Salute e Scuola un progetto di Rete

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AZIENDA OSPEDALIERA SPEDALI CIVILI LABORATORIO CLINICO PEDAGOGICO OSPEDALE DEI BAMBINI DI BRESCIA. RETE DELLE SCUOLE BRESCIANE Direzione Didattica di Salò In collaborazione con COMUNITA’ DEL GARDA Patrocinio ed ospitalità FONDAZIONE “IL VITTORIALE DEGLI ITALIANI” COMUNE DI GARDONE RIVIERA SEMINARIO 16 ottobre 2004 Gardone Riviera – Brescia C. S. A. Brescia

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Laboratorio Clinico Pedagogico e Ricerca Biomedica 16 ottobre 2004 Gardone Riviera – Brescia

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AZIENDA OSPEDALIERA SPEDALI CIVILI LABORATORIO CLINICO PEDAGOGICO OSPEDALE DEI BAMBINI DI BRESCIA.

RETE DELLE SCUOLE BRESCIANE

Direzione Didattica di Salò

In collaborazione con COMUNITA’ DEL GARDA

Patrocinio ed ospitalità FONDAZIONE “IL VITTORIALE DEGLI ITALIANI”

COMUNE DI GARDONE RIVIERA

SEMINARIO

16 ottobre 2004 Gardone Riviera – Brescia

C. S. A. Brescia

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Con il patrocinio Centro Servizi Amministrativi Brescia Comuni Salò, Toscolano Maderno Comunità Montana Parco Alto Garda Distretto Scolastico n° 40 Salò Centro Territoriale di Documentazione Risorse e servizi per l’Handicap – Salò Un sentito ringraziamento per il contributo a : Hotel Belvedere – Salò Istituto Professionale per Servizi Alberghieri “De Medici” - Gardone Riviera Caffè D’Annunzio – Gardone Riviera Orticoltura F.lli Chimini – Toscolano Maderno Tipografia Giovanelli – Toscolano

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SALUTE E SCUOLA : PRESUPPOSTI DI UN PROGETTO Da alcuni anni stiamo rilevando, sul territorio e nelle nostre Scuole, un significativo aumento del disagio scolastico legato a patologie croniche che si presentano nella prima infanzia e nell’età scolare; di contro le Scuole si trovano in difficoltà ad affrontare le problematiche indotte da tali patologie. Parallelamente si sta sviluppando nella società contemporanea una cultura della collaborazione in rete tra Istituzioni che, a diverso titolo, si occupano di giovani e di scuola. La Scuola davanti a situazioni problematiche si pone spesso la domanda: “Come mi devo comportare? Come posso fare, agire, quali aiuti posso offrire al bambino/ragazzo in difficoltà? Come intervenire nella somministrazione di farmaci “salvavita” indispensabili anche durante lo svolgimento di attività scolastiche?” Per dare risposte a questi interrogativi è nato il progetto con il Laboratorio Clinico Pedagogico dell’Ospedale dei Bambini di Brescia, sulla scia della cultura della collaborazione in rete. Siamo fermamente convinti che la Scuola nel suo complesso, ed il personale che vi opera abbiano un ruolo fondamentale, accogliendo le sfide educative, pedagogiche e psicologiche poste dalla società sempre più complessa, nel sostenere alunni e studenti, aiutandoli ad affrontare eventuali momenti critici che possono verificarsi durante la loro permanenza a scuola; ma , per fare tale lavoro di prevenzione è indispensabile un momento di formazione specifica; da qui il progetto promosso dal Laboratorio Clinico Pedagogico con la Rete di Scuole Bresciane ed il CSA rivolto a docenti ed operatori della Scuola sul tema delle patologie croniche: asma, diabete, epilessia. Per un insegnante o un collaboratore scolastico conoscere gli aspetti sia medici sia psicologici di un bambino o di una bambina affetti da patologia cronica significa essere in grado di aiutarlo/a a convivere con serenità con il suo problema, provando anche ad accogliere emozioni e paure che tali eventi possono suscitare all’interno della classe ed affrontare gli eventuali momenti di difficoltà con competenza, evitando allarmismi e prendendo opportune decisioni. Per presentare il Progetto di formazione e le relative sfide sostenute dalla Rete di Scuole è nata l’idea di questa giornata seminariale: un momento di riflessione intorno ad una proficua collaborazione fra le due Istituzioni Scuola-Ospedale Pediatrico, che si propongono di operare in sinergia per la gestione di casi clinici in classe. I nostri ringraziamenti vanno alla Fondazione del Vittoriale, ed in particolare alla Prof.ssa Giovanna Ciccarelli, per la calorosa ed ospitale accoglienza, nonché all’Amministrazione Comunale ed al Sindaco Ing. Alessandro Bazzani. Un grazie anche al Laboratorio Clinico Pedagogico ed al suo ideatore Dott. Sebastiano Guarnaccia dell’ Ospedale dei Bambini di Brescia. Raffaele Spiazzi Luigiana Ghirardi Direttore Sanitario Ospedale dei Bambini Dirigente Scolastico Spedali Civili di Brescia Direzione Didattica Sal ò

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Interventi Sezione: IO E LA MALATTIA CRONICA: Moderatori: Sebastiano Guarnaccia / Raffaele Spiazzi: Epilessia:

Daniela Valseriati, Silvia Battaglia, Antonella Bresciani, Ada Pluda, Itala Polsini, Emma Riviera, Anna Consonni, Paola Di Domenicantonio,Giuseppe Farella, Serena Micheletti, Stefano Molinari : “ < Sono un bambino con l’epilessia > o < Io sono l’epilettico? > “

Diabete: Fabio Buzi, Elena Prandi, Barbara Felappi, Marcella Battaglia, Laura Valseriati,

Mariangela Salucci, Lucia Pagliaini, Claudio Macca: “ Il diabete “

Asma: Sebastiano Guarnaccia, Silviana Timpano, Antonello Baldi, Emanuele D’Agata,

Serena Domenighini, Stefania Gastaldi, Giuseppina Gnaccarini, Carolina Iarocci, Daniela Manfredi, Lucia Mercato, Miriam Parzani, Patrizia Pellegrino, M.Elena Troncatti: “ L’asma bronchiale “

Lettura Magistrale: Giuseppe Roberto Burgio: “ La condizione cronica di salute: dalla prevenzione alla difesa”

Sezione: IO, LA MALATTIA CRONICA E LA SCUOLA:

Moderatori: Wilma Boghetta / Alessandra Tiberti

Roberto Medeghini: Quando imparare diventa difficile

La somministrazione dei farmaci a scuola:

Giovanni Battista Pesce: Il punto di vista della famiglia

Eleonora Spettoli: Il punto di vista della scuola Adelaide Conti: Aspetti medico legali Maria Piovesan, Daniela Manfredi, Sebastiano Guarnaccia: “ Io e la malattia cronica”: progetto di formazione per docenti ed operatori scolastici

Sezione: SALUTE E SCUOLA, UN PROGETTO DI RETE – ANNO SCOLASTICO 2004 / 2005

Documenti: Progetto formativo: Laboratorio Clinico Pedagogico / Azienda Spedali Civili Brescia /

Rete delle Scuole Bresciana

Accordo di Rete tra Istituzioni Scolastiche per la formazione di docenti e personale sul tema “ Io e la malattia cronica” (Il problema dei giovani studenti con patologie croniche).

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“ Sono un bambino con l’epilessia ”o “ Io sono “L’ Epilettico ” ? Daniela Valseriati, Silvia Battaglia, Antonella Bresciani, Ada Pluda, Itala Polsini, Emma Riviera, Anna Consonni, Paola Di Domenicantonio, Giuseppe Farella, Serena Micheletti, Stefano Molinari. Centro Regionale per le Epilessie dell’Infanzia e Adolescenza, U.O. di Neuropsichiatria dell’Infanzia e Adolescenza, Presidio Ospedale Bambini, Azienda Spedali Civili Brescia Il termine epilessia deriva dal greco “Epilambanein”, che significa sorprendere, cogliere alla sprovvista. Si tratta di una particolare situazione caratterizzata dal ripetersi di crisi epilettiche non provocate. La crisi epilettica è la manifestazione clinica di una scarica parossistica abnorme a livello di una popolazione più o meno estesa di neuroni. Diverse sono le manifestazioni cliniche; si va dalla più conosciuta ed eclatante “crisi epilettica” generalizzata tonico-clonica alle meno note, ma sempre molto disturbanti, crisi epilettiche parziali o focali con sintomi che mimano od eliminano transitoriamente la funzione svolta da ogni area cerebrale (crisi visiva per le aree visive, motoria per quelle motorie, con sintomi affettivi e vegetativi per le aree preposte al controllo delle emozioni ecc.). Diversa è la causa: si va da un’epilessia che è manifestazione di una lesione (da patogenesi pre-peri-postnatale) ad epilessie senza causa organica, di tipo genetico.Per questi motivi, più che di epilessia è meglio parlare di epilessie, perché esistono molteplici tipi di epilessia differenti per eziologia (causa), manifestazioni cliniche, problemi associati, prognosi e terapia. Ma qualsiasi sia il tipo, si tratta comunque di una patologia cronica, che quasi sempre necessita di un trattamento farmacologico continuativo, che comporta ripetute visite ed esami di controllo e per la quale bisogna frequentemente modificare le abitudini di vita. Ed è soprattutto una malattia che fa paura, che porta con sé lo spettro dei pregiudizi e dei luoghi comuni. Anche laddove la malattia abbia un andamento non particolarmente impegnativo, ci pensano i pregiudizi a renderla cronica. Ecco come definisce l’epilessia un grande epilettologo: una malattia che colpisce non solo nel fisico. E’ come un tornado! Entra in una famiglia e, d’improvviso, spazza via certezze, equilibri, tranquille routine quotidiane. Ci si trova a dover fare i conti non solo con la malattia, con i medici, con gli esami, con le terapie. Si deve imparare a colloquiare anche con pregiudizi, paure, ansie. Tarli che spesso si annidano proprio tra le mura domestiche oltre che nella società. (Prof.Vigevano) C’è un vero e proprio terrore dell’epilessia, perché nel pensiero comune: - Epilessia vuol dire che le crisi possono ripetersi, in maniera totalmente imprevedibile. - Epilessia vuol dire che uno ”è malato nel cervello”. - Epilessia vuol dire che uno ”è diverso”. - Epilessia è una malattia cronica e invalidante In effetti l’epilessia fa paura: si ha paura della crisi, timore di che cosa sta alla base dell’epilessia, paura degli accertamenti, dubbi rispetto alle terapie, angoscia rispetto alle conseguenze, ansia circa la vita attuale e futura. Ma chi coinvolge la paura? Tutti!: il “malato”, i genitori, i fratelli, gli altri parenti, gli amici, gli insegnanti, i compagni di scuola e di gioco, l’allenatore della squadra di calcio ma anche il medico curante, il farmacista ecc. Tali paure inducono molte incognite relative a lui e alla sua malattia: e se ha una crisi a scuola? E’ vero che l’epilessia porta sempre con sé disturbi cognitivi e ritardo mentale ? Chi ha l’epilessia ha problemi di comportamento? Può il bambino con epilessia stare al computer o guardare la TV? C’è da fidarsi a portare il bambino con epilessia in gita? Il bambino con epilessia può attuare attività sportive? E nel suo futuro che lavoro potrà fare, potrà creare una sua famiglia? Si può guarire dall’epilessia? Dall’altra parte il bambino ha la percezione che qualcosa in lui lo rende diverso dagli altri:

