Luigi Einaudi Prediche inutili - Concludendo (1959)

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PREDICHE INUTILI di LUIGI EINAUDI Dispensa sesta CHE COSA RIMARREBBE ALLO STATO? COORDINARE UN LIDRO PER SEMINARISTI E STUDENTI LIBERISMO E LIBERALISMO O DELLA CONTINUITÀ DI STURZO CONCLUDENDO GIULIO EINAUDI EDITORE

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Il saggio che chiude " Prediche inutili" (1959) e riassume le riflessioni e le proposte di Luigi Einaudi su: rapporti tra stato e chiesa, scuola e istruzione, difesa e rapporti internazionali, problemi economici , istituzioni e sistema elettorali. Un insegnamento che conserva intatta la sua attualità

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PREDICHE INUTILIdi

LUIGI EINAUDI

Dispensa sesta

CHE COSA RIMARREBBE ALLO STATO?

COORDINARE

UN LIDRO PER SEMINARISTI E STUDENTI

LIBERISMO E LIBERALISMOO DELLA CONTINUITÀ DI STURZO

CONCLUDENDO

GIULIO EINAUDI EDITORE

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CONCLUDENDO

Scrivo le pagine che seguono facendo compiutamente astrazionedall'esistenza delle leggi, sia di quelle costituzionali come di quelleordinarie. Lo studioso, il quale vog lia esporre quella che a lui sembradover essere la cond otta da tenere nel momento presente in Italia,non ha, in Wl primo temp o, alcuna ragione di tener conto di vincolilegislativi che possono essere posti al suo pensiero. In un secondotempo egli dovrà chiedersi: è lecito operare in modo siffatto? Con­travvengo a qualche norm a, obbliga toria per me come per tuttigli altri cittadini , sancita dalla costituzione o dalle leggi ordinarie?Se non ha la preparazione necessaria per rispondere al quesito dellaliceità della soluzione da lui accarezzata, dovr à ricorre re ad uominiperiti mmateri a e richiederne l' avviso secondo scienza e coscienza.Pu ò darsi che egli abbia o presuma di avere le cognizioni necessarieper rispondere alla dom anda ; e non dovrà perciò ricorrere al con­siglio altrui. Resta ferm o il punto trattarsi di due quesit i diversi:quel cbe si crede di dover pensare o fare ragionand o esclusivamentecon la propria testa, fatta bene o fatta male che sia ; e quel che in­vece, dopo aver pensato con la propria testa, si riconosce di « poter l)

f are ove si tenga conto del comando delle leggi vigenti. Lo studiosofa seguire subito alla conclusione, che per lui parrebbe ideale, lariserva del « si pu ò fare? »; la fa seguire subito perché, essendo do­tato di un certo buon senso, sa che l' azione non è come il pensiero,il quale va dove vuole; ché essa deve muoversi entro la fìtra retedei rapporti umani, dei vincoli che gli uomini viventi in societàdebbono porre perché non si cada nel regno della giungla.

Fa d'u opo soggiungere anche che la ricerca seconda del « sipuò fare ? » è pi ùfaticosa e dubbia assai della prim a, durante la quale

si può procedere innanzi senza impacciarsi di testi scritti, di inter­prerazioni, di ermeneutica giuridica; sicché chiedo venia se, nonpotend o o non osando sobbarcarru i alla fatica, mi limi to nellepagine seguenti alla prima e pi ù libera ricerca. A questa prim ariserva debbo tosto aggiungere l'altr a, che della cond otta da tenerenel momento presen te toccherò alcuni punti soltan to ; quelli che ame semb rano oggi i pi ù import anti. In poche pagine non si puòdiscorrere dell'universo scibile né compilare una di quelle ollapo­dride in che sono segnalati i comp ilatori di programmi elettorali odi gov erno, costrett i ad interminabili filastrocche di problemi, verio immag inati, che se se ne dim entica LUlO , subito si grida : perchéavete dimenticato di l)ar1are di problema di cosi gran mom entoper la salvezza del paese?

Finalmente, per chiudere le premesse, dirò ancora che toccheròi problem i discussi secondo l'ordine della loro degni tà.

Primo, n aturalmente, il probl em a religioso. Il consiglio: i pretiin chiesa ad insegnare religione, - il che vuol dire per tal unoinsegnare ai ragazzi a recitare il catechismo ed a servire messa;far prediche edificanti dal pulpito, amministrare i sacramen ti, con­fessare, assistere e conforta re gli ammalati, - non dice tutta quellache è la missione del sacerdo te. No n mi attento neppure per unistant e ad esporre il quadro compiuto di essa, come non oserò,voltando pagina, dichiarare i limi ti della missione dell'insegnante.Di rò subito che, in regime di libertà , nessun limite è posto allapredicazione ed all'opera del sacerdote . La chiesa ed il suo sagratosono la casa dei fedeli, dove questi vivono non solo la vita dellafede, ma tutta la vita. quella dell'uomo intiero , che fra l'altro , èanche politica ed econom ica. Il sacerdote non può ignorare che isuoi fedeli vivono in una società, che essi non hanno solo doveriverso se stessi, verso il proprio perfezionam ento m orale e spiri tuale,e verso la famiglia, ossia verso la parte intima e riservata ed anchesegreta di se stessi ; e che perciò i sacerdoti non debbono limitareil loro comp ito di am mo nimento a quel che tocca l' individuo e lasua famiglia. No; il sacerdote sa che i fedeli vivono in una societàorganizzata polit icamente ed economicame nte; sa che Cristo ha

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parlato e che i vangeli hanno registrato le parole det te da lui innon pochi casi della vit a in comunità, che i dottori della chiesahanno spiegato e commentato l' insegnamento del Cr isto. Il sacer­dote ha perciò l'obbligo di parlare, di consigliare i fedeli, di ammo­nirl i sulle sanzioni spirit uali di penitenza e di scom unica nelle qualiessi necessariament e, se anche non sempre per cond anna esplicita,incorreranno violando i comandamenti del vangelo . Forseché igrandi predicatori, da san t'Agostino a sant'Ambrog io, da santa Ca­terina a san Berna rdino da Siena non parlarono a papi, ad im pera- .tor i, a re, a principi, a reggitori di città, a mercanti e ad artigiani,a religiosi ed a laici ; non presero di pet to le loro colpe, pub blichee private, non condann arono pubbli camente i loro error i, quelliteologici, quelli politici pubblici e quelli pr ivati?

Naturalmente, il sacerdote no n conosce solo la virt ù della cari tà,che è azione viva ed operosa; conosce anche il dovere della « pru­denza ». Farà come quel sacerdote insigne, onore del capitolo diSant 'Orso in Aosta, il quale, in chiesa affollatissima - ed erano pre­senti le camicie nere, pronte a prendere d' assalto il pulpito - cosiparlò : « vi è fra noi chi calpesta le leggi divine ed um ane; vi è chimette in carcere gli innocenti, vieta agli. uomini di dire la verità,toglie il pane a colui che non sia munito del " seguo " ; vi è chipersuade tu tti coloro , i quali sanno , a scrivere le sue lodi ; vi è chidistrugge la libert à del pensare, dello scrivere e del parlare ; vi èchi... »Tutti sent ivano che il sacerdo te parlava del duce ; m a, quandole camicie nere già erano sulle m osse, il sacerdo te usò prudenza:{I vi dirò io chi è colui il quale turb a ed oscura la nostra vita: coluiè l'anticristo ». Correva in quei giorni una cabala, la quale dimo­strava che nel capitolo XIII versetti da 16 a 18 delI'Apocalisse disan Giovanni, Mussolini era chiaramente indicato come ranticristo;sicché i fedeli rimasero persuasi che ranticristo designato dal sa­cerdote era l'u omo del destino.

Usare (I prudenza » è lecito e può essere doveroso. N on è dovereassoluto; ed il sacerdo te ha ragione in talune circostanze di nonessere prudente e di dire apertamente al colpevole che egli, persua colpa, non appartiene alla comunità dei fedeli ; clié tanto e nonpi ù vuol dire essere « scomunicato », Se, per non aver US2tO pru-

denza, egli incorrerà in qualche sanzione, civile o penale, previstadalle leggi dello stato, il sacerdote subirà la sanzione in silenzio.N on perciò egli sarà persuaso di non aver fatto il suo dovere; ch éqnesto gli è dichiarato e imposto dalla legge del vangelo.

N on perciò è lecito al sacerdo te scambiare le prop rie elucubr a­zioni con la parola del Cristo. Valgon o, in tutti i campi, le consi­derazioni elle in questa stessa dispensa ho esposto nel saggio Unlibro per seminaristi e studenti. Purtroppo , pann i di osservare cheanche taluni sacerdo ti, troppi tra i giovani, soggiacciono alla mod adell'essere m oderni, progressivi, epperciò del rendere omaggio agliideali del comunismo e del socialismo. Essi sen tono il dovere diport ar via ai com unisti ed ai loro accoliti socialisti i corpi e le anim edei naufraghi ; dovere che non di rado credono assolvere facendoconcorrenza all'avversario , riconoscendo non solo la bontà degliideali cosidetti nuovi, m a adottando i me desimi strumen ti di lotta,di agitazione e di politica pratica statalista e dirigista. Anche quiil dovere impone ai dirigenti dei seminari e degli istituti superioriecclesiastici di far studiare seriamen te la teoria e la storia delle dot­trine economiche ; affinché i giovani sacerdoti sappiano esam inarecriticam ente le dottrine che ai loro intellet ti freschi ed en tusiastiappaiono seducenti; e sappiano perlom eno che da altri quel chead essi apparve nuovo e prom ettente è rep utato vecchio e frusto,proprio , per quanto ha t ratto alla storia della scienza, dell'età dellapietr a; e che, ben lungi dal perfezionamento, m ateriale e spirituale,della persona umana, che è la meta del cristiano , i regimi comunisti,dirigisti e corporativisti conducono necessariamente alla miseria ma­teriale ed alla tirannia m orale.

