetrare nei coaguli. Per la mancanza di

dati riguardo i dosaggi di questo farmaco nella popolazione, la FDA non

ha ancora approvato il suo utilizzo nel trattamento dell’embolia

polmonare.

Il tenecteplase, anch’esso trombolitico di terza generazione ha il

vantaggio di avere un’alta specificità per la fibrina, una grande potenza d’

azione e una maggior durata a causa di una diminuita clereance

plasmatica (eliminazione per via epatica). Viene somminitrato in un’unica

dose.

Come il reteplase il tenecteplase non è ancora stato approvato dall’ FDA

nel trattamento dell’embolia polmonare ma solo nel trattamento

dell’infarto miocardico acuto.

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Dosaggio:<60 Kg somministrare 30 mg; tra 60-70 kg somministrare 35 mg;

tra 70-80 kg 40 mg; tra 80-90 Kg 45 mg;>90 kg 50 mg sempre in 5 secondi

endovena.

Attualmente non ci sono linee-guida che definiscano il ruolo del

trombolitico nella gravida con embolia polmonare (9-10-11).

Le linee-guida più recenti raccomandano di utilizzare il trombolitico in

queste tre situazioni (CHEST 2016):

- pazienti con embolia polmonare emodinamicamente instabili (pressione

arteriosa sistolica <90 mmHg) che non hanno alto rischio di

sanguinamento si suggerisce di somministrare sistematicamente tale

terapia (Grado 2B)

- pazienti con embolia polmonare acuta non associata ad ipotensione non

si raccomanda la somministrazione sistemica del trombolitico (Grado 1B)

-pazienti con embolia polmonare la cui condizione clinica deteriora dopo

aver iniziato terapia anticoagulante (tachicardia, ipossia, segni clinici di

shock, peggioramento dell’insufficienza cardiaca destra, trombo

fluttuante in atrio o ventricolo), senza ipotensione sistemica e a basso

rischio di sanguinamento si suggerisce di somministrare sistematicamente

terapia trombolitica (Grado 2C).

La decisione di somministrare il trombolitico è fortemente influenzata

dalle condizioni cliniche dell’individuo.

Nella popolazione generale, la terapia sistemica con trombolitico ha

avuto benefici maggiori rispetto alla terapia anticoagulante solo nel

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trattamento dell’embolia polmonare in pazienti con alto rischio di

mortalità (12).

Nei pazienti con embolia polmonare massiva in cui la trombolisi sistemica

fallisce e persiste un’instabilità emodinamica severa con basso rischio di

sanguinamento, le linee guida suggeriscono di somministrare il

trombolitico direttamente in arteria polmonare attraverso un catetere

arterioso (CDT). Questa tecnica offre dei vantaggi rispetto alla trombolisi

sistemica, il più importante dei quali è il minor rischio di sanguinamento

intracranico e gastrointestinale. Il trombolitico viene somministrato in

loco con un dosaggio di circa 1/3 della dose utilizzata per via sistemica.

In caso di alto rischio di sanguinamento che preclude la terapia

trombolitica, la rimozione del trombo in arteria polmonare può avvenire

mediante una tecnica meccanica di frammentazione tramite un catetere

particolare progettato per questo scopo. La frammentazione determina lo

spostamento distale del trombo che può essere aspirato e rimosso (9-10-

11-12-13).

In letteratura non ci sono ancora raccomandazioni sull’ utilizzo sia del

trombolitico per via sistemica nelle pazienti gravide nonostante siano

descritti case reports in cui questa terapia soprattutto se la paziente è in

arresto cardiaco prolungato o ad alto rischio di sanguinamento ha

migliorato la sopravvivenza materna (14-15).

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(12)

Nei pazienti con EP massiva ed instabilità emodinamica severa, shock

cardiogeno o in arresto cardiaco prolungato con controindicazione alla

trombolisi sistemica o fallimento degli interventi descritti sopra falliscono,

l’utilizzo della tecnica ECMO (Extra Corporeal Membrane Oxigenation) in

combinazione con o non l’ embolectomia chirurgica sono due interventi

che “devono” essere usati per migliorare l’ ossigenazione, la portata

cardiaca e raggiungere una stabilità emodinamica che riduca i danni

secondari da ipoperfusione sistemica.

