PSICOLOGIA - Manuale di Autostima

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I Manuali di Autostima.net “L’arte di Ascoltare!” L’ARTE DI ASCOLTARE! A cura di Alessandro Gallo Cominciamo ad Ascoltare “So che pensate di capire quello che ho detto, ma non sono sicura che vi rendiate conto che quello che avete sentito non è quello che intendevo” Madelyn Burley-Allen La maggior parte del tempo, durante l’arco della nostra vita, lo trascorriamo a comunicare con altre persone e con noi stessi. Ma in che altri modi noi comunichiamo? Tramite quali azioni? Leggendo un libro o una rivista, scrivendo una lettera, parlando con chi ci sta intorno ed ancora ascoltando. Provando a riflettere su tutto il tempo impiegato a studiare, partendo dalle scuole elementare, sino al diploma, o meglio alla laurea, per quanti anni ci siamo impegnati per imparare a parlare correttamente, per riuscire a leggere e riuscire a scrivere? Ma ancora, quanto tempo abbiamo impiegato per apprendere come si ascoltano gli altri? Come comprendere realmente, profondamente una persona, riuscendo a vedere il suo mondo con i suoi occhi? Penso che nessuno di noi potrà alzare la mano e rispondere esaurientemente a questa ultima domanda. Quanti di voi hanno avuto, almeno una volta, la convinzione di parlare e di non essere compreso? È comune a molte persone la consapevolezza che non sempre la comunicazione in generale, avviene in modo positivo e fruttuoso. Spesso capita, che al contrario di tutte le nostre aspettative ciò che abbiamo detto, non è ciò che abbiamo trasmesso. Sulla volontà di spiegare cosa avviene nei vari passaggi di un discorso, è molto esplicito l’esempio della “Cascata della comunicazione”: 1

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I Manuali di Autostima.net“L’arte di Ascoltare!”

L’ARTE DI ASCOLTARE!A cura di Alessandro Gallo

Cominciamo ad Ascoltare

“So che pensate di capire quello che ho detto,ma non sono sicura che vi rendiate conto che

quello che avete sentito non è quello che intendevo”Madelyn Burley-Allen

La maggior parte del tempo, durante l’arco della nostra vita, lotrascorriamo a comunicare con altre persone e con noi stessi.

Ma in che altri modi noi comunichiamo?Tramite quali azioni? Leggendo un libro o una rivista, scrivendo una

lettera, parlando con chi ci sta intorno ed ancora ascoltando.Provando a riflettere su tutto il tempo impiegato a studiare, partendo dalle

scuole elementare, sino al diploma, o meglio alla laurea, per quanti anni cisiamo impegnati per imparare a parlare correttamente, per riuscire a leggere eriuscire a scrivere? Ma ancora, quanto tempo abbiamo impiegato perapprendere come si ascoltano gli altri? Come comprendere realmente,profondamente una persona, riuscendo a vedere il suo mondo con i suoiocchi? Penso che nessuno di noi potrà alzare la mano e rispondereesaurientemente a questa ultima domanda.

Quanti di voi hanno avuto, almeno una volta, la convinzione di parlare edi non essere compreso?

È comune a molte persone la consapevolezza che non sempre lacomunicazione in generale, avviene in modo positivo e fruttuoso. Spessocapita, che al contrario di tutte le nostre aspettative ciò che abbiamo detto,non è ciò che abbiamo trasmesso.

Sulla volontà di spiegare cosa avviene nei vari passaggi di un discorso, èmolto esplicito l’esempio della “Cascata della comunicazione”:

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volendo esprimere il 100% di ciò che pensiamo,nel momento di farlo, ne esprimiamo a parole solo il 70%,

di cui solo il 40% viene ascoltato,il 20% recepito,

ed il 10% ricordato.

Fig. 1

Una o più domande che potranno sembrare necessarie in questo momentosono: Perché non riusciamo a comunicare ciò che vogliamo? È colpa nostra odel nostro interlocutore?

Per dare tali risposte, dobbiamo renderci conto che esiste un fattoreancora non sufficientemente considerato, o meglio sottovalutato; la capacitàd’ascolto attivo, nostra e di chi sta di fronte.

Ci siamo mai chiesti nell’arco di una comunicazione, come sono ripartiti itempi per ogni fase, ed in particolar modo quanto tempo passiamo adascoltare gli altri? Da una ricerca, e scaturito tale risultato a questa domanda:

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Fig. 2

Da come si può osservare, la maggior parte del nostro tempo, in linea dimassima, lo dedichiamo all’ascolto, quella fase da noi precedentementesottovalutata, ma allora che tipo di ascolto sarà se già in partenza non losfruttiamo, penso che sarete d’accordo con me nel dire che sarà un ascoltoinefficace.

Innanzi tutto bisogna puntualizzare la differenza che vi è tra ascoltare edudire.

Molti ritengono erroneamente che le due parole abbiano lo stessosignificato, e questo fa pensare che l’ascolto in modo efficace sia un qualchecosa di istintivo, per cui non si fa molto per acuire questo istinto, appuntoperché tale. Cosi facendo perdiamo di vista una funzione chiave dellacomunicazione efficace.

Per udire si intende la percezione di ogni rumore o suono, senza prestareparticolare attenzione alla fonte e al motivo che lo ha generato.

Ascoltare significa raccogliere informazioni dagli altri “o dal mondo checi circonda, come la natura” senza giudicare, dimostrare la nostra attenzionea chi ci parla, perché ascoltare può essere un modo per esprimereconsiderazione per qualcuno, e spesso ne aumentare l’autostima

.I processi di ascolto, sono più elaborati di quelli dell’udire, hanno vari

skill1 in quanto sono processi attivi e non passivi.1 Skill, tradotto significa competenze. Maggiori saranno le nostre competenze su qualsiasiargomento/comportamento, maggiore sarà la nostra padronanza e auto consapevolezza di tale

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Tempo che dedichiamo alle varie fasi della comunicazione

40% Ascoltare

35% Parlare

16% Leggere

9% Scrivere

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Per renderci conto dell’importanza del vero Ascolto, proviamo arivolgerci questa domanda: Come mi sento quando qualcuno mi ascoltaveramente ? mi sentirò a mio agio con il mio interlocutore, sarò aperto,disponibile al dialogo, e mi sentirò compreso e importante, felice di essere lìin quel preciso momento.

Pensiamo per un attimo ai vantaggi che potrebbero scaturire dall’eserciziodi un ascolto attivo, quanti problemi potremmo evitare, quanto tempopotremo recuperare, equivoci che non si verificherebbero più in quanto tuttosia chiaro, non ci sarebbero istruzioni mal comprese, nessuna perdita diinformazioni utili, ed in particolar modo non corremmo il rischio di ferire isentimenti di chi ci sta vicino.

Come si suddividono i livelli di ascolto:

L’ascolto Empatico, non è altro che uno dei vari livelli che puòraggiungere l’ascolto. Intendo per livelli il grado di attenzione e dicoinvolgimento che applichiamo in vari momenti della comunicazione.

Si riscontrano nell’ascolto tre tipi di livelli:

1°, Ascoltare a tratti: Si potrebbe definire come un ascoltodisinteressato, lo si pratica generalmente, quando ascoltiamo qualchecosa che non ci interessa. Di solito si ascolta restando in silenzio, inmodo passivo, e percependo giusto il minimo per poter simularel’attenzione. Generalmente durante la conversazione, la nostraattenzione è rivolta maggiormente su di noi, ci distraiamo perchédiamo giudizi, perché pensiamo a cosa rispondere, a cosa obiettare, oa dare un consiglio. Il rischio è che i nostri interventi siano fuoriluogo.

2°, Sentire le parole: in questo caso l’ascolto è più attivo, ma si limitaa scandagliare in superficie le parole che ci sono state rivolte, la nostraconcentrazione è maggiore per le parole che vengono pronunciate, cheper il significato a livello sentimentale che gli è stato attribuito. Sipotrebbe definire anche come un ascolto attento o selettivo, fatto piùche altro in modo razionale.

3°, Ascolto Empatico: il traguardo a cui ognuno di noi dovrebbeaspirare. Ascoltare con l’intento di capire e non giudicare. Riuscire a

argomento/comportamento.

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vedere le cose con gli occhi dell’altra persona, utilizzare la sua mappacome se fosse la nostra mappa. Caratteristiche di questo tipo diascolto sono, l’essere attenti e presenti, osservare l’intero linguaggio,quello verbale, ma anche il non verbale. Questo richiede duecaratteristiche, la prima di essere aperti a capire i sentimenti e ipensieri dell’interlocutore, la seconda, è la modalità di pensierodefinita da alcuni “Tu sei OK - Io sono OK” da altri“Vincere/Vincere”. L’Ascolto Empatico è molto potente in quanto vifornisce dati precisi sulla persona che avete d’avanti, invece diproiettare sugli altri le vostre mappe, i vostri giudizi, le vostreesperienze passate, vi trovate di fronte alla realtà interna dell’altrapersona, alla sua più intima forma di pensiero.

Da aggiungere che teorie2 diverse includono altri due livelli, che sono: Ignorare: come identifica la stessa parola consiste nel non prestare

attenzione alle parole altrui, in modo completo. Fingere di ascoltare e l’Ascolto Selettivo: entrambi si possono

assoggettare all’ascolto a tratti su citato.

Empatia non è da confondere con simpatia, perché in un ascoltosimpatico, ti potrei dare ragione anche se sono convinto del contrario, mafarlo ugualmente solo perché provo per te qualche cosa che mi spinge inquesta direzione. L’Empatia di una persona và a braccetto con la suastessa assertività, cioè la capacita di rispettare gli altri e i loro pensieri eopinioni, e contemporaneamente farsi rispettare i propri.

Da dove derivano i nostri modelli d’ascolto?:

Il percorso compiuto fino ad oggi, da ognuno di noi, ci ha portato a faredelle esperienze, che a loro volta hanno influenzato il nostro modo dicomportarci su vari fronti. In questo caso il fronte dell’ascolto ha subito intutti noi un indirizzo abbastanza privo di iniziativa in quanto, come è già statodetto, la nostra società gli riconosce più che altro un ruolo passivo, un istintoinnato che non si deve migliorare.

2 “I sette pilastri del Successo” di Stephen R. Covey, edizione Bompiani

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Oltre a ciò, hanno influito sin dai tempi in cui stavamo nella culla,avvenimenti che contribuirono e contribuiscono tuttora a questa credenzacollettiva.

Osserviamo il comportamento di un infante nella culla:Se il bambino ascolta ciò che gli accade intorno, gli adulti lo lasceranno

tranquillo, ma se vuole destare l’attenzione basta che cominci a“parlare”gridare, subito gli adulti accorreranno, per capire cosa gli occorre, seha fame, vuole cambiato o ha solo bisogno di coccole.

Cosa può apprendere il bambino, ed anche noi da tutto ciò? Chi sta zittoad ascoltare non ottiene nulla.

Continuando ad andare avanti nei ricordi, a qualcuno sarà capitato diessere apostrofati in uno qualsiasi di questi modi:

o < Stai zitto e ascolta >o < Sei troppo piccolo per capire >o < Non interrompere i grandi quando parlano >o < Non sai di cosa stai parlando >o < …….. >Questi non sono altro che messaggi che i bambini ricevano ogni giorno

sull’ascolto, provenienti da chi gli sta intorno. Anche se il ruolo di genitori oinsegnanti prevede l’indirizzo, un’educazione della mente e dello spirito,molte volte questa meta non viene raggiunta sufficientemente.

Molto importante nella formazione di modelli nei bambini, sono leattenzioni ricevute nell’ascolto. Il modo in cui siamo stati ascoltati puòcostituire uno Stroke3 positivo o negativo nella memoria esperenziale diognuna persona. Uno Stroke, (tradotto letteralmente, Carezza), non è altroche un’esperienza passata, che riesce a creare un modello che influenzerà ilcomportamento dell’individuo, perché sarà preso come mappa di unterritorio, mappa del tutto individuale. Gli Strokes, non sono solo le parole,che rigettiamo sui bambini o sugli altri, atte a vantare o criticare uncomportamento, ma sono anche i gesti, gli sguardi. Cioè sia i messaggiverbali, non verbali e paraverbali4 che ognuno di noi trasmette.

3 Stroke = qualsiasi forma di riconoscimento o d’attenzione che una persona da all’altra.Un’ansia d’attenzione da parte di un’altra persona, un “bisogno psicologico” che ogniindividuo ha per sopravvivere. “Imparare ad ascoltare” di M. Burley- Allen, edizioni FrancoAngeli.

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Segnali non verbali Positivi Negativi

Espressione del viso

Viso rilassato e sguardoattento, rivolto verso chiparla.

Ciglia aggrottate,sguardo rivolto altrove,smorfie didisapprovazione o noncoinvolgimento.

Postura

Aperta e protesa inavanti, simile a chi parla.

Chiusura con braccia egambe incrociate,protesa indietro,distaccata.

Gesti

Gestualità armonica,coerente con le parole,simili a quellidell’interlocutore,

gesti intimidatori,indicare con le dita,ammonire, gestualitàdall’alto in basso comele bacchettate. Gestibruschi e veloci.

Tono di voce

Calmo, adatto allasituazione, simili aquello di chi ci parla

Alto, stizzito, nervoso,completamente indisarmonia con quello dichi ci parla

Tab. 1

Ascoltare, saper ascoltare è uno Stroke molto potente da trasmettere, facapire alle persone di non essere state ignora, e di non essere state giudicate,ma solo ascoltate senza nessun tipo di pregiudizi.

L’ambiente che ci sta intorno, è un contenitore enorme da cui attingiamoquotidianamente potenziali modelli di ascolto (non solo questi), che secondivisi o imposti, ci accompagneranno avanti nella nostra vita sino aquando non prenderemo la consapevolezza di ciò che facciamo e perché lofacciamo.La consapevolezza. La prima arma per un cambiamento.

4 Messaggi verbali, non verbali e paraverbali. Corrispondono al primo gruppo i messaggitrasmessi con il significato delle parole; al secondo gruppo appartengono gli atteggiamentifisici adottati, che sono la postura, la gestualità e la mimica facciale; al terzo gruppocorrispondono il tono vocale, la velocità di parola, il volume e le pause, il terzo gruppocorrisponde al modo pratico di come si esprimono le parole.

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Essere consapevoli di come ascoltiamo gli altri, e a quale livello ciaggiriamo con più frequenza, è l’inizio di un probabile cambiamento, dicoprobabile perché non tutti i nostri comportamenti sono sbagliati e quindinecessari di un cambiamento.

Di sicuro conoscere da dove derivano questi modelli da noi assunti comemappa, non può che avvantaggiarci, nel processo di cambiamento cheintraprenderemo.

La nostra famiglia, il nostro gruppo di amici, la scuola, i nostri parenticon cui stiamo più a contatto, non sono altro che una parte delle sorgenti dallequale derivano i nostri modelli d’ascolto e non. Personalmente potrei citareuna mia esperienza sui modelli assunti dall’esterno, anche se in questo casonon si tratti dell’ascolto, ed il modello e stato assunto coscientemente.

Quando avevo sei anni mia zia si sposò con una persona che non avevomai visto, o almeno non è nei miei ricordi prima di quel momento. Era unmilitare Francese. Conoscendolo scoprì quale persona eccezionale fosse, edin aggiunta, i commenti che si facevano su di lui, quali: che fosse un ottimomarito, che aiutasse sempre la moglie nei lavori di casa, e che si cimentassecon bravura a fare tutto ciò che c’era da fare per un corretto svolgersi dellavita familiare; fece nascere in me la voglia cosciente di assomigliarli, con ildesiderio che un giorno, le cose che furono, e vengono dette su di lui,sarebbero state dette su di me.

Anche se come ho preannunciato, quest’esempio non riguarda l’ascolto,penso che porti una dimostrazione di quello che intendo quando dico“prendere un modello d’esempio e farlo nostro”. Il processo può avvenireconsciamente, come questo caso, o inconsciamente. Quando un ragazzo sisente rivolti solo Stroke negativi, come del tipo < mi devi ascoltare quandoparlo >, incosciamente dentro di lui può associarsi la caratteristica di cattivoascoltatore, e questo influire sulla sua condotta futura.

Esempio5:Il padre di margherita la guardava con aria di disapprovazione quando

gli esponeva delle idee su cui lui non era d’accordo. La interrompeva spessoa metà di una frase per dirle che stava sbagliando. Come risultatodell’esperienza infantile, Margherita aveva difficoltà a prestare attenzionequando un superiore le parlava. Si concentrava sull’impressione che l’altrapersona poteva avere di lei più che su quello che le stava dicendo.

5 Esempio estratto da: Imparare ad ascoltare di M. Burley-Allen, edizioni Franco Angeli, pag.46

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Consci di ciò che accade dentro di noi e del perché, ora possiamo buttarele nuove basi per un cambiamento duraturo e misurabile sin da subito.

Ma, per iniziare, su cosa dobbiamo lavorare in moda d’aver un buonascolto attivo?

Proprio per questo ora parleremo di……………

Modalità di pensiero nei rapporti interpersonali.

Alla base di un ascolto attivo e proficuo, è necessario un atteggiamento dirispetto verso le opinioni altrui, in quanto espresse da altre persone che hannoun’anima e dei sentimenti, quindi suscettibili proprio come noi. Diverseteorie, a mi avviso valide, definiscono diversi sistemi di atteggiamento:

Vincere/Vincere Vincere/Perdere Perdere/Vincere Perdere/Perdere Vincere/Vincere o nulla di fatto

Prima di iniziare a descrivere i vari atteggiamenti su detti, tendo asottolineare, che le persone nel loro stile di ascolto, di solito utilizzanomaggiormente uno di questi stili, ma non esclusivamente uno solo. A secondadelle persone con cui siamo a contatto, delle opinioni che abbiamo di loro, ede tipo di rapporto che ci lega, utilizzeremo tutti o quasi, tali atteggiamenti.

Vincere/Vincere: è il concetto più profondo, ricco di consapevolezza di see degli altri. In termini più spiccioli, si identifica nella forma di pensiero “iosono OK,tu sei OK” vincerò solo se vincerai anche tu. Rispettare se stessi egli altri riconoscendone il valore, un concetto molto stretto con il significatodi assertività. Tale atteggiamento si riscontra nella comunicazione empatica,in quanto da la capacità di ascoltare attivamente senza esprimere giudizi,focalizzando l’ascolto non solo alle parole, ma su tutte le sorgenti cheesprimono un significato, quali le espressioni del viso, la gestualità corporeacome il muovere e fare gesti con le mani.

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Lo stile Vincere/Vincere nell’ascolto, è considerato aperto, rilassato,comprensivo, logico, empatico e non giudicante.

Se cerchiamo d’identificarlo in un contesto più generale, come la totalitàdei rapporti interpersonali, sia che possano essere a livello familiare,scolastico, professionale, o legati a quel che sia un gruppo, si comprenderàche tale atteggiamento vede e vive la vita come una collaborazione e noncome una competizione, eliminando le concezioni limite di Bello-Brutto,Forte-Debole, Duro-Morbido, Vincere-Perdere.

Vincere/Perdere: un bambino/ragazzo6 che ad ogni concetto espresso,viene incalzato da un comportamento “Io sono OK, tu NO” delpadre/madre: che lo ascolta con un’espressione critica, sempre con il giudiziopronto sulla punta del dito indice, con la certezza che quello che dice il figlioé sicuramente sciocco o privo di significato, e solo ciò che pensa lui è degnodi attenzione e considerazione; cosa può trasmettere ed inculcare nel figlio? Ilfiglio si sentirà frustrato, incompreso. E da adulto con molta probabilitàadotterà gli stessi comportamenti sugli altri, quasi a rivalsa di ciò che hasubito.

L’atteggiamento Vincere/Perdere, cominciamo ad apprenderlo ad iniziareda quando siamo nella nostra famiglia. I vari confronti che di solito i genitorifanno, del tipo: < perché non ti applichi come fa tua sorella >, < il figlio diClaudia, aiuta la madre nei lavori di casa, non come te che passi tutto iltempo davanti la televisione > < come mai non capisci l’algebra, tuo fratello ècosi bravo? >. Ogni qualvolta ad un figlio vengono negati la pazienza,comprensione o affetto sulla base di tali confronti, dentro di loro si genera unatteggiamento mentale del tipo Vincere/Perdere. E noi trasmettiamo che nonsono degni del nostro amore, e che non hanno valore in confronto a chi liparagoniamo. Potranno sempre pensare: < se sarò più bravo di mio fratello, imiei genitori mi vorranno più bene >.

Perdere/Vincere: < Mettimi pure i piedi in testa, lo fanno tutti >, < Ioamo il quieto vivere. Farei qualunque cosa per mantenermi in pace con tutti, aqualunque costo >. Personalità del genere sono di solito definite accomodanti,tipi arrendevoli.

Disposti a tutto per stare in pace, concedono molto spazio agli altri, adiscapito della loro personalità. Altra terminologia utilizzata è “Io non sono6 E’ ricorrente l’uso negli esempi di bambino/ragazzo, in quanto è il momento della vita dovesi assumono maggiormente a modello i comportamenti degli altri

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OK, tu sei OK. Nell’ascolto una personalità Perdere/Vincere è molto piùattenta a ciò che gli altri possano pensare di lei, e a che figura sta facendopiuttosto che al significato delle parole che gli vengono rivolte, quindiapplicherà di solito un ascolto di 1° o 2° livello.

Il pericolo maggiore per tali persone, è che ogni evento che le turba, va adappesantire quel fardello che si portano dentro, andando ad accumularesofferenze e sottomissioni ad altre ingiustizie avute in passato. Da ciò derivaun pericolo; proprio come un vulcano che da anni ed anni si trattiene e allafine erutta, anche per lui arriverà il momento di erutterà, e maggiore sarà statoil tempo che si sarà contenuto, più grande sarà il botto.

Sia il comportamento Vincere/Perdere che Perdere/Vincere, sonoposizioni deboli, impostate su insicurezze personali.

Come ho precisato prima di iniziare a spiegare i vari atteggiamenti, moltepersone, a seconda di chi hanno d’avanti, o in che situazione si trovano, sicomportano di conseguenza ed adottano il comportamento che gli risulta piùspontaneo. Nel caso di una personalità Perdere/Vincere, raggiunta quellasoglia massima di sopportazione, avviene una trasformazione che io definiscoMoto d’alternanza, dove sveste i panni del Perdere/Vincere ed indossa quellidel Vincere/Perdere

Fig. 3

La frustrazione di dover sempre subire, li catapulta nel paradigmaVincere/Perdere, sino a quando il senso di colpa per il loro comportamentocon gli altri non li ricaccia nel paradigma Perdere/Vincere. E poi ancora ilcircolo si ripete sino al successivo cambio di paradigma.

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Vincere/Perdere

Perdere/Vincere

MOTO D’ALTERNANZA

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Perdere/Perdere: Persone indifferenti, scostanti, pessimistiche e negative.Così si potrebbero considerare nella comunicazione, o meglio in generevengono considerate così le personalità del tipo “Io non sono OK, tu non seiOK”. Persone poco interessate, che passano la maggior parte del loro tempoal 1° livello di ascolto, siccome nessuno è OK, non trovano motivazione adascoltare. Non è raro sentirgli dire frasi del genere < Non ci posso far niente >< Nessuno può farci niente >.

Nei rapporti interpersonali personalità del genere a confronto sono moltopericolose. In genere quando due tipi Vincere/Perdere (tipi decisi ostinati edegocentrici), si scontrano, diventano del tipo Perdere/Perdere, diventanoentrambi vendicativi, e vorranno a tutti i costi adottare la filosofia occhio perocchio, dente per dente. In taluni casi diventano talmente “nemicocentrici”che spendono ogni loro risorsa, economica o di tempo ad affondare il loronemico, a mettergli il bastone fra le ruote, anche se questo indubbiamentesancirà il loro declino.

Vincere/Vincere o nulla di fatto: Si giunge a ciò quando due persone nonriuscendo ad arrivare ad un compromesso,decidono per il nulla di fatto,perché ritengono che il successo individuale non può venire al costo dellasofferenza altrui. Nulla di fatto significa, un garbato disaccordo. Quando è diormai accertata evidenza che si hanno posizioni diverse, rispetto ad unaqualsiasi cosa, si ritiene più opportuno non procedere con nessun tipo diaccordo, non si assumeranno incarichi che poi non verranno rispettati, e nonsi creeranno aspettative che, a loro volta, non verranno soddisfatte.

Ma allora quale paradigma è migliore?

Non ve ne è uno migliore dell’altro, se vengono adottati ognuno nellasituazione più opportuna. Il corretto comportamento, sarebbe di aggirarsiconsciamente in ognuno di loro, e adottarli solo nelle occasioni che lirichiedono.

In un rapporto coniugale, o tra padre/madre e figli, un comportamentoopportuno è del tipo Vincere/Vincere, ma in taluni casi anche il tipoPerdere/Vincere o Vincere/Perdere può essere giusto da utilizzare. Deleteriosarà di sicuro un atteggiamento Perdere/Perdere.

In una partita di pallone, o qualsiasi gioco a squadre, è logico che ilcomportamento Vincere/Vincere non è dei migliori.

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Questi comportamenti sono alla base del gioco di ruoli che si crea nellecomunicazioni, ma anche nei rapporti interpersonali.

Il triangolo dei ruoli.

Quando in una comunicazione intervengono gli atteggiamenti “Non OK”la si può assimilare ad un gioco di ruolo, proprio come quelli che si fannosotto il periodo natalizio.

Come ogni gioco che si rispetti, anche qui ogni personaggio ha il suoruolo. A differenza dei giochi veri e propri, di solito nelle conversazioni c’èin ballo qualche cosa di più che delle semplici banconote con l’effige diPaperon de Paperoni. Sono i sentimenti, e l’autostima di ognuno deipartecipanti.

Prima di analizzare i vari ruoli devo precisare che sono ruoli tipo, quindil’estremo comportamentale di ogni personaggio, impossibile, o moltodifficile da trovare in natura.

Il Persecutore: è un personaggio che è sempre pronto a criticare,ad individuare il lato negativo su ogni azione, o frase detta daglialtri. Il suo atteggiamento è del tipo “Io sono OK, tu no”. Sembrache passi il tempo ad individuare gli sbagli o le imperfezioni deglialtri, ed è sempre pronto a riprendere il mal capitato di turno. Sipuò definire anche aggressivo in taluni casi, in particolar modoquando riveste posizioni di rilievo.

Il Soccorritore: anch’egli ha l’atteggiamento “Io sono OK, tuno”, pensa che gli altri non siano capaci di svolgere il lorocompito, ed è sempre pronto ad assumersi il lavoro altrui ed anchele eventuali colpe. Mentre ascolta gli altri, è sempre preoccupato apensare il miglior consiglio che deve dare, e non presta attenzionea ciò che viene detto; quindi da molte volte consigli inappropriati.Non ha per niente il senso della delega, tende ad assumere piùincarichi di quanti ne possa svolgere, questo lo porta ad esseresempre in ritardo. Lo stress è la sua espressione finale che lotramuta da soccorritore a vittima.

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La Vittima: a differenza dei precedenti personaggi hal’atteggiamento “Io non sono OK, tu si”, pensa sempre di essereinopportuna, non interviene nei discorsi perché pensa di esserefuori luogo. Ascolta sempre restando sulla difensiva, permette allesue emozioni di pregiudicare la sua obiettività, e cosi facendofavorisce la ricezione di Stroke negativi dall’esterno.

Fig. 4

La consapevolezza di sapere a quale di questi personaggi ci avviciniamo,è molto importante, perché ci aiuta a capire dove ed in che cosa dobbiamomigliorare.

Come si è messo in evidenza, il nostro ruolo è strettamente legato alnostro modo di ascoltare. Le radici del nostro comportamento, si comincianoa formare dall’età infantile, ed è da quel momento che incominciamo adimpersonale uno o più di questi atteggiamenti.

Nello schema7 seguente si riportano in cinque fasi il processo disocializzazione, dove si denotano gli atteggiamenti OK che sostengono il

7 Lo schema è stato tratto, per la sua semplicità di comprensione, dal libro gia menzionato inprecedenza: Imparare ad ascoltare di M. Burley-Allen, edizioni Franco Angeli.

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nostro comportamento. Il processo di socializzazione è un fattoresignificativo che causa molti dei problemi d’ascolto che incontriamo.

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45

V

P S

Filtri credenze o paradigmi.

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Esperienze infantili:

Sistema familiare:comunicazioneverbale e nonverbale

Personalità degliadulti più prossimi

Riconoscimento/attenzione positivi onegativi (strokes)

Messaggi del tipo<non fare questo >

Messaggi del tipo<fai questo >

Decisioni nella primainfanzia, l’inizio delconcetto del se

Immagine di se-dialogo interno-affermazione del se,positive o negative Non ne faccio una

giusta Sono stupido Sono in grado di

pensare Faccio le cose bene

Atteggiamenti OKnella vita.Pensare che no egli altri siamo OK onon OK.

Io sono OK, tusei OK

Io sono OK, tunon sei OK

Io no sono OK,tu sei OK

Io non sonoOK, tu non seiOK

Concetto di sé e convinzione degliadulti, esplicitati nei seguenti modi: Atteggiamenti Pregiudizi Valori Percezioni Modelli comportamentali e

sentimenti.

Influenza Influenza

Influenza

Influenza

Triangolo dei ruoli

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Un dei concetti chiave su cui si basa la PNL è: “La mappa non è ilterritorio”. Con ciò si spiega come mai esperienze identiche, condivise dapersone diverse, provochino emozioni e risultati diversi.