In regimi di libertà, predicare spro positi di logica e di esperienzanon giova né sul sagrato, né in chiesa; sebbene sia augurabile nessunimpedimen to giuridico sia. posto allo spropositare. Non meravi­glino però i sacerdoti se, quando essi enunciano, come è lor pienodiritto, tesi politiche, economiche e sociali erronee, si trovino con troavversari niente affatto disposti a scambiare come verità religiosequelli che sono soltan to spropositi logiCi. Né si illudano basti adessi dichiarare che l' avversario è un «liberale » per annien tarlo.

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il « liberale » invero non esiste se non è forni to di logica; ed il ra­gionameu to non è buono o cattivo, vero o falso perché espostoda un liberale o da un democristiano o da un socialista; cbé la fal­sità o la verità vivono di vita propria indip endent e dalle etichetteattraverso le quali sono present ate o ricevute.

Ripet utamen te (vedi Scuola c libertà nella dispensa prima ; Controil monopolio c 1/0 1/ contro la scuola lfi stato nella dispensa terza) furonoqui esposte le ragioni per le quali il « liberale » non può accettareil pr incipio del m onopolio oggi dom inante in Italia nella scuola.N on parlo della istruzione elemen tare, essendo questo un tipicocaso della necessità dell'interven to dello stato per la nessuna COI1­

veniènza dei privati di fo rnire un bene, che pochissimi sono dispostia pagare in misura non inferiore al costo. Alcuni pochissimi geni torisono pronti al sacrificio necessario ; e per essi deve essere ovviamenteconsen tito l' apprendiment o privato. Il fatto è siffattamente m argi­nale, da poter essere trascurato.

Im port a invece riaffenn are che il sistema USatO in Italia, di darevalidità legale ai titoli statali di licenza nelle scuole secondarie e dilaurea in quclle universitarie, è contrario a libert à. Esso consacradi fatto il duopolio dello stato e della chiesa; ché non esistono altrifornitori di istruzione secondaria ed universitaria fuor di essi; e queipochi , i quali conducono scuole secondarie private, hann o dimen­sioni num er iche piccole e sono principalmente preparati a procac­ciare salvataggi agli immeritevoli, sicché in un regime di liber tà nonpot rebbero sopravvivere.

Ricapitolando cose dette nelle dispense prim a e terza : 1) il si­stema della validità legale ai diplomi rilasciati dallo stato riposa sulfalso; non essendo vero che il bollo statale aggiunga alcunch é alvalore del titolo, il quale dipende esclusivamente dal giudizio degliesaminatori; 2) esso consacra il m onopolio dello stato e della chiesa,i soli due enti i quali di fatto hanno ricevut o dalla legge o dai rego ­lamenti la potestà di rilasciare quei pezzi di carta che, detti diplom adi licenza e di laurea, sono richiesti per adire a conco rsi, occupareposti retribuiti da organi statali, pubblici o semipubblici, territ or ialiod istituzionali ; 3) esso crea pericolose aspetta tive di dirit to all'un -

piego da parte di colo ro , i qu ali hanno freq uentato le scuole nonper studiare, m a per essere forniti di quel tale pezzo di carta, cheè tutt' altra cosa ; 4) è una delle cause della cosidet ta disoccupazionein tellet tuale, frutto delle false aspett ative create dallo stato con lavalidità legale attribuita ai suoi pezzi di carta.

Il sistem a antinapoleonico ed ant imonopolistico lascia invecelibertà allo stato, alla chiesa ed a quanti altri vorranno cimentarsiall'ufficio dell'insegn am ento , di creare istitu ti organizzati all' uopo .I diplom i rilasciati dalle scuole di stato , da quelle private (relig ioseo secolari) abbiano il valore che l' opinione pubblica ad essi vorràat trib uire. Lo stato consacrerà alla scuola i mezzi sinora forniti edaltri maggiori, di gran lunga m aggiori, se a m ano a mano le suedisponibilità fmanziarie cresceranno . La chiesa ed i privati farannodel loro m eglio per provvedere i fondi necessari ad istituzion i chesono , per indole loro , certamen te non suscettibili di offri re un qual­siasi reddito netto e sono , alt rettanto certamente , feconde soltan todi per dite. Sono siffattarnc n te grandi le esigenze dell' insegnamen toed in particolare di qucllo universitario che i capi degli istitu tidett i sino ra statali non solo dovranno far capita le sul contributodello stato e delle tasse pagate dag li studenti; m a dovranno ricor­rere al senso civico di am mini stra tori di ent i pubblici locali, diim prese ccono in iche, di ant ichi scolari rim asti affezionati all'ateneonel quale hanno studiato . Appel li del resto non ign oraci neppureoggi, sebbene domini la conv inzione lo stato debba provvedere atut ti i bisogni della scuola.

In un regime di libertà scolastica, non solo i cont ribu ti dellostato dovranno ingiganti re ; ma gli istituti, liberi dalla pretesa diz overni e parlamenti di tenere basse le tasse scolastiche, po trann o"fissarne l' ammontare, a seconda delle proprie esigenze. La necessità difornire un insegnamento eleva to li costringerà ad aumen tare le tasse aldi sopra delle risibili tariffe odierne, sebbene sem pre e di gran 1tmga aldì sotto del costo dell' insegnamento, dei laboratori , dei gabinetti, dellebiblioteche, degli ospedali cd in generale dell'attrezza tura necessariaad un insegnament o degn o.' La scuola dovrà dai mezzi raccolti porsiin grado di concedere esenzioni e sussidi in denaro. in allogg i e invi tto agli studenti meritevoli e male provveduti di mezzi proprii .

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Perciò essa chiederà molto allo stato ed in regime di libertà ,chiederà molto e non concederà null a, nel senso che essa non con­sent irà allo stato di influire nella scelta degli insegnamenti, degliassistenti, degli assistiti di borse di studio. La me ta delIe universitàle quali seguiteranno per tradizione a dirsi di stato , perché mari­tenut e sovra tutto grazie al conco rso finanziario dello stato, è quellache sinora è stata tenacemente difesa dalle università inglesi, daquelle tradizional i di Oxford e di Cam bridge alle ben più numero se,e crescen ti di numero , provinciali : il parlamen to fissa la sommacomplessiva che lo stato . destina all'insegnamento universitario ; edella ripartizione della somma fra le università e fra i vari scopiche l~ università si propongono, dalla costruzione degli edifici al­l'acquisto dei macchinar i, dalla determinazione degli ono rari deiprofessori, dei lettori, degli assistenti, diversi da luogo a luogo eda persona a persona, alla dotazione delle bibliote che, sono arbitriim comitato elettivo di delegati delle università per quel che attieneal riparto fra di esse e i consigli accademi ci per la ripartizione interna,Nonostante le querele della Camera dei comuni, le università hannotenu to ferm o nel diniego di consentire ad un qualsiasi contro llodella tesoreria (da noi si direbbe il ministero del tesoro, con la suaragio neria genera le dello stato) e, s'intende, del mini stero dell'educa­zione, il quale non ha nessuna ingerenza nella gestione, sia scientificacom e fmanziaria , di corpi tenacemente gelosi della loro auto nomia.

Il solo pmlt o su cui i liberali possono essere dubbiosi intornoal diritt o dello stato di sussidiare le scuole private oltrecché quellemantenute prevalentemente con fondi pubblici vien fuori dallaconcezione la quale affida allo stato comp iti detti di benessere. Sisuppongano risoluti i problemi dei limiti di convenienza pubblicadelle varie ma niere di assicurazione e di assistenza sociale (e le opi­nioni che in generale possono essere dette liberali possono leggersinelle m ie Lezioni di politica sociale) e si supponga che sia accolto ilconcetto che lo stato debba consentire a tutti i me ritevo li la pos­sibilità di pr ofitt are non solo dell'insegnamento elementare, maanche di quello medio ed universitario. L'idea si dice dell'uguaglianzadei punti di partenza, tutta diversa da quella dell' uguaglianza nei

punti di arrivo od uguaglianza nelle rimunerazioni e nei guadagni.L'u guaglianza nei punti di arrivo è socialmente dannosa e tende alivellarsi verso il basso ; l'uguaglianza nei punti di partenza, offre aigiovani vo lonterosi e capaci la possibilità di sormontare gli ostacolidella nascita, della povertà, delle disavventure e discordie familiari.

