NUMERO 12 - DICEMBRE 2010

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www.madreterranews.it MadreTerra Palmi & Dintorni www.madreterranews.it Anno 1 Nr. 12 Dicembre 2010 PERIODICO DI CULTURA ED INFORMAZIONE OMAGGIO F REE PRESS - FREE PRESS FREE PRESS - F FRE E PRESS - FREE PRESS FREE PRESS - FREE DOPO UN ANNO… «Ancora un nuovo giornale?» Questa, se avessimo dato alle stampe Madreterra oltre un seco- lo addietro, sarebbe stata la do- manda che frequentemente ci sa- remmo sentiti rivolgere dai nostri concittadini. Prima -s’intende- che quella consuetudine pubblicistica di argomento in prevalenza politi- co-letterario, fiorita nell’Ottocen- to e variamente continuata in epo- ca successiva, si esaurisse -salvo eccezioni– al pari del fervore intel- lettuale che l’aveva animata. A distanza di un anno è tem- po, anche per noi, di un rapido bilancio. In questi mesi, senza pretesa di riproporre l’esperienza del passa- to, abbiamo provato ad accoglierne le istanze ancor attuali di crescita sociale e culturale che, da Palmi e dai suoi dintorni , proiettate su di un più vasto orizzonte, creassero le premesse di un nuovo, vivace laboratorio delle idee. Un periodico “aperto”, sostenu- to da un gruppo di giovani dispo- sti a favorire, senza preclusioni, il contributo di coloro che volessero concorrere al libero raffronto delle opinioni; affrancato da condiziona- menti politici e, tuttavia, attento alla gestione della cosa pubblica attraverso l’approfondimento criti- co, il contraddittorio con gli ammi- nistratori locali, il pungolo sagace della satira; una sorta, insomma, di Agorà della società civile, in cui le voci del professionista, del gio- vane ricercatore, dell’appassionato o del cultore di storia locale hanno alimentato un ideale dialogo del quale, voi lettori, volevamo foste interlocutori privilegiati. Madreterra, quindi, non sempli- ce sintesi d’appartenenza ad una “piccola Patria”, con la sua storia da riscoprire, le tradizioni da pre- servare, l’ambiente da valorizzare, ma essenzialmente quale denomi- natore comune - al di là dei con- sueti particolarismi - per le miglio- ri energie del territorio. Saremo riusciti nell’intento? L’ul- tima parola, come sempre, spet- ta a voi, cari amici, che ci avete sin qui seguito con un’attenzione, francamente, superiore ad ogni più rosea aspettativa. Ci rivediamo, dunque, al prossi- mo anno, perché, come scrivemmo nel nostro primo editoriale pren- dendo a prestito le parole di Leoni- da Repaci: “E’ importante non solo che ci siano idee, ma che le idee si rinnovino. E questo può avvenire solo dal contatto, dal confronto, dal dibattito”. La Redazione ALL’INTERNO TROVI IL “PALM-OCA”, IL DIVERTEN- TE GIOCO DELL’OCA CON I PERSONAGGI ED I LUOGHI DI PALMI!!!

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NUMERO 12 - DICEMBRE 2010

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MadreTerraPalmi &Dintorni

www.madreterranews.it Anno 1 Nr. 12 Dicembre 2010PERIODICO DI CULTURA ED INFORMAZIONE

OmaggiO FREE PRESS - FREE PRESSFREE PRESS - FFREE PRESS - FREE PRESSFREE PRESS - FREE

DOPO UN aNNO…«Ancora un nuovo giornale?»Questa, se avessimo dato alle

stampe Madreterra oltre un seco-lo addietro, sarebbe stata la do-manda che frequentemente ci sa-remmo sentiti rivolgere dai nostri concittadini. Prima -s’intende- che quella consuetudine pubblicistica di argomento in prevalenza politi-co-letterario, fiorita nell’Ottocen-to e variamente continuata in epo-ca successiva, si esaurisse -salvo eccezioni– al pari del fervore intel-lettuale che l’aveva animata.

A distanza di un anno è tem-po, anche per noi, di un rapido bilancio.

In questi mesi, senza pretesa di riproporre l’esperienza del passa-to, abbiamo provato ad accoglierne le istanze ancor attuali di crescita sociale e culturale che, da Palmi e dai suoi dintorni, proiettate su di un più vasto orizzonte, creassero le premesse di un nuovo, vivace laboratorio delle idee.

Un periodico “aperto”, sostenu-to da un gruppo di giovani dispo-sti a favorire, senza preclusioni, il contributo di coloro che volessero concorrere al libero raffronto delle opinioni; affrancato da condiziona-menti politici e, tuttavia, attento alla gestione della cosa pubblica attraverso l’approfondimento criti-co, il contraddittorio con gli ammi-nistratori locali, il pungolo sagace della satira; una sorta, insomma, di Agorà della società civile, in cui le voci del professionista, del gio-vane ricercatore, dell’appassionato o del cultore di storia locale hanno alimentato un ideale dialogo del quale, voi lettori, volevamo foste interlocutori privilegiati.

Madreterra, quindi, non sempli-ce sintesi d’appartenenza ad una “piccola Patria”, con la sua storia da riscoprire, le tradizioni da pre-servare, l’ambiente da valorizzare, ma essenzialmente quale denomi-natore comune - al di là dei con-sueti particolarismi - per le miglio-ri energie del territorio.

Saremo riusciti nell’intento? L’ul-tima parola, come sempre, spet-ta a voi, cari amici, che ci avete sin qui seguito con un’attenzione, francamente, superiore ad ogni più rosea aspettativa.

Ci rivediamo, dunque, al prossi-mo anno, perché, come scrivemmo nel nostro primo editoriale pren-dendo a prestito le parole di Leoni-da Repaci: “E’ importante non solo che ci siano idee, ma che le idee si rinnovino. E questo può avvenire solo dal contatto, dal confronto, dal dibattito”.

La Redazione

ALL’INTERNO TROVI IL“PALM-OCA”, IL DIVERTEN-TE GIOCO DELL’OCA CON I PERSONAGGI ED I LUOGHI DI PALMI!!!

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2Anno 1 Nr. 12 Dicembre 2010

AttuAlitA’ Palmi

... e venne ad abitare in mezzo a noi ... (Gv 1,14)

Il messaggio fondamentale del Natale è quello che ci ricorda che il Verbo di Dio venne ad abitare in mezzo a noi: il Figlio di Dio è entrato nel tempo ed è sceso nel mondo, facendosi uomo tra gli uomini. “ E venne così ad abitare ”, a mettere

la sua tenda, “in mezzo a noi”. Con Gesù, Dio sta in mezzo agli uomini, riprende il ruolo che era stato suo fin dall’inizio, quando era stato messo in una tenda e accompagnava il suo popolo. Gesù è venuto come luce per illuminare le tenebre di noi uomini per essere per tutti una sorgente di speranza. Sul dolore e sulle preoccupazioni di noi suoi figli splende quella Luce, Gesù, capace di strappare tutto ciò che ci conduce alla morte spirituale. Questo significa che con Gesù, Dio non è più

da cercare, ma da accogliere, per essere rialzati ed essere di nuovo capaci di pace e serenità; Gesù è luce per i nostri giorni bui, in Lui e con Lui non esisterà più angoscia e nessun tormento potrà più distruggerci. Il Natale allora ci fa rivivere la realtà di Dio che si fa uomo e rimane al nostro fianco in ogni situazione, ma soprattutto in quelle circostanze umanamente senza senso e senza speranza. Scrive San Paolo nella Lettera ai Filippesi al cap 2: “Cristo Gesù pur essendo di natura divina, non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio, ma spogliò se stesso, assumendo la condi-

zione di servo, e divenendo simile agli uomini; apparso in forma umana umiliò se stesso...”; Dio quindi si incarna, entra nella storia dell’uomo, la condivide, la illumina e la risana. Il Natale non

è soltanto la grotta col Bambino, ma ha già in sé il dramma della passione e morte del Figlio di Dio, che è venuto nel mondo per salvarci a prezzo della sua stessa vita, con quella ob-

bedienza che lo ha condotto alla morte di croce. La vera celebrazione del Natale non si esaurisce, dunque, in un solo giorno di festa, ma deve essere impegno che

dà forma a tutta l’esistenza dell’uomo, un’esistenza fatta di conoscenza sempre più profonda del Mistero grande di Dio, che si rivela in Cristo.

Il Vangelo di Giovanni dice che Dio, a quanti hanno accolto il pro-getto di vita che si realizza in Gesù, “ha dato il potere di diven-

tare suoi figli”. Ecco il progetto di Dio sull’umanità: l’uomo che abbia la condizione divina e diventi egli stesso come Dio.

Questo progetto si realizza in opere d’amore verso quel prossimo che Dio mette sul nostro cammino e col quale

Gesù si è identificato quando ha detto: “Avevo fame e mi avete dato da mangiare, avevo sete e mi avete

dato da bere, ero pellegrino e mi avete ospitato, nudo e mi avete coperto, ero infermo e mi ave-te visitato, carcerato e siete venuti a trovarmi; perché, in verità, tutto quello che avete fatto ad uno dei più piccoli di questi miei fratelli, l’avete fatto a me” (Mt 25,35-40).

“ Venite, benedetti dal Padre mio...” (Mt 25,34) è l’invito che viene dal Bambino di Betlemme, un invito che è un progetto di vita; un invito carico di luce, di amore e di speranza; quella speranza che ren-de la vita degna di esser vissuta, perché destinata alla piena comunione con la vita stessa di Dio, in Cristo Gesù, nostro fratel-

lo, nostro compagno, nostro salvatore. La venuta di Cristo, quindi, non può lasciarci

indifferenti, spenti dentro, attenti più all’ap-parire che all’essere. Maria Madre del Soccorso ci aiuti e ci accom-

pagni all’incontro con Gesù Bambino.

di Don Emanuele Leuzzi

Edizione straordinaria!!!Una strenna originale per il tuo Natale!!!

E’ in distribuzione, fresco di stampa, il volume “La fonte di san Rocco” Ieri un sogno, oggi una realtà, edito da Prometeus. Si tratta di un viaggio virtuale che racconta, anche con l’ausilio di innumerevoli immagini, di come sia stato possibile realizzare il nuovo, atteso monumento, dedicato al Santo pellegrino tanto caro alla nostra Città. Si citano tutte le iniziative e gli eventi che hanno determinato la realizzazione dell’opera, che ha contribuito a valo-rizzare una delle più importanti piazze del nostro centro storico. Si racconta della partecipazione popolare, citando tutti coloro, dal primo all’ultimo cittadino che, credendo nella validità di questa iniziativa, hanno, con amore, offerto un loro personale contributo. Si narra di quanto grandi siano sempre stati, per tutti i palmesi, vicini e lontani, la devozione e il sentimento di ri-conoscenza per il loro Compatrono. Si racconta di cosa sia stato nel passato, nella storia e nella tradizione e di cosa potrebbe essere nel tempo che verrà il grande, collettivo amore per un uomo, diventato Santo, che incarna tutti i valori, di solidarietà ed amore per il prossimo, dei quali questa nostra società sente tanto il bisogno.Il volume è in distribuzione in tutte le edicole e nelle librerie. I proventi saranno reinvestiti per la realizzazione di altre opere di pubblica utilità, così come è nello stile della Associazione Prometeus.

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Anno 1 Nr. 12 Dicembre 2010

AttuAlitA’ Palmi

® BE STUPID

YOU’LL EAT BETTER.

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4Anno 1 Nr. 12 Dicembre 2010

AttuAlitA’ Palmi

PALMI – “Correva l’anno 1582, era l’11 gennaio, quando alla Marinella di Palmi approdò il va-scello di Patron Peppe Tigano con la reliquia del Sacro Capello della Madonna. E tutto ebbe inizio…”

La Marinella è tra gli scorci pa-noramici più magici e suggestivi che la città di Palmi offre, l’affac-cio di Punta Motta che sovrasta l’incantevole spiaggia della Ma-rinella, rappresenta il luogo per eccellenza dal quale godere del-le meraviglie di cui la natura ha voluto far dono alla nostra città. Chiunque approdi in questo luo-go, non può che restare affasci-nato da questo abbraccio infinito: la sua posizione protesa sul mare,

progetto “mottA”!

l’incantevole panorama che spa-zia sullo Stretto di Messina e sulle Isole Eolie, fino a giungere alla co-sta di Capo Vaticano, ed il Monte Sant’Elia che imperioso si eleva alle sue spalle, lo rendono infat-ti uno dei posti più significativi di Palmi, nonché meta fondamenta-le dei turisti in visita della città.

Qui, dove storia e bellezze na-turali trovano l’armonia del mito, tuttavia, l’incuria ha preso il so-pravvento ormai da anni e al qua-dro splendido non corrisponde altrettanta degna cornice. Se ne sono accorti i “Marinai della Va-ria”, membri dell’Associazione ‘Mbuttaturi, che hanno deciso di rinfocolare oltre 5 secoli di antiche tradizioni con un progetto di riqua-lificazione che prevede il coinvol-gimento dell’intera cittadinanza.

Una dichiarazione d’amore,

dunque, messa nero su bianco da due giovani professioniste pal-mesi, l’architetto Maria Abbia e l’ingegnere Nunzia Saffioti, e già accolta con favore dal Comune di Palmi e dalla Provincia di Reg-gio Calabria, che hanno promes-so un loro contributo economico alla sua realizzazione. Ma ancora non basta. L’ambizioso progetto, che punta a migliorare l’aspet-to dell’intera area restituendole splendore e decoro, prevede il contributo attivo della città tutta e del mondo associazionistico e professionistico palmese.

La Corporazione dei Marinai, infatti, sarà impegnata da questo momento e nei prossimi mesi in una serie d’iniziative volte alla raccolta dei fondi per consentire al progetto di diventare realtà e chiederà a tutta la popolazione palmese di dimostrarsi parte at-tiva nei processi di miglioramento del proprio territorio.

Partendo dall’idea che onorare le proprie radici vuol dire, innan-zitutto, onorare se stessi, l’arch. Abbia e l’ing. Saffioti hanno pro-dotto un’idea che vuole essere, prima di tutto, un’emanazione dello spirito di questo luogo dal carattere unico e inconfondibile.

Dopo un attento studio del luo-go, hanno perciò realizzato un progetto in grado di evidenziare la morfologia della costa: imma-ginando la prua di una nave che propende verso il mare, hanno fatto sì che le curve di livello del terreno proseguano verso l’alto, formando un sopralzo artificiale che nella parte più alta diventa un sistema di seduta continua in cui è possibile socializzare.

Nella parte superiore è poi pre-

vista la realizzazione di una piaz-zetta, nel cui centro sarà piantato un albero, idealmente raffiguran-te l’albero di una nave. Un siste-ma di rampe pedonali, ornate da aiuole verdi, renderà accessibili sia la piazzetta che il punto di af-faccio sottostante, caratterizzato da un muro continuo in travertino bianco.

Un percorso superiore pavimen-tato, avrà poi il duplice compito di regolarizzare l’andamento del-la carreggiata e creare una pas-seggiata superiore che consentirà di osservare il panorama di fronte anche stando seduti.

Non mancheranno poi ulteriori particolari che saranno aggiunti in corso d’opera e che doneran-no, ancora di più, ineguagliabile bellezza a questa zona incasto-nata nel cuore della Costa Viola: il cannocchiale panoramico, che permetterà allo sguardo attento del visitatore di poter ammirare, con rara precisione, tutti i magici luoghi che si aprono all’incantevo-le panorama di località Motta; ed ancora mosaici con ricostruzioni storiche e vari particolari atti a richiamare, con stile e sobrietà, i simboli più caratterizzanti del mondo della marineria.

di Viviana Minasi Ivan Pugliese

L’associazione “PER PALMI, con la firma di un protocol-

lo con la signora Maria Militano, figlia del costruttore della Va-ria di Palmi, Giuseppe Militano, ha avviato la prima fase proget-tuale del programma che vuo-

le, nell’ambito delle varie ini-ziative collegate con la feste della Varia, valorizzare la figura dell’ideatore e costruttore del-la varia meccanica. Le richies-te, avanzate dall’associazione, all’Amministrazione Comunale

prevedono:- L’apposizione di una ste-

le marmorea sulla facciata dell’abitazione della signora maria Militano con cerimonia uf-ficiale pubblica, domenica 19 di-cembre 2010 ore 12;

- L’intestazione a giuseppe militano dell’attuale piazza LoSardo, in quanto essa è il luogo dove il 16 agosto alle ore 10.00, i palmesi prendono in consegna “u cippu” (la base della Varia) per poi trascinarlo all’arangiara, luogo di partenza della Varia.

L’Associazione “PER PALMI”, con questa iniziativa, intende, da una parte, recuperare e pro-teggere dal pericolo di oblio la figura del nostro concittadino, Giuseppe Militano, valorizzan-done, per come merita, l’inge-gno e tramandandone ai poste-ri la figura di cittadino palmese illustre, adempiendo così ad un debito morale che la città aveva nei suoi confronti; dall’altra, in-nescare un’azione di salvaguar-dia di uno degli elementi prin-cipali costituenti e qualificanti il patrimonio culturale immateria-le che la festa della Varia rap-presenta, documentandone ed archiviandone gli aspetti origina-li a futura memoria e realizzan-do in questo modo un’attività volta a sostenere la candidatu-ra della festa della Varia a Pa-trimonio dell’umanità tutelato dall’UNESCO che il sodalizio ha sottoscritto nel maggio scorso.

Al cavaliere Giuseppe Militano, il nostro giornale riserverà, in uno dei prossimi numeri, un ap-profondimento con la pubblica-zione di foto storiche inedite.

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Anno 1 Nr. 12 Dicembre 2010

punti di vistA®

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6Anno 1 Nr. 12 Dicembre 2010

AttuAlitA’ Palmi

HANNO pArtECIpAtO ALLA mANIfEStAzIONE:

ORATORIO CRESCERE INSIEME

frANCO Bruno, BALzAmA’ Carmelo, CALABrO’ pierpaolo, AmAtO Alberto, mANGIONE Giorgia, CANALE Giovanni, zAGArI francesco, pItASI Maria Pia, PITASI Francesca, CAMBREA Claudio, GrASSO Valeria, CAmBrEA Dario, mELArA Noemi, fErrArO Emanuel, fErrArO Simone, StANGANELLO Sara, tOmASELLI Silvia, CIprI Valentina, SImONE Annalisa. responsabile dell’Oratorio: Adele Gambardella.

ASSOCIAZ. VOL. PRESENZA - ATTIVITA’ POLITICHE SOCIALI COMUNE DI PALMI - PROGETTO “ANZIANI MAI SOLI”

zOCCALI fortunata, mANAGO’ teresa, CIAppINA Santo francesco, mELLINO Vincenzaresponsabile: Claudia zampaglione

SCUOLA ELEMENTARE I° CIRCOLO “ROCCO DE ZERBI”

Coro: SOLANO Carla, CHIAppALONE francesco, CILONA michela, D’AGOStINO Carmelo, GULLO Vincenzo, pANUCCIO martina, LUCASCIO Sofia (solista), GANGEmI matteo, mAGAzzU’ Antonio, COStANtINO Davide, VENtrICE manuel (solista), rUSSO Antonio, COSENtINO francesco, BArtUCCIO Davide, zErBONIA Gabriele e mattia, DE SANtIS marco, GULLO Giada, ALBErGAtI fabiana, GENtILE Antonella, ISOLA Andrea, OrLANDO michela. Direttrice artistica: Stefania Lombardo, impiandto audio Pino J. D’agostino.