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Nonostante le linee guida della Società Europea di Cardiologia del 2014

descrivano brevemente l‘utilizzo dell’ ECMO nel trattamento dell’embolia

polmonare massiva come un mezzo di supporto emodinamico e di ausilio

per l’embolectomia chirurgica e le linee guida CHEST 2016 per il

trattamento del tromboembolismo venoso non menzionino l’uso

dell’ECMO nell’ embolia polmonare massiva, in letteratura sono descritti

case report e piccoli studi in cui si dimostra una miglior sopravvivenza in

caso di EP massiva refrattaria al trattamento farmacologico sistemico o

loco-regionale.

L’ECMO può essere utilizzato come “ponte” per avere una stabilità

emodinamica temporanea che permetta di eseguire un trattamento

fibrinolitico o meccanico locoregionale ed un’eventuale embolectomia

chirurgica (17).

Per “ECMO” (Extra Corporeal Membrane Oxygenation) si intende una

tecnica di circolazione extracorporea che mette il cuore e/o i polmoni con

un’insufficienza severa a risposo, al fine di permettere all’organo malato

di recuperare la propria funzione, tramite ventilazione e ossigenazione e

sostituzione della gittata cardiaca. Dal punto di vista tecnico e pratico

esistono due tipologie di ECMO; l’ECMO-VV(veno-venosa) che permette

di sostenere la funzione polmonare tramite ossigenazione e ventilazione

del sangue, e l’ECMO-VA (veno-arteriosa) che permette sia di sostenere

la funzione polmonare (come nella forma VV) che di sostituire la funzione

della pompa cardiaca.

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A livello respiratorio le indicazioni classiche sono una insufficienza

respiratoria severa, con un grado di ipossia refrattario al trattamento

medico convenzionale massimale (compreso l’utilizzo di NO e decubito

ventrale se possibile).

A livello cardiaco si parla di ECMO-VA in caso di arresto cardiaco

refrattario con criteri precisi quali un no-flow inferiore a 3-5 minuti, un

low-flow inferiore a 100 minuti (dall’arresto all’inizio dell’ECMO), età

inferiore a 65 anni, ritmo cardiaco differente dall’asistolia, etCO2 > 10

mmHg (1.3 kPa). Tutte queste caratteristiche sono legate alla

sopravvivenza del paziente che viene a ridursi notevolmente dopo un

arresto di lunga durata, rendendo altamente futile l’inizio di un ECMO-VA.

Un’altra indicazione é l’embolia polmonare massiva con un paziente

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emodinamicamente instabile e/o con ipossiemia severa e/o con

controindicazione alla trombolisi, ma anche forme di shock cardiogeno

post-cardiochirurgia e/o post-STEMI, presenza di aritmie

maligne, intossicazione da medicamenti cardiotropi (anti-aritmici, beta-

bloccanti) e/o ipotermia severa (inferiore a 32°C).

Il sistema ECMO si struttura con una serie di materiali e componenti che

devono essere in grado di supportare il funzionamento cardiaco e

polmonare. Gli accessi (di cui parleremo meglio successivamente) devono

essere in grado di trasportare flussi di 3 l/mq/minuto, con SVO2 superiori

al 70%; i flussi dipendono dagli accessi vascolari, dalle resistenze dei tubi

e dalle proprietà della pompa sangue.

L’ECMO ha una struttura composta da una pompa rotativa centrifuga, di

cui si può regolare la velocità (in giri per minuto), un ossigenatore a

membrana (per il controllo dell’ossigeno e della CO2), un riscaldatore di

sangue (per il controllo della temperatura del paziente), ed

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una cannulazione periferica che può essere VV (tipicamente nella

giugulare interna destra o nella femorale oppure le due canale a livello

femorale) oppure VA (femori-femorale, axillo-femorale, atrio

destro/aorta).

La decisione di posizionare un paziente in ECMO deve tenere conto anche

delle possibili complicanze in quanto questa tecnica non è esente da

possibili seri rischi.