Il quesito è: lo stato ha ragione di scegliere le scuole, de tte statalio dett e private, alle quali è dat o il privilegio di educare ed istrui rei giovani meritevoli di ottenere e di cont inuare a godere di unaborsa di studio? La risposta è nettamente negativa. Lo stato puòdefinir e le condizioni obbiettive di fortuna e quelle personali dipresunta at titudine dei giovani a profittare delle occasioni di studioe di m antenimento gratuito o semi-gratuito a lui offerte; ma nonpuò dire : tu pot rai godere della borsa soltanto se tu frequenteraiquesta o quella scuola, questa o quella università. L'obbligo viole­rebbe la libertà dei giovani i quali, col consenso, se min ori di età,dei loro genitori, hanno pieno diritto di scegliere l' educatore daessi preferito. L'o pinione contra ria conduce alla instaurazione diun monopolio o duopolio nel camp o della scuola, che, fra tut te le

specie monopolistiche, pare la pessima.

Se la libertà del credere (rappor ti fra lo stato e la chiesa) e delpensare (ordinamento della scuola) attengono ai pu ri valori dellospirito, la libert à del vive re indipendent i da dom inazioni straniereè parim enti un valore spirituale, e perciò il discorso della difesae dei rapporti inte rnazionali viene qui subito . Viene dopo, perchéfa d'uopo dare pur sempre un ordi.ne formale al discorrere, non

perché il prob lema sia per degnità minore.Gli italian i vogliono essere sovrani in casa propria ; ma sanno

che non è possibile vive re isolati . Noi facciamo par te di una so­cietà di sta ti sovrani , tutti legati gli uni agli altr i in mo do cosi stret toche se non ci associassimo ad altri, l'indipendenza e la libert à sareb­bero morte. Solo gli stati colossi - e se ne conoscono due soli,gli Stati uiriti e la Russia, ai quali domani potrà, m a non è ancorasicuro, diventar pari la Cina e più in là, forse anche l'India, ­possono sfidare chi volesse as'sorbirli. Gli altri stati, se non voglio noessere dominati dai colossi, debb ono giocoforza allearsi; e presto le

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alleanze, sempre precarie e deboli, non basteranno e conve rrà fede­rarsi in una un.ità superiore.

La scelta delle alleanze non è dubbia. Noi apparteniamo al tipodi civiltà occiden tale, quello di cui fanno parte !'Inghilterra, i paesiscandinavi, la Svizzera , la Germania occidenta le, la Francia, l'Austria,il Belgio, l' Olanda, gli Stati uniti ; rett i con liberi ordinamen tipolitici, fo rni ti di libertà di parola e di stam pa, rett i cioè in ma­niere che sostanzialmente, con qualche deviazione sinora no n es­senziale, posson o essere det te libere. Noi non possiam o uscire dallasocietà politi ca occidentale ed, iu concreto, dalla alleanza atlant ica,senza rinunciare alle nostre medesime ragioni di vita . Qualunqueriserva posta alla accetta zione di siffatta necessità, qu alunqu e atte­nuazione sotto color e di perseguire fini collaterali com patibili coni principii inform ator i della società occidenta le, nega l'alleanza.

Nessun vincolo, qualunque sia il regim e dal quale sono rette,pu ò essere ovviamente posto al crescere di rapporti e di transazionieconomiche, consigliati dalla convenienza, con i paesi del levante,dell'or iente, dell' Africa, dell' Asia ecc. ccc. Il rischio pu ò esserem aggiore nei paesi a regime com unistico od autoritario che neipaesi liberi ; ma tutti i rischi può convenire siano sopportati, a con­dizioni liberamente discusse. Non più in là.

I privati risparmiatori - privati sul serio, non società ed elitipubblici o scmipubblici cam uffaci da privati - possono azzardarsia compiere in vestiment i in Africa , in Asia, in Oceania, nell'Americame ridionale ed anch e, se ne sperano bene, nei poli nord e sud.I! rischio pu ò essere calcola to; e nessuno rimpiangerà perdite eprofitti degli avvent uro si.

Talun paese ad alto livello di reddito medio - nel novero figu­rano soltanto gli Stati unit i cd, a distanza, fra i non minimi !'In­ghilterra e la Germania - possono concedersi il lusso di iscriverein bilancio le somme occorrent i per pagare il ricatt o di N asser edei suoi accoliti .

Gli Stati uniti, dopo avere corretta mente rifiutato di fornire,senza alcuna garanzia ed a fondo perduto, i capitali occorrent i allacostruzione della diga di Assuan , possono decidere di tentare, nonforse di costruire dighe a van taggi o del popolo egiziano, SI di te-

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nere provvisoriamente quieto il di ttatore. N oi non possiamo com­piere un calcolo politico nemmeno lontanamente paragonabile.Q ualunque sottrazione ad opera di ent i statali o semistatali dal li­mirato nostro risparmio allo scopo di conseg uire nel vasto mon doillusori van tagg i politico-economici, sarebbe un delitto contro unpaese assetato di ogni più piccola briciola del risparmi o nuovo, che .COSI stentatamente si sta pr oducend o dagli i taliani .

Lo sta to, sinch é piatisce e non avrà rim borsate i pr estit i stranier iottenu ti in passato, ed anche dopo, non può né dire ttamente néper interposta person a far correre agli italiani alcun siflarro rischio.

In materie economiche, il comandamen to primo è quello stessoche si im pone nelle materie spirituali. COSI come l' uomo liberonon concepisce alcun limite alla predicazione della fede religiosa,salvo quelli che sono dett ati dalla convivenza deg li uomini in so­cietà; cosi come egli non può riconoscere alcun pr ivilegio allo stato,alla chiesa od a privati nell'insegn amento della verità e non rico-noscc alcun valore alle sram piglie ufficiali apposte ai certificati distudio, cosi egli non pu ò riconoscere alcun privilegio economicoa danno della uguale libertà per tutti di lavo rare, d i int raprendere,di risparm iare. Libera lismo non vuoI dire assenza di vincoli statali,di norme coattive. Dovrebbe oramai essere inutil e ripetere ancorauna volta che il « liberismo economico l), cosi come è com unementeossia volga rmente ripetuto, è un bu ffo fan toccio, che nessun eco-nom ista - non dico della catego ria pantaleonian a di coloro che« la sanno », che salmo cioè, s'in tende, la economia politica e, sa-pendola sann o di non conoscerne se non una piccola parte e pertu tto il resto conoscono la loro ign oranza, - nessun, economistadi quelli che hanno anche soltan to una certa intuizione del conte­nuto e dei limiti della disciplina da essi col tivata, ha mai fatto proprio.Il liberismo economico è una invenzione sfacciata dei socialisti, dei i,

• " . -JJ.. \ '-)..o"v- .dirigisti, degl i inte rven tisti; c il comandame n to del laissez [aire, . rov.:(.\; ~,

f!. & 'laissex passer ha un con tenuto limitato , propr io di taluni circoscritticampi dell' operare umano. Ciò fu detto, ridett o , ripetuto le infi­nit e volte, fmo alla nausea. N on giova; ché ad ogni volta sui gior­nali, in pa rlamen to, nelle adunanze e Ilei ,comizi, il solito innocente,

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ziovane o anziano o vecchio, ripete, a guisa di pappagallo, il ritor­to

nello del liberale il quale ignor a lo stato, il quale perci ò è antiquato ,supera to, supersti te di secoli defunti, ripetit ore di formule che hann ofatto il loro tempo. Il pappagallo innocente non si accorge che ilsuperato, l'antiqua to , il superstite, il ripetitore di vecchie formuleè lui, che non ha imparato quel che tutti sanno: la linea di distin­zione doversi porre non fra chi vuole e chi non vuole l'interv en todello stato nelle cose economiche; ma tra chi vuole nn certo tipodi intervent o e chi vu ole un altro tipo. Q uel che l'uom o liberonon vuole è di essere pre~o per il naso da taluni uomini, i quali,per via di elezioni od in alt re m aniere sono i padro ni della macchinastatale.e perciò da sé si definiscono « lo stato» e di vedersi insegna reda costoro, i quali certamente, in quello specifico punto, ne sannomeno di lui, in qual modo egli deve geri re la sua impresa, seminarei suoi cam pi, vendere a tale prezzo, associarsi con Caio e Semp ronioper pro durre meglio, comprare gli strumenti, le m acchine, le sernentidi cui ha bisog no in paese o, se gli conve rrebbe comprar fuori,acquista re tan to e non più , a prezzo cresciuto di tant o ecc. ecc.Coloro i qua li dicono di essere lo stato si accorgono in un certomomento che di fr uruento se ne produce troppo: 100 milioni diquintali, invece degli 85 che basterebbero e subito consigliano epretenderebbero com andare: restringete - ogg i dicono : ridimen­sionate, con parola che dice mal e lo stesso concetto - la cultu radel frum ent o; fate i buoni citta dini, ché alt rime nti lo stato (qui igovernanti scom paiono e se ne lavano le ma ni perché lo scotto lodevono pag are i con tribuenti) il quale ha già 25 m ilioni di quintalidi frumento nel gobbo, sarà costretto ad acquista rne quest'annoaltri 15 per salvare i cerealicultori dalla rovina dei prezzi bassi edil disavanzo non scomparirà pi6 e farete una ferita certa alla sani tàdella lira. Si guardano bene costo ro dal fare l'uni ca cosa che sarebbeefficace: non occuparsi del prezzo del fr umento e lasciare che questovada per la sua strada. Miserico rdia!, succedere bbe il caos: agita­zioni di cerealicultori, dimostrazioni, baccano, eiezioni andate a male.Perciò il prezzo discenda pure un po'; ma con buona gr azia, peresempio a 6200 lire. Accade, che , essendo quel prezzo indifferentea molti, i quali coltivano frum ento per m angiarselo e dare le fari-

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nette e la crusca alle bestie da allievo, e rem unera tivo per m oltialtr i, l' ann o venturo, perfezionand osi i metodi di coltivazione eriducendosi con le macchine i costi, i quintali pro do tti rimarrannoa 100 milioni o fo rse cresceranno. Se dom ani, come pu ò capitare,si prod urrà troppa uva ed i prezzi del vino caleranno, ecco i solitisopracciò vestiti dei panni del coside tto stato , insegneranno e forseordineranno di spiantar viti in pianura, dove si produce vino dibassa g radazio ne, il quale fa ribassare il prezzo del vino buo no dellecollin e; e, con qualche abbuono di im posta allo spiri to di vino,faranno pagare il vino andato a male al solito pantalone, chiam atoa sobbarcarsi a qualche imposta in sostituzio ne della minor resadell' im posta sugli spiriti .

