Micotossine Negli Alimenti

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    FACOLTÁ DI FARMACIA E MEDICINA

    CORSO DI LAUREA IN TECNICHE DELLA

    PREVENZIONE NELL'AMBIENTE E NEI LUOGHI DI

    LAVORO

    SEDE DI FROSINONE

    TESI DI LAUREA:

    MICOTOSSINE NEGLI ALIMENTI DI ORIGINE

    VEGETALE: IL RUOLO DEL TECNICO DELLA

    PREVENZIONE

    Relatore Laureanda

    Prof. Claudio Berna Stefania Genovese

    Matricola 1343817

    Anno Accademico 2011 – 2012

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     INDICE 

    Introduzione…………………………………….………………….............4 

    CAPITOLO I: Funghi tossigeni e micotossine

    1.1 Sviluppo delle muffe………………………………………….…...6

    1.2 Aflatossine………………………………………………….……...8

    1.2.1  Aflatossine ed epatocarcinoma……………………….………..…..11

    1.2.2  Esempi di matrici contaminate da aflatossine……………….…….12

    1.3 

    Ocratossine.....................................................................................151.4 Fusariotossine……………………………………… …….……...16

    1.5 Zearalenoni…………………………………………..….….……18

    1.6 Fumonisine…………………………………………….………....20

    1.7 Patulina…………………………………………..……………….21

    1.7.1  Patulina nei succhi di frutta………………………..……………....22

    1.8 Micotossine minori……………………………………….….…..25 

    CAPITOLO II: Prevenzione del rischio micotossine

    2.1 Quadro normativo…………………………………………….....26

    2.2 Prevenzione dello sviluppo di funghi micotossino-produttorisulle matrici più frequentemente interessate: i cereali…………30 

    2.2.1 Prevenzione in pre-raccolta………………………………………..30

    2.2.2 Prevenzione in post-raccolta……………………………………….32

    2.3 Bonifica dei prodotti………...…...………......…….……………35

    CAPITOLO III: Il campionamento

    3.1 Metodiche di campionamento……………......…………………36

    3.1.1 Metodo di campionamento per i cereali e i prodotti derivati……….37

    3.1.2 Metodo di campionamento per i fichi secchi, le arachidi e la fruttaa guscio…………………………………….………………………39

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    3.2 Il lavoro in fase di campionamento……..………………...……42

    3.2.1 L’esperienza Ispettiva presso il Servizio Igiene degli Alimenti edella Nutrizione di Cassino ..…………………………………...….42

    CAPITOLO IV: Il ruolo del Tecnico della Prevenzione

    4.1 La gestione del rischio micotossine…………………….………45

    4.2 Compiti del Tecnico della Prevenzione……………...…………48 

    Conclusioni………………………………………………………………..51

    Rassegna legislativa di riferimento……………………………….……..53

    Bibliografia………………………………………………………………..55

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    INTRODUZIONE 

    Gli alimenti, fattori essenziali della nostra vita, se non prodotti in modo

    igienico, possono avere effetti nocivi sulla salute e non sono rari i casi di

    consumatori che manifestano malattie dopo aver consumato cibo

    contaminato. Ecco perché è necessario che chi opera in un’industria

    alimentare faccia tutto il possibile affinché gli alimenti prodotti siano sicuri

     per i consumatori; infatti la sicurezza di un alimento è un requisito che non

    ammette deroghe o eccezioni.

    L’assunzione di sostanze tossiche attraverso il consumo di alimenti

    costituisce una delle principali e più attuali problematiche di natura igienica

    in campo alimentare e, nella valutazione del rischio igienico, per questo, si

     presta particolare attenzione alle micotossine.

    Le micotossine rappresentano un gruppo di oltre 100 sostanze

    chimicamente identificate che possono esercitare un'azione tossica

    sull'uomo e sugli animali d'allevamento, principalmente attraverso

    l'ingestione di alimenti contaminati. Sono metaboliti secondari prodotti da

    muffe (funghi microscopici) che colonizzano le derrate alimentari. L’habitat

    delle muffe è caratterizzato dalla presenza di ossigeno; le ritroviamo sulla

    superficie di alimenti con un alto contenuto di glucidi e di umidità. La

    funzione delle tossine è, molto probabilmente, di difesa da altri patogeni

    con i quali il fungo può entrare in competizione, o di risposta a stress

    esterni. È risaputo che non esiste una relazione diretta tra l’incidenza

    dell’attacco fungino e il livello di micotossine, e questo suggerisce come la

    semplice verifica della presenza del fungo non dia necessariamenteindicazione del livello di contaminazione.

    La produzione delle micotossine di interesse alimentaristico può essere

    ricondotta principalmente a tre generi di funghi  Aspergillus, Penicillium, 

    Fusarium. Le micotossine raramente portano ad intossicazioni acute ma la

    loro pericolosità dipende dalla capacità di determinare intossicazioni

    croniche conseguenti all’ingestione di piccole dosi ripetute nel tempo.

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    Sono metabolizzate in diversi organi bersaglio dove esplicano il loro effetto

    tossico diverso in base al tipo di tessuto colpito. Gli effetti dipendono inoltre

    dal tipo di micotossina coinvolta, dalla quantità e durata dell'esposizione,

    dall'età, dallo stato di salute, dal sesso del soggetto colpito e da tutta una

    serie di fattori ancora da studiare adeguatamente, come la genetica, la dieta e

    le interazioni con altri agenti tossici.

    Le micotossicosi acute possono determinare danni ad apparati quali il

    circolatorio, il respiratorio, il digerente, l’escretore, il riproduttivo ed al

    sistema nervoso. Per quanto riguarda invece le micotossicosi croniche,

    l’aspetto tossicologico più rilevante è legato al fatto che le micotossine sono

    sostanze cancerogene estremamente potenti in tutte le specie animalistudiate, con induzione di tumori in diversi organi tra cui fegato e reni

    costituiscono i bersagli principali. Nell’uomo ad esempio, sono associate

    alla comparsa del cancro dell’esofago.

     Nell’anno 2011 sono state trasmesse attraverso il Sistema di allerta rapido

    comunitario 3721 notifiche; di queste il 16% hanno riguardato la presenza di

    micotossine negli alimenti, delle quali la maggior parte rilevate nella frutta

    secca e snack. Sebbene il fenomeno sia in leggero calo rispetto al 2010, sitratta sempre di una dimensione consistente della problematica. La maggior

     parte delle notifiche, a livello mondiale, riguarda la presenza di aflatossine

    (92%). Si nota in particolare come i dati siano in calo a partire dall’anno

    2009 dopo che i controlli sono diventati più efficaci con regolamenti europei

    che hanno aumentato i controlli verso alcuni Paesi in particolare, ossia i

     paesi in via di sviluppo che non hanno controlli rigidi e severi come i nostri. 

    Lo scopo di questa tesi è quindi di fornire norme generali sulla prevenzionedella contaminazione delle matrici alimentari di origine vegetale e

    l’instaurazione di sistemi di controllo in rete di commercializzazione,

    inerenti le micotossine, mediante i servizi Ispettivi dei SIAN.

     Nel caso specifico il SIAN della ASL di Frosinone, presso cui la sottoscritta

    ha svolto la parte sperimentale della tesi, è quello del Distretto di Cassino e

     per la parte generale, l’Ispettorato Micologico. I compiti cui si è prestata

    attenzione sono stati quelli propri del Tecnico della Prevenzione. 

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    CAPITOLO I 

    FUNGHI TOSSIGENI E MICOTOSSINE

    1.1 Sviluppo delle muffe

     Nonostante l’alta variabilità e l’ubiquitarietà, le popolazioni fungine per

    svilupparsi hanno bisogno di alcune condizioni ambientali idonee. La

     produzione massima di tossine si raggiunge quando sono presenti condizioni

    di stress per lo sviluppo del micete, a seguito ad esempio di brusche

    variazioni di temperatura ed umidità. È opportuno infatti ricordare che le

    condizioni ottimali di crescita fungina non coincidono necessariamente con

    quelle ottimali per la produzione di tossine; tale produzione, infatti, è

    considerata una risposta a condizioni di stress per il fungo. Premesso che i

    fattori geografici e stagionali hanno un ruolo decisivo, la presenza di

    micotossine negli alimenti coinvolge tutta la filiera produttiva: dal campo

    alla tavola. È noto, infatti, che non solo le tecniche agronomiche e

    l’andamento meteorologico possono condizionare la contaminazione ma

    anche le operazioni di post-raccolta nonché le fasi domestiche di

    conservazione o di manipolazione degli alimenti.

    Le muffe possono svilupparsi principalmente su derrate alimentari di origine

    vegetale sia a seguito di stress ambientali cui la pianta è stata sottoposta,

    come ad esempio condizioni di estrema aridità del campo, mancanza di un

    assorbimento bilanciato di nutrienti, sia a causa di fattori ambientali come

    condizioni climatiche, temperatura, umidità, attacco di insetti e volatili.

    In condizioni favorevoli allo sviluppo di funghi tossigeni, le micotossine

     possono essere formate in una qualunque delle fasi di produzione e di

    trasformazione di un prodotto alimentare.

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    In particolare, le micotossine possono essere prodotte nelle piante infette in

     pieno campo; nel corso delle operazioni di raccolta; nella fase di

    immagazzinamento delle derrate (stoccaggio, trasporto); nel corso delle

    trasformazioni tecnologiche delle preparazioni alimentari.

    Durante la fase di coltivazione ad esempio la formazione di muffe tossigene

    è favorita da determinate condizioni climatiche (di umidità e temperatura)

    ma anche l’attacco delle piante da parte di insetti agevola l’infezione.

    La contaminazione nelle fasi successive alla raccolta è influenzata

    dall’epoca della raccolta, dal livello di maturazione e di umidità, dalle

    operazioni fisiche svolte (danni meccanici al prodotto). Durante la fase di

    stoccaggio sono ancora le condizioni di temperatura e umidità insieme aitempi di permanenza in ambienti chiusi (per esempio nei silos) a influenzare

    l’attacco da parte delle muffe.

