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Si riparte. “Come alla corte di Federico II, ovvero parlando e riparlando di scienza” inizia il suo terzo anno di vita. Oggi il primo incontro. La conferenza d’apertura, dal titolo ”La Torre di Pisa. Ritorno al futuro” è affidata a Carlo Viggiani. Studioso di fama internazionale e di raffinata cultura, parlerà dell’intervento statico che ha salvato la Torre di Pisa. E così siamo arrivati al terzo ciclo. Ricordiamo l’obiettivo dell’iniziativa. Parlare e riparlare di scienza. Farlo ricorrendo ad illustri scienziati. Tenendo,però, formule e tecnicismi fuori dalla sala. Provando a trattare grandi temi scientifici per il grande pubblico. L’iniziativa, lo abbiamo detto mille volte, è diretta alla città e non agli specialisti. Per questi ultimi esistono già fiumi di convegni, workshop, riviste cartacee ed on line. Diffondere, insomma, con rigore metodologico, idee fondamentali. Senza porre tra la gente e la conoscenza l’ostacolo insormontabile del linguaggio specialistico. Sia chiaro non sempre è facile spiegare senza formule. Ed è certamente faticoso. Occorre, però, provarci. Affascinati dalla tesi di Einstein secondo il quale “ha capito veramente un’idea solo chi è capace di spiegarla a sua nonna”. I risultati ci confortano al di là delle più ottimistiche aspettative. Lo prova il fatto che agli incontri del secondo ciclo sono state presenti circa 3500 persone. Di cui il cinquanta per cento non accademici. E molti giovani. Lo prova ancor di più il fatto che siamo sommersi da proposte su argomenti da trattare. Su personaggi da invitare. E siamo stati costretti a dire vari (talvolta) dolorosi no. A rinviare appuntamenti intriganti. Pur avendo aumentato il numero degli appuntamenti. Varie le novità del nuovo ciclo. La prima. Si affianca a noi l’Università Orientale. Quando Pasquale Ciriello ha manifestato l’interesse del suo glorioso Ateneo all’iniziativa ne siamo stati orgogliosi e felici. A Napoli sempre di più le Università fanno sistema. A vantaggio della città e dei suoi giovani. Altro che farsi concorrenza per accaparrarsi “i clienti”. Le conferenze organizzate insieme all’Orientale daranno vita ad un ciclo nel ciclo dal titolo “Messaggerie Orientali”. La prima messaggeria sarà ospitata a gennaio 2006. E sarà una relazione di Franco Mazzei dal titolo Confucio, l'occidente ed il mercato”. Altra novità. Fa capolino “Alla corte di Federico II” l’Economia. Con l’intervento di Marco Pagano “La finanza può aiutare la crescita”. Si andrà poi dal tema “Alimenti, salute, ed evoluzione dell’uomo” sviluppato da Salvatore Auricchio alla “Genetica delle popolazioni” di cui parlerà il maggiore esperto, Luigi Cavalli Sforza. Dal Rapporto tra arte e molecole “ affrontato da Vincenzo Pavone al tema di grande attualità Le cellule staminali: miniere di salute” curato da Franco Salvatore .“Quando le vecchie tecnologie erano nuove: la nascita delle telecomunicazioni” è invece l’affascinante titolo della conferenza di Ovidio Bucci e “Platone mondato di ogni imperfezione”, quella del grande fisico Giorgio Parisi . Due importanti fuori programma “acchiappati a volo” grazie a Luciano De Menna ed a Giancarlo Vesce. La conferenza di Bruno Coppi del MIT di Boston dal titolo “Energia ed ambiente”. E quella di Allan J.Hobson professore di Psichiatria all'Harvard Medical School Dagli angeli ai neuroni: l’arte e la scienza dei sogni.” Un programma, in definitiva, di straordinario interesse per i problemi trattati e per il valore assoluto dei

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Si riparte. “Come alla corte di Federico II, ovvero parlando e riparlando di

scienza” inizia il suo terzo anno di vita. Oggi il primo incontro. La conferenza d’apertura, dal

titolo ”La Torre di Pisa. Ritorno al futuro” è affidata a Carlo Viggiani. Studioso di fama

internazionale e di raffinata cultura, parlerà dell’intervento statico che ha salvato la Torre di

Pisa. E così siamo arrivati al terzo ciclo. Ricordiamo l’obiettivo dell’iniziativa. Parlare e riparlare

di scienza. Farlo ricorrendo ad illustri scienziati. Tenendo,però, formule e tecnicismi fuori dalla

sala. Provando a trattare grandi temi scientifici per il grande pubblico. L’iniziativa, lo abbiamo

detto mille volte, è diretta alla città e non agli specialisti. Per questi ultimi esistono già fiumi di

convegni, workshop, riviste cartacee ed on line. Diffondere, insomma, con rigore metodologico,

idee fondamentali. Senza porre tra la gente e la conoscenza l’ostacolo insormontabile del

linguaggio specialistico. Sia chiaro non sempre è facile spiegare senza formule. Ed è

certamente faticoso. Occorre, però, provarci. Affascinati dalla tesi di Einstein secondo il quale

“ha capito veramente un’idea solo chi è capace di spiegarla a sua nonna”. I risultati ci

confortano al di là delle più ottimistiche aspettative. Lo prova il fatto che agli incontri del

secondo ciclo sono state presenti circa 3500 persone. Di cui il cinquanta per cento non

accademici. E molti giovani. Lo prova ancor di più il fatto che siamo sommersi da proposte su

argomenti da trattare. Su personaggi da invitare. E siamo stati costretti a dire vari (talvolta)

dolorosi no. A rinviare appuntamenti intriganti. Pur avendo aumentato il numero degli

appuntamenti. Varie le novità del nuovo ciclo.