Vale la pena di ripetere che all 'uomo amante di libertà siffattemaniere di interven to dello stato dànno gran no ia, perché inefficaci edannose ai cercaliculto ri cd ai viticultori ; e che costui predilige altraspecie di intervent o dello stato, più indire tta, più difficile, ma pi6efficace. L'u om o libero vuole che lo stato intervenga , COSI come sonosempre intervenuti i legislator i sagg i di tutti i tempi e di tu tti i paesi.Fo rsech é i codici del diritto privato non dànno da m illenni norme

alle quali i cittadini si devono attenere nelle loro transazioni civili ecomme rciali , nella lo ro vita familiare (matrimoni, paternità, filia­zione e relativi doveri)? Lo stato interviene per fissare le norme dicornice entro le quali le azioni degli nomini possono liberamentemu oversi ; no n ordina come gli uomini debbono com portarsi nellaloro condotta quotidiana.

Per non parlare solo sulle generali, si assuma il caso dei mono poli.Se accada che un gruppo di pro dutto ri d ivent i padr one del mer­cato e fissi prezzi diversi e maggiori di quelli che sarebbero di con­correnza, l'uomo dirigista subito gioisce e pensa che la via buonasia quella di trasformare il monopolio pr ivato in pubblico o semi­pubblico o, se lasciato ai privati, in qualche modo regolato odisciplinato dallo stato. Per cominciare, va benissimo il «disci­plinato »; ché altr imenti si cade dalla liber tà vera nella licenza, nel­l' anar chia, nel disordiue della concorrenza. Cosi nascono in Italiale varie discipline che regolano gli Zolfi, la car ta da giornali, gli

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zolfanelli, il riso, il frum ento, la canapa, ecc. ecc. I prezzi non sa­ranno pi ù fissati da monopolisti privati a loro piacimento, condirit to di taglia sui consuma tori. Pro vvederà LITI comitato di tecnici,di uom ini scelti da un a pubbli ca aut orità per le lor o qualità di periziae di imp arzialit à; e fat ti i conti dei costi di produzione, il comitatofisserà prezzi " equi » per tutti : produttori, consuma tori e spettatori.Va a finire che, n OI1 si sa come, se i prezzi non sono calcolati bene,nascono perd ite che, natur almente, sono accollate allo stato . Nonfa sempre d'u opo che le perd ite siano visibili ; clié i conti delle im­prese collega te in gru ppi statali si confondono; ed i guadagni del­l'una compensano le perdite dell'alt ra ; ovvero lo sta to non ricevei redditi che sarebbero suoi e questi sono devoluti alle urgenze diinvestimenti, che paiono ot tenuti senza sacrificio del tesoro ; ma iltesoro non aveva ricev uto quel che altr imenti gli sarebbe spettato .

L'uomo libero o liberale non pensa che la sostituzione del mono­polio pubblico a quello priv ato sia un bel m odo di ri solvere il pro­blem a vero , che è quello dci cancellare o ridurre la forza del mo­nopolio ; c, convinto della difficoltà di « risolvere » un problem ache da millenni torm ent a i legislatori , 110n trova malvagia l' ideadi affrontarlo sotto specie diverse, a pezzi e bocconi .

E chiede : non sarebbe opport uno prima Cl conoscere » quel pro­blem a che si vu ol risolvere? D i qui la richiesta di fare obbligo allesocietà ano nime per azioni, in accomand ita, cooperati ve, agli entieconomici, privati o pubblici, statali e parastatali di includere neiloro bilanci e rendicont i contabili, o qualsiasi sia la denominazionedei documenti , dati siffatti da rendere possibile a chiunque lo desideri ,farsi un' opinione abbastanza esatta degli affari della società od entee dei loro rappor ti con altre società od enti, conio stato, con i clienti,con i consuma tor i. L'elenco dei dati di cui dovrebbe essere obbli­gatorio dar pubblica not izia probabilmente varia da industria adindu stria, da banca a banca, da un tipo all'altro di veste giuridicaassumo dall'en te ecc. Se non ricordo m ale, l'amic o Tremelloni ,in queste cose diligentissimo, deve essere riuscito a bandire unconcorso per modelli chiaramen te informativi di bilanci di società;e la formulazione di nonne legislative dovr ebbe giova rsi degl i

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studi all' uopo condo tti in Italia e fuori . Ta lune noti zie non dovreb­bero mai far difetto :

- elenco dei titoli, azion i, obbligazioni di qualunque specieposseduti dall 'ente all'inizio ed alla fine dell'anno ; con la indica­zione, alle date prescritte, del numero, del prezzo. di acquisto, delvalore nominale, del valore di inventario, del prezzo di realizzodi ogni singolo titolo ;

- l'elenco delle partecipazioni ad ogni altro en te economico ,con la indi cazione del tipo della par tecipazione, della som ma inve­stita, di quell a di invent ario ecc. ecc.;

- l'indicazione all'attivo , delle som me investite oriz inaria-b

mente, alle date relative, in terreni, fabbricati, impianti fissi, mac-chinari, utensili e di quanto appartiene al capitale imm obili zzatonell' im presa;

- la indicazione al passivo degli am mo rtamenti eseg uiti neisuccessivi ann i sulle part ite diverse dell' attivo ; cosicché sia possibilecalcolare il valore residuo di inven tario al principio c alla fme del­l'anno in corso;

- la indicazione delle posizion i credito rie e debitori e del­l'ent e verso ogni altro ente C011 cui esso intr attenga rapporti di affari;

- la com pilazione di un bilancio consolidato al nom e del­l' en te capo gruppo; cosicché sia chiara la situazione d' insieme del­l' ent e capo gruppo e di tutte le società ed en ti che sono a qnelloaffùiati o da esso. dipendent i.

Qui non finiscono le not izie delle quali si può richiedere ragio­nevolm ent e pubblica comunicazione, Esistono oramai uom ini peritied enti specializzati atti a com pilare. distintamente per ogni tipodi impresa, uno schema di disegno di legge, siffattamence parti co­lareggiato da non consentire alcuna via di sfugg ire all'occ hio del­l'indagatore deciso a conoscere.

A che pro' tut to ciò in punto di lotta contro i m onopoli? Com esi può farne a men o, se davvero non si vuoi com battere contro imulini a vento? Da millenni, dal diritto rom ano a quello medi oevalesi scrivo no nelle leggi anatemi contro i m onopoli, contro gli ac­caparra tori della terra, del frum ento, del pane, del vino; e tut ti

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gli scolari del gilmasio sanno che nel ducato di Milano i governa torispagnuoli avevano l'abitudine di ripetere minacce terr ibili di galerae di impiccagione, previo squartamen to, ai colpevoli di SI abbo­minevoli delitti . Gli scolari sanno anche che le minacce avevanoil solo risultato di crescere la mole del gridario di manzoniana me­moria e nulla pi ù, Se oggi negli Stati unit i le norme an timonopo­listiche della legge Shen nan sono meglio applicate delle gridaspagnuole, ciò è dovuto in notabile parte alle istruttorie diligen­tissime ed alle procedur e giudiziarie che possono essere condo ttesul fondamento delle notizie che società ed enti devono appron taree comunicare in vir tù di leggi federali e statali, di regolamenti diborsa e di istruzioni delle commissioni sul commercio interstatalee del consiglio della riserva federalc. Se monopoli od oligopolisono vietati dalla legge e la violazione del divieto è punibile, ilgiudice deve poter conoscere il fatto per applicare le sanzioni; chéaltrimenti si cadrebbe nell'arbitrio amministrativo .