SCUOLA DELL’INFANZIA II° CIRCOLO “SAN FRANCESCO - Sez. TAUREANA e TRODIO”

BONGIOVANNI Aurora, zOCCALI Christian, mAzzULLOBenedetta, OLIVErIO Carmine, SCHIpILLItI Benedetta, OrLANDO fabio, SCArfO’ pasqualina, SpErANzA Claudio, VErSACE francesca, VIOLA Clarissa, ONISOr Stefan, ALVIANO michelangelo, prINCI Karola, VECCHIE’ Davide, COSENzA Giulia, LIttOrIO filippoResponsabili: Nella Cannata e Mimma D’Elia

si ringrAziAno, per lA generosità dimostrAtA, roCCo ortuso, girolAmo FumArolA, umBerto Fonte, CArmelA, mAtteo e vinCenzA BArBerA

...unA piAzzA per un sorriso8 diCemBre 2010, unA FestA per i BAmBini ...e per i nonni

Quante volte, incontrandosi tra amici, ci è successo di

ripensare con nostalgia al tempo in cui da ragazzi, ci si divertiva a scambiarci figurine, giornali, giocattoli o quant’altro. A quan-do si improvvisavano bancarelle con oggetti usati, sottratti dal cassetto della nonna, per rag-granellare qualche spicciolo e comprare un gioco nuovo visto e sospirato nella luccicante vetri-na sotto casa! Con questo spirito un po’ “amarcord” l’Associazio-ne “Prometeus” ha pensato di allestire nella piazzetta di San Rocco, in occasione della festa dell’Immacolata, un mercatino per i bambini. Un luogo del cuore dove poter creare fermento, vi-vacità e offrire ai nostri ragazzi l’opportunità di sperimentare le

nostre stesse emozioni. L’obiet-tivo primario è stato quello di creare una location nella quale si potesse vivere un’esperienza di collaborazione e di operativi-tà e al contempo servisse da sti-molo ai ragazzi per incoraggiarli verso una mentalità imprendi-toriale che li abitui a saper fare e a mettersi in gioco. I bambini della Scuola dell’infanzia di Tau-reana e Trodio del 2° Circolo di-dattico di Palmi hanno preparato manufatti con materiale di recu-pero, utilizzando varie tecniche (decoupage, pittura, ecc..)che hanno venduto personalmente aiutati da insegnanti e genitori. Il ricavato servirà a procurare alle scuole, il materiale e i sus-sidi didattici che il ministero, da qualche anno, non fornisce più. I ragazzi dell’Associazione Volon-tariato presenza e dell’Oratorio Crescere insieme, hanno venduto

i loro prodotti realizzati con va-rio materiale, durante le ore di attività extra scolastiche, sotto la paziente guida di educatrici di volontariato. Altri hanno messo in vendita pasticcini, torte e dol-ci di ogni tipo mantenendo viva la tradizione artigianale calabre-se. La giornata è stata magica! Dopo giorni di freddo intenso, un caldo sole ha illuminato la piazza e ci ha dato, ancora una volta, la conferma che S.Rocco era con noi, che sosteneva questo even-to, come tutte le altre iniziative dell’associazione.

Il mercatino pieno di colorate bancarelle, si presentava agli occhi dei visitatori, come un grande vivaio in cui si intreccia-vano relazioni e contrattazioni, animando in modo inconsueto la piccola piazza. Un allegro coro di alunni della Scuola Primaria del 1° Circolo, preparati dalla Prof.

Stefania Lombardo ha allietato l’evento, portando una nota di letizia in più. Nel corso della mattinata gli anziani del “Cen-tro Presenza” hanno recitato alcune poesie dimostrando una formidabile memoria e presenza di spirito. I sig. Ciappina Santo Francesco e Mellino Vincenza hanno ricevuto una targa ricordo consegnata dall’Assessore Rosa-rio Ortuso, il quale ha evidenzia-to la loro personale longevità e la compattezza della coppia. Du-rante tutta la giornata si è crea-to un discreto movimento di fol-la intorno alla piazza, tra le luci dell’albero di natale e lo sguardo indulgente del Santo. Adulti e bambini si aggiravano in quell’at-mosfera di festa sgranocchiando calde zeppole e curiosando tra le cianfrusaglie. L’associazione sta pensando seriamente di ri-proporre questo tipo di iniziativa con cadenza mensile, così i no-stri bambini avranno un merca-to tutto per loro e Palmi sarà la prima città italiana ad avere un Mercatino per i Bambini.

IL mErCAtINO DEI BAmBINILa Redazione

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AttuAlitA’ Palmi

HANNO pArtECIpAtO ALLA mANIfEStAzIONE:

ORATORIO CRESCERE INSIEME

frANCO Bruno, BALzAmA’ Carmelo, CALABrO’ pierpaolo, AmAtO Alberto, mANGIONE Giorgia, CANALE Giovanni, zAGArI francesco, pItASI Maria Pia, PITASI Francesca, CAMBREA Claudio, GrASSO Valeria, CAmBrEA Dario, mELArA Noemi, fErrArO Emanuel, fErrArO Simone, StANGANELLO Sara, tOmASELLI Silvia, CIprI Valentina, SImONE Annalisa. responsabile dell’Oratorio: Adele Gambardella.

ASSOCIAZ. VOL. PRESENZA - ATTIVITA’ POLITICHE SOCIALI COMUNE DI PALMI - PROGETTO “ANZIANI MAI SOLI”

zOCCALI fortunata, mANAGO’ teresa, CIAppINA Santo francesco, mELLINO Vincenzaresponsabile: Claudia zampaglione

SCUOLA ELEMENTARE I° CIRCOLO “ROCCO DE ZERBI”

Coro: SOLANO Carla, CHIAppALONE francesco, CILONA michela, D’AGOStINO Carmelo, GULLO Vincenzo, pANUCCIO martina, LUCASCIO Sofia (solista), GANGEmI matteo, mAGAzzU’ Antonio, COStANtINO Davide, VENtrICE manuel (solista), rUSSO Antonio, COSENtINO francesco, BArtUCCIO Davide, zErBONIA Gabriele e mattia, DE SANtIS marco, GULLO Giada, ALBErGAtI fabiana, GENtILE Antonella, ISOLA Andrea, OrLANDO michela. Direttrice artistica: Stefania Lombardo, impiandto audio Pino J. D’agostino.

SCUOLA DELL’INFANZIA II° CIRCOLO “SAN FRANCESCO - Sez. TAUREANA e TRODIO”

BONGIOVANNI Aurora, zOCCALI Christian, mAzzULLOBenedetta, OLIVErIO Carmine, SCHIpILLItI Benedetta, OrLANDO fabio, SCArfO’ pasqualina, SpErANzA Claudio, VErSACE francesca, VIOLA Clarissa, ONISOr Stefan, ALVIANO michelangelo, prINCI Karola, VECCHIE’ Davide, COSENzA Giulia, LIttOrIO filippoResponsabili: Nella Cannata e Mimma D’Elia

si ringrAziAno, per lA generosità dimostrAtA, roCCo ortuso, girolAmo FumArolA, umBerto Fonte, CArmelA, mAtteo e vinCenzA BArBerA

...unA piAzzA per un sorriso8 diCemBre 2010, unA FestA per i BAmBini ...e per i nonni

Quante volte, incontrandosi tra amici, ci è successo di

ripensare con nostalgia al tempo in cui da ragazzi, ci si divertiva a scambiarci figurine, giornali, giocattoli o quant’altro. A quan-do si improvvisavano bancarelle con oggetti usati, sottratti dal cassetto della nonna, per rag-granellare qualche spicciolo e comprare un gioco nuovo visto e sospirato nella luccicante vetri-na sotto casa! Con questo spirito un po’ “amarcord” l’Associazio-ne “Prometeus” ha pensato di allestire nella piazzetta di San Rocco, in occasione della festa dell’Immacolata, un mercatino per i bambini. Un luogo del cuore dove poter creare fermento, vi-vacità e offrire ai nostri ragazzi l’opportunità di sperimentare le

nostre stesse emozioni. L’obiet-tivo primario è stato quello di creare una location nella quale si potesse vivere un’esperienza di collaborazione e di operativi-tà e al contempo servisse da sti-molo ai ragazzi per incoraggiarli verso una mentalità imprendi-toriale che li abitui a saper fare e a mettersi in gioco. I bambini della Scuola dell’infanzia di Tau-reana e Trodio del 2° Circolo di-dattico di Palmi hanno preparato manufatti con materiale di recu-pero, utilizzando varie tecniche (decoupage, pittura, ecc..)che hanno venduto personalmente aiutati da insegnanti e genitori. Il ricavato servirà a procurare alle scuole, il materiale e i sus-sidi didattici che il ministero, da qualche anno, non fornisce più. I ragazzi dell’Associazione Volon-tariato presenza e dell’Oratorio Crescere insieme, hanno venduto

i loro prodotti realizzati con va-rio materiale, durante le ore di attività extra scolastiche, sotto la paziente guida di educatrici di volontariato. Altri hanno messo in vendita pasticcini, torte e dol-ci di ogni tipo mantenendo viva la tradizione artigianale calabre-se. La giornata è stata magica! Dopo giorni di freddo intenso, un caldo sole ha illuminato la piazza e ci ha dato, ancora una volta, la conferma che S.Rocco era con noi, che sosteneva questo even-to, come tutte le altre iniziative dell’associazione.

Il mercatino pieno di colorate bancarelle, si presentava agli occhi dei visitatori, come un grande vivaio in cui si intreccia-vano relazioni e contrattazioni, animando in modo inconsueto la piccola piazza. Un allegro coro di alunni della Scuola Primaria del 1° Circolo, preparati dalla Prof.

Stefania Lombardo ha allietato l’evento, portando una nota di letizia in più. Nel corso della mattinata gli anziani del “Cen-tro Presenza” hanno recitato alcune poesie dimostrando una formidabile memoria e presenza di spirito. I sig. Ciappina Santo Francesco e Mellino Vincenza hanno ricevuto una targa ricordo consegnata dall’Assessore Rosa-rio Ortuso, il quale ha evidenzia-to la loro personale longevità e la compattezza della coppia. Du-rante tutta la giornata si è crea-to un discreto movimento di fol-la intorno alla piazza, tra le luci dell’albero di natale e lo sguardo indulgente del Santo. Adulti e bambini si aggiravano in quell’at-mosfera di festa sgranocchiando calde zeppole e curiosando tra le cianfrusaglie. L’associazione sta pensando seriamente di ri-proporre questo tipo di iniziativa con cadenza mensile, così i no-stri bambini avranno un merca-to tutto per loro e Palmi sarà la prima città italiana ad avere un Mercatino per i Bambini.

IL mErCAtINO DEI BAmBINILa Redazione

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8Anno 1 Nr. 12 Dicembre 2010

punti di vistA

Siamo giunti al mese più bello dell’anno: Dicembre.

Questo mese è un magico mis-cuglio di tradizioni religiosità e… consumismo. I più piccoli lo attendono con ansia soprattutto perché è foriero di doni. Gli stu-denti anelano la pausa natalizia dalle lezioni e gli adulti, dicia-molo, sono contagiati dal clima festoso che inevitabilmente ac-compagna le feste natalizie. La gente oggi fa la corsa ai regali, un po’ per tradizione, un po’ per “sdebitarsi” di qualche pic-colo favore secondo la mentalità paesana.

Ma io personalmente, quando si avvicina Natale non posso fare a meno di abbandonarmi ai ricordi di quando, bambina, vivevo un Natale sicuramente più semplice, con meno doni e meno luci di oggi, ma il cui ri-cordo nella mia memoria ha las-ciato una traccia così vivida che nemmeno cento luminarie, tutte accese contemporaneamente potrebbero lasciare.

Mi riferisco ai primi anni ses-santa, quando ancora il nostro Paese era giovane, ma vivo. La vita sprizzava da tutti i pori e anche se la gente era semplice e con minori possibilità economi-che, portava nel cuore una se-renità, una gioia ed una spensie-ratezza che oggi purtroppo non possediamo più. Noi bambini, attendevamo le feste natali-zie con grande ansia. La scuola veniva sospesa per un discreto periodo e le case profumavano di agrumi, frutta secca e dolci. Si andava in Chiesa e si facevano i preparativi per la Magica Notte. Ogni casa aveva il suo presepe, l’Albero di Natale poteva anche mancare, ma bello o brutto, grande o piccolo c’era il Presepe!

le trAdizioni nAtAlizie A pAlmiRicordo che mio padre, sin da bambino si dilettava a costruire dei paesaggi che somigliassero in maniera sempre più evidente alla realtà. Costruiva casette, ruscelli, prati, monti e alla fine deponeva le statuine, con reli-giosa cura, per non romperle perché erano di terra cotta o di carta pesta. Il Bambinello veniva deposto nella mangiatoia il gior-no di Natale, mentre i Magi ar-rivavano il giorno dell’Epifania, con i loro mantelli lussuosi e le loro corone e i doni preziosi che contrastavano con la povertà di tutte le altre statuine. E poi i doni per i bambini arrivavano la notte dell’Epifania. Era la befa-na a portare ai bambini i tanto attesi giochi, Babbo Natale lo si menzionava poco, non era giusto che in un giorno così magico per la cristianità, il ruolo di pro-tagonista, che era quello della Natività, venisse usurpato da un nordico personaggio che di reli-gioso aveva poco, anche se rap-presentava in realtà Santa Klaus, San Nicola (secondo le tradizioni nordiche che furono importate nel nostro Paese qualche anno più tardi). Ma la befana, quanto la attendevamo noi bambini! L’attesa cresceva di giorno in giorno fino a diventare frenesia la notte dell’Epifania. Era tanta l’eccitazione che non riuscivamo a dormire, ma il timore di incon-trare la vecchietta ci inchiodava nei nostri lettini fino al mattino. A quel punto iniziava la caccia per tutta la casa e qualche geni-tore burlone, che ne approfit-tava per rammentare ai bambini che i doni bisogna pur meritar-seli, metteva qua e là qualche pezzettino di carbone in una sorta di caccia al tesoro in cui prima venivano trovati i frutti delle marachelle (Cenere e car-bone) ma poi infine si arrivava ai tanto agognati doni. Di solito era la bambola del cuore o la bici-

cletta o comunque l’oggetto del desideri di un intero anno. Final-mente l’ansia veniva placata ed i bambini salutavano il Natale contenti e soddisfatti.

Forse sono soltanto nei miei ricordi esiste un divario tra ques-ti pochi anni Sessanta –Duemila, incolmabile. Ma io non lo credo. Negli anni sessanta io ero una bambina, ma anche il nostro Paese era giovane e sognava che da grande sarebbe stato tanto felice! Ma evidentemente il be-nessere economico non va di pari passo con la felicità, di cui oggi abbiamo solo una parvenza, sempre preoccupati come siamo per le nostre cose. Ma la spiri-tualità, in particolare l’essenza religiosa del Natale che fine ha fatto? Come ogni cosa, il pro-gresso e la tecnologia sono riu-sciti a “sporcare” anche quella magica Festa, rendendola un tour de force di acquisti, doni, abbuffate. Mi chiedo cosa ab-bia a che fare tutto ciò con un povero Bimbo deposto in una mangiatoia, ricoperto di stracci e riscaldato dal fiato del bue e dell’asinello.

Questa immagine è lontanissi-ma dallo sfavillio delle moderne feste natalizie, ma forse, com-plice la crisi degli ultimi anni, potrebbe essere il momento buono per recuperare le belle tradizioni natalizie paesane, per rinsaldare i legami familiari e per riflettere un po’. farebbe tanto bene fermare un attimo la quo-tidiana frenesia che caratterizza i giorni nostri e meditare, andare in Chiesa per seguire la Novena e la liturgia pre-natalizia e sof-fermarsi, chinare il capo con um-iltà per accogliere la pace e la serenità nel nostro animo. Così dovrebbe essere lo spirito na-talizio che ci consenta di uscire rinfrancati e medicati e non ul-teriormente stressati da corse, doni, nottate e abbuffate.

di Carmela Gentile

MADRETERRA Palmi & Dintorni

REGISTRAZIONE AL TRIB. DI PALMI Nr. 1 / 2010

Anno 1 - Numero 12 - Dicembre 2010

Direttore respons.: Francesco Massara

Coadiuvatori: Paolo Ventrice Andrea Ortuso

Collaboratori di REDAZIONE Lucia OrtusoSaverio PetittoCettina AngìGiovanni BruzzeseNella CannataGiuseppe CricrìWalter CricrìSalvatore De FranciaDario GallettaClaudia GarganoLaura GiustiTeresa Laganà

Editore: Associazione Culturale MadreterrraSede Palmi - Via ss.18 km 485.30P.I. 02604200804Cod. Fisc. 91016680802Tel./Fax - 0966 1945480 - 0966 1940380Mobile - Paolo Ventrice 335 6996255Mobile - Andrea Ortuso 333 4894882e-mail: [email protected]

Progetto Grafico: A.Ortuso - W. Cricrì - P. Ventrice

Impaginazione grafica: Paolo Ventrice

Progetto e cura sito web:De Francia S.- Galletta D. - Ortuso L.

Stampa: Tipografia BalzamàVia S. Giorgio 82 - Palmi - RC - Tel_0966420567

Per la pubblicità su questo periodico, scrivere alle mail o chiamare i contatti sopra indicati

Distribuzione gratuita fuori commercio

ASSOCIAZIONE CULTURALE MADRETERRA

La direzione non risponde del contenuto degli articoli firmati e declina ogni responsabilità per le opinioni dei singoli articolisti, degli intervistati e per le informazioni trasmesse da terzi.Il giornale si riserva di rifiutare qualsiasi inserzione.Foto e manoscritti, anche se non pubblicati, non si restituiscono.I diritti di proprietà artistica e letterariasono riservati. Non è consentita la riproduzione, anche se parziale, di testi, documenti e fotografie senza autorizzazione.L’associazione si riserva il diritto di non pubblicare le inserzioni e le comunicazioni pubblicitarie degli inserzionisti che:1. Siano contrarie agli interessi della asso.2. Violino le disposizioni vigenti in materia di diritto d’autore3. Contengano informazioni fuorvianti e scorrette4. Non rispondano ai requisiti minimi di impaginazione professionale5. Non siano pervenute nei termini concordati6. Siano state fornite in modo incompletoIn tutti i casi l’associazione non è responsabile per il contenuto di dette inserzioni e comunicazioni.

E invece, a molti di noi ac-cade, proprio in occasione

di questa solennità, di abitare a stretto contatto di gomito con l’origine della nostra vita; di pro-vare la vertigine di chi si trova per un giorno, a sua insaputa, gettato lungo il sentiero faticoso e disagevole della ricerca, della direzione di senso da dare alla propria vita, con l’amara sensa-zione –a me pare– che il teatro del mondo, in questo giorno, ci vede, ci ritrae, ci configura non come protagonisti, eroi, primi attori, interpreti e padroni assoluti del-la scena, ma come marionette e burattini mossi da disegni e scopi che ci sovrastano e ci conducono verso una direzione ignota.

E’ sull’onda di questa emozio-ne, in quest’idea del Natale non come scialo, sperpero, consumo, ma come ritorno al grembo ma-terno, all’abbraccio con il mon-do, con i nostri cari, con l’inte-ra umanità, è in quest’idea del Natale che la gioia della festa si espande e diventa commozione, pensiero in cammino alla ricerca della propria identità.

Abbandonarsi ai ricordi del Na-tale è vedere di nuovo la stella che puntuale ritorna sulla grotta di Betlem a illuminare il senso di una vicenda, all’interno della quale l’umanità, con tutto il far-dello e il bagaglio della sua sto-ria, è in cammino e si trova a fare i conti da più di duemila anni.

Il richiamo alla nascita di Gesù – “Messia” della pace e della spe-ranza – che il cristianesimo ripro-pone alla cultura dell’Occidente e a tutti gli uomini di buona vo-lontà, riassume allora in sé il più grande, il più profondo, il più impenetrabile di tutti i misteri: e cioè, la dinamica di tenebra e luce, il movimento che dalla pie-nezza ed unità dell’eterno, dalla perfezione di Dio, s’incarna nel mondo e nella storia per diven-tare direzione, senso e significa-to da dare alla nostra della vita. Alla vita dell’umanità.

In un mondo agitato e scon-volto da infinita violenza, da guerre, da conflitti tra stati, po-polazioni, etnie, in un contesto storico, insomma, dominato dal-la globalizzazione dei processi storici e sociali, la domanda è: Dio –attraverso la festa del santo

“non so chi sono!” così shakespeare in una scena dell’amleto. e’ forse da qui, da questo smarrimento esistenziale, che nasce quel vagare nell’insensatezza e nell’immaginazione che ci sorprende a natale quando, tornati nella casa dove siamo nati per festeggiare assieme a nostra madre, nostro padre, i nostri cari, questa ricorrenza così solenne, cerchiamo, al contrario, un sicuro rifugio nella memoria e tentiamo di aggrapparci a frammenti disuniti e scomposti dei nostri ricordi, fotogrammi ormai in bilico tra presente e passato; crepe in una muraglia che fino al giorno prima sembrava dovesse delimitare e circoscrivere per sempre il nostro mondo, riconducendo alla fine il campo d’azione alla effimera routine e quotidianità del divenire.

Natale – parla ancora all’uomo? Certo che sì! Per mezzo del

suo Figlio, Dio rinnova il mis-tero dell’Incarnazione e par-la all’umanità; ad un’umanità, però, distratta dal consumismo

più esasperato e prepotente-mente affaccendata a celebrare i valori del relativismo, del ma-terialismo, della voluttà, del go-dimento, dell’effimero.

La gioia del Natale, invece, e la nascita di Gesù, sono proiet-tate in tutt’altra dimensione: vogliono rinnovarci, ancora una volta, il simbolo di quella dina-mica che dalle tenebre porta alla luce. Dinamica probabilmen-te destinata a divenire il simbolo di ogni uomo, che per nascere deve “venire alla luce” da quel “fondo oscuro” che è il grem-bo materno; quel grembo dove siamo concepiti, certo, per una nascita, e che però, da sola, non basta a se stessa quando giunge alla luce, ma ha bisogno d’amo-re, di guida, di aiuto per trovare

il suo senso.Ecco, allora, cos’è il Natale: un

messaggio d’amore verso chi ci ha dato la luce, ma anche verso “Chi” nella luce guida, dirige e dà un senso alla nostra vicenda

di vita.E’ per questo, forse, da due-

mila anni, che dalla capanna di Betlem giunge e si rinnova una lezione di fede e di umiltà; di carità, di amore e di servizio in direzione di tutta l’umanità. Un messaggio, insomma, di speran-za, affinché ogni creatura pos-sa rinascere interiormente a se stessa, essere grotta di rigene-razione, notte buia in cammino verso il dies natalis, verso il nuo-vo giorno.

