San Silvestro

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Il ritmo dell’essere Wilhelm Senoner Complesso monumentale di San Silvestro 17 Maggio / 16 Giugno 2013

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I l r i t m o d e l l ’ e s s e r e

W i l h e l m S e n o n e r

C o m p l e s s o m o n u m e n t a l ed i S a n S i l v e s t r o

1 7 M a g g i o / 1 6 G i u g n o 2 0 1 3

Page 2: San Silvestro

“ N o n p u o i f u g g i r e o n a s c o n d e r t i ,n o n c i s o n o t r u c c h i o s c u s e .

S e i l ì , d e v i b a t t e r t if i n q u a n d o n e h a i d e n t r o

e a n c o r a u n p o ’ . A f f r o n t a r e l ’ a v v e r s a r i o ,

c i o è t e s t e s s o .E l o d e v i f a r e a s s i e m e a g l i a l t r i ,

s a c r i f i c a r t i p e r l o r o ,p e r a v a n z a r e t u t t i i n s i e m e ” .

( M a s s i m o C a l a n d r i )

Page 3: San Silvestro

l ’ A r t i s t a

Page 4: San Silvestro

“ L a c h i e s a d i S a n S i l v e s t r o a V i c e n z a è u n l u o g o s p e c i a l e , u n c o m p l e s s o b e n e d e t t i n o c h e m e g l i o n o n p o t e v a p r e s t a r s i a t a l e s c o p o : a r t e e s a c r a l i t à , l a vo r o e p r e g h i e r a , mu s i c a e c a n t o , p a r o l a e s i l e n z i o s i s o n o a l t e r n a t i s i n e r g i c a m e n t e t r a q u e s t i mu r i e a r c a t e d i m a t t o n i e t r a v i n e l l ’ i n e s o r a b i l e f l u i r e d e l t e m p o e d e l l a s t o r i a v i c e n t i n a ” .

G i u s e p p e I n d i n o

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i l L u o g o

Page 6: San Silvestro

“Ho camminato molto in montagna da ragazzo. Ero appassionato e affascinato dalle forme delle rocce. Rocce che si innalzano, rocce che  si sgretolano. Ricordi che si sono sviluppati, animando prima la mia immaginazione ar tistica e trasformandosi poi in forme plastiche, in bassorilievo, in rappresentazioni grafiche che rimandano ai sentieri, alle vie nella roccia, alle slavine e ai ghiaioni. Insomma, alla montagna nei suoi molteplici, complicati e affascinanti aspetti. Ad alta quota si respira, si apre l´orizzonte, insieme alle nuove vie e, soprattutto, alle nuove idee”.

“Le mie forme: sp igo l i d i rocc ia”

Wi lhe lm Senoner

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l ’ E s p o s i z i o n e

Page 8: San Silvestro

D O N N A D E L V E N T O

“ I l p i ù p i c c o l o m o t od e l l ’ a n i m a

c i f a s e n t i r e l a n o s t r a e s i s t e n z a

c o m e u n a c a v i t à c h e s i r i e m p i e . ”

( N i c o l á s G ó m e z D á v i l a )

Page 9: San Silvestro

U O M O C O N A Q U I L O N E

“ I l p u n t o p i ù a l t oc h e l ’ u o m o r a g g i u n g e

n o n è c i ò c h e f a , m a c i ò c h e l ’ i m m a g i n a z i o n e e s t e t i c a

g l i f a v e d e r e . ”

( N i c o l á s G ó m e z D á v i l a )

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N A T I V I T À

“ . . . i l d o n o d e l l a V i t a . . . ”( G a i a G i a c o m e l l i )

Page 11: San Silvestro

R I N N O V A R E

“ P e r c o g l i e r e n e l s e g n oè n e c e s s a r i o c o n t r a d d i r s i .