Oltrecclié conoscere il reato, il giudice non deve trovarsi dinnanzial fatto, che sarebbe vietato, ma non può essere punito perché ilfatto è stato vo luto dal legislatore. La seconda m aniera di combat­tere il monopolio è dunque di « non crearlo ». Immagino che, se rin­vangassi cose mie scritte in passato, potrei affermare che da oltremezzo secolo ripeto vanamente la stessa solfa: che il più dei mo­nopoli o monopoloidi o polipoli ecc. ecc. sono di voluta creazionedirett a ed indiret ta del legislatore; e che se non si vuole l'effetto(monopolio) non si deve -volere la causa (la legge). Essere meraipocrisia invocare e fabbricare grida contro i monopolisti, quandoessi sono stati espressamente volu ti dal legislatore. I viticultoristrillano contro il caro prezzo dello zolfo? Perché non ricordanoche la legge, creando il sindacato obbligatorio dello zolfo, vieta aiconsuma tori di rifornirsi nella Luisiana e nel Texas, dove pare lozolfo venga su, con poca spesa, da sottote rra quasi da sé bell'e liquido,semplicemente soffiandovi dentro acqua bollente? Il mo nopolioobbligatorio dello zolfo si spiega con il desiderio di non lasciarchiudere le miniere e privare di lavoro qualche m igliaio di minatorisiciliani . La spiegazione sarà buona o cattiva; ma chiarisce l' ipocrisia

del gridare con tro il monopolio dello zolfo, che fu volutarnentecreato dallo stato.

La necessità di venire in aiuto ai miseri non spiega il mo nopoliodel metano (e, per quel che si cerca e trova, del petrolio) concessoad una filiale dell'ENI per la valle padana. Il metano non si produ cein perdita, come lo zolfo , anzi il prezzo pare lasci - e lasci corre t­tamente al pnnto di vista economico - un amp lissimo margineal produ ttore. Chi invo casse sanzioni contro il mo nopolista perde­rebbe il tem po, perché e fmché il monopolio è scritto nella leggeistituti va dell'ente nazionale idrocarbu ri (ENI).

Per lo pi ù, la volont à del legislatore creatrice di m onopoli nonè COSI chiara come per lo zolfo siciliano e per il me tano della valpadana ; tuttavia, nonostante la via traversa prescelta, sulla volontànon v'ha dubbio. Se le vetture automo bili e gli autocarri sonocolpit i da dazi stravagantemen te alti in confronto alla media altezzadei dazi italiani ; se, nonostante le cosidette liberalizzazioni, i per­messi di importazione di vetture estere e di impianto di succursali difabbriche concorrenti straniere sono concessi con parsimonia; e se, perconseguenza, i prezzi interni italiani sono , a parità di prodotto, pitl altidi quelli esteri e perciò sono inficiati di monopolismo, a che pro 'farne la colpa al monopolista o ai polimonopolisti? La responsabilità ètutta di chi volle la quasi chiusura del mercato nazionale, ossia dellegislatore ; sicché bastò l' avvi cinarsi della riduzione del 10 per centosui dazi e del 20 per cento dei contingenti a causa della prossimaen tra ta UI vigo re del mercato comune, perché fossero annunciateridu zioni apprezzabili di prezzo di tutto ciò che è automo bile.

Fin qui , la lott a contro i mo nopoli è un mero pro blema di vo­lontà di chi fa le leggi. Conoscere nOI1 è certamente cosa facile ;ma se la legge prescrive che società ed enti debbano scrivere neiloro bilanci tali e tali 'altre notizie precise, e sifìatte notizie non sonopalesate al pubb lico, la violazione del com ando non è soggetta adubbio. Il funzionario del servizio com petente - e sarebbe bellecostui appartenesse al m inistero il quale provvede alla preparazioneed all'osservanza delle leggi, e cioè il ministero della giustizia - non

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potrebbe tardare a denunciare il fat to alla procura della repubblicae questo ad iniziare procedura dinn anzi alle corti giudiziarie.

Parimenti, per quanto tocca la seconda maniera di lotta con tro

i m onopoli, che è la non creazione, la difficoltà sta nel con trastofra Le velleità dei politici e la loro volontà. La vellei tà generica dilot tare contro i m onop oli ci sarebbe ; manca la volon tà di resistere

alle p ressioni degli in teressati, i qu ali vog liono la conservazionedelle nonne favorevoli ai monopoli privati presenti e fu tur i.

Vane S01l0 le declamazioni . Se non si è decisi a ridurre sul serio

i dazi doganali esisten ti, se non si vo gliono abo lire del tutto i con­tingenti ed i vincol i alle importazioni, in virtù e al di là del mer catoco m une ; se le ridu zioni e le abolizioni 110 11 sono estese automa ti­

came n te dall'area dell'OECE ag li Stati uniti, ai paesi facenti partedcll' area del dollar o, della sterlina, ecc. ecc. ; se ad ogni momen to

si creano o si tenta di creare nu ovi vincol i e nuovi privilegi , ad esem piol' allungamento del tem po di vita dei breve tti industriali; se nonsi cessa di istituire og ni giorno nuovi enti privilegia ti in cose eco­

nomiche e non si aboliscono sul serio quelli esisten ti, le affermazioniscrit te nei programmi di questo o quel par tito di essere decisi apartire in g uerra con tro i m onop oli , sono m ere ipocrisie sfacciata­mente consapevoli di essere tali .

Dovrebber o essere pr onti a passa::e dalla velleità alla volon tàdi lot ta i com me rcianti ed i lor o dipendenti , interessati in modochiarissimo alla libertà del co m me rcio ed alla abolizione dei vincolial m ovimento delle cose e delle persone. Ahim è! ché il solo buon

ten tativo (purtroppo già m andato a picco dal parlamento) compiutodal governo attuale di fare un passo sulla via della abolizione deim onop oli, che fu la abo lizione del privilegio dei Co m uni di istituire

mercati generali, fu accolto assai tiepidamente dal ceto commerciale.

La grandissima m aggior anza dei commercianti, ossia venditori alminu to, vide, nella abolizione del privilegio dei grossisti anni dati,in vir tù delia scarsità delle licenze distribuite nei mercati generali

dai com uni, il peri colo della abolizione altresi del sistem a dellelicenze per l' esercizio del com mercio al m inuto. Sinclié la confe­

derazione del comme rcio, e le analog he or ganizzazioni di colo ro

che trasp ortano e vendono al pubblico, difender anno il metodo

delle licenze commerciali, vano è sperare che da quella parte possapartire, com e pur sarebbe nel suo evidente interesse, una campagnaper l' abolizione dei m onopoli.

Per quant'è all'agricol tura ed all' industri a, è più eviden te l'ipo­

crisia dei datori di lavoro o quella dei lavoratori? Ho l'impressioneche in Italia il problema non sia chiaramente veduto . Alt rove, nei

paesi anglosassoni e sovratutto in Inghilter ra, la responsabilità del­l'aumento del costo della vi ta, il che pare sia sino nim o del deprez­

zam ento della unità monetari a, è di giorno in giorno vieppi ù ac­collata alla poli tica delle organizzazioni operaie . Sino agli ultimimesi, i ceti politici, conservator i e laburisti, parevano rassegnati

alle richieste periodiche di aumenti di salari e di stipendi propor­zionati all'incirca all' aumen to del costo della vit a; e poiché l'aumen to

medesimo non ha un rapporto necessario con l' aumento nella pr o­du ttività netta del fattore lav oro, accadeva di fa tto che se quella pro­

duttivi tà aumen tava ogni anno, ad ipot esi, del 3 per cento e il costodelia vita invece del 5 per cento, il rialzo dei salari nella misura

del 5 per cent o vo leva nece ssariamen te dire spin ta all' inflazionesino al valore delia differenza fra 5 e 3 per cen to . Di qui l' aume ntoprogressivo del costo dell a vita ed in genere dei prezzi al m inuto ,

che sono quell i che con tano, del 2 per cent o circa ad ann o. N elsecondo semestre del 1958 il governo per le imprese nazionalizzate

e gli imprendi tori priva ti per le imprese libere hanno com inciatoa puntare i piedi. Studiosi e politi ci hanno indi cata, nella azione

delle leghe operaie di chiedere reg olarmente rial zi di salario al dilà del lim ite delia crescinta produttività del lavoro , la causa, se nonunic a, fondamentale dell'inflazione, ossia della degrad azione pro­

gressiva dell'unità monetar ia. Qua e là si ebbe qualche decisionefavorevole alla tesi sensa ta che alle variazioni all'insé dei salari do­vesse porsi il lim ite di una equivalen te variazi one della produttività

del lav or o; e nei ' congressi annui, sia delie rrade-unions (sindacatidei lavor atori) sia del par tito laburista, voci vigorose si fecero sentireper richiamare alla ragione ed al buon senso gli uomini responsabili

delia poli tica economica di parte operaia.

