OK ARTE novembre - dicembre 2010

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MAGAZINE GRATUITO DI ARTE E CULTURA www.OKARTE.net www.OKARTE.org News d’arte dall’Italia e dal mondo Migliaia di visitatori Per pubblicità e redazionali: [email protected] tel.347 4300482 Per informazioni e pubblicità: 347 4300482 - 339 7684287 [email protected] www.okarte.net www.okarte.net www.okarte.org Gli eventi d’arte a Milano, giorno per giorno News d’arte dall’Italia, news d’arte dal mondo, ogni giorno oltre100 nuove notizie d’arte Itinerari culturali Morandi ad Alba pag. 7, Rauschemberg a Villa Panza (Va) pag.8, Joan Mirò a Pisa pag.10, Giorgione a Padova pag.11, Gamec Bergamo pag. 19, Michel Comte a Lucca pag.23 ok Arte Anno IX N.4 Il sogno di Dalì Filippino Lippi Nov - Dic 2010 È davvero un privilegio poter godere della bel- lezza proposta dall’appassio- nata ricerca di una coppia che ha fatto dell’Arte Isla- mica la sua missione, rac- cogliendo una Collezione di rilevanza internazionale. E’, infatti, una storia bella e speciale quanto rara quella di Sheikh Nasser Sabah Ah- med al-Sabah e sua moglie, Sheikha Hussah Sabah Sa- Raccolta Al Fann Mostre a Milano Tiziano a Palazzo Marino pag.2, Filippo Lippi a Palazzo Reale pag. 3, Dai Borromeo al Simbolismo a Palazzo Reale pag. 6, Basilico alla Fondazione Stelline pag. 8 In prima assoluta “la Stanza di Mae West” D al 16 novembre il Museo Diocesano ospiterà la nuova edizio- ne dell’ini- ziativa “Un capolavoro per Milano”. Dopo Caravaggio, Mantegna e Botticelli è arri- vato il turno di Filippo Lippi. L’artista fioren- tino, con la sua “Natività” og- gi conservata nel museo ci- vico di Prato, sarà il protago- nista dell’ottava edizione di “Un capolavoro per Milano”. Dal Un capolavoro per Milano lem al-Sabah. Bisogna ag- giungere che è merito della passione del curatore del- la mostra Giovanni Cura- tola, Professore di archeolo- gia e arte Musulmana, l’aver saputo scegliere tra i tanti oggetti a disposizione, 350 pezzi dell’intera Collezione, una sintesi efficace capace di grande esaustività storica e rappresentativa anche dal punto di vista della varie- tà degli elementi, in grado di soddisfare le attese del- lo spettatore più competen- te e curioso. Ma ritorniamo ai protagonisti, è quasi una favola dei nostri tempi quel- la che ha portato lo Sceicco a iniziare, con una splendi- da bottiglia in vetro smal- tato d’epoca Mamelucca del XIV secolo comprata qua- si per caso durante un viag- gio, una ricerca instancabi- le, sostenuto da sua moglie, appassionatasi immediata- mente alla ricerca, come lui. a pag. 14 La Basilica di San Marco P iazza San Marco, zona Pontaccio. Vecchie fo- to che la ritraggono rifles- sa nelle acque del Naviglio, con carrozzelle, traina- te da cavalli, che le sfilano davanti accompagnando in passeggiata signore del- la Milano bene di allora. Quella romantica sugge- stione è passata. Il Naviglio coperto, le carrozzelle so- stituite da utilitarie e suv. Ma Lei, la basilica di San Marco, da aristocratica si- gnora, conserva inalterato il suo fascino. E’ parecchio datata la madama, ma i suoi 800 anni se li porta magni- ficamente. Nasce per volere di Lanfranco Settala, Priore Generale degli Eremitani di Sant’Agostino, nel lon- tano 1200. Il suo nome è un omaggio al patrono di Venezia, ed ai veneziani, per il grande contributo dato ai milanesi nella lotta con- tro Federico Barbarossa, sconfitto definitivamente nella Battaglia di Legnano del 1176. Nata in stile go- tico, la chiesa subisce nu- merose modificazioni. a pag. 2 Massimo Zanicchi Clara Bartolini dotato di un talento inna- to (inizia a disegnare a 14 anni), negli anni venti vie- ne espulso per due vol- te dall’Accademia di Belle Arti di Madrid perché non vuole essere giudica- to da docenti che non ri- tiene alla sua altezza. Nel 1939, dopo averne fat- to parte per un lungo pe- T utti conoscono Salvador Dalì, e la mostra mila- nese, a Palazzo Reale, co- stituisce un’occasione per approfondire ciò che l’ar- tista ha creato nel corso della sua lunga vita (1911- 1984). Dalì è un eccentri- co. Consapevole di essere riodo, viene cacciato dal gruppo surrealista –tra gli altri motivi– per le sue sim- patie hitleriane; e anco- ra, quando si trasferisce in America e aderisce al fran- chismo, infrange una vetri- na ove sono esposte delle sue opere perché non è sod- disfatto dell’allestimento. a pag. 20 Milena Moriconi Dieci secoli di Arte Islamica Silvia Colombo Grande tela del primo ‘700 esposta nella Basilica di San Marco a Milano, opera del pittore milanese Stefano Maria Legnani (1661-1713) detto “il Legnanino”; rappresenta San Gerolamo che traduce le Sacre Scritture. Questo quadro di proprietà della Pinacoteca di Brera è da quasi due secoli in deposito a San Marco. Museo Diocesano nell’am- bito di un percorso cultu- rale iniziato nel 2002, in collaborazione con Anima sgr, che ha già coinvol- to più di 200mi- la visitatori. Il soggetto del di- pinto, che co- me nelle prece- denti 7 edizio- ni dell’iniziativa sarà esposto sin- golarmente in modo da sti- molare l’appro- fondimento del messaggio pit- torico e poetico dell’artista, rap- presenta un te- ma tipico della fase matura di Filippo Lippi. a pag. 3 16 novembre al 30 genna- io, l’opera, il cui titolo com- pleto è “Natività con San Giorgio e San Vincenzo Ferrer”, sarà ospitata dal Miniatura dipinta su seta con una coppia principesca con attendenti. Asia Centrale, inizi del XV secolo d.C.

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Gli eventi d’arte a Milano, giorno per giornoNews d’arte dall’Italia, news d’arte dal mondo,

ogni giorno oltre100 nuove notizie d’arte

Itinerari culturaliMorandi ad Alba pag. 7,

Rauschemberg a Villa Panza (Va) pag.8,Joan Mirò a Pisa pag.10, Giorgione a Padova pag.11,

Gamec Bergamo pag. 19, Michel Comte a Lucca pag.23

ok Arte Anno IX N.4

Il sogno di DalìFilippino Lippi

Nov - Dic 2010

È davvero un privilegio poter godere della bel-

lezza proposta dall’appassio-nata ricerca di una coppia che ha fatto dell’Arte Isla-mica la sua missione, rac-cogliendo una Collezione di rilevanza internazionale. E’, infatti, una storia bella e speciale quanto rara quella di Sheikh Nasser Sabah Ah-med al-Sabah e sua moglie, Sheikha Hussah Sabah Sa-

Raccolta Al Fann

Mostre a MilanoTiziano a Palazzo Marino pag.2,

Filippo Lippi a Palazzo Reale pag. 3,Dai Borromeo al Simbolismo a Palazzo Reale pag. 6,

Basilico alla Fondazione Stelline pag. 8

In prima assoluta “la Stanza di Mae West”Dal 16 novembre il Museo Diocesano

ospiterà la nuova edizio-ne dell’ini-ziativa “Un capolavoro per Milano”. Dopo C a r a v a g g i o , Mantegna e Botticelli è arri-vato il turno di Filippo Lippi. L’artista fioren-tino, con la sua “Natività” og-gi conservata nel museo ci-vico di Prato, sarà il protago-nista dell’ottava edizione di “Un capolavoro per Milano”. Dal

Un capolavoro per Milano

lem al-Sabah. Bisogna ag-giungere che è merito della passione del curatore del-la mostra Giovanni Cura-tola, Professore di archeolo-gia e arte Musulmana, l’aver saputo scegliere tra i tanti oggetti a disposizione, 350 pezzi dell’intera Collezione, una sintesi efficace capace di grande esaustività storica e rappresentativa anche dal punto di vista della varie-tà degli elementi, in grado di soddisfare le attese del-

lo spettatore più competen-te e curioso. Ma ritorniamo ai protagonisti, è quasi una favola dei nostri tempi quel-la che ha portato lo Sceicco a iniziare, con una splendi-da bottiglia in vetro smal-tato d’epoca Mamelucca del XIV secolo comprata qua-si per caso durante un viag-gio, una ricerca instancabi-le, sostenuto da sua moglie, appassionatasi immediata-mente alla ricerca, come lui. a pag. 14

La Basilica di San MarcoPiazza San Marco, zona

Pontaccio. Vecchie fo-to che la ritraggono rifles-sa nelle acque del Naviglio, con carrozzelle, traina-te da cavalli, che le sfilano davanti accompagnando in passeggiata signore del-la Milano bene di allora. Quella romantica sugge-stione è passata. Il Naviglio coperto, le carrozzelle so-stituite da utilitarie e suv. Ma Lei, la basilica di San Marco, da aristocratica si-gnora, conserva inalterato il suo fascino. E’ parecchio datata la madama, ma i suoi 800 anni se li porta magni-ficamente. Nasce per volere di Lanfranco Settala, Priore Generale degli Eremitani di Sant’Agostino, nel lon-tano 1200. Il suo nome è un omaggio al patrono di Venezia, ed ai veneziani, per il grande contributo dato ai milanesi nella lotta con-tro Federico Barbarossa, sconfitto definitivamente nella Battaglia di Legnano del 1176. Nata in stile go-tico, la chiesa subisce nu-merose modificazioni. a pag. 2

Massimo Zanicchi

Clara Bartolini

dotato di un talento inna-to (inizia a disegnare a 14 anni), negli anni venti vie-ne espulso per due vol-te dall’Accademia di Belle Arti di Madrid perché non vuole essere giudica-to da docenti che non ri-tiene alla sua altezza. Nel 1939, dopo averne fat-to parte per un lungo pe-

Tutti conoscono Salvador Dalì, e la mostra mila-

nese, a Palazzo Reale, co-stituisce un’occasione per approfondire ciò che l’ar-tista ha creato nel corso della sua lunga vita (1911-1984). Dalì è un eccentri-co. Consapevole di essere

riodo, viene cacciato dal gruppo surrealista –tra gli altri motivi– per le sue sim-patie hitleriane; e anco-ra, quando si trasferisce in America e aderisce al fran-chismo, infrange una vetri-na ove sono esposte delle sue opere perché non è sod-disfatto dell’allestimento.a pag. 20

Milena Moriconi Dieci secoli di Arte Islamica

Silvia Colombo

Grande tela del primo ‘700 esposta nella Basilica di San Marco a Milano, opera del pittore milanese Stefano Maria Legnani (1661-1713) detto “il Legnanino”; rappresenta San Gerolamo che traduce le Sacre Scritture. Questo quadro di proprietà della Pinacoteca di Brera è da quasi due secoli in deposito a San Marco.

Museo Diocesano nell’am-bito di un percorso cultu-rale iniziato nel 2002, in collaborazione con Anima sgr, che ha già coinvol-

to più di 200mi-la visitatori. Il soggetto del di-pinto, che co-me nelle prece-denti 7 edizio-ni dell’iniziativa sarà esposto sin-golarmente in modo da sti-molare l’appro-fondimento del messaggio pit-torico e poetico dell’artista, rap-presenta un te-ma tipico della fase matura di Filippo Lippi. a pag. 3

16 novembre al 30 genna-io, l’opera, il cui titolo com-pleto è “Natività con San Giorgio e San Vincenzo Ferrer”, sarà ospitata dal

Miniatura dipinta su seta con una coppia principesca con attendenti. Asia Centrale, inizi del XV secolo d.C.

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2 NOVEMBRE - DICEMBRE 2010 OK Arte

da pag.1

Piazza San Marco, zona Pontaccio. Vecchie fo-

to che la ritraggono rifles-sa nelle acque del Naviglio, con carrozzelle, traina-te da cavalli, che le sfilano davanti accompagnando in passeggiata signore del-la Milano bene di allora. Quella romantica sugge-stione è passata. Il Naviglio coperto, le carrozzelle so-stituite da utilitarie e suv. Ma Lei, la basilica di San Marco, da aristocratica si-gnora, conserva inalterato il suo fascino. E’ parecchio datata la madama, ma i suoi 800 anni se li porta magni-ficamente. Nasce per volere di Lanfranco Settala, Priore Generale degli Eremitani di Sant’Agostino, nel lon-tano 1200. Il suo nome è un omaggio al patrono di Venezia, ed ai veneziani, per il grande contributo dato ai milanesi nella lotta contro Federico Barbarossa, scon-

La Basilica di San MarcoMilena Moriconi chi, in soli 3 anni, è riusci-

to a costruire un Cimitero Monumentale spettacolo-so, i cui richiami sono così poco religiosi e così tan-to laici, da far pensare al Maciachini come un ap-partenente alla massoneria. Ma è ora di entrare in chie-sa. Mamma mia, sembra non finire mai coi suoi 96 mt di lunghezza! Tre nava-te e nove cappelle ci accol-gono in un silenzio irreale. Notevoli, fra le cappelle, quella della famiglia Foppa, decorata con storie dei san-ti Pietro e Paolo, opera di Paolo Lomazzo, e quella de-dicata a San Marco, con un bell’altare del Legnanino. Nella navata di destra si nota un Presepe in car-ta del Londonio, recente-mente restaurato. La scuola leonardesca è presente gra-zie ad una Madonna con Bambino di scoperta re-centissima. Nella parte me-ridionale del transetto si trova l’area dei sarcofagi, la cui costruzione si pone come inizio verso la me-tà del XIV secolo. L’Arca di Martino Aliprandi raffigu-ra, al centro, la Santissima Trinità, mentre nelle nic-chie laterali spiccano le figure di San Marco e Sant’Agostino. L’Arca di Salvarino Aliprandi, gran-de sostenitore dei Visconti, è molto più semplice: solo il defunto in ginocchio da-

vanti a Cristo che lo bene-dice e due angeli. Una nota sul sarcofago di Lanfranco Settala, situato nel mezzo della parete centrale: nono-stante la posizione di spicco, non si tratta dell’omoni-mo costruttore della chiesa, bensì del personale con-fessore dell’Arcivescovo Giovanni Visconti. E poi, non si può omettere un rife-rimento al grande e prege-volissimo organo, costruito da Giacomo Antegnati nel 1564, ampliato da Costanzo Antegnati nel 1604, e defi-nitivamente strutturato dal Balbiati nel 1875. L’ultima revisione, ad opera degli stessi Balbiati, è del 1899, con inaugurazione da par-te di un nome eclatante: Amilcare Ponchielli. Ma al di là delle pregevoli opere artistiche, San Marco è fa-mosa per una serie di cu-riosità che è doveroso citare. Il grandissimo Wolfgang Amadeus Mozart soggior-na in canonica per circa 3 mesi, approfittandone per suonare il gigantesco orga-no, mentre Verdi vi dirige il requiem, da lui stesso com-posto, durante la messa so-lenne celebrata per la morte del Manzoni. La scrittura del requiem dà una spinta al ritorno a nuova vita per Verdi, precipitato, proprio in quel periodo, e dopo la composizione dell’Aida, in uno stato di totale apatia.

fitto definitivamente nel-la Battaglia di Legnano del 1176. Nata in stile gotico, la chiesa subisce numerose modificazioni. Lo stile ba-rocco, che intorno al 1600 ha lentamente spodestato il gotico, viene ulteriormen-te manipolato dal più po-deroso degli interventi: il Maciachini (o Maciacchini come scritto dal Merzario), architetto dallo stile, e a quanto sembra anche dal carattere, prepotente ed in-confondibile, ne ridisegna completamente la facciata. Conserva solo la lunetta con Madonna e Bambino, mosaico di Angelo Inganni, le 3 statue di santi sovra-stanti, ed il campanile del XIV secolo, ma per il resto, compie un’autentica rivo-luzione visiva, sostituendo un finestrone centrale con un gigantesco rosone, ed inserendo 5 piccoli campa-nili e 2 finestroni a bovindo a fianco dell’entrata. Il lavo-ro è fatto bene, e niente di meno ci si può aspettare da

Ultima, ma solo per cita-zione e non certo per im-portanza, è la Cappella Musicale, formata da 3 cori, 4 organisti ed orchestra, che è attiva non solo per eventi culturali o funzioni solen-ni, ma anche per accom-pagnamento di cerimonie private al fine di sostene-re economicamente l’Asso-ciazione. Fra gli organisti, i nomi di Carlo Mascheroni, vincitore della I° edizio-

ne del Concorso d’Orga-no di Noale, e Fabrizio Castiglioni. Il “Piccolo Ensemble”, nato nel 1988 dall’iniziativa di pochi, gio-vani diplomati alla costante ricerca di nuove prassi stili-stiche e specialisti nell’ese-cuzione di musica antica, collabora stabilmente, sin dal 1992, con la Cappella Musicale, dotandola di un ulteriore tocco di prestigio qualora ve ne fosse bisogno.

Natale a Milano: il mo-numentale albero di

Piazza Duomo, le vetri-ne della Rinascente, i gio-chi di luce sui palazzi di Piazza della Scala, e da due anni a questa parte an-che il grande capolavoro esposto a Palazzo Marino. Nel 2008, come dimenti-carlo, era arrivata in città la straordinaria Conversione di Saulo di Caravaggio; nel 2009 il San Giovanni di Leonardi di Vinci, e quest’anno, grazie ad eni e alla collaborazione con il Comune di Milano, sa-rà la volta di Tiziano, e della sua Donna allo Specchio, in esposizione dal 3 dicembre al 6 gennaio.Si tratta di una delle ope-re più seducenti del pittore veneto, parte delle collezio-ne del Musée du Louvre: una splendida donna dalla pelle candida sta sisteman-dosi alla toeletta i capelli, lunghi e sciolti sulle spal-le, intingendo le dita in un’ampolla per unguenti. L’abito è allentato, la veste cade morbida sul petto. E’ aiutata da un giovane ser-vitore, raffigurato in om-bra, che regge due specchi: uno piano davanti a lei e

Tiziano a Palazzo MarinoEsposizione straordinaria dal Museo del Louvre

uno, inclinato alle sue spal-le, convesso. In questo mo-do permette a lei di vedere la chioma che scende sul-la schiena, e a noi di go-dere della maestria con la quale Tiziano raffigura il riflesso di tutta la stanza. La caratteristica dello specchio convesso è infat-ti quella di dare una più ampia visuale, anche se deformata ai bordi. Così l’artista gareggia con la scultura, fornendo su un unico piano bidimensio-nale due diversi punti di vista e ponendo anche le basi per un virtuosismo ot-tico che sarà ripreso nella storia dell’arte successiva. I due personaggi ritrat-ti sono stati variamente identificati: alcuni han-no suggerito che potesse trattarsi di Alfonso d’Este e della sua amante, altri pensano che si tratti di un autoritratto giovanile di Tiziano con la sua amata, altri ancora di un dipinto che esalta la bellezza pe-trarchesca delle donne ve-neziane e le loro virtù, o di un ritratto ideale, per-sonificazione della Pittura.Il dipinto restituisce in ogni caso, attraverso la

percezione dell’intimità di un ambiente domestico, alcuni tra gli aspetti me-no noti della cultura del Rinascimento italiano: sul-la tela si possono leggere l’esaltazione dei valori este-tici e morali della bellezza femminile del tempo, i co-dici del comportamento virtuoso delle dame, le loro abitudini, il loro vestiario, la cultura dell’amore corte-se che dominava il mondo relazionale della Venezia a cavallo tra il Quattrocento e il Cinquecento. Un dipin-to complesso, dunque, va-lorizzato dalle curatrici, Valeria Merlini e Daniela Storti, in senso mono-grafico, grazie all’analisi precisa di tutti gli spun-ti pittorici, tematici ed in-terpretativi rintracciabili nella tela. L’appuntamento, come sempre gratuito, è da non perdere, e non vi è al-cun dubbio che milanesi e torneranno a radunarsi a Palazzo Marino duran-te le festività natalizie.

Info: www.eni.com www.comune.milano.it Ufficio stampa mostra:[email protected]. 0289415532

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Tiziano, Donna allo specchio, particolare

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NOVEMBRE - DICEMBRE 2010 3OK Arte

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Tra storia e fede: il Museo Diocesanoun accordo tra il Comune di Milano e la Curia av-vierà il progetto di ristrut-turazione dei chiostri di Sant’Eustorgio, indicati co-me sede del nuovo Museo: rimasto però sulla carta il progetto venne ratificato e ripreso nel corso degli an-ni ’80, a cura dello studio dell’architetto Lodovico Barbiano di Belgiojoso.