P e r c h è l ’ u n i v e r s oè c o n t r a d d i t t o r i o . ”

( N i c o l á s G ó m e z D á v i l a )

Page 12: San Silvestro

S U S A N N A

“ . . . p i ù c h e i l p r o d o t t o d i d e t e r m i n a t i m e t o d i ,l a v e r i t à è l a m e l o d i a d i c e r t e a n i m e . ”

( N i c o l á s G ó m e z D á v i l a )

Page 13: San Silvestro

D I A L O G O

“ N e s s u n o s i t r o v as e c e r c a s o l t a n t o

s é s t e s s o . ”

( N i c o l á s G ó m e z D á v i l a )

Page 14: San Silvestro

U O M O I N C A M M I N O

“ … s p i n g e r s i a i c o n f i n i d i s é s t e s s i … ”

( G a i a G i a c o m e l l i )

Page 15: San Silvestro

I L R I T M O D E L L ’ E S S E R E

“ … i l c o r p o c a l m oe n t r a n e l r i t m o d e l r e s p i r o ,

e i n c o n t r a i l r i t m o d e l l ’ e s s e r e … ”

( G a i a G i a c o m e l l i )

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I L B A C I O

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Mi riferisco alla versione in legno presentata nella mostra in San Silvestro di Vicenza nel maggio-giugno 2013. Due teste: una scura, ancorata al blocco anch’esso scuro che la sostiene, l’ altra aerea, bianco-rosata, sospesa nello spazio da cui arriva toccando appena la fronte della prima con un bacio.Chi sono? Lo spettatore decide subito: lui è un uomo, lei una donna: lui brunito e scabro come il cubo di legno da cui emerge (materia o materies è in latino il legname da costruzione, ligna sono i pezzi di legna da ardere); lei delicata e leggera, planata dal volo cui allude la lunga ed ampia capigliatura, se tale è e non, forse, una misteriosa configurazione d’un essere extraterrestre; i corpi non ci sono, ma chi guarda immagina quello di lui disteso come dormiente o anche ancora racchiuso nel cubo-materia da cui emerge, quello di lei diffuso e sciolto nello spazio e nella luce che la sostanzia.I due non hanno nome e perciò molti sono i nomi con i quali possono essere chiamati: un visitatore della mostra esclamò stupito: “ ma questo è il bacio della Luna ad Endimione!” e mi ha così invogliato a cercare le testimonianze del mito: le versioni sono tante, come spesso nei miti greci, ma concordano in alcuni punti essenziali: Endimione, giovane e bello, era cacciatore o pastore sul monte Latmo in Caria, mentre dormiva di notte tra il suo gregge lo vide Selene (il nome greco della Luna) e se ne innamorò perdutamente, discese accanto a lui e dolcemente gli baciò gli occhi chiusi, poi ottenne da Zeus che Endimione rimanesse per sempre giovane e addormentato, placidamente chiuso nel sonno eterno e lei potesse ritrovarlo per sempre come l’ aveva visto la prima volta.Selene, la luna, nella mitologia greca e poi romana fu identificata con Artemide, la vergine dea delle fiere selvagge, dei boschi e della caccia, che per i latini è Diana, ed anche con Ecàte, dea dell’ oltretomba che si aggira nei trivi in scorribande notturne con fiaccole e cani infernali. Diva triformis la invoca Orazio: Diana sulla terra, Luna in cielo, Ecàte agli inferi.I conti sembrano tornare: che l’ uomo sia immerso nel torpore del sonno - gli occhi chiusi, i tratti del volto spianati - pare evidente; che lei, la visitatrice misteriosa possa essere Selene, la chiara luna, pare suggerito anche dal profilo arcuato che il suo volto assume, se guardato da punti di vista che ne esaltino la linea.Il mito di Endimione e la Luna ebbe fortuna già nell’ arte romana in affreschi, mosaici e sarcofagi; in particolare nei sarcofagi si allude al sonno eterno che accoglie il defunto come quello concesso ad Endimione. Del resto “il sonno di Endimione” era passato in proverbio già in Grecia.