Questo concetto può essere chiarito, con l’esempio del bicchiere riempitod’acqua per metà. Domandando a più persone che cosa vedono, le rispostepotrebbero essere differenti, anche se si tratta di un semplice bicchiered’acqua. C’è chi vi dirà che il bicchiere è mezzo pieno e chi vi dirà che èmezzo vuoto. Potrà sembrare un esempio spicciolo e semplice, ma dietro alquale si nascondono due modi differenti di osservare “l’evento”.

Ogni persona guarda il proprio mondo attraverso una lente personale esoggettiva. Di queste lenti ne abbiamo diverse, e scegliamo inconsciamentequale utilizzare a seconda dei vari casi. Come i modelli di d’ascolto,anch’esse si creano con l’esperienze passate, e vanno ad influire sugli eventipresenti e futuri.

Esistono due grandi gruppi che racchiudono le credenze e le classificano,e sono il gruppo delle credenze potenzianti, e quello delle credenze limitanti.L’origine è comune ad entrambi i gruppi, la differenza è che tipo di influenzaavranno sul nostro comportamento, e nel nostro caso sull’ascolto.

Dal significato racchiuso nei singoli nomi già si evince che le credenzepotenzianti, ci danno quello sprint in più, che serve ad andare avanti ed aimpegnarsi di più. Le credenze limitanti ci frenano, inibiscono la nostravoglia di andare avanti, facendo sorgere in noi paure e angosce.

I processi che sono alla base delle credenze, sono la Cancellazione, laGeneralizzazione, e la Distorsione8.

La miriade di dati che riceviamo in continuazione dall’esterno, tramite inostri sensi, devono passare il vaglio di questi “fattori” che trattengono lecose che ritengono più utili, ed eliminano il superfluo. Ciò non è un male intutto e per tutto, pensate se dovessimo immagazzinare tutte le informazioniche percepiamo, e dicendo tutte mi riferisco anche alle più banali,tipo lasensazione costante di come sta il piede nella scarpa.

8 Cancellazione, Generalizzazione e Distorsione, sono processi naturali che effettuiamoinconsciamente, con lo scopo di alleggerire la miriade di informazioni che ci giungono dalmondo esterno a noi.

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Il processo di cancellazione, serve proprio ad eliminare quelleinformazioni superflue,che non servono, ma a volte eliminiamo anche aspettipiù importanti di eventi accaduti.

La generalizzazione, è potenziante quando generalizziamo su esperienzeconcrete, del tipo: tutti i pennarelli hanno il cappuccio + so come levare uncappuccio = so aprire tutti i pennarelli. Sono limitanti quandogeneralizziamo su esperienze non concrete del tipo: tutele donne non sannoguidare.

La distorsione, come lascia intendere la parola stessa, distorce la realtà ela conforma al nostro modo di pensare. È potenziante se distorciamo la veritàin modo positivo, e limitante quando lo facciamo in modo negativo.

Fig. 4

Vivere un eventogenera un’esperienza,un’esperienza generauna credenza, unacredenza crea un atteggiamento che crea a sua volta un altro evento.

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CancellazioneGeneralizzazione

Distorsione

Input Esterni Credenza

Evento

EsperienzaComportamento

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Fig. 5

Nell’ascolto i filtri che esercitano la maggiore influenza e guidano lenostre Cancellazioni, Generalizzazioni e Distorsioni sono:

Ricordi Valori Interessi Sentimenti forti Ipotesi Convinzioni

Immagini passate e future Atteggiamento Aspettative Esperienze passate Pregiudizi Ambiente fisico

L’utilizzazione di taluni filtri in modo inconscio, genera nellacomunicazione delle Cancellazioni, Generalizzazioni e Distorsioni che sonoalla base del nostro modo di essere. Da essi noi induciamo parte dei nostriStrokes, ci percepiamo inadatti, fuori luogo, o al contrario ci possiamopercepire come campioni, come persone valide di credito su ciò che diciamoe facciamo.

Come in precedenza per i ruoli, solo la consapevolezza dei nostri filtripuò darci la giusta misura per i nostri cambiamenti.

Percezione, ricezione, attenzione:

Inizialmente ho gia parlato della concezione che l’era moderna hadell’ascolto, definendolo passivo, che denota debolezza ed apatia. Alcontrario del parlare che raffigura il potere, l’azione.

Utilizzo ora questo pensiero già espresso, per introdurre il concetto, cheesistono dei fattori chiave che aiutano o limitano l’ascolto attivo.

Quante volte i nostri stati d’animo si sono fatti influenzare dal mondo incui venivamo ascoltati? Quante altre volte abbiamo generato tali statid’animo in altre persone, perché non abbiamo ascoltato con sufficienza?

Ma se siamo consapevoli di ciò, perché non riusciamo ad ascoltare e afarci ascoltare in talune situazioni? Proviamo a rispondere insieme:

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Credenza

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Fin’ora abbiamo parlato d’ascolto attivo, denotandolo come qualche cosadi soggettivo. Soggettivo significa personale, cioè ogni persona ha un suomodo di ascoltare. Sappiamo che questo modo di ascoltare, è nato in ognunodi noi grazie alle esperienze che abbiamo avuto in passato e agli Strokes cheabbiamo ricevuto. Per conseguenze, queste esperienze hanno creato dei filtrie delle credenze. Ormai il passo è breve.

Se io vi dicessi una qualsiasi cosa che urta, si scontra o piùsemplicemente è diversa dalle vostre credenze, quanta energia impiegheresteper ascoltarmi attivamente. E addirittura se vi fossi antipatico, o avreste delleresistenze nei miei confronti, quanto vi sforzereste ad ascoltarmi?

I pensieri più comuni durante la discussione potrebbero essere:

o < ricomincia, lo sapevo gia dall’inizio dove voleva andare a parare,ed ecco la conferma >;

o <non posso crederci di nuovo la solita lagna >;o < non cambierà mai, lui non ascolta mai, e pretende che gli altri gli

diano retta >;o < ma che cosa sta dicendo, non si rende conto che non è cosi che va

la vita? >;o < ma come fa ogni volta ad aprire bocca e a sputare tali

sciocchezze?>;

Le informazioni che riceviamo, e sono in contrasto con le nostreconvinzioni, ricevono poca attenzione, o addirittura vengono ignorate.Quando ci aspettiamo di sentire qualcosa, non ascoltiamo ciò che viene dettorealmente.

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Ricezione

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Fig. 6

La figura n. 6, mostra gli elementi che si creano durante unaconversazione.

Tali fattori sono stimolati, da diversi aspetti che può rilevare laconversazione.

A volte notiamo qualche cosa di interessante nella persona che stiamoascoltando, questo comporta una maggiore ricettività nei suoi confronti, diconseguenza la nostra attenzione andrà ad un livello più alto.

Se siamo coinvolti in una discussione, che tratta un argomento stimolanteper la nostra attenzione, aumenterà anche il nostro interesse, di conseguenzasaremo molto più ricettivi, e saremo predisposti ad una percezione più ampiasull’argomento trattato. Al contrario, se siamo costretti, ad esempio perlavoro, a seguire un dibattito od una riunione a nostro avviso noiosa,chiuderemo automaticamente le porte della ricezione, ed ascolteremo il tuttocon un interesse molto leggero.

I vari stili d’ascolto.

Come nel triangolo dei ruoli, ognuno di noi ha delle multi personalitàdell’ascolto, che emergono a secondo gli stati d’animo in cui ci troviamo.

→ Il Simulatore: il primo personaggio, di solito finge d’ascoltare.Interessato a tutt’altro, reputa ciò che viene detto di poca importanza. Avolte fingono d’ascoltare perché credono che faccia piacere a chi parla. A

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Percezione Attenzione

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distrarli può essere un pensiero balenato improvvisamente, e si limitanoad annuire, e a volte a fissare chi parla.

→ L’ascoltatore dipendente: focalizzano l’attenzione sulle opinioni deglialtri, sui sentimenti, sui desideri altrui. Sono dipendenti del modo dipensare degli altri, cambiano facilmente opinione. Focalizzanol’attenzione a come possono risultare agli occhi degli altri, e prestanopoca attenzione al significato di ciò che viene detto.

→ L’interruttore: identifico con questo nome le persone che interromponodi frequente chi sta parlando. Di solito utilizzano un ascoltano di 2°livello, sono molto più concentrati sulle parole che sul significato che esseportano. La loro motivazione di solito è che comportandosi altrimenti,dimenticherebbero ciò che devono dire. Tale comportamento generaspesso, in chi parla e viene interrotto, uno stato di esasperazione efrustrazione, e da loro la sensazione che chi li interrompe non è per nienteattento al senso di ciò che loro dicono, ma più che altro solo alle parole.Una variante dell’interruttore sono le persone che interrompendo,cambiano completamente discorso. Ciò avviene perché l’interlocutore hatoccato argomento delicato per chi ascolta, che può provocare disagio opaura. Indirizzare la conversazione verso nuovi temi, è un mezzo perevitare l’argomento in discussione.

→ Il timido: il personaggio espresso dal timido, è rivolto in particolar modoa se stesso, preoccupato di cosa possa pensare di lui, chi sta parlando. Unatroppo attenzione a se stesso, fa calare l’attenzione, con la successivadistrazione.

→ L’intellettuale o razionale: l’intellettuale, ascolta il più delle volte con latesta, soffermandosi su un ascolto di 2° livello. Coglie solo le paroleinvece che l’intero messaggio. La valutazione di quanto viene detto èspesso legata all’interpretazione delle informazioni espresse verbalmente,mentre non riesce a cogliere le intenzioni meno ovvie. È talmenteimpegnato ad analizzare le parole, ed a ricercare un filo logico, che no siaddentra nell’ascolto attivo, trascurando anche la comunicazione non

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verbale. L’intellettuale, è come un calcolatore che analizza le sequenzenumeriche, ed alla prima incongruenza va in tilt. Il cervello è cosiimpegnato a fare calcoli che non da al corpo la possibilità di ascoltare lacomunicazione.

L’importanza del linguaggio non verbale.

Sino ad ora abbiamo parlato dell’importanza che ha l’ascolto dellelinguaggio verbale, e abbiamo appena accennato al linguaggio non verbale.Quest’ultimo, ha un’importanza non trascurabile. Ogni parola che diciamo èaccompagnata da dei gesti che possono avvalorare il suo significato, oimpoverirlo.

Impatto relativo(approssimativamente)

Parole (verbale)Vocale (tono)Linguaggio del corpo: espressioni del viso,postura, gesti, sguardi.

7 %38%55%

Tab. 2La tabella su mostrata, indica, in valori percentuali, l’impatto che le varie

componenti della comunicazione hanno su di noi.Da come si può leggere, il linguaggio del corpo, o meglio il linguaggio

non verbale, ha la più alta influenza.Delle volte uno sguardo vale più di cento parole. Proprio come quando

eravamo piccoli, bastava che uno dei nostri genitori ci guardasse, per capirese ci stavamo comportando bene o male. Anche gli adulti avvertono le stessesensazioni , sia in modo conscio che inconscio.

Immaginatevi una persona che vi viene incontro, con passo deciso, ma inmodo calmo, con un sorriso sul viso e la mano tesa per salutarvi. Oraimmaginatevene una che vi viene incontro a passo veloce, con un ghigno

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stampato sul muso le sopraciglia aggrottate e che agiti la mano destradall’alto verso il basso con il dito indice disteso.

Che differenza avvertite tra l’una e l’altra immagine? Notate che inentrambi i casi nessuno dei due individui a parlato. Forse per il primo visareste fermati incuriositi da cosa potesse volere quel signore da voi, nelsecondo caso, forse, eravate già a chilometri di distanza.

Uno Skill molto importante, è ascoltare questi messaggi!

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La Forza della Coerenza!A cura di Mario Ricco

LE PERSONE DI SUCCESSO

Vi siete mai chiesti che cos’ abbiano in comune le persone che hannoraggiunto le più alte vette del successo nei vari settori della vita: nel lavoro,nello sport, nel cinema, in politica?

Che cosa ha permesso loro di influenzare tanti individui in maniera cosìemozionante e profonda?

TUTTI COSTORO SONO STATI IN GRADO DIPERSUADERSI AD INTRAPRENDERE “AZIONI” COERENTI EDEFFICACI VOLTE ALLA REALIZZAZIONE DEI LORO SOGNI!

Hanno intrapreso AZIONI specifiche che hanno la massimaprobabilità di produrre il risultato desiderato!

Da queste prime righe emerge una prima grande verità e cioè che:

IL SUCCESSO NON E’ FRUTTO DEL CASO,

bensì vi sono coerenti, logici moduli d’azione, strade specifiche che portanoall’eccellenza e, quindi, alla soddisfazione.

Per perseguire il successo dobbiamo imparare a servirci delle nostrementi e dei nostri corpi nei modi più potenti e vantaggiosi.

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Uno studioso americano di tecniche PNL ritiene che le persone di successocoltivino in se stesse 7 tratti caratteriali che conferiscono loro la FORZA dicompiere qualsiasi impresa li possa portare al successo.

Ecco qui i 7 “meccanismi” capaci di assicurare successo anche a Voi:

1. Passione

2. Credenze su se stessi

3. Strategia

4. Chiarezza in fatto di valori

5. Energia

6. Potere di legare con gli altri

7. Dominio della comunicazione!

“Il modo con cui comunichiamo con gli altri e con noi stessidetermina la qualità delle nostre esistenze”!

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Ed é su questo “meccanismo” che ci soffermeremo, per scoprire in chemodo migliorare la qualità e l’efficacia delle nostre relazioni nel contestoprofessionale.

ATTEGGIAMENTO MENTALE

Quello che conta è l’uomo.

Il successo della nostra collaborazione è legato ad alcune premesse.

Partiamo da principio che a questo mondo non contano tanto lecircostanze (che, a seconda dei casi, possono essere più o meno “fortunate”),quanto gli uomini. Oppure, dicendolo con le parole di Alfred T. Sloan Jr.,primo presidente della General Motors:

“Nella nostra moderna economia industriale, fra due imprese cheoperano nello stesso settore c’è una sola differenza di naturafondamentale, e questa sta negli uomini. Impianti, risorse, mercati, sonodisponibili più o meno nella stessa misura per entrambe le imprese;l’unica differenza è negli uomini”.

Tutta la diversità.

Ci sono uomini più o meno simpatici, intelligenti, colti.Ci sono caratteri più o meno marcati: secondo Jung si tratta di nature

introverse e nature estroverse; secondo Szondi, di nature Caino e di natureAbele.

La differenza sta negli uomini o, per essere più precisi, nel modo in cuigli uomini sfruttano le loro diversità.

Sta di fatto che non sono determinanti le doti che ci sono state messenella culla, ma è determinante quello che ne facciamo.

Demostene era balbuziente ed è diventato l’oratore più famoso almondo.

Edison è stato espulso dalla scuola per “insufficienza mentale” ed èdiventato uno degli inventori più geniali.

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Churchill a scuola era giudicato piuttosto stupido ed è diventato unostatista che ha fatto la storia.

L’autorealizzazione ed il successo non arrivano lamentandoci delleoccasioni mancate o delle doti che non abbiamo; li raggiungeremoindividuando e sfruttando le nostre capacità naturali, anche seimperfette.

Che cosa vediamo specchiandoci nell’acqua immobile di un laghetto?

Alcuni vedono rocce, piante acquatiche, tronchi d’albero e il guizzare dipesci piccoli e grandi; altri non vedono niente di tutto questo: vedono soltantola loro immagine riflessa sulla superficie liscia dell’acqua.

Sono talmente affascinati da questa loro immagine che non pensanoneppure ad aggiustare lo sguardo per scrutare, sotto la superficie dell’acqua, ilfondo illuminato dai raggi del sole.

Per quanto possano osservare il lago, mantenendo fermo il loro punto divista, non riescono a scoprire immagini diverse dalla loro. Non vedononeppure i pesci che forse potrebbero pescare: trote, carpe, lucci. Vedonosempre e soltanto la loro immagine riflessa.

E dato che non considerano il lago nella sua globalità, ma solo lasuperficie (e quindi hanno sempre lo stesso “interessantissimo” sguardo), leloro osservazioni sembrano dar loro ragione. Confermano loro, cioè, chel’immagine giusta è quella che hanno da sempre vista e conosciuta.

Lo studio del comportamento, nonché la storia dell’umanità, cievidenziano come gli uomini e la società reagiscono al cambiamento.

Le nostre occasioni di successo non vengono dalla conferma di“quello che abbiamo sempre saputo”, ma da quello che impariamo dinuovo ogni giorno o, per essere più precisi, da quello che oggi facciamoconsapevolmente meglio di ieri.

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Vista da questa angolazione la Formazione Comportamentalerappresenta un’occasione per tentare, una volta tanto, di prendereconsapevolezza dei propri punti di forza e svilupparli al fine di superare ipropri limiti.

Il punto saliente

Gli uomini si possono classificare con i criteri più diversi: per razza,origine, impegno politico, cultura, ecc.

Dal punto di vista di come agiscono e dei risultati che ottengono sipotrebbero dividere in due categorie:

1. uomini consapevoli di poter agire sull’ambiente che li circonda ecapaci di far valere questa loro influenza.

2. uomini non consapevoli del loro potere di agire sull’ambiente equindi in balia delle circostanze.

La prima attitudine citata è determinante: a che serve essere colti,avere ingegno, credere nelle proprie capacità se poi dimentichiamo cheil nostro successo dipende esclusivamente da come sappiamo influiresull’ambiente che ci circonda: clienti, collaboratori, capi, colleghi,amici?

Non c’è nulla, nessuna attività in nessuna professione che nondebba essere “venduta”.

Convincere un capo della validità del proprio punto di vista; liquidareamichevolmente divergenze di opinione; indurre un collaboratore ariconoscere la necessità di un provvedimento forse impopolare; offrirsi per unincarico che richieda requisiti superiori; fare accettare una nuova idea, ecc.

C’è chi per tutta la vita si fa mettere in moto dagli altri e c’è chi samettere in moto gli altri; dobbiamo a questi ultimi se marciano gli ingranaggidell’economia.

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Sono gli arditi i conquistatori del domani.

Qualunque sia la loro posizione o funzione sono essi i costruttori delfuturo.

Il significato e l’obiettivo della Formazione Comportamentale è dirisvegliare e promuovere questa capacità di indurre gli altri ad agire.

ESPERIENZA PERSONALE

Un giorno, durante una trattativa con un nuovo cliente volta a meritarmila Sua fiducia e l’apertura di un asset di lavoro con la mia Banca, lo stesso midisse:

“ SENTO” CHE LEI “CREDE” MOLTO IN CIO’ CHE MIPROPONE!

SCELGO DI LAVORARE CON LEI PERCHE’ CIO’ CHE MIPROPONE E’ SICURAMENTE UN BUON INVESTIMENTO, DASOTTOSCRIVERE!

Così come la PNL osserva comportamenti naturali per poi ricalcarli, cosìho scoperto attraverso un’esperienza personale quanto potente fosse lacomunicazione para-verbale.

Nell’affermazione del cliente intervengono due verbi che sono il risultatodi una comunicazione efficace e ricordiamoci, come precedentemente detto,che il “dominio della comunicazione” è uno dei 7 tratti fondamentali cheportano le persone al successo personale, che inducono gli altri ad agire.

Che cosa è entrato in gioco nella dinamica descritta? Che cosa c’è dietro i verbi “SENTIRE” e “CREDERE”? Il cliente sente a livello uditivo o ad un livello di “sensazione

interna”? Quindi è “scattato” qualcosa nel cliente, nella sua parte

inconscia?

Per scatenare una tale sensazione nel cliente, secondo voi ilconsulente (cioè io), ci crede veramente in quello che proponeoppure applica un copione?

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Sarebbe stato possibile improvvisare? Per crederci così tanto, che lavoro di preparazione avrà fatto?

Ecco una serie di interrogativi che ci introducono nel mondo dellesensazioni interne, dell’empatia, dello stato d’animo, tutti effetti di una buonacomunicazione para-verbale.

Per crederci così tanto e in modo “coerente”, dobbiamo frugaretanto a lungo nei nostri pensieri – sia nelle ore tranquille alla scrivania,sia sulla strada di casa, sia mentre portiamo a spasso il cane – finchénon sentiamo l’irresistibile “impulso” di uscire dalle nostrepaure/rigidità ed illustrare ai clienti i “servizi” della nostra Azienda nonper ciò che oggettivamente sono, bensì per le caratteristiche che dannoloro valore, mettendoci dentro tutto il nostro entusiasmo.

Questo impulso è l’ ENTUSIASMO!

Ed è l’ ENTUSIASMO CHE CONVINCE!

La chiave è proprio questa: prepararsi, innamorarsi di ciò cheproponiamo a tal punto da far vivere ai nostri interlocutori una potentesensazione positiva attraverso una coerente modulazione del tono della voce, lepause, la cadenza, il timbro; tutti elementi che influiscono sullo stato d’animodell’interlocutore, favorendo il passaggio del nostro messaggio.

Il cliente si innamora dell’immagine che proiettiamo al suocervello non solo con le parole che usiamo, ma soprattutto attraverso ilmodo in cui le esponiamo.

Nasce in noi e poi nel cliente un’emozione positiva/costruttiva!

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COERENZA (ci devo davvero credere)….PREPARAZIONE

FORME DI COMUNICAZIONE EMPATICA

Comunicare significa “mettere in comune”, “trovare un interessecomune tra due o più persone” e in ogni contesto di vita noi comunichiamo:clienti, capo, colleghi, amici, partner, figli, ecc.

Comunicazione è quindi un termine rivolto a contesti costruttivi,evolutivi, nei quali migliorare il nostro benessere attraverso una buonarelazione con le persone!

Elevare il livello della comunicazione significa far si che i nostriinterlocutori riconoscano il nostro ruolo.

La comunicazione si sviluppa attraverso 3 livelli: VERBALE, PARA-VERBALE, NON VERBALE ed è sorprendente quanto, specie all’inizio diuna comunicazione (di solito da primi 7 secondi fino a 5 minuti) sia

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percentualmente alta l’influenza sul nostro interlocutore della comunicazionepara-verbale e di quella non verbale, così come riportato di seguito:

VERBALE 7%

PARA VERBALE 38%

NON VERBALE 55%

Altrettanto interessanti sono le cascate della comunicazione, ovvero i livelli dimemorizzazione in una comunicazione “verbale”, così come riportato:

Se quello che vogliamo dire è 100

Quello che diciamo è 70

Quello che viene ascoltato è 40

Quello che viene recepito è 20

Quello che viene ricordato è 10

Come possiamo osservare la comunicazione prettamente “verbale” dasola non basta e va arricchita, valorizzata attraverso l’esaltazione degli altri duelivelli (para-verbale e non verbale).

Comunicazione para-verbale

Nel para-verbale entrano in scena la voce, la cadenza, il tono, lamodulazione, il timbro, le sensazioni .

Nel contesto comunicativo “l’empatia” è l’olio lubrificante che fapenetrare direttamente nella parte irrazionale dell’interlocutore i nostrimessaggi e per creare empatia ci serviamo soprattutto della VOCE.

Per garantirsi una comunicazione efficace è importante variare la voce,abbassare e alzare il tono, aumentare e diminuire la velocità, la cadenza, il

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timbro, le pause; una pausa fatta prima di dire qualcosa dà importanza ad unmessaggio.

Ognuno di noi si trova in una “zona di confort”, ovvero le ABITUDINIed è proprio per questo motivo che, specie agli inizi dell’esperienza lavorativabisogna proattivamente giocare con la voce per imparare ad essere“congruenti” con ciò che vogliamo raggiungere.

La voce deve dare enfasi a ciò che vogliamo trasmettere; unacomunicazione prestata con voce piatta, monotona non è efficace.

Nella comunicazione efficace è altresì importante cercare le parole chiavepiù importanti e dar loro il dovuto rilievo attraverso l’enfasi.

Nel tono della voce riflettiamo la nostra personalità e la nostraconvinzione sulle cose che diciamo e da ciò si avverte se si crede davvero inciò che si dice; il tono della voce ci aiuta ad essere CONGRUENTI.

Comunicazione non verbale

Come precedentemente affermato, la comunicazione non verbale è la piùimportante, specie nei primi minuti in cui incontriamo un cliente; riguarda lapostura, i gesti, le espressioni, l’abbigliamento, ma l’arma più potente di cuipossiamo disporre per rendere una comunicazione ancor più efficace è ilSILENZIO!

L’esperienza insegna che si può meglio influire sugli altri edindurli ad agire, quando si riesce ad influire sul loro sub-conscio.

Esperienze sorprendenti:

1. Il capo convoca nel suo ufficio l’apprendista. Questi entra e si ferma davantialla scrivania del superiore che ha un atteggiamento tranquillo ed amichevolee tace un po’ più a lungo di quanto faccia normalmente. Cosa accadrà?L’apprendista non può resistere alla tentazione. Abbozzerà un goffo sorriso,oppure controllerà furtivamente il suo aspetto per vedere se qualcosa non sia aposto oppure, se è un po’ ardito, chiederà senz’altro che cosa c’è. In ogni casocercherà di fare qualcosa per rompere l’insopportabile silenzio.

2. Ricordiamo qualche film western carico di tensione? Una scena discazzottamenti…. Ci divertiamo senza provare grossi sensi di terrore o dipaura; ma quando improvvisamente la porta del saloon cigolare gli attori

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s’irrigidiscono in un silenzio opprimente, questa assoluta immobilità creaquell’atmosfera carica e sinistra, che fa udire i battiti del cuore, che porta latensione al diapason.

Non c’è nulla al mondo nulla che impressioni durevolmente più di uncomunissimo silenzio, irritando e inquietando il nostro subconscio.

Il silenzio è inquietante perché non sappiamo cosa ci sia dietro.

Il silenzio tenuto di proposito è l’arma segreta numero uno delcapo esperto.

Ed è un’arma segreta, perché la maggior parte degli uomini non è consciadella sua potenza e non se ne sa servire. L’interlocutore silenzioso ci inquieta,ci sentiamo a disagio, ma solo finchè non ci siamo anche noi abituati a farelargo uso di quest’arma. Una volta che io sappia che cosa sia il gioco delsilenzio, non mi riesce particolarmente difficile tacere, se necessario, anche piùa lungo del muto interlocutore.

Si potrebbe dire paradossalmente (ma non tanto) che molti non sannoparlare perché non sanno tacere. Chi conosce il suo significato sa, infatti,quanto il silenzio sia eloquente.

Il silenzio sembra essere niente, ma è un niente che agisce;e possiamo accrescere la sua azione su di noi e sul nostro prossimo,

possiamo indirizzarlo ad uno scopo.

E quanti modi di tacere esistono! Il silenzio imbarazzante, il silenzioglaciale, il silenzio pensieroso, il silenzio inquietante, il silenzio provocatorio, ilsilenzio pesante, il silenzio eloquente, il silenzio consapevole, il silenziodistaccato, il silenzio confuso, il silenzio imponente, il silenzio di tomba, ilsilenzio arrogante, e così via.

Henry Miller scrive in “Tropico del cancro”: “ Domina una quiete cosìinsistente, che rintrona nelle mie orecchie come le cascate del Niagara”.

Il filosofo cinese Kungtse, che è vissuto circa 3.000 anni fa, fu costretto ad attenderedodici lunghi anni prima di avere l’occasione di fare conoscenza personale di un maestroamico, con il quale aveva avuto solo rapporti scritti.

Dopo un viaggio durato giorni, Kungtse raggiunse la sospirata meta. Entrambi imaestri si salutarono con muti inchini e si sedettero uno di fronte all’altro. Una mezz’ora

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più tardi Kungtse si alzò, senza che fosse pronunciata una sola parola. Il suo amico ne seguìl’esempio. E di nuovo inchinandosi silenziosamente, presero congedo l’uno dall’altro.

Sulla via del ritorno i discepoli chiesero impazienti a Kungtse: “Ma, maestro, haiaspettato tanto per incontrarti faccia a faccia con il tuo amico ed entrambi non avete saputofare di meglio che sedere silenziosi uno di fronte all’altro?” E Kungtse rispose: “E’ stata lamezz’ora più bella della mia vita. Ogni parola sarebbe stata di troppo”.

Il noto studioso Konrad Lorenz scrive nel suo libro “Il cosiddetto male”:“Quando due contadini discutono un affare, si può prevedere subito quale deidue metterà l’altro nel sacco. Avrà la peggio quello che per primo parleràdell’argomento della trattativa”.

A che cosa serve conoscere la potenza del silenzio?

Chi vuole uscire vittorioso da un combattimento, deve almeno conoscerele armi di cui dispone. Gli uomini sentono in massima parte l’effetto delsilenzio, ma non sono in grado di riconoscere che sia un’arma e ancor meno diservirsene come tale.

Tanto più importante è che noi, che vogliamo agire sugli altri, siamopienamente consci della sua importanza.

Gli errori che noi facciamo nel rapporto con i clienti non sono ingenerale da ricercarsi nel fatto che abbiamo taciuto troppo, ma piuttostoche abbiamo taciuto troppo poco e parlato troppo.

La morale non è naturalmente quella che, in situazioni chiave difficili,basti tacere aspettando che l’interlocutore abbia la reazione desiderata. Non èaffatto così semplice. Ma abbiamo già guadagnato molto se riconosciamo lapotenza del silenzio e sappiamo che essa, usata coscientemente, garantisceottimi risultati.

SAPER TACERE CONSAPEVOLMENTE E’, NEL SENSO PIU’VERO DELL’ESPRESSIONE, L’ARMA SEGRETA N° 1DELL’UOMO CHE VUOLE INFLUIRE, GUIDARE, CONDURREGLI ALTRI.

