SOGNARE DI DIVENTARE IMPRENDITORI : CHI ANCORA SOGNA E CHI ... · determinare gli obiettivi che...

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SOGNARE DI DIVENTARE IMPRENDITORI : CHI ANCORA SOGNA E CHI CI E’ RIUSCITO iis Cossatese e Vallesa 03 - 2018

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SOGNARE DI DIVENTARE IMPRENDITORI :

CHI ANCORA SOGNA E CHI CI E’ RIUSCITO

iis Cossatese e Vallestrona 03 - 2018

In economia con il termine startup, letteralmente “neoimpresa”, si identifica l'apertura di un'impresa, seguita da tutti i processi organizzativi del caso. Alcuni ragazzi delle classi 3A, 3B, 3D e 4A hanno preso parte, supportati dal professor Rossetto, ad un progetto di alternanza nazionale, a cui la scuola ha aderito, denominato “La tua idea d’Impresa.” Si tratta di un percorso sponsorizzato da Confindustrai e finalizzato allo sviluppo di una conoscenza del funzionamento di un’impresa. La parola d’ordine è unire creatività e tecnologie innovative. Le grandi, medie e piccole imprese, alcune high-tech e molte mid-tech, sono in grado di compiere un autentico salto di qualità grazie a un vasto progetto di cooperazione tecnologica e di diffusione dell’innovazione digitale. A questo proposito l'Unione Industriale di Torino insieme alle aziende dell'ICT (Information and Communications Technology) e il Digital Innovation Hub Piemonte organizzeranno un convegno dedicato al tema della trasformazione digitale il 6 febbraio. Il percorso di alternanza prevede un periodo di formazione

on-line tramite alcuni tutorial in abbinamento a delle dispense scaricabili e dopo il periodo di formazione agli studenti verrà chiesto di sviluppare la propria idea dalla fase di progettazione alla stesura del Business Plan*. Giovedì 18 gennaio i ragazzi che hanno preso parte al progetto, si sono recati a Biella presso la sede dell’Unione Industriale Biellese. Qui il signor Raviol, formatore del Gruppo Intesa San Paolo, ha tenuto una lezione di circa quattro ore durante la quale ha spiegato i concetti e i segreti che si nascondono dietro al business plan che è proprio ciò che gli studenti dovranno produrre. Non solo quindi avere un’idea, ma pianificarne la realizzazione. Qui sotto vi raccontiamo cosa hanno pensato. Oltre a questo, i ragazzi dovranno anche realizzare un video-spot del loro prodotto e o servizio.   *il business plan è il documento di pianificazione che serve per determinare gli obiettivi che l'imprenditore vuole raggiungere con la sua nuova impresa.  

Giovani creatori di Start-Up

Piattaforma MID - Un aiuto per chi ha bisogno di

Il primo gruppo di lavoro ha intenzione di sviluppare il progetto di una piattaforma chiamata MID (mutuo insegnamento digitale) in cui sarà possibile connettere

studenti e professori anche da casa, attraverso messaggi e videochiamate in Voip. Questa metterà quindi in contatto un alunno con un professore, che potrà dare lezioni e rispondere alle domande, o un alunno assente con la propria classe. Inoltre sarà possibile accedere anche a contenuti digitali come appunti e audio-lezioni. Il progetto della piattaforma MID è stato pensato al fine di migliorare il mutuo insegnamento classico rendendolo digitale. In questo modo sarà più pratico e contribuirà a migliorare la formazione degli studenti che, in alcuni casi, avranno la possibilità di seguire le lezioni da casa. Infine i ragazzi dovranno promuovere l’applicazione mostrandone il bilancio e vendere la piattaforma alle scuole.

Timeet - vivacizza il tuo tempo libero

I “non c’è due senza tre 2.0” hanno le idee chiare. La loro idea d’impresa è rivolta ad un qualunque tipo di pubblico e potrebbe modificare la visione della nostra “noiosa” realtà territoriale. Si chiama Timeet ed è un’applicazione che offre, a ciascuno di noi, la possibilità di mettersi in relazione con il resto della società per creare eventi. Grazie a Timeet incontrare persone con le medesime passioni ed

interessi non è mai stato così semplice ed immediato. In base a ciò che si intende fare, l’app offre la possibilità di organizzare eventi con coloro che fanno parte della nostra rubrica personale, delle amicizie sui social o addirittura con completi sconosciuti che potrebbero diventare veri e propri amici con i quali condividere il proprio tempo libero.

Sara B.

Ermal Meta e Fabrizio Moro vincono il Festival di Sanremo 2018. Meno male, altrimenti l'anno prossimo ci ribeccavamo la stessa canzone per la terza volta.

Dal semplice luogo di ritrovo, al lancio di un vero e proprio evento studiato nei minimi dettagli, Timeet ti permetterà di diventare sia partecipante sia organizzatore.

In base alle informazioni personali che si riportano al momento dell’iscrizione all’applicazione, Timeet sarà in grado di smistare ed

elencare gli eventi più adatti a te, rendendoti più semplice la gestione del tuo tempo libero. L’app inoltre offre, attivando la propria posizione o digitando nell’apposito campo un luogo, la possibilità di accedere agli eventi nella zona. I ragazzi ideatori di questa startup ritengono sia importantissimo rivalutare e valorizzare un territorio come il biellese, dove spesso la presenza di eventi non viene pubblicizzata abbastanza, se non per passa parola o con qualche sporadico post sui social. Timeet è quindi un’applicazione innovativa e alla portata di tutti, importante ora più che mai per far sì che il territorio che si credeva perduto riacquisti nuovo valore.

Biella + fantasia = nuove imprese

Ilaria

Ai sogni dei nostri studenti si affianca la realtà di tanti Biellesi che hanno avuto un’idea, ci hanno creduto e hanno lavorato per realizzarla. Allevare Alpaca, creare un punto d’incontro in cui solidarietà e creatività si uniscono,

vendere Mariujana in una città tradizionalista, coltivare antiche patate dimenticate in montagna. Possono tutte sembrare idee un po’ assurde, ma hanno una cosa in comune. Per il momento funzionano.

