NC Speciale Brand Idendity

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Allegato alla rivista NC dicembre-gennaio 2011 n°27 Società Editrice ADC Group Poste Italiane Spa - Spedizioni in A.P. - D.L. 353/2003 (conv. in L.27/02/2004) Art. 1 comm. 1 DCB Milano il giornale della n uova c omunicazione

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Tutto il potere alla Marca.

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Allegato alla rivistaNC dicembre-gennaio 2011 n°27

Società Editrice ADC Group

PosteItaliane

Spa-Spedizioni

inA.P.

-D.L.

353/2003

(conv.

inL.27/02/2004)Art.

1comm.1DCBMilano

il giornale della nuova comunicazione

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LOGO WITH SILVER OUTLINE

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In uno scenario caratterizzato da una crescente frammentazione dei media e dall’elevata ripetibi-lità dei prodotti e servizi sempre più facilmente ‘clonabili’, il campo dove si gioca la vera partita, perconquistare e fidelizzare il consumatore, è quello della marca. È attraverso di essa che è possibile di-stinguersi dai competitor, sottolineando la propria unicità e specificità. Per ottenere questo risulta-to differenziante appare necessario possedere un’adeguata Brand Identity, che sappia comunicarein maniera efficace attraverso i mezzi tradizionali, i nuovi canali digitali, e attraverso il punto vendi-ta, ambiente sempre più determinante nella veicolazione dei valori della marca.Insomma, aumenta la complessità e, allo stesso tempo, aumenta il ‘rumore’ che assedia le marche.Un ‘rumore’ generato anche dagli stessi consumatori, che oggi possono interloquire con i brand eavere una voce determinante nella loro reputazione. Avvalersi, dunque, dei professionisti più com-petenti nella creazione della Brand Identity è semplicemente indispensabile.In questo contesto, nasce un nuovo prodotto editoriale collegato a NC, uno Speciale che, insiemeai protagonisti del settore, intende fare il punto sull’argomento. Abbiamo svolto un’indagine sullepiù efficaci operazioni di costruzione e rimodulazione dell’identità della marca, cercando il modo incui essa si pone nei confronti della strategia complessiva di comunicazione. Un rapporto che deveessere regolato da una legge fondamentale: la coerenza. Nel senso che qualsiasi forma o iniziativadi comunicazione non coerente con i codici visivi, testuali ed evocativi dell’identità di marca fini-rebbe col ridurre l’efficacia della comunicazione stessa.Inoltre, data la natura multidimensionale del concetto di marca, questo Speciale non poteva nonaffrontare il tema della percezione che i consumatori hanno della marca e della sua identità. Diventaindispensabile, quindi, parlare ‘brand image’ e di ‘brand loyalty’. Aspetti che abbiamo approfonditocon l’ausilio dei più autorevoli strumenti di indagine disponibili sul mercato. A cominciare dallaclassifica BrandZ che, realizzata ogni anno da Millward Brown, misura l’equity di migliaia di mar-che a livello globale e raccoglie il feedback di più di un milione di consumatori nel mondo. Passandoper il Brand Asset Valuator (Bav) dell’agenzia Y&R Brands, che valuta lo stato di salute di una mar-ca tramite la combinazione di quattro percezioni dei consumatori: Diversità, Rilevanza, Stima eFamiliarità. Fino allo studio Best Global Brands che, presentato annualmente da Interbrand, classi-fica i 100 brand globali a maggiore valore economico. Senza trascurare il Country Brand Index diFutureBrand, che interpreta le nazioni come fossero brand. Il nostro impegno in questo ambito nonfinisce qui. Vi comunicheremo presto le nostre prossime iniziative.Nel frattempo buona lettura e buon 2011.

Salvatore Sagonedirettore responsabile e presidente ADC Group

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LA MARCA RITORNA REGINA

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SCENARIO a cura di Mario Garaffa

06_LA SPINA DORSALE DEL BRAND

11_CRISI E STRATEGIE DI BRANDING

14_INTERBRAND_IL DIGITALE INSEGUE COCA-COLA

20_MILLWARD BROWN_TECNOLOGIA, TRIONFO WORLDWIDE

24_Y&R_VALORI DI TASCA E DI NIDO

27_ITALIA. BEL PAESE, CATTIVA IMMAGINE

28_ENI_IDENTITÀ DINAMICA

30_MOLTO PIÙ DI LUOGHI DI VENDITA

32_LA RESPONSABILITÀ SOCIALE CONVIENE

I PLAYER a cura di Marina Bellantoni

34_ARTEFICE INTEGRAZIONE E CREATIVITÀ

58_META IDEAIL VALORE DELLA MARCA

60_RBAAPPROCCIO MULTIVITAMINICO

62_SIGNDESIGNSPECIALIZZAZIONE3

64_SYNESIACREATIVI ‘CON CRITERIO’

66_UNIVISUALLA CULTURA DEL BRANDING

68_VITTORIO MANCINI & ASSOCIATIL’ATELIER DEL DESIGN

EPPUR È BRAND

70_BRAND RESPONSIBILITY

36_BESANOPOLILA BOUTIQUE PER BRAND

39_BRUNAZZI&ASSOCIATIRISPOSTE IMPREVEDIBILI

40_CABIRIA BRANDUNIVERSEUNA TIGRE IN GIACCA E CRAVATTA

42_CACAO DESIGNSTUPIRE CON INTELLIGENZA

44_CARMI E UBERTISIMMAGINARE IL FUTURO

46_CARRÉ NOIRLA MAGIA DEI SEGNI

48_FUTUREBRANDTRADURRE I TREND IN STRATEGIE

50_INAREAREGISTI DI SE STESSI

52_LANDORIL MOTORE DEL CAMBIAMENTO

54_LUMENDIALOGO E RISULTATI

57_MADESTRO PRAGMATICO

DIRETTORE RESPONSABILESalvatore Sagone [email protected]

COORDINAMENTO EDITORIALEMarina Bellantoni [email protected]

REDAZIONEMario Garaffa [email protected]

SEGRETERIA DI REDAZIONEFrancesca Chittaro [email protected]

ART DIRECTION E REALIZZAZIONEMarzia Bevilacqua [email protected]

HANNO COLLABORATOChiara Pozzoli.

DIRETTORE COMMERCIALEMaria Cristina Concari [email protected]

ACCOUNT DIRECTORAndrea Parmigiani [email protected]

ACCOUNT MANAGERAlessandra Cellina [email protected] Zarone [email protected]

Andrea Gervasi [email protected] (Roma)

ABBONAMENTIPaola Morello [email protected] (Resp.)

Paola Antonacci [email protected]

MARKETING E [email protected]

PERIODICO MENSILEallegato al n° 27 dic-gen 2011 reg. trib. di Milano n° 93 del 20/02/2007

SOCIETÀ EDITRICE ADC GROUP srlpresidente: SALVATORE SAGONE; amm. delegato: GIULIO BORTOLUSSI

Red. e pubbl.: via Fra Luca Pacioli, 3 - 20144 Milano tel: +39 02 83102315/6 fax: +39 02 36592735 [email protected]

Sede legale: via Freguglia, 2 - 20122 MilanoNC© Copyright 2009 ADC Group srl

FOTOCOMPOSIZIONE E STAMPALasergrafica Polver via Kramer, 17/19 - 20129 Milano

Finito di stampare nel mese di dicembre 2010

Progetto grafico: Davide Lopopolo

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Per formarsi, crescere, affermarsi, o an-che solo per sopravvivere, occorre diffe-renziarsi. Nel campo delle marche, questosignifica darsi una particolare brand iden-tity. Quest’ultima sta a monte di tutto,precede i prodotti e i servizi della marca,così come qualsiasi forma di marketing.La brand indentity, per dirla con GaetanoGrizzanti, fondatore e brand strategy di-rector Univisual e docente di branding dal1988 in diverse università e istituti italia-ni, “è un insieme di codici comunicativi checaratterizzano l’interfaccia linguistica diuna marca”.Si tratta, fondamentalmente, di ‘codici vi-

sivi’, caratterizzati da specifici colori, uncerto logo o un carattere tipografico; ‘co-dici testuali’, come un nome, un pay off oun messaggio da trsmettere; e ‘codici evo-cativi’, che rimandano a un mondo meta-

forico da trasmettere, a sensazioni da co-municare.Parlare di brand identity significa immer-gersi nel linguaggio di una marca, affron-tare il modo in cui essa si pone nei con-

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Cabiria ha ridisegnato il marchio Yamasushi,riposizionando il brand da ‘food’

a ‘lifestyle’ e puntando sull’ampliamento delle occasioni di consumo

LA SPINA DORSALE DEL BRANDINIZIAMO QUESTO SPECIALE PARTENDO DALLA DEFINIZIONE DEI CONFINI CHE

CARATTERIZZANO IL CONCETTO DI BRAND IDENTITY. INSIEME AI PROTAGONISTI

DEL SETTORE FAREMO IL PUNTO SULL’ARGOMENTO, SULLE ANALISI

DISPONIBILI PER UNA CORRETTA VALUTAZIONE DELLA MARCA, TENENDO

CONTO ANCHE DI VARIABILI COLLEGATE, COME LA BRAND IMAGE E LA BRAND

EQUITY. INOLTRE, RAGIONEREMO SU COME GLI APPROCCI ETICI INFLUENZINO

LA BRAND IDENTITY E SUL RUOLO RILEVANTE SVOLTO DAI PUNTI VENDITA

NELLE STRATEGIE DI BRANDING.

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fronti del mondo esterno, del pubblico. “Ilbrand - afferma Grizzanti - è un’entità chediventa concreta nel momento in cui ini-zia a porsi sul mercato grazie alla brandidentity. Senza brand identity, una marcanon sarebbe tangibile”.

Data la natura multidimensionale del con-cetto di marca, occorre precisare che il pre-sente Speciale affronta il tema della brandidentity analizzandolo in rapporto ad al-tre variabili collegate, che assieme contri-buiscono a definire il profilo di un certamarca.Se infatti la ‘brand identity’ è la cartad’identità di una marca, la fotografia di ciòche un brand è, e rimanda a ciò che l’im-presa vorrebbe che i consumatori perce-pissero in riferimento a quel particolarebrand, dall’altra parte c’è anche la ‘brandimage’, che ha che vedere con la percezio-ne che i consumatori hanno della marca e

della sua identità. Introducendo, quindi,l’aspetto qualitativo delle immagini, delleidee, delle conoscenze e delle aspettativeche i consumatori sviluppano in riferimen-to a una certa marca.Senza trascurare la ‘brand equity’, che è ilvalore della marca, o meglio, per dirla conMarco Lombardi, presidente Y&R Italia,“il valore che il consumatore annette alpercepito di una marca, rimandando a unmisto di atteggiamenti e comportamenti,che riguardano anche la ‘brand loyalty’”,ossia il grado di fedeltà dei consumatorinei confronti della marca, e la loro dispo-nibilità sia a ripetere l'acquisto rifiutandodi comprare i prodotti dei concorrenti siaa raccomandare il prodotto a terzi.Si tratta di dimensioni e variabili diverse,ma così profondamente connesse che, noncerto a caso, un altro esperto del tema,Antonio Marazza, amministratore delega-to Landor, suggerisce di considerare supe-rate alcune definizioni e di utilizzare il piùsemplice termine ‘branding’, “che si rife-risce a tutte le attività che investono lamarca, sia dal punto di vista concettualesia da quello della sua espressione”.

Non c’è comunicazione efficace senzabrand identityVera e propria spina dorsale della marca,la brand identity svolge dunque un ruolocentrale nel definire le strategie e le mos-se dell’azienda sul mercato, influenzandoanche le linee guida della comunicazione.Per comprendere quale sia la natura delrapporto tra brand identity e comunica-zione, occorre tener presente che la primaprecede e influenza la seconda. O meglio,senza un’adeguata e preliminare definizio-ne e presa di coscienza dei tratti distinti-vi della prima, la seconda perde inevitabil-mente di efficacia. Qualsiasi forma o ini-ziativa di comunicazione deve infatti es-sere coerente con i codici visivi, testuali edevocativi della brand identity, altrimenti,se così non fosse, si rischierebbe solo dibuttare via i soldi investiti, o quantomenodi abbassare il valore performante dellacomunicazione stessa.Come afferma Pietro Rovatti, socio fon-

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Il punto vendita come luogo cruciale nelle strategie di branding. Nespresso si è affidata a FutureBrand per ‘vestire’le sue vetrine

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datore e direttore creativo corporate bran-ding Lumen, “non possiamo più conside-rare la brand identity come una parte del-la strategia di comunicazione, va intesapiuttosto come l’inizio di tutta la strate-gia stessa, espressione autentica e duratu-ra del posizionamento della marca. Mi ècapitato, in certe occasioni, di assistere ariposizionamenti della marca che sono ini-ziati tramite attività di advertising, e solodopo ci si è concentrati sull’identità delbrand. Una vera follia”.Sulla stessa linea anche Ilaria Scardovi,amministratore delegato Carré Noir, laquale sottolinea che il rispetto delle brand-guidelines individuate assume un’impor-tanza centrale nelle iniziative di comuni-cazione, e ancora di più in uno scenario,come quello attuale, caratterizzato dallamulticanalità.Inoltre, aggiunge Scardovi, la brand iden-tity è “l’essenza della marca, la sintesi deisuoi valori, il primo modo attraverso il qua-le si crea un rapporto con il pubblico. Co-me suggerisce il termine stesso, senza ‘iden-tity’ non si può essere identificati sul mer-cato”, la sua definizione ed esplicitazioneè il modo per essere riconosciuti, e quindiscelti dai consumatori.Sì perché, come afferma Alberto Zavatta,general manager Vittorio Mancini & As-sociati, la brand identity corrisponde “all’essenza della marca, non solo un logo,un pack, un’immagine, un colore identifi-cativo o un elemento simbolico capace diricondurre ai valori del brand, bensì un ve-ro e proprio ‘percorso’ attraverso i valoridella marca, che sia in grado di toccarel’emozione del consumatore”. La brandidentity è il cuore della strategia azienda-le, l’insieme delle linee guida filosofiche econcettuali tramite le quali parlare al mon-do esterno.Ma, come aggiunge Zavatta, vista la suaimportanza, prima ancora che all’esternola brand identity deve essere condivisa in-ternamente, dal management direzionalee da tutte le persone che orientano il mes-saggio della comunicazione.La questione chiave, sostiene Marazza(Landor Milano), è che “le aziende si so-

no rese conto che, quasi sempre, un sem-plice posizionamento o una copy strategynon possono guidare la costruzione dellamarca nel lungo periodo attaverso molte-plici discipline di comunicazione. È inveceindispensabile mettere a fuoco una stra-tegia e una idea di marca ‘channel neutral’,in grado di guidare e ispirare l’attività nonsolo dell’advertising ma anche del Crm,delle relazioni pubbliche e istituzionali, el’intera esperienza di marca con cui si in-teragisce con il consumatore, online e inambienti fisici.Ideare e tenere tutto questo sotto control-

lo è oggi il ruolo del branding”. Come evi-denziato da Mauro Pastore, direttore crea-tivo e socio fondatore Cacao Design, ilmodo in cui un’azienda si presenta agliocchi dei consumatori - dal marchio al si-to, passando per la brochure, il tone of voi-ce e l’immagine complessiva - ha un ruo-

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Eni ha affidato l'immagine corporate e la comunicazione dei valori istituzionali

alla creatività di giovani talenti. Nella foto:l'annuncio stampa firmato Kazuko Nomoto

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lo focale nella strategia di comunicazio-ne, in quanto sono i valori a determinareogni scelta strategica e di posizionamen-to. E ogni scelta deve essere coerente ecoordinata prima di tutto con i valori del-la marca.Inoltre, nel sottolineare il ruolo svolto dal-

lo strategic brand design, Fabrizio Berna-sconi, senior partner & managing directorRba Branding & Design, ricorda che “lo-ghi, naming, company profile e packagingsono gli elementi base dell’identità di mar-ca. Si tratta di elementi durevoli nel tem-po, che richiedono necessariamente unasolida base strategica che identifichi i va-lori che la marca dovrà comunicare.Ecco quindi che le competenze strategicherappresentano un corretto e indispensabi-le processo di creazione di brand identity”.Tuttavia, visto che la definizione di brandidentity, nel corso del tempo, si è semprepiù dilatata, per effetto di una sorta di‘stretching concettuale’ spesso indebito,Alessandra Iovinella, chief growth officerFutureBrand, sottolinea che “il punto di

partenza corretto resta comunque il co-siddetto ‘BrandWorld’, cioè i caratteri pre-gnanti e più significativi dell’immagine dimarca: la palette cromatica, la tipografia,lo stile visivo, i segni grafici, i materiali ele forme. Il BrandWorld prenderà poi vitaattraverso la sua espressione su tutti i touchpoint nelle diverse aree di riferimento cor-porate, prodotto, retail e web.Un insieme di applicazioni molto ampioche, nella sua totalità, costituirà la brandidentity di una marca. Molto più, quindi,del semplice disegnare un logo”.

Non c’è identità senza relazioneSecondo Francesca Abate, new businessdevelopment manager Mad, la brand iden-tity guadagna oggi un valore ancora mag-

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All’inizio del 2010 il Consorzio per la tuteladel Franciacorta ha deciso di rivedere la propria identità in modo da valorizzareun’immagine di elevata qualità e lacredibilità presso i consumatori

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giore, “perché le aziende hanno finalmen-te capito quanto un brand forte, e perce-pito come tale, possa consentire di affron-tare con minori difficoltà un periodo di cri-si, come quello che abbiamo vissuto negliultimi due anni e dal quale stiamo fatico-samente uscendo”.E infatti, continua Abate, l’attenzione al-la rappresentazione visiva, testuale e va-loriale della marca è sempre più alta, inquanto vissuta come un potente strumen-to di comunicazione nei confronti dei pro-pri target.Il concetto espresso da Abate evidenziaquanto importanti siano, in questo discor-so, le dinamiche relazionali.Come ricordato da Francesco Mastro, pre-sidente Artefice Group, i consumatorichiedono alle marche maggiore coinvol-gimento, collaborazione, moltiplicazionedei punti di contatto e costruzione di unarelazione. “La marca - ricorda Mastro - nonè più solo dell’azienda che la possiede, èanche di chi la consuma, ovvero i consu-matori, i quali, proprio per questo, voglio-

no partecipare al processo evolutivo lega-to all’identità della marca stessa”. Un pro-cesso sempre più dinamico, che supera gliapprocci verticistici e monodirezionali, percoinvolgere gli utenti in incessanti proces-si dialogici.Ecco perché, sostiene Mastro, la brand iden-tity “deve diventare, sempre più, il cuoredella ‘messa in scena’ del sistema marca.Il compito di chi costruisce sistemi di co-municazione è quello di avere un approc-cio non più segmentato e diviso in com-partimenti stagni, ma una visione com-plessiva della strategia della marca.Tutti i punti e i momenti di contatto de-vono, infatti, portare una firma unica e ri-conoscibile, e devono saper ricondurrel’esperienza vissuta, sia essa l’acquisto e ilconsumo di un prodotto o la navigazionesu un sito web o un’attivazione sul terri-torio, a una identità chiara, coesa e unicain ogni sua forma di espressione.Above, below, cross e through the line so-no suddivisioni sorpassate, la base di par-tenza è un territorio unico in grado di crea-

re forme espressive di comunicazione, cheutilizzano canali diversi ma che hanno unobiettivo condiviso”.Sulla stessa lunghezza onda anche Valen-tina di Robilant, socio e responsabile pro-duzione Besanopoli, che sottolinea come“nei dieci anni del nuovo millennio, i con-sumatori siano diventati ‘utenti’ della mar-ca, con la quale dialogano, flirtano e bi-sticciano.L'immagine che si ha di un brand non è piùsolo quella creata dalla reclame del pro-dotto, ma è frutto dell'insieme delle azio-ni che una marca mette in opera. Inoltre,non è un caso che oggi la pubblicità siasempre meno sul prodotto, che cambiaogni giorno, e sempre più sulla sua marca,che rimane e si evolve”.Con il passare del tempo, afferma CarloAliverti, socio Carmi e Ubertis, “le azien-de hanno compreso sempre più l’impor-tanza delle percezioni che i consumatorihanno di una marca e quanto ciò possa in-fluire sul valore economico di una azien-da. Non è un caso, infatti, che oggi si par-li sempre di più di investimenti sulla mar-ca piuttosto che di costi di marketing”. Lastrategia di marca è fondativa e imponeall’azienda di prefigurare un percorso ver-so il miglior futuro possibile.“Una volta definito l’obiettivo - continuaAliverti - si può pensare a come arrivarcie considerare così anche la migliore stra-tegia di comunicazione. È un percorsoestremamente logico, e il risultato è un ri-sparmio delle risorse”. nc

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Per il lancio di ProFamily, Banca Popolare di Milano si è affidata a Univisual, che hacurato un sistema di branding a 360 gradi,dalla modalità di porsi sul mercato alla scelta del marchio e del payoff

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Viviamo in un’epoca in cui è sempre piùdifficile differenziarsi tramite i prodotti ei servizi che si offrono sul mercato, perchétutto è diventato facilmente ‘clonabile’, ri-petibile. E può capitare, con facilità, che uncompetitor diretto proponga prodotti eservizi, magari non identici, ma facilmen-te percepibili come equivalenti. Ma alloraqual è il campo in cui si gioca la vera par-tita per conquistare e fidelizzare i consu-matori? Si tratta dell’unico ambito in cui è davve-ro possibile distinguersi da tutti gli altri,sottolineando la propria unicità e specifi-cità. È il campo della marca.

Ma per ottenere questo risultato differen-ziante occorre attivare specifiche ed effi-caci operazioni di costruzione o rimodula-zione della brand identity, basate su unaserie di passaggi fondamentali.Strategie ancora più importanti in un pe-riodo, come quello attuale, condizionatodagli effetti della crisi economica, che haridimensionato le capacità di spesa delleaziende.

Lo scenario di maggiore austerity in cui simuovono le imprese impone, infatti, la ne-cessità di valutare con maggiore attenzio-ne ogni investimento, compresi quelli nelcampo del branding.Riprendendo alcune considerazioni di Griz-zanti (Univisual), il primo passaggio darealizzare per una corretta operazione dibrand identity consiste in un’attenta ana-lisi dello status e del vissuto dell’azienda,

Artefice ha affiancato Findus nella creazione della nuova identità visiva

di 4 Salti in Padella

CRISI E STRATEGIE DI BRANDINGQUALCOSA DI BUONO LA CRISI ECONOMICA L’HA PORTATO, ALMENO NEL

CAMPO DELLA BRAND IDENTITY. NON POTENDO PIÙ VIAGGIARE SU PARAMETRI

POCO SOSTENIBILI, LE IMPRESE HANNO AVVIATO UN RIPENSAMENTO DELLE

LORO STRATEGIE, A COMINCIARE DA UNA RIMODULAZIONE DELLE OPERAZIONI

DI BRANDING. SI È COMPRESO, IN PARTICOLARE, CHE SENZA UN’ADEGUATA

RAZIONALIZZAZIONE DEI PROFILI IDENTITARI E VALORIALI DELLA MARCA,

QUALSIASI INIZIATIVA RISULTEREBBE SFOCATA.