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- “Io non so come è la mia crisi ma gli altri si spaventano” - ”Vorrei che chi mi sta vicino conoscesse veramente e capisse il mio problema”. - ”Vorrei non sentirmi un marziano”. - “Vorrei andare tranquillamente a scuola, praticare il mio sport preferito, godere del tempo libero, senza rinunce e senza sentirmi diverso” - “Vorrei vivere meglio!!!” In famiglia l’epilessia comporta delle modificazioni nelle dinamiche relazionali che rendono ancor più cronica la sua naturale cronicità come un cambiamento delle abitudini famigliari, una tendenza a nascondere la diagnosi, una difficoltà nel superamento del processo di separazione-individuazione, un controllo ossessivo della vita del figlio e una collusione con i suoi comportamenti regressivi Se ciò si verifica nella propria famiglia, dove c’è comunque l’affetto, l’unione, la protezione, è facile pensare come ancora più difficile sia la condizione del bambino con epilessia nella scuola, nel tempo libero, come gli si prospetti un futuro disagevole, come le persone che entrano in contatto con lui abbiano un modo particolare di considerarlo, spesso in maniera assolutamente inadeguata. Affinché il bambino possa vivere bene, deve trovarsi al centro di una “rete” di attenzioni, basate sulla conoscenza del problema e sulla condivisione dei percorsi terapeutici ed educativi. E’ indispensabile prima di tutto far conoscere la patologia, informare circa le sue caratteristiche, formare sul modo di affrontare le manifestazioni cliniche e le problematiche ad essa connesse. Vanno quindi facilitati i momenti di incontro, di scambio delle esperienze, di collaborazione, di interazione, di confronto professionale. Per prima cosa è importante che l’equipe che si occupa del bambino sia ben strutturata, con presenza di figure di vario tipo (medici specialisti, infermieri, psicologi, assistenti sanitari, tecnici di neurofisiopatologia, ecc.) ai fini di rispondere adeguatamente alle necessità ”mediche” del paziente, ma anche di informare o formare le persone che vivono in contatto con lui. Per rispondere almeno in parte a tutte queste esigenze la Regione Lombardia dal 1986 ha istituito una rete di Centri per le Epilessie che svolgono funzioni di prevenzione, assistenza e riabilitazione: il nostro Centro per le Epilessie dell’Infanzia e dell’Adolescenza annesso alla Divisione di Neuropsichiatria Infantile è stato istituito nel 1989. L’epilessia è tra l’altro una malattia frequente e per questo è necessario impegnare molte forze : circa l’1% della popolazione soffre di epilessia ( 10.000 soggetti con 300 nuovi casi nella nostra Provincia, di cui 80% in età evolutiva. Il CRE (Centro Regionale Epilessia) dell’Infanzia e dell’Adolescenza di Brescia ha in carico 1500 pazienti e accoglie ogni anno 250 nuovi casi. Possiamo quindi dire che l’epilessia ha un notevole peso rispetto alla globale attività del nostro Reparto rappresentando circa il 50% delle visite ambulatoriali, un terzo dei ricoveri e due terzi dei Day Hospital. Il nostro gruppo si è posto questi obiettivi: - Cercare di prevenire le crisi o di ridurne comunque la ricorrenza, utilizzando protocolli clinico-diagnostici e clinico-terapeutici comuni per favorire la standardizzazione dell’attività - Ridurre la condizione penosa del ricovero - Svolgere un’attività di ricerca dei Centri, favorendo programmi collaborativi - Assicurare l’interazione con strutture territoriali, specialistiche e di base - Aiutare il bambino a comprendere la malattia ed a convivere con questa - Aiutare la famiglia, attraverso attività di informazione e sostegno - Potenziare l’opera di formazione e aggiornamento del personale estendendola maggiormente al personale non medico e svolgere una più incisiva attività di educazione sanitaria - Aiutare la scuola attraverso formazione e supporto affinché la “cronicità” dell’epilessia non divenga un “cronico” impedimento ad una vita normale.

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Il diabete Fabio Buzi, Elena Prandi, Barbara Felappi, Marcella Battaglia, Laura Valseriati, Mariangela Salucci, Lucia Pagliaini, Claudio Macca Centro di Auxoendocrinologia e Diabetologia Pediatrica, Clinica Pediatrica dell’Università di Brescia Che cos’è il diabete: • una condizione cronica dovuta ad aumento dello zucchero nel sangue in seguito a una malattia della ghiandola (pancreas) che produce insulina, principale ormone regolatore dello zucchero nel sangue, la parte di ghiandola che produce l’insulina (“isole pancreatiche”) si esaurisce in seguito a un processo distruttivo Sintomi e problemi: • sintomi acuti (esordio) sete, l’ammalato beve molto, urina molto, dimagrisce, ecc. • necessità di terapia con insulina • necessità di alimentazione corretta e attività fisica • complicanze nel tempo sul sistema nervoso, sui reni, sulla vista, sulla crescita Diabete Mellito • tipo I: deficit assoluto di secrezione di insulina il più frequente in età evolutiva • tipo II: resistenza all’azione dell’insulina più inadeguata secrezione maggior parte dei diabetici adulti Diabete Mellito tipo I: cause • Fattori genetici • fattori ambientali • fattori immunitari Diabete Mellito tipo I • fattori genetici la componente genetica spiega il 70-75% della suscettibilità per DM-I • fattori ambientali l’85-90% dei casi di DM-I si verifica in famiglie con storia negativa per malattia nei consanguinei di 1° grado la predisposizione genetica non è l’unico elemento che causa la malattia Quali sono le cause del diabete nel bambino? causa più frequente: combinazione di predisposizione genetica e fattori ambientali (malattie virali? fattori alimentari? inquinanti? ecc.)

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le isole pancreatiche diventano bersaglio di un “auto-attacco” di parte del sistema immunitario che progressivamente le distrugge incidenza bambini 0-14 anni: nel mondo casi 1/100.000, in Italia: casi 1 / 100.000 Attività della Clinica Pediatrica dell’Università d i Brescia Centro di Diabetologia Infantile • 150 pazienti seguiti in ambulatorio con visite ogni 2 sett. / 3 mesi • 18 esordi nel 2003 • 2004: 12 esordi a settembre Quali sono i sintomi? • poliuria: il bambino urina molto • polidipsia: il bambino ha molta sete • dimagrimento (nonostante appetito conservato) • debolezza progressiva • crisi di vomito con acetone Come si fa la diagnosi? • iperglicemia ( zucchero nel sangue elevato) • glicosuria (zucchero nelle urine) • chetonuria (acetone nelle urine) • acidosi (sangue “acido”) • disidratazione Come si cura? • insulina fin dall’inizio • cura dell’esordio acuto (reidratazione insulina): ricovero in reparto • successivamente: insulina, iniezioni s.c. 3-4 volte al giorno (siringhe, “penne”, microinfusore) • alimentazione + attività fisica • educazione all’autogestione paziente, genitori e persone a contatto con il paziente L’Autogestione • conoscere le diverse insuline analoghi, azione rapida, intermedia, prolungata • quando somministrarla schemi terapeutici • conservazione, sede di iniezione, rotazione • esercizio fisico • monitoraggio della glicemia destrostix 4 volte / g, esame urine (stix), glucometer, diario giornaliero • alimentazione, calcolo dei carboidrati Sedi e mezzi per l’istruzione all’autogestione • fin dall’esordio, in ospedale: istruzione • incontri collettivi, corsi • in sede di controllo ambulatoriale

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• campi – scuola • materiale didattico interattivo giochi, libri, computer, ecc. Il “Team Diabetologico” • medico diabetologo • infermiere “specializzato” • dietista • psicologo • ruolo delle Associazioni di volontariato Le complicanze acute • ipoglicemia : come riconoscerla, come correggerla • iperglicemia: ripercussioni nel tempo • complicanza cronica Le complicanze croniche • neuropatia (sensibilità, parestesie, ecc.) • nefropatia (insufficienza renale, ipertensione) • retinopatia (problemi visivi fino alla cecità) • crescita • aspetti psicologici Alcuni spunti per una “prevenzione” fare attenzione se: • il bimbo urina spesso / abbondantemente • chiede di uscire spesso dalla classe • presenta enuresi • beve molto / continuamente • dimagrisce nonostante appetito

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La malattia cronica : l’asma bronchiale Sebastiano Guarnaccia, Silviana Timpano, Antonello Baldi, Emanuele D’Agata, Serena Domenighini, Stefania Gastaldi, Giuseppina Gnaccarini, Carolina Iarocci, Daniela Manfredi, Lucia Mercato, Miriam Parzani, Patrizia Pellegrino, M.Elena Troncatti . Laboratorio Clinico Pedagogico e Ricerca Biomedica Ospedale dei Bambini Spedali Civili, Brescia. L’asma è la più comune malattia cronica nei bambini e negli adolescenti. Dalle ultime stime negli

USA risulta che circa 5 milioni di giovani sotto i 18 anni ne sono affetti. Costituisce la principale

causa di assenza scolastica e non è raro saltare più di 10 giorni di scuola all’anno; i bambini con

asma grave possono saltarne anche più di 30! I giorni totali di assenza annuale ammontano a 14

milioni (in media più del triplo delle assenze di bambini senza asma).