La complicanza più comune è il sanguinamento che si verifica nel 35% dei

pazienti, evento dovuto alla combinazione di più fattori tra cui

l’anticoagulazione sistemica per il buon funzionamento del circuito, la

trombocitopenia eparina indotta (HIT), la disfunzione piastrinica, e il

possibile sanguinamento nel sito d’ inserzione delle cannule.

L’ emorragia intracranica è la complicanza più temuta ed è solitamente

fatale. L’ECMO VA è stato associato ad un aumento di emorragie

polmonari.

La trombosi è un’altra complicanza fatale che può insorgere durante il

periodo in cui le funzioni respiratorie e/o circolatorie della paziente sono

sostenute dall’ ECMO, più frequente nel VA ECMO, si può manifestare con

ischemia arti inferiori con necrosi o stroke a livello cerebrale. In caso di

VV ECMO la trombosi può manifestarsi, se i trombi sono di dimensioni

sufficientemente grandi, come embolia polmonare e disfunzione cuore

destro (18-19-20).

La sopravvivenza dei pazienti in ECMO varia dal 30 al 75% circa e di questi

solo il 30-70% dei pazienti riescono ad esserne svezzati; il tasso di

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successo dipende in gran parte dalla curabilità della sottostante patologia

(20-21-22).

Quindi riassumendo, le potenziali indicazioni per posizionamento

dell’ECMO nell’ embolia polmonare acuta massiva sono:

Arresto cardiaco

Instabilità emodinamica severa/shock cardiogeno

Controindicazioni alla trombolisi

Fallimento trombolisi sistemica

Fallimento trombolisi locoregionale con aspirazione trombo

Ipossiemia severa (accompagnata da instabilità emodinamica) (22-

23)

CONCLUSIONI

L’embolia polmonare massiva ha un alto tasso di morbidità e mortalità.

Nei pazienti con embolia polmonare acuta che si presentano con

ipotensione severa/shock cardiogeno o in arresto cardiaco causato da

embolia polmonare acuta massiva è contemplato l’uso del trombolitico

per via sistemica. Pazienti ad alto rischio di sanguinamento o in quelli in

cui la trombolisi sistemica ha fallito, possono essere trattati con la terapia

trombolitica locoregionale tramite catetere in arteria polmonare.

Ovviamente deve essere disponibile l’esperto.

I risultati finali riportati da studi osservazionali randomizzati e

retrospettivi in pazienti con embolia polmonare acuta indicano che la

terapia trombolitica migliora il quadro emodinamico pagando però la

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possibilità di un maggior sanguinamento. Quindi in generale, solo i

pazienti nei quali è stata confermata la diagnosi di embolia polmonare

acuta massiva devono essere trattati con i trombolitici poiché gli effetti

avversi possono essere devastanti.

Il trattamento di questa patologia è multidisciplinare (anestesista,

cardiologo, cardiologo emodinamista, cardiochirurgo, perfusionista),

richiede approcci tempestivi (anticoagulazione) ed aggressivi

(anticoagulazione e trombolisi sistemica e/o locoregionale,

ECMO/embolectomia chirurgica) (12).

L’ utilizzo dell’ECMO nella gravida con embolia polmonare acuta non è

frequente ed è accompagnato da possibili complicanze sia per la madre

che per il feto come l’emorragia, l’emolisi o la trombosi. Attualmente non

ci sono linee-guida in letteratura che descrivano l’efficacia e la sicurezza

di questa metodica in questa popolazione.

L’ECMO, come molti case report descrivono, è uno strumento che può

essere utilizzato per fornire supporto temporaneo emodinamico e di

ossigenazione in coloro che permangono con una instabilità emodinamica

severa o hanno alto rischio di sanguinamento e quindi una

controindicazione ai trombolitici o hanno fallito tale terapia, o

permangono in uno stato grave ipossiemia. L’ ECMO può essere utilizzato

come “ponte” per un’eventuale trombolisi locoregionale o meccanica ed

embolectomia chirurgica se necessaria per la sopravvivenza del paziente.

(24)

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