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    Guido CifolettiLINEAMENTI DI STORIA DELLA LINGUISTICA

    Se mi si permette, vorrei fare una premessa: personalmente non credo allaneutralit scientifica. Posso essere neutrale se assisto ad una partita di baseball, di cuinon conosco le regole e che in realt non minteressa per nulla: ma se nelle materie di cuimi occupo ho acquisito una competenza tale da sedere dallaltra parte della cattedra (difronte agli studenti), vuol dire che questo studio mi appassiona, e perci avr certamentele mie preferenze, avr fatto sicuramente le mie scelte: e sarebbe ipocrita nascondere tuttoquesto. Peggio ancora, sarebbe controproducente: tra i miei compiti c anche quello ditrasmettervi (se possibile) la mia passione per la materia che insegno, e come potrei farlose esponessi tutto in modo neutro e impersonale? Anzich essere neutrale (che secondome impossibile), posso e desidero essere onesto, cio non intendo occultare i dati che

    vadano contro le mie convinzioni; inoltre, dichiaro fin dal principio che non ho per nullala pretesa che i miei allievi seguano le mi scelte. Se uno studente, magari in sede desame,mi raccontasse di abbracciare opinioni diametralmente opposte alle mie, per me sarebbeun fatto positivo: vorrebbe dire che non si limitato ad imparare a memoria ci cheinsegno, ma ci ha pensato sopra. Ed ancora: sar grato allo studente che mi segnalerdegli errori. evidente che non posso sempre controllare tutto ci che scrivono le miefonti, per lo pi mi dovr fidare di quanto hanno scritto gli altri, ma a volte questa fiducia mal riposta: oppure pu capitarmi di mettere qualche sbaglio per disattenzione, come mi successo ad esempio nel disegnare degli schemi.

    Ed ora, mia intenzione introdurre allo studio della linguistica facendo la storia diquesta scienza. Non per nulla un passo scontato: se in alcune discipline come ad

    esempio la filosofia un procedimento del genere risponde ad una prassi ormai secolare, inaltri campi di ricerca nessuno si sognerebbe di farlo: valga per tutti lesempio della storiadella scienza, che non sinsegna nelle facolt scientifiche, bens materia filosofica. Inalcuni campi della ricerca scientifica si d per scontato che lapparire di un nuovo metodorenda superati i metodi precedenti, e questo genera in alcuni una mentalit relativista cheporta ad affermazioni del tipo la verit non esiste, esistono modelli interpretativi chedurano finch valgono, poi si cambiano, ma nulla di questo genere rispondeallesperienza del linguista. Nella nostra disciplina i diversi metodi elaboratisuccessivamente per indagare su quel campo dattivit umana che la lingua non sieliminano affatto, ma si sommano: dunque i metodi scoperti nel passato non sono pernulla superati, e vale la pena di studiarli ancora. Naturalmente anche i linguisti del

    passato sbagliavano, come tutti gli altri uomini, ed oggi siamo in grado di riconosceremolte loro ingenuit: ma si pu dire che nel complesso sono esatti i fatti da loro osservati,come pure la maggior parte delle conclusioni a cui arrivarono, ed anche i metodi da loroelaborati meritano di essere conosciuti. Dunque, siccome il primo campo della linguisticache si svilupp fu la linguistica storico-comparativa (soprattutto quella relativa allelingue indoeuropee) comincer a parlare proprio di questa, che di solito materia distudio di unaltra disciplina, la glottologia. Ma in realt un confine preciso tra lalinguistica generale e la glottologia non esiste: sintende che la prima si deve occuparemaggiormente degli aspetti teorici, per anche la seconda ha delle basi teoriche edunesperienza pratica di cui il linguista deve essere al corrente; e daltra parte il

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    glottologo deve pure avere conoscenza dei nuovi metodi di ricerca della linguistica, perapplicarli appena pu anche allevoluzione delle lingue che il suo abituale campodindagine. Va detto che, se si fa una storia della linguistica col fine di introdurre allamateria stessa, si rischia sempre di cadere in una storia di tipo agiografico: tutti glierrori, i passi falsi, le illusioni dei linguisti del passato, in questa prospettiva sono prividinteresse, e quindi vengono tralasciati, perch ci che importa maggiormente indicarei punti fermi, i risultati che ancor oggi sono validi: in una certa misura tale deformazione inevitabile, e spero che sia accettata anche dai lettori.

    generalmente ammesso che la linguistica nacque allinizio del XIX secolo: piprecisamente la si fa iniziare nel 1816, con la pubblicazione del primo volumetto digrammatica comparata indoeuropea; solo a partire da quellepoca si form una scuola, sicostitu cio un gruppo di studiosi che dedic tutta la vita a studiare le linguesistematicamente, con metodi verificabili e sempre pi raffinati: ed il progresso fu tale

    che gi pochi decenni dopo si poteva guardare con sufficienza ai precursori, ai pochi chesi erano occupati di linguistica nel secolo XVIII, quando questa scienza non possedevaancora dei metodi sicuri e perci produceva delle etimologie ad orecchio nelle quali,secondo un giudizio di Voltaire spesso ricordato, les voyelles ne font rien et lesconsonnes font peu de chose. In realt nel Settecento si posero le basi di quello chesarebbe stato il sorprendente sviluppo dei decenni successivi: matur in effetti un climaculturale che va spiegato. Soprattutto a partire dalla seconda met del XVIII secolo si erarisvegliato un vivo interesse per le civilt esotiche, per le loro tradizioni e di conseguenzaanche per le loro lingue; e al tempo stesso cominciavano a svegliarsi i principalinazionalismi europei. Linteresse per le tradizioni extraeuropee coincideva in parte con laricerca di una saggezza estranea alla tradizione cristiana: a quel tempo si pensava che le

    iscrizioni geroglifiche nascondessero un grande sapere, la Massoneria assunse fra i proprisimboli qualche segno egiziano: qualche decennio dopo, quando Champollion decifreffettivamente la scrittura geroglifica, fu una delusione il rendersi conto che quei testi nonracchiudevano affatto la grande scienza che ci si aspettava. Ben altrimenti proficuo fuinvece limpatto con la civilt dellIndia antica. Nel XVIII secolo assunse sempremaggiore importanza in India la colonizzazione europea: prima i Portoghesi vi avevanoimpiantato alcune basi, poi li seguirono Inglesi e Francesi: la Compagnia delle Indie(inglese) a quel tempo non aveva un potere politico riconosciuto come tale,nominalmente regnavano sempre i sovrani della dinastia Moghul; ma poco alla volta laloro autorit si svuotava, e cresceva quella degli Europei. Alcuni di questi colonizzatori(nonch i missionari) riuscirono ad addentrarsi nella cultura locale, e cos la poterono

    comunicare in Europa. La principale lingua letteraria del mondo ind era il snscrito: masappiamo che non una lingua originaria dellIndia. In unepoca imprecisata (gli Indianinon furono mai interessati alla storiografia, e perci la loro storia ci nota in modolacunoso), forse un migliaio e passa di anni prima di Cristo, l'India fu invasa da tribprovenienti dalla zona iranica, che a quel tempo comprendeva anche i territori dell'attualeTurkestan (oggi solo uno degli Stati del Turkestan ex-sovietico, il Tagikistan, ha comelingua ufficiale un dialetto persiano; ma un tempo le lingue di questo tipo avevano unadiffusione molto pi ampia, come vedremo). A quanto sembra questi invasori prima sistanziarono nella valle dell'Indo, poi in quella del Gange, e successivamente si diffuseroper la penisola indiana: le lingue degli antichi abitatori dell'India si mantengono tuttora,

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    soprattutto nelle regioni pi meridionali (c il tamil, usato da una minoranza dello Statodi Sri Lanka, ma anche sulle coste sudorientali della penisola indiana; e poi il telugu, ilcanarese o kannada, il malayalam) ed appartengono al gruppo dravidico insieme colbrahui, lingua minoritaria del Beluchistan; nelle regioni centro-orientali dell'Indiasopravvivono alcune minoranze che parlano lingue di ceppo diverso (le lingue munda,connesse da alcuni col Khmer della Cambogia), e che forse risalgono ad unostanziamento ancora pi antico. Fin dalla pi remota antichit, questi invasori di ceppoiranico (in senso lato: sarebbe meglio dire indoario, perch giusto precisare che i dialettiiranici, pur essendo strettamente imparentati, fin dalle prime attestazioni presentanoalcuni caratteri diversi dalle lingue antiche dellIndia) svilupparono un'estesissimaletteratura orale: i pi antichi poemi, i Veda (ed in particolare la sezione pi antica, il Rg-veda o Rigveda, composto di un migliaio di inni) furono tramandati a memoria conestrema precisione perch avevano (ed hanno) valore liturgico, e la loro recitazione esatta

    era considerata condizione indispensabile per la riuscita di qualsiasi cerimonia osacrificio. A questo proposito si pu far rilevare quanta importanza e quanta estensionepossa avere l'uso della memoria nei contesti sociali in cui non esiste la scrittura; e non certo il solo caso. Comunque, anche quando la scrittura fu introdotta in India e questipoemi furono messi per iscritto (non sappiamo con precisione a che epoca), la tradizioneorale continu parallelamente a quella scritta, un po' come avviene ancor oggi nei Paesiislamici per la recitazione del Corano. Oggi il sanscrito la lingua letteraria a cui sirifanno tutti gli ind, anche quelli di origine dravidica o munda; i Veda ne costituisconola fase pi antica, e probabilmente si fondano su dialetti diversi (pi occidentali) rispettoa quelli che stanno alla base del sanscrito classico, lingua codificata forse nel IV secoloa.C. dal grammatico Panini in un'opera di esemplare esattezza e concisione: il libro

    consta di 8 capitoli (perci il nome astadhyayi, da astau otto), e descrive tutta la linguain circa 4000 regole, espresse per con una tale brevit che in un'edizione a stampa tuttal'opera occupa circa 35 pagine: la pi breve ed esauriente grammatica del mondo (manon la pi chiara: per questo i grammatici indiani di et successiva ebbero il loro da farea chiosarla e interpretarla). A questo punto non posso fare a meno di rimarcare unacircostanza eccezionale, che favor grandemente i linguisti del primo Ottocento: mentreoggi chi affronta una lingua esotica si trova quasi sempre in gravi difficolt per lamancanza di una tradizione scritta indigena nonch di una standardizzazione1, i primistudiosi di quella che divenne poi la scienza del linguaggio si trovarono fra le mani nonsolo una lingua letteraria gi codificata da un uso millenario, ma addirittura lagrammatica elaborata dagli indigeni con una raffinatezza superiore a quella della

    tradizione classica che fino allora si perpetuava nelle scuole europee; ed infatti neidecenni successivi i metodi dei grammatici indiani furono applicati con successo anche algreco ed al latino. Tornando al sanscrito conviene dire che questa lingua, oltre ad avercitramandato le grammatiche a cui si accennato, ci attestata da una vastissimaletteratura, molto pi estesa di quella che possono vantare le principali lingue europee:basti dire che il principale poema epico dell'India antica, il Mahabharata, consta di oltre

    1 Come vedremo in seguito, questi elementi facilitano enormemente l'indagine linguistica: si veda G.R.CARDONA, Dall'oralit alla scrittura: la formazione delle lingue standard, in A. QUATTORDIOMORESCHINI, La formazione delle lingue letterarie, "Atti del Convegno della Societ Italiana diGlottologia", Siena 16-18 aprile 1984, pp. 71-80.

