Mediterranea04

64
MEDITERRANEA Libri e notizie sul mare e chi lo naviga o t t o b r e 2 0 0 8 Attualità Intervista con Andrea Vallicelli Moreno Salvatore Alte latitudini Nicola Ricchetti Il mio naufragio Nicola Corda Maestri d’ascia Assaggi Andrea Pendibene Una grande avventura. La mia Transat 6.50 Hendrik Willem van Loon Navi del Seicento e del Settecento Dietrich V. Haeften Brutto tempo, che fare?

description

Libri e notizie sul mare e chi lo naviga

Transcript of Mediterranea04

Page 1: Mediterranea04

MEDITERRANEAL i b r i e n o t i z i e s u l m a r e e c h i l o n a v i g a

o t t o b r e 2 0 0 8AttualitàIntervista con Andrea VallicelliMoreno SalvatoreAlte latitudiniNicola RicchettiIl mio naufragio

Nicola CordaMaestri d’asciaAssaggiAndrea PendibeneUna grande avventura.La mia Transat 6.50

Hendrik Willem van LoonNavi del Seicento e del Settecento

Dietrich V. HaeftenBrutto tempo, che fare?

Page 2: Mediterranea04

Mediterranea è distribuita gratuitamente nelle librerie di mare, nei negozi di nautica, nei

circoli, nelle scuole di vela, nei porti turistici e nelle principali fiere nautiche in Italia. Se avete un’associazione, un circolo di

appassionati, o un punto vendita di nautica e volete ricevere Mediterranea da distribuire ai vostri soci e clienti, non dovete far altro che richiedere il numero di copie che pensate vi

possano essere necessarie scrivendo una e-mail indirizzata a:

[email protected] telefonando allo 06 70492976. Per ricevere tutti i numeri di Mediterranea a casa propria, basta pagare un contributo per le spese di spedizione di 5 euro l’anno sul ccp 69312031 intestato a Nutrimenti srl, specificando il proprio indirizzo esatto e segnalando come causale: Abbonamento Mediterranea.

c o m e av e r e mediterraneaL i b r i e n o t i z i e s u l m a r e e c h i l o n a v i g a

MeDiteRRANeA oRA è ANCHe SuL Web. iMbARCAteVi CoN Noi

www.mediterranea.tv

Page 3: Mediterranea04

e D i t o R i A L e

L’estate se n’è andata, ma non ha portato via con sé le nostre barche, non ha svuotato il mare dalle vele, non ha spento la voglia di percorrere nuove rotte, di esplorare nuovi orizzonti. Sempre più italiani continuano a naviga-re anche d’inverno, nel Mediterraneo ma spesso anche fuori dalle colonne d’Ercole. Chi per partecipare ai campionati invernali che raccolgono ormai alcune migliaia di velisti, chi per continuare a godersi passeggiate e minicrociere nel mare davanti casa, chi per allungare la propria scia fino ai confini del mondo. Moreno Salvatore è fra questi ulti-mi: dopo averne parlato per tanto tempo con gli amici, lo ha fatto davvero. Ha mollato gli ormeggi ed è arrivato da solo fino in Terra del fuoco, ad Ushuaia, nota anche come Fin del mundo, navigando con la sua Fortuna fra i canali cileni, ormeggiando al cospetto di ghiacciai maestosi, nel silenzio e nella solitudine più totali.

Attraverso il suo racconto resta aperto il canale di comunicazione fra Mediterranea e gli italiani in giro per il mondo con la propria barca. Storie che fanno capire quanto sia cambiato, e stia cambiando, il rapporto fra il Belpaese e la vela. Per tanti la barca resta legittimamente sinonimo di va-canze e crociere, ma c’è anche chi sogna una sua particolare sfida sul mare. Come il popolo dei ‘ministi’, di cui raccontiamo in questo numero due storie esemplari: quella di Andrea Pendibene, uno tanto ostinato che, partendo da zero e poco più che ventenne, è riuscito a partecipare ad una Mini Transat, la regata che da La Rochelle arriva a Salvador de Bahia su barchini di sei metri e mezzo, e quella dello sfortunato Nicola Ricchetti, naufragato con il suo Nanan. Un racconto, il suo, da leggere con attenzione perché ha molto da insegnare a tutti, specie sotto il profilo della sicurezza.

Quanto stiano cambiando le barche a vela lo abbiamo chiesto inve-ce ad Andrea Vallicelli, probabilmente il progettista italiano più famoso, il ‘padre’ di Azzurra e di tantissime barche sia da regata che da crociera, oggi progettista fra l’altro della fortunata serie dei nuovi Comet. Con lui abbiamo cercato di capire in che direzione sta andando l’industria nauti-ca, cosa bisogna attendersi per i prossimi anni, ma anche che ruolo occupi oggi l’industria italiana del settore.

Anche se l’inverno è ormai alle porte non smetteremo insomma di pensare al mare. Ci accompagneranno, come sempre, i tanti libri che ali-mentano la nostra passione. E tante sono le novità di cui troverete ghiotti assaggi in questo numero di Mediterranea. La nostra rivista compie un anno e conferma la sua cadenza bimestrale, ma soprattutto la sua fisiono-mia particolare di linea d’intersezione fra l’attualità e l’editoria nautica, la sua vocazione ad alimentare la cultura marinara a 360 gradi. L’invito a tutti è di scriverci per offrire il vostro contributo, per raccontarci storie di mare che non trovano posto altrove (come quella di Tonino Sanna, maestro d’ascia a Carloforte) o semplicemente per comunicarci commenti e suggerimenti: la nostra bussola più affidabile.

A.P.

S e m p r e p i ù i t a l i a n i

c o n t i n u a n o a n a v i g a r e a n c h e d ’ i n v e r n o , n e l

M e d i t e r r a n e o m a s p e s s o a n c h e f u o r i

d a l l e c o l o n n e d ’ e r c o l e .

Page 4: Mediterranea04

i N D i C e

© 2008 Nutrimenti Registrazione presso il Tribunale di Roma n. 283/2008

Direttore responsabile: Francesco AltieriDirettore editoriale: Andrea Palombi

www.mediterranea.tv

Redazione e amministrazioneNutrimenti srlvia Marco Aurelio 44 - 00184 Roma tel. 06 [email protected]

stampato da Print On Web - Isola del Liri

Per la pubblicità rivolgersi a:[email protected]. 06 70492976

È vietata la riproduzione anche parziale di testi e immagini. Manoscritti e foto-grafie, anche se non pubblicati, non si restituiscono.

Garanzia di riservatezzaL’Editore garantisce la massima riserva-tezza dei dati forniti e la possibilità di ri-chiederne gratuitamente la rettifica o la cancellazione ai sensi dell’articolo 7 del DL 196/03 scrivendo a: Nutrimenti via Marco Aurelio 44, 00184 Roma

Le informazioni custodite nell’archivio elet-tronico di Nutrimenti verranno utilizzate al solo scopo di inviare il catalogo Mediterra-nea e vantaggiose proposte commerciali.

www.nutrimenti.net

www.magnamare.com

www.nonsololibri.it

Rubriche Settemila titoli per navigare a Roma pag. 6Notizie in breve pag. 7il velaio risponde pag. 8

GiramondoMagia delle alte latitudini pag. 9

intervista ad Andrea VallicelliAnche in mare il made in italy è qualità pag. 14

Attualitàil mio naufragio pag. 18

Vela classicaun mestiere per scaldarsi pag. 34

intervista a Dino Crivellari una banca dedicata alla gestione degli Npls che segue le regole del mare pag. 38

AssaggiAndrea Pendibene. Dentro una grande avventura pag. 22

Navi del Seicento e del Settecento viste da Van Loon pag. 26

è meglio essere qui e desiderare di essere là fuori, piuttosto che essere là fuori e desiderare di essere qui pag. 30

Velocità, comodità, praticità, efficienza? Le difficili scelte del velista pag. 40

ufficiali gentiluomini pag. 44

La Preda pag. 48

in copertina: faro dell’isola

di Strombolicchio, isole eolie

(illustrazione Ada Carpi).

Page 5: Mediterranea04

9

22

2634

14

Page 6: Mediterranea04

Ha recentemente festeggiato i suoi primi dieci anni di attività la Libre-ria Nautica Clypper di Roma, punto di incontro nel centro della città per gli amanti del mare, i diporti-sti e i lettori appassionati: tutto il mare a trecentosessanta gradi.Il catalogo libri contiene oltre set-temila titoli che spaziano dalla subacquea alla nautica e a tutti gli sport acquatici, dalla narrativa sul mare alla manualistica specializza-ta, dalla malacologia alla biologia marina, dalla storia della naviga-zione alla marineria moderna, sia mercantile che militare, ma anche gastronomia, guide turistiche e naturalistiche, libri fotografici e per ragazzi.

Il settore tecnico comprende, ol-tre a una vasta manualistica per natanti, imbarcazioni e navi a vela o a motore, anche i portolani e le pubblicazioni ufficiali: strumenti indispensabili allo skipper per af-frontare una navigazione sicura.In libreria è disponibile la carto-grafia nautica cartacea ed elettro-nica di tutti i mari del mondo, in qualità di Concessionario Uffi-ciale dell’Istituto Idrografico del-la Marina Italiana e dei maggiori produttori di cartografia nautica mondiale: il British Admiralty, il Service Hydrographique et Ocea-nographique de la Marine fran-cese (Shom), Imray, Nauticard International.

Il personale della libreria è specia-lizzato e disponibile a dare com-plete informazioni sui prodotti in vendita e fornire la consulenza per l’organizzazione di crociere e trasferimenti in completa sicurez-za ed in regola con il Codice della navigazione.Da anni la Libreria Nautica Clypper si adopera, in collaborazione con la Capitaneria di Porto Guardia Costiera di Roma, in campagne di informazione sulla sicurezza ed il comportamento da tenere in mare, sia a bordo di imbarcazioni e navi, ma anche sulle spiagge e nello svolgimento di sport acquatici.Per coloro che amano partecipare attivamente, un’attenta organizza-zione, in collaborazione con alcu-ne scuole ed associazioni veliche, prepara corsi di patente nautica a vela e/o motore, di iniziazione e perfezionamento alla vela, di me-teorologia, di navigazione astrono-mica e di primo soccorso in mare.

Libreria Nautica Clypper

via M. bragadin, 42

00136 Roma

tel./fax 06 397 21 512

www.librerianautica.it

S C A f f A L i A P R o V A D ’ o N D A

settemila titoli per navigare a roma

Prosegue il viaggio di Mediterranea nelle librerie nautiche d’Italia. Questa volta facciamo tappa nella Libreria Nautica Clypper di Roma.

Page 7: Mediterranea04

LA CLASS 40 Si

PReSeNtA A GeNoVA

CoN SoLDiNi, MiCeLi e

VettoRAto.

Mercoledì 7 ottobre, alle 16,00,

presso il teatro del mare della

fiera nautica di Genova,

Giovanni Soldini, Matteo

Miceli e Maurizio Vettorato

parlano delle regole, delle

barche, del successo e delle

prospettive di una classe che

sta avendo un vero e proprio

boom nelle regate oceaniche.

Sempre a Genova Miceli

presenta il primo modello

di este 40, la barca con cui

punta a realizzare una nuova

impresa, il primo giro del

mondo, in solitario e senza

scalo, Roma-Roma. Partenza

prevista il 2012, in coincidenza

con la prossima edizione della

Vendée Globe (il giro del

mondo no-stop per solitari).

PiRAti!

Secondo blitz delle forze delle

operazioni speciali francesi

per liberare due velisti

transalpini finiti in mano ai

pirati al largo della Somalia.

Jean-Yves Delanne e la moglie

bernadette, appassionati

velisti che vivono da alcuni

anni a tahiti, erano stati

sequestrati con la loro barca

di 16 metri il 2 settembre

scorso e i pirati avevano

chiesto un riscatto di 2 milioni

di dollari. il 15 l’intervento

dei commandos francesi che

hanno ucciso uno dei pirati

e arrestati altri 6, che vanno

ad aggiungersi ai 6 arrestati

nel precedente intervento di

aprile. il presidente francese

Sarkozy ha lanciato un nuovo

appello per la costituzione di

una forza di polizia marina

internazionale in un tratto

di mare ormai letteralmente

infestato dai pirati.

L’ultimo attacco dei pirati

c’è stato del resto solo poche

ore dopo l’annuncio della

liberazione dei due francesi,

con il sequestro di una nave

di Hong Kong nella zona del

Golfo di Aden. e un cargo

egiziano con 25 persone a

bordo era stato arrembato

e catturato la sera del 4

settembre. Solo fra agosto

e settembre di quest’anno

si calcolano 12 attacchi.

e Sarkozy sottolinea che

sarebbero almeno 15 le navi e

150 le persone ancora in mano

ai pirati.

iL MiSteRo DeLLA

bARCA fANtASMA

Né pirati, né mosti marini, né

una misteriosa tempesta. Alle

origini di quello che nel 2007

era apparso come un vero e

proprio mistero del mare ci

sarebbe stata nient’altro che

una tragica, e sfortunatissima,

sequela di incidenti. uno yacht

a vela, il Kaz II, partito per

una crociera di otto settimane

con tre persone di equipaggio,

fu ritrovato tre giorni dopo

la sua partenza in Australia

mentre navigava, con il motore

acceso, il pranzo servito a

tavola, perfettamente efficiente,

ma senza nessuno a bordo.

L’inchiesta della magistratura

del Queensland ha alla

fine ricostruito l’accaduto:

i tre membri d’equipaggio,

lo skipper Derek betten,

56 anni, e i fratelli Peter e

Jim tunstead, 69 e 63 anni,

sarebbero finiti in mare uno

dopo l’altro. uno dei fratelli nel

tentativo di liberare il timone

della barca da una rete che

gli era rimasta aggrovigliata,

il secondo fratello è caduto

in acqua nel tentativo di

soccorrerlo, lo skipper, infine,

mentre manovrava per tornare

a ripescare i due passeggeri. e

la barca ha continuato da sola

la sua navigazione.

GioVANi AzzuRRi:

beNe iN eQuiPe

ottimi piazzamenti degli

equipaggi italiani nel

campionato europeo di equipe

svoltosi ad agosto a Quiberon

(francia). Raccoglie successi

in particolare la Società

triestina della Vela con il primo

posto, fra le ragazze, di Sarara

Daccache e Valeria Puletti

e il terzo posto, fra i ragazzi

di Andrea Savio e Matteo

Roici. ottimo anche il terzo

posto delle romane francesca

bertola e Giulia tisselli, del

Nauticlub Castel fusano.

VeLA VeRDe

Nel Salone nautico di Genova

arriva anche Verde come Vela,

la prima barca a impatto

ambientale uguale a zero.

in 400 miglia navigate e 15

incontri di sensibilizzazione,

Verde come Vela punta a

dimostrare che qualsiasi barca

può drasticamente ridurre

il suo impatto ambientale. il

progetto è una iniziativa di

Avanzi, centro studi sulla

sostenibilità ambientale

che si avvale del sostegno

di unicredit Group e del

patrocinio del Ministero

dell’Ambiente.

fRANCK CAMMAS

CoN oRACLe

è il forte skipper francese

esperto di multiscafi (suo

il record di traversata

dell’Atlantico in 4 giorni e 3

ore con Groupama) ad allenare

il team di oracle sul nuovo

trimarano di 27 metri. Non

è però affatto sicuro che la

prossima Coppa America, o

meglio la sfida-tormentone con

Alinghi, si corra davvero con

questi mostri dagli alberi alti

50 metri e capaci ovviamente

di ben altre velocità rispetto ai

vecchi Coppa America.

ADDio A RAiMoND

buCHeR, PioNieRe

DeLLA SubACQueA

Se n’è andato alla veneranda

età di 96 anni quello che è

considerato il padre delle

immersioni in apnea. fu

proprio bucher a mettere

infatti a punto, insieme a

Massimo D’Asta, la tecnica

della compensazione che gli

permise anche a stabilire i

primi record di immersione:

meno 29 metri a Capri nel

1949, meno 30 a Napoli nel

1950, fino ai meno 39 nel

1952. bucher, ungherese di

nascita ma di padre italiano, è

stato anche grande aviatore,

comandando la pattuglia

acrobatica, e documentarista,

suo il film Sesto continente.

Nodo di giunzione a otto

-1-

-2-

-3-

-4-

-5-

S C A f f A L i A P R o V A D ’ o N D A

settemila titoli per navigare a roma

notizie in breve

mediterranea �

Page 8: Mediterranea04

Da qualche anno è scoppiata quasi una moda per lo stralletto volante su cui armare una trinchetta. è utile? e qual è l’armo migliore per poter affrontare in sicurezza (quasi) ogni tempo?Se si ha un genoa su rollafiocco ed il vento rinforza di solito si comincia a rollare la vela. Ma se il vento aumenta al punto da portare la vela alla superficie di un fiocco o di una tormentina, vi renderete conto che è impossibile fare una buona bolina (la barca sbanda molto, fa poca prua e non raggiunge una buona velocità). Per ovviare a questo inconveniente su molte barche si sta usando un’ottima alternativa, quella di applicare uno strallo volante sul quale armare vele (fiocchi, trinchette o tormentine) che consentano di bolinare in sicurezza e che abbiano sicuramente una forma migliore rispetto ad un genoa (se pur di ottimo taglio) rollato più giri sull’avvolgifiocco.

È sottinteso che il montaggio di uno strallo volante deve essere effettuato da attrezzisti specializzati.

Per le rande rollabili è possibile utilizzare tutti i tipi di tessuto?Non vi è alcuna controindicazione ad utilizzare un materiale piuttosto che un altro per la realizzazione di un randa rollabile. Dacron, Sandwich, Mylar, Kevlar, membrane o quant’altro, l’importante che sia adeguatamente robusto.

Si possono realizzare genoa in grado di essere ridotti (avvolti) senza perdere di efficienza?Purtroppo per quanto possa essere eccellente il suo taglio, quando il genoa viene parzialmente avvolto al rollafiocco, venendo meno la tensione lungo l’inferitura, la vela tende ad insaccare e di conseguenza a perdere il suo profilo iniziale e la sua efficienza.

Qual è realisticamente (e a prescindere da eventuali rotture accidentali) la durata media di una vela in Kevlar?Non è facile stabilire la durata di una vela in kevlar. Dipende innanzitutto da come viene utilizzata, quante volte viene piegata, quanto rimane esposta al sole. 100 miglia percorse in un’unica navigazione di certo non compromettono la resistenza di una

vela in Kevlar ma se le stesse miglia vengono frazionate in 20 o 30 uscite si possono cominciare a notare segni di invecchiamento o cedimento. Come per tutte le vele, se si potessero sempre riporre arrotolate piuttosto che piegate, la loro durata aumenterebbe sensibilmente.

Come vanno trattate le vele quando si tira a secco la barca per l’inverno?L’ideale è di smontarle, lavarle o quanto meno sciacquarle accuratamente (la salsedine tende a trattenere l’umidità e facilita la formazione di muffe oltre a corrodere alcuni componenti delle vele), farle asciugare molto bene e riporle se possibile arrotolate all’interno della cabina o in un altro posto purché sia asciutto e al riparo dal sole.

Come di consueto abbiamo girato le domande dei lettori di Mediterra-nea ad Antonio Incarbona, titolare della Veleria Incarbona di Fiu-micino. Per avere risposte ai vostri dubbi di ogni genere sulle vele, da come sceglierle a come trattarle, scrivete a [email protected].

il velaio risponde

Veleria incarbona

via Passo buole, 209

tel +39 06 6581983

www.i3sailmaker.com

� mediterranea

Page 9: Mediterranea04

Ben presto oltre che dalla biologia mari-na fui affascinato dai relitti, dallo scoprire ancore litiche e storici manufatti, dalle im-mersioni nel blu. Contestualmente viaggia-vo come potevo, erano gli anni 70’ e sedi-cenne, con autostop e zaino in spalla, girai per l’Europa. Appena patentato i miei ge-

nitori mi regalarono un vecchio maggiolino e poco tempo dopo percorrevo le strade del Nord Africa. Bellissimi ricordi di paesaggi ed odori, di gente semplice ed ospitale, di oasi e palmeti, di strade polverose e piste sino all’ex Sahara Spagnolo. Passarono gli anni ed il lavoro mi assorbì sino al midol-

G i R A M o N D o

magia delle alte latitudini

d i M o r e n o S a l v a t o r e

Il Milione, L’Isola del tesoro, Ventimila leghe sotto i mari, Zanna bianca, questo il genere di libri che divo-ravo da bambino. Spesso mi isolavo nel mio mondo interiore e viaggiavo con la fantasia sognando luoghi lontani in veste di piccolo esploratore. Venne l’epoca del mare “sotto”, complici i documentari di Jacques Cousteau, e così iniziai ad avventurarmi in questo universo, l’elemento liquido ed il suo contenuto.

Fortuna nel brazo

Noroeste del canale

di beagle, in rotta

verso Seno Pia.

mediterranea �

Page 10: Mediterranea04

lo, ma un mese di libertà l’anno comunque me lo concedevo, assa-poravo la nuova meta studiandone il percorso, le etnie e la storia dei luoghi, prenotavo il volo di destina-zione e da lì procedevo con qual-siasi mezzo; Africa, Asia, Centro America. L’approccio con la vela avvenne non da giovanissimo ma fu folgorante, presi coscienza che il mezzo mi consentiva di viaggiare portando con me il mio universo, una casa cui gli orizzonti potevano cambiare a piacimento. Comprai una vecchia Alpa 9.10, iniziai a gi-rovagare per destinazioni nostrane ma mi resi ben presto conto che per gestire in sicurezza una bar-ca in navigazione, in piena libertà ed autonomia, occorreva ben altra preparazione di quella che sino ad allora avevo acquisito. Da quel momento cercai di navigare il più possibile, frequentai scuole d’altu-ra, viaggiando via mare in qualsiasi luogo mi stimolasse e fosse tecnica-mente propedeutico, da Atene sino ad Istanbul, l’Irlanda, il Fastnet, le Aran, le Anglonormanne, in ge-

nerale l’Atlantico del Nord. L’ulti-mo bel viaggio di trasferimento in equipaggio lo feci su un 24 metri in alluminio, salpando dalle coste del-la Bretagna con destino la Norve-gia, oltre il Circolo Polare Artico, ri-salendo i fiordi sino a latitudine 70° Nord. Navigando in questi luoghi, nel Grande Nord, provai la sensa-zione di completa integrazione con gli elementi, in un paesaggio della mia anima fatto di grandi silenzi, ombre azzurre, colori e luci, provai di nuovo la dimensione dello spiri-to legata all’infanzia.Il resto, mi riferisco alle recenti scelte di vita, fu la conseguenza logica. Nel 2005 mi consegnaro-no Fortuna, un Ovni, a Les Sables d’Olonne, rientrai via Gibilterra sino a Fiumicino. Mi preparai ul-teriormente a questo viaggio pen-sato da lungo tempo e salpai nell’ Agosto del 2006 con destinazione Salvador de Bahia. L’idea iniziale era quella di visitare il Brasile per poi risalire sino a Panama e conti-nuare verso ovest nel classico giro del mondo per Equatore. Qualcosa

in alto: ormeggio a ushuaia.