Quali le condizioni affinché tutto ciò si realizzi?

Il presupposto necessario per-ché possiamo accogliere e com-prendere il senso di questa ri-nascita interiore non può essere che uno solo: la fede, la certezza che “Dio è con noi” e che assie-

me a noi – attraverso la presenza del suo figlio Cristo Gesù – vuole realizzare la fratellanza, la sal-vezza, la pace tra gli uomini.

Dopo duemila anni di storia, sembra che l’umanità e l’uomo che in essa camminano, non sia-no ancora riusciti a saldare la loro storia, la loro vita, la loro esistenza con questo messaggio d’amore e di fratellanza che Cristo Gesù ci ha portato.

Ben venga, allora, il Natale se esso ci aiuta a liberarci dalla quotidianità e a non fuggire da questa nostra sete di autenticità ed istanza di rinascita interiore.

Ben venga il Natale, solenni-tà in cui ci si raccoglie attorno alla famiglia, festa del ritorno a casa, dei gesti, dei doni a grandi e bambini. E tuttavia però, non guardiamo il Natale con occhi in-nocenti, perché tante altre crea-ture sparse per il mondo soffrono un piatto di minestra e il calore di un abbraccio.

Non nascondiamoci dietro lo sguardo dei bambini. Impegnia-

moci, piuttosto, già domani e per i giorni a venire a credere nel messaggio di verità e di amo-re che il Natale ci lascia, consa-pevoli che l’aspirazione di ogni uomo a vivere nella fratellanza e nella pace non può restare solo un desiderio, ma deve diventare impegno ad operare concreta-mente in ogni circostanza.

tutto questo affinché, il mes-saggio umile e silenzioso che viene dalla capanna di Betlem-me, faccia nascere anche nei nostri cuori il seme della gioia e dell’amore; un seme che ci porti ad incarnare questi due senti-menti nella nostra vita; a gridarli con tutta la forza e la certezza di chi è convinto che la misura dell’amore... è un amore senza misura!

mistero del nAtAle e... teAtro dellA vitA!

di Attilio Scarcella

Page 9: NUMERO 12 - DICEMBRE 2010

www.madreterranews.it 9

MadreTerraPalmi&Dintorni

Anno 1 Nr. 12 Dicembre 2010

punti di vistA

Siamo giunti al mese più bello dell’anno: Dicembre.

Questo mese è un magico mis-cuglio di tradizioni religiosità e… consumismo. I più piccoli lo attendono con ansia soprattutto perché è foriero di doni. Gli stu-denti anelano la pausa natalizia dalle lezioni e gli adulti, dicia-molo, sono contagiati dal clima festoso che inevitabilmente ac-compagna le feste natalizie. La gente oggi fa la corsa ai regali, un po’ per tradizione, un po’ per “sdebitarsi” di qualche pic-colo favore secondo la mentalità paesana.

Ma io personalmente, quando si avvicina Natale non posso fare a meno di abbandonarmi ai ricordi di quando, bambina, vivevo un Natale sicuramente più semplice, con meno doni e meno luci di oggi, ma il cui ri-cordo nella mia memoria ha las-ciato una traccia così vivida che nemmeno cento luminarie, tutte accese contemporaneamente potrebbero lasciare.

Mi riferisco ai primi anni ses-santa, quando ancora il nostro Paese era giovane, ma vivo. La vita sprizzava da tutti i pori e anche se la gente era semplice e con minori possibilità economi-che, portava nel cuore una se-renità, una gioia ed una spensie-ratezza che oggi purtroppo non possediamo più. Noi bambini, attendevamo le feste natali-zie con grande ansia. La scuola veniva sospesa per un discreto periodo e le case profumavano di agrumi, frutta secca e dolci. Si andava in Chiesa e si facevano i preparativi per la Magica Notte. Ogni casa aveva il suo presepe, l’Albero di Natale poteva anche mancare, ma bello o brutto, grande o piccolo c’era il Presepe!

le trAdizioni nAtAlizie A pAlmiRicordo che mio padre, sin da bambino si dilettava a costruire dei paesaggi che somigliassero in maniera sempre più evidente alla realtà. Costruiva casette, ruscelli, prati, monti e alla fine deponeva le statuine, con reli-giosa cura, per non romperle perché erano di terra cotta o di carta pesta. Il Bambinello veniva deposto nella mangiatoia il gior-no di Natale, mentre i Magi ar-rivavano il giorno dell’Epifania, con i loro mantelli lussuosi e le loro corone e i doni preziosi che contrastavano con la povertà di tutte le altre statuine. E poi i doni per i bambini arrivavano la notte dell’Epifania. Era la befa-na a portare ai bambini i tanto attesi giochi, Babbo Natale lo si menzionava poco, non era giusto che in un giorno così magico per la cristianità, il ruolo di pro-tagonista, che era quello della Natività, venisse usurpato da un nordico personaggio che di reli-gioso aveva poco, anche se rap-presentava in realtà Santa Klaus, San Nicola (secondo le tradizioni nordiche che furono importate nel nostro Paese qualche anno più tardi). Ma la befana, quanto la attendevamo noi bambini! L’attesa cresceva di giorno in giorno fino a diventare frenesia la notte dell’Epifania. Era tanta l’eccitazione che non riuscivamo a dormire, ma il timore di incon-trare la vecchietta ci inchiodava nei nostri lettini fino al mattino. A quel punto iniziava la caccia per tutta la casa e qualche geni-tore burlone, che ne approfit-tava per rammentare ai bambini che i doni bisogna pur meritar-seli, metteva qua e là qualche pezzettino di carbone in una sorta di caccia al tesoro in cui prima venivano trovati i frutti delle marachelle (Cenere e car-bone) ma poi infine si arrivava ai tanto agognati doni. Di solito era la bambola del cuore o la bici-

cletta o comunque l’oggetto del desideri di un intero anno. Final-mente l’ansia veniva placata ed i bambini salutavano il Natale contenti e soddisfatti.

Forse sono soltanto nei miei ricordi esiste un divario tra ques-ti pochi anni Sessanta –Duemila, incolmabile. Ma io non lo credo. Negli anni sessanta io ero una bambina, ma anche il nostro Paese era giovane e sognava che da grande sarebbe stato tanto felice! Ma evidentemente il be-nessere economico non va di pari passo con la felicità, di cui oggi abbiamo solo una parvenza, sempre preoccupati come siamo per le nostre cose. Ma la spiri-tualità, in particolare l’essenza religiosa del Natale che fine ha fatto? Come ogni cosa, il pro-gresso e la tecnologia sono riu-sciti a “sporcare” anche quella magica Festa, rendendola un tour de force di acquisti, doni, abbuffate. Mi chiedo cosa ab-bia a che fare tutto ciò con un povero Bimbo deposto in una mangiatoia, ricoperto di stracci e riscaldato dal fiato del bue e dell’asinello.

Questa immagine è lontanissi-ma dallo sfavillio delle moderne feste natalizie, ma forse, com-plice la crisi degli ultimi anni, potrebbe essere il momento buono per recuperare le belle tradizioni natalizie paesane, per rinsaldare i legami familiari e per riflettere un po’. farebbe tanto bene fermare un attimo la quo-tidiana frenesia che caratterizza i giorni nostri e meditare, andare in Chiesa per seguire la Novena e la liturgia pre-natalizia e sof-fermarsi, chinare il capo con um-iltà per accogliere la pace e la serenità nel nostro animo. Così dovrebbe essere lo spirito na-talizio che ci consenta di uscire rinfrancati e medicati e non ul-teriormente stressati da corse, doni, nottate e abbuffate.

di Carmela Gentile

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REGISTRAZIONE AL TRIB. DI PALMI Nr. 1 / 2010

Anno 1 - Numero 12 - Dicembre 2010

Direttore respons.: Francesco Massara

Coadiuvatori: Paolo Ventrice Andrea Ortuso

Collaboratori di REDAZIONE Lucia OrtusoSaverio PetittoCettina AngìGiovanni BruzzeseNella CannataGiuseppe CricrìWalter CricrìSalvatore De FranciaDario GallettaClaudia GarganoLaura GiustiTeresa Laganà

Editore: Associazione Culturale MadreterrraSede Palmi - Via ss.18 km 485.30P.I. 02604200804Cod. Fisc. 91016680802Tel./Fax - 0966 1945480 - 0966 1940380Mobile - Paolo Ventrice 335 6996255Mobile - Andrea Ortuso 333 4894882e-mail: [email protected]

Progetto Grafico: A.Ortuso - W. Cricrì - P. Ventrice

Impaginazione grafica: Paolo Ventrice

Progetto e cura sito web:De Francia S.- Galletta D. - Ortuso L.

Stampa: Tipografia BalzamàVia S. Giorgio 82 - Palmi - RC - Tel_0966420567

Per la pubblicità su questo periodico, scrivere alle mail o chiamare i contatti sopra indicati

Distribuzione gratuita fuori commercio

ASSOCIAZIONE CULTURALE MADRETERRA

La direzione non risponde del contenuto degli articoli firmati e declina ogni responsabilità per le opinioni dei singoli articolisti, degli intervistati e per le informazioni trasmesse da terzi.Il giornale si riserva di rifiutare qualsiasi inserzione.Foto e manoscritti, anche se non pubblicati, non si restituiscono.I diritti di proprietà artistica e letterariasono riservati. Non è consentita la riproduzione, anche se parziale, di testi, documenti e fotografie senza autorizzazione.L’associazione si riserva il diritto di non pubblicare le inserzioni e le comunicazioni pubblicitarie degli inserzionisti che:1. Siano contrarie agli interessi della asso.2. Violino le disposizioni vigenti in materia di diritto d’autore3. Contengano informazioni fuorvianti e scorrette4. Non rispondano ai requisiti minimi di impaginazione professionale5. Non siano pervenute nei termini concordati6. Siano state fornite in modo incompletoIn tutti i casi l’associazione non è responsabile per il contenuto di dette inserzioni e comunicazioni.

E invece, a molti di noi ac-cade, proprio in occasione

di questa solennità, di abitare a stretto contatto di gomito con l’origine della nostra vita; di pro-vare la vertigine di chi si trova per un giorno, a sua insaputa, gettato lungo il sentiero faticoso e disagevole della ricerca, della direzione di senso da dare alla propria vita, con l’amara sensa-zione –a me pare– che il teatro del mondo, in questo giorno, ci vede, ci ritrae, ci configura non come protagonisti, eroi, primi attori, interpreti e padroni assoluti del-la scena, ma come marionette e burattini mossi da disegni e scopi che ci sovrastano e ci conducono verso una direzione ignota.

E’ sull’onda di questa emozio-ne, in quest’idea del Natale non come scialo, sperpero, consumo, ma come ritorno al grembo ma-terno, all’abbraccio con il mon-do, con i nostri cari, con l’inte-ra umanità, è in quest’idea del Natale che la gioia della festa si espande e diventa commozione, pensiero in cammino alla ricerca della propria identità.

Abbandonarsi ai ricordi del Na-tale è vedere di nuovo la stella che puntuale ritorna sulla grotta di Betlem a illuminare il senso di una vicenda, all’interno della quale l’umanità, con tutto il far-dello e il bagaglio della sua sto-ria, è in cammino e si trova a fare i conti da più di duemila anni.

Il richiamo alla nascita di Gesù – “Messia” della pace e della spe-ranza – che il cristianesimo ripro-pone alla cultura dell’Occidente e a tutti gli uomini di buona vo-lontà, riassume allora in sé il più grande, il più profondo, il più impenetrabile di tutti i misteri: e cioè, la dinamica di tenebra e luce, il movimento che dalla pie-nezza ed unità dell’eterno, dalla perfezione di Dio, s’incarna nel mondo e nella storia per diven-tare direzione, senso e significa-to da dare alla nostra della vita. Alla vita dell’umanità.

In un mondo agitato e scon-volto da infinita violenza, da guerre, da conflitti tra stati, po-polazioni, etnie, in un contesto storico, insomma, dominato dal-la globalizzazione dei processi storici e sociali, la domanda è: Dio –attraverso la festa del santo

“non so chi sono!” così shakespeare in una scena dell’amleto. e’ forse da qui, da questo smarrimento esistenziale, che nasce quel vagare nell’insensatezza e nell’immaginazione che ci sorprende a natale quando, tornati nella casa dove siamo nati per festeggiare assieme a nostra madre, nostro padre, i nostri cari, questa ricorrenza così solenne, cerchiamo, al contrario, un sicuro rifugio nella memoria e tentiamo di aggrapparci a frammenti disuniti e scomposti dei nostri ricordi, fotogrammi ormai in bilico tra presente e passato; crepe in una muraglia che fino al giorno prima sembrava dovesse delimitare e circoscrivere per sempre il nostro mondo, riconducendo alla fine il campo d’azione alla effimera routine e quotidianità del divenire.

Natale – parla ancora all’uomo? Certo che sì! Per mezzo del

suo Figlio, Dio rinnova il mis-tero dell’Incarnazione e par-la all’umanità; ad un’umanità, però, distratta dal consumismo

più esasperato e prepotente-mente affaccendata a celebrare i valori del relativismo, del ma-terialismo, della voluttà, del go-dimento, dell’effimero.

La gioia del Natale, invece, e la nascita di Gesù, sono proiet-tate in tutt’altra dimensione: vogliono rinnovarci, ancora una volta, il simbolo di quella dina-mica che dalle tenebre porta alla luce. Dinamica probabilmen-te destinata a divenire il simbolo di ogni uomo, che per nascere deve “venire alla luce” da quel “fondo oscuro” che è il grem-bo materno; quel grembo dove siamo concepiti, certo, per una nascita, e che però, da sola, non basta a se stessa quando giunge alla luce, ma ha bisogno d’amo-re, di guida, di aiuto per trovare

il suo senso.Ecco, allora, cos’è il Natale: un

messaggio d’amore verso chi ci ha dato la luce, ma anche verso “Chi” nella luce guida, dirige e dà un senso alla nostra vicenda

di vita.E’ per questo, forse, da due-

mila anni, che dalla capanna di Betlem giunge e si rinnova una lezione di fede e di umiltà; di carità, di amore e di servizio in direzione di tutta l’umanità. Un messaggio, insomma, di speran-za, affinché ogni creatura pos-sa rinascere interiormente a se stessa, essere grotta di rigene-razione, notte buia in cammino verso il dies natalis, verso il nuo-vo giorno.

Quali le condizioni affinché tutto ciò si realizzi?

Il presupposto necessario per-ché possiamo accogliere e com-prendere il senso di questa ri-nascita interiore non può essere che uno solo: la fede, la certezza che “Dio è con noi” e che assie-

me a noi – attraverso la presenza del suo figlio Cristo Gesù – vuole realizzare la fratellanza, la sal-vezza, la pace tra gli uomini.

Dopo duemila anni di storia, sembra che l’umanità e l’uomo che in essa camminano, non sia-no ancora riusciti a saldare la loro storia, la loro vita, la loro esistenza con questo messaggio d’amore e di fratellanza che Cristo Gesù ci ha portato.

Ben venga, allora, il Natale se esso ci aiuta a liberarci dalla quotidianità e a non fuggire da questa nostra sete di autenticità ed istanza di rinascita interiore.

Ben venga il Natale, solenni-tà in cui ci si raccoglie attorno alla famiglia, festa del ritorno a casa, dei gesti, dei doni a grandi e bambini. E tuttavia però, non guardiamo il Natale con occhi in-nocenti, perché tante altre crea-ture sparse per il mondo soffrono un piatto di minestra e il calore di un abbraccio.

Non nascondiamoci dietro lo sguardo dei bambini. Impegnia-

moci, piuttosto, già domani e per i giorni a venire a credere nel messaggio di verità e di amo-re che il Natale ci lascia, consa-pevoli che l’aspirazione di ogni uomo a vivere nella fratellanza e nella pace non può restare solo un desiderio, ma deve diventare impegno ad operare concreta-mente in ogni circostanza.

tutto questo affinché, il mes-saggio umile e silenzioso che viene dalla capanna di Betlem-me, faccia nascere anche nei nostri cuori il seme della gioia e dell’amore; un seme che ci porti ad incarnare questi due senti-menti nella nostra vita; a gridarli con tutta la forza e la certezza di chi è convinto che la misura dell’amore... è un amore senza misura!

mistero del nAtAle e... teAtro dellA vitA!

di Attilio Scarcella

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10Anno 1 Nr. 12 Dicembre 2010

punti di vistA

Il nome deriva da Wiki (di origine hawaiana e significa

rapido,veloce; come Wikipedia, anche se non ha nulla a che fare con questa) e leak (dall’inglese leak, “perdita”, “fuga” [di noti-zie]). Si tratta sostanzialmente di un sito web di un’organiz-zazione internazionale che si occupa di pubblicare notizie e documenti che sono gelosamen-te tenuti segreti da qualsiasi tipo di istituzione: banche, go-verni, aziende… Accade quindi, clandestinamente ed in modo anonimo, che qualcuno (un mi-litare, un dipendente, chiunque sia parte dell’istituzione e abbia accesso a questi documenti se-greti) ruba queste notizie e le consegna al sito web grazie a una “drop box” (software multi-piattaforma che offre un servizio di sincronizzazione automatica di file), protetta da un potente sistema di cifratura. I files pubblicati da WikiLea-ks sono in genere documenti di carattere governativo o azien-dale, coperti da riservatezza, con informazioni che, divulgate, potrebbero nuocere alla stessa organizzazione. Lo scopo di ren-dere pubbliche tali informazioni scomode è dunque quello di in-formare tutto il mondo circa casi di comportamento illegale o non etico da parte di un governo o di una azienda. La stessa Wiki-Leaks dichiara di verificare l’au-tenticità del materiale per poi pubblicarlo tramite i propri ser-ver dislocati in Belgio e Svezia (due Paesi con leggi che proteg-gono tale attività), preservando l’anonimato degli informatori e di tutti coloro che sono implicati nella “fuga di notizie”. Il sito ha cominciato a pubblica-re indiscrezioni nel 2006 (il pri-mo dossier “rubato” si occupava del piano per uccidere i membri del governo somalo); da allora centinaia di informazioni molto scomode sono state divulgate (sul carcere di Guantánamo, sul-la guerra in Afghanistan, etc.), ma solo in questi ultimi anni ha suscitato tanta attenzione da parte dei media e degli uten-ti dell’intero globo per la mole d’informazioni delicate che ri-guardano le amministrazioni di molti Paesi, non ultime, quelle di questi giorni. ll 28 novembre 2010 infatti WikiLeaks ha pub-

WIkILeAkS, IL NuOVO VOLTO DeLLO SPIONAGGIOSe ne parla in questi giorni per gli scossoni che ha dato al mondo diplomatico mondiale, ma che cos’è davvero WikiLeaks?