Il venditore mostra la sua forza non per ostentarla ma per dimostrare

all’interlocutore che è degno della sua.Come venditore devo tacere così a lungo, fino a quando io non sia

diventato grande e forte come il mio interlocutore.

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FISIOLOGIA-LA STRADA DELL’ECCELLENZA

LE PERSONE CHE HANNO COSTANTEMENTE SUCCESSOSONO QUELLE CHE SONO IN GRADO DI FAR AGIRE INSIEMETUTTE LE LORO RISORSE MENTALI E FISICHENELL’ESECUZIONE DI UN COMPITO.

Sviluppare COERENZA è un’importante chiave del potere personale!

Qual è il carburante che mette in moto dentro di noi una tale quantità dienergia capace di farci muovere con una sensazione di “certezza” verso larealizzazione dei nostri obiettivi?

Ponte sul futuro

Il “Ponte sul futuro”, definito anche “Pre-Visione” è la tecnica principeper mettersi nello stato d’animo che aiuta a raggiungere qualsiasi risultato econsiste nel:

AGIRE “COME SE” LO SI FOSSE GIA’ RAGGIUNTO!

Antico detto: Se vuoi essere potente, fingiti potente!

La tecnica consiste nel prevedere (nel presente) il proprio futuro, nelvedere nitidamente la persona, il professionista che si desidera essere, nelvivere oggi la sensazione interna che si prova immaginandosi quel futuromotivante.

Attraverso l’immaginazione del futuro vincente si attiva la ProfeziaAutoavverante:

CIO’ CHE CREDO TENDE A DIVENTARE LA MIA VERITA’!

Vivo il futuro talmente nel presente da scatenare oggi le “energie” utiliper il raggiungimento degli obiettivi; saranno le energie a guidarci verso lenostre mete.

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Ma che cosa significa avere un futuro motivante?

Significa AVERE UN OBIETTIVO STIMOLANTE!

Se immagino un futuro così motivante, così bello, si attivano le “forze”che mi indurranno a muovermi nel presente.

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Per attivare tutto ciò, l’immaginazione del futuro deve essere multi-sensoriale; dobbiamo far vivere oggi le “sensazioni” cinestetiche di quellasituazione.

Entrano così in gioco le nostre rappresentazioni interne e tutto si muovein quella direzione, cervello, corpo, entusiasmo.

E’ stato dimostrato che se diamo un obiettivo al nostro cervello, lui siattiva.

Il cervello non distingue ciò che realmente facciamo da ciò che viviamonell’immaginazione.

Il contesto ideale per attivare la profezia auto-avverante è la“visualizzazione”, meglio se fatta ad occhi chiusi ed accompagnata da unaleggera musica rilassante.

Lo stato d’animo

La fisiologia è lo strumento più potente di cui disponiamo per ottenerefulminei cambiamenti di stato d’animo.

Per fisiologia s’intendono il modo di respirare, il portamento,l’espressione facciale, la qualità del movimento, e così via.

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I Manuali di Autostima.net“La Forza della Coerenza!”

Rapporto circolare di Bandura:

CORPO MENTE

EMOZIONI

I tre elementi di cui disponiamo sono tra loro integrati, unoindissolubilmente legato all’altro. Emozioni come la gioia ed il doloreinfluiscono sul corpo e sulla mente.

Le emozioni sono la benzina della nostra vita e maggiormenteassumiamo padronanza sulle stesse, maggiormente ci garantiamo apertura edisponibilità.

Una visione positiva e sorridente può condizionare enormemente lanostra parte emotiva, migliorare lo stato della nostra mente e del nostro corpo.

Fisiologia e rappresentazioni interne sono indissolubilmente connesse.Se cambiate la vostra fisiologia, seduta stante cambierete le vostre

rappresentazioni interne e il vostro stato d’animo.

Ecco alcuni esempi della nostra vita quotidiana:

FISICAMENTE STANCHI: Il mondo ci appare grigio. FISICAMENTE RIPOSATI, DESTI, PIENI DI VITA: Il

mondo ci appare bello, colorato.

Fisiologia e Rappresentazioni interne sono le LEVE DELCAMBIAMENTO EMOZIONALE.

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I Manuali di Autostima.net“La Forza della Coerenza!”

Se cambiamo la nostra fisiologia nel modo in cui essa è quando cisentiamo forti, essa cambierà le nostre rappresentazioni interne e il modo disentirci in quel momento.

Se, ad esempio, ci diciamo che siamo all’altezza della situazione eadottiamo consciamente la fisiologia corrispondente

CAMBIAMO LO STATO D’ANIMO

Riepilogando:

CAMBIANDO LA FISIOLOGIA

CAMBIO LO STATO D’ANIMO

L’aspetto interessante è che si può altrettanto facilmente produrre unostato d’animo nei nostri interlocutori. In fin dei conti che cosa sono leemozioni? Sono una complessa associazione di stati psicologici.

Senza cambiare nessuna delle rappresentazioni interne, si può cambiarenel giro di pochi secondi lo stato d’animo di qualsiasi persona. Non occorreper questo individuare le immagini che la persona elabora nella propria mente:

… basta cambiarne la fisiologia e, tac!, se ne cambia lo stato d’animo.

Provate a vedere. Dritti, con le spalle erette, respirate a fondo, alzate gliocchi, muovetevi, e vedrete se, con un portamento del genere, riuscite asentirvi perdenti. Constaterete che praticamente è quasi impossibile, perché ilvostro cervello riceve dalla vostra fisiologia il messaggio: devi stare sul chi vive,essere vitale, pieno di risorse.

E il cervello obbedisce!

Nella trattativa con i clienti siamo noi che dobbiamo farci carico delclima.

Il clima e la rigidità del rapporto dipendono da noi perché trasferiamo alcliente il nostro atteggiamento.

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I Manuali di Autostima.net“La Forza della Coerenza!”

Esercizio:

1. Pensate a qualcosa che immaginate di non riuscire a fare, ma che vipiacerebbe poter fare.

2. Come vi atteggereste se sapeste che ne avete la possibilità?3. Come parlereste?4. Come sarebbe il vostro volto?5. Mettetevi con la massima coerenza possibile nella fisiologia in cui

sareste se sapeste di poterne venire a capo.6. Notate differenza tra questo stato d’animo e quello di prima?

Il sorriso

Certe affascinanti ricerche gettano luce sull’effetto che le nostreespressioni facciali hanno sui nostri sentimenti e la conclusione è, non tantoche sorridiamo quando ci sentiamo bene o ridiamo quando siamo di ottimoumore, ma piuttosto che sorridere e ridere danno il via a processi biologici checi fanno sentir bene.

Aumentano l’afflusso del sangue al cervello, cambiano il livello diossigenazione encefalica e il livello di stimolazione dei neurotrasmettitori.

Lo stesso accade con altre epressioni. Se quelle facciali vengono adeguatealla fisiologia della paura, dell’ira, del disgusto o della sorpresa, sono questi isentimenti che proveremo.

I nostri corpi sono i nostri orti… le nostre volontà sono gli ortolani.

L’elicitazione

Un’altra tecnica per indurre negli altri uno stato d’animo è l’ELICITAZIONE.

Elicitare significa assumere noi innanzitutto uno stato d’animocongruente per poi trasferirlo, quasi per contagio, alla persona con cuicomunichiamo.

IL SEGRETO DELL’ELICITAZIONE E’ LA CONGRUENZA!

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I Manuali di Autostima.net“La Forza della Coerenza!”

Sbagliato sarebbe dire ad una persona arrabbiata “non strillare”!…molto probabilmente strillerebbe ancora di più. Meglio è diventare

prima di tutto noi congruenti, quindi assumere ad esempio un nuovo statod’animo di calma, di tranquillità, per poi elicitarlo con delicatezza al nostrointerlocutore.

Importanza della congruenza

Se vi trasmetto quello che IO ritengo essere un messaggio positivo, ma lamia voce è fievole, incerta e il linguaggio del mio corpo è scomposto eincongruente, il mio messaggio risulterà CONTRADDITORIO.

L’incoerenza ci impedisce di essere tutto quello che potremmo essere, dicreare i nostri stati d’animo più produttivi.

Esempio di incoerenza:

Sicuramente a tutti noi è capitato un momento in cui nonprestavamo attenzione a ciò che ci veniva detto, senza sapere ilperché.

Ciò che l’individuo diceva ci “appariva sensato” ma per qualcheragione in realtà non gli credevamo.

Semplicemente la nostra mente inconscia coglieva ciò che allamente conscia sfuggiva.

Tutti noi abbiamo pagato il prezzo dell’incoerenza:

QUANDO APPARE CHE UNA PARTE DI NOI VUOLEDAVVERO QUALCOSA MA UN’ ALTRA PARTE DI NOI SEMBRA

BLOCCARSI.

COERENZA = POTERE

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I Manuali di Autostima.net“La Forza della Coerenza!”

LE PERSONE CHE HANNO COSTANTEMENTE SUCCESSOSONO QUELLE CHE SONO IN GRADO DI FAR AGIRE INSIEME

TUTTE LE LORO RISORSE MENTALI, FISICHE,NELL’ESECUZIONE DI UN COMPITO.

Esercizio:

1. Pensate alle 3 persone più coerenti che conoscete e quindi alle 3 piùincoerenti a voi note.

2. Qual è la differenza tra esse?3. Qual è l’effetto che individui coerenti hanno su di voi?4. Qual è l’effetto esercitato dalle persone contradditorie?

Immaginiamoci un soldato che stia per affrontare una battaglia con uncapo che gli dica:

“Bè, forse dovremmo fare così, non sono certo che funzioni, mafacciamolo e vediamo cosa succede…”

In quale stato d’animo si troverà il soldato?

SVILUPPARE COERENZA!!ECCO UN’ IMPORTANTE CHIAVE DEL POTERE PERSONALE,

DEL SUCCESSO!

QUANDO COMUNICO, LO FACCIO CON L’ENFASI DELLEPAROLE, DEL RESPIRO, DELLA MIA INTERA FISIOLOGIA.

Modo per assicurarsi coerenza

Una tecnica per assicurarsi coerenza consiste nell’imitare la fisiologia dipersone che siano coerenti, ad esempio che siano in uno stato d’animo dipotente produttività.

Ci aiuterà l’osservazione dei seguenti aspetti:

Come si muovonoCome stanno

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Page 43: PSICOLOGIA - Manuale di Autostima

I Manuali di Autostima.net“La Forza della Coerenza!”

Qual è la loro espressione faccialeIl portamentoIl movimento degli occhiLa gestualità

Così facendo forniremo al nostro cervello gli stessi segnali che l’altrapersona trasmette al suo e avvertiremo sentimenti simili.

La prossima volta che incontrate una persona di enorme successo, cheammirate e rispettate, copiatene i gesti, avvertirete la differenza e godetevi ilmutamento che si verificherà nel vostro modo di pensare.

Fate questa esperienza ……LA MAGIA LAVORERA’ IN VOI!

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Page 44: PSICOLOGIA - Manuale di Autostima

I Manuali di Autostima.net“Comunicazione Efficace!”

COMUNICAZIONE EFFICACE!A cura di Alessandro Gatti

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Page 45: PSICOLOGIA - Manuale di Autostima

I Manuali di Autostima.net“Comunicazione Efficace!”

Henry Ford soleva dire “Il consulente è un tizio che, per dirti che ore

sono, usa il tuo orologio e poi se lo tiene in pagamento della parcella”.

Sono molte le persone che la pensano così e sono molte le persone che la

pensano in modo diverso. Per alcuni il consulente è solo un venditore

particolarmente esoso che si è messo il vestito della festa, per altri il

consulente è una specie di superuomo sceso sulla terra per donare la luce

ai poveri mortali. Possono aver ragione gli uni come gli altri, vedremo in

seguito di approfondire meglio la questione. Prima voglio porvi una

domanda: voi cosa pensate di essere, consulenti o venditori?

In realtà, tecnicamente, il consulente è, per esempio, un medico. Il

medico ti dice che stai bene, non ti serve nessuna cura, adesso però passa

dalla segretaria e dalle come minimo €100 per la visita. Al consulente

puro paghiamo il tempo che ci dedica, a prescindere dai risultati che

produca la sua opera, purché rispetti la deontologia professionale. Il

venditore è, ad esempio, il farmacista, a cui pago una commissione

solamente se poi, alla fine, compro qualcosa. Come fa però il consulente

a farsi pagare da noi per il suo tempo? Vendendoci la sua professionalità.

Andreste voi da un medico di cui non vi fidate? Il risultato finale è che,

alla fine siamo tutti un poco venditori, l’immagine che trasmettiamo

dipende dalla nostra professionalità, dal nostro atteggiamento e dalla

nostra comunicazione. Cerchiamo di capire meglio cosa significano il

secondo ed il terzo punto, visto che il primo non rientra nel nostro tema

odierno. Ma qual è il nostro tema odierno? Immaginate un palazzo, un

altissimo grattacielo all’americana. Per terminarlo hanno dovuto prima

realizzare le mura esterne, prima ancora i solai, prima ancora i pilastri, e

così via, fino alle fondamenta. Prima di realizzare le fondamenta, hanno

dovuto scavare. Bene, io sono qui, con la zappa in mano. Il primo che

dica “era ora” sarà un ottimo volontario per tutti gli esercizi che

svolgeremo oggi.

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Page 46: PSICOLOGIA - Manuale di Autostima

I Manuali di Autostima.net“Comunicazione Efficace!”

IINTRODUZIONENTRODUZIONE

Tutti i fondatori di religioni hanno detto, più o meno, che il nostro

atteggiamento mentale influenzava in modo determinante la nostra vita,

fino ad un tale il quale affermò che il risultato delle nostre azioni

dipendeva dalla nostra fede e, in secondo luogo, dai nostri pensieri, dalle

nostre parole, dalle nostre opere. Duemila anni dopo, giorno più, giorno

meno, visto l’indubbio successo del giro di conferenze tenuto da quel

tale, altra gente ha cercato di analizzare meglio questi concetti e di

adattarli anche ad aspetti più terreni della nostra vita. Il risultato scaturito

è contenuto in tomi giganteschi che parlano di atteggiamento mentale ed,

in secondo luogo, di fisiologia, linguaggio e credenze. Per dirla con

Grinder e Bandler, autori di alcuni di questi tomi, il nostro atteggiamento

mentale influisce sui risultati che otteniamo: un atteggiamento mentale

positivo tende ad attrarre risultati che la persona interessata giudica

positivi, un atteggiamento mentale negativo tende ad attirare risultati che

la persona interessata giudica negativi. Cerchiamo di capire se ed in che

misura questo è vero. Mi rendo conto che ancora non abbiamo parlato di

numeri: bisogna rimediare, altrimenti un discorso che non contenga

statistiche e non contenga parole in inglese non sembra professionale.

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Page 47: PSICOLOGIA - Manuale di Autostima

I Manuali di Autostima.net“Comunicazione Efficace!”

Nel primo impatto (sottolineo al primo impatto) noi siamo colpiti al 7%

da ciò che il nostro interlocutore dice, al 38% da come lo dice ed al 55%

da cose che non c’entrano un beato cavolo con ciò che sta dicendo, come

la postura e l’atteggiamento, in breve, il non verbale. Porca miseria, ma

io mi sono studiato per anni la materia, vado li e gli snocciolo i

benchmark del mercato estremo orientale e quell’infame che ho davanti

pensa a come mi sono fatto la barba la mattina? Ad un primo impatto è

così. Posso capovolgere, nel discorso, una prima impressione negativa,

ma farlo è difficile e mi costa energia, una energia che potrei meglio

impiegare. Come posso fare a volgere questo a mio favore? Datemi due

o tre pareri.

Una risposta che sintetizza tutto è atteggiamento mentale.

Quello che è produttivo tenere a mente, sempre, è che, quando sto

comunicando, ciò che conta non è l’intenzione che ho, ma il risultato,

non importa ciò che comunico, ma cosa rimane, alla fine,

all’interlocutore.

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Page 48: PSICOLOGIA - Manuale di Autostima

I Manuali di Autostima.net“Comunicazione Efficace!”

Anni fa, in pieno rinascimento, un tale, il cui nome in latino era Cartesio,

notò queste incongruenze e notò che la percezione di qualcosa di ogni

singolo individuo era diversa, magari di poco, ma diversa. Gli venne

quindi un dubbio: ma la realtà che ho intorno esiste veramente o me la

sono sognata, come mi sogno quei toponi verdi quando mangio troppo a

cena? La risposta che si diede era che il buon Dio una bastardata come

quella di illuderci che esistono cose che non ci sono non l’avrebbe mai

fatta, quindi la realtà è reale. Questa risposta non soddisfece troppo gli

altri filosofi che per trecento anni si scannarono su questo. Un bel giorno

un tal Immanuel Kant notò ché c’erano si differenze nel modo in cui

ognuno di noi percepisce la realtà, ma le differenze erano lievi. La

spiegazione era semplice: la realtà esiste, ma noi la percepiamo

esclusivamente attraverso un filtro, i nostri cinque sensi, e per di più ciò

che percepiamo viene poi elaborato dal nostro cervello, influenzato dai

nostri pensieri e dalle nostre emozioni. La stessa cosa avviene nel gioco

del telefono senza fili: io racconto una storiella ad una persona, che la

racconta ad un’altra, che la racconta ad un’altra ancora e così via.

L’ultima persona riferisce a tutti ciò che ha sentito e ne esce fuori una

storia che assomiglia solamente a quella iniziale.

In sostanza, direte voi, come mi aiuta questo ad avere un rapporto

empatico con un cliente? Mi aiuta eccome. Per arrivare ad avere una

competenza, devo prima capire cosa non so fare, quindi imparare come

farla bene quella cosa, quindi fare esperienza finché il comportamento

non diviene automatico, sono cioè capace di fare qualcosa senza dovermi

concentrare su ciò che sto facendo.

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Page 49: PSICOLOGIA - Manuale di Autostima

I Manuali di Autostima.net“Comunicazione Efficace!”

Rendiamoci conto quindi del punto in cui siamo: se cioè sappiamo o no

fare attenzione alle sfumature diverse nel modo di comunicare di una

persona. Per aiutarci a farlo, suggerisco un gioco apparentemente

sciocco, che però può servirci a comprendere alcune cose. Nel gioco, ho

bisogno della collaborazione di un mio amico di peluche: eccolo. Per

vincere, dovrete sapermi dire se questo mio amico è contento o è

arrabbiato e, naturalmente, perché. Onde evitare baraonde, per prenotarvi

a parlare, alzate la mano e parlate uno alla volta. (Il pupazzo e contento

se io gli chiedo il permesso prima di esporlo agli altri, altrimenti è

arrabbiato).

Da questo gioco cosa abbiamo imparato? Che a volte siamo più

concentrati su noi stessi che sull’altra persona e che a volte tendiamo ad

usare solamente lo schema di rappresentazione prevalente: con un trucco

io ho portato la vostra attenzione sulla vista e voi solo sulla vista vi siete

concentrati, dimenticando gli altri quattro sensi. Come ovviare a questo?

Semplice, consapevolezza ed atteggiamento mentale.

DDII COSACOSA STIAMOSTIAMO PARLANDOPARLANDO??

Prima entrare nel merito, è meglio che ci facciamo subito una domanda,

onde sgombrare il campo da dubbi. La questione è semplice: tutti noi

comunichiamo, lo facciamo da quando siamo nati, e molti di noi lo

fanno anche bene. Perché cambiare? Si, rapporto empatico, è bello, a

parlarne ti fa sentire buono, politically correct, new age, multibrand e

full optional (non c’entra niente, ma un po’ d’inglese fa sempre scena),

ma io ho da lavorare, la famiglia, la casa, i pensieri, non ho tempo da

perdere, tutto ciò è bello, ma l’America è lontana, dall’altra parte della

luna.

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Page 50: PSICOLOGIA - Manuale di Autostima

I Manuali di Autostima.net“Comunicazione Efficace!”

Capisco alla perfezione chi possa pensarla così, anche io ho tanta roba

per la testa che non voglio aggiungercene altra; proprio per questo mi

interesso a tutto ciò che mi semplifica la vita, che mi permette di

rilassarmi. Tutti i giorni abbiamo da lavorare, tutti i giorni abbiamo cose

da fare, tutti i giorni ci accade qualcosa che mette a dura prova i nostri

nervi, ma se vogliamo tutti i giorni possiamo permetterci di rilassarci, di

risparmiare energie da utilizzare per realizzare i nostri sogni più nascosti.

Proviamo a vedere un metodo classico con cui impieghiamo energia che

ci farebbe altrimenti comodo.

Voi sapete cosa è la Kinesiologia? Sono contento che qualcuno lo

sappia, perché io non ne ho idea. O meglio, so che è qualcosa che ha a

che fare con la medicina cinese e che, fra le altre cose, si occupa dei

rapporti fra corpo, mente ed energia. Adesso voglio barbaramente usare

per i miei fini una tecnica della Kinesiologia, presa, tolta dal suo

contesto e messa in un altro contesto in cui non c’entra niente. Non so

dirvi se questo procedimento sia corretto o meno, ma lo uso ugualmente

perché mi permette di dare una dimostrazione di quello che ho appena

detto.

Alzatevi in piedi e mettetevi a coppie. Scegliete chi è A e chi è B. A

adesso alzi un braccio, lo metta in parallelo con il pavimento e faccia

forza per mantenerlo in posizione. B fa forza per fargli abbassare il

braccio. Possibilmente B eviti di divellere il braccio di A dalla sua

posizione naturale. Adesso A dica a voce alta il suo nome, poi B riprovi

a fargli abbassare il braccio. Bene. Ora A dica a voce alta: “Io mo

chiamo Lorella e conduco un programma della RAI!”, poi B riprovi a

fargli abbassare il braccio.

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I Manuali di Autostima.net“Comunicazione Efficace!”

Con questo esercizio cosa ho provato a dimostrare? Prima di tutto che se

alcuni di noi, diritto in piedi, tengono un braccio parallelo al pavimento e

gli altri cercano di abbassarglielo a forza, sembriamo tutti un bel gruppo

di deficienti. In secondo luogo volevo dimostrare che, se non siamo

convinti di ciò che diciamo o facciamo, il nostro corpo dispone di meno

energia. Non ho idea del perché questo accada, ma so che accade. Avete

tutti visto la dimostrazione. Ritorniamo quindi al filo rosso che oggi ci

conduce, il fatto che, quando vogliamo, possiamo permetterci di

rilassarci e di metterci comodi. Perché dovrei buttare energia, se posso

evitarlo? Se imparare una tecnica nuova mi è costato energia, ma adesso

me ne fa risparmiare, si è trattato indubbiamente di un buon

investimento. Un buon film è sempre un buon film, anche se lo guardo

in piedi, sotto la pioggia, su un televisore che è in una vetrina di un

negozio; ma se sono in poltrona, al caldo, con una bottiglia di birra in

una mano ed un sacco di pop corn nell’altra me lo gusto di più.

CCOMUNICAZIONEOMUNICAZIONE E VAKAK

Vi ho detto che se una tecnica mi fa risparmiare energia, probabilmente

me ne costa un pochino impararla; per vedere un film in poltrona, devo

prima comperare televisore e poltrona, e magari lavorare per avere i

soldi necessari; bene, ora viene il momento di lavorare, cioè di sentire un

po’ di teoria. Qualche nozione è indispensabile, se non altro per

acquisire consapevolezza di cosa stiamo facendo.

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Page 52: PSICOLOGIA - Manuale di Autostima

I Manuali di Autostima.net“Comunicazione Efficace!”

Abbiamo detto che i cinque sensi sono il filtro tramite il quale

prendiamo coscienza del mondo che ci circonda e comunichiamo con gli

altri; per comodità raggruppiamo i sensi in tre gruppi, cioè la vista,

l’udito ed i sensi del movimento, cioè gusto, tatto e olfatto. Ognuno di

noi ha a disposizione questi sensi e li usa continuamente. Allo stesso

modo ognuno di noi ha due braccia e due mani. Per scrivere, però,

ognuno di noi tende ad usare sempre la stessa mano. Alzi la mano che

scrive con la destra. Ora chi scrive con la sinistra. Ora gli ambidestri.

Accidenti, così pochi ambidestri? Ma non avete due mani? Perché

scrivete solamente con una? Rispondo io: perché è più comodo.

Troviamo più comodo scrivere sempre con la stessa mano, anziché

imparare ad usarle entrambe. Allo stesso modo tendiamo ad usare di più

un senso che gli altri, perché lo troviamo più comodo.

Di solito chi usa di più la vista, detto visivo, tende ad avere una postura

più diritta e ad avere lo sguardo rivolto in alto, tende a parlare

velocemente con tono e volume di voce alti, tende a parlare per concetti,

saltando il ragionamento che ha portato a quel concetto, con un ritmo

rapido, utilizzando termini come vedi, guarda, è chiaro che e tutti quei

verbi, sostantivi e aggettivi legati alla vista. In genere si innervosisce se

l’interlocutore non va subito al dunque in un discorso.

Di solito chi usa di più l’udito, detto uditivo, tende ad avere una postura

meno diritta ed a guardare davanti, tende poi a parlare seguendo passo

passo il ragionamento, utilizzando tutto il tempo che serve, e se viene

interrotto tende a ricominciare da dove era rimasto, tende a variare il

tono ed il volume della voce per sottolineare ciò che dice, senza mai

però forzarli troppo; tende ad usare verbi, sostantivi ed aggettivi legati

all’udito. Tende ad innervosirsi se gli si mette fretta mentre parla e se

l’interlocutore non segue un filo logico nel discorso.

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I Manuali di Autostima.net“Comunicazione Efficace!”

Di solito chi usa di più i sensi del movimento, detto cinestesico, tende ad

avere una postura rilassata e morbida ed a guardare in basso, tende a

parlare lentamente, senza seguire un ragionamento preciso, ma riferendo

le sue sensazioni, tende ad usare un tono, volume e ritmo di voce bassi,

tende ad utilizzare verbi, sostantivi ed aggettivi legati al sentire. In

genere si innervosisce se non si pone attenzione a ciò che sente e se

l’interlocutore non riferisce le proprie sensazioni.

Attenti: tutto questo non ha a che fare con sensibilità, brillantezza ed

intelligenza, ma solamente con gli schemi di comunicazione, non

commettiamo l’errore di giudicare una persona in base alle sue tecniche

di comunicazione.

Bene. Ora ditemi: Secondo voi, nella pratica, a cosa vi serve saper

esattamente distinguere un visivo da un uditivo e da un cinestesico?

La risposta è semplice. Assolutamente a nulla. Perché, allora vi ho

spiegato rapidamente le caratteristiche e le differenze fra i vari sistemi

rappresentazionali (cioè le differenze fra il visivo, l’uditivo ed il

cinestesico)? Semplice. Non vi serve sapere se una persona rientra di più

in una categoria o in un’altra, può farvi comodo però sapere che queste

caratteristiche esistono e sfruttare questa consapevolezza per favorire la

vostra comunicazione. Se state parlando con una persona, non vi serve

sapere a quale figura astratta si avvicina di più, vi serve però avvicinarvi

al suo stile di comunicazione perché il vostro messaggio arrivi con più

chiarezza possibile. Ricordate? Nella comunicazione l’importante è il

risultato, cioè il messaggio che arriva, perché il messaggio sia più chiaro

possibile è più produttivo comunicarlo con lo stile più vicino possibile a

quello del destinatario. Si tratta, quindi, alla fine, sempre di

atteggiamento mentale, della voglia cioè di entrare il più possibile in

empatia con la persona che abbiamo davanti. Se c’è questa volontà, a

volte l’avvicinamento degli stili di comunicazione risulta naturale, a

volte subentrano le tecniche imparate ed assimilate: la chiave è sempre

quella, l’atteggiamento mentale.

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Page 54: PSICOLOGIA - Manuale di Autostima

I Manuali di Autostima.net“Comunicazione Efficace!”

Comunicare con uno stile quanto più vicino possibile a quello

dell’interlocutore. Torniamo per un momento all’atteggiamento mentale:

perché dovrei? Io sono così, se gli va bene ok, altrimenti ciccia! Perché

dovrei perdere la mia identità?

Semplice. Capisco il dubbio, ma qui non stiamo parlando di identità:

parliamo solamente di stile di comunicazione. Diventa molto più facile

per una persona ascoltarci e fidarsi di noi se noi facciamo uno sforzo.

Teniamo presente un dato di fatto, la mappa non è il territorio, cioè le

mie convinzioni e credenze riguardo alla realtà non corrispondono alla

realtà: vi ricordate di Kant? La mappa del mio interlocutore ha sempre la

stessa dignità e merita lo stesso rispetto, almeno inizialmente, della mia.

Ciò non significa che io debba cambiare valori e convinzioni ad ogni piè

sospinto; accidenti, se io ho una identità mia, posso anche cambiarla,

almeno in parte, ma serve un motivo davvero forte per farlo! Parliamo

della mia identità, non della mia camicia! Il rispetto per la mappa

dell’altro significa questo: prima di effettuare giudizi, guardiamola bene,

prendiamo le misure, poi diremo qui è più corretta la mia mappa, qui la

sua, qui, più probabilmente, sono differenti ma entrambe corrette. Se la

mia mappa è fisica, sulla Valle d’Aosta vedo tanti monti ed una vallata.

Se la mappa di uno di voi è politica, questa persona vede un colore

uniforme, tanti puntini per le città ed una linea tratteggiata per i confini.

Quale delle due mappe è sbagliata? Sono entrambe corrette, servono a

scopi diversi.