A fianco partendo dall’alto:

leoni marini a seno Garibaldi;

ormeggio di fronte al ghiacciaio

Martial.

10 mediterranea

Page 11: Mediterranea04

accadde, le alte latitudini avevano lasciato in me un segno indelebile e così, rientrando a Roma per le fe-stività natalizie comprai un badile ed un machete, non divulgai le mie intenzioni e a chi mi chiedeva di ulteriori sviluppi parlavo di Buenos Aires. Rientrato a Salvador salpai verso Sud, fu la parte più dura del viaggio, la grande area di bassa pres-sione ti lascia ben poche possibilità di pianificazione, o ti porti molto al largo, ma senza possibilità di riparo, o segui la costa. Dovevo raggiun-gere a Vitoria il mio amico argenti-no Federico, anche lui solo, aveva avuto un problema con il motore e volevo essergli accanto per aiutarlo, quindi optai per una rotta costiera. Uno stillicidio, un traffico incredi-bile, molte piattaforme petrolifere, ma il peggio avvenne quando mi resi conto che il radar non “batte-va” i numerosi piccoli pescherecci in legno e quindi mi dovetti adat-tare a microsonni di soli dodici mi-nuti. Federico lo avevo conosciuto durante la traversata dalle Canarie a Capo Verde, ero salpato da due

giorni e per abitudine, mantenendo acceso il Vhf sul canale 16, Federico mi chiamò, mi aveva ascoltato pre-cedentemente in Hf ed ero a 100 miglia dalla sua poppa, solo anche lui, stava trasferendo un VdS 37 di nome Tango. Ci incontrammo poi a Mindelo dove atterrai un giorno pri-ma. Lo attesi aspettandomi che mi offrisse la cioccolata svizzera tanto decantata nei colloqui alla radio, lui aspettandosi di degustare un buon caffè italiano, e così fu.Di seguito mi fermai in quel para-diso a sud di Rio de Janeiro che è Ilha Grande, poi l’Uruguai per poi entrare nel Rio de la Plata ed atter-rare a Buenos Aires, ma ben presto desiderai salpare per nuovi lidi, an-cora verso Sud, la Patagonia, la mi-steriosa Isla de los Estados, il canale di Le Maire e da lì in rotta diretta sino a Capo Horn.Ora Fortuna dopo 12.000 miglia è alla boa ad Ushaia, o “Fin del Mun-do” come amano chiamarla gli ar-gentini. Circa il 50% del mio naviga-re l’ho compiuto in solitario, mentre con il mio amico Jorge abbiamo na- mediterranea 11

Page 12: Mediterranea04

uNA PAReNteSi

A PRoPuLSioNe

ANiMALe

Incontrai il musher professionista Juan Pablo Fama (www.tierradelfuego.org.ar/fama) e gli dissi che in-tendevo apprendere a condurre in autonomia una slitta con cani sia su percorsi aperti che tra i boschi. Simpatiz-zammo subito, stessa corporatura, stesso sguardo, medesima indole. Affare fatto, Juan Pablo si sarebbe prestato a trasmetter-mi il suo sapere.Prima uscita, -12°C., circuito base ben bat-tuto, si va assieme su di una slitta pesante 37 kg, larga 74 cm. molto stabile, la muta è composta da otto cani. Juan Pablo con-duce la prima parte del percorso, mi in-dica poche, precise nozioni poi arriva il mio turno. Percorro 4 km

con diverse curve lar-ghe, mi sembra tutto così naturale, la slitta risponde ed il musher mi incoraggia. Alla fine percorro 12 km e mi sento felice. Seconda uscita, -15°C., Juan Pablo mi accoglie con un “Ricordi ieri? Bene, dimenticalo! Oggi pro-verai qualcosa che è tutt’altra storia. Ti darò una slitta da competi-zione, pesa 12 kg ed è larga 50 cm, moool-to veloce. Niente Hu-skies, come muta due sprinter Greyster”. Juan Pablo imbraga i cani, noto l’eccitazio-ne dei due Greyster, sto con il freno inchio-dato, come lo mollo le belve scattano, mi sento catapultato in-dietro su questa slitta che fatico a mante-nere nella giusta dire-zione, i due Greyster non mi obbediscono, continuano a galoppa-re come indemoniati.

Due curve in derapata prima di imboccare il ponte che è maledet-tamente stretto, freno un poco e mi impon-go di togliere rigidità al mio corpo. Negli spazi aperti inizio a godere del paesaggio, la neve è brillante e tutto mi appare bellissimo. Non so come, ma alla fine percorro 12 km senza cadere. Juan Pablo mi osserva compiaciuto, mi confida che vado incredibilmente bene ed il mio ego cresce.Terza uscita, -5°C., la notte è stata ventosa ed ha pelato la pista che a tratti è gelata. Stavolta mi toccano tre sprinter Greyster, Juan Pablo mi avver-te, con tre cani la par-tenza sarà molto più forte e per un percor-so maggiore. Mi sento tranquillo, ma sbaglio. Al comando le bel-ve scattano con una violenza inaspettata,

veloce, troppo veloce, cerco istintivamente il freno ma lo manco, la slitta si traversa e su un dosso si capo-volge. Juan Pablo mi chiede se desidero continuare con solo due cani, desisto e mi vivo una giornata di memorabili deparate, qualche salto con la slitta nei dossi ed altre tre cadute. Miracolo-samente evito qualche albero di troppo nel bosco! L’ego si ab-bassa. Quarta uscita, nevica copiosamente e meno male perché mi toccano quattro cani, tre Greyster ed un Alaskan Husky. Ma il fondo non è veloce, la neve accumulata rallenta la corsa del-la muta. Negli spazi aperti inizio a godere del paesaggio, è tutto bellissimo, gli alberi sono carichi di neve ed il silenzio assoluto. Dopo 8km. mi fermo al

ricovero dei cani, Juan Pablo mi dice: “Ora proverai un nuovo per-corso, fai attenzione perché hai subito una lunga curva in pendio a mezza costa, segue la ripida discesa tra gli alberi ed un paio di cur-ve molto strette, anti-cipa molto i movimen-ti, frena dolcemente prima delle curve, tieni il baricentro basso”, e per giunta cambia la muta: quattro Greyster freschi. Y bueno, la suerte è dalla mia, non cadrò e riuscirò a fare l’ intero percorso sen-za toccare il freno se non per evitare che la slitta troppo veloce in discesa possa urtare i cani di coda. Lo sle-dog è qualcosa di ma-gico, a volte l’impeto dei cani ti travolge ed il cuore sussulta, altre il paesaggio ti amma-lia e la poesia prende il sopravvento sugli elementi.

Page 13: Mediterranea04

mediterranea 13

vigato per il Beagle, sfilato per i ca-nali cileni raggiungendo i ghiacciai della cordigliera di Darwin, osser-vando spettacolari fiordi, vivendo una natura forte, godendo di una pace assoluta. Con Federico invece abbiamo doppiato Capo Horn pro-venienti da l’isla de los Estados.Ed il badile con il machete? Con il primo si spala le neve e con l’altro si tagliano le lunghe e pesanti al-ghe kelp che si tirano su salpando la catena dell’ancora.Sì, viaggiare. In Terra del Fuoco ne sto sperimentando altri modi, con uno zaino in spalla risalendo i ghiacciai sino alla vetta per vedere il mondo dall’alto o con una slitta trainata dai cani lungo le torbiere innevate sognando, come da bam-bino, una Iditarod.

Patagonia e terra del fuocoNavigando attorno alla barca gio-cano delfini e leoni marini, sotto le ali degli albatros e le petrelle o cormorani; Questa è la prima visio-ne che si ha in queste acque. Sono facilmente avvistabili ed avvicina-bili i leoni marini ed i pinguini; In giornate casualmente favorevoli le orche e le balene nei loro movi-menti da nord a sud o da oceano ad

oceano. A terra i guanaco, le lontre ed i castori, i conigli e le volpi. Pas-seggiando la beltà degli alberi ban-diera, la onnipresenza degli alberi di lenga, il calafate con i suoi squi-siti frutti e piccoli fiori gialli, il pane degli indios (Darwin’s fungus), i colori dei licheni ed il muschio. In aria le leggiadre sterne gaviotin su-damericano ed i martin pescatore, in acque protette il pato vapor ed il cauquèn, nella boscaglia i carpinte-ro negro patagonico. Questo e mol-to più in Terra del Fuoco. La tra-versata in barca a vela del Beagle, lungo lo stesso epico tragitto effet-tuato nel XIX secolo da Fitzroy e Darwin nel corso delle loro esplo-razioni, è un esperienza memorabi-le; Ghiacciai di un azzurro intenso e verdi pareti verticali scendono a picco nell’acqua a breve distan-za dall’imbarcazione. Purtroppo attualmente la maggior parte dei ghiacciai nel mondo è in fase di arretramento ma la Cordillera Darwin, estrema propaggine del-le Ande, offre ancora spettacolari opportunità. Via mare, nei “seni ventisquero”, questi ghiacciai si possono avvicinare e con particolari precauzioni perfino camminarci so-pra, osservare i crepacci o scalarli.

in alto: Seno Pia, Moreno al timone.

Nella pagina a fianco: sulla slitta

trainata dagli husky.

Page 14: Mediterranea04

14 mediterranea

i N t e R V i S t A A D A N D R e A V A L L i C e L L i

anche in mare il made in italy

è qualità

Page 15: Mediterranea04

mediterranea 15

in che direzione va l’industria nel settore delle barche a vela? C’è una tendenza ri-conoscibile nei grandi numeri?“C’è sicuramente una produzione di serie che tende a migliorare l’accessibilità, che va cioè nella direzione di quella che chia-miamo ‘easy sailing’. Si lavora in partico-lare nel miglioramento delle attrezzature, degli scafi, nell’aumento del comfort. Una tendenza costante ormai da diversi anni, Inoltre resta una ricerca nella qualità este-tica, si migliora lo stile delle imbarcazioni come ‘plus’ per la vendita.

Ma la tendenza verso l’easy sailing non è in contraddizione con il settore che sem-bra sempre più diffuso del ‘regata-crocie-ra’, barche cioè che hanno come obietti-vo anche quello di alte prestazioni?“No, questa del regata-crociera è una pe-culiarità molto italiana. A livello mondiale le barche da crociera occupano di gran lun-ga la fetta maggiore del mercato. Poi, cer-to, la barca a vela già per sua natura rimane sportiva. Ma il numero di barche da regata è senz’altro minoritario nella produzione complessiva.

Che cos’è cambiato rispetto a trenta anni fa?“Di certo l’economia di scala. Una pro-duzione di tipo industriale ha permesso di abbassare i costi e quindi di allargare la base dell’utenza. In particolare le industrie tedesche e francesi sono andate in questa direzione, con una produzione magari a volte criticabile, ma a prezzi decisamente più accessibili”.Non c’è il rischio che una produzione di questo tipo vada anche a scapito della sicurezza?

Azzurra progettata

da Andrea Vallicelli è

stata la prima barca

a portare una sfida

italiana in Coppa

America.

D o v e v a l ’ i n d u s t r i a n a u t i c a ? M e d i t e r r a n e a l o a b b i a m o c h i e s t o a u n o d e i p r o g e t t i s t i i t a l i a n i p i ù n o t i , i l p a d r e d i A z z u r r a e d i t a n t e b a r c h e d i v e n t a t e f a m o s e .

Page 16: Mediterranea04

16 mediterranea

“Bisogna distinguere. Le barche da rega-ta sono costruite secondo regolamenti di sicurezza che hanno generalmente fun-zionato abbastanza bene, ad eccezione di qualche evento clamoroso, per altro ormai lontano nel tempo, come il Fastnet del ’79 o qualche Sidney-Hobart,. Gli standard più elevati di sicurezza nelle regate si sono poi regolarmente riverberati anche nelle bar-che da crociera. Certo, le barche di serie, quelle più economiche, hanno a volte cose che lasciano a desiderare, spesso più che negli scafi in alcuni dettagli importanti, come gli alberi o le lande (i punti di attac-co delle sartie allo scafo, ndr) che fanno un po’ temere. C’è però anche da dire che per fortuna sono barche destinate ad un pub-blico che sta più in porto che in mare. E in generale c’è da dire che il numero degli incidenti nel nostro settore non è così alto come in altri settori”.

e l’industria italiana che scelte ha fatto? il nostro Paese riesce ad essere competi-tivo a livello internazionale?

L’Italia non ha mai avuto una competiti-vità sul piano dei numeri. Si è ritagliata però uno spazio di qualità generalmente superiore, con un appeal estetico e una so-stanza costruttiva migliore di quella della produzione industriale del Nord Europa. I due più grandi cantieri italiani, la Comar e il Cantiere del Pardo (produttori rispet-tivamente dei Comet e dei Grand Soleil, ndr) realizzano prodotti più curati, più per-formanti, di migliore qualità estetica. Si sono ritagliati una fascia intermedia fra la grande produzione industriale e i cantieri di punta tipo Swan o Baltic.

i nuovi materiali quanto hanno cambiato nel modo di progettare le barche?“Sul piano delle prestazioni lo sviluppo tecnologico ha modificato radicalmente i prodotti. Penso ad esempio all’albero in carbonio che sta sostituendo sempre più spesso quelli in alluminio”.

è davvero così efficace?“Non c’è paragone. Permette di alzare il

Page 17: Mediterranea04

mediterranea 1�

baricentro, di usare meno zavorra, migliora di molto le prestazioni di una barca”.

e invece nella direzione dell’easy sailing che cosa dobbiamo aspettarci che renda ancora più semplice la vita a bordo?“Si lavora soprattutto nella semplificazio-ne delle attrezzature, ad esempio nel mi-glioramento di tutti i rullatori per le vele, e si lavora nella sperimentazione delle attrezzature.

Lei ha disegnato tante barche famose, quali sono i progetti a cui è rimasto più affezionato? “In genere la barca a cui si è più affeziona-ti è sempre l’ultima realizzata. Ma se devo dire le barche che mi sono rimaste nel cuore devo citare sinceramente Azzurra, è quasi banale dirlo, e poi i Brava.Ecco, la prima Brava era una barca che non garantiva solo performance, non a caso è stata premiata come la più bella dell’Ad-miral’s Cup dell’81 e ha vinto il Fastnet. Poi era una barca realizzata a New York nel

1979, io avevo ventotto anni... ed è dun-que legata a bellissimi ricordi”.

in un mondo che sta in ‘riserva’ con il pe-trolio, la produzione di barche non viene toccata dai ragionamenti sull’uso compa-tibile delle risorse?“Se ne parla molto, ma ancora non si fa abbastanza. C’è da dire comunque che le barche a vela da questo punto di vista sono i prodotti più nel comparto nautico com-plessivo. Diverso è il discorso per le barche a motore e ancora di più per i mega-yacht che per fortuna sono molto pochi. L’Ucina ha fatto qualche cosa in questo senso, ma la mia impressione è che molto resta anco-ra da fare”.

A sinistra, Brava, una

delle barche rimaste

nel cuore di Vallicelli.

A destra una delle sue

ultime creature,

il Comet 41S.

Page 18: Mediterranea04

Martedì 22 aprile alla mattina ci lasciamo alle spalle il canale di Piombino, il meteo diramato sul 73 dal comitato di regata ci preannuncia un SO in intensificazione du-rante il pomeriggio e in calo dalla serata con mare molto formato.Siamo sotto spi con un leggero sud est che si affievolisce sempre per poi lasciare spazio al nord ovest. Riponiamo spi e prepariamo noi e la barca per il rinforzo da SO mentre

risaliamo di bolina e il vento a poco a gira verso OSO.Prepariamo un sacchetto con affettati, for-maggi, pane, biscotti e barrette per avere cibo a sufficienza fino alla mattina succes-siva senza doverlo andare a cercare quando ci sarà vento e mare, ci organizziamo per continuare a riposare e mangiare corretta-mente anche durante il brutto tempo.Appena il vento sale sostituiamo il genoa

A t t u A L i t à

il mio naufragio

Il naufragio del suo Mini, conclusosi felicemente, è l’occasione per l’armatore di utili riflessioni.

d i N i c o l a R i c c h e t t i

1� mediterranea

Page 19: Mediterranea04

mediterranea 1�

con il fiocco e poche decine di minuti e prendiamo la prima e poi la seconda mano di terzaroli, tutto un po’ in anticipo, per pochi minuti siamo leggermente sottoin-velati, poi Nanan riprende il suo passo a 5-5.5 nodi per 320° e qualcosa di più quando poggiamo. Verso le 14-14.30 Guido scende a riposare, io rimango in pozzetto: ho la ce-rata completa, stivali e sotto la cerata indos-so già gli strati previsti per la notte; indosso la cintura, e sono legato con due ombelicali, uno corto fissato a centro barca al puntapie-di e uno lungo fissato all’albero.Inizialmente fisso il timone con l’elastico e lascio che Nanan bolini da sola, poi (dopo aver ripensato alle parole con cui Enrico Podestà commentò un ribaltamento “forse la barca un po’ di controllo lo voleva”) mi metto al timone seduto sul fondo del poz-zetto con il sedere puntato sul puntapiedi sopravento e i piedi su quello sottovento, con una mano mi tengo alla lifeline.Il vento intanto si assesta tra i 25-30 nodi con qualche rinforzo un po’ sopra, il mare è decisamente formato anche a causa del vento molto più forte su Capo Corso, sono un po’ teso come sempre quando il vento e il mare salgono ma tutto sommato abba-stanza tranquillo, sento che tutto è sotto controllo, orziamo sulle onde più grosse e subito ripoggiamo per riprendere veloci-tà, prendiamo un paio di bei frangenti ma Nanan non fa una piega. Guido è sotto che riposa e io così legato e “puntellato” sul fondo del pozzetto mi sento al sicuro.Verso le 16 Guido esce per darmi il cambio, fa alcuni filmini e io resto al timone circa mezz’oretta in modo da dargli il tempo di adattarsi e di vedere come si comporta la barca.Ragioniamo sul fatto che quando prendia-mo treni di tre onde piuttosto grosse non dobbiamo orzare troppo presto per non rallentare troppo la barca e d’improvviso ci troviamo di fronte a un’onda molto ripida e con un frangente molto alto; l’onda è mol-to vicina, ci ha sorpresi e vedo il frangente che è molto più alto di noi, orzo con scarsa convinzione verso l’onda chiedendomi cosa possiamo fare noi contro di lei e chiedendo-mi cosa ci farà: non penso tanto che possa ribaltare la barca ma che possa sradicarci via da lei. In un attimo la barca è corica-ta su un fianco, non ricordo il rumore del frangente che picchia contro la barca, né ricordo gli spruzzi dell’onda che si frange contro di noi come avviene di solito quan-do si è investiti da un frangente, è piuttosto come se la barca fosse stata presa e lanciata un po’ più in là dall’onda. Per alcuni attimi

non capisco in quale posizione sono messo, ho la sensazione di aver vissuto quello che descrive chi sopravvive a una valanga, poi riemergo dall’acqua e vedo Nanan sopra di noi inclinata a circa 150 gradi, per una frazione di secondo penso che le considerazioni fat-te un mercoledì con Paltrinieri sul Garda fossero errate: anche il Naus si ribalta e poi dico a Guido che dob-biamo slegarci. Un atti-mo dopo Nanan si gira e ci trascina sott’acqua, passo i primi secondi cercando solo di forza di tirarmi fuori dall’ac-qua, apro la bocca per la voglia di respirare ma è piena d’acqua, butto fuori un po’ di ossigeno per svuotarla e mi rendo conto che così riduco la mia auto-nomia, inizio a pensare che sto per annegare lì sotto, poi con calma faccio scorrere le mani lungo gli ombelicali e sgancio prima uno e poi l’altro moschettone (è un’operazione che più volte fisicamen-te e mentalmente ho provato proprio nella prospettiva di un ribal-tamento), provo a rag-giungere la superficie ma qualcosa mi trattiene, capisco che sono finito in mezzo alle draglie, mi spingo verso il basso per liberarmi e poi provo ad andare su, ma sento che la cerata è incastrata da qualche parte, me la sfilo come se fosse un maglione e finalmente riesco a raggiungere la superficie, un secondo dopo appare an-che Guido.La barca è scuffiata a circa 200°, ripenso al racconto di Paltrinieri, a lui che si appende alla chiglia per raddrizzarla e mi attacco al timone, Guido d’istinto fa lo stesso e Nanan si mette a 90°; io passo in pozzetto, libero le scotte mentre guido sale sulla fiancata e re-sta attaccato alle draglie, discutiamo un po’ su quale sia il punto più sicuro in cui stare (io temo che la barca si raddrizzi e subito riparta, per cui voglio ritrovarmi dentro al pozzetto, Guido stoicamente sta sulla fian-cata attaccato alle draglie per dare ancora

D ’ i m p r o v v i s o c i t r o v i a m o d i

f r o n t e a u n ’ o n d a m o l t o

r i p i d a e c o n u n f r a n g e n t e m o l t o

a l t o ; l ’ o n d a è m o l t o v i c i n a , c i

h a s o r p r e s i e v e d o i l

f r a n g e n t e c h e è m o l t o p i ù a l t o

d i n o i , o r z o c o n s c a r s a

c o n v i n z i o n e v e r s o l ’ o n d a c h i e d e n d o m i

c o s a p o s s i a m o f a r e n o i c o n t r o

d i l e i e c h i e d e n d o m i c o s a c i f a r à .