blicato la più ingente rassegna di documenti riservati sulle di-plomazie occidentali mai resi noti al grande pubblico. Questa nuova sfornata di documenti sta imbarazzando la diplomazia di Washington; cosa che non era accaduta, a questi livelli, con le altre fughe di notizie. Come mai? Tra le scorse fughe di notizie e questa c’è una grande differen-za, legata soprattutto al fatto che nel primo caso la documen-tazione era quasi esclusivamen-te militare mentre ora si tratta di documentazione diplomatica. Paradossalmente, questa secon-da ondata può essere ancora più dannosa e creare più problemi, perché le documentazioni diplo-matiche contengono considera-zioni, analisi e riflessioni decisa-mente imbarazzanti per alcuni Governi. Forse non ci sarà niente di sconvolgente, anche perché altrimenti i giornali, che hanno avuto i documenti in anteprima, lo avrebbero già messo in evi-denza, ma c’è materiale che per lungo tempo creerà tutta una se-rie di tensioni e di complicazioni nei rapporti tra varie capitali. In effetti nei circa 260.000 docu-menti messi on-line da WikiLeaks ce n’è per tutti, amici e nemici: i premier zapatero e Cameron, i reali di Buckingham Palace, Israe-le ed anche il governo italiano. Per quanto concerne appunto l’Italia, oltre ai noti commenti su Berlusconi (“incapace e stanco per i festini selvaggi e portavoce di Putin”) è emersa inoltre una querelle fra Roma e Washington sulla vendita italiana, nel 2004, di dodici navi veloci a Teheran, con le quali la marina irania-na avrebbe potuto attaccare le navi americane del Golfo. Gli Usa impiegarono quasi un anno a convincere l’Italia a bloccare l’esportazione delle navi, ma or-mai undici delle dodici erano già state consegnate a Teheran. Pos-siamo dunque affermare che Wi-kiLeaks abbia cambiato in poco tempo i connotati allo spionag-gio mondiale ed il suo creatore, Julian Paul Assange, sia balzato agli onori della cronaca come l’emblema della democrazia e della trasparenza. Assange, noto ai più per le sue azioni di hacke-raggio del passato, oggi rischia la galera perché accusato di stupro e molestie nei confronti di due donne, ma in molti, pensano che siano delle banali accuse monta-te ad arte per colpire il cervello

di WikiLeaks ed eliminare così, una realtà fastidiosa che mina la credibilità di molte grandi poten-ze mondiali. Il sito è curato inol-tre da giornalisti, attivisti, dissi-denti del governo cinese, scien-ziati. I cittadini di ogni parte del mondo possono e sono invitati ad inviare materiale “che por-ti alla luce comportamenti non etici di governi e aziende”. Gran parte dello staff del sito, come gli stessi fondatori del progetto, rimangono anonimi. Ma l’inter-rogativo principale resta uno: perché Assange ed il suo staff fanno tutto questo? Sono nume-rosi coloro che in questi giorni cercano di dare una risposta ai motivi dell’azione di WikiLeaks. L’australiano Assange continua ad essere una persona molto mi-steriosa; sembra molto difficile che sia riuscito a ottenere tutta questa documentazione senza nessun tipo di input, o solo per iniziativa di un soldato america-no di 23 anni. Chi ci sia dietro As-sange è un interrogativo che af-fascina gli amanti delle teorie di cospirazione. La risposta che mi viene in mente è che ci trovia-mo di fronte ad un nuovo modo di fare spionaggio, che ci sia qualche servizio di intelligence che – nel tentativo di screditare gli USA – ne abbia trovato, grazie alla rete, una nuova modalità. In questo caso, quindi, non è assur-do parlare di complotto poiché ci sarebbero tanti elementi a sostegno di tale ipotesi. Questa è la classica azione che sembra avere dietro un coordinamen-to. Occorrerebbe capire, tanto per fare un esempio, quale sia il sostegno finanziario di Assange. Come riesce a fare tutto quello che fa? C’è il sospetto che questi finanziamenti e lo stesso input dell’operazione arrivino da qual-che mano straniera (la Cina?). L’ipotesi che ci sia dietro un ten-tativo di screditare Obama e di dare un colpo alla fiducia nella sua politica estera e nel suo in-tento di attuare un’apertura al mondo mediorientale, può avere una sua validità. Per concludere vorrei cogliere il proposito laten-te di WikiLeaks, ovvero quello di tentare di diffondere al mondo le verità nascoste, ma consideran-do che il mondo in cui viviamo si erige sull’ipocrisia, mi chiedo se questo strumento non possa rovinare i già fragili equilibri su cui si reggono i rapporti fra i vari Stati?

di Giuseppe Pardeo

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punti di vistA

Il fatto di vivere la più diffi-cile congiuntura economica

registrata dal 1929, rende difficile pensare ad aspetti che potremmo definire economico-antropologici, o di scenario.

Il mercato della informazione di massa – necessariamente im-prontato alla analisi di breve pe-riodo - preferisce parlare di crisi e di fallimento delle promesse della globalizzazione, piuttosto che riconoscere i segni di forze e tendenze in atto da decenni. E’ il caso dell’incremento del tasso di disoccupazione e della riduzione della produttività che accomuna-no, pur con connotazioni estre-mamente diverse, le due sponde dell’Atlantico.

Alla stessa stregua, un Paese povero di risorse e in retroguardia nei settori legati alle tecnologie informatiche come l’Italia, non sembra pronto ad una analisi tras-versale delle tendenze in grado di promuovere occasioni di sviluppo non convenzionali in settori vita-li come quello dell’energia. Se, come teorizzava Peter Drucker, “la scomparsa del lavoro quale fattore chiave della produzione sta per emergere come la questio-ne critica irrisolta della società capitalistica”, è altrettanto vero che questa crisi si presenta all’al-ba di un’era che sarà dominata da nuove tecnologie e che dovrà fon-darsi su nuove fonti e modelli di consumo energetici, che potranno contribuire a mutare gli scenari geopolitici mondiali.

L’era moderna per come la co-nosciamo è stata resa possibile dalla enorme disponibilità ener-getica garantita dai combustibili fossili, ma non ha conosciuto un percorso semplicemente linea-re. Nel salto corrispondente al passaggio dal predominio ingle-se, basato sul carbone, a quello americano, improntato allo sfrut-tamento intensivo dei giacimenti petroliferi, il sistema economico è diventato fortemente verticistico. La intensità di capitale necessaria al reperimento e sfruttamento dei giacimenti ha favorito la creazio-ne di colossi internazionali ed il successo di strutture fortemente improntate alle economie di scala, fino a concentrare la maggior par-te del potere economico planeta-rio nei consigli di amministrazione

IL wEB DELLE FONTI ENERGETIChE

di circa cinquecento Aziende.Per converso, se vediamo la rivo-

luzione dei computer e del World Wide Web come l’ultimo grande prodotto della civiltà indus-triale classica, dominata dalla fisica e dalla chimica, non possiamo man-care di notare come la nuova era, già proiettata nel biotech, sia pro-fondamente informata dal concet-to di rete. Un modello più “demo-cratico” che , se prendesse piede nel settore dell’energia, potrebbe avere conseguenze dirompenti non solo nel mondo dell’economia, ma rimodellare l’intera società.

Per comprendere l’importanza della variabile energetica a livello economico e geopolitico, basterà ricordare come il crollo dell’Unio-ne Sovietica si sia concretizzato in seguito ad un prolungato periodo di depressione del mercato petro-lifero. Il prezzo del barile a quindi-ci – venti dollari e la conseguente impossibilità di mantenere gli alti costi del proprio sistema sociale ed internazionale, minarono con-cretamente il logoro tessuto del pianeta URSS, esaltandone le con-traddizioni ed accelerandone - in ultima analisi - il cedimento.

Siamo oggi in una fase politica-mente molto diversa, ma di estre-mo divenire dal punto di vista energetico e tecnologico: si discu-te della consistenza delle riserve petrolifere mondiali, di un con-creto impulso al nucleare, di fon-ti rinnovabili, di idrogeno, ma in modo quasi schizofrenico e senza riflettere sulle implicazioni sociali che potranno avere i diversi mo-delli di sviluppo.

Per cercare di fare ordine, in primo luogo, si può provocato-riamente dire che il concetto di picco della produzione mondiale sia – di fatto – una chimera: i ri-flessi sulle valorizzazioni di borsa delle Società petrolifere, fanno sì che i dati sulle riserve siano spes-so altamente inaffidabili e, d’altra parte il concetto stesso di riserva è spesso determinato da fattori economici, più che tecnologici. Prima che il prezzo del barile sa-lisse a centoquaranta dollari, le sabbie bituminose del Canada non erano comprese nel novero delle riserve, ma questo è puntualmen-te accaduto una volta “spostata l’asticella”, che ha dato anche ulteriore impulso alle tecnologie estrattive ed alla fruibilità econo-mica di vecchi giacimenti.

Si può quindi pensare che il costo della riforma del sistema energetico e sociale basato sui combustibili fossili fornisca un valido meccanismo di protezione ed una notevole inerzia al cam-biamento, resa ancora più sensi-bile dal contemporaneo risveglio dell’interesse nutrito verso altre fonti energetiche tradizionalmen-te “centralizzate” e ad alta inten-sità di capitale quale il nucleare. Ci troveremmo quindi in una fase storica caratterizzata da successi-vi aggiustamenti che, in mancan-za di imprevedibili accelerazioni geopolitiche o religiose, garanti-ranno il perpetuarsi del successo del sistema attuale.

Consideriamo invece l’attuale scenario di economie in difficoltà, con ridotte possibilità di accedere al credito e cosa potrebbe signifi-care lo sviluppo di nuove centrali nucleari compatte, una sorta di “cubo energetico” interrato pen-sato per fornire energia a circa 20.000 utenze, la creazione di campi fotovoltaici nelle zone de-sertiche, il completamento delle super-reti energetiche ad altissi-ma tensione pensate per mettere in rete i parchi eolici del Mare del Nord e della Spagna, i grandi ba-cini idroelettrici, le centrali che sfruttano i salti di marea, ecc.

Si passerebbe ad una filiera energetica diffusa dal punto di

vista della distribuzione e della produzione, fortemente integrata per ridurre le costose ridondan-ze e riserve richieste dal sistema attuale, con al centro la rete di-stributiva, piuttosto che il fattore produttivo. Si avrebbe quindi un World Wide Web della energia nel quale – al limite - ogni singola uni-tà abitativa potrebbe essere con-temporaneamente utilizzatrice e fornitrice.

Le basi teoricamente esistono già: il piccolo impianto fotovoltai-co domestico da 3 kW viene oggi collegato alla rete in modalità di scambio, ma con lo sviluppo dei pannelli ad alta efficienza, come quelli a tripla giunzione e la aus-picata diffusione di automobili a celle di combustibile lo scenario cambierebbe radicalmente.

Alle aggregazioni sovranazio-nali di stati dovrebbe essere de-mandato lo sviluppo di centrali di potenza relativamente limita ris-petto quella oggi disponibile e lo sviluppo di infrastrutture di scam-bio e trasporto efficienti. L’inizia-tiva e l’investimento privato – al limite familiare – potranno fornire la restante parte della potenza, cogliendo opportunità di business oggi appannaggio di poche Azien-de fortemente capitalizzate ed organizzate, liberando al tempo stesso ingenti risorse statali.

di Marco Bentivogli

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spAzio Ai lettori

Gentilissima Cettina Angì, ho letto sul periodico Madre Terra il suo articolo che descrive la

storia del Cinema Teatro CILEA, ed essendo io, Giuseppe Arena, cl. 1935, per età il più anziano degli eredi di quei fratelli Arena che han-no per quasi cinquant’anni gestito quel teatro, sento di contattarla perché il suo articolo ha risvegliato in me una emozione profonda, avendo io vissuto quella realtà che per quel periodo storico ha allar-gato l’interesse e la conoscenza di tutti noi palmesi.Mi permetterò, sulla scia di questa emozione, di aggiugere a quan-

to lei ha descritto qualcosa di personale. E’ vero, quel cinema teatro era quasi un centro culturale per quasi tutta la ‘Piana’, solo a Reggio c’era un ambiente che per qualità estetiche o per impegni di spetta-colo poteva reggere il paragone. Le compagnie di lirica, con le opere di Cilea, Mascagni e Giordano, gli ultimi dei romantici, erano di livel-lo nazionale, ugualmente quelle di prosa con i tre fratelli Ninchi, con Angelo Musco e Rosina Anselmi, detentori del dialetto siciliano, con Germana Paolieri, col mago Bustelli, con la giovane Laura Adani, ed a finire con le operette con le arie allora in voga de’ La Vedova Al-legra, e del Paese dei Campanelli, e con le prime riviste con balle-rine “succinte”. Ricordo che da piccolo, vestito all’inglese in velluto nero, calzettoni

bianchi, e scarpe in vernice nera, mi mandavano sul palcoscenico a consegnare alla prima attrice o al soprano una corbeille di camelie, dopo che alcune zie mi avevano pettinato, a ‘boccoli’, i capelli che avevo ricci e biondi, dopo averne avvolta ogni ciocca sul dito indice. Una carezza e via, e… Pinuzzu era felici.Certamente questo la farà sorridere, ma mi abbandono a queste

descrizioni per poterla fare entrare in quella che era l’atmosfera de-gli ultimi anni del ventennio fascista. Custodivamo una infinità di bandiere italiane con lo stemma sabaudo, di vessilli e di gagliar-

detti littorii, che servivano per addobbare il teatro per le riunioni del partito o per comizi che non si potevano svolgere, per ordine pubbli-co, nella piazza principale. Io e mio fratello, all’uopo, venivamo ve-stiti da piccoli balilla.Di sicuro lei non sa che i fratelli Arena avevano già avuto, negli anni

20, la gestione del primo cinema muto del circondario, tutto in le-gno, che si trovava dove c’è adesso l’Ufficio postale, accanto al mu-nicipio, il Cinema Sociale, dove, al pianoforte accompagnava le pro-ieziomi dei film, mio nonno materno, Vincenzo Cicala, don Ceciu, a detta dei miei, amico d’infanzia di Cilea.Con l’arrivo del sonoro si era passati alla direzione del nuovo ci-

nema teatro. Custodivamo una vasta quantità di locandine che pub-blicizzavano i film, e di foto di attori, da Valentino alla Garbo, alla Magnani, alla Calamai, a Totò, alla Valli, alla Bergman, su carta pa-tinata color ambra, che venvano esposte nelle vetrine dei negozi del centro cittadino. Tutto questo, unitamente agli spartiti musicali del periodo del muto è andato perduto in quanto custodito nella nostra abitazione che, nell’ultima guerra, dopo un bombardamento, è stata distrutta nell’ incendio del rione Mauro.Con l’arrivo degli americani il Cilea si adattò a portare anche le

compagnie di avanspettacolo.Così, cara Cettina Angì, sono cresciuto assieme al primo Tarzan, a

pecos Bill, a Stanlio e Onlio, a Via col vento, alle prime commedie musicali americane, a Roma città aperta. A proposito di rosselini, deve sapere che la distribuzione dei film

per gran parte del merdione era a Catania, dove ci si recava, dopo un ‘lungo viaggio’, per accaparrarsi i film ‘di cassetta’, e non è escluso che il cortometraggio ‘Il ruscello di Ripa Sottile’ forse allegato ad uno dei film del primo rossellini, non sia mai stato proiettato al Ci-lea, in quanto il neo realismo non aveva grandi consensi nel pubbli-co palmese di allora. Tale era il detto:“A vidiri ‘sti filmi ndi scura ‘u cori”. Spero tanto di non averla anno-

iata, ma il cinema teatro Cilea, che nasce dal cinema muto e fini-sce con l’arrivo della televisione, fa parte oltre che ad un intenso e travagliato periodo storico, anche alla storia della nostra città, alla quale, pure se limitatamente, la mia famiglia ha contribuito.La ringrazio di avermi dato lo

spunto a scrivere, e spero, con questo spaccato personale, di es-sere stato capace ad allargare la sua visione del luogo che nei miei sentimenti sarà sempre presente. P. S. La donnetta che vendeva

‘a calia si chiamava donna Rosa giUSEPPE aRENa

Qualche mese fa è sta-to “rispolverato” il vec-chio, caro cinema Cilea

e sono giunti, in redazione, non pochi complimenti, sia per l’ar-ticolo di Cettina Angì che in po-che righe è riuscita a riesumare ricordi speciali di un tempo che fu, sia per le immagini che la in-comparabile Maria Rosaria Tra-passo, ha saputo “rubare” all’in-terno della vecchia struttura.

Noi ringraziamo chi ha scritto e ringraziamo, soprattutto, giu-seppe arena per le immagini, davvero ricche di storia, che ci ha inviate.

Ci sembra doveroso, quindi, riempire queste pagine di scorci

palmesi con foto, nomi e ricordi citati, con evidente fervore, da chi ha trascorso la sua giovinez-za a Palmi, da chi è cresciuto tra quei giovani che fieri si mostra-no, sul palco del Cilea... che fu.

Non c’è da dire altro, se non tuffarsi nelle parole e nelle im-magini di queste pagine.

Un particolare ringraziamento va fatto anche a giuseppe (Popi-ne) Repaci, per la gentilezza con la quale ha commentato il “pe-riodo storico” e la generosità, nel promettere, appena possibile, altri racconti ed immagini di quei tem-pi, così, da mantenere vivo il ricor-do di una storia tutta palmese.

CinemA CileA . . . Atto 2°

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spAzio Ai lettori

Caro Paolo,dico così per potermi sentire a mio agio per questa nuova conoscenza, e per ringraziarla

di avermi contattato. E’ naturale che io sia orgoglioso di vedere sul suo giornale la mia lette-ra quale seguito al bell’articolo di Cettina Angì. Le mando per adesso alcune foto ‘storiche’: lo stralcio di un quotidiano del 1938 dove compaio, sono il bambino coi capelli ricci, assie-me a mio fratello, (erano gli anni dell’ ostentato orgoglio famigliare, alla fine del Venten-nio), in due foto compare il palco del Cilea con la ‘meglio gioventù’ del tempo, con l’orche-stra Cicala, un giovane Turi Idà, e l’amico Peppino Repaci che si esibiva come cantante,(col beretto bianco), nell’ultima sempre io e mio fratello, bambini, l’Ufficiale è il papà del dott. Francesco Scampato, mio cugino, ed il signore sulla destra è il papà del dott. Enzo Tedesco, e per ultimo una foto che accompagnava i l film, da noi proiettato, “La città dei ragazzi” del 1938, con un giovane Spencer tracy ed un mickey rooney, quasi ragazzo. Ne faccia l’uso che vuole.Solo per rimanere in tema cinematografico le mando un mio scritto in dialetto che fa parte di una raccolta scritta nel 2007, dal titolo: ArrICOrDArI, e che solo ora ho avuto l’audacia di far stampare.La ringrazio dell’attenzione, e se mi sarà possibile le invierò altro materiale, distinti saluti giUSEPPE aRENa

Cinima 2007Ddu’ sordi di pastiddhi,

sulu chiddhi moddhiceddhi,ddu’ sordi di simenzi,

e ddui di ciciari caliati,‘cu ‘na mbiscatina ‘i nuciddhina

e di favi già atturrati !avanti a lu cinema,

nci stava allura ‘na vecchiareddha,‘cu ‘na bancareddha,

e vindiva tuttu chistu a cu trasiva,e accussì si passavanu li uri,

sgranandu tantu d’occhie masticandu ‘sti sapuri,

Passaru sessantanni,e ora sugnu ccà, ‘nta ‘sta gran città,

‘u cinema è comu ‘nu triatu,avi ogni postu numeratu,

nci sunnu signurini, giuvani e eleganti,arretu a ‘nu bancuni ‘i vitru scintillanti,

aundi non nc’è tantu d’ accattari,e si lu voi fari, basta diri ‘na parola,

o pop corn, oppuri coca cola.Certu, ora staju pensandu

ca ‘na bella cosa puru sarria se donna Rosa nci fussi ccà mia.

ma chi penzeru stranuchi mi stavi ora pigghiandu!

La “meglio gioventù del tempo” - foto sul palco del Cinema Cilea

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spAzio Ai lettori

Lo scorso Natale l’Associa-zione PER PALMI ha costrui-

to, nell’hangar dell’ex AMA in via San Giorgio, un grande, artistico e particolareggiato Presepe elet-tromeccanico, con la Natività in-serita nella ricostruzione fedele del borgo antico della Marinella di fine 800, sicuramente apprez-zato e riconosciuto dai Palmesi, per i ricordi che ha suscitato, come il Presepe della Città.

Quest’anno la stessa Associa-zione PER PALMI, ponendosi an-cora e come sempre al servizio della Città, nei medesimi locali del capannone ex AMA ha realiz-zato il Presepe 2010 ricostruen-do, nei livelli di paesaggio più alti rispetto alla Marinella, taluni vecchi quartieri abitativi che nel primo 900, dopo il terremoto e la guerra, hanno vissuto periodi di rilevante presenza residen-ziale e lavorativa di palmesi.

La struttura di superficie ri-creata, imponente per l’ampiez-za, anche questa volta supera abbondantemente i 100 mq; contiene animazioni e movimen-ti elettromeccanici con affas-cinanti giochi di luci ed offre, delle zone interessate, una ri-costruzione particolareggiata e fedele, per come visibile nelle foto dell’epoca estratte dalla grande miniera storica del socio

Peppe Cricrì.E’ questo il risultato che l’As-

sociazione PER PALMI ancora una volta è riuscita a raggiungere grazie all’impegno straordinario dei componenti il Direttivo (Fon-te, Brando, Oliveri, Simonetta, Melissari e Ranuccio) e di tanti soci che al lavoro comune, con grande generosità, hanno ap-portato tutta quanta la propria dedizione sociale: (Impiombato, Barbera, Riotto, Petta, Gaudio e tanti altri). E’ stata così rea-lizzata un’opera di sicuro valore

artistico per la lavorazione ma-nuale, la creatività e la cura dei particolari.

Soprattutto però è stato sti-molato un grande sentimento di socialità cittadina, per le sensa-zioni che la visione degli squarci antichi genera, e per i desidera-ta unanimemente espressi dai tanti visitatori che l’Associa-zione ha colto e nell’immediato futuro vuole realizzare. L’intento dichiarato dal Direttivo è infatti quello di collegare il Presepe di quest’anno con quello dell’anno

CON LA RICOSTRUZIONE DI ANTIChI QUARTIERI L’ASSOCIAZIONEPER PALMI AUGURA BUON NATALE ALLA CITTA’.

scorso, unificando i quartieri ri-costruiti nella speranza di poter montare un giorno, in maniera stabile, le due parti, magari am-pliate fino alle arcate della Villa, in un ambiente idoneo a custodi-re musealmente una miniatura fedele delle zone più antiche del paese, comprese quelle or-mai sparite.