La prima. Si affianca a noi l’Università Orientale. Quando Pasquale Ciriello ha

manifestato l’interesse del suo glorioso Ateneo all’iniziativa ne siamo stati orgogliosi e felici. A

Napoli sempre di più le Università fanno sistema. A vantaggio della città e dei suoi giovani.

Altro che farsi concorrenza per accaparrarsi “i clienti”. Le conferenze organizzate insieme

all’Orientale daranno vita ad un ciclo nel ciclo dal titolo “Messaggerie Orientali”. La prima

messaggeria sarà ospitata a gennaio 2006. E sarà una relazione di Franco Mazzei dal titolo

“Confucio, l'occidente ed il mercato”. Altra novità. Fa capolino “Alla corte di Federico II”

l’Economia. Con l’intervento di Marco Pagano “La finanza può aiutare la crescita”. Si andrà

poi dal tema “Alimenti, salute, ed evoluzione dell’uomo” sviluppato da Salvatore Auricchio

alla “Genetica delle popolazioni” di cui parlerà il maggiore esperto, Luigi Cavalli Sforza. Dal

“Rapporto tra arte e molecole “ affrontato da Vincenzo Pavone al tema di grande attualità

“Le cellule staminali: miniere di salute” curato da Franco Salvatore .“Quando le vecchie

tecnologie erano nuove: la nascita delle telecomunicazioni” è invece l’affascinante titolo

della conferenza di Ovidio Bucci e “Platone mondato di ogni imperfezione”, quella del

grande fisico Giorgio Parisi . Due importanti fuori programma “acchiappati a volo” grazie a

Luciano De Menna ed a Giancarlo Vesce. La conferenza di Bruno Coppi del MIT di Boston dal

titolo “Energia ed ambiente”. E quella di Allan J.Hobson professore di Psichiatria all'Harvard

Medical School “Dagli angeli ai neuroni: l’arte e la scienza dei sogni.” Un programma, in

definitiva, di straordinario interesse per i problemi trattati e per il valore assoluto dei

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conferenzieri. I testi delle conferenze e tutti gli interventi apparsi sulle pagine del Corriere nel

2004 sono stati raccolti in un bel volumetto. (Che ha avuto un gran successo). Così faremo per

il 2005.

Un’ultima novità, rivolta ai giovani. Un concorso per i migliori articoli divulgativi su

argomenti scientifici. Riservato a studenti, dottorandi e specializzandi della Federico II al di

sotto dei trentacinque anni. I temi scelti per la prima edizione sono “La teoria della

relatività” ed il “Genoma umano”. Ci aspettiamo una partecipazione entusiastica.

Guido Trombetti

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Concorso “Diffusione della cultura scientifica -FEDERICO II”

Regolamento

Articolo 1

Il Concorso “Diffusione della cultura scientifica -Federico II” è una competizione a cadenza annuale , promossa dal Centro COINOR dell’Università degli Studi di Napoli Federico II, per la diffusione della cultura scientifica attraverso la composizione di un breve articolo su due temi individuati di anno in anno. I temi scelti per la prima edizione sono:

• “La teoria della relatività”

• “Il genoma umano”

Articolo 2

Obiettivo del Concorso è sostenere la diffusione e la divulgazione di temi scientifici. Il Concorso è rivolto esclusivamente a studenti, dottorandi e specializzandi dell’Ateneo Federico II. La partecipazione è consentita a coloro che alla data di scadenza del bando sono regolarmente iscritti ad un corso di Laurea, di Dottorato o ad una Scuola di Specializzazione della Federico II e non abbiano superato il 35mo anno di età. I primi due classificati, per ognuno dei temi, riceveranno un attestato ed un premio di:

• 1.000,00 euro per il primo classificato. • 500,00 euro per il secondo classificato.

Articolo 3

La giuria è composta da cinque membri. Il Magnifico Rettore, o persona da lui delegata, che la presiede e quattro componenti designati dal Comitato Direttivo del Centro COINOR.

Articolo 4

Il Concorso vuole sviluppare e sollecitare la riflessione su argomenti di carattere scientifico. La giuria valuterà in particolare la capacità dei concorrenti di coniugare il rigore scientifico e metodologico con l’accessibilità degli scritti ad un pubblico di non specialisti. Gli elaborati dovranno essere inediti e originali. Le determinazioni della Giuria, e la graduatoria finale sono insindacabili.

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Articolo 5

Il concorso ha inizio alla data della pubblicazione del presente regolamento sul sito Web della Federico II (14 ottobre 2005) e scade alla mezzanotte del 10 febbraio 2006. Coloro che intendono partecipare al concorso devono innanzitutto registrarsi all’indirizzo www.concorsodcs.unina.it, compilando la maschera presente nella sezione apposita e compilando tutti i campi previsti. A seguito della registrazione al candidato verrà inviata una e-mail di avvenuta iscrizione contenente anche una Login ed una Password. Grazie a tali Login e Password egli potrà accedere all’area riservata dove troverà il modulo per l’inserimento dello scritto. Ogni concorrente può partecipare con un solo elaborato per ognuno dei due temi individuati. L’elaborato non potrà superare le 8000 battute spazi inclusi e potrà contenere immagini per un massimo di 400 kbyte. Il concorso avviene esclusivamente per via telematica. Non si accettano elaborati inviati per altra via. Gli elaborati dovranno essere inviati, entro la mezzanotte del 10 febbraio 2006 .

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Articolo 6

Eventuali diritti d'autore sul lavoro inviato rimangono dell’autore. Gli elaborati dovranno essere inediti e originali. L’Università degli Studi di Napoli Federico II si riserva il diritto a pubblicarli solo sulle pagine Web del sito di Ateneo.