Le assenze da scuola possono influenzare negativamente i voti, il raggiungimento di diplomi,

l’autostima, è il successo nella vita adulta. In moltissimi casi c’è una ingiustificata limitazione delle

attività quotidiane. In questi bambini i sintomi non controllati possono interferire con le attività

sportive, le gite scolastiche, l’educazione fisica, le attività ludiche.

Si parla ancora di mortalità (anche se in diminuzione) specie nei paesi non industrializzati dove le

cure purtroppo stentano ad arrivare. Registriamo ancora numerosissimi accessi al Pronto Soccorso e

tanti sono i bambini ricoverati. Nell’anno 2003, nel reparto della Pediatria Ovest , dell’Ospedale

dei Bambini, presidio dell’Azienda Spedali Civili di Brescia, sono stati ricoverati 191 bambini per

un totale di 630 giorni trascorsi!

L’asma, pur essendo una patologia così comune (parliamo dell’8-10% della popolazione

pediatrica), spesso non viene riconosciuta, e di conseguenza non trattata; oppure alla diagnosi non

fa seguito un piano terapeutico adeguato o ancora succede che i familiari ed il bambino non

informati e non motivati sospendano le cure in modo improprio. Di conseguenza si succedono crisi

di asma, l’instaurarsi e il perpetuarsi dell’infiammazione bronchiale che porta alla naturale ed

inevitabile cronicizzazione, caratteristica di questa malattia.

Il primo interlocutore con la malattia è decisamente il medico che quotidianamente si scontra con

tale realtà e con tutto cio’ che ne deriva: ansie, paure, incertezze, lunghe terapie, difficoltà di

trasmissione di messaggi e di modelli comportamentali… che possono rendere difficile l’adesione

al piano terapeutico, quindi non ottimale, quando non precaria la gestione. Ad una gestione “

ottimale ” si arriva attraverso tre componenti cruciali: valutazione e monitoraggio regolari; controllo

dei fattori che contribuiscono a innescare la crisi d’asma; instaurare e monitorare la terapia

farmacologica che miri all’utilizzo della minor quantità di farmaci, contenendo al minimo i rischi di

possibili effetti collaterali/avversi. L’obiettivo della gestione “ottimale” è la qualità di vita del

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bambino che non deve essere diversa da quella di un bambino non malato e della famiglia che la

vive, e che è costretta ancora oggi a fare tante rinunce.

Gestire la cronicità significa, da un lato costruire e condividere percorsi applicabili all’interno di

protocolli/linee guida aggiornati e aggiornabili, che possono uniformare l’intervento medico in

termini diagnostico-terapeutici (comunicazione e cooperazione tra medico ospedaliero e medico di

famiglia) e, dall’altro, comunicare, informare ed educare il paziente/famiglia mettendo in atto

strategie e strumenti comunicativo/relazionali.

In questo “ scenario ” è di fondamentale importanza il ruolo giocato dagli “Educatori”, non solo il

Medico, ma gli Insegnanti,gli Animatori sportivi, i Medici e gli Infermieri in ospedale, i Farmacisti,

le Associazioni dei pazienti, le Istituzioni territoriali…. tutti insieme formano una “Rete” basata

sulla conoscenza/condivisione della malattia asma.

A questo obiettivo si è dedicato il progetto ” Io e l’Asma ” che ha iniziato il processo di costruzione

della “Rete” facilitando momenti di incontro, di scambio, di confronto professionale,di interazione e

di collaborazione con i Medici bresciani, con il Gruppo di Educazione della Società Italiana delle

Malattie Respiratorie Infantili, con professionisti (Farmacisti, Insegnanti, Infermieri) e con le

Associazioni di pazienti.

Su questo modello è nato nel dicembre 2003 il “ Laboratorio Clinico Pedagogico e Ricerca

Biomedica ” per l’Ospedale dei Bambini, un centro di educazione, formazione e comunicazione per

Bambini/Famiglie e per tutti gli educatori coinvolti nella “ Rete ”.

Si potrebbe definire i protagonisti della “ Rete ” impegnati in prima linea sul fronte della

comunicazione, dell’educazione, dell’educazione/formazione e della qualità di vita: “ un gioco di

squadra e di competenze/risorse per vincere l’asma e non solo ” ma anche le altre malattie croniche

dell’età pediatrica come, ad esempio, l’Epilessia e il Diabete.

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Lettura Magistrale La condizione cronica di salute: dalla prevenzione alla difesa Giuseppe Roberto Burgio Dipartimento di Scienze Pediatriche, Pavia In modo forse un po’ singolare e persino provocatorio, potrebbe contrapporsi al termine e alla triste

realtà della malattia cronica la dizione di “salute cronica”, inconsueta di certo, nel lessico medico e

in quello comune; auspicio, tuttavia, di un traguardo. Per la protezione della salute, anzi per la

difesa di essa, quale «completo benessere fisico, mentale e sociale», il pediatra è istituzionalmente

impegnato. La “presa in carico del bambino”, sin dalla nascita (o persino prima «pediatria

prenatale») fino alla adolescenza compresa, da parte del pediatra, gli apre un vasto scenario di

possibili interventi preventivi e pedagogici a favore della salute che va utilizzato. Si confida che ciò

avvenga anche in ambiente scolastico, nei confronti dei bambini e dei genitori. Potremmo qui solo

esemplificare: somministrazione di acido folico, già pre-gravidica e precocemente in gravidanza;

avvertimento alla madre gestante dei gravi rischi di alcool e fumo per il feto e, poi, per il bambino

(il fumo passivo è nefasto nei confronti della sua reattività bronchiale e dell’asma); forte

incoraggiamento all’allattamento al seno, da un canto, e alle opportune vaccinazioni dall’altro;

tempestiva applicazione degli screening classici; ad ogni età del bambino, precoce interpretazione

dei sintomi in caso di sofferenze organiche (ad esempio: diabete o epilessia) per una altrettanto

tempestiva diagnosi e terapia; consigli di igiene ambientale e alimentare (nel più esteso senso

intesi); “strategia dell’attenzione” contro incidenti e avvelenamenti (domestici e non); a richiesta,

qualche consiglio circa lo sport e/o l’impiego del tempo libero. La figura del pediatra non può

essere quindi solo quella del “curante”, ma anche quella del difensore dei diritti complessivi del

bambino alla difesa della sua salute, in lunga prospettiva di vita.

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Quando imparare diventa difficile Roberto Medeghini Università degli Studi di Bergamo Il senso di questo contributo trova la sua sintesi nelle tre parole chiave del titolo e nella loro relazione: l’espressione dei significati di una persona ( l’Io) in una certa condizione (la malattia cronica) che si trova ad agire in un contesto ( in questo caso la scuola). L’accento sulle relazioni fra le tre componenti, più che sui singoli elementi, permette di recuperare l’insieme delle interazioni, cioè delle azioni fra le persone, fra persona e contesti e fra questi e contesti più allargati. Pensare alla relazione come a qualcosa che connette ci consente di introdurre nell’analisi non solo l’intenzionalità, la consapevolezza e i significati di chi intende promuovere l’azione, ad esempio gli insegnanti, ma anche quelli della persona alla quale è rivolta questa azione, cioè il bambino e l’alunno, ed è in questa dinamica che la differenza trova una sua espressività. La malattia in una prospettiva esperienziale Nella dimensione relazionale sopra delineata diventa centrale la prospettiva esperienziale di chi vive quotidianamente le pratiche di gestione culturali ed istituzionali della malattia attraverso il proprio corpo, la propria mente e le proprie emozioni. Il recupero delle teorie dell’osservatore, in questo caso il bambino con una malattia cronica, permette di pensare ai significati di malattia non tanto in termini assoluti, come può essere l’ottica medica, ma come punti di vista rispetto alle relazioni. Ciò significa che la definizione di normale e di patologico non è assoluta, ma relativa in quanto rimane all’interno del sistema che la vive e delle relazioni culturali, sociali che la definiscono ( prospettiva esperienziale e sociale). Un contributo significativo su questo versante è stato dato da G.Canguilhem ( 1904-1995) storico e filosofo della biologia il quale critica la posizione tradizionale del concetto di norma come punto di riferimento per definire le diverse situazioni. Nel corso della sua opera Il normale e il patologico ( 1966), Canguilhem pone il tema dei significati soggettivi al centro della riflessione attraverso la netta distinzione fra le norme e le leggi che regolano i fenomeni fisici e naturali e l’esperienza dell’uomo: infatti si può vivere con un deficit, con delle affezioni, ma “… non si può non far nulla della propria vita, o quanto meno si può sempre farne qualcosa, ed è in questo senso che ogni stato dell’organismo…finisce, in quanto esso è compatibile con la vita, per essere in fondo normale…La vita di un vivente, foss’anche un’ameba, non riconosce le categorie di salute e di malattia se non sul piano dell’esperienza, che è prova innanzitutto nel senso affettivo del termine, e non sul piano della scienza…”. Canguilhem fa ricorso al concetto di comportamento privilegiato per sottolineare l’atto di equilibratura messo in atto dal sistema vivente che sceglie solo quelle attività che gli garantiscono maggior stabilità e il minor rischio nel suo rapporto con l’ambiente. Così nel malato o in una persona con deficit, come anche in casi di maggior difficoltà, si instaurano nuove norme di vita che possono essere evolute, ma anche passare attraverso una riduzione del livello di attività o ad un restringimento dell’ambiente per la difficoltà a dare risposte adeguate alle richieste dell’ambiente. Le argomentazioni dell’autore citato permettono di spostare l’accento dalla natura diagnostica della malattia al significato che le viene attribuito dalla persona che la vive e la assume quotidianamente in una continua ricerca di equilibrio soprattutto in relazione con le situazioni sociali. Nello specifico della malattia cronica e dei bambini che la vivono, l’equilibrio si gioca attorno ad alcune dicotomie che caratterizzano il tentativo di emanciparsi da una visione che vincola la condizione alla patologia. Le dicotomie lungo le quali si costruisce un difficile equilibrio sono diverse, ma qui si prenderanno in esame quelle relative a dipendenza/autonomia, non funzionamento/ funzionamento.