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il che significa individuare i valori fonda-mentali che fino a quel momento hannocaratterizzato la marca, e come essi sianostati comunicati sul mercato. La secondafase, quella più pedagogica, prevede di la-vorare “sul creare consapevolezza, all’in-terno dell’azienda su cosa significhi evol-vere il modello di business in una menta-lità orientata al brand”.Si tratta di un’attività che deve essere rea-lizzata e condivisa con il management di-rezionale, perché non c’è brand identityche tenga se il vertice aziendale non ha ca-pito in quale direzione si sta procedendoe perché lo si sta facendo. Il terzo momen-to è quello in cui si definiscono, concreta-

mente, i cambiamenti da effettuare e sirazionalizza la brand equity, cioè il (nuo-vo) patrimonio valoriale della marca, chepuò confermare o trasformare gli elemen-ti che erano emersi nel corso della primafase. Poi, nella quarta fase, si definisconole linee guida che la creatività dovrà se-guire per realizzare forme di comunicazio-ne coerenti con la mappa dei valori delbrand. È sulla base di queste linee guidache, per esempio, qualora ce ne fosse bi-sogno, saranno realizzati tutti gli elemen-ti distintivi del brand, dal nome al logo,passando per il pay off, senza trascurarel’iconografia, il carattere tipografico o lacura e concettualizzazione dei punti ven-dita. Il quinto e ultimo stadio consiste nel-la messa in opera concreta del processocreativo, per individuare le soluzioni chetraducano quanto definito nelle fasi pre-cedenti.D’altra parte, come sottolinea Zavatta (Vit-torio Mancini & Associati), per la costru-zione di un’identità di marca solida è fon-damentale che l’impresa sviluppi un’ade-

guata ‘visione strategica’, che abbia “sem-pre presente lo scenario competitivo, te-nendo in considerazione l’evoluzione deitrend, e prestando attenzione alle dinami-che del ‘consumer behaviour’. In questodiscorso, la creatività è centrale nella mi-sura in cui sia in grado di interpretare l’ideae l’essenza del brand. Non, dunque, unacreatività puramente estetica, bensì unacreatività che interpreti le attese del con-sumatore”.La partita per influenzare il processo di ac-quisto a favore di una certa marca si gio-ca proprio qui, e consiste nella capacità delbrand di entrare a far parte del lifestyle delsingolo consumatore, completandone e ar-ricchendone l’esperienza quotidiana, a pre-scindere dal prodotto o servizio compera-to. Anche perché, come ricorda Marazza(Landor Milano), “l’impatto del brandingnel processo d’acquisto è elevatissimo so-prattutto nel caso del packaging e dellaesperienza online: si pensi ai pochi secon-di che il consumatore passa mediamentedavanti allo scaffale o davanti a una scher-

Per riaccendere il desiderio dei consumatorinei confronti di Citroën, Landor hasviluppato un ‘look and feel’ che valorizza idue valori chiave della casa automobilistica:creatività e tecnologia

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mata prima di decidere se passare oltre oconsiderare l’acquisto. In quel momentonon si possono fare errori”.

Se la crisi porta qualcosa di buonoIn questo scenario, caratterizzato dalla mes-sa in opera di complesse strategie di defi-nizione dell’identità dei brand, si può direche la crisi economica, per un volta, anzi-ché far danni, abbia svolto un ruolo sostan-zialmente positivo, o almeno costruttivo.La questione centrale è che l’assestamen-to imposto dall’esplodere della crisi ha fa-vorito l’avvio di salutari operazioni di ri-flessione sulle modalità in cui le impresesi pongono nei confronti del mondo ester-no, a cominciare dai profili identitari e va-loriali dell’azienda, che a loro volta condi-zionano tutto il resto, dall’organizzazionedell’impresa alla modalità di porre un pro-dotto sul mercato, passando per le strate-gie di comunicazione da adottare.“La crisi - afferma Scardovi (Carré Noir) -è stata per molte aziende un’occasione perripensare criticamente i propri valori e i pro-pri obiettivi, attraverso riflessioni strategi-che che spesso portano a una evoluzionedel brand”.Inoltre, aggiunge Iovinella (FutureBrand),“è proprio in periodi difficili che si deve co-gliere l’occasione per valutare l’immaginedelle proprie marche a mente fredda, perdecidere se hanno bisogno di una rifoca-lizzazione che aiuti a parlare con maggio-re incisività e rilevanza al proprio target”.Ancora più esplicito, Grizzanti (Univisual)afferma che “la crisi economica ha avutoeffetti migliorativi sul settore. È stata unasorta di assestamento, si era su parametrinon più sostenibili. La crisi ha obbligato leaziende a fermarsi un attimo, a ragionaree valutare meglio le loro azioni. Tutto ciòle ha portate a rivedere la propria identi-tà, per comprendere come rendere più per-formante la comunicazione, anche sce-gliendo un canale piuttosto che un altrosu cui investire”.Inoltre, come ricordato da Zavatta (Vit-torio Mancini & Associati), “nella condi-zione generalizzata di ‘austerity’ dovuta al-la crisi, le aziende hanno dovuto farsi ve-

nire nuove idee per veicolare il proprio mes-saggio utilizzando anche canali nuovi. Sipuò dire che la crisi ha sicuramente colpi-to, ma ha anche stimolato nuovi modi difare brand identity”.In particolare, afferma Paolo Rossetti, di-rettore creativo e designer Rossetti De-sign, “in questa fase di contrazione deiconsumi e di revisione dei comportamen-ti, la brand identity sostiene il brand, per-ché valorizzare tutte le forme delle mani-festazioni della marca si traduce nel rico-noscimento dei suoi valori e della sua pro-messa”.A investire nelle operazioni di branding so-no in particolare quelle aziende che, comericorda Marazza, (Landor Milano), “hanno

capito che è in questi momenti che ci sideve preparare al futuro e costruire un van-taggio competitivo difendibile”. Semmaiil problema è che, continua Marazza, “mol-te aziende stanno procedendo con moltacautela nella effettiva implementazionedei progetti, che spesso comporta costimolto elevati, soprattutto quando si pre-vede una forte presenza retail”. nc

Il rilancio di Alemagna è stato firmato da Carmi e Ubertis, che ha curato la nuova

strategia di marca attualizzando l’immagine dei prodotti, ma mantenendo

il legame con la tradizione

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Nata nel 1974, quando il termine ‘brand’era ancora un sinonimo di ‘logo’, Interbrandha contribuito in modo decisivo allo svi-luppo della moderna concezione di brandcome asset ed è oggi una delle principalisocietà di brand consultancy a livello inter-nazionale, con oltre 1.200 professionisti inquasi quaranta uffici in tutto il mondo. Fe-dele alla propria mission ‘creating and ma-naging brand value’, Interbrand combina ilrigore della consulenza strategica e del-l’analisi con lo spirito creativo del brandinge del design. In Italia come all’estero, Inter-brand ha messo la propria expertise al ser-vizio di clienti assai diversificati, con pro-getti che vanno dal design alla costruzio-ne di modelli econometrici, dal posiziona-mento al naming, dal retail design alla va-lutazione economica del brand.

Ed è proprio la convinzione che i brand sia-no un asset di rilievo per le aziende, che haspinto Interbrand a realizzare, annualmen-te, da 11 anni, lo studio Best Global Brands,che presenta i 100 brand globali a maggio-re valore economico, con l’obiettivo di il-lustrare come il branding abbia un impat-to diretto sul valore creato per gli azioni-sti. Ne parliamo con Manfredi Ricca, ma-naging director, e Sergio Infuso ed Ema-nuela Ferrandi, entrambi senior designer Interbrand.

Quali sono i principali risultati della clas-sifica Best Global Brands 2010, presenta-ta a settembre da Interbrand? (Ricca) L’ultima edizione della classificamette l’accento sui rischi e opportunità deibrand nell’era digitale, enfatizzando quelliche sono i tre valori della nostra epoca:‘sempre’, ‘immediatamente’ e ‘ovunque’.Un’epoca in cui non è possibile nasconde-re alcunché ai consumatori, e in cui è be-ne essere sostenuti da un’organizzazionein grado di reagire in modo istantaneo, ein cui si ha l’opportunità di costruire rela-zioni profonde con i consumatori attraver-

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Manfredi Ricca,managing director Interbrand

IL DIGITALE INSEGUE COCA-COLAPRESENTATA ANNUALMENTE DA INTERBRAND, SOCIETÀ INTERNAZIONALE

DI BRAND CONSULTANCY, LA CLASSIFICA GLOBALE 2010 DEI 100 BRAND

A MAGGIORE VALORE ECONOMICO CONFERMA IL PRIMATO DI COCA-COLA

CON OLTRE 70 MILIARDI DI DOLLARI. A SEGUIRE IBM (64,7 MLD) E MICROSOFT

(60,8 MLD). FORTE LA CRESCITA DEI BRAND DEL SETTORE TECNOLOGIA,

CON GOOGLE CHE BALZA AL QUARTO POSTO GRAZIE AL +36% SUL 2009.

BENE ANCHE APPLE (+37%) E BLACKBERRY (+32%).

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so i media sociali. Se il podio della classifi-ca si riconferma solido - con Coca-Cola sta-bilmente in prima posizione con oltre 70miliardi di dollari, Ibm seconda con un va-lore del brand pari a 64,7 miliardi, e Micro-soft terzo con 60,8 miliardi -, a variare so-stanzialmente sono le posizioni all’internodella top ten, con la forte crescita di Goo-gle (+36%) e Intel (+4%), il crollo di No-kia (-15%) e l’ingresso di HP.

Qual è il segreto del successo di un brandcome Coca Cola, che continua a confer-mare, anno dopo anno, il primo posto inclassifica? (Ricca) Coca-Cola detiene la prima posi-zione fin dalla prima edizione della classi-fica e deve questa performance non solo

alle sue dimensioni e alla sua presenza glo-bale, ma anche alla capacità di rinnovarsicontinuamente sia da un punto di vista diprodotto sia per quanto riguarda le strate-gie di comunicazione. Come, per esempio,le attività pensate e realizzate per gli 11milioni di fan su Facebook e l’iniziativa He-althy Active Living. In un decennio, il brandè passato da un valore pari a 68,9 miliardidi dollari a 70,4 miliardi; ciò dimostra la ca-pacità del gruppo di Atlanta di gestire concoerenza ed efficacia il proprio asset a piùalto valore economico.

Le migliori performance rispetto al 2009sono state compiute da brand del setto-re tecnologia come Google,Apple e Black-Berry. Quali sono le ragioni di questi risul-tati?(Ricca) Le prime dieci posizioni si confer-mano ‘all’insegna della tecnologia’ e, in par-

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Sergio Infuso e Emanuela Ferrandi, senior designer Interbrand

La classifica Best Global Brands 2010 è stabilmente guidata da Coca-Cola (70,4 miliardi di dollari), Ibm e Microsoft,che si posizionano sui tre gradini più alti del podio, come nel 2009

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ticolare, cinque dei primi dieci brand in clas-sifica appartengono al mondo dell’infor-mation technology, così come i tre brandcon i maggiori incrementi di valore econo-mico. Tutto ciò è una chiara testimonian-za di come i nuovi modi di lavorare, infor-marsi, comunicare e divertirsi giochino unruolo ormai centrale nelle nostre vite. I por-tavoce di questo fenomeno sono sicura-mente Google (43,5 miliardi di dollari,+36%), che balza in quarta posizione sa-lendo di tre gradini rispetto all’anno scor-so,Apple (n. 17, 21,1 miliardi, +37%) e Sam-sung (19,4 miliardi, +11%).Google è uno dei ‘fenomeni’ della classi-fica: il suo ingresso nella top 100 risale al2005 con un valore di 8,4 miliardi di dol-lari, e oggi è a un passo dal podio, avendopiù che quintuplicato il valore del propriobrand. Ciò è stato possible anche graziealla sua ubiquità sul fronte servizi e pro-dotti, che vanno da internet alla telefoniamobile.Il valore brand della ‘mela’ ha raggiunto ilsuccesso grazie a una strategia di assolutacoerenza tra comunicazione, prodotto e ca-nali, che le ha permesso di far fronte an-che ai problemi tecnici dell’iPhone.Il brand Blackberry ha debuttato in classi-fica nel 2008 in 73esima posizione, con unvalore di 4,8 miliardi di dollari e oggi, nel-l’edizione 2010, registra un valore di 6,7miliardi di dollari e una crescita del 32% ri-spetto all’anno scorso.

Qual è l’andamento dei singoli settori equanto pesano gli effetti della crisi eco-nomica?(Ricca) Lo studio di quest’anno testimo-nia il ritorno dalle sabbie mobili della re-cessione globale. La classifica è infatti unfedele fotografia del ritrarsi dell’ondata dicrisi nei servizi finanziari. Non a caso, ilbrand Allianz (n. 67, 4,9 miliardi) ha un al-to tasso di crescita (+28%), risultato diuna strategia basata sulla riduzione dellacomplessità, la concentrazione sulla custo-mer experience, l’attenzione agli aspettidella sostenibilità, nonché l’utilizzo effica-ce dei social media.Buone anche le prestazioni degli altri brand

finanziari: JP Morgan sale del 29% (n. 29,12,3 mld), mentre rimane sostanzialmen-te stabile Goldman Sachs (n. 37, 9,3 mld).Ma sono soprattutto le nuove entranti aconfermare la ripresa: Santander (n. 68, 4,8mld), Barclays (n. 74, 4,2 mld), Credit Suis-se (n. 80, 4 mld) e Zurich (n. 94, 3,5 miliar-di di dollari), che mostrano come le crisipresentino sempre delle opportunità peremergere.Di grande interesse sono, inoltre, i movi-menti nel settore automobilistico. La clas-sifica ha rivelato, infatti, come il valore eco-nomico di questi brand sia più elastico ri-spetto al passato, anche per effetto dellarapidità e basso costo di circolazione delleinformazioni. Un lancio di successo o un ri-chiamo di veicoli possono avere un impat-

to decisivo, a testimonianza dell’alta com-petitività di questo settore.Toyota (n. 11, 26,1 miliardi), per esempio,ha visto il valore del proprio brand consi-derevolmente ridimensionato (-16%) prin-cipalmente a causa del richiamo dei pro-dotti del gennaio 2010. Positive invece leprestazioni degli altri brand automotivepresenti in classifica: Ford, Mercedes, Bmw,Audi, Porsche e Ferrari, brand automobili-

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All’interno della top ten si registra la crescita di Google (+36% con 43,5

miliardi di dollari) e Intel (+4%), il crollo di Nokia (-15%) e l’ingresso di HP

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stico di nascita ma di lusso per vocazione.È interessante anche l’analisi che la clas-sifica suggerisce sui brand del lusso: l’an-damento del valore dei brand di questocomparto dimostra che l’impatto della cri-si è stato relativamente contenuto. I branddi lusso, infatti, sono stati capaci di fide-lizzare i propri clienti nel tempo, di costrui-re e mantenere valore nell’arco degli an-ni.

Le migliori performance sono state segna-te nei ‘prodotti dna’, ad esempio la pellet-teria per Louis Vuitton (n. 16, 21,9 mld) edHermès (n. 69, 4,8 mld). Bene anche Car-tier (n. 77, +2%),Tiffany & Co (n. 76, +3%)e Burberry (n. 100, stabile).Le griffe presenti nella nostra top 100 so-no per lo più accomunate dal fatto di ave-re saputo gestire con estrema oculatezza ilproprio brand, anche a scapito dei risulta-ti immediati. Da segnalare, infine, le buo-ne performance di H&M (n. 21, 16,1 mi-liardi, +5%), Ikea (n. 28, 12,5 mld, +4%) eZara (n. 48, 7,5 mld, +10%).Questi brand mostrano come il low coststia avvertendo un fisiologico rallentamen-to rispetto al boom degli ultimi anni, masia ormai parte integrante e stabile di sti-

li di vita eterogenei e indipendenti dal-l’estrazione sociale o dalla situazione ma-croeconomica.

In questo contesto, la presenza dei branditaliani è confinata al settore lusso, conGucci, Ferrari e Armani...(Ricca) Il confinamento dei nostri brandal settore del lusso rappresenta una foto-grafia fedele del nostro paese, caratteriz-zato da una forte capacità creativa e stili-stica, ma meno capace di affermare a li-vello globale tecnologia e innovazione. Lacompagine italiana conta Gucci, Ferrari eArmani, brand di indiscusso ‘allure’ globa-le. Gucci (n. 44, 8,3 miliardi, +2%) ha for-temente investito nel sofisticato revival dialcuni elementi storici nei prodotti, nel ca-nale di proprietà e nelle opportunità digi-tali. Ferrari (n. 91, 3,5 mld, +1%) trae pro-fitto anche dall'apertura ai paesi emergen-ti (si pensi al Ferrari World ad Abu Dhabi)e da una domanda poco sensibile alla con-giuntura.Armani (n. 95, 3,4 mld, +4%), con un’of-ferta molto articolata, combina le oppor-tunità di una clientela più ampia con i ri-schi di una diluizione del brand.

Quali sono i criteri e i parametri di brandvaluation utilizzati per stilare la classifica?(Ricca) Utilizzata per oltre vent’anni in mi-gliaia di valutazioni in tutto il mondo, lametodologia di brand valuation di Inter-brand deriva dal modo in cui vengono nor-malmente valutati asset e aziende. Coe-rente con la teoria e la prassi della finan-za aziendale, il metodo è considerato co-me lo standard nella valutazione dei brand.Non a caso, è di recente stata certificataIso 10668. Il valore del brand, espresso intermini monetari, è dato dal valore attua-le netto dei flussi economici attesi attri-buibili esclusivamente al brand, scontatiper un tasso in grado di rifletterne il pro-filo di rischio.Le valutazioni che appaiono in questa clas-sifica si basano su dati pubblicamente di-sponibili e fanno riferimento alle condizio-ni di utilizzo attuali dei brand da parte de-gli attuali proprietari.

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Le migliori performance rispetto all’annoprecedente sono state compiute da branddel settore tecnologia come Google(+36%), Apple (+37%) e BlackBerry (+32%)

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Quali sono, secondo lei, i passaggi fonda-mentali da seguire per gestire corretta-mente le operazioni di brand identity? (Infuso) I grandi brand riescono a cattura-re l’essenza di come si muove e muoveràil mondo da oggi a domani, ad anticipare inostri bisogni e trasformare i desideri. Lavisione di Interbrand è che i brand hannola possibilità di cambiare il mondo. Per crea-re brand con questo potere, dobbiamo isti-gare la nostra curiosità per capire i cam-biamenti e comprendere perché ne abbia-mo bisogno, stimolare un dialogo apertoche generi una cultura della partecipazio-ne, creare modi di esprimersi liberi e vivi incostante evoluzione per stare al passo conle nostre speranze e sogni. Solo allora po-tremo costruire brand davvero importan-

ti, in grado di creare domanda e desiderio,brand vivi, evoluti e coinvolgenti.Spesso si confonde il concetto di brandidentity con quello di logo, e questo è nor-malmente il segreto dell’insuccesso. In re-altà, un programma di brand identity nonha un inizio e una fine, ma dovrebbe esse-re un ciclo continuo, caratterizzato da al-cuni aspetti principali. Uno, definire un cam-biamento che crei realmente domanda, cre-ando e anticipando ciò che il pubblico e imercati vogliono, desiderano e si aspetta-no, piuttosto che un cambiamento stilisti-co e di facciata. Due, lavorare con coinvol-gimento, partecipazione e dialogo, piutto-sto che chiudersi in un monologo arido chenon guarda alle vere necessità del cliente.Tre, fare in modo che il brand si esprima in

maniera viva, dinamica, aperta e libera.Creare un patrimonio specifico e flessibile,utilizzando anche stili visivi diversi, ma chepartano sempre dalla stessa storia e signi-ficato, piuttosto che fossilizzarsi in una rap-presentazione unidimensionale. Quattro,sviluppare un’espressione in continua evo-luzione, in grado di mantenere rilevanza peril pubblico e non rimanere immobile neltempo.

In che modo, secondo lei, le nuove oppor-tunità digitali influenzano la brand iden-tity?(Infuso) Il mondo digitale fa evolvere piùrapidamente i bisogni e desideri, avvalo-rando più che mai la necessità di essereflessibili, rapidi, curiosi, oltreché coraggio-si e orgogliosi delle proprie scelte.

Ritiene che gli aspetti etici e il tema dellasostenibilità siano entrati nel perimetrodella struttura identitaria dei brand?(Ferrandi) Sicuramente l’aspetto della so-stenibilità è ormai parte integrante dellaprogettazione e dello sviluppo dell’identi-tà, sia dal punto di vista strategico, sia dalpunto di vista dei vari touchpoint sui qua-li la brand identity si riflette. I consumato-ri oggi hanno più sensibilità e attenzionerispetto ai temi dello sviluppo sostenibile.Questo li porta a scegliere prodotti e ser-vizi selezionati non soltanto per le loro ca-ratteristiche estetiche e funzionali, ma an-che per valori legati alla sostenibilità, co-me il risparmio energetico, il riciclo dellematerie, le minori emissioni di CO2, le at-tività sociali, e così via. La sostenibilità èormai, in molte categorie, un driver di do-manda. nc

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La compagine italiana conta Gucci in44esima posizione con 8,3 miliardi didollari, Ferrari (n. 91) e Armani (n. 95), tuttibrand relativi al settore lusso, in incrementorispettivamente del 2%, 1% e 4% rispettoal 2009

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Presente con 78 uffici in 51 paesi, Mil-lward Brown si occupa di marche da più di35 anni ed è un’agenzia di ricerca specializ-zata nei settori della pubblicità, del marke-ting, dell’analisi sui media e della brand equi-ty. Oggi, l’agenzia opera in tutte le tipolo-gie di mercato e si propone come consu-lente nella gestione di ogni aspetto che ri-guardi la marca e le sue dinamiche. La vi-sion dalla quale Millward Brown parte peroffrire servizi di consulenza su tematicheche ruotano intorno all'equity di marca ealla comunicazione è riassumibile nella for-mula ‘The Research power behind greatBrands’, in linea con l'obiettivo perseguitodi massimizzare il Roi di marketing delle so-cietà clienti. Ogni anno Millward Brown rea-lizza lo studio BrandZ che misura l’equitydi migliaia di marche a livello globale e rac-coglie il feedback di più di un milione di con-sumatori nel mondo.

Ne parliamo con Luca Belloni, amministra-tore delegato Millward Brown.

In cosa consiste la classifica ‘BrandZ top100’? Ci descrive i tratti essenziali di que-sto strumento? Si tratta dell’unica classifica di brand cheunisce dati di performance finanziaria condati di percezione dei consumatori trattidalla studio BrandZ del gruppo Wpp. In par-ticolare, il punto di vista dei consumatorisulle marche rappresenta un input essen-ziale per determinarne il valore, in quantole marche, di fatto, sono una combinazio-ne di perfomance finanziaria, qualità delprodotto, chiarezza di posizionamento e ca-pacità di leadership. Pubblicata annualmen-te ad aprile in collaborazione con il ‘Finan-cial Times’, ‘BrandZ Top 100’ rappresenta ilpiù ampio studio sulla brand equity a livel-lo mondiale. La sua rilevanza si basa sullacredibilità delle sue tre fonti principali: i da-ti finanziari forniti da Bloomberg, gli indi-catori di mercato raccolti da Datamonitore le valutazioni espresse da più di un milio-ne di consumatori su oltre 50.000 marchemonitorate da BrandZ.

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Luca Belloni,amministratore delegato Millward Brown

TECNOLOGIA, TRIONFO WORLDWIDEUNISCE I DATI FINANZIARI CON LE PERCEZIONI DEI CONSUMATORI.

STIAMO PARLANDO DELLO STUDIO BRANDZ CHE, CONDOTTO OGNI ANNO

DA MILLWARD BROWN, MISURA L’EQUITY DI MIGLIAIA DI MARCHE A LIVELLO

GLOBALE E RACCOGLIE IL FEEDBACK DI PIÙ DI UN MILIONE DI CONSUMATORI

NEL MONDO. DALL’INDAGINE 2010 EMERGE LA FORZA DEI BRAND

TECNOLOGICI, CON GOOGLE CHE GUIDA LA CLASSIFICA, SEGUITO DA IBM,

APPLE E MICROSOFT.

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Quali sono le variabili prese in considera-zione per stilare la classifica? Il valore delle marche è determinato dallacombinazione di tre variabili. La prima, ‘In-tangible Earning’, rappresenta i dati finan-ziari aziendali riconducibili a ciascuna mar-ca e in ciascun paese, estratti da reportaziendali e da analisi finanziarie di sogget-ti terzi, come stime di revenue, quote dimercato, ecc. (fonti Bloomberg e Datamo-nitor, ndr). La seconda, ‘Brand Contribution’,ha a che vedere con la parte del valore in-tangibile riconducibile alla marca. Diretta-

mente derivata dalla BrandDynamics Loyal-ty Pyramid e dalla segmentazione della ca-tegoria resa disponibile dallo studio BrandZ(fonte BrandZ, ndr). La terza, ‘Brand Multi-ple’, è la misura del potenziale della marca.Calcolo basato sull’analisi del mercato, sulpotenziale di crescita di ciascuna marca e ilVoltage, indice reso disponibile dal model-lo di Brand Dynamics (fonti BrandZ e Blo-omberg, ndr).