TTECNICAECNICA DELDEL RICALCORICALCO

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I Manuali di Autostima.net“Comunicazione Efficace!”

Fatto un bel pistolotto su mappe e territori, ora facciamo un

bell’esercizio: prendete un foglio di carta, una penna e disegnatemi una

mappa della penisola del Gujarat. Sto scherzando, immaginate, piuttosto,

di avere una casa bellissima, che vi fa impazzire, dove vivete benissimo.

Telefonate ad un amico per invitarlo e questo vi risponde che anche lui

ha una casa bellissima e che siete voi a dover andare da lui. Cosa fate,

rimanete per due mesi al telefono, finché non finiscono le provviste in

casa? O magari ingaggiate un braccio di ferro finché uno dei due non

cede e va a casa dell’altro incavolato come un puma? La soluzione più

semplice è andare a vedere per primi, quindi dire “Ok, io sono venuto a

vedere, adesso vieni tu!”. Esistono persone particolarmente chiuse che

non verranno comunque, ma in ogni caso tutti, anche i più chiusi, si

sentono meglio disposti di fronte ad un atteggiamento di questo genere.

Una M, vista da un’altra angolazione, diventa una W. Se io vado a

vedere la W, diventa più semplice far muovere l’altro affinché venga a

vedere la M. Il fatto che io vada a vedere la W non significa che io debba

cambiare idea ed assumere l’idea dell’altro: significa una disponibilità a

sentire le sue ragioni. Questo mi da un vantaggio innegabile: a sua volta

l’altro si sentirà meglio disposto ad ascoltare me. Questo atteggiamento

mentale è la base di tutto il procedimento, ma come fare a comunicare

esattamente la nostra disponibilità all’interlocutore?

La prima tecnica è la più antica del mondo, ma anche una delle meno

sfruttate. Come fare a conoscere le idee di un’altra persona? Semplice,

basta ascoltarlo. Però occorre ascoltarlo davvero, non lasciarlo parlare

pensando a cosa dire poi, interrompendolo magari a metà discorso, per

fare un’affermazione che non c’entra nulla con ciò che l’altro ha appena

detto.

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I Manuali di Autostima.net“Comunicazione Efficace!”

Facciamo un semplice esercizio, due minuti di tempo. Mettetevi a

coppie, possibilmente con qualcuno con cui non avete lavorato finora, ed

a turno uno parli, di qualunque cosa gli frulli per la testa, e l’altro lo

ascolti. Il succo dell’esercizio è ascoltare attivamente, senza proferir

parola, ma facendo capire che si sta ascoltando con tutta l’attenzione

possibile. Poi commenteremo.

Fatto questo esercizio, vi siete resi conto della difficoltà e della

importanza di un buon ascolto. Le prime tre tecniche da utilizzare per

creare un buon rapporto empatico sono quindi l’ascolto, in secondo

luogo l’ascolto ed in terzo luogo l’ascolto. La quarta tecnica è l’ascolto.

Con un ascolto attivo, già si è a buon punto. Abbiamo però detto prima

quanto siano legati corpo e mente, ricordate l’esercizio tratto dalla

kinesiologia? Bene, sappiamo quindi come sia importante comunicare

anche con il corpo, oltre che con la voce. Come fare a comunicare con

tutto il nostro corpo che stiamo prestando attenzione alla persona che

abbiamo di fronte? Con una tecnica detta del ricalco. Andiamo a

ricalcare tono di voce, postura, modo di comunicare del nostro

interlocutore, in modo da farlo sentire “a casa”. Cosa vuol dire ricalco?

Non vuol dire imitare pedissequamente l’altra persona: vi piacerebbe

avere di fronte Teo Teocoli o Maurizio Crozza che vi rifanno il verso?

Ricalcare vuol dire utilizzare schemi di comunicazione simili a quelli

della persona che abbiamo di fronte. Vuol dire fare attenzione a chi

abbiamo davanti e cercare di farlo sentire a proprio agio. Vuol dire

pensare al risultato della comunicazione. Per farlo bene, in primo luogo

occorre essere tranquilli e rilassati. Ricordate, possiamo sempre

permetterci di rilassarci.

TTIPOLOGIEIPOLOGIE DIDI RICALCORICALCO

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Page 57: PSICOLOGIA - Manuale di Autostima

I Manuali di Autostima.net“Comunicazione Efficace!”

Iniziamo dalle forme di ricalco più semplici. Ricordate la statistica che

vi avevo dato prima? Ad un primo impatto, ciò che colpisce di più

l’interlocutore è la comunicazione non verbale, cioè la postura.

L’interlocutore, inizialmente, può avere posture di chiusura, rigide, e può

essere infastidito da posture eccessivamente rilassate o di apertura. Non

occorre copiarlo pedissequamente, anzi, se è molto chiuso o rigido è

meglio non imitarlo troppo, ma limitarsi ad essere più cauti del normale.

Per quanto riguarda il paraverbale, cioè il volume, il tono ed il ritmo

della voce, bisogna porre grande attenzione, in quanto si tratta di una

forma di ricalco meno semplice di quanto appaia. Ricordate sempre: noi

siamo abituati a noi stessi, quindi non ci percepiamo come ci

percepiscono gli altri. Facciamo un piccolo esercizio. Alzate tutti il

braccio destro ed odoratevi l’ascella, così, come faccio io. Avete sentito

puzze particolari? No? Eppure potrei garantirvi che… va bene, lasciamo

perdere. La stessa cosa riguarda la voce, che oltre tutto noi percepiamo

dall’interno, non solo tramite le orecchie, e quindi noi sentiamo in modo

completamente diverso da come sentono gli altri. Mi raccomando,

attenzione! Chi di voi tende a parlare velocemente? Pensate a quanto

fastidio vi da chi parla lentamente, con molte pause, e naturalmente

viceversa, quanto fastidio da chi parla velocemente a che è abituato ad

articolare un discorso con calme e con molte pause. Quando capitano

queste cose, come pure quando trovate qualcuno che parla ad un tono di

voce molto più alto o più basso di voi, semplicemente provate ad

avvicinarvi. Perché dovreste farlo? Ormai credo lo sappiate. Perché ci

piace la vita comoda. Perché, se vogliamo, possiamo permetterci di

rilassarci.

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I Manuali di Autostima.net“Comunicazione Efficace!”

Terminiamo con il ricalco verbale, il più sottile. Sottile perché è

impensabile parlare esattamente come l’interlocutore; vi immaginate?

Lui che parla ed io che ripeto pari pari quello che ha appena detto? Cosa

pensereste, che sono bravo a ricalcare o che sono un deficiente? Si tratta,

come sempre, di assumere stili di comunicazione simili. Prima di tutto:

quanto sono grandi i pezzi di informazione che utilizzate? A questo

punto, prima di rispondere, sorge spontaneo un quesito. Che accidenti

sono i pezzi di informazione? Semplice. Quando comunicate una

informazione, quanti dettagli date? Ad esempio, per dire che ho pagato

la bolletta del telefono, io dico che ho pagato la bolletta del telefono.

Mia moglie dice cosa ha indossato, poi la strada che ha fatto, quindi

descrive la fila che ha trovato in posta, quindi parla della cassiera, a

questo punto mi dice quale era il conto corrente postale, poi mi chiede se

forse era meglio andare in banca, poi basta che non sono più capace di

andare avanti, io, perché lei andrebbe avanti per ore. Risultato, io mi

innervosisco perché lei mi tiene li ore, lei si innervosisce perché le metto

fretta.

Un ricalco ancora più complesso è quello culturale. Si tratta di un ricalco

complesso perché ognuno di noi ha una propria storia. Se io cercassi di

copiare esattamente il livello culturale di un'altra persona, a prescindere

dal fatto che sia più elevato o meno, inevitabilmente finirei per

scimmiottarla, facendola innervosire. Porsi però su di un livello

totalmente diverso inevitabilmente rende difficoltosa la comunicazione.

La ricetta è sempre la stessa, cercare di restare se stessi adeguandosi,

però, il più possibile all’interlocutore.

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I Manuali di Autostima.net“Comunicazione Efficace!”

Tutto ciò è difficile, perché dovrei cambiare me stesso, divenendo una

specie di Zelig, un imitatore del prossimo? Questi dubbi sono

comprensibili, anche io voglio mantenere la mia identità, non sono

disposto a cambiarla facilmente. Mi piace, per esempio, pensare a me

stesso come ad una persona che usa la sua energia quando è necessario,

dando sempre il massimo, ma la risparmia quando si può, in modo di

disporne quando serve. Mi piace pensare a me stesso come ad una

persona che si cura degli altri. Mi piace pensare a me stesso come ad una

persona che si da il permesso di rilassarsi. Per questi motivi, quando

comunico, mi piace cercare di mandare un messaggio in modo che possa

essere recepito al massimo e cercare, per questo, di adeguarmi il più

possibile al mio interlocutore. Per quanto riguarda la difficoltà e la

spontaneità, la prima volta che mi sono rasato mi sono tagliato in otto

punti, irritando ogni centimetro di pelle del mio viso. Adesso, però, sono

anni che mi rado la barba tutti i giorni senza fatica. Come è stato

possibile questo cambiamento? Semplice, Pratica, pratica, pratica. Non

c’è altro modo. Alla fine, il metodo di comunicare diverrà spontaneo.

Facciamo un esercizio breve. Mettiamoci in gruppi di tre: A, B e C. Due

persone comunicano per tre minuti ed una ricalca l’altra. Il terzo osserva

ed alla fine esprime le sue osservazioni. Quindi ditemi cosa ne pensate.

GGUIDAUIDA

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I Manuali di Autostima.net“Comunicazione Efficace!”

Bene. Dopo anni di esercizio sono diventato bravissimo a ricalcare, un

genio del ricalco. Un bel giorno incontro un tale con cui ho interesse ad

instaurare un rapporto empatico. Questo tale inizia a dirmi che si vuole

suicidare. Io lo ricalco. Poi questo tizio prende una pistola e mi dice che

vuole usare quella per suicidarsi. Bene, iniziano i dubbi, lo ricalco

oppure no? Poi prende la pistola e la porta alla tempia, che faccio,

proseguo con il ricalco?

Fuori del paradosso, il ricalco, per quanto importante, è la prima metà di

una buona comunicazione. Ricordate l’esempio iniziale? Io ed il mio

amico litighiamo per sapere chi deve andare a visitare la casa di chi?

Bene, io vado a visitare la casa del mio amico, ma questo a senso

solamente se poi l’amico viene a vedere casa mia. Dal ricalco, cioè,

piano piano si passa alla guida. Una volta stabilita l’empatia con il

ricalco, inizio ad allontanarmi dagli stili dell’altro per avvicinarmi ai

miei. Ad esempio, parlando con una persona molto chiusa, posso iniziare

a parlare mantenendomi molto cauto, poi fare un tentativo ed aprirmi. Se

lui non si apre, ricomincio da capo e così via, fino a far si che lui si apra.

Potrebbe sembrare un discorso puramente teorico, ma non è così: quando

si crea empatia fra due persone, un certo adeguamento allo stile dell’altro

è naturale, avviene spontaneamente. Una volta che io mi sono adeguato

allo stile dell’altra persona, probabilmente questa tenderà ad adeguarsi a

piccole modifiche che io apporti allo stile comune adottato. Di solito, chi

è che tende a guidare l’altro? Chi ha un obiettivo. Se abbiamo un

obiettivo preciso e l’altra persona no, tendiamo noi ad essere la guida, se

siamo consapevoli di questo e ci prendiamo la responsabilità di quello

che avviane.

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I Manuali di Autostima.net“Comunicazione Efficace!”

Cosa succede se entrambi gli interlocutori hanno un obiettivo preciso?

Semplice, tende ad avere la guida chi ha idee più precise circa la propria

identità. Se io ho ben chiari i miei valori, le mie credenze e chi voglio

essere, posso tranquillamente tenere un atteggiamento morbido, andare a

vedere la W per poi dire “Ora, vieni a vedere la M!” Se io invece non mi

sento sicuro, devo fare il duro, devo essere aggressivo, altrimenti rischio

di mettere in mostra la mia debolezza. Potendo essere più empatico, chi

ha più certezze riguardo alla propria identità tende a divenire guida.

Di solito a questo punto le obiezioni sono due. Sentiamo ad esempio

quali sono le vostre.

La prima obiezione è che questo è un bel discorso teorico, ma la pratica

è un’altra cosa, ma l’America è lontana, dall’altra parte della luna.

Capisco questa obiezione, accidenti, io ho vissuto fino ad oggi con delle

convinzioni, mi sono fatto delle esperienze, poi arriva uno e mi dice di

cambiare tutto. Proprio perché avete delle esperienze, cercate bene di

osservare: la nascita di un rapporto empatico ed il successivo sviluppo,

qualunque sia il contesto, avviene proprio in questo modo: ricalco e

guida. Vi suggerisco semplicemente di applicare sempre, con

consapevolezza, schemi che applicate solamente in alcune circostanze, a

seconda dei casi, e di divenire esperti utilizzatori di questi schemi.

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Page 62: PSICOLOGIA - Manuale di Autostima

I Manuali di Autostima.net“Comunicazione Efficace!”

La seconda obiezione che ricorre è che in questo modo si fa

manipolazione. Anche questo è un dubbio che comprendo e proprio per

questo ho ragionato bene su queste tecniche. Tralasciando quanto detto

prima, cioè che questi sono schemi spesso inconsapevolmente utilizzati,

il punto centrale sta nell’obiettivo: qual è l’obiettivo che mi pongo nel

creare rapporto empatico sfruttando schemi di ricalco e guida? Se il mio

obiettivo è quello di far fare all’altro cose che non farebbe a mio

esclusivo vantaggio, faccio manipolazione. Se cerca di sviluppare

interessi comuni per avere vantaggi condivisi, si tratta di un normale

rapporto empatico. Immaginate che io cerchi di abbordare una ragazza

ad una festa. Se io utilizzo questi schemi per fare porcate inenarrabili

con una ragazza che sta solo pensando di andare a dormire da sola,

faccio manipolazione. Usate ancora di più l’immaginazione, spero che

tra voi ci siano appassionati di fantascienza, ed immaginate invece che

anche io interessi alla ragazza in questione. L’uso di tali schemi in tal

caso non è volto a manipolare l’altra persona, ma solo a raggiungere

risultati di reciproco godimento, se mi passate il termine.

CCONCLUSIONEONCLUSIONE

Imparare nuove tecniche non è sempre semplice, inizialmente non

vengono spontanee, bisogna fare pratica. Fatta la pratica, le tecniche

divengono spontanee. Il nocciolo sta nella motivazione, nel motivo per

cui impariamo. Vorrei farvi un esempio per spiegarlo meglio.

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Page 63: PSICOLOGIA - Manuale di Autostima

I Manuali di Autostima.net“Comunicazione Efficace!”

Qualche tempo, in estate, fa volevo tanto andare a vedere il film “Il

gladiatore”, che mi ero perso in inverno. Non potevo lasciare a nessuno

la mia bimba, che aveva da poco compiuto un anno e dieci chili, così

decisi di portarla, ma visto che il film non mi sembrava adattissimo,

decisi di portarmela mettendola nello zaino, che lei preferiva al

passeggino. Era una serata splendida, ed il cinema era un’arena

all’aperto ricavata nel giardino di un castello svevo: tutto sembrava

ideale. Ad un tratto, però, mia figlia inizia a lamentarsi, così devo alzami

in piedi. Passa il tempo e mia figlia continua a lamentarsi, così devo

iniziare a camminare avanti ed indietro con la figlia nello zaino. Il film

durava oltre tre ore. Dopo un’ora e mezzo ho alzato bandiera bianca e

sono andato via.

Qual è la morale del racconto? Semplice, che se vado al cinema non me

dovete da rompere… no, scherzavo, la morale è che per gustare un

film,per quanto spettacolare, è meglio stare spaparanzati in poltrona con

una birra in una mano ed un sacco di pop corn nell’altra. Cioè, se

scegliete la vita comoda un intoppo, ad esempio il popcorn cattivo o la

birra calda non vi rovina il film, tanto ci sono tutti gli altri fattori a

posto; se invece scegliete una strada scomoda, come ho fatto io quando

sono andato a vedere quel film, basta un intoppo ed il godimento salta

completamente.

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Autostima.net – Dieta & Controllo del peso

Dieta & Controllo del peso

01) Livelli di cambiamento

Quante volte abbiamo iniziato una dieta e dopo poco tempo, qualche giorno

o forse qualche settimana, siamo ricaduti nei nostri vecchi comportamenti e

abbiamo ripreso a mangiare come prima? Quante volte abbiamo ripreso il

nostro peso o siamo addirittura ingrassati, seguendo l’effetto rimbalzo?

Adesso basta! Il controllo del peso non è più un problema!

Il nostro scopo non è quello di stabilire che cibi mangiare e in che misura,

quello è un compito che spetta a medici specializzati. Il nostro scopo è

quello di acquisire le doti e le risorse necessarie ad assumere il controllo dei

nostri processi mentali, atti a favorire il controllo del nostro peso.

Quello che nessuno ci ha mai detto è che non possiamo pensare di cambiare

un abitudine semplicemente modificando un comportamento: ovvero se

decidiamo di dimagrire e dunque ci sforziamo di non mangiare la cioccolata

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Autostima.net – Dieta & Controllo del peso

ad esempio, quanto pensiamo che durerà? Poco, perché non è cambiato ciò

che pensiamo di noi stessi, della nostra identità, e ciò che riteniamo giusto e

sbagliato. Ad esempio se riteniamo che la cioccolata ci fa sentire bene, come

possiamo resistere per tanto tempo? E infatti dopo un po’ di tempo cediamo

inesorabilmente.

I moderni studi di psicologia e programmazione neurolinguistica ci dicono

che l’essere umano si muove all’interno di cinque livelli ben definiti:

ambiente, comportamenti, capacità, convinzioni, identità.

I primi tre livelli sono quelli che si trovano in superficie, mentre gli ultimi

due costituiscono ciò che siamo e ciò in cui crediamo. Il legame è diretto e

chiaro: i livelli interni influenzano quelli esterni, e non viceversa. Quindi un

cambiamento a livello di identità, come possiamo intuire, crea un vero e

proprio terremoto a livello di comportamenti! Al contrario non possiamo

cambiare comportamenti, se non crediamo in certe cose o non sentiamo di

essere un certo tipo di persone.

I tentativi di mettersi a dieta ne sono un esempio lampante: noi cambiamo il

comportamento e cerchiamo di darci dei limiti in quello che mangiamo, ma

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la questione importante è un’altra: riteniamo giusto non mangiare certi cibi?

Sentiamo davvero di essere persone in forma che non hanno bisogno di quei

cibi? Pensiamo davvero che una buona insalata costituisca per noi un piatto

ambito e nutriente? Se la risposta a queste domande è negativa, nella

maggior parte dei casi torneremo al nostro vecchio comportamento e

interromperemo la nostra dieta. E’ inevitabile.

Ciò su cui dobbiamo invece lavorare è proprio la nostra identità e le nostre

convinzioni. Dobbiamo cominciare a sentirci persone in forma, persone dal

giusto peso. Dobbiamo iniziare a credere e convincerci davvero che un cibo

è desiderabile quando è nutriente, quando sfama il nostro bisogno di

vitamine; e non quando è dolce e zuccherato!

Nelle prossime pagine vedremo dunque tutte le tecniche più moderne per

cambiare velocemente il nostro atteggiamento nei confronti del cibo, così da

cambiare definitivamente le nostre abitudini non corrette.

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02) Visualizzazioni

Uno degli strumenti più potenti che abbiamo a disposizione nella nostra

mente per migliorare e per tirare fuori tutte le nostre potenzialità nascoste è

quello della “Visualizzazione”.

Alcuni anni fa è stato condotto un esperimento su degli atleti, con dei

risultati davvero incredibili: un gruppo di giocatori di basket venne allenato

duramente con lunghi esercizi fisici, per un periodo di quattro settimane. Un

altro gruppo venne allenato esclusivamente attraverso degli esercizi mentali

che consistevano nel visualizzare se stessi durante un allenamento. In pratica

ogni atleta doveva vedersi durante una prestazione sportiva, doveva vedersi

mentre si muoveva nel campo e mentre faceva canestro. Un esercizio

mentale durato sempre quattro settimane.

Incredibile a dirsi, ma i risultati furono identici, con un miglioramento

percentuale dei due gruppi praticamente uguale. Questo perché essersi

visualizzati per tanto tempo ed essersi abituati a vedersi in un certo modo ha

realmente condizionato i giocatori ad agire in quel modo. Ha letteralmente

cambiato e migliorato il loro modo di essere, la loro identità di giocatori.

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Allora proviamo a fare altrettanto: prendiamoci qualche minuto tutto per

noi, spegniamo i cellulari, rilassiamoci, e lasciamo libera la mente. Iniziamo

con calma a vederci dall’esterno, vediamo noi stessi così come siamo ora,

magari con quei chili di troppo. Immaginiamo poi di trovarci di fronte ad

uno specchio e pian piano iniziamo a vederci così come vorremmo essere: in

perfetta forma fisica, con quel giusto rapporto tra ossa, massa muscolare e

grasso. Vediamoci sorridenti e perfettamente in grado di gestire e controllare

il nostro peso. Continuiamoci a vedere davanti a questo specchio, sempre

più in forma, e senza esagerazioni dovute al conformismo con i modelli che

la televisione ci propone: diciamoci la verità, le persone troppo magre non

vanno più di moda e sarebbe meglio non farsi influenzare troppo da modelli

stereotipati che non sono affatto realistici e non rispecchiano la realtà!

Quindi visualizziamoci in perfetta forma: né troppo magri né troppo grassi.

Semplicemente pieni di energia, carichi e motivati! E infine, quando la

persona che vediamo nello specchio ci piace davvero ed è realisticamente

raggiungibile, facciamogli tutti insieme un fragoroso applauso, così da

incoraggiarci davvero a raggiungere quel risultato. Ora, entriamo nello

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specchio, entriamo in noi così come ci siamo disegnati: cominciamo subito a

vivere secondo questa identità, sentiamoci in forma e carichi di energia!

Come ci sentiamo dentro questo nuovo corpo? Che sensazioni proviamo?

Cerchiamo di sentire la nostra pelle, i nostri muscoli, il nostro ventre piatto.

Sentiamoci leggeri come non siamo mai stati. Cosa possiamo vedere da

questi occhi? Proviamo a vedere le persone intorno che ci applaudono, i

nostri amici che ci dicono “wow, sei in splendida forma!”. Quanto siamo

motivati ora? Cosa ci dice il nostro dialogo interno? Il dialogo interno è

quella vocina che ci diceva che avevamo bisogno di dimagrire, ma che al

tempo stesso ci diceva quanto era buona la cioccolata o quanto erano squisiti

quei due etti di pasta al ragù. Quella vocina che ora invece ci dice “wow, mi

sento bene, mi piaccio, piaccio a tutti, vado bene così!”.

E ora che la nostra identità è cambiata, proviamo a visualizzare i nostri

comportamenti: immaginiamo di essere davanti al frigorifero, mentre stiamo

prendendo la nostra squisita insalata o mentre stiamo preparando quel piatto

che ci ha consigliato il nostro esperto dietologo. Vediamoci mentre sentiamo

di aver voglia di un cibo nutriente che possa prendersi cura delle reali

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esigenze del nostro corpo, ricco di vitamine e sali minerali. Sentiamoci

appagati per la nostra scelta. E sentiamoci disgustati all’idea che prima

ingerivamo cibi malsani che non facevano altro che rallentare la digestione e

farci sentire pesanti tutto il giorno.

Proseguiamo ancora: visualizziamoci mentre siamo a cena fuori con gli

amici. Vediamoci mentre rifiutiamo quel secondo giro di pasta e ogni altro

eccesso. In fondo dentro di noi lo sappiamo bene quali sono i giusti limiti,

lasciamo solo che il nostro inconscio ci faccia sentire sazi quando

effettivamente il nostro corpo lo ritiene opportuno. E sentiamoci ogni

minuto sempre più soddisfatti di noi stessi, della nostra forza di volontà,

della nostra capacità di controllarci. Adesso crediamo veramente in quello

che facciamo e siamo quasi divertiti all’idea di poter giocare così con quel

cibo che prima rappresentava un gran problema.

Allora ripetiamo un attimo i passaggi della visualizzazione:

1) vederci in uno specchio come siamo oggi

2) vederci come vogliamo essere

3) entrare in quel corpo

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4) sentirci soddisfatti

5) visualizzare come sarebbe la nostra vita in questo corpo

e soprattutto:

6) ripetere la visualizzazione per qualche minuto tutti i giorni!

Quest’ultimo è un passo fondamentale se davvero vogliamo acquisire questa

nuova identità: dobbiamo condizionarci giorno dopo giorno a sentirci in un

certo modo, così da influenzare in maniera determinante i nostri

comportamenti quotidiani. Solo così il controllo del peso diventerà parte

della nostra vita e solo così sarà facile, divertente e privo di ogni sforzo.

03) Conflitti interiori

Capita spesso che ci mettiamo a dieta, ma ogni volta sentiamo uno stimolo

interiore che ci fa cedere a ogni tentazione: in pratica ci succede di voler

tanto raggiungere un risultato, ma di non riuscirci perché a livello inconscio

ci autosabotiamo. Che vuol dire? Vuol dire che esiste un vantaggio

secondario che ci spinge a rimanere nel vecchio comportamento. Facciamo

un esempio per chiarire meglio: succede alle volte che alcune persone si

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ammalino spesso non perché siano particolarmente cagionevoli di salute né

perché lo desiderino a livello conscio; bensì perché quando stanno male

ricevono tante attenzioni dalle persone che gli sono attorno. Spesso si tratta

di malattie psicosomatiche, malattie cioè influenzate proprio dalla mente. In

questo caso il vantaggio secondario di rimanere malati è quello di ricevere

affetto e attenzioni. Forse a livello cosciente nessuno se ne rende conto, ma

in psicologia è un fenomeno ben conosciuto.

Questo come influenza la nostra capacità di controllare il peso? Semplice,

molti di noi si sentono così soprappeso e sono così abituati a vedersi grassi,

che hanno paura, a livello inconscio, di essere magri. Come sarebbe la vita

da magri? La paura di cambiare è una delle prime paure per l’essere umano.

Siamo così abituati a vivere nella nostra “area di comfort” che uscirne è più

doloroso dell’idea di rimanere grassi. In fondo cosa faremmo da magri?

Dovremmo cambiare tutte le nostre abitudini, il nostro modo di affrontare la

vita. Pensiamo a chi dice di non essere portato per lo sport. Forse non lo ha

mai praticato solo perché non si sentiva in forma. Quindi dimagrire

significherebbe dover cominciare un’attività sportiva e quindi affrontare

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nuove paure. Nel dubbio, il nostro inconscio fa in modo di sabotare i nostri

sforzi e di farci rimanere grassi.

In questi termini, la tecnica di visualizzazione è davvero efficace, perché ci

permette di abituarci gradualmente alla nuova identità, e a vivere come se

fossimo già in essa, dandoci la possibilità di affrontare le sfide che essa ci

propone, una alla volta.

Questo spiega anche perché non si può agire solo sui comportamenti, ma

bisogna partire dall’identità e dalle convinzioni: solo così infatti possiamo

agire con congruenza, portando insieme la nostra mente conscia e quella

inconscia per unirne gli sforzi in una sola direzione.

04) Linguaggio positivo

Una delle maggiori caratteristiche che influenza la nostra motivazione e la

nostra forza di volontà è il dialogo interiore, ovvero le parole che

utilizziamo per parlarci e per darci forza: è fondamentale utilizzare sempre

un linguaggio positivo, sicuro, motivato. Pensiamoci bene: se utilizziamo

espressioni tipo “speriamo di riuscire a dimagrire questa volta”, crediamo

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davvero di riuscirci? Ancora, “proviamo a dimagrire”. Ma che vuol dire? O

ci riusciamo o non ci riusciamo, non esistono vie di mezzo. Proviamo a

prendere in mano una matita. Ci siamo riusciti, sì o no? Sì, no, non esistono

vie di mezzo, o l’abbiamo presa o non l’abbiamo presa. Quindi termini

come “speriamo di..., proviamo a... “ andrebbero aboliti dai nostri pensieri

perché privi di reale significato, in quanto mettono in dubbio la nostra

azione. Se già partiamo con dubbi e demotivazione non arriveremo mai al

nostro obiettivo!

Invece utilizziamo un linguaggio determinato: “a partire da ora mi metto a

dieta! Voglio farlo e posso farlo! Lo faccio!”. Questo sì che è parlare con

motivazione!

05) Laboratorio mentale

Immaginiamo di costruirci una stanza immaginaria nella quale ci possiamo

rilassare tutte le volte che desideriamo. Anche se siamo in mezzo alla gente,

la nostra fantasia può farci volare dove vogliamo e allora possiamo creare un

luogo tutto per noi.

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Arrediamo questa stanza come ci pare, così come l’abbiamo sempre sognata.

Costruiamoci un bel pannello di controllo da cui gestire le nostre emozioni, i

nostri pensieri, e anche le nostre funzioni corporee: immaginiamo di avere

delle leve di controllo e mille pulsanti colorati.

Ad esempio potremmo creare un bottone associato alla sicurezza: ogni volta

che lo premiamo ci possiamo sentire completamente e profondamente sicuri

di noi. Oppure un bottone che ci faccia sentire belli e affascinanti ogni volta

che lo desideriamo.