Articolo 7

L’Università degli Studi di Napoli Federico II e la Giuria non assumono alcuna responsabilità per eventuali smarrimenti, utilizzi illeciti o eventuali danni agli elaborati inviati. A tal fine si invitano i partecipanti a conservare sempre copia del materiale inviato. Per ogni controversia è competente il Foro di Napoli.

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Prof. Carlo Viggiani

Carlo Viggiani si è laureato in Ingegneria Civile a

Napoli nel 1960. Ha insegnato nelle Università di

Pavia, della Calabria a Cosenza, della Basilicata a

Potenza; dal 1974 è ordinario di “Fondazioni”

nell’Università di Napoli Federico II. Ha insegnato e

tenuto Conferenze e Seminari in molte prestigiose

Università Europee, Americane, Australiane,

Giapponesi. E’ stato Direttore della Rivista Italiana di

Geotecnica; membro del Comitato Editoriale del

Journal of Numerical and Analytical Methods in

Geomechanics; è Direttore Scientifico della collana

“Argomenti di Geotecnica” dell’Editore Hevelius. E’

Autore o co-Autore di 4 libri e oltre 170 lavori

scientifici su vari argomenti di Meccanica dei Terreni

e Ingegneria Geotecnica. E’ stato insignito della

Bishop Gold Medal for Geotechnical Research dalla

Institution of Civil Engineers di Inghilterra.

E’ stato Chairman dello European Committee for Geotechnical Aspects of Earthquake

Engineering.

I suoi interessi di ricerca vanno dalla teoria della consolidazione alle fondazioni su pali, ed

includono le applicazioni dell’Ingegneria Geotecnica alla conservazione dei monumenti e dei siti

storici. Presiede il Comitato dell’Associazione Internazionale di Geotecnica che si occupa di

“Preservation of Monuments and Historic Sites”.

Dal 1990 al 2002 è stato Componente del Comitato Internazionale per la Salvaguardia della

Torre di Pisa, della quale si era interessato a vario titolo a partire dal 1963; attualmente è

membro del Gruppo di Sorveglianza e Monitoraggio della Torre.

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COME ALLA CORTE DI FEDERICO II la torre di pisa: ritorno al futuro

Centro di Ateneo per la Comunicazione e l’Innovazione Organizzativa Università degli Studi di Napoli Federico II

LA TORRE DI PISA E’ TORNATA AL

FUTURO

Carlo Viggiani

Professore di “Fondazioni” Università degli Studi di Napoli Federico II

La Torre di Pisa, assieme alla cattedrale, al

battistero e al cimitero monumentale, fu

eretta nel Medio Evo, nel periodo di

massima potenza e splendore della

Repubblica Pisana. La Piazza dei Miracoli è

la stupenda manifestazione dell’unità ideale

che si ebbe allora fra i poteri religiosi,

spirituali e politici; nei monumenti che la

adornano si intrecciano storia artistica e

storia civile, conferendo loro uno

straordinario carattere di segno e simbolo

della città.

La Torre è fondata però su terreni scadenti

e molto deformabili e la sua inclinazione,

iniziata già durante la costruzione, è andata

crescendo nei secoli fino a raggiungere la

soglia dell’instabilità. Nel 1800 e 1900,

come spesso accade, tentativi di

correggerne i mali hanno portato ad un

loro aggravamento.

Nel 1990, anche a seguito del crollo della

Torre Civica di Pavia, la Torre di Pisa fu

chiusa ai visitatori e venne insediato un

Comitato Internazionale per la sua

stabilizzazione. A differenza delle molte

Commissioni che lo avevano preceduto,

questo Comitato aveva il compito non solo

di studiare il problema, ma anche di attuare

i provvedimenti necessari.

La stabilizzazione è stata una sfida difficile

per l’Ingegneria Geotecnica. Ogni disturbo

al terreno di fondazione poteva essere

molto pericoloso; pertanto le tecniche

convenzionali, come iniezioni o

sottofondazioni con pali, comportavano un

rischio inaccettabile. Inoltre il valore di un

monumento viene conservato

salvaguardandone non solo l’immagine, ma

anche i materiali, lo schema strutturale e i

segni lasciati dal tempo e dalle vicende

trascorse. L’intreccio fra questa

problematica e quella più propriamente

tecnica ha reso il caso assai difficile e

stimolante.

Gli studi condotti dal Comitato, la graduale

e laboriosa comprensione dei mali della

Torre, la concezione e la definizione degli

interventi provvisori e definitivi di

stabilizzazione ed infine la loro attuazione

hanno richiesto ben dodici anni. Come

ormai tutti sanno, il Comitato ha ridotto

l’inclinazione della Torre di circa mezzo

grado (lo strapiombo, di oltre cinque metri,

è stato ridotto di circa 44 cm)

semplicemente inducendo un cedimento

differenziale della fondazione con

l’asportazione di piccole quantità di terreno

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al di sotto della Torre, dalla parte sopra

pendenza. La Torre è così tornata nella

configurazione che aveva all’inizio del 1800.

Centro di Ateneo per la Comunicazione e l’Innovazione Organizzativa Università degli Studi di Napoli Federico II

Il 16 giugno 2002, festa di S. Ranieri, santo

protettore della città di Pisa, la Torre ormai

resa sicura è stata restituita alla città.