Francesca Mariano

da pag.1

Dal 16 novembre il Museo Diocesano

ospiterà la nuova edizione dell’iniziativa “Un capo-lavoro per Milano”. Dopo Caravaggio, Mantegna e Botticelli è arrivato il turno di Filippo Lippi. L’artista fiorentino, con la sua

“Natività” oggi conservata nel museo civico di Prato, sarà il protagonista dell’ot-tava edizione di “Un ca-polavoro per Milano”. Dal 16 novembre al 30 genna-io, l’opera, il cui titolo com-pleto è “Natività con San Giorgio e San Vincenzo Ferrer”, sarà ospitata dal Museo Diocesano nell’am-bito di un percorso cultu-rale iniziato nel 2002, in collaborazione con Anima sgr, che ha già coinvolto più di 200mila visitatori.Il soggetto del dipinto, che come nelle preceden-

ti 7 edizioni dell’iniziativa sarà esposto singolarmente in modo da stimolare l’ap-profondimento del mes-saggio pittorico e poetico

Massimo Zanicchi

Filippo Lippi: l’ottava meravigliaProtagonista la “Natività con San Giorgio e San Vincenzo Ferrer”

Inaugurato da meno di un decennio il Museo

Diocesano di Milano si è affermato ormai a livel-lo nazionale come impor-tante sede espositiva che riflette l’identità storico culturale e religiosa del ter-ritorio in cui è radicato. La prima idea del Museo risa-

di grande importanza per la storia del cristianesimo ambrosiano. Sulla piazza di Sant’Eustorgio si trova infatti, ancora oggi, il fon-te in cui san Barnaba in-torno al I secolo, avrebbe battezzato i primi milane-si, dando inizio alla chie-sa locale. Sant’Eustorgio è quindi luogo di storia e di preghiera, che ben defi-nisce, fin dalla storia del-la sua fondazione e del suo culto, l’identità del cri-stianesimo ambrosiano. Il complesso basilicale è sta-to fondato in epoca pale-ocristiana, ricostruita in forme romaniche fra l’XI e il XII secolo e rimaneg-giato nella prima metà del XIII secolo, dopo l’inse-diamento dei domenicani. In questo momento si av-via la costruzione dell’an-nesso convento che ingloba un preesistente ospedale. Il convento visse una grandiosa stagione fi-no alla seconda metà del Quattrocento, quando con la fondazione di un se-condo polo domenicano in città, Santa Maria delle Grazie, Sant’Eustorgio per-se progressivamente il ruo-lo predominante che fino a quel momento aveva rive-stito nel contesto milane-se. Le collezioni del Museo Diocesano sono state alle-stite nel 1996 dall’architetto Antonio Piva, tenendo pre-sente la particolare struttura architettonica del comples-so di Sant’Eustorgio ed esaltando così l’incon-tro tra storia e fede che per secoli hanno caratte-rizzato il sito ambrosiano.

rivare in città ogni an-no per l’appunto un’opera d’arte con l’intento di far conoscere ai milanesi ca-polavori conservati in altri luoghi, in Italia o all’estero. L’iniziativa che ha ospita-to i capolavori di Antonello da Messina, di Caravaggio e Mantegna tra gli altri, ha avuto un grande suc-cesso di pubblico e prose-

racchiuso il Cristo a simbo-leggiare la visione che gui-dò il santo nel proprio ruolo all’interno della Chiesa. In secondo piano a com-

Giorgio e in quella degli an-geli si può rico-noscere il tocco di Domenico di Zanobi. I personaggi so-no raffigura-ti secondo i dettami del-la iconogra-fia classica. Al centro del-la pala, tra la Madonna e san Giuseppein adorazio-ne, si trova il bambin Gesù.Ai margi-ni della sacra famiglia poi vi sono, sul-la sinistra san Giorgio, an-che lui in adorazione, e sulla destra san Vincenzo Ferrer con lo sguardo ri-volto a una “mandor-la” di luce al cui interno è

dell’artista, rappresenta un tema tipico della fase matu-ra di Filippo Lippi. Le sue numerose varianti della natività, infatti, furono di-pinte tutte nel suo periodo pratese (dal 1452 al 1466). Quella in mostra a Milano, una tempera su tavo-la destinata originaria-mente alla chiesa di san Domenico, rappresenta una delle opere più inte-ressanti realizzate durante la sua permanenza a Prato. Databile intorno al 1456, per volere dei committenti, è fortemente legata al culto di san Vincenzo Ferrer, di-fensore della Chiesa con-tro l’eresia, canonizzato nel 1455. Se l’idea generale del-la composizione è da attri-buirsi a Lippi, l’esecuzione invece si può ascrivere ad alcuni suoi collaborato-ri della bottega pratese. Oltre all’intervento del suo assistente Fra Diamante, nella figura esile di san

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Autoritratto

le al 1931, quando il beato Ildefonso Schuster, arcive-scovo di Milano, incoraggiò la nascita di una istituzio-ne dedicata a promuovere “l’amore per l’arte presso le persone dedicate a Dio” e al tempo stesso volta ad impe-dire la dispersione del co-spicuo patrimonio artistico della diocesi. Solo nel 1960

Il 5 novembre del 2001 il Museo Diocesano venne aperto al pubblico e, oltre a conservare e promuovere i preziosi beni artistici del-la diocesi, che ricordiamo essere una delle più ricche d’Italia, dall’anno successi-vo, ha adottato il progetto Un capolavoro per Milano, con l’obiettivo di far ar-

gue tutt’oggi. La sede che accoglie i locali del Museo Diocesano è tra le più im-portanti e prestigiose di Milano: il complesso monu-mentale di Sant’Eustorgio è costituito dall’insie-me unitario della basilica e dell’antico convento do-menicano, formatosi nel corso dei secoli in un’area

pletare la scena, infine, si trovano il bue, l’asino, i pa-stori e una schiera di angeli.Nella tavola colpisce tanto l’eleganza della figura dei santi, quanto la descrizione naturalistica dello sfondo (memore della tradizione pittorica che ha in Giotto il suo caposaldo) compo-sto da una vegetazione for-mata da una serie di piante simbolo della penitenza (vite, mirto e agrifoglio).Per tutto il periodo dell’esposizione sarà pos-sibile ammirare la tavo-la di Lippi recandosi al Museo Diocesano, al nu-mero 95 del corso di Porta Ticinese, dal martedì alla domenica dalle 10 alle 18. Il costo del biglietto d’in-gresso è 8 euro (6 € per i gruppi, 5 € per i ridotti e 2 € per le scolaresche). Il gior-no preferibile per la visita è il martedì quando la tarif-fa ordinaria cala del 50%, assestandosi a soli 4 euro.

Lippi, Natività, particolare

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4 NOVEMBRE - DICEMBRE 2010 OK Arte

Acquario Civico

Agli albori del secolo scorso, in un clima di

grande incertezza politica ma di forti fermenti di rin-novamento, in una Milano

il Duca Giuseppe Crivelli Serbelloni al quale è dedi-cata la targa accanto all’in-gresso. Le ragioni di un acquario all’Esposizione erano almeno due: la prima il richiamo per il pubblico

Mariantonia Ronchetti L’edificio dell’acquario ri-specchia pienamente i ca-noni dello stile liberty che nella capitale meneghi-na, a queste date, non era più considerato una scel-ta stravagante di architetti

Espressione del libertymondo marino, fluido e colorato, si prestava parti-colarmente bene ad un’in-terpretazione art nouveau. L’impianto, forse un po’ ri-gido del fabbricato, è alleg-gerito dalla ricchezza delle decorazioni. Lungo le pa-reti esterne tondi in ce-mento accolgono i sinuosi movimenti del corpo di: tartarughe, polpi, cocco-drilli, granchi, rane, arago-ste mentre un marca piano di piastrelle in ceramica corre lungo tutto il peri-metro raffigurando pesci e animali acquatici caratte-ristici del racconto di Verne. Tra le grandi finestre del piano nobile riquadri in ce-ramica firmate R. Ginori mostrano la flora acquatica i cui nomi sono indicati ne-gli eleganti caratteri liber-ty sottostanti. Nel corpo di fabbrica sporgente tra la porta d’ingresso e quella d’uscita troneggia, Nettuno dio dei mari; sotto di lui la fontana dall’esotica testa d’ippopotamo di Giovanni Chini. La parte posterio-re dell’edificio si apre con un porticato semicircolare su un giardino dove sono collocate le vasche che ri-producono gli ambienti ti-pici della Pianura Padana. L’edificio riaperto nel 2006 è stato oggetto di un lun-go restauro che ha ripor-tato l’esterno all’antico splendore e ha completa-mente rinnovato gli interni.

L’Acquario Civico si trova in via Girolamo Gadio n.2

Bar Il Cortiletto di Achille Cennamiall’interno dell’Accademia di Brera

alla ricerca della propria af-fermazione, si inaugura il 28 aprile 1906, in occasio-ne dell’apertura del traforo del Sempione che collega-va direttamente l’Italia all’ Europa, l’esposizione uni-versale dedicata ai tra-sporti. Dei duecentocinque padiglioni sviluppati tra

costituito da un’attrazione scientifica innovativa, l’ac-quario milanese è infat-ti uno dei primi al mondo, la seconda era l’interesse verso il mondo sottomari-no all’apice dopo l’uscita di “Ventimila leghe sotto i mari” di Jules Verne (1870). L’architetto Locati forma-

in vena di sperimentazio-ni, bensì accettato come uno dei possibili linguag-gi dell’architettura ufficia-le. La natura, quale fonte ispiratrice trova anche ne-gli edifici pubblici e priva-ti piena espressione: le linee ammorbidiscono i prospet-ti mentre le pareti esterne

Parco Sempione e Castello Sforzesco, rimane l’Acqua-rio Civico dell’architetto Sebastiano Locati, situato ai margini del Parco accanto all’Arena Civica. Fervente promotore del progetto fu

tosi a Brera si trasferì per un certo periodo a Parigi dove aggiornò le proprie conoscenze artistiche su un gusto eclettico che gli consentì di interpretare li-beramente epoche e stili.

si arricchiscono di elegan-ti decorazioni realizzate attraverso l’accostamento di materiali inusuali qua-li il cemento e la cerami-ca, il vetro e il ferro battuto. Nel caso dell’Acquario il

Direttore responsabileAvv. Federico Balconi

Direttore editorialeFrancesca Bellola

Responsabile Pubbliche RelazioniSerena Baccaglini

Pubbliche RelazioniElena Marradi

Progetto Grafico e impaginazione

Kerr [email protected]

Stampato dalla IgepVia Castelleone 152 CR

Testata OK ArteReg. Tribunale di Milano del 6 maggio 2008 n. 283

Hanno collaborato:

Serena BaccagliniClara Bartolini

Francesca BellolaCarlo Catiri

Silvia CiprianoAmarenaChicStudio

Silvio ColomboGiuliana De Antonellis

Isabella De MatteisFAI

Carla FerrarisFabrizio Gilardi

Alessandro GhezziPaola Teresa Grassi

Anna GuainazziGianluigi GuarneriLuca Impellizzeri

Francesca MarianoIvana Metadow

Milena MoriconiUgo Perugini

Giacomo Maria Prati

Antonio Purpura“Caro” C. RoccazzellaMariantonia Ronchetti

Clara TerrosuYari

Massimo Zanicchi

Informazioni per pubblicità e redazionali3474300482

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OK ARTE sede in

Corso Buenos Aires 4520124 Milano

presso agenzia Cattolica

www.okarte.net

Ok Arte MilanoEdito dall’Associazione Culturale Ok Arte

Page 5: OK ARTE novembre - dicembre 2010

NOVEMBRE - DICEMBRE 2010 5OK Arte

Un laboratorio culturale nel cuore di MilanoMuseo della Scienza e della Tecnologia

Il Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia

Leonardo da Vinci di Milano sorge all’interno dell’antico monastero oli-vetano di San Vittore al Corpo costruito agli inizi del ‘500, quando i monaci Olivetani presero posses-so e ampliarono le vecchie strutture del convento be-nedettino e della basilica. Nel 1560 iniziarono i lavo-ri per la realizzazione del-la nuova chiesa al posto dell’antica basilica medio-evale e vennero anche pro-gettati ampliamenti oltre ai chiostri principali. L’8 giu-gno 1805 un decreto na-poleonico dispose che il monastero fosse convertito in ospedale militare. Sotto la soprintendenza del co-lonnello del Genio vennero avviati i lavori per adegua-re gli ambienti del convento alle nuove esigenze milita-ri. I lavori si conclusero tra il 1807 e il 1808. Negli anni successivi l’ospedale lasciò il posto alla Caserma delle Voilore. L’esercito francese cedette il quartiere a quello austriaco; in seguito giun-se l’esercito italiano con i Cavalleggeri, infine con il glorioso 27° Reggimento Artiglieria da Campagna che costituì la Caserma Villata. L’esercito italiano continuò ad usare il vec-chio Monastero secondo i suoi bisogni, aggiungendo

tramezze, aprendo e chiu-dendo aperture. Ma i se-gni della antica opulenza erano scomparsi. Negli an-ni ’30 nacque l’idea di cre-are un museo dedicato alla tecnica all’interno del con-vento. Nel 1942 fu costitu-ita la “Fondazione Museo Nazionale della Tecnica e dell’Industria”, promossa da Guido Ucelli di Nemi e Arnaldo Salamini. Quando

Anna Guainazzi

nell’agosto del 1943 i bom-bardamenti su Milano colpirono l’edificio, nono-stante fosse già disposto il trasferimento della caser-ma nella Cittadella delle Milizie di Baggio, l’eserci-to ne era ancora ospite. Per un paio d’anni, la Caserma Villata non esistette se non come cava di materiale. Le volte dei chiostri, delle gal-lerie e dei locali minori, ri-

maste senza protezione, venivano distrutte dall’ac-qua; il gelo ed il sole pro-curavano frane e crolli. Nel 1947 la Fondazione si trasformò in ente mo-rale. Tre mesi più tardi furono decisi i lavori e re-alizzati in due lotti: il pri-mo affidato all’impresa Cugini Cerutti destina-to a bloccare il processo di decadimento e a mette-

re in sicurezza la fabbrica; il secondo affidato all’Im-presa Giovanni Bertani che realizzerà il progetto dell’architetto Portaluppi di riconversione a mu-seo. L’inaugurazione av-venne il 15 febbraio 1953 alla presenza dell’allo-ra presidente del consiglio dei ministri De Gasperi. Negli anni successivi le raccolte vennero progres-

sivamente ampliate con l’apertura di nuove sezio-ni. Nel 1964 venne realizza-to il padiglione aeronavale, per ospitare gli oggetti tut-tora più importanti conte-nuti: la nave scuola Ebe ed il Conte Biancamano. Nel 1969 fu inaugurato il padi-glione ferroviario. Nel 1993 furono aperti i primi labo-ratori interattivi. Nel 1999 il museo venne trasforma-to in fondazione di diritto privato. Oggi il Museo del-la Scienza e della Tecnica si estende su 40.000 mq ed è il più grande museo tec-nico-scientifico in Italia. Le sue collezioni, che ospi-tano circa 10.000 ogget-ti, presentano l’evoluzione scientifica e tecnologica ed esplorano il comples-so rapporto uomo-mac-china a partire dalla figura di Leonardo da Vinci. Il Museo rappresenta fin dalla sua nascita un luogo fondamentale non solo per la ricerca, lo studio e la con-servazione, ma anche per la diffusione della cultura scientifica e della sua appli-cazione tecnologica e pratica. Al suo interno si realizzano visite guidate alle collezio-ni storiche, attività nei la-boratori interattivi, eventi scientifici, progetti specia-li, mostre, spettacoli tea-trali, conferenze,convegni, concerti, corsi di forma-zione, giornate e sera-te dedicate alle Istituzioni, all’Aziende e ai cittadini.

Informazioni per pubblicità e redazionali:[email protected] - 347 4300482

La fortuna critica di LeonardoLa fortuna critica del pit-

tore è stata immediata e non ha mai subito oscu-ramenti. Già per il Vasari «volle la natura tanto favo-rirlo, che dovunque è rivol-se il pensiero, il cervello e l’animo, mostrò tanta divi-nità nelle cose sue che nel dare la perfezione di pron-tezza, divinità, bontade, vaghezza e grazia nessun altro mai gli fu pari». Per il Lomazzo «Leonardo nel dar il lume mostra che hab-bi temuto sempre di non darlo troppo chiaro, per ri-servarlo a miglior loco et ha cercato di far molto intenso lo scuro, per ritrovar li suoi estremi. Onde con tal arte ha conseguito nelle facce e corpi, che ha fatto vera-mente miracoli, tutto quel-lo che può far la natura. Et in questa parte è stato supe-riore a tutti, tal che in una parola possiam dire che ‘l lume di Leonardo sia divi-no». Non a caso lo storico aretino gli ascrisse l’avvio della “Maniera moderna”, ponendolo all’inizio del-la terza parte delle Vite. L’ultima cena (particola-re) Per Goethe, «Leonardo si rivela grande soprattutto come pittore. Regolarmente

e perfettamente forma-to, appariva, nei confron-ti della comune umanità, un esemplare ideale di es-sa. Come la chiarezza e la perspicacia dell’occhio si riferiscono più propria-mente all’intelletto, così la chiarezza e l’intelligen-za erano proprie dell’arti-sta. Non si abbandonò mai all’ultimo impulso del pro-prio originario impareg-giabile talento e, frenando ogni slancio spontaneo e casuale, volle che ogni pro-prio tratto fosse meditato e rimeditato». Per il pit-tore Delacroix, Leonardo «giunge senza errori, senza debolezze, senza esagera-zioni, e quasi d’un balzo, a quel naturalismo giudizio-so e sapiente, lontano del pari dall’imitazione servile e da un ideale vuoto e chi-merico. Cosa strana! Il più metodico degli uomini, co-lui che fra i maestri del suo tempo si è maggiormente occupato dei metodi di ese-cuzione, che li ha insegna-ti con tanta precisione che le opere dei suoi migliori allievi sono sempre confu-se con le sue, quest’uomo, la cui maniera è così tipi-ca, non ha retorica. Sempre

attento alla natura, consul-tandola senza tregua, non imita mai sé stesso; il più dotto dei maestri è anche il più ingenuo, e nessuno dei

suoi emuli, Michelangelo e Raffaello, merita quan-to lui tale elogio». Scrive Hippolyte Taine che «non c’è forse al mondo un esem-pio di genio così universa-le, inventivo, incapace di contentarsi, avido d’infini-to e naturalmente raffina-to, proteso in avanti, al di là del suo secolo e di quel-

li successivi. Le sue figure esprimono una sensibili-tà e uno spirito incredibili; traboccano d’idee e di sen-sazioni inespresse. Vicino

ad esse, i personaggi di Michelangelo non sono che atleti eroici; le vergini di Raffaello non sono che pla-cide fanciulle, la cui anima addormentata non ha vissu-to. Le sue, sentono e pensa-no con ogni tratto del viso e della fisionomia; ci vuo-le un certo tempo per sta-bilire un dialogo con loro:

non che il sentimento che esse esprimono sia troppo poco definito; al contrario, esso scaturisce dall’intero aspetto, ma è troppo sottile, troppo complicato, troppo al fuori e al di là del co-mune, impenetrabile e ine-splicabile. L’immobilità e il silenzio di esse lasciano in-dovinare due o tre pensieri sovrapposti, e altri anco-ra, celati dietro quello più lontano; s’intravede confu-samente questo mondo in-timo e segreto, come una delicata vegetazione scono-sciuta sotto la profondità di un’acqua trasparente». Per il Wölfflin,[100] «è il pri-mo artista che abbia stu-diato sistematicamente le proporzioni nel corpo de-gli uomini e degli animali e si sia reso conto dei rap-porti meccanici, nell’anda-re, nel salire, nel sollevare pesi e nel portare ogget-ti; ma anche quello che ha scoperto le più lontane ca-ratteristiche fisionomiche, meditando coordinatamen-te sopra l’espressione dei moti dell’animo. Il pitto-re è per lui il chiaro occhio del mondo, che domi-na tutte le cose visibili». La Vergine delle rocce Per

Octave Sirén, Leonardo «fu fiorentino fino al midollo, benché più sagace, più dut-tile, più intelligente dei suoi predecessori. Più tardi s’in-teressò ai problemi pittorici via via che andava appro-fondendo quelli scientifici; dal che deriva la presenza, nella sua arte, di tendenze nuove e di tratti sconosciu-ti ai suoi contemporanei. Il passaggio dai dettagli pre-cisi, dai contorni netti, alle gradazioni del chiaroscuro, alla corposità dello sfuma-to, riassume una tendenza generale nella pittura del Rinascimento; ma ciò che attorno a Leonardo non si attuò prima di due o tre ge-nerazioni, in lui divenne maturo nello spazio di ven-ti o trent’anni». Per Emilio Cecchi «da lui ebbe origi-ne una pittura d’intensi-tà insuperata, dove il rude chiaroscuro e luminismo di Masaccio è genialmen-te dedotto in una quantità di espressione plastica che, se ancora una volta dob-biamo richiamarci al ricor-do della Grecia, non si può confrontare che alla gra-zia misteriosa e sublime della scultura prassitelica»fonte Wikipedia

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6 NOVEMBRE - DICEMBRE 2010 OK Arte

Dai Borromeo al SimbolismoSilvia Colombo

civescovo meneghino dal 1595 al 1631, nonché pro-motore di uno stile pittorico controriformato –, conduce a un evidente cambiamen-to espressivo, colmo di una ‘pietas’ cristiana fatta di umiltà e penitenza, quello dei Ligari, di Andrea Pozzo

uno degli esponenti. La sua “Madonna dei gigli”, tela eseguita tra il 1893 e il 1894 e restaurata in occasione di questa mostra, è un prestito proveniente dalla Galleria d’Arte Moderna di Milano. Lo stile muta, fitti tratteggi di colore sono affiancati gli uni agli altri, la pennellata è franta ma restituisce una figuratività umile e maesto-sa: la Madonna con il bam-bino in grembo è al centro dell’opera ed entrambi sono attorniati da una corona di gigli – simbolo di purezza – che divide la superficie del quadro in due parti quasi simmetriche. La Vergine è figura sacra e profana, a metà fra cielo e terra, ed esprime la sua maternità in modo naturale, guardando con affetto il bimbo prote-so verso il fiore: è così che il sacro, infine, approda a una dimensione non solo strettamente cristiana, ma universale. “Sacro Lombar-do. Dai Borromeo al Sim-bolismo”, a cura di Mons. Franco Buzzi, Stefano Zuf-fi, Ferdinando Mazzocca, Simonetta Coppa, Giusep-pe Fusari; Milano, Palaz-zo Reale, 6 ottobre 2010 – 6 gennaio 2011. Ora-ri: lunedì 14,30-19,30; da martedì a domenica: 9,30-19,30 (giovedì: apertura sino alle 22). M1 Duomo.

Cinque secoli di arte sacra a Palazzo RealeDal 1610 al 2010: quat-

trocento anni di storia dell’arte. Questo il periodo intercorso dalla canonizza-zione di San Carlo Borro-meo a oggi, e Milano cele-bra la ricorrenza allestendo una mostra sull’arte sacra lombarda: un po’ in ritar-do sulla scaletta espositiva, finalmente il “Sacro Lombardo. Dai Borromeo al S i mb o l i -smo” è

e di Alessandro Magnasco incorso tra Sei e Settecento perviene a esiti corali più grandiosi, che culminano con l’operato di Giambat-tista Tiepolo (1696-1770), presente in mostra con “Battesimo dell’imperatore Costantino” (1757-1759), dalla chiesa di San Silvestro a Folzano (Brescia). Nel-la pala d’altare del maestro veneto, dove papa Silvestro è raffigurato nell’atto di bat-tezzare un imperatore Co-stantino non più tracotante, bensì genuflesso, uno sfon-do architettonico dal sapore teatrale si unisce alla tavo-lozza cromatica e all’elegan-za tipiche della regione di provenienza. E veneziano di nascita, poi trasferitosi a Milano, è anche France-sco Hayez, noto per i suoi ritratti di Alessandro Man-zoni, della borghesia più in vista della città, nonché au-tore di scene sacre come la pala “San Michele arcange-lo trafigge il drago” (1839) della chiesa di Sant’Andrea a Iseo, capolavoro che per cromia e grandiosità ricor-da il conterraneo Tiepolo, ma che nel complesso cede il passo al Romanticismo. Con Hayez, scomparso in età avanzata nel 1882, sia-mo ormai agli sgoccioli del percorso espositivo del “Sacro Lombardo”, giacché in questo momento gli stra-scichi del tardo Romanti-cismo si sovrappongono al Simbolismo, di cui Gaeta-no Previati (1852-1920) è

Pietro Ligari, San Francesco Saverio battezza una principessa indiana

Tiepolo, Battesimo dell’imperatore Costantino

Hayez, Ecce Homo

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Tomas RajlichDopo le persona-

li di Giorgio Griffa, Gianfranco Zappettini e Pino Pinelli, il ciclo di esposizioni dedicato al-la corrente della pittura analitica riprende a San Donato Milanese pres-so Cascina Roma con la mostra di Tomas Rajlich, artista di fama interna-zionale considerato uno degli esponenti di punta dell’astrattismo contem-poraneo. Da sabato 20 Novembre e sino a do-menica 19 Dicembre, la Galleria d’Arte Moderna ospiterà “Toccare la lu-ce”, una selezione dei suoi lavori, a partire da alcune tele storiche de-gli anni Settanta per arri-vare alle opere più recenti, come i celebri monocro-mi di grande formato rea-lizzati negli anni Novanta. Rajlich è nato nel 1940 nella Repubblica Ceca e si è for-mato a Praga come scultore; la sua affermazione arriva nel 1968 con una mostra al Museo Rodin di Parigi de-

dicata alla scultura cecoslo-vacca. Un anno più tardi, a seguito dell’occupazione sovietica del suo paese, de-cide di trasferirsi in Olanda dove comincia a dedicar-si alla pittura, diventando, in pochi anni, uno degli

Isabella De Matteis

Pittura analitica a Cascina Roma

autori di riferimento del-la “pittura analitica” o “pit-tura – pittura”, la corrente che tende all’analisi de-gli elementi fondamentali del dipingere: luce, colore, materia. A partire da que-sti, gli artisti appartenenti al movimento sottopongo-no la pittura all’analisi cui gli autori concettuali sot-topongono parti di real-

tà, trasformando la pittura stessa nell’oggetto dell’in-dagine artistica, depura-ta da ogni connotazione emozionale. Il gesto dell’ar-tista, la sua progettualità, assumono i caratteri della semplificazione, di analisi

degli elementi fondan-ti del dipingere, con esiti che ne esaltano l’essenza. A Rajlich sono state de-dicate numerose per-sonali in prestigiosi musei e gallerie d’arte d’Europa e le sue ope-re fanno oggi parte di importanti collezioni private e pubbliche, co-me quella del MoMa di New York, del Centre Pompidou a Parigi, del-lo Stedelijk Museum

di Amsterdam. La mo-stra, comprendente cir-ca 40 lavori, è corredata da un catalogo pubblicato da Silvana Editoriale, con testi di Claudia Rajlich, Alberto Zanchetta e Silvia Pegoraro che scrive: “Per Rajlich la pittura è un’attività meta-morfica che continuamen-te trasforma se stessa, chi la pratica, chi la guarda”.

