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Rischio idraulico ed idrogeologico Procedure di pianificazione, verifica, controllo e gestione delle emergenze - III edizione Contiene CD con programmi per: • analisi idrologica e determinazione portate; verifiche idrauliche sezioni di forma qualsiasi; • verifiche idrauliche tombini (Culvert); sistemazione dei torrenti, verifiche e calcolo opere di protezione trasversali (briglie) Alberto Mariano Caivano Dalla pianificazione dei bacini all'applicazione della normativa in vigore: una guida per tenere sempre sotto con- trollo il rischio idraulico. Un tema di grande attualità in un Paese particolarmente esposto a questo problema. E che nel libro viene affrontato con un taglio squisitamente pratico e operativo, offrendo agli operatori del settore tutto quello che bisogna conoscere per essere in regola con il Decreto Legge 180/98 e il Decreto Soverato 365/2000 nonchè con la normativa specifica del settore. L'analisi dell'idraulica fluviale e delle sue problemati- che è condotta con rigore scientifico. Le relative verifiche ingegneristiche possono essere realizzate grazie ai pro- grammi allegati al testo. Particolare attenzione viene poi dedicata alla verifica e al calcolo degli attraversamen- ti fluviali (ponti, tombini) alla luce delle più recenti normative sia nazionali che europee. Non meno importante la sezione destinata alla redazione dei piani regionali, provinciali o comunali di emergenza e di protezione civi- le previsti dalla legge 225/92 nonché i sistemi di allerta ai sensi del DPCM 27/02/2004. Il Cd allegato al volu- me, infine, contiene i programmi per: analisi idrogeologiche con metodo di Gumbel, determinazione leggi di pioggia per determinati periodi di ritorno, determinazione tempi di ritorno e coefficienti di deflusso, determina- zione portate di piena, verifica e calcolo idraulico di sezioni di forma qualsiasi in condizioni di moto uniforme, sistemazione dei torrenti con calcolo pendenza di equilibrio, verifica statica ed idraulica di opere idrauliche tra- sversali, verifiche di sifonamento metodo di bligh-Lane. Inoltre in un’apposita cartella è riportato il quadro nor- mativo di riferimento.

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Rischio idraulico ed idrogeologicoProcedure di pianificazione,verifica, controllo e gestione delle emergenze - III edizione

Contiene CD con programmi per: • analisi idrologica e determinazione portate;• verifiche idrauliche sezioni di forma qualsiasi;• verifiche idrauliche tombini (Culvert);• sistemazione dei torrenti, verifiche e calcolo

opere di protezione trasversali (briglie)

Alberto Mariano Caivano

Dalla pianificazione dei bacini all'applicazione della normativa in vigore: una guida per tenere sempre sotto con-trollo il rischio idraulico. Un tema di grande attualità in un Paese particolarmente esposto a questo problema. Eche nel libro viene affrontato con un taglio squisitamente pratico e operativo, offrendo agli operatori del settoretutto quello che bisogna conoscere per essere in regola con il Decreto Legge 180/98 e il Decreto Soverato365/2000 nonchè con la normativa specifica del settore. L'analisi dell'idraulica fluviale e delle sue problemati-che è condotta con rigore scientifico. Le relative verifiche ingegneristiche possono essere realizzate grazie ai pro-grammi allegati al testo. Particolare attenzione viene poi dedicata alla verifica e al calcolo degli attraversamen-ti fluviali (ponti, tombini) alla luce delle più recenti normative sia nazionali che europee. Non meno importantela sezione destinata alla redazione dei piani regionali, provinciali o comunali di emergenza e di protezione civi-le previsti dalla legge 225/92 nonché i sistemi di allerta ai sensi del DPCM 27/02/2004. Il Cd allegato al volu-me, infine, contiene i programmi per: analisi idrogeologiche con metodo di Gumbel, determinazione leggi dipioggia per determinati periodi di ritorno, determinazione tempi di ritorno e coefficienti di deflusso, determina-zione portate di piena, verifica e calcolo idraulico di sezioni di forma qualsiasi in condizioni di moto uniforme,sistemazione dei torrenti con calcolo pendenza di equilibrio, verifica statica ed idraulica di opere idrauliche tra-sversali, verifiche di sifonamento metodo di bligh-Lane. Inoltre in un’apposita cartella è riportato il quadro nor-mativo di riferimento.

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INDICE ANALITICO

Prefazione alla III edizione

............................................................... 11

Prefazione alla II edizione

................................................................ 15

Presentazione

................................................................................... 17

Premessa

.......................................................................................... 19

CAPITOLO 1

FASI DI PIANIFICAZIONEPER L’INDIVIDUAZIONE DEL RISCHIO IDRAULICO

.................. 21

1.1 Analisi del rischio – normativa di riferimento..........................

21

1.1.1 Premessa ......................................................................

21

1.1.2 Concetti di Risk Assesment e Risk Management .................

22

1.1.3 I principi ispiratori del D.L. 180/98.................................

23

1.1.4 Pericolo d’inondazione...................................................

25

1.1.5 La progettazione delle opere idrauliche ed i riferimenti normativi.................................................

28

CAPITOLO 2

LA VALUTAZIONE DELLE PORTATE DI PIENA

........................... 37

2.1 Considerazioni preliminari ..................................................

37

4

RISCHIO IDRAULICO E IDROGEOLOGICO

2.2 I metodi di regionalizzazione...............................................

39

2.2.1 I metodi di regionalizzazione per la portatedelle piene in Italia ........................................................