Page 20: Mediterranea04

20 mediterranea

un minimo contributo al raddrizzamento) e Nanan dopo poco si raddrizza. Per un istante pensiamo che il peggio sia passato ma subito la felicità svanisce: dopo essersi raddrizzata Nanan si immerge notevolmen-te l’uscita di poppa e le due entrate sono completamente coperti dall’acqua, la barca è molto inclinata verso poppa e sul fianco sinistro.Vado a poppa per attivare l’epirb e mi ac-corgo che il portello di poppa è stato spaz-zato via, mi affaccio, tasto il fondo della bar-ca per raggiungere l’epirb e la zattera ma lì dove erano posizionati non c’è più niente; torno in pozzetto e lo comunico a Guido; proviamo a mettere la barra alla poggia e il fiocco a collo ma la barca non reagisce in al-cun modo dalle entrate intanto escono varie cose, noi tiriamo fuori la roba che si affaccia sia perché speriamo di trovare qualcosa di utile sia per spargere più roba possibile sul-la superficie del mare. Prendo in mano una delle scotte dello spi

per non perdere contatto con la bar-ca e vado verso la poppa, l’acqua mi arriva all’altezza del torace, mi immergo ed entro con tutto il busto all’interno della barca, di nuo-vo allungo le brac-cia per cercare la zattera e l’epirb, ma non trovo niente: dentro la barca c’è un gran casino, uno

spi è uscito dal sacco e vaga per la barca, è incastrato da qualche parte e non riesco a ti-rarlo fuori, vorrei entrare a cercare la zattera e l’epirb che non so dove siano e che non so nemmeno se sono in barca o fuori ma ho paura di rimanere di nuovo bloccato dentro la barca, riemergo e torno dai tambucci.Esce una cioccolata e la mangiamo, mi ri-cordo delle parole di Umberto Verna che al corso Isaf ci disse che i tempi di sopravvi-venza si accorciano se uno si dà per spaccia-to, esce un sacco a pelo e me lo stringo tra le gambe per evitare che vada via pensan-do che possa tornarci utile per disperdere meno calore.Passa così circa mezz’ora, io sono in pozzet-to con l’acqua all’altezza della vita e Guido è accucciato sulla falchetta di dritta che è a pelo d’acqua, ogni tanto mi segnala l’arrivo di un frangente e io smetto di rovistare tra la roba che esce e mi attacco alle draglie. Ci scambiamo poche altre parole, parliamo dei

tempi dell’ipotermia e del fatto che non è una morte dolorosa; per il resto stiamo in silenzio; mi ritrovo a pensare che tra qual-che ora qualcuno a casa si preoccuperà ve-dendoci sempre fermi in quella posizione, ancora qualche ora e poi al mattino seguen-te, via vhf, le barche appoggio chiederanno alle altre se ci hanno visto e poi verranno attivati i soccorsi ma credo sarà tardi.A un certo punto decido di provare a tira-re giù la randa e lasciare il fiocco a collo, sperando che la barca riesca a partire in qualche modo a navigare nel senso delle onde e del vento. Sono a piede dell’albero quando Guido richiama la mia attenzione, dalle sue parole capisco che ha visto qual-cosa, mi immagino che stia passando qual-cuno abbastanza lontano e invece appena mi giro vedo un rimorchiatore vicinissimo a noi; sono forse più incredulo che felice, ci sbracciamo per attirare la loro attenzione e poi ci abbracciamo.Il recupero richiederà circa dieci-quindici minuti, ci fanno due o tre giri intorno, noi siamo restii a lasciare la barca, mi levo gli stivali per nuotare meglio e al terzo giro fanno una manovra eccezionale e si ritrova-no sopravento a noi di meno di 15 metri, ci lanciano un salvagente e ci tirano (roman-ticamente mano nella mano) verso di loro, ci appendiamo alla cima galleggiante che penzola dalle fiancate e in qualche modo, non senza un po’ di ansia per quell’enorme bottazzo e per quel forte rollio, siamo final-mente a bordo.Alcune considerazioniLa rotta seguitaNon nascondo che quello che credo sia l’er-rore scatenante il tutto possa essere la scel-ta della rotta seguita; partiti da Piombino con vento leggero per qualche miglio siamo stati più a est della rotta diretta, poi quando il vento ha girato abbiamo cercato di risalire il più possibile per tenerci più a ovest della rotta diretta ma siamo passati comunque in una zona prossima alle secche di Vada con fondali intorno ai 15-20 metri che potreb-bero anche aver influito sul moto ondoso.Cinture, salvagenti, moschettoni a sgan-cio rapido e tradizionali.Quando ci siamo ritrovati sott’acqua ci sia-mo scontrati con l’annosa questione dei moschettoni delle cinture da cui liberarsi: quando il regolamento della classe mini è cambiato imponendo i moschettoni a sgan-cio rapido in molti si sono adeguati al cam-biamento ritenendo prioritaria la possibilità di liberarsi in fretta offerta da questi mo-schettoni, altri hanno preferito continua-re ad usare i vecchi perché temevano che

Page 21: Mediterranea04

mediterranea 21

quelli a sgancio rapido si prestassero troppo facilmente ad un’apertura accidentale.Io sono uno di quelli che ha optato per que-sta strada, perché ho sempre ritenuto mag-giore il rischio di cadere fuoribordo che non quello di trovarmi legato sotto una barca ro-vesciata; per ovviare al problema della mag-giore difficoltà di apertura dei moschettoni tradizionali più volte ho provato mentre ero al timone a chiudere gli occhi, seguire con la mano gli ombelicali fino ad arrivare con la mano al moschettone, aprirlo, liberarmi dalla cintura e rimetterlo a posto. Spesso ho fatto questo allenamento anche solo men-talmente e credo che potrebbe essere utile per tutti, anche per chi ha optato per quelli a sgancio rapido. Devo dire che quando mi sono trovato sott’acqua non ho avuto il mi-nimo problema ad aprire il moschettone e non credo che la frazione di secondo che avrei risparmiato con lo sgancio rapido sia significativa.Solitamente non indosso mai il salvagen-te ma la solo la cintura, sia perché mi da più sicurezza sia per il rischio che in caso di ribaltamento l’autogonfiabile renda più difficile uscire da sotto la barca; un buon compromesso potrebbe essere l’utilizzo di autogonfiabili dotati di una cintura molto robusta e privati del meccanismo che li fa gonfiare automaticamente tramite la pasti-glia di sale o di carta.epirb, zattera, tps e bidone di sopravvivenzaErano fissati in quest’ordine vicino all’usci-ta di poppa; l’epirb non era vicino alle entra-te tradizionali perché a barca rovesciata nel Naus sono molto difficili da raggiungere ed era fissato al suo supporto che era attaccato alla barca tramite biadesivo 3M e Sika.La zattera era fissata alla barca tramite quattro punti di ancoraggio a cui erano fis-sate due cime che disegnavano due “U” ro-vesciate, una da un lato della zattera e una dall’altro; le due U rovesciate erano unite tra di loro tramite una cimetta e un mo-schettone a sgancio rapido per far si che la zattera potesse essere liberata velocemente anche con una mano sola come richiesto dal regolamento.Il bidone di sopravvivenza era tenuto at-taccato alla zattera con due cime elastiche, quando si è spostata la zattera anche il bido-ne è risultato privo di un solido ancoraggio. Quando ho ritrovato la barca ho provato ad aprire il bidone: anche se era chiuso deci-samente bene (in ginocchio sulla spiaggia ho fatto fatica ad aprirlo, mi chiedo come ci sarei riuscito se lo avessi dovuto aprire da solo su una barca semiaffondata sballottata

dalle onde) all’interno era presente un po’ d’acqua che potrebbe aver danneggiato i fuochi.Le Tps erano fissate una su ogni lato della barca, fuori dagli spazi in cui tengo le borse con i vestiti proprio perché fossero facil-mente accessibili, è stato un errore dare per scontato che la galleggiabilità della barca fosse tale da garantire sempre la presenza di una bolla d’aria all’interno della barca; nella situazione in cui ci siamo trovati per recuperare le Tps era necessario entrare nella barca e immergersi andando verso poppa. Fermo restando che probabilmen-te in condizioni analoghe a quelle trovate potrebbe essere sensato indossare le Tps, queste dovrebbero comunque essere fissa-te in un posto molto facilmente accessibile anche dall’esterno.La barcaDopo il ribaltamento la barca è tornata su direi velocemente, era sbandata a 220 e fa-cendo leva sui timoni si è portata a 90 gradi e poi dopo circa un minuto si è messa dritta, questo anche se il vento e il mare spingeva-no per tenerla giù. Una volta tornata dritta abbiamo constatato con stupore che l’albe-ro era ancora su (si era solo rotto il vang e fatto un buco nella randa) che purtroppo tutti i boccaporti erano scomparsi. Finché la barca era sottosopra aveva un’ottima gal-leggiabilità, probabilmente dovuta alla bol-la d’aria all’interno, dopo il raddrizzamento la barca era molto immersa, in piedi sulla poppa avevo l’acqua all’altezza del torace, rimanevano fuori dall’acqua la prua e parte della falchetta di dritta.Le ultime parole famoseDue settimane prima della partenza al te-lefono con Stefano Paltrinieri mentre gli sto descrivendo una boiata fatta durante il trasferimento verso lo yacht club italiano: “Stefano, un paio di anni fa per ogni errore ci sarei rimasto molto male, forse ero molto più presuntuoso, ora credo che fare qual-che errore sia inevitabile, più cose fai e più ti esponi al rischio di commetterne, quindi quando faccio una cagata e alla fine non ci sono conseguenze penso di dover essere felice”; beh, stavolta un po’ di conseguen-ze ci sono state, ma visto che poteva andare anche peggio diciamo che va bene così.Il giorno prima della partenza devono esse-re montate sulle barche le balise che per-metteranno di seguire la regata via internet, mi si avvicina Marco:“Nicola, sei superstizioso? Ti va bene la ba-lise numero diciassette?”“Ma-và, dammela dammela, anzi voglio proprio quella!”.

CoNtiNueRò A

NAViGARe

Sono nato a La

Spezia, 35 anni fa.

i presupposti per

avvicinarmi alla vela

fin da giovanissimo

c’erano tutti e invece

no; fin da bambino

mi appassiono alle

barche e al mare, ma

la passione è la pesca.

Solo dopo una ventina

d’anni, il gozzo

lascia posto a un fj

e poi a un turtle, un

cabinatino di 5 metri;

la passione per la

vela mi travolge. un

paio di corsi di vela,

trasferimenti, divento

istruttore e dopo

qualche anno decido

di provare i mini. A

febbraio 2006 compro

Nanan, un Naus che

si trovava a terra

con alcuni problemi,

dopo circa tre mesi

di lavori nei fine

settimana è pronto

per il varo. Nel

frattempo partecipo

alla MiniMax con

il Naus di Stefano

Paltrinieri e poi dal

2007 inizia la stagione

di regate con nanan:

GP Mini, Mini Solo,

provo la qualifica

(interrotta poi per

fine ferie dopo più di

700 miglia in solitario

senza scalo) fino

ad arrivare al triste

epilogo del GP

Mini 2008.

Malgrado tutto

sono stati due anni

molto positivi per

me: tanti sacrifici

in termini di tempo,

soldi e di stress,

ma tante miglia e

tanta esperienza; i

riusltati? beh, quelli

arriveranno con la

prossima barca.

Page 22: Mediterranea04

Ci trainano fuori alle sette, passiamo la chiusa con un pubblico nu-meroso e poi ci mollano fuori dalla diga. Bisogna bordeggiare fino alle dodi-ci, ora dello start, stando attenti ad altri ottantanove Mini e agli spettatori. Dopo un paio di bordi decido di mettermi alla cappa e aspettare in pace, preparando il vestiario, il Gps, insomma un po’ di riti. Esce il gommone del-la barca giuria e lo seguo. Non faccio molta fatica: sono con la sola randa con una mano e faccio sette nodi in poppa. Posizionano la linea e il disimpegno. Mi piazzo alla cappa, sopravento alla barca giuria, mure a dritta.

Iniziano la procedura con gli otto minuti, poi cinque, poi quattro. Mi infilo sopravento, ho un attimo di esitazione, scado sottovento, ma parto molto bene. Davanti a me un groviglio di tre barche incastrate con le crocet-te e volanti che ruotano su sé stesse: le evito e parto con una mano e solent.

A S S A G G i

andrea pendibenedentro una grande

avventura

22 mediterranea

Page 23: Mediterranea04

Il vento è sui venti nodi, il mare piatto, cerco di bordeggiare al meglio, ma arrivo alla boa tra gli ultimi. Mi ripeto: sono solo altre milletrecento miglia!

Passata la boa decido di issare il gennaker invece dello spi e rimane-re un po’ più alto degli altri per passare tra île d’Oléron e île de Ré. Appena partiti mi interrogo sulle mie scelte iperconservative ma mentre procedo tra le onde oceaniche e quelle della mia ansia vedo qualche barca rientrare…

I primi due giorni sono nel gruppo: sento gli altri molto bene al Vhf, segno che non sono oltre venti miglia di distanza. Inizio a prendere il ritmo e a scandire le lunghe giornate in base ai ritmi fisiologici e alle necessità dell’imbarcazione. La discesa sino a capo Finisterre sarà un lungo bordo con poca aria e continui cambi di vele: frullone, spi, gennaker. Fortuna che il rollgen mi semplifica la vita.

i l p i ù g i o v a n e i t a l i a n o a d a v e r c o m p l e t a t o l a M i n i t r a n s a t r a c c o n t a i n u n l i b r o l a s u a r e g a t a , m a a n c h e l e d i f f i c o l t à p e r r i u s c i r e a p a r t i r e .

mediterranea 23

Page 24: Mediterranea04

24 mediterranea

Davanti al capo che precede il golfo di La Coruña una grande piatta mi avvolge e l’unico modo per avanzare è puntare dentro il golfo.

Non so se per colpa del sottoscritto, della barca non progettata per condizioni mediterranee o per una grandissima cazzata, impiegherò due lunghi giorni per uscire da quella trappola infernale con correnti micidiali, nebbia e piatte. In totale assenza di vento ho dovuto bordeggiare con il frullone per creare del vento apparente con il solo risultato di fare grandi bordi piatti.

Inoltre, come ciliegina sulla torta, c’è una rail, una tratta stabilita per i cargo, un passaggio obbligato per il traffico tra il Nord Europa e il resto del mondo. Una zona di trenta miglia per venti in cui ci sono canali da rispettare con orari, per tipologia di nave, carico e velocità, praticamente una roulette russa.

Decido a malincuore di rimanere in sicurezza e passare tra la costa e un lato della rotaia, anche perché ho provato a entrarvi per tagliarla, ma mi hanno intercettato con il radar e mi hanno detto cortesemente di uscire, in tutte le lingue, compresi i dialetti.

Altri bordi, corrente, poco vento e il morale a pezzi tanto da indurmi a pensare al peggio, cioè a non concludere entro il tempo massimo o a non arrivare in tempo per la tappa successiva.

Riesco a sentire i bollettini data la vicinanza dalla costa e li interfac-cio con quelli di Radio Monaco. Decido di andare a caccia dell’aliseo, che prima o poi deve entrare e spingermi tra le sue braccia in direzione sud.

Dopo un giorno di trepidazione il cielo schiarisce, diventa limpido e iniziano ad apparire le prime nubi, il barometro scende di qualche linea e per miracolo un respiro potente inizia a spingere la barca, il mare si ingrossa e si inizia a ballare.

Lungo la discesa da capo Finisterre a Madeira di notte armo lo spi grande e la randa ridotta con una mano, o due quando è ancora troppo ner-vosa, per ottenere una velocità sui sette nodi. Alla mattina strambo e cambio lo spi grande con il piccolino da 50 metri quadri e 1,5 once, con due mani o tre alla randa che mi consentono planate a oltre dieci nodi. Alle ore 11.03 appuntamento con il bollettino meteo e mi concedo tre pasti giornalieri così suddivisi: mattina cornflakes e latte concentrato; pranzo scatoletta di sar-dine con verdure in scatola e la sera un liofilizzato. Appena le onde danno modo al pilota di lavorare non oltre un A/h di energia, dormo, ma non più di venti-trenta minuti che a dieci nodi vogliono dire quattro-cinque miglia.

Unica eccezione la penultima notte dove, in seguito a un colpo di vento, strappo lo spi pesante mentre tento un’ammainata con la barca in straorza. E mi maledico perchè non ho montato il rollgen rimasto per pigri-zia sul drifter.

L’avvicinamento a Madeira lo preparo ben venti miglia prima: non voglio farmi trovare impreparato. Il cielo è nuvoloso e instabile e si scende con randa e spi e appena il vento rinforza si cambia con gennaker.

Dopo aver girato l’isola a distanza, per evitare il cono di ombra a sud dovuto al vento da nord, scendo come un missile di bolina larga con il frullone. Quando ormai mancano quattro miglia, cioè circa mezz’ora, con il porto in vista, il vento cala e mi costringe a una vera sofferenza: dalle quattro di mattina alle cinque del pomeriggio in una piatta totale, e sic-come l’animo del solitario romantico convive con l’indole del regatante accanito, per salvare qualche secondo su milletrecento miglia passo a filo del capo circa a venti metri su due metri di fondo! Ma visto che il vento cala e gli scogli si avvicinano decido dopo quattro ore al palo di dare un paio di vogate, il tutto mentre l’organizzazione mi controlla da terra, in-nescando una risata generale. Poi degenerata per via di qualche velista appassionato di calcio che non aveva digerito la vittoria ai Mondiali (“Voi italiani barate sempre”) del ct Marcello Lippi mio concittadino.

Alle cinque entra un sud ovest deciso che mi costringe a una mano alla randa e tante virate per risalire verso il porto.

in alto: Perle de Sueur (disegno di

Andrea Pendibene).

in basso: disposizione degli interni e

dello skipper rispetto alle andature

(disegno di Andrea Pendibene).

Page 25: Mediterranea04

mediterranea 25

Brasile

Francia

Partenza 16 settembre 2007

La Rochelle

Corrente del Golfo

Capo Finisterre

Partenza seconda tappa6 ottobre 2007

Madeira

Isole Canarie

Isole di Capo Verde

Pot au noir10°N

Isola di Fernando de Noronha

Arrivo 2 novembre 2007

Salvador de Bahia

Equatore

Tropico del Cancro

Tropico del Capricorno

Mini Transat è l’avvincente diario di bordo di una regata corsa tutta contro i venti contrari, fra i perico-li e le difficoltà della navigazione in solitario, ma anche il racconto delle tante difficoltà superate per riuscire a partire. Una sorta di vademecum pratico per i tanti gio-vani che coltivano lo stesso sogno ma che, come l’autore, devono trovare i mezzi per po-terlo realizzare. Edizio-ni Nutrimenti, ottobre 2008

ANDREA PENDIBENE

MINITRANSAT DIARIO DI BORDO DI UN SOGNO CHE SI AVVERA

il libro

l’autore Andrea Pendibe-ne è stato il più giovane italiano ad aver partecipa-to, nel 2007, alla Transat 6.50, la regata per solitari che traversa l’Atlantico da La Rochelle, in Francia, a Salvador de Bahia, in Bra-

sile. Meglio nota come Mini Transat, perché riservata a barche a vela di soli sei metri e mezzo.

Page 26: Mediterranea04

A S S A G G i

navi del seicento e del settecento viste da van loon

A s e t t a n t ’ a n n i d a l l a s u a u s c i t a i n i t a l i a t o r n a i n l i b r e r i a u n c l a s s i c o s u s t o r i a , v i t a e c o s t u m i d e l l a n a v i g a z i o n e .

…Prima di lasciarci distrarre dalla questione del vitto e dei mostri, stavamo parlando delle navi del Seicento e del Settecento. Dicevo come il panico causato dalla comparsa dell’Armada, aprendo gli occhi alla gente del nord, le avesse rivelato i pericoli impliciti nel trascurare l’apprestamento di efficaci mezzi di difesa, e suggerito il criterio di costruire due tipi distinti di navi, l’uno idoneo soltanto al combattimento, e l’altro esclusivamente al traffico. In conseguenza di che, i cantieri settentrionali intrapresero il lavoro con febbrile alacrità.

Pare che negli ultimi decenni del Seicento fossero i costruttori na-vali francesi quelli che godevano fama d’essere i più geniali; ma in realtà era l’Olanda che deteneva il primato delle costruzioni navali. Chiunque aspirasse a perfezionarsi nel mestiere riteneva doveroso trascorrere qualche anno in un cantiere olandese, come oggi i giovani che si dedicano alla carrie-ra della Banca Internazionale vanno a studiare a Londra o ad Amsterdam.

Non è facile precisare in che cosa consistesse la superiorità dei na-vigli olandesi, ma i più concordano nel riconoscere che avevano due carat-teristiche principali: la maggior capacità della stiva e la possibilità d’essere manovrati da equipaggi meno numerosi di quelli che occorrevano alla ma-novra dei bastimenti delle altre nazioni.

Nel corso di quel periodo di intensive costruzioni navali, l’Olanda contava solo un milione e mezzo di abitanti, e tuttavia costruì nientemeno che duemila navi all’anno, in media, tanto che alla fine del secolo possedeva una flotta mercantile di 900.000 tonnellate: cifra sbalorditiva, se si pensa che il tonnellaggio complessivo europeo si aggirava sui due milioni, e quel-lo dell’Inghilterra sul mezzo milione. A protezione di quest’ingente flotta l’Olanda costruì, negli ultimi diciotto anni del secolo, ben 172 nuove navi da guerra. Spese in tutto centocinquantun milioni di fiorini.

Questa la situazione nel 1700. Un secolo più tardi, l’Olanda, pur occupando ancora un posto eminente sulla lista delle nazioni che si dedica-26 mediterranea

Page 27: Mediterranea04

A S S A G G i

navi del seicento e del settecento viste da van loon

A s e t t a n t ’ a n n i d a l l a s u a u s c i t a i n i t a l i a t o r n a i n l i b r e r i a u n c l a s s i c o s u s t o r i a , v i t a e c o s t u m i d e l l a n a v i g a z i o n e .

vano al traffico mondiale, aveva già perso il suo primato, detronizzata dal-la Francia e dall’Inghilterra, le quali ora si disputavano la padronanza del mare.