    In generale le condizioni ambientali favorevoli allo sviluppo delle

    micotossine sono temperatura, umidità dell’ambiente e umidità

    dell’alimento. Si può dire che genericamente la tossinogenesi è favorita da:

    UMIDITA’ 80-90%TEMPERATURA (25 – 30°C)

    Inoltre, anche nella fase di magazzinaggio, sullo sviluppo di micotossine, ha

    una notevole importanza l’infestazione da insetti. Il tipo di substrato è

    l'elemento che probabilmente più di ogni altro influenza la tossinogenesi. È

    noto che i vegetali favoriscono la produzione di micotossine, più dei

    substrati animali; la presenza soprattutto di amido sembra incrementare lamicotossinogenesi, così come pure la presenza di zinco. Le derrate

    alimentari a maggior rischio sono i cereali (alcune specie di frumento, mais,

    segale, orzo), caffè, arachidi, vino, frutta secca. La crescita fungina si

     previene agendo su substrato, umidità, ossigeno, temperatura, fungicidi,

    fungistatici.

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    1.2 Aflatossine

    Le aflatossine sono prodotte da alcune specie di Aspergillus  ( A. flavus,  A.

     parasiticus). Si ritiene generalmente che  A. flavus (ubiquitario, diffuso nei

    climi temperati)  produca le aflatossine B1 e B2, mentre  A. parasiticus

    (maggiormente diffuso nei climi tropicali e subtropicali)   produca le

    aflatossine B1, B2, G1, G2. Gli  Aspergillus  possono essere presenti

    ovunque, ma la loro proliferazione è favorita da un ambiente caldo e secco.

    La temperatura ottimale di crescita per questi funghi è di circa 25°C(sebbene possano accrescersi a temperature comprese tra 6°C e 46°C); il

    loro sviluppo è, inoltre, favorito da un’umidità relativa dell’aria pari o

    superiore all’85%. Gli Aspergillus infatti sono tipici di stagioni con elevate

    temperature associate a condizioni di stress idrico della pianta. 

    Analogamente, sintesi e rilascio di aflatossine possono verificarsi sia nella

    fase di “pre” che di “post” raccolta in condizioni di elevato contenuto di

    umidità e a temperature relativamente alte. La maggiore produzione ditossine avviene tra 24°C e 27°C per l’Aflatossina B1 e tra 29°C e 30°C per

    l’Aflatossina G1. La presenza di insetti spesso coincide con alti livelli di

    aflatossine (specie nel caso del mais), in quanto essi sono da considerare tra

    i maggiori responsabili della contaminazione sia per il trasporto delle spore

    fungine sia per il danneggiamento della pianta, con aumentata esposizione

    della stessa all’attacco fungino. Altri fattori che influenzano la produzione

    di aflatossine sono il grado di aerazione e un pH acido.

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    Sostanze che, invece, riducono la produzione di aflatossine sono:

    dichlorvos, selenite, nitrati, etilene, acido benzoico, ossigeno, azide, derivati

    epossidici e perossidici, oleuropeina, acido sorbico, BHA (idrossianisolo

     butilato), solfito di potassio, tracce di metalli pesanti e caffeina. Inoltre lo

    sviluppo contemporaneo sullo stesso substrato di più specie fungine riduce

    la produzione di micotossine.

     Aspergillus

    Le aflatossine vengono prodotte preferenzialmente su substrati ricchi di

    carboidrati. Gli alimenti più frequentemente inquinati sono i cereali (mais in

     particolare), i semi oleosi (soprattutto arachide), i semi di cotone, noci e

    mandorle ma va ricordato che una cattiva conservazione può far comparire

    le aflatossine anche in prodotti non considerati a rischio. Nel 1993

    l’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC) ha classificato

    le Aflatossine B1 e G1 nel Gruppo 1, cioè come “ agenti cancerogeni per

    l’uomo”. L’Aflatossina B1 ha effetti cancerogeni ed epatotossici e

    immunosoppressori provoca danni al DNA ma non è possibile stabilire una

    soglia massima di assunzione con la dieta; pertanto il principio tossicologico

    di riferimento sarà quello di mantenere il livello di esposizione il più basso

     possibile. 

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    Valori massimi ammissibili di aflatossine (µg/kg)

    (Circ. n. 10, 9 giugno 1999), (Reg.UE n.165/2010)

    PRODOTTO AFLATOSSINE

    B1 B1+B2+G1+G2

    Arachidi ed altri semi oleosi, frutta a guscio e frutta secca e relativi prodotti

    di trasformazione destinati al consumo umano o dell’impiego come

    ingredienti di prodotti alimentari.

    Cereali, prodotti derivati e trasformati, a base di cereali destinati al

    consumo umano o all’impiego di ingredienti come derrate alimentari.

    2 4

    Arachidi ed altri semi oleosi da sottoporre a cernita o ad altro trattamento

    fisico prima del consumo umano o dell’impiego come ingredienti di

     prodotti alimentari.

     Nocciole e noci del Brasile da sottoporre a cernita o ad altro trattamento

    fisico prima del consumo umano o dell’impiego quali ingredienti di prodotti

    alimentari.

    8 15

    Frutta a guscio e frutta secca da sottoporre a cernita o ad altro trattamento

    fisico prima del consumo umano o dell’impiego come ingredienti di

     prodotti alimentari.

    Piante infusionali o loro parti, nocciole e noci del Brasile destinate al

    consumo umano diretto o all’impiego quali ingredienti di prodotti alimentari.

    Granturco e riso da sottoporre a cernita o ad altro trattamento fisico prima

    del consumo umano o dell’impiego quali ingredienti di prodotti alimentari.

    Le seguenti specie di spezie:

    Capsicum  spp. (frutti secchi dello stesso, interi o macinati, compresi

     peperoncini rossi, peperoncino rosso in polvere, pepe di Caienna e paprica);

    Piper  spp. (frutti dello stesso, compreso il pepe bianco e nero);

     Myristica fragrans (noce moscata);

     Zingiber officinale (zenzero);

    Curcuma longa (curcuma);

    Miscele di spezie contenenti una o più delle suddette.

    5 10

    Mandorle, pistacchi e semi di albicocca, da sottoporre a cernita o ad altro

    trattamento fisico prima del consumo umano o dell’impiego quali ingredientidi prodotti alimentari.

    12 15

    Mandorle, pistacchi e semi di albicocca destinati al consumo umano diretto o

    all’impiego quali ingredienti di prodotti alimentari.8 10

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    1.2.1 Aflatossine ed epatocarcinoma

    L’epatocarcinoma, tumore maligno del fegato dalla prognosi spesso

    infausta, riconosce vari fattori di rischio, tra i quali l’ingestione di cibi

    contaminati da aflatossine. Le aflatossine sembrano essere i principali

    responsabili della notevole diffusione di questo tipo di neoplasia in alcune

    zone dell’Asia e dell’Africa; le popolazioni residenti in queste regioni,

    infatti assumono grandi quantità di alimenti contaminati. L’esposizione

    alimentare ad aflatossine è considerata uno dei principali fattori di rischio

    anche delle infezioni croniche da virus dell’epatite B e C; spesso le regioni

    del mondo in cui avviene la maggior esposizione ad aflatossine sono lestesse regioni che presentano alti tassi di infezione da virus dell’epatite B.

    Il Ministero della Salute redige una lista, che fa parte del Sistema di allerta

    rapido Europeo di segnalazione di merci, dove numerose sono le

    segnalazioni di cibi contaminati da aflatossine, relative soprattutto a

    mandorle, arachidi e pistacchi. Da ciò si evince come nemmeno la

     popolazione italiana può essere considerata del tutto esente dal rischio di

    esposizione ad aflatossine, anche se le abitudini alimentari e il clima fannosi che ci sia un’esposizione molto modesta.

    Le aflatossine non creano solo problemi alla popolazione generale, ma

    anche ad alcune categorie di lavoratori che possono essere esposte ad

    aflatossine, anche in regioni del mondo in cui non sono presenti funghi

     Aspergillus, a causa dell’importazione di materiale contaminato.

    Uno studio condotto su lavoratori danesi esposti ad aflatossine presenti in

    raccolti importati ha mostrato un aumento di epatocarcinoma tra quelli cheavevano avuto una maggiore esposizione a derrate contaminate da

    aflatossine, in un periodo di 10 o più anni prima della diagnosi di tumore.

    Studi condotti in lavoratori dell’industria di produzione di mangimi per

    animali hanno dimostrato livelli di aflatossina B legata alle proteine

    ematiche maggiori rispetto a individui non professionalmente esposti.

     Nel caso dell’esposizione lavorativa l’assorbimento delle micotossine

    avviene prevalentemente attraverso la via respiratoria.

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    Maggiormente a rischio di esposizione possono quindi essere considerati i

    lavoratori che si trovano a contatto con materiale alimentare con aflatossina.

    Un intervento a livello individuale potrebbe essere quello di assumere un

    corretto stile di vita, basato su un’attenta valutazione dei prodotti assunti

    con la dieta. La maggior parte delle aflatossine, nei paesi ad alto grado di

    esposizione, contaminano mais e arachidi; bisognerebbe quindi evitare di

    consumare questi cibi molto frequentemente, seguendo una dieta più variata

     possibile. I processi di cottura possono ridurre la quantità di aflatossine, ma

    questi effetti sono variabili e possono produrre altri metaboliti tossici. In

    ogni caso l’unica arma vincente contro l’insorgenza di patologie risulta

    essere un’adeguata opera di prevenzione.

    1.2.2 Esempi di matrici contaminate da Aflatossine

    Arachidi

     Non possono essere commercializzate né importate le arachidi che non

    rispettino i limiti massimi per contenuto di aflatossine. La contaminazione

    delle Arachidi da parte di aflatossine si verifica principalmente nelle zone incui vengono prodotte, dove il clima è caldo e umido. Per quanto riguarda

    l’importazione, tutte le partite provenienti dall'estero devono essere

    sottoposte a controlli effettuati nelle località di entrata della merce nel

    nostro Paese dagli organi preposti. È bene ricordare che l'olio di arachide

    raffinato, usato per la fabbricazione delle margarine e per cucinare, è privo

    di aflatossine, anche se prodotto con semi contaminati, poiché qualsiasi

    traccia di aflatossina che possa passare nell'olio greggio viene rimossa daltrattamento con alcali usato nel processo di raffinazione.  Per quanto

    riguarda la preparazione del campione per l’analisi costituito da arachidi

    esso deve essere preventivamente e completamente sgusciato. La massa dei

    semi di arachide deve essere integralmente macinata e accuratamente

    omogeneizzata.  Dal campione così trattato, viene prelevata l'aliquota

    necessaria per l'analisi.