Milano dal 1565 al 1584) ai primi del Novecento, met-ta in luce la trasformazio-ne artistica del tema sacro: prima stilisticamente più rigoroso, dal pieno ‘600 grandioso e, nei due seco-li a venire, lucido e infine intimo e personale. Se il contributo di Giulio Cesare Procaccini, Daniele Crespi, il Morazzone e il Cerano, le

voci corali dello stile fortemente volu-

to da Federico Borromeo

– ar-

aperta al pubblico dal 6 ottobre e ci accompagnerà sino al nuovo anno. L’idea messa in atto dai curatori dell’evento è la creazione di un cammino, artistico-culturale e spirituale, che attraverso i secoli, da Carlo Borromeo (arcivescovo di

Hayez, Arcangelo Michele, Parrocchiale Sant’Andrea Apostolo, Iseo

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NOVEMBRE - DICEMBRE 2010 7OK Arte

Clara Terrosu

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Il bassopiano storico dei Maya occupava un terri-

torio molto vasto, di circa 250.000 Km quadrati; oggi fanno parte di questa re-gione il Messico centrale, il Guatemala, la penisola dello Yucatan, l’Honduras e l’El Salvador. Spesso si usa il termine “Messica-no” in contrapposizione a quello Maya per designare in particolare la civiltà non Maya del Messico. Nella zona tra il Mar dei Caraibi ed il Pacifico, si succedono tre diversi ambienti natu-rali, sia per clima che per vegetazione e le abitudini di vita cambiano spostandosi da una costa all’altra e da Sud verso Nord. Nella pe-nisola dello Yucatan i bre-vi corsi d’acqua scorrono sotterranei e tutta la costa settentrionale presenta la-gune sulle cui rive cresceva la mangrovia. Tale zona, già

ostile che frequentemente presentava cicloni, eruzio-ni e terremoti. La cultura Maya è considerata la più evoluta, dotta e brillante fra le 123 famiglie etniche individuate e la sua avven-tura si colloca tra i primi 15 secoli della nostra era. Il periodo di maggior splen-dore si trova tra il III ed il XII secolo e la sua “morte” ufficiale, dal punto di vista militare, risale al 1697 a Ta-yasal (Peten – Guatemala) Forse ispirati dalle acque che scorrevano sotterranee, i Maya veneravano i Nove Signori della notte, chia-mati Nove Dei (Bolontku) che presiedevano ai diversi mondi sotterranei sovrap-posti. I simboli della morte ritornano sovente nell’ ico-nografia Maya. A esempio, Ah Puch, il dio della morte, accompagnato dalla civetta, da un cane, che veniva sep-pellito insieme al defunto come guida e dall’uccello moan, una specie di spar-viero, è rappresentato sotto forma di scheletro ador-nato di sonagli. Il dio della guerra e dei sacrifici è Ek Chuah, figura nera a vol-te con coda di scorpione; personalità ambivalente, è venerato da viaggiatori e venditori, spesso conside-rati come spioni, e grazie a loro è considerato il protet-tore del cacao. Ixtab, la dea del suicidio, dei sacrificati e delle donne morte di parto, é sospesa nel cielo per mez-zo di una corda annodata al collo. I suoi protetti aveva-no il diritto di andare diret-tamente nel paradiso Maya, luogo idilliaco, eden con i ceiba, gli alberi sacri. Se-condo la leggenda, un ceiba gigantesco attraversava tut-to l’universo, dal sottosuo-lo, sede dei malvagi dopo la morte, fino al mondo cele-ste. Per i Maya le malattie e la morte non erano un fatto accidentale o naturale, ma rappresentavano il castigo degli dei per le colpe passa-te. I sacerdoti erano anche astronomi e fecero calcoli che arrivarono a milioni di anni. Le stele venivano erette in date regolari con la rappresentazione di cifre che permettevano calcoli stupefacenti. Molte divinità erano connesse a profes-sioni, come tutti i corpi di artigianato, compreso i ta-tuatori e gli allevatori d’api.Continua...

I Mayamiti e leggende

in epoca precolombiana, serviva all’estrazione del sale. La popolazione, pre-valentemente contadina, basava l’alimentazione sui prodotti agricoli. A causa della foresta tropicale era necessario rimuovere le erbacce ed i Maya che usa-vano strumenti primitivi per il disboscamento, riu-scirono a creare uno spazio adeguato dove coltivare i prodotti essenziali alla so-pravvivenza e tracciarono nuove vie commerciali. La necessità di vincere la terra e gli elementi hanno rinvi-gorito e temprato l’animo di questo piccolo popolo sognatore, ma deciso! La vita e le credenze religiose risentivano dell’ambiente

Morandi e la sua amata Bologna

“Il fatto più curioso [..] è che, mentre tutti lo

conoscono come autore di nature morte, pochi sono a conoscenza dell’altra at-tività, quella di pittore del paesaggio…Io considero questi dipinti fra i più al-ti capolavori del paesaggi-smo di tutti i tempi. In essi si sente un’affettuosa at-tenzione verso l’opera gio-vanile di Corot”. Questa autorevole affermazione di Federico Zeri racchiude la personalità di Morandi as-sorta a contemplare i lun-ghi silenzi delle campagne e delle colline italiane, ve-re fonti ispiratrici. Una vita straordinariamente normale, povera di avve-nimenti e di mondanità, è l’essenza della grande av-ventura artistica di Giorgio Morandi rappresentata in maniera sublime nella mo-stra “Morandi l’essenza del paesaggio” ad Alba pres-so la Fondazione Ferrero. L’evento, promosso dal-la Fondazione Ferrero, con la Fondazione Cassa di Risparmio di Cuneo e la Regione Piemonte, e rea-lizzato in collaborazione con la Fondazione Longhi di Firenze, affronta per la prima volta al mondo, in maniera così scrupolosa e approfondita, il tema assai caro al maestro, quello del paesaggio. L’esposizione curata da Maria Cristina Bandera, ospita dal 16 otto-bre al 16 gennaio 2011, una vasta produzione di 70 ope-re e precisamente 64 dipin-ti e 6 acquerelli di assoluta qualità. La curatrice, redu-ce dell’ultima mostra de-dicata al pittore bolognese al Metropolitan Museum di New York, ripercorren-do i cinquant’anni di car-riera dell’artista, ne ha ricostruito, attraverso i nu-merosi prestatori e colle-zionisti privati e pubblici in Italia e all’estero, una visio-ne più innovativa. Il per-corso espositivo segue un ordine cronologico par-tendo da un nucleo impor-tante di oli rarissimi degli anni “Dieci” per prosegui-re ai paesaggi degli anni

“Venti” dove riaffiora la co-noscenza di maestri del passato quali Piero della Francesca. Negli anni suc-cessivi, quelli della guerra vissuti a Grizzana, l’artista raggiunge uno stile più pu-ro e raffinato. L’esposizione si conclude con l’ultimo de-cennio degli anni cinquan-ta quando la sua pittura è più rarefatta – notevole il Cortile di via Fondazza – ed il raffronto tra i paesag-gi e le nature morte è più labile. Giorgio Morandi (1890-1964), pittore schivo e solitario, rappresenta una delle figure più importan-ti del nostro secolo. Tutto si svolge nella sua abitazio-ne di via Fondazza insieme alle sorelle in pieno centro a Bologna. Tutto in modo

semplice, come in una sor-ta di luogo metafisico, co-sì sono nate molte delle sue opere di rara bellezza come gli scorci dei cortili di via Fondazza. Studente mo-dello all’Accademia del-la sua città, simpatizza con Severo Pozzati e Osvaldo Licini di qualche anno più giovane, suoi compagni di corso; ben presto si ribella all’impostazione accademi-ca e inizia a guardare agli impressionisti francesi co-me Cézanne. La sua pittura, a partire dagli anni venti, si rivolge principalmente alle nature morte, ai paesaggi e ai fiori. Frequenta alcuni giovani intellettualmente aperti che ruotano attorno

Francesca Bellola

I paesaggi, fonte d’ispirazione

alle riviste letterarie, come Riccardo Bacchelli celebre autore del Mulino del Po e letterato de “la Ronda”, e successivamente i pio-nieri futuristi Pratella e Boccioni. Inizia a pratica-re anche una tecnica appa-rentemente minore come l’incisione che lo porterà ad ottenere nel 1930, la cattedra “per chiara fama” per l’abilità nell’arte incisoria. Persino De Chirico che tende a polemiz-zare su tutti, scrive di Morandi pagine di grande ammi-razione. Dai pri-

mi anni trenta è autore di una pittura più astratta fortemente lirica. Durante la guerra l’artista si rifu-gia a Grizzana, il paesino sull’Appennino tosco-emi-liano dove realizzerà dei paesaggi di rara bellezza e di un’intensità talvolta la-cerante. Longhi affermerà con enfasi: “Morandi cre-sceva frattanto instancabil-mente e io lo vidi salire fino al culmine, che mi pare fos-se il più alto da lui raggiun-to, dei paesaggi del 1943”. Si susseguono le numerose partecipazioni alle mostre nazionali che giungeran-no all’apice nel 1948 quan-do otterrà il premio per la pittura suscitando polemi-che perché preferito a De Chirico e a Carrà. Lavorerà fino alla fine imprimen-do alle sue opere una for-te intensità ed una poetica malinconia caratteristica dalla sua arte “non vi è nul-la di più astratto del reale”.

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Morandi, Paesaggio

Morandi, Cortile di via Fondazza

Page 8: OK ARTE novembre - dicembre 2010

8 NOVEMBRE - DICEMBRE 2010 OK Arte

Gabriele Basilico

I Gluts di Rauschemberg

Gli anni 70 e tutto quan-to accadeva nel mondo

operaio attirarono l’atten-zione di un giovane archi-tetto sulle periferie indu-striali e in particolare sulle fabbriche. Da qui l’inizio di un crescente lavoro di ri-cerca e di analisi della città e una profonda lettura del

“Alla fine degli anni ‘50 ho acquistato Rau-

schenberg che considero un trait d’union tra l’Espressio-nismo Astratto e la Pop Art, perché utilizza immagini della vita reale per creare un rapporto con il passato come memoria. Se si guarda alle sue opere si vede anche il segno dipinto non solo il collage e l’oggetto. Per que-sta ragione era naturale ca-

territorio fotografandone la trasformazione nel tempo. Gabriele Basilico è uno dei fotografi italiani più noti ed è stato anche l’unico italia-no a partecipare, nel 1984, alla prestigiosa missio-ne fotografica francese Da-tar. I suoi progetti in Italia e all’estero, tra i quali Bord de mer (1984-85), Beirut (1991), Sezioni del paesag-

pire la Pop Art… Quando i Rauschenberg arrivarono a casa vi erano pochissime persone interessate. Senti-vo un grande interesse per lui perché vedevo nei det-tagli una relazione ad avve-nimenti del passato. E’ una sollecitazione della memo-ria”..(Giuseppe Panza, 1987) Con queste parole il colle-zionista e amico spiegava il suo interesse per un artista che sin dagli anni ’50 aveva stupito

i l mon-

do dell’ar-te, perché il

suo lavoro rom-peva gli schemi abi-

tuali e si rivolgeva agli “scarti” dell’uomo contem-poraneo e a trovare nuo-

vi modi di impiego, donando loro una se-conda vita. E così, da-vanti agli oggetti più disparati, ammuc-

chiati nel suo studio,

Giuliana de Antonellis

gio Italiano (1998), Inter-rupted City (1999), Silicon Valley (2007), Mosca Ver-ticale (2007-08), Milano (2008) hanno un taglio do-cumentarista, indagano sin nelle fessure di un edificio o di una strada, confron-tano il vecchio e il nuovo della crescita urbana, met-tono in luce le contraddi-zioni stridenti tra le diverse

Rauschenberg ha impie-gato il medesimo approc-cio diretto per affrontare i Gluts (1986–89 e 1991–95) assemblaggi di oggetti di recupero, la maggior parte in metallo, che rappresen-tano la sua ultima serie di sculture, 40 dei quali sono esposti a Villa Panza di Biu-mo dal 14 ottobre 2010 al 27 febbraio 2011. Per la re-alizzazione di queste opere per circa un decennio, Rau-schenberg si è recato nella Gulf Iron e Metal Junkyard, discarica fuori Fort Myers, Florida, vicino alla sua ca-sa-studio, raccogliendo fer-raglie come segnali stradali, tubi di scappamento, radia-tori, saracinesche e molto altro ancora, che pian pia-no ha trasformato in as-semblaggi poetici e spiri-tosi, in cui il risultato finale ha un effetto ben diverso dalla somma delle singo-le parti. L’occhio ne rimane colpito, la mente riflette, la mano vorrebbe averli rea-lizzati. E’ questo l’effetto che fanno a chi le guarda o am-mira o le studia. A chi gli

culture, rimandano a tem-pi passati e invitano a tempi futuri. Una sua affermazio-ne è “la città è il teatro dove si svolge il ritmo dell’iden-tità urbana”, per cui nel-le sue istantanee è possibile rendersi conto delle somi-glianze e delle discordan-ze, come se Basilico con il suo sguardo fotografico avesse abbattuto le barrie-re geografiche e la presenza dell’uomo, per parlare solo della città. Il suo è un co-gliere la geometria e l’ani-ma del luogo che a volte di-venta non-luogo. La mostra Istanbul 05.010 presenta 32 immagini che evidenziano i cambiamenti avvenuti nel-la città nel corso del tem-po: la metropoli turca che si rinnova senza perdere l’ani-ma dell’antica Costantino-poli. Lo sguardo attento del fotografo milanese analiz-za sia i quartieri storici, con la loro identità ben precisa, che quelli in via di espan-sione, identici in ogni parte del mondo, sia le zone de-cadenti, sull’orlo del crol-lo, che quelle più eleganti. Queste foto mostrano il ri-sultato urbano senza i suoi artefici e abitanti e rappre-sentano un modo autono-mo di conoscere la città, fra documentazione architetto-nica e memoria umana, una città intesa come corpo fisi-

chiese allora di commen-tare il significato dei Gluts, Rauschenberg rispose: “E’ il momento dell’eccesso, l’avidità è rampante. Ten-to solo di mostrarlo, cer-cando di svegliare la gente. Voglio semplicemente rap-presentare le persone con le loro rovine […] Penso ai Gluts come a souvenir privi di nostalgia. Ciò che devo-no realmente fare è offrire alle persone l’esperienza di

Passato e futuro a Istanbul

A Villa Panza di Biumo di Varese

guardare le cose in relazio-ne alle loro molteplici pos-sibilità”. Rauschenberg sce-glieva questi oggetti non solo per il loro valore quoti-diano ma anche per le loro proprietà formali. “Gli og-getti abbandonati mi fan-no simpatia e così cerco di salvarne il più possibi-le.” Il ritorno di Rauschen-berg a Villa Panza è un mo-mento eroico per la casa è come rinnovare una tradi-

zione, cioè il periodo vissu-to dall’artista nelle sue stan-ze. La mostra è, come dice Marco Magnifico, da guar-dare, non da capire. E’ alle-gra, gioiosa, piena di ener-gia, energia tipica degli americani, come l’artista. Il FAI, in collaborazione con la Fondazione Solomon R. Guggenheim di New York, la Collezione Peggy Gug-genheim di Venezia, il Ro-bert Rauschenberg Estate di New York, con il contri-buto e il patrocinio di Re-gione Lombardia e Pro-vincia di Varese, con il patrocinio del Comune di Varese, con il patrocinio e il contributo del Consola-to degli Stati Uniti d’Ame-rica a Milano e della BSI di Lugano, rende omaggio a una delle più grandi for-ze creative dell’arte ame-ricana dagli anni ’50 nel-la prestigiosa sede di Villa e Collezione Panza a Varese.

Per maggiori informazio-ni: www.fondoambiente.it

Giuliana de Antonellis

co in perenne “movimen-to”. “Come il narratore di talento, dice Luca Doninel-li, sa cavare il fascino del-le sue storie dalla scrupolo-sa messa in fila degli eventi, senza nulla concedere alle facili evocazioni d’atmosfe-ra, così Gabriele Basilico usa la propria formidabile esperienza e tecnica per te-

nere lontani i fantasmi del preconcetto (quale che sia, è sempre il lavoro duro e serio a snidarlo, a dissipar-lo), lasciando che la com-plessità delle cose si trasfor-mi in esattezza di sguardo.” Fino al 12 dicem-bre 2010 alla Fondazio-ne Stelline di Milano. w w w . s t e l l i n e . i t

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NOVEMBRE - DICEMBRE 2010 9OK Arte

Fotografie che sfidano l’inquietudineInaugurata il 19 ottobre,

immagini inquietan-ti / disquieting images ri-marrà allestita presso la Triennale di Milano fino al 9 gennaio. La selezio-ne di fotografie, curata da Germano Celant e Melissa Harris, caporedattore di Aperture magazine e do-cente di Photo & Imaging al Tisch e alla Columbia di New York, esplora il diffici-le concetto di inquietudine. Ingaggiati dai curatori, i fo-tografi esposti sono auto-ri di una narrazione che ne attraversa i fluidi segmenti di senso: comunità, genere, dipendenze, infanzia viola-ta, stravolgimento ecologi-co, guerra, ossessioni, abusi sugli animali e conflitti do-mestici. Testimonianze o metafore, documenti o ar-gomenti, tutti i frammenti raccolti sfidano l’interpre-tazione e la riflessione del soggetto interpretante, vi-

Vinse centomila franchi alla lotteriae fu l’ultimo del gruppo a morire

sitatore consapevole al qua-le, infatti, viene richiesto di avere compiuto almeno 14 anni. Significato e “sot-totesto” si rincorrono in una sequenza di immagini che chiedono “presenza di sguardo”: è l’evento a esse-re inquietante o è la reazio-ne di chi guarda a generare inquietudine? Istinto pri-mario, naturale, e contem-poraneamente condizione di spirito alimentata da cau-se esterne, la “disquietu-de” produce una condivisa sensazione di sospetto e di disagio. La distanza fra te-sta e pancia viene meno ed esplode fragoroso il giudi-zio: minaccioso, angoscian-te, scomodo, sgradevole, fastidioso. Gli spietati “eco-sistemi” che producono o in cui si produce questa esplosione trovano il lo-ro tempo nei cruciali de-cenni degli anni Sessanta e Settanta, e attraversa-no tutti i continenti con un gesto che ormai cono-

sciamo come globale: Iraq, Vietnam, Haiti, Rwanda, Afghanistan, Giappone, Texas; ma, anche, con un progressivo riguardo lo-calizzante, entrano dentro metropoli e piccole città, da Seattle a Palermo. In una collettiva di grande respiro, che coinvolge Julio Cesar Aguilar Fuentes, Diane Arbus, Letizia Battaglia, Nina Berman, Elena Dorfman, Donna Ferrato, Nan Goldin, Philip Jones Griffiths, Pieter Hugo, Alfredo Jaar, Yoshiyuki Kohei, Sally Mann, Robert Mapplethorpe, Mary Ellen Mark, Richard Misrach, James Nachtwey, Michael Nichols, Paolo Pellegrin, Gilles Peress, Eugene Richards, Lise Sarfati, Stephanie Sinclair, Brian Weil e Zalmai, le coordina-te per imparare il coraggio del reporter e l’attenzio-ne dettagliante dell’arti-sta. Sono previsti incontri e convegni. Catalogo Skira

Armand Guillaumin, artista baciato dalla fortuna

Paola Teresa Grassi

L’ironia della vita è ben sintetizzata dall’intro

di uno dei pezzi più famo-si di Alanis Morrissette: «An old man turned ni-nety-eight, he won the lot-tery and die the next day» (Un vecchio compì novan-totto anni, vinse alla lotte-ria e morì il giorno dopo). Una beffa che ha rischiato di toccare in sorte a uno de-gli impressionisti meno no-ti al pubblico: Jean-Baptiste Armand Guillaumin. Nel 1891 vinse centomila fran-chi alla lotteria promos-sa dal Crédit Foncier. Una somma oltremodo ingen-te – soprattutto se si pen-sa che qualche anno prima il quadro di Monet che ha segnato l’inizio dell’epo-pea degli impressionisti, “Impression au soleil le-vant”, era stato venduto a mille franchi – ma che avrebbe potuto dimostrarsi tardiva. Guillamin, infat-ti, al momento della vin-cita aveva quarantanove anni, in un’epoca in cui la vita media si assestava at-torno ai quaranta. Dopo un’esistenza mediamente grigia – per un lungo pe-riodo il pittore lavorò pres-so il servizio d’igiene della città di Parigi controllando la rete stradale tre notti al-la settimana – Guillaumin accolse la novità con entu-siasmo. La sua prima escla-mazione sembra sia stata:

no, guadagnandosi il titolo, mai assegnatogli da nessun manuale di storia dell’ar-te, di “Impressionista più fortunato”, anche in consi-derazione della circostan-za che sopravvisse a tutti i membri del gruppo, mo-rendo per ultimo nel 1927 alla veneranda età (in bar-ba alle statistiche) di ot-tantasei anni. Forse fu proprio la fortuna sfaccia-ta a offuscarne il talento e di conseguenza la notorie-tà postuma che spettò alla gran parte dei suoi colle-ghi. A testimonianza della

sua bravura si possono ci-tare i fratelli Van Gogh, in-tenditori di pittura quanto un macellaio in materia di salami, che nel giudicar-lo lo paragonavano ai più grandi. Ma l’etichetta bo-hemien, con il suo carico di disperazione e malasorte, che in tanta narrativa e sag-gistica contrassegna i pro-tagonisti del movimento impressionista, mal si con-cilia con il vincitore di una lotteria che, per di più, per guadagnarsi la pagnotta è stato a lungo un ordinario dipendente pubblico (aven-do lavorato, oltre che per la municipalità di Parigi, an-che per la compagnia ferro-viaria francese). Allargando il discorso ai suoi soci è iro-nico, senza dubbio, come la maggior parte di loro ab-bia vissuto in piena mise-ria per cominciare a far muovere montagne di sol-di solo dopo la morte. Lui perlomeno, mutuando nuovamente le parole del-la cantautrice canadese, a differenza dei suoi sfortu-nati compari, nel buio della sua tomba non si deve es-sere sentito come quel ta-le che ha ricevuto la «death row pardon two minutes too late» (l’assoluzione dal-la pena di morte due minu-ti troppo tardi). D’altronde Guillamin era un predesti-nato, non a caso nacque al numero 10 di rue de Rivoli, la centralissima via parigi-na che costeggia il Louvre.

