La cultura del socialismo...Socialismo di Edmondo De Amicis. Lettura del “Primo Maggio ”...
Transcript of La cultura del socialismo...Socialismo di Edmondo De Amicis. Lettura del “Primo Maggio ”...
Rassegna bibliografica
La cultura del socialismodi Maurizio Degl’Innocenti
Nell’ormai ampia letteratura sui rapporti tra politica e cultura in Italia nella seconda metà dell’Ottocento, i due recenti lavori di Gio- vannini e di Fedi (Claudio Giovannini, La cultura della “Plebe”, Milano, Angeli, 1984, pp. 158, lire 15.000; Roberto Fedi, Cultura letteraria e società civile nell’Italia unita, Pisa, Nistri Lischi, 1984, pp. 314, lire 20.000), di cui avevamo già apprezzato alcune anticipazioni in riviste specializzate o in occasione di convegni di studio, offrono un contributo stimolante e talvolta ricco di spunti filologicamente interessanti, in particolare in merito alle generazioni di giovani intellettuali che, dalle delusioni degli esiti risorgimentali, approdarono al radicalismo democratico o al socialismo.
Giovannini propone una attenta rilettura de “La Plebe”, uno dei più noti e più importanti organi di stampa di ispirazione repubblicana e socialista, anzi — secondo la storiografia corrente — non solo punto di riferimento di letterati democratici e scapigliati, e dei vari leader delle maggiori tendenze del socialismo italiano e internazionale, ma anche espressione delle diverse fasi di sviluppo del socialismo evoluzionistico e gradualista in Italia. Merito di Giovannini è tanto di avere allargato lo studio al periodo iniziale, quando il giornale fondato a Lodi nel 1868 da Enrico Bignami si presentava “repubblicano-razionalista”, quanto di avere cercato di ricostruirne tutte le implicazioni culturali, che si concretizzavano nell’accentuato laici
smo, nella fede verso la scienza, la ragione e il progresso (pp. 41-59), nella proposta di una nuova letteratura anche se ancora incerta tra la poesia carducciana, la prosa verista, la poesia di protesta, la critica scapigliata. Ne scaturisce il quadro di un itinerario politico e culturale particolarmente complesso, nel quale vecchio e nuovo convivevano o meglio si scontravano, e dove impegno politico progressista e retroterra culturale non sempre riuscivano a trovare una sintesi, come l’autore sembra prospettare nel capitolo per certi versi emblematico, dedicato alla questione femminile (in particolare pp. 71-77).
Sul piano dei programmi più strettamente politici, l’autore ne mette in risalto il costante richiamo al mito della Rivoluzione francese, in particolare del periodo giacobino, profondamente rivalutato durante il Secondo Impero rispetto al dantonismo precedente; e il ruolo avuto dall’esperienza della Comune nel progressivo orientamento del giornale verso un socialismo “comunalista” e libertario. Rispetto alla nota tesi di Ernesto Ragionieri, l’autore sottolinea in maniera convincente il rapporto decisivo de “La Plebe” con il socialismo francese, da Proudhon, a Brousse e a Malon, limitando la prevalente influenza marxista al solo terreno economico (pp. 146-49).
In verità, “La Plebe”, nelle sue componenti culturali razionaliste, scientiste, repubblicane e garibaldine, in polemica con Mazzini, evidenziava 1’esistenza di un’ampia area
98 Rassegna bibliografica
di democrazia sociale, che ebbe un peso notevole nella costituzione della Prima Internazionale in Italia e che comunque dette un’impronta per certi aspetti decisiva agli originari caratteri del movimento socialista italiano, al di là della stessa eredità positivista e garibaldina, su cui ora, tra i tanti recenti contributi per lo più d’occasione si veda l’agile lavoro di L. Briguglio, Garibaldi e il socialismo (Milano, SugarCo, 1982). La funzione allora e negli anni seguenti degli intellettuali e l’eredità di un modo particolare di fare politica, il sedimentarsi di una certa predisposizione pragmatica e “sperimentale”, il ruolo peculiare attribuito alla cultura e alla istruzione, l’intreccio di un cosmopolitismo umanitario e pacifista e di un radicato internazionalismo proletario, lo stesso concetto di “popolo”, che nella “plebe” comprendeva il proletariato urbano, i garzoni, gli artigiani, ma anche la canaglia, la plebaglia, quella che per Paolo Valera, assiduo collaboratore, sarebbe divenuta con accenti diversi la “folla”, sono alcuni dei problemi che oggi si pongono all’attenzione dello studioso. Così come, al pari della ricerca di Fedi su “Il Preludio” , fondato a Cremona nel novembre 1875 da Andrea Cantalupi, Arcangelo Ghisleri e Leonida Bissolati, sul “Gazzettino Rosa” di A. Bizzoni, Felice Cavallotti e F. Cameroni, la lettura de “La Plebe” sollecita lo studio della commistione risorgimentale tra attività giornalistica e milizia politica, anche come succedanea alla assenza di moderne organizzazioni di partito; mentre il generale trasferimento delle sedi delle riviste dalla provincia alla grande città non può non sollevare la questione della mutata collocazione del giornalismo provinciale e del carattere più o meno decentrato della società politica.