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In Italia, il pro blema non è chiara m ente né vedu to né agitato.Il principio della scala mobile fa credere che il problem a delle va­riazioni dci salario sia razionalmente risolnt o ; ladd ove invece,essendo il principio in cont rasto con la realtà, ché i salari varianoin funzione di m olteplici fattori (pro dut tività del lavoro , variazionidella tecuica, variazioni dei gusti dei consuma tori , della dom and ae della offerta del lavo ro, scadenze delle variazioni) , la scala mo bilela quale li varia in funzione del costo della vita è un grossolano er­rore, il quale conduce drit ti dri tti alla svalutazione monetaria. Lasilenziosa connivenza fra datori di lavoro e lavoratori a danno dellacosa pubblica è aggravata dall' adozione dell 'al tro prin cipio, detto« sociale », dello stato il quale «deve dare il buon esem pio ». Di quilo sganciamento delle im prese econom iche statali, parastatali, pub­bliche e sem ipub bliche dalle confederazioni dei datori detti pr ivatidi lavor o ; di qui la costit uzione del ministero delle parte cipazionistata li, il cui compito pr incipale pare sia stato quello, non impre­veduto (vedi L'andazzo è agli sganciamenti, in dispensa seconda) diimpedire ai disgraziati dirigenti delle imprese pnb bliche di ada ttareil numero dei loro dipendent i alle esigenze tecniche ed econo michedella impresa; cosicché, costrette a conservare anche quelli inu tili,le imprese debb ono rin unciare a guadagnare, ridurre gli amm orta­men ti e veder diminuire a poco a poco il capitale realment e esi­stente; finché il solito tesor o, ovverosia pantalone, sia chiamato asaldare il conto . Nel clima cosidctto sociale, che è in sostanza clim adi distruzione del fru tto del progr esso tecnico ed econom ico, comesi pu ò sperare di ot tenere qualcosa seg uendo la seconda m aniera dilotta con tro i m onopoli, che è la loro non-creazione? Gran mercèse non sarà agg ravata la situazione attuale; e se, nonostan te le regoledel m ercato comune, non si inventerann o congegni atti a consenti reai datori di lavoro, costrett i dalla concorrenza delle im prese pubbliche,a trovar m odo di farsi r imb orsare dallo stato il «buon esem pio »,

che anch' essi dovrann o dare in m ateria di « relazioni sociali ».

D opodiché, aug uro appro di a qualcosa la terza m aniera di lot­tare cont ro i mo no poli, che è di emanare norm e giuridiche atte adefinirli ed a limi tarne o proibirne l' azione even tuale contro l'iu te-

resse pubblico ; che è la maniera piti difficile ad attuarsi, quella incui l'Inghilterra mu ove ora i primi passi; quell a nella quale negliStati uniti un modesto grado di successo ha potuto arr idere ai fun­zionar i del dipar timento di giustizia ed alle cor ti giudiziarie peril numero rela tivame nte scarso di mon opoli effettivamente pericolosi

, esistenti in quel paese. Scarsi perché le dimensioni del me rca to sonosiffattam ente ampie che i m onopolisti nou ,riescono , nonostante idazi, a sopprime re del tutto la concorrenza; né i margini di lucromonopolistico possono essere allargati tropp o, senza pro vocarel'entrata sul mercato di nu ovi concorren ti. Sinché in Italia lo statocon tinuerà ad essere il ma ggiore tr a i m onopolisti ed a mantenerein vigore i vincoli che sono il terr eno fecondo da cui traggonomassimam ente alimen to i m on opoli privati, le leggi anti-m onopo­listiche rim arranno scritte e non attua te. Forse, se una leg ge severaim ponesse precise norme sulla pubblicità dei bilanci e conti, riusci­remmo a conoscere qualcosa delle gesta dei monop olisti, che sarebberisultato meravi glioso, e forse il solo che io possa avere la speranza,

se la vita mi durerà, di vedere.

Le cose det te dianzi spiega no il limite entro il quale la difesadella unità m onetaria, della lira italiana, è riuscita c riuscirà .

Sinch é il governo dell'istituto di em issione rim arrà nelle m aniat tuali - e sono m ani fatte di dura fermezza, di perizia e di tatto ­la lira sarà certo serbata alla pari di ogni alt ra pi ù ferma m onetaesistente al mondo , a cagion d'esempi o, del franco svizzero o del

dollaro americano .È vano tuttav ia sperare che un qualunque istituto di enris­

sione possa difendere né la lira, né il franco svizzero, né il dollaro,né la sterlina al di là del PWltO consen tito dalla volon tà degli uomini

oggi viventi nel m ondo civile.D op o il 1914 a poco a poco gli uomini si sono dimenti cati che

la difesa della uni tà m onetaria era un tempo poggiata sulla volontàdi dio, ed hann o preferito poggiarl a sulla vo lon tà del principe.La « vo lontà di dio ) in m ateria m onetaria ha sem pre avuto un si­gnificato convenzionale ed era la «volontà del caso» , quel caso che,dopo la rovina del mo ndo romano , per un m illennio rende rari i

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ritrovamenti dei metalli preziosi; che li cresce improvvisamente,all' incirca dopo il 1550, per la scoperta dei tesori e delle minieredi oro e di argento del Messico e del Per ù: che tace nuova­mente per qualche secolo e poi manda venturicri a cercare e trovareoro in California ed in Australia verso il 1850; che, dopo un pro­lungato silenzio, annuncia qualche effimero ritrovamento nei desertighiacciati dell' Alaska e giacimenti amplissimi e duratur i nel Tra nsvaal,ed ora, dicesi, in Siberia. La volontà di dio ovverosia del caso eraper ferm o instabile e capricciosa; sicché gli uomini, inqnieti pervariazioni della potenza di acquisto dell'oro, le quali giunsero intempi brevi anche al 10"'-20 per cento e in periodi secolari ancheal 100 per cento, dissero che l' unità oro era instabile e perciò cagionedi soyvertime nto sociale. Economisti andarono alla cerca di qualcheunità piu tranquilla dell'oro. Si pensò che il « principe », che vuoldire il ceto dirigente monetario, formato di uomini sapienti edimparzi ali, scelti per le loro attitudini tecniche e sottratti ad ognipressione di parte, avrebbe saputo governare la moneta, in guisache l'unità di essa, lira italiana, franco svizzero, dollaro, lira sterlina ,conservasse di anno in anno invariata capacità di acquisto di benie di servizi. Era manifesta in principio del secolo la preferenza degliuomini per le lire, i franchi, i dollari che non ingrossassero e nondiminuissero. A prezzi in media costanti noi, rinunciando, dissero,al vantaggio dei prezzi ribassati ed evitando il darm o dei prezzicrescenti, godremo , a prezzi costanti, dei risultati del pro gressotecnico-economico. Rimanend o i prezzi costanti in media - unamedia fatta di alcuni beni divenuti pi ù rari e costosi e di moltissimiprodotti a costi grandemente scema ti grazie alla nuova tecnica ­noi godremo gli effe tti della abbondanza crescente di beni e servizi.Se la media dei prezzi avesse tendenza a diminuire lentamente, gliuomini godrebbero i van taggi com binati di prezzi minori e diprodotti più abbondanti. Se, per serbare ai produttori un umoreottimista, fecond o di spinte ad investimenti, a invenzioni ed a ini­ziative, il (l principe » operasse in modo che il livello generale deiprezzi e dei servizi continuamente e tenuissimam ente aumentassein temp o lungo, l'aumento dei prezzi dovrebbe superare quellodella produttività per un margine cosi minuto da potersi dire evi-

taro ogni pericolo di inflazione ; ed anche un raddoppi o dei prezzi inun secolo, pur producendo qualche buon effetto di ilarità, sfug­girebbe persino alla ordinaria capacità di misurazione degli uornuu.

Ahim èl l'e sperienza del tempo corso dopo il 1914 ha dim ostratoquanto più imprevedibili e pericolosi siano gli effetti monetaridella volontà del (C principe » in confronto a quelli determinati dallavolontà di dio. Scoperta dell' America, galeoni spagnoli che tra­sportano in Europa oro e argento, assalto ai filoni auriferi dellaCalifornia e dell'Australia e poi dell'Alaska e del Transvaal fann oSI variare nei secoli la potenza d'acquisto dell' unità monetaria ar­gentea ed aurea. Ai nostri occlù quelle di un temp o paiono. o~gj

increspature imp ercett ibili in un mar e che i contempo ranei g1U~

dicavano temp estoso : tra il 1870 ed il 1909 il livello dei prezzIall' ingrosso in Italia scese da 115 nel 1870-79 a 91 nel 1890-99 erisali a 100 nel 1900-908. L'unità m onetaria aurea è certamentepazza; perché neSSWIO può prevedere le sorprese ,che le vis~er~

della terra preparano rispetto alla produzi one dell oro e quindirispetto alle variazioni della potenza d'acquisto della unità mone­taria aurea ; ma in pass;) to accadde che i capricci dell'oro riusci­rono a far variare - e bisognarono le decine di anni all'uopo ­il costo della vi ta del 10-20 per cento all' insù o del 10-20 per centoall'ingiù. Qu ando lo scudo od il marengo dei nostri padri perdev~

il 20 per cento del suo valore l, pareva il finimondo. Nessuno SI

stupì dopo il 191 4 quando si vide il pezzo di carta denominatodollaro perdere i due terzi del suo valore (per brevità indico con laparola « valore » la capacità del pezzo di carta denominato (l un dol­laro » ad acquistare merci o servizi), quella detta « lira sterlina » itre quarti circa ; la lira italiana ridursi all'ingrosso ad una trecente-

l Discorr endo del passato, suppongo si considerino soltanto le variazion i ~ov~ teal caso, ossia alle variaz ioni della p roduzione dei metalJ ~ pre~ ios i ~volontà di dIO),facendo astrazione dalle variazioni che, diversamente nel van paeSI, possono essereattribuite all' intervento che anche allora talvolta si verificava (caratteristica la espe­rienza di j ohn Law in 'Francia durante la regg~a) .d~a volo? tl de~ principe. Sullevariazioni italiane della unità moneta ria, veggasl Ora Il piccolo libro di C ARLO M. CI­POLLA, L e avv enture della lira (Edizioni di Co munità , Milano 195~) , piccolo e~anreo , nel quale sono chiarite le vicende della Iira, ?a ~arlo~agno al no~tn tempI,da uno studioso che nel tempo stesso signoreggla le lonll c crrncamente le mte rpreta.