Possiamo anche immaginare di gestire la nostra pressione sanguigna, il

battito del cuore, la respirazione: utilizziamoli in maniera da mettere le leve

nella posizione ottimale per gestire al meglio tutte le funzioni. Sarà il nostro

inconscio a regolare al meglio le rispettive funzioni in base ai nostri

comandi.

Aggiungiamo nel nostro laboratorio un orologio/sveglia: utilizziamolo ad

esempio per svegliarci la mattina all’ora che desideriamo. Posizioniamo la

sveglia immaginaria ad una certa ora e verifichiamo: la mattina dopo ci

sveglieremo esattamente a quell’ora. Si tratta del cosiddetto “orologio

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biologico” che batte all’interno del nostro corpo e che il nostro inconscio sa

utilizzare molto bene. Provare per credere.

Aggiungiamo infine uno schermo di grandi dimensioni su cui proiettare

tutto ciò che desideriamo: immagini motivanti, film interessanti, ricordi e

memorie della nostra vita. Utilizziamolo anche per gli esercizi di

visualizzazione di cui abbiamo parlato all’inizio.

In pratica dall’interno di questo laboratorio ideale possiamo davvero

prendere il controllo di tutti i nostri processi mentali, delle nostre abitudini,

delle nostre emozioni e delle nostre funzioni fisiologiche. E’ chiaro che ai

fini di una dieta ottimale e del controllo del peso, la possibilità di gestire noi

stessi che ci offre questo pannello di controllo può davvero fare la differenza

rispetto a tutti i metodi che abbiamo tentato finora.

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06) Attività fisica mentale

Certamente anche una qualsiasi attività sportiva ci può aiutare in maniera

determinante nel raggiungere il nostro obiettivo. Tuttavia noi preferiamo

agire tramite l’infinito potere della nostra mente: possiamo dunque entrare

nel nostro laboratorio mentale e visualizzarci mentre pratichiamo l’attività

sportiva che ci piace di più. Calcio, tennis, nuoto, una bella corsa o un po’ di

aerobica. O tutte insieme. L’importante è che la visualizzazione sia fatta con

molti dettagli, sia davvero provata attraverso ciò che vediamo, ciò che

ascoltiamo, ciò che sentiamo a livello di sensazioni. Utilizziamo tutti i nostri

sensi per renderla la più realistica possibile. Infatti il nostro cervello non

distingue facilmente un’esperienza reale da una solo vividamente

immaginata: ciò vuol dire che entrambe possono influenzare il nostro corpo

e la nostra mente nel medesimo modo. Ovviamente l’attività immaginata

non ci farà stancare nello stesso modo, ma darà un impulso verso l’alto al

nostro metabolismo e ai centri nervosi che si occupano della costruzione

delle fasce muscolari. In pratica i risultati si vedranno nel giro di poco

tempo, a patto che la visualizzazione sia costante e ben realizzata.

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In generale comunque, come nella vita reale, le attività preferibili sono

quelle che prevedono un largo consumo di calorie, cioè attività prolungate

come la corsa, la bicicletta o il nuoto, piuttosto che il sollevamento pesi.

07) Obiettivo chiaro

Immaginiamo la nostra vita come se fosse una linea, dal passato al futuro

passando dal presente. Immaginiamo che tutti gli eventi della nostra vita si

posizionino su questa linea. Chiudiamo gli occhi e immaginiamo di

sorvolarla: arriviamo in quel punto sulla linea in cui abbiamo deciso di

raggiungere il nostro peso forma, ad esempio tra un mese, o tra sei mesi o

quando vogliamo. Guardiamo dall’alto questo punto e vediamoci con il

nostro fisico scolpito così come lo abbiamo visualizzato in precedenza.

Entriamoci dentro e gustiamoci la sensazione di soddisfazione. Cosa stiamo

provando? Come ci sentiamo?

Ora usciamone fuori e cominciamo a riavvolgere gli eventi da quel

momento fino al momento presente, come in un film che va all’indietro.

Riavvolgendosi, vediamo tutti gli eventi che ci portano al raggiungimento di

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Autostima.net – Dieta & Controllo del peso

quel risultato da allora fino ad oggi, a partire da quel primo passo che oggi

stiamo compiendo, ovvero la lettura di queste pagine.

Questo è il nostro punto di partenza: acquisire nuove informazioni e nuove

risorse per poter affrontare con sicurezza il nostro obiettivo di controllo del

peso. Possiamo farlo e lo stiamo già facendo!

Dobbiamo solo continuare ad impegnarci su questa strada che abbiamo già

scolpito nella nostra mente e seguire i passi che abbiamo già visualizzato.

Infatti vivere in anticipo una certa via per raggiungere un obiettivo consente

al nostro cervello di focalizzarsi proprio su determinati processi della vita

che ci permettono di realizzarci in maniera facile e più veloce. E’ un po’

quello che accade quando vogliamo comprarci un’auto nuova:

improvvisamente cominciamo a vedere proprio quell’auto da tutte le parti,

persino il nostro vicino di casa ce l’ha e non ce ne eravamo mai accorti!

Questo succede proprio perché il cervello si focalizza su quella macchina

che fino al giorno prima invece veniva scartata dall’attenzione cosciente

della mente. Allo stesso modo, se noi ci concentriamo sul nostro obiettivo, il

cervello si focalizzerà su tutte quelle opportunità che la vita ci renderà

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Autostima.net – Dieta & Controllo del peso

disponibili per raggiungere il nostro scopo: per fare un esempio, potremmo

notare che un nostro amico va nella palestra vicino casa e potremmo avere

improvvisamente voglia di iscriverci anche noi. Quindi facciamo attenzione

e cogliamo le opportunità!

08) Programmazione

In conclusione, lasciamo che il nostro inconscio si prenda cura di noi, dopo

aver letto queste nuove informazioni. Lasciamo che ci guidi verso quei cibi

realmente nutrienti e ci allontani da quei cibi chimici e pieni di conservanti,

o dagli eccessi della vita quotidiana. Lasciamo che ci faccia sentire sazi tutte

le volte che abbiamo mangiato a sufficienza, magari preferendo pasti meno

abbondanti, ma più frequenti: una buona colazione la mattina, un po’ di

frutta a merenda, un pranzo leggero; uno spuntino a metà pomeriggio e una

cena leggera. Questa è la chiave del sentirsi sempre in forma e pieni di

energia!

Lasciamo anche che il nostro inconscio ci porti ad evitare l’ascensore in

favore delle scale: qualche piano al giorno può tranquillamente sostituire

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Autostima.net – Dieta & Controllo del peso

un’attività fisica che facciamo malvolentieri. “meglio pochi, ma buoni” dice

il proverbio. Meglio un piccolo sforzo quotidiano fatto con soddisfazione

personale che i grandi sforzi che facciamo senza voglia e senza risultato.

Lasciamo che il nostro inconscio ci abitui a smettere di mangiare quando

siamo sazi e non quando il piatto è finito: è vero che a molti di noi non piace

sprecare il cibo, eppure è necessario abituarsi a lasciarlo appena il nostro

corpo ci dice che ne abbiamo abbastanza. Proviamo quindi a lasciare sempre

e comunque il 10% del nostro cibo, per almeno un mese di seguito, così ci

condizioneremo a scegliere: sì, mangiare deve essere una scelta non un

obbligo dovuto al piatto non terminato. E quando accadrà che avremo la

tentazione di mangiare un pezzo di cioccolata o una merendina, lasciamo

che il nostro inconscio non ci rimproveri: semplicemente accettiamoci per

quello che siamo e ricominciamo la dieta senza indugi. Questa è la volta

buona!

Per approfondimenti:

http://www.autostima.net

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I Manuali di Autostima.net“Smettere di Fumare”

“SMETTERE DI FUMARE (e aiutare gli altri a smettere!)”

A cura di Marco Scipione

PERCHE’ SMETTERE DI FUMARE

I Vantaggi di Smettere di Fumare

Alcuni dei benefici di uno stile di vita senza tabacco includono: - Sentirsi meglio da un punto di vista fisiologico ma anchepsicologico ed emozionale - Diventare un modello comportamentale per la famiglia e gliamici - Maggiore energia per lavorare e giocare - Denti più bianchi e alito più fresco - Vestiti, mobili e auto che profumano di pulito - Diminuzione del rischio di malattie serie - Libertà dalle restrizioni del fumo - Risparmio economico.

Come capita per ogni cambiamento comportamentale,comunque, ci sono aggiustamenti da fare nella normale routinequotidiana. Alcuni sono facile, mentre altri sono un po’ piu’impegnativi.

Se Puoi Immaginarlo, Puoi Esserlo

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I Manuali di Autostima.net“Smettere di Fumare”

Un passo importante nel cambiamento di ogni comportamento e'l'abilita' di visualizzare il successo, la riuscita dell'impresa.Prendi un momento per considerare ognuna delle seguentiimmagini. Soffermati su ognuna prima di passare alla successiva.Prendi il tempo necessario affinché i tuoi pensieri si immerganocompletamente in ognuna, diventa parte attiva del pensierostesso. Una volta che l'immagine e' chiara nella tua mente, vai alpensiero successivo e concentrati di nuovo. Immagina te stessosenza usare il tabacco, più in salute e più energico di come nonsei stato mai, guardando al giorno con entusiasmo e ottimismoper quello che ti aspetta in futuro. Immagina te stesso vivere ilgiorno, libero ormai dal vizio del fumo. Sei capace di portare atermine molte più cose e conseguire maggiori soddisfazionipersonali. Immagina la vita senza tabacco, non perchè devi, ma perchè e'quello che vuoi. Uno stile di vita senza il fumo ti aiuta a sentirtimeglio e ti rende un modello comportamentale per la famiglia egli amici, e tu sei orgoglioso di questo tuo nuovo stato. Com'e stato? E' possibile immaginarti in una situazione in cui haismesso di fumare, vero? Se i dubbi sulla tua capacità diconseguire l'obiettivo si riaffacciano alla tua mente, ripeti questoesercizio di visualizzazione del successo finale più volte.

La Conoscenza E' Potere

Una buona tecnica per risolvere il problema e' farsi le giustedomande. La chiave e' ignorare le risposte che sembrano troppobelle per essere vere e concentrarsi invece sui fatti relativi alcomportamento salutistico che vuoi cambiare. Eccoti qualche esempio di domande con cui cominciare questaautoanalisi. Usale come una guida per sviluppare domande chepiù si adattano alla tua situazione. - Come mi sentirò nei giorni successivi alla mia astinenza dalfumo?

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I Manuali di Autostima.net“Smettere di Fumare”

- Come posso evitare di mettere su peso una volta che ho smessodi fumare? - Quali sono i pericoli derivati dal fumo passivo sulla gente chemi circonda? Formula 1 o 2 domande tue personali che ritieni possano darerisposte importanti nell'assisterti in questo cambiamento.

Ecco i benefici che si hanno smettendo di fumare :

Dopo...

8 ore L'ossigenazione del sangue ridiventa normale. I rischidi infarto al miocardio iniziano a diminuire.

24 ore Il monossido di carbonio viene eliminato dal corpo.48 ore La nicotina viene eliminata sensibilmente dal sangue.1settimana Il senso del gusto e quello dell'odorato migliorano.

3-9 mesiLa respirazione migliora (meno tosse e più benessererespiratorio. La funzione polmonare aumenta del 5-10%.

1 anno Il rischio di malattie cardiovascolari si riduce dellametà.

10 anni Il rischio di cancro al polmone è ridotto a metà.

15 anni Il rischio di malattie cardiovascolari (es.infarto) ècome quello di coloro che non hanno mai fumato.

COME NASCE IL DISSENSO NEIFUMATORI

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I Manuali di Autostima.net“Smettere di Fumare”

Quando si parla di prevenzione con un fumatore, raramente egliammette di avere delle lacune comportamentali nei confrontidella sigaretta. Il fumatore non ama confrontarsi con quello chela sigaretta può portare, una malattia, un infarto ,l’ictus, l’enfisema, ha paura di immaginarsi in quelle condizioni, e perevitare ciò, si crea delle scappatoie mentali dove appoggiarsiquando si trova faccia a faccia con le realtà.Inizia cosi aformulare frasi , pensieri, convinzioni, obiezioni che glipermettano di sfuggire da una realtà che in alcuni casi puòessere davvero dura .Un esempio lampante può essere l’amico ol’amica morta a causa di un tumore, un infarto, per enfisemapolmonare causato dalla sigaretta. Inizialmente sono moltotoccati dalla scomparsa della persona cara, in seguito siesaminano , pensano alla quantità di sigarette che fumano, aldanno che può creare, ma questo processo mentale dura poco,perchè entrano in gioco le convinzioni , le obiezioni che hannomaturato nel corso degli anni da fumatori, che li mettono nellecondizioni di rifiutare la realtà , e quindi di sfuggire. Leconvinzioni che si creano mentalmente sono di questo tipo:iofumo molto meno della mia amica , o del mio amico, Io fumosigarette leggere, Non fumo mai di mattina o di sera, non fumamai vicino ai miei figli,Non respiro il fumo passivo. Le obiezioniche sviluppano invece sono di questo genere: Mi piace fumare,fumare mi rilassa,la sigaretta mi aiuta a sopportare momentidifficili, Mi aiuta a concentrami meglio sul lavoro, Mi manca lavolontà..

Questo processo mentale inizia quando si comincia a fumare inmodo regolare e quotidiano. Il dissenso nasce quindi come unasorta di rifiuto della realtà,scaturito anche dalla paura di fallirenel tentativo di togliersi il vizio.Sono in molti che pensanospesso: e se non riesco a smettere,se riprendo a fumare,abbandonando cosi l’idea di togliersi il vizio. Il fumatore fuggequindi dalla possibilità di smettere di fumare e anziché vederlacome una soluzione definitiva, la percepiscono come una sorta disfida dove loro, potrebbero uscirne sconfitti e afflitti. Le personeprendono le decisione in basa a due motivi fondamentali: evitaredolore, acquisire piacere.Altro concetto fondamentale che entrain gioco è il tempo. Dolore a breve termine darà con il tempo unpiacere a lungo termine ( smettere di fumare può inizialmente

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I Manuali di Autostima.net“Smettere di Fumare”

essere duro impegnativo, con il tempo porta dei grandi beneficial fisico e alla mente). Piacere a breve termine darà sempre undolore a lungo termine ( fumare una sigaretta , inizialmente puòdare “piacere”, con il tempo può causare anche gravi problemi).Ifumatori tendono ad evitare il dolore che si potrebbe creare conil tentativo di smettere di fumare .Questo perché hanno paura dinon riuscire nell’impresa, hanno paura di ricadere nel vizio,hanno paura di ingrassare .Questa paura è molto forte specie neifumatori più accaniti. Un detto dice :La paura sconfigge piùgente di qualsiasi altra cosa al mondo. Una volta capita lanatura di questa paura , si possono aiutare i fumatori a trovare laforza necessaria , che li metta nelle condizioni di vincere la sfidacon il fumo. E’ bene quindi capire anche la natura del dissensoche nasce nei fumatori, in modo tale da gestire le obiezioni inmodo più efficace e persuasivo.Un detto dice “Prima diaffrontare un uomo lo devi incontrare sul suo territorio”, questovuol dire che quando parliamo con una persona, in questo casoun fumatore, se riusciamo a capire le credenze , i valori che ha ,anche a riguardo della sigaretta, possiamo gestire meglio leeventuali obiezioni, e metterlo nelle condizioni di rendersi contoche hanno tutte la capacità necessarie per smettere di fumare.

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I Manuali di Autostima.net“Smettere di Fumare”

I PERSONAGGI DIFFICILI: COMEGESTIRLI

In aula è molto importante saper gestire il dissenso ,unaobiezione gestita male può rovinare il clima creato in precedenza, e con esso anche lanostra performance. In aula ci possono essere persone checredono di sbagliare di rado, persone rigide, personelogorroiche, tutti con le loro credenze, entrare in contrasto conesse significherebbe, creare conflitto, a questo punto ilformatore potrebbe avere i corsisti contro. Come evitare ciò ?Per capire veramente una persona e bene incontrarla sul suoterritorio, capire le sue credenze ,la nature delle obiezioni,e inalcun modo dare dei cenni di dissenso, sia in modo verbale ,che in modo non verbale.Fondamentale diventa in questomomento ascoltare fino in fondo quello che la persona a dadire,e poi rispondere. I vantaggi che ne scaturiscono sono didue tipi:la persone sarà propensa anche lei ad ascoltare ilnostro punto di vista,e sarà più aperta nei nostri confronti.Ilclima stesso dell’aula ne gioverà, infatti un ‘altra cosa che èbene evitare in aula è evitare giudizi. Le persone non amanomolto essere giudicate, gradiscono invece essere ascoltate,capite. Un profeta dice: ASCOLTA E SARAI ASCOLTATO,fondamentale per un formatore è imparare ad ascoltareattivamente i nostri interlocutori.

ASCOLTO ATTIVO

Ascoltare attivamente vuol dire che :sia il nostro corpo che ilnostro sguardo è’ rivolto verso la persona che parla .Lapostura del nostro corpo è protesa verso chi sta parlando,lapersona va guardata negli occhi,i movimenti che

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I Manuali di Autostima.net“Smettere di Fumare”

normalmente si fanno durante l’ascolto attivo sono l’annuirecon la testa, fare domande di chiarimento ( mi faccia capirebene..è questo che vuole dire..).Grazie all’ascolto attivoriusciamo a capire i valori di una persona, le sue credenze, lanature delle sue obiezioni, l’empatia viene rafforzata espesso le persone si sentono gratificate se vengono ascoltatesenza essere interrotte. Affinché l’ascolto attivo siaveramente efficace bisogna seguire delle direttive:

1. Guardare l’interlocutore negli occhi.2. Dare attenzione3. Essere concentrati mentre l’interlocutore parla4. Rispecchiamento5. Domande di specificazione6. Protesi verso l’interlocutore

Inizialmente siamo tentati a non rispettare queste direttive,ma solo perché non siamo abituati ad ascoltare , al fine direndere ancora più efficace l’ascolto e bene evitare anche:

1. Interrompere la persona che parla2. Anticipare la risposta3. Pensare alle risposte da dare 4. Evitare di giudicare

Attraverso queste direttive il nostro ascolto sarà veramenteattivo, i fumatori in questo caso non si sentiranno in alcunmodo giudicati , si apriranno di più nei nostri confronti,l’empatia creata ci metterà nelle condizioni avere piùsuccesso nel rispondere alle eventuali obiezioni. La capacitàdo prestare ascolto è la più importante di tutte le doti dicomunicazione , i leader di successo, di solito, sono personeche hanno imparato il valore dell’ascolto e non si stancanomai di ascoltare. Un buon ascoltatore deve anche esserecapace di spegnere la sua trasmittente e ascoltare, accendendoi propri canali uditivi e lasciare che gli altri esprimano delleidee e poi lavorare su di esse. Una persona che riesce adascoltare attivamente , riesce a capire meglio quello che unapersona vuole dire , la verità è che : nessuno al mondo puòsapere tutto quanto, ascoltare gli altri è il modo migliore

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I Manuali di Autostima.net“Smettere di Fumare”

per imparare . Alcuni giudicano l’ascoltare come unatteggiamento passivo, e il parlare con un atteggiamentoattivo, in realtà il semplice udire quello che qualcuno dice èun’ attività relativamente passiva , ma l’ascolto impegnato ,effettivo, è una capacità quanto mai vista. Una persona cheascolta attivamente è di solito quella che pone domande e poiaspetta una risposta , anziché proporre una soluzioneall’istante. Esiste anche un test per sapere se una personaascolta attivamente :

1. Ponete domande e aspettate una risposta2. Rispondete rapidamente e direttamente alle domande

che vengono poste 3. L’altra persona sente che la state ascoltando

attivamente.

L’importante è ascoltare, conoscere le persone e interagirecon loro. Dappertutto gli uomini amano essere ascoltati, equasi sempre rispondono a chi li ascolta. Ascoltare è una delle migliori tecniche che abbiamo permostrare rispetto a qualcuno . Il primo passo per diventare unattento ascoltatore è quello di comprendere quanto siaimportante ascoltare bene , il secondo è voler imparare .

“ Nessuno è più persuasivo di un buon ascoltatore “( Dale Carnagie “Scopri il leader che è in te”)

Dopo aver compreso l’importanza di ascoltare le persone,gestire i personaggi difficili , e le eventuali obiezioni, sarà un po’più semplice.

PERSONAGGI DIFFICILI

DOMANDOLOGO : tende a fare molte domande su argomentisemplici e su aspetti secondari,spezzando a volte la

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concentrazione ed in alcuni casi anche il clima dell’aula.Tra ipersonaggi difficili il domandologo è quello meno problematico,visto che l’unico disturbo che arreca è quello di frequentiinterruzioni nell’esposizione del docente. Come gestirlo? Vistoche le domande sono anche dei momenti di partecipazione eimpediscono anche il sopraffarsi della noia , si può considerare ildomandologo come un soggetto di aiuto e non didisturbo.Consente anche al docente di allargare la conversazionecon dei “rilanci”:Ci sono altri dubbi? Qualcuno vuoleaggiungere qualcosa a riguardo di questo argomento? Quando ledomande sono troppo insistenti e bene richiamarlo alle regole delgioco (il contratto d’aula), dare risposte brevi se necessario direanche : volevo gentilmente ascoltare anche il parere deglialtri…

LOGORROICO : tende a parlare molto dell’argomento , anchecon lunghi interventi con domande a volte molto articolate edense di premesse tali a volte da essere incomprensibili.rubando il tempo di intervento anche ad altre persone, a voltepuò sfociare nel fastidio generale dell’aula.Come gestirlo ? Ildocente deve evitare che ciò accada,e il modo più efficace èquello di esplicitare all’interessato,in modo cortese esorridente, la necessità di essere più brevi negli interventi ,richiamando anche al tempo. E’ utile anche richiamare alleregole del gioco,sempre in modo elegante e garbato, interessarsianche ad altri punti di vista , se necessario dire : adesso nonposso concedere più spazio dobbiamo andare avanti…

SILENZIOSO : tende spesso a non intervenire , a quasi timore afarlo , in questo caso è necessario che il formatore ne facilitil’apprendimento senza invadere troppo il suo territorio.Comegestirlo ? Durante la “pausa caffè” il docente può parlare conqueste persone in modo informale , al fine di entrare in unamigliore empatia . In aula e utile anche renderlo partecipe

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I Manuali di Autostima.net“Smettere di Fumare”

valorizzando gli interventi , facendo anche domande stimolo( avrei piacere di ascoltare tutti su questo argomento). Andandonello specifico: vorrei sapere se tu hai qualcosa da dire, vorreisentire tutti anche chi non ha ancora parlato ..., questo èfondamentale perchè aiuta a creare empatia .

SACCENTE : tende a dar molti contributi all’argomento, inalcuni casi anche a sproposito, è un po’ il sapientone delgruppo,in alcuni casi cerca di entrare in polemica con qualcuno.Questo comportamento a volta crea nell’aula una sensazione didisagio , e come se questo personaggio a volte vuole porre unasfida nei confrontoi del docente .Come gestirlo? Questo è uncaso in cui il docente-formatore deve saper gestire le proprieemozioni, infatti è facile che a fronte di un tale comportamento ildocente provi fastidio inducendolo a volte a reagire in modoaggressivo. Tecnica sbagliata , cosi facendo sull’aula cadrà unvelo di freddezza che andrà a discapito del clima creato inprecedenza . Il comportamento più efficace è quello di nonentrare mai in contrasto con esso , al contrario, è bene sfruttarnei contributi , se sono fondati , rafforzarli , e riprecisare ilproprio punto di vista in modo morbido e rilassato ,valorizzarlo : bene questa è una cosa interessante, con questatecnica che ci hai appena illustrato si entra meglio inempatia….

LATERALE : tende a parlare con la persona che gli sta vicino,creando un fastidioso brusio in sottofondo. E’ una figura semprepresente in aula non arreca molto fastidio a meno che non sia unpo’ troppo pesante . Come gestirlo? Se il clima che si è creato emolto gioviale e scherzoso si può anche scherzare con lui,normalmente e bene chiedere di parlare uno alla volta. Se ilbrusio continua , fare una pausa, cosi facendo la personasmetterà subito di parlare con il vicino, efficace è ancheguardarlo in viso, fare un sorriso, citare il nome. E’ bene ancherenderlo partecipe : vorrei sapere anche il tuo punto di vista , tu/lei cosa ne pensa a riguardo di questo argomento….

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I Manuali di Autostima.net“Smettere di Fumare”

RICALCO E GUIDADELL’INTERLOCUTORE

Al fine di avere una comunicazione più efficace la tecnica delricalco e guida è molto utile per raggiungere un obiettivo. Spessol’obiettivo che ci si pone quando si parla con una persona èquello di entrare in empatia con essa, la tecnica del ricalco eguida facilita questo compito. Ricalcare una persona, vuol direstabilire una prima linea di feeling, con ciò che si ha in comune,soprattutto a livello emotivo. All’interno dell’aula divieneimportante per crearne il clima ,e far sentire le persone a proprioagio.

Il RICALCO : Cos’è

Il ricalco è fondamentale per stabilire un rapporto con unapersona : ricalcare un persona vuol dire entrare in relazione conil suo modello del mondo, con la sua mappa, e stabilire con luidelle affinità a livello conscio e inconscio. E una delle tecnichepiù importanti ed efficaci per influenzare il comportamento,instaura un clima che dà al nostro interlocutore il desiderio didire di più , perché si sente ascoltato e riconosciuto per quelloche è. Il ricalco può essere diretto, e incrociato. Il ricalco direttosi ha quando riproduciamo rigorosamente l’atteggiamento delnostro interlocutore per esempio: se il mio interlocutore è sedutosu di una sedia con le gambe incrociate e le braccia conserte lamia riproduzione sarà uguale alla sua.Il ricalco incrociato si haquando riproduciamo l’atteggiamento del nostro interlocutore inmodo indiretto per esempio: se il mio interlocutore si grattafrequentemente il mento con un dito io posso fare altrettanto sulmio ginocchio. Il ricalco incrociato è più utilizzato perché è piùdiscreto ed elegante. L’importante prima di ricalcare una

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persona è aspettare che si trovi in una posizione a lui comoda,poi potremo a nostra volta ricalcarlo. Esistono vari tipi di ricalco: ricalco verbale, ricalco paraverbale, ricalco non verbale,ricalco emotivo.Con il tempo e la pratica impareremo ad usarequesta tecnica in tutti e quattro i livelli sopracitati.RICALCO VERBALE

Dopo aver ascoltato attivamente il discorso di una persona, eportato maggiore attenzione ai predicati usati,il ricalco verbale sipone come obiettivo quello di avere una comunicazione linearecon l’interlocutore,rispondendo con predicati uguali o simili.

RICALCO PARAVERBALE

L’ascolto attivo ci permette anche di entrare in empatia con lapersona anche attraverso la voce . Nel ricalco paraverbale ifattori che entrano in gioco sono: il flusso verbale il volume, ilritmo, il tono, la velocità, le pause.In pratica avviciniamo lenostre caratteristiche vocale a quelle del nostro interlocutore. Nelricalco paraverbale ci può essere di aiuto anche la gestualità, lacapacità di andare a tempo con quello che si dice.

RICALCO NON VERBALE

Noto con il nome di rispecchiamento, si occupa principalmentedi riflettere globalmente la postura dell’interlocutore. Possonoessere varie le posture, in piedi, seduto a braccia incrociate,piegato in avanti, con una mano in tasca, non dovremmoricalcarle tutte , quelle più a noi evidenti. Durante il ricalcoposturale la persona cambia continuamente posizione del corpo ,è bene aspettare che sia ben comodo nella nuova posizione primadi riprodurla a nostra volta. Spesso le persona usano dei gestidurante una conversazione e le ripetono continuamente senzarendersene conto, il ricalco gestuale c i permette di entrare in unlivello di empatia ancora più profondo. I gesti devono essereriprodotti in maniera più limitata ,non è necessario copiare gesto

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I Manuali di Autostima.net“Smettere di Fumare”

dopo gesto il nostro interlocutore. Se non fa molti gesti o rimaneimmobile, è bene evitare di gesticolare,o abbozzarli più inpiccolo.

RICALCO EMOTIVO

In questa fase si entra in uno stato più profondo di empatia, ciavviciniamo a ricalcare la persona a livello inconscio. Adessoentrano in gioco il ricalco verbale paraverbale, posturale. Siportano tutti e tre questi livelli al pari del nostro interlocutoreinstaurando cosi un clima di confidenza che gli da la possibilità ,il desiderio, di aprirsi di più nei nostri confronti, perché si senteascoltato e riconosciuto. Nel ricalco emotivo uno dei fattoriprincipali che determina l’efficacia di questo ricalco è laflessibilità .La flessibilità è la capacità di mettersi nei panni dell’altrapersona, capendo i valori, le credenze, il punto di vista chehanno in quel momento.

LA GUIDA : Cos’è

Dopo aver stabilito un ricalco efficace, possiamo in mododiscreto ed elegante guidare la persona verso di noi . Una voltache ci siamo adeguati alla mappa del nostro interlocutore, e si èstabilito un ricalco forte possiamo guidare la persona al nostropunto di vista. La guida sarà a livello inconscio, la persona siinizierà a sentirsi a suo agio e le barrire all’inizio createinizieranno a svanire. L’interlocutore inizierà cosi a riprodurrela nostra posizione , il nostro respiro , si inizierà a creareempatia, fiducia. La tecnica del ricalco e guida e fondamentale per imparare agestire le obiezioni , i personaggi difficili, è anche molto utileper creare un buon clima d’aula. Al fine di sfruttare questatecnica in modo molto efficace dobbiamo anche imparare ad

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I Manuali di Autostima.net“Smettere di Fumare”

essere flessibili con noi stessi e con gli altri. Con il termineflessibilità intendo dire: essere capaci di capire veramente chiabbiamo di fronte, capire i suoi valori e credenze, rispettarle ,evitando di fare critiche ,ascoltarlo fino in fondo, accettando lepersone per quello che sono .