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    centomila versi. Per avere un termine di paragone ricorder che l'Iliade in greco ha 15693versi, l'Odissea 12007; e inoltre il verso del Maha@bha@rata, lo loka, lungo circa comedue versi omerici (cio contiene 32 sillabe, mentre l'esametro omerico pu andare dalle12 alle 17 sillabe); facendo un paragone con l'italiano si pu dire che la DivinaCommedia contiene cento canti di circa 140 endecasillabi ciascuno, in altre parole occupaall'incirca un ventesimo del Maha@bha@rata. L'altro grande poema dell'India, il Ramayana,contiene circa ventimila loka; in sanscrito furono scritti anche i Purana, grandi operedidattiche, delle quali si sono conservate 18 per un totale di 400.000 versi; esistono anchegrandi opere filosofiche come le Upanisad, risalenti addirittura al periodo vedico, e poi insanscrito classico le opere della filosofia yoga, ed oltre a ci possediamo drammi, poesialirica, romanzi, ecc. ecc. Per oltre duemila anni il sanscrito fu usato soltanto come linguascritta e letteraria, perch dev'essere uscito dall'uso parlato gi qualche secolo prima diCristo; in questo periodo in India si parlavano i prcriti (prakr9ta bhasao lingua naturale,

    a differenza della samskr9ta bhasao lingua perfetta). Per la verit si chiamano pracrititutti i dialetti dellIndia antica, ed in questo senso si pu dire che alcuni influssi pracriti(cio dialettali) si trovano gi nel vedico: di certo accanto al sanscrito vissero altri dialettidello stesso ceppo, che per non assunsero mai dignit letteraria; ma i pracriti assunseromaggiore importanza quando la lingua scritta si allontan da quella parlata. Un pracrito ci testimoniato gi dalle iscrizioni del re Aoka (III sec. a.C.), altri furono usati(parcamente) in letteratura: il canone buddista scritto in pali@(perch lautore si volevaavvicinare alla lingua del popolo), il canone jaina in ardhamagadhi; in alcuni drammiantichi il re parla sanscrito, mentre i personaggi di bassa condizione parlano un pracrito(che poi divenne incomprensibile, e fu necessario aggiungergli una traduzione insanscrito; del resto una traduzione sanscrita esiste anche per il canone buddista).

    Successivamente dai pracriti si svilupparono le lingue dell'India moderna: hindi, bengali,marathi, gujarati, panjabi, sindhi ecc. Il sanscrito, nel lunghissimo periodo in cui continuad essere usato come lingua letteraria pur essendo ormai del tutto svincolato dall'usoquotidiano, diede luogo ad uno stile difficile e lambiccato detto kavya, tipico digrandissima parte della poesia indiana e che procura non poche difficolt ai sanscritisti.Ora meglio tagliar corto su questi argomenti perch non certo mio compito disegnarequi un profilo storico della letteratura indiana: quel che m'importa di far capire che sitratta di una tradizione ricchissima, molto antica e spesso estremamente affascinante(anche se naturalmente non mancano le opere mortalmente noiose). Alcuni Europei siaccostarono gi nel XVI secolo a questa cultura, la prima grammatica sanscrita scritta daun europeo (il missionario tedesco Heinrich Roth, morto nel 1668) del secolo

    successivo, ma rimase manoscritta; solo alla fine del XVIII secolo il mondo scientificoeuropeo pot avere delle nozioni precise su questo argomento. Nel 1785 l'inglese C.Wilkins pubblic una traduzione della Bhagavadgi@ta@ (il canto del beato) che unasezione del Maha@bha@rata dal libro VI, in cui due degli eroi, Kr9sna e Arjuna, prima diprendere le armi contro il nemico si mettono a discutere, ed il primo esorta il secondo anon esitare a combattere contro i cugini che, dopo avergli inflitto tanti torti, gli avevanosottratto il regno: il corpo dell'uomo mortale e caduco, ma lo spirito eterno edimmutabile (va detto che il Maha@bha@rata, pur avendo una trama complicatissima, dedicaben poco spazio agli avvenimenti e molto di pi alle riflessioni ed alle considerazionifilosofiche e morali: si pensi che su un totale di 18 libri ben due, il 12 e il 13, sono

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    dedicati quasi interamente agli ammaestramenti dati dal guerriero Bhi@sma in punto dimorte). Nel 1790 il carmelitano austriaco Paolino di San Bartolomeo (il suo verocognome era Wesdin) pubblic a Roma la prima grammatica sanscrita nota in Occidente;nel 1805 Colebrooke pubblic a CalcuttaA Grammar of the Sanscrit Language che era laprima grammatica europea fondata su Panini (la precedente si fondava piuttosto sugrammatiche scritte in malaya@lam). In quegli stessi anni a Londra e anche a Parigiaffluivano molti manoscritti indiani (non si dimentichi che anche i Francesi eranoimpegnati nella colonizzazione dell'India, sia pure con meno successo) e perci sicrearono le condizioni per studiare la lingua sui testi originali.

    In quello stesso periodo il mondo scientifico europeo venne a conoscenza diun'altra lingua antica, affine al sanscrito: il cosiddetto avestico (che allora era chiamatoper lo pi zendo, con un nome che oggi sembra inesatto, e probabilmente in originedesignava piuttosto il commento). Si tratta di un dialetto (o meglio di alcuni dialetti,

    distinti geograficamente e cronologicamente) del persiano antico: la lingua dell'Avesta,il libro sacro della religione mazdeista o zoroastriana. Zarathustra diffuse la sua dottrinaagli albori della storia persiana, alla fine del VII secolo ed agli inizi del VI; ma poi granparte del testo sembra essere opera di discepoli della trib dei Magi, di epoca posterioreed in un altro dialetto (nordoccidentale, mentre il dialetto di Zarathustra sembra esserestato orientale). Anche questo libro dapprima fu trasmesso oralmente e solo dopo moltotempo (forse addirittura un millennio) fu messo per iscritto, e pare che ce ne sia pervenutasolo una parte: la sua tradizione sembra molto pi discontinua ed incerta che per i Veda.Comunque le parti pi antiche, le gth (inni), risalenti allo stesso Zarathustra, sonocomposte in una lingua notevolmente vicina al vedico (anche se spesso pococomprensibile): secondo il glottologo G. Devoto,Le origini indoeuropee, p. 366, "i versi

    delle gathas dell'Avesta possono essere trasposti in versi vedici senza che si possa parlaredi vera traduzione. Nello Yat 10,1.6 dell'Avesta, si legge: t m amavant m yazat msu@rm, da@mo@hu svit m, Mir m yaza@i zaora@byo@ 'questo forte potente angelo, allecreature beneficentissimo, Mithra, vogliamo onorare con libazioni'. In forma vedicasarebbe: tam amavantam yajatam su@ram, dha@masusavistham, Mitram yajai hotra@bhyas."Dopo che la Persia fu conquistata dagli Arabi, portatori d'una nuova religione, i seguacidella religione nazionale dovettero nascondersi: alcuni rimasero in Persia, altriemigrarono in India dove formarono la comunit dei Parsi, abbastanza numerosisoprattutto nel Gujarat; nel XVIII secolo il francese A.H. Anquetil Duperron potconoscere in India i dotti parsi, fu iniziato da loro all'interpretazione tradizionale di quellibro e ne diede notizia nel 1775 pubblicando a Parigi una traduzione in 5 volumi: Zend-

    Avesta, Ouvrage de Zoroastre, ...Prima di allora erano note altre lingue indoeuropee antiche: il greco ed il latino,

    per tradizione ininterrotta; e poi il gotico. Si tratta della lingua degli Ostrogoti e deiVisigoti: nel IV sec. il vescovo Ulfila, che stava nella Mesia (sul basso Danubio,nell'attuale Bulgaria orientale) tradusse quasi tutta la Bibbia per i Goti stanziati l comefoederati dell'Impero romano. Era l'epoca delle migrazioni dei popoli, perci il gotico erapraticamente la stessa lingua per quei Goti del basso Danubio, per quelli stanziatinell'attuale Ucraina, e pi tardi anche per gli Ostrogoti d'Italia e i Visigoti di Spagna (oalmeno, quel che sappiamo che queste popolazioni accettarono il gotico di Ulfila comelingua scritta). I manoscritti che tramandano il gotico furono composti quasi tutti in Italia,

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    anche se oggi stanno in biblioteche diverse: c' il famoso Codex Argenteus di Upsala, chefu scoperto nella regione renana nel 1515, poi ci sono 5 codici alla Biblioteca Ambrosianadi Milano e frammenti in biblioteche tedesche. Complessivamente oggi leggiamo ingotico i tre quarti del Nuovo Testamento ed alcune parti del libro di Neemia; inoltreabbiamo parte d'un commento al Vangelo di Giovanni e qualche frammento sparso, tracui un paio di contratti scritti a Ravenna verso il 551. Dunque la lingua gotica ci conservata in modo alquanto lacunoso, ma stata molto importante per gli studi dilinguistica perch nel gruppo delle lingue germaniche quella attestata pi anticamente,prima che sopravvenissero i cambiamenti che in seguito differenziarono fortemente traloro le lingue germaniche (complicandole oltremodo); perci il gotico, che purerappresenta un ramo estinto della famiglia germanica (nessuna lingua moderna derivatada esso) particolarmente vicino a quel che si suppone essere stato il germanico comune,e dunque ha grande interesse per la comparazione indoeuropea. La conoscenza del gotico

    nei secc. XVII e XVIII non fu certo molto diffusa, ma risvegli comunque un certointeresse, soprattutto fra studiosi tedeschi.Altre lingue di tradizione letteraria (ma non indoeuropee) erano conosciute da

    tempo: cos l'ebraico, l'arabo, ed anche il copto, lingua parlata in Egitto, che era l'ultimapropaggine dell'antica lingua dei Faraoni. Questa lingua, prima codificata nella scritturageroglifica (che in parte ideografica, in parte consonantica), si svilupp con l'andare deisecoli e dei millenni nel demotico, usato in et tolemaica, che differisce dal geroglificosia come scrittura sia dal punto di vista pi strettamente linguistico. Il copto rappresentaun'ulteriore evoluzione del demotico: a partire dal II-III sec, d.C. il popolo egizianocominci a scrivere la sua lingua in caratteri greci, visto che ormai nel Paese il greco erala lingua della cultura e dell'amministrazione; vi aggiunse per 7 caratteri dal demotico,

    per suoni consonantici non adeguatamente rappresentati dall'alfabeto greco. Dal IV sec. inpoi si svilupp una letteratura copta d'ispirazione cristiana (senza per che si formasse ununico standard letterario, per cui si parla oggi di copto Bohairico o settentrionale, diAlessandria, e copto Saidico o del sud, di Luxor); e ancora oggi il copto usato comelingua liturgica dai Cristiani dell'Egitto, bench non lo si parli pi da secoli.

    Alcune lingue semitiche dell'Oriente cristiano, come l'aramaico (specialmente ildialetto letterario di Edessa, chiamato siriaco) e l'etiopico antico o ge'ez, erano conosciutein Europa, anche se in ambiti molto ristretti.

    Altre lingue antiche, pure di origine indoeuropea, nei primi decenni dell'Ottocentofurono trascurate dai linguisti: cos l'armeno, attestato a partire dal V sec. d.C., che per una lingua molto evoluta fin dai primi documenti, e fino al 1876 fu considerato un

    dialetto persiano; invece l'antico irlandese, anch'esso molto evoluto e complicato,all'inizio fu ritenuto lingua non indoeuropea..