Con questo intento e tanta dedizione, l’Associazione PER PALMI tutte le sere, dopo le 18, di fronte alla Natività, augura Buon Natale alla Città.

di Rocco Militano

Ogni anno, a Bagnara, si allestisce un presepe particolare. A Bagnara Calabra (RC) da più di 10 anni si realizza un “magnifi-co” presepe in uno dei posti più caratteristici della città, nei sot-terranei della chiesa dell’Arciconfraternita del SS. Carmelo, che è la chiesa più antica della zona, fondata il 16 settembre del 1687 da Carlo Ruffo, III duca di Bagnara Calabra.Il presepe spazia in tre diorami: Annunciazione, Natività, Paesag-gio.Con i suoi centocinquanta mq di superficie e più di cento pastori in movimento (altezza minima cm 13 altezza massima 170 cm), rap-presenta il paesaggio e la realtà popolare Bagnarese nel periodo tra il 1700/1800 (molti particolari sono stati presi da vecchi disegni dall’archivio dell’Arciconfraternita).Tutti gli effetti giorno e notte, mare con barche in movimento, an-geli in volo, sole, luna, neve, temporale ecc… sono gestiti da un computer. Può essere un’emozione unica visitare questo particolare presepio!

iL PRESEPE mECCaNiCO Di BagNaRa CaL.

Se jjeu…Se jjeu avissi a forza pemmi gridumi jiettu pugna nta ‘na scrivanìa

chi mani mei mi toccu, e pemmi vidu‘nc’unu chi la pensa comu a mmia

cioè politicamente parrandu,‘eu chi non ssacciu tantu chi vordiria pugnu duru sempi ddhà minandu,‘u me’ penseri pemmi pozzu diri.

A pocu servi diri ‘na palora‘i ‘stu cuvernu chjnu ‘i moralisti

chi hannu vucca larga, lingua ‘i forae sputanu velenu a manifesti

aundi strati strati troppa ggenti,tantu esempiu faci qualunquista

pecchì ‘sta vita non esti coerenti,aundi sulu ‘u pugnu mancu basta.Se jjeu avissi a forza mi cuvernuforsi è troppu grossa ‘sta palora,ca cumanda sulu ‘u Pathri Eternuiddhu chi non avi lingua ‘i fora

ma, sulu nu vastuni chiddhu ‘randigrossu di spessuri veramenti,

è saggia a so’ palora e corrispondia tutti li tempesti e milli venti.Se jjeu…no!!...E’ ssulu fissarìami dugnu saziu sulu p’a virtù

sulu mi pensu ‘i quantu facerrìa,è tuttu ‘nùtuli, pecchì nci pensa Gesù.

Natale Trimarchi

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regolAmento

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Anno 1 Nr. 12 Dicembre 2010

tendenze

e’un programma innovativo nei tempi e nei modi•Si respira un clima di serenità •Non si urla e non si litiga•Non è la solita trasmissione ipocrita•Non ci sono seni al vento e parolacce•Si rispettano le persone•Ogni ospite ha a disposizione lo stesso tempo•C’è uguale riguardo sia per l’onorevole che per l’uomo della strada•Non si fanno smancerie ma la comunicazione è diretta•Si trattano i temi che interessano realmente il Paese•Si affrontano argomenti “forti” con misura e pacatezza•Si ospitano persone di cultura che dicono cose interessanti•Lo seguono 11 milioni di telespettatori•La maggior parte dei telespettatori è costituita da giovani•I conduttori spiegano con parole semplici un mondo complicato•Traspare il coraggio delle idee e la forza delle parole•Si fa politica senza usare il linguaggio“politichese”•C’è il giusto equilibrio tra serio e faceto•Ci fa sperare che qualcosa potrà cambiare•Riesce a svegliare le coscienze dormienti degli Italiani•Riesce a mettere in ombra il “grande fratello”•Fa emozionare e fa venire la “pelle d’oca”•

VeNIAMO VIA... CON VOIelenco delle cose che mi piacciono del programma di Saviano e Fazio

di Nella Cannata

<Sul dolore non c’è nulla da dire. Si può solo gridare o ge-mere. Vorrei quasi dire: si deve solo gridare o gemere e non fare né discorsi, né retorica. D’altra parte però tutto ciò che si dice e che si pensa, tutta l’arte che vie-ne fatta e che viene desiderata, non ha altro senso se non quello

di Chiara Ortuso

“Nulla da dire sul dolore”

di andare incontro a questa in-terruzione: non di assorbirla e nemmeno di affrontarla, ma di andarvi incontro e di accettare che vi sia un’ambiguità impos-sibile da eliminare, come se si desse senso nello stesso punto in cui il senso si ritrae. Qualche volta il pensiero di tutto que-sto, mescolato all’orrore e alla tristezza ha aleggiato davanti

a me, come un pensiero che mi veniva molto vicino, pur restan-do impossibile da pensare…come uno sfiorare…>.

Così scrive nell’ Intruso Jean Luc Nancy, illustre rappresen-tante francese della filosofia contemporanea. Le sue riflessio-ni sul dolore sono meritevoli di grande attenzione in un’epoca in cui i sentimenti umani, quali disperazione e sofferenza, ven-gono come non mai vilipesi e strumentalizzati. Tutti noi ab-biamo assistito ad una abnorme quanto macabra proliferazione di trasmissioni televisive in cui, in merito alla tragica uccisione della piccola Sarah Scazzi , si è abusato di giudizi e analisi so-cio –psicologiche fini solo a loro stesse. Il dolore non fa rumore, non va urlato ma è la proiezione di uno stato d’animo profonda-mente ferito nella sua intimità, è espressione di un malessere fi-sico e mentale. Si è persino par-lato, oltrepassando ogni limite di buon senso, di una presunta in-differenza da parte di una madre a cui era stata annunciata in di-retta la notizia del ritrovamento del cadavere della figlia. Come se fosse possibile all’occhio esperto dei giudici umani quantificare e misurare i sentimenti contra-stanti che si affollano nella men-te di una donna in preda al do-lore. Si assiste oggi ad una spet-tacolarizzazione dei sentimenti, proiezione di una società pronta a svendere senza alcun rispetto le emozioni altrui, a calpestare

la dignità umana pur di raggiun-gere la tanto aspirata notorietà che ‘solo’ l’audience televisivo sembra poter regalare. Da ciò, dunque, nasce l’esigenza di po-ter restituire un senso a quella dimensione emotiva dell’essere umano sempre più umiliata e calpestata. Il dolore è una fac-cenda troppo privata per essere analizzata, declamata e sminuita dai sapientoni dell’opinione pub-blica. Di fronte allo strazio per la perdita di tante vittime di abu-si e della violenza umana siamo obbligati al silenzio. Un silenzio che non sia sterile ma animato da un senso di rispetto nei con-fronti della sofferenza altrui.

Jean Luc Nancy

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20Anno 1 Nr. 12 Dicembre 2010

versi in liBertà

Pasquale Cutugno

Nato A palmi 04/09/1925Laurea : Universita’ Di Messina In filosofiaDocente Di Ruolo Negli Istituti E Scuole Di Torino E ProvinciaCompleta La Carriera Dopo 40 Anni Di Servizio Nel 1991 Nell’itis “A. Avogadro” To.Autore Di Poesie Ha Partecipa-to A Numerosi Premi Letterari In Lingua E In Vernacolo, Ripor-tando Ovunque riconoscimenti ed Encomi.

‘Mbiatu se vai supra ‘n paravisu!Ti saluta San Petru,’mpena trasie suttavrazzu poi cu nu surrisu

pisca ‘n bogliettu tra li tanti spasi.*

Se nesci paru,* ‘n angialu di pisu*ti porta aundi su’, d’oru li casi,cusì tra ianchi nuvuli suspisu

nan hai ch’a m’apri a porta e pemmi trasi.

A destra e a manca giostri, danzaturi,festuni, palluncini ed angialeddhichi cantanu u’ Vangelu a tutti l’uri

e arretu a testa, ‘nchiovanu l’aneddhi.*Quandu , poi, ti prisentanu o’ Signuri,spuntanu nta li spaddhi l’aliceddhi.

Se ‘mbeci nesci disparu, l’ambientiesti d’argentu e d’oru, biculuri;

però nc’è tuttu non ti manca nenti:ddui stanzi, ‘na cucina e ‘n currituri.*

Quandu t’annoi e voi trovari gentit’accumpagnanu i Santi Prutetturi;

ddhà, ‘nte mbiati, non nci su’ parenti,laundi nenti sciarri o cungetturi.*

Si stavi ‘n paci,’mmenz’a li giardini,tra canti di ceddhuzzi ed armonii.

Di fica, pira, l’arbari su’ chini

ndi mangi fin’a quandu ti sazzii.Di sira, poi balletti e cuncertini,

e cori “i Grolia Patri e Avi Marii.

‘u pArAvisuA differenza dell’Inferno e del Purgatorio, in questa lirica non abbondano toni solo carica-turali ma allegramente si esaltano le gioie.

‘u vinu i pArmiElogio sperticato per il vino di Palmi genuino e gustoso.

Se voi pemmi ti sananu li mali, se la panza tu senti carsariata,*è ‘nutili chi curri du’ spezziali:perdi li sordi e spaci la corata.*

Pigghia ‘n cunsigghiu averu origginali: fatti ddu’ passi sutta a la Strazzata,*

undi ‘n c’è nu vinellu speciali, natu e crisciutu ‘mmenz’a ‘sta cuntrata!

E’ sangu ‘i Cristu veru e genuinu,‘mpena l’assaggi a gula ti chitìa.*

E’ trasparenti comu nu rubinu!

Ti dicu sulu, menti ‘n energiachi se nci ‘nduni* a ‘n mortu, ‘n biccherinu,

‘u trovi ‘nto stratuni chi passìa.

s i r A p A i s A n AIl lento ritorno dei buoi, il suono dell’Ave Maria, sbalancano le porte alla placida sera paesana, colma di odori e sapori fragranti e di bisbiglii sulle soglie spalancate.

A passu di li voi, di ddha da’ Chianacala la sira e anima la via;

la saluta nu sonu di campanae u’ cantu ‘n chiesia dill’Avimaria.

Di grofaddhi e di griddhi è ‘na matta-na;

lu celu muta la tapizzaria.Cangia lu sangunazzu ‘n porcellana,

la luna, chi d’arretu o’ Munti, occhia!.

La genti è fora, ‘i porti sbalancati,sapuri di cipuddha e suriaca;

crìscinu ì parrarizzi nta li strati

ragghi di scecchi, calameddhi ‘i naca.Tutti li strapuntini su’ acconzati:cala lu scuru e a notti si divaca.

un omAggio Ad un poetA...

pAsquAle Cutugnoil diAletto e i riCordi nell’AnimA di un poetA legAto AllA suA pAlmi.Sono giunte in redazione alcune poesie di Pasquale Cutugno e subito si è respirata l’aria profumata che accompagna qualsia-si scoperta.Un senso di leggerezza, ha colpito chiunque stava attorno ad ascoltare o leggere le sue piccole liriche.Un pentagramma colmo di superbe note, tutte sprigionate da un amore folle verso la sua terra ed i suoi ricordi, musica per orecchie che sanno ascoltare, un insieme di parole che fluttua-no, ondeggiando, nell’aria.Esprime, Cutugno, la malattia di chi è lontano e nei suoi versi vive tutta la passione che accomuna i palmesi di tutto il mon-do. Avremmo voluto, e non sarebbe stato un delitto, pubblica-re altri lavori di Pasquale Cutugno ma, per motivi di spazio, ci dobbiamo fermare qui... per adesso.

Buona lettura

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Anno 1 Nr. 12 Dicembre 2010

il personAggio

Non ricordo precisamen-te quando ho conosciuto

il professore Giuseppe Saffioti, nato a palmi il 7 ottobre 1920. Ma oggi, a quindici anni dalla sua scomparsa, avvenuta a Palmi il 3 febbraio 1995, mi piacerebbe tracciarne un ritratto in cui pre-dominano sia i lati artistici, che sono stati tanti ed importanti, sia i lati umani, piacevoli, genu-ini che ho avuto la fortuna di co-noscere ed apprezzare. Voglio ri-cordare, cercando di mettere un po’ di ordine nei miei ricordi, in modo semplice e con una giusta nota di riconoscenza, un uomo che amava in maniera incondi-zionata il proprio paese, al qua-le si dedicava con una passione ammirevole. Adesso lo ricordo bene. Ho conosciuto il Profes-sore Saffioti nel periodo della adolescenza, essendo io, amica e compagna di scuola della cara Marcella, la più piccola dei suoi tre figli, la quale ha ereditato dal padre lo stesso senso artisti-co e il piacere della rappresen-tazione della realtà. Ricordo in

GIUSEPPE SAFFIOTI - (GISA)Gli episodi del passato, sono affreschi su un muro, che –dimenticati da gran tempo– ricompaiono a un tratto. Anche se accanto a quei frammenti ben conservati ci sono grandi spazi dove non si vedono che i mattoni sul muro. Stendhal

particolare, un viaggio compiuto in quel periodo, a Roma, in oc-casione di una rappresentazione dell’Ecuba di Nicola Manfroce, tenutasi al Conservatorio di San-ta Cecilia, insieme ad altri com-ponenti dell’Associazione Amici della Musica, di cui fu il fondato-re insieme ad altri amici, avendo avuto da sempre una grande pas-sione per la musica classica. Al-legro, disponibile, sempre pron-to alla battuta, allo scherzo, lo rivedo, nei miei ricordi, aggirarsi per casa, sempre occupato, con in mano fogli, matita ed occhiali sulla punta del naso, venire da noi a chiedere un temperamati-te, una gomma o una qualsiasi altra cosa, sempre con il sorri-so che illuminava il volto dolce e bonario. I ricordi sono tan-ti, paragonabili ad una serie di frammenti che si materializzano dentro di me, come immagini di altrettante foto, alcune più niti-de altre più sfuocate. Con l’ap-prossimarsi del Natale, in quella casa si viveva un’ atmosfera par-ticolare, paragonabile soltanto a quella descritta dal grande Eduardo De Filippo nella famosa commedia Natale in casa Cu-piello; con il professore Saffioti perfettamente calato nel ruolo del protagonista Luca, tutto pre-so da pastori, montagne, colla, re Magi, e via dicendo, ma so-prattutto animato da un entu-siasmo, quasi infantile, e da una passione, che guida la mano di chi fa arte, che sembravano non venir meno con il passare degli anni, mentre, gli altri membri della famiglia perfetti interpre-ti dei ruoli descritti nella com-media. Una passione, questa del presepe, che gli ha dato grandi soddisfazioni ed onori, tanto da diventare Segretario nazionale degli “Amici del Presepe”; par-tecipare a vari congressi in tutta Italia e all’ estero, ma soprat-tutto recuperare due importanti presepi: quello di Fiumefreddo Bruzio realizzato da don Anto-nio Rotondo e quello di Semina-ra realizzato da Giuseppe Pesa. Presepi che, successivamente,

hanno trovato una giusta collo-cazione presso i locali della Casa della Cultura di Palmi. Gisa, lo pseudonimo che egli adoperava per siglare tutti i suoi lavori e che trae origine dalle iniziali del suo nome e cognome, è stato una miniera di idee per Palmi, basti pensare che per oltre vent’anni fu il Presidente dell’Associazio-ne Turistica “Pro Loco”; il cura-tore delle opere e dei numerosi cimeli che il Maestro Francesco Cilea donò alla nostra città, grazie alla grande amicizia che lo legava alla signora Rosa, ve-dova del Maestro; il componen-te della Commissione edilizia e sovrintendenza ai giardini e monumenti; il componente della Commissione per la pubblicità, propaganda turistica e dei beni culturali della Provincia; uno tra i soci fondatori del Museo di Et-nografia e folkore Calabrese, a cui donò alcuni suoi pezzi impor-tanti. Nella sua attività artistica non esisteva un atteggiamento superficiale e, come i grandi ar-tisti, era un osservatore ironico della vita che studiava ed amava con spontaneità, come altret-tanto profondo era il suo amo-re fortissimo per Palmi. Chi gli stava vicino non poteva far altro che ammirarlo, era un grande artista, poliedrico, singolare, unico. Noi tutti sappiamo chi fu il professore Giuseppe Saffioti e cosa rappresentò per Palmi, elencare tutte le sue attività mi sembra superfluo e riduttivo, ma rivedendole oggi, le sue cose, a distanza di tempo, sembrano, ogni volta, farci scoprire qual-cosa di nuovo. Leggendo le sue poesie, le sue canzoni, si nota l’impronta di un’intelligenza penetrante, personale. Con lui è scomparso un uomo buono, generoso, onesto nell’autentico senso dell’espressione, un uomo che ebbe una vita artistica pie-na e ricca, dove traspaiono le passioni, l’amore per l’arte, la sua energia intellettuale; e che con la sua attività instancabile ha contribuito a fare di Palmi una cittadina viva e apprezzata.

Scrivendo queste poche righe di ricordi personali, mi sono resa conto che parlando di lui, ho ri-percorso, in un certo senso, un pezzo della mia vita, nella quale il professore Saffioti è stata cer-tamente, una delle persone più care; ma in fondo il ricordo più importante di chi sia stato ve-ramente Gisa, appartiene solo ai suoi familiari, alla moglie la cara signora Lilla, agli adorati figli maria Cristina, ferdinan-do, Marcella, e agli amati nipoti Gian Paolo, Valeria e la piccola Silvia, che certamente, potran-no conservare di lui la giusta memoria, segreta ed intima, che giace custodita nel profondo dei loro cuori. Ho conosciuto bene, il professore Saffioti che ho volu-to bene e che porterò dentro di me, come un caro ricordo di un tempo passato ma mai dimenti-cato.

di Cettina Angì

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il rACConto del mese

Neppure il fuoco nel camino riusciva a donare, con il suo allegro crepitio, una parvenza di serenità al volto del corpulento signore vestito di rosso.

Immobile nella sua immensa poltrona, il barbuto personaggio guardava fuori dalla finestra. Lontano, oltre le distese innevate. Verso il sud. E scuoteva la testa, e con essa la folta barba bianca.

Le renne che si godevano il calduccio della baita lo guardavano perplesso. Un Babbo Natale così nervoso ed amareggiato non l’avevano mai visto, loro.

“Certo che sono nervoso!” sbottò d’un tratto Nicola (gli amici intimi, ma solo quelli davvero intimi, lo chiamavano così). Sembrava quasi aver letto il pensiero delle renne le quali, avendo capito che minacciava tempesta, distolsero lo sguardo continuando a masticare beatamente muschi e licheni.

“Dopo migliaia di anni, sentirmi dire che non sono capace di esaudire un desiderio! Lo capite o no che affronto? Dare dell’incapace a me! A Babbo Natale!”.

Le renne capirono che stava per raccontare ancora una volta la storia di quel posto della Calabria. E capirono, allo stesso tempo, che con-veniva fingere di aver ancora voglia di sentir raccontare dell’unico, vero, grande fallimento professionale del loro principale.

“Eppure me l’avevano detto che non dovevo andarci, da quelle parti. Che era meglio che mandassi un delegato, o che mi limitassi a ricevere desideri via email oppure a mezzo fax. Invece no, testardo, ci sono andato eccome, in Calabria! Come si chiamava quel posto? Ah si, la Piana”.

Le renne si disposero in cerchio intorno alla poltrona, rassegnate a quella nuova lamentazione.“E ci sono andato anche contento. Una terra bellissima, baciata dal caldo sole anche d’inverno, con dei colori meravigliosi, intensi, vivi

come non ne avevo visti mai. Ed ero pure convinto che sarebbe stato anche facile accontentarli, visto che tutti i paesi di quella zona mi ave-vano chiesto la stessa cosa. Un nuovo ospedale”.