COME GESTIRE LE OBIEZIONI DEIFUMATORI

Qui diventa fondamentale l’atteggiamento del formatore chepresiede l’aula,un atteggiamento positivo ci aiuterà a rimanerepiù calmi quando ci vengono poste delle obiezioni. Importanteper un formatore e’: evitare di entrare in contrasto con un singolopartecipante , che finirebbe per annoiare i partecipanti , cercaredi avvicinarsi psicologicamente il più possibile al partecipante ecogliere i reciproci punti di vista. E’ necessario ascoltareattivamente la persona che parla, quindi capire la naturadell’obiezione e rispondere. Come si risponde in modo efficacealle obiezioni ?Uno dei metodi più fruttuosi e il seguente :

1. ASCOLTARE FINO IN FONDO CON AUTENTICOINTERESSE

L’interlocutore si sente gratificato se non lo si interrompe avolte si risponde da solo.

2. BREVE PAUSA DI RIFLESSIONE

Si trasmette serenità

3. QUALIFICARE L’OBIEZIONE

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I Manuali di Autostima.net“Smettere di Fumare”

Fare domande aperte –“come mai mi sta dicendo questo ?“—“ In che senso”— “ come mai è interessato a questo “

4. ACCETTARE L’OBIEZIONE

CERTO , CAPISCO , COMPRENDO il suo punto divista…..

5. ISOLARE L’OBIEZIONE

Quindi è solo per questo motivo che lei…..

6. RISPONDERE BREVEMENTE E CONCLUDERE

E’ sconsigliato mentre si risponde congiunzioni del tipo: MA;PERO’, SAREBBE, SICCOME CHE . Per una maggiore efficaciabisogna usare sempre la congiunzione E, accostando le frasi delricalco

CAPISCO,COMPRENDO,CONDIVIDO,CERTO,E , ED E’PROPRIO PER QUESTO MOTIVO CHE..

Per capire veramente qualcuno è necessario incontrarlo sul suoterritorio,sulla sua mappa, la tecnica del ricalco e guida serve aspostarci dal nostro punto di vista a quello del nostrointerlocutore, ascoltarlo,capirlo e guidarlo verso il nostro. Se noidiamo ascolto anche ci sarà sempre qualcuno pronto ad ascoltare.Saper gestire il dissenso e’ importante sia in aula, si evitanobruschi cambiamenti di clima,sia per far capire agli altri anche ilnostro punto di vista.

Ecco alcuni esempi di risposta alle obiezioni :

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Mi piace fumare"

Certo, capisco che fumare può dare questa sensazione e’proprio per questo che Anche smettere di fumare dà piacere.Smettendo di fumare proverà un sentimento di conquista, sisentirà più in forma, ritroverà pienamente il gusto e l'odorato, glialimenti avranno un sapore migliore, avrà più fiato. Sarà piùattraente e il suo alito non saprà più di fumo. Le persone che lestanno vicine non potranno più criticarla sul fatto che fuma.

"Fumare mi rilassa"

Capisco che la sigarette ci mette nelle condizioni di rilassarciin realtà ciò che ci rilassa è il nostro respiro, la nostrapostura,ed è proprio per questo che, ci sono altri modi perrilassarsi: inspirare profondamente, fare una passeggiata o unattività fisica, praticare una tecnica di rilassamento, dormire dipiù o fare una siesta (anche solo di un quarto d'ora), ecc.

Il piacere e la sensazione di rilassamento che si provano dopoaver fumato una sigaretta, sono legati alla dipendenza generatadalla nicotina. In realtà la sigaretta elimina il cattivo umoreprovocato dalla mancanza di nicotina. I non fumatori nonprovano ne piacere ne rilassamento quando respirano nicotina.Se smette di fumare si renderà conto di non aver più bisognodella sigaretta per rilassarsi e per vivere con piacere. Ritroverà lacalma e la tranquillità di cui godono i non fumatori. I fumatorihanno dimenticato cosa significa essere completamente rilassatiin quanto temono in continuazione di provare i sintomi diastinenza da nicotina.

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"Una sigaretta mi aiuta a sopportare situazioni difficili"

Certo in momenti difficili si cerca sempre il sostegno diqualcuno, è proprio per questo che si chieda se la sigaretta èveramente di aiuto ai suoi problemi.

"Fumare mi permette di concentrarmi e lavorare meglio"

Capisco che concentrarsi nel lavoro è importante il cervello habisogno di molto ossigeno per rendere al massimo , è proprioper questo motivo che senza l’ausilio della sigaretta lei darà piùossigeno al suo cervello e certamente sarà più produttivo diquello che è adesso.

"Mi manca la volontà"

Certo capisco che la volontà è importante, ci aiuta nelledecisioni più difficili, quante ne avrà prese lei nella sua vita ,molte, è proprio per questo che lei già la possiede deve soloindirizzarla verso la sua salute.

"Smettendo di fumare ho paura di ingrassare"

Capisco che alcune persone hanno paura di ingrassare, lamancanza di nicotina nel sangue , nella bocca, riesce a farcisentire meglio , si riesce di nuovo a sentire il sapore del cibo , ele persone che hanno smesso mangiano con più gusto, è proprioper questo che smettendo di fumare le persone all’inizio devono

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seguire un’alimentazione corretta, questo sarà di aiuto sia allalinea sia al benessere totale della persona.

"Ho paura dei sintomi provocati dalla mancanza dellasigaretta"

Capisco che imparare ad affrontare i sintomi provocati dallamancanza della sigaretta all’inizio sia impegnativo è proprioper questo che smettendo di fumare, lei diminuirà notevolmentequesta paura, e con il tempo sentirà grandi benefici sia a livellofisico quanto a livello mentale, sentendosi più sicuro anche versose stesso.

"Smettendo di fumare ho paura di diventare suscettibile odepresso"

Certo capisco che smettere di fumare può indurre la persona adiventare più irritabile, questo è dovuto alla mancanza dinicotina, è per questo che smettendo di fumare il suo organismosentirà grandi benefici, riuscirà a respirare meglio, riuscirà asentire nuovamente il sapore del cibo, e questo l’aiuterà arimanere forte e deciso e riuscendo a vincere la sfida con lasigaretta.

"Fumo poco, non rischio molto"

Capisco che fumare poco non sia proprio un vero e propriovizio, il fumo colpisce le persone in modo soggettivo, sia che sifumi molto o poco, il rischio esiste sempre, è proprio per questoche smettendo di fumare lei eliminerà questo rischio , anche seè piccolo.

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I Manuali di Autostima.net“Smettere di Fumare”

COME AVERE UNA PERFORMANCEEFFICACE

Tutti i temi trattati fin ora sono utili e ci aiutano ad avere unacomunicazione più efficace. Capita a volte che quando siamodinanzi ad un pubblico o ad un aula , la tensione che abbiamodiventi tale da farci dimenticare tutto, lo stress che abbiamo inquel momento diventa un ostacolo per la riuscita della nostraperformance . Diventa quindi importante saper gestire lo stress ,econoscere alcune tecniche che ci permettano di gestire il nostrostato emotivazionale .Esiste una correlazione tra stress eperformance l’importante è gestire lo stress a nostro vantaggio.Cerchiamo di capire prima perché si scatena e quali sintomiprovoca. Lo stress è causato da situazioni nuove, dove noi nonabbiamo il controllo della situazione, situazioni già vissute main modo un po’ traumatico ,anche da quando avvertiamo segnalidi pericolo.In questo caso il nostro cervello rilascianell’organismo un certo quantitativo di adrenalina,noradrenalina, cortisolo, tutti questi enzimi ci scatenano sintomicome voce tremante, sudorazione più intensa,tremolio,palpitazione ,bruciore , vuoti di memoria.E’ bene quindi conoscere dei metodi per evitare che ciò accadaanche a noi.

METODI PER GESTIRE LO STRESS A PROPRIOVANTAGGIO

Importante prima della performance è avere una buonapreparazione. Solo un giusto grado di preparazione ci puòrendere più sicuri, e metterci nella condizione di rimanere calmee tranquilli prima di tenere una lezione. Capita che il giornoprima della nostra performance si accumuli troppa energia dentro, è bene scaricarla prima facendo un po’ di sport , meditazione.Tecnica fondamentale è quella usata maggiormente dai grandioratori: il ponte sul futuro

PONTE SUL FUTURO

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Il cervello non distingue il vero dal non vero , la realtàdall’immaginario.Serve a creare un futuro o una performance efficace e disuccesso. La visualizzazione che facciamo consiste nelimmaginarci in quella determinata situazione che dovremmovivere e vederci sicuri, determinati, e vincitori. Questa tecnicaper essere molto efficace ha bisogno di una visionemultisensoriale, bisogna viverla con tutti 5 i sensi ( vista,udito,olfatto,tatto gusto). Molto importante è anche la voce ,deve essere congruente con quello che si dice , con lo statod’animo che si vuole creare .Ci sono altre tecniche che ci permettono di riequilibrarsi primadella performance, come per esempio, la yoga , la meditazione ,la respirazione.

Parimenti importante è avere una buona dose di energia e calmadurante la nostra performance,fare del elle pause tra un discorsoe un altro, respirare profondamente quando si ascolta qualcuno.Molto importante è diventa anche rischiarsi alla motivazionepersonale ( perché sono qui?). In questo contesto si può anche parlare di SELMENAGEMENT DEL TRAINER.Un buon formatore deve anche sapere gestire il proprio statod’animo, soprattutto in aula.Uno stato d’animo viene cambiatodalla fisiologia, dalla visione mentale, o dalle rappresentazioniinterne. Ci sono tre principali modi per gestire il proprio statod’animo: respirazione, ancoraggio , presenza.

RESPIRAZIONE

Una respirazione profonda, può aiutare a riportare la calmainteriore ,imparare ad ascoltare il respiro ci aiuta a ritrovare lagiusta dose di energia per affrontare aule impegnative.

PRESENZA

La presenza può essere di due tipi UP TIME ( presenzaall’esterno di te) l’attenzione è rivolta all’aula, ai corsisti,calibrazione ( attenta osservazione ),oppure DOWN TIME

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( presenza all’interno di te) riflessioni sul comportamento,oppuremeditazione .

CALIBRAZIONE

E’ una tecnica che consiste nell’individuare in una persona degliindicatori verbali, e non che si sanno essere associati a lui a certistati d’animo. Questo può essere ampliato anche all’interno di unaula osservando il comportamento dei corsisti. Questo cipermette di capire se un argomento risulta chiaro, ci permette dianticipare la pausa caffè nel caso l’aula sia un po’ stanca.

ANCORAGGIO

Un ancoraggio si ha quando un determinato stimolo va haripescare uno stato d’animo. Nella vita di tutti i giorni noi siamodominati dagli ancoraggi solo,che non ce ne rendiamo conto,unesempio può essere riascoltare una canzone che ci rievoca beimomenti,una frase, un’immagine un gesto, tutto questo va adinfluire in quel determinato momento sul nostro stato d’animo.Sipuò sfruttare questa tecnica a vantaggio della nostraperformance, riportarci in uno stato d’animo positivo , e quindimotivarci.

COME SI CREA UN ANCORAGGIO

1. DECIDERE UNO STIMOLO O GLI STIMOLI. Il miostato d’animo sarà… ed il gesto sarà…importante è ancheassociare un suono o una voce.

GESTO-- PAROLA

2. ASSOCIARSI TOTALMENTE (multisensoriale) ,si puòfare in due modi :

farlo mentre succede qualcosa ( dal vivo) , oppure crearlo .Sicrea andando a rivivere un’emozione in cui ci sentivamoamati e motivati.

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I Manuali di Autostima.net“Smettere di Fumare”

3. STATO DI MASSIMA MOTIVAZIONE, è a questopunto che si ancora la propria frase , il proprio gesto

4. RIPETERLO ESATTAMENTE più volte .

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Manuale di Seduzione

01) Stati d’animo!

Seduttori si diventa, questo è sicuro. Conoscendo e mettendo in pratica

adeguate tecniche di comunicazione, tutti noi possiamo diventare ottimi

seduttori!

In realtà quello che conta oggi non è né l’aspetto fisico né la posizione

sociale, a dispetto di quanto pensino in molti. Non serve né avere i soldi di

Bill Gates né essere belli come Brad Pitt o Claudia Schiffer per conquistare

la persona che ci interessa. Quello che conta sono solo gli stati d’animo! In

che modo? Semplice, quando la persona che ci interessa sale sull’auto di

lusso del nostro rivale, pensiamo forse che sia innamorata di lui? No, la

verità è che in quell’auto si sente molto bene, sta in uno stato d’animo

particolare di soddisfazione. Quindi, se noi potessimo agire sul suo stato

d’animo avremmo molto potere in mano, e potremmo farla sentire bene

esattamente allo stesso modo!

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Ebbene agire sugli stati d’animo è possibile, attraverso adeguate tecniche di

comunicazione ipnotica e persuasione subliminale: quello che si dice “il

potere delle parole”!

Pensiamo alla parola “sesso”: chissà quanti pensieri ci vengono in mente,

quante associazioni, quanti ricordi o quante speranze. Basta una parola per

attirare la nostra attenzione e per accedere istantaneamente alla nostra mente

inconscia!

Facciamo un paragone per capirci meglio: immaginiamo che la mente sia un

semplice distributore di bibite; le bibite sono le nostre emozioni, i nostri

ricordi immagazzinati nella mente, sono i riferimenti che ci permettono di

provare determinati stati d’animo. Ebbene le parole che usiamo sono i

gettoni per accedere a questi stati d’animo!

Quindi la prima regola della seduzione è utilizzare un determinato insieme

di parole e di espressioni subliminali che ci consentono di modificare lo

stato d’animo della persona che vogliamo conquistare. Ad esempio

proviamo a dirle “ti è mai capitato di conoscere una persona e provare

istantaneamente una grande sensazione di curiosità?”. Con una frase del

genere la obbligheremo ad entrare nello stato d’animo di curiosità, è come

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se avessimo inserito un gettone nel suo distributore e avessimo scelto la

lattina della curiosità. Perché succede questo? Perché il cervello umano, per

comprendere e rispondere a ciò che gli è stato chiesto, deve per forza entrare

in quello stato d’animo, riviverlo per capirne il significato. Significato che

per ogni individuo è strettamente personale e riferito alle proprie esperienze.

Quindi utilizzando spesso l’espressione “ti è mai capitato di...?”

obblighiamo il nostro interlocutore ad entrare in un determinato stato che

possiamo quindi associare a noi: nel momento stesso in cui pronunciamo

quel tipo di frase, lui entra nello stato di curiosità e comincia a provare

curiosità proprio nei nostri confronti! In questo modo poniamo le migliori

basi per iniziare una conversazione densa di significati nascosti.

Immaginiamo le potenzialità di questo strumento linguistico: possiamo

indurre qualsiasi tipo di emozione o stato d’animo. Proviamo con “ti è mai

capitato di sentirti profondamente attratta dalla persona che hai di fronte?”

Questa frase generica in realtà si riferisce proprio a noi che siamo lì di

fronte, ma senza essere troppo specifici supereremo qualsiasi barriera

difensiva!

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02) Domande ipnotiche!

Abbiamo detto che una delle tecniche principali per accedere agli stati

d’animo è quella di utilizzare l’espressione “ti è mai capitato di...?” che

consente un accesso immediato a quel determinato stato d’animo, con tutte

le emozioni associate. Un’alternativa molto valida è quella di utilizzare

un’espressione tipo “sai quando... conosci uno e rimani subito affascinata?”.

Come potremo notare facilmente, si tratta di un modo di dire molto comune.

Facciamoci caso: ascoltiamo le persone che ci sono intorno, magari proprio

quelle che reputiamo grandi comunicatori o comunicatrici, e non di rado le

sentiremo utilizzare questa espressione “sai quando”. Essa infatti consente

di rivivere all’interno della propria mente proprio la situazione che

suggeriamo all’interno della frase stessa.

“Sai quando stai leggendo un libro e ti rendi conto che sei davvero

interessato?”: leggendo questa frase non ci sentiamo forse molto interessati

a proseguire la lettura? Ebbene sì, a livello inconscio tutti questi messaggi

subliminali arrivano e hanno il loro effetto. Certo, non bastano due frasi ben

costruite a far innamorare di noi la persona che stiamo conquistando.

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Tuttavia esse creano quell’apertura mentale e quella sintonia che poi portano

all’innamoramento vero e proprio.

Aggiungiamo adesso una piccola ma potentissima parola all’interno delle

nostre frasi subliminali. La parola in questione è “ORA”.

“Ora” è una parola che possiamo mettere in qualsiasi frase: ora, facciamo un

esempio! “Sai quando conosci uno e subito puoi sentirti a tuo agio? Ora, a

me non capita spesso...”. Cosa succede a livello inconscio attraverso questa

frase? Succede che, attraverso un adeguato tono di voce e mediante le giuste

pause, possiamo legare la parola “ora” alla prima frase invece che alla

seconda: quindi il vero significato nascosto che arriva all’interlocutore è

“puoi sentirti a tuo agio Ora”. In questo caso però è essenziale regolare le

pause in modo giusto, senza dare l’impressione che stiamo facendo qualcosa

di strano, al contrario utilizzando un tono di voce determinato e sicuro. Sì,

proprio questo dobbiamo trasmettere: determinazione e sicurezza, perché

questo è ciò che cercano le persone in un partner. A maggior ragione quando

utilizziamo questi comandi nascosti che la razionalità dell’altra persona non

riesce a cogliere perché apparentemente non sembrano esistere, ma che in

realtà la mente inconscia coglie molto profondamente. Pensiamo a noi: cosa

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succede quando stiamo bene con una persona? Forse sentiamo la voce del

nostro dialogo interiore che ci dice “con questa persona mi sento a mio

agio”. E allora mediante questi messaggi nascosti è come se avessimo

accesso al dialogo interiore dell’altra persona e gli suggerissimo di pensare

quella frase e di sentire le sensazioni associate a quello specifico stato

d’animo. L’altro riterrà suo il pensiero, ma in pratica siamo noi ad averglielo

messo in testa, o per lo meno ad aver favorito il nascere di questa idea!

In fondo ogni giorno siamo bombardati da questi messaggi, basta dare uno

sguardo alle pubblicità di giornali e televisioni; il fatto è che semplicemente

non ce ne rendiamo conto perché non siamo abituati a ragionare in termini

di emozioni e stati d’animo!

03) Distorsione Temporale!

La distorsione temporale è una delle tecniche ipnotiche più potenti da

applicare alla seduzione: consiste nell’utilizzare una serie di espressioni che

modificano la percezione del tempo.

Immaginiamo di essere in un pub, vediamo una persona che vogliamo

sedurre, allora andiamo lì e ci presentiamo. Dopo un po’ di chiacchiere

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durante le quali mostriamo tutto il nostro fascino, proviamo a dire: “Sto

passando proprio un bel momento! Pensa quando tra qualche mese ti

guarderai indietro e ripensando a questa serata dirai: wow, quella sì che è

stata una serata indimenticabile, una vera svolta alla mia vita”. Una frase del

genere che sovrappone diversi livelli comunicativi, e crea anche una leggera

confusione (ottima per penetrare meglio nel suo inconscio), crea diversi

piani temporali nella mente dell’altra persona. Questo significa fargli vivere

all’interno dei suoi pensieri delle emozioni e delle sensazioni riguardanti la

possibilità di continuare ad uscire con noi. Con il presupposto che lei è

interessata a noi, che abbiamo un futuro insieme e che questo futuro

costituirà un passo fondamentale nella sua vita.

Questa tecnica ha due ulteriori vantaggi: da un lato quello che potrebbe

essere il nostro futuro insieme viene anticipato dalle parole e quindi incute

meno timore in quelle persone che temono i cambiamenti o hanno difficoltà

a lasciarsi andare, e per tutte quelle persone che si comportano con eccessiva

timidezza.

Dall’altro consente di attivare il sistema di focalizzazione: di cosa si tratta?

Si tratta di un fenomeno neurologico secondo il quale il nostro cervello si

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sensibilizza su ciò che maggiormente gli interessa. Facciamo un esempio

chiarificatore: immaginiamo di voler cambiare automobile, e dopo aver

sfogliato decine di riviste abbiamo deciso di comprarci la nuova Smart.

Improvvisamente iniziamo a vedere la Smart dappertutto, in ogni angolo

della strada; persino il nostro vicino di casa ha una Smart e non ce ne

eravamo mai resi conto! A quanti di noi è già capitata un’esperienza simile?

Ebbene, quello che succede è proprio che ci focalizziamo su ciò che ci

interessa.

Allora la distorsione temporale ha questo medesimo scopo, quello di

focalizzare noi e la persona che stiamo conquistando su un nostro futuro

insieme, e quindi di darci l’opportunità di saper cogliere tutte le occasioni

che ci avvicinano maggiormente al nostro obiettivo.

Quindi utilizziamo queste frasi ad effetto per colpire la mente di questa

persona, così da condizionarla da subito alla nostra presenza nel suo futuro!

Anche attraverso l’uso dei verbi al presente: invece di dire “un giorno ti

innamorerai di me” proviamo con “ora non so se ti rendi conto che puoi

innamorarti di me, un giorno!”. Il risultato è ben diverso: la prima frase

sembra il modo di dire di una persona insicura e debole. La seconda

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trasmette certezze e sicurezza: vi sono chiari riferimenti al momento

presente e quasi gli si suggerisce un innamoramento immediato che il suo

inconscio accoglierà volentieri e senza resistenze.

04) Ricalco!

Ricalco (o Rispecchiamento) è una tecnica derivata dalla programmazione

neurolinguistica che consiste nel adattare il proprio linguaggio verbale, non

verbale e paraverbale a quello della persona che vogliamo sedurre.

Facciamo qualche esempio: il nostro interlocutore è una persona che parla

con una voce dal tono molto basso, fa lunghe pause e grandi respiri.

Proviamo ad adeguarci alla sua velocità: parliamo nello stesso modo,

adottiamo il suo tono di voce, facciamo pause lunghe anche noi. In maniera

facile e veloce creeremo un rapporto di sintonia con questa persona, un

rapporto davvero stretto che ci avvicinerà moltissimo. A quanti di noi è

capitato di incontrare una persona e pensare “come mi trovo bene con lei/lui,

sento un certo feeling!”: in realtà queste sensazioni nascono proprio da

queste forme inconsce di rispecchiamento, quando cioè abbiamo

caratteristiche linguistiche simili. Da un punto di vista neurale questo accade

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proprio perché spesso la velocità con cui si parla, ci si muove o si respira

rispecchia la velocità dei pensieri e della mente. Se noi parliamo

velocemente ad una persona che ha ritmi più lenti difficilmente ci capiremo.

Invece adeguarsi e assumere lo stesso ritmo porta alla costruzione di ottimi

rapporti.

Immaginiamo quando parliamo con un bambino: la prima cosa che facciamo

non è forse piegare le ginocchia e metterci alla sua altezza, così da entrare

subito in rapporto con lui? Non utilizzeremo forse un linguaggio chiaro e

semplice per farci capire meglio? E allora perché non possiamo fare la stessa

cosa tra adulti per comunicare meglio!

Quindi ricalco verbale, paraverbale e non verbale, termini con i quali

intendiamo:

- ricalco non verbale: significa rispecchiare i gesti e i movimenti dell’altra

persona. Ad esempio se lui muove il piede con un certo ritmo cerchiamo di

muovere la nostra gamba con lo stesso ritmo: serve a creare a livello

inconscio un grande senso di fiducia e somiglianza.

- ricalco paraverbale: è quello che abbiamo definito in precedenza e riguarda

il tono di voce, le pause, il volume e tutto ciò che riguarda l’utilizzo della

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voce. E’ uno dei più importanti per creare fiducia in quanto può essere

utilizzato anche al telefono. Addirittura in molte aziende viene insegnato per

il servizio clienti, dove decine di operatori hanno a che fare tutto il giorno

con le lamentele dei clienti: in questi casi è davvero essenziale riuscire a

smorzare i toni e creare un rapporto di reciproca fiducia e comprensione.

- ricalco verbale: utilizzo degli stessi termini del nostro interlocutore. Ad

esempio se lui ogni volta che ci parla fa riferimento ad immagini e a termini

visivi come “vedi, immagina, chiaro, scuro, brillante”, cioè termini che

riguardano il senso della vista, allora noi utilizziamo lo stesso modo di

esprimerci utilizzando termini simili o comunque appartenenti alla vista. Se

quella persona invece ragiona di più in termini di suoni e rumori, e magari

quando ci descrive la sua ultima vacanza ci parla del “fragore delle onde e

del sibilo del vento”, seguiamo il suo modo di esprimersi e rispecchiamo i

suoi termini. Se infine l’interlocutore si esprime per sensazioni (tatto, gusto,

olfatto e tutto ciò che riguarda sentimenti ed emozioni), allora parliamo

anche noi delle nostre sensazioni: ad esempio se ci troviamo a parlare con

lui di lavoro, non soffermiamoci sulle nostre mansioni o sul nostro

stipendio, parliamo invece di realizzazione personale, di rapporti tra le

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persone, delle nostre impressioni ed emozioni. Solo così riusciremo davvero

a colpirlo e far breccia nel suo cuore.

05) Campo affermativo

La costruzione di un campo affermativo è una tecnica molto potente di

ricalco che viene utilizzata persino nel campo della vendita. Immaginiamo

che una persona entri in una concessionaria di automobili. Arriva il bravo

venditore, si presenta e dopo alcune parole di presentazione dice “Lei è una

persona che ci tiene alla sua immagine? E ovviamente tiene anche alla sua

sicurezza? E non vuole farsi mancare nessun confort, vero?”. Dopo che la

persona ha risposto per tre volte di sì, il venditore prosegue “Benissimo,

allora ho l’auto che fa per lei! Si tratta della...”. In questo modo l’acquirente

sarà molto più propenso a comprare l’automobile, sentirà proprio un forte

desiderio nascere dentro di sé. Sentirà il “Sì!” uscire da tutti i pori. Questo

succede perché la mente umana cerca sempre la via più veloce e comoda per

arrivare ad un obiettivo: dopo aver risposto di sì per tre volte è più probabile

che risponda di sì alla quarta affermazione. Quindi creare un campo

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affermativo significa domandare o ripetere cose ovvie e importanti, così da

abituare al “Sì”.

In campo seduttivo possiamo fare la stessa cosa. Un uomo potrebbe dire alla

donna che vuole conquistare: “Tu sei una donna che ci tiene molto

all’eleganza, vero? E a curarti in ogni particolare? E ti piace mangiare bene

in un ristorante di classe, alla tua altezza?” Certo! “Bene, allora domani sera

ti porto in un ristorantino molto elegante che si affaccia su tutta Roma, un

posto splendido, ok?”. Non potrà che rispondere di sì. Anche perché se ha

un minimo di coerenza non potrà dire di no, perché sarebbe come se dicesse

che non è elegante, che non si cura, che non le piace mangiar bene. Una

proposta dunque impossibile da rifiutare.

Ovviamente vale anche per la donna che vuole conquistare l’uomo: “Tu sei

un uomo che ci tiene all’immagine, vero? E ci tieni al tuo successo? E ti

piace mangiare bene in un ristorante di classe, alla tua altezza?”. Nessun

uomo potrà mai rifiutare un invito del genere, altrimenti sminuirebbe la sua

preziosa immagine.

Questa tecnica veniva utilizzata anche da Milton Erickson, padre dell’ipnosi

indiretta, per entrare in sintonia con i suoi pazienti. Utilizzava in particolare

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i cosiddetti “truismi”, ovvero frasi vere e non contraddicibili, legate tra di

loro dal “mentre”. Ad esempio diceva loro: “e mentre ascolti il suono della

mia voce, e puoi ascoltare i rumori esterni ed interni, e puoi sentire le

sensazioni all’interno del tuo corpo, puoi cominciare a rilassarti. Ora,

mentre ti stai rilassando, e mentre...” e così via, finche il paziente non

cadeva in una profonda trance ipnotica. Questo succede proprio perché a

livello inconscio noi diciamo “sì, ascolto la tua voce. Sì, ascolto i rumori. Sì,

sento delle sensazioni” e quindi deduciamo sempre inconsciamente che “sì,

ci stiamo rilassando”. In realtà il rilassamento non è una diretta conseguenza

delle prime frasi (i truismi), ma averle legate in sequenza utilizzando quella

particolare struttura sintattica “mentre... e... e...”, la rende vera all’interno

del suo campo affermativo.

Potremmo quindi utilizzare questa stessa struttura all’interno della nostra

comunicazione seduttiva: “sai, mentre ascolti la mia voce, e puoi sentire i

rumori all’interno di questa sala, non so se ti rendi conto che hai

un’espressione completamente rilassata. Ora, mi chiedo come fai ad

esprimere tanta serenità dai tuoi occhi...”. Il magnetismo di questa frase è

davvero potente e l’effetto è assicurato.

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06) Accessi oculari!

Che gli occhi siano lo specchio dell’anima lo sappiamo tutti. Quello che non

ci hanno mai detto è che ogni movimento oculare corrisponde all’accesso

diretto a immagini, suoni o sensazioni. Quando dobbiamo concentrarci su

qualcosa, i nostri occhi non si fissano forse in una certa direzione alla

ricerca delle informazioni a cui vogliamo avere accesso?