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COME ALLA CORTE DI FEDERICO II la torre di pisa: ritorno al futuro

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LA TORRE DI PISA “DOPO LA CURA” Salvatore Settis Professore di Storia dell’arte e dell’archeologia classica Direttore della Scuola Normale Superiore di Pisa

Dopo oltre dieci anni di chiusura (per

ragioni di sicurezza) e di "lavori in corso", in

cui la Torre Pendente fu inaccessibile e

circondata dalle macchine di un complesso

cantiere, da qualche anno è possibile di

nuovo visitarla come un tempo, salendo

fino in cima. Sparite le impalcature (sono

rimaste solo quelle per il restauro delle

superfici), spariti i macchinari, la Torre

sorge di nuovo dal verde prato di Piazza dei

Miracoli. Di nuovo, e più "giovane": perché

"dopo la cura" la Torre pende il dieci per

cento meno di prima. La pendenza, che era

di 19.995 arcosecondi (o, detto altrimenti,

di circa 4,50 metri) è stata ora ridotta di

1830 arcosecondi (o, detto altrimenti di

circa 44 centimetri). In altri termini, la

Torre è tornata alla pendenza che aveva

agli inizi dell'Ottocento, dopo un lungo

periodo di relativa stabilità che, c'è ragione

di credere, dovrebbe ripetersi da ora in poi.

Della riduzione di pendenza e della

riapertura i media hanno ampiamente

parlato (con informazioni non sempre

accurate): ma vale la pena di mettere in

risalto alcuni aspetti generalmente

trascurati, che sono invece (credo) proprio i

più importanti.

Prima di tutto, un po' di storia. La

Torre di Pisa non è un campanile qualsiasi,

e anche se non pendesse sarebbe la torre

campanaria più complessa e interessante

del medioevo europeo. La pendenza

naturalmente non era nelle intenzioni dei

primi architetti, ma fu una conseguenza

della natura del suolo, e anzi durante la

costruzione si cercò in vario modo di

contrastarla, per esempio spostando la cella

campanaria verso il lato nord in modo da

compensare almeno in parte l’inclinazione

dal lato opposto. Ma è anche grazie alla

pendenza che la Torre è diventata uno dei

monumenti più famosi del mondo, simbolo

e sintesi dell’Italia non meno del Colosseo.

Perciò è ancor più importante ricordarsi che

(lo ha dimostrato uno studioso svizzero)

quegli antichi architetti pisani ne

svilupparono il progetto sulla base di

cognizioni matematiche e geometriche

elaborate dai Greci antichi, ma note nel

medioevo solo agli studiosi arabi. Perciò

uno dei maggiori simboli dell’Occidente

europeo e della sua civiltà cristiana non

potrebbe esistere senza la mediazione della

scienza araba, in quell’età assai più avanti

di quella europea e assai più attenta alla

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tradizione scientifica e filosofica della Grecia

classica.

Ma a chi è venuta l'idea vincente che

ha portato al salvataggio della Torre? La

soluzione adottata per ridurne la pendenza

è la "sottoescavazione controllata", che

consisteva in sostanza nell'estrarre

delicatamente e gradualmente dal terreno,

sul lato nord (opposto a quello verso cui la

Torre pende) piccole quantità di terreno. Si

sono create in tal modo minuscole cavità

che la Torre, col suo stesso peso, ha

gradualmente "chiuso", tornando

leggermente verso nord e con ciò riducendo

la propria inclinazione. Questa soluzione è

stata immaginata per la prima volta per la

Torre da un ingegnere italiano, Ferdinando

Terracina, che la espose in un brevissimo

articolo sulla rivista Géotechnique del

1962. Era un articolo concettuale e teorico,

perché in quel momento la Torre non

correva imminenti pericoli, né Terracina

aveva incarico di occuparsene. Ma fra i

lettori di quell'articolo vi fu un giovane

messicano che studiava ingegneria a Roma,

e che se ne ricordò trent'anni dopo, quando

dovette occuparsi della cattedrale di città

del Messico, i cui muri tendono a

sprofondare nel terreno (l'estrazione di

terreno cominciò nel 1993). L'esperimento

messicano rilanciò l'idea di Terracina: e fu

anche per questo che il Comitato per la

Salvaguardia della Torre considerò questa

metodologia, fin dal principio, come una

delle possibili soluzioni per salvare la Torre.

La "sottoescavazione" ha fatto dunque un

bel viaggio: da Pisa a Pisa, via Città del

Messico.

Ma dall'esporre il concetto della

sottoescavazione a predisporre ed attuare

un vero e proprio progetto, la strada è

lunga. Il Comitato preposto alla

salvaguardia della Torre ha accuratamente

considerato varie soluzioni alternative

(all'inizio qualcuno aveva persino suggerito

anche di smontare la Torre, in tutto o in

parte!), e ha scelto la sottoescavazione solo

dopo elaboratissimi calcoli, e dopo aver

predisposto sulla stessa Piazza, nei pressi

del Battistero, un campo sperimentale. Fu

allora costruito un cilindro di cemento

armato, e se ne modificò l'inclinazione con

la sottoescavazione: solo dopo il positivo

esito di questo esperimento su un suolo di

composizione identica a quello su cui sorge

la Torre fu possibile mettere a punto il

progetto finale, e quindi eseguirlo con pieno

successo.