Come sono arrivati gli alpaca a Vallemosso?

Esiste una soluzione alla crisi? Mancano pochi mesi alle elezioni e, fra promesse di soluzioni strutturali e sogni di nuovi posti di

lavoro, c’è chi si è affidato alla creatività e ha iniziato a costruire un futuro inventandosi nuove occupazioni. È il caso di una coppia di Valmossesi che per primi, nel 2009, hanno introdotto l’allevamento di alpaca nel nostro territorio. Per saperne di più, abbiamo deciso di intervistarli.   In che cosa consiste il vostro lavoro? Il nostro progetto consiste nel creare una filiera a chilometro zero, completamente naturale e tracciabile, dall'animale al prodotto finito.   Da cosa è nata questa idea? Un po’ per gioco, un po’ per la volontà di recuperare terreni inutilizzabili a causa dell'impervietá dei pendii del territorio pedemontano , un po’ per riscoprire le tradizioni di un tessile andato perduto, il tutto condito da un'insaziabile passione per gli animali.   È stato difficile conquistare una fetta di mercato o i clienti hanno risposto subito positivamente?  Nel nostro territorio, purtroppo, non si è mai dedicato molto

spazio a queste attività, né agli albori, né al giorno d'oggi. All'estero, invece, il nostro progetto ha da sempre riscosso molto successo, fin dal primo momento nel quale ci siamo affacciati sul mercato, soprattutto in Francia.   La vostra idea si potrebbe ampliare e creare ulteriore occupazione? Sicuramente sì, ma non si tratta di un lavoro che tutti sarebbero disposti a fare. Impone grandi sacrifici: gli animali non conoscono festività, malattia o svogliatezza. Come direbbero Fedez e J-AX, è “un lavoro straordinario ma che impone straordinari”.    Quanto coraggio ci vuole per decidere di percorrere questa strada? Molto. C’è un momento nel quale devi scegliere se continuare a fare un lavoro definito “normale” o buttarti a fare qualcosa di inedito. Ma forse più che di coraggio bisognerebbe parlare di azzardo. Bisogna azzardare, ma con cautela: qualsiasi cosa implica delle difficoltà, che devono essere messe in conto, pur senza esserne troppo vincolati.   Quali sono i vostri tre consigli per chi avesse un'idea che gli frulla per la testa e volesse realizzarla? Prima di tutto, occorre valutare la fattibilità dell'idea che si ha in mente: a volte un sogno, per quanto bello possa essere, ci appare realizzabile, anche se, di fatto, non lo è. In secondo luogo, lavorare con passione. Senza la passione per il proprio lavoro, non si va da nessuna parte. E per ultimo, ma non per importanza, non lasciarsi abbattere dagli iniziali fallimenti, se in mente si ha una buona idea, lavorando sodo i risultati non tarderanno ad arrivare.

Ma come gli è venuto in mente, alle Due Coree, di fare il disgelo durante le Olimpiadi Invernali?

Malvarosa - una bella storia bielleseMalvarosa è un bar aperto l'estate 2017 a Lessona con l'intento di integrare ragazzi con handicap a ragazzi normodotati nel mondo del lavoro. Questo bar, nato dalla ristrutturazione di uno stabile donato dal Comune, è oggi un affollato centro di incontro. Oltre al consueto servizio bar, offre aperitivi, serate di musica, cene. Il bar si sviluppa su due piani: bancone bar a quello inferiore e tavolini con vista sulla piazza su quello superiore che oltre a ciò ospita l'enoteca gestita dal signor. Graziola. Ma non è finita qui: Malvarosa è un’iniziativa che sogna in

grande e continua ad innovarsi, per questo ha deciso di organizzare un corso di cucina per bambini che ha riscontrato numerosissima partecipazione. Inoltre è custode delle biciclette affittabili di Lessona. Questo bar perciò non è un semplice posto dove bersi un buon cappuccino, ma è un luogo di incontro, di innovazione.

Ci siamo fatti raccontare come è nata da Fioretta Clerico, una delle promotrici del progetto.

Dove innovazione fa rima con inclusione

Da cos'è nata quest'idea?   L'idea del ristorante nasce dal fatto che i ragazzi che fanno parte della Polisportiva Handicap Biellese mano mano con gli anni erano cresciuti: non erano più ragazzini e da un po' si pensava di creare per loro un qualcosa che occupasse il loro tempo libero. Infatti finita la scuola mancano gli appoggi ed il lavoro qui era difficile da trovare per chiunque; inserire un ragazzo con disabilità è doppiamente difficile quindi questi ragazzi restavano relegati in casa. L'idea è venuta proprio per questo, ci sembrava giusto dare loro un'opportunità di inserirsi nel mondo del lavoro per avere un ruolo sociale.   È stato difficile realizzare questo progetto? I clienti hanno risposto positivamente?   All'inizio non è stato così difficile perché la struttura ce l'ha data in comodato d'uso gratuito il comune, quindi non avevamo la spesa iniziale dell'acquisto, però abbiamo avuto tante spese per la ristrutturazione di questo stabile perché non era in condizioni di essere utilizzato immediatamente. Le difficoltà sono state solo nel reperimento delle risorse necessarie ma con diverse