Nel suo studio sulle complesse relazioni tra cultura letteraria e società civile nell’Italia unita, fino al 1911, inteso come data periodizzante, anzi — per dirla con Cardarelli — l’ultimo anno dell’Ottocento (p. 11), Roberto Fedi allarga la ricerca alla novellistica se
mipopolare, alla novellistica colta e di consumo, all’attività giornalistica e politica, con scrupolo filologico ma senza mai perdere di vista i nessi più generali. Nelle Novelle montatesi di Gherardo Nerucci, Fedi non individua solo il gusto folclorico dell’Ottocento, ma anche il riflesso di uno stato di malessere di una generazione borghese e moderata, laica e un po’ populista, nostalgica dell’età eroica risorgimentale. L’itinerario culturale del Nerucci viene così ricondotto alla storia di una sconfitta di una intera generazione e al tentativo di un risarcimento nell’ipotetico e nella ricostruzione senza pretese di un passato-presente fantasioso, dove la memoria paesana sconfina nel meraviglioso (pp. 47-50). L’esperimento del “Preludio” è collocata dall’autore nel crocevia di una cultura alla ricerca di sé, pur nutrita della fiducia delle sorti progressive della nazione da parte della filosofia positivista e del radicalismo repubblicano, che si richiamava all’eredità di Cattaneo (p. 53). L’autore pone fortemente l’accento sul carattere decisivo per le sorti della cultura italiana del dibattito sul realismo nazionale, sul positivismo e sull’idealismo risorgimentale, ed assegna al “Gazzettino rosa” di Bizzoni e di Cavallotti, ma soprattutto alla parte avutavi da Felice Cameroni, un ruolo di punta e di avanguardia, per l’importazione del realismo zoliano in Italia, e soprattutto per la lettura di esso in chiave rivoluzionaria, “fino alla dichiarata proposta di costituire una diversa forma di cultura letteraria, non lirica né aristocratica, ma anzi rivolta in senso prevalentemente sociale, e dalle finalità chiaramente interpretabili come politiche” (pp. 56-57).
Di grande interesse sono i capitoli che l’autore dedica al rapporto tra socialismo e letteratura, ricostruito fin dalle prime esperienze sul “Preludio” e sul “Gazzettino rosa” , seguito attravero la lettura dell’ “Avanti!” del periodo romano e nell’esperienza di Cardarelli come redattore dell’ ’’Avanti!” , fino al suo trasferimento a Firenze. Egli prospetta la
Rassegna bibliografica 99
tesi che la proposta rivoluzionaria negli anni settanta di un realismo di avanguardia, avanzata da Cameroni, da Bissolati e da Ghisleri, con l’indicazione metodologica della prosa, intorno al primato di Zola, nei due decenni a cavallo del secolo venne recuperata solo sotto forma di propaganda sociale o come momento difensivo in una guerra di posizione, contro la marea montante del neomisticismo, dell’idealismo, dello spiritualismo cattolico e dell’irrazionalismo: se la “Critica sociale” passava da un radicato positivismo ad un sostanziale eclettismo, 1’ “Avanti!” di Bissolati poneva attenzione “alla potente eri- dità populistica romantica e risorgimentale, con anche l’intenzione di piegare la struttura narrativa borghese a strumento di comunicazione di contenuti progressivi, a medium privilegiato di informazioni ‘pedagogiche’ (P- 214).