Quale fu la causa del suo declino? Nel fornire una risposta a questa domanda, le opinioni degli studiosi non collimano esattamente; ma è indu-bitabile che anche nei riguardi dell’Olanda prevalse la stessa ragione che aveva determinato la caduta della Spagna, di Roma, e di altre più antiche nazioni imperiali. Il suo impero cominciò a sgretolarsi quando il Paese, ri-gurgitando delle spoglie delle Indie, s’era fatto troppo ricco. Suscitava l’in-vidia dei vicini. Poteva passarsi il lusso di dare ai suoi figli l’educazione che si conviene ai figli dei signori: e sono rari gli individui che si rivelino forti abbastanza da sopravvivere a questo genere di educazione.

Ma dovevano esservi anche altre ragioni, per spiegare un cambia-mento così brusco come quello che si verificò nei Paesi Bassi nel Settecen-to. Quando una nazione si dimostra capace di costruire 172 navi di linea in diciotto anni (1682-1700), e poi ne costruisce solo 3 nei quarantacinque anni successivi, bisogna per forza che ci sia “qualche cosa che non va”. E questo “qualche cosa” non aveva nulla a che vedere con l’opulenza del paese. Derivava da uno svantaggio di natura. L’Olanda non possedeva porti abbastanza profondi da ricoverare le navi da guerra quando queste comin-ciarono a superare un dato limite di tonnellaggio. Erano porticini graziosa-mente annidati negli estuari o alle foci di fiumi relativamente grandi; por-ticini solleciti di fare quant’era in loro potere per servire bene la clientela, ma soggetti a correnti e maree che li impedivano di servire i clienti grossi. Finché questi si erano limitati a stazzare in media un seicento tonnellate e ad armarsi con una settantina di cannoni, nulla impediva che rimontassero il Reno per ricoverarsi nello Zuyder See; ma dopo il 1700 presero a crescere rapidamente di dimensioni, tanto che già ai tempi di Nelson raggiungevano le duemila tonnellate. mediterranea 2�

Page 28: Mediterranea04

28 mediterranea

IL LIBRO Una storia non convenzionale della navigazio-

ne: dai tron-chi d’alberi dei primitivi australiani al transatlanti-co moderno. Sono pagine intrise di “vita m a r i n a r a ” , piene di fatti e soffuse di saggia ironia. Per racconta-

re la sua storia, Van Loon invade i campi della geografi a, della ba-listica, della tattica navale, della gastronomia, della mitologia, del-l’arte, dell’esplorazione, della fi lo-logia, della metereologia e degli armamenti. Decapita un centinaio di miti romantici sui giorni pittore-schi della vela, mentre offre il suo tributo al fascino eterno della vita sul mare. Edizioni Magenes, novembre 2008

L’AUTORE Hendrik Willem van Loon (1882-1944), scrittore

e giornalista americano. Fu corri-spondente in Russia durante la Rivoluzione d ’ o t t o b r e del 1905 e in

Belgio all’inizio della Prima guerra mondiale. I suoi scritti compren-dono testi famosissimi, tra cui The Story of Mankind (1921), The Story of the Bible (1923), Toleran-ce (1925), America (1927) e Van Loon’s Geography (1932).

Orbene, l’Olanda non avrebbe mai potuto ricevere a Texel un clien-te di duemila tonnellate. Amsterdam, che nella prima metà del Seicento era un importantissimo centro non costiero del traffi co internazionale, ora gia-ceva separata dal mare da un bastione di sabbie attraverso il quale nessuna scavatrice avrebbe potuto aprire un canale di navigazione. Dal 1691 in poi ogni bastimento che pescasse più di quattro o cinque metri doveva venire trasportato al disopra del bastione mediante certi zatteroni costruiti apposi-tamente; ma nessuna nave da guerra avrebbe potuto raggiungere la capitale se non spogliandosi in precedenza di tutti i suoi cannoni e relativi attrezza-menti. Rotterdam era nelle stesse condizioni; e le cose non cambiarono fi no a cinquant’anni fa, quando entrambe le città poterono venire riallacciate al mare mediante canali del tutto indipendenti dalle antiche vie fl uviali.

L’Olanda dunque fu eliminata dalla concorrenza a causa dell’ina-deguatezza dei suoi porti. Mentre i porti francesi e inglesi permettevano la costruzione di navi da 2.500 tonnellate e munite di 110 o 120 pezzi d’ar-tiglieria, l’Olanda non poteva costruire bastimenti superiori alle 700 ton-nellate senza vedersi costretta a lasciarli in perpetuo in balìa delle onde lontano dalla costa. Le autorità navali tentarono ogni mezzo per rimediare a questo inconveniente: fecero esperienze con navigli dalla carena piatta; ne aumentarono la larghezza; ma tutto invano. Non erano in grado di eliminare gli ostacoli creati da Madre Natura. E siccome un legno di 700 tonnellate non ce la fa a misurarsi coi legni di 2.000, l’Olanda era predestinata alla sconfi tta.

Aggiungerò qualche riga per accennare a un nuovo tipo di imbarca-zione che fece la sua comparsa nei Paesi Bassi nella seconda metà del grand siècle, e che non solo sostenne una parte importante nella storia navale degli ultimi due secoli, ma dura ancora ai nostri giorni sotto una forma legger-mente modifi cata.

In un noto vocabolario inglese edito nel 1670 si legge: “Yacht, spe-cie di nave olandese, a uso di diporto, forse della grandezza di una chiatta”. E nel Diario di Evelyn si legge, sotto la data del 10 ottobre 1661: “Stamane feci un’escursione con Sua Maestà in uno dei suoi yacht, curiose imbarca-zioni che a noi erano sconosciute prima che la Compagnia Olandese delle Indie Orientali ne regalasse un esemplare al Re”.

Il celebre autore del Diario, servo fedele degli Stuarts, doveva aver già visto quel tipo di imbarcazione allorché si trovava esule in Olanda. Lo yacht olandese non era altro che una derivazione dei battelli comuni che facevano servizio sui canali, rimorchiati da cavalli, i quali camminavano sul sentiero tracciato al sommo dell’argine. Questo sentiero in olandese si chia-ma jagpad, e gli inglesi lo chiamavano yacht path. Sviluppandosi, il battello fu dotato di un albero e di qualche vela: poi la baracca di poppa che serviva di ricovero ai passeggeri fu trasformata in salotto: in seguito fu aggiunta una piccola cucina, e un paio di cabine riservate al proprietario e ai suoi ospiti.

Fu così che il vecchio barcone a servizio del popolo si trasformò in un battello che oggi serve solo agli sportivi della navigazione a vela, o altrimenti ai ricchi che amino viaggiare con più riservatezza di quanta sia ottenibile a bordo dei transatlantici.

Page 29: Mediterranea04
Page 30: Mediterranea04

A S S A G G i

è meglio essere qui e desiderare di essere là fuori, piuttosto che essere là fuori e desiderare di essere qui

Uno sconosciuto filosofo della navigazione lasciò ai suoi posteri questo saggio consiglio. Con il suo gentile permesso, ora, lo useremo come motto all’inizio del nostro libro, un abbecedario della vela durante le burra-sche. Il lettore, seduto comodamente in poltrona, può rivolgere a se stesso questo motto.

Capita a tutti prima o dopo: “ogni velista si prende una lavata di capo”, si ritrova, cioè, nel bel mezzo di una tempesta. Si avvisano i princi-pianti che il brutto tempo in mare non è affatto una passeggiata, ma è qual-cosa che deteriora materiale, corpo e anima. E gli imprevisti sono sempre dietro l’angolo.

Nessun professionista si augurerebbe di trovarsi in una tempesta e se, tra una bevuta e l’altra, qualcuno vi racconta di aver affrontato senza troppi sforzi un mare impetuoso, ciò è dovuto per lo più alla birra.

Si tratta effettivamente di duro lavoro, di fatica e di sacrifici. Con una barca che salta, che si dibatte e che ripiomba in acqua, il duro lavoro si trasforma in lotta. Si lotta per trovare un appiglio, si lotta contro la vela che sbatte, si lotta contro i nodi che non riescono, si lotta contro le dita fredde e contro l’acqua che ti penetra inesorabilmente nei vestiti.

La paura si insinua fra le tante emozioni. Il timoniere si è accorto del mostro là dietro? Attenziooone, attenzione! Maledizione, come si tesa-no le sartie sottovento senza che la crocetta crolli? Anche prima erano così lasche? Si è flesso l’albero? È un arnese stupido, o no? Prima dovevamo per-30 mediterranea

Page 31: Mediterranea04

correre più di cento miglia con il vento in poppa, è ancora così? Non posso proprio scendere sottocoperta ora, ma ho controllato poco fa…

Con la pratica si impara, con una solida imbottitura di esperienza si può affrontare una tempesta in modo molto più rilassato anche se, come una volta mi rivelò un vecchio professionista, non si riesce mai ad essere del tutto distaccati dalle cose.

La maggior parte di noi pratica la vela come hobby, ed esce in mare principalmente nelle belle stagioni, quando è raro imbattersi in una tempe-sta. Va bene così. Ma in questo modo si acquisisce anche poca esperienza. E questo va meno bene.

L’esperienza sul campo non può di certo essere sostituita, ma può essere arricchita. È proprio questo lo scopo che si prefigge questo libro. Vorrei intrattenermi con il lettore, dare stimoli e scambiare opinioni. La domanda “Cosa accadrebbe se” è alla base di ciò che voglio proporre e di-scutere. Voglio stimolare in voi altre riflessioni e, a casa, in poltrona, avrete tutto il tempo e tutta la calma che vi serve per riflettere.

Nella vela non esiste una teoria ufficiale o non ufficiale che insegni ad andare in barca durante una tempesta. Neanche questo libro ve lo inse-gnerà, perché potrete contraddirlo o cercare una soluzione da voi.

L’energiaIl vento si forma attraverso il sole e così anche la tempesta. Fra di

essi, c’è la fisica o, per meglio dire, la meteorologia. Dedicheremo a questa scienza una piccola parte del libro, che vorrà essere solo un accenno.

L’aria calda saleIl pallone aerostatico, meglio conosciuto come mongolfiera, si sol-

levava da terra perché all’interno l’aria veniva riscaldata da un fuoco libero all’aperto. L’aria calda era più leggera di quella fredda spostata dalla mon-golfiera e ciò la faceva subito salire verso l’alto. Seguiva una legge che noi, gente di mare, conosciamo: la spinta è pari al peso dell’acqua spostata. La mongolfiera spostava l’aria che la circondava, il cui peso equivaleva alla spinta di Archimede generata, che superava il peso della mongolfiera com-presa l’aria interna resa più leggera dal calore. E così avveniva il decollo della mongolfiera.

Per dirla in termini fisici, l’aria, se riscaldata, diventa più leggera perché si dilata. Le sue molecole si allontanano sempre più l’una dall’altra, l’aria diventa meno densa e quindi diminuisce anche il suo peso per unità di volume. Si solleva rispetto all’ aria circostante, più fredda.

Lo stesso principio che fa muovere le mongolfiere vale anche nel-l’atmosfera, quando un flusso di aria fredda e uno di aria calda sono vicini e quindi l’aria è stata riscaldata in modi diversi. Ora, si tratta di chiarire come si arriva al diverso riscaldamento.

il riscaldamento dell’atmosferaI raggi solari riescono solo in parte a riscaldare direttamente l’at-

mosfera. La maggior parte di essi, infatti, riscalda la terra, la quale emana nuovamente calore, riscaldando l’aria sovrastante. Si può dire che la terra riscalda l’atmosfera come un termosifone riscalda l’aria di una stanza.

Terra e mare, bosco e brughiera, sabbia e palude assorbono in ma-niera diversa l’irradiamento solare. La condizione del terreno e i colori svol-gono infatti un ruolo importante; il nero opaco è, per esempio, il colore che si riscalda maggiormente. Ma ciò dipende anche dal materiale; infatti, a parità di irradiamento solare, la pietra e la sabbia si riscaldano cinque volte di più rispetto all’acqua, mentre un campo di terra due volte tanto. Perciò, a seconda delle caratteristiche della superficie terrestre, si sviluppano tem-perature estremamente diverse e, di conseguenza, una distinta capacità di riscaldamento dell’ atmosfera.

Un’altra causa del differente riscaldamento è lo strato di nubi che compare in luoghi e tempi diversi, poiché segue ritmi condizionati dal clima.

Page 32: Mediterranea04

Infine, il riscaldamento risente dell’ango-lo di incidenza dei raggi solari. La rotondità della Terra fa sì che ai poli questo angolo diventi sempre più acuto. Conformemente, la zona di riflessione diventa più ampia, mentre la zona utile per il riscal-damento diviene sempre più piccola.

Così si forma il ventoQuando l’aria si solleva, crea un vuoto, che

si riempie nuovamente attraverso delle masse d’aria provenienti da tutto attorno. Queste masse d’aria sono il vento.

e così la tempestaPer far sì che il vento si trasformi in tempe-

sta, c’è bisogno di molta energia. Il diverso riscalda-mento della Terra e delle masse d’aria sovrastanti non è sufficiente. Ulteriore energia si trova nelle masse d’aria molto umida, sotto forma di calore di condensazione. Queste enormi quantità di energia vengono trasportate dalle masse d’aria per lunghe distanze e, se le condizioni lo consentono, scatena-no una violenta tempesta.

il calore di condensazioneÈ sorprendente osservare quanto tempo

impiega l’acqua in ebollizione a consumarsi del tut-to, o meglio ad evaporare. Infatti, anche dopo aver raggiunto la temperatura di ebollizione, l’acqua ha bisogno ancora di molta energia per evaporare. In termini fisici, tutto ciò si può spiegare in questo modo: per portare 1 grammo di acqua da 0° a 100°C si utilizzano 100 cal di energia (= 418,68 Joule). Per far evaporare 1 grammo di acqua sono necessarie 597,11 cal (= 2500 Joule). Ciò significa che per l’evaporazione è necessaria una quantità di calore sei volte superiore.

La formazione del vapore acqueo in atmo-sfera è la stessa cosa ma, naturalmente, avvenendo

Beaufort Nodi max m/s max Denominazione Vele1 3 1,5 Bava di vento Calma2 6 3,3 Brezza leggera Quieto, come la calma3 10 5,4 Brezza tesa Genoa I4 15 7,9 Vento moderato Genoa I5 21 10,7 Vento teso 1. Terzarolare, Genoa II

Vento forte:6 27 13,8 Vento fresco 2. Terzarolare, Genoa II7 33 17,1 Vento forte 2. Terzarolare, Genoa III

Tempesta:8 40 20,7 Burrasca 3. Terzarolare, Tormentina9 47 24,4 Burrasca forte 3. Terzarolare, Tormentina10 55 28,4 Tempesta Tormentina11 63 32,6 Tempesta violenta Tormentina12 Senza limiti Uragano Tormentina

Page 33: Mediterranea04

sulla superficie terrestre, sarà più lenta. La quantità di calore assorbita per ogni chilogrammo di acqua evaporata tramite evapotraspirazione è pari alla quantità di calore per chilogrammo di acqua evaporata tramite ebollizione. Questo consumo di calore, detto anche raffreddamento da evaporazione, lo percepiamo chiaramente quando, appena usciti dall’acqua, sentiamo freddo.

La condensazione, ossia il passaggio dell’ acqua dallo stato aerifor-me a quello liquido, è il processo inverso all’evaporazione e alla cessione al-l’atmosfera del vapore acqueo. In modo analogo, il calore latente, dissipato per evaporazione o evapotraspirazione, viene rilasciato sotto forma di calore di condensazione.

Allo stato gassoso dell’acqua, il calore latente di evaporazione, di evapotraspirazione o di condensazione (sono la stessa cosa) non è né vi-sibile né percepibile, ma è comunque presente in ogni massa d’aria che trasporta acqua evaporata, cioè vapore acqueo.

La quantità di calore latente di evaporazione o di evapotraspirazio-ne presente in un volume d’aria dipende dalla quantità di acqua assorbita e perciò il livello massimo di acqua che può essere assorbito dipende dalla temperatura atmosferica. Ad una temperatura di 15°C, si potrebbero tra-sformare in aria fino a 13 grammi d’acqua per metro cubo. Il calore latente di evaporazione di un grammo di acqua è sufficiente a far salire la tempe-ratura di un metro cubo di aria di due gradi. Quindi, attraverso la conden-sazione, una massa d’aria satura potrebbe aumentare la sua temperatura da 15° a ben 26°C!

Condensazione per raffreddamentoQuando avviene la condensazione? Si è già osservato che la capacità

dell’aria di assorbire l’acqua è determinata dalla temperatura. Ciò si può osservare quando si stendono i panni: con l’aria calda, si asciugheranno più rapidamente che con l’aria fredda. L’aria calda, infatti, riesce ad assorbire più acqua dell’aria fredda, che si satura più velocemente. Se una massa d’aria satura viene ulteriormente raffreddata, questa rilascerà l’acqua in ec-cesso. In un primo momento, si formeranno minuscole goccioline che assu-meranno l’aspetto di nebbia o nuvole; con una sufficiente concentrazione, queste particelle si uniranno fino a formare gocce che cadranno sulla terra sotto forma di pioggia.

Quantità massima di vapore acqueo per metro cubo presente alle diverse temperature: A -5° C l’aria contiene 3 g/m3 di vapore acqueo A 0° C l’aria contiene 5 g/m3 di vapore acqueo A 5° C l’aria contiene 7 g/m3 di vapore acqueo A 10° C l’aria contiene 9 g/m3 di vapore acqueo A 15° C l’aria contiene 13 g/m3 di vapore acqueo A 20° C l’aria contiene 18 g/m3 di vapore acqueo A 25° C l’aria contiene 23 g/m3 di vapore acqueo A 30° C l’aria contiene 30 g/m3 di vapore acqueo

Raffreddamento dell’aria per sollevamentoQuesto processo si può spiegare in tre fasi. Prima fase: l’aria si ri-

scalda con l’aumentare della pressione. È lo stesso fenomeno che avviene nelle pompe a stantuffo per le biciclette. Queste, infatti, non si riscaldano a causa dell’attrito provocato dallo stantuffo nel cilindro, bensì per l’aumento della pressione. Al contrario l’aria che esce dalla valvola risulta più fredda delle ruote stesse e ciò è da mettere in relazione al raffreddamento dovuto all’espansione.

Seconda fase: la pressione dell’aria nell’atmosfera diminuisce con l’aumentare dell’altitudine. Se ci si immagina come le molecole d’aria gra-vino una sull’altra, si capisce subito e facilmente come mai, in alto, ci sia meno pressione che in basso.

il libro Questo libro sicu-ramente non parla degli aspetti più piacevoli della navigazione. Diventa, però, piuttosto inte-ressante se si pensa che sia necessario avere la giusta pre-parazione q u a n d o una bur-rasca è in arrivo.D i e t r i c h V. Haef-ten affron-ta molti a s p e t t i della navi-gazione con cattivo tempo: dalle condizioni meteorologiche alla barca “ a prova di tempesta”, dalla preparazione alle tattiche per affrontare il maltempo, dai consigli per la condotta alle si-tuazioni di emergenza.Sono, anche considerati e analizzati accuratamente molti aspetti particolari fra i quali:- Il comportamento della barca durante la tempesta ed in pre-senza di frangenti- il governo dell’imbarcazione in porto con vento forte - come sfuggire alle onde- le procedure di ricerca in caso di uomo in mare- falle ed abbandono dell’im-barcazione: come affrontare le situazioni più critiche- come utilizzare la zattera di salvataggio- incaglio, come reagireL’autore riesce ad illustrare con precisione le cause e le relazioni tra i vari fenomeni e riesce a dar-ci con chiarezza le informazioni necessarie per rispondere ad alcune domande vitali : meglio fuggire o no? Meglio tornare in-dietro o no? Come faccio ad af-frontare la paura? Cosa succe-de quando si rompe qualcosa? Edizioni Magnamare, ottobre 2008

Page 34: Mediterranea04

Avanzo nel capannone calpestando rimasugli di legno, segatura e fogli ingialliti dove matite grosse han-no segnato dritti di prua e curva-mi di ogni tipo. Tonino Sanna mi fa vedere subito la sua prima nata, Suleika, una bilancella varata nei primi anni ’90. “Ora è sempre più difficile costruire barche nuove, sono più i restauri a dare il lavoro”. Non sembra affatto pesargli, anzi: “noi non siamo artisti ma artigiani e ricostruire una barca cercando di rispettare disegni e linee d’acqua originarie è una grande soddisfa-zione, esattamente come fare una barca nuova”. Tonino, classe 1958, uno dei 15 maestri d’ascia della Sar-degna è in cantiere anche in questa domenica di giugno. Fuori, al largo, si vedono una trentina di vele Lati-ne che partecipano alla regata della festa di San Pietro. Ci sono molte delle sue ‘creature’ come Annalina, un vecchio gozzo del 1935 con pop-pa e prora rastremate. Era nato per la pesca all’aragosta e aveva pure il ‘viviero’ una sorta di cassa prodiera in comunicazione con l’acqua, per tenere vivo il prezioso carico. Ora Annalina è una signorina con più di settant’anni, elegante, con la sua vela latina sull’antenna e un fiocco color crema a prora.