A Babbo Natale scappò un sospiro profondo. La ferita inflitta al suo orgoglio non si era ancora rimarginata.“E che ci vuole? avevo detto io. Ingenuo. Appena realizzato il primo progetto – bellissimo, eh? non avevo dimenticato nulla: moderno, mul-

tifunzionale, con eliporto e persino piscina termale – incominciò l’inferno”.“tutti i paesi di quella piana erano d’accordo sul fatto che l’ospedale dovesse sorgere nel centro geografico dell’area. Solo che ognuno

faceva coincidere quel centro, guarda caso, con la piazza del proprio paese. C’era gente che aveva presentato cartine del ‘600 taroccate a matita, solo per dimostrare che il centro storico della Piana ce l’avevano loro, dentro casa. Altri avevano presentato documenti pubblici falsificati dai quali emergeva che in realtà l’intera piana era un unico grande Comune: guarda caso, il loro. Altri ancora, con maggior fantasia, avevano minacciato di costruire un grande scivolo sotto l’ospedale una volta costruito al di fuori del loro paese, in modo che la pendenza fi-nisse inevitabilmente per riportarlo nei propri confini territoriali. Altri si appellarono ai custodi della memoria storica della propria città (ogni centro di quella Piana ne ha almeno uno, di questi arcigni sacerdoti, od in alternativa due che si combattono ferocemente ed invariabilmente l’un l’altro) perché testimoniassero che nel 1327 quel tale eremita di quel tale posto aveva già intravisto in sogno – dopo chissà quanti chili di peperonata, aggiungo io – il futuro ospedale proprio in quei luoghi. Qualcuno tentò addirittura di corrompere voi, le mie fidate renne, con cesti d’erba regalo per farvi “mettere una buona parola” con me!”.

La voce di Babbo Natale tremava. Di rabbia, forse.“E non serviva a niente aggiungere reparti su reparti, macchinari su macchinari. Persino il bowling ed un cinema da duemila posti avevo

previsto, nel progetto. Niente. A nessuno, ma davvero a nessuno interessava avere un ospedale nuovo e perfettamente funzionante. L’unica cosa che contava era che la struttura restasse nel loro territorio”.

Babbo Natale era davvero indignato. Non riusciva ad accettare tanta miopia, tanto stupido campanilismo.“A quel punto le ho provate tutte, davvero tutte. Ho proposto l’ospedale liofilizzato, così che ogni singolo paese potesse averne un pezzettino e

farlo rinvenire con l’acqua quando serviva. Niente. Allora ho proposto l’ospedale-puzzle (cioè dividere la struttura in cinquecento milioni di pezzi ed assegnarne un tot ad ogni Comune). Niente. Alla fine mi sono arreso, ed eccomi qui, a casa. Infelice e sconfitto. E tra poco è Natale…”

Fu a quel punto che una delle renne – la più intelligente - ebbe una meravigliosa idea, e cominciò a scalciare con lo zoccolo in senso circolare.“Cosa vuoi dirmi, cara?” chiese il buon Nicola, incuriosito.La renna continuava a disegnare cerchi nell’aria, ma Babbo Natale non capiva. Alla fine l’animale perse la pazienza e chiese con voce sten-

torea: “vabbè và, dammi una penna ed un foglio che ti faccio un disegno”. Perché scusate, non ve l’avevo detto: le renne di Babbo Natale sono magiche, e sanno leggere e scrivere alla perfezione…

La renna a quel punto disegnò un cerchio perfetto, con una sorta di asticella sul bordo superiore. poi un altro, ed un altro ancora. Alla fine, quattro cerchi. E quando la renna-ingegnere unì con una linea retta le quattro asticelle, Babbo Natale capì, battè le mani e saltò su.

“Tutti a bordo, subito!”, urlò preparando la slitta.mancavano poche ore a Natale. E sarebbe stato finalmente in grado di accontentare quei petulanti pianigiani!

*****Fu così che la Piana conobbe il primo ed unico ospedale su rotelle dell’intero universo. Già, su rotelle. Proprio rotelle, come quelle dei

vecchi pattini.La struttura, immensa, si poggiava infatti su di una base in cemento armato con sotto due milioni di rotelle, che le permettevano di spostarsi

con (relativa) facilità.In questo modo, quindi, era l’ospedale a girare per la Piana e non gli abitanti a doverlo raggiungere. Come il circo (e qualche altra cosa…),

infatti, si fermava per quindici giorni in un paese e poi ripartiva.Fu creato addirittura uno speciale corpo di volontari per il relativo trasporto (in uno dei centri della Piana si propose di chiamarlo “’Mbut-

taturi dell’Ordine Ospedaliero” ma, manco a dirlo, non si trovò l’accordo con gli altri paesi e la cosa finì li). E fu così, ancora, che Babbo Natale riuscì ad evitare il primo fallimento professionale della sua lunga carriera.Vi vedo scettici, miei cari lettori.Eppure posso provare che tutto quello che vi ho raccontato è vero. Ecco qui, infatti, l’originale dello schizzo disegnato dalla renna. Il vero progetto dell’ospedale della Piana.Come faccio ad averlo? Semplice. La renna in questione, modestamente, sono io.Buon Natale a tutti.

UN TRISTE NATALE

OSPEDALE

Eduardo Della Rovere

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Anno 1 Nr. 12 Dicembre 2010

CulturA e FolKlore

Dagli atti della visita pasto-rale dispiegata da mons.

Enrico Capece Minutolo ai luoghi ecclesiastici della sua vasta cir-coscrizione nel 1794, in effetti la prima attuata dopo il terribile rivolgimento causato dal sisma del 3 febbraio 1783, emergono vari dettagli in merito alla ricos-truzione dei templi distrutti da quella inconsulta furia. Detti si rilevano soprattutto da scritture annesse inviate dai parroci od anche dai tecnici incaricati delle perizie.

Il 10 maggio riferiva al vica-rio generale della diocesi, aba-te d. Gerardo Mele, che spesso accompagnava il vescovo quale convisitatore, a riguardo della condizione nella quale per allora si trovavano i templi della città di Palme, il canonico Francesco Antonio De Agostino. In tale luo-go si era ovviato alla riedifica-zione di tre chiese parrocchiali e due economali. La primaria chiesa parrocchiale si qualifica-va naturalmente la matrice, che aveva anche titolo di collegiata e come patrono S. Nicola. Questo lo stato della stessa all’epoca: “trovasi terminata di fabriche rustiche sino al Presbiterio, e bastantemente avanzate quelle del Sancta Sanctorum con le fa-briche del coro sino al livello del terreno è finita la prospettiva e tutte le fabriche sudette furono formate con disegno magnifico, essendo stata migliorata molto di gran lunga la perizia formata dall’Ingegnere del Ripartimento,

e nella medesima perché trova-si coperta solamente di tegole si sta celebrando e si esercitano tutti li Divini Uffizi”. A sua volta, la seconda chiesa parrocchia-le era quella del S.mo Rosario, che risultava “anche forma-ta con disegno specioso fino al Presbiterio, è terminato il Cam-panile colla Prospettiva, e per essere anche coperta di tegole si esercitano tutte le funzioni chiesastiche”. Terza ed ultima parrocchia recava intitolazione del Soccorso, ma naturalmente

Maria SS.ma del Soccorso. Tale “è finita totalmente di fabriche rustiche, manca la Prospettiva della Chiesa, e si deve finire il Campanile, e questa fu anche migliorata alla perizia”. Tutte le tre chiese risultavano però prive di sacrestia, in quanto la relativa edificazione non era stata previs-ta “nel calcolo delle perizie”.

Di seguito lo stato delle chie-se economali. Quella di S. Roc-co “costruita con disegno, che decora questa Città è terminata totalmente di fabriche rustiche

sino al presbiterio, per cui si sta attualmente fabricando, e manca totalmente la copertura. Si cele-bra interinamente nella Baracca sita dentro il vacuo delle mura della stessa Chiesa”. L’altra, ti-tolata della Pietà, “trovasi dello intutto terminata a norma della perizia, e nulla manca a riserva della Sagristia, e Campanile” 1.

(Endnotes)1ArCHIVIO VESCOVILE mILEtO

Acta Pastoralis Visitationis, vol. 12, ff. 29-30 (nuova numerazione).

di Rocco Liberti

PALMI, VIA PROVINCIALe TONNARA TeL. 0966 479753 www.caposperone.net - [email protected]

AndrestAurAnt

le CHiese di pAlmi dopo il “grAnde FlAgello”

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24Anno 1 Nr. 12 Dicembre 2010

CulturA e FolKlore

Pastiddhi Nuci e NuciddhiSono in arrivo nelle nostre case tutto il calore e la magia del Natale, alberi in fase di addobbo, bambini

impazienti dell’arrivo del panciuto Babbo Natale, tavole imbandite, rosse e piene di candele e fruttasecca, mangiata soprattutto a fine pasto. Una panoramica su proprietà nutrizionali e curiosità.

Ha tradizioni antichissime, che risalgono indietro nel tempo sino all’epoca degli antichi romani.

ci sono giunti alcuni brani in cui vi sono dei richiami espliciti a questi giochi. Famosa è la frase “relin-quere nuces” cioè “abbandonare le noci”, indican-do il raggiungimento dell’età adulta, quella in cui si dovrebbe “lasciare” il gioco. Le noci erano usate in alternativa alle biglie dai bambini di entrambi i sessi, spesso le custodi-vano in dei sacchetti, e provavano a collezionarne sempre di più vincendone al gioco.Nei giochi venivano usate sia noci che nocciuole (anche se le seconde erano preferibili alle prime):

-Ludus castellarum: Il nome può essere tradotto in italiano come “il gioco delle noci a castello”. Lo scopo era quello di abbattere una torret-ta piramidale di 4 noci di nocciole dell’avversario tirando una sola delle proprie nocciole. La caduta della torre appartenente ad un avversario comportava l’acquisizione delle nocciole che la componevano.

-gioco dell’orca: il bersaglio del lancio della propria noce era l’orca, cioè un recipiente dall’imboccatura stretta. Questo gioco è conosciuto anche come gioco della Tropa, o gioco della Fossetta. In questo caso lo scopo è far finire la nocciuola dentro una buca scavata nel terreno (una sorta di mini-golf romano).

-gioco del delta: si giocava disegnando con un dito nella sabbia un triangolo, appunto il delta. Il triangolo veniva suddiviso con delle linee orizzontali parallele partendo dalla base. I lanciatori gettavano delle noci verso il delta, provando ad avvicinarsi il più possibile al vertice; vinceva colui che era riuscito a piazzare la propria noce nel punto più alto senza uscire dal triangolo.

-Par-Impar: bisognava indovinare se il numero delle noci celato nelle mani dell’avversario fosse pari o dispari (da questo gioco deriva il nostro “pari e dispari”), oppure indovinare il numero esatto di noci.

-Piano inclinato: si prendeva un’asse di legno e lo si teneva sospeso da un lato, lasciando l’altra estremità poggiata per terra. Il giocatore di turno faceva rotolare la propria noce sull’asse cercando di colpirne almeno una tra quelle sparse per terra. Se il lancio andava a buon fine il giocatore raccoglieva la propria noce e le altre colpite, altrimenti la lasciava affinché gli altri giocatori potessero conquistarla.

mandorle -Le mandorle sono molto nutrienti, ricche di pro-teine, sali minerali, fibre, ferro e grassi. Consumate rego-larmente aiutano a combattere l’anemia e mantenere ca-pelli sani, pelle elastica e basso il livello di colesterolo.

100 grammi di mandorle sgusciate apportano circa 550 caloriePistacchi - (quelli freschi, non salati) sono ricchi di fitosteroli,

vitamina E, ferro e potassio. Sono perciò utili per abbassare il colesterolo cattivo e migliorare la circolazione, mantene-re la pelle sana, combattere l’anemia e la ritenzione idrica.

100 grammi di pistacchi sgusciati apportano circa 600 calorie.Nocciole -Le nocciole sono ricche di grassi, tra cui ome-

ga 6 e omega 3, vitamina “E”, selenio e flavonoidi. Svol-gono un’azione antinfiammatoria e antivirale ed aiutano a prevenire l’insorgenza di malattie cardio-vascolari, ab-bassare il colesterolo, previene l’invecchiamento cellulare.

100 grammi di nocciole sgusciate apportano circa 600 calorie.Noci -Le noci sono ricchi di omega 3, omega 6, rame, sele-

nio e proteine. Sono utili per abbassare il colesterolo e ridur-re i rischi di malattie cardiache, svolgono un’azione an-tiossidante e aiutano a recuperare il tono muscolare. 100 grammi di noci sgusciate apportano circa 580 calorie

Pinoli - Sono ricchi di calcio, vitamine (soprattut-to la “A”) e grassi. Sono molto nutrienti, ideali per

chi consuma poca carne e poco pesce, per i bambi-ni durante la crescita e per le donne in gravidanza.

100 grammi di pinoli sgusciati apportano circa 600 calorie.arachidi - Sono ricchi di grassi monoinsaturi, antiossi-

danti, acido folico e proteine. Sono efficaci per com-battere problemi cardiovascolari e utili per far fron-te a casi di superlavoro, debilitazione e astenia.

100 grammi di arachidi sgusciate apportano circa 570 calorie.Castagne -Le castagne sono ricche di amido (zucchero), ma anche proteine, grassi, minerali (fosforo, potassio, calcio, sodio, ferro) e vi-

tamine (PP, B1, B2). Sono molto efficaci nelle astenie fisiche e intellettuali, favoriscono la motilità intestinale, prevengono i disturbi gastrointestinali e aiutano a ridurre il colesterolo. 100 grammi di castagne fresche apportano circa 190

calorie, essicate circa 380 calorie.

La frutta secca è tra il cibo maggiormente presente sulle nostre tavole, amate da grandi e piccini, sono raggiunte con desiderio

dalle nostre mani, a fine pranzo o cena, per essere sgranocchiate ed apprezzate, magari mescolate tra di loro, ad esempio all’interno di fichi secchi oppure sopra dolci al cucchiaio.

Tipi di frutta secca - Con il termine frutta secca si intende indicare sia la frutta con il guscio, come noci, mandorle pistacchi ecc., sia la frutta pol-posa come i fichi, l’uva, pesche, ecc. che vengono poi disidratate in diverse maniere. In entrambe i casi sono “secche” e quindi di facile mantenimento nel tempo. La frutta secca si potrebbe dividere in due categorie: quella glu-cidica (ricca di zuccheri e povera di grassi) e quella lipidica (ricca di grassi e,

viceversa, povera di zuccheri); quest’ultima, in realtà, compren-de sia frutti veri e propri ma anche i semi di alcune piante e i

legumi, come ad esempio nel caso delle arachidi. La frutta secca ricca di zuccheri è rappresentata

da: mele, banane, fichi, ananas, albicocche, pa-paya, uvetta, tutti frutti essiccati in modo, l’acqua

evapora e lascia lo spazio a una concentrazione di zucchero.Tra la frutta secca ricca di lipidi troviamo: noci, mandorle, nocciole,

noccioline, anacardi, pistacchi, pinoli, alcuni arrivano da paesi molto lontani come ad esempio la “noce pecan” (proveniente dall’Ame-rica Settentrionale) o la macadamia, una picco-lissima noce proveniente dall’Australia e dall’In-donesia, da un albero sempreverde che può raggiungere anche i 40 metri.

Proprietà nutrizionali - Quasi tut-ta la frutta secca lipidica è ricca di acidi grassi monoinsaturi. La frutta secca lipidica, nut per gli anglosassoni (tra-ducibile con il termine generico di noccioline), è ricchissima di grassi, poi-ché ne contiene una quantità dal 50% al 65%, e quindi di calorie (più di 500 kcal per 100g), risulta essere ottima per chi vuole iniziare con energia e sprint la gior-nata, oppure per chi ha bisogno di aumentare il proprio peso (dunque per tutte le persone sottopeso, magari debilitate a segui-to di una malattia), sempre previo consiglio con il proprio medico. I grassi, presenti nella frutta secca oleosa, raggiungono anche il 65% della

composizione, ma si tratta di grassi (soprattutto mono e polinsaturi) che es-sendo di origine vegetale non sono pericolosi per il nostro organismo, anzi apportano benefici a livello della circolazione arteriosa; certamente non bisogna eccedere, ma la loro funzione all’interno del nostro corpo è meno pericolosa rispetto ai grassi saturi di origine animale. Tra le vitamine contenute maggiormente nella frutta secca, ri-cordiamo la vitamina “E”, particolarmente importante per la sua funzione antiossidante, relativamente ai grassi insaturi che per natura tendono a irrancidire molto velocemente. La frutta secca è calorica - L’indice di sazietà è

abbastanza basso; ecco perché è sempre necessario ri- p o r-re attenzione alla quantità! Spesso, al termine di una cena natalizia, si consumano noccioline o noci in quantitativi eccessivi, e poi dopo le feste salire sulla bilancia diventa un problema… di coscienza!Giusto per fare un piccolo esempio pratico, quando si consuma un

aperitivo e si scelgono le noccioline, una manciata di queste (circa 20-25 grammi) apporterà al nostro organismo circa 120 calorie.Sicurezza e conservazione - Riguardo alla sicurezza, è indubbio

che i prodotti confezionati siano più sicuri, sono meno manipo-lati e toccati e riportano tutta una serie d’informazioni, attraverso l’etichetta che permette al consumatore di risalire al produttore, a

chi si è occupato del confezionamento, alle caratteristiche nutrizionali, ecc..

Per ciò che concerne la conservazione, va detto che la frutta secca deve essere conservata in

un luogo fresco e asciutto, poiché il nemi-co numero uno è l’umidità, che causerebbe spiacevoli e pericolosi sviluppi di muffe, o larve d’insetti.Al momento dell’acquisto è necessario

assicurarsi che sia davvero fresca; se ran-cida, oltre a non essere buona, avrà perso ad esempio completamente la vitamina “E”; meglio le confezioni chiuse, ancor meglio

quelle sotto vuoto. Preferite la frutta intera con guscio: è il suo sigillo naturale, la barriera che

madre natura ha fornito per difendersi dagli attacchi am-bientali. Se si ha la possibilità di toccarla deve essere pesan-

te, se troppo leggera significa che il frutto all’interno non è fresco.

Casteddhu o paddhuancora qualche dettaglio in più...

Sopra: Il ceppo maestoso citato da Repaci nel primo frammento;Al centro: Antica piazza Garibaldi, oggi Lo Sardo, citata nel terzo frammento, unitamente alla via dei Sei Canali che ivi sfociava; In basso: uno scorcio che da Piazza Vittorio Emanuele, oggi I° Maggio, lascia intravedere, attraverso parte del corso Umberto I°, già Caroli-no, oggi Ten. A. Barbaro, la citata piazza Garibaldi.

Non so se capita a tutti quel che succede a me,

si avvicina il Natale e in ogni anno che passa questa festa mi rinnova emozioni bambine, mi fa rivolgere lo sguardo in-dietro nel tempo, mi porta a rovistare nel passato, in quel-lo che ho vissuto e poi ancora più indietro, in quello che mi è stato raccontato, o addirittura in quello intuito, immaginato e tratto da racconti e storie, lette o ascoltate, narrate da genitori e nonni, nelle serate antiche, riscaldate da bracieri e focola-ri.Quest’anno ho voluto rileggere

una vicenda appresa tanti anni fa, scritta dal genio letterario del grande Leonida Rèpaci, è una vicenda che, pur parlando di un lontano Natale palmese mi ha dispiegato uno scenario remoto e suggestivo, al con-tempo traboccante di realismo e malinconia, ma anche pietoso e commovente. Vi inviterei a leggere tutto il libro, tuttavia la rivisitazione de “il cappone di Natale” storia di Leonida Repa-ci, pubblicata in “ Racconti del-la mia Calabria”- Fratelli Buratti Editori nel 1931, attraverso la lettura di pochi brani tratti, ci proietterà in quel piccolo mondo antico che ciascuno di noi indovina, fra le pieghe di un emozione o, per i più anziani di un ricordo e ci offrirà la suggestione di rivi-vere quell’atmosfera del Natale che tanto ci manca e che forse la tecnologia e la modernità non ci saprebbero regalare mai più. Così scriveva Leonida:

***…Così giunse il Natale. Ogni chiesa preparava il suo presepe, ed

ogni casa, anche la più umile, il ceppo maestoso.La sera che le varie bande, i mandolini, le chitarre e le ceramelle,

iniziarono di porta in porta, la novena musicale, in onore del Gesù Nascente, gli orfani, mangiucchiando il loro pane davanti al bracie-re, od al lume della candela, sentirono la miseria come un mantello bagnato sulla carne viva; e rabbrividirono per freddo. I piccoli, cor-sero alle finestre, per sentire le musiche, ma non osarono socchiude-re gli scuri. Se ne stettero con le orecchie stampate sul legno, ed un vago sorriso sulla bocca, ad ascoltare i cari ritmi, e non le staccarono che quando le musiche si allontanarono di porta in porta, gioconda-mente, finchè, esigue come un batter d’ali, divennero una cosa sola col palpito del loro piccolo cuore.