39

2.2.2 Il metodo razionale ........................................................

43

2.3 La determinazione delle altezze idrometriche e delle portate che interessano un corso d’acqua....................

44

2.3.1 Piene ed alluvioni...........................................................

44

2.4 La elaborazione delle precipitazioni ....................................

46

2.5 La costruzione dell’equazione e delle curve di possibilità pluviometrica, la determinazione della legge di pioggia

.............................................................47

2.5.1 Il tempo di corrivazione ..................................................

49

2.5.2 Il coefficiente di deflusso .................................................

52

2.6 Il calcolo delle portate di piena ............................................

60

2.7 L’utilizzo del computer nelle fasi di valutazionedelle portate di piena

..............................................................62

2.7.1 I metodi adottati dal programmaTR-55 del Soil Conservation Service .................................

63

2.7.2 The Runoff Curve Number Method ...................................

64

2.7.3 Il “Tabular Hydrograph Method” .....................................

65

2.8 Esempio di determinazione della portata Q

200

per la verifica di un ponte stradale

..........................................67

2.8.1 Analisi afflussi deflussi metodo di regionalizzazione e metodo razionale

...........................67

2.8.2 Determinazione afflussi – deflussi metodo METODO VAPI

.......................................67

2.9 Analisi afflussi deflussi .........................................................

82

2.9.1 Determinazione deflussi alla sezione di chiusuradell’analisi – Corrispondenza ponte – METODO VAPI

........82

2.9.2 Determinazione afflussi – deflussi METODO RAZIONALE....

83

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CAPITOLO 3

ESEMPI NUMERICI ED APPLICAZIONEDEL PROGRAMMA RIVERQ“DETERMINAZIONE DELLE MASSIME PORTATE DI PIENA” ALLEGATO AL TESTO

................................................. 95

3.1 Avvio del programma ........................................................

96

CAPITOLO 4

IL RISCHIO IDRAULICO – MODELLI DI VERIFICA

................... 105

4.1 Generalità .......................................................................

105

4.2 Fondamenti idraulici - principi generaliAnalisi del flusso - regimi. Effetti della viscosità(stato del flusso: laminare, in transizione, turbolento)

............. 106

4.3 Effetti della gravità (flussi subcritici e supercritici) ..................

107

4.4 Tipi di flussi (classificazione basata sulla variazione della velocità rispetto al tempo ed allo spazio)

...................... 109

CAPITOLO 5

ANALISI CON LE FORMULE DEL MOTO UNIFORME

................................................................ 113

5.1 Coefficiente di scabrezza ..................................................

113

5.1.1 Le formule per la risoluzione del moto uniforme in sezioni composte...........................

117

6

RISCHIO IDRAULICO E IDROGEOLOGICO

CAPITOLO 6

ANALISI CON LE FORMULEDEL MOTO PERMANENTE

...........................................................129

6.1 L’equazione di base per la determinazionedel profilo idraulico...........................................................

130

6.1.1 La suddivisione delle sezioni per l’applicazione del calcolo automatico.......................

131

6.1.2 La valutazione dell’energia complessiva della sezione......

132

6.1.3 La valutazione delle perdite per attrito ............................

133

6.1.4 Valutazione dei coefficienti di perdita di energia per espansione o contrazione del flusso .........................

133

6.1.5 Determinazione della profondità critica ..........................

134

6.1.6 Applicazione del principio della quantità di moto ............

135

6.1.7 Variazione dell’altezza idrica di calcolo per correnti molto veloci a causa della presenza di arianella parte superficiale del flusso ...................................

137

6.1.8 Il calcolo dei profili di rigurgito (standard step method)

.....................................................137

6.2 Problemi idraulici relativi ai ponti ed a manufatti interferenti in genere

......................................139

6.2.1 Prescrizioni normative ed indirizzi per la progettazione e la verifica idraulica dei ponti ......................................

139

6.2.2 Condizioni di esercizio transitorio per i ponti esistenti ......

144

6.2.3 Analisi delle modalità di deflusso in piena ......................

146

6.2.3.1 Metodo di calcolo..................................................

147

6.2.3.2 Condizioni al contorno ...........................................

147

6.2.3.3 Condizioni fisiche di riferimento ..............................

148

6.2.3.4 Effetto di rigurgito provocato da restringimenti e da pile

.........................................148

6.2.4 Erosioni localizzate attorno alle fondazioni (scalzamento)........................................

152

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6.3 I codici di calcolo automatizzati per le opere interferenti con particolare riguardo ai ponti

........................................... 154

6.3.1 Flusso libero...............................................................

158

6.3.1.1 Flusso libero di classe A .........................................

158

6.3.1.2 Flusso libero di classe B..........................................

159

6.3.1.3 Flusso libero di tipo C ............................................

159

6.3.2 Flusso in pressione .......................................................

160

6.3.3 Modellazione di Ponti posti non perpendicolarmentealla sezione del corso d’acqua .....................................

161

6.3.4 Ponti posti in parallelo..................................................

162

6.3.5 Ulteriori interferenze – i tombini stradali (culvert) .............

162

6.3.5.1 Perdite all’interno della condotta..............................

165

6.3.5.2 Perdite all’ingresso.................................................

165

6.3.5.3 Perdite all’uscita ....................................................

167

6.3.6 Calcolo della velocità in uscita per verifiche in outlet control ...........................................................

168

CAPITOLO 7

INTRODUZIONE ALL’UTILIZZODEL PROGRAMMA HEC-RAS

...................................................... 189

7.1 Il software ed i dati richiesti ...............................................

189

7.2 Input dei dati “geometrici”................................................. 191

CAPITOLO 8

LA SISTEMAZIONE DEI TORRENTI ............................................. 205

8.1 Sistemazione di torrenti con fondo alveo in erosione............. 205

8 RISCHIO IDRAULICO E IDROGEOLOGICO

8.1.1 Determinazione della pendenza di compensazione.......... 205

8.1.2 Esempio – Calcolo pendenza di compensazione ............. 207

8.1.3 Dimensionamento idraulico della briglia tipo................... 209

8.1.4 Dimensionamento statico della briglia tipo ...................... 212

8.2 Esempio di calcolo di uno sbarramento con parete di valle verticale, bacino di dissipazione non rivestito ............213

8.3 La sistemazione dei torrenti con opere di ingegneria naturalistica .....................................................219

CAPITOLO 9

PROTEZIONE SPONDALE .............................................................221

9.1 Generalità ....................................................................... 221

9.2 Le difese longitudinali radenti ............................................. 221

9.3 Metodo delle tensioni di trascinamento................................ 222

9.4 Verifica in termini di tensione di trascinamento per materassi e gabbioni .......................................................225

9.5 Verifica delle velocità al contatto tra il rivestimento (pietrame sciolto, gabbioni, materassi) ed il terreno sottostante .........................................................227

9.6 Protezione delle sponde mediante tecniche di ingegneria naturalistica .....................................................229

CAPITOLO 10

DIFESE DALLE PIENE DEI CORSI D’ACQUA IN PIANURA .......233

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CAPITOLO 11

GESTIONE DELL’EMERGENZA ALLUVIONE ................................................. 239

11.1 Introduzione..................................................................... 239

11.2 Pianificazione dell’emergenza ........................................... 239

11.2.1 Criteri di massima per la pianificazione comunale di emergenza (eventi calamitosi di cui all’art. 2, comma 1, lettera a, della legge 225/92)......... 240

11.3 Interventi di emergenza in caso di pericolo di alluvione ........ 255

11.4 Previsione e Prevenzione, sistemi di allerta in materia di rischio idraulico ed idrogeologico ..................................... 258

APPENDICE A

DEFINIZIONI DI IDROLOGIA E MORFOLOGIA FLUVIALE ........................................................ 269

Bibliografia .................................................................................... 269

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Prefazione alla III edizione

I testo è stato aggiornato con alcuni nuovi esempi, in particolare sull’utilizzo

dei metodi di regionalizzazione per la determinazione delle portate di colmo,

nonché con una analisi sui metodi di allerta per il rischio idraulico.