Massimo Zanicchi

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Un autunno di mostreTriennale di Milano

Uno dei luoghi che cele-brano Milano in Italia

e nel mondo è la Triennale: il tempio dell’architettura e del design. Che si tratti del-la Triennale storica o della Bovisa, entrambe svolgono un ruolo determinante. Il marchio Triennale è sino-nimo di modernità, di evo-luzione, di ricerca, senza dimenticare la tradizione e l’innovazione. Il risultato

der Rohe 2009. Dal 19 otto-bre 2010 – 9 gennaio 2011 a cura di Germano Celant e Melissa Harris nella mo-stra “Disquieting Images” la Triennale ospita una rac-colta internazionale di im-magini inquietanti per i loro contenuti problematici come inquinamento, sesso, AIDS, mafia, sadomaso-chismo, guerra, droga, tra-vestitismo, violenza sugli animali, sfruttamento della natura e dell’essere umano. Un percorso per immagini che invitano alla riflessio-

se si vuole conoscere come eravamo, cosa usavamo e quali siano le relazioni tra gli oggetti bisogna immer-gersi nel mondo del design e lasciarsi accompagnare dalla mostra “Quali cose siamo” fino al 27 febbra-io 2011. In questa terza in-terpretazione di Triennale Design Museum è che in Italia esista un grande e in-finito mondo parallelo a quello del design istituzio-nale, un design invisibile e non ortodosso e che ognu-no ha nella sua dimora.

Giuliana de Antonellis si nutre del sogno mentre dall’altra affonda le proprie radici nella quotidianità.Per capire cosa accade in Europa in architettura vi è la mostra “European Union Prize for Contemporary Architecture Mies van der Rohe Award 2009” (2 – 31 ottobre 2010) in cui si pre-sentano i progetti vincito-ri e selezionati del Premio per l’architettura con-temporanea dell’Unione Europea Premio Mies van

ne sulla condizione del pia-neta e dei suoi abitanti. Per vedere in immagini la cre-scita spasmodica di una cit-tà dall’11 novembre 2010 al 9 gennaio 2011 è in mostra “Brasilia1960-2010 Storie, opportunità e contraddi-zioni di un’utopia realizza-ta”, in cui vengono messe in evidenza le celebrazioni, le critiche e le contraddizio-ni che ne accompagnano lo sviluppo, fino al suo signi-ficato contemporaneo. Ma

Elena Dorfman, Rebecca 1, 2001 © Elena Dorfman/Edwynn Houk Gallery

pittori piuttosto pittoreschi

è un autunno ricco di mo-stre, convegni o incontri, tali da soddisfare l’esigen-za culturale specialistica. Si è iniziato con una mostra dedicata all’Alfa Romeo sullo sfondo delle vicende culturali e sociali dell’Ita-lia: Il segno Alfa. (24 set-tembre 2010 – 10 ottobre 2011 a cura di Francesco Casetti). In essa si è evi-denziato l’immaginario che accompagna l’automo-bile con la sua industria e la sua tecnologia: un im-maginario che da un lato

«Ottimo! Potrò dipingere il mare». E a vedere come sono andate le cose, ave-va molti motivi per ralle-grarsi della situazione. A differenza del novantot-tenne cantato da Alanis Morissette, Guillaumin eb-be trentasei lunghi anni per potersi godere il botti-

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10 NOVEMBRE - DICEMBRE 2010 OK Arte

Emilio Farina: ponteggi d’artista

Fino a dicembre sarà pos-sibile ammirare l’opera

di Emilio Farina, Mise En Scene, il ponteggio d’artista realizzato sul fronte del-la berniniana Cappella del Voto del Duomo di Siena, recentemente rielaborato e che trasforma una strut-tura da cantiere in un’ope-ra d’arte site-specific, di cui

abbiamo scritto nel nume-ro di giugno. Inoltre, alla Biale Cerruti Art Gallery di Siena si è avuta l’occasio-ne di scoprire come Emilio Farina sappia accostarsi, creare confronto e trova-re nuovi equilibri, reinter-pretando e integrandosi con i complessi monumen-tali nei quali si inserisce, perché vengono presenta-ti a Siena per la prima vol-

ta i bozzetti che sono stati il percorso di preparazione e nei quali si delinea l’idea e l’artista studia armonie an-tiche con l’uso delle terre, con colori e materiali parti-colari. Un’occasione quin-di per seguire il percorso creativo dal primo nasce-re dell’idea alla realizzazio-ne finale: dalle policromie raffinatissime del pavimen-to del Duomo, per sentieri

Serena Baccaglini

Dai bozzetti al “Mise en scene” del Duomo di Siena

Pisa, Palazzo Blu dal 9 ottobre 2010 al 23 gennaioJoan Mirò: i miti del Mediterraneo

Dopo il grande succes-so di Chagall dal 9 ot-

tobre Blu Palazzo d’ arte e cultura a Pisa ospita la se-conda iniziativa di un ciclo triennale di mostre dedi-cato ai grandi protagonisti dell’arte del Novecento e al loro rapporto con le tradi-zioni, la luce e le culture del Mediterraneo. Chi meglio di J. Mirò può interpretare in maniera esemplare que-sto tema? L’itinerario espo-sitivo presenta 110 opere, tra dipinti, sculture, lito-

All’inizio del ‘900 gli arti-sti della Catalogna, di fron-te alla tragedia della guerra civile e a un nuovo governo sempre più autoritario, con-dividono con i compatrioti la necessità di rivendica-re un’identità che, fino ad allora, era un dato di fatto che non necessitava di una narrazione. L’artista ritrova questa identità nel paesag-gio, nella luce. I motivi pre-feriti di Miró sono insetti, lumache e serpenti, oltre naturalmente alle donne, simbolo stesso della Madre Natura, e agli uccelli, vi-sti come animali mitologi-ci. Analogamente, lo stile si scinde in creazioni in cui si identificano pennella-te uniformi di colori vivi, forme dai contorni vigoro-si, immagini riconoscibi-li, a pitture cosmiche, quasi astratte rese in un grande vuoto spaziale attraverso li-nee tenui e quasi trasparenti.Anche nella sua maturi-tà, Miró continuerà questa ricerca parallela tra rap-presentazione della realtà esterna, attraverso la nar-razione di tipo mitologico, e l’aspirazione a una pa-ce interiore, ben espressa dalle il-lustrazioni per le Costellations di André Breton, in cui la poesia, grande passio-ne di Miró, si co-niuga con la sua raffigurazione di uno spazio infi-nito in cui linee,

Mariantonia Ronchetti colori e forme si compon-gono e si scompongono. Chiudono il percorso espo-sitivo le sezioni dedicate al mito della donna, della Madre Natura e dell’uccello mitologico. Qui s’incontra-no lavori caratterizzati da colori vivi, pennellate spes-se, pesanti tracce di nero che esprimono la violenza del ciclo vitale e della natu-

creativi particolari, alla re-alizzazione dell’opera con i suoi 30 metri di pura poe-sia. Siena ha dedicato una giornata all’incontro con Emilio Farina, una sera-ta speciale ad invito nel-la elegante Champagnerie Cava de’ Noveschi con la presenza dell’artista e ospi-te d’onore Lucia Bosè (vedi foto), attrice straordinaria, “la unica” come la chia-mava l’amico Picasso e amica dello stesso Farina. L’incontro con l’artista, la visione dei bozzetti, proget-ti, disegni esposti per la pri-ma volta e infine dell’opera all’interno del Duomo: un percorso di conoscenza nel mistero della creatività di un artista unico. L’idea di questo progetto-percor-so è di Serena Baccaglini e Andrea Burroni in collabo-razione con il nostro gior-nale che ha seguito le varie fasi di un evento così signi-ficativo per la città di Siena. I bozzetti di Emilio Farina sono di grande impatto: al-cuni sono di oltre cinque metri ed esprimono piena-mente quella che sarà l’idea finale, visibile al duomo di Siena fino a fine anno e ci fanno capire lo studio atten-

to dell’artista del pavimen-to del Duomo di Siena e in particolare per le Sibille, i cui bellissimi bozzetti sono esposti per la prima volta nella Galleria Biale Cerruti. Le Sibille del Duomo sono quasi tutte lavorate in mar-mo bianco su fondo nero, inquadrate da una cornice a scacchiera, posate su un piano color rosso mattone; è possibile identificarle per via del fatto che ciascuna

ha un cartiglio annesso e simboli inerenti le loro pro-fezie, relative al Cristo e epi-sodi della sua Vita. Queste misteriose creature sem-bra rimandino al mondo dei tarocchi e il loro fasci-no e la suggestione possia-mo ritrovarli nei bozzetti contemporanei del Farina. Siena ancora una vol-ta ci affascina con percor-si inusuali dall’arte antica all’arte contemporanea!

ra. L’esasperazione delle li-nee, la rarefazione dell’aria intorno alle figure atroce-mente deformate costitui-scono il tentativo disperato di esorcizzare i mostri che il mito porta con sé.grafie, disegni e illustrazio-

ni, nelle quali, attraverso il potere trasformatore del-la poesia e del mito, l’ar-tista catalano esprime la complessità del reale.Se da un lato, la poesia co-stituisce per Miró lo stru-mento per aprire lo spazio e accrescere le sue capacità di artista, il mito è una for-ma di racconto che aiuta la comprensione della realtà.

Lucia Bosè con Anna e Andrea Burroni

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NOVEMBRE - DICEMBRE 2010 11OK Arte

Festival Tina BDa Praga a Venezia

presso la sede di Porsche a Padova con la presen-za di sei artisti. A novem-bre, sempre a Venezia, Tina B. sarà presente con le ope-re selezionate dal Festival di Praga, nello spazio della Fondazione Claudio Buziol sul Canal Grande. Il te-ma del Festival quest’anno è “Solutions and evolutio: può l’arte oggi gettare nuo-va luce sui problemi del-la società del 21mo secolo? Alcuni degli artisti Tina B a Praga e in italia: Anna Monichi, creativa italia-na è presente col suo pro-getto “Barbie Chair”, una reinterpretazione di un og-getto cult, scomposto e ri-composto per creare un altro oggetto di uso comu-

ne, la sedia. Il progetto ha vinto il concorso di design al Salone Internazionale del Mobile di Milano 2004 Giuliana Cunéaz vive e la-vora a Milano. Nel suo la-voro utilizza tutti i mezzi artistici, dalle video-instal-lazioni alla scultura, dal-la fotografia alla pittura e dipinge anche su schermi. Neither Snow nor Meteor Showers è un’installazio-ne creata nel 2010, che si espande nello spazio per mezzo di diversi tipi di se-gno: animazione 3D, pittu-ra, stampa digitale su tela e scultura. L’artista svizze-ra Katja Loher, che risie-de a New York, esplora il campo dove la lingua e la forma visiva si riuniscono

in un insieme di tecnolo-gie attuali e drammatiche sculture. La video-scultu-ra Collapsoscope simula le micro società che mani-festano la battaglia contro l’aumento della produtti-vità in un mercato in pe-renne espansione. Federico Paris è l’artista che ide-almente congiunge Tina B. Praga e Tina B. Italia in quanto le sue opere, “Samsa” e “Achab” sono presenti nella sede Porsche Italia di Padova e nel cuore di Praga, nello storico pa-lazzo Nosticuv Palac che ospita il Ministero della Cultura. Un artista innova-tivo nell’ideazione, nella ri-cerca dei materiali, nell’uso straordinario della luce.

La “Tempesta” di GiorgioneFascino e mistero a Padova

Indagare il rappor-to tra Giorgione e la

città di Padova signifi-ca penetrare anche nel-lo spirito di un’epoca. Cogliere i fitti collegamen-ti umani e ideali tra diver-si personaggi del tempo come Niccolò Copernico, che si dilettava di pittura, o Giulio Campagnola, ami-co intimo di Giorgione, in-cisore, pittore, miniatore, intagliatore di gemme, mu-sico e poeta. Personaggi che praticavano la filosofia neoplatonica e avevano in-teressi alchemici ed ermeti-ci, quasi in odore di eresia. Ma soprattutto avversava-no la Signoria veneziana che aveva portato al decli-no di Padova, dove, a causa delle difficoltà economiche la popolazione si era quasi dimezzata. Insomma, nella sua “Tempesta” Giorgione avrebbe inserito una sor-ta di messaggio nascosto, riproducendo Padova con alcuni dei suoi più rap-presentativi monumenti e una serie di allusioni ad argomenti padovani - dal-la fondazione della città per opera di Antenore al-la fine drammatica della si-gnoria dei Carraresi - allo scopo di denunciare la pre-potenza del dominio vene-ziano. Questa “patavinitas”

di Giorgione, che fa presu-mere un committente pa-dovano dell’opera, la si può distillare attraverso un pro-cesso di analisi di significati complessi e simbolici, qua-si codici segreti, celati per evitare che i soggetti che esercitavano un control-lo, come la Chiesa, ne in-tuissero la verità nascosta. C’è qualche critico che per spiegare questo fenomeno rievoca la poesia del “dolce stil novo”, dove dietro al te-ma dell’“amore” si celavano contenuti e idee di una set-ta, alla ricerca della libertà. Vista secondo questa nuo-va ottica, la “Tempesta” as-sume tutto un altro fascino. Il paesetto potrebbe dav-vero essere Padova, con il simbolo del Carro su una porta dipinta (a rappresen-tare la casata dei Carraresi), col ponte, quasi una sem-plice passerella di legno, la Chiesa dei Carmini, la tor-re isolata in lontananza. E in questo compito ci aiuta una ricostruzione in tre di-mensioni, affidata a un fil-mato a cui è dedicata una sala, attraverso incisioni, dipinti, mappe dell’epoca, che cerca di svelare le trame nascoste di questo avvin-cente “giallo” giorgionesco. Musei Civici degli Eremitani di Padova dal 16 ottobre al 16 gennaio 2011 dalle 9 alle 19, chiu-

Ugo Perugini sura il lunedì non festivo. Biglietto intero 8 euro, ri-

Samsa, Tina B.

dotto 5 euro. In esposi-zione 70 opere e una sala

multimediale. Il Catalogo è stato realizzato da Skira.

Tina B. il Festival d’Ar-te Contemporanea di

Praga alla sua quinta edi-zione, è quest’anno appro-dato in Italia, alla Biennale Architettura di Venezia nell’ambito di uno dei pro-getti collaterali: Passion for clean ideas all’Arsena-le. Il Festival Tina B. è un grande evento d’arte orga-nizzato ogni anno a Praga dal 2006. Per un periodo di 3 settimane nel mese di ot-tobre, Praga è diventata la mecca dell’arte contempo-ranea. Tina B. è l’acroni-mo di “ This is not another Biennal “, in quanto que-sto festival vuole esprime-re quanto di più innovativo esiste nelle ultime tenden-ze d’arte, offrendo a giova-ni artisti e curatori da tutto il mondo uno straordina-rio palcoscenico: la città di Praga! Quest’anno il fe-stival si è tenuto dal 7 al 24 ottobre e agli organizzato-ri dell’evento si è aggiun-ta Serena Baccaglini che ha curato l’edizione italia-na e la collaborazione con Porsche Italia. I new me-dia, light art, video art, performance e le aree più innovative che l’arte con-temporanea esplora so-no stati presenti in questo Festival unico nel suo ge-nere. Tina B. 2010 sarà presente in Italia in tre mo-menti diversi: in contem-poranea con la Biennale di Architettura di Venezia sono stati presentati gli artisti Giuliana Cunéaz (IT), Anna Monichi (IT), Katja Loher (CH) & Hans Focketyn (CH) all’Ar-senale. Da agosto fino a novembre 2010 Tina B. inaugurerà una mostra

Il Mistero e l’ArtistaAlberto D’Atanasio

Venezia è la città del mistero per eccellen-

za l’elemento dell’acqua che la pervade e la permea: è il simbolo del cam-biamento, perché l’ac-qua purifica e dona vita nuova come un peren-ne battesimo, ciò che rende Venezia eterna e quindi vincitrice sul de-terioramento inerente allo scorrere del tempo. Venezia è una masche-ra simbolo non solo del carnevale. La maschera della città lagunare non è grottesca; non cela ma rivela, dà figura e do-na nuova identità a una qualche natura interiore di ciascuno, altrimen-ti sommersa. Venezia è un ponte tra la staticità e il divenire che unisce terra e acqua sia con il fuoco delle fornaci che formano vetro e forgiano il ferro dei fasciami delle na-vi, sia con l’aria che divie-ne vento che gonfia le vele e porta ogni uomo al miste-ro di altre terre e altri cie-li da esplorare. Ma la realtà che è palese, e non ha mi-stero, alcuno è che questa mostra riunisce circa qua-ranta artisti provenienti da tutto il mondo ci sono ma-

estri acclarati dalle pagi-ne della Storia Dell’Arte ed esordienti uniti da un uni-co tema e scopo: dare figu-ra all’idea del Mistero. La mostra in questo modo è

vece a quella mitologica. Troverete il mistero che si rivela nel sogno e volti che sono l’immagine stessa del-la rivelazione, tutti hanno dato immagine al più alto

dei misteri ovvero quel-lo che dà uno scopo e un motivo a tutto come al niente. Perché il mistero in fondo è che la vita si rinnova nella conoscen-za e in quell’amore che non ha tempo né tem-pi, ed è con l’energia che da quest’amore s’irradia che si può dare un sen-so al passato e colorare il presente, si può annulla-re ogni male e vincere la noia del razionale e infi-ne vivere il mistero più oscuro e antico quello della vita oltre la morte.

Organizzazione: Andrea Chinellato – Cà ZanardiDirettore artistico

Veneto Spettacoli di Mistero: Alberto Toso FeiPresentazione e saluto: Piergiorgio Baroldi – Art&fortECuratore e critico: Alberto D’AtanasioLuogo: Spazio Art&fortE LAB, Palazzo Cà Zanardi, Cannaregio 4132, VeneziaPeriodo di apertura: dal 31ottobre al 21 novembre

una sorta d’itinerario, un viaggio dove ogni opera di-viene tappa, sosta, finestra da cui guardare nuovi oriz-zonti accompagnati dal la-voro dell’artista. Si scopre così quello che ha dipinto l’arcano, chi invece ha pre-ferito immagini recondite della memoria. C’è l’arti-sta che ha dato figura alla simbologia mistica, chi in-

Tina B.

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12 NOVEMBRE - DICEMBRE 2010 OK Arte

La tempesta pittorica di Pier Domenico MagriGiacomo Maria Prati

Espressioni liquide

Ad un anno di distanza dalla mia preceden-

te recensione del lavoro di Francesca Pettinato, con grande piacere torno a scri-vere di lei sulle pagine di questo giornale, a commen-to delle sue ultime opere che solo da poco ho avuto il piacere di osservare. L’artista, che continua a stupirci per la sua continuità produt-tiva e l’originalità della sua ricerca artistica, ha im-boccato, in am-bito naturalisti-co, una strada i m p o r t a n t e che consolida i risultati del-le sue passate esperienze. Il tema marino con-tinua ad essere presente e dominante: in “alba chia-ra” si evoca il risveglio ed il continuo rigenerarsi della natura nel trascorrere se-reno e costante del tempo. Un bellissimo uccello ac-quatico sinuoso e ricco di piume multicolori riempie lo spazio con eleganti forme ondulatorie in cui i raggi del sole ne svelano la bellez-za. In “Jonathan” la lucen-

tezza della materia si fa più evidente, dove cangianti e smaltati trapassi di colore si contrappongo al profondo blu del mare. Di notevole interesse anche le composi-zioni “sciame” e “svegliarsi”, dove un fitto intrecciarsi di delicate e morbide

linee curve contrapposte a segmenti appuntiti e spez-zettati evocano una natura rigogliosa e impenetrabile. Foglie e fiori stilizzati ri-splendono in modo cristal-lino con colori saturi di luce che inondano lo spazio. Il soggetto principale risiede negli elementi naturali, ma il significato vero delle com-posizioni dell’artista va oltre la loro semplice descrizione.

Si parte dalla trasparenza dell’acqua e dalla preziosità di un fiore per arrivare a si-gnificare il senso profondo della vita. Il trascorrere del tempo, il fluire delle stagio-ni, il movimento continuo dell’acqua di un oceano e la nascita di una vita sono

forse i veri soggetti di Francesca Petti-

nato. Se ci si sofferma su u n’u l t i ma opera - “ s t i l l a ” - che in q u a l c h e m o d o sintetizza tutta la più recen-

te ricerca estetica del-

la ceramista, si percepisce

immediatamen-te quanto finora affermato. Una gravida goccia in ri-lievo tenta di uscire dalla composizione - e distaccarsi quindi dal suo ambito ma-teriale che la delimita e la conforma - per trasformar-si in nuova vita: essenza di luce e di colore. Superare la propria condizione “li-quida” per diventare me-tafora della complessità e mutevolezza della natura.

Carlo Catiri

Dinamismo vitale del colore

Magri sa imboccare la terza via fra riconosci-

mento e artificio, presenza plastica e ricreazione rap-presentativa, tessitura di un dialogo implicito, quasi eso-terico, che sostanzia l’ope-ra quale mito, fondazione

Homini. La figurazione for-mante di Magri, natura na-turans, può apprezzarsi qua-le naturale riaggregazione di un immaginario tumultuo-so e gioioso, intrinsecamen-te allusivo e performativo nel rapporto fra percezione e assimilazione. In ogni sua opera si coglie istintivamen-

po di se stesso, sineddoche. Resta implicito il suo valo-re sacrificale. Talismano e memento mori, alterità in-quietante e spettro visibile. In ogni sua opera si avverte un’istanza di riaffermazione identitaria intensificante la relazionalità, precisazione di una specifica alterità/sin-golarità, prometeica autoce-

lebratività che sa porsi quale nuovo linguaggio condivisi-bile e partecipabile. Magri sà entrare in dialettica con i propri materiali, interlo-quisce in diretta nell’opera con i propri rappresentati.In Magri il gesto pittorico, così vigoroso e consapevole, virilmente preciso e lucido, connota la visione e la sua

stessa accoglibilità. Ulterio-re livello di consapevolezza che riveste le ricchezze visi-ve e ideative, carica magica-mente la stessa espressività, come se la materia pittorica fosse un energia tattile col-ta nella piena coscienza di un processo trasformativo, nella sua metamorfica re-attività, anche inconscia, muscolare, alla scena della genesi artistica che l’inter-ferisce. Da ciò deriva una risultante impositiva nella rigenerazione dell’idea di realtà quale ri-scoperta e ri-conoscimento. La teatralità/scenicità si mostra spon-taneamente innata, anti-retorica in quanto celebrati-va della vita presa di petto,

visceralmente, senza altre mediazione che la propria stessa arte. Ci e si narra come proiezione kunderia-na dell’effimero esistenziale, dilatazione e dipanazione dell’improvvisazione della vita trasposta in una idea-lità immanente, ultrattiva. Figurazione implicita, ger-minativa e filosofica, dove evapora ogni riconoscibilità sociale o stilemica, sfugge ogni atteggiamento sceni-co per lasciare spazio alla narratività di un più libero e ampio senso di presen-za raccontabile, alieno da ansie comunicative o di-mostrative, tale da obliarci della preesistenza di quid preposto rintracciabile.