Anche con il contributo costante di Gustavo Balsamo-Crivelli, riformista torinese, nella rubrica Cronache letterarie ospitata in prima pagina, 1’ “Avanti!” sembrava attestarsi, secondo l’autore, nella ricerca di una via mediana tra il tardivo recupero di esperienze narrative per lo più straniere, e l’elaborazione di una forma romanzesca autoctona, il cui motivo di distinzione fosse quasi esclusiva- mente l’attributo politico, con la conseguenza della separazione tra la tendenza diffusa alla stabilizzazione di alcuni punti fermi, e le sia pure interessanti iniziative della sparuta “avanguardia” presente (pp. 217-21). Da questo punto di vista, anche il paradigma cardarelliano, dall’ingresso come autodidatta nelle file del socialismo, alla ricerca di un proprio status intellettuale e sociale, fino al suo abbandono del giornale al tempo della guerra libica, viene presentato da Fedi come
il simbolo “di una frattura mai più ricomposta fra due generazioni, oltre che fra diverse direzioni ideologiche” (p. 269). Infine un lungo capitolo è dedicato dall’autore anche al De Amicis novelliere, dove viene prospettata la tesi della “divaricazione tra una generica vocazione al bozzetto e una coriacea ed infine politica volontà di romanzo”, conclusasi in lui con “la determinante condanna all’inedito” e con la rilettura di sé (pp. 154-55). Ma sul socialismo di De Amicis, maturato anche alla luce della lettura di testi marxisti intorno al 1890, e sul suo romanzo Primo Maggio, si veda ora la stimolante rivalutazione fattane da Sebastiano Timpanaro, Il Socialismo di Edmondo De Amicis. Lettura del “Primo Maggio” (Verona, Bertani, 1983, pp. 213, lire 11.000).
Resta il problema, al quale ora i lavori di Giovannini e di Fedi forniscono ulteriori spunti, della esistenza o meno all’interno della democrazia laica e repubblicana e del movimento socialista nell’Italia unita di un progetto culturale a largo raggio che fosse inteso come condizione per l’esito positivo di un programma politico di trasformazione profonda delle strutture economico-sociali e di gestione del potere, nel dilemma — che fu comune a tutta la socialdemocrazia europea — tra il tentativo di dare corpo ad una cultura “nuova” e alternativa rispetto a quella tradizionale e borghese e il proposito di avvicinare la cultura al popolo privilegiando il momento della distribuzione del prodotto artistico e in genere culturale e facendo della partecipazione dei socialisti alla cultura nazionale uno dei momenti fondamentali della lotta contro la stessa borghesia capitalistica.
Maurizio Degl’Innocenti
100 Rassegna bibliografica
Soldati e borghesi nell’Europa modernadi Giorgio Rochat
Lo studio comparato dei principali eserciti europei nell’età contemporanea, che si prefigge questo bel volume (John Gooch, Soldati e borghesi nell’Europa moderna, Ro- ma-Bari, Laterza, 1982, pp. 306, lire 28.000), è un tema relativamente nuovo e assai complesso, il cui sviluppo presenta lacune inevitabili e scelte dolorose, a cominciare dalla rinuncia a trattare politica navale e flotte da guerra. Proprio perché questa vuole essere un storia comparata, l’autore ha scelto di privilegiare la ricerca di elementi comuni nei grandi eserciti piuttosto che gli elementi di continuità o l’inserimento di ognuno di essi nella realtà nazionale. Particolarmente felici sono quindi le cento pagine dedicate al periodo 1815-1914 in cui, pur nella relativa diversità di soluzioni tecniche, gli eserciti europei ebbero Io stesso ruolo politico. “Custodi dell’ordine” è il titolo del capitolo sugli anni 1815-59, perché “l’ordine interno, sociale e politico, dell’Europa riposava sui suoi eserciti, i quali a loro volta ne erano un riflesso. Ma i poliziotti non sempre si rivelano buoni combattenti” (p. 84).