Platone vi accenna nel discorso che Socrate fa a Cebéte poco prima di bere la cicuta (Fedone, 72): Socrate sta dicendo che le anime dei morti debbono continuare ad esistere in qualche luogo e da questo poi nuovamente rinascere: se ci fosse solo l’ addormentarsi e ad esso non corrispondesse lo svegliarsi saremmo come nel caso di Endimione cui toccò di dormire per sempre: tutto allora sarebbe morto nel mondo e nulla sarebbe vivo.Aristotele nell’Etica Nicomachea (10,8) sta sostenendo che la felicità massima per gli uomini consiste nell’ attività contemplativa; questo vale anche per gli dei, che vivono e sono attivi e non si può certo pensare che dormano come Endimione; ora l’ attività di un dio, che eccelle per beatitudine, non può essere se non contemplativa.Cicerone nel libro primo delle Tusculane (I,38) sta affrontando il tema della paura della morte: “la morte non fa paura all’ uomo saggio: se essa infatti è come il sonno, tu ti addormenti ogni giorno ben sapendo che in esso perdi ogni sensazione e pensi che nella morte sia diverso?Se vogliamo ricorrere ai miti, pensi che Endimione che dorme da sempre sul Latmo si preoccupi delle eclissi della Luna, che si dice l’ abbia voluto dormiente in eterno per baciarlo?”E’ significativo che in contesti diversi tre filosofi abbiano collegato il sonno di Endimione con l’inattività e la morte.Uno scrittore tedesco del secolo XVI, Nicolas Reusner, compositore di Emblemi morali (Emblemata… …impressum Francoforti ad Moenum, 1581, III ,40) sceglie tra gli altri il mito di Endimione e Diana, figurato con apposita xilografia, con il titolo “Cupio dissolvi” (=bramo d’essere dissolto) e lo accompagna con sette distici elegiaci che sembrano rispondere polemicamente al passo di Cicerone sopra citato: chi vive piamente desidera d’ esser dissolto e baciato da Dio:…piorumnimirum dulcis mors solet esse soporNam quos Christus amat, sibi iungit carne solutosEt rapit ad vitae gaudia longa novae.

La morte dei buoni è un sonno dolce: quelli che ama, Cristo li congiunge a sé, una volta sciolti dal corpo e li porta alle gioie eterne d’una nuova vita.Il tema di Endimione e la Luna ebbe grande fortuna e diffusione specialmente nella pittura e nel teatro in musica dal Rinascimento e fino al Neoclassicismo.Della fortuna letteraria cito soltanto i Dialoghi con Leucò di Cesare Pavese: in uno di essi(Titolo: La belva) parlano Endimione e un ignoto straniero: il pastore racconta “Mi risvegliai sotto la luna - nel sogno ebbi un brivido al pensiero che ero là, nella radura - e la vidi. La vidi che mi guardava, con quegli occhi un poco obliqui, occhi fermi, trasparenti, grandi dentro”.