SOLO SCUDOInaugurazione

sabato 13 novembre ore 16,30Personale di Pier Domenico Magri

a cura di Brasilia Pellegrinelli e Azzurra Casiraghi

Pro Loco di Crema, piazza Duomo n. 22 dal 13 al 21 novembre 2010

orari di apertura: da martedì a domenica ore 10 – 12 - ore 15 - 18

immaginale. La sua opera è filosofia in movimento, speculativa per natura. La valenza di specularità per-mette il massimo espressi-vo nel senso di riduzione dell’allontanamento fra idea e opera, percorso e sua rin-tracciabilità, matrice e feno-meno. Lo scarto fra essenza e visione, fra sogno e relitto resta un soffio ineffabile. Si rivela compiuto in Persona

te la presenza viva e decisa di un’identità dominante che si pone quale summa dei riflessi e delle identità possibili, esaltazione rias-suntiva del Mito dell’arte in se stessa. Dipingere per Magri è un’impresa ritua-le, una prova per l’artista e per la stessa materia, mo-bilitazione/nobilitazione di tutto il rapporto fra l’artista e il suo percorso. Archeti-

Ultime opere di Francesca PettinatoAlda Berera: profondità

ed equilibrio compositivo

I paesaggi distesi e pacati di Alda Berera, artista mila-

nese stabilita nell’Oltrepò pavese dove attualmente ri-siede, si alternano a soggetti decisamente più comples-sie tormentati. La natura appare come un’illimitata fonte di luce e radiosità che si sprigiona attraverso una magica armonia di croma-tismi. Nelle sue opere riaf-fiorano abili pennellate e intense dinamiche di tra-sparenze e di effetti di luce generate dal variare dei co-lori del cielo e dell’universo. La sua pittura è il susseguirsi dei vari linguaggi realistici raffrontati con l’oggettività e la mutevolezza di vibra-zioni tonali che inducono lo spettatore a percepire il paesaggio della propria ani-ma. Riportiamo una breve ma esaustiva recensione sull’artista del critico Paolo Levi: “Principali referen-ti del fare artistico di Alda Berera sono elementi tratti dal mondo della natura, al-beri che, in un misterioso processo di metamorfosi operato dall’artista, assu-mono sembianze animate e proprio come esseri uma-

ni danzano o si mettono in cammino sfidando i limiti del quadro, distendendo e ondeggiando i rami su sfon-di che richiamano immense distese di cieli e mari. La pit-trice utilizza una ricca gam-ma di colori brillanti che si accostano a formare core-ografie caratterizzate da un profondo equilibrio com-positivo. Bagliori improv-visi e sfumature sottili si al-

ternano in un coinvolgente gioco di rimandi costruito da segni morbidi e densi. I cromatismi naturali la-sciano spazio alle tona-lità dell’immaginazione portando nel quadro un senso di brio unito a una misteriosa inquietudine, trasmessa dal contesto pur familiare ma indecifra-bile, sospeso in un’atmo-sfera onirica e surreale”.

La natura, fonte ispiratrice

Il lento mutare Uomo albero

Se vuoi collaborare nelle Pubbliche [email protected] - 347 4300482

Page 13: OK ARTE novembre - dicembre 2010

NOVEMBRE - DICEMBRE 2010 13OK Arte

Seduzione cosmica ed essenza divinaElisabetta Fontana: raffinatezza ed eleganza

Tensioni plastiche si fan-no viaggio ideativo e

sublimano in emozioni ma-teriche definendo il percor-so figurativo di Elisabetta Fontana. Un fluire cosmico di raffinata bellezza con-tagia lo spazio attorno, lo piega alle inconsapevolezze del tempo, evocando spa-zi codificati, dove l’antitesi vita – morte, amore –odio, buio – luce, gioia –sofferen-za diventano i paradigmi di un nuovo divenire. Un viag-gio vissuto nelle incertezze della materia, lamento lon-tano di elementi primordia-li, raccontato e sotteso nel-le vaporose luminescenze dell’interiorità. Vaghi rifles-si traslano in infinite sfu-mature di luce, assumendo nuove tonalità che dilatano lo spazio oltre il limite im-maginabile. Un limite che viene evocato dall’artista nelle sottese atmosfere dei ricordi, nelle sofferte espe-rienze di vita, negli eventi inattesi e sfolgoranti dell’esi-stenza. Esperienze che su-blimano sulla tela diventan-do energia plastica, fluido vitale, creatività eruttiva. Nella dimensione estrema di una rarefatta sospensione compositiva, preziose “goc-ce di luce” si fanno anime

emergenti, mute testimoni dell’amore, ora presente, forte, inattaccabile, ora effi-mero, vago, lontano, evane-scente. La rosea neutralità “dell’amore speculare, ” io e te”, si perde nell’irrevo-cabile “vertigine dei sensi”, nel tramonto di un “Eden “perduto nell’oblio. Raccon-tare l’amore, l’immancabile sofferenza, la solitudine, il distacco trova nell’artista la voce più autentica, che assu-me le sembianze di una raf-finata vestale, intima custo-de delle “stanze dell’anima”. In questi scrigni inacces-sibili, arde la fiamma della pura interiorità che dirama attorno a sé perpetue favil-le di luce. Tramite un moto

vorticoso, dinamico, irre-frenabile, lacrime scintil-lanti evocano lontane idea-lità femminili, sottese nella silente atmosfera di un effi-mero istante. Una realtà so-spesa che contrae attorno a sé lo spazio tempo per poi, improvvisamente dilatarsi, esplodere nelle cromie di-rompenti, magmatiche, in-candescenti della materia. Materia che diviene pro-fonda ricerca di assoluto, di indomita spe-rimentazione, di continuità ideativa. Fug-gendo da una mimesi spa-zio-tempora-le, le opere di

Elisabetta Fontana espri-mono un fascino misterioso che divampa ed irrompe sul substrato in modo dram-matico, al di là del limite dell’inquieta ombra dell’im-ponderabile. Una seduzione cosmica si diffonde sulla tela, si espande come un dolcissimo profumo fem-minile per divenire essenza divina, linfa vitale, vibratile presenza, fluttuante in un inedito “Apeiron” figurativo.

Gianluigi Guarneri

Mostre di Elisabetta FontanaI PERCORSI D’ANIMA

Personale alla galleria Punto Arte di Parma

dal 11 ottobre al 15 novembre 2010

TRA SOGNO E REALTÀPersonale alla galleria

Immagini Spazio Arte a Cremona dal 12 al 30 dicembre 2010

L’evento fa parte di un progetto ambizioso

che riunisce 25 artisti da tutta Italia per gestire uno spazio espositivo

a New York nel quartiere Chelsea, interamente occupato

da gallerie e caratterizzato da un’intensa attività artistica.

Luciano FastelliLa forma e il colore

Da sempre la “forma”, in-tesa nel senso più pro-

fondo del termine, è ciò che dà prima origine all’opera d’arte, permettendone la fruizione pubblica; sia essa figurativa o astratta, rico-noscibile o aleatoria, velata o materica, è la forma l’ori-gine percettiva dell’opera.Ad essa si accosta il colore, fonte artistico-emozionale mai detraibile dalla compo-sizione: che si tratti infatti di cromie variegate, monocro-mi o bianco/neri, il colore è costituente ed essenziale nell’opera e ne assiste la for-ma primaria compositiva. Secondo Kandinsky “... il rapporto inevitabile fra il co-lore e la forma ci conduce a osservazioni sugli effetti che la forma esercita sul colore. La forma stessa, anche quando è del tutto astratta ed è uguale a una forma ge-ometrica, ha un suo suono interiore, è un essere spiri-tuale dotato di proprietà che fanno tutt’uno con questa forma” (da Tutti gli scritti 2, Dello spirituale nell’arte Scritti critici e autobiogra-fici Teatro Poesie Edizioni Feltrinelli 1974).Coniugan-do abilmente forma e colore Luciano Fastelli crea imma-ginari vivifici e ben calibrati dal punto di vista compositi-vo, in cui è racchiusa buona parte dell’arte antecedente. Penso, ad esempio, all’ope-

ra digitale “Oltre lo sguar-do”: una presenza solitaria, accennata, guarda all’oriz-zonte verso l’impetuosa luce (salvezza? speranza?), rimandando l’osservatore a quell’introspezione in-teriore derivante dall’ar-chetipico conflitto uomo/natura, conscio/inconscio con cui ogni essere umano si confronta durante la pro-pria esistenza e che fu già caro alla stagione nichilista. Accenni quasi costruttivisti sono invece riscontrabili nel suo “Grand Fleur”, carico di cromatismi intensi e decisi, in cui la “presenza”, ”l’esse-re” è suggerito dalle forme antropomorfe appena ab-bozzate, che ben si fondono nella composizione digita-le. Una caratteristica inte-ressante di queste opere è

senza dubbio la fusione di cromia e forma umana mai troppo oppressiva, sempre suggerita ma non ostentata; a questo si aggiunge la ca-pacità dell’artista di spaziare tra differenti tematiche (na-turalistiche, paesaggistiche o più psicologiche), pur ri-manendo fedele a soluzioni creative da cui scaturiscono un nuovo approccio all’im-magine ed il dialogo tra realtà e mondi atemporali.Luciano Fastelli parteciperà alla Rassegna d’Arte Con-temporanea di Monreale (PA) presso la Civica Gal-leria d’Arte Moderna “Giu-seppe Sciortino” Complesso Monumentale Guglielmo II dal 1 al 30 novembre 2010.

Tel. [email protected]

Carla Ferraris

Francesco Brandimarti “Le mappe mentali” e l’inconscio

Nato a Fermo nel 1965, Francesco Brandimar-

ti vive e lavora a Monte San Pietrangeli in provincia di Fermo. Pittore autodidatta, ha trovato supporto per la propria formazione artisti-ca nel linguaggio comuni-cativo che lo affascina da sempre, soprattutto nell’am-bito della sperimentazione e della provocazione, elemen-ti che ricorrono nella sua p ro d u z i o n e , i cui soggetti rappresentano la sua memo-ria di vita. Ha al suo attivo un’esposizione a Roma e una a Londra, che gli sono valse il premio della critica inter-nazionale per l’attività svol-ta nell’ultimo biennio, in cui ha dimostra-to una note-vole capacità interpretativa dell’attuale pe-riodo storico-sociale. L’arti-sta è presente in importan-ti collezioni private ed è stato pubbli-cato in nume-rosi cataloghi ed enciclo-pedie nazionali ed estere. Il 20 novembre alle ore 17.00 Brandimarti parteciperà alla mostra collettiva alla galleria: “Il tempio” a Pa-

lermo in via Pascoli n.3 con una sua opera intitola-ta: “Mappa mentale con 4 porte sensoriali”. L’opera del 2010, selezionata e pubbli-cata nel catalogo, entrerà a far parte della collezione del Museo di Arte Contempo-ranea di Monreale (PA) “G. Sciortino”. All’evento in-terverranno oltre al critico Prof. Paolo Levi, il sindaco di Palermo e le autorità del-

di intersezioni segniche da cui affiorano stralci criptici. Tasselli rettangolari lace-rano la superficie, aprendo nuovi orizzonti all’immagi-nazione; il dipinto cresce su fondi scuri, su cui si rincor-rono miriadi di pigmenti vivaci. Nella continua spe-rimentazione della tecnica l’artista esprime la propria creatività, definendo la sin-tassi di un linguaggio per-

sonalissimo e coinvolgente. I guizzi di colore sono solo appa-rentemente libe-ri di percorrere la superficie; in realtà, essi si intersecano in un reticolo che richiama la li-mitazione del-la veduta data dalle inferiate di una cella. Le “Mappe men-tali” di Brandi-marti svelano un’indagine tra le pieghe dell’in-conscio. Nel caos dell’esisten-za le grate che imprig ionano L’Io si lacerano, aprendo il var-co da cui si può accedere a un livello di consa-

pevolezza superiore, a una libertà prima sconosciuta”.

Monte San Pietrangeli (FM)Piazza Umberto I n.12Tel. e Fax 0734 960119

Profumo di muschioIl lento mutare

Grande Fleur 90x70

la regione Sicilia. Citiamo una recensione di Paolo Levi sulla sua notevole at-tività artistica: “Le opere di Francesco Brandimarti presentano un fitto ordito

Mappa mentale con 4 porte sensoriali

Page 14: OK ARTE novembre - dicembre 2010

14 NOVEMBRE - DICEMBRE 2010 OK Arte

“Al Fann” a Palazzo RealeDieci secoli d’arte islamica

La collezione: Dar al-Athar al-Islamiyya dal Kuwait in prima mondiale a Milano, dal 20 ottobre 2010 al 30 gennaio 2011

tero, l’incredibile dono del prestito permanente del-la Collezione chiamata po-eticamente Dar al-Athar al-Islamiyya. Un’apposita sala del museo Nazionale del Kuwait viene destinata a ospitare 1200 eccezionali opere d’arte islamica in gra-do di fornire un panorama pressoché completo e di al-tissimo livello, che non sfi-gura certamente con altre importanti raccolte mon-diali. Ma anche nelle favole prima del lieto fine accado-no terribili avvenimenti. Il 2 agosto 1990 il mondo assi-ste sgomento all’invasione e alla devastazione del Kuwait da parte del vicino Irak. La guerra e il buio interrom-pono il sogno nel quale tut-tavia un piccolo miracolo accade. Delle 20.000 ope-re, 107 scelte e partite pochi giorni prima della tragedia per una mostra itinerante dal titolo Islamic Art & Pa-tronage, si salvano. Il mi-glior ambasciatore possibile per questo sfortunato paese. Questa coppia straordina-

ria, con paziente tenacia ha ricostruito la Collezione ar-rivando oggi all’incredibi-le numero di 26.000 opere. Questo ennesimo miracolo ha suggerito la possibilità di preparare una nuova mostra itinerante: “Al-fann Arte della Civiltà Islamica”. Una parte della Collezione de-dicata al settore dei gioielli indiani, in viaggio da quasi dieci anni, è stata ammirata in tutto il mondo tramite la straordinaria mostra intito-lata Treasury of the World. Jewelled Arts of India in the Age of the Mughals. Alcuni tra i gioielli più belli saran-no esposti anche a Palazzo Reale. La mostra milanese, che propone la Multiforme civiltà Musulmana, presen-ta nella prima parte un per-corso che va dagli inizi fino ai tre grandi imperi cinque-centeschi, Ottomani, Safa-vidi e Moghul. Si possono

mo ai protagonisti, è quasi una favola dei nostri tem-pi quella che ha portato lo Sceicco a iniziare, con una splendida bottiglia in vetro smaltato d’epoca Mameluc-ca del XIV secolo compra-ta quasi per caso durante un viaggio, una ricerca in-stancabile, sostenuto da sua moglie, appassionatasi im-mediatamente alla ricer-ca, come lui. In breve tem-po rispetto all’immensità del patrimonio accumula-to, sono riusciti a raccoglie-re circa 20.000 oggetti. Otto anni impegnativi, nei qua-li con passione, intelligen-za, competenza e lungimi-ranza, hanno saputo trovare e riconoscere veri capolavo-ri e oggetti curiosi, testimo-ni comunque del momento storico dal quale perveniva-no. Dagli utensili alle vere opere d’arte, tutto è servito a gettare una nuova luce sulla civiltà Islamica, con manu-fatti la cui provenienza spa-zia dalla Spagna all’estremo Oriente. Uno sforzo soste-nuto da un grande sogno,

regalare al loro Paese una collezione d’inestimabile ri-levanza storica e artistica. Il 25 febbraio 1983, in occa-sione della Festa Nazionale del Kuwait, Sheikh Nasser e Sheikha Hussah, offro-no al Paese, e al mondo in-

da pag.1

È davvero un privile-gio poter godere del-

la bellezza proposta dall’ap-passionata ricerca di una coppia che ha fatto dell’Ar-te Islamica la sua missione, raccogliendo una Collezio-ne di rilevanza internazio-nale. E’, infatti, una storia bella e speciale quanto rara quella di Sheikh Nasser Sa-bah Ahmed al-Sabah e sua moglie, Sheikha Hussah Sa-bah Salem al-Sabah. Biso-gna aggiungere che è merito della passione del curatore della mostra Giovanni Cu-ratola, Professore di arche-ologia e arte Musulmana, l’aver saputo scegliere tra i tanti oggetti a disposizione, 350 pezzi dell’intera Colle-zione, una sintesi efficace capace di grande esaustivi-tà storica e rappresentativa anche dal punto di vista del-la varietà degli elementi, in grado di soddisfare le attese dello spettatore più compe-tente e curioso. Ma ritornia-

Fiabe che nascono dal mare

ammirare tappeti e tessuti, raffinati metalli cesellati, ce-ramiche, sculture, miniatu-re, oggetti in avorio, pagine del Corano mirabilmente dipinte, manoscritti splen-didamente miniati, scatole in avorio decorate con uc-celli e piante; sfarzosi tap-peti decorati in lana e bel-lissimi tessuti; o pugnali di giada incastonati con rubi-ni e smeraldi, il gioco degli scacchi in cristallo di rocca. Nella seconda parte vengo-no proposti i temi della cal-ligrafia, la decorazione geo-metrica, gli arabeschi e l’arte figurativa, quest’ultima per smentire una pretesa icono-clastia musulmana. Chiu-de la mostra, un tripudio di preziosissimi gioielli. Il ca-talogo, edito da Skira, segue l’impostazione della mostra. Dopo l’anteprima milanese, l’esposizione sarà portata a Vienna, in Corea e in Canada.

Clara Bartolini

Ugo Perugini

Come Venere dalle onde del mare, così nasco-

no le fiabe degli Aborigeni australiani, dei Maori della Nuova Zelanda, e dei po-poli navigatori delle isole dell’Oceania. E da questi racconti, proiettati sullo sfondo di una natura anco-ra incontaminata, prendono forma personaggi, visioni, sogni, immagini affascinan-ti, cariche di valori artistici e culturali, spesso ignoti alla

nostra civiltà. Si narra, ad esempio, di Tangaroa, dal viso tatuato, che viveva den-tro una conchiglia, come riportano certe leggende tahitiane, si racconta delle famose canoe dei maori, e si descrivono gli animali più strani, dagli spaventosi ser-penti, ai koala vanitosi, da-gli uccelli favolosi ai canguri danzanti, fino alle vicende dei popoli contro le deva-stazioni dei papalagi, cioè gli stranieri, così chiamati dalle popolazioni di Samoa

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e Tonga. Tutti questi perso-naggi e queste storie fanta-stiche, riproposte da Luigi Dal Cin, con un contributo

anche di Folco Quilici, il noto documentarista, sono state tradotte da una serie di abili disegnatori per l’infan-

zia in illustrazioni emozio-nanti, curiose, delicate, pie-ne di umorismo e poesia, in grado di ricreare atmosfere particolari che riescono a far emergere, attraverso la rivisitazione di antichi miti, l’anima autentica di un con-tinente e dei suoi abitanti. Ogni anno a Sarmede, pic-colo paese delle Prealpi ve-nete in provincia di Treviso, si tiene una “Mostra inter-nazionale dell’Illustrazione per l’infanzia”. Quest’anno, per la prima volta, questa rassegna, che in passato ha girato un po’ tutto il mondo, è presentata anche a Mila-no e precisamente presso la Galleria del Credito Valtel-linese in corso Magenta al 59. Sono previsti 40 artisti provenienti da 20 Paesi del mondo con oltre 300 tavole originali. Ospite d’onore di questa manifestazione sarà Emilio Urberuaga, autore di albi illustrati di grande successo e creatore di per-sonaggi come Manolito e Olivia. Da ricordare che la Galleria del Credito Val-tellinese ospiterà anche un nutrito calendario di atti-vità didattiche, laboratori, iniziative che consentiran-

no ai visitatori di scopri-re i segreti di coloro che creano le immagini facen-dole scaturire da un testo.

Echi di mari lontani. Fiabe dall’Oceania - Mo-stra Internazionale d’il-lustrazione per l’Infanzia - Dal 15 ottobre al 15 no-vembre presso la Galleria Credito Valtellinese di Mi-lano, corso Magenta 59. Orari da martedì a do-menica dalle 10.000 alle 18.00, chiuso il lunedì. Ingresso libero. Per infor-mazioni tel. 0248008015 – galleria [email protected]

Page 15: OK ARTE novembre - dicembre 2010

Giovanni Marinelli

Senza titolo, 2005, fotografia stampata su carta politenata ai sali d’argento, montata su pannello “leger”, h. 750 x 500 x 10 mm

Gallerie di riferimento:Galleria d’Arte Cinquantasei – Bologna – tel. 051250885

Studio Ambre Italia – Novara – tel. 348.4112981 / 3939743869Galleria Zamenhof - Milano - Tel. 02.83.66.08.23

MostreArte Padova fiera dal 12 al 15 novembre 2010

Immagine Arte fiera - Reggio Emilia dal 26 al 29 novembre 2010Museo di Monreale (PA) Raccolta d’Arte Contemporanea - dal 02 al 30 novembre 2010

V Biennale d’Arte di Ferrara - Chiostro di S. Anna e Salone di S. Francesco dal 16 al 25 novembre 2010“The Ways of Art” III Edition - Berlino - Galleria Infantellina Contemporary - dal 11 dicembre al 15 gennaio 2011

Via Urbania, 1 – 61100 Pesaro – Tel.0721.24869www.giovannimarinelli.com – [email protected]

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16 NOVEMBRE - DICEMBRE 2010 OK Arte

Fabrizio Gilardi

Centro Forma Robert Doisneau Dal mestiere all’opera

Mostra di pittura a San Donato M.