    Tra la fine del XVIII secolo e gli inizi del XIX era sorto un grande interesse versoil mondo "esotico": faceva parte della sensibilit del primo Romanticismo quest'aperturasoprattutto verso le religioni e le filosofie esotiche. Mentre gli Illuministi discettavano direligione, ma poi in pratica conoscevano solo il Cristianesimo, i primi romanticicercarono di apprendere il pi possibile delle religioni orientali, spesso per contrapporlealla religione cattolica; ma questa cultura si diffuse, al punto che anche un cattolico ealfiere della Restaurazione come de Maistre dissert di un testo indiano, i detti di Manu; eFriedrich Schlegel (1772-1829) nel 1806 pubblic un libro di successo, ber die Sprache

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    und Weisheit der Indier, in cui fra l'altro affermava la parentela di latino, greco,germanico, persiano e antico indiano, sulla base di confronti precisi. Non va taciuta lacomponente nazionalistica: gi nel Settecento era stata lanciata la teoria scitica, che avevaavuto successo esclusivamente tra i dotti del Nord Europa. Gli Sciti erano unapopolazione iranica che abitava anticamente nell'attuale Russia meridionale, in partedell'attuale Ucraina, e nei vasti bassopiani attorno al Mar Caspio, in zone che nei primisecoli del Medioevo furono invase dai Turchi o si slavizzarono. L'ultima popolazione diorigine scitica che oggi rimanga sono gli Osseti del Caucaso, che parlano ancora unalingua iranica, diversissima dal persiano moderno (si noti che in osseto don significafiume, dunque furono quelle popolazioni a dare un nome ai fiumi della Russiameridionale). Secondo questa teoria scitica (che poi fu abbandonata ben presto) l'originecomune del latino, del greco, del celtico, delle lingue germaniche sarebbe da cercare fraquesti Sciti: da essi sarebbero derivati quasi tutti i popoli dell'Europa. Questa teoria non

    incontr nessun favore tra i dotti italiani, che vedevano scalfito il primato del latino afavore di qualche lingua pi settentrionale che, secondo le idee di allora (divergenti fra ivari studiosi) avrebbe mantenuto pi incontaminata l'eredit scitica. Schlegel di fattoformul una versione riveduta e corretta della teoria scitica perch secondo lui il sanscritosarebbe la madre di tutte le lingue europee: ma in questo modo, secondo le concezioni diallora, egli poneva in pratica come antenati degli Europei quegli stessi Indiani cheavevano composto i Veda, le Upanisad e le altre opere religiose e filosofiche tantoapprezzate in quel periodo. Va rilevato che per tutta la prima parte del secolo XIX, especialmente agli inizi, la glottologia fu una scienza quasi interamente tedesca: poi a pocoa poco si trovano dei linguisti d'altra origine, che per lo pi si erano per formati inGermania o in ambienti di cultura tedesca; si pu dire che la supremazia tedesca in questo

    campo sia durata per tutto il secolo. Perci, sia pure a rischio di fare un'approssimazioneeccessiva, penso non sia azzardato dire che in fondo questi studiosi erano animati anchedal desiderio di ricostruire le proprie origini nazionali, di dare al proprio popolo unpassato antico e glorioso. Lo si pu vedere meglio considerando la scarsa risonanza cheebbe la comparazione tra le lingue ugrofinniche: in realt la linguistica comparata erastata inventata gi qualche anno prima del 1816 da parte di Ungheresi: i dotti SainovicsJnos (un astronomo gesuita ungherese, che soggiorn in Lapponia per vedere certifenomeni celesti) e Gyarmathi Smuel, rispettivamente nel 1771 e 1799, avevano gipubblicato delle grammatiche comparate delle lingue ugrofinniche. sorprendentesoprattutto la vastit di conoscenze del secondo autore: mentre il primo aveva comparatol'ungherese solo col lappone e col finnico, l'altro vi aggiunse l'estone (molto vicino al

    finnico), le lingue ugrofinniche del Volga come mordvino e ceremisso, e perfino le linguedella Siberia occidentale, parlate nella zona del fiume Ob, come vogulo e ostiaco; escoperse che proprio queste ultime, le pi distanti, presentano le maggiori affinit conl'ungherese. Ma questi studi non ebbero grande diffusione e grande successo perchtrattavano di lingue che nell'ottica di allora avevano poco interesse.

    Per questi motivi, diventato ormai tradizionale far risalire l'inizio dellalinguistica storica (e praticamente l'inizio della linguistica tout court) al 1816, anno in cuia Francoforte sul Meno usc il volume di Franz Bopp ber das Conjugationssystem derSanskritsprache in Vergleichung mit jenem der griechischen, lateinischen, persischenund germanischen Sprachen (il sistema di coniugazione del sanscrito comparato con

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    quello del greco, latino, persiano e germanico). Questo Bopp (1791-1867) si era dedicatoallo studio delle lingue orientali (ebraico, arabo, persiano) e per questo nel 1812 si rec aParigi dove c'erano maggiori possibilit di studiarle. Frequent i corsi di arabo di S. deSacy, di persiano di A. de Chzy e studi il sanscrito praticamente da solo, con l'aiutodella grammatica di Colebrooke, sui manoscritti che erano stati portati dall'India a Parigi.In soli 4 anni divenne un vero esperto di questa lingua difficilissima, e cos nel 1816pubblic alcune traduzioni dal Maha@bha@rata e dal Ra@ma@yana, insieme conquell'opuscolo sul sistema della coniugazione. E' interessante notare che in questo modoegli trov subito la strada giusta per affrontare il problema: non si attard nella ricercaetimologica, per la quale ancora non era stato elaborato un metodo, e che potrebbe darerisultati ingannevoli: infatti le parole possono essere copiate da una lingua all'altra (inquesto caso i linguisti parlano di prestiti), ad esempio la parola per "televisione" oggi diffusa con suoni simili in moltissime lingue del mondo; ed anche nell'antichit si

    potevano verificare casi del genere, di parole che si diffondevano in lingue appartenenti afamiglie diverse. La parola per "toro" nota in quasi tutte le lingue indoeuropeedell'Europa ed in tutte le lingue semitiche: in latino taurus, in grecotau'ro" tauros, inosco taurom, in umbro turuf, toru "tauros" (per chi non lo sapesse, si precisa che l'oscoera la lingua dei Sanniti, dei Sabini e della maggior parte degli antichi abitanti dell'Italiacentro-meridionale, ed era strettamente collegato all'antico umbro), in gallico tarvos, inmedio irlandese tarb, in antico slavo turu*"uro", in lituano tauras "bisonte", in anticoprussiano (lingua baltica oggi estinta, affine al lituano) tauris "id.", in antico islandeseiorr, in olandese dialettale deur, in antico alto tedesco stiorcon l'aggiunta di s- iniziale;questa parola non ha corrispondenti nelle lingue indoeuropee fuori dell'Europa, ma incompenso la si ritrova in tutte le lingue semitiche: in accadico suru, in arabo awr, in

    ebraico r, in siriaco taura@, in etiopico (ge'ez) sor, in ugaritico r(la scrittura indica solole consonanti, il lettore deve immaginarsi le vocali: forse si pronunciava qualcosa come[o:r] o [aur]), in antico sudarabico epigrafico wr (anche qui, le vocali non siscrivevano); in complesso si pu ricostruire per il semitico una forma originaria *awru(si mette l'asterisco davanti a tutte le forme non attestate), mentre per le linguedell'Europa pi difficile ricostruire una forma unica; si convinti che si tratta di unaparola non indoeuropea, diffusa relativamente tardi, dopo lo spezzarsi dellunitindoeuropea. Un geniale studioso danese di cui ci occuperemo fra poco, Rasmus Rask,diceva in quegli stessi anni che si debbono confrontare non parole come questa, chepossono essere imitate da una lingua all'altra, ma parole che fanno parte del lessicofondamentale della lingua, come i nomi di parentela, i nomi dei numeri, ecc.;sostanzialmente aveva ragione (specie per quanto riguarda le lingue indoeuropee), peroggi sappiamo che anche il lessico della parentela pu essere (almeno in parte)influenzato da altre lingue: senza andare a cercare in lingue esotiche, vediamo che l'ingl.uncle, aunt, grandfather, grandmotherderivano in modo diretto o indiretto dal francesemedioevale; quanto ai nomi dei numeri, anch'essi possono passare da una lingua all'altra:in swahili dopo i primi numeri di origine bantu si hanno numerali arabi. Invece ledesinenze verbali, soprattutto quando c' una ricca flessione come nelle lingueindoeuropee antiche, non si copiano da altre lingue ma si ereditano2: cos per esempio

    2 Pare che esista nel mondo un solo controesempio, l'aleuto dell'isola di Mednyj che avrebbe appiccicato ai

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    abbiamo il rumeno che contiene moltissime parole slave, ma se si guarda allaconiugazione si trova quel che segue (le vocali toniche sono sottolineate, la a*si pronunciacentralizzata, la t7 si pronuncia come una zeta sorda dell'italiano):

    (verbi a termina "terminare", a intra "entrare")eu termin eu intrutu termini tu intriel, ea termina* el, ea intra*noi terminam noi intramvoi terminat7i voi intrat7iei, ele termina* ei, ele intra*

    Dunque il rumeno si riconosce immediatamente come appartenente alla stessa famiglialinguistica dell'italiano, e diversissimo invece dal serbocroato o dal polacco.Vediamo ora le coniugazioni con cui ebbe a che fare il Bopp: inserisco anche l'antico

    slavo, che solo in un secondo tempo egli prese in considerazione.sanscrito greco latino gotico slavosing. bhara@mi "io porto" fevrw phro fero baira bero7

    bharasi fevrei" phreis fers bairis bereibharati fevrei phrei fert bairi beretu*

    duale bhara@vas bairos bereve#bharathas fevreton phreton bairats beretabharatas fevreton phreton berete

    plur. bhara@mas fevromen phromen ferimus bairam beremu*bharatha fevrete phrete fertis bairi beretebharanti fevrousi phrousi ferunt bairand bero7tu*

    (dor. phronti)Il verbo preso in considerazione corrisponde in tutte le lingue, ed ha ovunque ilsignificato approssimativo di "portare": in latino verbo irregolare, atematico, ma per unconfronto non approfondito lo si pu usare lo stesso. Quanto alla pronuncia, quella che siindicher sar in molti casi approssimativa e congetturale, trattandosi di lingue morte:comunque in sanscrito le consonanti seguite da h si pronunciano realmente come aspirate(cio come b+h, t+h, g+h, ecc.); in greco, nel periodo pi antico doveva esserci unapronuncia analoga (cio [ph], [th], [kh]); ou del greco si pronuncia convenzionalmente[u], ma anticamente doveva essere una [o] lunga e chiusa; in gotico, ai probabilmente sipronunciava [e] lunga, era una spirante simile al th dell'ingl. thin; in antico slavo, levocali col gancio sotto vanno pronunciate nasali, la e con la pipetta doveva essere lunga, i*

    ed u*dovevano essere due vocali brevissime che ben presto scomparvero.Siccome le lingue indoeuropee antiche possedevano un ricco sistema di casi, il confrontodella morfologia pu essere portato avanti anche riguardo alla declinazione: si prenda adesempio la radice *ped- "piede" (in greco compare come pod-, per il fenomeno che ilinguisti chiamano alternanza apofonica):

    verbi aleuti le desinenze del russo: cfr. S.G. THOMASON,T.KAUFMAN, Language Contact, Creolization,and Genetic Linguistics, Univ. of California Press 1988, pp. 233-238; ma anche questo contestato

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    sanscrito greco latino

    Sing. Nom. pa@t pouv" pos (da *pods) pes (da *peds)Acc. pa@dam povda poda pedemGenit. padas podov" pods pedisDat. pade pediLocat. padi Dativopodivpod Ablat. pede

    Plur. Nom. padas povde" pdes pedesGenit. pada@m podw'n podn pedumDat. padbhyas pedibusLocat. patsu Dativoposiv po(s)s