*** …L’amore, era il cappone di Natale che una volta all’anno allieta-

va la sua povera mensa, facendo quasi dimenticare a lui, a Cicca sua moglie, ed ai sette figli, la strettezza di un’intera annata. Il cappone era la stella polare di Peppe, <<u pulizza>> nei mesi che esso era nella mente di Dio, neppur ovo sotto la chioccia. Ma, d’agosto in la, il gal-letto che gli veniva regolarmente regalato da Donna Maria Rensi, per l’anima dei morti, e che Cicca castrava magistralmente, facendone un monumento, non era più un sogno, ma una bella realtà di carne, una benedizione, una consolazione, maggiore, quasi, della nascita di un figlio, il quale è una gran cosa, certamente, tuttavia non lo si può arrostire, nei giorni che la fame torce lo stomaco vuoto come il sinibbio gli arbusti teneri…

***…Il cappone di Natale! Quand’era agosto, Peppe, il quale pure abi-

tando in capo alla stessa strada della vedova Rensi, abitualmente soleva raggiungere la Piazza Garibaldi, passando per la via più breve dei Sei Canali, mutava improvvisamente itinerario. Quattro volte al giorno, egli passava davanti al portone dei Rensi, e cercava, in tutti i modi, di farsi notare da qualcuno della casa. Eran saluti fino a terra, pretesti per attaccare discorso, soste interminabili davanti alle botteghe di rimpetto, allo scopo di rammentare alla donatrice d’ogni anno che era venuto il momento del galletto. E il galletto gli veniva dato…

di Giuseppe Cricrì

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Anno 1 Nr. 12 Dicembre 2010

sAperi & sApori di Walter Cricrì

Lo stoccafisso o stocco è un merluzzo artico norvegese

(Gadus morhua) conservato per di-sidretazione. La tecnica è tuttavia adatta anche per altre specie di pesce dalle carni bianche.

La precisa origine del nome è controversa: secondo alcuni derive-rebbe dal norvegese stokkfisk op-pure dall’olandese antico stocvisch, ovvero “pesce a bastone”, secondo altri dall’inglese stockfish, ovve-ro “pesce da stoccaggio” (scorta, approvvigionamento); altri anco-ra sostengono che pure il termine inglese sia mutuato dall’olandese antico, con lo stesso significato di “pesce bastone”.

Simile al baccalà nell’aspetto, lo stoccafisso ha un sapore completa-mente diverso e si differenzia dal primo, che viene invece conservato mediante salatura. Nell’Italia set-tentrionale (in particolare nell’area della dominazione veneziana dove fu inizialmente introdotto) lo stoc-cafisso assume tuttavia il nome di baccalà, tanto che il rinomato bac-calà alla vicentina è in effetti pre-parato con lo stoccafisso; nel nostro territorio viene invece chiamato stocco o pesce stocco (piscistoccu).

La preparazione dello stoccafis-so è paragonabile a quella di altri prodotti alimentari invecchiati, come i liquori, i prosciutti o i for-maggi; importato dalla Norvegia (in particolare dall’ isola di Røst) in Italia, il pesce viene preparato immediatamente dopo la cattura. Dopo averlo decapitato e pulito, viene essiccato intero o aperto lungo la spina dorsale, lasciando le metà unite per la coda.

Il pesce viene quindi messo sui supporti e lasciato all’aria aperta da febbraio a maggio (vedi foto in alto); il clima freddo e secco tipico

di quei mesi nella penisola scandi-nava - l’ideale è una temperatura appena sopra gli zero gradi, senza pioggia - protegge il pesce dagli in-setti e dalla contaminazione batte-rica. Dopo circa tre mesi all’aperto, lo stoccafisso matura per altri 2-3 mesi al chiuso, in un ambiente sec-co e ben ventilato.

Il pesce secco ottenuto in que-sto modo può conservarsi anche per anni ed è facilmente trasporta-bile e commercializzabile.

Fu proprio questa facile conser-vazione a bordo delle navi a farlo diventare il principale alimento dei Vichinghi. Le prime notizie sull’ar-rivo in Italia dello stoccafisso dico-no che veniva usato come merce di scambio, importato dai paesi nor-dici nel 1561 a Genova, Venezia e Napoli.

La storia del pescestocco in Ita-lia prende spunto da una scrittura riportata nelle memorie di un ca-pitano veneziano, che, pare, siano ancora custodite nella libreria del Vaticano: “Lo stoccafisso si asciuga al sole e al vento, perché è un pe-sce molto magro che diviene duro come legno”; Pietro Querini -1432.

Infatti la più diffusa versione dei fatti sostiene che questo nobile veneziano, naufragò in Norvegia, a sud delle Isole Lofoten, nell’autunno del 1431. Per parecchi mesi, lui e il suo equipaggio, andarono alla de-

bria. Si presenta di colore bianco e sapore corposo, un chilogrammo di stocco ha un contenuto energetico equivalente a cinque chilogrammi di merluzzo fresco, è altamente di-geribile e adatto a qualunque dieta, povero di grassi, è ricco di proteine, vitamine e sali minerali.

Da prodotto duro e secco il mer-luzzo viene trasformato in alimento commestibile attraverso una lavo-razione eseguita esclusivamente in maniera artigianale, in cinque fasi, distribuite in 6/7 giorni.

Come prima fase vengono tran-ciate le pinne esterne ed il merluz-zo essiccato si immerge in acqua

nella prima di una serie di vasche comunicanti. Dopo uno o due giorni di ammollo, il merluzzo viene aper-to nella parte inferiore e superiore con la “roncola”, apposito attrezzo da taglio.Il giorno successivo viene completamente aperto ed il giorno seguente si estraggono le lische e le ventresche. Nell’ultima fase vie-ne rimosso il velo ed essendo ormai completamente spugnato, il pesce stocco sarà pronto per essere ven-duto il giorno successivo.

In provincia di Reggio Calabria, territorio di maggior consumo del-lo stoccafisso in Calabria e forse in Italia, sono da segnalare due eventi che hanno come protagonista il Pe-scestocco:

-a mammola il 9 agosto si svolge la tradizionale Sagra dello Stocco, sin dal 1978.

-a Cittanova sempre nel mese di agosto si tiene la Festa nazionale dello Stocco.

Lo “Stocco di Mammola” è stato incluso dal Ministero delle Politi-che Agricole e Forestali nell’Elenco Nazionale dei Prodotti Agroalimen-tari tradizionali (Suppl. Ord. Gaz-zetta Ufficiale N°167 del 18-7-02 pag. 13 N°201).

riva nel mare irlandese e nel nord della Scozia, fino a che approdarono sulla piccola isola di Røst; soltanto 11 componenti del suo equipaggio sopravvissero. Furono trovati dalla gente dell’isola, e accompagnati sull’isola principale. Rimasero a Røst fino al giugno del 1432, quando, a bordo di una nave che trasporta-va stoccafisso, andarono a Bergen. La storia dice che abbia portato lo stoccafisso con se in Italia.

In passato la Calabria, per l’im-portazione del merluzzo secco, fa-ceva riferimento al porto di Napoli, capitale del Regno delle due Sicilie, dal quale con i battelli raggiunge-vano il porticcioli della costa.

L’utilizzo secolare dello “Stoc-co”, viene preparato in maniera tradizionale in vari modi, diventan-do nel tempo un piatto tipico tra i più importanti della Calabria.

Anticamente era considerato cibo “popolare”, alla portata di tutti, infatti i contadini lo consu-mavano e l’offrivano ai braccianti in occasione dei lavori duri della campagna, in quanto considerato un alimento ad alto valore energe-tico; ed ancora, la tradizione radi-cata vuole che, quasi come fosse un precetto, le famiglie consumino lo stocco il Venerdì Santo e la vigi-lia di Natale.

E’ consuetudine incoraggiare il consumo dello Stocco da parte delle puerpere, che, secondo una creden-za popolare (solo?!), pare sia capace

di determinare consistenti aumenti del prezioso latte materno.

Sempre secondo la tradizione, era usanza offrire piatti a base di pesce stocco in occasioni di inau-gurazioni o completamento di un ciclo lavorativo, ad esempio: il pro-prietario del frantoio (trappitu) of-friva ai lavoranti un pranzo a base di stoccafisso, cipolle, pomodori e patate, in occasione da “criscita” dell’olio, cioè quando, alla fine di ogni ciclo di lavorazione, si se-parava l’olio d’oliva, nelle grandi vasche, per affioramento dall’ac-qua di lavorazione; oppure, anco-ra oggi, nei cantieri edili quando, dopo la colata della soletta viene issata la bandiera tricolore sul tetto dell’edificio ed offerto “piscistoccu chi patati”. Un’altra usanza vuole che lo stocco si usi come regalo: molti emigrati infat-ti, al rientro dalle ferie, lo portano quale regalo, magari a conterranei che non hanno goduto delle ferie.

Lo Stocco viene venduto in molti negozi e mercati locali e in diverse pesche-rie della fascia costiera da Catanzaro a Reggio Cala-

Ventr icelle di Pescestocco

(trippiceddhi)• otto ventricoli di stoccafisso• 500g di pomodori pelati• due cipolle• un bicchiere di olio exravegine d’oliva• formaggio pecorino• pan grattato• capperi• peperoncino rosso calabrese• prezzemolo• aglio, olive, sale qb

pulite i ventricoli di stoccafisso, precedentemente ammollato. Preparate il ripieno con pan grattato, capperi, formaggio pecorino, aglio e prezzemo lo, tritati finissimi, e qualche goccia d’olio; ponetene una manciata su ciascun ventricolo disteso, che avvolgere-te su se stesso (come si fa con gli invol tini) e legatelo con cotone da cucina. Fate soffriggere in una pentola la cipol la tagliata a fette e, quando imbiondirà, aggiungete i pomodori tagliati a pezzet ti lasciando cuocere, con le olive, per un quarto d’ora. Unite, quindi i ventriceddi, sala te, pepate con il peperoncino e fate cuocere a fuoco moderato per circa tre quarti d’ora. Si possono cucinare anche senza i pomodori. Da servire caldissimo.

arriva il Natale... ammollate lo Stocco

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mondo sCuolA

Il benessere dei nostri figli dipende da noi. Non solo il

loro benessere attuale, cosa che appare ovvia a chi ha dei bambini piccoli, ma anche e soprattutto la loro capacità di raggiungere e mantenere il benessere nell’età adulta. I genitori, pur mossi da buone intenzioni, non sempre riescono ad aiutare i bambini/ragazzi nel risolvere le loro dif-ficoltà, poiché si rapportano in modo imperfetto, ne bloccano la creatività, ne diminuiscono la fiducia in se stessi, compromet-tendo a volte lo sviluppo com-portamentale.

Con il corso rivolto alle fami-glie, con titolo “Genitori Effi-caci” pON f-1-fSE-2009-2527, tenutosi presso il 1° Circolo “R. De zerbi”, fortemente voluto dal Dirigente Scolastico prof. Giovanni Costa, sviluppato per due mesi circa, finalizzato ad una sana azione di prevenzione e di recupero atto a migliorare il rapporto genitori/figli, ha se-guito la filosofia Gordoniana e la prassi Rogersiana, secondo i programmi dell’Effectives Trai-ning Associates. Il pensiero di fondo trasmesso è che tutti gli esseri umani possono imparare ad ascoltarsi di più, a comuni-care meglio, ad avere quindi un migliore contatto con se stessi e

GENItOrI SI DIVENtA… tUttI A SCUOLA!di Loredana Della Spina

con gli altri, per essere più effi-caci nelle relazioni sociali.

Il programma è stato esposto dall’esperto psicologo psicote-rapeuta Dott. Maria Francesca Rotiroti e coadiuvato dalle inse-gnanti Giovanna Oliverio e tina Patamia.

I temi trattati sono stati mol-teplici; tra i più interessanti le prassi su come evitare le barrie-re della comunicazione, favorire ascolto attivo e passivo, trucchi e strategie per risolvere i conflit-ti “senza perdenti” e prevenirli modificando se stessi; metodo-logie su come rapportarsi con

bambini, che non hanno ancora sviluppato il linguaggio.

E’ stato trasmesso un messag-gio chiaro, volto al fine di indi-rizzare i comportamenti, gli at-teggiamenti nei confronti dei più piccoli, cercando d’influire sulla strutturazione di un adeguato senso di sé, sulla loro autosti-ma, sulla loro capacità di creare e mantenere relazioni mature e soddisfacenti per il loro benesse-re, e della famiglia.

I genitori partecipanti hanno acquisito ed affinato molte ca-pacità, riportando esperienze vissute e richieste d’aiuto. Il cor-

so ha profuso tecniche e metodi teorici e pratici, con l’ausilio di audiovisivi, ma anche indicazio-ni su quando e perché utilizzarli e con quali scopi. Con il corso, si è voluto dare la possibilità, ai genitori partecipanti, di diven-tare consapevoli nell’affrontare i problemi che inevitabilmente sorgono in ogni rapporto tra ge-nitori e figli.

Dal questionario di apprezza-mento è emerso la soddisfazio-ne dei corsisti, per l’esperienza fatta e la voglia di approfondir-la, perché come genitori non si è mai pronti!!!

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CRUCI…TERRA

Nelle caselle gialle comparirà il nome di un rione palmese.

ORiZZONTaLi

Vi si celebra la Madonna dei Poveri - Il più grande giardino di Palmi1. Lo rese famoso una lampada - Città lombarda - Il centro di 2.

Caen – Iniziali del disegnatore PazienzaAnais scrittrice - Varietà di pappagallo - La precedono a Milano 3. Associazioni non lucrativetrasmette su fm 90,004. Ancona – Con step è un ballo – Spinto – Però5. Lo stradone della Varia – Devoti6. Verso del grillo – Il segno di zorro – Idem senza pari – Sigla di 7. vini – InsiemeVezzo – Iniziali di repaci – Erbacea delle Ombrellifere – Ha per 8. capitale TeheranFece coppia con Ric – Studia la Terra nei suoi vari aspetti – 9. ConsuetudineSecondo – Il primo re di Roma - Così è detta la nostra piazzetta 10. inclinata – Ermanno registaUn tipo di spumante – pianta erbacea perenne - Affluente del 11. Rodano – Lucio di Attenti al lupoDipinse il tondo Doni – L’impulso iniziale – Oggi per domani12.

VERTiCaLi

Lo festeggiamo il 16 agosto - International Business Machines1. Il santo del nostro monte - Le prime di Orazio - Quelli di parole allungano 2. il discorsoCosì sono detti i cinesi – Urca senza pari3. 499 romani – Sulla tastiera del pC - Uno dei software marchiato Google4. Il nome di Fidenco – Il gas del buco 5. Iniziali della poetessa Negri - Città danese a sud di Copenaghen 6.

Quello dei PrimitivesDanneggiata – Quella selvatica è detta Anser anser7. Bagna Terni e Narni – Rete informatica locale8. Abbreviazione di pagina – La Li attrice cinese9. C’è quella indipendente – La bevanda delle cinque10. Lo zar detto Il terribile - Tipo di colloide11. Livorno – Telefono in breve – Iniziali di Carducci12. Un tipo di tessuto– Una paga giornaliera13. In mezzo al giro - Accidia14. Iniziali della Bellucci - Genere di teatro classico giapponese - Uragani15. Il verde nel deserto – Preposizione articolata16. E’ chiamata anche zacinto – Sigla di Caserta - Il Dio greco dell’Oltretomba17.

18. Pignolerie – Bagna Torino 19. Un grande successo dei pooh20. Agenzia di scommesse – Passo delle Dolomiti21. La sigla dello Iowa - Iniziali del regista Argento - C’è quel di Marmara22. La nostra splendida città - Punti sulla pelle

di Salvatore Piccolo

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pArlAndo di musiCA

Steve Lukather:all’s well that end’s well

I Bunarma, dopo aver sostenuto numerose se-

lezioni (403 band all’inizio…) avvenute sia sul web che tramite selezioni live, con-quistano la terza edizione del concorso Edison Change the Music tenutasi all’ex Propaganda di Milano, oggi LIMELIGHT il 24.11.2010, il cui primo premio consiste nella produzione e relativa promozione di un CD.

Il contest musicale, primo progetto ad emissioni ZERO in Italia, nato con la cultura della sostenibilità energetica della musica, si è avvalso di

i BUNaRma vincono “ Edison Change The music 2010 “

una giuria di elevato spes-sore, composta fra gli altri, da Elena Di Cioccio, Federica Gentile (RAI2), Franco Mussi-da (PFM), Nick The Nightfly (Radio Montecarlo), Piero Pelù, Magda Rodighiero (Edi-son), Enrico Ruggeri, Claudio Trotta (Barley Arts) …scusa-te se è poco.

La direzione artistica del progetto è stata affidata al CPM di Milano, scuola stori-ca di musica sorta nel 1984 da una idea di Franco Mus-sida con l’aiuto economico dell’imprenditore Giannino D’antonio.

Il motto dei primi anni era “la scuola dei numeri UNO”;

in effetti gli insegnanti che si sono alternati alle varie cattedre, rappresentano il meglio che la musica italiana abbia mai offerto.

I brani che la band Pal-mese ha fatto ascoltare con maggior frequenza nelle va-rie serate live (03.11. Conte Staccio di Roma; 07.11. Salu-meria della Musica di Mila-no, sono stati: La danza dell’ acqua, L’onda, Fotosintesi (con video annesso che in finale ha fatto la differenza) e, nella serata conclusiva, Rrichiàmu e L’uccisione di Dragut Rais cantate total-mente in dialetto, spiazzan-do positivamente un po’ tut-

ti, soprattutto Mussida, che premiandoli ha detto loro:

“...ci è piaciuto molto il vostro particolarissimo sound, misto tra sapori me-diterranei e rock”, BRAVI.

Non ci resta che compli-mentarci con i nostri ragazzi per quanto hanno appena conquistato, augurando loro che questo sia un ulteriore passo avanti per la definiti-va consacrazione.

Acquistare il loro ultimo Cd per Natale, non sarebbe male, vero???

Forse lo meritano.

Grazie Bunarma, CRIS.

di Cristoforo Bovi

Steve Lukather (L.A. 21.10.’57), conosciuto da

tutti come chitarrista/cantante prima e, successivamente, ban-dleader indiscusso dei tOtO, è uno dei migliori e più quotati ses-sion man degli ultimo 30 anni.

Vanta, infatti, collaborazioni con Leo Sayer, Boz Scaggs, Alice Cooper, Barbra Streisand, Pointer Sister, Michael McDonald, Cher, Cheap Trick, E.W. & F., Joni Mitchell, Michael Jackson ecc...

Egli non dimenticherà mai l’aneddoto creatosi quando man-dò a quel paese Michael Jack-

son, reo di averlo svegliato alle 4 del mattino dicendogli: “ciao Steve, sono MJ, avrei un brano adatto a te…”. Luke, pensando fosse uno stupido scherzo, prese a male parole il povero Jackson sbattendogli il telefono in faccia. Ma ben presto si scusò con lo stesso quando capì che il brano in questione era “BEAT IT” che Lukather condivise equamente con Eddie Van Halen!!!!!

Nonostante i numerosi impe-gni, LUKE riesce a ritagliarsi una carriera solista.

Pubblica, infatti numerosi la-vori, molto diversi tra loro, ma sempre caratterizzati dall’incon-fondibile “LUKE-SOUND”.

L’ultima fatica discografica uscita nel mese di Ottobre 2010, si intitola “All’s well that end’s well”, viene da lui stesso defini-ta “la migliore che io abbia mai fatto...”.

Nonostante la “ modesta “ af-fermazione di LUKE, effettiva-mente dopo 2/3 ascolti, l’album coinvolge l’ascoltatore in manie-ra impressionante.

Il brano iniziale Darkness in my

World sembra, per 1 minuto e 53 secondi, un brano “AMBIENT” , ma un riff allucinante ci intro-duce subito dopo nella melodia Lukatheriana più tipica.

In Flash in the Pan si riscon-trano influenze Hendrixiane mi-scelate a Southern Rock e Funk: insomma adrenalina pura.

Brody’s, sostenuta da un ec-cellente groove di batteria, co-mincia come un qualsiasi brano di S.R.V. Stevie ray Vaughan , ma ritorna presto sui passi tipici di quei tOtO che tanto amiamo.

On my Way Home, ci rinnova la passione di LUKE per gli StEELY DAN e Donald Fagen, ma con suo-ni addirittura più ricercati (?).

Non mancano le ballads, delle quali Lukather è il mago assoluto, una più bella dell’altra con asso-li da manuale (che riempiranno i books degli studenti della Berklee ed anche quelli dei meno fortu-nati che studiano a casa…).

Lavoro, quindi, molto bello e piacevole da ascoltare, sia per i nostalgici dei Toto che per i pa-lati molto più tranquilli.

Bravo LUKE! C. B.