iniziative, la partecipazione a bandi e un finanziamento presso le banche, siamo partiti, anche un po' all'avventura perché non avevamo ben chiaro dove andavamo a parare come investimento economico. Però poi piano piano abbiamo visto che ce l'avremmo fatta e avendo creato una bella aspettativa ai ragazzi non potevamo mollare. I clienti hanno risposto benissimo subito. C'era la voglia di venire a vedere, la curiosità che con il tempo si è trasformata in voglia di venire e vedere i ragazzi all'opera e dare loro la possibilità di lavorare. I clienti vogliono essere serviti dai ragazzi, non importa se devono aspettare qualche minuto in più (perché loro sono un po' più lenti), c'è veramente una dimostrazione di affetto da parte di tutti e chi passa ritorna per rivederli, trovarli, per creare un legame.   Quanto coraggio ci vuole per innovare?   Tanto, di questi tempo ci vuole molto coraggio, non lo dico per presunzione mia personale ma ci vuole veramente molto coraggio perché se si comincia a pensare a tutto quello che segue e l'impegno economico che comporta ci si scoraggia, però si fa perché si crede nel futuro e non si molla perché mancano i soldi, si cerca in tutti i modi di andare avanti. Questo è un progetto che si autofinanzia perché lavorando i ragazzi comunque producono un reddito.   Hai dei consigli da dare a chi volesse concretizzare un'idea innovativa che gli frulla in testa?   I consigli per chi volesse avventurarsi in progetti del genere sono quelli di: partire con determinazione, perché se si parte titubanti non si va da nessuna parte; non lasciarsi abbattere da tutte le difficoltà che vengono fuori burocraticamente (la parte pratica si risolve, la parte burocratica invece a volte affossa tantissimo, ma non bisogna lasciarsi abbattere). Bisogna avere molto entusiasmo e vedere la fine prossima del progetto che motiva alla realizzazione dell'idea.

Ho chiesto a mio marito cosa vuole per San Valentino. Mi ha strizzato l’occhio. Gli ho regalato un collirio.

Sara P.

Il 3 dicembre dell'anno appena passato a Biella, lungo via Italia, per i più curiosi al numero 71, nella zona della “movida” biellese , ha aperto un curioso negozio di marijuana, primo in città e trentunesimo in Italia.

Il negozio vende esclusivamente prodotti legali ed alcuni terapeutici, i quali hanno un valore di Thc (il principio attivo della Marijuana) inferiore allo 0,6%, che è il limite consentito dalla legge.

Incuriositi dal coraggio di aprire un'attività di questo tipo abbiamo intervistato Cristina Chiaverino, titolare del “Cannabis Store Amsterdam”

Come è nata questa idea?

L'idea è nata guardando un servizio su Sky che parlava di questa marihuana legale a scopo terapeutico e da lì siamo partiti, ci siamo informati. Abbiamo preso informazioni su quali sarebbero state le possibilità,i franchising e cosi abbiamo aperto il nostro negozio "Cannabis Store Amsterdam “.

E’ stato difficile conquistare una fetta di mercato o i clienti hanno risposto subito positivamente?

Non è stato troppo difficile conquistare una fetta di mercato perchè il pubblico era già abbastanza sensibilizzato. L'idea è piaciuta da subito, la stampa è stata favorevole alla nostra idea e ci ha aiutato ad

evidenziare la vendita di soli prodotti legali, tra questi anche alcuni terapeutici. Il pubblico ha risposto bene e dobbiamo dire che continua a farlo.

La sua idea si potrebbe ampliare e creare ulteriore occupazione?

Certo! La nostra idea applicata anche ad altri Shop, altre idee collaterali della coltivazione e della lavorazione di prodotti legali, potrebbe creare della nuova occupazione.

Quanto coraggio ci vuole per innovare?

Ci è voluto molto coraggio per innovare, soprattutto in una città come la nostra, Biella, però noi ci abbiamo provato ed oggi siamo molto felici e soddisfatti.

Quali sono i suoi tre consigli per chi avesse un’idea che gli frulla per la testa e volesse realizzarla?

Forse io non sono la persona in grado di fornire qualche consiglio, ma per quanto riguarda la mia esperienza posso dire che se si ha l'entusiasmo, la voglia di fare, la buona volontà, il buon senso e la spinta per partire, sicuramente la fetta di mercato può esserci.

Vendere Marijuana in via Italia? Fatto!

Una passione per la patata di montagna

Ad inizio Febbraio gli studenti iscritti al percorso CAI di ASL hanno incontrato Federico Chierico, un giovane imprenditore di Gaglianico. Dopo aver studiato fisioterapia e aver iniziato ad esercitare la professione Federico ha capito che la sua strada era un’altra e ha guardato verso la montagna, prima come guida, poi come coltivatore di prodotti della tradizione alpina, in particolare patate. Così ha iniziato a coltivarle in val D’Ayas mischiano la voglia di recuperare qualcosa di dimenticato e la conoscenza della storia antica con business plane ed e-commerce. Un imprenditore che vale la pena ascoltare.

Come è nata quest’idea?

L’idea è nata da un’evoluzione di varie cose: sono partito laureandomi in fisioterapia ma dopo aver lavorato un po’ di

anni mi sono reso conto che non era quella la cosa che volevo veramente fare nella vita. Così ho deciso di seguire la mia vera vocazione: la montagna. Ho lasciato il lavoro e mi sono ri-laureato, prima in scienze e cultura delle alpi e poi in guida escursionistica, non avendo ancora bene in mente come avrei realizzato il mio desiderio di vivere in montagna e di montagna. Poi arrivò l’occasione di partecipare ad un bando che, avendolo vinto, mi permise di gestire un piccolo parco naturale nella riserva naturale del monte Mars; solo lì capii che io volevo fare l’agricoltore. Così, dopo un po’ di tempo mi sono spostato (assieme a mia moglie) a Fontainemore dove è partita l’attività. Oggi, grazie alle terre messe a disposizione da Federico Rial, un ragazzo con la mia stessa passione, l’azienda si è stabilita a Gressoney, dove coltiviamo un ettaro e mezzo di patate e 3500 metri quadrati di orto.