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Dipendenza/ autonomia L’esperienza del bambino con una malattia cronica è fatta da un intreccio continuo di dipendenze: ad esempio dipendenza dall’accudimento, dipendenza da farmaci, dipendenza da controlli. L’esperienza che ne deriva ha i tratti di un vincolo e, di conseguenza, non è un caso che in diverse occasioni si sente affermare che il bambino è dipendente oppure non vuole fare le cose da solo. Il problema non sta però nel bambino, ma nell’esperienza che ha vissuto e vive, esperienza connotata dalle diverse dipendenze che costituiscono punti di riferimento sempre più forti e critici. Come possiamo collocare in questo quadro il concetto di “relazione d’aiuto” nella sua accezione più ampia ? La risposta è rintracciabile nella direzione presa dall’aiuto e cioè: “L’aiuto è in relazione al deficit alla malattia oppure si orienta verso lo spazio potenziale?” Nel primo caso il bambino è visto solo in relazione a ciò che manca e viene descritto come “non capace di…” oppure “ che non può fare…” . Questa è una rappresentazione passiva, che vede il bisogno in una forma statica, vincolata al presente e sinonimo di compensazione, assistenza. Nel secondo caso, quello del potenziale, il bambino viene visto come specificità e viene descritto attraverso le capacità e le risorse che sono a sua disposizione. In questa prospettiva viene recuperata la dimensione dell’attività e la proiezione verso il futuro: è una rappresentazione attiva che si rapporta dinamicamente ai bisogni, che non li cristallizza o li appiattisce sulla malattia, ma li rapporta ai contesti e alle varie fasi della vita. Infatti il bisogno di dipendenza di un bambino di 3 anni, ad esempio, non può essere percepito allo stesso modo per lo stesso bambino a 10, 15… anni: nella temporalità non è solo la dimensione e la direzione che cambiano, ma anche il senso che la persona e l’ambiente vi attribuiscono. Queste considerazioni ci permettono di guardare il bambino, anche in situazione di bisogno, come “naturalmente predisposto all’attività”, a fare filtro verso le azioni esterne e quindi ad interagire: infatti l’azione non si svolge in una direzione unica, ma in più direzioni e si definisce attraverso uno scambio continuo di informazioni, azioni e significati fra bambino e ambiente. Ciò significa collocare l’aiuto in una dimensione evolutiva, positiva: infatti l’autonomia si costruisce sull’evoluzione dei possibili aiuti e non sulla loro negazione, sulla relazione fra aggancio e possibilità di cambiamento. Non funzionamento/ funzionamento Nell’immaginario e nelle rappresentazioni sociali la malattia cronica viene spesso associata ad una immagine di non funzionamento della persona e ciò comporta una visione statica ancorata ad una condizione di immutabilità e di dipendenza. Una visione dinamica dei potenziali e degli aiuti permette invece di contrastare questo tipo di immagine in quanto esce dai vincoli del deficit per proiettarsi verso il campo del possibile. In genere l’osservazione, soprattutto di situazioni che presentano un margine di compromissione come può essere la malattia cronica, tende a cogliere e ad evidenziare la situazione “attuale” dell’alunno, cioè le condizioni che si presentano nel momento in cui si osserva. In questi casi si rilevano soprattutto i deficit relativi ad acquisizioni e disapprendimenti precedenti senza riuscire a cogliere una loro potenziale evoluzione: e ciò è tanto più vero in un contesto come quello che stiamo considerando dove il rischio di una descrizione rigida ed immutabile della persona è sempre presente. Per questo motivo è utile gettare uno sguardo “vigotskiano” al contesto per il quale in ogni individuo esiste una zona di sviluppo potenziale che può attualizzarsi e concretizzarsi attraverso interazioni significative: il concetto di potenzialità può essere un indicatore di risorse interne, cioè di quei processi e strategie che sono presenti nel repertorio della persona, ma che non vengono sempre utilizzate è un indicatore di modificabilità che si evidenzia tramite l’interazione con soggetti “più esperti” (adulti, compagni…) Per cogliere ciò che è potenzialmente presente nel repertorio delle abilità e delle strategie del soggetto e lo spazio di modificabilità della situazione “attuale” è necessario però che i contesti, ad esempio la famiglia e la scuola, siano in grado di riconoscere la persona al di là della condizione in cui si trova. In concreto: non si tratta tanto di indagare la posizione rispetto alla norma, ma di conoscere le modalità e la direzione del cambiamento per poterle favorire. In questa prospettiva l’obiettivo è quello di creare una idea di funzionamento che coinvolga la percezione che la persona,

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in questo caso l’alunno con una malattia cronica, ha di se stessa: infatti tutte le esperienze educative e formative che permettono di far sperimentare la capacità di affrontare le richieste e di arrivare ad un risultato positivo rimandano un’idea di funzionamento diversa da quella che viene rimandata dalla condizione della malattia. La scuola come contesto di esperienza Si pone quindi il problema di dare visibilità e di prendere in carico il tema delle “abilità differenti” proprio per rimettere in discussione quella “patologia” della normalità che ha generato e genera tuttora grossi equivoci e disuguaglianze formative. Assumere le abilità differenti come uno dei dati culturali della formazione implica perciò un superamento dell’omogeneizzazione formativa che fonda la sua azione sul principio della “uguaglianza delle opportunità”: infatti pensare di rispondere alle differenze attraverso le stesse opportunità in entrata e le stesse possibilità di formazione risulta inadeguato per i bisogni formativi in quanto si risponde alla presenza di “pluralità” con criteri di omogeneità. Per uscire da questa contraddizione è importante proporre la pluralizzazione “nella” formazione e “nella” educazione attraverso il sostegno e l’incentivazione dei percorsi e delle modalità individuali, assumendo le differenze come condizione necessaria per l’azione educativa e di insegnamento. In questa direzione, il concetto di “abilità differenti” mette in crisi la dicotomia normalità/anormalità, in quanto assume la differenza come situazione quotidiana, come “normale” nella sua espressione, come condizione ordinaria entro la quale si colloca l’esperienza e la vita. Questo rilievo permette di affrontare un altro tema decisivo, quello di uguaglianza, che spesso viene utilizzato dagli insegnanti per giustificare l’assenza di scelte, di proposte e di comportamenti differenziati nei confronti degli alunni. Infatti, alla richiesta di introdurre modalità differenziate nelle procedure didattiche, nella quantità del lavoro, nelle richieste e nelle relazioni, la risposta dei docenti è la seguente: “… come giustifico agli altri queste scelte?… Non è giusto perché tutti devono essere trattati allo stesso modo…L’alunno che viene trattato in modo diverso si può sentire davvero “diverso” dagli altri…”. L’approccio qui evidenziato è senza dubbio ricorrente ed è condiviso da gran parte degli insegnanti i quali utilizzano il concetto di “uguaglianza” sia come sinonimo di “uniformità”, sia come conferma delle differenze. Questa difficoltà culturale impedisce di vedere la differenza come espressione dell’esperienza umana e, quindi, di assumerla come situazione irrinunciabile di qualsiasi relazione. Come si può osservare, l’accentuazione dell’uguaglianza e la sua presa d’atto delegittimano l’insieme delle diversità e pongono i presupposti per una disuguaglianza formativa. Di conseguenza il problema principale per la scuola diventa quello di costruire e assumere culturalmente le differenze per poi ricercare tutte quelle condizioni e quegli adattamenti che permettono alle differenze, anche di apprendimento, di trovare accoglienza ed esprimersi, garantendo davvero l’uguaglianza delle opportunità nella formazione. Le argomentazioni precedenti consentono di proiettare l’azione educativa della scuola verso i bambini con una malattia cronica in una direzione che privilegia l’idea di funzionamento e di sfida ottimale. Infatti questi due presupposti riassumono gli obiettivi che la scuola deve perseguire: da un lato la costruzione e il consolidamento della percezione di competenza e di funzionamento da parte del bambino con una malattia cronica come fattore educativo fondamentale e dall’altro la definizione di esperienze che possano mettere alla prova le diverse abilità in un intreccio fra potenzialità, aiuti e cambiamento. Naturalmente questi obiettivi possono essere perseguiti se l’ambiente scolastico non assume scelte conservative, tendenti cioè a mantenere integra l’identità culturale e organizzativa della scuola attraverso l’espulsione di quelle variabili che richiedono cambiamenti come potrebbe essere la presenza di un alunno con una malattia cronica. L’atteggiamento conservativo può assumere la logica della condizione, cioè dei vincoli che tendono a salvaguardare l’istituzione come ad esempio la richiesta di risorse umane o finanziarie destinate alla persona in ingresso ma non al cambiamento del contesto. Pensare alla possibile modificazioni del contesto, prima di preoccuparsi delle risorse, rappresenta quindi la condizione necessaria e irrinunciabile per creare le condizioni dell’ accoglienza e dell’ inclusione non solo degli alunni con una malattia cronica, ma di tutti.