Ma perchè il Comitato ha scelto, fra

le tante metodologie possibili e consolidate,

proprio la sottoescavazione che aveva un

carattere così sperimentale? E' ovvio che

quando si è deciso in quel senso il risultato

finale era considerato garantito; ma la vera

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ragione della scelta, quella che potremmo

chiamare la "filosofia dell'intervento", è

un'altra (e non è stata sufficientemente

intesa e sottolineata). Molto presto, nelle

sue riunioni che si tenevano a Pisa ogni

uno-due mesi con ritmo implacabile, il

Comitato giunse alla determinazione di

optare, a parità di sicurezza del risultato

finale, per la soluzione che consentisse di

rispettare al massimo l'integrità della Torre

come monumento storico; che non ne

compromettesse neppure in minima parte

la natura di edificio medievale. Per

intenderci: la soluzione brutale di smontare

la Torre e ricostruirla, magari con un'anima

di cemento armato rivestita degli antichi

marmi, avrebbe sì ricreato l'apparenza della

Torre, ma ne avrebbe distrutto la sostanza,

cancellando per sempre ogni traccia delle

tecniche costruttive di quegli antichi

maestri. Altre soluzioni sarebbero state

comunque invasive, anche se meno dello

smontaggio. La sottoescavazione invece ha

permesso di salvare la Torre senza

nemmeno toccarla, agendo non sull'edificio

ma sul suolo composito ed "elastico" col

quale esso interagisce da secoli. Questa

soluzione è stata dunque rispettosa non

solo dell'integrità della Torre, ma anche del

suo "codice genetico": lo stesso suolo che

ne ha provocato l'inclinazione è stato

opportunamente trattato per ridurre

l'inclinazione, e con ciò assicurare ancora al

monumento una lunga vita.

Questa "filosofia d'intervento", col

suo finale successo, è tanto più notevole se

si pensa alla composizione del Comitato che

ha messo a punto e portato a termine il

progetto. Nominato dall'ultimo governo

Andreotti, il Comitato (a carattere tecnico e

non politico) è passato attraverso tutti i

cambiamenti politici di dieci, travagliati anni

di storia italiana, e ha portato a conclusione

i lavori, grazie a una legge speciale (più

volte rinnovata) che riconosceva le ragioni

di urgenza dell'intervento e assicurava

finanziamenti e procedure straordinarie

(questo progetto è stato interamente

finanziato dallo Stato). Ed è stato, questo,

un comitato costruito all'insegna

dell'interdisciplinarietà. Presieduto da un

famoso geotecnico polacco che insegna da

molti anni in Italia, Michele Jamiolkowski, il

Comitato ha avuto nel corso del tempo poco

meno di venti membri di cinque diversi

Paesi oltre l'Italia. Ingegneri geotecnici,

ingegneri strutturisti, esperti di restauro

architettonico e materico e di litologia,

storici dell'arte, archeologi. E' stata, per

tutti i membri di un Comitato tanto

composito, un'esperienza professionale

straordinariamente interessante lavorare

fianco a fianco, confrontando i diversi saperi

e giungendo, dopo discussioni lunghe e

appassionate, a una soluzione che accoppia

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il massimo della tecnologia contemporanea

col massimo del rispetto per la storia del

monumento e per la filosofia del restauro.

Si capisce come mai un esperto

francese, Jean-Louis Taupin, abbia definito

il lavoro del Comitato "una rivoluzione

culturale": perché tale è stata l'idea di

convocare intorno a un insigne monumento

esperti di discipline, culture, linguaggi

diversi, che hanno elaborato una strategia

comune, mirata non solo a studi astratti ma

a un concreto intervento, altamente

specialistico e sofisticato, unico al mondo

per metodologia e per esiti. Il problema

della Torre, per la stretta connessione fra

rischio di collasso strutturale, pendenza e

degrado dei materiali, richiedeva un tale

approccio unitario: non solo confronto, ma

sintesi e integrazione fra i risultati delle

Centro di Ateneo per la Comunicazione e l’Innovazione Organizzativa Università degli Studi di Napoli Federico II

diverse competenze, e i poteri necessari per

agire poi subito e senza mediazioni sul

monumento stesso.

Questa è dunque la lezione del progetto

Torre: la nostra cultura della conservazione,

fra le più avanzate del mondo grazie anche

all'esperienza dell'Istituto Centrale per il

Restauro (che in tutto il progetto ha avuto

un ruolo essenziale), ha saputo combinarsi

in perfetto equilibrio, in un intenso dialogo

transdisciplinare, coi saperi tecnologici, per

consegnare alle generazioni future uno dei

monumenti più famosi del mondo. E' una

lezione di cui dovremmo essere tutti più

consapevoli, che dovremmo saper

"esportare".

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Centro di Ateneo per la Comunicazione e l’Innovazione Organizzativa Università degli Studi di Napoli Federico II

CAMPO DEI MIRACOLI A PISA Renato De Fusco Professore di Storia dell’Architettura Università degli Studi di Napoli Federico II

Com'è noto, la città di Pisa, pur

essendo oggi distante circa 13 km dal

mare, nell'alto Medioevo sorgeva assai più

vicino ad esso dal quale si è

progressivamente allontanata a causa dello

spostamento della linea costiera dovuto

all'azione sedimentaria dell'Arno. Pertanto,

nonostante la sua attuale ubicazione

interna, la città faceva parte delle

Repubbliche marinare - Amalfi, Genova,

Pisa e Venezia - che, nel massimo fiorire

della civiltà comunale medievale, anche

conservando sostanzialmente la forma

istituzionale degli altri Comuni italiani, si

distinsero per il fatto che la loro attività

economica era basata quasi essenzialmente

sugli scambi commerciali marittimi.

Dopo le dominazioni ostrogota,

bizantina, longobarda, Pisa ha una rinascita

« carolingia ». Già nel X secolo è un centro

di cultura classica, specialmente giuridica.

Città marinara, è in contatto con

Costantinopoli e con l'Islam. La lotta sul

mare contro i Saraceni, vittoriosamente

conclusa a Palermo nel 1063, che segna il

vertice del suo prestigio politico, le

consente di tenere per un secolo l'egemonia

del Mediterraneo occidentale e ravviva il

civico orgoglio della discendenza diretta da

Roma. Il duomo, iniziato poco dopo, ne è

l'espressione più rappresentativa. Gli

ingenti profitti ricavati dalla vittorie

marinare permisero alla città di realizzare

un gruppo di edifici monumentali tra i più

famosi del mondo, quelli del Campo dei

Miracoli - uno spazio erboso nel quale si

elevano la Cattedrale (1063), il Battistero

(1153), il Campanile (1173) e il

Camposanto (1278) .