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    13 

    Pistacchi

    I pistacchi sono originari di una vasta zona dell’Asia minore ed oggi sono

     prodotti prevalentemente nelle zone mediterranee e nell’ovest asiatico in

     paesi quali Afghanistan, Iran, Iraq e Turchia. Un mese o più prima della

    maturità il guscio del pistacchio si apre parzialmente. L’involucro resta

    sostanzialmente intatto, ma talvolta si può dividere sia per il processo dicrescita naturale sia prematuramente. Durante la fase di divisione

    dell’involucro esterno, i pistacchi sono maggiormente suscettibili alla

    contaminazione con spore di A. flavus e A. parasiticus, potenziali produttori

    di aflatossina B1. Un’apertura prematura, dovuta ad esempio a danni causati

    da attacco di insetti, è associata ad un rischio più alto di contaminazione da

    aflatossine. In Iran, Afghanistan e Iraq si coltivano specie caratterizzate da

    grosse noci con gusci che sono relativamente soggette ad un’apertura prematura, inoltre, i fattori climatici caratteristici di queste zone sono un

    altro elemento favorente.

    Riuscire ad ottenere un campione rappresentativo di pistacchi per la

    determinazione della contaminazione da aflatossine è particolarmente

    difficile, dato che è stata verificata un’incidenza della contaminazione

    fungina che riguarda un numero molto basso di pistacchi.

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    Come dimostrato da vari studi, infatti, in 30 kg di campione può essere

    contenuto un singolo pistacchio contaminato; d’altra parte i frutti di

     pistacchio possono contenere un livello di aflatossine decisamente alto,

    nell’ordine di 1.000.000 ng; per tale motivo da un singolo frutto

    contaminato può derivare una contaminazione media di circa 33 μg/kg di

     prodotto, considerando come unità base, come consigliato dalla Comunità

    europea, 30 kg di prodotto. I pistacchi sono utilizzati in un numero rilevante

    di processi produttivi alimentari attraverso delle trasformazioni che vanno

    dall’arrostimento alla salatura per arrivare alla fornitura di ingredienti base

     per l’industria alimentare e dolciaria.

    Un’indagine che copre il periodo che va dal 2000 al 2006 mostra che nel44% dei campioni di pistacchi commercializzati sul territorio europeo i

    livelli di aflatossine sono superiori al limite di rivelazione e nel 15,4% dei

    casi sono superiori a 10 μg/kg, raggiungendo concentrazioni anche

    decisamente elevate (Gilli et al., 2010).

    Durante il 2007 sono state censite dal RASFF (Rapid Alert System for Food

    and Feed) 176 notifiche concernenti la segnalazione di non conformità nel

    rispetto del limite di contaminazione da aflatossina B1 dei pistacchi; nel72% dei casi si trattava di pistacchi importati dall’Iran, mentre nel 2005 le

    notifiche riguardanti lo stesso problema e la stessa tipologia di prodotto

    furono 457, corrispondenti a più del 50% delle segnalazioni globali di

    irregolarità di derrate alimentari contaminate da aflatossine. Se nel 2005

    circa il 25% dei pistacchi iraniani furono respinti dalla Comunità europea,

    nel 2007 questa percentuale si è ridotto al 10%. In compenso un altro Paese

     produttore, la Turchia, con un volume di esportazione di pistacchi versol’Europa decisamente minore rispetto all’Iran, ha evidenziato il 25% di non

    conformità per livelli troppo alti di aflatossine, con conseguente rifiuto dei

     prodotti da parte del mercato europeo (Gilli et al., 2010).

    Il Regolamento CE 165/2010 afferma che i pistacchi, prima di essere

    destinati al consumo umano, possono essere sottoposti solo a cernita o ad

    altro trattamento fisico. 

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    15 

    1.3 Ocratossine

    Penicillium sp.

    L'Ocratossina A è una micotossina prodotta da funghi dei generi

    Penicillium e Aspergillus. Per la crescita dei funghi produttori di ocratossine

    nei cereali sono necessari un contenuto minimo di umidità del 15-16% e

    temperature di 4°C-37°C. Tra i prodotti che con più frequenza vengono

    contaminati da ocratossine vi sono: cereali (orzo, mais, sorgo), arachidi,

    fagioli, legumi in generale, caffè, prodotti da forno (pane, pasta ecc.),

    mangimi e alimenti diversi. L’effetto tossico sulla salute è principalmente ditipo nefrotossico, teratogeno, immunosoppressore e cancerogeno. La dose

    settimanale tollerabile (TWI) (tolerable weekly intake) di Ocratossina A è

     pari a 120 ng/kg di peso corporeo. Nel 1993 l’Agenzia Internazionale per la

    Ricerca sul Cancro (IARC) ha classificato l’Ocratossina A nel Gruppo 2B,

    cioè come ‘’possibile agente cancerogeno per l’uomo’’.

    Valori massimi ammissibili di ocratossina A (µg/kg)

    (Circ. n. 10, 9 giugno 1999) 

    PRODOTTO OCRATOSSINA A

    Derivati dei cereali 3

    Cereali non lavorati 5

    Cacao e prodotti derivati 0,5

    Caffè tostato e caffè solubile 4

    Caffè crudo 8

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    16 

    1.4 Fusariotossine 

    Tricoteceni

    All'interno della famiglia dei tricoteceni si ascrivono più di 100 composti

    strutturalmente correlati, prodotti da specie appartenenti al genere

    Fusarium. Dei tricoteceni, quattro sono rinvenuti frequentemente negli

    alimenti: tossina T-2, vomitossina o deossinivalenolo, diacetossiscirpenolo e

    nivalenolo. I Fusarium  sono importanti agenti di fusariosi dei cereali; si

    sviluppano prevalentemente in zone temperate, con condizioni ambientali di

    elevata umidità relativa e temperature moderate (10-30°C).La tossina T-2 è un tricotecene con elevata tossicità prodotto principalmente

    da Fusarium sporotrichioides, una specie fungina dotata di debole attitudine

     parassitaria e che si sviluppa poco nei cereali in campo. A differenza del

    deossinivalenolo e del nivalenolo questa tossina è molto meno diffusa nelle

    derrate alimentari e costituisce un problema solo per granaglie umide

    lasciate in campo in autunno o per le varietà invernali. Il deossivalenolo e il

    nivalenolo si ritrovano soprattutto nei cereali, quali mais orzo e frumentocontaminati da alcune specie di Fusarium quali F. graminearum, culmorum,

    crookwellense. Il Deossinivalenolo (DON), conosciuto anche come

    vomitossina, si presenta come una tra le principali micotossine isolate nelle

    farine, insilati e granaglie in generale.  Nell'uomo, la vomitossina è un

    contaminante soprattutto di cariossidi di riso e di frumento nonché di

     prodotti di seconda trasformazione quali i fiocchi di avena e di riso, destinati

    all'alimentazione dei bambini. L’effetto tossico dei tricoteceni èimmunosoppressore, dermatotossico ed emorragico. Nel 1993 l’Agenzia

    Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC), ha classificato il

    deossinivalenolo nel Gruppo 3, cioè come “non classificabile come agente

    cancerogeno per l’uomo”.

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    17 

    Valori massimi ammissibili di Deossinivalenolo (µg/kg)

    (Reg. CE n.1126/2007)

    PRODOTTO DEOSSINIVALENOLOCereali non trasformati diversi da grano duro,

    avena e granoturco.1 250

    Grano duro e avena non trasformati, granoturco

    non trasformato, ad eccezione del granoturco

    non trasformato destinato alla molitura ad

    umido.

    1 750

    Cereali destinati al consumo umano diretto,

    farina di cereali, pasta (secca), crusca e germe

    come prodotto finito commercializzato per il

    consumo umano diretto.

    750

    Pane (compresi piccoli prodotti da forno),

     prodotti della pasticceria, biscotteria,merende a

     base di cereali e cereali da colazione.500

    Alimenti a base di cereali trasformati e altri

    alimenti destinati ai lattanti e ai bambini.200

    Frazioni della molitura del granoturco di

    dimensioni > 500 micron di cui al codice NC

    1103 13 o 1103 20 40 e altri prodotti della

    molitura del granoturco non destinati alconsumo umano diretto di dimensioni > 500

    micron di cui al codice NC 1904 10 10.

    750

    Frazioni della molitura del granoturco di

    dimensioni ≤ 500 micron di cui al codice NC

    1102 20 e altri prodotti della molitura del

    granoturco non destinati al consumo umano

    diretto di dimensioni ≤ 500 micron di cui al

    codice NC 1904 10 10.

    1 250

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    18 

    1.5 Zearalenoni

    Fusarium: Stadio avanzato

    Gli Zearalenoni sono micotossine prodotte da almeno 8 diverse specie di

    funghi tossigeni del genere Fusarium, in particolare da F. graminearum, da

    F. culmorum, e da F. equiseti, diffusi colonizzatori di cereali dove trovano

    le condizioni ottimali per la sintesi delle micotossine. La micotossina

     principale generata da questi funghi è lo Zearalenone o gli Zearalenoli (nellaforma alfa e beta). L’attività tossigena di questi funghi può iniziare nelle

    colture cerealicole infette (mais, frumento, sorgo, orzo, avena) e continuarla

    durante la raccolta e nei prodotti conservati (granaglie, insilati, fieni) se le

    condizioni restano favorevoli (contenuto di umidità dei prodotti del 20-22 %

    e alternanza di temperature diurne di 22°C-25°C e notturne di 12°C-15° C

    che stimolano la formazione della micotossina). I prodotti soggetti a

    contenere Zearalenone sono essenzialmente i cereali (cariossidi, sfarinati,mangimi, alimenti) ed in modo particolare il mais. È possibile trovare

    Zearalenone non solo nelle spighe di mais infette, ma anche negli insilati

    (silomais). L’effetto tossico dello Zearaleone è estrogeno-simile. Nel 1993

    la IARC, ha classificato lo Zearalenone nel Gruppo 3, cioè come “non

    classificabile come agente cancerogeno per l’uomo”.

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    19 

    Valori massimi ammissibili di Zearalenone (µg/kg)

    (Reg. CE n.1126/2007)

    PRODOTTO ZEARALENONECereali non trasformati diversi dal granoturco e

    derivati dei cereali.100

    Granoturco non trasformato ad eccezione di

    quello destinato alla molitura ad umido.350

    Cereali destinati al consumo umano diretto,

    farina di cereali, crusca e germe come prodotto

    finito commercializzato per il consumo umano

    diretto.

    75

    Olio di granoturco raffinato 400

    Pane (compresi piccoli prodotti da forno),

     prodotti di pasticceria, biscotteria, merende a

     base di cereali e cereali da colazione, esclusi

    merende a base di granoturco e cereali da

    colazione a base di granoturco.