Il dialogo deve essere letto per intero, la Luna con i tratti prevalenti della Artemide della caccia e dei boschi, è “una magra ragazza selvatica”… “ Non ha nome. O ne ha molti, lo so.”Ritorniamo al bacio di Wilhelm Senoner, ai due volti senza nome, dai molti nomi.L’opera potrebbe essere emblema di un incontro, di un amore silenzioso e discreto o fuggevole, inaspettato, sognato; potrebbe essere l’ ispirazione, la Musa che nel sonno bacia la fronte del poeta e tanti altri nomi ancora.Un tempo (cfr. Cesare Ripa, Iconologia) si rappresentava la Carità, virtù teologale, come una “donna vestita di rosso, che in cima del capo habbia una fiamma di fuoco ardente, terrà nel braccio un fanciullo, al quale dia il latte e due altri gli staranno scherzando a’ piedi”…Penso che questa scultura di Wilhelm Senoner rappresenti in modo molto più suggestivo della personificazione barocca il “farsi prossimo” che è il proprio della Carità cristiana.Mi azzardo infine a proseguire ancora nel mondo biblico: la Bibbia si apre con il racconto del principio, dell’ origine dell’ universo e dell’ uomo. I racconti in realtà sono due: il primo narra l’ opera dei sei giorni e si apre con i due versetti semplici, maestosi e solenni che proclamano: “In principio Dio creò il cielo e la terra. La terra era informe e deserta e le tenebre ricoprivano l’abisso e lo spirito di Dio aleggiava sulle acque”. Lo spirito di Dio è in ebraico Ruach, sostantivo femminile che significa “spirito” o “vento”, che qui aleggia su qualcosa di oscuro e informe, materies ancora senza vita: non siamo lontani dalla nostra scultura.Ma ci avviciniamo molto più con il secondo racconto (Gen. 2°,v.4 e sgg.): “Nel giorno in cui il Signore Dio fece la terra e il cielo nessun cespuglio campestre era sulla terra…e non c’era l’ uomo che lavorasse il suolo, ma una polla d’acqua sgorgava dalla terra e irrigava tutto il suolo. Allora il Signore Dio plasmò l’ uomo con polvere del suolo e soffiò nelle sue narici un alito di vita e l’uomo divenne un essere vivente”. Il Signore Dio impasta l’ argilla come un vasaio (terra in ebraico è ’adamà, ’adam è l’ uomo) e la sua opera diviene vivente per l’alito di vita che Egli soffia nelle sue narici: nella scultura di Wilhelm Senoner scuro e terragno è il volto che emerge dalla materia, ruvido, impastato ancora, occhi chiusi, bocca serrata, ma su di lui si posa chiaro, luminoso il soffio divino, l’alito di vita, lo tocca e non sarà più ’adamà, terra, ma Adamo, l’uomo.Viene spontaneo il ricordo del dito del Creatore che dà vita ad Adamo sulla volta della Cappella Sistina: molte e diverse sono le icone che l’arte compone per esprimere l’ inesprimibile.

Alla fine un “ Grazie!” a Wilhelm, artista silenzioso ed anche per questo, fascinoso.

“ I l b a c i o ” d i W i l h e l m S e n o n e rF r a n c e s c o P o n t a r i n

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I L B A C I O

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( B e r t o l d B r e c h t )

I L B A C I O

“ E d a n c h e i l b a c i o a v r e i d i m e n t i c a t oS e n z a l a n u b e a p p a r s a s u n e l c i e l o .

Q u e s t o r i c o r d o e n o n p o t r à s c o r d a r e :E r a b i a n c a e s c e n d e v a g i ù d a l l ’ a l t o .

F o r s e i s u s i n i f i o r i s c o n o a n c o r aE q u e l l a d o n n a h a f o r s e s e t t e f i g l i .

L a n u v o l a f i o r ì s o l o u n i s t a n t eE q u a n d o r i g u a r d a i s p a r ò n e l v e n t o . ”

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U O M O I N C A M M I N O

“ Q u a l s i a s i u o m o s i s e n t e s o f f o c a t od e n t r o l ’ i n t e l l i g e n z a a l t r u i ,

q u a l u n q u e s i a . ”

( N i c o l á s G ó m e z D á v i l a )

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G E S Ù E T O M M A S O

“ I l c o r p o è i l r a c c o n t od e l l ’ a n i m a . ”

( N i c o l á s G ó m e z D á v i l a )

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S C H I E N A A S C H I E N A

( G a i a G i a c o m e l l i )

“ . . . u n a t t i m o ,u n ’ e t e r n i t à

d i l u c ee d o m b r a . . . ”