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LA SOMMINISTRAZIONE DEI FARMACI A SCUOLA Il punto di vista della famiglia Giovanni Battista Pesce Associazione Italiana Contro l’Epilessia – AICE Ancor prima di essere il segretario nazionale dell'Associazione Italiana Contro l'Epilessia, sono il padre di Ninfa Maria, ora ragazza di 16 anni a cui a sei mesi è stata diagnosticata una sindrome epilettica. Al momento dell'inserimento alla scuola dell'infanzia, Ninfa presentava crisi quasi quotidiane che non s'interrompevano spontaneamente tanto da necessitare la somministrazione di farmaco per via rettale. Oltre a ciò i farmaci della terapia ordinaria andavano somministrati tre volte al giorno. L'inserimento scolastico dovette affrontare immediatamente la questione della somministrazione sia dei farmaci della terapia ordinaria sia di quella al bisogno. Grazie al positivo rapporto già sperimentato tra il neuropediatra Emilio Franzoni - medico specialista per la cura antiepilettica - e il neuropsichiatra infantile Alessandro Andona - medico territoriale di riferimento per l'integrazione scolastica - si contattò sia la pedagogista comunale di riferimento sia la scuola. Il primo problema che si manifestò non fu tanto la gestione delle crisi, sia in relazione alla bambina sia ai suoi compagni, ma la responsabilità dell'insegnante rispetto alla somministrazione. Fortunatamente nell'incontro tra la famiglia, i referenti medici ospedalieri e del territorio, la pedagogista comunale e l'insegnante della classe di Ninfa si ebbe un positivo confronto in cui bene si chiarì che la responsabilità rispetto ai farmaci era connessa alla prescrizione e non alla somministrazione. Proprio per fugare qualsiasi perplessità -- sottolineo che dobbiamo ritornare indietro di circa 12 anni - la famiglia redasse una dichiarazione in cui affermava di non ritenere l'insegnante responsabile di alcun effetto derivante dalla somministrazione dei farmaci. Superato tale problema si passò alla somministrazione della terapia ordinaria, a quella al bisogno, alle modalità di comunicazione tra la scuola e la famiglia in caso di crisi, le modalità di informazione dei compagni di classe circa le crisi della loro compagna e le azioni di rassicurazione emotiva e razionale, le modalità di gestione del postcrisi e gli eventuali casi di ricorso al pronto soccorso. Il positivo clima di franchezza determinò la piena disponibilità dell'insegnante Gabriella Bernardi che per tre anni di seguito fu insegnante di Ninfa Maria accompagnandola nel passaggio alla scuola elementare e a tutt'oggi sua carissima amica. La franchezza e la piena collaborazione tra famiglia ed operatori dei vari enti determinarono una positiva esperienza su cui maturò la consapevolezza della necessità di estendere tale positivo percorso integrativo. Senza voler dare l'impressione che tutto fu semplice e facile, il positivo impegno anche associativo della famiglia come pure quello degli operatori sanitari ed educativi determinò che a loro si rivolsero le istituzioni per confrontarsi su esperienze similari. Ciò, con alti e bassi, determinò un positivo clima che grazie ad una prima disponibilità dell'allora Provveditore agli Studi, Giorgio Temperilli, confermata dal suo successore, Paolo Marcheselli, generò il protocollo bolognese. Da questa esperienza s'attivarono due percorsi, uno locale con l'assunzione di detto protocollo in altre realtà regionali ed extraregionali, ed uno per la determinazione di un atto d'indirizzo nazionale. Mentre a livello locale si sta diffondendo l'assunzione di simile atto, a livello nazionale, già pronto alla firma, l'impegno del sottosegretario all'istruzione Giuseppe Gambale, non trovò conferma. Oggi, ripercorso con l'attuale Governo il confronto, l'atto, nuovamente pronto per la firma, attende, si auspica in breve, la sottoscrizione dei sottosegretari Valentina Aprea, all'Istruzione ed Antonio Guidi, alla Sanità. Vi propongo ora la visione di due servizi del TG Regionale RAI dell'Emilia-Romagna: il primo su come affrontare le crisi epilettiche, il secondo che evidenzia come la somministrazione dei farmaci sia nelle scuole una positiva realtà integrativa.

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Il punto di vista della Scuola Eleonora Spettoli Direzione Didattica VII° Circolo, Bologna La mia presenza qui è motivata dall’esperienza che la scuola da me diretta, l’Istituto Comprensivo n.ro 7 di Bologna, ha maturato negli ultimi anni relativamente al rapporto fra malattia dell’alunno e scuola, in particolare quando la malattia comporta la eventualità di un intervento “sanitario” da parte degli operatori scolastici sull’alunno malato. Prima di questa esperienza mi era già capitato, qualche volta, di confrontarmi con la necessità di somministrare farmaci agli alunni in orario di lezione e, ovunque, erano state evidenziate da parte del personale scolastico diverse preoccupazioni quali quella di “non essere all’altezza”, di non avere professionalità specifica , di non essere giuridicamente legittimati ad intervenire. Si riteneva che l’unica cosa davvero legittima che si poteva fare era quella di chiamare il pronto soccorso. Risultava cioè problematico conciliare l’obbligo di prestare soccorso ad un alunno, a volte anche in pericolo di vita, con l’incertezza delle competenze del personale scolastico. Le UU.SS.LL. avevano comunque cercato di dare delle risposte alle perplessità espresse dalle scuole stendendo dei “Regolamenti”, in cui c’erano già alcune direttive importanti per la somministrazioni di farmaci in situazioni particolari, o in presenza di malattie croniche, o in situazioni di emergenza (farmaci salvavita). Veniva anche detto però che davanti ad eventuali resistenze dell’istituzione scolastica, i genitori dovevano assumersi l’onere di recarsi a scuola per eseguire la terapia. Arrivata nell’Istituto Comprensivo che ora dirigo, nell’anno scolastico 2000/2001 trovai il caso di una alunna, proveniente da una scuola elementare del mio stesso Istituto e iscritta alla I^ media, che, per la sua patologia, oltre a necessitare di una terapia quotidiana, avrebbe potuto avere necessità di interventi immediati e sulla quale, anche per le giuste pressioni della famiglia, era già stata organizzata una rete di pronto intervento nella eventualità che ci si trovasse davanti ad un evento improvviso. Sottolineo le date perché tale organizzazione fu adottata dalla scuola prima che fosse emanato un Protocollo, ufficiale e concordato fra le istituzioni interessate, per la somministrazione dei farmaci. La cosa più importante e che dava più tranquillità alla scuola nei confronti dell’alunna e della sua famiglia fu che lo specialista che seguiva la bambina venne a scuola per informare sulla malattia, sul farmaco da usare e sulle modalità di un eventuale intervento del personale scolastico che avrebbe ruotato sull’alunna. Tutti gli interessati (insegnanti, educatori, bidelli) sapevano dove trovare il farmaco e come utilizzarlo. Ero finalmente arrivata in una scuola dove non si poneva il problema del “a chi tocca?”, “devo proprio farlo?”, ma dove era già acquisita la mentalità della sicurezza della salute degli alunni. Era questo “il punto di vista” di quella scuola che è ancora la mia. Nel settembre del 2002 arrivò alle scuole di Bologna il Protocollo per la somministrazione dei farmaci nelle scuole, accompagnato da una modulistica aggiornata e sottoscritto da rappresentanti di CSA, ASL, Provincia, Comune di Bologna, di associazioni delle famiglie, con il quale trovò formalizzazione una pratica già seguita da noi, come certamente anche da altre scuole che si trovavano a dover risolvere problemi analoghi ai nostri, e che teneva conto anche delle indicazioni che, come ho detto, erano state date fino ad allora. Il Protocollo accoglie alcuni principi-cardine, condivisi da tutte le parti che l’hanno sottoscritto e cioè: • la tutela della salute e della sicurezza degli alunni è obiettivo prioritario accanto alla educazione e alla formazione; • non si tratta però di un obiettivo genericamente affidato alla buona volontà di chi è disponibile, ma un dovere sul quale si deve essere adeguatamente formati e per il quale si devono possedere gli strumenti opportuni.

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Per i farmaci a scuola, in particolare, la procedura deve essere del tutto rigorosa e si basa sui seguenti punti: • la necessità della somministrazione, espressa dalla famiglia e documentata dai medici del Servizio di Pediatria; • la consapevolezza degli interventi da compiere; • l’affidabilità di chi deve eventualmente intervenire. Su questo ultimo punto il Capo di Istituto deve essere attento; la scuola non può garantire che tutto il personale sia psicologicamente pronto, responsabile e tranquillo, oltre che informato; la scuola però può e deve attivarsi perché nell’arco della giornata scolastica, chi agisce direttamente sull’alunno malato abbia queste caratteristiche. In questo ritengo consista anche la “fattibilità organizzativa” che il Protocollo attribuisce alla valutazione del Capo di Istituto e a questo credo si riferisca anche l’espressione “operatori scolastici disponibili”, dove “disponibilità” non sta a indicare la possibilità di sottrarsi alla necessità dell’intervento, ma piuttosto, “capacità” di rispondere alla richiesta. Il Protocollo non ignora un’altra cosa che già si faceva e si fa nella scuola da me diretta e cioè la continuità nell’informazione e nel mantenimento del progetto fra un ordine di scuola e l’altro. Viene raggiunto così un altro obiettivo, quello di far sentire all’alunno che l’ambiente scolastico in cui si trova lo rispetta e, nel caso, lo protegge e ancora quello di dare alla famiglia la tranquillità e le garanzie cui hanno diritto. So che il relatore che mi segue si occuperà degli aspetti medico-legali di questa questione e spero che possano essere affrontati i timori e le perplessità legati a questi aspetti. Il Protocollo descritto aiuta la scuola in questo e tranquillizza le famiglie, ma se nella massima attenzione, con la migliore buona volontà, la scuola sbaglia o le cose non vanno come dovrebbero andare, si è chiamati a rispondere? E cosa rispondiamo alle famiglie?