Quali sono i principali risultati emersi dal-l’ultima edizione dell’indagine?La classifica BrandZ Top 100 del 2010 evi-denzia alcuni fenomeni. Innanzitutto,‘la tec-nologia al centro’, nel senso che i brand tec-nologici costituiscono una presenza costan-te nella vita di tutti i giorni. Una tendenza

che trova immediato riscontro nella topthree della classifica con Google in testa,seguito da Ibm, Apple e Microsoft.Poi ‘l’importanza dei social media’ con Fa-cebook, il popolare sito di social networ-king, che è entrato nella classifica del set-tore hi-tech per la prima volta. Un esordioche non stupisce, data la grande diffusionedei social network e il peso che questi me-dia hanno avuto nel determinare il succes-so di altri marchi. La terza tendenza è ‘l’asce-sa dei Bric’, dato che per il primo anno tut-ti i paesi che formano l’acronimo (Brasile,Russia, India, Cina, ndr) sono rappresentatiall’interno della classifica da almenoun’azienda, grazie all’ingresso, al 45esimoposto, del marchio indiano Icici. Oltre a newentry anche per brand di Cina, Brasile e Rus-

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La classifica ‘BrandZ top 100’ 2010 è guidata da marche tecnologiche,a cominciare da Google, seguito da Ibm,Apple e, al quarto posto, Microsoft

Fonte: BrandZ top 100 2010, Millward Brown

Top 100 Most Valuable Global Brands 2010

* The Brand Value of Coca-Cola includes Lites, Diets and Zero** The Brand Value of Nintendo includes Wii and Nintendo DS*** The Brand Value of Budweiser includes Bud Light**** The Brand Value of Pepsi includes Lites, Diets and Zero***** The Brand Value of Red Bull includes sugar-free and Cola****** The Brand Value of Starbucks includes stores as well as coffee sold at the supermarket******* Brand Value includes Playstation 2 and 3, as well as PSPSource: Millward Brown Optimor (including data from BrandZ, Datamonitor and Bloomberg)

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sia. Il quarto trend è riassumibile nella fra-se ‘i brand più forti recuperano meglio’, da-to che la classifica ha evidenziato come ibusiness supportati da marche a elevato va-lore siano in grado di far fronte meglio e piùvelocemente alle congiunture economichenegative. Nel corso degli ultimi cinque an-ni, nonostante la crisi economica globale, ilvalore complessivo delle principali 100 mar-che in classifica è cresciuto complessiva-mente del 40%.

Qual è il rapporto tra la brand identity,brand image e brand equity dei marchi e illoro posizionamento in classifica?La peculiarità della classifica di MillwardBrown è proprio quella di misurare il valo-re economico dei brand valutando il diver-so contributo portato dagli asset finanzia-ri e dall’immagine/reputazione. Più nellospecifico, brand identity, brand image ebrand equity vengono misurate attraversoun indicatore di sintesi definito ‘brand con-tribution’. Nell’ultima classifica i marchi chebeneficiano maggiormente della brand con-tribution sono Moët & Chandon, Baidu eWrigley’s. In generale, non a caso, i marchidel lusso sono quelli per i quali la brand con-tribution determina una quota più signifi-cativa del valore complessivo della marca.È risaputo, infatti, che marche come Moët& Chandon, Louis Vuitton o Hermès, fon-

dano il proprio successo economico propriosul valore percepito molto elevato che i con-sumatori riconoscono loro.

Quali sono gli elementi fondamentali diuna corretta operazione di costruzione omodifica della brand identity? È un tema ampio e articolato. MillwardBrown da sempre cerca di affrontare que-sto argomento con un approccio ad hoc dadefinirsi caso per caso in relazione alle esi-genze specifiche del cliente, mantenendotuttavia una visione olistica che consentadi non sottovalutare nessuno degli aspettiche possono portare al successo di marca.In estrema sintesi, potremmo citare quat-tro key driver: projected leadership, greatbrand experience, strong business basics,clarity of association. Dei quattro, la ‘chia-rezza’ rappresenta certamente un elemen-to chiave intorno al quale impostare unacorretta operazione di brand identity. Co-municazione, packaging, interazione nel pun-to vendita devono tenerne conto e cercaredi lavorare in modo sinergico.

Ritiene che gli aspetti etici e il tema dellaresponsabilità sociale siano entrati nel pe-rimetro della struttura identitaria dellemarche?Molte marche hanno cominciato a guarda-re i temi ambientali non solo come un vin-

colo o responsabilità, ma anche come un’op-portunità per migliorare la propria reputa-zione nei confronti dei consumatori. Nel-l’ambito specifico della brand identity e inparticolare del packaging, molti importan-ti player stanno cercando soluzioni per mi-nimizzare l’impatto che il materiale di con-fezione genera su larga scala sull’ambiente.

Quali sono le strategie da seguire per farspiccare l’identità della marca all’internodei punti vendita?Millward Brown non ha una specializzazio-ne nella gestione delle strategie all’internodei punti vendita. A nostro parere, il puntovendita è uno dei tanti punti di contatto tramarca e consumatore. Importante ma non,appunto, unico. L’identità della marca deveessere costruita e modellata anche al di fuo-ri del punto vendita, con una strategia dicomunicazione che comprenda tutti gliaspetti e tutti i canali di contatto, e lo fac-cia in modo coerente.

In che modo,secondo lei,le nuove opportu-nità digitali influenzano la brand identity?I nuovi touch point, che in particolare la re-te sta aiutando a sviluppare e a renderesempre più numerosi, offrono importantiopportunità per le marche e per la loro ca-pacità di consolidare la relazione con i con-sumatori. Quindi, il primo aspetto è l’incre-mento delle opportunità di contatto. Un se-condo aspetto, sempre legato all’evoluzio-ne digitale, riguarda il tipo di relazioni chele marche possono ambire a instaurare: sem-pre meno impersonale e unidirezionale, esempre più individuale, impostato ad hoc ebidirezinale, cioè non solo da marca a con-sumatore, ma anche in senso opposto. In-terazione ed empowerment sono certamen-te due temi su cui lavorare. I social network,per esempio, offrono alla marca l’oppor-tunità di entrare in contatto con i consu-matori ponendosi sullo stesso piano dialet-tico, riducendo in questo modo lo spazioche divide dal mondo dei consumatori, omeglio dal mondo di ciascun consumato-re, che, per contro, risultano sempre menofacilmente classificabili all’interno delle ca-tegorie tradizionali del marketing. nc

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I 4 key driver Millward Brown per il successo della marca

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360° BRANDING

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Diversità, Rilevanza, Stima e Familiarità.Sono queste le quattro dimensioni da pren-dere in considerazione per valutare lo sta-to di salute di una marca, comprenderne leevoluzioni, le possibilità di crescita e i ri-schi di declino. A dircelo è il Brand AssetValuator (Bav), valido strumento strategi-co messo a punto dall’agenzia Young & Ru-bicam Brands, che da oltre 14 anni foto-grafa il panorama delle marche a livello in-ternazionale.In sintesi, la teoria Bav sottolinea l’impor-tanza di due asset di marca, la Forza e laStatura, a loro volta riconducibili alla com-binazione delle quattro percezioni dei con-sumatori prima citate: Diversità, Rilevanza,Stima e Familiarità. In particolare, la Forzaè considerata come risultante delle carat-teristiche distintive della marca (Diversità)

e di quanto queste siano importanti per ilconsumatore (Rilevanza). Mentre la Statu-ra deriva dalla somma della considerazio-ne in cui è tenuta la marca (Stima) e diquanto essa sia ritenuta parte integrante

dell’ambiente del consumatore (Familiari-tà). Inoltre, nella prospettiva Bav, ogni mar-ca segue un ciclo di vita come un vero eproprio essere vivente, dal momento dellanascita a quello della eventuale scompar-sa dall'orizzonte percettivo, dando così ori-gine a una sorta di ‘genetica’ della marca,con diverse età, fisiologie e potenziali pa-tologie.Giunta alla settima edizione, la ricerca èsupportata da rilevazioni periodiche effet-tuate in 49 paesi con una metodologia co-mune e confrontabile.A oggi sono state in-tervistate oltre 800.000 persone in riferi-mento a 38.000 marche, per 120 catego-rie merceologiche, considerate come ununico universo, uno stesso ‘brandscape’ checirconda l’individuo e dove ogni marca com-pete, anche al di fuori della propria arenamerceologica.Per quanto riguarda l’Italia, in attesa dellaprossima indagine fissata per febbraio 2011,si fa riferimento all’ultima rilevazione (feb-braio 2009), quando furono intervistati2.600 adulti (18-74enni) in riferimento a1.429 marche. Ne parliamo con MarcoLombardi, presidente Y&R Italia.

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Marco Lombardi,presidente Y&R Italia

VALORI DI TASCA E DI NIDOVALIDO STRUMENTO DI CONOSCENZA DEL VALORE E DELLE POTENZIALITÀ

DELLE MARCHE, IL BRAND ASSET VALUATOR, MESSO A PUNTO DALL’AGENZIA

Y&R BRANDS, FOTOGRAFA UNO SCENARIO CARATTERIZZATO DAL CALO

DELLA BRAND LOYALTY, SOPRATTUTTO NEI PERIODI DI CRISI. MA ALCUNE

MARCHE ESCONO DAI MOMENTI DI DIFFICOLTÀ MEGLIO DI ALTRE. COME?

PUNTANDO SU VALORI DI ‘TASCA’ (RAPPORTO PREZZO-QUALITÀ) E DI ‘NIDO’

(MARCA COME LUOGO IN CUI RIFUGIARSI E TROVARE SICUREZZA).

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Quali sono i principali risultati dell’ulti-ma rilevazione Bav? Nel corso dell’ultima edizione abbiamo in-dagato, in particolare, la relazione esisten-te tra crisi economiche e brand loyalty. Inun contesto generale già caratterizzato dal-la progressiva diminuzione, negli ultimi 20anni, della brand loyalty, l’indagine ha mes-so in risalto che, nei periodi di crisi, essa siriduce con maggiore intensità. Ma il discor-so non vale per tutte le marche, alcune van-no decisamente meglio, e addirittura regi-strano un aumentato della ‘loyalty’.In particolare, abbiamo valutato che le mar-che che uscirono bene dalla crisi del 1993,che era di natura prevalentemente econo-mica, furono quelle che fecero leva su va-lori pragmatici, come per esempio il rap-porto prezzo-qualità.Mentre le marche che uscirono bene dal-la crisi del 2000/2001, che fu di natura pre-

valentemente finanziaria, con tanto di mes-sa in discussione delle istituzioni, furonoquelle che dettero peso soprattutto allequestioni relative alla fiducia.Per quanto riguarda la crisi attuale, scop-piata nel 2008/2009, il nostro pensiero èche, trattandosi di una crisi dotata di dop-pia natura, sia economica sia finanziaria, aessere avvantaggiate sono e saranno lemarche che sapranno far leva sia su valo-ri pragmatici sia su questioni relative allafiducia. Oggi c’è la necessità di un mix degli elementi che furono vincenti nel passato. Sono quelli che noi chiamiamo ‘pocket’ e ‘nest’ value, ossia valori di ‘ta-sca’, fondati su un buon rapporto prezzo-qualità, e di ‘nido’, che identificano la mar-ca come un valore in cui rifugiarsi e tro-vare sicurezza.È evidente che per raggiungere due levecosì diverse è necessario attivare un siste-

ma di comunicazione complesso, integra-to, che vada dall’online all’offline.

Partendo dalle differenze tra brand iden-tity, brand image e brand equity, quali so-no gli ambiti maggiormente presi in con-siderazione dal metodo Bav?La brand identity è un processo che riguar-da l’azienda e rimanda a ciò che una mar-ca è, alla sua carta d’identità reale. La brandimage ha a che vedere con le percezioniche i consumatori hanno della marca e del-la sua identità. E la brand equity è il valo-re che il consumatore annette a questopercepito, rimandando a un misto di at-teggiamenti e comportamenti, che riguar-dano anche la brand loyalty.Tenendo con-to di ciò, si può dire che il Bav intervienenelle dimensioni a cavallo tra la brand ima-ge e la brand equity. Nel senso che le no-stre rilevazioni misurano gli attivi di diver-

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La teoria del BAV®

Fonte: Young & Rubicam Brands, BavItalia 2009 -1.429 marche - Adulti

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sità, rilevanza, stima e familiarità che con-tribuiscono a definire l’immagine di mar-ca, ma che hanno anche un nesso moltoforte con la fedeltà di marca. Si tratta, dun-que, di un ambito propedeutico alla brandequity.

Quali sono i passaggi da seguire per ge-stire correttamente le operazioni di defi-nizione e modifica della brand identity? L’elemento strategico più importante è il

saper dire no quando si vuole modificarel’identità della marca oltre il legittimo. Di-re no all’indebita estensione dell’identità,che genera una ingiustificata mutazionedella marca. Dire no alla genericità, a chivuole un target troppo vasto, indifferen-ziato.Non si può promettere tutto e il contrariodi tutto. Occorre saper dire no a queste ba-nalizzazioni. Anche perché il consumatoreè sempre più intelligente.

Ritiene che gli aspetti etici e il tema dellaresponsabilità sociale siano entrati nel pe-rimetro della struttura identitaria dellemarche?Sì, è un aspetto oggi irrinunciabile. Ma èimportante che gli aspetti etici entrino nelprofondo dell’identità di marca, e non ri-mangano solo a un livello superficiale, disemplice posizionamento. Gli investimen-ti sugli aspetti etici e di responsabilità so-ciale sono cruciali per la strategia e lo svi-luppo della marca.Per esempio, se un’azienda produce pro-dotti alimentari, non può non occuparsi disalute e obesità. Il consumatore vuole po-tersi fidare. E poi ci vuole coerenza in tut-te le attività e iniziative che l’azienda rea-lizza, a cominciare da quelle di comunica-zione. Gli aspetti etici non possono esse-re contraddetti.

Quali sono le strategie da seguire per farspiccare l’identità di marca all’interno deipunti vendita?Il punto vendita è il luogo dove brand iden-tity, brand image e brand equity dovreb-bero incontrarsi, ma non tutti i punti ven-dita lo concedono. La grande distribuzio-ne, per esempio, non lo permette, perchéha la propria identità da mostrare e lasciapoco spazio alle altre marche. La grandedistribuzione non concede alla marca diesprimersi, non le permette praticamentenulla, tranne che l’apparire attraverso ilproprio packaging. Però l’esperienza del-l’incontro tra consumatore e marca puòtrovare altre modalità di espressione, miriferisco, per esempio, ai temporary shop,ai flagship store, agli show room. Punti ven-dita, questi sì, che riescono pienamente aessere luoghi di espressione dell’identitàdella marca.

In che modo le nuove opportunità digi-tali influenzano la brand identity?Il digitale incrementa le possibilità diespressione di una marca.La sua forza consiste nel portare il consu-matore in piazze virtuali, dove il brand puòmostrare gli elementi chiave della suaidentità. nc

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Fonte: Young & Rubicam Brands, Bav, rilevazione del 2009

NUTELLA E FERRARI AL TOP DELLE PREFERENZE DEGLI ITALIANI_La categoria prevalente nelle preferenze degli italiani è quella food. Elemento imprescindi-bile del nostro quotidiano, il cibo diventa fonte di piacere e di immediata soddisfazione so-prattutto quando, come nel caso di alcune delle top brand presenti in classifica, è destinatoa un consumo di stampo prettamente edonistico, capace di svolgere un ruolo compensato-rio rispetto all’instabilità sociale dominante. Come nel caso di Nutella (primo posto), sim-bolo di autenticità sia nell’origine ‘artigianale’ della ricetta (ingredienti e luogo d’origine) sianell’appagamento semplice che fa riferimento a un mondo di ‘innocenza domestica’. Infine,da segnalare che, in un contesto segnato dal generale declino delle marche di auto (che per-dono posizioni rispetto alla precedente rilevazione) si registra la buona performance di Ferrari(secondo posto), grazie al valore aggiunto fornito dal suo essere percepita come una leggen-da sportiva, un pezzo di orgoglio nazionale, ben al di là del semplice settore delle auto.

La classifica delle migliori marche secondo gli italiani

1 = Nutella2 é Ferrari3 é Ferrero Rocher4 ê Coca-Cola5 é Barilla6 ê Baci Perugina7 é Lindt8 é Mulino Bianco9 é Pocket Coffee10 é Kinder11 = Nokia12 é Cons. Prosciutto S. Daniele13 é Algida14 H Geox15 ê Mercedes16 ê Canale 517 é Viennetta18 H Scottex19 H Lindor20 H Kinder Cioccolato

21 é Ikea22 ê Cons. Parmigiano Reggiano23 H Italia 124 ê Mon Cheri25 ê Giorgio Armani26 é Nike27 = Rolex28 H Dash29 é Findus30 ê Disney31 é Parmacotto32 H Ray-Ban33 ê Porsche34 H Rai 335 ê Bmw36 H Fanta37 H Aspirina38 ê Cons. Grana Padano39 ê Sony40 ê Carte d'Or

2009 vs 2007

é In salitaê In discesaH New Entry

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Anche una nazione è, a tutti gli effetti, unbrand, perché il Paese è una destinazione dapromuovere, un luogo che, al pari delle mar-che commerciali, vive di immagine. E que-st’ultima è il risultato di molti fattori: dallagastronomia alle infrastrutture, dalla musicaal patrimonio delle tradizioni, dai siti di inte-resse artistico al business, che si identificanella presenza di marchi forti, conosciuti e ri-conosciuti nel mondo. Il tutto passa attra-verso i media, responsabili di trasmettere l’im-

magine di un Paese all’estero. Lo sa bene l’Ita-lia, che, secondo l’indagine Country Brand In-dex 2010 realizzata da FutureBrand (in par-tnership con Bbc World News), ha pagatomolto caro il battage sulla stampa estera re-lativo alle conflittualità e agli scandali delmondo politico. Ecco, allora, che il Bel Paese,nella classifica delle nazioni, scivola al dodi-cesimo posto, perdendo ben sei posizioni ri-spetto al 2009 e confermando il trend de-crescente in atto dal 2005 (anno in cui era

in testa); dopo essersi piazzata, cioè, terza nel2006 e quinta nel 2007. Lo studio di Future-Brand, che valuta 110 nazioni in base a 26parametri e sei criteri di valutazione, vede alprimo posto il Canada, che ha goduto del ri-flesso di notorietà generato dalle OlimpiadiInvernali 2010 di Vancouver, seguito da Au-stralia e Nuova Zelanda. Nonostante gli in-negabili sforzi compiuti per incentivare la de-stinazione Italia (non ultimo, la nuova stra-tegia di comunicazione di Enit-Agenzia Na-zionale del Turismo), il nostro Paese perde diattrattività; la sua immagine, insomma, risul-ta compromessa. Mantiene sì la leadershipin settori come arte, storia, cibo, spiagge, vi-ta notturna, ma non rientra neppure tra leprime 20 nazioni quando si parla di business.Certo la crisi non è stata provvidenziale inquesto senso, ma l’esempio di Paesi come ilCanada e l’Australia dimostra che una buo-na, valida ed efficace strategia di promozio-ne dell’immagine può essere davvero vincen-te, a prescindere dalle congiunture negative.Tra i Paesi coinvolti nella ricerca FutureBrand,gli Stati Uniti, al quarto posto, mantengonola leadership in parametri quali la ‘Conside-razione’, mentre la Francia, in settima posi-zione, nonostante la caduta di due ‘gradini’rispetto al 2009, resta ben salda nella gra-duatoria ‘Patrimonio e Cultura’, grazie allapresenza di marchi commerciali forti e di gran-de prestigio e riconoscibilità nel mondo, co-me Chanel o il Gruppo Lvmh. nc

ITALIA. BEL PAESE, CATTIVA IMMAGINEITALIA 12a NEL ‘COUNTRY BRAND INDEX 2010’ DI FUTUREBRAND. IL BEL PAESE

PERDE QUOTA E LA RESPONSABILITÀ È DELLA CONFLITTUALITÀ POLITICA

INTERNA, E DELLA RELATIVA RISONANZA MEDIATICA INTERNAZIONALE.

LA CUCINA, L’ARTE E LA STORIA, INSOMMA, NON BASTANO PIÙ. L’ITALIA HA

BISOGNO DI UNA STRATEGIA D’IMMAGINE, E DI BUSINESS, DAVVERO EFFICACE.

COUNTRY BRAND INDEX - FUTUREBRAND_2010 rank country brand 2009 rank change01 Canada 2 +102 Australia 4 +203 New Zeland 3 -04 United States 1 -305 Switzerland 11 +606 Japan 7 +107 France 5 -208 Finland 16 +809 United Kingdom 8 -110 Sweden 21 +1111 Germany 9 -212 Italy 6 -613 Norway 22 +914 Spain 10 -415 Singapore 13 -216 Maldives 19 +317 Ireland 12 -518 Bermuda 15 -319 Denmark 23 +420 Austria 28 +8

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Innovazione, cultura, sostenibilità, efficien-za e, soprattutto, partnership. Questi i va-lori chiave su cui Enrico Mattei ha fondatoEni, e che ancora oggi animano e indirizza-no il cammino dell’azienda. Un’azienda di-namica, capace di trasformarsi per stare alpasso con i tempi, anzi per anticiparli, sen-za mai tradire i caratteri fondamentali delproprio dna. In particolare, il nuovo corsoinaugurato di recente prevede l’abbandonodel marchio Agip e la riunificazione di tuttii brand commerciali sotto il nome Eni. Co-me spiegato da Lamberto Dolci, responsa-bile pubblicità e immagine Eni, “a differen-za di quanto accade per i più importanticompetitor, che hanno lo stesso marchiosia in borsa sia nelle stazioni di servizio, Enioperava con una gamma estesa di nomi e,in alcuni casi, anche con marchi diversi. L’esi-genza di affermare un’identità univoca era

ineludibile e avvertita a tutti i livelli. Per far-lo occorreva ripensare l’azienda comeun’unica realtà che, sebbene operasse insettori diversi, si esprimesse attraverso unsolo nome e un solo marchio”.

Quali sono le linee guida di questo cam-biamento strategico? Le decisioni in merito alla ridefinizione delmarchio e la base su cui costruire le strate-

gie di identità sono state: l’orgoglio dellapropria storia come piattaforma valida peril futuro, rappresentato dalla continuità delcane a sei zampe; l’adozione del nome Eni,perché più internazionale, più adatto a par-lare di tutte le energie, più proiettato nelfuturo; e il cambio grafico del marchio, perliberare il cane, renderlo più vicino ai con-sumatori e più amichevole.

Quali agenzie vi hanno accompagnato nelpercorso di ridefinizione identitaria? Co-me valuta il loro contributo?Nel progetto di rinnovo della brand identi-ty abbiamo lavorato a stretto contatto condue società di consulenza,Tbwa e Inarea diAntonio Romano. Con queste due impor-tanti realtà della comunicazione e dell’ad-vertising abbiamo collaborato fianco a fian-co per costruire una strategia innovativa dicomunicazione del brand.

Il cane a sei zampe ha sempre sottolinea-to le evoluzioni di Eni, ci descrive i cambia-menti del logo e il loro significato?La storia del logo inizia nel 1953, quando loscultore Luigi Broggini diede vita al cane a

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Lamberto Dolci,responsabile pubblicità e immagine Eni

IDENTITÀ DINAMICACON L’UNIFICAZIONE DI TUTTI I MARCHI COMMERCIALI SOTTO IL NOME ENI,

L’AZIENDA HA AVVIATO UN IMPORTANTE PERCORSO DI RIDEFINIZIONE DELLA

PROPRIA IDENTITÀ DI MARCA. IL MOTORE DEL CAMBIAMENTO È UNA

RIVISITAZIONE DEL FAMOSO LOGO CARATTERIZZATO DA UN CANE A SEI ZAMPE,

CHE LIBERATO DA QUALSIASI CONFINE SI AVVICINA AI CONSUMATORI

E ASSURGE A ICONA DELL’INTERA AZIENDA, PIETRA MILIARE DELLA SUA

RICONOSCIBILITÀ INTERNAZIONALE.

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sei zampe. Un’opera di cui lo scultore nonriconobbe immediatamente la paternità eper questo soggetta a tante interpretazio-ni, che finirono per alimentarne il mito. Ilcane ha sempre sottolineato i grandi cam-biamenti della storia di Eni. Nel 1992, conla trasformazione in società per azioni e laconseguente privatizzazione, fu il cambiodel marchio a segnare il cambiamento diassetto. Cane ed Eni furono legati in ma-niera indissolubile all’interno di un quadra-to giallo. Ogni società aveva il cane accom-pagnato da Eni nel proprio marchio. Poi, treanni fa, l’idea di percorrere una nuova viache ha portato alla fusione, in una sola iden-tità, del vissuto e dei valori di Agip e di Eni.‘Liberare’ il cane è stato un passo fonda-mentale. Fino a quel momento il cane erasolo un simbolo grafico, statico, immutabi-le, chiuso nel quadrato giallo. Adesso, inve-ce, è libero di muoversi, mentre la scritta‘eni’ tutta in minuscolo vuole esprimere vi-cinanza alle persone.