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La poetica dell’artista è inequivocabilmente legata alle sue origini, a Ortisei, alla montagna altoatesina con le sue vedute mozzafiato, al monte Rasciesa, alla ridente val Gardena, alle ortiche e alle api, alla durezza e alla laboriosità della gente di montagna. La sua arte è evocatrice del silenzio … in montagna spesso si ammira la natura in silenzio… davanti alla bellezza delle Dolomiti si ascolta, si guarda, si tace, si riflette. Piccoli grandi momenti, d’intensa emozione, utili ad ascoltare il rumore del silenzio, a sentire noi stessi, a cercare di capire noi stessi e gli altri, il ritmo del nostro essere. Il silenzio come ricerca dell’Io; silenzio è Io in un intreccio di storie di vita quotidiana, luoghi e spazi del molteplice che concorrono alla ricerca di una verità, spesso fugace. Pittura e scultura simbolica quella di Senoner, illuminante nella comprensione duale dell’uomo e della natura: valori, virtù, volontà, vita; verticalità, vette, vento, volo, vallate, val Gardena, i lemmi più consueti del dizionario del vivere montano. Lessemi che rimandano a noi nell’essere in armonia con la natura, nel desiderio incompiuto di un attimo di eternità aspettando ciò che sarà o il nulla.L’uomo in cammino, La donna in attesa, L’uomo che pensa, La donna nel vento, sculture ai confini dell’esistenza… metafore della condizione umana. Immerse nel contesto sublime del Parco Naturale del Puez-Odle tra il giugno e l’ottobre del 2011 hanno espresso il meglio di sé: l’essere umano nell’immensità della Natura, del creato è tutto e niente, infinito e finito, grande e nel contempo mediocre. Arte semplice e antica, intrisa di spiritualità che si è avvolta anche d’intima religiosità nella suggestiva cornice del romanico complesso monumentale di S. Silvestro a Vicenza tra il maggio e il giugno 2013 in occasione del festival biblico. In quel contesto la scultura del Bacio ha incantato e illuminato la navata e le menti dei visitatori ricordando simbolicamente l’essere in armonia con la natura. L’essere in bilico o in equilibrio precario di alcune figure che talvolta se ne vanno a passo lento lungo un ideale orizzonte tra montagne, costoni, crinali e rocce sembrano rammentare all’umanità le fasi in cui si divide la vita: ciò che fu, ciò che è, ciò che sarà, di senecana memoria, quasi a ricordare che, ogni giorno nell’inesorabile fluire del tempo si riduce la nostra esistenza terrena e, occorre non sprecare il tempo a disposizione bensì adoperarsi a vivere intensamente il momento evitando di stancare lo spirito troppo debole in progetti eterni e a lunga scadenza. Avere la consapevolezza di vivere, aiuta nell’attendere senza sorpresa la sicura e fatale dipartita.

In una società contemporanea e in un’umanità sempre più priva di orientamento in cui si fa largo la globalizzazione dell’indifferenza, le sculture ontologiche di Senoner ricordano all’uomo la sua essenzialità nel contesto planetario, la sua funzione prioritaria ma non fondamentale di vivere con e nella Natura. L’uomo, dotato di libero arbitrio, è meritevole di appartenere all’armonia dell’universo nonostante l’azione proditoria e distruttrice portata sovente contro il creato? A tale quesito si può rispondere positivamente se alla sua tracotanza l’umanità risponde con atti e dinamiche armoniche e rispettose della natura con umiltà francescana, intrisa di sofferenza e di letizia, di finitezza nonché di piccolezza, di mediocrità ma anche di grandezza umana. Ad una visione pessimista e catastrofica di un mondo dal nichilismo dilagante si può e si deve rispondere con un’etica antica, saggia, semplice e pratica, all’insegna dell’armonico connubio tra Uomo e Natura, nella ricerca dell’arte di essere felici.Nel profumo del vento, la linea dell’orizzonte della vita.

N a t u r a e r i t m o d e l l ’ e s s e r eG i u s e p p e I n d i n o

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g l i E v e n t i

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VERNISSAGEGiovann i Pe t re l l a

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VERNISSAGERober t a Gu id i

Ecco un bambino di spall

e: c

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le volare nel c

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i . Ieri l’ Est,

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l ’ O v est.