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Aspetti medico-legali Adelaide Conti Cattedra di Medicina Legale, Università degli Studi di Brescia, Spedali Civili, Brescia La somministrazione dei farmaci a scuola è un problema cogente e forse non più procrastinabile se consideriamo le esigenze del bambino, della famiglia e dell’intera collettività. In primo luogo esso significa promozione della salute nell’età evolutiva ed integrazione, nonché valorizzazione dei soggetti con patologia, eventualmente cronica. Diventa pertanto motivo di riflessione etica, che presenta al suo interno anche problematiche di ordine medico – legale. L’importanza del lavoro in rete degli operatori – peculiarità caratteristica del progetto”Salute e Scuola” che vede sinergicamente coinvolti la Rete delle Scuole Bresciane e il Laboratorio Clinico Pedagogico dell’Ospedale dei Bambini - diventa essenziale ed altrettanto dicasi del ruolo della formazione, centrale al fine di tutelare la salute dei soggetti bisognevoli: formazione, ovvero conoscenza, in linea di massima, per esempio dei fattori scatenanti una patologia ed i sintomi ad essa correlata. Infatti talora è proprio la scuola a segnalare per prima il caso cosiddetto “anomalo”, ovvero particolare, ai genitori o ad altre istituzioni, sempre con il fine di tutelare la salute dello studente: in tal caso si parlerebbe di una vera e propria diagnosi precoce. Formazione significa inoltre essere preparati ed equilibrati per affrontare una situazione di urgenza. Peraltro risulta di fondamentale importanza ricordare che lavorare in rete non significa attuare un’organizzazione “perfetta” in cui siano nettamente divisi compiti e funzioni, ma essa viene garantita dalla “capacità di vivere l’integrazione dei ruoli, pur operando in spazi diversi ed in tempi diversi, in settori apparentemente indipendenti.” (1) Infatti il lavoro stesso in rete diventa momento di apprendimento e di formazione per tutti i componenti dell’equipe, con lo scopo anche di elaborare nuove procedure di lavoro specifiche per i singoli casi e differenziate secondo i compiti e gli obiettivi. Un rapporto di collaborazione assicura esiti positivi solamente ove ci si ponga inizialmente con mentalità aggregativa e costruttiva e non ove ciascuno elabori il proprio progetto da solo, magari anche discostandosi dall’operato degli altri; l’iniziativa del singolo dovrebbe comunque essere mantenuta sempre, in funzione tuttavia di un progetto comune. La comunicazione tra gli operatori in tal senso deve essere “aperta”, per garantire quella interazione reciproca che garantisca la possibilità di definire modelli di intervento unitari e interdisciplinari. Concretamente la molteplicità di situazioni che a scuola si possono presentare agli operatori non permette di creare schematismi rigidi e tassativi, tuttavia si possono configurare sostanzialmente due situazioni: un alunno con patologia nota, che necessita di assumere terapie con dosaggio già noto, oppure veri e propri casi di “necessità”, inaspettati, in cui un soggetto sano accusa una situazione di urgenza che va fronteggiata nel più breve tempo possibile. L’età dello studente assume importanza nel momento in cui ci si trovi di fronte ad un minore. Nel nostro ordinamento giuridico la norma è tuttavia molto chiara: infatti un minore di 18 anni non ha potere decisionale e viene assimilato all’incapace in ordine alle decisioni da intraprendere sulla propria salute e/o per la propria vita. Pertanto appare in ogni situazione necessaria la maggiore età per l’espressione di un valido consenso. Altri considerano sufficiente la sola capacità di intendere e di volere che considerano acquisita al compimento del quattordicesimo anno d’età, altri sostengono l’impossibilità di una regola unitaria e costante e propendono per una valutazione da compiersi caso per caso, soprattutto al di sopra dei quattordici anni. Coloro che sostengono l’opportunità di informare e chiedere il consenso al soggetto minore sostengono infatti che, allorché il ragazzo sia adeguatamente informato conformemente alla propria capacità di comprendere, sia più collaborante nei confronti del trattamento che si intende attuare. La responsabilità nell’ambito della somministrazione dei farmaci a scuola è indiscutibile che in primo luogo si sostanzi nell’indicazione della prescrizione fornita dal medico curante. Nell’ambito

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strettamente scolastico nella custodia e nella somministrazione vera e propria. Per quanto attiene la custodia appare assodato che essa competa al Direttore Didattico o meglio Dirigente Scolastico che avrà le giuste indicazioni per un’attenta e controllata custodia del farmaco stesso. Per quanto concerne la somministrazione essa potrebbe competere all’assistente educatore se presente, ovvero all’insegnante stesso se mancano altre figure di supporto. Tuttavia il profilo del personale educativo-assistenziale negli accordi di Programma della Provincia di Modena (2) non prevede che debba adempiere a tale compito; infatti si prevede un lavoro integrativo con il personale docente, una conoscenza completa sull’handicappato assegnato ed una collaborazione con l’autorità scolastica. L’Unità Operativa del Laboratorio Clinico Pedagogico dell’Ospedale dei Bambini di Brescia ha elaborato un “Progetto di Rete” che presenta caratteristiche peculiari: esso prende spunto dal Protocollo per la somministrazione dei farmaci a Scuola presentato a Monza; lo scopo precipuo di tale proposta risulta senz’altro quello di promuovere sempre l’integrazione scolastica dello studente, rimuovendo gli ostacoli eventualmente presenti. Si tende inoltre ad organizzare in modo funzionale e lineare il momento dell’eventuale somministrazione del farmaco, distinguendo con chiarezza le diverse responsabilità degli operatori della scuola che si occupano del problema. Tali figure sono peraltro invitate a motivare adeguatamente eventuali impedimenti che interferiscono con la somministrazione della terapia al ragazzo. In tal senso si privilegia ancora una volta la centralità della persona/alunno, promuovendone la salute unitamente all’integrazione nell’ambito scolastico. BIBLIOGRAFIA 1. Augenti A. et al, Integrazione scolastica e solidarietà sociale, Ed. La Scuola, 1984, 97. 2. Meneghini R., Cavagnola R., L’assistente educatore nella scuola, una figura da ripensare, Ed. Vannini, 2001, 15.

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“ Io e la malattia cronica “ progetto di formazione per docenti ed operatori scolastici

Maria Piovesan, Responsabile progetto “Salute e Scuola” Daniela Manfredi, Sebastiano Guarnaccia, Laboratorio Clinico Pedagogico, Ospedale dei Bambini, Spedali Civili Brescia La gestione delle malattie croniche quali asma , diabete, epilessia richiede la strutturazione di un progetto ampio ed articolato. L’impatto di queste malattie, infatti, non si misura soltanto sul vissuto del paziente e della sua famiglia, o sul costo delle prestazioni, ma si “curano” grazie all’intervento di un’intera collettività, di una “rete” di ruoli, figure competenze e strutture tra di loro in rapporto sinergico. Questi i motivi di fondo che hanno portato alla nascita, all’interno dell’Ospedale dei Bambini di Brescia, del Laboratorio Clinico Pedagogico: una struttura che supporta i bambini, le famiglie ed altre istituzioni che possono erogare servizi all’interno di un processo di terapia/informazione continua/miglioramento della terapia. Luogo dove si incontrano, per confrontarsi, i diversi attori della “rete” e dove vengono promossi progetti e i relativi percorsi di verifica, che coinvolgono strutturalmente tutti gli “attori”. A tale riguardo il Laboratorio Clinico Pedagogico dell’Ospedale dei Bambini e le Scuole in Rete della provincia di Brescia in collaborazione con l’Azienda Ospedaliera Spedali Civili di Brescia ed il Centro Servizi Amministrativi di Brescia (CSA) hanno promosso questo percorso formativo, rivolto a docenti ed operatori scolastici sul tema delle patologie croniche più diffuse in età pediatrica, quali asma, diabete, epilessia. Il personale della scuola ha un ruolo fondamentale nel sostenere i giovani studenti, nell’aiutarli ad affrontare senza traumi gli eventuali momenti critici che possono verificarsi durante la loro permanenza a scuola. Per un insegnante o per un collaboratore scolastico, conoscere gli aspetti sia medici che psicologici di un bambino affetto da patologia cronica significa essere in grado di aiutarlo a convivere serenamente con la malattia, provando anche ad accogliere le emozioni e le paure che tali eventi possono suscitare all’interno della classe ed affrontare le eventuali situazioni di difficoltà con competenza evitando, da un lato allarmismi e dall’altro prendendo decisioni opportune. Il progetto, di durata quadriennale, vede impegnate quattro zone della provincia di Brescia (Scuole della città, Scuole della Val Trompia, Scuole della Bassa bresciana, Scuole della Val Sabbia). Ogni percorso formativo è costituito da sei incontri della durata di due ore per ciascuna delle patologie individuate.