    50

    Granoturco destinato al consumo umano diretto,

    merende a base di granoturco e cereali da

    colazione a base di granoturco.

    100

    Alimenti a base di cereali trasformati (esclusi

    quelli a base di granoturco) e altri alimentidestinati ai lattanti e ai bambini.

    20

    Alimenti a base di granoturco trasformato

    destinati ai lattanti e ai bambini.20

    Frazioni della molitura del granoturco di

    dimensioni > 500 micron di cui al codice NC

    1103 13 o 1103 20 40 e altri prodotti della

    molitura del granoturco non destinati al consumo

    umano diretto di dimensioni > 500 micron di cui

    al codice NC 1904 10 10.

    200

    Frazioni della molitura del granoturco di

    dimensioni ≤  500 micron di cui al codice NC

    1102 20 e altri prodotti della molitura del

    granoturco non destinati al consumo umano

    diretto di dimensioni ≤  500 micron di cui al

    codice NC 1904 10 10.

    300

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    20 

    1.6 Fumonisine  (B1, B2, B3)

    Vengono prodotte in grosse quantità dal Fusarium moniliforme.  Il F.

    moniliforme ha il mais come pianta ospite privilegiata per l'accrescimento.

    La presenza delle fumonisine nel mais è stata associata all'elevata incidenza

    di tumori esofagei nell'uomo. Da un punto di vista epidemiologico non

    sussiste ancora una correlazione diretta tra incidenza di tumore esofageo e

    consumo di mais contaminato da fumonisina, anche se la maggior parte

    degli studi propende per una possibile relazione. Inoltre la Fumonisina B1

    ha effetto neurotossico, cancerogeno e citotossico. Nel 1993 l’Agenzia

    Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC) ha classificato la

    Fumonisina B1 nel Gruppo 2 B, cioè come “ possibile agente cancerogeno

     per l’uomo”.

    Valori massimi ammissibili di Fumonisine (µg/kg)

    (Reg. CE n.1126/2007)

    PRODOTTO FUMONISINE (B1 + B2)

    Granoturco non trasformato, ad eccezione di

    quello destinato alla molitura ad umido.4000

    Granoturco e prodotti a base di granoturco

    destinati al consumo umano diretto.1000

    Cereali da colazione e merende a base di

    granoturco.800

    Alimenti a base di granoturco trasformato e altri

    alimenti destinati ai lattanti e ai bambini.200

    Frazioni della molitura del granoturco di

    dimensioni > 500 micron di cui al codice NC

    1103 13 o 1103 20 40 e altri prodotti della

    molitura del granoturco non destinati al consumo

    umano diretto di dimensioni > 500 micron di cui

    al codice NC 1904 10 10.

    1400

    Frazioni della molitura del granoturco di

    dimensioni ≤  500 micron di cui al codice NC

    1102 20 e altri prodotti della molitura del

    granoturco non destinati al consumo umano

    diretto di dimensioni ≤  500 micron di cui al

    codice NC 1904 10 10.

    2000

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    21 

    1.7 Patulina

    Penicillium

    La patulina e' una micotossina prodotta da funghi di vario genere, inclusi

    Penicillium, Aspergillus  e  Byssochlamys. Sebbene la patulina si possa

    trovare in molti frutti ammuffiti, cereali ed altri alimenti, le fonti

     principali di contaminazione da patulina sono le mele ed i prodotti derivati.Provoca effetti citotossico e immunosoppressore. Essendo la patulina

    resistente ai processi industriali di lavorazione della frutta, i prodotti

    derivanti da questi costituiscono le principali fonti di assunzione per questa

    tossina. La fermentazione alcolica è in grado di distruggere la patulina,

     pertanto i prodotti ottenuti dalla completa fermentazione degli zuccheri

     presenti nel succo, come il sidro e l’aceto di mele o pere, non contengono

     patulina. Questa è relativamente insensibile alle variazioni di temperatura, in particolare a pH acido. È stato riferito che trattamenti brevi ad alta

    temperatura (150°C) riducono di circa il 20% le concentrazioni di patulina.

    Tuttavia, il solo trattamento termico non è sufficiente per assicurarne

    l'assenza. Nel 1993 la IARC, ha classificato la patulina nel Gruppo 3, cioè

    come “non classificabile come agente cancerogeno per l’uomo”; questa

    micotossina quindi è considerata mutagena ma non cancerogena.

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    22 

    Valori massimi ammissibili di Patulina in Europa (μg/kg)

    (Reg. CE n. 1425/2003)

    PRODOTTO PATULINA

    Succhi di frutta, in particolare succo di mela e

    ingredienti di succo di frutta presenti in altre

     bevande compreso il nettare di frutta.

    Bevande alcoliche, sidro e altre bevande

    fermentate derivate dalle mele o dal succo.

    50

    Prodotti contenenti mele allo stato solido,

    compresi la composta e il passato di mele.25

    Succo di mela pronto al consumo e prodotti

    contenenti mele allo stato solido, compresa la

    composta e il passato di mele per lattanti e

     bambini nella prima infanzia.

    10

    1.7.1 Patulina nei succhi di frutta

    (Racc. dell’11 agosto 2003)

    Il lavaggio della frutta o la rimozione del tessuto ammuffito

    immediatamente prima della spremitura non elimina necessariamente tuttala patulina presente nel frutto perché quest'ultima potrebbe essersi diffusa in

    tessuti apparentemente sani. Le spore di molte delle muffe che possono

     produrre patulina se presenti sulla frutta non ancora raccolta, si sviluppano

    generalmente dopo la raccolta. Tuttavia, la crescita di muffa e la produzione

    di patulina può verificarsi nella frutta non ancora raccolta quando il frutto è

    malato o danneggiato dagli insetti, oppure se si raccoglie per la lavorazione

    anche la frutta caduta dall'albero. Le condizioni del frutto al momento dellaraccolta, il modo in cui viene maneggiato successivamente (in particolare

    durante il magazzinaggio) e la misura in cui le condizioni di magazzinaggio

    sono inibitorie della crescita di muffe, sono tutti fattori che influiscono sulla

     probabilità di contaminazione da patulina del succo e di altri prodotti

    ricavati dalla frutta fresca e conservata. Le raccomandazioni per ridurre la

    contaminazione da patulina del succo di mele sono divise in due parti:

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    23 

    -  prassi raccomandate basate sulla buona pratica agricola

    -  prassi raccomandate basate sulla buona pratica di fabbricazione

    Prassi raccomandate basate sulla buona pratica agricola (BPA)

    Prima della raccolta

    - Durante la stagione dormiente, tagliare, asportare e distruggere tutto

    il legno malato e tutta la frutta mummificata.

    - Potare gli alberi, in modo da dare alle piante una forma che consenta

    una buona circolazione dell'aria e penetrazione della luce tra le

    fronde.- Adottare misure per tenere a freno i parassiti e le malattie che

    causano direttamente la putrefazione della frutta o danno adito alle

    muffe.

    - Migliorare i livelli di calcio e fosforo, qualora essi non siano

    ottimali, mediante l’uso controllato di fertilizzanti, per rafforzare la

    struttura cellulare in modo da ridurre la predisposizione della frutta

    alla putrefazione.

    Raccolta e trasporto della frutta

    Tutta la frutta andrebbe maneggiata quanto più delicatamente possibile:

    occorre fare tutti gli sforzi per ridurre al minimo i danni fisici in tutte le fasi

    dei procedimenti di raccolta e di trasporto. Tutti i recipienti utilizzati per il

    trasporto della frutta raccolta devono essere puliti, asciutti e senza detriti.

    La frutta raccolta meccanicamente, cioè scuotendo gli alberi e raccogliendoi frutti dal terreno mediante appositi macchinari, deve essere trasportata agli

    impianti di lavorazione entro 3 giorni dalla raccolta.

    Prassi di trattamento dopo la raccolta e di magazzinaggio dei frutti destinati

    al mercato dei prodotti freschi.

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    24 

    I coltivatori di mele e gli altri produttori di succo che non hanno impianti

     per la conservazione in ambiente controllato, devono fare in modo che la

    frutta destinata alla produzione di succo sia spremuta il più presto possibile

    dopo la raccolta. Preraffreddare completamente i magazzini prima dell'uso,

    infatti normalmente la muffa si sviluppa in ambienti caldi. Le mele

    immagazzinate andrebbero esaminate regolarmente, almeno una volta al

    mese. Se l'esame dei campioni rivela un deterioramento delle condizioni

    della frutta, questa dovrebbe essere spostata dal magazzino e usata prima

    che si guasti gravemente.

    Prassi raccomandate basate sulla buona pratica di fabbricazione (BPF)

    Trasporto, controllo e spremitura della frutta

    Il trasporto dal magazzino frigorifero all'impianto di lavorazione andrebbe

    effettuato nel tempo più breve possibile (l'ideale sarebbe un tempo inferiore

    alle 24 ore, a meno che la frutta sia conservata in celle frigorifere).

    Una volta che la frutta è arrivata all'impianto, occorre controllarne la qualità,

    accertando in particolare se vi siano danni esterni o interni dovuti allamuffa. Durante la lavorazione e prima della spremitura, la frutta va

    accuratamente selezionata al fine di scartare tutti i frutti ammuffiti e lavata

    a fondo utilizzando acqua potabile o adeguatamente trattata. Le presse per

    fare il succo e le altre attrezzature di produzione dovrebbero essere pulite e

    sterilizzate con acqua potabile e disinfettante appropriato. Dopo la

    spremitura occorre analizzare campioni di succo per verificare l'eventuale

     presenza di patulina. Il succo va preferibilmente raffreddato ad unatemperatura inferiore a 5°C, tenuto a tale temperatura e conservato a tassi di

    ossigeno ultrabassi finché non venga concentrato, imballato o pastorizzato.

    Il succo va spedito all'impianto di imballaggio soltanto dopo che le analisi

    abbiano dato la certezza che il tenore di patulina è inferiore al limite

    massimo.

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    25 

    1.8 Micotossine minori

    Penicillium sp su Mais 

    Rubratossine (A e B)

    Sono prodotte da funghi P. rubrum, P. purpurogenum ed altri Penicillium

    spp. Gli alimenti contaminati sono per lo più mais ed altri cereali. Sono

     particolarmente pericolose per il fegato.