“Ma che direbbe a suo figlio se volesse fare come lei il maestro d’ascia” ? La prima domanda che gli faccio dovrebbe essere una del-le ultime ma lui mi risponde senza pensarci neppure un attimo: “gli racconterei la storia di Bepin dau Reina…” Bepin aveva sedici anni, andava a imparare il mestiere in uno dei cantieri dell’isola di San Pietro ne-gli anni d’oro della marineria caro-lina. Si era appena fidanzato con una delle più ambite ragazze del paese. La mamma di Marina andò dal capo mastro dove lavorava Be-pin e gli chiese: “ma con questo mestiere si guadagna?” “Signora, di sicuro sua figlia non avrà freddo, ma fame non lo so…”. Allora come adesso, un mestiere duro e difficile e che prevedeva come paga giornaliera una fascetta di legna fatta di rimasugli di can-tiere per i ragazzi apprendisti. E dunque anche oggi è la passione che spinge ad affrontare 36 mesi di tirocinio da allievo presso un can-tiere e solo dopo aver dato l’esa-me riuscire a diventare maestro d’ascia. Spesso si lavora gratis “io mi sono pagato i contributi di tasca mia” dice Tonino che aveva già in tasca un diploma di allievo ufficiale

V e L A C L A S S i C A

un mestiere per scaldarsi

D i a l o g o c o n t o n i n o S a n n a , c l a s s e 1 9 5 8 u n o d e i q u i n d i c i m a e s t r i d ’ a s c i a d e l l a S a r d e g n a

t e s t o e f o t o d i N i c o l a C o r d a

tonino Sanna al lavoro.

34 mediterranea

Page 35: Mediterranea04

di macchine conseguito all’Istituto Nautico. “Navigavo sui bestioni della Texaco, ma ho sempre avuto il pallino delle barche. Così ho fat-to un corso regionale ed ora eccomi qui…”. È uno dei due mastri d’ascia di Carloforte, nell’isola di S. Pietro, marineria di solide tradizioni fin dalla prima colonizzazione ligu-re del 1732. I tempi d’oro della cantieristica tabarchina arrivano a cavallo del ’900 quando decine di laboratori assemblavano assi e inchiodavano ordinate delle bilan-celle, le barche da carico del mi-nerale che veniva dai giacimenti dell’iglesiente a poche miglia dal-l’Isola. Damele, Rossino, Biggio, Rivano, Gavassino, Ferralasco, le famiglie che hanno segnato i can-tieri che pur specializzati nel pic-colo tonnellaggio arrivarono anche a varare golette di 100 tonnellate di stazza. Una storia importante che non avrebbe bisogno di essere ali-

mentata dalla leggenda dell’ammi-raglio Nelson che da sempre corre sulla bocca degli anziani carolini. Raccontano che l’ammiraglio in-glese, giunto col Vanguard nel 1798, danneggiato da una burrasca riparò nell’isola e che in soli quat-tro giorni i carpentieri del luogo gli consentirono di riprendere il mare all’inseguimento della flotta fran-cese. “Se fossi stato in Inghilterra non sarebbero bastati dei mesi per mettere il vascello in grado di na-vigare” si legge in una fantomatica lettera alla moglie. “Forse c’è stato un errore di traduzione dall’ingle-se” dice col sorriso beffardo il ma-stro d’ascia Tonino Sanna. In quei tempi in un vascello come il Van-guard erano imbarcati carpentieri e materiali necessari per fare ogni tipo di lavori. Forse l’unica cosa vera è che Nelson approdò nel’iso-la il 23 maggio del 1798. E adesso? “Di maestri d’ascia sia-mo rimasti in due a Carloforte e

Particolare di un restauro:

astuccio dell’elica.

mediterranea 35

Page 36: Mediterranea04

nei due cantieri impieghiamo nep-pure dieci persone…” La vela lati-na ha ridato fiato ma non basta, né qui né a S. Antioco, ad Alghero o La Maddalena dove lavorano an-cora alcuni professionisti ma per molti è diventato solo un passa-tempo da pensionati. Perché per costruire una barca come si deve, anche un piccolo schifetto di pochi metri, ci vogliono alcune migliaia di euro solo di legname che ormai arriva quasi tutto dall’estero e al-meno due mesi lavoro. I conti sono presto fatti insieme al’impietoso paragone con la vetroresina. Nel cantiere di Tonino Sanna il lavoro non manca, ma sempre di più è ri-dotto a restauri e non a costruzioni nuove. Molto del lavoro è anche minutaglia: bozzelli di legno d’oli-vo fatti a mano, tutte le manovre correnti, il restauro di occhi di cu-bia originali ad alimentare il vezzo e il fascino del pezzo unico, fatto

apposta come fosse quello di una Ferrari. Così la passione per le bar-che d’epoca spinge ad investire su carcasse di legno che neppure gal-leggiano per rimetterle a nuovo. È il caso del Ruggero II, un dodici me-tri costruito a fine ’800 dal maestro Biggio che, dopo aver gironzolato per i porti sardi, cambiato almeno tre nomi ed essere stato abban-donato due volte su una fiancata negli anni ‘30 e negli anni ‘90, da alcuni anni ha ripreso a tagliare le onde armato dopo più di un secolo con vela latina e fiocco. Ancora una sfida alimentata solo dalla passione come quella di Bepin dau Reina che forse non diventò ricco facen-do il maestro d’ascia ma non soffrì mai il freddo.

in alto: bozzelli in legno

d’olivo. in basso a destra:

Annalina, gozzo del

1935 con poppa e prora

rastremate.

36 mediterranea

Page 37: Mediterranea04
Page 38: Mediterranea04

Matteo Miceli

all’arrivo della

Mille Vele per

Garibaldi anch’essa

sponsorizzata da

uniCredit Credit

Management bank,

a destra i trofei della

premiazione.

Dott. Crivellari, qual è la relazione tra uniCredit Credit Mangement bank, la prima banca in italia dedicata alla ge-stione dei crediti non performing, con il mondo della vela?La vela mi appassiona da sempre. Vi tro-vo diversi parallelismi con i meccanismi aziendali in particolare con la filosofia di UniCredit Credit Management Bank.La “vita” in barca traduce profondamente le dinamiche quotidiane di un’azienda so-prattutto in un settore merceologico come quello della gestione dei “crediti difficili” in cui professionalità, sensibilità, relazione e allo stesso tempo grinta, determinazione, e miglioramento continuo, sono le compo-nenti indispensabili per operare in manie-ra competitiva in un mercato in continua crescita e sempre più internazionale.

Perché un’azienda dovrebbe rivolgersi ad una banca per recuperare i propri crediti insoluti?In Italia circa il 10% dei crediti commer-ciali di un’impresa sfocia in un mancato

pagamento, il problema dei crediti insoluti è quindi particolarmente diffuso nel nostro Paese. L’attività principale di UniCredit Credit Management Bank è gestire a 360° i credi-ti problematici per conto di un’azienda. La Banca diviene il giusto partner, come fosse il “componente ideale” di un equipaggio che si trova ad affrontare le intemperie del mare (perché oggi sono queste le caratte-ristiche del mercato!) in cui la componen-te “relazione” è fondamentale. UniCredit Credit Management Bank è in grado di supportare i responsabili finanziari/ammini-strativi, credit manager ecc nelle attività di recupero dei crediti non performing attra-verso un modello industriale assolutamente innovativo. Grazie ad un avanzato sistema gestionale e ad un team di professionisti esterni composto da avvocati, commercia-listi, mediatori creditizi, UniCredit Credit Management Bank ottiene in tempi molto brevi le migliori performance di recupero.Il debitore inadempiente per noi è un “cliente” i cui motivi di mancato pagamento

i N t e R V i S t A

una banca dedicata alla gestione degli npls che segue le regole del mare

Mediterranea intervista Dino Crivel lari , Amministratore Delegato di uniCredit Credit Management bank

Page 39: Mediterranea04

possono essere diversi. Attraverso la via stragiudiziale, evitando quindi le lunghe ed estenuanti vie legali, i nostri professio-nisti ricercano la strategia vincente per ot-tenere nel minor tempo il maggior importo sul credito impagato, mantenendo così la relazione con la controparte.Non è detto infatti, che un cattivo pagato-re non possa domani dimostrarsi un buon cliente!

Come in mare anche per un’azienda che offre un prodotto del genere al mercato l’esperienza è tutto. Come si articola il servizio di gestione di uniCredit Credit Management bank?UniCredit Credit Management Bank, pro-prio per la sua natura bancaria, da sem-pre amministra i crediti insoluti vantando quindi un’indiscussa esperienza nel setto-re. Possediamo il più grande database sui “crediti difficili” in Italia. Ma sono le sue Risorse il vero punto di forza.Quando si va a vela può essere tutto per-fetto: la barca, la strumentazione, il vento, il mare, ma se manca “l’uomo” con la sua esperienza, la sua passione, il suo entusia-smo non è più veleggiare ma semplice-mente stare a galla.Ed è questa un po’ la nostra filosofia azien-dale, dove l’esperienza e la specializzazio-ne delle persone che ne fanno parte sono le fondamenta per ottenere ogni anno im-portanti risultati e ricercare quindi quel “nodo” di vento in più che ti differenzia rispetto agli altri player.UniCredit Credit Management Bank è infatti riconosciuta anche a livello interna-zionale tra i migliori operatori del mondo. Le società di rating Standard’s & Poor’s e Fitch Ratings, le note agenzie internazio-

nali, ci premiano annualmente con valuta-zioni di eccellenza.

La Sua banca ha sponsorizzato que-st’anno numerose iniziative veliche. in particolare ha celebrato il cambio dal pre-cedente naming “uGC banca” al nuovo brand “uniCredit Credit Management bank” nominando proprio con questo marchio l’este 35 di Matteo Miceli nella Roma per due dello scorso aprile, come avete vissuto questa esperienza?Legare il lancio del nuovo marchio all’im-barcazione di Matteo Miceli alla Roma per 2 è stata un’idea vincente. A Matteo è inevitabilmente associata l’idea di “grande impresa”, grazie al record del-la traversata atlantica in solitario. Quando nel 2001 abbiamo rivolto al mercato questo prodotto assolutamente innovativo, erava-mo una piccola struttura in start up, allora qualcuno sarà stato anche un po’ scettico, così come molti lo saranno stati per Mat-teo, avevamo però la consapevolezza che sarebbe stata una sfida molto difficile ma non impossibile. Oggi abbiamo una struttura di oltre 700 ri-sorse e 3.000 professionisti, è stata aperta una branch in Germania e ne apriremo an-cora in altri Paesi.Grazie anche alla recente integrazione tra UniCredit e l’ex Gruppo Capitalia le no-stre competenze si sono arricchite conso-lidando maggiormente la nostra posizione sul mercato.Ci piaceva l’idea di legare il nuovo marchio ad un nome che ha portato a termine una eccezionale impresa con grande umiltà, passione ed entusiasmo, “strumenti” che contraddistinguono anche noi.

UniCredit Credit Management Bankwww.ugcbanca.itNumero Verde 800 44 33 94

Dino Crivellari

Amministratore

Delegato uniCredit

Credit Management

bank.

Matteo Miceli

premiato all’edizione

2008 della

Roma per 2.

Page 40: Mediterranea04

Criteri di confronto:le caratteristiche di un’imbarcazione

Quello che interessa al futuro proprietario di un’imbarcazione, e che tuttavia costui non riesce a desumere in modo così ovvio dai normali dati della barca, sono le “qualità marine” di un’imbarcazione, un po’ quello che, parlando di auto, si ottiene dalla somma di motore, cambio, telaio e sterzo. In una barca, i fattori in gioco sono simili.

Per poter valutare le prestazioni di una barca a vela bisogna quindi, innanzitutto, riflettere chiedendosi quali caratteristiche siano fondamentali per la propria imbarcazione. Solo in seguito si possono impostare priorità, secondo il proprio gusto e la propria opinione, e si possono considerare le varie opzioni del mercato nautico. Tuttavia, ben presto ci si renderà conto che bisogna operare una distinzione: la velocità non va necessariamente

A S S A G G i

velocità, comodità, praticità. efficienza? le difficili scelte del velista

40 mediterranea

Page 41: Mediterranea04

d’accordo con l’abitabilità, la rigidità con la tenuta di mare, e così via.Con i compromessi raggiunti, in maniera per così dire “automatica”

si giunge ad un certo tipo di barca a vela. Una cosa, però, dovrebbe essere presente in tutte le barche: l’indispensabile certezza di poter far bordi sen-za scarrocciare troppo quando la brezza di mare rischia di trascinarci sulla costa. E la stabilità dovrebbe essere tale per cui l’imbarcazione sia in grado di ritornare diritta a partire da uno sbandamento estremamente elevato.

Navigare velociLa velocità di un’imbarcazione in mare dipende innanzitutto dal

vento prevalente e dalla superficie velica impiegata. Parleremo ora delle caratteristiche che il costruttore ha conferito all’imbarcazione per renderla comparativamente veloce. I fattori che influenzano la velocità sono molte-plici. Alcuni, che si possono ricavare dalle misure principali, e con i quali si possono effettuare ulteriori calcoli, vengono già svelati dal dépliant:

- la lunghezza al galleggiamento: più lunga è, più alta è la velocità massima che un’imbarcazione può raggiungere, come abbiamo già detto definendo la “velocità critica”;

- il volume immerso: più ridotto è, maggiormente piatta può esse-re la forma delle ordinate e, di conseguenza, tutte le altre linee verranno realizzate in modo che una barca raggiunga la propria velocità critica, con meno vento possibile. Anche il rapporto tra il volume immerso e la linea di galleggiamento è una misura della lunghezza della superficie che crea le onde; inoltre, stabilisce se una barca è pesante o leggera;

- la superficie immersa: descrive la superficie dell’opera viva di un’imbarcazione, e può essere stimata sommariamente a partire dalla lun-ghezza, dalla larghezza e dal pescaggio. Meno è, più veloce sarà la barca, quando il vento è scarso. Se il vento è maggiore, la proporzione dell’attrito (v. pag. 91) sulla resistenza totale diviene inferiore e prevale la resistenza d’onda. Le imbarcazioni con pescaggio ridotto hanno una superficie im-mersa davvero risicata; pertanto, sono “bolidi della bonaccia”.

I due punti seguenti non si possono desumere, per il momento, da un dépliant; è necessario calcolarli, e ci riserviamo di farlo nei prossimi ca-pitoli. Per completezza, tuttavia, li nominiamo già qui:

- la stabilità è funzione della superficie velica, del volume immerso e della larghezza al galleggiamento. Più grande è, maggiore sarà la super-ficie velica che un’imbarcazione può portare e perciò maggiore sarà la sua velocità durante la navigazione. Dal rapporto tra superficie velica e volume immerso si ricava perciò il “coefficiente di portata del piano velico”;

- il coefficiente cilindrico viene illustrato al lettore avanzato nell’ap-pendice a pag. 131, ma va menzionato in questa sede, perché i venditori di imbarcazioni a volte fanno i giocolieri con questo valore. Il coefficiente

Due modelli di chiglia, due

modi diversi di concepire il

passo in acqua:

chiglia lunga, skeg

o pinna e timone appeso?

mediterranea 41

Page 42: Mediterranea04

cilindrico è una misura della distribuzione del volume immerso di un’im-barcazione, lungo il suo scafo. Più questo coefficiente è elevato, maggiore è il vento di cui l’imbarcazione ha bisogno per raggiungere la sua velocità critica.

Chi cerca un’imbarcazione da crociera dovrebbe badare maggior-mente alla lunghezza della linea di galleggiamento ed alla stabilità, e meno, ad esempio, ad un basso coefficiente cilindrico, che rende agile la barca. Un allestimento interno comodo e magari anche pesante, con 50 chilogrammi di dislocamento in più, è più importante per divertirsi in barca che non 50 chilogrammi nella chiglia, che ci forniscono una maggiore stabilità e quindi una superficie velica più estesa.

I cantieri navali lo sanno, cosicché, nella maggioranza dei casi, solo la prima imbarcazione di una serie viene costruita per la velocità (pochi al-lestimenti, niente attrezzatura). Anche i pesi citati dal dépliant sono corretti solo rispetto a questa barca. Solo l’imbarcazione scarica rimane al di sopra della linea di galleggiamento. Quando poi si acquista la versione con due bagni, otto cabine e cambusa attrezzata di tutto punto, si riceve una barca che pesca 4 centimetri in più, e perciò naviga peggio. Pertanto, sarebbe meglio restare alla larga dalle cosiddette versioni da crociera-regata.

Angolo di bolinaL’angolo di bolina rispetto al vento reale è definito come l’angolo

con cui un’imbarcazione a vela può navigare risalendo il vento. Praticamen-te è l’angolo di virata diviso due. Un’imbarcazione naviga di bolina solo per un quarto della propria esistenza, secondo le statistiche. Tuttavia, l’angolo di bolina è un importante criterio per misurare le prestazioni di un’imbarcazio-ne, che dipendono in larga parte dall’attrezzatura di coperta e dalle vele.

Di norma, una barca da crociera non riesce a superare i 40° rispetto al vento reale e, di conseguenza, deve percorrere una rotta più lunga di un terzo rispetto ad un’imbarcazione a motore, che procede diritta. In mare aperto, l’angolo di bolina prescelto può avere poca importanza. In questo caso, è più importante lasciar correre l’imbarcazione “a vele spiegate”, con le scotte lascate. Invece, bordeggiando su canali o fiumi stretti, si è felici di ogni metro in più che si riesce a strappare grazie alla bontà dell’imbarca-zione. L’angolo di bolina che dobbiamo considerare, in realtà, dipende in modo rilevante dalle proprietà idrodinamiche di uno scafo, ma è funzione sia dello scafo che delle vele.

L’angolo con cui una

barca stringe il vento è

un importante criterio

di valutazione. Ancora

più importante, tuttavia,

è il rapporto tra velocità

ed angolo di bolina:

la cosiddetta ‘velocità

di avanzamento nella

direzione del vento’. La

tangente alla curva polare

(curva della velocità)

proiettata sull’asse del

vento fornisce la rotta

ottimale.

42 mediterranea

Page 43: Mediterranea04

Più una barca è minuta, migliore è il suo angolo di bolina. Que-st’opinione deriva dalle imbarcazioni a chiglia allungata relativamente pe-santi, che possiedono una grande superficie laterale immersa ed in tal modo esibiscono una minore tendenza allo scarroccio rispetto ad uno scafo più arrotondato. Prendendo come riferimento un’ala portante [in aeronautica], si parla anche di “spinta laterale”. Una buona spinta laterale, ossia una forza di un certo livello applicata ai lati, significa un angolo di planata inferiore, e quindi una riduzione della deviazione causata dal vento.

Tuttavia, ci sono scafi ampi e rotondeggianti che hanno un angolo di bolina uguale o migliore - finché si naviga con attenzione ed in modo cor-retto. Questi scafi prendono la loro spinta laterale da un bulbo sporgente e da uno skeg di forma similare – in questo caso, si utilizzano i profili standar-dizzati NACA, che derivano da esperimenti di rimorchio e sono particolar-mente adatti per le chiglie degli yacht. Per questi bulbi e questi skeg, o, se vogliamo, per queste “ali portanti”, si osserva che: maggiore è la proporzio-ne laterale, ossia più lunga e più stretta è l’ala portante, e quindi maggiore è il pescaggio, minore è l’angolo di planata. Un’imbarcazione ben governata può, in tal modo, andare di bolina fino a 34°. Per raggiungere questi angoli di bolina, tuttavia, ci deve essere una buona circolazione dell’acqua intorno al bulbo della chiglia, con una ripida ascesa in direzione dello scafo (fondo piatto) ed una chiglia che presenti un rigonfiamento nello spigolo inferiore – o addirittura una chiglia ad ala di gabbiano – come “alettone”. Si verifi-ca infatti un “effetto flap”, che impedisce ai flussi di corrente di defluire all’estremità della giunzione stessa (in questo caso, della chiglia [NdT]). Queste barche sono perciò più difficili da governare, non perdonano alcun errore e, di norma, tengono meno la rotta. Poiché la corrente si allontana molto più rapidamente dai bulbi e dagli skeg di dimensioni ridotte, diventa più difficile trovare l’assetto giusto. Così, una barca con un bulbo della chi-glia piccolo riesce a raggiungere un buon angolo di bolina solo se è sufficien-te la velocità; in presenza di meno vento, c’è sempre bisogno di uno spazio maggiore per evitare di andare ineluttabilmente alla deriva.

Il ruolo di una buona velocità e di adeguate dimensioni laterali nel raggiungere un buon angolo di bolina è illustrato dal seguente esempio, che dovrebbe essere tenuto in considerazione prima dell’acquisto della propria barca.

Il timoniere di uno yacht non ha alcun motivo di cantar vittoria da-vanti al comandante di una iole solo perché la sua barca stringe il vento fino a 35°, mentre la iole arriva a 45°. È vero che il primo effettuerà un percorso più lungo del 22% rispetto al tragitto controvento diretto, mentre la iole deve percorrere il 41% di distanza in più; ma la iole, per la sua maggiore ve-locità, raggiungerà prima il traguardo, poiché l’avanzamento nella direzione del vento è comunque maggiore.

L’angolo di bolina e la velocità sono, pertanto, inseparabili tra loro. Per quanto riguarda le prestazioni di un’imbarcazione che naviga di bolina, è importante, allora, l’avanzamento nella direzione del vento, comunemen-te indicato con VSVENTO, che dovrebbe essere quanto più elevato pos-sibile, qualunque sia la forza del vento stesso. Il VSVENTO è il prodotto della velocità della barca e del coseno dell’angolo dell’andatura. La parte superiore del diagramma della pagina a fianco, vale a dire la curva polare nell’illustrazione, chiarisce le relazioni tra la velocità e l’angolo di andatura. Da essa si evince che non vale la pena di bramare una barca in grado di rag-giungere l’angolo di bolina minore possibile. Ciò che è necessario è il com-promesso ottimale, con il migliore avanzamento rispetto al vento. Nel caso di un’imbarcazione da crociera, la chiglia a bulbo, piccola e profonda, può non rappresentare il punto di riferimento; anche le imbarcazioni con chiglia moderatamente corta e, di conseguenza, con meno pescaggio, o addirittura a chiglia lunga, raggiungono buone velocità nella direzione prescelta; inol-tre, possono entrare anche nei porti meno profondi.

il libro Come scegliere la barca. Confrontare le imbar-cazioni senza poterle provare in mare è un problema, anche perché, al giorno d’oggi, le linee degli scafi mostrano raramente differenze s ign i f ica-tive. Alle fiere nau-tiche, si p o s s o n o analizzare la costru-zione, l’al-tezza ed il numero delle cabine. Il comportamento in mare rimane una supposizio-ne, o una questione di fiducia nei confronti del produttore.Questo libro riesce a mettere or-dine nel caos di sensazioni che la barca ci dà quando è in sec-ca, ma che fanno comprendere solo vagamente le qualità mari-ne dell’imbarcazione. Edizioni Magnamare, ottobre 2008

l’autore Joachim F. Muhs crea innanzitutto un filo conduttore per la valutazione degli aspetti visibili dell’imbar-cazione, a partire dalle caratte-ristiche costruttive, evidenzian-do quali criteri la barca debba soddisfare.Per la valutazione delle diverse caratteristiche, l’autore ha inol-tre elaborato diagrammi grazie ai quali il lettore, con i parame-tri della lunghezza, larghezza, dislocamento e piano velico – contenuti nei dépliants dei vari modelli – può operare confronti con altre imbarcazioni. Se c’è la possibilità di navigare a bor-do della barca dei propri sogni, tanto meglio! L’autore indica le operazioni necessarie per la valutazione di un’imbarcazione, anche grazie alla descrizione delle diverse caratteristiche costruttive, che spaziano dalle barche da 10 metri ai mega-yachts.