    Va detto che il sanscrito mantiene alcuni casi, come lo strumentale ed il locativo, che il

    latino ed il greco hanno perso, ma le desinenze di questi casi a volte si sono mantenuteanche in queste lingue, con valore diverso: cos abbiamo visto che spesso il dativo grecocontinua un antico locativo. Gi da questi piccoli esempi si pu capire che mentre lasomiglianza di queste forme abbastanza evidente, il confronto preciso dell'una conl'altra e la spiegazione delle differenze che intercorrono richiede un notevole impegno:proprio a questo lavoro Bopp dedic tutta la vita. Dai grammatici indiani egli avevaimparato ad analizzare le diverse forme grammaticali in radice-tema-desinenza, ed inquesto modo scopriva altre coincidenze: ad esempio, se si analizzano due verbi latini didiversa coniugazione in radice e desinenza soltanto, si vede che le desinenze differiscono,pur somigliandosi: a laud-o, laud-as laud-at si contrappone hab-eo, hab-es, hab-et;riconoscendo invece la presenza di una vocale tematica (come facevano i grammatici

    indiani), si pu scomporre laud-o, laud-a-s, laud-a-tche ha le stesse desinenze di hab-e-o, hab-e-s, hab-e-t, e quel che cambia solo la vocale tematica. Sostantivi come lupus,rex (da *reg-s), navis e manus hanno al nominativo la stessa desinenza in -s, e quel che fala differenza ancora la vocale tematica: in lupus -o- (forme del tipo lupos nom. sing.sono attestate in latino arcaico), in rex manca, in navis -i-, in manus -u-; perci inlatino si parla oggi rispettivamente di temi in -o, in consonante, in -i, in -u. Proprio perchil sanscrito tanto conservatore nella morfologia nominale, esso permette di spiegaremolte particolarit del greco e del latino che prima erano indicate semplicemente come"eccezioni": cos ad esempio esso conosce, come si visto, un caso locativo che esce in -i, che spiega automaticamente alcune parole isolate: lat. domi "a casa", ruri "incampagna", Romae (arcaicoRomai) "a Roma"; in greco c' oi[koi okoi "a casa" distinto

    per l'accento dal nominativo plurale oi\koiokoi "case". Il sanscrito molto conservatoreanche nel consonantismo, invece ha innovato il vocalismo (le antiche e ed o sonoconfluite in a), ma questo Bopp non lo sapeva, e fino all'ultimo quarto dell'Ottocento nonlo si seppe: cos tutti i linguisti simmaginavano una lingua madre indoeuropeavicinissima al sanscrito.

    Negli stessi anni in cui Bopp cominciava i suoi studi un giovane linguista danese,Rasmus Rask (1787-1832) scriveva una dissertazione intitolata Undersgelse om detgamle Nordiske eller Islandske Sprogs Oprindelse (ricerche sull'origine della linguaantico-nordica o islandese), che era gi pronta nel 1814, ma fu pubblicata solo nel 1818:in essa erano poste le basi della comparazione linguistica, si riconoscevano per la prima

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    volta le leggi fonetiche ed anzi si individuavano perfino le regole di corrispondenza tra leconsonanti delle lingue germaniche e quelle della altre lingue indoeuropee; va notato chea quel tempo l'autore non conosceva il sanscrito e nondimeno giungeva a identificarechiaramente la famiglia linguistica indoeuropea, sulla base di raffronti etimologici precisie metodologicamente esatti. Ma essendo scritta in danese quest'opera ebbe scarsadiffusione: invece fu molto pi grande la risonanza che ebbe, subito dopo. la DeutscheGrammatikdi Jakob Grimm, uscita in prima edizione nel 1819. Questo studioso (n. 1785,m. 1863) si era occupato a pi riprese dell'antica poesia germanica, nel 1812 insieme colfratello Wilhelm aveva cominciato a pubblicare le Kinder- und Hausmrchen (le famosefiabe: il secondo volume usc nel 1815, il terzo nel 1822), e pi tardi diede alle stampequello che considerato ancor oggi il pi completo lessico della lingua tedesca(Deutsches Wrterbuch, pubblicato a Lipsia dal 1852 in poi): come si vede i suoi interessispaziavano su tutto quanto riguardasse le radici del popolo tedesco, e certamente lo si pu

    considerare il pi grande studioso di antichit germaniche della sua epoca. La suaGrammatica tedesca in realt una grammatica comparata delle lingue germaniche, uscin diverse edizioni tra il 1819 e il 1837, e vi si trova esposta in modo chiaro la famosa"rotazione consonantica" delle lingue germaniche, regolata da quelle che si chiamaronopoi "leggi di Grimm" [in realt sappiamo che le aveva enunciate prima Rask, ma il nome rimasto]. Ci si pu soffermare di pi su questo argomento, visto che fu la prima leggefonetica importante ad essere scoperta, ed ebbe un enorme impatto sulla linguisticadell'Ottocento.

    Secondo la prima di queste leggi, le consonanti occlusive sorde (che nelle lingueindoeuropee dellEuropa occidentale ci risulta che fossero *p, *t, *k, ed infine *kw scrittaanche *qu) diventano in germanico delle spiranti, rispettivamente f, , h, hw. Esempi:

    sanscr.pitar- "padre" (al nom.pit, negli altri casi c' una radicepitar- opitr-), lat.pater,gr.pathvr patr, goticofadar[si vedr poi per quale motivo all'interno c' -d- quando ciaspetteremmo --]; sanscr. pau "bestiame", lat. pecus -oris "bestiame" (soprattutto lepecore: per il derivato pecunia indica gli averi), got. faihu "denaro, averi" (ma il ted.Vieh, della stessa radice, significa ancor oggi "animale, bestia"); sanscr. trayas "tre", gr.

    trei'"treis lat. tres, got. *reis ( attestato il neutrorija, corrispondente al lat. tria); lat.tego "copro", tegula, toga, ant. nordicoak"tetto" (in gotico, lingua che conosciamo soloparzialmente, questa parola non attestata; il ted. medioev. dah e il ted. mod. Dachrisentono della seconda rotazione consonantica, uno sviluppo tipico del tedescocentromeridionale); lat. centum (pron. /kentum/), gr. he-katn, sanscr. atm, got. hund;lat. cor, cordis, gr. kardiva karda, got. hairto; lat. caput, got. haubi; sanscr. kas, kim

    (pronomi interrogativi), gr. ts, t, lat. quis, quid, got. hwa "perch", hwan "quando"; lat. -que, sanscr. ca, gr.tete, got. -h in nih = lat. neque "n" [va detto che la q si conserva soloin latino, in sanscrito diventa k; in greco diventa t davanti a vocale palatale, e p nellamaggioranza dei casi].

    Le consonanti aspirate del sanscrito e del greco (che in latino ed in altre lingueindoeuropee sembrano essere state piuttosto delle spiranti) diventano occlusive sonorenelle lingue germaniche (ma si hanno fondati motivi di pensare che in gotico ed altrelingue germaniche antiche fossero in realt delle spiranti sonore): in altre parole, si ha bhdh h (gh) in sanscrito,ph th kh in greco, a cui risponde il latino confall'iniziale per *bh e*dh, ma all'interno di parola b o d; per *gh spesso in latino si trova h; nelle lingue

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    germaniche questi suoni diventano b, d, g; per l'indoeuropeo si ricostruisce anche unfonema *ghw che in germanico diventa gw e poi w. Riassumendo, quello che (coninfinite riserve e dubbi) si ricostruisce come *bh, *dh, *gh, *ghw diventa in germanico b,d, g, w. Esempi: scr. bhra@tar- fratello (Nominat. bhra@ta@, negli altri casi si trova bhra@tar-o bhratr-), gr. fravthr phrater "membro d'una fratria", lat. frater, got. broar; scr.bhara@mi "io porto", lat. fero, gr.fevrw phero, got. baira; gli esempi con *dh sonocomplicati dalla cosiddetta legge di Grassmann, per cui in sanscrito e greco quando cisono due aspirate nella stessa parola una delle due (di solito la prima) si deaspira: scr.duhitr- (Nom. duhita) "figlia", gr. qugavthr thygter, got. dauhtar (la forma basedev'essere stata *dhughter- o qualcosa di simile); da una radice *dheigh-, cfr. scr. dheksi"tu ungi", degdhi "egli unge" (in sanscrito la radice dev'essere stata in un primo momento*dhegh- e le desinenze di 2a e 3a persona rispettivamente -si e -ti; da *dhegh-si, per lenote leggi di assimilazione consonantica del sanscrito, si arriva a dheksi; da *dhegh-ti

    invece si avr prima *degh-ti, poi per la legge di Bartholomae degdhi: secondo questalegge, quando all'inizio di un gruppo di occlusive c' una sonora aspirata, le consonanti sisonorizzano e l'aspirazione passa in fondo: un esempio famoso si ha dalla radice budh-"illuminare", che al partic. pass. combinandosi col suffisso -ta fa buddha); sempre daquesta radice *dheigh-, in gr. si hatei'co" teikhos "muro", in lat. figulus "pentolaio",fingo "impasto, formo", in oscofehss "i muri (Acc.)", in got. deigan "impastare"; per la*gh, vediamo il gr.covrto" khortos "luogo cintato, corte", lat. hortus, got. gards "casa,cortile"; per *ghw si ha scr. gharms, gr. qermov" therms, lat. formus "caldo", a cuicorrisponde in got. warmjan "scaldare", in ant. nordico varmr, ant. alto tedesco e ant.sassone warm "caldo".

    Le antiche consonanti occlusive sonore dell'indoeuropeo nel germanico comune

    diventano sorde: dunque *b, *d, *g, *gw diventeranno p, t, k, kw. In realt la *b rarissima e dubbia nelle parole comuni a tutte le lingue indoeuropee, per le quali si possaragionevolmente supporre un antecedente nella lingua madre: in got. ci sono diverseparole con p, ma nessuna sembra appartenere al patrimonio ereditario della lingua.Quanto a d, si possono citare i seguenti esempi: scr. daa dieci, gr. devka dka, lat.decem, got. taihun; gr. deik-ny-mi "io mostro", lat. dico, got. ga-teihan "annunciare". Perla *g possono valere i seguenti esempi: scr. janati "egli sa", part. pass. jatas, gr.gignwvskw gi-gno-sko "conosco" (radice *gno@- con raddoppiamento ed ampliamento in sk-), lat. nosco (da *gnosco, che appare nel composto co-gnosco), got. kunnan "sapere";scr.josati "egli gusta, ama", gr. geuvw geo "gustare" (da *geuso), lat. gus-tus, got. kiusan"provare" (che in lingue germaniche. successive ha acquisito il valore di "scegliere,

    eleggere"). Quanto alla labiovelare *gw, si pu citare scr. gurus "grave; maestro, guru",gr. baruv" bars "pesante", lat. gravis, got. kaurus; scr. jigati "egli va" (radiceraddoppiata), gr. baivnw bano "io cammino" (da *banio