Secondo alcuni storici, il maggiore

contributo italiano all'architettura e

all'urbanistica medievali non va visto in

questi edifici, pur di grande valore ed

originalità, bensì nella piazza che li contiene

con vari significati; astrologico: le fabbriche

sono ubicate secondo la disposizione degli

astri dell'Ariete; classico: tale era infatti il

raggruppamento degli edifici monumentali

greci e romani; cristiano: l'intento simbolico

di esprimere con essi l'intero ciclo

dell'esistenza, dalla nascita alla morte.

Altamente apprezzato dalla storiografia è il

fatto che, come il duomo di Spira e alcune

cattedrali inglesi, il Campo dei Miracoli non

è al centro della città, ma in una zona

periferica presso le due strade che

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conducevano, rispettivamente, a Lucca e

alla marina.

E veniamo alle opere d'architettura.

La «figura» di pianta della Cattedrale, la più

grande delle chiese romaniche toscane, si

presenta come l'unione di tre basiliche: una

corrispondente al corpo longitudinale della

chiesa a cinque navate culminante in

un'abside, le altre due corrispondenti alle ali

del transetto a tre navate, anch'esse

culminanti in un'abside. L'incontro fra la

basilica maggiore e le basiliche-transetto,

ovvero corpi di fabbrica di diversa

ampiezza, dà luogo ad un rettangolo

sormontato da una cupola ogivale a pianta

ellittica. La volumetria esterna riflette

l'articolazione degli spazi interni, a meno

della facciata che, al di sopra del primo

ordine, ne presenta altri quattro

contrassegnati dalle famose loggette in cui i

classici archetti pensili lombardi sono qui

sostenuti da colonnine. Questo

caratteristico motivo, presente anche

nell'ultimo ordine dell'abside principale,

ripreso nel Battistero e nei piani della Torre

inclinata, è, per la maggioranza degli

autori, di origine orientale. Due architetti si

ricordano per la cattedrale di Pisa: Buscheto

che la iniziò e Rainaldo che intervenne nel

1100, allungando la chiesa di tre campate e

ideando il significativo elemento delle

loggette pensili.

Accanto alla Cattedrale e vicino al

suo abside sorge il Campanile, opera

dell'architetto-scultore Bonanno, una torre

circolare del diametro di m. 15,80, alta otto

piani di arcatelle che la circondano tutta.

Questa torre pendente, famosa nel mondo,

aveva una inclinazione in continuo aumento

dovuta al cedimento delle fondazioni,

rettificata e consolidata da recenti restauri.

In asse con la Cattedrale e distante dalla

facciata di questa è il Battistero, disegnato

dal Diotisalvi su pianta circolare, con uno

spazio centrale del diametro di m. 18,24 e

un ambulacro che porta l'edificio a circa

quaranta metri di diametro. La struttura è

coronata da un tetto emisferico all'esterno

attraverso il quale penetra un cono tronco

coperto da una piccola cupola che copre lo

spazio centrale.

Completa il complesso delle

fabbriche monumentali il Camposanto,

grande chiostro rettangolare costruito

intorno al prato dell'antico cimitero, nel

quale si aprono eleganti quadrifore ad archi

intrecciati, con all'interno preziosi affreschi

dell'Orcagna e di Benozzo Gozzoli. Sintesi di

motivi classici, siriaci, anatolici, armeni,

islamici, siculo- normanni, ecc. le opere del

Campo dei Miracoli sono, accanto al

paradigma del S. Ambrogio di Milano, il

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maggiore contributo italiano allo stile

romanico.

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PISA, FEDERICO II E LA MATEMATICA

Giovanni Vitolo

Professore di Storia Medievale

Università degli Studi di Napoli Federico II

La spedizione di Pisani e Genovesi

contro al-Mahdia (Tunisia) nel 1087 e la

sconfitta nel 1284 dei Pisani da parte dei

Genovesi nella battaglia della Meloria sono

due eventi di non trascurabile importanza

sul piano militare, ma certamente di grande

rilevanza su quello ideologico e

dell’immaginario collettivo. Il primo si

colloca nella fase iniziale di uno

straordinario sviluppo di Pisa, che la portò a

giocare un ruolo di protagonista in un

Mediterraneo ormai non più egemonizzato

dal mondo islamico, ma sotto il crescente

controllo delle repubbliche marinare italiane

e di altri organismi politici dell’Occidente

cristiano. Il secondo sancì invece per Pisa

l’inizio di un declino irreversibile, che la

rese, prima, subalterna a Genova e poi

direttamente dipendente da Firenze (1406).

Tra l’uno e l’altro evento bellico una storia

esaltante di realizzazioni sul piano sia delle

istituzioni politiche e sociali sia della

codificazione del diritto e della costruzione

dello spazio urbano, in cui si colloca anche il

complesso degli edifici della piazza del

duomo. Tra essi il famoso campanile, meglio

noto come Torre pendente, i cui lavori,

iniziati nell’agosto del 1173 e rimasti ben

presto interrotti per il cedimento del

terreno, furono ripresi solo un secolo dopo,

nel 1275.

Un ruolo importante nella storia di

Pisa di quei decenni ebbe il rapporto assai

stretto con gli imperatori svevi, che portò la

città a configurarsi come un punto di forza

dello schieramento ghibellino in Italia. Gli

anni di regno di Federico II, in particolare,

dalla sua incoronazione imperiale nel 1220

alla morte nel 1250, furono quelli nei quali

Pisa visse l’ultima fase del suo

protagonismo in Toscana e nel

Mediterraneo, giungendo il 4 maggio del

1241 a sconfiggere presso l’isola del Giglio

la flotta genovese, che trasportava i vescovi

diretti a Roma per il concilio convocato da

Gregorio IX dopo la seconda scomunica

dell’imperatore.