La pressoché generale adozione del modello prussiano di ordinamento dopo il decennio di guerre 1859-71 non rappresenta per Gooch una svolta politica radicale: “a molti tra i potenti dell’Europa, quando pensavano ai vantaggi che si potevano trarre dall’imitazione del modello prussiano, sembrava che l’obbedienza militare e la sottomissione politica facessero tutt’uno” (p. 113). L’organizzazione militare ebbe infatti da contemperare nei diversi Stati la tutela dell’ordine interno con la mobilitazione del maggior numero possibile di uomini e l’approntamento di corpi d’armata sempre più numerosi, potenti e costosi: ne derivò la tendenza generale della società industriale ad una delega della gestio
ne dell’esercito a corpi ufficiali chiusi, dominati dall’aristocrazia e dalle destre politiche, profondamente ostili verso i movimenti di massa. Gooch traccia una sommaria analisi delle cause di questa delega nelle principali potenze, ma, proprio perché gli interessa ricercare gli elementi per una storia comparata, più che approfondire le differenti situazioni nazionali, preferisce soffermarsi sulle conseguenze di questa delega, ossia sul conflitto tra governi e alti comandi, che esplose in tutti i paesi durante la prima guerra mondiale.
Di questo conflitto viene messa in rilievo soprattutto la mancanza di alternative: “I civili non sembrarono mai recedere dal principio che in tempo di guerra i militari dovessero avere pieni poteri. Se poi c’erano contrasti ai quali non si poteva rimediare, i capi militari erano sostituiti con altri capi militari: la possibilità che tornassero a comandare i civili era scartata a priori. Tutto questo era la conseguenza della generale illusione che fosse la forza lo strumento capace di far raggiungere gli obiettivi fissati: obiettivi che comunque gli uomini politici erano raramente, per non dire mai, in grado di spiegare ai militari ed ai civili in modo non del tutto generico” (p. 166).
Come emerge da questa citazione, la ricerca di Gooch si sviluppa nell’ambito di una storia tradizionale dei vertici politico-militari, anche per il condizionamento esercitato dalle disponibilità di studi utilizzabili per sottolineare il marcato parallelismo dei conflitti tra governi e alti comandi nei diversi paesi. Malgrado i dati interessanti forniti sul dissenso di base nei paesi in guerra, vengono così lasciati da parte gli studi e le interpretazioni più recenti che ridimesionano i pur aspri contrasti tra vertici politici e militari (e più in
Rassegna bibliografica 101
generale la separazione tra esercito e paese) come elementi di una stessa politica di affermazione imperialistica verso l’esterno e verso l’interno. L’interesse di Gooch per i rapporti politico-militari di vertice è così esclusivo che egli rinuncia anche a illustrare l’evoluzione della guerra di trincea, che pure presenta tanti elementi comuni nei diversi belligeranti.
Il capitolo forse più nuovo e interessante del volume è dedicato al ventennio 1919-39, perché “mentre prima del 1914 l’atteggiamento delle diverse nazioni europee di fronte alla guerra era sostanzialmente simile, negli anni tra le due guerre emersero sensibili differenze” (p. 191). Gooch individua due tendenze generali: la maggioranza dei paesi, a cominciare da Francia e Gran Bretagna, “ritenevano che la guerra moderna si fondasse sull’economia, che la strategia preferibile consistesse nello starsene sulla difensiva e che un attacco fosse ipotizzabile solo con grandi forze e dopo averlo lungamente preparato” . Minoranze aggressive, che trovarono espressione nella Germania nazista, “sostenevano che si poteva e doveva rompere l’equilibrio che era prevalso sul campo di battaglia negli anni precedenti e che ciò era possibile sperimentando le nuove armi messe a disposizione dalla tecnologia. Le due teorie non erano del resto soltanto il frutto di considerazioni d’ordine militare, ma erano espressione ciascuna dell’ambito socio-politico entro il quale erano nate” (p. 190). Tra questi due punti di riferimento Gooch articola l’analisi della politica militare europea, condotta con risultati molto stimolanti per il costante sforzo di confronto e per lo stretto collegamento con i problemi economici. Una lettura utile per tutti, in cui ci sembrano discutibili soltanto le pagine sull’Unione Sovietica, che presenta soluzioni troppo particolari per rientrare negli schemi della storiografia politico-militare classica. Meno nuovo, ma sempre interessante, l’ultimo capitolo sulla seconda guerra mondiale, che dedica ancora
molta attenzione ai problemi economici e industriali, lasciando in ombra la condotta dei combattimenti e l’organizzazione degli eserciti, fino a sottovalutare (ci sembra) la reale potenza bellica tedesca.