Una volta definita, la nuova identità dimarca occorre comunicarla. Quali mossestate facendo in questa direzione?

Scelto il marchio unico, era necessario tro-vare anche un linguaggio unico, un filo ros-so capace di tenere insieme comunicazio-ne istituzionale e di prodotto - luce, gas, car-buranti - attraverso forme di espressioneinnovative. Un linguaggio che può esseredefinito ‘2.0’, per indicare l’alto tasso di in-terattività con le varie categorie di interlo-cutori. Da qui il ruolo centrale affidato aeni.com come luogo di incontro e dialogocon gli stakeholder, e la scelta di affidare lenostre campagne pubblicitarie a giovani ta-lenti, che hanno interpretato in totale liber-tà il marchio Eni.

Un ruolo importante nel nuovo corso diEni è svolto da Enizyme, fucina creativa

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Sopra, il nuovo logo di Eni, con il cane a sei zampe ‘liberato’ verso l’alto e la scrittacon l’iniziale minuscuola, per esprimeremaggiore vicinanza ai consumatori.A destra, immagine dell’annuncio stampafirmato da Eduardo Recife

della comunicazione aziendale.Enizyme (www.enizyme.com, ndr) è il luogoideale dove far incontrare chi si interessa alnostro modo di fare comunicazione, e crea-re una vera e propria ‘community’. Per noi ilmondo del web è una parte costitutiva del-la comunicazione, sempre, qualsiasi cosa fac-ciamo. Enizyme ne è un esempio. Abbiamoaffidato la comunicazione a coloro che so-no giovani e bravi, perché crediamo che inessi vi sia una creatività e una potenzialitàche non c’è altrove. E, seguendo l’esempiodi Mattei, diamo loro una fiducia incondizio-nata. Il nostro è un marchio che si modificavenendo a contatto con pubblici diversi e, intal senso, il luogo migliore per creare questainterazione è proprio il web. nc

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Il fatto che il punto vendita non sia soloun luogo dove ci si limita a vendere pro-dotti o servizi è ormai una certezza. Macome sia possibile valorizzare l’esperienzad’acquisto fino a renderla davvero unicaattraverso un’adeguata gestione del brandè ancora una questione in fase di dibatti-to. Il punto vendita riveste un ruolo fon-damentale perché in esso l’identità delbrand incontra l’immagine e la rappresen-tazione che i consumatori hanno della mar-ca, e non è affatto scontato che questo in-contro si risolva in un lieto fine. Soprattut-to è essenziale concepire punti vendita chesiano coerenti all’identità di marca che èstata costruita, facendo in modo che nes-sun elemento dello spazio retail contrad-dica lo spirito del brand. Il punto venditaè il luogo dove il patrimonio valoriale del-

la marca può finalmente trovare espres-sione fisica, una sorta di casa abitata daiprodotti e servizi messi in vendita e a di-sposizione del consumatore.Come affermato da Ferrandi (Interbrand),“i punti vendita sono il punto di contattopiù importante attraverso cui la filosofiadel brand entra nel cuore, nelle menti e,

soprattutto, nelle abitudini dei consuma-tori. Questa è, infatti, la differenza sostan-ziale tra una semplice insegna e un ‘retailbrand’: se la prima è un nome e un logo alservizio di un punto vendita, il secondo èinvece un concept al servizio di un’idea”.Secondo Tiziana Beretta, designer MetaIdea, “il punto vendita è il luogo di appro-

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artworkR è partita dall'osservazioneapprofondita degli spazi e delle installazionipresenti per dare valore aggiunto ai portali

adidas nei punti vendita Cisalfa

MOLTO PIÙ DI LUOGHI DI VENDITALUOGO MATERIALE E SIMBOLICO DI INCONTRO TRA MARCA E CONSUMATORE,

IL PUNTO VENDITA RIVESTE UN RUOLO CHIAVE NELLE STRATEGIE DI

BRANDING MESSE A PUNTO DALLE IMPRESE. MA È IMPORTANTE CHE VENGA

CONCEPITO RISPETTANDO ALCUNI PRINCIPI FONDAMENTALI: DALLA COERENZA

RISPETTO ALL’IDENTITÀ DI MARCA ALLA CAPACITÀ DI RAPPRESENTARNE

E TRADURNE I VALORI, PASSANDO PER LA CHIAREZZA ED EFFICACIA

DEL MESSAGGIO TRASMESSO IN NEGOZIO.

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do dove deve emergere il ‘calore’ della mar-ca, ma anche l’attenzione al cliente, dan-do vita a una customer relationship evo-luta e quasi personalizzata sul target”.Fino a poco tempo fa, come evidenzia Io-vinella, chief growth officer FutureBrand,“si pensava che fosse sufficiente replicareall’infinito il logo all’interno di uno spaziocommerciale per ‘brandizzarlo’. Oggi an-che i clienti hanno capito che l’effetto ‘tim-bro’ non basta, ma bisogna declinare lamarca attraverso un uso attento di forme,materiali, luci, decori, segnaletica e di tut-ti quanti gli elementi a disposizione. È sta-to così, per esempio, per Spizzico Caffè, ilnuovo bar di recente inaugurato a Milanoin Stazione Centrale e curato da Future-Brand per Autogrill: ogni dettaglio è statostudiato per far parlare la marca e far sen-tire a proprio agio quanti desiderano bereun buon caffè o mangiare un panino, men-tre si spostano per lavoro o per svago”.

Inoltre, ricorda Valeria Raffa, vicepresiden-te e strategic & creative head Cabiria Bran-dUniverse, “per i designer poter far sboc-ciare la brand identity sul punto vendita èuna opportunità entusiasmante, perchérappresenta una sorta di estrusione delproprio lavoro.Considerato che sul punto vendita parevengano prese più del 70% delle decisio-ni di acquisto, si evince che l’identità dimarca gioca un ruolo fondamentale di attrazione.Si pensi solo al modello ‘shop in shop’, cheva per la maggiore nei department store,che consente di creare piccoli microcosmilegati a marche differenti che convivonosotto lo stesso tetto e che sono identifi-cabili grazie alla loro brand identity.In Italia non sono ancora molte le azien-de che lavorano con un approccio di ‘bran-ded environment’ nel retail, ovvero met-tendo in comunicazione esperti del brand

e architetti per una progettazione che siadavvero in linea con il brand positioning.Differente è, invece, l’approccio che si sta-bilisce nella Gdo (grande distribuzione or-ganizzata, ndr), dove lo shopper marketingha il compito di delimitare spazi di pausafra gli innumerevoli brand che urlano dal-lo scaffale, facendo leva appunto sui codi-ci di marca e sulla brand identity”.Sul tema interviene anche Stefano Gan-gli, direttore creativo SignDesign, il qualeevidenzia che “l’introduzione nei punti ven-dita di occasioni di coinvolgimento, ma-gari legate all’arte o a particolari installa-zioni scenografiche, fa sì che la brand iden-tity contribuisca oggi, come mai in passa-to, alla costruzione della reputazione diuna marca”.Complessivamente, si può dire che se lamarca e il consumatore interagiscono traloro attraverso una serie di esperienze, ilretail rappresenta uno dei canali attraver-so cui costruire questa esperienza. La qua-le, ovviamente, deve essere coerente contutte le altre e ispirata dalla medesimastrategia di marca.Troppo spesso tuttavia,come evidenziato da Antonio Marazza,amministratore delegato Landor Milano,“le aziende gestiscono questo tema in mo-do separato rispetto alla marca, anzichéfar discendere l’esperienza retail, che si tra-duce nella scelta di colori, materiali, layout,grafiche, sistemi di illuminazione, finiture,etc., direttamente dalla strategia di mar-ca”. E un punto vendita o una catena re-tail che non riuscisse a trasferire la perso-nalità e i messaggi della marca rappresen-ta un’occasione sfumata e un investimen-to sprecato. nc

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Per Sephora, Interbrand ha sviluppato un concept innovativo nel settore dellaprofumeria basato sull’organizzazionealfabetica sull’uso di codici cromaticicome linee guida per le diverse categorie di prodotto

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L’area di (inter)azione del brand siestende ben oltre la semplice transazioneeconomica tra azienda e cliente. La postain gioco è molto più alta e ha a che vede-re con la creazione, costruzione e mante-nimento di un rapporto di fiducia conl’utente, fondato sull’empatia e sulla tra-sparenza. Quando questo rapporto è in-staurato, e dunque il consumatore si fidadel brand, allora l’atto di acquisto dei pro-dotti e servizi di quella certa marca risul-terà essere una naturale conseguenza. Macome possono fare le imprese a costruirequesta relazione di fiducia con il consu-matore? La via maestra è sicuramente quella del-l’incorporare nel proprio dna aziendaleprincipi e comportamenti orientati all’eti-cità e alla responsabilità sociale. Tuttavia,come affermato da Grizzanti (Univisual),“essere etici non significa solo sponsoriz-zare un giardino pubblico, un evento a sfon-do umanitario o fare una donazione aun’associazione senza scopo di lucro.Per far sì che si crei fiducia e credibilità trale parti, è necessario che il brand si facciainterprete dei nuovi paradigmi della co-

munità, i quali non sono solo riferiti allasalvaguardia dell’ambiente, ai diritti dei la-voratori o alle attività di solidarietà socia-le, valori importanti ma prerequisiti oggifondamentali, bensì riguardano una richie-sta esplicita da parte delle persone: quel-la della trasparenza. Avere un comporta-mento etico, perciò responsabile, significaessere prima di tutto trasparenti”.Alle aziende viene richiesto di essere piùchiare nel modo di porsi, di avere il corag-gio di trasmettere un’identità netta e sen-za compromessi. “Anche perché - continuaGrizzanti -, per un brand nulla è più dan-noso del fatto di creare dubbi e perplessi-tà. Il consumatore, che è il cittadino del‘mondo delle marche’, è stanco di assiste-re a comportamenti distonici e opportu-nistici, non si fida più di istituzioni auto-referenziali, ha bisogno di punti di riferi-mento che siano in grado di persistere neltempo senza tradire il bisogno di fiducia,coerenza e promesse mantenute”.Ecco perché, conclude Grizzanti, “se unbrand vuole dimostrare una reale respon-sabilità sociale, il primo degli obiettivi daraggiungere è quello di aumentare il pro-

prio grado di trasparenza. E ciò vuol direanche ammettere i propri errori. Sbaglia-re è umano. E un po’ di umanità è tuttoquello che, in effetti, ognuno di noi vor-rebbe dai brand”. A sottolineare con forzal’importanza della responsabilità socialenella progettazione e sviluppo dell’identi-tà dei brand è anche Emanuela Ferrandi,senior designer Interbrand, la quale evi-denzia come i consumatori siano oggi por-tati a scegliere prodotti e servizi selezio-nati non soltanto per le loro caratteristi-che estetiche e funzionali, ma anche per ivalori legati alla sostenibilità, come il ri-sparmio energetico, il riciclo delle mate-rie, le minori emissioni di CO2, le attivitàsociali, e così via. “Si pensi - commentaFerrandi - ad alcuni fashion brand che spes-so lanciano collezioni disegnate ad hoc persostenere fondazioni benefiche o realizza-no capi e accessori con materiali riciclati,oppure alle compagnie aeree e di traspor-ti che prevedono nel costo del bigliettouna ‘pollution charge’ per le emissioni diCO2. Un ulteriore esempio è rappresenta-to da McDonald’s, per cui è stata costrui-ta una brand strategy a livello globale, che

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LA RESPONSABILITÀ SOCIALE CONVIENEATTUARE UNA STRATEGIA ORIENTATA ALLA CORPORATE SOCIAL

RESPONSIBILITY È UTILE. NON SI TRATTA DI UN COSTO, MA DI UN ASSET

DI SVILUPPO. AVERE UN’IDENTITÀ DI MARCA ETICA E TRASPARENTE FACILITA

L’INTERAZIONE CON I CONSUMATORI, PERCHÉ LE PERSONE COMPRANO

I PRODOTTI E I SERVIZI DI CHI ISPIRA LORO FIDUCIA. MA OCCORRE STARE

ATTENTI. LE OPERAZIONI DI FACCIATA SONO FACILMENTE SMASCHERABILI,

E DUNQUE CONTROPRODUCENTI.

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ha intrapreso negli ultimi anni un nettocambio di direzione rispetto al passato. Ilbrand è riuscito ad anticipare le esigenzedel consumatore e dei mercati, prenden-do una posizione forte rispetto ai temi del-la corretta nutrizione e dell’obesità infan-tile. Questa nuova ‘rotta’ si è tradotta, pri-ma di tutto, nell’integrazione nell’offertadi McDonald’s di cibi freschi e a minor con-tenuto di grassi e, inoltre, nella riprogetta-zione dei ristoranti, con un ripensamentodell’interazione e una comunicazione piùcontemporanea”.

La sostenibilità è greenQuando si parla di sostenibilità non si puònon entrare anche nel campo delle tema-tiche ambientali, che rivestono un ruolosempre più centrale nelle vite dei consu-matori e, di conseguenza, anche nelle scel-te delle imprese.Come ricorda Rovatti (Lumen), “i conti-nui cambiamenti che ci troviamo ad af-frontare a livello mondiale stanno trasfor-mando le modalità di sviluppare il busi-ness. La recente crisi ha rivelato un mer-

cato dai tratti imprevedibili, dove il con-sumatore non solo consuma, ma intera-gisce, giudica e crea.Sempre più spesso viviamo il forte dise-quilibrio tra la scarsità di risorse naturalie la crescita della popolazione, ed è pro-prio a seguito di questa nuova situazioneche l’adattabilità e la capacità di percepi-re i cambiamenti dell’ambiente sono di-ventati i valori fondamentali per mantene-re la competitività e la sostenibilità econo-mica delle aziende.Un brand forte deve essere in grado di in-teragire con l’ambiente in cui è presentee creare valore per tutte le persone coin-volte, non limitarsi a fare solo promesse,ma essere fonte di ispirazione per un cam-biamento comportamentale”.Tuttavia, come sostenuto da Abate (Mad),occorre tenere a mente che, soprattuttonell’ultimo periodo, il tema ‘green’ è en-trato particolarmente in voga, anche senon tutti i brand sono ancora riusciti adaffermarsi in questo universo in continuaevoluzione. “Qualcuno - afferma Abate -ha declinato la sua vocazione green attra-verso campagne di sostenibilità, altri han-no optato per l’utilizzo di un packaging ri-ciclabile, ma, qualunque sia il modo in cuiun brand scelga di procedere, è importan-te ricordare che, per i consumatori di og-gi, essere ‘green’ non è una moda, bensì uncambiamento nel comportamento e nel

modo di pensare a lungo termine”. Sullastessa linea anche Scardovi (Carré Noir),la quale sottolinea che “il boom della gre-en economy si nota già dalla enorme quan-tità di marchi ispirati alla natura che sonostati registrati in questi ultimi due anni. Bi-sogna però distinguere tra chi si limita a‘imitare’ i codici espressivi della ‘green com-munication’ e chi invece li utilizza per co-municare i propri valori profondi”. In me-rito, Marazza (Landor Milano), aggiunge:“In un contesto in cui la presenza di uno opiù ‘loghini verdi’ sembra essere diventa-ta un obbligo, il problema è quello di emer-gere differenziandosi, sempre che si abbiaqualcosa di speciale da dire. Dunque, nonfermarsi al semplice ‘loghino’, ma farne ilportabandiera di un vero cambiamento or-ganizzativo”.Infine, occorre sottolineare che, come ri-cordato sia da di Robilant (Besanopoli),sia da Iovinella (FutureBrand), per quan-to il tema dell’ecologia sia molto sentitodalle aziende, i costi restano ancora un pro-blema, al punto da disincentivare le im-prese a realizzare talune operazioni lega-te, appunto, al ‘green’.Ma questo è uno dei peggiori errori che sipossano commettere, perché la sostenibi-lità e l’approccio green sono uno dei prin-cipali driver per l’innovazione, lo sviluppoe l’espansione del potere economico e so-ciale della marca. nc

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Quando si parla di sostenibilità non si può non entrare anche nel campodelle tematiche ambientali, che rivestono un ruolo sempre più centrale

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Artefice Laboratorio Creativo nasce nel1996 e si trasforma in Artefice Group nel2009. Un gruppo indipendente, un nuovomodello organizzativo che definisce tre so-cietà specializzate e integrate nell’ambitodella comunicazione e del design in gradodi presentare soluzioni innovative, strate-giche, idonee alle differenti esigenze di co-municazione della marca in quanto realiz-zate attraverso un processo integrato diprogettazione, sviluppo creativo e produ-zione. “Artefice - racconta Francesco Ma-stro, presidente - ridefinisce i confini del-le strategie di comunicazione della marca,adattando i cambiamenti del mercato, delconsumatore e degli approcci dei clientiagli investimenti in attività below e acrossthe line.Osa05 è la creatività applicata ai nuovi me-dia e alle forme di comunicazione che sfrut-tano la tecnologia più avanzata, le soluzio-ni software e hardware per i nuovi canalidi comunicazione. artworkR, infine, è un in-terlocutore diretto capace di interpretarela creatività proposta e di gestire tutte quel-le attività legate alla stampa e/o alla pro-duzione di pack e materiale di visibilità”.

Quali sono gli elementi immancabili inuna corretta operazione di brand identi-ty? Quanto conta la creatività nel proces-so di acquisto?Fare brand identity è un percorso verso l'es-senza propria della marca con l'obiettivo diproiettarla in modo diretto ed esteso in tut-to il territorio di contatto con il mondo e itarget di riferimento. Coerenza con il vis-suto e transito evolutivo sono i cardini Vi-tali di una marca senza i quali ogni opera-zione di brand identity è destinata a falli-re. L'acquisto è un rito che si evolve in dif-

ferenti tipologie e la creatività intervienein queste ritualità attualizzando il rappor-to tra venditore e acquirente e nutrendo disempre nuove motivazioni la relazione traesigenze e attese, in una proiezione tem-porale sedativa e seducente.

Il confronto tra i diversi attori della comu-nicazione è cresciuto rispetto al passato? Direi proprio di no: se possibile, si è ulte-riormente ridotto. Oggi, marciano le inte-grazioni interne, lo sforzo di presidiare ilmaggior numero possibile dei nodi della

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INTEGRAZIONE E CREATIVITÀDAL 1996, ARTEFICE GROUP SI FA INTERPRETE DI UN PERCORSO PROFONDO

NELLA MARCA E NEL SUO ASSETTO VITALE, AFFIANCANDO LE AZIENDE

NELLA COSTANTE RICERCA DI UN EQUILIBRIO TRA LE PROPRIE RADICI

STORICHE E L'ESIGENZA D'INNOVAZIONE. GRAZIE ALLE SUE TRE SOCIETÀ

INTEGRATE È IN GRADO DI GESTIRE L'INTERO CICLO PROGETTUALE, DALLA

DEFINIZIONE DELLA STRATEGIA DI MARCA ALLO STUDIO DEL SUO SISTEMA

DI COMUNICAZIONE, FINO ALLA PRODUZIONE DI TUTTI I MATERIALI.

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filiera senza riferimenti al di fuori. Il che, inun mercato in fulmineo cambiamento, ap-poggiato su un rapporto sempre più com-plesso con il tempo e su una tecnologia inradicale espansione, rende più difficile lagestione della qualità dei servizi offerti.Artefice ha scelto da tempo di lavorare sul-la propria specializzazione distinguendosie integrandosi in tre società autonome econsolidate che ottimizzano i processi dilavoro con l'obiettivo di produrre un van-taggio qualitativo per il cliente.Inoltre, la scelta di questi ultimi mesi è sta-ta quella di generare un ulteriore integra-zione aprendo una sede in Brasile, a Curi-tiba, per governare la duplice necessità dispecializzazione interna e di apertura sulmondo.

Findus, Artsana e Cisalfa. Tre esempi del-la creatività Artefice. Ce ne parla?Artefice ha affiancato Findus per la crea-zione della nuova identità visiva di 4 Saltiin Padella. Il dinamismo del gusto e del pia-cere di mangiare ha trovato il suo nuovopercorso sul pack a partire dagli ingredien-ti di base offerti nella loro naturalità, alcentro di un ideale congiungimento con il

piatto finito, saldato dal logo di brand aper-to che sovrintende e garantisce la qualitàe la tradizione. Qualità, gusto e piacere dimangiare si sono incontrati in un unicumdi grande appeal che mantiene vivo il le-game con i valori tradizionali del brand eallo stesso tempo porta al centro del dia-logo il gusto in un tono familiare e rassi-curante. Osa05 ha invece firmato, per Ar-tsana, il sito e la realtà aumentata di Chic-co I-feel e Chicco I-sit. Il sito accoglie il vi-sitatore in un ambiente funzionale in gra-

do di rendere immediatamente fruibili tut-ti i contenuti informativi. Particolare curaè stata riservata all'area 'Realtà aumenta-ta': ponendo il marker (un quadratino, ndr)presente sul pieghevole e sulla paginastampa di fronte alla webcam di un com-puter, la sdraio e il seggiolone possono es-sere visualizzati da ogni angolazione pos-sibile sullo schermo, in un'immagine tridi-mensionale. artworkR, infine, ha dato gran-de valore aggiunto ai portali adidas neipunti vendita Cisalfa. Partendo dall'osser-vazione approfondita degli spazi e delle in-stallazioni presenti, è stato studiato peradidas lo sviluppo di nuove strutture mo-dulari, in grado di adattarsi alle diverse esi-genze e di ospitare l'intercambiabilità del-le grafiche nei differenti momenti dell'an-no. Il risultato è passato attraverso la rea-lizzazione di veri e propri portali destinatial football e al running in grado di adat-tarsi attraverso un focus centrale dedica-to di volta in volta al prodotto o alla co-municazione della stagione. nc

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Osa05 ha sviluppato per Artsana il sito e la realtà aumentata di

Chicco I-feel e Chicco I-sit

artworkR ha dato grande valore aggiunto ai portali adidas nei punti vendita Cisalfa

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Il team Besanopoli è costituito da un grup-po affiatato di professionisti che si dedicacon entusiasmo a progetti che hanno il fi-ne di aggiungere valore ai prodotti e alleaziende con cui collaborano.Efficacia, trasparenza, continuità, chiarezzaed eleganza sono le caratteristiche che de-finiscono i lavori dell’agenzia creativa. “Inquesti anni - afferma Valentina di Robilant,socio e responsabile produzione - l'offertadi servizi si è modificata, abbiamo impara-to a non accettare più certi lavori, a nonaver paura del confronto con colleghi dalnome importante, perché, in molti casi, sia-mo i più forti, i più motivati e i più onesti.Vogliamo fare quello che sappiamo fare,non per maleducazione o arroganza, ma perpoter aiutare i clienti”.

Quali plus e know-how mettete a disposi-zione dei clienti? Poniamo grande attenzione alla visione stra-

tegica della comunicazione, e abbiamoun’innata capacità estetica. Siamo ugualinel privato e sul lavoro, siamo spontanei.Questi due elementi ci hanno fatto lavora-re fin dall’inizio, con naturalezza, nella co-

municazione di prodotti ad alto valore ag-giunto in settori diversi come l’alimentare,il tessile, il design, la chimica, la logistica, lanautica. Ci aiuta la grande conoscenza delmondo editoriale. Non vediamo il settoredell'informazione come antagonista, ma co-me partner, con il quale collaborare e con-frontarci. Il nostro know-how? Forte cono-scenza e presenza nel mondo della vela gra-zie alla passione di Davide Besana, creati-vo, vignettista, comunicatore. Siamo pre-senti nel comparto dell'enogastronomia gra-zie a 12 anni di collaborazione con aziendecome S.Pellegrino, Nespresso,Aspi,Asi e tan-ti amici viticultori, e poi c'è la comunicazio-ne sostenibile. Due anni di studio e appro-fondimenti su materiali e attori nella gre-en communication, hanno portato alla col-laborazione con Celery Design.