“IO e L’ASMA”

PERCORSI FORMATIVI

1° INCONTRO

Tema: L’importanza di lavorare in rete

Relatore: Equipe specialistica del Laboratorio Clinico Pedagogico, il Medico di Base, il Farmacista, l’ Associazione dei pazienti, la Famiglia. 2° INCONTRO

Tema: Riconoscere l’asma

1) Cos’è l’asma : la fisiopatologia 2) La crisi d’asma : come riconoscerla 3) I fattori scatenanti : come riconoscerli ed evitarli Relatore: Equipe specialistica del Laboratorio Clinico Pedagogico 3° INCONTRO

Tema: La terapia 1) La crisi d’asma : come riconoscerla e cosa fare 2) I farmaci e modalità di somministrazione 3) Il picco di flusso 4) Il diario

Relatore: Equipe specialistica del Laboratorio Clinico Pedagogico 4° INCONTRO Tema: La prevenzione

1) La profilassi ambientale 2) Come ridurre l’esposizione ai più comuni stimoli irritanti e scatenanti 3) L’attività sportiva 4) Le gite scolastiche , i viaggi , le vacanze

Relatore: Equipe specialistica del Laboratorio Clinico Pedagogico

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5° INCONTRO

Tema: Gli aspetti psicologici del bambino e della sua famiglia Relatore: Equipe specialistica del Laboratorio Clinico Pedagogico 6° INCONTRO Tema : Percorsi didattici e strumenti educativi

Relatore: Equipe specialistica del Laboratorio Clinico Pedagogico

“IO e IL DIABETE”

PERCORSI FORMATIVI

1° INCONTRO

Tema: Il diabete a scuola Metodologia: Lezione interattiva e discussione Relatore: Medico legale e tutta l’èquipe 2° INCONTRO

Tema: 1) La terapia (come si cura il diabete) 2) Autocontrollo (come si controlla il diabete) 3) Ipoglicemia (come si riconosce e si cura l’ipoglicemia) Relatore: Equipe specialistica “io e il diabete” 3° INCONTRO

Tema: Il bambino diabetico e l’alimentazione Metodologia: Lezione interattiva ed esercitazioni pratiche Relatore: Equipe specialistica “io e il diabete” 4° INCONTRO

Tema: La gestione di situazioni particolari a scuola (sport, feste di compleanno, gite scolastiche) Metodologia: Lezione interattiva ed esercitazioni pratiche Relatore: Equipe specialistica “io e il diabete” 5° INCONTRO

Tema: Aspetti psicologici del bambino e della sua famiglia Metodologia: Discussione aperta Relatore: Equipe specialistica “io e il diabete” 6° INCONTRO Tema: Percorsi didattici per insegnanti Metodologia: Presentazione materiale didattico Relatore: Equipe specialistica “io e il diabete”

“IO e L’EPILESSIA”

PERCORSI FORMATIVI

1° INCONTRO

Tema: Lo studente affetto da epilessia Relatore:Equipe specialistica neuropsichiatria infantile, il medico di base, il farmacista, l’associazione, la famiglia 2° INCONTRO

Tema: Le crisi epilettiche 1) SNC ed il suo funzionamento 2) Crisi epilettica 3) Epilessie ( definizione ) 4) Fattori scatenanti Relatore: Equipe specialistica Neuropsichiatria Infantile 3° INCONTRO

Tema: Le epilessie 1) Definizione 2) Classificazione – esempi 3) Video 4) Cosa fare in caso di crisi epilettica

Relatore: Equipe specialistica Neuropsichiatria Infantile 4° INCONTRO

Tema: La terapia 1) Farmaci 2) Terapia in acuto 3) Stile di vita 4) Aspetti sociali

Relatore: Equipe specialistica Neuropsichiatria Infantile 5° INCONTRO

Tema: aspetti psicologici 1) Emozioni rispetto alla crisi epilettica 2) Aspetti psicologici del bambino 3) Aspetti psicologici della famiglia

Relatore: Equipe specialistica Neuropsichiatria Infantile e Psicologa 6° INCONTRO Tema: Aspetti cognitivi

1) Aspetti psicologici 2) Problemi di comunicazione nelle epilessie ed in particolare scuola / famiglia

Relatore: Equipe specialistica Neuropsichiatria Infantile e Psicologa

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DOCUMENTI:

SALUTE E SCUOLA UN PROGETTO DI RETE ANNO SCOLASTICO 2004/2005

UNITA’ OPERATIVA LABORATORIO CLINICO PEDAGOGICO

OSPEDALE DEI BAMBINI BRESCIA

RETE DELLE SCUOLE BRESCIANE

RETE DI SCUOLE ADERENTI : - BRESCIA 2° CIRCOLO - DIREZIONE DIDATTICA SALO’ - DIREZIONE DIDATTICA DI MONTICHIARI - SCUOLA MEDIA SAREZZO

PREMESSA : Il progetto nasce dalle seguenti esigenze : • Stiamo rilevando , da alcuni anni , nel territorio e nelle nostre scuole pubbliche , un

significativo aumento del disagio scolastico legato a patologie croniche che si presentano nella prima infanzia e nell’età scolare ; spesso le scuole si trovano in difficoltà ad affrontare il disagio indotto da tali patologie;

• Si va sviluppando , nella società contemporanea , una cultura della collaborazione in rete tra istituzioni che , a diverso titolo , si occupano delle patologie e delle difficoltà ad essi connesse;

• Di conseguenza, occorre lavorare in rete tra queste istituzioni , sulla formazione degli operatori scolastici,sanitari, famiglie , per creare una cultura condivisa nell’affrontare tutte le problematiche connesse con le patologie croniche;

• Un altro problema rilevato è quello relativo alle modalità ed ai criteri di scambio di informazioni relativi alle patologie croniche che , spesso , ci troviamo ad affrontare nella scuola .Tale scambio d’informazione richiede un approccio scientifico che implica rispetto e cautela affinché tali informazioni diventino motivo di accoglienza e di interventi costruttivi ;

• Un ulteriore problema rilevato , e sul quale agire , è quello relativo alle modalità di affrontare , organizzare il primo intervento rispetto a tali patologie ; una domanda che , spesso , ci si pone , nella scuola è : “come mi comporto in caso di problemi connessi con tale malattia? Cosa posso fare? Come agire? “. Occorre , in questa ottica , anche una corretta informazione / formazione sui doveri e diritti dei docenti e dei collaboratori scolastici e sui comportamenti da tenere di fronte alle patologie croniche più comuni che s’incontrano nel contesto scuola.

Di fronte a queste problematiche e nella consapevolezza delle difficoltà e delle sfide educative , pedagogiche , psicologiche, organizzative che esse implicano, le scuole partecipanti hanno scelto di aderire al progetto proposto dal laboratorio clinico pedagogico degli Spedali Civili di Brescia e formalizzato nel protocollo d’intesa allegato al presente progetto .

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OBIETTIVI E FINALITA’ DEL PRESENTE PROGETTO FORMATIVO : • Sensibilizzare gli operatori scolastici verso le problematiche connesse con le patologie croniche

più comuni : asma bronchiale , diabete , epilessie, e la prevenzione delle diverse forme di dipendenza che portano malattie ( es , il fumo ).

• Preparare il personale , attraverso percorsi di formazione con operatori sanitari degli Spedali Civili , a conoscere ed affrontare tali patologie e le difficoltà connesse.

• Formare il personale coinvolto a progettare contesti scolastici accoglienti per ciascuna di queste patologie a livello di: ambienti , spazi , tempi , materiali , relazioni interne ed esterne

• Saper ricevere , utilizzare e trasmettere informazioni adeguate anche nel rispetto della privacy di ciascuno

• Avere , all’interno del P.O.F. delle singole scuole , criteri omogenei a cui attenersi nell’affrontare tali patologie

• Creare una cultura della responsabilità nel prendersi cura dei problemi connessi con tali patologie, andando oltre al concetto della delega agli specialisti che devono e possono offrirci consigli, indicazioni per una gestione comune dei casi.

• Sviluppare una rete di scambi informativi stabili tra le diverse istituzioni , che , a diverso titolo , si occupano di questi bambini ; tutto ciò nel rispetto delle reciproche competenze che possono e devono integrarsi

• Accogliere , conoscere e valorizzare i soggetti affetti da patologie croniche come “persone” e non come portatori di tali patologie

PROMOTORI : • Laboratorio Clinico Pedagogico Ospedale dei Bambini Brescia • Rete di Scuole Bresciane • Spedali Civili Brescia ----------------------------------------------

IO E LA MALATTIA CRONICA

“ Il problema dei giovani studenti con patologie croniche “

Progetto di formazione per docenti ed operatori scolastici Il laboratorio clinico pedagogico e le scuole in rete della provincia di Brescia in collaborazione con l’Ospedale dei Bambini, l’Azienda Ospedaliera Spedali Civili di Brescia ed il Centro Servizi Amministrativi di Brescia intendono promuovere un percorso di formazione rivolto a docenti ed operatori della scuola in genere sul tema delle patologie croniche che spesso affliggono molti giovani : asma , diabete, epilessie e malattie da fumo / dipendenza. Crediamo che il personale della scuola abbia un ruolo fondamentale nel sostenere i giovani studenti, nell’aiutarli ad affrontare senza traumi gli eventuali momenti critici che possono verificarsi durante la loro permanenza a scuola ; per fare tale lavoro di prevenzione è indispensabile un momento di formazione specifico. Per un insegnante o un collaboratore scolastico , dunque , conoscere gli aspetti sia medici che psicologici di un bambino o di una bambina affetti da una patologia cronica significa essere in grado di aiutarlo/a a convivere con serenità con il suo problema,provando anche ad accogliere le emozioni e le paure che tali eventi possono suscitare all’interno della classe ed affrontare gli

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eventuali momenti di difficoltà con competenza evitando, da un lato , allarmismi e dall’altro prendendo decisioni opportune . Saranno , quindi , interlocutori privilegiati i docenti, i collaboratori scolastici e gli addetti al pronto soccorso individuati nelle diverse realtà scolastiche. Al fine di raggiungere il maggior numero possibile di partecipanti si ipotizza di ripetere il percorso formativo in quattro zone della provincia di Brescia : • Scuole della Città • Scuole della Val Trompia • Scuole della Bassa bresciana • Scuole della Val Sabbia e del Garda

Il progetto, di durata quadriennale, si articolerà in sei incontri della durata di due ore ciascuno per ciascuna delle patologie individuate , secondo le esigenze individuate dall’Equipe proponente. Per l’anno scolastico 2004 / 2005 l’articolazione sarà la seguente : • Scuole della città : l’epilessia • Val Trompia : l’asma bronchiale • Bassa bresciana : il diabete

STRATEGIE ED INTERVENTO FORMATIVO Come previsto dall’accordo di rete il progetto prevede alcune scuole capofila sul territorio bresciano ; tali scuole s’incaricheranno ,come previsto dall’accordo, a fornire il supporto organizzativo , gli spazi , le risorse materiali necessari a fornire la formazione. In particolare si ipotizza anche un coinvolgimento dei CTRH presenti ed attivi sul territorio .