Malvarosa Nasce dal nome alla "napoletana" del gernanio rosa utilizzato in cucina per la preparazione di dolci. Quest'erba, viene nominata in una

canzone napoletana intitolatati “I Ti vorria vasa'“ che inizia dicendo “Ah! Che bell'aria fresca... Ch'addore e' malvarosa…”ad indicare l'importanza del fiore e del suo particolare profumo.

Voi scherzate e ridete, ma il vincitore di Sanremo2018 sarà sicuramente migliore di quello del 4 marzo.

Sara B.

Sara P.

La ricerca delle varietà antiche invece è iniziata perché io volevo coltivare qualcosa della montagna. Purtroppo però non trovai grandi risposte negli allevatori e nei contadini a cui chiesi informazioni riguardo tali varietà. Finché un giorno, andai a comparare delle castagne per mia figlia da una signora di Fontainemore. Questa signora non sposata di nome Rina, iniziò a raccontarmi del rapporto intimo che c’è fra le varietà antiche e le persone. Dico non sposata perché le donne non sposate sono quelle più legate al passato, quelle che più degli altri conservano le cose di famiglia. Successivamente Rina iniziò a far passa

parola e grazie a lei abbiamo trovato 13 varietà di fagioli Valdostani uniche, che perfino alcuni collezionisti ci confessarono di non aver mai visto. Certo è che questi semi sono un patrimonio unico ed intimo per le persone, perciò sono da trattare con rispetto. Quello che vogliamo fare noi non è mercificare questi semi e mettergli un’etichetta, bensì valorizzare questo patrimonio e fare in modo che non scompaia per sempre.

E’ stato difficile conquistare una fetta di mercato?

Al giorno d’oggi, come lo è sempre stato, il mestiere di contadino è considerato squalificante; ma non è vero. Dobbiamo smettere di credere che il contadino sia l’ultimo della scala sociale, quello che lavora come un matto e guadagna poco niente. Quello che fanno i contadini, quello che faccio io, è produrre del cibo che è una cosa bellissima, io sono orgoglioso di fare il mio mestiere, ma purtroppo oggi il cibo sta sempre più perdendo valore ed è per questo che con i nostri progetti stiamo cercando di restituirgliene un po’. Perché il cibo è, prima di tutto, un piacere della vita e poi è quella cosa che ci fa stare vivi perciò non possiamo portare in secondo piano li cibo rispetto agli altri beni di consumo. Ciò che è stato difficile in questo cammino verso l’agricoltura inizialmente è stato il non sentirsi appoggiato nelle mie scelte (prima dell’arrivo di mia moglie) e poi i discorsi delle persone che ci dicono che noi siamo d’elite e che ciò che facciamo segue la moda. Punto primo noi non siamo d’elite: una persona in Italia acquista ortaggi al supermercato per questioni culturali e

non economiche, punto secondo ciò che facciamo è da considerarsi una presa di coscienza, non una “moda”. Perciò sì, è stato difficile ed è difficile anche oggi perché cambiare la mentalità e l’approccio che si ha con il cibo non è una cosa semplice. Ma noi continuiamo a provarci e a sostenere i nostri progetti e il nostro coltivare al 100% naturale con i prezzi che giustamente ne conseguono.

Quanto coraggio ci vuole per innovare?

Tanto, ci vuole tanto coraggio. Come ho già detto all’inizio per me non è stato facile lasciare tutto per seguire il mio sogno, ho incontrato la disapprovazione di tanti. Però ho continuato, e anche grazie ad un pizzico di fortuna, che nella vita non guasta mai, da una cosa sono passato ad un’altra ed un’altra ancora e, un po’per gioco, sono arrivato a vivere di montagna come volevo io. Certamente non ho fatto tutto da solo., perché da soli è difficile fare qualcosa di grande. Ho incontrato delle persone che mi hanno aiutato molto in questo progetto e senza di loro non avrei mai potuto realizzare il mio più grande desiderio.

Quali sono i tre consigli che daresti a chi ha un’idea in testa e vorrebbe realizzarla?

I consigli che do a tutti colori che avessero un’idea o un sogno che vogliono realizzare è prima di tutto di indagarsi. Fermarsi a farsi delle domande per capire cosa vogliono davvero fare nella vita e poi fare quello che gli piace; perché quello che faranno nella vita lo faranno tutto il giorno tutti i giorni perciò dev’essere una cosa che gli piace fare per davvero! Io e i miei colleghi abbiamo iniziato questo progetto per gioco, chi inizia per gioco un qualcosa significa che lo fa perché gli piace e non perché ci deve vivere, il che significa che probabilmente la farà bene. Inoltre, in alta stagione, capita che lavoriamo 12-13 ore al giorno, ma questo non ci pesa, perché facciamo quello che ci piace fare. Una volta trovata la propria vocazione, bisogna seguirla e formarsi al massimo, sfruttando tutti gli strumenti che il mondo ci offre per fare al meglio la nostra parte nel fare ciò che ci piace.

UN SITO PER CAPIRE MEGLIO

L’azienda di Federico si chiama Paysage a Manger e si presenta in un bel sito all’indirizzo http://www.paysageamanger.it/

I 4 soci si presentano così al navigatore. “Rita, Roberto, Emanuele e Federico sono i 4 amici che si sono messi in gioco convinti che questo territorio tanto affascinante quanto difficile e severo, possa oggi come in passato donare prodotti di altissima qualità a chi si impegna a conoscerlo, scoprirlo e coltivarlo.”

Poi tante foto, storie ed immagini per approfondire.

 

Puoi chiamarlo Assistente di Volo e Steward, tanto fa l’Hostesso.

ESSERE O APPARIRE?

Fast fashion come stile di vitaDa non molto tempo siamo soliti usare l'espressione “fast fashion”, ovvero “moda veloce”.

Ma di cosa si tratta esattamente?

Il fast fashion è un settore dell'industria dell’abbigliamento che produce abiti ispirati all'alta moda, quelli che vediamo nelle grandi sfilate di Milano o New York, ma con una differenza sostanziale: il prezzo.