    Ergoline

    I principali effetti tossici sull’uomo sono neurotossici. Queste micotossine

     possono contaminare cereali e farine.

    Citrinine

    I funghi produttori di citrinina sono i Penicillium spp. Si trova soprattutto

    nei cereali. Il principale effetto è quello nefrotossico.

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    26 

    CAPITOLO II

    PREVENZIONE DEL RISCHIO MICOTOSSINE

    2.1 Quadro Normativo

     Nel corso degli anni, di pari passo all’interesse scientifico ed

    all’approfondimento della problematica specifica, sono state promulgate

    norme a tutela del consumatore che tendano ad omogeneizzareatteggiamenti, prassi e comportamenti nelle fasi produttive e di

    trasformazione delle matrici alimentari sensibili all’aggressione di funghi

    micotossinogeni.

    Decreto del Presidente della Repubblica n. 327/1980

    Regolamento di esecuzione della Legge 30 aprile 1962, n.283 (disciplina

    igienica degli alimenti e delle bevande), e successive modificazioni, in

    materia di disciplina igienica della produzione e della vendita delle sostanze

    alimentari e delle bevande. 

    Regolamento (CE) n. 315/1993

    Stabilisce procedure comunitarie relative ai contaminanti nei prodotti

    alimentari. In particolare:

    Un prodotto alimentare non può essere commercializzato se contiene

    contaminanti in quantitativi inaccettabili sotto l’aspetto della salute

     pubblica. I contaminanti devono essere mantenuti ai livelli più bassi che si

     possono ragionevolmente ottenere attraverso buone pratiche. (Art. 2)

    Disposizioni nazionali (Art. 5)

    Qualora non siano state adottate disposizioni comunitarie relative alle

    tolleranze massime, sono applicabili le disposizioni nazionali.

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    27 

    Decreto legislativo n. 123/1993

    Attuazione della direttiva 89/397/CEE relativa al controllo ufficiale dei

     prodotti alimentari.

    Decreto legislativo n. 155/1997

    Attuazione delle direttive 93/43/CEE e 96/3/CE concernenti l'igiene dei

     prodotti alimentari.

    Circolare 9 Giugno 1999, n.10 del Ministero della Sanità

    Direttiva in materia di controllo ufficiale sui prodotti alimentari: valori

    massimi ammissibili di micotossine nelle derrate alimentari di origine

    nazionale, comunitaria e Paesi terzi.

    Decreto 23 dicembre 2000 Ministero della Salute

    Recepimento della direttiva 98/53/CE della commissione che fissa i metodi

     per il prelievo di campioni e metodi d'analisi per il controllo ufficiale dei

    tenori massimi di taluni contaminanti nei prodotti alimentari. 

    Regolamento (CE) n. 466/2001

    Definisce i tenori massimi di taluni contaminanti presenti nelle derrate

    alimentari; fissa i tenori massimi di varie micotossine in alcuni prodotti

    alimentari.

    Regolamento (CE) n. 178/2002

    Questo regolamento stabilisce i principi e i requisiti generali dellalegislazione alimentare, istituisce l’Autorità europea per la sicurezza

    alimentare e fissa le procedure nel campo della sicurezza alimentare. Inoltre

    il regolamento disciplina tutte le fasi della produzione, della trasformazione

    e della distribuzione degli alimenti e dei mangimi.

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    28 

    Regolamento (CE) n. 1425/2003

    Recante modifica del Regolamento (CE) n. 466/2001 per quanto riguarda la

     patulina.

    Raccomandazione della commissione delle Comunità Europee

    dell'11 agosto 2003

    Sulla prevenzione e riduzione della contaminazione da patulina nel succo di

    mele e negli ingredienti di succo di mele presenti in altre bevande.

    Regolamento (CE) n. 852/2004

    Stabilisce norme sull’igiene dei prodotti alimentari.

    Regolamento (CE) n. 882/2004

    Relativo ai controlli ufficiali intesi a verificare la conformità alla normativa

    in materia di mangimi e di alimenti.

    Decreto 17 novembre 2004 Ministero della Salute

    Recepimento direttiva 2003/78/CE della commissione 11.12.2003 relativa aimetodi di campionamento e di analisi per il controllo ufficiale dei tenori di

     patulina nei prodotti alimentari. 

    Regolamento (CE) n.1181/2006

    Definisce i tenori massimi di alcuni contaminanti dei prodotti alimentari.

    Regolamento (CE) n. 401/2006Relativo ai metodi di campionamento e di analisi per il controllo ufficiale

    dei tenori di micotossine nei prodotti alimentari.

    Racc. n. 2006/583/CE del 17 agosto del 2006

    Sulla prevenzione e sulla riduzione delle Fusarium-tossine in cereali e

     prodotti derivati.

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    29 

    Decisione n. 2006/504/CE

    Stabilisce condizioni particolari per l’importazione di determinati prodotti

    alimentari da alcuni paesi terzi a causa del rischio di contaminazione da

    aflatossine di tali prodotti.

    Modificata dalla:

    Decisione 2007/459/CE (con modifiche varie)

    Decisione 2007/563/CE (mandorle dagli USA)

    Regolamento (CE) n. 1126/2007

    Modifica il Regolamento (CE) n.1181/2006 per quanto riguarda le

    Fusarium-tossine nel granturco e nei prodotti a base di granturco.

    Regolamento (CE) n. 1152/2009 della commissione del 27 novembre 2009

    Stabilisce condizioni particolari per l'importazione di determinati prodotti

    alimentari da alcuni paesi terzi a causa del rischio di contaminazione da

    aflatossine e abroga la Decisione 2006/504/CE.

    Regolamento (UE) n. 165/2010 della commissione del 26 febbraio 2010Recante modifica, per quanto riguarda le aflatossine, del Regolamento (CE)

    n. 1881/2006 che definisce i tenori massimi di alcuni contaminanti nei

     prodotti alimentari.

    Regolamento (UE) n. 105/2010 della commissione del 5 febbraio 2010

    Recante modifica del Regolamento (CE) n. 1881/2006 che definisce i tenori

    massimi di alcuni contaminanti nei prodotti alimentari, per quanto riguardal’ocratossina A.

    Regolamento (UE) n. 274/2012 recante modifica del Regolamento (CE) n.

    1152/2009 che stabilisce condizioni particolari per l’importazione di

    determinati prodotti alimentari da alcuni paesi terzi a causa del rischio di

    contaminazione da aflatossine.

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    30 

    2.2 Prevenzione dello sviluppo di funghi micotossino-

    produttori sulle matrici più frequentemente

    interessate: i cereali

    Risulta opportuno attuare degli adeguati accorgimenti agronomici per il

    controllo della contaminazione delle matrici da micotossine. In particolare,

     per i cereali, sono particolarmente utili adeguate pratiche colturali, ovvero:

    - Rotazione colture (o avvicendamenti colturali, alternare coltivazioni

    di cereali con altre colture);- Adeguato sistema di irrigazione per evitare lo stress idrico;

    - Adottare, dove possibile, mezzi di lotta biologica (organismi bio-

    competitivi);

    - Evitare eccessive e prolungate irrigazioni;

    -  Non eccedere nell’utilizzo di fitosanitari;

    - Utilizzare antifungini;

    - Effettuare la concia del seme con fitosanitari;

    - Utilizzare fitosanitari in fase di pre-raccolta.

    Inoltre è necessario che vengano messe in atto delle corrette pratiche di

    conservazione in tutte le fasi della filiera (post-raccolta, trasporto e

    stoccaggio). La prevenzione del rischio si effettua, in particolare, con

    l’utilizzo di buone pratiche agricole. Infatti, tra le diverse fasi della filiera

    alimentare, quella del campo è la più suscettibile all’attacco fungino.

    2.2.1 Prevenzione in pre-raccolta

    Scelta ibrido 

    Viene considerato un importante intervento preventivo l’uso di varietà di

     piante resistenti all’attacco fungino, a stress, malattie, attacchi di insetti e

    che siano in grado di adattarsi alle disponibilità di acqua ed elementi

    nutritivi. 

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    Le tecniche di ingegneria genetica promuovono l’utilizzo di piante resistenti

    alle infezioni tossicogene da funghi, grazie al potenziamento di alcuni geni

    ad attività anti-fungina, in grado di implementare la resistenza. Le piante

    GM esprimono resistenza agli insetti così da eliminare: il vettore di inoculo,

    rappresentato dall’insetto, i produttori di micotossine, se veicolati

    dall’insetto stesso, e le tossine.

    Epoca della semina

    Le semine più tardive sono più a rischio di contaminazione, quindi è

    opportuno effettuare tempestivamente la semina se si presentano buonecondizioni climatiche e agronomiche.

    Densità di semina

    Densità troppo elevate comportano condizioni microclimatiche più

    favorevoli ai funghi e, di conseguenza, tenori di tossine più elevati.

    Concimazione azotataLa concimazione azotata riduce la presenza di micotossine, infatti, piante

    con carenze azotate sono maggiormente predisposte alle contaminazioni da

    aflatossine. Non bisogna comunque eccedere altrimenti si potrebbe avere

    l’effetto contrario.

    Difesa dalla piralide

    Il trattamento chimico di lotta alla piralide riduce la presenza dimicotossine, in particolare è efficace il trattamento con insetticidi dopo la

    fioritura del mais. Si tratta di larve che scavano gallerie nello stocco e nella

    spiga, con conseguente perdita quali-quantitativa della granella. I danni

    meccanici e fisiologici causati dalla piralide partecipano a creare una

    condizione di forte stress, soprattutto attraverso le rosure provocate dalle

    larve. Tali rosure sono poi il substrato ideale per l’attecchimento dei miceti

     produttori di micotossine.

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    Una soluzione tecnica potrebbe essere quella di utilizzare ibridi di mais

    transgenici contenenti un gene che produce proteine insetticide nei tessuti

    della pianta (es. Il mais Bt ha reazioni insetticide ed è più resistente del mais

    non Bt contro l’attacco da piralide). Un’altra soluzione potrebbe essere

    quella di posizionare trappole in particolari periodi; da vari studi è risultato

    significativo posizionarle alla fine di maggio e continuare anche alla fine di

    agosto. In questo periodo si potranno valutare i picchi di catture e

    conseguentemente capire quale sia il momento ottimale per eseguire il

    trattamento insetticida.

    Gestione infestantiÈ importante mantenere pulito il terreno da erbe infestanti in modo da

    evitare competizione con la coltura in atto in quanto lo sviluppo di erbe

    infestanti può divenire elemento di stress per la pianta e ci potrebbe essere

    infezione fungina.