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    presento non sono quelle che immaginavano i linguisti del primo Ottocento, ma quelledei linguisti che al nostro tempo non accettano la teoria delle laringali (un'ipotesisull'indoeuropeo che tuttora controversa); come ho gi avvisato prima, non credo chesia opportuno presentarvi, accanto alle intuizioni giuste, tutte le ingenuit dei linguisti diallora, che erano troppo affascinati dal sanscrito e lo vedevano, se non come la linguamadre di tutto il gruppo, certo come vicinissimo ad essa. Anche il nome di "rotazioneconsonantica" dovuto ad un'inesattezza dei linguisti dell'Ottocento: educati allaterminologia dei grammatici greci, essi non parlavano di occlusive sorde, ma di "tenui";le occlusive sonore erano "medie"; poi c'era le terza serie, le "aspirate", che per loro nonerano ben distinte dalle spiranti. Per intenderci, una spirante ad esempio la f; un'aspiratasimile come luogo di articolazione il suono ph, ad esempio nell'ingl. pipe. Spirantedentale sorda il suono dell'inglese thin; l'aspirata dentale si sente bene nella pronunciatedesca della parola Tier. Storicamente una simile terminologia si spiega con le

    condizioni della lingua greca antica: gli antichi grammatici distinguevano tra le tenuip, t,k, le aspirateph, th, kh, e le medie (che cio non erano n aspirate n tenui) b, d, g. Mapoi in et ellenistica le aspirate e le medie si spirantizzarono, arrivando a pronunce deltipo [f], [], [x] (quelle che prima erano aspirate) e [v], [D], [g] (quelle che erano dette lemedie). Nella tradizione umanistica dellEuropa occidentale le aspirate del greco anticofurono recepite alla bizantina, come spiranti sorde (in modo pi o meno coerente, esempre con forti influssi delle abitudini fonetiche di chi studiava questa lingua); invece lemedie furono recepite come occlusive sonore, alla maniera antica. Questa tradizioneculturale influenz la linguistica delle origini e daltra parte i linguisti di quel tempo sonoda comprendere, erano dei pionieri che avevano studiato (spesso da autodidatti o quasi)sanscrito, avestico, gotico, lituano e chiss quante altre lingue, e forse proprio per questo

    non avevano ancora avuto il tempo di creare una terminologia adeguata; per oggi anchegli studenti di Linguistica o di Glottologia sono tenuti a distinguere fra aspirate e spiranti.Dunque i mutamenti fonetici del germanico erano visti come una rotazione:

    Tenui Aspirate

    Medie

    Si tratta di un cambiamento fonetico imponente, che coinvolge la maggior parte delleconsonanti e modifica profondamente l'aspetto delle parole: gi dai pochi esempi citati sitrovano connessioni insospettate, come quella tra il ted. kommen, ingl. to come e l'it.venire; o quella tra l'it. gusto e l'ingl. to choose. Per decenni queste leggi ebberoun'importanza fondamentale nella ricerca linguistica, e non solo perch permettevanofinalmente di fare delle etimologie non pi semplicemente ad orecchio, ma con unmetodo affidabile: non si deve dimenticare che esse riguardavano proprio le linguegermaniche, che in ultima analisi erano quelle che pi importavano ai linguisti di allora.Questa componente nazionalistica non va intesa in senso negativo4: gli studiosi tedeschi

    4 Anzi, sul nesso che la politica, molto pi che la linguistica, volle fare tra lingua e razza, si veda lottimo

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    dell'Ottocento cercarono, vero, le origini e le tradizioni della propria nazione (attivit,fra laltro, per nulla riprovevole, ma anzi meritoria), ma oltre a ci erano uomini digrande cultura, e grandi umanisti. Vorrei che si comprendesse in che senso dico che eranouomini di cultura: negli ultimi decenni si formata unidea di cultura che in qualchemodo limitativa; so che dire cos esagerato e non rende giustizia a molti, ma mi sembrache in molte enunciazioni degli ultimi tempi la cultura faccia quasi la figura di una speciedi trastullo intellettuale: e certamente non era cos per questi studiosi tedeschi, che nonerano soltanto degli eruditi ma cercavano la verit, ed avevano presente il precettosocratico conosci te stesso; perci per uomini del genere la cultura era una finestra cheli apriva alla conoscenza di se stessi e degli altri, ed infatti anche la loro curiositintellettuale era amplissima. Sempre nel corso del XIX secolo altri studiosi tedeschi,praticamente dello stesso ambiente degli iniziatori dellindoeuropeistica, si lanciarono aricercare con la stessa foga le radici e le origini di altre nazioni: ad esempio il fondatore

    della filologia romanza un altro tedesco, Friedrich Christian Diez (1794-1876); altrilinguisti contribuirono a dare delle radici ad un popolo che altrimenti forse le avrebbeperdute, i Lituani; e gli slavisti tedeschi andarono perfino contro l'interesse dellaGermania, perch contribuirono alla rinascita della cultura ceca, e cos finirono,consapevolmente o no, con l'alimentare un nazionalismo che ben presto si sarebbe rivoltocontro di loro. Ho appena nominato la Lituania: i linguisti del XIX secolo si interessaronomolto a questo piccolo Paese perch scoprirono che la sua lingua presenta singolarissimitratti di arcaicit: pur essendo attestata solo in et moderna, conserva molti trattiindoeuropei (ci sono otto casi, manca solo l'ablativo; l'accento libero e con due diverseintonazioni, come in greco antico; sono mantenute le quantit vocaliche; il lessico particolarmente conservativo; i mutamenti fonetici sono relativamente scarsi, molto meno

    che nelle lingue slave). Nell'Ottocento alcune popolazioni lituane vivevano nel territoriodell'Impero tedesco, in Prussia orientale: perci era particolarmente agevole per i linguististudiare questi dialetti. Il linguista pi notevole della seconda generazione, AugustSchleicher (1821-1868) pubblic nel 1856-7 un Handbuch der litauischen Sprache cheebbe grande importanza non solo per la glottologia: infatti il maggiore letterato lituano, epadre della lingua lituana moderna, Jonas Jablonskis (1861-1930) nacque in territoriorusso, ma vicinissimo al confine tedesco, e perci parlava praticamente lo stesso dialettocodificato da Schleicher, quindi si fond sulla sua grammatica per emendare la lingualituana, elevando a lingua letteraria proprio quel dialetto. Va precisato che, trattandosi diuna lingua senza tradizione letteraria ma affine al greco ed al latino, gli studiosi nonincontrarono grosse difficolt ad analizzarla: il punto su cui la grammatica di Schleicher

    fu manchevole riguarda i toni, cio la distinzione di diversi toni nella sillaba accentata,che non facile da individuare per chi non vi abituato.

    Ma cerchiamo di rispettare la cronologia: lasciamo per un momento Schleicher etorniamo ai primi decenni dell'Ottocento: in quel periodo alcuni studiosi riuscirono adecifrare la scrittura geroglifica egizia (come pure la demotica) ed anche il cuneiformepersiano (pi tardi, anche la scrittura cuneiforme assiro-babilonese). Forse sapete che fu il

    articolo di A. MORPURGO DAVIES, Razza e razzismo: continuit ed equivoci nella linguisticadellOttocento, in P. COTTICELLI KURRAS, G. GRAFFI,Lingue, ethnos e popolazioni: evidenze linguistiche,biologiche e culturali, Atti del XXXII Convegno della Societ Italiana di Glottologia, ed. Il Calamo,Roma 2009, pp. 55-82.

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    francese Jean Franois Champollion a interpretare i geroglifici egizi, nel 1822; ilcuneiforme persiano antico fu decifrato una prima volta da Georg Friedrich Grotefend(1775-1853) nel 1802, ma lo scopritore non pot portare avanti le sue ricerche e non lepubblicizz a sufficienza, cos che si dovette attendere alcuni decenni, finch l'ufficialeinglese Henry Rawlinson (1810-1895) si mise a studiare le grandi iscrizioni di Dario I aBehistun (o Bisutun). In questo modo si conobbe una nuova lingua indoeuropea, dettal'antico persiano: rispetto all'avestico si tratta di un altro dialetto, quello della Perside,oggi Fars, la regione dove si trovava Persepoli (oggi la citt pi importante di quella zona Shiraz), nel sudovest; da questa lingua deriva il persiano moderno. Per le iscrizioni diDario I erano tradotte anche in altre due lingue, l'elamico (lingua del Khuzistan, oggiestinta, non appartenente a nessun gruppo linguistico conosciuto) e l'assiro-babilonese(che si fa rientrare nell'accadico, cio nel ramo orientale delle lingue semitiche). Ladecifrazione di quest'ultima lingua fu particolarmente faticosa perch la maggior parte dei

    segni polifonica: per spiegare cosa significhi dir che anche l'inglese oggi ha un buongrado di polifonia nel suo sistema ortografico: in questa lingua u a volte si legge /u/, avolte /ju/, a volte //; in assiro-babilonese la cosa era pi complicata perch i segnipotevano avere diversi valori fonetici, ma potevano anche avere valori ideografici, epotevano essere usati per scrivere parole sumeriche intercalate in un testo accadico comeideogrammi; ancora oggi lo studio delle lingue semitiche di Mesopotamia richiede unasolida preparazione specialistica, e difficilmente si concilia con altri tipi di ricerca.

    Torniamo ora a Bopp: nel 1821 egli ottenne a Berlino una cattedra di grammaticacomparata, e pass tutta la sua vita in questo tipo di ricerche. A partire dal 1833 pubblica fascicoli una grammatica comparata che inizialmente prendeva in considerazionesanscrito, avestico, greco, latino, lituano, gotico e tedesco, poi egli riconobbe il carattere

    indoeuropeo di lingue come l'antico slavo, l'antico prussiano, l'albanese; questagrammatica fu completata nel 1852, ma subito dopo egli lavor ad una seconda edizioneriveduta, che usc tra il 1857 ed il 1861; prepar anche la terza edizione, uscita postumanel 1867. Dunque per un cinquantennio egli continu a lavorare su questo argomento,dimostrando che con lo studio sistematico delle lingue, ed in particolare della grammaticacomparativa, si poteva fare una nuova scienza; per la prima volta nella storia cre unascuola di studiosi professionali del linguaggio, e soprattutto per questo lo si puconsiderare il fondatore della linguistica. Alla sua morte era attiva una secondagenerazione di linguisti, che continu validamente la sua opera. Vediamo ora quali sonole lingue indoeuropee oggi conosciute: abbiamo menzionato il sanscrito (e le lingueneoindiane), poi vengono le lingue iraniche, che nella fase pi antica erano strettamente

    affini alle parlate dell'India: un tempo esse avevano un'estensione territoriale moltomaggiore di oggi, ma anche ora non si riducono affatto al territorio dell'Iran. Oltre alpersiano moderno vero e proprio, lingua ufficiale dell'Iran, e che deriva dal persianoantico delle iscrizioni cuneiformi, esiste il tagico (parlato oltre che in Tagikistan anche inaltre repubbliche dellAsia centrale) che una variante di persiano, come pure ilcosiddetto dari dellAfghanistan; altre lingue iraniche (ma pi distanti) sono il curdo(usato soprattutto in zone di confine tra Iran, Turchia, Iraq), il baluchi (nella zona diconfine tra Iran, Afghanistan e Pakistan), il pashto o pashtun (lingua ufficiale degliAfghani, ma diffuso anche in Pakistan), l'osseto del Caucaso, e molti altri dialetti isolati;delle lingue iraniche antiche conosciamo l'avestico e l'antico persiano epigrafico