Se, infatti, questi ultimi sono destinati ai pochi che se li possono permettere, gli indumenti della cosiddetta “fast fashion” sono molto più accessibili al grande pubblico. Questo è dovuto principalmente al fatto che gli abiti sono prodotti da una manodopera sottopagata e al limite dello sfruttamento, in fabbriche che non rispettano le norme vigenti in fatto di sicurezza (basti pensare al crollo del Rana Plaza a Dacca, Bangladesh, un imponente edificio di nove piani dentro il quale erano presenti moltissimi lavoratori di manifattura tessile, che collassando causò la morte di più di 1000 operai). Essendo le fabbriche localizzate spesso in paesi asiatici, una buona fetta dei lavoratori è costituita da bambini e donne, che vengono sfruttati ancora in modo maggiore: i primi spesso per le potenzialità delle loro piccole mani che riescono ad arrivare in posti in cui quelle adulte non arriverebbero, le seconde invece, vengono pagate meno della metà di un uomo adulto a causa dell'assenza di diritti in grado di tutelarle e della forte discriminazione ancora presente ai giorni nostri.

Bisogna anche ricordare la scarsa qualità delle materie prime con le quali questi indumenti vengono prodotti e il fatto che siano prodotti in serie: questo fa sì che l'abito venga interamente confezionato grazie all'ausilio di macchine, che non possono eguagliare la mano umana in fatto di precisione: quante volte ci è capitato di trovare un orlo cucito in malo modo?

La fast fashion si caratterizza anche per il breve tempo in cui i suoi abiti sono destinati ad essere rinnovati. Per spiegare questo dobbiamo guardare da due prospettive diverse: una più materiale e concreta e un'altra, che va vista più come un fatto “mentale”. È sì vero che i nostri vestiti vanno cambiati molto spesso a causa della loro scarsa qualità che li porta a deteriorarsi in tempi molto

brevi (non a caso i grandi brand fast fashion, quali H&M o Zara, propongono più di 10 collezioni l'anno) ma è anche vero che ai giorni nostri siamo continuamente ossessionati dalle novità. Se un capo andava di moda lo scorso inverno, non possiamo di certo aspettarci che lo sia anche questo. Già alla fine dell’800 il fenomeno della moda è stato oggetto di studio da parte del sociologo tedesco Georg Simmel nella sua opera “La moda” pubblicata nel lontano 1895. Secondo lo studioso, già allora esistevano nella nascente società capitalista due condizioni essenziali per la nascita e lo sviluppo della moda: il bisogno di conformità e il bisogno di distinguersi. Ancora oggi, infatti, in primo luogo sentiamo forte il bisogno di sentirci parte di una società, quindi omologarci per non rimanere esclusi da un gruppo, e in quale modo migliore possiamo mostrare la nostra appartenenza ad un giro di amicizie se non con la moda, col nostro modo di vestirci, che in questo contesto risulta solo un semplice apparire agli altri? D’altra parte, però, come sottolineava Simmel, la moda non è solo imitazione dello stile di qualcun'altro, ma rappresenta anche la possibilità di distinzione. È quello che principalmente cerca di fare l'alta società (le mode fast sono spesso frutto della copia di un outift di un qualche personaggio celebre), che acquistando gli abiti della “slow fashion”, “moda lenta”, cerca di distinguersi da quella grande massa che è il popolo. Ma perché solo le classi sociali più agiate riescono a distinguersi? Be', come già accennato prima, si tratta principalmente di una questione puramente economica: non tutti riescono a permettersi gli abiti disegnati dalla mano di stilisti che sono destinati ad essere unici, con poche, o addirittura zero, copie nel mondo. Qui le materie prima sono di ottima qualità e gli indumenti, come già detto, non vengono prodotti in serie con l'utilizzo di macchinari, ma da sarti in carne ed ossa. Questo fa sì che i vestiti non siano destinati ad essere rinnovati in tempi brevi (le collezioni sono infatti solitamente due: autunno/inverno e primavera/estate) e che si punti sul cosiddetto “pochi ma buoni”: pochi abiti ma di ottima qualità che sono destinati ad essere atemporali, a non passare mai di moda e a durare nel corso degli anni.

La moda in sé sembra quindi più un modo di apparire agli occhi di chi ci guarda, sia che si tratti di mostrare il nostro status sociale attraverso abiti firmati, la nostra appartenenza ad un gruppo o, al contrario, la nostra voglia di distinguerci per diventare noi stessi fonti di ispirazione per gli altri, e non come un modo di essere, di esprimere la nostra personalità attraverso il vestiario. Quante volte, infatti, al momento dell'acquisto di un capo d'abbigliamento pensiamo “questo lo indossa anche Chiara Ferragni, lo devo assolutamente avere” o “questo invece l'ho già visto addosso a troppe persone” e non ci chiediamo “ma questa maglia mi piace davvero?”

Si chiamano forbici, ma si possono usare anche in macchina e in treno.

Alice A.

Alla ricerca di una Netiquette

"La tecnologia ha cambiato il nostro modo di comunicare": penso che questa sia una delle frasi che ho sentito più pronunciare nella mia vita, e, personalmente, come molti di voi credo, la trovo ripetitiva e noiosa. Insomma, sono nata con la telecamera di papà puntata addosso, sono cresciuta pasticciando su Paint, poi crescendo ho passato ore intere su MSN e adesso rimbalzo da Instagram a Snapchat: perchè gli adulti tentano di mettermi in allerta ribadendo quanto la vita si sia modificata negli ultimi 20 anni? Il fatto é che non riesco proprio a comprendere questo cambiamento, e la causa é palese: non l'ho vissuto. Non ho idea di che cosa voglia dire passare una giornata senza internet, come non ho idea di cosa voglia dire perdersi senza avere un cellulare con sè; tuttavia, considero questa situazione come un vantaggio. Io e i miei coetanei sappiamo abilmente destreggiarci tra le infinite possibilità del web, ne conosciamo i pregi, come anche i rischi: la maggior parte degli adulti invece, non si è ancora abituata a questo nuovo mezzo, o meglio, non ha ancora capito come usarlo bene.