In città soggiornò lo stesso Federico

II in uno dei suoi frenetici spostamenti

attraverso l’Italia, in compagnia del filosofo,

astronomo e matematico Michele Scoto.

Insieme a lui si intrattenne con il grande

matematico Leonardo Fibonacci, al quale si

deve l’introduzione nella cultura latina del

sistema numerale arabo-indiano e dello

zero. L’incontro è rievocato dallo stesso

Fibonacci nel suo Liber quadratorum, nel

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quale ricorda di aver discusso con il sovrano

della possibilità di «trovare un numero

quadrato che, aumentato o diminuito di

cinque, fa nascere sempre un numero

quadrato».

La fedeltà alla causa imperiale, ma anche il

tentativo di spezzare l’accerchiamento da

parte delle città guelfe della Toscana furono

all’origine del sostegno militare dato a

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Corradino nel suo estremo tentativo di

recuperare il trono di Sicilia. Insieme a lui il

29 ottobre del 1268 a Napoli, nella piazza

del Mercato, fu decapitato, oltre al duca

d’Austria, anche il conte Gherardo di

Donoratico, capo di uno dei più potenti

casati pisani.

L'antico stemma di Pisa in un bassorilievo

romanico.

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PISA E LA TORRE, UNA STORIA

INSCINDIBILE

Carlo Greco

Professore di Tecnica delle Costruzioni

Università degli Studi di Napoli Federico II

La vicenda “statica” della Torre di

Pisa comincia dalla sua costruzione, iniziata

nell’anno 1173, ed è collegata in qualche

modo alla storia della città. Dopo un

periodo di circa cinque anni, infatti, la

costruzione fu sospesa, quando la sua

elevazione aveva raggiunto il quarto ordine,

ossia 28 m, per motivazioni determinate

dalle vicende politiche ed economiche della

Repubblica ed a questa sospensione, durata

quasi un secolo, la torre deve la sua attuale

esistenza: in questo periodo i terreni della

sua fondazione, costituiti da strati

caratterizzati da elevata deformabilità,

ebbero modo di consolidarsi sì da evitare

una loro inevitabile rottura ed il crollo della

struttura. Nel 1278, ripresi i lavori otto anni

prima, si raggiunse un’altezza di circa 50

m, ma i lavori furono di nuovo interrotti,

probabilmente per la crisi della Repubblica

pisana dopo la sconfitta da parte della flotta

genovese nella battaglia della Meloria.

Solamente nel 1370, dopo due secoli

dall’inizio della costruzione, l’opera fu

completata con l’edificazione della cella

campanaria, ed anche questa seconda e

lunga interruzione contribuì ad evitare il

crollo della torre per cedimento dei terreni

di fondazione, consolidatisi nel tempo sotto

il graduale aumento delle pressioni indotte

dall’incremento dei carichi.

Durante il lungo periodo dell’edificazione

l’inclinazione della struttura rispetto all’asse

verticale aumentò sensibilmente, tanto che

prima della costruzione della cella

campanaria essa superò il valore di un

grado e, con il lento e progressivo

cedimento del terreno di sedime, raggiunse

all’inizio del secolo XIX i cinque gradi.

Si configuravano in tal modo due aspetti

estremamente pericolosi per la

conservazione della torre: da un lato, con

l’aumentare dello strapiombo si profilava il

rischio di una perdita di stabilità sia in

quanto il suo baricentro, posto a circa 23 m

dalla fondazione, si avvicinava

gradualmente al perimetro della

fondazione, sia con il conseguente

aggravamento delle tensioni di

compressione sul terreno di fondazione,

dall’altro la struttura muraria della

costruzione veniva ad essere sempre più

sollecitata e poteva verificarsi un suo

cedimento improvviso.

Gli studi eseguiti sul fenomeno nel secolo

scorso dimostravano che il movimento di

rotazione della costruzione aveva un

andamento accelerato, nonostante gli

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interventi effettuati, taluni dei quali

certamente non avevano giovato a

migliorare le condizioni di sicurezza

dell’opera, tanto che nel 1988 si venne alla

determinazione di inibire l’ingresso dei

visitatori alla torre, per il rischio della

rottura della struttura muraria.

Gli interventi progettati ed i lavori che ne

seguirono, negli anni fra il 1990 ed il 2001,

hanno portato ad un raddrizzamento della

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costruzione di circa mezzo grado

sessagesimale, corrispondente ad uno

spostamento verso Nord della settima

cornice (a quota di circa 50 metri) di 43

centimetri, riconducendo la pendenza a

quella di duecento anni addietro, con

l’amplificazione del grado di sicurezza della

torre al ribaltamento e la significativa

riduzione delle pressioni sul terreno.

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L’ANTICA ALLEANZA

Arte e Matematica in Piazza dei

Miracoli

Luciano Carbone

Professore di Analisi Matematica

Università degli Studi di Napoli Federico II

Immaginate di far parte di un

gruppo di turisti in giro per l’Italia. Siete

alla fine delle vostre peregrinazioni: poco o

nulla vi emoziona. Da Firenze la vostra

guida vi conduce a Pisa in Piazza dei

Miracoli. Il cielo è limpido e azzurro;

macchie umane in movimento punteggiano

il verde vivo del prato e il bianco splendente

dei monumenti. Certo non potete resistere

alla tentazione di farvi fotografare mentre

sostenete, sorridendo, la torre che pende.