Page 44: Mediterranea04

La Windsor Castle era a trecento chilometri dalle Mauritius, quando scorsero uno strano vascello dal baglio di sopravento, che si dirigeva verso di loro con tutte le vele che poteva spiegare. (…)

“Una corvetta, signore”, disse Newton, di ricognizione con il bino-colo, “ventidue cannoni, oltre a quelli di bordo. L’attrezzatura è francese, lo slancio di poppa è francese. È tutta francese, in effetti”.

“Scommetto tutto il denaro delle banche di Lombard Street che è Surcouf”, replicò il capitano Oughton che, con il resto dei suoi ufficiali, teneva il binocolo. “Ecco il tricolore: ho vinto la scommessa. Rispondo alla sfida. Lancio in aria il cappello. Puah! Sollevate la bandiera a poppa. Mr Thomas”, continuò il capitano, rivolgendosi al nostromo, “mandate tutti a poppa. Forster, sarà meglio che accompagniate le signore sottocoperta”.

Alla chiamata del nostromo, gli uomini andarono a poppa e resta-rono tutti uniti dal lato sottovento del cassero, con i cappelli in mano e l’impazienza nello sguardo.

“Ora, ragazzi”, disse il capitano Oughton, “se non sbaglio, quel va-scello è comandato dal miglior marinaio che sia mai salpato da un porto

A S S A G G i

ufficiali gentiluomini

44 mediterranea

Page 45: Mediterranea04

francese, un belloccio, per di più! Uno che punisce severamente, che sa ricevere un colpo tanto bene quanto assestarlo”.

“Sissignore, anche noi”, risposero molti degli uomini in coro.“Lo so, ragazzi, e dare e prendere fa parte delle regole del gioco.

Basta che combattiamo correttamente e… che vinca il migliore! Perciò ora, ragazzi, se siete pronti a dimostrarvi all’altezza della situazione, prima ini-ziamo, meglio sarà. È tutto”.

“Urrà!”, gridarono i marinai mentre si dirigevano ai loro posti per rispondere agli ordini del capitano; poi si tolsero giacche e molti anche la camicia, per prepararsi allo scontro. (…)

La corvetta restò sul fianco opposto della nave fino a che il baglio non fu a poppa. Poi virò di bordo e si mise sopravento rispetto al mercantile della Compagnia. Quando fu a due lunghezze di cavo dalla Windsor Castle, che poco prima aveva spiegato la vela maestra per recuperare il controllo, il fran-cese strinse la vela di trinchetto e scoprì l’attrezzatura più bassa, sulla quale si trovava l’equipaggio, che lanciò un grido forte e impetuoso, poi sparì.

I marinai inglesi saltarono fuori per rispondere alla provocazione, quando il capitano Oughton ruggì: “Ai cannoni, stupidi! Tutta barra, spie-gare le trinchettine, controllare i bracci. Attenti, ragazzi”.

La corvetta aveva già la prora sopravento e voleva passare sotto la poppa della Windsor Castle, con l’intenzione di speronarla. La prontezza del capitano Oughton sventò la manovra del francese, che sarebbe stata fata-le qualora i marinai inglesi al sartiame fossero stati sbalzati via dal colpo. Come la nave fu sollevata dal vento, vi fu una serie di bordate. Con la Win-dsor Castle guidata da Newton, che bracciava sull’altra bordata, e la corvetta che orzava sulla stessa, i due vascelli si separarono. (…)

Le due navi per un paio di minuti cessarono il fuoco per via del troppo fumo che aveva completamente avvolto entrambi gli equipaggi, i quali non sapevano più dove sparare e aspettavano il diradarsi del fumo

il libro Le avventure e le peripezie, l’eroismo e le passioni di un giovane marinaio nell’In-ghilterra previttoriana. Un ro-manzo avvincente e divertente di uno dei pionieri della letteratu-ra di mare, ammirato da Conrad e Melville, da Hemin-gway e O’Brian.Pubblicato nel 1832, N e w t o n F o r s t e r c o n q u i -stò subi-to i lettori dell’epoca per la prosa accattivante e la vena spassosa, per il fascino irregolare dell’avventura per mare contrapposto agli ozi e alle convenzioni della vita sulla ter-raferma, per la straordinaria co-stellazione di personaggi ruvidi, teneri, comici, burberi, spietati, in ogni caso indimenticabili, i cui destini scorrono sotto l’occhio vigile e giusto della Provvidenza. Edizioni Nutrimenti, settem-be 2008

l’autore Frederick Marryat (1792-1848), londine-se, è considerato uno dei padri della letteratura di mare. Arruo-latosi nella Marina britannica a soli quattordici anni come ma-rinaio semplice, percorse tutti i gradi fino a quello di capitano, comandando diverse navi e viaggiando nei luoghi che diver-ranno lo sfondo dei suoi roman-zi. Nella sua carriera si distinse soprattutto per il sal-v a t a g g i o di uomini in mare, u n ’ a b i l i -tà che gli valse il s o p r a n -nome di ‘Lifeboat’. Nel 1830 lasciò la Marina per dedicarsi alla scrittura: in poco meno di vent’anni pubblicò una trentina di libri, che godettero di grande popolarità.

mediterranea 45

Page 46: Mediterranea04

per riprendere i colpi. Un’aria leggera allontanò il fumo rivelando le due navi a una distanza di mezza lunghezza di cavo. Il capitano Oughton era a poppa con Newton e il comandante della corvetta francese sulla rete di carico. Quest’ultimo si tolse il cappello e salutò cortesemente l’avversario. Il capitano Oughton rispose al saluto e poi agitò il suo cappello, indicando le bandiere inglesi issate, come a dire: “Non le ammaineremo mai!”. Il francese (che era proprio Surcouf) fece lo stesso con il tricolore e il combat-timento riprese. (…)

Newton si accorse che la corvetta aveva tirato a bordo le vele strac-ciate e stava di fronte a loro.

“Fugge, signore”, gridò uno dei timonieri.“Credo di no”, rispose Newton, che con il binocolo guardava i

ponti del vascello francese. “Si preparano ad abbordare e saranno di nuo-vo su di noi fra cinque minuti. Sciabole e picche pronte, avanti ragazzi, tutti quanti! Dobbiamo respingerli!”.

“E lo faremo”, gridarono i marinai, come obbedendo al proprio stesso ordine e adunandosi sul castello di prua. Ma il gruppo era esiguo: quasi metà dell’equipaggio era morto o si trovava sotto i ferri del chirurgo, e quando Newton vide quel-la ciurma sparuta, sfinita com’era per le fatiche, nera di polvere da sparo, macchiata di sangue e impregnata di sudore, non poté che ammettere quanto scarse fossero le probabilità di successo in un attacco contro un vascello ben equipaggiato come la corvetta. Newton disse poche parole ma appropriate ed ebbe la soddisfazione di percepire, mentre tutti afferravano le sciabole, che sebbene il numero di uomini fosse ridotto e le forze limita-te, il loro spirito era indomito come sempre.

Nel frattempo la corvetta si era allon-tanata di un miglio circa, poi virò di bordo e si diresse verso la Windsor Castle, avvicinandosi fino a tre lunghezze di cavo. Pochi minuti avrebbero deciso tutto quanto. Le vele erano di nuovo ala-te e scoprivano il lato sottovento, il cordame, il bompresso e il castello di prua, affollato di uomini pronti a saltare a bordo non appena le navi fossero venute a contatto. Newton stava su uno dei can-noni del castello di prua, circondato dai suoi uo-mini: a bordo della Windsor Castle nessuno disse una parola, vedendo avanzare il nemico. Erano a una lunghezza di distanza e Newton riusciva a di-stinguere con chiarezza i tratti del prode Surcouf, dinanzi ai suoi uomini, quando un soffio di ven-to, che in qualsiasi altro momento non avrebbe causato il minimo sussulto, investì le vele della corvetta e l’albero danneggiato, carico di uomini nel cordame sottovento, incapace di sopportare

la pressione cadde da un lato, trascinandosi dietro l’albero di maestra e la maggior parte dell’equipaggio che si trovava nel sartiame, e riducendo la corvetta a un relitto inutilizzabile. Dal castello di prua della Windsor Castle si levò un grido forte a rivelare che i marinai inglesi erano fin troppo consape-voli della disperata situazione, e che salutavano la sventura francese poiché vi vedevano la loro salvezza.

“Ora, ragazzi, veloci”, gridò Newton, mentre balzava al timone di poppa, “alle drizze (il fiocco era sotto il suo piede), allascate la coffa di mae-stra, bracciate il pennone. Bene così, si muove. Uomini ai cannoni, altre sei o sette bordate e sarà nostra”.

e r a n o a u n a l u n g h e z z a d i d i s t a n z a e N e w t o n

r i u s c i v a a d i s t i n g u e r e c o n c h i a r e z z a i t r a t t i

d e l p r o d e S u r c o u f , d i n a n z i a i s u o i

u o m i n i , q u a n d o u n s o f f i o d i v e n t o , c h e i n

q u a l s i a s i a l t r o m o m e n t o n o n a v r e b b e

c a u s a t o i l m i n i m o s u s s u l t o , i n v e s t ì l e

v e l e d e l l a c o r v e t t a e l ’ a l b e r o d a n n e g g i a t o , c a r i c o d i u o m i n i n e l c o r d a m e s o t t o v e n t o ,

i n c a p a c e d i s o p p o r t a r e l a p r e s s i o n e c a d d e d a u n l a t o , t r a s c i n a n d o s i

d i e t r o l ’ a l b e r o d i m a e s t r a e l a m a g g i o r

p a r t e d e l l ’ e q u i p a g g i o …

46 mediterranea

Page 47: Mediterranea04

mediterranea 4�

Page 48: Mediterranea04

Era semplice riconoscere una nave carica di schiavi.E gli squali lo sapevano.Qualsiasi nave attraversasse l’Atlantico poteva prevedere che alme-

no una coppia di squali ne seguisse la scia nella speranza di recuperare qual-cuno dei ciccioli gettati fuoribordo dal cuoco. Ma a penetrare di taglio la scia di una negriera ci si aspettava una dozzina di pinne.

Gli squali non erano gli abitanti più intelligenti dell’oceano, ma in compenso erano pazienti, e sapevano per esperienza che prima o poi vi sarebbero stati dei morti a bordo di una nave negriera, e che quando questo fosse successo i corpi sarebbero finiti in mare. Spesso capitava morissero dei membri dell’equipaggio, di febbre gialla per lo più, ma due volte più spesso questa sorte toccava a uno degli schiavi.

Gli squali non facevano distinzione tra bianchi e neri. Era tutto cibo.

I grossi pesci capivano si trattasse di una nave negriera dal fetore.L’ufficiale in seconda Killigrew poteva sentirlo adesso, mentre an-

dava dalla Tisiphone, la corvetta a ruote di Sua Maestà, verso la Maria Magda-lena: un miscuglio di sudore stantio, urina, escrementi e vomito. Persino sul panfilo di Sua Maestà, il Victoria and Albert, i servizi sanitari per l’equipaggio erano primitivi nel migliore dei casi, e sulla maggior parte dei vascelli il puzzo degli scoli che si accumulavano nelle sentine, in piena estate, poteva essere soffocante per i terricoli. Ma su una negriera, le di-sposizioni sanitarie erano del tutto inesistenti.

A S S A G G i

la predaL e a v v e n t u r e d i K i t K i l l i g r e w , l a s p i a

d e i m a r i d e l l a r e g i n a V i t t o r i a .

4� mediterranea

Page 49: Mediterranea04

“Santo Dio!” imprecò uno dei rematori mentre si avvicinavano alla negriera. “Che orrore! Puzza come il più infimo fosso dell’inferno!”

“Fate silenzio, là!” ordinò Killigrew. L’ufficiale sedeva sulla poppa della lancia, col volto cupo rivolto verso la Maria Magdalena. La sua mente era già sul ponte della nave, a pianificare i compiti che la ciurma avrebbe dovuto eseguire una volta a bordo, mettendoli in ordine di priorità.

C’erano quattordici uomini stipati sulla lancia della Maria Magdale-na. I tre ufficiali – l’ufficiale in seconda Killigrew, l’assistente medico Stra-chan e il guardiamarina Parsons –indossavano tutti una giubba blu-navy, dei lunghi e stretti pantaloni bianchi di lana e dei berretti con visiera. Killigrew era anche in diritto di fregiarsi della medaglia della guerra cinese, ma prefe-riva non farlo. Non era affatto fiero di aver preso parte a quello sporco e in-significante conflitto, che tutti chiamavano guerra dell’oppio, sebbene fosse stato promosso a ufficiale in seconda – a metà strada tra guardiamarina e tenente – come premio per il suo operato nella conquista di Chingkiang-fu, nel 1842. Erano passati cinque anni da allora ma l’incubo di quel massacro ancora abitava i suoi sogni.

I restanti undici uomini erano marinai semplici e non indossavano delle vere e proprie uniformi, anche se tutti recuperavano il vestiario dal corredo del commissario di bordo, ed era pertanto inevitabile l’uniformità tra i calzoni bianchi, le giubbe blu e i cappelli di paglia dalla tesa larga.

Killigrew dette una scorsa oltre il luogo in cui Strachan sedeva con il fazzoletto delicatamente tenuto sopra il naso e la bocca. L’assistente medico aveva appena vent’anni, proprio come Killigrew, gli occhi blu nascosti da oc-chiali dalla montatura fine e un groviglio di capelli marrone chiaro. Laureato all’università di Edimburgo, dove aveva ottenuto l’abilitazione dalla scuola di farmacia, Strachan era l’ultimo arrivato in Marina. Killigrew sospettava non si fosse laureato a pieni voti, nel qual caso avrebbe potuto certo lavorare esercitando la sua professione sulla terraferma, prospettiva assai più piace-vole che non su una corvetta ai Tropici, e assai più remunerativa di nove sterline e sedici scellini al mese che guadagnava come assistente medico.

Era il sesto rintocco nella guardia pomeridiana, ovvero erano le tre in punto, come direbbero i terricoli. La Tisiphone – centosessanta piedi da prua a poppa, con un solo fumaiolo tra i due alberi – e la Maria Magdalena erano in panna l’una accanto all’altra a circa cinquanta iarde di distanza. Il sole batteva spietatamente su quel mare blu brillante. Lontano in Gran Bretagna era inverno ora, ma i Tropici non conoscevano inverni né esta-ti, solo la stagione asciutta e quella delle piogge. Adesso era la stagione asciutta e difficilmente un alito di vento avrebbe agitato le vele dell’una o dell’altra nave.

Durante la prima parte dell’inseguimento, una brezza proveniente da terra aveva spinto il veloce brigantino costruito a Baltimora a ben dodi-ci nodi tanto che la corvetta a ruote, nonostante vele e motori, riusciva a stento a stargli dietro. Ma la Tisiphone teneva duro, l’equipaggio sapeva che finché avesse mantenuto la nave negriera bene in vista, il tempo e i doldrum sarebbero stati dalla loro parte. Alla fine, al volgere della sera, la brezza di-minuì fino a cessare, lasciando la Maria Magdalena impotente. Un colpo del cannone da sessantotto della Tisiphone si abbatté sui pennoni superiori della nave negriera, investendo i colori americani che lì sventolavano, colori che Killigrew non aveva dubbi fossero falsi.

La bandiera a stelle e strisce era una bandiera di comodo per questo genere di navi. Sia gli inglesi sia gli americani si erano dotati di una flottiglia per combattere la schiavitù al largo della costa dell’Africa occidentale, ma quella britannica era di gran lunga la più grande ed efficiente delle due. Gli Stati Uniti non avevano un trattato con la Gran Bretagna che autorizzasse le navi britanniche a fermare e perquisire quelle americane: il ricordo della guerra del 1812 e la causa prima che la scatenò – l’ingiustificabile abitudine della Royal Navy di fermare le navi mercantili americane e costringere gli equipaggi a prestare servizio a bordo delle navi da guerra britanniche – do-leva ancora ai politici e agli ufficiali americani, vecchi abbastanza da ricor-dare quei giorni. Pertanto nessun vascello della Royal Navy poteva fermare mediterranea 4�

Page 50: Mediterranea04

50 mediterranea

una nave americana, né una battente bandiera a stelle e strisce poteva fer-marne una britannica. Detto ciò si comprende che tutto quello che gli scafi negrieri dovevano fare era issare bandiera americana quando erano inseguiti dai vascelli britannici, o issare quella inglese se inseguiti dagli americani. Ciascun ufficiale britannico che avesse fermato una nave battente bandiera americana doveva di fatto essere dannatamente sicuro delle sue ragioni se

voleva che non ne nascesse un inciden-te diplomatico.

La murata di dritta del briganti-no appariva minacciosa dietro di loro, e Killigrew intravide i volti arcigni di al-cuni membri dell’equipaggio rimasto a bordo. Non appena la Maria Magdalena si arrese, il capitano della Tisiphone, il comandante Standish, ordinò al capi-tano della nave catturata di trasbordare sulla corvetta britannica insieme a una dozzina di uomini del suo equipaggio. Quegli uomini erano ora prigionieri sotto il tiro dei fucili dei marinai della Tisiphone, mentre il resto dei negrieri aspettava che Killigrew e i suoi uomini salissero a bordo e prendessero il co-mando della nave.

“Basta così,” ordinò Olaf Ågård. Uno dei due quartiermastri della Ti-siphone, lo Svedese, era il sottufficiale di grado più elevato sulla lancia. Ave-va prestato servizio sulle navi inglesi – prima sulle baleniere Hull , poi sui vascelli della Royal Navy – per così tanto tempo che era rimasta appena una minuscola traccia del suo accento svedese. “Su i remi!”

I marinai si misero in posizione consentendo alla lancia di percorrere le

ultime iarde spinta dal suo stesso abbrivio, finché la prua andò a sbattere delicatamente contro il fianco della nave, dalla cui frisata pendeva dall’alto una biscaglina.

Killigrew salì per primo. In cima afferrò la frisata con entrambe le mani, si tirò su con forza e si girò per atterrare coi piedi sul ponte. Là raccolti c’erano una dozzina di marinai, alcuni sembravano spaventati, altri invece guardavano storto il nuovo arrivato come avessero veleno negli occhi. Nel-l’istante in cui mise piede sul ponte, Killigrew sganciò la sua pepperbox dalla cintura e la puntò contro i marinai. Non era una novità che l’equipaggio di una nave catturata uccidesse, per diritto di preda, gli uomini saliti a bordo, sebbene di solito si aspettasse che la nave che li aveva catturati facesse vela. Ma Killigrew era più furbo e sapeva di essere condannato se solo concedeva una chance a quel gruppo di scellerati.

“Chi di voi ha il comando?” domandò.I marinai si scambiarono qualche occhiata interrogativa. Ma nessuno

parlò.Killigrew ripetè la domanda in portoghese agitando la pepperbox.

“Andiamo, parlate. Non ho tempo da perdere.”“Io” rispose un uomo dalla corporatura pesante con i capelli neri e

unti e un occhio strabico.“Come vi chiamate?”“Ramón Barroso.”“Siete il primo ufficiale?”“Sì.”

N e s s u n v a s c e l l o d e l l a R o y a l N a v y p o t e v a f e r m a r e u n a n a v e

a m e r i c a n a , n é u n a b a t t e n t e b a n d i e r a a

s t e l l e e s t r i s c e p o t e v a f e r m a r n e u n a b r i t a n n i c a .

Q u i n d i t u t t o q u e l l o c h e g l i s c a f i n e g r i e r i

d o v e v a n o f a r e e r a i s s a r e b a n d i e r a a m e r i c a n a

q u a n d o e r a n o i n s e g u i t i d a i v a s c e l l i b r i t a n n i c i , o

i s s a r e q u e l l a i n g l e s e s e i n s e g u i t i d a g l i

a m e r i c a n i .

Page 51: Mediterranea04

1848. Nono-stante gli estenuanti sforzi della Royal Navy per liberare i mari dai negrieri, questi continuano a trarre profitto dal raccapricciante c o m m e r-cio di car-ne umana tra Africa e America.Kit Killi-grew, gio-vane uf-ficiale di M a r i n a , deluso dai r i s u l t a t i s c o r a g -gianti e dalle facili scappatoie del complesso sistema di leg-gi internazionali che regolano i commerci via mare, organizza un piano ardito per infiltrarsi tra i negrieri e scoprire dove si trova il più grande mercato di schiavi dell’Africa occidentale, e sma-scherare così l’importante politi-co inglese che finanzia quel cru-dele traffico. In un crescendo di azione e colpi di scena, Killigrew si lancia nella pericolosa avven-tura, fino alla battaglia decisiva contro gli schiavisti e alla resa dei conti finale sul Tamigi. Dai sontuosi saloni della Mayfair alle giungle della Nuova Guinea, La rotta del Leopardo è uno straor-dinario romanzo di mare, avven-tura e intrighi. Edizioni Mage-nes, novembre 2008

Jonathan Lunn, nato a Lon-dra, ha cominciato a scrive-re all’età di quindici anni. Ha s t u d i a t o storia al-l’università di Leice-ster e ha intrapreso la carriera politica. Attualmente vive a Bri-stol, e lavora al settimo volume della saga dedicata al giovane ufficiale della Royal Navy.

il libro

l’autore

Il resto dell’equipaggio della lancia presto si radunò sul ponte della Maria Magdalena armato di pistole e sciabole, alcune delle quali presero subito sotto tiro i negrieri. “Sorvegliate quegli uomini finché non li avremo messi ai ferri,” ordinò Killigrew. “Che immagino non mancheranno a bordo. Boulton, Ewans, Ivey e McFee: voi quattro perquisite la nave in cerca di altri uomini e di armi. Signor Parsons, siate così gentile da issare la nostra bandiera. Signor Fentiman controllate cosa occorre per riparare la nave fino a Freetown. Aiutatelo voi, Sails. Vedete quello che riuscite a trovare tra le forniture di bordo; quello che manca lo dovremo prendere sulla Tisiphone.”