Un esempio sono quei parenti che inviano costantemente a tutta la rubrica catene con presagi di malattie e morte: l'unico risultato che ottengono sono l'irritazione dei destinatari e tanti "visua".

Più visibili, e più discutibili, sono alcuni atteggiamenti di personaggi famosi o importanti: pensiamo a Fedez e Chiara Ferragni, che ci intrattengono mostrandoci in tempo reale le ecografie del futuro nascituro, oppure pensiamo a Donald Trump, che lancia affronti mica da ridere a Kim Jong-un, affermando che il suo pulsante è più grosso e più potente; e perché non citare la discussione che sta animando scuole e rispettivi sindacati, riguardo a possibili divieti ai professori di chattare con gli alunni.

Per questi e altri esempi, per i quali si sta cercando di stabilire il limite tra decenza ed esagerazione, sta diventando sempre più comune il termine netiquette, dall'inglese network (rete) unito al francese étiquette (buona educazione), ovvero il complesso di regole di comportamento a favore del reciproco rispetto tra gli

utenti del web. In realtà, il galateo informatico ufficiale è stato fissato nel 1995, ed una sua infrazione é punibile come reato o attraverso l'esclusione da gruppi chat; nonostante ciò, a questo si vanno aggiungendo mano a mano tante regole dettate dal buon senso, che si conformano al tipo di sito o applicazione e agli aggiornamenti.

Tra questi principi, troviamo ad esempio, la buona abitudine di inserire sempre l'oggetto nelle email, oppure, l'evitare di rimproverare persone per i loro errori grammaticali, anche se sarebbe carino da parte loro rileggere i messaggi e non commettere strafalcioni.

I più interessanti sono però quelli riguardanti le singole applicazioni: su WhatsApp, sarebbe buona norma avvertire se non si può rispondere ad un messaggio ormai aperto, perché visualizzare e non rispondere può offendere o suscitare preoccupazione (capito, mamma?); sempre nel social di chat, sarebbe opportuno chiedere il permesso prima di inviare multimedia, perché questi potrebbero consumare i dati del destinatario, e anche lasciare un messaggio di addio prima di abbandonare un gruppo, addirittura in privato all'amministratore se necessario. Alcune di queste norme, devo ammettere, stupiscono anche me, per l’eccessiva attenzione al "bon ton". Penso anche però che la creazione di questa regolamentazione si è dimostrata e si dimostra sempre più necessaria in un mondo dove tutti siamo talmente parte costituente del web, al punto che è normale guadagnare postando foto di maglioncini dei figli oppure scambiarsi dichiarazioni politiche a colpi di tweet: resta però da capire dove si traccia il confine tra pubblico e privato, tra adeguato e fuori luogo, e forse, in questo, la netiquette ci può aiutare.

TEST E tu, pensi di rispettare le regole non scritte del web?

Rispondi a questo veloce test e scoprilo. 1) Hashtag sotto le foto di Instagram: A. Ne metto un paio, inerenti alla foto, magari anche divertenti. B. Non li uso. C. Ne metto il piú possibile, per ricevere piú like. 2) Quando gioco su Facebook: A. Mando le notifiche di inviti per l'applicazione solo agli amici che so poter essere interessati al gioco. B. Non gioco su Facebook. C. Mando le notifiche a tutti i contatti: è molto meno impegnativo! 3) Sui social: A. Posto contenuti abbastanza di frequente, variando i soggetti/gli argomenti. B. Condivido post solo una volta ogni tanto. C. Posto almeno due volte al giorno qualcosa che ha a che

"Il fascismo in Italia è morto per sempre". Sì, e la mafia non esiste, i ristoranti sono pieni, Andreotti era una brava persona e Ruby è la nipote di Mubarak.

Aurora

4) Se ho appena finito di guardare una serie tv: A. Commento in modo generale sui miei social, mettendo like a post non troppo espliciti. B. Non penso subito a commentare sul web. C. Commento tutti i dettagli, soprattutto dicendo quanto il fatto che Derek sia morto all'ultimo minuto sia inaccettabile! 5) Sei a conoscenza del fatto che un contenuto può causare problemi a chi lo riceve, bloccando le applicazioni del telefonino e tutto il suo sistema cosa fai? No, qui le alternative sono inutili: ovviamente puoi solo astenerti da inviarlo.

RISPOSTE Maggioranza di risposte A: Sei un "netiquetter" provetto! Usi il social al meglio secondo le sue funzionalità, ma al tempo stesso rispetti le regole fondamentali. Maggioranza di risposte B: Non sfrutti al meglio ció che il social ti puó offrire, ma non dai comunque fastidio a nessuno. Maggioranza di risposte C: I tuoi follower probabilmente ti hanno maledetto un paio di volte ciascuno! Informati sui comportamenti piú adeguati da avere sul web e cerca di metterli in pratica.