È aperta fino al 17 no-vembre, al Centro

Forma di Milano, la mostra “Dal mestiere all’opera” de-dicata al fotografo parigino Robert Doisneau, scom-parso nel 1994. La prima impressione che abbiamo avuto nella nostra visita, la sera dell’inaugurazione, è stata quella di immagini che uniscono al pregio ar-tistico, una grande valen-za documentaria di epoche ormai lontane parecchi decenni. La grande mag-gioranza delle stampe in esposizione è dedicata alla Francia e, in particolare, a Parigi, ritratte in un arco di tempo che va dal termine della seconda guerra mon-diale agli anni sessanta, fatta eccezione per un pa-io di immagini anteguerra

e altrettante degli anni set-tanta. Nel 1960 Doisneau ricevette dalla rivista Fortune, l’incarico di effet-tuare un servizio nella zo-na di Palm Springs, piccola città situata in una zona de-sertica della California e una ventina degli scatti presi da Doisneau in quel-la circostanza, costituisco-no la seconda sezione della mostra presentata al Centro Forma. Il contrasto tra i due settori della mostra è netto, e, forse anche per nostalgia generazionale di fotogra-fie viste in qualche sola-io della nostra infanzia, ci permettiamo di esprimere una preferenza per la raf-finatezza delle immagini del “dopoguerra francese in bianco e nero”. Se il va-lore documentaristico è in-trinseco in questi scatti, la forza artistica viene fuo-

ri con prepotenza in molte fotografie. In questo sen-so ci hanno particolarmen-te colpito opere quali “Au bon coin”, dove l’emozione dataci dal surrealismo su-pera la forza dell’evocazio-ne; il contrasto di luci tra i volantini e lo sfondo della strada in “Lancio di volan-tini” e tra la porta e l’inter-no dove si svolge la scena sovraccarica di umanità, in “Mademoiselle Wanda”; il campo innevato del “Prete operaio”, con il mezzo di trasporto e la figura uma-na decentrati in lontanan-za, e, nel campo, le stoppie dei cereali che, nella loro disposizione, creano uno stacco alla regolarità del re-sto dell’immagine, e che ci hanno ricordato una veduta di microrganismi al micro-scopio. Infine una nota per “Il cacciatore e i gasome-tri”, con una periferia che, in modo un po’ visiona-rio, tenteremo di riassume-re così: il post-industriale prima che diventasse post. Le emozioni da noi provate durante la visita, e il lasci-to che sentiamo di avere, ri-percorrendola nello scrivere queste righe, ci fanno pro-pendere per consigliare ai lettori di recarsi a vedere la mostra. Il Centro Forma si trova all’interno dello sto-rico deposito dei tram, in piazza Tito Lucrezio Caro 1, zona Ticinese. La mostra è aperta tutti i giorni, lune-dì escluso, dalle 10 alle 20; nei giorni di giovedì e ve-nerdì l’apertura si protrae fino alle 22. Il costo del bi-glietto è di 7.50 euro, ridot-ti 6.50 euro, scuole 4 euro.

Giuliana de Antonellis

Il tormento dell’esistenza di Franko BAl PAC presentata l’inedita Performance

La sua ultima apparizio-ne a Milano fu in occa-

sione della mostra “Rosso vivo” nel 1999 e già allora aveva destato scalpore per il suo modo di affrontare temi anche intimi dell’uo-mo. Franko B, milanese di nascita, è un artista co-raggioso ed eclettico, pro-tagonista della scena live internazionale, che espri-me nell’arte il tormento dell’esistenza con intensità e genialità inventiva senza eguali, rendendo nelle sue performance sopportabi-le l’insopportabile. Al PAC, primo spazio pubblico ita-

liano ad ospitare una per-sonale dell’artista, presenta l’inedita performance Love in times of pain, stretta-mente legata con l’ultima e più recente produzio-ne, l’omonima installazio-ne Love in times of pain del 2009. L’opera rievoca alcu-ni dei temi centrali del la-voro di Franko B quali la morte, l’erotismo, il dolo-re e la compassione, pro-posti in una chiave inedita attraverso l’utilizzo esclusi-vo del colore nero: una di-mensione monocromatica a tratti impenetrabile, ele-gante oblio che ricopre ani-mali imbalsamati e tele di un denso strato di colore.

Se nella precedente produ-zione l’artista aveva utiliz-zato il bianco per coprire i tatuaggi che campeggia-no su tutto il suo corpo e farne una sorta di tela, una pagina incontamina-ta sulla quale inscrivere i segni del proprio linguag-gio, in “I STILL LOVE” l’uso dell’acrilico nero gli permette di ricreare in-vece la tensione tra la vita e la morte, tra luce e om-bra, tra presenza e assenza. Una tensione che ritorna anche nella recente serie di dipinti in mostra dal ti-tolo Black Painting (2007). In mostra anche una nuo-va serie di “cuciti”, rica-

mi inediti che raffigurano animali, corpi, volti e ra-gazzi che si amano, la cui fragile bellezza è delineata sulla tela bianca da un trat-teggio di cotone rosso, do-ve il filo colorato rimanda formalmente al sangue sul corpo imbiancato dell’arti-sta delle performance degli anni novanta. Completano l’esposizione i video e le fo-tografie delle performance più famose, e l’installazio-ne Golden Age (2009), una serie di inginocchiatoi to-talmente ricoperti d’oro.Catalogo bilingue 24 ORE Culturadal 9 otto-bre – 10 novembre 2010www.comune.milano.it/pac

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C. Catiri e G. Pastore

Nella giornata di martedì 30 novembre 2010 alle

ore 18.00, presso lo spazio espositivo di Cascina Roma a San Donato Milanese, si inaugurerà una mostra di due pittori milanesi, Carlo Catiri e Giuseppe Pastore. La mostra rimarrà aper-ta sino al giorno 15 dicem-bre 2010 negli orari previsti dalla galleria. Nella sera-ta di inaugurazione saran-no presenti i due artisti che si intratterranno con gli in-vitati presentando le loro opere esposte. La presen-te mostra è un momento importante per i due arti-sti che vogliono qui signifi-care un percorso che li ha uniti negli ultimi anni del loro lavoro. Catiri e Pastore si sono conosciuti qual-che anno addietro pres-so il Laboratorio Civico di Incisione a Milano dove en-trambi lavoravano e speri-mentavano nuovi ambiti di

C. C.

struzioni geometriche tri-dimensionali a stemperati accostamenti cromatici. Le sue luminose composizioni sono sempre accompagnate ed arricchite da audaci ta-gli compositivi, decisamen-te innovativi rispetto alle opere del passato. Le cose rappresentate si caricano di energia, a volte piegandosi e frantumandosi in un con-tinuo incresparsi di colori e di superfici nitide e taglien-ti, altre volte manifestan-dosi in dinamiche presenze solide, in un serrato gioco di compenetrazioni e di in-tersezioni. Anche Giuseppe Pastore esporrà le sue ope-re ad acrilico più recenti, in cui spesso ricorre una te-maticafigurativa rivolta so-prattutto allo studio della figura femminile affronta-ta in composizioni di viva immediatezza in cui i piani geometrici, disposti in mo-do essenziale evidenziano delicate stesure cromatiche articolate con abbinamenti sobri e ben calibrati. Nelle

sue composizioni si respira una calma fuori dal tempo che rende l’atmosfera ferma e silenziosa quasi ovattata in cui nuvole, alberi, barche e figure sembrano costru-irsi in uno spazio astrat-tamente bidimensionale.

ricerca. Da questo incontro è nato un sodalizio impor-tante che ha cementato una stima reciproca, portando i due pittori a confrontar-si nella mostra attuale che

insieme hanno progetta-to. Carlo Catiri presenterà le sue ultime opere ad olio ed alcuni disegni ad acque-rello, in cui si potranno os-servare gli esiti della sua ricerca artistica, volta ora a coniugare complesse co-Le desert du Colorado, 19660

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NOVEMBRE - DICEMBRE 2010 17OK Arte

Maria Cristina Carliniponte tra Occidente e Oriente

Ugo Perugini

Il percorso artistico della scultrice Maria Cristina

Carlini ha, ormai da tem-po, un respiro e una riso-nanza internazionale. Di origine milanese, l’arti-sta trova inizialmente nel-la ceramica il medium più confacente alle proprie ne-cessità espressive, aderen-do nel corso degli anni ‘80 alla nuova corrente artisti-ca New Ceramics. In segui-to Maria Cristina Carlini si avvicina a materiali diversi, come l’acciaio corten, il fer-ro, il bronzo e scopre come le dimensioni monumenta-li siano in grado di poten-ziare l’efficacia espressiva delle sue opere. Le numero-se mostre in sedi pubbliche e private in tutta Europa negli anni ‘90 le consento-no di raccogliere consensi anche da parte della criti-ca più accreditata. Gli anni che vanno dal 2003 al 2008 sono quelli che rappresen-tano la raggiunta maturi-tà artistica della Carlini e le consentono di farsi cono-scere soprattutto nel nostro Paese, raccogliendo presti-giose attestazioni. Al 2007 risale l’inaugurazione del-la scultura monumentale “La Porta della Giustizia”, collocata all’ingresso della Corte dei Conti di Milano, nel piazzale-giardino. Il 2008 vede anche l’inau-

gurazione di due sculture monumentali: una presso la Nuova Fiera di Milano Rho e l’altra in piaz-za dei Valdesi a Cosenza. Nell’aprile 2009 la città di Parigi ospita le sue scul-ture nella Mairie del V ar-rondissement e nelle vie del centro storico per la mostra “Maria Cristina Carlini. Sculture nella città”, a cu-ra di Luciano Caramel, di cui Legami viene acquisi-ta ed esposta in permanen-za. In Spagna, da maggio a luglio, diverse sculture monumentali sono ospita-te nelle strade di Madrid,

in Calle Mayor, Paseo de la Castellana, Calle de Juan Bravo, Plaza Alfredo Mahou, oltre a bozzetti, gi-gantografie e sculture espo-sti presso l’Istituto Italiano di Cultura. Nel 2010 – do-po la mostra tenutasi pres-so il Castello Aragonese di Reggio Calabria in gennaio/febbraio – Maria Cristina Carlini approda con suc-cesso in Cina. Il 5 marzo, in occasione del 40° anniversa-rio delle relazioni diploma-tiche tra Italia e Cina, viene inaugurata a Pechino una sua scultura monumentale dal titolo “Viandanti” che

viene collocata all’ester-no, nello spazio antistan-te l’ambasciata italiana. La collaborazione con la Cina si sviluppa in modo mol-to interessante anche at-traverso l’esposizione di quattro sculture nella Città Proibita di Pechino, dal 17 marzo al 10 aprile. E’ la pri-ma volta che una scultrice contemporanea è ospitata all’interno delle mura del Palazzo dell’imperatore. L’opera “Legami II”, in ac-ciaio corten e piombo, al-lude alla complessità delle relazioni umane e ben si inserisce nella solennità e magnificenza di questi spa-zi, come la scultura dal ti-tolo evocativo “Fortezza”, in acciaio, nelle cui pareti vi sono profonde fenditu-re che consentono all’os-servatore di apprezzare la scultura anche al suo inter-no, in un gioco di rimandi sia spaziali che temporali. Gli altri due lavori si inti-tolano “Letteratura” e “Out & In”. Di grande succes-so anche la mostra “Maria Cristina Carlini. Works in Passage”, tenutasi dal 27 maggio al 1° ottobre, a Denver, nel Colorado, presso gli spazi ester-ni di due campus univer-sitari (Mountain College e Auraria Campus). Qui vengono esposte 30 ope-re dell’artista tra cui spiccano sette sculture mo-

numentali di cui tre ine-dite, la prima dedicata a Icaro, la seconda, dal tito-lo Granvia, e la terza Isole. Dal 15 luglio al 31 agosto tiene una personale pres-so la Shandong University of Art and Design di Jinan, e le viene conferita un’ono-rificenza per la sua attivi-tà artistica e di promozione della cultura italiana in Cina. Le sculture monumenta-li esposte sono “Legami II” e “Fortezza”. Anche l’opera “Letteratura”, vie-ne posizionata all’inter-

biente che lo circonda. La scultrice ha presentato la sua opera “Danzatrici”, realizzata per questo even-to, formata da tre elemen-ti in acciaio corten. Altro avvenimento di grande importanza per l’artista lombarda è stata la possibi-lità di rappresentare l’arte italiana a Shanghai in con-comitanza con l’Expo 2010. E, proprio al centro del-la città, nella Piazza del Popolo, suo cuore politico e culturale, dal 25 settem-bre al 31 ottobre, sono state

no del Quartiere Italiano di Tianjin, città gemellata con la regione Lombardia. Il tour cinese della Carlini è proseguito poi dal 25 settembre al 10 ottobre a Pechino per la Biennale Internazionale d’Arte, che aveva per tema l’ecologia, come relazione tra lo sti-le di vita dell’uomo e l’am-

ospitate due tra le sue opere più significative: “Fortezza” e “Legami II”. Ancora una volta, queste sculture mo-numentali sviluppano un nuovo dialogo tra Occidente e Oriente, attraverso la po-derosa forza evocativa dei messaggi che, nella loro fun-zione di arte pubblica, so-no in grado di trasmettere.

Bobo Ivancich. Il mar-chese artista di fama in-

ternazionale, amante della poesia, della vita e del bel-lo perché per Bobo la fonte di ogni ispirazione creati-va viene dalla percezione, dalla trasformazione e dal-la metabolizzazione del-la bellezza che ci appaga e ci stimola, bellezza che di-viene quindi soggettivi-tà ed unicità. Bobo infatti dipinge solo chi gli piace, è un artista libero che ha ri-tratto amici, scrittori, at-tori, da Hemingway a Jude Law a Giuseppe Cipriani; immortalati nelle sue cor-nici anche il presidente Kennedy mentre regge un bellini, il barman Claudio del Harry’s bar a Venezia mentre prepara un cocktail e Harvey Weinstein nel suo studio di Hollywood. Veneziano, appartenente ad una nobile famiglia ita-liana e cubana, ha da sem-pre vissuto nell’arte. La sua famiglia era molto legata a Ernest Hemingway ed Ezra

Da Venezia fin oltre l’oceanoBobo Ivancich De La Torriente

Dominicis di cui è stato protetto ed erede spiritua-le. Bobo Ivancich non di-pinge solo ritratti ma è un artista eclettico che spa-zia dall’arte concettuale all’astrattismo, all’iperre-alismo e anche all’arte di-gitale. Opere di tal genere, dedicate a New York, sono state esibite recentemente all’evento milanese del jet set internazionale presso il Palazzo Recalcati che ha visto protagonista anche la scrittrice Carmela Cipriani. Bobo Ivanchich si divi-de tra New York e Venezia. Dopo aver esposto in mo-stre e fiere da Londra a Pechino esibisce an-che Miami, presenzia al Miami Art Basel, all’Avant Gallery e al Rockfeller Center di New York. Il suo legame con l’Italia è comunque imprescindibile e il suo filo rosso che lo uni-sce all’”America” ancor più. Difatti la sua “consacrazio-ne americana” è avvenu-ta a Marzo di quest’anno con la sua personale in una delle più importanti gal-

come Getty, Rosekrans, Cipriani, Versace e battu-te all’asta da Sotheby’s e Christie’s. Bobo deve il suo successo anche alle ami-cizie che ha saputo man-tenere, creare, ereditare. Un considerevole esem-pio di influenza creativa nella vita dell’artista è da-ta dalla sua amicizia con il grande maestro Gino De

lerie italiane, Pio Monti di Roma, nella quale sono passati i più grandi artisti del 900’, da Damien Hirst a Kounellis, da Gino De Dominicis a Tano Festa; la mostra romana è stata cu-rata da Alan Jones, no-to critico e autore del libro “Leo Castelli, l’italiano che inventò l’arte in “America”. Sempre circondato da per-sonaggi di grande notorietà internazionale che apprez-zano la sua arte e con i qua-li si impegna anche nella

beneficenza, perché come ogni vero artista non di-mentica di dare anche uno sguardo profondo e benevo-lo al mondo, da cui prende forza ed energia creativa e, a cui la restituisce donando.Dalla nostra inviata a NY

Silvia Cipriano

Pound ad esempio. Inizia a dipingere in tenera età ed è a soli 18 anni che le sue opere vengono compra-te dalla grande collezioni-sta Evelyn Lambert, amica di Peggy Guggenheim non-chè membro della ce-lebre Fondazione. Più tardi le sue opere saran-no vendute ad influen-ti collezionisti e famiglie

Bobo Ivancich con Quentin Tarantino sulla barca dell’artista

Bobo Ivancich con Paris Hilton

Carlini, Le Danzatrici, 2010, 3 elementi in acciaio corten - Pechino

Carlini, Legami II, 2009, acciaio corten e piombo - Shanghai

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Page 18: OK ARTE novembre - dicembre 2010

18 NOVEMBRE - DICEMBRE 2010 OK Arte

Gradimir Smudja: l’arte nel fumetto

Una novità Ok Arte, lo spazio “Sell Art”

Clara Bartolini

Il nuovo spazio vuole esse-re una vetrina per rende-

re più visibili gli artisti che entreranno a far parte del gruppo scelto da Ok Arte. Gli artisti verranno sele-zionati da una commissio-ne appositamente preposta a questo compito e coloro che entreranno a far parte di Sell Art potranno fruire di molte interessanti occa-sioni. La possibilità di es-sere visti da un pubblico sempre più vasto che leg-ge il giornale on line; tra questi i molti collezionisti in contatto con Ok Arte e i responsabili di Musei con i quali il giornale mantie-ne un rapporto costante; la segnalazione delle mo-stre che gli artisti vorranno veder inserite nell’elenco giornaliero posto in prima pagina, uno sconto specia-le in caso si desideri avere un articolo sul giornale, la possibilità di poter parteci-pare a collettive o personali organizzate espressamen-

te dal giornale in gallerie o luoghi di interesse par-ticolare. L’elenco dei nomi degli artisti sarà segnalato immediatamente all’aper-tura dello spazio, cliccando sul nome si potranno vede-re opere e testi inseriti. Un piccolo drappello di artisti apre la strada a quelli che verranno man mano ad ag-giungersi, Nicola Brindicci per la fotografia, Giancarlo Nucci per la pittura, ed io con opere polimateriche e collage digitali. Sell Art

lo nazionale e internazio-nale per trarre per se e per i suoi iscritti le informazioni, i vantaggi e le opportuni-tà che ne possono derivare. Chi volesse aderire po-trà inviare la richie-sta a [email protected] scrivendo “Desidero en-trare nello spazio degli ar-tisti di “SELL ART”. Gli sarà inviato via mail un modulo da compilare, per ottenere un servizio in ab-bonamento della durata di un anno, sul modulo tut-ti i dettagli dell’accordo ed il costo di partecipazione.Nel sito vi potranno esse-re dodici opere per ogni artista, la biografia, il cur-riculum, le recensioni, le tecniche e quant’altro l’ar-tista ritenga necessario. Siamo certi di farvi co-sa gradita offrendo questa nuova opportunità, soste-nuti dal successo e dall’in-cremento continuo di visitatori nel sito. E sem-pre di più saranno anche grazie a questa iniziativa.w w w . o k a r t e . o r g

Gradimir Smudja ha ele-vato il fumetto ad arte

raccontando le gesta di Van Gogh e Lautrec attraver-so irriverenti tavole d’in-negabile impatto. Il confine tra ciò che può essere con-siderato arte e quanto non merita di essere definito tale è materia assai densa di dubbi e di scetticismo. L’ambiguità s’infittisce ul-

teriormente se il discorso si allarga al mondo dei fu-metti. Può il fumetto essere elevato ad arte? La rispo-sta positiva a questo que-sito la offre, senza alcun margine di dubbio, l’opera di Gradimir Smudja. Serbo di nascita, giramondo tra-piantato in quel di Lucca, Smudja, con il suo solido curriculum che annovera esperienze quale fine cari-caturista e pittore acclama-

to, rappresenta un esempio unico. Con il suo pennello straordinario e la sua pen-na irriverente, si è “mac-chiato della colpa” di aver giocato con i grandi mae-stri dell’arte. Il risultato di questo gradevole misfatto è racchiuso nei numerosi e deliziosi albi i cui prota-gonisti sono Vincent Van Gogh, Toulouse Lautrec e tutto l’apparato bohe-mien della Parigi di fine Ottocento. Il suo esordio nel mondo dei fumetti ri-sale al 2003 quando l’edito-re parigino Guy Delcourt, ricevendolo di persona, se lo vide arrivare con un’in-gombrante e pesante vali-gia metallica. All’interno erano conservate le tavo-le dipinte su legno (una ve-ra rarità per il genere) che raccontavano una singola-re biografia di Vincent Van Gogh prendendone in pre-

Massimo Zanicchi stito, con ottimi risultati, lo stile pittorico. L’editore non si lasciò sfuggire l’occasio-ne: Vincent e Van Gogh è stato uno strepitoso succes-so pubblicato in 17 paesi nel mondo tra cui figura anche l’Italia (a cura della Grifo edizioni). Negli anni suc-cessivi la fantasia e la tavo-lozza di Smudja non si sono fermati a dormire sugli al-lori, facendo germogliare i quattro volumi della serie Il bordello delle muse dedi-cati a Toulouse Lautrec (al momento la Grifo edizioni ha tradotto in italiano solo i primi due episodi). Ogni singola sequenza delle ta-vole di Smudja – cucita as-sieme alle altre da trame infarcite di trovate origina-li e un impareggiabile hu-mour –, per stile, ricchezza

di particolari, incisività e brillantezza dei colori, rap-presenta un piccolo capola-voro. Ma la forza delle sue opere è anche la capacità divulgativa che racchiudo-no. Senza alcuna pretesa di voler competere con i ma-nuali di storia dell’arte, spalancano una porta sul

mondo della pittura e dei suoi protagonisti anche a quanti probabilmente non metterebbero mai piede in un museo. In un miti-co spot televisivo degli an-ni Ottanta, tirato fuori dal cassetto a più riprese nei decenni successivi, un im-bianchino si aggirava per il centro di una città in sella a una bicicletta con un gros-so pennello sulle spalle. Al vigile che lo fermava – con indosso la divisa da bobby londinese resa improbabi-le dall’accento da ghisa mi-lanese – spiegava che per «dipingere una grande pa-rete ci vuole un pennello grande». L’agente lo redar-guiva sostenendo che non occorreva un «pennel-lo grande», ma «un gran-de pennello». Grande come quello guidato sapiente-mente da Gradimir Smudja per ritrarre i suoi colleghi: i grandi maestri dell’arte.

non intende sostituirsi ad una Galleria d’arte, piut-tosto essere un mezzo più sfaccettato e dinamico, in grado di intercettare op-portunità che si presentino nel mondo ormai vastissi-mo di Internet. Il suo inte-resse: avere sempre il polso dello stato dell’Arte a livel-

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NOVEMBRE - DICEMBRE 2010 19OK Arte

GAMeC Bergamo

Latifa Echakhch Le Rappel des OiseauxIgor e Svetlana

Kopystiansky

Il Museo Privato

La GAMeC – Galleria d’Arte Moderna

e Contemporanea di Bergamo presenta la pri-ma personale in un’istitu-zione italiana dell’artista Latifa Echakhch. La mo-stra ‘Le rappel des oiseaux’ è parte del programma espositivo Eldorado, che la GAMeC dedica agli artisti emergenti più interessan-ti sulla scena internazio-nale, invitati a concepire un progetto inedito per gli

spazi del museo. Attraverso un’estrema varietà di mez-zi espressivi che spaziano dall’installazione al video, dalla pittura alla fotografia, Latifa Echakhch esplora le dimensioni dell’identi-tà individuale e colletti-va, il concetto di cultura e i sentimenti di apparte-nenza e sradicamento. Le sue opere sono realizza-te a partire da oggetti co-muni, che l’artista presenta come tali o dopo averli mo-

La GAMeC – Galleria d’Arte Moderna

e Contemporanea di Bergamo, in collaborazio-ne con il Musée national d’art moderne - Centre Georges Pompidou di Parigi, è lieta di presen-tare una selezione di ope-re video di Igor e Svetlana Kopystiansky. Igor e Svetlana Kopystiansky sono una coppia di ar-tisti concettuali che, dal 1988, vive e lavora a New York, realizzando ope-re sia individualmen-te che in collaborazione. Concentrandosi soprat-tutto su mezzi come la fotografia, il video e la dia-proiezione, Igor e Svetlana Kopystiansky hanno svi-luppato negli anni un

magine cinematografica e raccolte in un programma concepito appositamen-te per l’occasione. Le ope-re in mostra sono il frutto di un metodo di lavoro che riesce a coniugare una profonda conoscenza te-orica – nel caso specifi-co della storia del cinema – con una spiccata attitu-dine poetica. Immagini e sequenze tratte da capola-vori di Alfred Hitchcock, Michelangelo Antonioni, Ingmar Bergman e Jean-Luc Godard sono estra-polate e modificate, con lievi accorgimenti tecni-ci, con il risultato di sve-larne una dimensione nascosta. Come in tut-to il loro lavoro, ciò che a un primo sguardo ap-pare già conosciuto e fa-miliare è visto sotto una luce nuova e inattesa. Dal 6 ottobre 2010 al 9 gennaio 2011 Intero: € 6,00, ridotto: € 4,00. Il bi-glietto consente di visita-re tutte le mostre in corsoOrari d’apertura: martedì – domenica: ore 10 – 19. Giovedì: ore 10 – 22.