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    (entrambe note in modo non completo a causa della scarsit di testi), poi nel Medioevo ci tramandato il sogdiano (che fa parte delliranico orientale) ed altri dialetti, attestatiattraverso manoscritti dei Manichei o dei Buddhisti stabiliti nell'attuale Turkestan cineseo Sinkiang. Nel tardo Ottocento ci si accorse che l'armeno non un dialetto iranico, mauna lingua indoeuropea a s: le prime attestazioni risalgono al V sec. d.C., con lacristianizzazione di quel popolo e la prima traduzione della Bibbia. Sono poi indoeuropeele lingue slave (russo, bielorusso, ucraino, polacco, ceco, slovacco, sloveno, bulgaro,croato, serbo ecc.): il pi antico documento che possediamo la traduzione della Bibbiadi Cirillo e Metodio, del IX secolo d.C., in un dialetto bulgaro-macedone che per a queltempo non doveva essere molto diverso da tutte le altre parlate slave. Le lingue balticheindoeuropee oggi sono il lituano ed il lettone (l'estone invece simile al finnico); fino alXVII secolo si parlava anche il prussiano, e ne rimane qualche documento, in opuscoli diargomento religioso scritti al tempo della Riforma protestante. Sono indoeuropee anche le

    lingue germaniche, divise in un gruppo orientale (estinto) rappresentato soprattutto dalgotico (ma sembra che parlassero dialetti affini anche Vandali, Eruli, Burgundi; una tribdi Goti si mantenne in Crimea almeno fino al XVI secolo), un gruppo occidentale che nelMedioevo comprendeva l'antico altotedesco (da cui deriva il tedesco moderno), l'anticosassone, il medio olandese, l'anglosassone, il frisone, nonch il basso tedesco oPlattdeutsch (rimasto sempre un dialetto anche se in alcuni secoli ebbe un ruolonotevolissimo); ed infine il gruppo nordico comprendente tutte le lingue scandinave,naturalmente eccetto il finnico ed il lappone. Un tempo erano diffusissime in Europa lelingue celtiche, che oggi sono tutte pi o meno moribonde: in primo luogo l'irlandesegaelico, che ha una vasta letteratura ed oggi in Irlanda insegnato a scuola, ma comelingua parlata ha un uso limitatissimo; il gaelico scozzese, confinato alle zone estreme

    della Scozia; il gallese, usato nel Galles da una minoranza sempre pi ristretta; ed ilbretone, in netto declino (queste ultime due lingue fanno parte del gruppo britannico nelceltico, contrapposto al gruppo gaelico). Sul gallico antico (anchesso celtico) abbiamoscarse testimonianze. Queste lingue sono molto complicate (specialmente l'irlandese) emolto evolute rispetto alle altre lingue indoeuropee, per cui Bopp all'inizio non ritenne didoverle classificare in questa famiglia linguistica; solo dopo che nel 1853 usc laGrammatica celtica di Johann Kaspar Zeuss si riconobbe appieno la loro giustacollocazione. Nell'Europa meridionale, indoeuropeo il greco, lingua ben conosciuta e dicui si pu seguire l'evoluzione per pi di tre millenni, ora che sappiamo leggere idocumenti di miceneo. Nell'Italia antica erano lingue indoeuropee il latino, l'osco-umbro,il venetico, il messapico, probabilmente anche il ligure ed il siculo; non era indoeuropeo

    invece l'etrusco. Inoltre, a partire dal 1915 si cominciato a conoscere un altro gruppo dilingue indoeuropee antiche in Anatolia: l'ittito, il luvio, il licio, il lidio; invece il frigio,pure esso parlato in Anatolia nell'et classica, era anch'esso di origine indoeuropea, maimportato da popolazioni venute dalla Tracia. Si noti che littito la lingua indoeuropeapi anticamente attestata, quella di cui possediamo i pi antichi documenti scritti: ma perla ricostruzione si usa relativamente poco, sia perch la scrittura cuneiforme usata neitesti talmente complessa ed imprecisa da fornirci solo unidea molto approssimativadella lingua sottostante, sia perch la lingua stessa doveva essere notevolmente evoluta.Delle antiche parlate della penisola Balcanica, oltre al greco, sopravvive soltantol'albanese che, pur molto evoluto e modificato profondamente da influssi di altre lingue,

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    nel suo nucleo risale ad una lingua indoeuropea non altrimenti conosciuta. Infine bisognamenzionare una lingua scoperta con grande sorpresa all'inizio del Novecento, inmanoscritti medioevali buddhisti provenienti dal Turkestan orientale: si tratta del tocario(ma non si sicuri che il popolo che la parlava fossero proprio i Tocarii, attestati da fonticlassiche ed orientali), che diviso in due dialetti, chiamati A e B, e non mostraparticolari affinit con le lingue indoiraniche, che pure sono geograficamente le pivicine.

    Come si vede, alcune di queste lingue sono ben attestate, hanno una solida letteratura;altre invece sono pochissimo conosciute, perch i testi che ce le tramandano sono tropposcarsi, o troppo brevi, o ripetitivi. In una situazione del genere sono tutte le linguedel'Italia antica eccetto il latino, le lingue anatoliche (le quali, pur essendo attestate inepoca molto antica, appaiono evolute), il traco-frigio, il gallico, ecc.

    Riprendendo la storia della linguistica dovr menzionare Wilhelm von Humboldt

    (1767-1835). Si tratta di un uomo politico importante nel regno di Prussia all'epocanapoleonica e nella Restaurazione: come ministro, fu proprio lui a fondare l'Universit diBerlino, e vi chiam ad insegnare Bopp. Si occup di teoria del linguaggio in vari scritti,e fra laltro si avvalse ampiamente di descrizioni di lingue esotiche lasciate da missionari(soprattutto gesuiti), ma l'opera che rappresenta meglio il suo pensiero (specienell'introduzione) sembra ber die Kawisprache auf der Insel Jawa, pubblicata postumadal 1836 al 1840. Questa lingua kawi in realt l'antica lingua letteraria dell'isola diGiava, usata fra il X e il XVI secolo; poi, col prevalere dell'Islm, i seguaci degli antichiculti si rifugiarono a Bali dove continuarono le loro tradizioni. Questa letteraturagiavanese fortemente influenzata dal sanscrito: lo stesso nome kawi parola sanscrita(nella traslitterazione ordinaria kavi) e significa "poeta", e kvya significa "arte poetica"

    (ma per noi quello stile artificioso tipico della poesia sanscrita tarda). Il kawi unalingua colma di prestiti sanscriti, e la letteratura in questa lingua quasi interamente diderivazione indiana: ma curiosamente si molto radicata nel Paese, al punto che gli eroidel Maha@bha@rata come Arjuna furono ben presto creduti degli antichissimi re di Giava; epoi l'epica indiana non fu semplicemente tradotta, ad esempio il Ra@ma@@yana in kawiriprende una versione abbreviata in sanscrito (kvya) del poema indiano, ma lo rifcompletamente. Questo rifacimento, e questo appropriarsi dei poemi indiani, sono forsepi evidenti nell'altro grande poema kawi, il Bharata Yuddha, che contiene la battagliafinale del Maha@bha@rata. In questo poema esistono lunghe (e per noi abbastanza noiose)descrizioni della natura che sembra partecipare all'azione nonch ai turbamenti degli eroi;ma la natura qui descritta tipicamente giavanese, non certo indiana, le piante e gli

    uccelli sono quelli familiari a Giava. Tornando a Humboldt, possiamo dire che egli non silimit al kawi, ma abbozz una grammatica comparativa delle lingue maleo-polinesiache,che aveva in parte conosciuto nei suoi viaggi (una famiglia grandissima, con enormeestensione territoriale: ne fanno parte, oltre alle lingue dell'Indonesia ed al malese, lelingue delle Filippine, della Melanesia Micronesia e Polinesia, qualche lingua minoritariadel Vietnam, il Maori della Nuova Zelanda, alcune lingue della Nuova Guinea nella partepi orientale, ed infine il malgascio, lingua nazionale del Madagascar: in parte questelingue si diffusero per emigrazioni, in parte furono adottate da popolazioni allogene);per, come del resto era logico, egli non part da lingue puramente orali, ma dalla linguadi quel gruppo che aveva la pi solida tradizione letteraria. Si pu dire che questuomo

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    sinteress di linguistica da diversi punti di vista: la linguistica descrittiva (oltre allagrammatica del kawi ne pubblic una del basco, lingua che aveva studiato sul campo); fuil primo, si pu dire, a trattare con competenza di linguistica teorica; parimenti inizi glistudi sulla tipologia linguistica; ma si occup anche di linguistica storico-comparativa, siacon la sua ricostruzione della famiglia maleo-polinesiaca, sia con alcuni contributi teoricialla ricerca in campo indoeuropeo. Leggendo il manuale della Morpurgo5, nel capitolodedicato a questo autore si trovano esposte molte delle sue idee (notissima e molto citatalidea che la lingua non un ergon, ma una enrgeia; in altre parole non un tutto in scompiuto e concluso ma unattivit creativa, capace di rinnovarsi continuamente), chespesso si sono rivelate geniali e precorritrici, sostenute com'erano da una culturaeccezionalmente vasta e profonda, e concepite da un ingegno non comune. Ma va puredetto che non ebbe un grande seguito perch a quel tempo i risultati della ricercalinguistica non offrivano sufficiente materiale per proseguire sulla strada di

    considerazioni generali e di costruzioni teoriche: in pratica tutto quello che si potevateorizzare in quegli anni fu gi lucidamente esposto da lui, e per continuare la sua operaoccorreva il lavoro di altre generazioni.

    Passiamo quindi alla seconda generazione di linguisti: nel campo indoeuropeo, ilpersonaggio forse pi rappresentativo il gi citato August Schleicher (1821-1868).Aveva studiato linguistica e filosofia a Bonn, e si era imbevuto di idee hegeliane; coltivcome seconda passione la botanica (qualcuno disse che la linguistica per lui era la moglielegittima, e la botanica l'amante), e ader alle teorie di Darwin. La sua opera principale ilCompendium der vergleichenden Grammatik der indogermanischen Sprachen, Weimar1861; suo merito l'aver dato risalto alla fonetica, ed aver trattato di "suoni" anzich di"lettere" (cio non diceva pi, come i primi comparatisti, che alla lettera c- del latino

    corrisponde la lettera h- nelle lingue germaniche: diceva giustamente che il mutamentoavvenne tra suoni); suo anche il primo coerente tentativo di ricostruzione della linguamadre indoeuropea. Gi Bopp aveva ipotizzato che doveva essere esistita una linguamadre da cui derivarono tutte le lingue indoeuropee storicamente conosciute; maSchleicher si spinse oltre, tent di ricostruire le parole indoeuropee, e scrisse perfino unafavoletta in quello che per lui era l'indoeuropeo. Si pu vedere l'inizio di questa favoletta,cos come la scrisse lui:

    Avis akvasas kaavis, jasmin varna na a ast, dadarka akvams, tam, vagham garum vaghantam, tam,bharam magham, tam, manum aku bharantam.

    trad.: (una) pecora, sulla quale lana non era, vide cavalli, quello (un) carro pesantetirando, quello (un) peso grande, quello (un) uomo velocemente portando.

    Oggi le singole parole si ricostruirebbero diversamente: si scoperto che una leggefonetica del sanscrito, e non la situazione originaria, la riduzione di e ed o ad a; inoltre si scoperto che le consonanti velari dovevano essere tripartite, dovevano cio esistere dellevelari pure, delle palatali (trascritte k$, g$, k$h, g$h), e delle labiovelari, cio suoni del tipoqu-: queste ultime si trascrivono qu o kw o anche qw, kw (la sorda), gw, gu8,gw (la sonora),

    5 Anna MORPURGO DAVIES,La linguistica dellOttocento, ed. Il Mulino, Bologna 1996.

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    e infine gwh, gu8ho gwh (la sonora aspirata). Perci nel 1939 un altro indoeuropeista,Hermann Hirt, prov a riscrivere la favoletta nel modo seguente:

    ou8isek$u8oses-queou8is, jesmin u8l9nane est, dedork$eek$u8ons, tom, u8og$homgWrumu8eg$hontm9, tom, bhorommegam, tom, ghmonm9ok$ubherontm9.