In particolare occhi in alto significano accesso visivo, dunque alle immagini.

Occhi di lato significano accesso auditivo, quindi rumori, suoni, parole o

intere conversazioni, ricordate o solo immaginate. Occhi in basso

significano accesso alle sensazioni, con l’ulteriore distinzione che accesso in

basso a sinistra implica l’accesso al dialogo interiore, ovvero quella vocina

che sentiamo con cui ci parliamo abitualmente.

A cosa ci servono queste informazioni? Ebbene, sono utilissime in quanto ci

consentono di capire qual è il sistema rappresentazionale primario con cui

la persona che vogliamo conquistare si rappresenta il suo mondo interiore.

Abbiamo detto che il ricalco si basa infatti sul rispecchiamento di termini

visivi, uditivi o legati alle sensazioni. Gli accessi oculari sono

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semplicemente uno strumento in più per rendersi conto in che modalità è

quella persona in quel momento.

Quindi se i suoi occhi cercano le informazioni prevalentemente in alto, e i

termini che utilizza sono prettamente visivi, e il suo modo di gesticolare è

molto descrittivo, come se ci volesse effettivamente descrivere le immagini

che vede all’interno della sua mente, allora sarà più facile per noi entrare in

sintonia con questa persona ricalcandole modalità visive. E lo steso dicasi

per persone che prevalentemente si rappresentano la realtà attraverso suoni o

sensazioni.

E’ importante sottolineare l’avverbio “prevalentemente”, in quanto nessuno

di noi utilizza in esclusiva una delle tre modalità: le utilizziamo tutte ma in

percentuali diverse, in base alle nostre esperienze di vita, alla nostra

educazione e anche a quel preciso contesto. Quindi non tentiamo di

schematizzare le persone, cerchiamo di rimanere flessibili e adeguarci

istante per istante alla persona che abbiamo di fronte, così da entrare in

sintonia con lei e guidarla poi verso di noi.

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07) Strategie di innamoramento!

Attraverso gli accessi oculari e lo studio dei sistemi rappresentazionali della

persona che vogliamo conquistare, possiamo intuirne la strategia di

innamoramento. Cosa è una strategia? E’ il modo in cui ognuno di noi

svolge un determinato compito o arriva ad uno specifico risultato.

Immaginiamo ad esempio di incontrare una persona e rimanere

profondamente affascinati. Cosa succede in noi? Vediamo la persona, ci

diciamo “wow, che fisico!”, ci immaginiamo con lei in svariate situazioni,

proviamo delle sensazioni di piacere. Questa ad esempio può essere la

nostra strategia di innamoramento! In pratica si tratta della procedura che

avviene a livello inconscio nella nostra mente.

Ora, se noi riusciamo a scoprire e intuire la strategia di innamoramento del

nostro interlocutore, possiamo rendere molto più facile la conquista. I modi

sono diversi, più o meno raffinati: il più elegante, che richiede abbastanza

pratica e flessibilità, è proprio quello di seguire i suoi accessi oculari. Ad

esempio possiamo chiedergli “ti piace la nuova Ferrari 360?”. Se vediamo

che, prima ancora di aprire bocca e rispondere, i suoi occhi vanno prima

verso l’alto (accesso visivo), poi in basso a sinistra (dialogo interiore), poi di

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nuovo in alto (visivo) poi in basso a destra (sensazioni), allora potremmo

immaginare la seguente strategia: questa persona visualizza nella sua mente

l’immagine dell’auto, poi si dice dentro di sé che è un’auto splendida, si

immagina all’interno dell’auto stessa e infine prova una forte sensazione di

soddisfazione. Questo ci dimostra la sua strategia di attrazione: che sia per

un’automobile o per una persona le cose non cambiano.

Un modo meno elegante, ma più diretto è quello di chiedergli

semplicemente “in che modo capisci quando ti stai innamorando di

qualcuno?”. Con tutta probabilità sarà lui stesso a dirci la sua strategia senza

rendersi conto di quanto sia preziosa come informazione.

Una volta che l’abbiamo intuita infatti possiamo utilizzarla per il nostro

obiettivo seduttivo: immaginiamo di utilizzare la strategia dell’esempio

precedente e proseguiamo il discorso con questa persona. Diciamo: “ti è mai

capitato di conoscere una persona e rimanere colpita dalla sua bellezza?

Ora, a me succede di sentire una voce dentro di me che mi dice “wow, che

gran fisico”. E poi, sai quando cominci ad immaginarti con lui nelle più

svariate situazioni? Ora, succede che ad un certo punto senti veramente una

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sensazione qui allo stomaco che ti fa capire che è proprio un colpo di

fulmine! Ora, tu che ne pensi, ti è mai capitato?”

Una frase del genere non solo ricalca perfettamente la sua presunta strategia

di innamoramento, ma è anche densa di domande e comandi ipnotici che la

rendono davvero penetrante a livello inconscio! In più vi è l’utilizzo del “tu

narrativo” quella forma per cui anche se stiamo raccontando qualcosa di noi,

possiamo comunque dare del tu, e a livello inconscio è come se stessimo

parlando proprio della persona che abbiamo di fronte.

08) Segnali del corpo!

Abbiamo visto quanto siano importanti i movimenti degli occhi, in quanto ci

forniscono preziose informazioni sul sistema rappresentazionale in uso e

sulle strategie d’innamoramento dell’altra persona. Allo stesso modo

esistono alcuni segnali del corpo che ci trasmettono se ciò di cui stiamo

parlando suscita curiosità, interesse, gradimento o tensione: sono i cosiddetti

segnali di attenzione.

Uno sguardo fisso e ben concentrato indica proprio attenzione e curiosità:

come quando siamo molto concentrati su un film; oppure quando siamo in

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macchina guidando verso casa senza fare la minima attenzione al percorso,

bensì completamente concentrati su noi stessi e sui nostri pensieri. Occhi

fissi, quasi caduti in una trance ipnotica indicano dunque una grande

attenzione.

I segnali di interesse avvengono nella zona del naso: se la persona che

abbiamo di fronte si gratta il naso mentre affrontiamo un particolare

discorso, è segno che è particolarmente interessato. Perché proprio il naso?

Le ragioni sono varie e molto antiche. Se ci pensiamo molti animali fiutano

il cibo attraverso il naso; più che la vista è l’olfatto il senso dedicato

all’interesse. E’ un modo comune dire “ho fiutato qualcosa di interessante”,

proprio per questo richiamo inconscio alle nostre origini. In pratica succede

che quando ci concentriamo interessati a qualcosa il nostro olfatto si

predispone all’ascolto: il sangue affluisce a livello del naso e questo ci può

provocare dei pruriti. Ecco perché alla fine, da un punto di vista esteriore,

grattarsi il naso vuol dire interesse.

Ma quale senso utilizziamo per assaporare davvero qualcosa? Per gustarne

tutto il sapore? Ovviamente il senso del gusto! Immaginiamo sempre il

confronto con gli animali: un cane ad esempio durante la sua passeggiatina

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odora tutto ciò che gli interessa e solo se la gradisce comincia a mangiarla.

Quindi il gradimento è legato al senso del gusto. Se il nostro interlocutore si

bagna le labbra con la lingua, se le mordicchia, se ci mostra la sua lingua o

se ci manda dei baci analogici (in pratica fa il gesto del bacio) a livello

sempre inconscio, possiamo pensare che stia gradendo davvero i nostri

discorsi.

Se invece lo vediamo spesso deglutire mentre ascolta o dice qualcosa,

oppure lo sentiamo raschiarsi la gola con un colpo di tosse prima di parlare

o risponderci, evidentemente c’è qualcosa che non va. Si chiamano scarichi

emozionali: in tal caso è meglio interrompere subito l’argomento di cui

stavamo parlando, oppure chiedergli con sincerità se abbiamo detto qualcosa

di sbagliato o se possiamo proseguire.

Infine i segnali di riflessività: toccarsi il mento come se si avesse la barba è

una richiesta di chiarimento o di maggiori informazioni. Può indicare che

siamo assorti nei nostri pensieri, nel nostro dialogo interiore, cercando di

capire meglio ciò che ci viene detto, e avendo delle domande da fare. In tal

caso è meglio fermarsi e chiedere se è tutto chiaro, così da facilitare

eventuali dubbi o domande del nostro interlocutore.

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In conclusione, il linguaggio del corpo ci può aiutare davvero molto a capire

come stiamo andando e come sta procedendo il nostro tentativo di

seduzione. Ad un patto però: tutti questi segnali sono solamente indizi e non

prove certe. Ecco perché una volta che cominciamo ad intuire qualcosa è

necessario continuare la nostra scoperta attraverso nuovi elementi, sondando

nuove reazioni e cercando di scoprire il più possibile dell’altra persona!

Per approfondimenti:

http://www.autostima.net

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I Manuali di Autostima.net“Vendita efficace”

VENDITA EFFICACE(applicata alle trattative immobiliari)

A cura di Enzo Brosio

1. LA NECESSITA’ DI RECUPERARE FIDUCIA.

1.1. Premessa

Scopo di questo lavoro è quello di voler dare un contributo, per

quanto modesto, a tutti coloro che esercitano la professione nel campo delle

intermediazioni immobiliari, mediante l’utilizzo di tecniche innovative

introdotte dalla PNL (Programmazione Neurolinguistica), le quali

consentono essenzialmente, una volta acquisite e messe in pratica, di

modificare il proprio atteggiamento sia mentale che comportamentale.

Tali tecniche rappresentano un’efficace strumento di lavoro per chi

opera nel settore della vendita e soprattutto per chi, come l’Agente

immobiliare, ha necessità di trovare la fiducia del cliente, dal momento che

cinque anni di tendenza positiva continua del mercato immobiliare (marzo

98) hanno immesso sul mercato delle intermediazioni immobiliari, attirati

probabilmente dai facili guadagni, una miriade di operatori incompetenti e

spesso temerari, i quali innumerevoli volte hanno operato con disinvoltura e

senza riguardo alcuno della deontologia professionale necessaria, creando

quindi nel cliente disappunto e sfiducia e mettendo a dura prova la

credibilità stessa della figura professionale (L.39/89).

Le difficoltà oggettive con cui ci si sta scontrando quotidianamente

(le elevate aspettative dal punto di vista del realizzo economico da parte dei

proprietari, la elevata presenza di concorrenti – spesso abusivi -, le

incertezze sulla ripresa economica e quindi una paura all’indebitamento),

stanno configurando uno scenario di rallentamento del mercato immobiliare

e quindi un minore numero di transazioni in attesa di un abbassamento dei

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Page 127: PSICOLOGIA - Manuale di Autostima

I Manuali di Autostima.net“Vendita efficace”

prezzi, pertanto una quantità minore di transazioni effettuate da operatori del

settore con conseguente calo di guadagni.

Coloro che si sono accostati alla professione di agente immobiliare

allettati da potenziali facili guadagni, sicuri che l’unica arte nella vendita è

quella di “saper convincere gli altri”, ma privi di qualunque esperienza nel

settore e della gestione del rapporto con il cliente soprattutto in fasi critiche

(valutazione dell’immobile, richiesta provvigionale, tempistica della

vendibilità …. ecc. ..) si sono ritrovati a falsare le aspettative, a dover fare i

conti con errori di valutazione, generando diffidenza e sfiducia nei loro

interlocutori (clienti), con una conseguente generalizzazione (le agenzie

sono tutte uguali), e con un forte ridimensionamento della credibilità degli

operatori onesti e professionali.

Non può dirsi altrettanto per coloro che hanno puntato a mantenere

alto il loro livello di professionalità sperimentando, fin dall’inizio, doti quali

la flessibilità, la correttezza, la trasparenza, che hanno consentito di

instaurare un rapporto solido con il cliente, improntato alla soddisfazione

reciproca ed alla fiducia.

Ed è proprio dalla consapevolezza di interpretare al meglio il ruolo

di consulente che deriva, per il professionista agente immobiliare, la

capacità di resistere a momenti meno favorevoli come quelli che

sicuramente stanno per venirci incontro (si ipotizza una inversione di

tendenza delle transazioni immobiliari, ciclicità del mercato del mattone).

E’ qui che occorre sfoderare le proprie capacità relazionali, affiancare il

cliente, dialogare con lui, infondergli sicurezza sulla nostra professionalità,

conquistarlo con fiducia, dimostrare di condividere le sue ansie e le sue

aspettative sul nostro operato, essere sempre presenti in un rapporto

complesso che va al di là del semplice incasso della provvigione.

1.2. Il cliente nella compravendita immobiliare

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I Manuali di Autostima.net“Vendita efficace”

Il rapporto “agente immobiliare-cliente”,ha una natura complessa,

pertanto mi sembra opportuno dedicare qualche rigo ad una migliore

identificazione dei “clienti” del settore immobiliare, quelli che in gergo

generalmente vengono definiti clienti sono spesso o quasi esclusivamente

quelli che acquistano un prodotto un servizio o una consulenza. Nel campo

delle intermediazioni immobiliari i clienti sono di due categorie ovvero il

“cliente venditore” ed il “cliente acquirente” necessari entrambi affinché

possa concretizzarsi la vendita immobiliare.

Ciò che distingue l’agente immobiliare da un qualunque altro

venditore, è che qui il rapporto non si concretizza con il trattare con una sola

persona, ovvero non si tratta di vendere una casa ad un cliente, ma si tratta

in primis di vendere delle buone ragioni e dei buoni servizi ad un “cliente

venditore” che ti affiderà la sua casa da vendere, e poi il rapporto con un

secondo “cliente acquirente” che avendo gradito il “prodotto casa” che gli è

stato proposto e contemporaneamente è stato conquistato dal “servizio-

fiducia-professionalità” del consulente-agente, decide di comprare, a questo

punto si concretizza la conclusione di una compravendita immobiliare.

Le fasi della vendita immobiliare, condotta da un agente

professionista, possono schematicamente essere sintetizzate come segue:

Cliente Venditore

1) ottenimento di un appuntamento per la valutazione economica, della

casa del “cliente venditore”; (spesso non è esplicitamente richiesta

dal cliente ma è proposta gratuitamente dall’A.I., quindi una

“vendita” di consulenza che deve concretizzarsi);

2) focalizzare gli obiettivi del cliente, individuare un giusto prezzo di

realizzo, descrivere “vendere” i servizi forniti e cercare

assolutamente di ottenere il mandato ovvero chiudere la VENDITA

con il “cliente venditore”;

Cliente Acquirente

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I Manuali di Autostima.net“Vendita efficace”

3) ottenimento di un appuntamento per proporre la casa acquisita,

spesso il “cliente acquirente” tende a fare a meno del servizio offerto

dall’ A.I. (lo ritiene costoso e avvolte superfluo);

4) focalizzare se gli obiettivi del cliente siano più o meno centrati,

individuare un giusto prezzo di offerta (verosimilmente vicino a

quello richiesto), descrivere “vendere” i servizi forniti affinché si

ottenga una proposta, ovvero chiedere l’impegno a sottoscrivere un’

ACQUSITO con il “cliente venditore”

Trattativa cliente acquirente – cliente venditore

5) focalizzare se gli obiettivi dei due clienti siano più o meno vicini

quindi centrati, individuare una serie di aggiustamenti che possano

soddisfare entrambi e chiudere la vendita.

E’ durante l’intero percorso sopra descritto che ogni sforzo deve

mirare alla costituzione di un rapporto efficace, i cui contenuti saranno

approfonditi nei successivi capitoli.

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Page 130: PSICOLOGIA - Manuale di Autostima

I Manuali di Autostima.net“Vendita efficace”

2. PERCHE’ LA PNL NELLA VENDITA

2.1. Cenni sulla Programmazione Neuro-Linguistica

Negli ultimi anni abbiamo assistito ad una vera e propria evoluzione

del concetto di vendita: lo stereotipo del venditore-abile manipolatore, intento

esclusivamente ad influenzare e convincere il cliente, cede il passo alla figura

del venditore-consulente, conscio innanzitutto di dover modificare il proprio

metodo d’interazione con la controparte.

Oggi sia i consumatori che gli acquirenti/risparmiatori sono

cambiati, sono sempre più sofisticati, l’evoluzione del prodotto/servizio va di

pari passo con l’evoluzione del cliente,

donde la necessità di essere sempre più accorti, più profondi, di spostare la

vendita da quello

che era un copione ripetitivo, stancante per il cliente e faticoso per il

venditore, ad una vera e propria “capacità di ascolto” verso il potenziale

cliente.

E’ doveroso, ai fini del raggiungimento del successo, abbandonare

l’ottica di breve termine, finalizzata a soddisfare i bisogni del venditore, e

ragionare in termini di soddisfazione nel lungo periodo, utilizzando una serie

di tecniche volte non solo a migliorare la capacità di influenzamento, ma a

conquistare soprattutto la fiducia del cliente.

Di qui l’importanza di introdurre nella vendita la PNL, una neuro-

scienza che, indagando sui diversi livelli di comportamento e di

comunicazione interpersonali, ha individuato alcuni “presupposti”dei quali ,

sebbene non ne sia stata affermata la veridicità assoluta o l’universalità,

l’utilizzo nell’esperienza quotidiana ha consentito di ottimizzare i rapporti con

gli altri in termini di soddisfazione, efficacia e valorizzazione.

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Page 131: PSICOLOGIA - Manuale di Autostima

I Manuali di Autostima.net“Vendita efficace”

La PNL nasce nei primi anni Settanta, grazie alla collaborazione di

Richard Bandler, studioso di psicologia all’Università di Santa Cruz in

California, e Jhon Grinder, ricercatore presso il dipartimento di linguistica. I

due studiosi approfondirono le strategie usate da tre famosi terapeuti del

momento (Fritz Perls, psicologo ed ideatore della terapia gestaltica, Virginia

Satir, specializzata in terapia della famiglia e Milton Erickson, famoso

ipnoterapeuta), e notarono che, sebbene lavorassero in campi diversi, si

servivano di una fraseologia molto simile che permetteva loro di raggiungere

risultati immediati.

Dalla codificazione di tali strategie, come pure dal significativo

contributo dell’antropologo inglese Gregory Batenson, naque un modello

innovativo utilizzato sia in campo personale che professionale.

Solo più tardi, nel 1976, questo modello prenderà il nome di

Programmazione Neuro Linguistica,

dove PROGRAMMAZIONE sta a significare la possibilità di organizzare le

idee e pianificare le proprie azioni per il raggiungimento degli obiettivi,

NEURO attiene alla sfera dei nostri processi neurologici per il reperimento

delle informazioni dal mondo esterno, LINGUISTICA riguarda lo studio

dell’utilizzo del linguaggio e dei vari canali di comunicazione.

3. CREARE IL RAPPORTO EFFICACE

3.1. Principi base della PNL

Poiché l’ambito di applicazione della PNL che ci interessa in questa

sede è la vendita, andremo ad approfondire le tecniche da utilizzare per

stabilire un rapporto efficace tra venditore/consulente immobiliare e cliente.

Prima di procedere, è opportuno accennare brevemente alcuni

principi base della PNL.

Uno dei pilastri fondamentali su cui essa poggia è la “flessibilità”.

Essere flessibili vuol dire scegliere tra più azioni, più scelte abbiamo a

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I Manuali di Autostima.net“Vendita efficace”

disposizione, maggiori saranno le probabilità di successo, più siamo pronti a

modificare ciò che facciamo, più facilmente raggiungeremo l’obiettivo.

Flessibilità significa anche assumere il punto di vista altrui ed

abbandonare il proprio. La PNL riconosce tre principali punti di vista

(sviluppati soprattutto da Jhon Grinder sugli studi di Gregory Bateson): la

prima posizione, che è la nostra realtà, ciò che pensiamo e crediamo; la

seconda posizione, che è l’assunzione del punto di vista altrui, come pensa e

sente l’altra persona; la terza posizione riguarda la capacità di assumere un

punto di vista esterno e distaccato. Attribuire valore ai diversi modi di valutare

uno stesso evento, costituisce un punto chiave della PNL e prende il nome di

“descrizione multipla”.

E’ facile intuire quanto sia importante essere flessibili nella vendita,

spostarsi da un punto di vista all’altro aggiunge ricchezza e creatività al

rapporto, rende più disponibili, allenta le difese e le rigidità altrui, genera un

clima di empatia che migliora la comunicazione fino ad arrivare all’obiettivo

prefissato.

Come si diventa flessibili? Con l’allenamento e la pratica,

sforzandosi di abbracciare le idee altrui nella consapevolezza che,

immedesimandosi nell’altro, comunque non si perde la propria identità.

Un altro caposaldo della PNL è la “congruenza”, un concetto che

non può prescindere dal successo personale o dalla realizzazione di se stessi.

Essere congruenti nella vita vuol dire che ci deve essere un perfetto

accordo tra ciò che sentiamo dentro, ciò che vogliamo veramente e le nostre

azioni. Dobbiamo mettere a fuoco i nostri valori, le nostre priorità, ed

allineare gli uni e le altre al nostro modo di agire, diversamente non siamo

credibili e le incongruenze che ne derivano potrebbero fiaccarci, dissipare la

nostra energia e generare conflitti interiori che si riflettono, inesorabilmente,

nel comportamento.

Nella vendita dobbiamo trasferire congruenza per essere convincenti,

ciò vuol dire in PNL che il linguaggio del corpo, il tono della voce e le parole,

devono trasmettere il medesimo messaggio: un gesto inappropriato o

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I Manuali di Autostima.net“Vendita efficace”

un’alterazione della voce, potrebbero compromettere la trattativa, in quanto

tradiscono un’insicurezza ed un’emozione immediatamente captate dal

cliente.

3.2. La mappa non è il territorio

Prima di sfoderare l’arte della persuasione, poiché siamo flessibili e

vogliamo essere congruenti, andremo a focalizzare la nostra

attenzione sulla ”mappa” del potenziale cliente.

“La mappa non è il territorio”: presupposto fondamentale della

PNL , quello che riassume in assoluto la soggettività di ogni essere umano.

Il mondo che ci circonda (il territorio) è talmente vario e complesso

da prestarsi ad una infinità di interpretazioni (mappe). Ognuno di noi vive una

sua realtà filtrata dalle proprie esperienze, dalla propria cultura, i propri

interessi, il modo di essere , le proprie impressioni.

Il filtro più potente sono i nostri sensi (naso, orecchie, bocca…),

definiti da Aldous Huxley come “le porte della percezione”, attraverso cui

decodifichiamo il mondo dandocene una rappresentazione interna, una mappa

personalissima.

3.3. I sistemi rappresentazionali

Nella PNL i sistemi attraverso cui percepiamo e decodifichiamo i

vari stimoli esterni, sono detti “rappresentazionali” e si indicano con la sigla

“V.A.K.”, che sta per Visivo (relativo al mondo delle immagini), Auditivo

(concerne l’elaborazione di suoni, voci, ecc.), Cinestesico (racchiude le nostre

sensazioni tattili e fisiche in generale). Infine c’è il sistema olfattivo-gustativo

(O/G), considerato marginale.

Ogni persona ha un sistema rappresentazionale primario

(prevalente sugli altri): il venditore dovrà cercare di individuarlo per avere una

serie di informazioni utili al fine di formulare la propria offerta nel modo più

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I Manuali di Autostima.net“Vendita efficace”

interessante per il cliente. Come fare? Ascoltando il linguaggio

dell’interlocutore, tenendo presente che ciascun S.R. predilige determinati

predicati, un certo tono di voce, una particolare postura.

Inoltre il linguaggio può essere organizzato in “chunks” più o meno

grandi, altro potente filtro della comunicazione. Il termine “chunk”, adottato

dallo psicologo americano Miller, indica un “pezzo di informazione”:

ciascuno utilizza, nel dialogare, diversi livelli di approfondimento nella

descrizione di un evento o di qualcosa.

Nell’esperienza di ogni venditore ci saranno clienti con “chunks

piccoli”, orientati cioè al dettaglio, i quali durante la conversazione descrivono

minuziosamente ciò che hanno fatto, visto, sentito, e chiedono all’altro di

essere altrettanto preciso e dare più informazioni possibili.

Viceversa ci saranno clienti con “chunks grandi” che parlano per

linee generali, fanno descrizioni di massima e dimostrano insofferenza se il

venditore si dilunga sui particolari. La comunicazione tra chunks diversi è

faticosa: quando un piccolo ed un grande chunk si incontrano, il grande si

annoia ed il piccolo non comprende.

Massima attenzione dunque all’ascolto del cliente: nell’esporre le

sue esigenze o il suo problema, egli utilizzerà il tipo di chunk che più gli si

addice, lo stesso che vorrebbe l’altro utilizzasse nell’esporre. Possiamo

riassumere questo concetto affermando che ” ognuno parla come vorrebbe

ascoltare ”.

3.4. Non si può non comunicare

A proposito di linguaggio, un’altro importante postulato della PNL è

“non si può non comunicare”: con questa affermazione Paul Watzlawick,

studioso del Mental Research Institute di Palo Alto in California, ha posto le

basi della moderna teoria della comunicazione: tutti assumiamo un qualche

comportamento, non esiste il “non comportamento”, e qualunque

comportamento è comunicazione.

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I Manuali di Autostima.net“Vendita efficace”

In ogni comunicazione c’è una componente di contenuto (il

“verbale”), ed una di relazione (il “paraverbale” e il “non verbale”). Alcuni

studiosi hanno appurato che generalmente nei primi minuti di conoscenza noi

percepiamo dal nostro interlocutore (e lui da noi) il 55% dei messaggi

provenienti dal “non verbale” (linguaggio del corpo, gestualità, postura,

mimica facciale ecc.), il 38% dei messaggi provenienti dal “paraverbale”

(tono, ritmo e pause della voce), il 7% dei messaggi provenienti dal

“verbale”(l’informazione).

Queste percentuali ovviamente possono cambiare a seconda del

contesto in cui ci troviamo.

In ogni caso in una relazione efficace, la comunicazione non verbale

e paraverbale hanno un peso non trascurabile. Si tratta di forme di

comunicazione immediata, spesso

assolutamente inconscia, ricca di espressività, è il “come” diciamo le cose

piuttosto di “cosa” diciamo. E’ una forma personalissima di linguaggio che

offre moltissime informazioni sulla mappa del soggetto che ci sta di fronte.

In quanto forma personalissima di linguaggio, i numerosi segnali con

cui si manifesta possono essere di difficile interpretazione. Ad esempio

un’espressione di incredulità può essere confusa con una di curiosità, un gesto

che sta per “ho capito”, potrebbe essere letto come “non mi interessa”.

Di qui la necessità per il venditore, per il quale è fondamentale

utilizzare tutti gli indicatori per orientare la comunicazione, di ricorrere ad una

strategia che consenta di associare a ciascuna espressione il relativo

significato: assumere il medesimo “non verbale” del cliente e verificare

eventuali cambiamenti nel proprio stato d’animo o eventuali intuizioni, può

essere di grande aiuto.

Esempio: se il cliente incrocia le braccia e guarda verso l’alto,

facendo noi lo stesso, potremmo percepire che non è disinteressato, ma che

sta semplicemente cercando di “visualizzare” ciò che gli stiamo proponendo.

Tale strategia in PNL prende il nome di “ricalco”, ed è una delle

tecniche più efficaci usate per influenzare il comportamento.

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I Manuali di Autostima.net“Vendita efficace”

3.5. Il ricalco

Il ricalco può definirsi come la“flessibilità” di andare incontro

all’altro nel suo modello del mondo, rispecchiare il linguaggio del corpo, il

tono di voce e le parole, rispettandone valori e credenze.

Ricalcare una persona significa stabilire con lei delle affinità, sia a

livello cosciente sia, cosa ancor più importante, inconsciamente. Nella misura

in cui ci adeguiamo al linguaggio verbale e non verbale di un altro, noi

ricalchiamo la sua esperienza. Se, ad esempio, “rispecchiamo” il

comportamento di chi è arrabbiato o turbato, noi riconosciamo ciò che per lui

è importante, cosicché non dovrà insistere sulla validità della sua esperienza e

si renderà maggiormente disponibile.

Nella vita di tutti i giorni ricalchiamo inconsapevolmente le persone

in modo del tutto naturale: qualunque rapporto umano, profondo o superficiale

che sia, implica un ricalco.

Nella vendita, creare un rapporto efficace dipende dalla nostra abilità

di ricalco nei confronti del potenziale cliente: immedesimarsi, capire come

pensa, come agisce, come

utilizza le informazioni, ci condurrà con successo al nostro obiettivo.

Spesso il venditore non chiude la trattativa in quanto utilizza nella

comunicazione il suo schema , anziché quello dell’acquirente, applicando

tecniche di coercizione che suscitano una risposta di lotta o di fuga. Il

venditore di successo non forza, non intimidisce, bensì “danza” con il cliente,

entra nel suo ritmo ai vari livelli di comunicazione. In questo modo si crea un

rapporto “empatico”, di identificazione emotiva, basato sulla fiducia

reciproca, da cui scaturisce feeling ovvero condivisione di emozioni e

sensazioni.

Tra i vari schemi di ricalco, particolarmente efficace è il “ricalco

emotivo”, che equivale al rispetto del sentimento. Ricalcare emotivamente

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I Manuali di Autostima.net“Vendita efficace”

qualcuno significa “riconosco il tuo stato d’animo”, “ti capisco”, “ti accetto”,

“ti rispetto”, “mi fido di te”, “io sono come te”. E’ sorprendente in questi casi

notare come l’interlocutore si apre rivelando confidenze che non avrebbe mai

rivelato in altre circostanze: questo permette di tarare l’approccio di vendita

per meglio soddisfare i bisogni e le aspettative del cliente, il quale di

conseguenza accetterà più facilmente la nostra proposta.