Gli incontri potrebbero svolgersi , a partire dal mese di novembre 2004 con una cadenza quindicinale e con le modalità previste dal protocollo allegato che risulta parte integrante del presente progetto Gli incontri di formazione dovrebbero prevedere : • input formativi sulle singole problematiche • spazi per il dibattito • materiali formativi / informativi da distribuire ai partecipanti • supporti audiovisivi e multimediali

I materiali saranno elaborati dal Laboratorio Clinico Pedagogico. N.B. : la documentazione dei materiali raccolti poterebbe avvenire o attraverso un diretto coinvolgimento dei CTRH o attraverso un insegnante referente per ciascuna scuola capofila L’Azienda Spedali Civili e l’Ospedale dei Bambini , partners del progetto, mettono a disposizione , a titolo gratuito , ore di lavoro di personale medico e sanitario per la formazione dei partecipanti . Le scuole polo individuate sono le seguenti : • Brescia 2° Circolo per le scuole della città • Direzione didattica Salò per la Val Sabbia ed il Garda • Direzione didattica Montichiari per la Bassa bresciana • Scuola Media Sarezzo per la Val Trompia

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ACCORDO DI RETE TRA ISTITUZIONI SCOLASTICHE PER LA FORMAZIONE DI DOCENTI E PERSONALE DELLA SCUOLA SUL TEMA

“IO E LA MALATTIA CRONICA”

(Il problema dei giovani studenti con patologie croniche)

L’adesione al presente protocollo è stata decisa dai competenti OO.CC. delle scuole aderenti con specifiche deliberazioni che si allegano al presente atto per esserne parte integrante e sostanziale

SI PROMUOVE

un accordo di rete tra i Dirigenti Scolastici delle seguenti scuole autonome D.S. XI Circolo di Brescia dott.ssa Maria Piovesan D.S. Circolo di Salò dott.ssa Luigiana Ghirardi D.S. S.M.S. Sarezzo dott. Francesco Ceretti D.S. Circolo di Montichiari dott. Michele Falco

Premesso � L’art. 7 del D.P.R. n. 275 sull’autonomia organizzativa e didattica delle istituzioni scolastiche

consente accordi e convenzioni tra istituzioni scolastiche per il coordinamento di attività di comune interesse e per gli effetti dell’art.15 della Legge 241/90

� Le sottocitate istituzioni scolastiche hanno interesse a collaborare reciprocamente per

l’attuazione di iniziative afferenti ad attività di formazione del personale in servizio � Tale collaborazione è finalizzata alla migliore realizzazione della funzione della scuola come

centro di educazione e istruzione, come centro di sviluppo e formazione professionale, nonché come centro di formazione culturale, sociale e civile del territorio

� La collaborazione con l’Azienda Spedali Civili di Brescia e il patrocinio del C.S.A.

costituiscono elementi essenziali di un progetto di formazione in rete che prevede, quali esperti, gli operatori sanitari che si occupano da anni di patologie croniche in età evolutiva. Il patrocinio del C.S.A. dà rilevanza provinciale al progetto pluriennale delle scuole dell’autonomia in rete delle seguenti zone della provincia di Brescia

– Città – Valtrompia – Lago di Garda -Valsabbia – Bassa Bresciana

� Il D.M. 179 e la direttiva 194 del 1999 promuovono la costituzione delle reti di scuole per

innovare, condividere, confrontare esperienze professionali

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� La formazione del personale scolastico è elemento essenziale della professionalità: ruolo fondamentale degli operatori scolastici è il sostegno del giovane studente durante la sua permanenza a scuola anche in presenza di patologie croniche

art. 1

PREMESSA Le premesse costituiscono parte integrante dell’accordo

art. 2

CONFERENZA DEI DIRIGENTI SCOLASTICI ADERENTI ALLA R ETE L’organo di formazione volto al raggiungimento delle finalità dell’accordo viene individuato nella “conferenza dei servizi”, così come disciplinata dall’art. 14 della Legge 241/90. Nella conferenza dei servizi le singole scuole sono rappresentate dal Dirigente Scolastico (D.S.) o da un suo delegato. Destinatari della delega possono essere i docenti referenti individuati dal D.S. La delega deve risultare da un atto scritto. � La convocazione della conferenza dei servizi è disposta dal Dirigente Scolastico della scuola capofila, centro del coordinamento o neo delegato, che svolge anche funzioni di presidente della conferenza. � Le modalità di convocazione della conferenza dei servizi, la sede, e le modalità di verbalizzazione vengono definite con accordo successivo

art. 3

SCUOLA CAPOFILA, COMPETENZE DELLE ISTITUZIONI COINV OLTE, ORGANO RESPONSABILE DELLA GESTIONE La …………………………………….viene individuata come scuola di riferimento per la rete. Gli istituti che entrano nell’accordo assumono l’impegno di concorrere agli obiettivi formativi del progetto, secondo compiti che saranno ripartiti sulla base delle specifiche competenze. Le istituzioni, nella persona del Dirigente Scolastico e del Referente per l’educazione alla salute e/o al pronto soccorso, provvedono all’attività istruttoria e alle decisioni assunte dall’organo responsabile della gestione (ovvero la conferenza dei servizi). A tal fine, sarà predisposta per ogni attività della rete una scheda tecnica in cui saranno individuate:

a) la scuola capofila e il Dirigente Scolastico quale responsabile delle risorse b) l’elenco delle scuole partecipanti e le attività istruttorie e di gestione c) l’impegno delle risorse professionali interne ed esterne e la loro ripartizione tra le

istituzioni scolastiche aderenti • le risorse finanziarie e la loro ripartizione tra le istituzioni scolastiche aderenti • la/le istituzioni scolastiche incaricate della gestione delle attività amministrativo

contabili • le attività di monitoraggio

art.4

PROCEDURA E RISORSE PER LA GESTIONE DELLE ATTIVITA’ OGGETTO DELL’ACCORDO Per la realizzazione di corsi di formazione rivolti al personale scolastico, con priorità per i referenti del pronto soccorso ed educazione alla salute, le scuole dei poli provinciali individuati concorderanno con la scuola capofila e l’Azienda Spedali Civili di Brescia il calendario, i contenuti, le modalità di partecipazione.

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Il presente accordo prevede uno schema tipo di corso così adottato: – 6 incontri – durata 12 ore – parte teorica: formare conoscenze sul piano sanitario psicologico e relazionale – parte pratica: fornire competenze sul piano sanitario e didattico – metodologia: interattiva e con strumenti multimediali Conduttori: - introduzione del D.S. ospitante il corso - èquipe di specialisti dell’Azienda Spedali Civili di Brescia Le diverse èquipe coinvolte tratteranno le seguenti patologie

- Io e l’asma - Io e il diabete - Io e l’epilessia

art.5 DURATA Il presente accordo è quadriennale, salvo diversa decisione assunta annualmente dalle scuole aderenti alla rete

art.6

PROGETTAZIONE E GESTIONE Le istituzioni scolastiche aderenti al presente accordo annualmente individuano, in concreto, le attività oggetto di formazione e l’assegnazione dei corsi ai poli. A tale proposito viene adottato un programma annuale di formazione concordato con il Laboratorio Clinico Pedagogico Ospedale dei Bambini – Spedali Civili – Brescia

art.7

FINANZIAMENTO E GESTIONE AMMINISTRATIVO CONTABILE Per l’attivazione dei corsi, l’Azienda Spedali Civili di Brescia metterà a disposizione, a titolo gratuito, ore di lavoro del personale medico e sanitario per la formazione del personale della scuola. Ogni istituzione scolastica aderente gestisce, con il fondo dell’istituzione scolastica i relativi compensi accessori al personale. Inoltre mette a disposizione:

– spazi – uffici di segreteria per organizzazione/gestione corsi – materiale di consumo.

La gestione amministrativo/contabile avverrà nella forma prevista dal D.I. n. 44 del 01/02/01.

art.8

La richiesta di adesione al presente accordo è proposta dal Dirigente Scolastico; l’adesione ha effetto al momento della formale sottoscrizione dell’accordo da parte dell’istituzione scolastica richiedente.

art.9 ACCESSO AGLI ATTI Il presente accordo è depositato presso la segreteria di tutte le istituzioni scolastiche aderenti, ove gli interessati possono prendere visione ed averne copia.

art.10 La premessa e gli allegati costituiscono parte integrante e sostanziale del presente accordo.

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Editing a cura dell’Associazione Laboratorio Clinico Pedagogico e Ricerca Biomedica Onlus di Brescia

2006 -“ I Quaderni del Laboratorio Clinico Pedagogico N.ro 1 “

Brescia