Quali sono gli elementi immancabili in unacorretta operazione di brand identity?L’identificazione di un prodotto coinvolge isensi, primo fra tutti la vista, dopodiché sipassa a emozioni più profonde e personali,che riguardano la sfera psicologica e socia-le. La creatività consiste nel dar vita a nuo-

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Valentina di Robilant,socio e responsabile produzione Besanopoli

LA BOUTIQUE PER BRANDAGENZIA CREATIVA FONDATA NEL 1996 DA DAVIDE BESANA E VALENTINA

DI ROBILANT, BESANOPOLI È UNA BOUTIQUE PER BRAND DI ALTO VALORE

AGGIUNTO. GRANDE ATTENZIONE ALLA VISIONE STRATEGICA DELLA

COMUNICAZIONE E ALLA COLLABORAZIONE, UN’INNATA CAPACITÀ ESTETICA

E UNA SPICCATA VERSATILITÀ RAPPRESENTANO I SUOI PUNTI DI FORZA.

ECCO PERCHÉ TRA I PROPRI CLIENTI ANNOVERA AZIENDE DELL’ALIMENTARE,

TESSILE, DESIGN, CHIMICA, LOGISTICA E NAUTICA.

Page 37: NC Speciale Brand Idendity

ve associazioni di idee, immagini, concetti,suoni. Far vedere il vecchio con una nuovaprospettiva, ma nel campo della brand iden-tity deve essere condizionata da un granderigore e non portare su sentieri senza usci-ta. Chiarezza e coerenza sono fondamenta-li per un’operazione di brand identity, chedevono proseguire su tutto il progetto, crea-tività compresa.

Credete nel confronto tra i diversi attoridella filiera? Quanto interagisce oggiun’agenzia che si occupa di brand identi-ty con gli altri partner di comunicazione? Crediamo fortemente nella collaborazionee nell’unione delle forze. Ognuno deve fa-re ciò che sa fare bene, inutile proporsi co-me tuttofare. È fondamentale cooperare,dare ognuno il meglio di sé, senza pestarsi

i piedi quando si tratta di agenzie comple-mentari, per garantire un progetto impec-cabile sotto ogni punto di vista. Però, biso-gna stare attenti, la crisi ha reso affamati ilupi: abbiamo visto diversi nostri progettivincere premi importanti presentati da al-tre agenzie, e decine di presentazioni di excollaboratori che millantano la direzione ar-tistica di progetti di Besanopoli. Una tristez-za, a volte ti rivolgi a un avvocato, ma do-po due mesi siamo da capo, pazienza.

A seguito della rivoluzione digitale e deicambiamenti nel comportamento dei con-sumatori, in che direzione sta evolvendola brand identity?L'essenza della marca deve essere codifica-ta e comunicata utilizzando gli strumentipiù coerenti per perseguire la strategia im-postata. Non possono mancare i media di-gitali, approcciati con consapevolezza eknow-how costantemente aggiornati. Pos-siamo immaginare un circolo virtuoso, incui la comunicazione offline contribuisce acreare una forte identità sul medium digi-

tale, influenzando l'atteggiamento del con-sumatore verso la comunicazione online, edi conseguenza verso la marca, e quindi in-cidendo sulla brand identity.

Può citare una recente case history espli-cativa del vostro modus operandi?Possiamo citare l'immagine di Acqua Pan-na, che ha subito quest'anno un’evoluzio-ne, staccandosi da quella di S.Pellegrino, concui ha convissuto dal 2000, quando è dive-nuta uno dei prodotti mondiali di NestléWaters, per assumere una sua identità piùmarcata.Besanopoli è stata incaricata di creare lanuova brand image che mettesse in risaltoi valori della marca: la provenienza dalla ri-serva naturale di Panna, l’affinità con l’altaristorazione, la cultura della Toscana in cuiè nata e si è evoluta. È stato creato un si-stema piuttosto complesso, in cui l'elemen-to principale è la bottiglia attraverso la qua-le si vede, di volta in volta, il paesaggio to-scano, una grande cucina, testimonianzedella cultura rinascimentale. nc

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La nuova brand image di Acqua Pannafirmata da Besanopoli creata allo scopo di esaltare i valori della marca, tra cui laprovenienza e l’affinità con l’alta ristorazione

Page 38: NC Speciale Brand Idendity

PROVA A FARE UNO SFORZO.

Il fatto che tu stia provando a fare lo sforzo di leggere quello che c’è scritto qui, è segno che un primo obiettivo lo abbiamo raggiunto: suscitare la tua curiosità. Il fatto che tu stia continuando a leggere, è il segno che la curiosità ti porta a capire cosa ti stiamo dicendo, e questo è un altro successo. Ma farti capire cosa cerchiamo di dirti è il compito vero della comunicazione. Guai a la-sciar capire messaggi diversi ad ogni ascoltatore, quella è roba da arte, la lasciamo agli artisti. Lo sforzo che stai facendo nel leggere è lo stesso che noi facciamo ogni giorno nel cercare di capire cosa uno dei nostri clienti vuole dire ai suoi stessi clienti. C’è una differenza però. Noi ti stiamo par-lando con parole chiare, scritte piccole, ma pur sempre chiare in un linguaggio comprensibile e dettagliato. Un cliente invece ci parla con concetti espressi in un linguaggio soggettivo, costruito al momento e soprattutto non universale. “Mi pia-ce”, “non mi piace”, “ho visto che è fatto così”, “mi hanno detto che è meglio questo”, “è di ten-denza”. Ecco la chiarezza con la quale abbiamo a che fare. Sbagliata? No, serve solo la perfezione della nostra professione: trasformare questi segnali in concetti chiari, in un linguaggio com-prensibile dal target, in cui segni, parole, modi diventano essenziali per trasformare un obiettivo in una operazione compresa da tutti. Sì, perché nella comunicazione brand nessuna operazione vale se è compresa solo da pochi.Ecco, questo è lo sforzo che facciamo ogni giorno. Dieci anni trascorsi a cercare di capire, poi capi-re, tradurre e far capire. Per questo ti facciamo fare uno sforzo, per dirti che il linguaggio di un brand è difficile da creare ma, soprattutto, è diffi-cile da far capire. Ma dieci anni sono tanti, e oggi riusciamo a comunicare provocando in ognuno la voglia di riferire ad altri. I linguaggi si evolvono ma siamo certi che comunicazione visiva, virale, digitale, new, green, policy, corporate sono nulla senza l’aspetto fondamentale: generare un testi-monial in ogni persona che rappresenta il target.Bene, ti sei sforzato abbastanza, e come vedi sulla comunicazione cartacea non c’è zoom che tenga, o ti sforzi o usi un altro media. Questa è comunicazione. Integrata. * *

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AGENZIA DI CREATIVITÀ PER LA COMUNICAZIONE

WWW.SIGNDESIGNROMA.IT

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Dalla pubblicità alla promozione, pas-sando per le relazioni esterne e l’identitàvisiva, Brunazzi&Associati opera nel cam-po della comunicazione utilizzando unamolteplicità di leve. Per descrivere la lineaguida dell’agenzia, Giovanni Brunazzi, pre-sidente Brunazzi&Associati, cita Marco Vec-chia, pubblicitario e docente universitario,e afferma:“La creatività è una risposta im-previbile a un problema posto razional-mente”.

Quali sono gli elementi chiave per una cor-retta operazione di brand identity?L’identità di marca si basa su più elementi,dal prodotto al logo, passando per il mar-chio, i colori e i caratteri utilizzati. Il concet-to chiave della brand identity è quello di‘movimento’, che deve essere innanzituttovisivo, perché tutte le marche devono sa-per evolvere nel tempo.

In che modo, secondo lei, le nuove op-portunità digitali influenzano la brandidentity? La diffusione dei mezzi digitali ha ampliatole possibilità di comunicare. Nel caso del-l’e-commerce, la sfida dei designer che fan-no brand identity consiste nel tratteggiareonline il prodotto da comprare nel modopiù accattivante possibile. È il potere attrat-tivo dell’immagine.

Ritiene che gli aspetti etici e la questio-ne ‘green’ influenzino l’identità ?È ormai diffusa la consapevolezza che unapproccio rispettoso dell’ambiente sia sem-

pre più richiesto dai consumatori, che sonoportati a discriminare le aziende che nontenessero conto di questi elementi di etici-tà. Non a caso, nei contenuti delle pubbli-cità, sono sempre più diffusi i riferimenti al-la ‘riciclabilità’ delle confezioni o alla natu-ra biologica del prodotto.

Quali sono le strategie da seguire per farspiccare l’identità della marca all’internodei punti vendita?Nei supermercati esiste una forte gerarchianella distribuzione e allocazione dei prodot-ti. Insieme alla messa a punto del packa-ging, il consumatore può essere guidato ecoinvolto emotivamente da una sapientedisposizione del prodotto e da un’adegua-ta segnalazione delle offerte.

Può citare una recente case history espli-cativa del vostro modus operandi?Recentemente il nostro partner inglese Sie-bertHead ha realizzato il progetto di re-de-sign dell’identità visiva della birra Carlsberg,dalla messa a punto della forma della botti-glia all’etichetta, passando per il logo, i colo-ri scelti e il design dello spillatore. Cambia-menti indirizzati a trasmettere un’immaginedi eccellenza. nc

RISPOSTE IMPREVEDIBILIOPERATIVA DAL 1985, BRUNAZZI&ASSOCIATI È UN’AGENZIA SPECIALIZZATA

NEL FORNIRE RISPOSTE CREATIVE ALLE QUESTIONI DI COMUNICAZIONE.

TRATTO DISTINTIVO DEL SUO MODUS OPERANDI È L’ATTITUDINE A

CONSIDERARE OGNI BRAND COME UNA PERSONALITÀ, UN’IDENTITÀ UNICA

CHE DEVE ESSERE VALORIZZATA AL MEGLIO PER OTTENERE RISPOSTE

POSITIVE DAI CONSUMATORI.

Giovanni Brunazzi,presidente Brunazzi&Associati

Page 40: NC Speciale Brand Idendity

Nata nel 2007 con il nome di Governan-ce Adv come agenzia di corporate adverti-sing specializzata nella comunicazione isti-tuzionale e finanziaria. Nel 2009 sceglie diri-posizionarsi, come Cabiria BrandUniver-se, aprendo sempre più al mercato delleaziende e dei prodotti di marca. Nel primoanno di attività ha acquisito importanti in-carichi di branding, nel mondo consumer(Costa Crociere, F.I.L.A. e Gruppo Tenuacon i brand Yamasushi e Natui) e corpora-te, e di employee branding per marchi già esistenti tra i quali Banca Etruria, E.ON ePrysmian.Cabiria è una tigre - spiega Massimo Rosa,ad -, un organismo capace di esprimereuna forte creatività istintiva con una buo-na dose di coraggio e di grinta, ma non di-

mentichiamoci che si tratta di una tigre ingiacca e cravatta...”.Pragmatismo, concretezza e rigore sono lecaratteristiche che definiscono il modo dioperare dell’agenzia. Valori condivisi con iclienti che la scelgono.Cabiria BrandUniverse è una struttura sem-plice, priva di tutte quelle sovrastrutture ti-piche delle grandi agenzie internazionali.“Integriamo al nostro interno - continua

Rosa - tutte le competenze necessarie, dal-la strategia alla produzione, e dedichiamomolte risorse al presidio del nostro proces-so per garantire efficienza, efficacia e ri-spetto dei tempi. Un elemento ulterioreche caratterizza Cabiria è la capacità e lavolontà di formulare in modo indipenden-te il giusto mix di discipline e di media perun’efficace comunicazione dell’universodella marca.

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Massimo Rosa, amministratore delegato e Valeria Raffa, vicepresidente

e strategic & creative head CabiriaBrandUniverse

UNA TIGRE IN GIACCA E CRAVATTAPRAGMATISMO, CONCRETEZZA E RIGORE SONO LE CARATTERISTICHE CHE

MEGLIO DEFINISCONO IL MODUS OPERANDI DI CABIRIA BRANDUNIVERSE.

UN’AGENZIA CHE VANTA, PERÒ, ANCHE UNA GRANDE CREATIVITÀ ISTINTIVA,

TANTO DA VENIR PARAGONATA DAL MANAGEMENT AZIENDALE A UNA TIGRE,

DAL COLLETTO BIANCO, CAPACE DI AFFRONTARE IL MERCATO CON CORAGGIO

E GRINTA DA VERA PROBLEM SOLVER STRATEGICA, INNOVANDO,

IMMERSA NELLO SPIRITO DEL TEMPO.

Page 41: NC Speciale Brand Idendity

“Anche la nostra metodologia è semplice- incalza Valeria Raffa, vicepresidente estrategic & creative head -: Know ,Think,Create. Come gli attori, ci immedesimia-mo nella marca e nella sua audience, ap-procciamo i progetti come veri problemsolver strategici, innovando, immersi nellospirito del tempo.

Quali sono gli elementi immancabili inuna corretta operazione di Brand Identi-ty? Che peso ha la creatività? (Raffa) La brand identity di successo si fon-da su asset che penetrano spontaneamen-te nella mente del consumatore influen-

zando certamente il processo d’acquisto.Teniamo presente che soprattutto in unpunto vendita affollato il consumatore cer-ca nella marca un approdo rassicurante euno ‘short-cut’ risparmia tempo. È appura-to che l’individuo è propenso a cercare la‘sua marca’ preferita a discapito degli aspet-ti di poligamia e migrazione dati dal proli-ferare delle offerte.Penso che gli ingredienti principali per unacorretta operazione di brand identity sia-no: Empatia, Creatività e Rigore. Per co-struire tale operazione è necessario entra-re in contatto con la marca e i suoi codicisemiotici. La creatività è chiave perché co-

struisce il racconto legato al mondo dellamarca, ma va implementata con rigore percreare una comunicazione efficace.

A seguito dell’evoluzione tecnologica, del-la rivoluzione digitale, in che direzione staevolvendo la brand identity? (Raffa) La brand identity risponde all’equi-ty della marca, deve quindi essere pensatacome un organismo polifunzionale. Comeormai accade alle persone, anche il brandha una doppia esistenza: reale e virtuale. Ilmedia digitale è strategicamente impor-tante in quanto punto di contatto col pub-blico, così come lo è il punto vendita. Neldisegnare la digital brand identity bisognatenere in considerazione il media digitalecon i relativi vincoli tecnici, trasformandoi codici della marca senza però mai perder-ne l’identità, ancora una volta la coerenzainnanzitutto, ma anzi sfruttandone le po-tenzialità come un vero e proprio brandbooster.

Può citare una recente case history espli-cativa del vostro modus operandi?(Raffa) Yamasushi, prima azienda italianache produce su vasta scala migliaia di con-fezioni di sushi fresco per la grande distri-buzione, si è da subito distinto per la cura eattenzione nel confezionamento del prodot-to. L’opportunità di un restyling del brandha origine dalla percezione generale di unamarca troppo fredda e industriale, forse acausa di un look&feel product oriented.Cabiria ha riposizionato il brand spostando-lo da food a lifestyle puntando sull’amplia-mento delle occasioni di consumo. Il mar-chio è stato ridisegnato trasformando il pit-togramma nelle pieghe di un chimono e latipografia in bacchette essenziali e moder-ne. Il ‘tone of voice’ nella comunicazione sulpunto vendita è sempre diretto e lievemen-te ironico, il copy è genuino e semplice co-me lo sono il riso e il pesce crudo. nc

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Cabiria ha ridisegnato il marchio Yamasushitrasformando il pittogramma nelle pieghe di un chimono e la tipografia in bacchetteessenziali e moderne

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Tra i punti di forza di Cacao Design vi so-no l’esperienza pluriennale dei soci fonda-tori (Masa Magnoni, Alessandro Floridiae Mauro Pastore) e la grande capacità diconfronto.“Ci caratterizziamo - spiega Pa-store -, per una maniacale attenzione aldettaglio e siamo estremamente esigenti:se le cose non ci soddisfano totalmente,non arriveranno mai ai clienti”.Nel tempo, il modo di affrontare il lavoroda parte dell’agenzia non è particolarmen-te cambiato. “Pensiamo di avere la fortu-na di fare uno dei lavori più belli del mon-do - aggiunge Floridia - e la passione rap-presenta il collante che da 20 anni ci uni-sce e ci fa divertire, ogni giorno”. A essereevoluti sono stati soprattutto i clienti: inuna prima fase solo agenzie di pubblicitàche subappaltavano lavori di branding, perpoi passare quasi esclusivamente a clienti

diretti, sempre più prestigiosi e, come li de-finisce Pastore ‘giganti’, nonostante l’agen-zia sia rimasta nel tempo una struttura dipiccole dimensioni, quasi un team di ‘arti-giani del design’. “Quanto ai futuri obiet-tivi di sviluppo - precisa Magnoni -, ci fac-

ciamo pochi castelli. Qualcuno ha detto“trova un lavoro che ti piace fare, non la-vorerai neanche un giorno della tua vita”.Noi molto semplicemente speriamo di po-ter continuare a divertirci facendo quel checi piace, ogni giorno.

Quali sono gli elementi immancabili inuna corretta operazione di brand identi-ty? Che peso ha la creatività? (Pastore) Non ci sono regole. Ognicliente/prodotto/servizio ha i suoi obietti-vi di marketing e in funzione di quelli, e delsuo target di riferimento, si devono defini-re gli elementi immancabili. Il peso dellacreatività è il più delle volte immenso, es-sendo il più delle volte il vero ‘point of dif-ference’ che può dare alcliente/prodotto/servizio una marcia in piùrispetto ai competitor.

Quanto un’agenzia di brand identity og-gi interagisce con gli altri player di comu-nicazione? Ritiene che l’interazione siacresciuta rispetto al passato? (Magnoni) L’interazione rispetto al passa-to è decisamente cresciuta, le aziende in

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Masa Magnoni,Alessandro Floridia, MauroPastore, direttori creativi e soci fondatori

Cacao Design

STUPIRE CON INTELLIGENZACACAO DESIGN, FONDATA NEL 2004 DA MASA MAGNONI, ALESSANDRO

FLORIDIA E MAURO PASTORE, È UN'AGENZIA DALLA FORTE SPECIALIZZAZIONE

IN BRANDING, WEB E BELOW THE LINE. L'ESPERIENZA VENTENNALE

DEI SOCI E LA VOGLIA DI CONTINUE E NUOVE SFIDE LA RENDONO UNA REALTÀ

IN GRADO DI RIVOLGERSI AD AZIENDE DI QUALSIASI DIMENSIONE E OPERANTI

NEI SETTORI PIÙ DISPARATI, CON L'ECCELLENZA E L'ATTENZIONE

AL DETTAGLIO COME UNICI COMUNI DENOMINATORI.

Page 43: NC Speciale Brand Idendity

primis hanno capito che ci deve essere uncoordinamento e una coerenza tra tutti glielementi, che siano Atl o Btl, online ed of-fline. E di conseguenza tra i vari attori checoncorrono a definirli. Quindi il confrontoè più che necessario.

A seguito dell’evoluzione tecnologica edigitale in che direzione sta evolvendo labrand identity? (Floridia) La brand identity deve esseresempre coerente e coordinata, digitale omeno che sia. E non è la brand identity chesta evolvendo, stanno evolvendo gli stru-menti e le tecnologie che la veicolano. Neldigitale valgono gli stessi principi, cambia-no semplicemente più in fretta le mode, icodici e i linguaggi ed è più difficile resta-re attuali. Ma il futuro è quello, già oggi iclienti si muovono con un mouse - anco-ra per poco, anche quello sarà superatodalla tecnologia touch - per orientarsi senon addirittura per effettuare i propri ac-quisti. Quindi bisogna esserci, ed essercinella maniera giusta.

In che modo la nuova visione green dellacomunicazione viene declinata nella brandidentity?(Pastore) Purtroppo il green è diventatouno dei tanti valori chiave da trasmetteree non una necessità generata da una verae sincera visione/coscienza ecosostenibi-le da parte delle aziende. Quindi la comu-nicazione generalmente tende a trasmet-tere questo ‘green’ utilizzando supporti ri-ciclati - non necessariamente ecologici, an-zi - se non addirittura veicolando imma-gini o frasi retoriche attraverso strumentiche sono di per sé poco igienici per l’am-biente, creando paradossi poco positivi agliocchi dei più esperti ed esigenti sul temaecologico.

Può citare una recente case history espli-cativa del vostro modus operandi?(Floridia) Il progetto realizzato per un’azien-da del settore industriale: Boldrocchi. Ave-va richiesto un libro monografico, si è ‘tro-vata’ un oggetto di design (una brochurecon la copertina in metallo calandrato, ndr)con foto assolutamente emozionali grazie

alla scelta coraggiosa di utilizzare un foto-grafo di moda, Matteo Gastel, per ritrarredelle ventole industriali. La stampa, a ope-ra di Fontegrafica, stampatore tra i più ri-nomati a livello mondiale, è stata poi im-preziosita dall’intervento di un argento altitanio nelle quadricromie, che ha reso gliacciai assolutamente realistici.

Chi ha lavorato sul progetto?(Magnoni) È stato un vero lavoro di team,che ha coinvolto, e divertito prima di tut-to, il nostro cliente che certo non potevaimmaginare una risposta così oltre ogniaspettativa. Credo possa essere esplicativodel nostro modus operandi: divertirsi e fardivertire, sorprendere, stupire ed emozio-nare, ma mai gratuitamente. E non parlia-mo di soldi, parliamo di intelligenza! nc

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Progetto di Cacao Design per Boldrocchi:più di un libro monografico, un vero e proprio

oggetto di design con foto emozionali di Matteo Gastel e un’originale copertina

in metallo calandrato

Page 44: NC Speciale Brand Idendity

Società specializzata nella creazione enella gestione dell'immagine di marca,Carmi e Ubertis da sempre punta su buonsenso, spirito propositivo, professionalità ecreatività per costruire sistemi di comuni-cazione coerenti in ogni loro espressione,distintivi rispetto ai competitor e rilevantiper il pubblico.“Vantiamo 25 anni di storia - afferma Car-lo Aliverti, da tre anni socio dell’agenzia eprecedentemente ai vertici di FutureBrandGioRossi e di RobilantAssociati -, ma anco-ra oggi abbiamo obiettivi di crescita. Perfare una battuta, ed esorcizzare così il mo-mento di crisi, spero li abbiano anche leaziende italiane... Siamo sempre in primalinea, impegnati direttamente su ogni pro-getto-cliente. Con ciò, le aziende hanno lacertezza di non essere mai trascurate”.

Quali sono gli elementi immancabili in unacorretta operazione di brand identity? Innanzitutto, il pensiero, la strategia dellamarca. Oggi assistiamo, più che a una cri-si, a un vero cambiamento, in cui i paradig-mi di consumo si sono trasformati. Io dico,definitivamente. Ebbene, oggi le aziende sidevono porre, innanzitutto, la domanda:

‘Che cosa stiamo facendo per asseconda-re il mutamento del nostro mercato? Qua-li strategie stiamo mettendo in atto?’.

Quanto contribuisce la creatività nel pro-cesso di acquisto? Dipende da che cosa si intende per creati-vità. La creatività è un’impostazione delpensiero; capace, quindi, di influire su tut-ti i processi aziendali e, se ben coordinata,con una strategia comune, in grado di por-tare la marca verso un miglior livello diffe-renziazione, in cerca di quell’unicità che og-gi rappresenta l’unico valore attraverso ilquale un’azienda può permettersi di noncombattere solo sulla leva del prezzo.

Quali sono le interazioni tra gli attori chelavorano sulle diverse espressioni dellastrategia di comunicazione? Il coordinamento del pensiero viene fattoattraverso la strategia di marca, quello del-le azioni è invece spesso delegato alle azien-de, nella funzione del marketing. Noi ci pro-poniamo anche come registi delle opera-zioni, ma non sempre questo ruolo ci vie-ne assegnato.

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Carlo Aliverti,socio Carmi e Ubertis

IMMAGINARE IL FUTUROCARMI E UBERTIS NASCE DALL'ESPERIENZA DI ELIO CARMI, ALESSANDRO

UBERTIS E CARLO ALIVERTI, MATURATA IN OLTRE VENT'ANNI

DI COLLABORAZIONE CON PRIMARIE SOCIETÀ NAZIONALI ED INTERNAZIONALI.