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sim a parte di quel che era ; il fiorino austr iaco a non si sa quanto,forse una m ilionesim a parte, il marco tedesco a nulla. Quel mostrodi stab ilità che ha nome di franco svizzero non sfugge alla sortecom une di ridursi all' incirca ad un terzo di quel che era in pr in-cipio del secolo. La volontà del principe si rivela assai più pazza diqualunque pi ù estrosa vo lontà di dio, manifestantesi sotto le spogliedella pazzia aurea. Il « principe », ossia il gruppo o ceto governantepolitico , fa O subisce le guerre e le rivoluzioni; stampa ieri cartaper sostenere le guerre e domare o sostenere le rivoluzioni; stampaoggi carta per fare una. politica che si dice sociale o del benessere,ed ha come contenuto il fare il passo più lun go della gam ba e cioèspendere di più di quel che annualmente si pr oduce, aumentaresalari , stipendi e profitti in misura superiore a quel che di netto iconsorti pr oducono. Gran vanto - e giusto vanto - pu ò menarequel « principe » il quale non si discosta dal saggio di svalutazione.{ t..,.: \>(..:'. e. monetaria mediam ente invalso uel mondo civile. Quel «principe ,>

~t{V il quale, essendo il saggio medio annuo di svalutazione del 3 percento, si tiene in Italia alquanto al di sotto di quel livello, è unportento; e fa d' uopo il paese se lo tenga carissimo.

La confusione delle lingue è giunta a tal punto, che si crede diparlare sul serio di stabilità della m oneta, paragonando le variazionidi una di esse con altri pezzi di carta, che sono tutti con vertibiliin nient'altr o che in se stessi e rip osano tutti sullo stesso fondamento,della volon tà del principe di mantenere intatto il valore della m oneta .Il para gone della lira italian a con il dollar o degli Stati uniti , con ilfranco svizzero, con la lira sterl i.na, con il marco tedesco, con ilfranc o belga è Wl para gone con enti immaginari o di opinione ela stabilità dei lo ro saggi recip roci di conversione l'uno nell'altrovale in funzione dell' apprezzamento della volontà dei relativi « prin­cipi» o ceti dirigeut i politici, le cui mutazioni sono imprevedibili.

N eppure vale il paragone con la uni tà m onetaria tipica, conl' oro; ché oggi nessuno sa quale sia la potenza d'acqui sto dell'oro.Oggi il rapporto fia l'oro ed il dollaro e quindi con tutti gli altripezzi di carta, i quali si tengono alla pari col dollaro, è di 35 dollariper ogni oncia d' oro. Se tuttavia dom ani il « principe ) decidessenegli Stati. uniti di aumentare il rapporto da 35 a 70 ovvero ridurlo

a 20 dollari per oncia, quello diventerebbe il valore in oro del dollar o.Sinché la Banca di riserva federale degli Stati uniti acquista o vendedoll ari dalle o alle altre ban che centrali di emissione a 35 dollariper oncia, questo e non altro è il prezzo dell' oro : non può ribassaresotto 35 perché a quel prezzo la banca d' emissione americana acqui staoro ; non può rialzare perché a quel prezzo la ban ca vende. Allastessa stregua per ché il prezzo non dovrebbe essere 70 o 50 o 30 o 10o quel qualunque prezzo il principe decidesse di fissare? Per ragionidiverse - delle quali due sono conosciute : il timore di dare l'avvioa qualche irrazi onale e perciò imprevedibile terrem oto nei prezzied il pr oposito dell' amministrazione negli Stati uniti di non fareun regalo gratuito alla Russia, alla quale si at tribuiscono quantitànon precisabili di oro da vendere, coll'aequistare il suo oro ad unprezzo superiore a 35 doll ari per oncia - non è prevedibile il rap­

porto 35 ad 1 possa mutare.L'uom o am ante di libertà, posto nel m ondo di matti ora de­

scritto, nel quale tutti discut ono sul valore della m oneta, senzasapere altro se non che l'unità monetaria anche aure a, ogg i è arbi­tr ariamente fissata da una vo lontà inconoscibile e imprevedibile diuno fra i tanti « prin cipi », la cui sentenza è decisiva, può augura re,con scarsissima fiducia nell' avverame n to dell'augurio, che i principisappiano abdicare alla loro vo lontà e si sottomettano di nuovo allavolontà di dio, ossia alle mattie dell 'oro , che sono si m attie , m adi gran lunga meno imprevedibili e meno pericolose di quelle propriedei ceti. governanti. Ritorno all'oro vuol dire rinuncia a valutared'impero, per atto di legislatori e per fatt o di governanti, prezzi dibeni e di servi gi; vu ol dire rinuncia a fabbricar pezzi di carta,detti unità monetaria, a libito dei reggi tori degli stati; vuol direrinuncia a spendere i denari dei contribuent i altr imenti che pro­cacciandoseli con imp oste e con prestiti volontari; vuo] dire resti­tuzione dei bilanci a sani tà per il dinie go posto ai governanti dim anipolare im poste e spese surret tiziamente mercè variazioni nel­l'unità monetaria cartacea. La difesa della lira non vuol dire con­servare invariato il rapporto della lira con la m igliore tra le monetecosidette ({ forti », A ciò bastano in ogni paese i governatori degliistituti di emissione, decisi ad andarsene, dichiarandone pubblicamente

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Page 14: Luigi Einaudi Prediche inutili - Concludendo (1959)

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il mo tivo, se ad essi pervenga da governanti ordine scritto - chégli ordini verbali non contano - di far cosa contraria al manteni­mento di quel rapporto. La difesa della lira per i liberali vuol direqualcosa di più: vuol dire lott a intesa a sottrarre allo stato ed aisuoi reggi tori il potere di avere una volontà in ma teria monetaria.Volontà del principe vuo] dire tirannia, vuol dire oppressione deicittadini, vuo] dire tutt o ciò che i liberali debbono negare.

Poiché discorro in questa medesiln'a dispensa del problema delleautonomie regionali, ricordo soltanto la conclusione: le autonomiesono polit icamente educative ed economicamente feconde se icittadini delle regioni sono pronti a pagare essi il costo con imposteall'uo po nuovamente istituite, chiedendo allo stato unicamente diconcorrere a coprire spese straordinarie ben definite di investimento ;ed intendo per « investimento >l, oltre a quelli compiuti a scopo eco­nomicamente redditizio, anche quelli il cui frutto sia immateriale,come l'edificio scolastico e la sua attrezzatura, od a bmghissimascadenza, come il rimb oschimento e le bonifiche. Un a: regione, laquale ricorra: allo stato per sopperire alle spese di amministrazioneod a quelle correnti dei suoi compiti proprii, dichiara da se mede­sima la sua natura parassitaria e corru ttrice.

Ho dichiarato troppe volte di essere fautore del collegio uni­nom iuale per poter tacere in proposito. L'ufficio dei parlamenti nonè quello di consentire alle correnti e tendenze ideologiche di farsiconoscere. Bastano all'uopo le società di dibattito, i giornali, leriviste settimanali o periodiche, i comizi, le conferenze. l parlamentisono creati per scegliere le vie dell'azione politica interna e interna­zionale, per esaminare i bilanci e i conti delle spese e delle imposte,per discutere e deliberare su disegni di legge, per esprimere dalpro prio seno i govenu. Importa a ciò non l'u nanimità, propria deipaesi a regime tirannico ; si una maggioranza. li sistema della rap­presentazione proporzionale, favorendo il moltiplicarsi di piccoligruppi, contrasta con la esigenza fondamentale di vita dello statoed è perciò dannabile. Esso è altresì conteunenda perché riducea mera apparenza il dogma della sovranità popolare. Il dogma non

ha alcuna virt ùassiomatica, non poggia sull'evidenza della sua verità,non è suffragato da alcuna dim ostrazione razionale. È un mito, ilquale non ha in sé alcuna vir tù maggiore di quelli che in pass~to

furon o suoi concorrenti : la grazia di dio, il privilegio della nascit a,

il diritto di conquista, il plebiscito ed altri che a loro tempo servironoabbastanza bene alla bisogna ed ebbero il consenso dei popoli.Il dogma della sovranità popolare ha sostituito gli altri, perch~nessuno può dim ostrare che, venuto meno il consenso ad altridogmi , ad esso sia possibile sostituire dogma migliore. Quandoapparve chiaro che il metodo di rom pere le teste o di ridurle al si­lenzio con 1'olio di ricino o con la tortura ed il carcere o la mortenon era accettabile, il consenso generale si fece a pro' del metodo

di far votare le teste invece di spaccarle.