    Epoca della raccolta

    Le raccolte anticipate garantiscono un prodotto di sanità superiore, mentre,se la trebbiatura del campo viene ritardata nel corso della stagione

    autunnale, la probabilità di un peggioramento della qualità igienico-sanitaria

    delle produzioni risulta assai elevata per gli ibridi tardivi.

    2.2.2 Prevenzione in post-raccolta

    Raccolta e pre-stoccaggioÈ importante che la raccolta e le operazioni successive siano effettuate in

    maniera tempestiva in modo da poter essiccare rapidamente il cereale ed

    evitare di mantenere per un lungo periodo condizioni molto favorevoli allo

    sviluppo di patogeni fungini. Inoltre bisogna raccogliere la granella ad

    un’umidità non superiore al 22 % per ridurre la presenza di aflatossine.

    Tecniche di raccolta come le mietitrebbie assiali riducono fortemente le

    lesioni alla granella, vie preferenziali per la penetrazione di muffe.

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    Inoltre le microfessurazioni create da una trebbiatura scorretta sono il

    substrato perfetto per la proliferazione fungina e quindi devono essere

    evitate assolutamente.

    Essiccazione

    L’essiccamento deve avvenire entro 48 h dalla raccolta. Bisogna ridurre al

    minimo i danni meccanici alle cariossidi ed evitare sbalzi termici che

     possono aumentare la suscettibilità dell’infezione fungina e quindi della

    contaminazione da micotossine. È fondamentale assicurare una buona

     pulizia delle cariossidi e in generale dell’ambiente di essiccazione. Granelle

    sporche, ammuffite e rotte vanno il più possibile eliminate. Le condizioniambientali devono essere costantemente monitorate. Aggiungere, se

    necessario, sostanze antimicrobiche (acidi organici) per ridurre il rischio di

    formazione di muffe.

    Pulitura

    È un’azione preventiva in quanto permette l’allontanamento del prodotto

    facilmente alterabile (chicchi spezzati, farina, polvere) e l’abbattimento delcontenuto di micotossine presenti in alte concentrazioni nei chicchi

    ammuffiti o alterati dall’attività degli insetti. Per evitare la contaminazione

    del prodotto da muffe si potrebbero istallare impianti di aspirazione.

    Stoccaggio

    Il mais, una volta arrivato presso il centro di stoccaggio, deve essere

    campionato prima dello scarico, se effettuato successivamente, il prelievodei campioni non può essere rappresentativo. Dai vari studi presenti in

    letteratura si evince come una soluzione adeguata sia il campionamento

    dell’automezzo in entrata nel centro di stoccaggio. Utilizzando una sonda

     pneumatica si costituisce un campione di almeno 5 Kg (7 sondate), di cui

    2,5 kg verranno poi sottoposti ad analisi con lampada UV. Questo strumento

    si è rivelato essere utile per una tempestiva e attendibile valutazione dell’

    eventuale contaminazione.

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    La granella illuminata da tale lampada manifesta una luminescenza li dove è

     presente acido coico, molecola associata alle aflatossine. L’uso di questa

    lampada è ancora poco diffuso e spesso accompagnato da scetticismo che

    crea spesso confusione, nonostante ci siano esperienze sull’uso della

    lampada invece molto positive.

    Durante lo stoccaggio è necessario mantenere basse umidità e ridotta

    temperatura mediante ventilazione forzata, avere un elevato livello igienico

    delle strutture, controllo degli insetti dannosi e monitoraggio continuo. La

    formazione di micotossine durante lo stoccaggio dipende anche dal tempo di

     permanenza in magazzino. 

    Trasporto

    Bisogna abbreviare quanto più possibile i tempi di consegna, riparare il

     prodotto in caso di intemperie, effettuare un’adeguata pulitura dei mezzi di

    trasporto. È necessario che gli operatori siano adeguatamente istruiti e

    responsabilizzati su questi argomenti.

    Trasformazione della materia primaMantenere temperature adeguate durante le lavorazioni. Adeguati processi

    di trasformazione, come la molitura dei cereali, possono ridurre la

    concentrazione di aflatossine. Dopo la lavorazione del mais solo quello con

    contenuto di micotossine entro i limiti di legge viene destinato al consumo e

    alla vendita. Il mais con contenuto di micotossine maggiore ai limiti di legge

    viene destinato allo smaltimento.

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    35 

    2.3 Bonifica dei prodotti 

    In taluni casi è possibile mettere in atto dei metodi di “bonifica” dei prodotti

    contaminati dalle micotossine.

    Detossificazione delle matrici

    Consiste nel rimuovere le contaminazioni di un prodotto attraverso metodi:

    - fisici: calore (cottura al forno, autoclave, arrostimento, torrefazione,

    frittura), irraggiamento solare, esposizione a microonde.

    - chimici: con prodotti in grado di disattivare le micotossine

    (ammoniaca, idrossido di calcio, aldeide formica, etere metilico).

    Decontaminazione 

    Rimuove la massa di prodotto e le parti ammuffite e quindi potenzialmente

    contaminate. La decontaminazione fisica delle cariossidi si attua attraverso

    l’impiego di tecniche:

    - manuali: selezione e scarto manuale, ispezioni sanitarie.

    - meccaniche: cernita, molitura, flottazione, ventilazione.

    - elettroniche: irraggiamento e scarto elettronico.

    Mitigazione effetti negativi micotossine

    Vengono effettuati aggiungendo alla razione alimentare “leganti”in grado di

    combinarsi a livello gastro-intestinale con le tossine, evitandone così

    l’assorbimento. I leganti possono essere:

    - inorganici: bentonite e zeolite- organici: glucomannani esterificati

    Si ricorda tuttavia che i metodi di bonifica vanno messi in atto solo

    eccezionalmente, in quanto l’unico metodo realmente efficace per la lotta

    contro le micotossine risulta essere la prevenzione. Le metodiche di bonifica

    verranno quindi messe in atto soltanto dopo aver usufruito di tutti i mezzi di

     prevenzione disponibili o quando non sia possibile attuare la prevenzione.

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    CAPITOLO III 

    IL CAMPIONAMENTO

    3.1 Metodiche di campionamento

     Nell’attuazione dei cicli di campionamento ci si ispira ai principi enunciati

    nel Reg. (CE) n. 401/2006 Allegato I. Il campionamento svolge un ruolo

    cruciale per quanto riguarda la precisione della determinazione dei tenoridi micotossine distribuite in modo eterogeneo in una partita. È importante

    quindi seguire dei criteri generali ai quali si deve conformare il metodo di

    campionamento:

    - il prelievo deve essere effettuato da personale qualificato;

    - le grandi partite devono essere suddivise in sottopartite;

    nel medesimo Regolamento (CE), allo scopo di rendere omogenee le

    metodiche di campionamento, vengono date le seguenti definizioni:

    « partita»: quantitativo identificabile di prodotto alimentare, consegnato in

    una sola volta e avente caratteristiche comuni ufficialmente riconosciute

    quali l’origine, la varietà, il tipo d’imballaggio, l’imballatore, lo speditore o

    la marcatura;

    «sottopartita»: porzione di una grande partita fisicamente separata e

    identificabile designata per essere sottoposta a campionamento;

    «campione elementare»: quantitativo di materiale prelevato in un solo punto

    della partita o della sottopartita (affinché i campioni elementari siano

    rappresentativi essi devono essere prelevati per quanto possibile in vari

     punti distribuiti nell’insieme della partita o della sottopartita);

    «campione globale»: aggregazione di tutti i campioni elementari prelevati

    dalla partita o dalla sottopartita;

    «campione di laboratorio»: campione destinato al laboratorio per l’analisi.

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    Inoltre nel corso del prelievo e della preparazione dei campioni occorre

    adottare alcune precauzioni per evitare qualsiasi alterazione che possa:

    - modificare il tenore di micotossine e compromettere le analisi o la

    rappresentatività del campione globale;

    - compromettere la sicurezza alimentare delle partite da campionare.

    Occorre poi in ogni caso prendere tutte le misure necessarie a garantire la

    sicurezza del personale che procede al prelievo dei campioni.

    Ogni campione ufficiale viene sigillato sul luogo del prelievo e per ciascun

     prelievo è redatto un verbale di campionamento che consenta di identificare

    con certezza la partita campionata. Ogni campione è collocato in unrecipiente pulito che lo protegga adeguatamente da qualsiasi fattore di

    contaminazione e dai danni che potrebbero essere causati dal trasporto. È

    necessario prendere precauzioni per evitare alterazioni della composizione

    del campione durante il trasporto o la conservazione.

    Di solito come guida per il campionamento delle partite commercializzate in

    imballaggi singoli (sacchi o confezioni al dettaglio) si utilizza la seguente

    formula:

    (peso espresso in kg)

    La frequenza del campionamento indica quindi il numero che individua ogni

    quanti imballaggi deve essere effettuato il prelievo del campione

    elementare. 

    3.1.1 Metodo di campionamento per i cereali e i prodotti derivati

    Si applica questo metodo di campionamento per il controllo ufficiale dei

    tenori massimi stabiliti per l’aflatossina B1, le aflatossine totali,

    l’ocratossina A e le tossine di Fusarium nei cereali e nei prodotti derivati.

    Frequenza di campionamento n =  peso della partita × peso del campione elementare

     peso del campione globale × peso di una confezione singola

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    Il peso del campione elementare è di circa 100 grammi, nel caso di partite

    che si presentano in confezioni al dettaglio, il peso del campione elementare

    dipende dal peso della confezione stessa.

    Per le confezioni al dettaglio con un peso superiore a 100 grammi i

    campioni globali pesano più di 10 kg. Se il peso di una singola confezione al

    dettaglio supera di molto i 100 grammi, da ciascuna di tali confezioni si

    ritirano 100 grammi per costituire un campione elementare.

    Se il peso della confezione al dettaglio è inferiore a 100 grammi una

    confezione al dettaglio viene considerata equivalente a un campione

    elementare e il campione globale che ne risulta è inferiore a 10 kg. Se la

    confezione al dettaglio pesa molto meno di 100 grammi, un campioneelementare è costituito da due o più confezioni al dettaglio in modo che il

    suo peso si avvicini il più possibile a 100 grammi.