Il giudizio complessivo sul volume è largamente positivo, con due rilievi generali già accennati. In primo luogo una certa discontinuità di taglio tra i diversi capitoli o gruppi di capitoli, che di volta in volta presentano centri di interesse parzialmente diversi, come il ruolo degli eserciti nei singoli Stati nell’Ottocento, il conflitto tra governi e alti comandi nella prima guerra mondiale, le scelte di fondo della difesa nazionale tra le due guerre mondiali. È questo il prezzo da pagare per una ricerca che, volendo toccare i principali eserciti europei su un arco di quasi due secoli, è costretta a dipendere dagli studi esistenti; non sempre omogenei per i diversi paesi e periodi. In secondo luogo ci sembra che il rapporto tra politici e militari (tra soldati e borghesi, come nel titolo italiano del volume, che sostituisce il più semplice Armies in Europe dell’edizione originale 1980) sia visto in modo troppo rigido, attento ai ruoli istituzionali più che alle situazioni concrete e sempre diverse. Il distacco e talvolta l’aperta ostilità tra ufficiali di carriera e ambienti governativi che caratterizzano quasi tutta la nostra storia recente non debbono far dimenticare che questi ufficiali continuavano a far parte a pieno titolo della classe dirigente e che il distacco autentico era semmai tra questa classe dirigente e le masse urbane e contadine. Non vogliamo presentare a nostra volta schematizzazioni troppo facili di una realtà complessa e mutevole, bensì sottolineare che il taglio di Gooch ha una giustificazione in un opera di sintesi, ma va applicato alle situazioni concrete con intelligente elasticità.
Due righe infine sulla parte dell’Italia nel volume, che non è brillante. Le pagine sull’Ottocento e sul ventennio tra le due grandi guerre sono complessivamente buone (ma
102 Rassegna bibliografica
perché Gooch utilizza ancora autori superati come Tosti e inattendibili come De Biase?), però nella prima come nella seconda guerra mondiale l’Italia praticamente scompare. Inoltre sono abbastanza numerosi gli errori piccoli e grandi: per fare un solo esempio, Pelloux era certamente uno dei leader dell’esercito, ma nel 1898, salì al governo dopo gli stati d’assedio e le brutali repressioni, con un programma di sinistra liberale, che si volse poi a destra per ragioni politiche e non per un pronunciamento militare (vedi invece le p. 140 e 210). Molto interessante la bibliografia in appendice al volume, che riunisce le opere utilizzate dall’autore con sobri cenni critici; inservibile però la sezione italiana, ampliata per l’edizione italiana fino a divenire un elenco di titoli nutrito, ma acritico e
incompleto, di nessuna utilità per il lettore interessato come per lo specialista. Quanto alla traduzione, ci sembra complessivamente buona (ma perché intitolare Soldati e borghesi nell’Europa moderna un libro che tratta quasi soltanto vicende contemporanee?); non è però sempre precisa per i termini tecnici. Citiamo ad esempio le pagine incomprensibili sul reclutamento austriaco (pp. 74 e 79), svedese (p. 131) e francese (p. 203), la confusione tra navi varate e navi salpate (p. 182) e tra eserciti, armi e armate (pp. 183, 226), infine la riduzione dell’illustre Royal Navy ad un’incerta Marina Reale (pp. 229, 231, 241: tutte le altre denominazioni più note, da Reichswehr a Raf, non sono tradotte).
Giorgio Rochat
Giovani e clientelismo nel Mezzogiornodi Laura Capobianco, Guido D ’Agostino
Da un originario progetto di studio delle modifiche indotte dalla scolarizzazione di massa sulle concezioni di vita dei giovani di una comunità montana della provincia di Salerno, il lavoro di Amalia Signorelli {Chi può e chi aspetta. Giovani e clientelismo in un ’area interna del Mezzogiorno, Napoli, Liguori, 1983, pp. 276, lire 18.500) è diventato poi un’indagine sulla “onnipresenza ed onniper- vasività delle relazioni clientelari” (p. 13) in tutti gli ambiti della vita pubblica e meridionale. La modifica del focus della ricerca è nata, come ricorda l’autrice, dal fatto che sin dall’inizio i giovani intervistati si autopercepi- scono divisi in “chi può”, nel senso di avere la protezione adeguata al momento opportuno, e in “chi aspetta” una qualsiasi opportunità, sprovvisto, com’è, di tale protezione. E così si è intitolata pure l’opera che risulta organizzata su due coordinate distinte, l’una scandita
sul contesto generale e l’altra su un ambito locale. La prima parte comprende un esame delle teorie elaborate negli ultimi decenni sul clientelismo come struttura portante delle relazioni sociali, rispetto alle quali si precisa l’angolazione della Signorelli che privilegia l’aspetto segnatamente ideologico del fenomeno, inteso nel senso del significato che all’interno di un contesto dato i soggetti conferiscono alle proprie azioni. Un’analisi che viene nel libro definita “culturologica” e che trova nella letteratura popolare tradizionale (proverbi), un supporto documentario ricco e interessante. La seconda parte è invece dedicata alla verifica delle ipotesi interpretative delineate secondo i parametri cui ci si è riferiti, alla luce della realtà osservata in sede locale; e allo stesso ambito si connettono gli studi dei giovani ricercatori che integrano il volume.