Per quanto attiene la appendice legislativa contenuta nel cd si è provveduto

ad inserire la DIRETTIVA DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI 27

febbraio 2004 (Gazzetta Ufficiale n. 59 del 11/3/2004 - Suppl. Ordinario n.

3), inerente “Indirizzi operativi per la gestione organizzativa e funzionale del

sistema di allertamento nazionale e regionale per il rischio idrogeologico ed

idraulico ai fini di protezione civile”.

La direttiva ha quale finalità e compito principale quello di:

- individuare le autorità a cui compete la decisione e la responsabilità di

allertare il sistema della protezione civile ai diversi livelli, statale e regiona-

le, e nelle diverse fasi dell’eventuale manifestarsi, nonché del manifestarsi,

di calamità, catastrofi e altri eventi che possano determinare o che determi-

nino situazioni di rischio;

- definire i soggetti istituzionali e gli organi territoriali coinvolti nelle attività

di previsione e prevenzione del rischio e di gestione dell’emergenza, non-

ché i loro legami funzionali ed organizzativi al fine di sostenere le autorità

di protezione civile, sia in tale decisione ed assunzione di responsabilità

che nella organizzazione ed attuazione di adeguate azioni di contrasto del

rischio stesso;

- stabilire gli strumenti e le modalità con cui le informazioni relative all’insor-

genza ed evoluzione del rischio idrogeologico ed idraulico, legate al mani-

festarsi di eventi meteoidrologici particolarmente intensi tali da generare

nelle diverse aree del Paese situazioni di dissesto per il territorio, nonché di

pericolosità per la popolazione, devono essere raccolte, analizzate e rese

disponibili alle autorità, ai soggetti istituzionali ed agli organi territoriali

individuati e coinvolti nel sistema e nelle attività di protezione civile;

12 RISCHIO IDRAULICO E IDROGEOLOGICO

- sancire i rapporti funzionali e le relazioni di leale collaborazione tra il siste-

ma della protezione civile, sia nazionale che regionale, e le altre autorità,

i soggetti istituzionali ed gli organi territoriali, preposti, ancorché con altre

finalità e strumenti, ma comunque ordinariamente, alla valutazione e miti-

gazione del rischio in materia;

- organizzare il sistema di allerta nazionale distribuito, ferme restando le

prerogative in materia di legislazione concorrente e nel rispetto delle com-

petenze delle Regioni a statuto ordinario e quelle autonome a statuto spe-

ciale.

A tal proposito pertanto al capitolo 11 è stata aggiunto un nuovo paragrafo

inerente i sistemi di allerta.

Sono stati inoltre aggiornati i programmi allegati da un lato ponendo rime-

dio ad alcuni inconvenienti e/o errori riscontrati nelle fasi di implementazione

ed output dall’altro introducendo nuove routine per l’affinazione dei calcoli,

nonché la rivisitazione delle maschere di input ed output al fine di renderle più

intuitive e fruibili.

Mi preme sottolineare che i programmi vogliono solo essere di supporto per

chi si cimenta in una materia come quella trattata che si basa fondamentalmen-

te sulla corretta impostazione e conoscenza dei problemi e delle soluzioni pro-

gettuali da adottare in condizioni dove spesso l’incognite sul presunto

comportamento dei fenomeni risultano essere notevoli.

Pertanto chi utilizza i programmi deve essere pienamente conscio che essi

se pur validati attraverso la implementazione di esempi riportati in letteratura,

con convergenza di risultati, non possono garantire la piena efficacia, né la

esaustività di tutte le problematiche che investono i vari argomenti.

E’ quindi compito dell’utilizzatore dei programmi e del consultatore del

testo valutarne i contenuti a secondo dell’utilizzo che gli necessita.

Per facilitarne l’installazione che nelle precedenti edizioni avevano portato

a qualche difficoltà si è pensato di semplificarle.

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In particolar modo nel CD si trovano quattro cartelle:

● Determinazione portate di Piena

● Verifica sezioni

● Culvert

● Briglie

Occorre installarli copiandoli sul disco fisso e quindi avviare da ogni car-

tella il relativo programma contrassegnato dalle iniziali AVVIA……….

I programmi sono in excel VBA quindi occorre l’attivazione delle Macro.

Ancora una volta mi scuso per eventuali carenze che si potranno sicura-

mente riscontrare nel testo, rimandando per ulteriori approfondimenti a testi

specifici e/o alla bibliografia.

Mi valga comunque la buona intenzione, sperando nell’utilità del testo, e

nell’aver commesso meno imprecisioni possibili.

Alberto Mariano Caivano

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Prefazione alla II edizione

Il testo è stato rivisitato ed aggiornato con particolare riferimento ai cosid-

detti metodi di regionalizzazione, per la determinazione delle portate di piena

oltre che con l’aggiornamento e l’implementazione di nuovi programmi di sup-

porto alle analisi di idraulica fluviale.

Nel Capitolo 2˚ “La valutazione delle portate di piena” sono stati approfon-

diti i cosiddetti metodi di regionalizzazione sviluppati nell’ambito del progetto

nazionale VAPI sulla Valutazione delle Piene in Italia, portato avanti dalla Linea

1 del Gruppo Nazionale per la Difesa dalle Catastrofi Idrogeologiche.

I programmi allegati al testo sono stati rivisitati ed aggiornati, predisponen-

do una nuova maschera iniziale, con l’introduzione di alcuni programmi di uti-

lities.

E’ stato inoltre predisposto un nuovo programma “Culvert” basato sugli

algoritmi predisposti dal Federal Higway Administration FHWA (USA) per

l’analisi dei fenomeni legati all’interferenza dei deflussi idrici con i sistemi di

tombini (culvert).

A tal proposito nel capitolo dedicato ai tombini è stato riportato un esempio

effettuato con l’ausilio del programma Culvert.

Nella trattazione degli argomenti è stato ancora una volta privilegiato

l’aspetto ed il carattere pratico di approccio ai problemi del rischio idrologico

e di idraulica fluviale.

I lettori ed i fruitori vorranno scusarmi per eventuali carenze che potranno

eventualmente riscontrare, rimandando per ulteriori approfondimenti a testi

specifici e/o alla bibliografia.

Come per ogni lavoro condotto si spera nella sua utilità.