Scambio di una settimana nel ‘Paese’ senza tempo

Macedonia is timeless: questa è la frase che ci è stata ripetuta per una settimana, e che noi abbiamo imparato a capire sempre più in profondità, giorno dopo giorno. La mattina del 10 dicembre io e i miei 4 compagni di viaggio siamo partiti un po’ allo sbaraglio, accompagnati da un grande punto interrogativo che ci portavamo dentro da quando il prof. Titin ha proposto agli studenti di quinta di candidarsi per uno scambio europeo in Macedonia,

organizzato dall’associazione torinese Eufemia. La proposta mi affascinava particolarmente: sentivo che un’esperienza del genere, in un anno decisivo come questo, mi avrebbe permesso di conoscere più a fondo il mondo che mi circonda ed anche me stessa. E inoltre non sapevo assolutamente nulla sulla Macedonia, perciò ho pensato che soggiornarvi per una settimana sarebbe stato un ottimo modo per uscire dal mio “guscio” e conoscere una realtà diversa dalla mia. Le aspettative si sono realizzate, sia a proposito del Paese che dei partecipanti, che presto sono diventati i miei compagni di viaggio e i miei amici: giorno dopo giorno, attraverso le attività e il tempo passato assieme, abbiamo scoperto un pezzo dell’altro, un pezzo della sua cultura e della sua formazione. Abbiamo avuto l’enorme fortuna di entrare sempre di più all’interno di contesti lontanissimi da quello in cui noi viviamo, e di capire quanto siano grandi e possibili le opportunità che il mondo ci offre. Mi sono rivista negli occhi degli altri, nelle loro storie e nelle loro passioni, e per questo non posso fare altro che ringraziare l’associazione Eufemia, l’associazione RROMA che ci ha ospitato e i miei amici, che mai dimenticherò.

L’anno dei diciotto

Sembra passato pochissimo dal giorno in cui festeggiavo soffiando su diciassette candeline, se teniamo conto che sono nata a settembre era veramente ieri, ma nella mia testa è già passato un anno e, sempre stando al mio personalissimo calendario, domani compirò diciotto anni.

Diciotto anni. Ripeterlo mi fa uno strano effetto, è come se io ancora non lo avessi realizzato. Diciotto anni li vivi una volta sola. Diciotto anni li brami dal giorno, quel maledetto giorno, in cui per la prima volta i tuoi genitori ti hanno proibito un qualcosa con la frase: “Quando sarai più grande, quando sarai maggiorenne”. Diciotto anni sono il

Lei voleva una storia d'amore come nei lm.... Lui la lasciò dopo 120 minuti.

Anna

Sara B.

Siamo tutti Itagliani

Ma sappiamo tutti l’italiano (non itagliano)?

Ogni anno una quarantina di studenti prende parte alle Olimpiadi Italiano e deve superare una serie di prove per dimostrare le proprie competenze. Che prove devono affrontare e voi come ve la sareste cavata.

Vi proponiamo tre esercizi delle Olimpiadi di quest’anno. Provate a risolverli e poi controllate dove si colloca il vostro livello di competenze.

1. Scegli la parola scritta in modo corretto. (1/2) a. Anche le albicocche, come molti altri frutti, possono essere conservate [essicate / essiccate].

b. L'altro giorno, al ristorante, il comportamento di Maria Grazia è stato talmente maleducato da lasciarmi [esterrefatta / esterefatta]. c. Tuo fratello progetta continuamente scherzi ai danni di tutti i nostri amici; ha un ingegno così [machiavellico / macchiavellico] che a volte mi spaventa. d. Per quanto prima di ogni lezione la facciamo [areare / aerare], la sala in cui si tengono le lezioni di yoga puzza spaventosamente. e. Il discorso di chiusura del professor Rossi, al convegno, è stato noiosissimo: di lunghezza infinita e [rindondante / ridondante] di elogi e plausi a tutti i suoi colleghi.   2. Completa le parole di questi due testi scegliendo fra ie e e. (1/2)

sogno di una vita, insomma quante cose puoi fare con diciotto anni? A diciotto anni sei reputato “grande” in ogni situazione, nessuno ti può dire che sei ancora troppo piccolo, nessuno può più dirti cosa devi o non devi fare, sei indipendente!

Fin da bambina ho sempre preteso con energia un’indipendenza che spesso e volentieri non mi veniva concessa. Ero quel genere di bambina che voleva fare tutto “come i grandi” e ora che potrò essere considerata “grande” anche io voglio vivere l’anno dei miei 18 con la spensieratezza di un bambino, ma con la responsabilità di una persona che sarà considerata adulta.

Visto che i diciotto anni sono l’inizio di una nuova consapevolezza non posso affrontare questo passo senza prima aver fatto per bene i conti con la mia scatola dei ricordi.

Se mi guardo indietro vedo una bambina sempre vivace, molto chiacchierona, che non avrebbe mai condiviso alcun giocattolo con le sue cuginette; una pargoletta che amava la storia e si arrabbiava con la maestra se non veniva interrogata; un frugoletto che per la mamma era la “sua principessa dagli occhi color del cielo” e per il papà la “sua topina”.

Con il tempo la vivacità si è evoluta mutandosi in alcune delle mie caratteristiche distintive, come il bisogno di avere sempre tutto sotto controllo, lo spirito organizzativo e la voglia di conoscere sempre persone nuove. La mia chiacchiera logorroica ha trovato uno

sfogo nella musica. Il mio egoismo per qualche strano motivo invece si è placato e ho imparato che un gesto di condivisione è il più appagante che una persona possa fare.

Per quanto riguarda mamma e papà avrò la consapevolezza di essere la loro principessa e topina anche quando dovrò presentargli i loro nipoti e questa cosa mi farà sentire sempre, in una piccola parte di me, ancora una bambina; se parlo con loro del giorno della mia nascita vengo sempre liquidata in modo un po’ brusco con la frase “sembra ieri che ancora eri nel pancione e oggi invece ti dobbiamo insegnare a guidare”. In verità mia mamma rimpiange ancora il giorno in cui ha incominciato a notare che non avrei potuto indossare per tutta l’esistenza un body con l’etichetta taglia “30 giorni”

Della vita che verrà non pretendo di sapere niente e sono convinta che la mia strada mi riservi ancora tanti insegnamenti, temo anche che qualcuno arriverà in modo non troppo piacevole. Nonostante questo dal mio futuro mi aspetto tante cose: che la mia voglia di studiare non finisca salutato il liceo, che la mia sete di conoscenza mi porti ad interessarmi ancora di più di quello che mi circonda, che la mia curiosità non si faccia scoraggiare da qualche esperienza negativa e che non perda la serenità, quella che un bambino sa conservare.