A vent’anni dall’aper-tura della GAMeC,

dedicare una mostra al collezionismo d’arte con-temporanea della città di Bergamo e del suo terri-torio significa esplorarne le ‘potenzialità nascoste’ e scoprirne l’inaspetta-ta ricchezza. Nel 1991, anno di apertura della Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea, l’am-ministrazione comunale di allora scelse, su indi-cazione della direzione dell’Accademia Carrara e del suo Consiglio, di da-re conto del ricco impe-gno e dell’interesse della città per l’arte moderna e contemporanea, inaugu-rando la Galleria con la presentazione della mo-stra Collezione privata, Bergamo. Arte italiana del XX secolo, dedicata alle più importanti col-lezioni bergamasche che annoveravano opere d’ar-te dei primi settant’anni del Novecento. A seguito della mostra, alcuni cit-tadini di Bergamo – tra loro Gianfranco Spajani e Gianfranco e Marta Stucchi – maturarono la volontà di donare il me-

glio delle loro collezioni al Comune di Bergamo e all’Accademia Carrara per la Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea, nel sol-co della grande tradizio-ne di mecenatismo che caratterizza in modo uni-co la città di Bergamo, sin dalle origini dell’Accade-mia Carrara fondata da Giacomo Carrara nel 1796.Tratto distintivo della mo-stra ‘IL MUSEO PRIVATO. La passione per l’arte con-temporanea nelle collezio-ni bergamasche 06.10.10 - 09.01.11’ è quello di pre-sentare quanto e in che mo-do il quadro culturale della città si sia aggiornato dal 1991, anno di apertura del-la GAMeC, attraverso una

selezione delle opere d’ar-te contemporanea che i collezionisti bergamaschi hanno acquisito nel cor-so della loro esperienza. Le collezioni di arte con-temporanea del territorio bergamasco riuniscono un numero notevolissimo di opere di grande quali-tà, in moltissimi casi veri e propri ‘pezzi’ da museo che non sono mai stati esposti in pubblico, e que-sta mostra offre un’occa-sione unica per ammirare un patrimonio di circa 200 opere per la maggior parte inaccessibili. Dal 6 ottobre al 9 gen-naio 2011. A cura di Giacinto Di Pietrantonio e M. Cristina Rodeschini

corpus di lavori che uni-sce poesia del quotidiano e rigore concettuale. La lo-ro indagine sulla natura dei linguaggi e dei media che si basano sulla registrazio-ne dello scorrere del tempo – come, appunto, il video, il cinema e la fotografia – oltre-passa i limiti di una ricerca puramente formale e riesce a toccare temi come la me-moria, la fragilità dell’esi-stenza umana e l’inconscio. Per la prima volta in Italia sarà possibile ammirare una selezione di opere vi-deo dei due autori, legate tra loro dal tema dell’im-

Gallery House di ArconateCollezione Permanente di Tina Parotti

ospita opere di seleziona-ti artisti sia affermati che giovani emergenti più ta-lentuosi che si distinguono per la ricerca continua di nuovi linguaggi espressivi. Parotti, socia del Museo della Permanente di Milano, predilige orga-nizzare mostre in collabo-razione di Enti pubblici e privati. Ha esposto in pre-stigiose rassegne nazionali

e internazionali e le sue cre-azioni sono ambite sia dai collezionisti che dai Musei. Invitiamo i lettori a visitare lo spazio anche nel periodo natalizio dove non manche-ranno simpatiche occasioni e spunti per regali originali senza spendere una fortuna.www.tinaparottti.comArconate, via per Buscate 25tel. 338-2105247

F. B.

La nostra rivista ha se-guito con interesse il

percorso creativo di Tina Parotti sin da quando, po-chi anni fa, gestiva una gal-leria nel cuore di Brera. Il ritrovo ideale sia per gli artisti che per gli appas-sionati d’arte che deside-ravano un confronto in un clima discreto e accoglien-te. Nel 2006 l’eclettica Tina ha aperto la sua bellissima casa-galleria ad Arconate a pochi chilometri da Milano; un ambiente ricercato ed elegante che ospita la sua vasta e ricca produzione. Tina è anche una formi-dabile artista e, grazie al-la sua originalità e fervida produttività, vanta un’im-mensa produzione grafi-ca che spazia dai disegni ai biglietti d’arte persona-lizzati su carta pregiata, ai gioielli in argento e oro all’oggettistica in legno. Il suo fermento creati-vo non conosce limiti e abbraccia anche la scrit-tura, sfociando nella com-posizione di versi poetici. Magnifici i disegni su stoffa e su biglietti molto richie-sti soprattutto dai giovani. Lo “showroom” inoltre,

www.OKARTE.net - www.OKARTE.orgNews d’arte dall’Italia - News d’arte dal mondo

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Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea di BergamoVia San Tomaso, 53 - 24121 Bergamo Tel +39 035 270272 - Fax +39 035 236962 - www.gamec.it

dificati attraverso azioni semplici. Tutto il lavoro di quest’artista riconduce alla dimensione della sog-gettività e dell’esperienza individuale i grandi temi del mondo contempora-neo: la violenza dei fonda-mentalismi nazionalisti e religiosi, le ricadute nel presente del passato co-lonialista, le implicazioni nella quotidianità dell’ide-ologia modernista.

La mostra curata di Alessandro Rabottini, sarà documentata da un catalogo mono-grafico edito da JRP.

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20 NOVEMBRE - DICEMBRE 2010 OK Arte

Silvia Colombo

Il sogno di Dalìaperta al pubblico nel 1983), sulla scia delle anti-che raccolte di ‘mirabilia’ custodite nelle wunder-kammern rinascimentali.E il catalogo di episodi bio-grafici, accaduti o alte-rati – le ‘false memorie’, così come le definisce lo stesso Dalì –, si potrebbe prolungare ben oltre, seb-bene l’eredità dell’artista catalano non si limiti a ciò. Mentre le prime prove ar-tistiche di Dalì, eseguite quando è appena adolescen-te, risentono di un tocco impressionista, già duran-te gli anni dell’Accademia madrilena, grazie al suo co-stante aggiornamento, al-la grande ammirazione per Picasso e per le ultime ten-denze stilistiche europee, le tele prendono un’altra di-rezione, quella cubista e metafisica. Il 1929 coinci-de con la svolta definiti-va, giacché Dalì incontra Gala, ancora sposata con il poeta Paul Éluard, ed en-tra a far parte del gruppo Surrealista francese. Ed è a Parigi, a contatto con un clima culturale rinnovato e con le teorie di Freud, che l’artista mette a punto il suo metodo pittorico ‘paranoi-co-critico’: uno stile lucido e lenticolare (intatto anche in seguito alla scissione con il gruppo di Breton) in stri-dente dialogo con rappre-

da pag.1

Tutti conoscono Salvador Dalì, e la mostra mila-

nese, a Palazzo Reale, co-stituisce un’occasione per approfondire ciò che l’arti-sta ha creato nel corso della sua lunga vita (1911-1984).Dalì è un eccentrico. Consapevole di essere do-tato di un talento inna-to (inizia a disegnare a 14 anni), negli anni venti vie-ne espulso per due vol-te dall’Accademia di Belle Arti di Madrid perché non vuole essere giudica-to da docenti che non ri-tiene alla sua altezza. Nel 1939, dopo averne fat-to parte per un lungo pe-

A Palazzo Reale una sua personale riodo, viene cacciato dal gruppo surrealista – tra gli altri motivi – per le sue simpatie hitleriane; e anco-ra, quando si trasferisce in America e aderisce al fran-chismo, infrange una vetri-na ove sono esposte delle sue opere perché non è sod-disfatto dell’allestimento.Dalì è una figura ambigua: dandy dai baffi lunghissi-mi, è innamorato della sua Gala, ritratta in innume-revoli opere e compagna di una vita, aderisce al-la politica più per scherzo che per convinzione e ac-cumula nella sua casa una quantità incredibile di og-getti kitsch (oggi esposti presso la Fondazione Gala-Salvador Dalì di Figueras,

sentazioni sur/reali, che a loro volta divengono vei-colo di sogni, desideri e pulsioni da parte di chi le osserva. E “il fatto che nep-pure io, mentre dipingo, ca-pisca il significato dei miei quadri, non vuol dire ch’es-si non ne abbiano alcu-no”, ricorda lo stesso Dalì.Protagonista dell’esposizio-ne a Palazzo Reale, “Dalì. Il sogno si avvicina”, è l’opera di quest’artista complesso, talentuoso e instancabile,

filtrata attraverso un tema particolare, il paesaggio. Una successione di sette stanze che sviluppa un vis-à-vis dell’artista con le ope-re del passato e del presente, con la propria interiorità e i desideri – in quest’occasio-ne è stato riproposto per la prima volta l’allestimento della Stanza di Mae West –, e con un’evoluzione stili-stica inevitabile, che lascia spazio a rappresentazioni paesaggistiche desolanti.

L’epilogo, un nucleo di ope-re – dai tratti e dagli stili dif-ferenti – nato dal rapporto tra Dalì e Walt Disney, ha infine il dono della sintesi.

“Salvador Dalì. Il sogno si avvicina”, mostra a cura di Vincenzo Trione, Milano, Palazzo Reale, 22 settem-bre 2010 – 30 gennaio 2011. Orari: lunedì dalle 14,30 alle 19,30; da martedì a domeni-ca 9,30-19,30; giovedì orario prolungato fino alle 22,30.

Stagione Filarmonica 2010/2011nella diffusione della mu-sica presso le nuove gene-razioni ed apre alle scuole le prove di tutti i concerti della stagione. È al fianco delle principali istituzio-ni scientifiche e associazio-ni di volontariato della città di Milano, per le quali rea-lizza prove aperte e concer-

L’Associazione Orchestra Filarmonica del-

la Scala riunisce musici-sti del Teatro alla Scala che realizzano un’autono-ma stagione di concerti e della Stagione Sinfonica del Teatro secondo accordi sanciti da una convenzio-ne con il Teatro alla Scala.

Fondata da Claudio Abbado, la Filarmonica de-butta sotto la sua direzio-ne il 25 gennaio 1982. Nelle prime stagioni affiancano Abbado alcuni dei diretto-ri che hanno accompagna-to l’Orchestra in tutto il suo cammino: Carlo Maria Giulini, Georges Prêtre, Lorin Maazel e Wolfgang Sawallisch. Riccardo Muti assume il ruolo di Direttore Principale dal 1987 al 2005, offrendo un decisivo con-tributo alla crescita arti-stica dell’orchestra. Dal 2006 la Filarmonica in-tensifica la collaborazione con Myung-Whun Chung, Daniele Gatti e Riccardo Chailly e, nel novembre 2008, Daniel Barenboim dirige per la seconda volta il concerto inaugurale del-la stagione. Oltre ai con-certi al Teatro alla Scala, la Filarmonica realizza nu-merose tournée, che hanno complessivamente supera-to, dalla data della fonda-zione, gli 800 concerti fuori sede. Le prime tournée in-ternazionali sono guida-te da Carlo Maria Giulini. Con Riccardo Muti la

Filarmonica suona ai Festival di Salisburgo e di Lucerna e in tutte le capita-li d’Europa e d’Asia. Tra gli impegni all’estero del 2007 ricordiamo il debutto ne-gli Stati Uniti con Riccardo Chailly, mentre nel settem-bre 2008 Myung-Whun Chung ha diretto una lun-

Sinopoli, Yuri Temirkanov, Franz Welser-Möst. L’orchestra ospita inoltre i più promettenti diretto-ri della nuova generazione: Gustavo Dudamel, Philippe Jordan e Robin Ticciati. Tra i solisti che si sono esibi-ti con la Filarmonica ricor-diamo i pianisti Maurizio Pollini, Radu Lupu, Murray Perahia, Lang Lang, Arcadi Volodos, Leif Ove Andnes e Piotr Anderszewski, i violinisti Gidon Kremer, Gil Shaham, Vadim Repin, Leonidas Kavakos, Maxim Vengerov, Salvatore Accardo e Anne-Sophie Mutter, i violoncellisti Mstislav Rostropovi, Misha Maisky, Yo Yo Ma, Mario Brunello e il violista Yuri Bashmet. La Filarmonica promuove la musica contemporanea ed ha commissionato nuo-ve composizioni a Giorgio Battistelli, Azio Corghi, Luis de Pablo, Pascal Dusapin,

Teatro Alla Scala Concerto Inaugurazione

Stagione Filarmonica 2010/20118 Novembre 2010, ore 20.00 Direttore: Valery GergievLeonidas Kavakos, violinoMusiche: Ljadov, Čajkovskij

Programma:Anatolij Konstantinovič Ljadov, Volshebnoye Ozero (Il lago incantato) op.62, poema sinfonicoPëtr Il’ič Čajkovskij,Concerto in re maggiore per violino e orchestra op.35Pëtr Il’ič Čajkovskij,Sinfonia n° 4 in fa minore op.36

www.filarmonica.it

Peter Eötvös, Ivan Fedele, Luca Francesconi, Salvatore Sciarrino, Giovanni Sollima e Fabio Vacchi. La Filarmonica ha realizzato una consistente produzio-ne discografica per Sony, Decca, Emi. Di particolare rilievo sono le Sinfonie di Beethoven dirette da Carlo Maria Giulini, le Cantate di Rossini con Riccardo Chailly e l’integrale sinfo-

nica beethoveniana diretta da Riccardo Muti. I con-certi della Stagione della Filarmonica vengono rego-larmente trasmessi in diffe-rita televisiva nazionale da Rai3 e da La7, e in diretta radiofonica da Rai Radio3.

L’attività della Filarmonica è sostenuta da UniCredit Group, Major Partner isti-tuzionale dell’Orchestra.

ga tournée in Asia che ha segnato il debutto dell’or-chestra in Cina. Nel cor-so della stagione 2008/2009 la Filarmonica è tornata al Musikverein di Vienna con Daniele Gatti, ha de-buttato alla Philharmonie di Berlino con Daniel Barenboim ed ha realiz-zato tournée europee con Barenboim e Chung. La Filarmonica è impegnata

ti appositamente dedicati. Importanti direttori han-no dato un rilevante appor-to all’attività dell’orchestra, tra questi ricordiamo: Leonard Bernstein, Frans Brüggen, Semyon Bychkov, James Conlon, Peter Eötvös, Valery Gergiev, Daniel Harding, John Eliot Gardiner, Zubin Mehta, Seiji Ozawa, Gennadij Rozdestvenskij, Giuseppe

La mano di Dalì, 1977

Destino, 1946

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NOVEMBRE - DICEMBRE 2010 21OK Arte

Confronti d’arte

paesaggio o di un viso, è la palpitante attesa del sor-riso di approvazione di un visitatore, è lo sguar-do compiaciuto di un criti-co, è la soddisfazione stessa dell’artista gratificato per la sua realizzazione. Tutta questa atmosfera è quel-la assaporata alla mostra “Confronti d’arte” tenuta-si all’ex Conventino di Lodi Vecchio, un antico luogo di cui si è già avuto modo di raccontare, anche in questa circostanza gli scavi archeo-logici hanno fatto da sfondo ad una serie di “installazio-ni” dal titolo “Il Confine”. L’idea originale della mostra nasce dall’incontro-con-fronto di due associazioni di artisti che vivono l’arte attraverso interpretazioni diverse, una più tradizio-nale e l’altra più informale. Lo spunto ha trovato terre-

me artistiche relativamente giovani create con materia-li rielaborati anche di uso quotidiano e sono pensate con lo scopo di integrarsi nello spazio in modo di-verso, eliminando una im-maginaria linea di confine. Ed è proprio il supera-mento di questo confi-ne che crea le motivazioni ed il desiderio di abbatter-lo, poiché “il confine stesso impedisce di osservare con sguardo limpido ciò che non si conosce”. Questo è lo spirito con cui l’Asso-ciazione Arte tra la Gente ha partecipato all’origi-nale confronto della mo-stra. All’interno la galleria dei dipinti del Centro ar-tistico Culturale Milanese, già insignito dell’Ambro-gino d’oro, ha sicuramente un taglio più tradiziona-le in termini di soggetti e

Ivana Metadow

Una mostra per abbattere i confiniQuesta estate il circolo

dell’arte CARO, grazie al contributo dell’associa-zione “i navigli lombardi”, ha portato alcuni artisti con le loro opere lungo par-te delle sponde del naviglio grande. Alcuni hanno an-che dipinto suscitando ul-teriore richiamo e interesse; dipingere dal vero è sicura-mente fonte di ricchezza, di gioia e di ulteriore arricchi-mento spirituale. Pensiamo a quello che diceva lo scrittore inglese Samuel Butler: “disegnare dal ve-ro è come mettere un piz-zico di sale sulla coda della natura” bellissimo... E’ stata sicuramente un’esperienza positiva per-ché ha dato a tutti gli aderen-ti alla rassegna un’ulteriore vetrina di esposizione...an-che se un pò faticosa... ma, e comunque, è stato bel-lo poter presentare le pro-prie opere ad un pubblico assai variegato e composi-to. Arte quindi a passeggio con il sole, la luna, le stel-le e con mille e mille oc-chi intorno, ma soprattutto arte intrisa d’amore ver-so il proprio sentire e ver-so il proprio cuore, arte foriera di magici momenti di emozioni... Ascoltiamo ora i versi del poeta Fabio Amato che spesso ha visita-to tale evento, da FALENE: Arte; “Creare, plasmare materia distillare tristez-za, evocare sorrisi trasu-dando emozioni” e quelli della poetessa Maria Elena Mejani anche lei spesso alla rassegna CERCO COLORI

ti i partecipanti e soprat-tutto ai più assidui come Tina Ambrosca, Pierangelo Bernini, Caro, Bruno De Santi, Laura D’Orlando, Fabrizio Gilardi, Miro

Dentro il circololA ruBricA di “cAro”

Gentilini, Kadhum, Malù, Giulio Picelli, Georges Tadros, Walter Venanzio e Costanza Zappa. Un gra-zie particolare al grande fo-tografo Rocco Di Ciommo che ci ha fotografato tra il serio e il faceto in tut-

NEL GIARDINO DELLA VITA: “Colori sospe-si nell’aria, colori spezza-no il grigio del cielo, colori entrano negli occhi, pene-trano nelle membra, riscal-dano un cuore smarrito...” E poi? Poi grazie a tut-

ti i modi e in tutte le sal-se. Possiamo dirlo, perché no! Tutti uniti per l’arte, e allora? Allora siamo...fi-gli di Dostoevskij: “Quale bellezza salverà il mondo?”

Vi siete mai chiesti quale sia il profumo dell’arte?

Mentre l’odore si identifica con quello della tela o degli spazi che ospitano una mo-stra: l’odore dolce del legno o delle cere per pavimenti o addirittura di quella es-senza che brucia nel diffu-sore, il profumo dell’arte è invece un’altra cosa. Non si sente con il naso, ma con l’anima! E’ l’emo-zione di un dipinto, di un

no fertile presso l’Assesso-re alla cultura del Comune di Lodi Vecchio nel suo progetto di museo perma-nente all’ ex Conventino. Il luogo ha dato un impor-tante contributo a questa diversità: nello spazio aper-to degli scavi fanno bella mostra di sé le opere scul-toree, mentre all’interno, in un ambiente architettonico più tradizionale, sono espo-sti i quadri. Quindi nell’area archeologica si trovano le “installazioni”. Sono for-

tecniche di lavorazione, an-che se non mancano spun-ti originali e innovativi. Alcune tele, dolcissime, ri-chiamano l’impressio-nismo di certi paesaggi dai colori tenui, altri più marcati, a volte inquie-tanti nelle espressioni di volti stupiti o di imma-gini vagamente astratte. Tutta la mostra, nel com-plesso coinvolgente, ha sottolineato un contra-sto appassionante e di lar-go respiro fra le due parti

La scultura contemporanea

Ugo Perugini

Molteplici visioni della realtà

Alla Fondazione Pomodoro dal 20 ot-

tobre al 30 gennaio 2011 si svolge la mostra “La scul-tura italiana del XXI seco-lo” che propone 80 artisti, nati nella seconda metà del secolo scorso, tra i quali Cattelan, Dessì, fino ai più giovani Sissi, Demetz, ecc. L’occasione è anche quella di capire come sta cambiando la scultura, che sembra stia sempre più entrando nel campo del transitorio. Lo dice anche in modo espli-cito il curatore dell’esposi-zione Meneguzzo: “Il senso tradizionale della scultura ha nel suo statuto un’idea di durata che confligge con la cultura del ricam-bio continuo, dell’obsole-scenza programmata, del transitorio e dell’effime-ro”. Nella scultura contem-

poranea, continua ancora Meneguzzo, “abbandona-ta l’originarietà della ma-teria, quando la scelta cade su di un qualsiasi materia-le, l’attenzione si sposta su qualcosa che sembra me-no essenziale, meno fon-dante e più quotidiano, più personale”. Questo proces-so, “porta con sé, a cascata, una serie di effetti che al-lontanano dal concetto tra-dizionale di scultura come “formare”, e lo sostituisco-no con “costruire”, “ripro-durre” o anche, forse di più, con “assemblare”. Gli stimoli che le opere esposte trasmettono ai visitatori so-no tuttavia particolarmen-te efficaci. Osservando i vari linguaggi degli arti-sti si ha l’impressione che la scultura, con il suo gusto talvolta eccentrico di ibri-dazione, sappia mettersi al nostro livello, a parlarci un

linguaggio meno ieratico ma più concreto, quotidia-no e immediato. Biglietti 8

di espositori, creando in tal modo un profumo ca-rico di emozione, in gra-do di soddisfare i gusti più diversi nell’apprezza-mento e nell’interpreta-zione di un’opera d’arte.

euro intero; 5 euro ridotto, ingresso gratuito ogni se-conda domenica del mese.