M e t t o l a s

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e le mie ginocch

ia p

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o n o t o c c ar

e le rose

.

Se mi accarezzassi il viso con l

e m

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e i nc r e s p a t e e r i t m o d e l p r o f u m

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to

.

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MOSTRA FOTOGRAF IC A“ I l r i tmo de l l o spaz io” d i A t t i l i o Pav i n

Page 28: San Silvestro

“Questa sera, in questo luogo grazie alla presenza simultanea delle sculture di Wilhelm, le foto di Attilio,

la voce di Roberta, la musica di Giovanni, la parola di Marco, gli aforismi di Gómez Dávila sono

sinergicamente concentrati simboli illuminanti nella comprensione dell’uomo e della natura: valori, virtù,

volontà, vita, verità; vallate, val Gardena, vento, verticalità, Vicenza, volo. Tutte parole che rimandano a noi

nell’essere in armonia con la natura, nel desiderio incompiuto di un attimo, un’eternità di luce e ombre

aspettando l’illuminazione irrazionale delle 17.00 che s’irradia sulla scultura centrale del bacio

ascoltando il canto delle parole che è per gli uomini il medico del male di vivere. ”

PRESENTAZIONE DEL ROMANZO“Una pa ro l a neg l i occh i ” con l ’ au to re Marco For n i

(Giuseppe Indino)

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CONCERTO“ . . . che t a l do l cezza ancor ne l co r m i tocca .”

e segu i t a da Cappe l l a Mus i c a l e San t a Mar i a i n Ar ace l id i r e t to re : Cr i s t i ano Lance ro t to

….e tra le rose di una verde spinamovendo sì soave la sua bocca,entro un bel prato adorno d’ogni fiore,che tutto tremolava di splendore.Una donzella cantava d’amore,che tal dolcezza ancor nel cor mi tocca.

(Bruno Bettinelli)

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ALTR I EVENTI17 Magg io - 16 G iugno 2013

Concer to degli allievi del Conservatorio di Venezia (Maria Tiozzo, Marco Spoladore, Sofiia Kr yzhko)

Bocciodromo Jazz Band con Mauro Baldassarre

Medioevo delle immagini: la simbologia nelle Chiese del vicentino. Relatore: Marco Ferrero

I colori dell’India: repor tage fotografico. Attilio Pavin.

“Trabaci e abbracci” - Le viole da gamba del Conservatorio di Vicenza

Come fotografare: r iprese fotografiche delle sculture nell’interno di San Silvestro. Attilio Pavin.

Concer to del’Orchestra DLM direttore Gabriele Dal Santo

Incontro con il fotografo Attilio Pavin

Dialogo sulla scultura con Wilheim Senoner

Concer to/Testimonianza di Lorenzo Belluscio

Concer to con Giulia Seganfredo e Sergio Marcante

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Attilio Pavin

Marco Ferrero Marco Forni Giuseppe Indino Bettina HoffmanStudente del Conservatorio

di VicenzaGabriele Dal Santo

Maria Tiozzo Marco Spoladore Sofiia Kr yzhko Mauro Baldassarre Rober to Meneguzzo

ALCUNI PROTAGONIST I

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Con i l pa t roc i n io de l Comune e de l l a P rov i nc i a d i V i cenza ,de l l ’Un ione Ca t to l i c a Ar t i s t i I t a l i an i (UC AI ) .

Or gan i z z a t a da l l ’UC AI “Bea to F r a C l aud io Gr anzo t to” - Sez ione d i V i cenzaMos t r a a cu r a d i Ga i a G i acome l l i , En r i c a Vo lp i con Wi l he lm e C l aud i a Senoner

Fo to d i A t t i l i o Pav i n - www.a t t i l i opav i n . i tP roge t to g r a f i co T-Rex & B ros - www. t - rexndbros . com

www.w i l he lmsenoner. com