LA SUA MISSION È AFFIANCARE LE IMPRESE NEL PROCESSO DI

VALORIZZAZIONE DELLA MARCA, UTILIZZANDO LE LEVE DELLA COMUNICAZIONE

E DEL DESIGN E COSTRUENDO PERFORMANCE DI MARCA TANGIBILI

E CONCRETE PER OTTIMIZZARE I RISULTATI.

Page 45: NC Speciale Brand Idendity

Il digitale e la brand identity in che rap-porto sono? La brand identity è un pensiero, una strate-gia, mentre il digitale è uno dei più impor-tanti strumenti a disposizione delle azien-de per mettere in atto le strategie stesse.

E per quanto riguarda la nuova visione green della comunicazione? Come vienedeclinata nella brand identity? È uno degli aspetti di maggiore attualità eche giustamente, e finalmente, fa parte del-le nuove strategie aziendali. Ciò sta acca-dendo poiché finalmente esiste una doman-da da parte del consumatore, che solo re-centemente ha preso in considerazione que-sto argomento. Fino a pochissimi anni fa,

sembravamo tutti interessati ma nessunoera disposto a fare anche solo un piccolosforzo per avere un mondo più ‘green’.

Come è possibile far spiccare la marca al-l’interno dei punti vendita?Se l’azienda dispone di spazi propri, il gio-co è relativamente semplice; altrimenti sitratta di investire, acquistando spazi e vi-sibilità sul punto vendita. E tra tutti gli in-vestimenti di marketing possibili, quelli de-stinati al punto vendita sono senz’altro trai migliori. La comunicazione nel punto ven-dita, infatti, agisce esattamente nel mo-mento in cui il consumatore decide gli ac-quisti.

Può citare una recente case history espli-cativa del vostro modus operandi? In questi giorni è uscita sul mercato la nuo-va Alemagna, il rilancio dello storico branddella pasticceria italiana, oggi del gruppoBauli. L’azienda ci ha incaricato, circa un an-no fa e a seguito di una gara tra agenzie, direalizzare dapprima la nuova strategia di

marca e successivamente, sulla base diquanto trovato, la nuova corporate identi-ty e la nuova immagine degli oltre 30 pro-dotti in offerta. Il brief fornito all’agenziachiedeva di rendere attuale l’immagine deiprodotti, mantenendo il legame con la sto-ria, i valori e la tradizione della marca.Abbiamo lavorato a una strategia e a un’im-magine in grado di comunicare il sottileequilibrio fra storia e attualità. Capitaliz-zando la tradizione del brand e i suoi signi-ficati, abbiamo deciso di valorizzarli cometalenti ed espressione di alta qualità. Ab-biamo puntato su temi e valori coerenticon la storia e il ricordo del brand, decli-nandoli però in modi coerenti agli stilemipiù moderni e contemporanei, esplorandoatmosfere cromaticamente evocative easpirazionali. I prodotti della nuova gam-ma Alemagna richiamano mood allegri, mo-derni e attuali, strizzando l’occhio alla mo-da e al design, coerentemente ai valori tra-dizionali della città Natale, Milano, ma ca-paci di coinvolgere efficacemente anche untarget giovane e dinamico. nc

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Carmi e Ubertis si è occupata del rilancio del brand Alemagna: un progetto dedicato al riposizionamento e alla rivisitazionedell’identità di marca e dei prodotti,nonché dei vari strumenti di comunicazione:il packaging, il sito, il punto vendita e il catalogo

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Point of difference di Carré Noir è dasempre la capacità di affiancare il clientedalla definizione del pensiero strategico al-la scelta del percorso creativo, fino alla pro-duzione. Il ruolo consulenziale riveste dun-que per l’agenzia di ‘strategic design & con-sulting’ un asset importante.“Abbiamo una posizione precisa sul merca-to - spiega Ilaria Scardovi, amministratoredelegato - e i numerosi clienti che si rivol-gono a noi ne sono la conferma. Per il 2011abbiamo importanti obiettivi di sviluppo,con l’inserimento di nuove figure in ambi-to digital e planning”.

Quali sono le fasi fondamentali di un pro-getto di branding? Un progetto di branding prevede tre fasifondamentali: analisi strategica, sintesi con-cettuale ed esplorazione creativa.Tutte han-no lo stesso valore e sono profondamentecorrelate. Qualsiasi sia il prodotto, l’azien-

da o il servizio di cui siamo chiamati a crea-re l’identità, il nostro pensiero parte sem-pre da un momento di analisi per individua-re lo scenario in cui si contestualizza e ar-rivare alla definizione di concetti distintivi

da esprimere con la creatività. La vera ‘ma-gia’ del nostro lavoro è riuscire a tradurreun percorso concettuale complesso in po-chi e affascinanti segni.

Come interagiscono oggi i diversi attoridella comunicazione?Il rapporto costante con gli altri attori del-la comunicazione non è molto frequente,ma all’interno del nostro gruppo cerchia-mo di coordinarci, sempre mantenendo cia-scuno la propria specializzazione. Il dialogotra diverse discipline non può che arricchi-re il contributo che diamo al cliente e la suaefficacia. Il progetto ‘Kimbo Coffee Hour’sviluppato da Carré Noir insieme a Repu-blic è una buona dimostrazione dei risulta-ti di successo che si possono ottenere.

Alla luce dell’evoluzione tecnologica e del-la nuova visione green della comunicazio-ne, in che direzione sta evolvendo la brandidentity? Oggi, lo stesso messaggio viene veicolatoattraverso più media con approcci diversi.È chiaro quindi che il programma di bran-ding deve evolvere, prevedendo anche l’uti-

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Ilaria Scardovi,amministratore delegato Carré Noir

LA MAGIA DEI SEGNICARRÉ NOIR NASCE NEL 1973 A PARIGI E SI AFFERMA SUBITO PER

LA CAPACITÀ DI INTERPRETARE IL DESIGN COME STRUMENTO AL SERVIZIO

DELLA COMUNICAZIONE DI MARCA. UN’AGENZIA DI ‘STRATEGIC DESIGN &

CONSULTING’ PRESENTE IN ITALIA DAL 1992, IL CUI MODUS OPERANDI

È COSTITUITO DA GRANDE ESPERIENZA E PROFESSIONALITÀ NEL DESIGN

E INTUIZIONE CREATIVA, SUPPORTATE DALLA PROFONDA RIFLESSIONE SUL

BRAND E SULLE SUE POTENZIALITÀ.

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lizzo dell’identity in contesti digitali. A og-gi la parola ‘digital branding’ è ancora piut-tosto vuota, ma sicuramente rappresente-rà una chiave di crescita importante, per-chè sono proprio i consumatori a esseresempre più digital.Stiamo lavorando per sviluppare una cono-scenza approfondita dei nuovi contesti: nonsiamo chiamati a trasformarci in web agen-cy o in sviluppatori di App, quello che è im-portante è ragionare in una ‘chiave’ digital,conoscendo adeguati strumenti atti a po-tenziare la vitalità del brand.Il boom della ‘green economy’ si nota pro-prio dalla enorme quantità di marchi ispi-rati alla natura che sono stati registrati inquesti ultimi due anni. Bisogna però distin-guere tra chi si limita a ‘imitare’ i codiciespressivi della ‘green communication’ e chiinvece li utilizza per comunicare i propri va-lori profondi. È questo il caso dell’identità‘Pensiamo Naturale’, da noi ideata comesintesi della filosofia Valfrutta. Un’espres-sione semplice, ricca di significati, che espri-

me il ‘credo’ di un’azienda cooperativa le-gata alla terra e alle tradizioni contadine, ri-spettosa della natura e affidabile per la qua-lità dei suoi prodotti.Un concetto ancora più ‘forte’ perché regi-strabile sia come marchio, sia come domi-nio (www.pensiamonaturale.it, ndr).

Può citare una recente case history espli-cativa del vostro modus operandi?La case history Valfrutta ben rappresenta il

nostro metodo e la nostra capacità di va-lorizzare l’immagine di marca. L’obiettivodel progetto era quello di rendere visibileattraverso il packaging il concreto impegnodi Valfrutta: una cooperativa fatta di 17.000soci-agricoltori, uniti dall’amore per l’am-biente (metodi di produzione integrata, uti-lizzo di energia eolica, ndr) e dal giusto ri-conoscimento dato al lavoro dell’uomo (va-lori tipici del mondo cooperativo, ndr).Il facing presenta oggi un key-visual ‘esclu-sivo’: un paesaggio tra campi e cielo, concontadini al lavoro e una pala eolica in lon-tananza. Una raffigurazione dei valori di mar-ca, che individua un system grafico trasver-sale (rossi, conserve vegetali, succhi di frut-ta, ecc.) fortemente riconoscibile.Anche il retro è decisamente ‘atipico’: ottosoci Valfrutta sono stati scelti come ‘testi-monial’ e diventano protagonisti di questospazio per comunicare tutta la ‘verità’ del-la marca, facendo vedere chi c’è realmentedietro i prodotti. In questo modo, abbiamodato la parola ai contadini: un concetto cheha portato il presidente di Conserve Italia,Maurizio Gardini, a ‘metterci la faccia’ in unarecente promozione televisiva. nc

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Obiettivo del progetto Valfrutta firmato da Carré Noir era quello di rendere visibile

attraverso il packaging l’impegno di Valfrutta:una cooperativa di 17.000 soci-agricoltori

uniti dall’amore per l’ambiente e dal giustoriconoscimento del lavoro dell’uomo

Progetto ‘Kimbo Coffee Hour’ sviluppato da Carré Noir insieme a Republic

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FutureBrand vanta una storia di 45 anni,e oggi è un network internazionale che puòcontare su 25 agenzie nel mondo. Da sem-pre, la presenza di professionisti provenien-ti da culture ed esperienze diverse rappre-senta un vantaggio per i clienti, per i qua-li l’agenzia è in grado di offrire un punto divista veramente local, glocal o global, la-vorando loro fianco a fianco, per dare va-lore alle marche, garantendone lunga vita.“La dimensione internazionale - affermaAlessandra Iovinella, chief growth officerFutureBrand - è la vera ricchezza di Futu-reBrand, unita a una conoscenza del mer-cato italiano che non ha uguali. La capaci-tà di analizzare i trend e tradurli in strate-gie di marca personalizzate è un punto diforza innegabile della nostra offerta alquan-to articolata in grado di dare espressionealle marche in tutte le sfaccettature”.

Parliamo di creatività. Quanto è fonda-mentale per la brand identity e quantoaiuta concretamente nel processo di ac-quisto?Noi di FutureBrand non ci stanchiamo maidi dire che la creatività applicata alle mar-che deve essere strategica, così come laconsulenza deve saper essere creativa. Ildesign fine a se stesso non garantisce ladurata nel tempo di una marca, che oggideve affrontare i mercati di tutto il mon-do e la concorrenza di brand internaziona-li. La creatività è parte integrante di un pro-getto di brand identity, ma sempre suppor-tata dallo studio del contesto in cui unbrand si muoverà.

Ritiene che oggi l’interazione tra un’agen-zia che si occupa di brand identity e glialtri partner di comunicazione sia cre-sciuta? Certamente l’interazione tra le diverse fi-gure professionali è cresciuta molto rispet-to al passato, ci auguriamo che questotrend continui a tutto vantaggio della for-za con cui le marche si presentano e co-municano con il loro pubblico. Comunica-

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Alessandra Iovinella,chief growth officer FutureBrand

TRADURRE I TREND IN STRATEGIEL’AGENZIA INTERNAZIONALE DI BRANDING FUTUREBRAND ITALY VANTA

UN TEAM DI CIRCA 60 PERSONE, UN’ESPERIENZA E UNA STORIA DI PIÙ DI

45 ANNI, UN NETWORK DI 25 AGENZIE NEL MONDO E, SOPRATTUTTO,

UN’APPROFONDITA CONOSCENZA DEL CONSUMATORE, FRUTTO DI ANALISI

E STUDI SUI SUOI BISOGNI E DESIDERI. L’OBIETTIVO È DA SEMPRE LO STESSO:

LAVORARE A FIANCO DELLE IMPRESE PER DARE VALORE ALLE MARCHE

E GARANTIRNE LA LONGEVITÀ.

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zione che deve essere univoca e coerentea tutto tondo.

Identità di marca e web. In che rapportosono?L’identità di marca oggi non può prescin-dere dal raccontare i propri valori anchenel web: l’ambiente digitale come quellofisico devono parlare in modo coerentecon il mondo offline della marca, pur nelrispetto di altre regole e soprattutto deltono di voce.

Può citare una recente case history espli-cativa del vostro modus operandi?FutureBrand ha di recente vestito le vetri-ne Nespresso per presentare Lungo, la gam-ma di caffè lunghi che regalano la mede-sima intensità d’aroma e gusto dell’espres-so tradizionale.La gamma Lungo (tre caffè lunghi e un de-caffeinato), rilanciata nel 2009, era perce-pita dai consumatori come ‘un caffè un po’annacquato e non abbastanza forte’.L’obiettivo del progetto era perciò duplice:informare i membri del Club Nespresso e iprospect delle qualità intrinseche del pro-dotto - un caffè lungo, sì, ma con la mede-sima intensità di un espresso tradizionale -e capitalizzare su un momento di consu-mo strategico quale la prima colazione.Abbiamo così creato un universo visivo diforte impatto, impiegando le icone dellamarca Nespresso, le capsule e la tazza, per

dar vita a un gioco visivo basato sulla lu-ce, il formato e i colori per svelare la pro-messa del prodotto. Il personaggio utiliz-zato simboleggia l’intensità degli aromi ela ricchezza del caffè Lungo.La vetrina rappresenta una forma di comu-nicazione integrata. Per le marche che di-spongono di una rete di negozi come Ne-spresso, oltre 200 in tutto il mondo, le ve-trine sono un mezzo particolarmente effi-cace per comunicare e lanciare nuovi pro-dotti. Da un lato, nutrono la brand equitydella marca, favorendo le vendite, dall’al-tro diventano oggetto di una vera e pro-pria campagna, che comunica direttamen-te a ‘casa’ della marca. Così facendo, la mar-ca non si esprime attraverso un mezzo ‘di-sincarnato’, ma impiega la sua stessa loca-tion. La vetrina non è più solo un messag-gio distaccato, ma un vero invito a entra-re e sperimentare il prodotto. nc

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FutureBrand ha vestito le vetrine Nespressoper presentare Lungo, la gamma di caffèlunghi che regalano la medesima intensitàd’aroma e gusto dell’espresso tradizionale

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Rete internazionale e indipendente di de-signer, architetti, strategist e consultant,Inarea Identity and Design Network pro-pone processi articolati per migliorare leperformance dei clienti, definendo la loroidentità. Il network è coordinato da 22 partner con uno staff di oltre cento perso-ne, in otto paesi, con dieci uffici. In Italia, èpresente con due società: Inarea StrategicDesign, con sede a Roma, e Inarea Identi-ty Architecture, con base a Milano. “I valo-ri fondanti - dichiara il presidente AntonioRomano - sono il senso della comunità, an-teposto al senso di impresa, che rimandaal considerare il lavoro come un valore insé, non qualcosa che deve essere fatto per-ché lo chiede un cliente o un capo. Inoltre,puntiamo a dare vita a progetti che ab-biano immediati riscontri in termini di si-gnificato, con la capacità di ricondurre lacomplessità alla semplicità, sottraendo peso, puntando alla leggerezza”.

Quali sono gli elementi chiave in una cor-retta operazione di brand identity?Noi costruiamo una rappresentazione del-l’idea di futuro del cliente, senza dimenti-carne la storia e portando alla luce tutti icontenuti che permettano a una marca diporsi in termini di unicità e irripetibilità.

In che modo, secondo lei, le nuove oppor-tunità digitali influenzano la brand iden-tity? La digitalizzazione ha modificato prima iprocessi poi i prodotti del nostro mestiere.Il web, per esempio, è per sua natura un in-tegratore di media e, grazie a questa fun-zione, consente la lettura rapida di una qual-siasi realtà, e un conseguente snellimentodei processi che si richiedono per definireuna brand identity.

Ritiene che gli aspetti etici influenzinol’identità delle marche?Assolutamente sì. Quando si spinge unastruttura a censire i propri patrimoni e va-lori, allora l’attenzione che si pone sugli og-getti marcati cambia e aumenta.A questopunto o si è consapevoli della marcatura

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Antonio Romano,presidente Inarea

REGISTI DI SE STESSISE C’È UNA COSA CHE I CLIENTI LE RICONOSCONO È LA CAPACITÀ DI ELABORARE

UNA SAPIENTE ED EFFICACE ‘REGIA’ NELLA MODALITÀ DI RAPPRESENTAZIONE

DELL’IMPRESA, RICONDUCENDO I DIVERSI ELEMENTI, DAL RETAIL AL WEB,

ALL’INTERNO DI UN UNICO PENTAGRAMMA. STIAMO PARLANDO DI INAREA,

NETWORK INTERNAZIONALE SPECIALIZZATO NELLA CREAZIONE E GESTIONE

DI SISTEMI DI IDENTITÀ, CHE FORNISCANO VALORE AGGIUNTO AI CLIENTI.

COME DIMOSTRA LA CASE HISTORY ENI.

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che si sta operando o si rischia un effettoboomerang.

Quali sono le strategie da seguire per farspiccare l’identità della marca all’internodei punti vendita?Nell’era della rete immateriale, per quan-to possa sembrare paradossale, le reti fisi-che hanno trovato nuovo slancio, al puntoda sostituire, in certi casi, l’advertising clas-sico. Se un tempo gran parte degli investi-menti erano concentrati sulla ‘p’ di promo-tion, oggi la ‘p’ più ricca sta diventandoquella di placement, perché lo spazio all’in-terno del quale si genera il contatto diret-to con le varie categorie di stakeholder di-venta il mio spazio di relazione. Oggi si starecuperando il valore della relazione comemomento centrale, superando quelle leggidel marketing che, invece, puntavano sul-

la centralità della vendita. Quest’ultimapuò essere una ricaduta della relazione, manon è l’elemento prioritario. All’interno diuna dimensione dialogica, si creano le con-dizioni ideali per una vendita che non hapiù il sapore spietato del ‘piazzare a tutti icosti qualcosa’.

Cosa rende diversa la sua società e qualisono gli strumenti e il know how profes-sionale che offre ai suoi clienti?I nostri clienti ci riconoscono una capacitàdi ‘regia’ nella modalità di rappresentazio-ne dell’impresa. La capacità di ricondurrediversi elementi - dall’architettura del re-tail al web, passando per il corporate be-haviour - a una unica struttura in grado dileggerli, intepretarli e definirne gli aspettichiave di rappresentazione, per il cliente èun grande valore.

Può citare una recente case history espli-cativa del vostro modus operandi?A partire dal 2006 abbiamo realizzato perEni un’operazione progressiva che ha tra-ghettato il marchio da una dimensione stret-

tamente finanziaria, in cui era confinato, aquella più vicina alla vita quotidiana dellepersone. Dal nuovo logo con il cane a seizampe alla progettazione e realizzazione del-la nuova brand identity, abbiamo contribui-to ad affermare un’idea di Eni come realtà‘open energy’ a 360 gradi. In particolare, laprima fase del progetto ha previsto la cata-logazione di tutti gli elementi che definiva-no le identità delle varie strutture societa-rie del Gruppo. Poi siamo passati a realizza-re alcune interviste ‘one to one’ con l’uppermanagement, per capire quale idea di futu-ro era condivisa dalle persone che guidava-no l’impresa. Contestualmente, abbiamo ef-fettuato delle ricerche con Gfk Eurisko sulmercato domestico e internazionale, per co-gliere gli universi di percezione rispetto a Enie Agip. Successivamente abbiamo realizza-to un lavoro di benchmark sui più importan-ti player dell’energia e del petrolio. Così sia-mo passati a una fase di strategia: abbiamocoinvolto nuovamente tutti i manager perdefinire l’architettura di brand, oltre alla fi-losofia e ai linguaggi che questa architettu-ra avrebbe prodotto. nc

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Inarea ha firmato il progetto, iniziato nel 2006, di ridefinizione della brand identityEni, che ha dato nuova vita al famoso cane a sei zampe, logo del Gruppo

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“Landor Associates, creata dal pionieredel branding Walter Landor oltre 70 annifa, è oggi la maggiore, più autorevole e co-nosciuta società del mondo nel campo delbranding e copre tutte le attività relativealla consulenza strategica sulla marca e aldesign di tutte le sue manifestazioni (na-ming, identità istituzionale, packaging, de-sign di ambienti, applicazioni digitali, edi-toria, ecc.), fino all’allineamento della cul-tura dell’organizzazione ai valori e allo sco-po della marca”. Così Antonio Marazzapresenta la società di cui è amministrato-re delegato.“Il metodo sviluppato da Landor - conti-nua -, unendo rigore e creatività, rende lescelte di design la conseguenza di un pen-siero strategico volto a produrre un impat-to reale sul consumatore e quindi sui risul-tati di business”.

Dal punto di vista più operativo, Landor nonè mai cresciuta attraverso acquisizioni: que-sto permette oggi di mettere a disposizio-ne dei clienti una comunità multiculturalee multidisciplinare di oltre 750 professio-nisti in 22 uffici nel mondo assolutamen-te omogenea nell’approccio, nel metodo enella condivisione delle esperienze.

Quali sono gli elementi immancabili inuna corretta operazione di brand identi-ty? Qual è l’impatto del branding nel pro-cesso d’acquisto?Nell’impostazione di Landor il branding èuna perfetta combinazione di rigore meto-dologico e visione creativa. In tutte le fasidi un intervento tipico, dall’analisi prelimi-nare dell’azienda e dei concorrenti, allo svi-luppo della strategia, alla ideazione dellaidentità e della esperienza di marca, finoalla implementazione, agiscono sempre te-am congiunti di brand strategist e designercon varie specializzazioni. L’impatto delbranding nel processo d’acquisto è eleva-tissimo soprattutto nel caso del packaginge della esperienza online, se pensiamo aipochi secondi che il consumatore passa

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Antonio Marazza,amministratore delegato Landor Milano

IL MOTORE DEL CAMBIAMENTOL’OBIETTIVO DI LANDOR È AFFIANCARE IN MODO SEMPRE PIÙ EFFICACE

I PROPRI CLIENTI IN PROCESSI DI BRAND-LED TRANSFORMATION, DOVE

LA MARCA E LA RELAZIONE CON IL CLIENTE RAPPRESENTANO IL MOTORE

PRINCIPALE DEL CAMBIAMENTO. IL SUO METODO? UNIRE RIGORE E CREATIVITÀ

PER RENDERE LE SCELTE DI DESIGN CONSEGUENZA DI UN PENSIERO

STRATEGICO VOLTO A PRODURRE UN IMPATTO REALE SUL CONSUMATORE

E QUINDI SUI RISULTATI DI BUSINESS.

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mediamente davanti allo scaffale o davan-ti a una schermata prima di decidere sepassare oltre o considerare l’acquisto. Inquel momento non si possono fare errori.

In che modo la nuova visione green dellacomunicazione viene declinata nella brandidentity?Da un lato la presenza di uno o più loghi-ni ‘verdi’ sembra diventata un obbligo: inquesto contesto il problema è emergeredifferenziandosi, sempre che si abbia qual-cosa di speciale da dire. In altre parole, nonfermarsi al loghino ‘green’ ma farne il por-tabandiera di un vero cambiamento orga-nizzativo. Dall’altro, in alcuni paesi abbia-mo avuto esperienze di brand creati espli-citamente per rispondere a istanze ecolo-giste; in Italia siamo ancora un po’ in ritar-do da questo punto di vista.

A parole il consumatore esprime una sen-sibilità green ma quando si tratta di met-tere mano al portafoglio tutto è ancoratroppo difficile.

Cosa rappresenta il digitale per chi si oc-cupa di branding?La marca interagisce con il consumatoresulla base di una serie di esperienze: il di-gitale è semplicemente uno dei canali at-traverso cui costruire questa esperienza.Che ovviamente deve essere coerente contutte le altre e ispirata dalla medesima stra-tegia di marca. Per chi fa branding il digi-tale è semplicemente una nuova grandis-sima opportunità in più per far vivere lamarca.

Brand identity e retail, come è possibilefar spiccare la marca all’interno dei pun-ti vendita?Vale quanto detto a proposito del digitale:una catena retail che non trasferisce i mes-saggi e la personalità della marca è un’oc-casione e un investimento sprecato.Troppo spesso, tuttavia, le aziende gesti-scono questo tema in modo separato ri-spetto alla marca, anziché fare discenderel’esperienza retail, che si traduce nella scel-

ta di colori, materiali, layout, grafiche, si-stemi di illuminazione, finiture, ecc. diret-tamente dalla strategia di marca.