Mi valga comunque la buona intenzione.

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Presentazione

Questo testo si inserisce a pieno titolo nella bibliografia cui fare riferimento

nello svolgimento di attività professionali nel settore dell’idraulica fluviale e

connesse problematiche idrologiche e idrogeologiche, e quindi della pianifica-

zione di bacino, intesa quale complesso di azioni finalizzate alla difesa del

suolo nel senso enunciato dalla legge 183 del 1989.

È uno strumento di lavoro, utile a quanti, ingegneri idraulici, idrologi, geo-

logi, ma anche pianificatori, sono impegnati nell’“apprestare ripari e costruire

argini”, per dirla con Machiavelli, affinché “i fiumi in piena” non determinano

più danni di quanto possa tollerarsi in determinate condizioni e circostanze.

La situazione attuale è segnata in modo gravissimo, talvolta in misura irre-

versibile, da un uso del territorio, soprattutto negli ultimi trent’anni, che è poco

definire sconsiderato, e cioè totalmente privo di ogni sensata considerazione

delle problematiche che qui si affrontano.

Le grandi speranze, anche di tipo lavorativo, che animarono la generazio-

ne di ingegneri idraulici formatasi negli anni ‘70 sui libri che costituivano la

famosa e mai superata “Relazione De Marchi” si sono infrante nel mare del

disinteresse generale, e in primo, luogo “politico”, verso questi problemi che,

se non adeguatamente affrontati, determinano costi sempre più alti da pagare

per l’intera comunità naturale.

Anche per questo oggi è corretto, nonché necessario e doveroso (in forza

di leggi varate soprattutto sull’onda delle emozioni determinate da eventi rovi-

nosi), affrontare tali questioni in termini di “rischio”, e cioè di eventualità (pro-

babilità) che eventi calamitosi di natura idrologica, idraulica, idrogeologica,

provochino danni ingenti a persone e beni economici.

In questo lavoro sono mescolati, e si integrano, aspetti tecnici e normativi,

18 RISCHIO IDRAULICO E IDROGEOLOGICO

elementi teorici e pratici, argomenti scientifici ed empirici, ipotesi e modelli teo-

rici ed esperienza professionale: ciò fa di questo libro una sorta di “manuale”

teorico-pratico dell’idraulica fluviale.

A me la soddisfazione e l’orgoglio di dirigere una struttura pubblica in cui

opera, brillantemente, il suo autore.

Ing. Giuseppe BasileDirigente Ufficio Difesa del Suolo

Dipartimento Infrastrutture Regione Basilicata

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Premessa

I fenomeni di urbanizzazione nelle aree golenali, i prelievi di inerti non

sempre adeguatamente controllati, la realizzazione di aree industriali o arti-

gianali in aree golenali, la ricerca di nuove aree agricole, ed in genere i feno-

meni accentuati di antropizzazione che hanno caratterizzato l’ultimo

cinquantennio hanno contribuito alla destabilizzazione delle condizioni natu-

rali di molti torrenti ed aste fluviali.

Tale condizione di destabilizzazione, contribuendo alla alterazione dei

fenomeni naturali di erosione e sedimentazione connessi, ha arrecato negli

ultimi anni la perdita di ingenti risorse economiche nonché, negli eventi di

maggiore intensità, di numerose vite umane.

Ritrovare in Italia e per la verità nella maggior parte del mondo cosiddetto

industrializzato, alvei torrentizi o aste fluviali indisturbate dalle azioni antropi-

che, è sicuramente un caso raro.

Sin dagli anni 70, al fine di porre rimedio e comunque rendere compatibile

i fenomeni di antropizzazione delle aree golenali con il controllo dei fenomeni

di erosione e sedimentazione, causa principale del mancato controllo dei deflus-

si negli eventi alluvionali, numerosi studi, progettazioni e realizzazioni di opere

di controllo dei deflussi nonché di dissipazione dell’energia e contenimento delle

piene, sono state realizzate per stabilizzare il letto dei torrenti o dei fiumi nonché

controllare e garantire la tenuta degli argini.

Tali azioni, dovute come detto in precedenza per attuare il controllo del

deflusso idrico ed “espropriare” dalle aree golenali naturali degli spazi vallivi

da destinare a produzioni agricole o ad aree di insediamento civili e/o indu-

striali, hanno comportato una mutazione dei fenomeni di erosione e sedimen-

tazione, recando da un lato nelle aree pedemontane e coll inari,

l’abbassamento del letto torrentizio e l’innescarsi di fenomeni gravitativi di

sponda con scoscendimenti, frane, etc, dall’altro l’innalzamento dello stesso

soprattutto nelle parti vallive accentuando e favorendo quei fenomeni di eson-

20 RISCHIO IDRAULICO E IDROGEOLOGICO

dazione e deviazione del flusso che ciclicamente si ripropongono.

Lo scopo di questo testo è pertanto quello di fornire i principi basilari, non-

ché le procedure tecniche di analisi di ingegneria fluviale per la valutazione

corretta del regime idraulico in funzione delle differenti portate stimate, e degli

interventi da attuarsi o già attuati, al fine da un lato di consentire il corretto

dimensionamento delle opere, con la valutazione delle variazioni introdotte nel

regime idraulico e delle sue ripercussioni sul sistema idrografico di riferimento,

dall’altro quello di valutare e realizzare le procedure e/o le opere di riduzione

del rischio e quindi dei danni associati in attuazione del D.L. 11/6/1998, n.

180, convertito con L. 267/98 e successive modificazioni.

La redazione di questo testo è stata effettuata in base alla esperienza matu-

rata in qualità di ingegnere di sezione dell’Ufficio Difesa del Suolo della Regio-

ne Basilicata, impegnato nelle opere di sistemazione idraulica e difesa suolo

nonché nella istruttoria dei pareri idraulici richiesti dall’art. 79 del R.D. 523 del

1904. Nella attuazione delle mie mansioni ho cercato di approfondire le cono-

scenze di base derivanti dal mio corso di studio in ingegneria civile, effettuan-

do diversi corsi specifici in Italia e negli Stati Uniti, ricercando ed analizzando

l’utilizzo dei maggiori software in circolazione per l’analisi e lo studio dei feno-

meni fluviali, nonché redigendone di specifici in funzione delle esigenze emer-

se nel corso delle attività di progettazione e verifica di idraulica fluviale nella

sistemazione delle aste torrentizie lucane.

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CAPITOLO 1

FASI DI PIANIFICAZIONEPER L’INDIVIDUAZIONE DEL RISCHIO IDRAULICO

1.1. Analisi del rischio – normativa di riferimento

1.1.1. Premessa

In generale si definiscono opere idrauliche quelle opere che provvedonoalla difesa idraulica del territorio e delle attività che in esso si svolgono odall’utilizzazione delle acque per scopi potabili, irrigui, industriali.