Ràssegna bibliografica 103
Quali dunque le caratteristiche di fondo del clientelismo ormai onnipresente nella società meridionale? In antitesi con quanto sostenuto da altri studiosi (tra cui J. e P. Schneider Culture and Political Economy in Western Sicily, New York, Academic Press, 1976, e Gribaudi Mediatori. Antrologia del potere democristiano nel Mezzogiorno, Torino, Rosemberg & Sellier, 1980), la Signorelli ritiene che il nuovo clientelismo, quello di partito, che a partire dall’Unità d’Italia, ma soprattutto e con caratteristiche più nette nella seconda metà di questo secolo ha sostituito il clientelismo dei notabili, ne conservi tuttavia almeno due tratti fondamentali. Pur essendo mutata la natura dei beni controllati, che da privati sono diventati pubblici, ci si trova comunque in presenza di una situazione di beni limitati in virtù della quale permane al boss di partito la funzione di controllore degli stessi (gate keeper) e la possibilità di riproporre anche per beni di carattere pubblico un rapporto privato, personalizzato. Certo, il boss è oggi in una situazione precaria, e grazie al suffragio universale maggiore dovrebbe essere il potere contrattuale del cliente che, al contrario, rimane debole — ed è qui il secondo elemento di persistenza — in una condizione che si può definire di inflazione: cresce il prezzo dei favori, ma diventa un favore ottenere anche il più semplice dei certificati. Se di innovazione si può dunque parlare rispetto al passato, occorre riferirsi alla onnipresenza del clientelismo e alla sua tendenza espansionistica fino alla onnipervasività, con alto tasso di illegalità e pericolosità.
Nondimeno, altrettanto generalizzata è la riprovazione espressa per il fenomeno e le sue conseguenze: “certo, lo facciamo anche noi, ma lo facciamo per non farlo più” (p. 52); discorsi che possono sembrare banali e ipocriti, ma che a parere della Signorelli vanno invece interpretati e collocati nella giusta dimensione, ciò che in effetti ella stessa fa nella parte più interessante del libro,
dove coglie con acutezza la persistente ambivalenza della cultura meridionale da sempre oscillante tra particolarismo e universalismo. Al contrario di quanto ha sostenuto E.C. Banfield {Le basi morali di una società arretrata, Bologna, Il Mulino, 1976) e con lui intere correnti antropologiche anglo-americane, l’autrice afferma che “nella cultura popolare meridionale l’ambivalenza tra orientamenti universalistici e orientamenti particolaristici ha una lunghissima storia... ; tale ambivalenza ha permeato tutte le modalità di rappresentazione della stratificazione sociale che la cultura popolare meridionale ha espresso, in particolare quella fondata sul cristianesimo, quella fondata sull’onore, quella fondata sui diritti degli esseri umani, quella fondata sugli antagonismi di classe. Pertanto in ciascuna di queste rappresentazioni della stratificazione sociale coesistono contenuti (conoscenze e valori) orientati universalisticamente ed egualitariamente; e contenuti particolaristici, personalistici, clientelari” (p. 55).
In effetti, oltre che al “familismo amorale” di cui parla Banfield, la dialettica loca- le/generale, come delineata dalla Signorelli — e sarebbe stato opportuno trattare il tema in maniera più esplicita e incisiva — contrasta con la tesi di J. e P. Schneider {La dissoluzione delle élites dominanti nella Sicilia del ventesimo secolo, in “Incontri meridionali”, 1981, n. 3), per i quali la dimensione del “locale” avrebbe resistito assai a lungo ai diversi processi generalizzanti (legati prima alla diffusione del cristianesimo, quindi all’affermazione delle monarchie universalistiche e poi degli stati nazionali) prima di soccombere alla modernizzazione economica e politica. Per l’antropologa romana bisogna ripro- blemizzare l’intera questione; ogni realtà costituisce un prodotto storico: “precisamente il prodotto della dialettica — a scala locale di fattori di scala locale e non locale. È infatti questa interferenza fra fattori locali e fattori generali che spiega la variazione dei risultati al variare delle localizzazioni e delle scale;
104 Rassegna bibliografica
ma è la totalità dei fattori e il peso e la durata del loro operare che debbono fondare un’ipotesi interpretativa generale” (pp. 54-55).