Fentiman e Sails – rispettivamente il capo carpentiere e il velaio – annuirono e si misero al lavoro.

“Io controllerò gli schiavi”, disse Strachan.Killigrew fece cenno a Barroso con la pistola. “Mostratemi i docu-

menti di bordo.”“Li ha il senhor capitão. Li ha portati con sé sulla Tisiphone per mo-

strarli al vostro capitão.”“Intendo gli altri documenti,” disse Killigrew. “Non ho ancora mai

fermato una nave negriera che non avesse più di una documentazione.” Se-guì Barroso nella cabina del capitano, dove il portoghese indicò un forziere chiuso col lucchetto.

“Non ho la chiave”, disse Barroso.“Io sì”, ribattè Killigrew facendo saltare il lucchetto con un colpo di

pistola.Il negriero si mosse per aprirlo, nascondendo col suo corpo il for-

ziere alla vista di Killigrew. “Fermo là!” scattò Killigrew prima che l’altro riuscisse a sollevare il coperchio. “Fatevi da parte. Giratevi verso il muro, stendete le braccia e mettete le mani contro la paratia. Bravo ragazzo. E ora non battete ciglio.”

L’inglese sollevò il coperchio. All’interno, sui documenti, era pog-giata una vecchia pistola a pietra focaia. Killigrew la prese e la mostrò a Barroso. “E’ questa che cercavate?”

Il portoghese non rispose. Killigrew infilò la pistola sotto la cintura e rivolse la sua attenzione al contenuto della cassa. Non c’erano documenti, né giornale di bordo, né note di carico, né ordini dell’armatore.

Qualcuno bussò alla porta. “Chi è?” domandò Killigrew senza leva-re lo sgardo da Barroso.

“Io, signore. Parsons.”“Entrate, signor Parsons. Cosa posso fare per voi?”“E’ il dottore, signore. Vuole che lo raggiungiate nella stiva.”“D’accordo.” Killigrew afferrò Barroso per la collottola, gli piantò

le bocche della sua pepperbox all’altezza dei reni e lo fece marciare fuori sul ponte. “Potete tornare dai vostri compagni per ora!” e lo spinse con fare rude là dove gli altri uomini del brigantino aspettavano. Poi scese fino alla stiva.

Sottocoperta il tanfo di sudore, urina, escrementi e vomito era ben peggiore e Killigrew si sentì soffocare. Strachan aspettava fuori dalla porta. Si udivano pianti e lamenti provenire da lì dietro. “Ho creduto che avreste voluto vedere con i vostri occhi, signore,” disse Strachan, scuro in volto.

Killigrew gli lanciò uno sguardo interrogativo. L’assistente medico era già stato a bordo di numerose altre navi negriere nel breve tempo tra-scorso al servizio della Squadra dell’Africa occidentale, e se aveva creduto che questa fosse degna di particolare attenzione significava che la situa-zione era davvero pessima. L’avvertimento mise in guardia Killigrew, ma niente avrebbe potuto fargli forza contro il puzzo e contro quanto gli si offrì alla vista quando Strachan spalancò la porta.

All’istante lo investì una ventata di aria calda e disgustosa, e dovette trattenersi perchè non gli si rivoltasse lo stomaco. L’unica fortuna fu che la debole illuminazione gli impedì di vedere di più.

Page 52: Mediterranea04

Superare l’esame per la patente nautica, diventare comandanti, ma anche imparare a navigare. Questi gli obiettivi del corso scrit-to dal contrammiraglio Varrone Terenzio, già sperimentato da anni con successo nelle scuole di vela. Il volume si distingue dagli altri manuali perché non offre solo tutte le nozioni teoriche necessarie al superamento dell’esame per il conseguimento della patente: non si limita cioè al necessario adempimento burocratico, ma si preoccu-pa anche della formazione nautica effettiva di chi si appresta a con-durre un’imbarcazione.

Un manuale pratico per chi va per mare, una guida unica per capi-re quanto la propria barca possa essere considerata affidabile, e per migliorarla di conseguenza. Ernesto Tross, geniale autocostruttore, analizza una larga casistica di incidenti e naufragi e propone una lun-ga serie di suggerimenti pratici sulle strutture della barca, gli acces-sori e le tattiche di navigazione con cattivo tempo. E infine presenta la sua risposta concreta. Il nuovo progetto di una barca a vela da 10 metri, in grado di resistere in qualsiasi condizione meteo.

La guida più completa pubblicata in Italia per la manutenzione del-la barca. Pagine utili per conoscere meglio la propria imbarcazione e per sapere quando e come occuparsi della sua manutenzione. Per renderla più sicura, per farla durare di più nel tempo, o semplicemen-te per renderla più confortevole. La competenza dell’autore e un im-ponente apparato iconografico guideranno negli interventi di routine e in quelli più complessi.

Trent’anni di vela e di regate italiane e internazio-nali, visti con gli occhi e la passione di Paolo Ve-nanzangeli. Trent’anni raccontati attraverso le sue foto e la testimonianze di amici prestigiosi che con lui hanno vissuto esperienze professionali. Da Paul Cayard a Francesco De Angelis a Vincenzo Ono-rato, Alessandra Sensini, Mauro Pelaschier, Giulio Guazzini e Carlo Marincovich. Gli inizi in barca, le regate e le vittorie a bordo di Seminole, le traversa-te oceaniche, ma anche foto e storia di numerose edizioni di Admiral’s Cup, Olimpiadi e Coppa Ame-rica, regate storiche che Venanzangeli ha seguito come giornalista, collaborate di Nautica, del Cor-riere dello Sport e della Federazione italiana vela.

NovitàLa mia vela, Trent’anni sul

mare con Paolo Venanzangeli

a cura di Fabio Colivicchi e Bianca

Gropallopp. 256 • euro

35,00 • settembre 2008

Varrone TerenzioLa patente nautica

Come superare l’esame per il

comando delle imbarcazioni a vela e a motore, entro e oltre le 12 miglia, e

imparare a navigarepp. 320 • euro

19,00 • marzo 2008

Ernesto TrossLa mia barca

sicuraI rischi in mare.

Il racconto e l’analisi di naufragi

e incidenti reali. Suggerimenti e

soluzioni pratiche per aumentare la

sicurezza di chi naviga

pp. 192 • euro 16,00 • marzo 2007

Davide ZerbinatiLavori a bordo

Dall’impianto elettrico a quello

idraulico, dal motore alle vele,

dall’osmosi al ponte in teak. Guida

completa per far da sé la manutenzione

e i mille lavori necessari a bordo

della propria barca con trucchi e suggerimenti

pp. 576 • euro 45,00 • marzo 2007

Page 53: Mediterranea04

Matteo Miceli: due traversate atlantiche su un catamarano scoperto di 20 piedi, in doppio e in solitario. Due record e due splendide avventure umane e marinare. Ma anche il lungo cammino per arrivare alle impre-se, dalla paziente acquisizione delle competenze tecniche alle regate con i migliori ‘team’ italiani, fino all’esperienza da atleta-imprenditore nel cantiere di cui è diventato proprietario, per costruire un Class 40 e regalarsi il progetto di un giro del mondo mai realizzato prima: da Ro-ma a Roma. Uno dei velisti italiani più atipici e dotati, nominato ‘Velista dell’anno’ nel 2007, si racconta e si scopre.

Pietro D’Alì ha vinto nel 2007, in coppia con Giovanni Soldini, la Jac-ques Vabre, una delle grandi regate transatlantiche dominio da sem-pre degli skipper francesi e inglesi. Si conferma così come il velista italiano più forte del momento insieme allo stesso Soldini. Sicuramente quello che può vantare la carriera più completa e la più ricca collezio-ne di risultati. Dai titoli italiani ed europei conquistati sulle derive, al gi-ro del mondo in equipaggio, alla Coppa America su Luna Rossa, alle Olimpiadi. D’Alì racconta per la prima volta la sua incredibile vita tutta trascorsa sul mare. Fin da quando, a soli tredici anni, fu imbarcato nel-l’equipaggio del Guia di Giorgio Falck.

A quasi vent’anni di distanza, Nutrimenti ripropone il diario di bordo della storica traversata dell’Atlantico di Alex Carozzo su una scialup-pa in disuso ed equipaggiata solo con materiali di risulta. Un libro-culto per molti velisti, una provocazione concreta, sulla stessa rotta di Cristoforo Colombo, per dimostrare come l’uomo possa ancora fare a meno nel suo rapporto con il mare di sofisticazioni tecnologi-che e lussi inutili.

La vita dei delfini raccontata da un’esperta biologa marina. Le diverse specie, le abitudini, le molte leggende fiorite intorno a questi meravi-gliosi abitanti del mare. Un libro, arricchito da uno straordinario corre-do di fotografie inedite, per conoscere i delfini e gli altri cetacei, e per imparare a proteggerli dall’incosciente invadenza dell’uomo.

Matteo Miceli, Jean-Luc GiordaL’oceano a mani nudePrefazione di Pasquale De Gregoriopp. 208 • euro 15,00 • maggio 2008

ProssimamentePietro D’Alì, Matteo CorteseNel vento novembre 2008

Eletta RevelliIl mondo dei delfiniSpecie, comportamenti, leggende e curiosità dei cetacei dei nostri maripp. 144 • euro 16,00 • giugno 2008

Alex CarozzoZentime AtlanticoPrefazione di Antonio Soccolpp. 184 • euro 15,00 • marzo 2008

ANDREA PENDIBENE

MINITRANSAT DIARIO DI BORDO DI UN SOGNO CHE SI AVVERA

Da La Rochelle, in Francia, a Salvador de Bahia, in Brasile: 4.200 mi-glia di oceano in solitario, a bordo di una barca a vela di soli sei me-tri e mezzo. Andrea Pendibene è stato il più giovane italiano ad aver partecipato, nel 2007, alla Transat 6.50, la regata per solitari che at-traversa l’Atlantico dall’Europa al Sud America, meglio nota come Mini Transat, proprio perché riservata alle piccole imbarcazioni del-la classe Mini. Un appassionante diario di regata, ma anche un’utile guida per i tanti giovani che coltivano lo stesso sogno ma che, come lui, devono riuscire a trovare i mezzi per poterlo realizzare.

NovitàAndrea PendibeneMini TransatDiario di bordo di un sogno che si avvera pp. 128 • euro 15,00 •ottobre 2008

www.nutrimenti.net

ELETTA REVELLIIL MONDO DEI DELFINISPECIE, COMPORTAMENTI, LEGGENDE E CURIOSITÀ DEI CETACEI DEI NOSTRI MARI

Page 54: Mediterranea04

NovitàFrederick MarryatNewton Forster Traduzione di Giovanni Giripp. 352 • euro 16,00 • settembre 2008

Prossimamente Louis GarnerayCorsaro della RepubblicaTraduzione di Annalisa Comespp. 256 • euro 16,00 • ottobre 2008

Riccardo A. AndreoliI giganti del grande bluPrefazione di Umberto Pelizzari, Renzo Mazzarri, Riccardo Moltenipp. 280 • euro 16,00 •maggio 2008

Stefano MakulaFino all’ultimo respiropp. 144 • euro 14,00 • marzo 2008

Harry ThompsonQuesta creatura delle tenebreTraduzione di Giovanni Giripp. 752 • euro 19,50 • ottobre 2006

Le avventure e le peripezie, l’eroismo e le passioni di un giovane ma-rinaio nell’Inghilterra previttoriana. Pubblicato nel 1832, Newton For-ster conquistò subito i lettori dell’epoca per la prosa accattivante e la vena spassosa, per il fascino irregolare dell’avventura per mare con-trapposto agli ozi e alle convenzioni della vita sulla terraferma, per la straordinaria costellazione di personaggi indimenticabili. Questa edi-zione ripropone al pubblico italiano, dopo decenni di ingiustificato oblio, l’opera di Frederick Marryat, scrittore tra i più popolari dell’epo-ca di Charles Dickens, uno dei padri della letteratura di mare: amato da Conrad, Melville e Hemingway, fonte d’ispirazione per Cecil Scott Forester e Patrick O’Brian.

STEFANO MAKULA

FINO ALL’ULTIMO RESPIRO

Imbarcatosi a tredici anni sulla fregata La Forte, Louis Garneray (1783-1857), compagno del famoso pirata Sourcuf, ci offre con que-sto libro la cronaca più scrupolosa dei suoi primi anni in mare fra i corsari dell’Oceano Indiano. All’epoca degli ultimi successi della Ma-rina francese (1796-1801) prima di Trafalgar, Garneray ci fa rivivere tutti i momenti più significativi e quasi incredibili della sua vita avven-turosa, in uno stile personalissimo, realistico, rude e diretto – mai re-torico o compiaciuto – che dà al suo racconto il valore inimitabile della testimonianza.

L’autobiografia di Stefano Makula, più volte primatista mondiale di immersione in apnea. Una storia rocambolesca e avventurosa se-gnata da una sorta di vocazione che dall’età di tredici anni lo ha spinto sott’acqua. Makula ha vissuto da protagonista l’epoca pionie-ristica dell’apnea in una competizione, nello stesso tempo sportiva e polemica, con i mitici Maiorca e Mayol. Attraverso incidenti dramma-tici, apre le porte all’apnea moderna che permette oggi a milioni di appassionati di vivere il mare e le immersioni in assoluta tranquillità.

È il 1828 e l’ufficiale inglese Robert FitzRoy riceve l’incarico di capi-tanare il brigantino Beagle in un lungo viaggio di ricerca in Terra del Fuoco. Per il suo secondo viaggio FitzRoy imbarcherà un naturalista, un seminarista appassionato di geologia di nome Charles Darwin. Un avvincente romanzo storico, finalista al Booker Prize 2005, che attra-verso l’amicizia di due uomini, le passioni e le ossessioni che li divise-ro, racconta un viaggio decisivo per la storia della conoscenza.

Un giro intorno al mondo praticando la pesca subacquea in apnea in acque libere, in aperto oceano. Alla ricerca dell’incontro con i grandi pesci: squali, tonni, pesci spada, marlin. Venezuela, Tonga, Fiji, Nuo-va Zelanda, Nuova Caledonia, Vanuatu, Australia, Capo Verde sono le principali tappe del lungo viaggio in cui l’italiano Riccardo Andreoli ha stabilito anche il record mondiale di cattura per il pesce vela. Re-cord omologato secondo le rigide regole delle associazioni interna-zionali di pesca subacquea.

Page 55: Mediterranea04

“Continuo perché sono felice in mare”. Il messaggio che nel 1969 Bernard Moitessier lancia con una fionda a bordo di un cargo lascia di stucco il mondo della vela. A Plymouth lo at-tendono come vincitore del primo giro del mondo in solitario e senza scalo. Lui volta invece le spalle agli allori. Dall’infan-zia in Vietnam alle leggendarie navigazioni con il suo Joshua, fino all’ultima parte della vita: la biografia del leggendario na-vigatore francese raccontata dal suo amico, confidente e consulente editoriale per oltre trentacinque anni.

Giuliano GalloIl padrone del vento

La lunga vita felice di Agostino Straulino

pp. 176 • euro 14,00 • novembre 2005

La vita del marinaio più celebre d’Italia raccontata da quel-li che l’hanno conosciuto. I suoi marinai, i suoi allievi, gli ami-ci d’infanzia parlano di un uomo che ha amato e conosciuto il mare come nessun altro. Dagli anni dell’adolescenza alle imprese di guerra, dall’oro olimpico di Helsinki alle vittorie nei Campionati del Mondo, dal primo avventuroso viaggio del Corsaro II al leggendario comando della Vespucci.Premio Casinò Sanremo ‘Libro del Mare’ 2006

Dall’Italia ai Caraibi su un minuscolo catamarano, da solo e senza assistenza. L’impresa di Alessandro Di Benedetto ha dell’incredibile, e non a caso è stata omologata dal World Sailing Speed Record Council, la massima autorità in fatto di record a vela, come primato mondiale. L’Atlantico senza riparo è il diario in presa diretta delle avversità superate dal navigatore italiano, ma anche un affascinante racconto sul ‘grande largo’ e sui sogni che esso evoca.

Ernesto TrossPrua a Est

pp. 168 • euro 15,00 • aprile 2003, seconda edizione

ottobre 2006

La vita di un grande viaggiatore, che ha progettato e costrui-to con le sue mani otto barche, che ha navigato per diciotto anni nell’Oceano Indiano, che è salito fin sull’Himalaya con la moto, ha girato i deserti in Dune-buggy, ha volato in aliante.Una storia segnata dalla passione per il mare e la vela, e in generale per il viaggio inteso nel più classico dei modi, come occasione di scoperta e conoscenza di genti, civiltà e cultu-re diverse dalla nostra.

Più di cinque mesi passati da solo negli oceani del mon-do, di cui più di due alle latitudini note come i ‘Quaranta ruggenti’ e i ‘Cinquanta urlanti’. Una passione tanto forte e ostinata da superare i mille ostacoli della terraferma e le di-savventure della navigazione. L’odissea attorno al mondo di Pasquale De Gregorio, uno dei due soli italiani che so-no riusciti a concludere la Vendée Globe, la regata mito di ogni velista, il giro del mondo in solitario senza scalo e sen-za assistenza.

Alessandro Di BenedettoL’Atlantico senza riparoDall’Italia ai Caraibi in Hobie catpp. 168 • euro 15,00 • giugno 2004, terza edizione ottobre 2006

Pasquale De Gregorio, Andrea PalombiOceani ad ogni costoPrefazione di Cino Riccipp. 216 • euro 15,00 • ottobre 2001, seconda edizione ottobre 2006

La Querina, nave mercantile veneziana, parte nel 1431 da Creta verso le Fiandre. Non ci arriverà mai. Prima i ven-ti contrari la spingono sempre più a nord. Poi le tempeste cominciano la loro opera di distruzione. Sedici uomini resi-stono a tutto e approdano su un’isola deserta, sulle coste della Norvegia. Un’avvincente storia di mare giunta fino a noi attraverso il racconto diretto di tre dei sopravvissuti.

Pietro Querini, Cristofalo Fioravante, Nicolò de Michiele

Il naufragio della QuerinaVeneziani nel

circolo polare articoA cura di Paolo Nelli •

Postfazione di Claire Judde de Larivière • pp. 104 • euro 14,00 •

settembre 2007

Jean-Michel BarraultMoitessierLa lunga scia di un uomo liberoTraduzione di Laurence Figà-Talamancapp. 200 • euro 15,00 • ottobre 2006

www.nutrimenti.net

Page 56: Mediterranea04

MAGENES

CANALI DI FRANCIADa Marsiglia a le HavreCarlo Piccinelli416 pagine a colori� 22,00

In preparazione:

CANALI DI FRANCIADa Saint-Maloa MarsigliaCarlo Piccinellioltre 400 pagine a colori� 22,00

CANALI DI FRANCIADalla Francia ai paesidel Nord EuropaCarlo Piccinellioltre 400 pagine a colori� 22,00

FARI D’EUROPAGuida alla scopertadei fari di Italia, Francia,Spagna e CroaziaFrancesca Cosie Alessandra Repossi296 pagine a colori� 18,00

Una guida pratica, completa, ricca di informazioniraccolte sul posto alla scoperta degli oltre8.000 km di vie d’acqua navigabili in Francia.

Volume 1 – Da Marsiglia a Le Havre

Percorsi di fiumi e canali tra il Mediterraneo ela Manica, attraverso regioni cariche di storia, culturae caratterizzate da un inconfondibile paesaggio.Città di fascino come Lione, Avignone, Parigi, Rouenraggiungibili in houseboat navigando sul Rodano,la Saône, la Senna e i suggestivi canali del Centro.Tutti gli itinerari sono espressi in diagrammicompleti di indicazioni di porti, chiuse e ponti stradali,punti di attenzione e di interesse, zone di ormeggio,aree per i camper, percorsi in bicicletta.

La guida è arricchita da:

• informazioni e consigli per la navigazione fluviale:il passaggio alle chiuse, gli incroci, le manovre disorpasso e ormeggio, i segnali luminosi e sonori,

• tutti i termini utili per la navigazione fluviale,in italiano e francese,

• città di interesse storico, escursioni enogastrono-miche, feste e sagre, curiosità,

• la storia delle vie d’acqua francesi dalle origini allanascita del turismo fluviale.

Tutto quello che c’è da sapere sui fari.

Dai primi fuochi accesi lungo le coste a costruzionimitiche come il Colosso di Rodi e il Faro di Ales-sandria, fino ai segnalamenti automatizzati di questosecolo: un’interessante e dettagliata parte storica,tecnica e artistica apre al viaggio tra gli oltre 300 faridi Italia, Francia, Spagna settentrionale e Croazia,alla scoperta di queste affascinanti sentinelle del mare,della loro imponenza architettonica in armonia con lanatura che li circonda, della storia che custodisconoe di cui sono testimonianza nel tempo.Per osservarli, visitarli o anche per provare il brividodi vivere al loro interno e diventare per un attimoi padroni del mare.

La guida è arricchita da:

• immagini degli oltre 300 fari trattati,

• indicazioni tecniche: ubicazione, anno di costruzio-ne, altezza sul livello del mare, caratteristiche,

• informazioni sulle possibilità di visita ai fari, aimusei, e di pernottamento al loro interno,

• curiosità storiche, aneddoti e attrazioni turistiche.