Appartengono alla prima tipologia le opere di difesa e sistemazione deicorsi d’acqua e di sistemazione dei bacini, le bonifiche, alla seconda le fogna-ture, gli acquedotti per gli usi domestici, industriali, irrigui, gli impianti di pro-duzione idroelettrica.

Come facilmente intuibile le opere idrauliche hanno una peculiarità che lecaratterizza e le contraddistingue dalla maggior parte delle opere di ingegne-ria civile, in quanto il loro scopo è quello di regolare grandezze quale quelleidrogeologiche naturalmente variabili, e che vanno trattate in genere comegrandezze casuali e probabilistiche. Infatti se parliamo della portata di pienadi un corso d’acqua associamo tale evento ad una frequenza probabile, e lastimiamo per un determinato periodo di ritorno, a differenza ad esempio dellaedificazione di un fabbricato o alla realizzazione di una strada per cui i criteridi progettazione si basano sui massimi carichi che la struttura dovrà sopporta-re o per la tipologia di destinazione, ecc.

Da ciò si evince come il criterio di sicurezza per un’opera idraulica è daintendersi in maniera differente da quelle delle maggiori opere di ingegneria,tenendo inoltre presente che sin dalla sua fase di costruzione può essere sog-getta ad eventi di una qualche importanza e che pertanto anche le opere prov-visionali, soprattutto per quelle fasi lavorative che interessano direttamente glialvei, devono tener in conto tali circostanze.

La casualità di tali eventi se pur riportati in forma deterministica con la pro-babilità temporale del verificarsi, non possono che associare le scelte progettualial fattore di rischio che si decide di associare all‘opera ed all’evento atteso.

22 RISCHIO IDRAULICO E IDROGEOLOGICO

1.1.2. Concetti di Risk Assesment e Risk Management

FONDAMENTI DI TEORIA DI ANALISI DEL RISCHIO CONCETTI DI SICUREZZA- TASSO DI GUASTO – PERICOLO- RISCHIO

Livello di Sicurezza S(t):0< S(t)<1S(t)= n(t) / Nt Tempo di esposizione al rischion(t) eventi che la struttura può sop-portare riferiti al tempo di ritornoN numero complessivo di eventi

Si definisce livello di sicurezza idraulico di un’opera odi una porzione di territorio, la probabilità che essa haper una data tipologia di eventi (portate defluenti inalveo con tempo di ritorno prestabilito) senza cheavvenga un guasto o un evento capace di provocaredanni alle persone od alle cose. Il livello di sicurezza in questo caso è chiaramente rife-rito al tempo t di esposizione (tempo di ritorno), e puòessere rappresentato dal rapporto tra il numero dieventi che possono essere contenuti in sicurezza n edil numero di eventi complessivi N a cui con probabilitàstatistica, può essere assoggetata la struttura. Da ciò si deduce che essendo n(t)≤ N ⇒ 0 ≤ S(t) ≤ 1

Tasso di guasto λ λ = d (N-n(t)) /d t = - (d/dt) (N/n t)Integrando tra 0 (fase iniziale) e t si ha:∫ λ dt = - ∫ N / n(t) dt

− λ t = ln (n(t)/N) ⇒ e^ (- λ t)= n(t)/N

e quindi: S(t) = e^ (- λ t)

Se sviluppiamo in serie l’esponenziale

si ha: e^ (- λ t)= 1 - λ t/ 1! + λ2 t2/2! -

λ3t3/3! + ….Trascurando i termini superiori si ha:S(t) ≈ 1 - λ t

Definiamo Tasso di guasto la tendenza che si riscontranell’unità di tempo di riferimento ad avere la non effi-cienza dell’opera per fattori esterni all’opera stessa,(ad esempio la mancata manutenzione del corsod’acqua, modifiche a monte e/o a valle che si ripercuo-tono sul regime idraulico di prima analisi, etc.), e lodefiniamo come il rapporto del numero di eventi nongarantiti (N – n(t)) ed il numero di eventi garantiti n (t)nell’unità temporale t.Sviluppando si ha che S(t) = e^(- λ t) e cioè si ha che lasicurezza S(t) ⇒ 0 per t ⇒ infinitosicurezza S(t) ⇒ 1 per λ ⇒ 0 (quindi occorre abbas-sare quanto più possibile il tasso di guasto per ogni sin-golo evento atteso)S(t) ≈ 1 - λ t Tale algoritmo ci conferma inoltre come il livello disicurezza diminuisce con l’aumentare del tempo diesposizione t e del tasso di guasto λ

Fattore di contatto k Definito k quale fattore di contatto (uomini o beni acontatto del rischio)

Fattore di danno d Definito d fattore di danno e cioè il livello di dannoassociato al tasso di guasto

Magnitudo del danno:D = k x d

Si ottiene D magnitudo del danno probabile (quantifi-cazione della probabilità del danno)

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1.1.3. I principi ispiratori del D.L. 180/98

A tali concetti si devono pertanto ispirare sia le fasi di progettazione delleopere idrauliche che le fasi di pianificazione, a tal proposito si rammenta comein ottemperanza con il dispositivo del D.L. 11/6/1998, n. 180, convertito conL. 267/98 e successive modificazioni, vi è l’obbligo per le autorità d’ambitodella redazione del Piano Straordinario per l’Assetto Idrogeologico che riguar-da le “Misure urgenti per la prevenzione del rischio idrogeologico”. Tale Pianostraordinario deve prevedere:

fase 1 individuazione delle aree a soggette a rischio e pericolosità idrogeolo-gica;

fase 2 perimetrazione e valutazione dei livelli di rischio e pericolosità e defini-zione delle conseguenti misure di salvaguardia;

fase 3 programmazione straordinaria per la mitigazione dei rischi più elevati.

Tali fasi investono separatamente due categorie di rischio:

a) il rischio d’inondazione, indicato col termine di rischio idraulico;

b) il rischio di dissesti di versanti, indicato col termine di rischio geomorfolo-gico.