    Vediamo le singole parole: "pecora" in sanscr. avis, in gr. oi'j" ois (da *owis: la -w-interna sparita senza lasciar traccia, come spesso accade in greco), in lat. ovis, in lit.avs. Quanto alla parola per "cavallo", in scr. avas (dunque allinterno c una*k$palatale + w), gr. i[ppo (hippos), lat. equus, a. irl. ech, gall. epo-, got. aihwa-: ladesin. di Nom plur. doveva essere in -es, ma forse in temi in -o come questo contraevanoos-es in -o@s, e quindi forse da ricostruire *ek$wo@s. Quanto alla congiunzione -que, la si

    ritrova tale e quale in lat., in scr. diventata ca per note leggi fonetiche: in questa linguala qu- diventa k-, poi davanti ad -e la k- si palatalizza, poi la -e cambia in -a (*kwe > *ke> *ce > ca, pronunciato come it. cia); il gr. hate, perch in questa lingua una *qu-davanti a vocale palatale (e, i) diventa t-. Quanto al pronome jasmin o iesmin, ricostruito sulla base del scr.yasmin, locativo del pron.ya-: ma sulla base del gr.hJv (nom.)si potrebbe anche ricostruire *iei. La parola per "lana" in scr. urna, in gr. lhnov lens(dor. lanov lans), lat. lana, got. wulla: si pu ricostruire un *u8l9@na, se si ammette chenell'indoeuropeo esistessero sonanti lunghe, oppure in caso contrario *u8 lna.

    Dubito che valga la pena di continuare a discutere tutte le singole parole del testo,tanto pi che in seguito, pi per gioco che per convinzione, altri linguisti provarono ariscrivere la stessa favoletta, secondo le loro teorie. Ma non ci si fa illusioni sullapossibilit di queste ricostruzioni, tanto pi che in questo lavoro si rischia sempre diproiettare su un unico piano fatti linguistici che in realt si sono verificati in epochesuccessive; la distanza fra le lingue indoeuropee attestate e la lingua madre troppogrande perch si possa capire con sufficiente chiarezza come funzionava questa lingua,mentre invece si pu parlare con molto pi sicurezza di germanico comune, o di slavocomune, perch conosciamo lingue molto vicine a quella fase. Comunque oggi usiamoscrivere le parole di indoeuropeo ricostruito con un asterisco, come formulette comodeper evitare di citare tutte le forme realmente attestate nelle lingue storiche.

    Di Schleicher rimasto famoso un opuscolo, una lettera intitolata La teoriadarwiniana e la linguistica (1863), in cui afferma che, come le specie animali o vegetali,

    anche le lingue hanno una vita, sorgono, crescono e poi invecchiano e muoiono (va dettoche a quel tempo era convinzione comune che le lingue indoeuropee nel periodo dellaloro formazione non si fossero evolute con le stesse modalit osservate nelle linguestoriche: questa scuola di pensiero si dice antiunitaria); anche alle lingue secondo lui sipossono applicare i concetti di "famiglia", anzi per la famiglia indoeuropea egli disegnun vero e proprio albero genealogico, oggi non pi accettabile:

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    b a l t ic o s la v o c e l t ic o i t a l ic o g r e c o a l b a n e s e ir a n i c o in d i a n o

    g e r m a n i c o l it u s l a vo i t a l o c e l t ic o g re c o a r io

    n o r d e u r o p e o a r i o g r e c o i t a l o c e l t i c o

    i n d o e u r o p e o

    Oggi non si crede pi a questo albero genealogico per vari motivi: in molti casi si hal'impressione che ci siano state delle migrazioni, per cui alcuni popoli indoeuropei che orasi trovano vicini possono non esserlo stati in un passato remoto; d'altra parte certo che lelingue indoeuropee nelle loro sedi storiche si influenzarono reciprocamente: il caso pitipico riguarda le antiche lingue italiche le quali probabilmente (a differenza di quantopensava Schleicher) in origine non formavano per nulla un gruppo all'internodell'indoeuropeo, ma poi trovandosi vicine cominciarono ad imitarsi reciprocamente, edinfine risentirono tutte dell'influsso latino; sono poi noti gli antichi influssi iranici sulloslavo. Mi si permetta una digressione: abbiamo visto come i linguisti della primagenerazione dipendevano dal clima romantico, e similmente i linguisti della seconda met

    dellOttocento risentirono del clima positivistico. La pubblicazione dellopera di DarwinOn the Origin of Species (1859) ebbe un impatto enorme sulla cultura di quel tempo: fralaltro, le conseguenze travalicarono di gran lunga il campo della biologia, a cui inveceera opportuno che la ricerca si limitasse. Spiegandomi, dir che per evoluzione si possonointendere almeno tre cose diverse: a) un processo, comprendente mutazioni genetichecasuali e selezione naturale, che era ed una forza trainante nello sviluppo della vita sullaterra; b) un processo, comprendente mutazioni genetiche casuali e selezione naturale, chefornisce la spiegazione esauriente dello sviluppo della vita sulla terra, dai pi sempliciorganismi viventi fino agli esseri umani; c) un processo, comprendente mutazionigenetiche casuali e selezione naturale, che fornisce la spiegazione esaurientedellesistenza e della natura di tutti gli esseri viventi, compresi gli esseri umani. Nella

    formulazione a), levoluzione darwiniana oggi pu essere accettata da tutti; nellaformulazione b) gi pi discussa, perch (a quanto sembra) numerosi fatti nonquadrano; nella formulazione c) essa travalica certamente la biologia e addiritturaabbandona il campo scientifico, invadendo il terreno della filosofia (e per soprappi,Schleicher fece s che il metodo darwiniano invadesse anche il campo della linguistica).Ma purtroppo nella seconda met dellOttocento la versione pi corrente e diffusadellidea evoluzionista era quella che faceva delluomo un puro prodotto biologico: se nevidero le conseguenze nel secolo che segu, coi terribili massacri che le guerre e leideologie provocarono.

    Comunque, in pochi anni dopo la morte di Schleicher il panorama delle cognizioni

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    riguardanti le lingue indoeuropee cambi radicalmente. Ho gi menzionato la legge diGrassmann: questo studioso la espose nel 1863, in un articolo sulla "Zeitschrift frvergleichende Sprachforschung", come spiegazione di alcuni fatti del germanico che nonsi inquadravano nelle leggi di Grimm: infatti se si trovano parole come sanscr. bandhas"legame", bandhus "parente", il collegamento con il gr.penqerov" (penthers) "suocero",e il got. bindan "legare" sembra impossibile: invece, sapendo che in greco e sanscrito,ogni volta che in una parola si trovavano due aspirate, la prima si deaspirava, si puagevolmente ricostruire alla base di tutti questi vocaboli una radice *bhendh-, in cui tuttirientrano perfettamente (per le leggi di Grimm, le cosiddette medie aspirate in goticodiventano medie). Una scoperta importantissima fu resa nota nel 1870, ad opera delgoriziano Graziadio Isaia Ascoli: egli not come in alcune parole un suono k rimangainalterato in sanscr. e nelle lingue europee (ad es. sanscr. nktis "notte", gr.nuvkt- (nykt-),lat. noct-, got. nahts con rotazione consonantica; sanscr. kravi- "carne cruda", gr.

    krev()a" kr(w)as, lat. carn-), in altri si trovi in sanscr., altre sibilanti in iranico ebaltoslavo, knelle lingue europee (es. sanscr. atam "cento", avest. sat m, gr.eJkatovnhe-katn, lat. centum, lit. imtas; sanscr. daa "dieci", avest. dasa-, arm. tasn, gr. devkadka,lat. decem, a. irl. deich, got. taihun, lit. deim-t, a. slavo dese-ti), ed in altri al contrario siabbia k(o c) in sanscrito, ma qu- in lat.,p- o t- in gr., hw- in got.: ad es. sanscr. catvaras"quattro", arm. cork', gr. tevssare" tssares (omerico pivsure" psyres, beotico

    pevttare" pttares), lat. quattuor, umbropetur, lit. ketur, a. slavo cetyre (la forma che siricostruisce *quetwores). Perci egli arriv ad ipotizzare tre diverse serie di velariindoeuropee: le velari pure, continuate in tutte le lingue; le palatali, continuate insanscrito, iranico, armeno, slavo, baltico, ma confuse con le precedenti nelle linguedell'Europa nordoccidentale e in greco e latino-italico; e le labiovelari (suoni di tipo qu-),

    che in sanscr., iran., baltoslavo si confondono con le velari pure, ma restano distinte inlat., gr. (dove diventano dentali avanti i, e; velari in vicinanza di u; labiali negli altri casi;ma i dialetti eolici hanno labiali anche davanti a vocale palatale), in celtico (pur condifferenze tra gaelico e britannico), in oscoumbro e germanico. Siccome quasi tutte lelingue distinguono solo due delle serie (hanno cio o velari + labiovelari o palatali +velari, con le velari che si confondono con la serie andata persa), si parl di linguekentum (dal lat. centum) e lingue satem (dalla corrispondente forma avestica sat m =100). Alcune tracce di tutte e tre le serie sono conservate in armeno e albanese, maentrambe le lingue sono molto evolute e servono poco per la ricostruzione; altre tracce(ma pi sporadiche) di tutte e tre le serie si ritrovano in sanscrito e greco; le lingueanatoliche sembrano appartenere al gruppo centum, per presentano qualche forma

    satem; il tocario fa parte del gruppo centum, con qualche reminiscenza delle vecchiepalatali.

    Nel 1873 fu dimostrato che, anche se il sanscrito confonde molto spesso (e pi ancoranella fase vedica) le consonanti r, l mantenendo solo r, in realt questa non la situazioneoriginaria, ma un'innovazione indoiranica, e la lingua madre doveva possedere un fonema/l/ perfettamente distinto da /r/.

    Nel 1876, Hermann Osthoff postul l'esistenza nell'indoeuropeo primitivo di liquidesonanti, come in sanscrito. In questa lingua la r e la l possono aver funzione di apicesillabico, possono cio fungere da vocali (secondo il padre della fonologia Trubeckojqueste non sarebbero mai delle vere vocali, ma secondo i grammatici indiani era il

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    contrario, e per semplicit possiamo seguire questi ultimi): nella scrittura indianaesistevano anzi due segni particolari per r9 ed l9 vocali, distinte da r ed l consonanti;esisteva anche una r9 lunga, e secondo i grammatici indiani perfino una l9 lunga. Osthoff,basandosi su equazioni del tipo:

    sanscr.pitr9su= gr.patrsi, sanscr. matr9su= gr. matrasi,pens che nel primitivo indoeuropeo dovessero esistere suoni di questo tipo, conservatisiin sanscrito e passati in greco a ra e la (in certe condizioni anche ar, al), in lat. a or, ol, incelt. a ri, li, in german. a ur, ul, in baltico a ir, il, in slavo a ri, li. Esempi: sanscr. mr9ti-"morte", lat. mort-, lit. mirtis, a. slavo si*-mri*t, a. alto ted. mord"uccisione"; sanscr. mr9du-"molle", gr. !amalduvnwamaldno "ammollisco, indebolisco", lat. mollis, lit. mildus.