Per ricevere gratuitamente il catalogo aggiornato scrivere a:

MAGENES EDITORIALE • VIA MAURO MACCHI 50 • 20124 MILANO

tel 02 6671 0816 • fax 02 6710 0421 • [email protected]

Catalogo Mediterranea 3 6-08-2008 11:15 Pagina 1

Page 57: Mediterranea04

www.nonsololibri.itCon semplicità e chiarezza questo volume spiega:

• come scegliere la barca giusta e attrezzarlaper la crociera con i bambini

• come adattare i catamarani e la barca a noleggio

• come programmare la crociera

• quali sono le rotte del Mediterraneo da preferire

• come preparare i bambini a vivere in una barcain mezzo al mare.

E inoltre, la mamma a bordo: l’abbigliamento,la pulizia, l’alimentazione, la protezione dal solee i giochi per i bambini.La vita a bordo in navigazione, in porto e in rada.Un lungo e dettagliato capitolo su come affrontare leemergenze pediatriche a bordo.

Questo manuale è stato pensato e realizzatospecificatamente per i ragazzi.

Il linguaggio è semplice e diretto, sono statiimpiegati disegni e schemi in modo da

“impressionare” maggiormente la memoriafotografica e mantenere il più elevato possibile

il grado di interesse nella lettura.Il testo è adatto sia per chi vuole “rinforzare”

le proprie conoscenze dopo aver frequentatoun corso, sia come strumento didattico

per le scuole vela.

BIMBI A BORDOAndrea Cestari

144 pagine16 pagine a colori

� 14,002a edizione

LA VELAÈ UN GIOCO

BELLISSIMO!Andrea Cestari

88 pagine a colori� 15,00

2a edizione

IL GRANDELIBRO DEI NODIClifford W. Ashley640 pagine� 28,00novembre 2008

ISOLESELVAGGEIgor Napoli320 pagine a colori� 22,00ottobre 2008

DEEP DIVINGGuida avanzataalla fisiologia,alle proceduree ai sistemiB. Gilliam,R. Von Maier, J. Crea432 pagine� 25,00seconda edizione

MIXEDGAS DIVINGImmersionea misceleTom MountBret Gilliam496 pagine� 25,00seconda edizione

CORSOISTRUTTOREDI NUOTOMarco Gigante224 pagine a colori� 15,00ottobre 2008

TECNICHEDI RESPIRAZIONEPER APNEAFederico Mana120 pagine a colori� 15,00

RELITTI E NAVISOMMERSELiguria e ToscanaG. Mirto, S. PivettaG. Spazzapan320 pagine� 28,00ottobre 2008

ANFOREE ANCORESOMMERSEGiulia D’Angelo224 pagine� 18,00ottobre 2008

Catalogo Mediterranea 3 6-08-2008 11:15 Pagina 2

Page 58: Mediterranea04

IL SEGRETO DICALA DELL’OROEmilio Carta160 pagine� 14,00

AVVENTURESOTTO I MARICharles Paolini192 pagine� 14,00

DENTRO IL MAREIL MARE DENTROGirolamo Lo Verso192 pagine16 pagine a colori� 14,00

FIGLI DI UNASHAMANDURAClaudio Di Manao176 pagine� 12,00

IL PRINCIPEDELLE IMMAGINIGaetano Cafiero208 pagine32 pagine a colori� 19,00

IO C’ERO“Il Duca”Fabio PajonciniOttaviani176 pagine32 pagine a colori� 15,00

NELL’ANIMADI UN RELITTOCristina Freghieri136 pagine32 pagine a colori� 15,00

HMSTHUNDERBOLDTDue vite, due mortiCristina Freghieri192 pagine32 pp di foto b/n� 15,00

L’ORODELL’ELBAOperazionePolluceEnrico CappellettiGianluca Mirto368 pagine� 15,00seconda edizione

GRAND BAHAMAL’isola del tesoroEnrico Cappelletti224 pagine� 15,00

GIORNALEDI BORDODI MAARKOSSESTIOSFerdinand Lallemand144 pagine32 pp di foto b/n� 14,00

PESCICANIDA VENDEREWilliam Travis224 pagine� 14,00

I RACCONTIDEL CAPITANOEmilio Salgaria cura di F. Pozzo256 pagine16 pagine a colori� 14,00

QUATTRODRAMMISUL MAREAlexandre Dumas224 pagine� 14,00

LO SPARVIERODEL MARERafael Sabatini288 pagine� 13,00

I GUARDIANIDEI FARICharles Paolini192 pagine� 14,00seconda edizione

I SEGRETI DELMAR ROSSOHenry de Monfreid288 pagine� 14,00

LA CROCIERADELL’HASCISCHenry de Monfreid224 pagine� 14,00

AVVENTUREDI MAREHenry de Monfreid256 pagine� 15,00

GLI ULTIMIVIAGGI DINAPOLEONEa cura di Alberto Dati288 pagine� 15,00novembre 2008

VITA E COSTUMIA BORDO DEIGRANDI VELIERIArmand Hayet320 pagine� 15,00

QUELLI DICAPO HORNWilliam H.S. Jones336 pagine� 15,00

STORIA DELLANAVIGAZIONEDal 5000 a.C.ai giorni nostriH.W. van Loon288 pagine� 15,00

IL CAPITANONELSONMartino Sacchi368 pagine� 16,00

MAGENES

Catalogo Mediterranea 3 6-08-2008 11:15 Pagina 3

Page 59: Mediterranea04

www.nonsololibri.it

PENNE NERESUL MARELuca Cassanoa cura di L. Pozzo192 pagine32 pp di foto b/n� 14,00

A ME MI PIACEIL MAREE altrepozzanghereLittle Top224 pagine� 14,00

IL MARE CHENON TI ASPETTIMarco Affronte160 pagine16 pagine a colori� 14,00

LA DAMADEL MAREAnita Conti256 pagine� 14,00

IL PESCESUICIDAMario Scheichenbauer224 pagine32 pp di foto b/n� 14,00

QUATTRORAGAZZEIN BARCAMarioScheichenbauer224 pagine� 14,00

IL MAREMINOREPino Aprile160 pagine� 14,00

A MARIESTREMIPino Aprile160 pagine8 pagine a colori� 14,00

GLI OCCHIDELLA GIUNCAM. PitiotM. Laheurte336 pagine� 15,00

LA MEMORIADEL MAREDeli CarbonariCarlotta Dazzi224 pagine� 14,00

ALLORAVENGO CON TESabina Cordone168 pagine32 pagine a colori� 14,00

QUELLI DELM/R VORTICECarlo Gatti176 pagine16 pagine a colori� 14,00

FIOR DINORVEGIAE. PassarellaS.L. Rodriguez224 pagine32 pagine a colori� 15,00

ALASKADREAMMichèle Demai224 pagine� 14,00

IL VENTOFIN QUARenzo GuidiMichele Tognozzi160 pagine� 14,00

OLTREL’OCEANOAlessandroDi Benedetto192 pagine32 pagine a colori� 15,00seconda edizione

NAUFRAGOVOLONTARIOAlain Bombard224 pagine� 14,00seconda edizione

VENT’ANNI DIMEDITERRANEOGöran Schild336 pagine� 15,00

L’ISOLADEL MUTOFulvio Molinari144 pagine� 12,00seconda edizione

SULLA ROTTADI MAGELLANOWilly de Roos192 pagine� 14,00

UNA STAGIONEDI PESCAAL MERLUZZOAa Vv168 pagine� 15,00

CORALLARINinni Ravazza224 pagine32 pp di foto b/n� 14,00

DIARIODI TONNARANinni Ravazza336 pagine32 pagine a colori� 17,50

IL SALE EIL SANGUENinni Ravazza240 pagine48 pagine a colori� 16,00

Catalogo Mediterranea 3 6-08-2008 11:16 Pagina 4

Page 60: Mediterranea04

Jack LaganThe Barefoot NavigatorNavigare con l’Abilità degli Antichi190 pagine ■ Prezzo Euro 15,00

Se pensate che la tecnologia la faccia un po' troppo da padrona nella nostra vita eche sia giunta l'ora di riscoprire la natura, le nostre capacità e soprattutto il buonsenso, The Barefoot Navigator è il libro che fa per voi. È un divertente manuale sucome navigare con il minimo della tecnologia necessaria, riscoprendo le tecniche, isistemi, gli accorgimenti usati per millenni dai marinai di tutto il mondo. L'opera diLagan è un modo per tornare a guardare il mare non più attraverso un plotter, madirettamente con i nostri occhi, per navigare divertendoci, ma senza mai perdered'occhio la sicurezza.

Peter Noble - Ros HogbinLa Mente del MarinaioUn’analisi delle vicende umane nella navigazione di oggi e di ieri191 pagine ■ Prezzo Euro 15,00

Cos’è che fa scattare la passione per la navigazione? Quali sono le vicende personali che sinascondono dietro le avventure (e le disavventure) in mare? Perché alcune persone sono at-tratte dalle sfide della navigazione estrema, e come le affrontano? Non importa quanto bene labarca sia equipaggiata o quanto preparati siano lo skipper e l’equipaggio: il successo di unviaggio dipende in gran parte della mente, ed è il risultato dell’atteggiamento e della volontà.Peter Noble, psichiatra ed esperto marinaio, e Ros Hogbin, scrittrice e circumnavigatrice, ana-lizzano gli aspetti psicologici della navigazione e della vita in mare aperto.

I L i b r i p e r N a v i g a r eEdizioni Magnamare

Alberto CuomoIl Navigatore Più o Meno Responsabile154 pagine ■ Prezzo Euro 15,00

«La richiesta di impegno e responsabilità dilaga, anche se tutti sembrano molto riluttantiad impegnarsi di persona. In termini “aziendalistici”, la responsabilità richiesta è quellacosiddetta sociale (vedi alla voce “Responsabilità Sociale di Impresa”). Come cittadinie consumatori, abbiamo un potere di pressione che possiamo esercitare abbracciandoil “consumo responsabile”. Perché dunque non concepire, per il mondo della nautica,la figura del “Navigatore Responsabile”? E perché lasciare il navigatore solo nell'im-presa di scoprire i comportamenti più responsabili a bordo?» Comincia così la nuovaguida di Alberto Cuomo che, con grande ironia, ma solida visione scientifica, ci mostramolti degli accorgimenti e dei comportamenti da adottare con sforzo limitato per ridurreal minimo l'impatto sull'ambiente della navigazione da diporto.

E. Di Persano, G. B. Magnaghi, L.P. PaganiniVedute e Descrizioni dei Fari e SemaforiSulle Coste d’Italia (1877)

Ristampa anastatica a cura di Cristiana Bartolomei.70 pagine, brossura copertina cartonata, 65 vedute, € 45,00

Abbiamo deciso di ristampare questo prezioso e accurato la-voro del 1877 in collaborazione con l’ufficio storico della Ma-rina Militare Italiana e l’Istituto Idrografico per recuperare eriproporre un pubblicazione importante e appassionante pergli amanti del mare e dell’Italia. I bellissimi disegni di Paganinie i precisi rilievi realizzati a bordo del piroscafo Tripoli co-mandato dal Capitano di Fregata Persano per il Regio IstitutoIdrografico diretto dall’allora Capitano di Fregata Magnaghi cipermettono di vedere com’era la costa italiana nei suoi puntipiù amati e affascinanti. Le vedute di Camogli, Portofino,Santa Margherita Ligure, Lipari, Capo Spartivento e ancoradi Messina e Reggio prima del terremoto ci fanno capire come

e perché l’Italia fosse da tutti considerata il più bel Paese delmondo, dove uomo e natura avevano lavorato insieme persecoli realizzando un ambiente unico che oggi, purtoppo, inmolti casi è scomparso.

Page 61: Mediterranea04

A d r i a t i c o

Piero MagnaboscoAdriatico - Volume SecondoL’arcipelago delle Absirtidi:le isole di Cherso e Lussino

264 pagine ■ Euro 45,00

Continua il nostro viaggio attraverso “il mare più bello del mondo”, e continua osservandola costa in modo sempre più preciso e ravvicinato. Trovare la propria “baia ideale” diventafacile con i piani nautici a colori e le fotografie dall’alto e dal mare di tutti gli approdi e gliancoraggi delle isole di Cherso, Lussino, Unie, Canidole, Levrera, Sansego, Asinello, SanPietro dei Nembi, Oriule. Tutte le informazioni per navigare e scoprire gli angoli più in-cantevoli di questo arcipelago posto a cerniera tra l’Istria e la Dalmazia. Una nuova pro-spettiva per un portolano: mappe, viste dall’alto e dal basso, da riva e dal largo e unaminuziosa descrizione di come sono queste isole, da sempre frequentate dai naviganti, eanche di come erano, con attenzione alla storia e alle curiosità che ne fanno un mondospeciale.

Piero MagnaboscoAdriatico - Volume Primo

584 pagine ■ Euro 47,00

L’idea di Adriatico è nata parlando con molti velisti e navigatori che frequentano questomare di quello che avrebbero voluto sapere. Molte sono le pubblicazioni esistenti e moltedi alto livello, mancava però qualcosa che non si limitasse a dare i piani dei porti o le infor-mazioni sugli ormeggi, i fondali e la meteorologia; tutti chiedevano un libro che andasseoltre, con informazioni e notizie sulla storia, l’aspetto, la singolarità dei vari approdi.

Piero Magnabosco

www.magnamare.com

08

Edi z

i one

I tal i a

na

DalmaziaDalmaziaIstria e MontenegroIstria e Montenegro

Karl-H. Beständig

Ag

gi o

rn

at o

Ag

gi o

rn

at o

Con 760 piani+ 46 carte

Con 760 piani+ 46 carte

2007

2007

portie

ancoraggi

portie

ancoraggi7777774° Edizione Italiana4° Edizione Italiana

Centinaia di aggiornamentiItinerari e notizie, meteo e ambiente.

Centinaia di aggiornamentiItinerari e notizie, meteo e ambiente.

Karl-H. BeständigEdizione italiana a cura

Di Silvia e Piero Magnabosco

ADRIATICO ORIENTALESlovenia - Croazia - Montenegro

ADRIATICO ORIENTALESlovenia - Croazia - Montenegro

Page 62: Mediterranea04

Dario Silvestro, Daniele Herklotz777 Porti ed AncoraggiAlbania Coste Adriatica e Ionica

Pagine 60 ■ € 20,00

Il primo e unico portolano dell’Albania, la nuova fron-tiera per il diporto in Mediterraneo. Innumerevoli an-coraggi solitari e incontaminati, coste sabbiose erocciose, paesi lontani dal turismo esasperato del-l’occidente; tutto è perfettamente descritto assiemealle indicazioni ed alle notizie necessarie per navi-gare in piena sicurezza. Il portolano è realizzato conlo stesso inconfondibile stile grafico del 777 di Dal-mazia Istria e Montenegro, in modo da essere al-trettanto pratico e utile.

Po r t o l a n i

08

Edi z

i one

I tal i a

na

DalmaziaDalmaziaIstria e MontenegroIstria e Montenegro

Karl-H. Beständig

Ag

gi o

rn

at o

Ag

gi o

rn

at o

Con 760 piani+ 46 carte

Con 760 piani+ 46 carte

2007

2007

portie

ancoraggi

portie

ancoraggi7777774° Edizione Italiana4° Edizione Italiana

Centinaia di aggiornamentiItinerari e notizie, meteo e ambiente.

Centinaia di aggiornamentiItinerari e notizie, meteo e ambiente.

Karl-H. BeständigEdizione italiana a cura

Di Silvia e Piero Magnabosco

ADRIATICO ORIENTALESlovenia - Croazia - Montenegro

ADRIATICO ORIENTALESlovenia - Croazia - Montenegro

Mariolina Rolfo - Giorgio ArdrizziPatagonia & Tierra del FuegoNautical GuidePagine 720 ■ € 65,00

Mariolina Rolfo e Giorgio Ardrizzi hanno scritto e realizzato il più completo e preciso portolanodel sud del mondo. I canali del Cile e della Terra del Fuoco, lo stretto di Magellano, la lunga costadella Patagonia, l’isola degli Stati e Capo Horn non hanno più misteri. Migliaia di ancoraggi de-scritti con accuratezza e tutti i consigli e le notizie per avventurarsi laggiù dove sono nate le piùgrandi leggende del mare e dei marinai . Il libro, di cui curiamo la distribuzione per tutto il mondo,è in lingua inglese. Ai lettori italiani viene fornito gratuitamente un CD con la traduzione deisette capitoli iniziali, delle appendici, le fotografie e l’impaginato in formato PDF.

Edizioni Magnamare

Edizioni Magnamare pubblica le edizioni italiana ed inglesedel portolano 777 di Karl-Heinz Beständig, una guidapreziosa alla navigazione in Dalmazia, Istria e Montenegro.

ISBN

978-8

8-6

200-0

99-4

ISBN

978-8

8-6

200-0

03-1

TUTTI I PORTOLANIE LE CARTE

PER NAVIGARE!

su www.magnamare.com

Page 63: Mediterranea04

Prossime uscite... www.magnamare.com

TRIESTE - FRIULI VENEZIA GIULIAN 45° 40’,5 - E 13° 45’,4

Lam(2) b 10s - 115m - 22M

FARI

D’IT

ALIA

-FA

ROD

ELLA

VITT

ORI

A

ISOLA DI MURANO - VENETON 45° 27’,1 - E 12° 21’,3Int b 6 s - 37 m - 17 M

FARID’ITALIA-MURAN

O

MALAMOCCO - VENETON 45° 20’,3 - E 12° 18’,7

Lam(3) b 12s - 25m - 16M

FARI D’ITALIAROCCHETTA

CESENATICO - EMILIA ROMAGNAN 44° 12’,3 - E 12°24’,1

Lam(2) b 6s - 18m - 15M

FARI D’ITALIACESENATICO

RIMINI - EMILIA ROMAGNAN 44° 04’,4 - E 12° 34’,5Lam(3) b 12s - 27m - 15M

FARI D’ITALIARIMINI

ANCONA - MARCHEN 43° 37’,3 - E 13° 31’,0

Lam(4) b 30s - 118m - 25M

FARI D’ITALIACOLLE CAPPUCCINI

VASTO - ABRUZZON 42° 10’,2 - E 14° 42’,9Lam b 5s - 84m - 25M

FARI

D’IT

ALIA

-PU

NTA

PEN

NA

GALLIPOLI - LECCEN 40° 02’,8 - E 17° 56’,7

Lam(2) b 10s - 45m - 11M

FARI D’ITALIAISOLA DI SANT’ANDREA

S.TA MARIA DI LEUCA - PUGLIAN 39° 47’,7 - E 18° 22’,1

Lam(3) b 15s - 102m - 25M

FARID’ITALIA-S.TAMARIADILEUCA

STRETTO DI MESSINA - CALABRIAN 38° 13’,8 - E 15° 38’,2Lam(3) r 15s - 26m - 15M

FARI D’ITALIAPUNTA PEZZO

GENOVA - LIGURIAN 44° 24’,2 - E 8° 54’,3

Lam(2) b 20s - 117m - 25M

FARI

D’IT

ALIA

-LA

NTE

RNA

LIVORNO - TOSCANAN 43° 32’,6 - E 10° 17’,8

Lam(4) b 20s - 52m - 24M

FARI

D’ITAL

IA-FA

RODIL

IVO

RNO

CAPO CIRCEO - LAZION 41° 13’,3 - E 13° 04’,1Lam b 5s - 38m - 23M

FARI D’ITALIACAPO CIRCEO

ISOLA DI CAPRI - CAMPANIAN 40° 32’,1 - E 14° 11,9Lam b 3s - 73m - 25M

FARI D’ITALIAPUNTA CARENA

CAPO TESTA - SARDEGNAN 41° 14’,6 - E 9° 08’,7Lam(3) b 12s - 67m - 17M

FARI D’ITALIACAPO TESTA

VILLASIMIUS - SARDEGNAN 39° 05’,3 - E 9° 32’,0

Lam(2) br 10s - 74m - b 11M, r 8M

FARI D’ITALIAISOLA DEI CAVOLI

CAPO SPARTIVENTO - SARDEGNAN 38° 52’,6 - E 8° 50’,7Lam(3) b 15s - 81m - 18M

FARI D’ITALIACAPO SPARTIVENTO

MESSINA - SICILIAN 38° 11’,6 - E 15° 34’,5Lam(3) b 15s - 41m - 16M

FARI D’ITALIAPUNTA SAN RAINERI

ARBATAX - SARDEGNAN 39° 55’,8 - E 9° 42’,8

Lam(2) b 10s - 165m - 26M

FARI D’ITALIACAPO BELLAVISTA

ISOLA DI SAN PIETRO - SARDEGNAN 39° 08’,8 - E 8° 13’,4

Lam(4) b 20s - 134m - 24M

FARI D’ITALIACAPO SANDALO

MOLFETTA - PUGLIAN 41° 12’,4 - E 16° 35’,7Iso b 6s - 20m - 17M

FARI

D’ITAL

IA-M

OLO

SAN

MIC

HEL

E

MONASTERACE MARINA - CALABRIAN 38° 26’,8 - E 16° 34’,7Lam(3) b 15s - 54m - 22M

FARI D’ITALIAPUNTA STILO

GORO - EMILIA ROMAGNAN 44° 47’,5 - E 12° 23’,8

Lam(2) b 10s - 22m - 10M

FARI D’ITALIAPO DI GORO

UGENTO - PUGLIAN 39° 53’,1 - E 18° 06’,8

Iso b/r 4s - 23m - b 15M - r 11M

FARI D’ITALIATORRE SAN GIOVANNI

I l v o s t r o f a r o . . .w w w . m a g n a m a r e . c o m

w w w . m a g n a m a r e . c o mw w w . m a g n a m a r e . c o m

Nome:

VAI COL VENTO!Manuale Pratico

per Giovani Marinai

EdizioniMagnamare

grilli bozzelli scotte guidone regolazione vele assetto ingavonarsi orzare strallo drizze scotte

viraredi bordo

pruapoppa

boma

alberotim

onebarra

spinnakerranda

fioccoorm

eggiopontile

sinistradritta

sottoventosopravento

strambarerisalireilventoscafobasebaluminainferiturabugnapennamurebarbettacodettaissare

ammaina

reremi

paga

iascalmi

gottazza

deriv

astrap

vang

carta

latitud

inelong

itudine

marea

alta

bassa

stan

caan

datura

Page 64: Mediterranea04