Nel citato decreto legge vengono distinte quattro categorie di rischio, defi-nito prevalentemente sulla base del tipo di danno prodotto:

- rischio moderato (R1): per i quali i danni sociali, economici e al patrimonioambientale sono marginali;

- rischio medio (R2): per il quale sono possibili danni minori agli edifici, alleinfrastrutture e al patrimonio ambientale che non pregiudicano l’incolumità delpersonale, l’agibilità degli edifici e la funzionalità delle attività economiche;

Pericolo P:P = (1 – S(t))

Essendo pertanto P l’espressione del livello di pericoloquale fattore complementare al livello di sicurezza siottiene il livello di rischio R associato alla sequenza dieventi attesi

Rischio RR= P x D= (1-S(t)) * k * d per cui si ha

R= (1 – e-λt)* k * d

Avremo pertanto che il livello di Rischio R è dato dalprodotto del livello di pericolo P moltiplicato per lamagnitudo della probabilità del danno D nelle condi-zioni di impiego e/o di esposizione

(segue)

FONDAMENTI DI TEORIA DI ANALISI DEL RISCHIO CONCETTI DI SICUREZZA- TASSO DI GUASTO – PERICOLO- RISCHIO

24 RISCHIO IDRAULICO E IDROGEOLOGICO

- rischio elevato (R3): per il quale sono possibili problemi per l’incolumitàdelle persone, danni funzionali agli edifici e alle infrastrutture con conse-guente inagibilità degli stessi, la interruzione di funzionalità delle attivitàsocioeconomiche e danni rilevanti al patrimonio ambientale,

- rischio molto elevato (R4): per il quale sono possibili la perdita di vite uma-ne e lesioni gravi alle persone, danni gravi agli edifici, alle infrastrutture eal patrimonio ambientale, la distruzione di attività socioeconomiche.

Secondo tali definizioni non compare esplicitamente nella definizione di ri-schio la probabilità che i danni indicati vengano prodotti e quindi la frequenzacon cui ci si può attendere che l’evento calamitoso abbia luogo.

Peraltro nella perimetrazione delle aree inondabili si distinguono chiara-mente aree a bassa, moderata e alta probabilità d’inondazione e nell’attod’indirizzo e coordinamento (D.P.C.M. 29/9/1998) si prevede esplicitamenteche la perimetrazione delle aree a rischio risulti dalla sovrapposizione dellearee inondabili e della carta degli insediamenti, delle attività antropiche e delpatrimonio ambientale, il che reintroduce una certa considerazione per la pro-babilità del danno.

Per chiarire tali ambiguità, è opportuno un chiarimento sull’impostazione dadarsi alla definizione delle aree a rischio nell’ambito dei Piani Straordinari.

Riprendendo i concetti di Risk Assesment e Risk Managment, precedente-mente esposti, si ha che con rischio s’intende una valutazione del danno legatoa fenomeni di pericolo cui è associata una forte componente di aleatorietà(R=PxD) e cioè il rischio R è dato dal prodotto del pericolo P (probabilità di ac-cadimento di un evento inteso anche come valore complementare al fattore si-curezza) per il fattore di danno D inteso come perdita di vite umane, o di benieconomici.

Il caso del rischio di inondazione è tipico: gli eventi calamitosi che produ-cono il danno di piena sono eventi rari, d’intensità fortemente variabile, che divolta in volta possono produrre danni di entità diversa.

Si adottano le seguenti definizioni:

a) intensità I dell’evento calamitoso una grandezza che caratterizza l’attitudi-ne dell’evento a produrre danno (nel caso delle piene si assume in generela portata al colmo);

b) pericolosità H del sito la probabilità che l’evento ha di verificarsi in quel sitoin un intervallo di tempo (generalmente in anni);

c) vulnerabilità V del sito è il danno prodotto dal verificarsi dell’evento.

Se l’evento può avere intensità diverse la vulnerabilità dipende anchedall’intensità dell’evento: V= V(I)

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La vulnerabilità è generalmente espressa nella forma: in funzione del valoreesposto W:

V=vW(2)

dove v è la vulnerabilità specifica, o per unità di valore esposto. Il valoreesposto è una misura del valore esposto al pericolo, che può essere rappresen-tato da una valutazione dei beni che insistono sull’area in pericolo.

Quando gli eventi possono avere diversa intensità si ha: v= v(I).In questo caso il valore esposto viene spesso assunto come la frazione dei

beni che insistono sull'area in pericolo che potrebbe venire distrutta da unevento di estrema intensità;

d) rischio R il valore atteso del danno annuo che, in forma semplificata, èesprimibile dalla relazione: R= W* v* H.

A queste valutazioni viene ad associarsi la procedura di attenuazione delrischio attraverso le Perimetrazioni.

Con riferimento alle definizioni del DL 11/6/1998, n. 180, nell’ambito delPiano Straordinario vengono considerate le classe P4 e P3 che rappresentanorispettivamente:

a) per le inondazioni:

P4: le aree inondate con un tempo di ritorno T = 30 anni,

P3: le aree inondate con un tempo di ritorno T = 200 anni;

b) per le frane:

P4: le aree in cui sono state individuate frane attive e quiescenti.

1.1.4. Pericolo d’inondazione

La perimetrazione delle aree a pericolosità P4 per le inondazioni potrà es-sere eseguita sulla Carta Tecnica Regionale (CTR) 1:25.000.

Le aree P4 e P3 saranno perimetrate come aree soggette a inondazione contempo di ritorno T = 30 anni, incrociando in ciascuna sezione del corso d’ac-qua i livelli idrici delle piene con tempi di ritorno T = 30 anni e T = 200 annicon il profilo del suolo tracciato lungo la normale all’alveo nella sezione con-siderata.

Per far ciò occorre chiaramente considerare correttamente le portate di pie-na e determinare i livelli idrici corrispondenti alle piene con tempi di ritorno T= 30 anni e T = 200 anni.

Sia per la determinazione delle portate di piena che per i livelli idrici cor-

26 RISCHIO IDRAULICO E IDROGEOLOGICO

rispondenti sono ormai a disposizione sofisticati programmi di calcolo checonsentono una spedita elaborazione dei dati pluviometrici, topografici, geo-logici, nonché per quanto riguarda i livelli idrici l’analisi dei fenomeni di motovario associati al deflusso nell’ambito delle aste fluviali.

Ritornando alla perimetrazione della vulnerabilità nell’ambito dello studiopotrà essere assunta pari al valore esposto, descritto qualitativamente sotto for-ma di classi di uso del territorio.

Le classi di uso del territorio, individuate sulla cartografia di riferimento edigitalizzate, saranno quelle indicate nella tabella 1.1.