Immaginate ora di far parte di un

gruppo di studiosi riuniti a Pisa per

discutere qualche tema scientifico. La

giornata è finita, siete stanchi. Dopo cena

passeggiate in Piazza dei Miracoli; è

deserta: la luce lunare riflessa dalle trine

dei marmi penetra nell’erba. Vi

tranquillizzate, ma una lieve inquietudine

penetra in voi: è la torre che pende.

Si possono chiarire queste emozioni

estetiche? Domanda dalle mille risposte.

Scegliamone una.

L’arte, secondo l’opinione di Goethe, può

salvare il mondo dal caos. Nel disordine

minaccioso essa crea dei principi di ordine e

rasserena. Ritrova ad esempio forme

costanti e ripetizioni regolari. Può allora

allearsi con quella scienza che più tende a

creare e contemplare simboli: la

matematica.

E Piazza dei Miracoli viene eretta in

un’abbondanza di armonie matematiche.

Eccone alcuni esempi: forme geometriche

pure, simmetrie, sezioni auree….

La torre è un cilindro e allora ogni

piano diametrale perpendicolare alla base è

di simmetria; il battistero è un cilindro

concluso da una semisfera e ha gli stessi

piani di simmetria; la cattedrale, a croce

latina come il corpo umano, è simmetrica

rispetto al piano mediano del braccio lungo

della croce; la sua facciata si inserisce in un

quadrato; grosso modo il diametro del

battistero è la sezione aurea dell’altezza, il

lato corto della cattedrale è la sezione

aurea del lato lungo; l’asse minore della

cupola ellittica è la sezione aurea dell’asse

maggiore…..

Ma qualcosa minaccia l’ordine ritrovato,

un ricordo del caos da cui emerge e una

promessa di un ritorno ad esso: l’asse della

torre non è perpendicolare al piano di

appoggio.

Ma non è solo quest’ordine, l’ordine

geometrico, che lega il mondo. Speculazioni

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esoteriche e numerologia si intrecciano in

Piazza dei Miracoli e le interpretazioni sono

tante.

In principio vi è la monade pitagorica; la

riflessione su di essa in quanto tale produce

la diade e la contemplazione di essa a sua

volta produce la triade. La cattedrale non è

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forse la casa di Dio (il Padre)? La torre

campanaria la Sua voce (il Figlio)? Il

Battistero il luogo ove Egli continuamente si

manifesta (lo Spirito Santo)? Ecco l’Haghia

Triada, la Santa Trinità.

Ma questa è un’altra storia e un’altra (?)

matematica.

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GALILEO E LA TORRE PENDENTE

Marco Napolitano

Professore di Istituzioni di Fisica nucleare e subnucleare Università degli Studi di Napoli Federico II

Dovrebbe essere il 1590 o il 1591.

Possiamo immaginare la scena: Galileo in

cima alla torre pendente che sta per lasciar

cadere simultaneamente due sfere dello

stesso materiale ma di peso diverso –

diciamo l’uno il doppio dell’altro -, studenti

e colleghi professori ai piedi della torre in

attesa di controllare l’ordine di arrivo a

terra dei due gravi. O, se preferiamo:

Galileo, studenti e colleghi professori a

terra e un discepolo sulla torre pronto a

lasciar cadere le due sfere appena Galileo lo

ordini. Ed ecco le sfere che arrivano quasi

contemporaneamente a terra! Aristotele è

servito! Le due sfere in moto “naturale”

attraverso lo stesso mezzo non

mantengono un rapporto di velocità pari al

rapporto dei pesi ma, piuttosto, (fatto salvi

gli effetti dovuti alla presenza dell’aria) si

muovono con la stessa velocità!

E’ veramente accaduto? Galileo non lo dice

nei suoi scritti; lo racconta Vincenzo Viviani,

suo allievo e biografo; glielo avrebbe detto

lo stesso Galileo in tarda età ad Arcetri. E

non si trattava di un “esperimento” ma

semplicemente di una esperienza

dimostrativa della non correttezza della tesi

di Aristotele, poiché Galileo già sapeva

quale sarebbe stato il risultato.

Molti hanno successivamente raccontato di

questa esperienza introducendo elementi

inventati, taluni palesemente falsi, che

hanno acceso un dibattito sul fatto che essa

sia mai stata realizzata. Stillman Drake,

uno dei maggiori studiosi di Galileo e delle

sue opere, nella sua biografia scientifica di

Galileo, si mostra propenso a credere che

l’esperienza sia stata realmente eseguita e

fornisce una serie di argomentazioni

piuttosto convincenti a proposito.

Che sia stata fatta o no è, però, poco

importante; resta il fatto che sarà proprio

Galileo a dedurre, con una serie di

esperimenti, che corpi in caduta libera nella

gravità terrestre (nel vuoto) sono soggetti

ad accelerazione costante indipen-

dentemente dalla loro forma, dalla loro

massa e dal tipo di materiale del quale sono

costituiti. Questa legge è una pietra miliare

nella storia della scienza; essa e, ancor più,

la legge di inerzia costituiscono l’origine

della fisica moderna.

Personalmente voglio credere che la

dimostrazione dalla torre sia stata

realmente fatta; oltre al suo significato

scientifico mi piace molto la sua teatralità:

la bellissima piazza dei Miracoli, studenti,

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professori e curiosi in attesa e lei, la Torre,

a dominare la scena con la sua pendenza

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che sembra fatta apposta per facilitare

l’esperimento.

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Incontri straordinari

1 dicembre 2005: ENERGIA ED AMBIENTE - Prof. Bruno Coppi (MIT, Boston)

23 marzo 2006: DAGLI ANGELI AI NEURONI: L’ARTE E LA SCIENZA DEI SOGNI –

Allan J. Hobson (Harvard Medical School, Boston)