Insomma, spero che l’entusiasmo con cui vivo il desiderio di essere grande, matura e indipendente non si spenga con il semplice passaggio del tempo.

"Infermiera, ha portato l'ossigeno al paziente Rossi?". "Sì, dottore". "E come sta ora?". "E' diventato biondissimo".

Quello che hai fatto ad Anna è stato un inutile dispetto. Non avresti dovuto spifferare tutte le cosacc_____ che Paolo ha raccontato su di lei. E poi, non dovresti credere così tanto alla correttezza di lui, un uomo noto soprattutto per la sua spilorc_____2 ria (non ha mai lasciato manc_____3!). Non avevi motivi validi per agire tanto male nei suoi confronti e ne risponderai alla tua cosc_____4 nza. Fu una facc_____5 nda davvero grave: il direttore del Dipartimento di Analisi forense sc_____6 ntifica era a conosc_____7 nza delle intimidazioni ricevute da alcuni dei suoi dipendenti, ma non fece niente di efficac_____8 per proteggerli.   3. In ciascuna frase, individua le due parole o espressioni contenenti errori di ortografia e riscrivile correttamente negli spazi posti subito dopo. L’ordine in cui le scrivi non è significativo. a. Riccardo ha ventanni, ma non ha mai imparato a nuotare. Quando andiamo in spiaggia, magari entra in mare, ma si spaventa già se l'acqua gli arriva all'ombellico. b. Non son daccordo con te: se la gente desse minore importanza ai pettegolezi, vivremmo tutti meglio! c. Questi documenti non li consegniamo ne li facciamo vedere ai colleghi: leggendoli ho contato ventitre errori, e quindi dobbiamo riscriverli da capo. d. Secondo me, Lorenzo non stà bene per niente: ha troppe paure. Ha paura dei ladri, è terrorizzato dalle malattie e adesso si è talmente fissato con le previsioni metereologiche che le consulta cinquanta volte al giorno.

R: vent’anni, ombelico, d’accordo, pettegolezzi, né, ventitré, sta.  

4. Completa le frasi inserendo il nome indicato tra parentesi volto al plurale e preceduto dall’articolo determinativo corretto.

a. (unghia) ___________________ di quasi tutti i felini sono retrattili. b. (antilope) ___________________ pascolavano tranquillamente. c. Devo proprio dire che con (scioglilingua) ___________________ io mi trovo sempre in difficoltà. d. Dimmi quali sono (film) ___________________ di quest’anno che ti sono piaciuti di più. e. (analisi) ___________________ del sangue confermano che il tuo colesterolo è bassissimo. f. Cosa sono (edema) ___________________? g. Quel miracoloso unguento prometteva di risolvere persino (calvizie) ___________________ totali. h. Per accendere la luce, basterà fare uno schiocco con (dito) ___________________. i. (chat) ___________________ che si autodistruggono possono risolvere in parte il problema delle nostre tracce indelebili sul web. j. Quando ancora mi piaceva il circo, i numeri con (pachiderma) ___________________ erano quelli che preferivo.

RISPOSTE 1) 2,1,1,2,2

2) 2,2,2,1,2,1,2,2

3) vent’anni, ombelico, d’accordo, pettegolezzi, né, ventitré, sta

4) le unghie, le antilopi, gli scioglilingua, i film, le analisi, gli edemi, le calvizie, le dita, le chat, i pachidermi.

Così per direRiassumendo: i medici vi tengono nascosto il subdolo piano dietro i vaccini, i ricercatori vi tengono nascosta la cura per il cancro, i geologi vi tengono nascosta la vera magnitudo dei terremoti, i climatologi vi tengono nascosta la verità dietro le scie di condensazione degli

aerei. Ad aprirvi gli occhi sono persone con dubbi titoli di studio e con competenze specifiche che definiscono alternative a quelle della scienza ufficiale. Ma cambiare percorso di studi no?

Papà, è vero che noi cinesi ci assomigliamo tutti? Tuo padre è l’altro.

Cruciverba

ORIZZONTALI

1. Inutile, infruttuoso 5. Guidatore di elefanti 10. Sebino ex calciatore della Roma 11. Fa vestiti su misura 12. La nota musicale più lunga 13. Spuntati, venuti su 14. Millimetro in piccolo 15. Articolo indeterminativo 16. Fu ucciso da Enea 17. Risponde al tap 18. Irascibili, colleriche 19. Partecipano alla corrida 20. Misure terriere 22. Un tipo di "natura" nell'arte pittorica

23. Il regno di Sua Maestà 24. Nome di donna 25. Misura lineare antica 26. Spezzato, infranto 27. Negli States c'è una nota Laguna 28. Prodotta, creata 29. Sigla di Pescara 30. Due romano 31. Di un bel colore sano 32. Un tribunale regionale 33. Nome inglese di donna 34. Opera di Mascagni 35. Traditori menzogneri 36. Si offrono per digerire

VERTICALI

1. Insormontabili, invincibili 2. Un gas che produce luce 3. Tutto in Inghilterra 4. Sigla di Napoli 5. Si contrappone al pesce 6. Campicello coltivato 7. Raggruppamento temporaneo d'imprese 8. Il contrario di sì 9 Autocommiserarsi 11. Sorsate 13. Donne con i ... voti 14. Sempreverde con fiori bianchi 16. Il canovaccio di un libro 17. Elemento

radioattivo 18. In America c'è quella "little" 19. Dolce, manicaretto 21. Congegni per produrre tessuti 22. Fuori di testa 24. Un alberghetto sulla strada 26. Strumenti di barbieri 28. Una marca di autovetture 29. Una coppia americana al poker 31. Fa concorrenza a Mediaset 32. Vale tra 33. Pari in scafo 34. Sigla di Imperia

Come facciamo a dire che il nostro è un Paese civile se la gente può esprime le preferenze a Sanremo al televoto e non nelle urne?