Tab. 1.1 - Classi di uso del territorio

CLASSE DI IMPIEGO DEL TERRITORIO

DESCRIZIONE

1. Aree Urbane ad Alta Densità Abita-tiva:

aree chiaramente connesse ai centri urbani con tipologiaedilizia prevalente a palazzi o palazzine comunque multi-piano

2. Aree Urbane a Bassa Densità Abita-tiva:

aree separate dai centri urbani o con tessitura chiara-mente più rada ancorché regolare, borghi, zone residen-ziali periferiche con tipologia edilizia prevalente a ville ovillini

3. Aree con Case Sparse: confini catastali o aree di stretta pertinenza di casolari,fattorie, case sparse con corti

4. Edifici Pubblici edifici pubblici di particolare importanza strategica (ospe-dali, caserme, municipi, opere d’arte)

5. Aree Infrastrutturate aree di stretta pertinenza di impianti di depurazione,stoccaggio RSU o similari, campi pozzi, grandi tralicci retiaeree, parchi attrezzati, camping, aree archeologicheattrezzate, verde pubblico attrezzato ecc.

6. Aree Produttive Industriali: confini catastali o aree di stretta pertinenza di opifici, cen-trali idroelettriche o di trasformazione, magazzini, ecc.

7. Aree Produttive Agricole Serre, aree irrigate con impianti fissi, ecc.

8. Autostrade Aree di stretta pertinenza della rete autostradale, com-prensive di stazioni, infrastrutture connesse, aree di ser-vizio, ecc

9. Strade Statali aree di stretta pertinenza della rete stradale statale com-prensive di stazioni, infrastrutture connesse, aree di ser-vizio, ecc.

10. Strade Provinciali: aree di stretta pertinenza della rete stradale provincialeritenute significative per il loro valore intrinseco o per illoro valore ai fini della sicurezza in caso di evacuazione

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Nella Perimetrazione del Rischio, sempre con riferimento alle definizionidel D.P.R. 11/6/1998, n. 180, nell’ambito del Piano Straordinario potrannoessere considerate soltanto le classi di rischio molto elevato R4.

Le zone a rischio saranno determinante dall’intersezione delle zone delleclassi d’uso del territorio, che rappresentano la vulnerabilità, e delle zone dipericolosità e rappresentate nella planimetria di riferimento. In particolare peril rischio d’inondazione le zone R4 potranno essere determinante dall’interse-zione delle zone delle classi d’uso del territorio, e delle zone di pericolosità P4secondo quanto indicato dalla tabella 2, in cui sono indicati i codici delle classidi uso del territorio della tabella 1 che, ricadendo in ciascuna zona di perico-losità, individuano la classe di rischio.

A questo punto potranno essere adottate le misure di salvaguardia (D.L.11/6/1998, n. 180 e successive modificazioni, art. 1, comma 1bis) si potran-no riferirsi alle seguenti aree:

- aree a rischio molto elevato R4;

- aree a pericolosità P4.

Scopo delle misure di salvaguardia sarà quello di:

a) nelle aree a rischio R4 l’eliminazione del rischio o la riduzione di questo alivelli accettabili;

b) nelle aree in pericolo (ovvero soggette ad eventi ma ancora prive di inse-

11. Strade Comunali: aree di stretta pertinenza della rete stradale comunale evicinale ritenute significative per il loro valore intrinsecoo per il loro valore ai fini della sicurezza in caso di eva-cuazione

12. Ferrovie aree di stretta pertinenza della rete ferroviaria

0. aree con vulnerabilità non significativa: aree non antropiz-zate e prive di beni esposti

Tab. 1.2 - Definizione delle zone a rischio d’inondazione

R4

P4 1, 2, 4, 6, 8, 9, 12

(segue) Tab. 1.1 - Classi di uso del territorio

CLASSE DI IMPIEGO DEL TERRITORIO

DESCRIZIONE

28 RISCHIO IDRAULICO E IDROGEOLOGICO

diamenti vulnerabili), in cui non sussistono quindi condizioni di rischio mol-to elevato o elevato, impedire che l’aumento della vulnerabilità a seguitod’interventi antropici produca l’insorgere di condizioni di rischio molto ele-vato o elevato.

1.1.5. La progettazione delle opere idrauliche ed i riferimenti normativi

Le opere idrauliche sono generalmente opere pubbliche. Esse infatti atten-gono per lo più ad interventi delle Regioni, Province, Comuni, o ad enti di ca-rattere pubblico quali i Consorzi di Bonifica ed irrigazione, le ComunitàMontane. Il carattere pubblico di tali interventi impone l’osservanza delle nor-me dettate dallo Stato o dalle Regioni in materia di lavori pubblici.

Occorre pertanto tener presente il nuovo quadro normativo di riferimentoper le opere pubbliche costituito dalla legge fondamentale dei lavori pubbliciLegge 109 dell’11 febbraio 1994 “Legge Merloni” e le sue successive modifi-che ed integrazioni, L. 216/95 “Merloni bis” e 415/98 “Merloni Ter”, com-pletati dall’entrata in vigore il 28 luglio 2000 del D.P.R. 554/99 “Regolamentodi attuazione” e del D.P.R. 144/2000 nuovo Capitolato Generale di Appalto.

Oltre le norme generali di riferimento per i lavori pubblici, le principali leg-gi dalle quali si traggono le procedure tecniche ed amministrative da adottarsiin materia di acque pubbliche ed opere idrauliche possono così sinteticamenteessere riportate:

● D.M. 29 maggio 1895Regolamento per la compilazione dei progetti di opere dello Stato chesono nelle attribuzioni del Ministero dei Lavori pubblici

● R.D. 25 luglio 1904 n. 523 Testo Unico delle disposizioni di legge intorno alle opere idrauliche dellediverse categorie

● R.D. 14 agosto 1920 n. 1285 Regolamento per le derivazioni e utilizzazioni di acque pubbliche

● D.M. 16 dicembre 1923Norme per la compilazione dei progetti di massima e di esecuzione acorredo delle domande per le derivazioni di acque, di cui all'art. 9, n.1, del regolamento 14 agosto 1920, n. 1285

● Legge 19 marzo 1952 n. 184Piano orientativo ai fini di una sistematica regolazione delle acque e rela-

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zione annua del ministero dei lavori pubblici

● Circolare LLPP 27 agosto 1962 n. 2078Norme da inserire nei capitolati di lavori idraulici per la zincatura deigabbioni di filo di ferro per difese fluviali e sistemazioni montane.

● Legge 25 gennaio 1962 n. 11Piano di attuazione per una sistematica regolazione dei corsi di acquanaturali

● Legge 31 marzo 1977 n. 92Conversione con modificazioni in legge del decreto legge 1 febbraio 1977,n. 13 concernente proroga delle concessioni di grandi derivazioni di acqueper uso di forza motrice.

● D.P.R. 24 luglio 1977 n. 616Attuazione della delega di cui all'art. 1 della legge 22 luglio 1975, n. 382

● Legge 24 maggio 1978 n. 228Ulteriore proroga della durata delle utenze di acqua pubblica aventi adoggetto piccole derivazioni.