Può citare una recente case history espli-cativa del vostro modus operandi?Un esempio può essere Citroën; la sfida diLandor è stata quella di rilanciare il brandriaccendendo il desiderio del consumato-re per un marchio iconico, riaffermando ilsuo ruolo nel mercato nazionale e guidan-do l’entrata del brand in nuovi mercati in-ternazionali. Per rilanciare l’immagine del-la casa automobilistica, abbiamo dapprimasviluppato una piattaforma strategica dimarca. Poi, insieme ai designer dell’azien-da, abbiamo rielaborato l’identità della mar-ca, donandole una maggiore visibilità e unmaggiore impatto, e sviluppato un ‘lookand feel’ che si ispira ai princìpi che hannosempre guidato Citroën: creatività e tec-nologia. Gli showroom Citroën, fondamen-tali per rafforzare la relazioni con i clienti,sono stati completamente ridisegnati. Lanuova identità di marca è stata lanciata nelfebbraio 2009 e dopo soli otto mesi le ven-dite sono aumentate in misura considere-vole. Citroën è oggi la marca di automobi-li preferita dai francesi. nc

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Per rilanciare l’immagine di Citroën, Landorha sviluppato una piattaforma strategica di marca, rielaborato l’identità del brand e sviluppato un ‘look and feel’ ispirato ai princìpi di marca: creatività e tecnologia

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Flessibilità, attenzione al cliente e visio-ne globale internazionale sono le caratte-ristiche che, in pochi anni, hanno fatto cre-scere in modo esponenziale l’agenzia dibranding Lumen, tanto che oggi vanta unteam di oltre 50 professionisti, uffici a Mi-lano, Londra, Doha e un’importante par-tnership a Mosca.“La differenza sta nell’approccio al cliente- spiega Pietro Rovatti, socio fondatore edirettore creativo corporate branding Lu-men -, nella convinzione che ogni proget-to meriti una metodologia ‘customizzata’,nella ricerca continua dell’innovazione (gra-zie all’Innovation Centre della sede di Lon-dra, ndr), nei molteplici successi di merca-to e nell’avere un team composto da quin-dici nazionalità diverse. Tra i vari strumen-

ti a disposizione, cito gli IlLUMENation Dayse il Brand Activation Program”.

Quali sono gli elementi immancabili inuna corretta operazione di brand identi-ty? Che peso ha la creatività? Analizzare correttamente la strategia azien-dale, ma senza farsi troppo coinvolgere dal-le dinamiche interne dell’azienda che spes-so non ne riflettono l’immagine esterna;pensare e agire in modo globale: ogni sin-golo item di comunicazione deve essereconnesso e collegato agli altri; concertarele soluzioni: coinvolgere e farsi coinvolge-re dagli altri attori della comunicazione;creare emozioni: non pensare solo in mo-do razionale e diretto; suscitare interesse:le vendite si stimolano quando si risultabelli, coerenti e diversi. Esiste un processopiù creativo di questo?

Quanto è fondamentale l’interazione tragli attori della marca? L’interazione tra gli attori della marca è unlento processo, ma inesorabile e prezioso.La difficoltà è trovare copiloti disposti amettersi in gioco senza senso di rivalità o

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Pietro Rovatti, socio fondatore e direttore creativo corporate branding Lumen

DIALOGO E RISULTATILUMEN NASCE NEL 2003, PROPONENDOSI AL MERCATO COME L’AGENZIA

DI BRANDING IN GRADO DI CONIUGARE INNOVAZIONE ED ESPERIENZA NELLA

GESTIONE DI GRANDI PROGETTI CON FLESSIBILITÀ, ATTENZIONE AL CLIENTE

E VISIONE GLOBALE INTERNAZIONALE. IN POCHI ANNI È RISULTATA TRA

LE AGENZIE DI BRANDING PIÙ DINAMICHE E PREMIATE DEL DECENNIO.

NEL SUO FUTURO? UN ULTERIORE SVILUPPO INTERNAZIONALE E UN

ACCRESCIMENTO QUALITATIVO E DI COMPETENZE A LIVELLO NAZIONALE.

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volontà preventiva di difesa delle proprieposizioni. Non credo che neanche i gran-di gruppi possano da soli assolvere a tuttigli aspetti della creazione e comunicazio-ne di marca.

Secondo lei, il digitale può estendere iconfini della brand identity? La brand identity non ha confini. Essa sideve esprimere coerentemente dalla pre-senza su una matita allo stile da usare nelcontesto digitale. Faccio una domanda: iltono di voce è diverso se sto illustrando idati societari sull’annual report da quellousato su un blog tematico? La marca è una,ma i vestiti che usa a seconda delle circo-stanze possono essere diversi; nella defi-nizione di queste circostanze e delle rela-tive applicazioni sta la difficoltà della ge-stione della marca oggi; gli scenari sonomolto più aperti e dinamici; occorre stareattenti perché l’ambito digitale e il mon-do reale non sono più due cose distinte!Penso sia capitato a tutti di dire: “Non hotrovato il sito, quindi non esiste”. Digito ergo sum...

Può citare una recente case history espli-cativa del vostro modus operandi?Citerei la recente e ancora in corso casehistory di Bottega Verde, azienda leader

della cosmetica naturale. Oltre un anno fasiamo stati contattati dal direttore gene-rale dell’azienda con diverse tematiche: dalriposizionamento della marca alla strate-gia di comunicazione, dalla caratterizza-zione del Punto Vendita alla valorizzazio-ne della presenza internazionale.Il progetto inizia con un approfondito dia-logo con l’azienda, per poi proseguire conla progettazione del nuovo posizionamen-to ‘Dalla ConoScienza della Natura, la Bel-lezza NaTUrale’ che, insieme alla valoriz-zazione dell’origine toscana, getta le basiper la valorizzazione della bellezza natura-le, della ricerca scientifica e del rapportodiretto con le clienti. Abbiamo lavorato conil nostro team multinazionale e multicul-turale, con architetti esterni, con istituti diricerca qualitativa, con nuove forme di co-municazione (in fase di sviluppo, ndr) e contutti i reparti dell’azienda. Il progetto harielaborato la communication platform, ildesign system, il tono di voce, la typefa-ce, disegnata ad hoc, il packaging designarchitecture, il catalogue design (recentevincitore di un primo premio nella sua ca-tegoria, ndr), la retail communication e, incollaborazione con l’azienda, è stato rivi-sto il sito di e-commerce.Un progetto simile non può essere svoltosenza un’attiva partecipazione della pro-prietà, con cui abbiamo dialogato costan-temente, come è nello stile di Lumen:dialogo e risultati per l’innovazione e l’evo-luzione della marca. nc

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La typeface, disegnata ad hoc da Lumenper Bottega Verde

Per celebrare il nuovo posizionamento di Bottega Verde, ‘Dalla ConoScienza della Natura, la Bellezza NaTUrale’, Lumen ha rielaborato la communication platform,il design system, il packaging designarchitecture, il catalogue design e la retailcommunication

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Mad unisce internamente competenze for-temente creative con una conoscenza ap-profondita dell’intero processo produttivo,incluse attività di photoshooting, illustra-zioni, produzione di chromaline, controllostampa.“Il nostro approccio - spiega Fran-cesca Abate, new business developmentmanager Mad - è molto concreto, pragma-tico e unito alla capacità di sviluppare tut-to internamente, dall’ideazione del conceptfino alla fine del processo, credo ci diffe-renzi in questo momento rispetto agli al-tri player del mercato italiano”.

Che peso ha la creatività in un’operazionedi brand identity? E quanto contribuisceconcretamente al processo di acquisto?A costo di sembrare banale, la mia rispo-sta è che sicuramente la creatività ha unpeso rilevante, ma la sua efficacia è tantomaggiore quanto più è forte la componen-te di pensiero strategico che ci sta dietro,al fine di creare un vero e proprio dialogocon il cliente, consentendogli di vivereun’esperienza di acquisto positiva, che equi-valga a fiducia e fedeltà al marchio. Que-sto discorso vale ancora di più se riferito abrand che operano nell’ambito del retail.

Che importanza ha la collaborazione congli altri player della comunicazione? Ri-tiene che l’interazione sia cresciuta ri-spetto al passato? Sì, credo di sì, ci si guarda forse con minorsospetto perché è probabilmente più chia-ro il ruolo di ognuno nell’ambito della fi-liera, e si è più consapevoli del valore ag-giunto che si può fornire al cliente con unareale e valida collaborazione.Tuttavia, per esperienza, posso dire che nonè un atteggiamento ancora molto diffuso,

soprattutto da parte delle agenzie di co-municazione che tendono in genere ad as-sorbire anche una parte delle attività cheinvece sarebbero proprie di un’agenzia dibranding. Ma a volte è il cliente stesso cheopta per la scelta di affidarsi a un unicoattore pur trattandosi di competenze eknow-how ben diversi, pensando probabil-mente di ottenere così una maggiore ef-ficienza.

In che modo la nuova visione green dellacomunicazione viene declinata nellabrand identity?Il tema è particolarmente in voga nell’ul-timo periodo, ma non molti brand sonoriusciti finora ad affermarsi in questo uni-verso in continua evoluzione. Qualcuno hadeclinato la sua vocazione green attraver-so campagne di sostenibilità, altri hannooptato per l’utilizzo di un packaging rici-clabile, ma la verità da non dimenticare èche, qualunque sia il modo in cui un brandscelga di procedere, importante è che ri-cordi che per i consumatori di oggi essere‘green’ non è una moda, bensì un cambia-mento nel comportamento e nel modo dipensare a lungo termine. nc

ESTRO PRAGMATICONATA PIÙ DI TRENT’ANNI FA COME AGENZIA DI COMUNICAZIONE E DESIGN,

CON IL PASSARE DEL TEMPO MAD SI È FOCALIZZATA SEMPRE PIÙ SUL

DESIGN E SULLA SUA APPLICAZIONE STRATEGICA AL BRAND. IL SUO OBIETTIVO

È CONSOLIDARE LA PROPRIA POSIZIONE PER ESSERE SEMPRE PIÙ PERCEPITA

COME PUNTO DI RIFERIMENTO NELL’AMBITO DEL DESIGN DI MARCA.

LA CAPACITÀ DI SVILUPPARE TUTTO INTERNAMENTE RAPPRESENTA, INFINE,

LA SUA MARCIA IN PIÙ.

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La design philosophy di Meta Idea si ba-sa sulla convinzione del valore del brand,attorno al quale, come in una cucina sa-pientemente organizzata e diretta, si svi-luppano strategie e strumenti in grado disoddisfare i differenti palati. Grazie al la-voro integrato di tre business unit, speri-menta e abbina strumenti e tecniche peroffrire progetti di comunicazione appeti-bili e sfiziosi, originali e nutrienti, appagan-ti e unici. ‘Marketing design’ elabora e in-dividua strategie mirate e strumenti effi-caci in area marketing communication:analisi strategica e progettazione si fon-dono nel lavoro di un team integrato didesigner e creativi in grado di ideare, pro-porre e realizzare iniziative e attività mi-surabili e di successo e sempre in linea con

il posizionamento dei clienti. La businessunit ‘event design’ è composta da un te-am di creativi, event manager e producerche sfruttando tutti gli strumenti proget-tuali e tattici offre soluzioni innovative,unendo unicità ed esclusività. La terza bu-siness unit, ‘new format’, è un laboratoriocomposto da creative & strategic planner,attenti alle nuove tendenze e ai nuovi sce-

nari e pronti a ideare e sviluppare proget-ti e format destinati a valorizzare il brandsu specifiche attività. Anticipa il brief delcliente proponendo iniziative studiate sutarget specifici, concepisce e realizza atti-vità trasversali, in modo da avvicinare brandfra loro affini su iniziative di co-branding.“Meta Idea - spiega Tiziana Beretta, desi-gner - propone ai propri clienti progetti

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Tiziana Beretta,designer Meta Idea

IL VALORE DELLA MARCAMETA IDEA È UN’AGENZIA DI MARKETING COMMUNICATION A FORTE

VOCAZIONE STRATEGICA E CREATIVA, CHE TRAE ISPIRAZIONE DA VALORI QUALI

CREATIVITÀ, STRATEGIA, TECNOLOGIA, RICERCA, NEW TREND E SOSTENIBILITÀ.

ATTRAVERSO UN APPROCCIO DESIGN ORIENTED, HA SVILUPPATO

TRE PRINCIPALI AREE DI COMPETENZA, VISUAL & BRAND DESIGN, EXHIBIT

& SPACE DESIGN, EVENT & NEW FORMAT, ATTRAVERSO LE QUALI PROPONE

PROGETTI CREATIVI E DI MARKETING INNOVATIVI.

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ideati e sviluppati con un approccio snel-lo basato su micro team dedicati e con unposizionamento che risponde ai sei valoriprincipali dell’agenzia: creativity, strategy,technology, research, new trend, sustaina-bility che sono alla base del nostro pen-siero creativo e innovativo”.

Quali sono gli elementi immancabili perrendere efficace un progetto di brandidentity? La creatività è sempre la base di ogni pro-getto e deve raggiungere il consumatore,nel processo di acquisto, attraverso mol-teplici codici e linguaggi. Gli elementi im-mancabili che rendono un progetto effi-cace: originalità, funzionalità, misurabilità.

Ritiene che l’interazione tra i partner chelavorano sulle diverse espressioni dellastrategia di comunicazione sia un valore?Le interazioni possibili sono molte e sem-pre più abituali nei progetti di brand iden-tity. È però necessario superare la logicadell’opportunità e individuare relazioninuove, meccanismi virtuosi del cambia-mento capaci di creare innovazione, iden-tità e partecipazione. La moltiplicazione

del profitto non può essere la meta finaledelle interazioni possibili.

In che modo la nuova visione green dellacomunicazione viene declinata nella brandidentity?La visione green è un valore che dovrebbepermeare buona parte dei progetti di brandidentity. Occorre sensibilizzare consuma-tori e clienti ad assumere atteggiamentieco-sostenibili ed eco-compatibili. In que-sto le agenzie possono svolgere un ruoloimportante ed essere le prime a veicolareidee e strumenti ‘green’.

E il digitale?La brand identity è sempre più fluida e ingrado di adattarsi ai nuovi scenari. La rivo-luzione digitale ha incrementato nei con-sumatori la consapevolezza di essere sog-getti attivi nel processo legato alla perce-zione di un brand. I messaggi devono per-tanto essere sempre chiari e trasparenti.Le nuove dinamiche relazionali prevedonoquasi sempre un primo approccio alla mar-ca tramite canali digitali e solo a seguireun avvicinamento nel punto di contattoreale. Il punto vendita è quindi il luogo di

approdo dove deve emergere il ‘calore’ del-la marca, ma anche l’attenzione al clien-te. Una customer relationship evoluta equasi personalizzata sul target.

Può citare una recente case history espli-cativa del vostro modus operandi?Un esempio rappresentativo è certamen-te la brand activation ideata, e ancora inesecuzione, per l’assessorato alle PoliticheGiovanili del comune di Monza. Un pro-getto modulare che ha attivato le diffe-renti competenze dell’agenzia in ambitostrategico, creativo, grafico e organizzati-vo. Dall’ideazione del brand e del logo Mon-za Giovani, alla progettazione di tutti i ma-teriali a supporto delle iniziative che ali-mentano il calendario di eventi territoria-li. Dal programma di partnership allo svi-luppo del canale web e social media. nc

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Per l’assessorato alle Politiche Giovanili del comune di Monza, Meta Idea si è

occupata dell’ideazione del brand e del logoMonza Giovani, e della progettazione

dei materiali a supporto delle iniziative chealimentano il calendario di eventi territoriali

Page 60: NC Speciale Brand Idendity

Rba nasce nel 1995 dall’incontro di Stefano Fabrucci e Fabrizio Bernasconi,provenienti uno dal mondo delle aziendee uno da quello della pubblicità. Un pen-siero comune, colmare uno spazio liberodel mercato con una struttura capace diconiugare nel design di marca pensierostrategico e qualità creativa, velocità e cu-ra. L’idea Rba coinvolge nel 1999 NicolaMincione, direttore creativo e partner, che,grazie alla sua grande esperienza di pac-kaging designer allarga la specializzazioneai settori vitivinicolo e spumantistico. Acompletare i servizi per una visione stra-tegica della marca, nel 2001 nascono RbaInteractive, specializzata nella progettazio-ne e gestione di siti web, e nel 2004 RbaAdvertising, agenzia di pubblicità.

Un approccio integrato e specialistico chefa del Gruppo una realtà con 35 addetti,dedicati principalmente alla corporate ebrand identity e al packaging design e 40clienti attivi. “Rba è indipendente e italia-na - afferma Fabrizio Bernasconi, seniorpartner & managing director Rba Branding& Design -, ma aperta all’internazionalitàgrazie alla presenza nel board Pda (Pan Eu-ropean Brand Design Association, ndr) eallo sviluppo di numerosi progetti interna-zionali. Collabora con le più importantiaziende nazionali e multinazionali, presen-ti oggi in diversi mercati, dal mondo deiservizi a quello consumer”.

Quali sono gli elementi immancabili inuna corretta operazione di brand identi-ty? Che peso ha la creatività? La strategia, parte di un metodo, di un pro-cesso in cui la creatività rappresenta lascintilla, importante, ma solo in quantogiusta, ossia migliore interprete di una stra-tegia. Nel caso di brand identity inoltre lacreativtà deve avere anche caratteristichedi adattabilità sui diversi strumenti di co-municazione su cui trova espressione.

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Fabrizio Bernasconi, senior partner & managing director Rba Branding & Design

APPROCCIO MULTIVITAMINICOMULTISPECIALIZZAZIONE NEI SERVIZI PER L’IDENTITÀ DI MARCA,

PROPOSITIVITÀ E INNOVAZIONE, VELOCITÀ DI REAZIONE E SOPRATTUTTO UNA

FORTE E RINNOVATA VICINANZA AL CLIENTE E AL CONSUMATORE. ECCO

LA VISIONE D’AGENZIA CON CUI RBA GROUP SI PROPONE DA OLTRE 15 ANNI

AL MERCATO, PER RISPONDERE EFFICACEMENTE IN CONTESTI SEMPRE

PIÙ COMPLESSI E COMPETITIVI. EFFICACE LA METAFORA CHE VEDE L’AGENZIA

COME UNA VERA E PROPRIA ‘VITAMINA’ PER IL BRAND.

Page 61: NC Speciale Brand Idendity

I diversi protagonisti della comunicazio-ne dialogano tra loro? Purtroppo ancora troppo poco, penso cheil confronto sia fondamentale per il benedella marca affinchè possa sempre più co-municare in modo coerente, soprattuttooggi in cui la marca è chiamata più che inpassato a utilizzare più mezzi, alcuni deiquali (per esempio, eventi, social network,ndr) divenuti importantissimi per la co-struzione della marca.

Come viene declinata oggi la brand iden-tity in chiave digitale?Sfruttando strategicamente il 2.0, gesten-

do quindi le grandi potenzialità d’intera-zione con i consumatori

E rispetto alla nuova visione green?Purtroppo quello del ‘green’ è ancora untema generalmente ancora poco sentitoin Italia; per esempio, parlando di packa-ging design in molti altri paesi europei, esoprattutto in Usa, i prodotti che utilizza-no una comunicazione ‘green’ sul packageregistrano vendite superiori mediamentedel 20% rispetto a prodotti analoghi non‘green’. Una semplice dimostrazione di unacrescente sensibilità dei consumatori oc-cidentali vs il tema ecologico che rappre-

senta quindi un imprescindibile valore dicostruzione di marca e quindi da conside-rare certamente in una strategia di brandidentity.

Può citare una recente case history espli-cativa del vostro modus operandi?All’inizio del 2010 il Consorzio per la tu-tela del Franciacorta ha deciso di rivederela propria identità in modo da poter rap-presentare meglio la leadership qualitati-va delle ‘bollicine italiane’, un’immagine dielevata qualità e credibilità presso i con-sumatori, la distribuzione e gli opinion lea-der. Il punto di partenza di questo proget-to è stata la definizione di un nuovo logoFranciacorta che, ‘liberandosi’ della deno-minazione legale di Consorzio per la tute-la del marchio, potesse immediatamenteidentificare il territorio e il prodotto, con isuoi valori di qualità, prestigio, affidabili-tà, semplicità e italianità, mantenendo ri-conoscibilità attraverso il noto simbolo del-la F merlata. Il nuovo logo riparte proprioda questo emblema rendendolo ancora piùprotagonista attraverso ‘l’abbraccio’ di duesegni morbidi che disegnano simbolica-mente un bicchiere. Un tratto semplice,elegante, rappresentativo che aggiunge unacomponente di emotività, evocata e raf-forzata dal nuovo claim: ‘Unione di passio-ni’. Un’espressione verbale meno centra-ta sull’organizzazione e più sulla visonedelle persone che si incontrano nel Con-sorzio. Franciacorta esprime un rapportostretto e indissolubile fra la terra, gli uo-mini e i suoi prodotti. Il nuovo marchio nonmodifica l’identità del Consorzio, ma ag-giunge elementi grafici e verbali che lo ren-dono più espressivo dei suoi valori di per-sonalità, ricchezza, prestigio, orgoglio, e delsuo stile, semplice ed elegante. nc

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Rba ha firmato il progetto di revisionedell’identità di marca per il Consorzio per la tutela del Franciacorta

Page 62: NC Speciale Brand Idendity

Per SignDesign la comunicazione non èuna parola, ma un atto efficace. Il payoffaziendale, ‘creatività per la comunicazio-ne’, testimonia appunto l’integrazione del-le aree create in agenzia dalla sua nascitaa oggi, tutte al servizio della comunicazio-ne d’impresa. Il format professionale è in-novativo e dedicato a tutti quei brand chehanno capito che un’azienda che non co-munica, non c’è. Tutte le discipline di cuiSignDesign ha un know-how consolidatovengono applicate alla comunicazione deimigliori brand del design italiano, anchegrazie alla costruzione di un network di con-tatti specifico.“La maggior parte delle nostre energie èfocalizzata nella ricerca e cura dei brand delsettore design - spiega Stefano Gangli, di-rettore creativo -. Il futuro ha per noi solouna parola d’ordine: specializzazione, spe-

cializzazione, specializzazione”. Le sue car-te vincenti? Un team design-oriented, larivista edita dall’agenzia stessa, ‘Livingroo-me, interior design magazine’ e l’offertastrutturata anche per eventi, attività di re-tail e contract. “Tre anni fa - continua Gan-gli -, desiderosi di realizzare un progetto

autonomo, abbiamo ideato un free-pressmagazine sull’interior design che ha pub-blicato finora 26 numeri, distribuito a livel-lo nazionale in luoghi dove nessun altro de-sign magazine arriva e dove i brand vorreb-bero farsi vedere. È il miglior ‘account’ del-l’agenzia: lavora sempre, weekend compre-si. Oltre alle pianificazioni media, molteaziende legate al mondo del design, e nonsolo, sono diventate nostre clienti (Boffi,Valcucine, Falper, Mion, Manifatture Siga-ro Toscano, ecc., ndr), affidandoci progettiintegrati di ampio respiro. La rivista ci ha,infine, consentito di fidelizzare i clienti ac-quisiti. Dimostrando come un coraggiosoatto di ragionata creatività, il magazine ap-punto, possa diventare un valido strumen-to di mercato".

Come viene declinata oggi la brand iden-tity in chiave digitale?La ‘chiave’ di oggi non è quella di domani,ma intendo domani, fra 24 ore insomma.Una volta tutto era incentrato sul ‘sito in-ternet’ e si facevano studi di mesi per deci-dere se e come farlo. Oggi arriva l'App delcompetitor e devi farne una entro 48 ore

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Stefano Gangli,direttore creativo SignDesign

SPECIALIZZAZIONE3

NATA DIECI ANNI FA COME AGENZIA DI CREATIVITÀ E IMMAGINE, SIGNDESIGN

SI È EVOLUTA NEL TEMPO E, OGGI, LO SVILUPPO DI NUOVI BRAND, LA

COSTRUZIONE DELLA LORO IMMAGINE, L’ADVERTISING, LA DIREZIONE CREATIVA,

LA PROGETTAZIONE DI INNOVATIVI STRUMENTI DI COMUNICAZIONE E LE

RELAZIONI MEDIA RAPPRESENTANO IL SUO CORE-BUSINESS. L’OBIETTIVO?