Nel caso di “ricalco della postura” (linguaggio del corpo), si parla

di “mirroring” o rispecchiamento. Qui la dimensione del rapporto consiste

dapprima in un ricalco consapevole dell’altro poi, con la pratica, si farà un

ricalco molto naturale fino al punto di ritrovarsi in una perfetta armonia fisica.

Come già accennato in precedenza, il ricalco della postura ci evita di cadere in

errore nella lettura del “non verbale” del cliente: infatti se non è possibile

“leggere” un determinato gesto o una certa smorfia, è possibile però provare

ad interpretarne il messaggio.

Un altro livello di ricalco che aiuta a stabilire un rapporto efficace, è

il ricalco del tono e del ritmo della voce. Sappiamo che sono aspetti che si

riferiscono al “come” esponiamo un concetto: abbiamo già detto che ognuno

di noi parla nello stesso modo con cui ci piace ascoltare gli altri, di

conseguenza ricalcare l’inflessione, la velocità, il tono ed il ritmo della voce,

che non significa ovviamente scimmiottare chi ci sta di fronte, può facilitare il

livello di comunicazione.

Fondamentale, inoltre, è il ricalco dei valori e delle credenze (delle

quali ci occuperemo in seguito). Esso implica innanzitutto saperli riconoscere,

prenderli in considerazione e prestare la massima attenzione nel non

calpestarli.

Nella vendita questo può essere a volte difficile: spesso infatti ci

ritroviamo ad interagire con persone talmente diverse da noi, al punto da

interrogarci se vogliamo veramente, e se ne vale la pena, dividere rapporti

d’affari con tali persone.

In situazioni di differenza di valori o di opinione diventa

fondamentale, più che in qualsiasi altro schema di ricalco, evitare l’uso di

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I Manuali di Autostima.net“Vendita efficace”

parole quali “però” o “ma”, in quanto negano completamente tutto ciò che è

stato affermato prima. Ad esempio, se sto vendendo un appartamento ad un

piano alto senza ascensore e dico “….capisco che lei vuole la comodità “ma”

in questo stabile si spende poco di spese condominiali per questo motivo….”,

io sminuisco irreparabilmente il punto di vista del cliente e riaffermo il mio,

entro in contrapposizione, genero incomprensione e diffidenza da parte del

cliente.

Si può esprimere comunque disapprovazione e far passare il

messaggio in maniera “soft” , ricorrendo alla congiunzione “e”. L’esempio di

prima diventerebbe “…capisco che ecc. ecc. , e proprio per questo che

l’acquisto di questo appartamento a condizioni che le faranno risparmiare

sulle spese di gestione potrebbe soddisfare le sue esigenze …...”.

Dunque il miglior modo per mantenere un rapporto al livello di

valori è “non muovere eccezioni” o, comunque, saperle gestire in modo da

non perdere mai il proprio punto di vista.

Un altro elemento che esula dal ricalco, ma che consente di lavorare

in armonia e stabilire un rapporto molto forte, è la “condivisione di

interessi”: quando ognuno di noi và a visitare l’abitazione del cliente per

farne una valutazione, e ci mettiamo ad osservare i vari dettagli (i quadri alle

pareti, le bacheche contenenti le medaglie della pesca, quelle delle bocce, il

tipo di arredamento, i vari oggetti, ecc…), ci permette di commentare con

particolare attenzione, ad esempio, un determinato hobby oppure di

condividere una certa abitudine. Ma se ci limitiamo semplicemente a fare

elogi e complimenti, come raccomandano le classiche strategie di vendita,

daremo probabilmente l’impressione dello stereotipo del venditore che cerca

di ingraziarsi il cliente, rischiando di ricevere risposte meccaniche ed

altrettanto stereotipate.

Sarà molto più efficace sviluppare l’abitudine di notare i vari

elementi che caratterizzano lo stile di vita del cliente, per poterli poi inserire

nelle varie domande e considerazioni che andremo a fare nell’ambito della

conversazione.

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I Manuali di Autostima.net“Vendita efficace”

3.6. La guida

Una volta stabilito un ricalco efficace, possiamo garbatamente

cominciare a guidare il cliente nella nuova esperienza, ovvero verso il nostro

obiettivo.

Una volta che ci siamo adeguati al modello del mondo che ha il cliente,

dobbiamo, come prima mossa efficace, cambiare il ricalco; se si è stabilito

un rapport abbastanza forte, il cliente ci seguirà in modo del tutto

inconsapevole e naturale.

4. EFFETTUARE LA TRATTATIVA

4.1. Identificazione dei bisogni

Cosa cerca il cliente? Qual è la molla che lo motiva all’acquisto di

qualcosa? Secondo lo psicologo americano Abraham Maslow , le persone si

muovono spinte dalla necessità o possibilità di soddisfare un bisogno.

Egli ha sviluppato un modello, detto “piramide di Maslow”, in base

al quale ha

evidenziato come l’uomo sia portato a soddisfare innanzitutto i bisogni

fisiologici, o bisogni primari (mangiare, bere ecc…), dopodiché cercherà di

soddisfare il bisogno di sicurezza (possedere una casa , trovare un lavoro),

vorrà quindi realizzare il bisogno di appartenenza ad un gruppo (la famiglia,

un ‘organizzazione sociale), infine si adopererà per sentirsi stimato, per

autoaffermarsi, per crescere.

Quindi diventa fondamentale durante la trattativa, dopo aver

“ascoltato” il cliente ricorrendo alle varie tecniche finora esposte e dopo

averne “decodificato” il comportamento, passare ad effettuare una serie di

domande dirette del tipo “chi”, “che cosa”, “come” ecc., volte ad

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I Manuali di Autostima.net“Vendita efficace”

individuare i bisogni del potenziale cliente: è la fase in cui il venditore

diventa un vero e proprio psicologo e consulente.

Se il venditore è un agente immobiliare, trattandosi nella fattispecie

di proporre una casa, farà leva assolutamente sul bisogno di sicurezza

descrivendo, ad esempio, come una casa oltre ad essere un ottimo

investimento con obiettivo di crescita del capitale, è anche un bene rifugio,

un bene primario, facendo leva sulla copertura della spesa proporrà la stipula

di un mutuo e di una polizza vita che ne garantirà la sicurezza dei propri

cari.

4.2. Identificazione degli schemi personali d’acquisto

E’ interessante mettere a fuoco alcuni di quelli che sono i principali

schemi abituali di acquisto delle persone, indicandone le strategie che ogni

venditore può mettere in atto per ciascuno di essi, sempre con lo scopo di

indirizzare la trattativa verso il proprio obiettivo.

Faccio dapprima una breve premessa: le nostre menti hanno dei

collegamenti estremamente sofisticati, con dei funzionamenti, di contro,

abbastanza semplici.

Da alcune ricerche effettuate nel 1950 dallo psicologo George

A.Miller, professore all’università di Harvard, è stato riconosciuto che le

persone possono prestare attenzione, a livello consapevole e in un certo arco

di tempo, fino a un numero massimo di variabili, che si colloca tra 5 e 9. Se

le variabili sono molte di più, noi le raggruppiamo in “pezzi di

informazioni” in modo da non superare i 9 pezzi (es. un numero telefonico

di 10 cifre, lo spezzettiamo in gruppi di due o tre cifre).

In altre parole noi tendiamo a schematizzare per facilitare la nostra

memoria. Quando diciamo che siamo esseri abitudinari, vogliamo dire che

siamo esseri che utilizzano schemi, poiché le abitudini sono costituite da

schemi e sono quindi prevedibili.

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I Manuali di Autostima.net“Vendita efficace”

In questa sede ci interessa sottolineare che il cliente utilizzerà uno

“schema d’acquisto” basato soprattutto sul modo con cui seleziona

mentalmente le informazioni. Se prendiamo l’esempio del famoso

“bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto”, alcuni selezionano e focalizzano

ciò che manca (bicchiere mezzo vuoto), altri ciò che è presente (bicchiere

mezzo pieno): la selezione mentale indica cioè il “come” viene organizzata

in schemi l’informazione disponibile.

Se un venditore è abile nel riconoscere lo schema mentale del

potenziale acquirente, sarà in grado di individuare i passaggi necessari

perché il cliente prenda una decisione, proporrà una soluzione in linea con lo

schema abituale del cliente, rafforzandone automaticamente il rapporto.

Ci sono diverse classificazioni di persone a seconda dei modi

utilizzati nella selezione mentale dell’informazione.

Nella vendita spesso troviamo individui che hanno la tendenza alla

“risposta polare”, reagiscono cioè esattamente nel modo opposto alla

reazione che noi cerchiamo di influenzare (es. se il venditore sostiene che

una certa soluzione è troppo cara, la reazione immediata sarà che il costo

non è un problema..). La strategia vincente sarà offrire loro una soluzione

opposta a quella che ci interessa.

Ci sono poi persone i cui schemi si basano su “assicurazioni del

passato” o sulle “possibilità del futuro”: i primi sono orientati verso scelte

già “provate nel passato”, i secondi badano di più alle “possibilità ancora da

provare”: nella vendita del prodotto casa sarà cura del consulente

immobiliare proporre, per esempio, nel primo caso un immobile con

capacità di rendita certa, perché in zone dove gli affitti sono molto richiesti,

mentre nel secondo caso si spingerà l’offerta verso una casa con possibilità

di incremento di valore percentuale più alto, facendo leva sul fatto che si

tratta di una nuova zona residenziale in via di maturazione sotto l’aspetto dei

valori immobiliari, ma con più alte possibilità di guadagno.

Inoltre può essere importante individuare se il potenziale cliente fa

parte di quelle persone maggiormente motivate a muoversi “lontano da” un

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I Manuali di Autostima.net“Vendita efficace”

determinato problema, o a muoversi “verso” il conseguimento di un

obiettivo. In quest’ultimo caso, un approccio su come evitare un possibile

problema sarà percepito in termini negativi, sarà opportuno invece discutere

in termini di come puntare dritti all’obiettivo. Viceversa, ovviamente, nel

primo caso.

4.3. Tecniche di persuasione: il Milton Model

Poiché siamo stati flessibili, abbiamo raccolto informazioni

prestando ascolto alle varie forme di linguaggio, abbiamo effettuato il

ricalco, abbiamo identificato i bisogni ed individuato i criteri su cui si

basano le decisioni di acquisto, abbiamo dunque stabilito un rapporto

efficace, possiamo passare all’obiettivo “vendita”, utilizzando alcuni fattori

di persuasione che ci consentono di guidare il cliente verso la chiusura della

trattativa (incarico di vendita e proposta d’acquisto).

Ogni venditore può avere ovviamente le sue tecniche di persuasione,

a seconda dell’abilità, o meno, nell’arte del convincimento. Ma esistono

delle tecniche cosiddette di “persuasione occulta”, che vale la pena di

considerare.

A ognuno di noi sarà capitato di osservare l’estensione del mare, ma

nessuno forse ha mai riflettuto sulla grandiosità che si estende al di sotto:

“ciò che è visibile in superficie può essere stupefacente, ma ciò che accade

in profondità, è ancora più importante e significativo” ed è su questo che

andremo a far leva.

Metaforicamente parlando vuol dire che dobbiamo accedere alle

risorse inconsce, all’emisfero irrazionale (la profondita’), usando un

linguaggio complesso che consente di distrarre la mente conscia, l’emisfero

razionale (la superficie): la PNL chiama questo tipo di linguaggio “Milton

Model”.

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I Manuali di Autostima.net“Vendita efficace”

Il Milton Model ha avuto origine dal modellamento che Bandler e

Grinder hanno svolto sull’uso vago del linguaggio, in cui era maestro Milton

Erickson.

Quest’ultimo è stato uno dei più famosi ipnoteraupeti del secolo

scorso. Egli sosteneva che ciò di cui ha bisogno un paziente per risolvere un

problema che non riesce a risolvere consapevolmente, si trova a livello

inconscio. Per cui dapprima effettuava il ricalco della persona, poi

descriveva l’esperienza sensoriale in corso usando un linguaggio vago e

generico, aperto a diverse interpretazioni, in modo da guidare l’individuo ad

addentrarsi nella propria realtà interiore.

Il M.M. è un modello di ambiguità linguistica, è, in pratica, un modo

di elaborare enunciati ricchi di cancellazioni, deformazioni e

generalizzazioni.

In quanto strumento di “ambiguità linguistica” è molto usato, ad

esempio, nella pubblicità, in politica, o nella elaborazione dell’oroscopo. In

questi casi infatti ci si rivolge ad una pluralità di individui, occorre pertanto

ricalcare più “mappe”, suggestionare e compiacere tutti, donde l’uso di un

linguaggio deliberatamente vago, indefinito, una struttura superficiale alla

quale ognuno darà un senso per andare poi in profondità.

Prima di esaminare l’applicazione del M.M. nella vendita , è bene

chiarire alcuni concetti.

Secondo la PNL, nell’uso del linguaggio verbale noi cancelliamo,

deformiamo e generalizziamo la nostra esperienza , cioè confondiamo le

parole con cui codifichiamo un’esperienza, con l’esperienza stessa, e

permettiamo loro di guidare le nostre azioni.

In realtà è possibile “far scorrere indietro” il linguaggio per risalire

all’esperienza, ricorrendo a tre modelli fondamentali. Con il metamodello

passiamo dalle parole alle esperienze che ne costituiscono il fondamento

utilizzando domande specifiche che consentono di attuare il processo a

ritroso (il passaggio dal generale al particolare è definito “chunk down”).

Con il Milton Model utilizziamo invece un linguaggio condiscendente e

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I Manuali di Autostima.net“Vendita efficace”

vago che consente ad ognuno di ricercare il significato più consono alla

propria esperienza

(il passaggio dal particolare al generale viene definito processo di “chunk

up”). Parliamo infine di “chunk laterale” quando paragoniamo

un’esperienza ad un’altra: è il caso delle metafore, similitudini, racconti.

Come applicare il Milton Model in una situazione di vendita?

Ricalcando e guidando l’esperienza osservabile e, soprattutto, inosservabile.

Si tratta di “incorporare delle suggestioni” nel modo di presentare un

prodotto o un servizio, in modo da influenzare la mente del potenziale

cliente e facilitare il processo di decisione.

Molto utile ed efficace si rivela il M.M. nell’ambito della categoria

delle “distorsioni”. Ad esempio nella lettura del pensiero (sono certo

che…, vi starete chiedendo se..ecc., dove presumo di sapere qualcosa),

nell’usare un presupposto mediante l’utilizzo di avverbi o aggettivi (…

quando pensa di…..?, ..è sempre interessato a….?, qui sposto l’attenzione

cosciente.). Ancora si può introdurre una causativa implicita (..mentre ti

ascolto potresti.., intanto che osservi scoprirai..) oppure una suggestione

causa-effetto (…se decidi di….vedrai che..), un’equivalenza complessa

(…comprare oggi questa casa…vuol dire sicurezza domani…).

Efficace è l’uso di domande effettuate mediante il ricorso a due o più

scelte alternative (preferisce incontrarci alle 15,00 o alle 18,00?… dispone

già della cifra o ricorre ad un mutuo…. preferisce avere assegni di piccolo

taglio o uno unico…. ). Un’attenzione speciale meritano “le domande e i

comandi nascosti (o incastrati)”: si tratta di domande o comandi racchiusi

all’interno di un contesto più ampio, in genere un’affermazione. Esempio:

“…potete fare un ottimo affare se decidete a breve…”, “…si deve capire

l’importanza di …”, “…mi chiedo quale sia il giusto prezzo …”ecc…

Il potere di questi “suggerimenti nascosti” consiste nel penetrare a

livello inconscio in modo invisibile, le persone rispondono alla domanda o

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I Manuali di Autostima.net“Vendita efficace”

al comando al di sotto del livello di consapevolezza, per cui si può guidare

dolcemente l’altra persona nella direzione che si vuole.

Il tono della voce e l’enfasi che diamo alla domanda o al comando,

sono molto importanti: è un buona idea, ad esempio, marcare il nome della

persona cui ci rivolgiamo. Infatti il proprio nome è il suono più dolce nel

nostro vocabolario: quando lo sentiamo pronunciare, ascoltiamo più

attentamente.

Anche le metafore posso essere estremamente coinvolgenti,

metafore, storie ed analogie, sono strumenti assai potenti nell’ambito della

trattativa, in quanto penetrano vividamente nell’immaginazione del cliente e

nel suo sistema di valori, consentono di operare collegamenti creativi tra due

eventi o esperienze, suscitando una suggestione indiretta che lascia passare

il messaggio in una forma “soft”, accettata inconsapevolmente

dall’interlocutore.

5. LA GESTIONE DELLE OBIEZIONI

5.1. L’ascolto attivo

E’ normale che nel corso della trattativa nascano delle obiezioni da

parte dei clienti, di fronte alle quali è opportuno rimanere aperti e costruttivi,

cercando di gestirle nel miglior modo possibile.

Quando viene avanzata un’obiezione, una strategia importante che ci

consente di mantenere alto il livello di comunicazione, è “l’ascolto attivo”:

se non ascolto non recepisco, “ascoltare” è un atto volontario, a differenza

del “sentire” che è involontario.

Il termine è sorto intorno agli anni Cinquanta, quando lo psicologo

Carl Rogers scrisse un articolo nel quale identificava quella che può essere

considerata la più grande barriera nella comunicazione efficace, e cioè la

tendenza a ”valutare” le idee di un’altra persona.

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I Manuali di Autostima.net“Vendita efficace”

“Ascoltare attivamente” significa invece non giudicare, guardare

con estrema attenzione l’interlocutore, non interromperlo, creare empatia

parlando con il corpo, con i gesti, capire come l’altro si sente, raggiungere la

sua struttura di riferimento riguardo a ciò di cui parla.

A tal fine può essere utile, di tanto in tanto, ripetere ciò che il cliente

ha detto per verificare di aver capito: in questo modo si sentirà più coinvolto

ed aggiungerà, ad esempio, altri particolari alla sua obiezione, consentendo

di raccogliere ulteriori informazioni.

In pratica con l’ascolto attivo “ricalchiamo” il cliente, impariamo a

vedere, ascoltare e sentire come lui vede, ascolta e sente.

A questo punto sarà più facile capire la natura delle obiezioni, e cioè

se si tratta di semplici richieste o di “false obiezioni”. Dietro una richiesta si

nasconde in genere la necessità di ulteriori informazioni (…può elencarmi le

caratteristiche…?.), oppure il bisogno di essere rassicurati (…forse questo

investimento non è adatto alle mie risorse non rientra nel mio budget…), o il

bisogno di autoaffermazione (… so quanto andrò a spendere con tutto quello

che c’è dietro…). Dietro le “false obiezioni” si nascondono, invece, le

credenze.

5.2. Le credenze

Le credenze riguardano il mondo delle idee, sono ciò che pensiamo

riguardo a qualcosa, rappresentano le nostre più profonde convinzioni.

Si formano accidentalmente nel corso della vita, a seconda del

significato che attribuiamo alle nostre esperienze, nascono durante

l’infanzia, in famiglia, a scuola , quando modelliamo(imitiamo) persone per

noi significative come i genitori, oppure in seguito ad un trauma o

turbamento.

Dalle credenze deriva il nostro comportamento, non vanno confuse

con i “fatti”, il fatto è un evento accaduto, una credenza è una

generalizzazione su qualcosa che potrebbe accadere. Alcune si basano su

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Page 147: PSICOLOGIA - Manuale di Autostima

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fatti legati, ad esempio, al mondo della fisica (il fuoco scotta, per cui

eviteremo di camminarci sopra), altre si traducono nella definizione

linguistica di una parte della nostra percezione del mondo, si definiscono

come “ciò che si ritiene vero o falso” e sono quelle che interessano la PNL.

Si parla di “credenze potenzianti”, quando sono di supporto (es. …

se mi alleno posso vincere.. ….se ci parlo con convinzione posso

farcela…..), e di “credenze limitanti” quando arrecano danno ( es. …non

sono portato per la vendita, quindi non chiuderò mai un contratto..): forse

entrambe le categorie danno, in qualche modo, senso e coerenza alle nostre

esperienze.

Come riconoscerle? Esse attengono alla “struttura superficiale” del

linguaggio, al modo con cui ci esprimiamo, possiamo quindi riconoscerle

ponendo attenzione all’uso di determinate locuzioni verbali, usate molto

frequentemente in modo inconsapevole dalla maggioranza delle persone.

Per poter raggiungere il nostro obiettivo, noi dobbiamo recuperare,

come già sappiamo, la “struttura profonda”, che rappresenta la più

completa rappresentazione linguistica che si possa avere di un pensiero,

come il pensiero dovrebbe essere elaborato, quello che davvero si vorrebbe

dire.

Uno strumento assai efficace a tal proposito sono le “domande

metamodello”, strumento base della PNL. Si tratta di domande specifiche

che consentono di esplorare la mappa del cliente, di raggiungere la “struttura

profonda” dell’obiezione, di raccogliere nuove informazioni guidando

l’interlocutore verso il recupero di “risorse”, ossia di quegli aspetti

dell’esperienza che sono stati cancellati, generalizzati o distorti.

5.3. Il metamodello

Il metamodello (dal greco “meta”=”oltre”, andare “oltre il

modello”), concetto sviluppato in PNL da Bandler e Grinder nel 1975, non è

altro che l’insieme di “domande chiave”, cui abbiamo poc’anzi fatto

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I Manuali di Autostima.net“Vendita efficace”

riferimento, che consentono di passare dalle parole alle specifiche

esperienze personali, mediante un processo a ritroso.

E’ un modello di “precisione linguistica” perfettamente speculare,

come accennato in precedenza, al Milton Model, strumento di “ambiguità

linguistica”: l’uno e l’altro vengono utilizzati per focalizzare l’esperienza ,

al di là delle parole.

Spesso accade, quando ascoltiamo un persona, che per indagare sul

significato nascosto di ciò che sta dicendo, usiamo il “Perché?”. Questo tipo

di richiesta può costituire una potenziale barriera per una comunicazione

efficace, ad esempio domande del tipo ”perché non mangi?”, “perché sei

arrabbiato?”, “perché l’hai fatto?”, soprattutto se accompagnate da un certo

tono , possono essere intimidatorie e generare un comportamento difensivo,

oltre che “aprire” una serie infinita di risposte.

Diverso è un approccio del tipo “..riguardo a cosa…?”, “..in che

senso ?”, “..cosa ti impedisce di...?”, “..cosa succederebbe se…?”,

domande specifiche che “chiudono”, portano l’ interlocutore a ripensare

alla propria esperienza e ad esprimere con maggior precisione ciò che vuole

dire.

Il genere di domanda da porre dipenderà se, dal contesto

dell’obiezione, evidenziamo una cancellazione, una generalizzazione o una

deformazione, i tre meccanismi, più volte citati, che traducono l’esperienza

in linguaggio.

Nella cancellazione viene omesso inconsapevolmente qualcosa. Tra

le forme linguistiche che la caratterizzano ci sono“nomi e verbi non

specifici” (es. “..è stato bello”, “..sono arrabbiato”ecc., la domanda è “..cosa

specificamente è stato…?”., o “…chi specificamente ..?”), i “paragoni”(

“questo appartamento è troppo caro…”, domanda metamodello “…troppo

caro rispetto a cosa….?”), i “giudizi” (“..sicuramente è la soluzione

migliore….”, domanda “….chi dice che……?”).

Le generalizzazioni limitano e semplificano la nostra visione del

mondo, per esempio: “… siete tutti uguali voi delle agenzie immobiliari ....

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I Manuali di Autostima.net“Vendita efficace”

”, “…mi capita sempre di dimenticare…”, “…non riuscirò mai a comprare

una casa…”, ecc.., le parole “tutti, mai, sempre”, si definiscono

“quantificatori universali” in quanto non ammettono eccezioni, la

domanda sarà “…proprio tutti..?, ..proprio mai..?). Gli “operatori modali”

sono invece i vari “devo, non devo, non posso, bisogna, ecc “, qui

vengono cancellate le cause che obbligano o impediscono. Esempio: “..devo

assolutamente superare l’esame..”, “…non posso permettermi una

vacanza…”, la domanda per recuperare l’informazione sarà: “..cosa

succederebbe se..?”, oppure “..cosa ti impedisce di…?”.

Le distorsioni sono forse le più frequenti, meritano un cenno la

“lettura del pensiero”(“..so che sei triste perché…”, “..so che in questo

momento vorresti partire, ma..”, domanda metamodello.. “..come sai

che..?”), “l’equivalenza complessa”(..es. “…fare sport significa essere

sani..”, “..non mi ascolti quindi non ti interessa…”, domanda “..come questo

significa quello?..”), la locuzione “causa-effetto”(“…se studi, sarai

promosso”…, “..se mangi, cresci..”, domanda “..come questo causa

quello?..”)

Il metamodello ci consente di “ristrutturare” l’obiezione, cioè la

credenza della persona che abbiamo di fronte. Ristrutturare significa

cambiare prospettiva, proporre un nuovo punto di vista dal quale analizzare

la medesima situazione.

La ristrutturazione si basa su due presupposti fondamentali. Il

primo è che in ogni comportamento c’è l’intenzione di ottenere qualcosa di

positivo per sé: in questa ottica non esiste la persona cattiva o stupida,

semplicemente ognuno farà la scelta migliore tra quelle a disposizione. Il

secondo presupposto è che esistono sempre modi alternativi per ottenere ciò

che si vuole, basta cercare.

Quindi ciò che un bravo consulente o, nella fattispecie, un

consulente-agente immobiliare dovrebbe fare nel ristrutturare l’obiezione, è

cercare di capire cosa vuole ottenere il cliente e guidarlo nel cercare, se è il

caso, le diverse soluzioni alternative. E’ curioso osservare come molto

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I Manuali di Autostima.net“Vendita efficace”

spesso, in caso di ristrutturazione ben riuscita, le persone rimangono

attonite, si accorgono di essere cambiate, si sentono in qualche modo

diverse, ma non riescono a mettere a fuoco come è successo e perché.

6. CHIUSURA DELLA TRATTATIVA

6.1. Il “feedback”

Come possiamo verificare se il cambiamento ingenerato nell’

interlocutore, per mezzo delle tecniche finora esposte, sia quello desiderato?

E cioè come capire se stiamo andando verso la giusta direzione? Rivolgendo

la massima attenzione alla “risposta” del potenziale cliente.

“Il risultato conta più dell’intenzione”, pilastro base della PNL che

ci insegna come il significato della comunicazione sta innanzitutto nella

risposta che si riceve, risposta che può ovviamente, e il più delle volte,

essere diversa da ciò che intendevamo. Questo non vuol dire aver fallito, in

PNL vige il principio che non esiste fallimento, ma solo responsi, feedback.

“Feedback” vuol dire letteralmente “retroazione”, “risposta” che un

individuo dà ad una domanda o ad un comportamento.

Se recepiamo un comportamento di “resistenza” da parte del nostro

cliente, il problema è nostro, siamo noi i responsabili della nostra

comunicazione, il cliente “resiste” a qualcosa che abbiamo detto o fatto. Di

qui la necessità di osservare attentamente i “risultati” che man mano si

riscontrano nel corso della conversazione, per essere pronti a cambiare

strategia o “linguaggio” con la massima flessibilità.

E’ chiaro che se abbiamo ricalcato efficacemente l’altra persona e,

come accennato in precedenza, ristrutturato una credenza in modo efficace,

incontreremo resistenze minime, o addirittura nulle, per cui potremo

“guidare” il cliente verso la chiusura della trattativa.

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6.2. Conclusioni

Il momento della chiusura è, in realtà, quello che genera più ansia al

venditore. E’ il momento della resa dei conti, il momento della verifica del

nostro operato: un “feedback” diverso da quello atteso potrebbe mettere in

discussione tutta la nostra abilità , intaccare la nostra autostima in senso

negativo e, se rimaniamo rigidi, potremmo addirittura identificare una “non

chiusura” con un vero e proprio fallimento. Poiché sappiamo che non esiste

fallimento ma solo “risultati”, dovremo per così dire “aggiustare il tiro” al

fine di evitare risposte inaspettate.

Innanzitutto è fondamentale fissare bene in mente che la vendita non

è una scienza, non è matematica, sarebbe ingenuo pensare che tutte le

strategie fin qui ampiamente trattate, possano condurre sicuramente alla

chiusura di un contratto: è opportuno probabilmente paragonarle ad

un’insieme di ingredienti che, se ben dosati, consentono di raggiungere un

risultato eccellente. Il suggerimento è di “assaggiarne” uno alla volta:

quando avremo fatto nostro il “sapore” di ciascuno (con la pratica, pratica,

pratica!), passeremo all’ingrediente successivo.

Possiamo semmai affermare che la vendita è un’arte e la chiusura

costituisce, probabilmente, la parte più creativa, meno razionale dell’intero

processo. E’ la fase in cui ciascun venditore, soprattutto in caso di difficoltà,

deve dare maggior spazio alla fantasia inventando qualcosa di nuovo, può ad

esempio “metacomunicare” rompendo gli schemi e proponendosi in modo

del tutto diverso da come si è proposto fino a quel momento, in modo da

“dribblare” eventuali nuove resistenze e guidare nuovamente il cliente verso

la tanto sospirata chiusura.

Poiché le persone sono diverse, ognuna ha la propria identità, la

propria mappa, le proprie credenze, i propri bisogni, le proprie motivazioni,

possiamo decisamente concludere affermando che ogni trattativa è un

evento unico ed irripetibile così come ogni rapporto, qualunque ne sia la

natura, ha la sua storia.

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