● Legge 22 dicembre 1981 n. 765Conversione in legge, senza modificazioni, del decreto legge 31 ottobre1981, n. 619 concernente differimento del termine di scadenza delle con-cessioni idroelettriche stabilito con legge 31 marzo 1977, n. 92, e proro-gato con decreto legge 31 gennaio 1981, n. 13, convertito, conmodificazioni, nella legge 1˚ aprile 1981, n. 106.

● D.M. Industria 30 Novembre 1982 Modalità di erogazione di contributi per la riattivazione e costruzione diimpianti idroelettrici di piccole derivazioni di acqua.

● D.M. Industria 2 ottobre 1984Nuove modalità di erogazione dei contributi di cui all'articolo 14 della leg-ge 29-5-1982, n. 308, per la riattivazione e costruzione di impianti idroe-lettrici di piccole derivazioni di acqua

● Legge 8 agosto 1985 n. 431 Conversione in legge, con modificazioni ed integrazioni, del decreto leg-ge 27 giugno 1985, n. 312 concernente disposizioni urgenti per la tute-la delle zone di particolare interesse ambientale.

● Circolare Ministero Beni Culturali e Ambientali 31 agosto 1985 n. 8Applicazione della legge 8 agosto 1985, n. 431. (Tutela delle zone diparticolare interesse ambientale).

30 RISCHIO IDRAULICO E IDROGEOLOGICO

● Legge 18 maggio 1989 n. 183Norme per il riassetto organizzativo e funzionale della difesa del suolo.

● D.P.C.M. 23 marzo 1990 Atto di indirizzo e coordinamento ai fini della elaborazione e della adozio-ne degli schemi previsionali e programmatici di cui all'art. 31 della legge18 maggio 1989, n. 183, recante norme per il riassetto organizzativo efunzionale della difesa del suolo.

● Legge 25 maggio 1990 n. 131Ordinamento del servizio dei fari e del segnalamento marittimo

● Legge 7 agosto 1990 n. 253Disposizioni integrative alla legge 18 maggio 1989, n. 183, recante normeper il riassetto organizzativo e funzionale della difesa del suolo

● D.P.R. 24 gennaio 1991 n. 85Regolamento concernente la riorganizzazione ed il potenziamento dei ser-vizi tecnici nazionali geologico, idrografico e mareografico, sismico edighe nell'ambito della Presidenza Del Consiglio Dei Ministri, ai sensidell'art. 9 della legge 18 maggio 1989, n. 183

● D.P.R. 7 gennaio 1992Atto di indirizzo e coordinamento per determinare i criteri di integrazionee di coordinamento tra le attività conoscitive dello stato, delle autorità dibacino e delle regioni per la redazione dei piani di bacino di cui allalegge 18 maggio 1989, n. 183, recante norme per il riassetto organizza-tivo e funzionale della difesa del suolo.

● Legge 5 gennaio 1994 n. 36Disposizioni in materia di risorse idriche.

● Legge 5 gennaio 1994 n. 37Norme per la tutela ambientale delle aree demaniali dei fiumi, dei torrenti,dei laghi e delle altre acque pubbliche.

● D.P.R. 14 aprile 1994 Atto di indirizzo e coordinamento in ordine alle procedure ed ai criteri perla delimitazione dei bacini idrografici di rilievo nazionale e interregionale.

● D.L. 8 agosto 1994 n. 507, convertito con L. 21 ottobre 1994 n. 584,recanti misure urgenti in materie di dighe

● D.P.R. 18 luglio 1995 Approvazione dell'atto di indirizzo e coordinamento concernente i criteriper la redazione dei piani di bacino.

● Decreto legge 11/6/1998, n. 180 “Misure urgenti per la prevenzione del

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rischio idrogeologico ed a favore delle zone colpite da disastri franosinella regione Campania” convertito con Legge 3/8/1998, n. 267.

● Decreto legge 13/5/1999, n. 132 “Interventi urgenti in materia di pro-tezione civile”, convertito con legge 13/7/1999, n. 226.

● D.P.R. 27/7/1999 “Ripartizione di fondi finalizzati al finanziamento degliinterventi in materia di difesa del suolo per il quadriennio 1998/20001”

● DPCM 21/12/1999, approva i programmi d’intervento delle regioni peri piani stralcio dei fiumi e le misure di salvaguardia, stabiliti dal D.L. 180/98.

● Decreto legge 12/10/2000, n. 279 “Interventi urgenti le aree a rischioidrogeologico molto elevato e in materia di protezione civile, nonché del-le zone della regione Calabria danneggiate dalle calamità idrogeologi-che di settembre e ottobre 2000” (G.U. n. 239 del 12/10/2000)convertito in con la legge 365/2001.

Per quanto riguarda le concessioni idrauliche dal 31/12/2000, in base altrasferimento delle competenze del Demanio Fluviale alle Regioni:

● il Decreto Legislativo 31/3/1998, n. 112, recante “Conferimento di funzio-ni e compiti amministrativi dello Stato alle Regioni ed agli Enti Locali”;

● La Circolare n. 53284/99 in data 2/8/1999 del Dipartimento del Territo-rio Direzione Centrale del Demanio riguardante “Gestione dei beni diDemanio idrico” che stabilisce, per gli uffici interessati, il divieto di porre inessere atti dispositivi di lunga durata che saranno in seguito assunti daglienti locali competenti;

● il D.P.C.M. del 12 ottobre 2000 riguardante l’ “individuazione dei beni del-le risorse finanziarie, umane, strumentali e organizzative da trasferire alleregioni ed agli enti locali per l’esercizio delle funzioni e dei compiti ammi-nistrativi in materia di demanio idrico” pubblicato sul supplemento ordina-rio n.224 alla G.U. n.303 del 30 dicembre 2000;

● il D.P.C.M. del 13 novembre 2000 recante “criteri di ripartizione e riparti-zione tra le regioni per l’esercizio delle funzioni conferite dal decreto legi-slativo 31 marzo 1998, n.112 in materia di demanio idrico”;

● l’articolo 13 della Legge 24 novembre 2000, n. 340 pubblicata sulla G.U.n.275 del 24/11/2000;

● il primo comma dell’articolo 52 della Legge Finanziaria per l’anno 2001;

● lo schema di D.P.C.M. di trasferimento delle risorse per l’esercizio delle fun-zioni conferite dal d.lgs 31 marzo 1998, n.112 alla Regione Liguria ed aglialtri enti locali della regione approvato in Commissione Bicamerale consul-