    Tabella di riepilogo del metodo di campionamento per i cereali e i prodotti

    derivati

    Peso della partita (t) Peso o numerodelle sottopartite

     Numero dicampioni elementari

    Peso del campioneglobale (kg)

    ≥  1 500 500 t 100 10

    >300 e < 1 500 3 sottopartite 100 10

    ≥ 50 e ≤ 300 100 t 100 10

    < 50 - 3 - 100 1 - 10

    Se la partita ≥  50 tonnellate non può essere suddivisa in sottopartite si

     preleva un numero minimo di 100 campioni elementari. Il peso del

    campione globale è di 10 kg.

    Per le partite di cereali e prodotti derivati inferiori a 50 tonnellate si applica

    un piano di campionamento proporzionato al peso della partita e

    comprendente da 10 a 100 campioni elementari, riuniti in un campione

    globale di 1-10 kg. In caso di partite molto piccole (≤ 0,5 t) si può prelevare

    un numero inferiore di campioni elementari, ma il campione globale deve

     pesare almeno 1 kg.

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    Qualora la porzione da campionare sia troppo piccola per ottenere un

    campione globale di 1 kg, il peso di quest’ultimo può essere inferiore a 1 kg

    Tabella per determinare il numero di campioni elementari da prelevare in

    funzione del peso della partita di cereali o prodotti derivati

    Peso della partita (t) Numero di campioni elementari Peso del campione globale (kg)

    ≤ 0,05 3 1

    >0,05 e ≤ 0,5 5 1

    >0,5 e ≤ 1 10 1

    >1 e ≤ 3 20 2

    >3 e ≤ 10 40 4>10 e ≤ 20 60 6

    >20 e ≤ 50 100 10

    3.1.2 Metodo di campionamento per i fichi secchi, le arachidi e

    la frutta a guscio 

    Si applica questo metodo di campionamento per il controllo ufficiale dei

    tenori massimi stabiliti per l’aflatossina B1 e le aflatossine totali nei fichi

    secchi, nelle arachidi e nella frutta a guscio.

    Il peso del campione elementare è di circa 300 grammi, nel caso di partite

    che si presentano in confezioni al dettaglio il peso del campione elementare

    dipende dal peso della confezione stessa.

    Per le confezioni al dettaglio con un peso superiore a 300 grammi i

    campioni globali pesano più di 30 kg. Se il peso di una singola confezione al

    dettaglio supera di molto i 300 grammi, da ciascuna di tali confezioni siritirano 300 grammi per costituire un campione elementare.

    Se il peso della confezione al dettaglio è inferiore a 300 grammi, una

    confezione al dettaglio viene considerata equivalente a un campione

    elementare e il campione globale che ne risulta è inferiore a 30 kg.

    Se la confezione al dettaglio pesa molto meno di 300 grammi, un campione

    elementare è costituito da due o più confezioni al dettaglio in modo che il

    suo peso si avvicini il più possibile ai 300 grammi.

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    Tabella di riepilogo del metodo di campionamento per i fichi secchi, le

    arachidi e la frutta a guscio

    ProdottoPeso della

     partita (t)

    Peso o numero

    delle sottopartite

     Numero di

    campioni

    elementari

    Peso del

    campione

    globale (kg)

    Fichi secchi≥ 15 15-30 t 100 30

    < 15 - 10-100 ≤ 30

    Arachidi,

     pistacchi, noci

    del Brasile e altra

    frutta a

    guscio

    ≥ 500 100 t 100 30

    >125 e < 500 5 sottopartite 100 30

    ≥ 15 e ≤ 125 25 t 100 30

    < 15 - 10-100 ≤30

    Per le partite ≥ 15 tonnellate il numero dei campioni elementari è di 100. Il

     peso del campione globale è di 30 kg da mescolare e suddividere in tre

    campioni di laboratorio uguali di 10 kg prima della macinatura.

    Per le partite < 15 tonnellate il numero di campioni elementari da prelevare

    dipende dal peso della partita ed è compreso tra un minimo di 10 e un

    massimo di 100.

    Tabella per determinare il numero di campioni elementari da prelevare e la

    suddivisione del campione globale

    Peso della partita (t) Numero di campioni

    elementari

    Peso del campione

    globale (kg)

     Numero di campioni di

    laboratorio a partire dal

    campione globale

    ≤ 0,1 10 3 1 (nessuna divisione)

    >0,1 e ≤ 2 15 4,5 1 (nessuna divisione)

    >0,2 e ≤ 0,5 20 6 1 (nessuna divisione)

    >0,5 e ≤ 1 30 9 1 (nessuna divisione)

    >1 e ≤ 2 40 12 2

    >2 e ≤ 5 60 18 2

    >5 e ≤ 10 80 24 3

    >10 e ≤ 15 100 30 3

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    Se il campione globale pesa meno di 30 kg viene suddiviso in campioni di

    laboratorio secondo le seguenti modalità :

    - < 12 kg: nessuna suddivisione in campioni di laboratorio,

    -≥ 12 e < 24 kg : suddivisione in due campioni di laboratorio,

    - 24 kg: suddivisione in tre campioni di laboratorio.

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    3.2 Il lavoro in fase di campionamento

    3.2.1 L’esperienza Ispettiva presso il Servizio Igiene degli Alimenti e

    della Nutrizione di Cassino

    I dati oggetto della presente Tesi di Laurea, sono scaturiti

    dall’affiancamento con il personale ispettivo, Tecnici della Prevenzione del

    Distretto D di Cassino nell’anno 2011; i campionamenti effettuati sono stati

     programmati sulla base della Deliberazione della Giunta Regionale del

    28/10/2011 n. 500 e in conformità al Piano regionale integrato dei controlli

    2011-2014 sulla sicurezza alimentare. In particolare questi campioni

    avevano come oggetto la ricerca delle Aflatossine.

    Le matrici su cui sono state effettuare le ricerche erano rappresentate da

    frutta secca con guscio, nello specifico “Pistacchi tostati” e “ Noci”; sono

    stati effettuati due campionamenti, uno presso la grande distribuzione,

    l’altro presso un esercizio commerciale specializzato nel commercio di

    frutta e verdura.

    Il primo prelievo, è stato effettuato in una ditta confezionatrice di ‘’Pistacchi

    Tostati’’; il quantitativo complessivo prelevato è stato di 1,250 kg da una

    massa totale di 5 kg di pistacchi posti in vendita al pubblico, a temperatura

    ambiente e in buone condizioni igienico-sanitarie.

    Il campione prelevato, come previsto dal DPR 327/80, consisteva in 5

    aliquote rappresentate, ciascuna, da una confezione da 250 g; le confezioni

    sono state scelte in modo casuale, nell’ambito dello stesso lotto e riportanti

    la stessa data di scadenza. Il paese di provenienza risultava essere l’Iran.

    Ogni aliquota è stata racchiusa in busta di cellophane per alimenti a cui è

    stato, poi, apposto un sigillo di piombo che chiudeva lo spago di legatura.

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    Unitamente alla legatura si è provveduto alla identificazione mediate

    cartellino dell’Ufficio, recante il numero di verbale di campionamento, la

    data, l’ora, le firme degli Ispettori e del Responsabile della Ditta o del suo

    sottoposto presente nel momento del prelievo; il Titolare della Ditta ha

    liberamente scelto una delle aliquote che gli è stata consegnata insieme ad

    una copia del verbale di campionamento. Le rimanenti aliquote sono state

    rimesse all’Arpa Lazio per le analisi e la ricerca delle Aflatossine.

    All’accettazione il campione è stato giudicato regolare e, a seguito di analisi

    effettuate con un metodo analitico proprio, la matrice costituente il

    campione è risultata rientrare nella norma, in termini di presenza di

    aflatossine; in particolare:

    AFLATOSSINE RISULTATO PROVA

    VALORE LIMITE DI

    PARAMETRO

    TECNICO

    Aflatossina B1 < 0,06 µg/kg ≤  2

    Aflatossine Totali

    (B1+B2+G1+G2)< 0,12 µg/kg ≤ 4

    Un secondo prelievo è stato effettuato su un’altra matrice, Noci, sempre in

     buone condizioni igienico-sanitarie ed a temperatura ambiente. il

    quantitativo complessivo prelevato è stato di 2,500 kg.

    Il campione prelevato consisteva in 5 aliquote rappresentate, ciascuna, da

    500 g; le aliquote sono state prelevate nell’ambito dello stesso lotto. Ogni

    aliquota è stata racchiusa in busta di cellophane per alimenti a cui è stato,

     poi, apposto un sigillo di piombo che chiudeva lo spago di legatura.

    Unitamente alla legatura si è provveduto alla identificazione mediate

    cartellino dell’Ufficio, recante il numero di verbale di campionamento, la

    data, l’ora, le firme degli Ispettori e del Responsabile della Ditta o del suo

    sottoposto presente nel momento del prelievo; il Titolare della Ditta ha

    liberamente scelto una delle aliquote che gli è stata consegnata insieme ad

    una copia del verbale di campionamento. Le rimanenti aliquote sono state

    rimesse all’Arpa Lazio per le analisi e la ricerca delle Aflatossine.

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    All’accettazione il campione è stato giudicato regolare e, a seguito di analisi

    effettuate con un metodo analitico proprio, la matrice costituente il

    campione è risultata rientrare nella norma, in termini di presenza di

    aflatossine; in particolare:

    AFLATOSSINE RISULTATO PROVA

    VALORE LIMITE DI

    PARAMETRO

    TECNICO

    Aflatossina B1 < 0,06 µg/kg ≤  2

    Aflatossine Totali

    (B1+B2+G1+G2)< 0,12 µg/kg ≤ 4

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    CAPITOLO IV

    IL RUOLO DEL TECNICO DELLAPREVENZIONE

    4.1 La gestione del rischio micotossine

    Dai dati presenti in letteratura risulta molto difficile la gestione del rischio

     provocato dalla presenza di micotossine negli alimenti che spesso possonoessere a loro volta materie prime destinate alla produzione di innumerevoli

     prodotti finiti. È bene ricordare, per esempio, che alcuni processi possono

    eliminare i funghi produttori ma non le micotossine (come accade talvolta

    nel processo di cottura), e che qualora si riscontri la presenza di funghi non

    è detto che siano di un ceppo produttore di micotossine o, pur essendolo, il

    substrato o le condizioni ambientali non sono adatte.

    Due importanti fattori per tenere sotto controllo le micotossine sono iltempo e le diverse lavorazioni che le materie prime devono subire. Infatti,

    una catena di distribuzione che impiega diversi passaggi prima di arrivare al

    consumatore finale è ovviamente soggetta a maggiori rischi. In particolare

    sono le fasi di trasporto che devono essere considerate le più critiche, a

    causa soprattutto delle condizioni di temperatura e umidità.