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Anno 1 Nr. 12 Dicembre 2010

intorno Allo sport

Racconta Stefano Benni :“ Ai miei tempi non aveva-

mo la televisione ,ma avevamo un camino ,e davanti al camino c’era un nonno acceso che rac-contava”Anche ora che impera la televi-sione c’e’ il rischio per i giova-ni, che un nonno inizi “la favola”, esordendo con “ai miei tempi”( e che i suoi occhi si illuminino come le luci delle feste di Natale ) e soprattutto esterni ammoni-menti e rimbrotti.Il nonno saccente ricorda che il pallone era di cuoio ripieno di stoppa, in Cina.Gli Egiziani del tempo dei fara-oni lo fecero di paglia o di buc-ce di grano e lo avvolsero in tela colorata.I greci ed i romani usavano una vescica di bue gonfiata e cucita.Gli europei nel Medio Evo e del Rinascimento si disputavano una palla ovale,imbottita di crine.Nelle Americhe la palla era fatta di caucciù e le partite erano di-sputate nelle cerimonie religiose sotto i templi Incas od Atzechi fra abili guerrieri che poi venivano uccisi in caso di vittoria per propi-ziare la pioggia.La camera d’aria in gomma, gonfiata soffiando, e ricoperta di cuoio, nacque a metà del secolo scorso grazie all’ingegno di Charles Good-year, un americano del Connecticut.Correva e questo era il verbo giusto per ricordare il nostro giovanile anno 1960 e la palmese dopo lustri eroici di storia calcistica, aveva dovuto interrompere le attività sportive.Noi ragazzi seguivamo un pallone nei vari cortili della Matrice, del Carmine ed addirittura (ed ora sembra impossibile visto il traffico di oggi) nella piazzetta San Rocco, in piazza Cavour o nella piazza Mar-tiri d’Ungheria del Liceo Classico.Si lasciavano i libri dal calzolaio amico Mastro Pietro De Salvo e con mattoni o scatole da scarpe delimitavamo le porte.In attesa del numero sufficiente di ragazzi per iniziare a giocare, ci si allenava al quadrato, gioco-tennis praticato negli spazi dei la-stroni di cemento che costituivano le nostre strade e delimitati da strisce nere di catrame.Non si davano appuntamenti, ma tutti sapevano dove un pallone dettava la sua legge ed in una cerimonia spontanea ed atea, si consacravano i soliti ido-li.Un pallone non colorato e leggero come quello di oggi, ma uno mar-rone con una piega dura ed appuntita piena di grossi lacci, che nei campi di terra bagnata, si trasformava in una boccia durissima che preso di testa dal titubante e riottoso stopper gli provocava imman-cabilmente la visione della Madonna di Lourdes.I calzettoni troppo larghi scendevano sulle caviglie alla moda Sivo-ri ed i pantaloni erano troppo corti con le bretelle (quelli vecchi e stinti usati da bambini) o grandi e cadenti perchè dismessi da tem-po dai padri.Sopra l’immancabile canottiera di quei tempi alla Marlon Brando, una maglietta di un colore e sfumature dello stesso colore per gli altri giocatori della squadra.Nei momenti piu’ felici finalmente organizzati in squadra il buon Ce-cio, custode del campo sportivo, tirava fuori dal deposito scarpe di cuoio di indefinibile colore e lacci spaiati, che munite di appositi chiodi lunghi ed appuntiti perforanti l’imbottitura, ci torturano per tutta la partita (e noi zitti, muti e contenti).Queste scarpe magiche si trasformavano con il terriccio del campo bagnato in blocchi di cemento, che davano straordinaria forza al no-stro tiro in porta scoccato con gambe non palestrate di giovani ra-gazzi.Il portiere mai molto alto, ma robusto era solito portare dei grandi pantaloni neri imbottiti da garze e cotone, per attutire tuffi che a noi sembravano quelli di Buffon o di GhezziMomenti spensierati e sereni di un certo meraviglioso periodo della nostra vita che, come dicono tutti i nonni, non torneranno piu’.

Un bel giorno alcuni ragazzi soliti giocare fuori dal campo sportivo sorseggiando la mitica gazzosa dei fratelli oMellino osarono entrare nel glorioso Lopresti.Lo videro abbandonato, sporco e rigoglioso di ricca vegetazione con arbusti che arrivavano alle nostre spalle.fu un fischio e tutti i ragazzi della Via paal ... mi, avevano deciso, dopo aver organizzato la prima olimpiade cittadina sull’entusiasmo di quella di roma del 1960, di utilizzare le stesse medaglie, per dare inizio al primo torneo calcistico cittadino e di riunirsi in rioni (anno 1962).Ramazze e detersivi rubati a casa per pulire gli spogliatoi, falcetti per tagliare gli arbusti ed una vecchia porta con la rete per appia-nare il terreno, calce per tracciare a mano linee non certo diritte e delimitare il campo .Tutto era pronto e nel frattempo avevamo costituito otto squadre di 11 elementi :Il Successo di Orlando – maglia bleuIl Carmine di Carlo Nastri maglia azzurraLa cittadella di Carmelo Saffioti detto Akim - maglia bianco-neraLa squadra di Seminara di Vitetta maglia azzurraI lupetti della Virtus di Lacquaniti, Amoroso (e con un ragazzino Al-berto Arbitrio, futuro giocatore di Serie A ) con maglietta viola e scu-detto tricolore microscopico.Il Piave di Parisi e Tripodina maglia verdeLa Iossa e Rione Pille forse con la maglia della Sampdoria e se dimen-tico i nomi dovete scusare la mia scarsa memoria, ma sono trascorsi quasi cinquanta’anniFu un successo di pubblico e non certo economico, ma da quel mo-mento si riprese ad avere entusiasmo per il gioco del calcio, alcu-ni dirigenti diedero vita alla IUVE Palmi formata da tutti i miglio-ri giocatori del torneo e … poi dopo la fusione con questa squadra la palmese vinse campionati fino alla Quarta serie e con la nostra squadra della De Martino (torneo giovanile di allora) impegnata ono-revolmente nel campo del Cosenza, del Crotone e del Catanzaro di allora.Questa breve favola di nonno, per dire ai ragazzi di oggi, che non basta un manifesto per risvegliare entusiasmo, ma impegno, lavoro e olio di gomito.Se gli spogliatoi del campo sono sporchi ed inagibili, si possono comprare detersivi vernici e colori e non aspettare che tutto venga dall’alto e che si perda nei tempi lunghi delle promesse.I brevi anni della vostra giovinezza hanno bisogno di altro: di inizia-tive spontanee, di bancarelle, di giornali da vendere e … di qualche nonno generoso.Voi siete il presente ed il futuro del nostro paese e vi dovete sentire non vittime ma protagonisti.Demiurghi di una nuova allegra, incasinata, civile ed agitata realtà, ma che voi dopo tanti anni riconoscerete come vostra.

I rAGAzzI DELLA VIA PaaL ... midi Gianfranco Lucente

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intorno Allo sport

di Marcello Surace

Le nazioni partecipanti sono state 27 (Francia, Belgio, Austria, Svizzera, Kenia, Etiopia, Inghilterra, Germania, Usa, francia,

Marocco, India, Giappone, Canada, Ungheria, Norvegia, Spagna, Ca-merun, Olanda, polonia, messico, Slovacchia, Slovenia, taiwan, fin-landia e Ucraina).

Le competizioni previste sono state la maratona sulla distanza clas-sica dei 42,195 km, la mezza maratona sulla distanza dei 21,097 km.

Anche quest’anno, nel cinquantenario del trionfo di Abebe Bikila all’Olimpiade di roma 60, sono stati i campioni etiopi a farsi valere.

tra gli uomini vittoria di tsegaye Dissasa chiudendo in 2h18’57” con un rilevamento cronometrico condizionato dal caldo, dal vento e da un percorso non facile. Tra le donne ha vinto l’etiope Amelework Bosho con 2h47’50.

Nella mezza maratona ha vinto chiudendo a in 1h11’36” il palermitano Filippo Lo Piccolo (Violetta Club Lamezia Terme), che è stato, pensate un pò, primo degli europei due settimane fa a New York; mentre per le donne ha vinto maura tumminelli 1h29’54” (track Club Caltanissetta); Il running Palmi anche questa volta era presente con ben 13 atleti e tutti hanno svolto una bellissima gara con tempi di assoluto rispetto per quanto riguarda la mezza maratona:(gullo Roberto 1h33’04’’; Fameli antonio 1h39’40’’; Solano Fran-cesco 1h40’08’’; melara antonio 1h41’16’’; isola Rocco 1h41’42’’; Calabrò Emilio 1h42’16’’; alvaro giuseppe 1h42’44’’; melissari antonio 1h43’07’’; Solano Domenico 1h.43’:44’’; Surace marcel-lo 1h44’46’’; Saffioti Antonio 1h:46’38’’; Todaro Rocco 1h50’00’’; Fazzalari alessandro 1h56’34’’.

I complimenti vanno fatti, oltre a tutti gli atleti per il risultato otte-nuto, all’atleta Fameli che, all’eta di 50 anni, ha fatto una gara a dir poco eccezionale, considerato che si è avvicinato a questo sport da pochissimo tempo, e preso atto che, per problemi di lavoro, si allena pochissimo. Insomma un atleta “puro sangue”.

Correre a Palermo in mezzo ad una moltitudine di partecipanti, riconosciuta per la sua storia millenaria e apprezzata per il notevole patrimonio artistico ed architettonico, vi posso garantire che è una esperienza da vivere. E poi il giorno prima visitare Palermo da turis-ti, mangiare insieme, “spaccarsi” dalle risate, divertirsi i maniera sana, si avverte la sensazione di ritornare bambini vivendo momenti di spensieratezza. Per questo motivo, gli atleti del Running Palmi si possono ritenere fortunati, poiché riescono a praticare questo sport a livello amatoriale in contesti di divertimento, di benessere e di turismo. Pertanto, un invito a tutti gli interessati ad iscriversi all’as-sociazione Running Palmi.

Non mi resta che salutarvi e darvi appuntamento alla prossima occasione per potervi raccontare un’altra esperienza di sport e di amicizia.

Si è concluSa la XVi edizione della maratona di Palermo, SVolta-Si domenica 21 noVembre, lungo il belliSSimo circuito cittadino.

LO SpOrtING pALmI trA IL DIVErtImENtO E LA CULtUrA SpOrtIVA...

La nostra società sportiva è nata con l’intento di creare un gruppo di amici che siano giocatori, dirigenti, soci o semplici simpatizzan-

ti che, sotto un unico e comune denominatore, qual’è la passione per il gioco del calcio, hanno voluto dare vita ad una sana e simpatica realtà che oggi è lo Sporting Palmi. Una Società dove molti hanno, chi più e chi meno, dato il proprio contributo, a partire dalla decisione di creare la squadra di Ciccio e Maurizio Tedesco, alla gestione dirigenziale tra cui il presidente pasquale pellegrino, i presidenti Onorari Carmine me-lara e tonino Orlando, il cassiere Antonio zappone, il Vice presidente Rocco Schipilliti (alias Rocco TU), il segretario Pino Strangio(alias l’av-vocato), Chicco Crocitta, Dario Cambrea, Rocco Gagliostro, alla gestio-ne tecnica di Franco Leonello (alias Moggi), persino alla scelta del nome del mitico dott. pino Vincenzi, e per finire, all’infinità di calciatori che in tre anni si sono susseguiti. Non abbiamo la presunzione di fare calcio con la C maiuscola, perchè quello è un’altra cosa che, a Palmi, è già ben rappresentata dalla nostra cara e gloriosa US Palmese. Ma ci piace l’idea che, chi viene a vedere le nostre partite, possa godere di uno spettacolo che quanto meno gli somigli nella forma, ci piace allo stesso tempo far trasparire la nostra volontà di divertirci col gruppo che ab-biamo creato e con l’avversario di turno. Fino ad oggi, fortunatamente, ci siamo riusciti! Perché siamo una squadra che fa gioco in modo spen-sierato e che non ha ambizioni di promozione o chissà quale altre mire, ci siamo riusciti perché il nostro stare insieme è un angolino che ci siamo ritagliati per noi stessi, per fuggire dallo stress quotidiano e con in testa il solo desiderio di divertirsi. E per chi sostiene che la terza categoria sia solo un posto dove dover necessariamente litigare e scon-trarsi con avversari provenienti da realtà più degradate delle nostre, siamo costretti a malincuore a dire che, forse, è proprio la nostra cara e amatissima Palmi che calcisticamente porta la bandiera del degrado. Non facciamo riferimento solo alla struttura da terzo mondo, ma an-che alla mentalità che abbiamo riscontrato in alcuni nostri compaesani quando ci siamo trovati da avversari, senza naturalmente voler fare di tutta l’erba un fascio... Lo sport ha aiutato molti di noi a crescere come uomini, ci ha resi più socievoli e più consapevoli di quelle che sono le realtà a noi vicine, siamo andati in paesi e città dove, probabilmente, non ci saremmo mai andati se non fosse stato per lo sport. Queste real-tà, si sono presentate a noi per quelle che erano, con le loro strutture e la loro educazione sportiva, si sono presentate e sono rimaste nella nostra memoria, per quello che noi abbiamo potuto vedere di loro e, mi riferisco a chi conosce lo storico Lo Presti; un po di vergogna, noi, la proviamo ogni domenica. Non ci interessa puntare il dito su vecchie e nuove amministrazioni, ma ci preme sensibilizzare chi ci amministra ora e chi lo farà in futuro, affinchè capisca l’importanza civile, educa-tiva e di immagine che lo sport ha in una città, destinandogli le giuste attenzioni e le dovute risorse, soprattutto a Palmi! Si! Perché proprio il nostro paese, culla della cultura nella piana, è tenuto anche storica-mente a rivestire un ruolo di traino culturale in ogni campo e che deve renderci più responsabili in tal senso. Noi dello Sporting Palmi, ci muo-viamo nel nostro piccolo in tal senso. Vogliamo sensibilizzare la nostra città e le realtà a noi vicine, ad uno sport più sano, facendo vedere che non e’ il risultato della partita ciò che conta, ma il modo in cui essa viene interpretata e il grado di partecipazione che ne è scaturito, da parte nostra come società sportiva, delle persone che ci seguono e ci vedono giocare e in fine, ma non ultimo in ordine di importanza, degli avversari. Perché per noi dello Sporting Palmi, gli avversari sono prima di tutto ospiti che devono essere trattati come tali, come se li ospitassimo a casa nostra. Nella speranza che lascino la nostra amata Palmi con il bel ricordo di una bella trasferta di sport e, perchè no, con un bagaglio culturale sportivo arricchito... da noi!!!

Auguri di Buone Feste Palmi e naturalmente ...Forza Sporting Palmi!

Francesco Tedesco

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Anno 1 Nr. 12 Dicembre 2010

intorno Allo sport

Gianni Brera, il più gran-de giornalista sportivo che

l’Italia abbia avuto, cosi ha det-to di lui: “Quell’ira di Dio, il nu-mero sette, per la sua velocità e leggerezza nel correre, sembra volare”. Il noto giornalista pre-sente per un servizio stampa, in quell’amichevole tra la Sam-pdoria che militava in serie A e il Derthona, serie C, di Pino Co-gliandro, protagonista indiscusso di quell’incontro, ebbe parole di elogio per quel giovanissimo at-leta proveniente da Palmi. Pino, dopo aver percorso il cammino calcistico nelle giovanili della Palmese, allenati da don Peppe Tedesco, esordì giovanissimo in prima squadra sotto la guida di mister Soffrido che capì sin dal primo momento che lo vide gio-care, che quel ragazzone bion-do dagli occhi chiari aveva le carte in regola per diventare un campione. Infatti, al termine di quell’annata, la Palmese lo ce-dette al Derthona. Pino, partì con la valigia di cartone, alla ri-cerca di un futuro migliore e più dignitoso. Quanti sogni, quan-te speranze e aspettative. Vole-va dare una risposta ai genitori, persone perbene di sani princi-pi, e soprattutto ai fratelli Cic-

PiNO COgLiaNDRO:UN SOgNO SVaNiTO

cio e Carmelo che orgogliosa-mente lo seguivano con amore e trepidazione, ma anche agli amici e quei ragazzi che gioca-vano a calcio e s’identificavano in lui. Diventò subito il beniami-no dei tifosi per i suoi gol sublimi e di rara fattura. Rappresenta-va il prototipo dell’attaccante di razza; veloce, scattante, dai fu-nambolici e ubriacanti dribbling e una portentosa elevazione. La sua “cattiveria” e coraggio, af-fascinava e coinvolgeva, rappre-sentando al meglio la voglia bat-tagliera di un ragazzo che voleva emergere, partito da Palmi con la speranza di un riscatto socia-le. talento, sacrificio e impegno lo portarono a farsi strada, tan-to che arrivarono i complimen-ti e gli articoli sui giornali che gli aprirono le porte verso tra-guardi più prestigiosi. A tal pro-posito possiamo citare due sin-golari episodi; il primo, quando in elevazione superò il portiere battendo con la testa contro la traversa, subendo una lesione all’arcata sopraciliare; il secon-do, nello spareggio, valevole per la permanenza nella categoria, quando presa la palla a centro-campo s’involò superando come birilli la difesa avversaria fer-mandosi poi sulla linea della por-ta guardando gli spalti, prima di

buttare la palla dentro. Quello fu il gol della salvezza. L’anno dopo fu chiamato da Fulvio Ber-nardini l’ex C.T. della Nazionale, nella Sampdoria, dove iniziò il ritiro precampionato. Bernardini rigido alla disciplina, lo invitò ri-petutamente a tagliarsi la barba e i capelli, richiamandolo ad un comportamento più responsabi-le, cercando di inculcargli il “do-vere” di spendere bene quell’op-portunità e, sentitosi richiamato duramente, rispose con la spon-taneità che lo contraddistingue-va, “a calcio si gioca con i piedi e la testa”. Qualcosa in lui stava cambiando. Pino non aveva ca-pito che a quei livelli bisognava ubbidire e rispettare le regole. Pagò quella risposta decisa e in-genua, con la successiva cessio-ne al Sorrento in serie B. Pino ha sempre riconosciuto, in virtù della sua esperienza, “che a vol-te il talento non basta. Ci vuol ben altro per strappare il suc-cesso e l’etichetta di campio-ne”. La sua testimonianza è un messaggio che vuole dare ai gio-vani promettenti, invitandoli “a non farsi sfuggire le opportuni-tà positive che la vita ci offre”.

pino Cogliandro, il secondo in piedi, campionato 1969-70,quando era idolo del Derthona

Un famoso goal; entra in rete dopo aver saltato tutti, portiere compreso. Prima di segnare si ferma, orgoglioso, sulla linea.

Una figurina panini di quando Pino Cogliandro militava nel Sorrento (in basso a sin.)

di Rocco Cadile

Aveva un legame profondo con la sua Palmi e, non disdegnava di rientrare per respirare aria di casa. Lo ricordiamo, a quei tem-pi con la lancia G.T. , un bolide che pochi potevano mantenersi. Evidentemente non aveva reci-so il cordone ombelicale che lo legava alla sua terra, forse per questo motivo attraversò un pe-riodo di conflittualità col pallo-ne che fino a quel momento gli aveva dato tante soddisfazioni. Quell’anno disputò poche parti-te in serie B. Ceduto all’Imperia, giocò un’altra annata, per poi ri-entrare a Palmi e giocare nella squadra locale. Probabilmente aveva meditato quella scelta. Ed è proprio nel momento in cui il sogno svanisce, che Pino , invece di piangersi addosso, esamina la sua vita e decide di intraprende-re un’altra strada, fissando una scala di valori: l’amore per la sua compagna, i figli, gli affetti. Al posto di un mondo dorato per-corso inseguendo un pallone, ne ha scelto un altro costruito con il lavoro di tutti i giorni, facendo dalle piccole gioie quotidiane la propria ragione di vita. Può es-sere condannato per questo?

L’atletica minniti, non finisce di stupire. Ancora una volta è

stata protagonista nella manifesta-zione organizzata dal Comitato Pro-vinciale di Reggio Calabria che si è tenuta sulla pista del Campo Scuola del Rione Modena. I ragazzi allena-ti dai Proff. Vito Muratore e Michele Avenoso, non si sono smentiti, re-galando ai loro allenatori, il record regionale nelle staffette 4x50 esor-

pALmI: ALL’AtLEtICA mINNItI IL prImAtO rEGIONALE

dienti, sia maschile che femmini-le, “sfrattando” dall’albo il prima-to regionale all’Atletica Olympus che deteneva dal 2002. Gli atleti della staffetta maschile composta da Andrea Costa, Giuseppe Saffioti, Andrea Riotto e Salvatore Scarfone hanno vinto con il tempo di 30”8, mentre quella femminile con Sil-via Ferraro, Alice Caracciolo, Auro-ra Barone e Nikole Gismondo hanno fermato il cronometro a 33”1. Si è anche distinto Luca Sergi nella gara del giavellotto, mentre per la cate-

goria dei cadetti il miglior risulta-to è stato ottenuto da Andrè Brizzi nei 300 ad ostacoli. Il Prof. Vito mu-ratore ha voluto sottolineare l’im-portanza della manifestazione e dei primati conquistati. “Lo sport è una metafora della vita ed è parte in-tegrante della stessa, soprattutto nell’età adolescenziale; è una via preferenziale per educare, perché non ammette mediocrità chiedendo tutto. Nello sport così come nella vita senza impegno e senza sacrifici nulla si ottiene”.

di Rocco Cadile

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