AVERE DOMANI UN’IDEA MIGLIORE DI OGGI. SEMPRE ALL’INSEGNA

DELLA SPECIALIZZAZIONE.

Page 63: NC Speciale Brand Idendity

per il tuo cliente, altrimenti sei out! Postiun ‘event’ su Facebook e dopo mezz’ora haigià perso utenti perché c’è un ‘event’ più re-cente. Ecco gli spunti per declinare la brandidentity sul digitale. L’importante è che do-mani tu abbia un’idea migliore di oggi e,possibilmente... tu sia il primo ad averla.

In che modo la nuova visione green dellacomunicazione viene declinata nella brandidentity?Oggi, più che in passato, l’attenzione delmercato intorno alla parola ‘green’ è mol-to elevata. Il pubblico è più attento, si fadomande e, quindi, anche nelle campagneè necessario che ci sia coerenza tra il mes-saggio e la modalità in cui si sceglie di co-municarlo. Anche, e specialmente, se siparla di ecosostenibilità. La brand identi-ty è green se è green il concept che il brandcliente propone sul mercato.

Come è possibile far spiccare la marca al-l’interno dei punti vendita?Ecco una delle richieste più frequenti del

settore del product design. Le modalitàspesso vengono proprio dalla filosofia del-la marca.Ed ecco, ad esempio, che il concetto di ‘so-stenibilità’ di una marca può diventare ilmodo per farla spiccare in un flaship sto-re. Il co-branding è un’altra delle chiavistrategiche in un retail che mira semprepiù a far vivere un’esperienza memorabi-le in cui brand identity complementari sisupportino per attirare un target a voltediffidente. L’introduzione nei punti vendi-ta di occasioni di coinvolgimento, maga-ri legate all’arte o a particolari installazio-ni scenografiche, fa sì che la brand iden-tity contribuisca oggi, come mai in pas-sato, alla costruzione della reputazione diuna marca.Ci stiamo occupando proprio in quest’ul-timo periodo di un evento che vedrà Pol-trona Frau portare in showroom le notepoltrone ‘Vanity Fair’ vestite da stilisti.Un efficace esempio di come il retail stiadiventando sempre più l’attore principaledella identità di marca.

Può citare una recente case history espli-cativa del vostro modus operandi?Grazie alla nostra pluriennale esperienza eai contatti con aziende di prestigio comeBialetti, Olivetti, Poltrona Frau, siamo sta-ti scelti dal ministero dello Sviluppo Eco-nomico per l’organizzazione e realizzazio-ne dell’immagine coordinata di una mo-stra sui più noti oggetti di design italianibrevettati. Ci siamo occupati della relazio-ne con le aziende, progetto editoriale e gra-fico del catalogo, ideazione dell’immaginecoordinata di comunicazione, organizzazio-ne evento e incontri con designer di famamondiale, attività di ufficio stampa a livel-lo nazionale e internazionale. Il tutto espo-sto per quattro mesi all’Ara Pacis di Roma.Crediamo che sia un chiaro esempio di crea-tività per la comunicazione integrata. nc

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Una cover del magazine ‘Livingroome, interior design magazine’

edito dall’agenzia SignDesign

Page 64: NC Speciale Brand Idendity

“Sono ormai 25 anni che lavoro esclusi-vamente nel brand naming. Attraverso Synesia, opero in squadra con altri consu-lenti specializzati in branding e identity,con l’obiettivo di proporre ai clienti, azien-de e agenzie, figure ‘di nicchia’ dall’espe-rienza consolidata”.Così esordisce Béatrice Ferrari, esperta dibrand naming, presentando la società dicui è fondatrice.“In Synesia - continua - la nostra peculia-rità è quella di radunare e formare squa-dre di esperti tagliate a seconda delle esi-genze del cliente. Siamo tutti liberi profes-sionisti con un minimo di 10 anni di espe-rienza, spesso ‘iper specializzati’. Siamo in-dipendenti, volenterosi di lavorare insie-

me, di imparare a vicenda e soprattutto diservire il cliente con una prestazione sumisura e di ottimo valore qualità/prezzo”.

Quali sono gli elementi immancabili in unacorretta operazione di brand identity?Una corretta brandi parte da un’identifi-cazione chiara del posizionamento e del-

la personalità del progetto che poi vieneespressa attraverso i vari componenti diidentità: un nome, un logotipo, dei colori,un simbolo, un packaging, ecc...La creatività è fondamentale, ma deve ri-spondere a precisi obiettivi strategici. Nonstiamo parlando di arte dove la creazionepuò esplodere a random, ma di commer-cio e di obiettivi economici: la creativitàdeve servire a uno scopo commerciale. Nonsarà certo romantico, ma si tratta di undato concreto che non va perso di vista.Essere creativi ‘con criterio’ significa esse-re capaci di comunicare al cliente-target:se scelgo un nome impronunciabile dal miotarget, potrà essere creativo a piacere, manon raggiungerò il mio obiettivo di esserepronunciato e quindi memorizzato facil-mente dal mio cliente. Come farà il miocliente a raccomandare il mio prodotto senon riesce a pronunciarne il nome?Ricordiamo il grande flop di Toys ’r’us, ca-tena di negozi di giocattoli presenti nelmondo intero, che ha incontrato moltissi-mi ostacoli in Italia, tra i quali anche quel-lo di aver un nome difficile da leggere, de-cifrare e pronunciare. Il passaparola è un

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Béatrice Ferrari, esperta di brand naming e fondatrice Synesia

CREATIVI ‘CON CRITERIO’NATA DALL'INIZIATIVA DI BÉATRICE FERRARI, SYNESIA RIUNISCE

PROFESSIONISTI ALTAMENTE SPECIALIZZATI E COMPETENTI NELL'AMBITO DEL

BRANDING. CHE SIANO CREATIVI, GIURISTI, COMMERCIALISTI O RICERCATORI,

QUESTI ESPERTI RISPONDONO A UNA SERIE DI CRITERI DI SELEZIONE E SI

IMPEGNANO A LAVORARE SECONDO PRECISI STANDARD QUALITATIVI.

INDIPENDENTI, VOLENTEROSI ED ENTUSIASTI DI GARANTIRE AL CLIENTE

PROGETTI COMPETITIVI SU MISURA.

Page 65: NC Speciale Brand Idendity

vettore di vendita da non sottovalutare,ed è indispensabile che il cliente sia in gra-do di appropriarsi il nome.

Come viene declinata oggi la brand iden-tity in chiave digitale?Sulla rete si arriva alla marca ricercata at-traverso specifici link oppure tramite pa-role digitate per lo più nei motori di ricer-ca. L’utilizzo di parole generiche come iden-tità di marca porta il cliente a identificaretutta la sfilza dei concorrenti che utilizza-no le stesse parole per identificare la pro-pria attività. Per quanto riguarda il brand

naming, la rivoluzione digitale ha inoltrefortemente contribuito a complicare la di-sciplina: oggi i nomi non solo devono es-sere disponibili come marchi di proprietà,ma anche come nome a dominio. E sicco-me la rete è di per sé mondiale, la dispo-nibilità dei nomi si è drasticamente rare-fatta. Inoltre, la rete comunica a un pub-blico multilingue e costringe all’identifica-zione di nomi semplici, brevi, internazio-nali. La sfida poi è riuscire a creare nomicoerenti, internazionali e disponibili legal-mente anche sulla rete. Un rompicapo avolte molto scoraggiante.

Può citare una recente case history espli-cativa del vostro modus operandi?La più recente è quella di Moramor, cara-mella gommosa, punta di diamante del-l’assortimento di Horvath (Lindt & Sprün-gli). Un nuovo posizionamento, accompa-gnato dal restyling del marchio Horvath edalla creazione di un nuovo payoff, ‘DolciTradizioni’, ha portato anche alla decisio-ne di battezzare con un nome specifico lecaramelle gommose, protagoniste del brandHorvath e finora vendute con una descri-zione generica. Synesia ha quindi portatoavanti uno studio semiotico e di marke-ting, con l’obiettivo di identificare un no-me che fosse in grado di conferire mag-giore personalità al prodotto stando vici-no alla forma dello stesso (la forma a ‘mo-ra’, ndr), dare la possibilità al prodotto diconfrontarsi meglio con i concorrenti e ini-ziare la formalizzazione della strategia no-minale Horvath in modo da renderla piùspecifica e chiara.Il prodotto è stato battezzato Moramor, incoerenza con gli obiettivi aziendali dichia-rati: il nome è composto dall’unione deidue sostantivi ‘mora’ e ‘amore’, il primo arichiamo della forma della caramella, e ilsecondo a evocazione della sua dolcezza,la sua deliziosità e la sua morbidezza. Laripetizione delle lettere finali e l’amalga-ma delle due parole creano un’assonanzaforte e distintiva, memorizzabile e accat-tivante che può essere letta sia come ‘mor-amor’ che come ‘mora-mor’. nc

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Synesia ha firmato il brand naming delle caramelle gommose a marchio Horvath (Lindt & Sprüngli)

Page 66: NC Speciale Brand Idendity

Fin dalla sua nascita, nel 1996, Univisualaiuta i propri clienti nella creazione di iden-tità di successo, offrendo assistenza stra-tegica e operativa a supporto di scelte evo-lutive, distintive e durevoli. La metodolo-gia d'intervento si fonda su modelli propridedicati e su servizi mirati allo sviluppo diinnovativi sistemi di brand identity. “Uni-visual - spiega Gaetano Grizzanti, fonda-tore e brand strategy director - ha contri-buito all'affermazione della moderna cul-tura di branding nel nostro Paese, graziealla qualità e al forte spirito innovativo deisuoi progetti, premiati dai principali rico-noscimenti del settore.L'approccio consulenziale, l’efficacia delmetodo strategico, l'esclusivo pensiero pro-gettuale, il rigore del suo design, la creati-vità innovativa e l'esperienza nella costru-zione di un brand system sono le caratte-ristiche differenzianti di Univisual, unite

all’italianità e alla visione internazionaleche le consentono di rispondere alle esi-genze del mercato e del branding moder-no con risposte business-oriented e qua-lità d'alto profilo”.

Quali sono gli elementi immancabili inuna corretta operazione di brand identi-ty? Che peso ha la creatività? La creatività è un anello del processo stra-tegico. Per un’azienda già esistente, unastrategia di brand identity deve basarsi suuna serie di passaggi. La prima attività ofase è quella di analisi dello status, del vis-suto dell’azienda, significa individuare i va-lori di impresa e come sono stati fino a og-gi posti sul mercato. Fase due, bisogna la-vorare sul creare consapevolezza all’inter-no dell’azienda su cosa significa evolvereil modello di business in una mentalitàorientata al brand. È un’attività pedagogi-ca da fare innanzitutto sul managementdirezionale.Non c’è brand identity che tenga se l’azien-da non ha capito perché deve agire in ter-mini di branding. Terza fase, definire qua-li cambiamenti effettuare e razionalizzarela brand equity, cioè non più i valori delprodotto, ma i valori della marca.La brand equity rappresenta quindi il pa-trimonio valoriale della marca. Quarta fa-se, definita la mappa dei valori del brand,si razionalizzano le linee guida che la crea-

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Gaetano Grizzanti, fondatore e brand strategy director Univisual

LA CULTURA DEL BRANDINGSOCIETÀ INDIPENDENTE SPECIALIZZATA NELLA CONSULENZA DI DIREZIONE

PER LA BRAND IDENTITY, UNIVISUAL È STATA COSTITUITA CAPITALIZZANDO

UN'ESPERIENZA INIZIATA NEL 1986 DA GAETANO GRIZZANTI. OGGI,

È TRA LE REALTÀ ITALIANE PIÙ RICONOSCIUTE PER LA COSTRUZIONE,

RIVITALIZZAZIONE E GESTIONE DELL'IDENTITÀ DI MARCA E D’IMPRESA. PERFETTA

INTEGRAZIONE TRA CULTURA DI DESIGN E CONSULENZA NELLE STRATEGIE

DI COSTRUZIONE DELL’IDENTITÀ DEI BRAND.

Page 67: NC Speciale Brand Idendity

tività dovrà seguire per creare un nome,un logo, ecc... Quinta fase, parte il proces-so creativo, per individuare le soluzioni chetraducano quando definito nelle fasi pre-cedenti. Anche in questa attività lavoria-mo comunque con una creatività brand-oriented: per noi la marca è sacra.

Gli effetti della rivoluzione digitale in-fluenzano in qualche modo anche labrand identity?Il digitale è un media come gli altri, e co-me tutti gli altri non deve influenzare labrand identity. È quest’ultima che deve in-fluenzare i media. La brand identity prece-de qualsiasi comunicazione pubblicitaria,e la pubblicità deve essere quanto più pos-sibile coerente con la brand identity.

Ritiene che gli aspetti etici e il tema del-la responsabilità sociale siano entrati nelperimetro della struttura identitatria del-le marche?Gli aspetti etici, rispetto al passato, stan-no entrando sempre di più nel ragiona-mento strategico d’impresa, e quindi nel-

la struttura identitaria dei brand. Se unmarchio si muove sul mercato come unamarca, cioè come entità esplicita, eviden-te, diretta, è bene che prenda in conside-razione anche gli aspetti etici, che influen-zano il modo in cui ci si pone verso il pro-prio pubblico. Essere etico non significa so-lo sponsorizzare un giardino pubblico, si-gnifica essere al 100% trasparenti.È una cosa difficile. Essere trasparenti si-gnifica non creare dubbi quando ci si muo-ve sul mercato, non creare equivoci, esse-re aperti al confronto, pronti a risponderea ogni sollecitazione, sia interna sia ester-na. Essere chiari, fare una scelta di campoben precisa.

Può citare una recente case history espli-cativa del vostro modus operandi?L’intervento fatto per Banca Popolare diMilano nell’ottobre 2010. Abbiamo svilup-pato un sistema di branding per un busi-

ness in start-up del Gruppo. Si tratta diProFamily.Abbiamo curato, a livello strategico, le mo-dalità identificative con cui ProFamily do-veva porsi sul mercato, definito la strate-gia di identità che ha basato il modo diporsi nei confronti delle famiglie, targetprivilegiato di ProFamily, evidenziando gliaspetti etici, in riferimento al tema dei pre-stiti. Il payoff che abbiamo individuato è‘Credito genuino’ e il marchio è un ‘cuordi pulcino’.Il nostro obiettivo e risultato è stato quel-lo di rivoluzionare, con un marchio inno-vativo, un settore come quello finanziario,in un modo fortemente atipico.Abbiamo curato tutto tranne il nome: dal-la strategia alla brand identity, passandoper il logo, il payoff, l’iconografia, il carat-tere tipografico e i punti vendita. Il lavo-ro complessivo ci ha impegnato quasi unanno. nc

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Univisual ha firmato strategia identitaria,logo, payoff e corporate/retail identity di ProFamily, nuova società nel credito

al consumo di Banca Popolare di Milano

Page 68: NC Speciale Brand Idendity

Vittorio Mancini & Associati è un’agen-zia storica milanese che negli ultimi tren-t’anni ha fatto un percorso creativo voltoall’eccellenza. Ha scelto di essere una re-altà indipendente ai fini di mantenere unapersonalità autonoma e ben caratterizza-ta. Un ‘atelier del design’, con uno spiritoda sempre orientato al cliente. “Per il fu-turo - spiega Alberto Zavatta, general ma-nager Vittorio Mancini & Associati -, vo-gliamo riconfermare il nostro approccio diqualità, cura e passione, continuando a ope-rare nei mercati a noi da sempre più vici-ni (food/beverage, ndr), potenziare quellinuovi, ma già attivi per noi (detergents/body care/pharma, ndr), e aprire nuove re-lazioni con clienti forse non così abitualiper noi, ma che credano nelle nostre capa-cità creative.

Vittorio Mancini & Associati crede nel pro-prio stile. Ci tiene a interpretare le richie-ste dei clienti, non snaturando i valori e iprincipi che regolano il proprio modo di fa-re design.“Questo è un ‘added value’ importante -continua Zavatta -, perché non basta fare‘cose belle’ ma anche ‘cose che funzioni-no’.Al di là della forte competenza in que-sto settore, a un team di esperti creativi,alle più recenti tecnologie abbiamo unastruttura in grado di affrontare la ‘visionestrategica’. Monitoriamo costantementele evoluzioni dei mercati internazionali, ciconfrontiamo con i consumatori attraver-so brainstorming creativi periodici, abbia-mo un network (Trendlab,ndr) di corrispon-denti da vari paesi nel mondo, diamo unsupporto di marketing sempre orientato:tutto ciò si riversa nei nostri progetti crea-tivi dando soluzioni che si contraddistin-guono per originalità.

Quali sono gli elementi immancabili in unacorretta operazione di brand identity? Elemento immancabile è avere una ‘visio-ne strategica’. Questo significa intrapren-

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L’ATELIER DEL DESIGNINDIPENDENTE, PER SCELTA, E, QUINDI, NON ASSOCIATA AI GRANDI GRUPPI

DELLA COMUNICAZIONE, CON L’OBIETTIVO DI MANTENERE UNA PERSONALITÀ

AUTONOMA, VITTORIO MANCINI & ASSOCIATI PUNTA, DA SEMPRE, ALLA

QUALITÀ E ALL’ORIGINALITÀ, CON PASSIONE E LUNGIMIRANZA. L’ANALISI

COSTANTE DEI MERCATI INTERNAZIONALI, IL CONFRONTO CONTINUO CON

I CONSUMATORI E UN NETWORK DI CORRISPONDENTI DA VARI PAESI NEL

MONDO NE COMPLETANO IL PROFILO.

Alberto Zavatta, general manager Vittorio Mancini & Associati

Page 69: NC Speciale Brand Idendity

dere fin da principio un viaggio nel brandche parta dall’idea, la sappia motivare, rie-sca a infonderle caratteri chiari e appro-priabili.Avere presente sempre lo scenariocompetitivo, osservare l’evoluzione deitrend, essere attenti alle dinamiche del‘consumer behaviour’ sono aspetti impre-scindibili per la costruzione di un’immagi-ne di marca solida. La creatività è centra-le nella misura in cui sia in grado di inter-pretare l’idea e l’essenza del brand. Nonuna creatività puramente estetica ma ben-sì una creatività che interpreti le attese delconsumatore. In tal senso, il processo diacquisto può essere fortemente influenza-to, soprattutto laddove la marca entra afar parte del lifestyle della persona e nonè più solamente prodotto o servizio: è in-vece un completamento dell’esperienzaquotidiana.

Oggi si può parlare di integrazione tra idiversi attori della comunicazione? Sicuramente si assiste a una maggior dina-mica di ‘integrazione’. Quanto più gli atto-ri sono vicini tanto maggiori sono le oppor-

tunità di successo. Integrazione, inoltre, nonvuol semplicemente dire potenziamentodella marca in sé, ma anche, e soprattutto,potenziamento dei network di business al-l’interno del comparto specifico.

La digitalizzazione dell’immagine aprenuovi orizzonti anche in termini di brandidentity?È una dimensione ancora non totalmenteesplorata e che, ogni giorno, offre nuovesoluzioni o semplicemente nuovi stimolida cogliere. Estremamente interessanti duefenomeni, a mio avviso: il primo risiedenella capacità dei ‘social network’di gene-rare nuovi canali mediatici e spesso di so-stituirsi, a un costo inferiore, ai canali tra-dizionali; il secondo è la crescita del feno-meno delle agenzie creative ‘on-line’ cheoffrono servizi di design, ma non solo, conun semplice click e a prezzi decisamentecompetitivi rispetto al mercato classico.

Può citare una recente case history espli-cativa del vostro modus operandi?Una case history importante è quella del

gruppo Colussi per il quale abbiamo nel-l’ultimo anno sviluppato interventi di ri-posizionamento e di new design di indub-bio valore grafico ma soprattutto strate-gico per la marca.Tra questi: il restyling delbrand Agnesi e del suo packaging, il resty-ling del brand Riso Flora e della linea diprodotti Parbolied e Classici, il rilancio delbrand Colussi, con la revisione del logo edell’intero pack design partendo dal frol-lino Gran Turchese, il redesign di Misura edi tutte le sue gamme con l’obiettivo diconferire alla marca modernità, gusto equotidianità, la rivisitazione della tradizio-ne del logo Sapori di Siena e il redesigndella linea di prodotti. nc

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Per il gruppo Colussi,Vittorio Mancini &Associati ha sviluppato interventi

di riposizionamento e di new design di alto valore grafico, ma, soprattutto,

strategico per la marca

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Il mondo cambia. La globalizzazione, for-se nata per fare business, sta creando unacultura civica migliore, senza precedenti nel-la storia dell’umanità. Gli interessi sociali,prima raramente diffusi, sono adesso con-divisibili dalla massa. Però, ciò che oggi ri-sulta ancora difficile, è associare il brand al-la parola ‘eticità’. Non tutti i marchi hannoun comportamento etico, ma le marche, inquanto tali, sono obbligate ad averlo.Quando parliamo di marca dobbiamo pen-sare che, attraverso di essa, un’impresa hala possibilità di antropomorfizzarsi.Attuareuna strategia orientata alla corporate-so-cial-responsibility conviene, perché un mar-chio che riesce a incarnare uno spirito uma-no sviluppa un potere economico senza li-miti. Le persone comprano da chi dà lorofiducia e si fidano di più di uomini che han-no dei valori. Una marca deve agire da in-dividuo consapevole delle proprie possibi-lità, ma anche dei propri doveri.L’Enciclopedia Treccani definisce ‘responsa-bile’chi risponde delle proprie azioni e deipropri comportamenti, rendendone ragio-ne e subendone le conseguenze. Se provia-mo ad accostare questa accezione al con-cetto di brand, in quanto persona, ci accor-giamo immediatamente di essere giunti alpunto nevralgico del concetto. L’area di azio-ne del brand, infatti, non è più la semplicetransazione economica tra azienda e clien-te, ma è il processo che porta alla creazio-ne di un rapporto di empatia con il riceven-te, costituito da una precisa serie di sensa-zioni e atteggiamenti in cui l’azione, peresempio l’acquisto di un prodotto, diventauna naturale conseguenza. Per far sì che sicrei fiducia e credibilità tra le parti, è neces-

sario che il brand si faccia interprete dei nuo-vi paradigmi della comunità, i quali, peresempio, non sono solo riferiti alla salva-guardia dell’ambiente, ai diritti dei lavora-tori o alle attività di solidarietà sociale (va-lori importanti ma oggi prerequisiti fonda-mentali), ma riguardano una richiesta espli-cita, apparentemente facile, da parte dellepersone: quella della TRASPARENZA.Insomma, a un’azienda di marca oggi è ri-chiesto di essere più chiara nel modo di por-si, di avere il coraggio di trasmettere un’iden-tità netta e senza compromessi.Effettivamente, per un brand, nulla è più dan-noso del fatto di creare dubbi e perplessità.Il consumatore è come un cittadino. E il cit-tadino del ‘mondo delle marche’ è stanco di

assistere a comportamenti distonici e op-portunistici. Non si fida più di organizzazio-ni autoreferenziali, ha bisogno di punti di ri-ferimento in grado di persistere nel temposenza tradire il bisogno di fiducia, di coeren-za e di promesse mantenute.Se un brand vuole dimostrare davvero unareale responsabilità sociale, il primo degliobiettivi da raggiungere è dunque quello diaumentare il proprio grado di trasparenza.Essere trasparenti può voler dire anche am-mettere i propri errori. Sbagliare è umano.E un po’ di umanità è tutto quello che, ineffetti, ognuno di noi vorrebbe dai brand.

Gaetano Grizzanti, consulente di branding,fondatore Univisual

IL TEMA DELLA CSR È UNA QUESTIONE CHE DI RIFLESSO COINVOLGERÀ SEMPRE PIÙ ANCHE IL MONDODEL BRANDING. PER APPARIRE SENSIBILI AI PROBLEMI SOCIALI, NON È PIÙ SUFFICIENTE SPONSORIZ-ZARE UN EVENTO UMANITARIO, NÉ FARE UNA DONAZIONE A UN’ASSOCIAZIONE SENZA SCOPO DI LUCRO. MA COME PUÒ UNA MARCA, IN MANIERA CONCRETA, FAR PROPRIO IL VALORE DELL’ETICITÀ?

BRAND RESPONSIBILITY

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