La direzione artistica seleziona artisti italiani e stranieri per la settima edizione del Salone Internazionale d’Arte Contemporanea del Carrousel du Louvre di Parigi e per il XIII Grand Prix International di Cannes. Gli artisti possono sottoporre la propria candidatura inviando immagini delle proprie opere e curriculum via email o su supporto magnetico per posta all’indirizzo del critico e storico dell’arte Sabrina Falzone c/o Galleria Il Borgo, corso San Gottardo 14 20136 Milano

Il regolamento ed i moduli di iscrizione possono essere scaricati online dal sito:

http://www.sabrinafalzone.info/[email protected] - www.sabrinafalzone.info

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22 NOVEMBRE - DICEMBRE 2010 OK Arte

NOVEMBRE Lunedì 8 novembre 2010 – ore 21.00 Sala Verdi del ConservatorioViolinista ILYA GRINGOLTSJ. S. BACH Sonata n. 1, J. S. BACH Partita n. 3, E. YSAYE Sonata n. 1, E. YSAYE Sonata n. 2, E. YSAYE Sonata n. 3

Lunedì 15 novembre 2010 – ore 21.00 Sala Verdi del Conservatorio(Omaggio a Schumann II°)Pianista ALEXANDER LONQUICHPianista CRISTINA BARBUTI Violinista HANNAH WEINMEISTER Violoncellista CLEMENS HAGENR. SCHUMANN Fantasiestuecke op. 88 per violino, violoncello e pianoforteR. SCHUMANN 12 Stuecke fuer grosse und kleine Kinder op. 85 per pianoforte a 4 maniR. SCHUMANN Trio n. 1 op. 63 in re minore per violino, violoncello e pianoforte

Giovedì 25 novembre 2010 – ore 21.00 Sala Verdi del ConservatorioPianista JUANA ZAYASR. SCHUMANN Des Abends J. FIELD Notturno F. CHOPIN Notturni

Lunedì 29 novembre 2010 – ore 21.00 Sala Verdi del ConservatorioPianista JEFFREY SWANNMUSICA, PITTURA, POESIA F. LISZT 2 Leggende, Dante-SonataR. HAHN 4 Ritratti di pittori da ProustHAHN-FAZZARI «Si mes vers»(HUGO) - LISZT-WAGNER «Isolde’s Liebestod» E. GRANADOS Goyescas

DICEMBRELunedì 13 dicembre 2010 – ore 21.00Sala Verdi del ConservatorioPianista ALEXANDER LONQUICHPianista CRISTINA BARBUTI(Omaggio a Schumann III°) R. SCHUMANN Quattro Polacche (da Otto Polacche WoO 20) per pianoforte a 4 maniPapillons op. 2 per pianoforte soloJ. BRAHMS 16 Valzer op. 36 per pianoforte a 4 maniVariazioni su un tema di Schumann op. 23 per pianoforte a 4 maniVariazioni su un tema di Schumann op. 9 per pianoforte solo

Lunedì 20 dicembre 2010 – ore 21.00 Sala Verdi del ConservatorioViola SIMONIDE BRACONIPianista HANS FAZZARI

Mercoledì 23 dicembre 2010Teatro Dal Verme “Concerto di Natale”ORCHESTRA I POMERIGGI MUSICALI Direttore MASSIMILIANO CALDIP. I. CIAIKOVSKI Polacca da Eugenio OneghinOFFENBACH Gaieté patisienneJ. STRAUSS Voci di primaveraF. LEHAR Oro e argento oppure Ouverture da Cavalleria leggeraJ. STRAUSS Trisch – Trasch PolkaCH. GOUNOD Valzer da FaustJ. STRAUSS Sangue vienneseBiglietti: INTERO € 20,00 - RIDOTTO € 15,00

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Pynchon & Lynch

Il primo è uno scrittore che non si fa vedere mai

in giro; il secondo, invece, in giro si fa vedere e come, ma lui gira film e sponso-rizza a gran voce la medi-tazione trascendentale. Il primo scrive romanzi pa-chidermici (l’edizione ita-liana BUR del suo “Contro il Giorno” consta 1127 pa-gine) dando gran sfoggio di colta stilistica ed enigmati-cità inafferrabile (secondo i suoi detrattori anche in maniera irritante; il secon-do realizza anch’egli roba parecchio enigmatica, ma pensa che sia solo figlia di idee ben sviluppate e messe in fila, e quando dice tutto ciò magari sta trangugian-do junk food come un ame-ricano medio qualsiasi. Il primo è Thomas Pynchon, ultimo fantasma supersti-te della letteratura ameri-cana (l’altro, l’immenso J. D. Salinger, ci ha lasciati il 27 gennaio di quest’anno).

Il secondo è David Lynch, probabilmente l’unico dei cineasti in circolazione a trovare una gran riscon-tro di pubblico attraver-so il cinema sperimentale. Di entrambi colpisce la lo-ro maniera di narrare (ed è pure un narrare di maniera) le loro cospirazioni oscure che tribolano sotto la coltre del visibile così com’è co-nosciuto dai nostri occhi, come se il lettore/osserva-tore fosse conscio della ma-nipolazione che subisce e la subisca, felice ed affascina-to. Ma il cospirare messo in piedi dai due non ha alcun cospiratore, o quanto me-no non ci è dato di saperlo. Esempio lampante l’ope-ra prima pynchoniana V., dove Herbert Stencil cerca qualcosa senza sapere pre-cisamente di cosa si trat-ti, privando il lettore tanto quanto il protagonista di qualsiasi possibile soluzio-ne (per questo lo scritto è spesso accostato al celeber-rimo “Pasticciaccio” del no-

Il giocopArliAmo di... A curA del prof. purpurA

Tutti noi sappiamo cosa vuol dire “gioco”, anche

perché spesso ci cimentia-mo in questa attività, sia con amici che con i nostri figli. Giocare significa met-tere in gioco le proprie ca-pacità, confrontarsi, vivere esperienze da cui è possibi-le uscirne gratificati o me-no, ma comunque sempre soddisfatti. Permette di vi-vere esperienze differen-ti nelle varie fasce d’età, dai bambini agli adulti e anziani, e aiuta a risolvere problemi in modo autono-mo. E’ chiaro che durante il gioco il soggetto deve sa-per mettere in atto tutte le sue capacità, un’attenta os-servazione, una idonea rac-colta dati e saperli quindi elaborare opportunamente, prevedendo eventuali di-namiche nella interazione con l’antagonista o il gioco stesso. Con il gioco è facile dover cambiare il proprio punto di vista, crescendo e valutando le proprie espe-rienze, vedi ad esempio nelle attività sportive. Nel gioco si mettono in eviden-za la propria personalità e le proprie caratteristiche, i propri sentimenti e pen-sieri. Tutte queste dinami-che comunque hanno una valenza molto importante nella formazione dell’indi-viduo. Pensiamo ad esempio all’importanza che assume il gioco nello sviluppo af-fettivo, cognitivo e sociale dei bambini. La convenzio-ne internazionale sui diritti dell’Infanzia e dell’Adole-scenza, riconosce e sotto-linea l’importanza della quotidianità del giocare e

versi: divertimento, esplo-razione e conoscenza del mondo. Mettersi in gioco significa mettere in cam-po tutte le proprie capacità fisiche e mentali per con-frontarsi, liberarsi dalle tensioni, scaricarsi da emo-zioni forti, tenersi in alle-namento fisico e mentale per la propria salute psico-fisica, socializzare e fon-dare punti di riferimento affettivi importanti per le relazioni con gli altri, re-lazioni che soddisfano i nostri bisogni psichici ed emozionali e che il nostro Io ricerca continuamen-te. E’ molto più facile defi-nire che cosa non è il gioco che il suo contrario. La dif-ficoltà di definire il gioco è molto complessa così come é complessa e poliedrica la sua valenza per la forma-zione, lo sviluppo psicofi-sico, cognitivo e relazionale dell’essere Umano. Negli adulti il gioco è comunque un’importante forma di compensazione psicologica e di creatività. Le innume-revoli attività ludiche create, confermano quanto siano ricercate ad ogni età, tanto da ritenerle parte integran-te e indispensabile della vi-ta di ogni essere Umano.

Storie dell’altro mondosoprattutto lo riconosce co-me un diritto del bambino, in quanto fattore indispen-sabile per il suo sviluppo, la sua educazione e apprendi-mento; esso infatti rima-ne un elemento chiave per la sua formazione, cono-scenza e interazione con il mondo. Nel contesto del gioco, i bambini si eserci-tano in nuovi ruoli, espri-mono le loro emozioni, i loro sentimenti, i conflitti, i pensieri che percepisco-no dalla realtà e impara-no a rispettare le regole. Il gioco diventa la modalità più spontanea della comu-nicazione dei propri biso-gni. Infatti per i bambini con problemi relaziona-li e cognitivi il gioco assu-me una valenza terapeutica ed educativa insostituibi-le. Lo stesso Freud infatti fin dai suoi primi scritti, lo considerava come una ma-nifestazione dei problemi e dei conflitti inconsci, suc-cessivamente ampliò la sua concezione del gioco in-cludendovi il suo ruolo nel processo di padronanza e di abreazione in cui i bam-bini, giocando, ripetono le cose della vita quotidiana che hanno suscitato in lo-ro particolare impressione. Il gioco permette al bambi-no di ripetere le esperien-ze evadendo dalla realtà ed esplorando nuove possibili-tà in un contesto sicuro (te-rapia psicoanalitica). Anche per J. Piaget il gioco è stato uno strumento privilegia-to nello studio dei diversi stati cognitivi ed evolutivi del bambino. Per l’Uomo il gioco assume significati di-

AstroArte di yAri

Giorgio De ChiricoSiamo ammaliati dalle

opere di un artista co-sì simmetrico ed eclettico. Giorgio De Chirico arti-sta poliedrico e più attuale di alcuni dei tempi nostri, per come ha immortala-to sulle sue tele paesag-gi, uomini e donne, statue con inconsueta originalità. Del segno del cancro, do-tato di un talento creativo ineguagliabile, è guidato dalla magia di un pennel-lo tanto sensibile, quan-to lunatico ed è celestiale nell’eccletticità dei suoi co-lori. Caratterialmente in-troverso, il pittore in tutta la sua introspezione, comu-nica con la sua arte l’amore per l’universo: traghettato-re di anime buone e catti-ve della vita di tutti i giorni, come il Caronte Dantesco, sul filo di una bellezza in-teriore veneriana, sublima i suoi quadri di metafisici-tà. La luna che domina il suo talento artistico, lo ren-de immane nelle sue inter-pretazioni, e, fluorescente nelle tonalità dei disegni. Giove lo ha dotato di una forza segreta che gli ha per-messo di estrapolare con

precisione figure lontane e, proiettate nella loro sugge-stività, nel mondo irreale della fantasia. Mercurio lo trasforma col suo acume in-tellettivo così spiccato, ne-cessario per elevarsi come genio, fra i grandi della sua epoca. Esterofilo per le sue origini nasciture, ha sem-pre beneficiato dell’energia di Saturno, per superare le sue crisi esistenziali, da cui ha tratto i sentimenti più

10 luglio 1888 – 20 novembre 1978

profondi. Un pittore che ha anticipato i nostri giorni, per un Urano che lo cele-bra sommo, per eccellenza. Mostre internazionali, in-nalzano il poeta del colore nella sua metamorfosi che non segnerà mai la parola fine ma delinerà, nella sua identità, un percorso infini-to consacrato dai luminari.Per contattare YariTel. 340.2290751 oppurescrivi a [email protected]

Luca Impellizzeri

stro Gadda, che si conclude con un omicidio senza omi-cida). Per non parlare ne-anche delle trame intessute dal regista nativo dello sta-to del Montana (con tutto il suo scialbore idilliaco che ha spinto Lynch a cercare le monadi nascoste dietro ogni cosa) pellicole che pa-iono tele di Penelope, dove la cosa non detta (o meglio rappresentata) sembra la più eloquente, proprio lad-dove i punti bui della sua tecnica narrativa a texture non gratificano un comu-ne e tradizionale sviluppo della costruzione di senso; vengono in mente l’accla-mato “Mulholland Drive” e il suo successore “Inland Empire” (secondo Gianni Canova “un film che ti guar-da”). Insomma Pynchon & Lynch si interrogano sul-la modernità (della società come delle sue forme arti-stiche), finendo per crearne una, e all’interno di essa i personaggi che la popolano sono sempre più strania-ti man mano che si snoc-ciola il racconto, come se fossero in balia di quei sa-dici burattinai che gli han-no dato forma e vita, come se sedessero al nostro fian-co mentre vediamo tutto ciò, o meglio lo sentiamo.

Bibliografia consigliata (Pynchon): V.; Mason & Dixon; Contro Il Giorno.Filmografia consigliatata (Lynch): Velluto Blu; Mulholland Drive; Inland Empire.

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NOVEMBRE - DICEMBRE 2010 23OK Arte

Laboratorio sperimentale per le arti visiveIl 4 dicembre alle ore

18,30 presso la galleria “Laboratorio sperimen-tale per le arti visive”, sita in via Plinio 46 (in galle-ria) si terrà l’inaugurazio-ne della mostra dedicata a Giuseppe Cantatore, Lucia Paganini, Hanna Scheriau, Margherita Rancura, Martina Di Bella, Sabrina Bianco, Anna Perrone. La mostra è curata da Valeria

Dal 20 novembre 2010 al 23 gennaio 2011 al

Lu.C.C.A. - Lucca Center of Contemporary Art si terrà in anteprima in Italia la mostra fotogra-fica “Michel Comte. Not

only Women. Feminine Icons of Our Times”. Evento principale del pro-gramma del Lu.C.C.A. ed esposizione di punta del LDPF (Lucca Digital Photo Fest), la mostra, a

cura di Alessandro Luigi Perna, Enrico Stefanelli e Maurizio Vanni, porta nel nostro paese circa sessan-ta immagini di uno dei più grandi fotografi e ritratti-sti contemporanei. Di lui Geraldine Chaplin ha det-to: “È un cavaliere errante della fotografia: un vaga-bondo, un avventuriero, un nomade con la macchi-na fotografica”. La sua car-riera l’ha portato in tutto il mondo a realizzare campa-gne pubblicitarie per mar-chi famosi – Gianfranco Ferré, Dolce & Gabbana, Armani, Versace, etc. – che lo hanno reso tra i più ri-cercati fotografi di moda a livello internazionale. La mostra “Not only Women” nasce da un presupposto: troppo spesso è stato inda-gato il ritratto di moda, e in particolare quello fem-

raku e porcellana, con i quali ha costruito scultu-re di grande presa. Hanna Scheriau, nata a Vienna nel 1942, ha studiato all’Uni-versità di Vienna arti visive conseguendo il leggendario “School of Seeing” di Oscar Kokoschka. Dal 2000 l’ar-tista ha scoperto l’utiliz-

da trasmettere con un’emo-zione ai propri estimato-ri. Martina Di Bella nata a Desio (Milano) nel 1986, artista emergente ed au-todidatta, è stata invitata in ottobre, alla mostra or-ganizzata tramite l’Asso-ciazione di Arte e Cultura “Artantis” nella galleria

Michel Comte. Not only womenLucca: Center of Contemporary Art

Modica in collaborazio-ne con Vincenzo Silvano.Giuseppe Cantatore na-to a Bari il 30/06/1973, a 10 anni decide di mettere incornice il suo primo quadro, un disegno di Walt Disney. La pittura riesce a placare la sua emotività e gli permet-te di arrivare ad un vero e

un grande appassionato di storia dell’arte e della foto-grafia. “L’arte è libera, l’ar-te deve seguire il proprio istinto personale, la pro-pria fantasia ed emotivi-tà” Questo è il pensiero di Margherita Rancura, arti-sta amante della luce, del-la natura e dei suoi colori

Inaugurazione 4 dicembre ore 18.30Seguirà rinfresco

Apertura dal lunedì al sabato, 15,00 alle 19,30, domenica su appuntamento.

Chiusura della mostra 19 Dicembretel. 3284740301

minile, solamente dal pun-to di vista iconografico e stilistico. Il più delle vol-te, agli occhi della critica, è il brand coinvolto infatti a essere garante della bravu-ra di un fotografo. Michel Comte ribalta questo pre-supposto. I suoi scatti non si limitano ad essere inda-gini plastico-estetiche. Le sue immagini non sono solo uno spettacolo ben conge-gnato che ha per protagoni-ste le donne. Nell’inseguire la perfezione stilistica Comte scava nell’intimi-tà del soggetto femminile.Coordinamento scientifico:Francesca Silvestri, Serena Baccaglini. Un’esclusiva eun progetto di: Alessandro Perna, Serena Baccagliniwww.luccamuseum.com [email protected] mostra: dal martedì al sabato 10 - 19; domenica 11

zo della seta come medium ed ha sviluppato un mo-do completamente nuo-vo di dipingere. Le opere di Hanna sono state espo-ste non solo in Europa ma anche in Asia ed America e di conseguenza i suoi nu-merosi collezionisti sono sparsi in tutto il mondo.La storia di Margherita Rancura come pittrice na-sce fin dall’infanzia, tra-mandata dal padre che era

proprio riconoscimento di se stesso che manifesta con i segni che riprodu-ce alla fine di ogni dipinto.Lucia Paganini è nata a Milano, dove si è laureata ed ha iniziato la sua carrie-ra universitaria. Nel 2005 ha vinto diversi premi tra i quali uno nazionale e uno internazionale. I materiali impiegati sono gres di va-rio colore, smaltati o no,

Immagini Spazio Arte di Cremona. Dal 4 all’8 no-vembre 2010 parteciperà alla Fiera Internazionale di Arte Contemporanea di Forlì sempre seguita dall’Associazione Artantis. Sabrina Bianco disegnatri-ce professionale per 7anni presso uno studio di ar-chitettura in Alessandria è dal 1996 mamma e pittrice. L’arte aborigena, con i suoi puntini colorati, l’utiliz-zo di colori acrilici e tem-pera su pannelli in legno, con applicazioni di mate-

riali diversi, sono la sua ca-ratteristica. Nelle opere di Anna Perrone si notano equilibrate tecniche dise-gnative ed espressive: l’ac-querello, l’olio su tela e la tempera su tavola gessa-ta con foglie d’oro. La sua arte è generata dall’evol-versi di un ritmo che pas-sa dal reale all’astratto, con pennellate ora lievi e pa-zienti, ora dense di colore. Ha esposto in varie lo-calità italiane ed estere, di recente al Museum of the Americas di Miami.

Scheriau, Destiny, 2006, 50x60cm, painted silk on canvas

Bianco, Quadri

Di Bella, True Love Margherita Rancura, Totally inconsistent

PerroneGiuseppe Cantatore, Interpolata

Paganini, Le torri gemelle

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Eduardo Giannattasio Giannattasio e’ un artista

che lavora con il fuo-co, che dipinge e crea con il fuoco, questa sua parti-colarità lo ha portato pri-ma in Francia e poi negli Stati Uniti. La sua padro-nanza del fuoco e dei colori – scrive Giada Caliendo- è affascinante al punto tale da credere che sia lui a gui-dare la fiamma. In effetti, parte di quella danza incan-descente è realmente gestita dall’artista ma la parte più interessante della sua spe-rimentazione è la libertà di

L’artista che dipinge con il fuocopercorso gli studi accademi-ci presso l’Accademia delle Belle Arti in Napoli nel 1975 ottenendone il diploma. Nel

movimento delle lingue di fuoco, quel bruciare la su-perficie senza distruggere ma creare. Eduardo lavora a questa tecnica da alcuni an-ni e solo con la sperimenta-zione continua è riuscito a mettere a punto quello che oggi è il suo divenire. Il suo è un linguaggio antico, da-to dalla storia della creazio-ne delle cose, appunto da quella trasformazione che diventa genesi con il fuoco. Eduardo Giannattasio di-plomatosi presso l’Istituto d’arte di Salerno nel 1971 ha

periodo dal 1976 al 1993 ha lavorato come scenografo in vari teatri, tra cui la RAI e il Teatro San Carlo di Napoli.

Burning desire to create

Eduardo Giannattasio, 52, is a classically trai-

ned Italian artist who, in the last seven years, has be-gun setting his canvases on fire. The resulting abstract singed with definitive, but suggestive, inky slashes of black. He lives in a 13th-century palazzo in Italy, and paints, typically to de-afening tribal music as he surges and aways, gyrates and conjures and dances. He must do it alone. People would think he was mad. He is, he says, a magician. Giannattasio is a volcanic spirit. It was his obtuseness, he says, that led to his fire art. He has always searched for a color that was unique

to him. He began mixing pigment with household objects tea leaves, nut skins, alcohol. Disgusted with his efforst, he took, his lighter to his canvas and the canvas bled with ec-static color. “I said, “Wow. That’s great”. Fire is a glut-tonous element. It an-nihilates and devours, lapping up hungrily and then, sated, leaves its cru-sty gouge and vanishes. Giannattasio’s canvases be-gin by splashing pigmented stains diluted with alcohol on a canvas. He watches as the stainsdrip and blend. Then he sets the fireproo-fed canvas on fire. The fla-mes evaporate revealing a figurative abstractionism, a kind of prymal dynamism.

Enrico FraschettiL’arte musiva o del mo-

saico è l’arte di realiz-zare motivi e figurazioni per decorare pareti e pavi-menti. Le sue origini sono molto remote e si rifanno ai reperti archeologici prove-nienti dalla città di Uruk in Mesopotamia, dove già nel 3000 a.C. si abbellivano le costruzioni con coni di ar-gilla a base dipinta, infissi nella malta fresca a formare semplici disegni geometrici

L’arte musiva “Opus Sectile”(Museo di Stato di Berlino). Gradualmente, il mosaico esce dalla primitività del di-segno geometrico ripetitivo per acquistare forme e figu-re spesso floreali. Nei lavori di arte musiva cominciano ad essere inserite figure con intarsi “crustae marmoree” “Opus Sectile” o “commes-so di marmi” es (pavimen-to della Cappella Sistina in cosmatesco). Il mosai-co ad intarsio, cioè a “com-

messo di marmi” ritagliati secondo il disegno da for-mare, con tecnica non dis-simile da quella della tarsia di legno, ebbe varia fortuna e venne usato per rivestire pareti e ornare pavimenti, proseguendo la tradizione dell’antico “Opus Sectile”. Questa tecnica fu larga-mente impiegata nei primi secoli del medioevo per poi disperdersi. Bisognerà ar-rivare ai tempi moderni e

quindi a Enrico Fraschetti per far rinascere l’Opus Sectile, l’arte musiva inter-pretata, realizzata in ma-niera moderna e non più come vasta superficie pa-rietale, ma come quadro portatile in pietra naturale. L’artista attiva soluzioni tec-niche geniali perché il qua-dro marmoreo possa avere una propria collocazione, con un normale gancio da muro, su una qualsiasi pa-rete. Fraschetti con le sue opere ci dà una magistra-le interpretazione lapidea di quadri o disegni famosi che danno, in versione mar-morea, le stesse sensazioni visivo-emotive dell’origina-le in pittura su tela o dise-gno (vedi il bacio di Hayez o il cavallo e cavaliere di Leonardo). Tutto ciò che co-stituisce “pezzo unico”, in alcun modo ripetibile, ha un valore inestimabile come i lavori di questo grande ar-tista. Fraschetti, capostipite di un’arte musiva antica, ri-fiuta i meccanismi commer-ciali di mercato ma si dedica con generosità, a tramanda-re ai giovani le tecniche che ha affinato nel tempo per non disperdere questo gran-de patrimonio artistico. www.efras-opusnova.com

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