    Risulta, quindi, fondamentale la corretta applicazione del sistema di

    autocontrollo nelle principali fasi del processo produttivo, HACCP. 

    Verifiche che non possono prescindere dalle valutazioni sono quelle sulla

    qualifica e l’affidabilità del fornitore e delle materie prime utilizzate. È

    necessario, quindi, tenere sempre la documentazione aggiornata in particolar

    modo i documenti riguardanti:

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    - schede tecniche del prodotto (per la certificazione della materia

     prima, sulla quale comparirà l’origine della materia prima e la

    tipologia di analisi effettuate con i relativi limiti);

    - analisi del fornitore;

    - certificazione del fornitore;

    - analisi interne.

    Ricordiamo come le micotossine siano delle tossine ubiquitarie; possono

    essere quindi rinvenute su quasi tutte le colture di interesse agrario ed in

    ogni punto della catena alimentare. 

    Prendendo come esempio la matrice dei

    “pistacchi tostati” si nota come, nelle varie fasi della filiera, dal campo alla

    tavola, ci siano vari rischi legati alle micotossine, in particolare alleaflatossine, che possono influire negativamente nonché ripercuotersi sulla

    salute del consumatore. Innanzi tutto ci potrebbe essere già una

    contaminazione da muffe durante la fase della coltivazione, fattore

    risolvibile con le buone pratiche agricole, nel campo e nella raccolta, già

    enunciate in precedenza. Altre linee guida specifiche, utili da seguire per la

    gestione dei rischi da micotossine in campo, per i pistacchi, così come per

    qualsiasi altra coltura, potrebbero essere:

    - controllo della profondità dell’aratura;

    - effettuazione delle analisi del terreno ogni 5 anni;

    - controllo dei semi ad ogni ricevimento relativamente ai trattamenti

    fatti e da fare;

    - avvalersi di un tecnico agronomo;

    - controllare l’umidità prima del raccolto, al raccolto ed

    all’essiccamento;

    - monitoraggio precipitazioni, temperatura e degli infestanti.

    Ovviamente risulta importante anche la ricerca di sintesi genetica di prodotti

    resistenti all’attacco di insetti e funghi. Durante la fase della raccolta può

    continuare lo sviluppo delle micotossine; punto cruciale per la crescita

    micotica risulta però essere la fase dell’essiccamento, che nel manuale

    HACCP, costituisce un vero e proprio Punto Critico di Controllo.

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    In questo caso la problematica può risolversi agendo sui fattori di tempo e

    temperatura durante l’essiccamento. Dopo l’essiccamento si dovrà

     provvedere alla rimozione del prodotto danneggiato dalla presenza di muffe

    e funghi; questa selezione può essere fatta con un monitoraggio visivo. Si è

    notato che la fase della tostatura non presenta particolari problematiche di

    contaminazione. La contaminazione da micotossine può invece verificarsi

    durante la fase del confezionamento che rappresenta anch’essa un punto

    critico di controllo; ad essa si può ovviare con dei test per verificare i limiti

    di micotossine, nel caso specifico per i pistacchi tostati, di aflatossine. Si

     provvederà poi all’eliminazione dei lotti fuori dai limiti. Nella fase dello

    stoccaggio risulta molto importante verificare le condizioni ambientali neisilos (temperatura e umidità), nonché la presenza di insetti. È bene

    ricordare, inoltre, che tutti gli ambienti dove permangono le matrici,

    qualsiasi sia la fase della filiera, devono avere buone condizioni di

    ventilazione; può essere utile anche utilizzare impianti di aspirazione. I

    magazzini e le attrezzature devono essere privi di residui dei precedenti

    immagazzinamenti; pertanto devono essere puliti accuratamente e, se

    necessario, trattati con insetticidi, rodenticidi e fungistatici nel rispetto dellalegislazione vigente. Bisogna ancora evitare di stoccare le matrici in

    magazzini sprovvisti di pavimentazione, per la difficoltà di ottenere una

     buona pulizia e disinfestazione da insetti e roditori. Altra fase cruciale è

    quella del trasporto dove oltre alle condizioni ambientali è necessario che ci

    sia una buona pulizia del mezzo di trasporto onde evitare contaminazione da

    muffe e funghi e sviluppo di micotossine. Al ricevimento della materia

     prima risulta indispensabile, per un’adeguata prevenzione contro lacontaminazione da micotossine, rifiutare i lotti fuori dai limiti. Seguono poi

    fasi di stoccaggio della materia prima, lavorazione miscelazione degli

    ingredienti, fasi in cui si deve comunque fare particolare attenzione alle

    condizioni ambientali, in particolar modo alla temperatura. Infine si ha il

    trattamento termico, il confezionamento e lo stoccaggio del prodotto finito,

    con gli stessi rischi e soluzioni del confezionamento e dello stoccaggio citati

    in precedenza.

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    4.2 Compiti del Tecnico della Prevenzione 

    Il Tecnico della Prevenzione negli Ambienti e nei Luoghi di Lavoro,individuato nell’ambito del Decreto Ministeriale del 17 gennaio del 1997 n.

    58, è responsabile, nell'ambito delle proprie competenze, di tutte le attività

    di prevenzione, verifica e controllo in materia di igiene e sicurezza

    ambientale nei luoghi di vita e di lavoro, di igiene degli alimenti e delle

     bevande, di igiene di sanità pubblica e veterinaria.

    Il Tecnico della Prevenzione nell'ambiente e nei luoghi di lavoro, operante

    nei servizi con compiti ispettivi e di vigilanza è, nei limiti delle proprieattribuzioni, ufficiale di polizia giudiziaria. Il T.d.P. svolge con autonomia

    tecnico professionale le proprie attività e collabora con altre figure

     professionali all'attività di programmazione e di organizzazione del lavoro

    della struttura in cui opera. È responsabile dell'organizzazione della

     pianificazione, dell'esecuzione e della qualità degli atti svolti nell'esercizio

    della propria attività professionale.

    Il Tecnico della Prevenzione che presta la sua opera nella ASL, in particolare in un Servizio Igiene degli Alimenti e della Nutrizione (SIAN)

    svolge attività di vigilanza e controllo sull'igiene, la produzione, il

    commercio e la distribuzione di prodotti alimentari atti alla nutrizione

    umana in ogni fase del loro processo. Inoltre si occupa del controllo

    ufficiale dei prodotti alimentari, consulenza e verifica di commestibilità dei

    funghi, controlli nell'ambito di centri cottura e mense collettive e sociali,

    registrazione attività imprese alimentari, controllo e vigilanza sui prodotti

    fitosanitari, gestione di sistemi di allerta alimentari, attività di formazione su

    educazione alimentare e nutrizionale, tutela della qualità delle acque

    destinate al consumo umano. Svolge ancora attività di ispezione,

    campionamento, audit, monitoraggio e sorveglianza. Molte di queste attività

    svolte dal Tecnico della Prevenzione di un SIAN, sono riconducibili alla

     problematica delle micotossine.

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    Infatti il T.d.P effettua dei campionamenti, in base, ad esempio, al Piano

    Regionale Integrato Controlli ed al Piano di Campionamento e

    Monitoraggio; molte delle matrici campionate, che andranno poi al

    laboratorio per le analisi, richiedono, sempre da tali Piani, il controllo

    analitico per la ricerca delle micotossine. Ma oltre ai campionamenti, come

    già detto, tra i compiti del T.d.P. ci sono anche gestione dei sistemi di allerta

    alimentari (compito che anch’esso si ripercuote sulla prevenzione del rischio

    micotossine) ma, soprattutto ispezioni e controlli. Ad esempio potrebbe

    risultare fondamentale il ruolo del Tecnico della Prevenzione, sempre nella

     prevenzione delle micotossine, attuando delle ispezioni nei locali dove

    avviene l’essiccamento, il confezionamento, lo stoccaggio e sui mezzi ditrasporto. In suddetti locali e mezzi di trasporto il T.d.P controllerà

    ovviamente che sia mantenute le buone condizioni di temperatura ed

    umidità, che in particolare non dovranno essere le condizioni proprie che

    favoriscono la tossinogenesi, ovvero l’umidità relativa superiore al 70% e la

    temperatura tra 20°C e 35ºC. Altri fattori su cui occorre fare attenzione in

    fase di ispezione sono la ventilazione, la corretta pulizia di tutti i locali e

    mezzi di trasporto contenenti, o destinati a contenere, matrici alimentari potenzialmente contaminate da micotossine, la presenza di insetti e roditori,

    la presenza di muffe sulle matrici alimentari visibili ad occhio nudo, i cattivi

    odori. L’ispettore sanitario presterà la sua opera sia in ambito della

     produzione, che in ambito della commercializzazione e vendita dei prodotti

    alimentari. In particolare anche in questo caso controllerà che i prodotti

    siano tenuti esposti per la vendita in buone condizioni igienico-sanitarie e

     privi di contaminazioni da muffe visibili. Ancora risulta importante in fasedi ispezione controllare l’etichetta dei prodotti. Il T.d.P. controllerà in questi

    luoghi anche il possesso della documentazione (Piano di Autocontrollo,

    Autorizzazione Sanitaria ecc. ). Infine, al termine dell’ispezione, gli ispettori

    redigeranno un verbale descrittivo dell’ispezione nel quale saranno anche

    indicati gli eventuali provvedimenti amministrativi (sanzioni, prescrizioni,

     proposte di ordinanze ecc.) o penali e o le successive indagini.

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    Da ricordare anche le altre amministrazioni coinvolte nel controllo ufficiale

    degli alimenti, quali il Ministero della Salute, che effettua controlli

    sull’igiene dei prodotti alimentari, il Ministero delle Politiche Agricole

    Forestali, che effettua controlli sulla qualità dei prodotti alimentari, e il

    Ministero delle Finanze, in particolare il Dipartimento delle Dogane e delle

    Imposte Dirette effettua controlli di natura fiscale. Anche questi organi

    contribuiscono al controllo alimentaristico, e quindi anch’essi rientrano

    negli organi atti a prevenire la contaminazione delle micotossine.

    Come risaputo, nelle aziende private, il Tecnico della Prevenzione ha

    compiti organizzativi e gestionali e, come libero professionista o

    dipendente, si adopera per la sicurezza e la prevenzione degli infortuni edelle malattie professionali nei luoghi di lavoro, la gestio