    Nel 1877 furono rese note alcune scoperte fondamentali in campo indoeuropeo: primafra tutte la legge di Verner. Il danese Karl Adolph Verner si chiedeva come mai, in dueparole gotiche simili da molti punti di vista come fadar "padre" e broar "fratello", ci

    fosse stata un'evoluzione discorde: infatti, alla prima corrisponde il lat. pater (e paroleanaloghe nelle altre lingue), alla seconda il lat. frater: perch dunque una -t- internadev'essersi evoluta in -- (regolarmente, secondo le leggi di Grimm) nel secondo caso, einvece in -d- nel primo? Avendo in mano la grammatica di Bopp in cui le parole sanscritesono scritte con l'accento (tipico della fase vedica), not come la prima sia pit, laseconda bhra@!!ta@; in greco, che pure conserva in parte l'antico accento indoeuropeo, si harispettivamentepathvr patrefravthrphrter"membro d'una fratra". Si domand se ladiversa evoluzione fosse dovuta alla diversa posizione dell'accento: da altri casi trovconferma, e cos arriv a formulare la sua legge: in germanico, le occlusive sordedell'indoeuropeo evolvono regolarmente a spiranti sorde solo all'inizio di parola o quandol'accento indoeuropeo cadeva sulla vocale immediatamente precedente; ma all'interno, in

    posizione intervocalica, se l'accento cadeva sulla vocale seguente, mutano ancoradiventando spiranti sonore (indicate nelle scrittura gotica semplicemente come dellesonore b, d, g). Cos si vide che tutta una serie di fenomeni, che prima sembravano fareeccezione elle leggi di Grimm, in realt cadevano sotto un'altra legge pi minuziosa.

    Nell'anno 1877, Karl Brugmann postul l'esistenza in indoeuropeo, accanto alleliquide sonanti, di nasali sonanti, cio di m9 e n9 in funzione di apice sillabico (ovvero infunzione vocalica). L'evoluzione sarebbe verso a in greco e sanscr., verso em, en in lat.,verso im, in nel celtico e baltico, verso um, un in germanico, verso e in slavo. Cos,postulando un indoeur. *dek$m9 "dieci", si ha sanscr. daa, gr. devkadka, lat decem, got.taihun ecc.; il prefisso privativo, che in gr. e sanscr. a-, in lat. in-, nelle lingue german.un-, si trova cos che risale ad un antico *n9-; per es. sanscr. a-mr9tas"immortale", gr.

    a[mbroto" -mbrotos, lat. im-mortalis, o sanscr. a-jatas "ignoto", gr. a[gnwto"-gnotos,lat. ignotus (da *in-gnotus: sembra che in latino il gruppo gn- si pronunciasse Nn-), a. irl.in-gnat, got. un-kuns. In questo modo si spiega anche la desinenza -a dell'accusativo neitemi in consonante del greco: desinenza normale di quel caso -m, come in lat. lupu-m,sanscr. vr9ka-m, gr. luvkon lyko-n (in greco la -m finale non pu stare e quindinormalmente cambia in -n); per i temi in consonante, il lat. ha ad es. leon-em, mentre ilgr. ha levonta lonta: se si presuppone anche qui una m9 sonante, si avr *lont-m9 >lont-a (la parola in questione non ha origine indoeuropea, ma la desinenza puugualmente essere assunta ad esempio).

    Ancora nel 1877, H. Hbschmann postul l'esistenza del cosiddetto va (o wa)

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    indogermanicum, vocale indistinta che gli studiosi scrivono di solito: in alcune parole,ad una -i dell'indoiranico corrisponde per lo pi -a nelle lingue dell'Europa: cos il pivolte citato sanscr. pitar- "padre" trova corrispondenti nel gr.pathvr pater, lat. pater,ecc.; al sanscr. sthits "posto" (part. pass.) corrisponde gr. statov" stats, lat. status, ecc.

    Tra il 1878 e il 1880 fu scoperta la legge di Collitz e Schmidt: si vide cio che insanscrito (a somiglianza dell'italiano) le velari palatalizzano davanti a -e, -i: cos la parolacorrispondente al lat. quid cid, da *kid (non dimentichiamo che il sanscrito linguasatem, dunque la qu- passa a k-). Ma anche dove l'antica -e non c' pi, perch passata ad-a, la palatalizzazione rimane: cos alla congiunzione lat. -que "e" corrisponde ca,attraverso una trafila *que > *ke > *ce > ca, come si visto prima.

    Si vide anche che in sanscrito doveva essere esistito un antico o, perch in alcuni casiin cui ha valore morfologico non cambia in a, ma in a@. Cos in lat. esiste una radice men-che in origine doveva avere il valore di "pensare": mens, mentis "mente", memini (forma

    raddoppiata) "ricordo", ed il verbo causativo moneo (con vocale o-) "faccio pensare",quindi "ammonisco". In sanscr. doveva esistere una simile apofonia, si conosce manas"animo", manyase "tu pensi", e al causativo ma@nayati "egli fa pensare" (legge diBrugmann). Dunque l'indoeuropeo doveva conoscere e ed o, che anzi si opponevanomorfologicamente col procedimento dell'apofonia, come in gr. leivpw - levloipa lipo -l-loipa "lascio - ho lasciato"6.[Cerchiamo ora di spiegare che cosa sono la metafonia e lapofonia. Metafonia ometafonesi in linea di principio uno sviluppo puramente fonetico, linflusso di unavocale su unaltra non immediatamente vicina: ad esempio in alcuni dialetti veneti, comeil padovano rustico, esiste una metafonia di chiusura, per cui una i finale chiude lavocale della sillaba precedente: si ha allora bon buono, plur. buni; sposo,plur. spusi;

    tempo, plur. timpi; ninseo lenzuolo, plur. ninsi, ecc. Ma fin qui la metafonia non harisvolti grammaticali, perch la desinenza di plurale conservata. Diverso il caso deidialetti emiliani e romagnoli, che hanno perso la i finale e perci distinguono ilsingolare dal plurale con la sola metafonia: fiaur fiore, pl. fiur (da *fior, *fiuri). Neidialetti dellItalia centro-meridionale si ha unaltra metafonia di chiusura, determinataanche da ufinale:in questi dialetti si distingue infatti tra o ed ufinali del latino (tipolat. canto io canto e cantus il canto che nellItalia centromeridionale dannorispettivamente canto e cantu, mentre litaliano ha canto per entrambi). Ma in molti diquesti dialetti tutte le vocali finali sono passate oggi a -; perci il napoletano oggidistingue tra russ rosso(da rossu>russu) e ross rossa(da rossa), cio la metafoniaserve a distinguere il maschile dal femminile. Quindi nel napoletano odierno si hanno

    nuove formazione del tipo nfus bagnato (regolare, da infusus) che al femminile fanfos in cui la o- non giustificata da alcuna ragione etimologica (dal latino infusa sidovrebbe avere ancora *nfus). Dunque in un caso del genere la metafonia uscita daisuoi argini per diventare apofonia: lalternanza della vocale interna ha acquistato valoremorfologico, esattamente come nel verbo delle lingue germaniche, dove si ha ingl. tofind, found, found o ted. finden, fand, gefunden. In queste lingue il procedimentodellapofonia si applicato anche a verbi che etimologicamente non dovrebbero averla,

    6 Per una trattazione pi approfondita di queste leggi fonetiche si veda R. GUSMANI, Elementi di foneticastorica delle lingue indoeuropee, cit., pp. 69-70, 106-109, 114-135.

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    come ted. schreiben, schrieb, geschrieben dal lat. scribere o ingl. to catch, caught, caughtche attraverso il franco-normanno risale in ultima analisi al lat. captiare.]

    Con tutte queste scoperte susseguitesi in pochi anni, il panorama delle conoscenze incampo indoeuropeo cambi profondamente: si visto come la favoletta scritta daSchleicher (uscita nel 1868) sia profondamente diversa nell'aspetto delle parole da quelladi Hirt pubblicata (postuma) nel 1939, e fin qui non ci sarebbe nulla di strano: naturaleche la scienza progredisca in un lasso di tempo cos lungo. Un po pi sorprendente invece il constatare che praticamente tutte le leggi fonetiche che fanno la differenza tra ledue siano state scoperte prima del 1880, e quindi in teoria gi in quellanno qualcunoavrebbe potuto riscriverla molto simile a quella di Hirt7; non solo, ma negli annisuccessivi si verific una battuta d'arresto, sembrava che ormai tutto quel che si potevadire di plausibile su questi argomenti fosse gi stato detto. Comunque, negli anni"ruggenti" per cos dire, tra il 1875 e il 1880, soprattutto all'universit di Lipsia si

    svilupp il movimento dei giovani studiosi detti Junggrammatiker, in italianoneogrammatici. Capiscuola erano i gi citati Brugmann e Osthoff, principale teorico fu ilgermanista Hermann Paul: il principio che essi affermarono con la massima forza ful'ineccepibilit delle leggi fonetiche: "ogni mutamento fonetico, in quanto procedemeccanicamente, si compie secondo leggi senza eccezioni, cio la direzione delmovimento fonetico sempre la stessa in tutti i componenti di una comunit linguistica, ameno che non subentri una divisione dialettale, e tutte le parole sulle quali il suonosottoposto al movimento fonetico appare in uguali condizioni sono, senza eccezioni,soggette al mutamento"8. Unica possibilit di deroga che i neogrammatici ammettevanoalle leggi fonetiche era lanalogia: essa in effetti agisce allinterno di paradigmi,mantenendone lunit anche contro la persistenza delle leggi suesposte. Un esempio

    evidente si ha nel passaggio dallitaliano al latino: legge fonetica che la e*breve latina insillaba aperta e accentata diventa ie, e nelle stesse condizioni la o*breve diventa uo. Cosdal lat. de*cemsi ha dieci, da ho*mosi ha uomo. Allo stesso modo, da no*vusderiva nuovo,dal verbo me*tosi ha in italiano mieto. Ma in italiano abbiamo anche nuovissimo, o allaseconda persona plurale mietete, che sono forme analogiche: in questi casi (siccome siaggiungono dei suffissi, e laccento si sposta) si dovrebbe avere secondo le leggifonetiche novissimo (che in realt esiste in toscano, ed esisteva nellitaliano antico, maoggi non si usa pi) e *metete, ma si preferisce regolarizzare secondo i normali paradigmidella lingua. In buona parte questa dichiarazione dellineccepibilit delle leggi foneticheera un atto di fede: a quel tempo, dopo che nel volgere di pochi anni si erano scopertetante nuove leggi che rendevano il panorama della ricostruzione indoeuropea di gran

    lunga pi razionale che in precedenza, era ragionevole sperare che anche le residueoscurit sarebbero state presto dissipate. Cos non fu, e ad esempio in una lingua come illatino le leggi fonetiche, quando si riesce a formularle, ammettono sempre una quantit dieccezioni che non si riesce a spiegare. Si pu aggiungere che queste prese di posizionesuscitarono fra i contemporanei accese polemiche, su cui oggi si pu anche sorvolare; certo per che i neogrammatici portarono al massimo grado di raffinatezza il metododella linguistica storico-comparativa, tanto che dopo di loro le novit di maggior rilievo

    7 Va detto che lo stesso Hirt era un neogrammatico, ed anzi negli ultimi anni della sua vita, quando scrissela revisione di quella favoletta, era ormai un sopravvissuto.8 Cfr. C. Tagliavini, Glottologia, p. 175.

  • 7/29/2019 Lineamenti Di Linguistica - Cifoletti

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    in campo indoeuropeo derivarono pi dalla scoperta di nuove lingue appartenenti a questafamiglia (ittito, tocario, ecc.) che dalla ricerca di nuove leggi fonetiche: non che dopo il1880 non si siano pi trovate leggi fonetiche, anzi alcune risalgono ad anni recenti, manessuna di queste ha l'impatto di quelle del periodo neogrammatico. Il filone di ricercainaugurato da Bopp, la comparazione indoeuropea, anche se non era del tutto esaurito(non lo neppure oggi) cominciava a dar segni di stanchezza: nel frattempo per si eraformato uno stuolo di linguisti, e questa scienza aveva assunto grande prestigio: nelle