Il metodo di far votare le teste, che dicesi della sovranità popolare,va contro ad una grossa difficoltà ed è che se le teste non si mettonod'accordo prima, il voto è una farsa; e ciascuno votando a capriccioper se stesso, per il parente, per l' amico, per il compagno di lavoro,i voti necessariamente si disperdono ed il vero elettore è il caso

fortu ito.Il metodo del caso fortuito, che può dirsi anche della estrazione a

sorte, non sarebbe privo di preg i; fra i quali segnalato quello d~essere imp revedibile e di non poter essere frutto di patteggiamentle di corruzione. Nessuno però, salvo parzialmente e in certi tempi

. e paesi, ha applicato il metodo del caso fortuito nella chiara sua

specie di. estrazione a sorte.Se vo tare si deve, occorre che l' elettore debba fare la scelta fra

due o pi ù candidati. Nel sistema della rappresentanza pr.oporzio~al~ ,data la vastità delle circoscrizioni ed il numero notabile degh eli­gendi, date le candidature di dieci o venti o piti persone, quasi sempresconosciute ai più degli elettori, giuocoforza è siano presentateda comi tati di amici dei candidati, incaricati di scegliere gli uominiche, apparteuendo alla medesima parte o fazione o credo politico,compongono una lista di nomi degna di essere contrapposta alleliste. presentate da comitati o gruppi appartenenti ad tm'al:ra parteo fazione politica. Nascono i partiti, i quali sono governa tI da una

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macchina - cosi chiamata nei paesi anglosassoni - o da un appa­rato - questo è il nome italiano - ossia da coloro che si dedicanoal mestiere di tenere insieme, tra U11a elezione e l'altra, gli elettoriappartenenti alla medesima fede politica, di organizzare la propa­ganda, di sorvegliare la procedur a elettorale contro gli eventualisoprusi od abusi degli opposti apparati.

Perciò è vero che non gli elettori scelgono tra i candidati; mache essi non hanno libertà di scelta se non tra i candidati offertidai comit ati od apparati dei diversi partiti. L'elettore è libero discegliere tra un partito e .l'altro ; non di scegliere gli uomini appar­tenenti al suo partito ; ché per questi deve rassegnarsi a vo tare,tutta~piu con qualche segno di preferenza, per gli uomini presentatidagli' apparati o macchine di part ito.

Perciò si dice ancora chc i veri elettori dei parlamenti sono gliapparati dei vari partit i; e che gli eletti sono automi che, sottopena di 110n essere più presentati alle elezioni successive, debbonocomportarsi in parlam ento come vog liono gli apparati. Quindiancora si osserva che le leggi ed i governi non sono vo tati o scelti daiparlamenti ; ma dagli apparati del partito o dai partiti di maggioranza.

Il metodo della rappresentanza proporzionale è indiziato comeil grande colpevole in materia ; per la vastità delle circoscrizionielettorali, la quale riduce al minimo la conoscenza personale del­l'eletto con l'elettore, per il predominio acquistato dagli appara tiche form ano le liste ; e per la dipendenza fmanziaria degli uominiappartenenti agli apparati locali dalla cassa centrale dd partit o, chesola è in grado di procacciare i milioni ed i mili ardi indispensabilinella concorrenza fra i partiti. Cosicché il: dogma della sovrani tàpopolare al quale, ripeto, nessun altro migliore fu contrappostosinora né probabilmente si scoprirà che possa essere contrappostoin avveni re, si riduce a far scegliere i parlamenti da un piccolomanipolo di membri dell'appara to centrale di ogni partito. Che èquella specie di selezione che dicesi democratica.

Il sistema uninominale, iu vir tù del quale per quasi due terzidi secolo furono scelti i deputati in Italia e ab immemorabile siscelsero e si scelgono i membri della camera dei comuni in Inghil­terra, della camera dei rappresentanti e del senato negli Stati uniti,

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consente agli elettori di vo tare per « nn » candidato in ognuno deimolti piccoli collegi nei qnali è diviso il paese. Il vizio dei comitatiod apparati che presentano il candidato agli elettori non è eliminato ;ché gli elettori non sono, neanche nel piccolo collegio, in gradodi scegliere da sé l'uomo da mandare in parlamento. Fa d'uo poche i candidati si presentino da sé o siano presentati da qualcuno,da un comitato od apparato o macchina. D ata la imp onenza dellespese che i candidati debbono sostenere, è fatale che una macchinaesista e che questa influisca sulla scelta degli elettori . Alla necessitàdella macchina non sfugge perciò il collegio uninomin ale. Il maleè tutt avia alc]uanto minore. Vi sono candidati che in una piccolacircoscrizione hanno saputo farsi conoscere ed apprezzare; e chegli apparati non possono ignorare, sotto pena di perdere elettori.Vi sono candidati, i quali possono contribuire del proprio allespese elettorali; ve ne sono che godono il favore di grossi sindacatioperai, dalle cui file esconojve ne sono che son gran parte di coope­rative di consumo o di produzione, le quali hanno vasta clientelanel paese. Vi sono uomini che i11 politica hanno acquistato grannome, talvolta anche al di là dei confini dello stato. Il piccolo col­legio è orgoglioso di aver dato i natali all'uomo celebre o di averlomandato la prima volta al parlamento, quando nessuno lo cono­sceva ; e lo vo ta, con o senza il consenso dell'apparato.

Esistono dunque nel collegio uninominale alcune idee o forze olegami che attenuano l'impero degli apparati, dominante nel me­todo della rappresentanza proporzionale. L'apparato del partitoriesce ancora a far eleggere i pin ; ma al margine sopravvivo noancora alcuni indipendenti , i quali debbono l'elezione a se stessiod agli amici. Il numero dei «meno » è probabilmente pi ù grandenel sistem a del collegio uninominale che in quello opposto dellarappresentanza proporzionale ; ed è forse questo il suo pregio prin­cipale. Per fortuna, infatti, nelle cose politiche, come in tante altre,non: prevalgono i più , Scriveva Giuseppe Giusti nel celebre sonetto :

Che i pi ù tirano i meno è veri tà,Posto che sia nei più senno e virtù ;M a i meno , caro mio, tirano i più,Se i pi ù trattiene inerzia o asinità.

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Sulla scena politica, è inevitabile che tra gli eletti dal suffragiouniversale i meno dominino i pi ù.

Gaetano Mosca ha chiarito, due terzi di secolo or sono, che la classepolitica è reclutata, in tutti i paesi, qualunque sia il sistem a elettorale,fra uomini i quali lianno le qualità richieste a farne parte; qualitàche sono parecchie e diverse: cultura generale .e studi speciali nellescienze politiche, econo miche e sociali - e sembra giovi in parti­colar modo la preparazione foren se, atta a far vedere i vari contra­stanti aspetti dei fatti e dei provvedimenti ; - l'appartenenza aceti sociali influenti , ieri. i ceti industriali e terrieri, og gi quelli deilavoratori (tiro cinio nelle associazioni o sindacati di mestiere ; in­clusi i sindacati professionali e di qui il numero notabile degli inse­g~ti element ari e medi, meglio organizzati e pi ù numerosi degliinsegnanti universitari) ; la carriera com piuta negli apparati deipartiti med esimi e nelle amministrazioni locali, di cui 1'uno o l'altropartito ha la padronanza. Le qualità politiche sono diverse da quellele quali determinano le scelte nelle altre occupazioni: agri cole,industriali, commerciali, professional i, scolastiche, artistiche, di lavorood impiego dipendente; m a in ogni bran ca la palma spetta a color oche hanno meglio svilnppate le qualità proprie di quella branca.Tra color o i quali posseggono le at titudini politiche ve n'ha di quelliche hanno accentu ate le doti moralmente neutre o negative comel' astuzia, la furb eria, l' intrigo, la volontà di sopravanzare i concor­renti ; e ve n 'ha che sono invece forniti di doti moralmente pi ù alte:la devo zione alla cosa pubblica, l'amore della patria, la giusta am­bizione di lasciare ai figli un nome onorato, lo spirito di sacrificio ,la capacità di comando.

Accade che su parecchie centinaia di parlamentari si distinguanoalcune dozzine di uomini ; ed a questi siano assegnate le carichepié ambite: di ministri, sot tosegre tari, presidenti di assem blee o dicommissioni legislative, relatori di disegni di legge importanti ecc. ecc.

Qual e al riguardo la differenza fra il sistema elettorale propor­zionale e quello uuinominale? La proporzione di coloro che alledoti richieste agli uomini politici aggiungono quelle della indipen­denza del pensiero e del carattere probabilmente è più alta nel si­stema a collegi o uninominale che in quello a sistema proporzionale;

cli é, per le cose dette, la forza dell'apparato o macchina di partitoè nel colleg io uninominale alquanto minore. Indip endenza o nonconformismo di pensiero e di carattere in verità sono probabilmentedati ncgativi nel corso ordinario della vita dei popoli ; sono tuttaviaquelle dalle quali dipende la salvezza dei popoli medesimi nell'ora delpericolo; quando i furbi , gli astuti, i conformisti, gli am ministratorimeramente integri e capaci, i devot i al dovere scompaiono o nonsanno prendere le decisioni supreme. Epperciò l'uomo amante di li­bertà non può rinunciare allo strumento, sebbene non sicuro, il qualesi palesi atto a costruire un ceto politi co nel quale non paia assurdosperare abbiano luogo gli alcuni pochi uomini capaci, per indipen­denza di pensiero e di carattere, di dire la parola e com piere l' azionenecessaria alla persistenza della patria.

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