Un’indicazione, questa, metodologica e concettuale assai utile per superare la realtà meridionale (del tipo sviluppo/sottosvilup- po), sia il descrittivismo di certe indagini a scala locale volutamente elusive del rapporto con la dimensione “generale” . Semmai, resta il problema del rapporto più corretto tra ipotesi e verifica, tra idee generali e ambiti in cui esse si inverano, e, in ultima analisi, tra contesto e realtà specifica, settoriale; la Signorelli ha scelto la strada che dal generale giunge al particolare, usando come materiali di base testi di letteratura orale, in particolare proverbi, perché abbondanti ed omogenei per tutta l’area meridionale e perché “data la loro finalità gnomica... offrono molte informazioni sulla vita quotidiana di chi li ha elaborati o usati, sia a livello materiale che cognitivo e valutativo” (pp. 55-56). Si tratta di un uso intelligente di fonti adoperate da altri in maniera diversa, e pienamente coerente con l’assunto; “Londane da segnuere, londa- ne da onoere” e “Vicino a segnuere, londane da onoere”: in quale altro contesto proverbi siffatti potrebbero trovare piena giustificazione se non in un ambito in cui da sempre rapporti di produzione e di dominanza inducono atteggiamenti di sottomissione che pur convivono con altri, egualitari e solidaristici? Ha ragione l’autrice nel rilevare che i due proverbi “dicono entrambi la verità... frequentare il signore significa accettare la pratica di una reciprocità asimmetrica e di una obbligazione sbilanciata che nulla hanno più in comune con l’antica concezione egalitaria dell’onore; ma frequentare il signore significa guadagnare denaro e acquistare, sia in proprio che di riflesso, potere e influenza, dunque il ‘nuovo’ onore” (p. 62). O ancora, per considerare un altro esempio: “Cu nuju pozzu, cu mugghierima pozzu”, è un proverbio che esprime un orizzonte culturale (Non posso con nessuno, con mia moglie posso)
nel quale anche il più povero contadino, perfettamente cosciente della sua impotenza, trova nella famiglia nucleare, e in particolare nel possesso della moglie, la possibilità di esercitare il comando. Pertanto, mentre si possono sopportare le corna fatte da un individuo socialmente superiore, non altrettanto avviene nel caso si tratti di un pari grado. Questa evenienza disonora, dato che l’onore si gioca non sul terreno del sesso, quanto su quello del comando e del potere. Ma d’altro canto proprio il fatto che l’aggressività si scateni tra omologhi impedisce, anche in presenza di una certa coscienza di classe, l’organizzazione di una vera e propria strategia di lotta.
Questa guerra tra i poveri è ben evidenziata anche nella terza Appendice del volume nella quale Rita Introno rintraccia le ragioni della persistenza nel credere al malocchio proprio nell’antagonismo e nelP invidia che si provano nei confronti delle persone appartenenti agli strati sociali subalterni e non dei ricchi da sempre. Il raggiungimento del benessere non è di tutti; è dunque ottenuto in maniera innaturale e solo un rimedio naturale come il malocchio può riportare l’equilibrio. È certo il rovescio speculare della solidarietà pur presente negli strati contadini ma che nella società meridionale trova un ulteriore ostacolo, oltre che negli elementi culturali, nella persistenza della frammentazione delle figure sociali.
Orientamenti universalistici e orientamenti particolaristici, terreno a fertile per lo sviluppo delle relazioni clientelari, costituiscono dunque l’orizzonte della società meridionale, e lo caratterizzano, come viene confermato, nella seconda parte del volume, dai risultati della ricerca sul campo. Dei tre livelli d’indagine, il primo relativo alle strutture di produzione, di scambio, di riproduzione e di comunicazione esistenti nella comunità montana; il secondo dedicato all’ideologia della classe dirigente — primo polo della relazione clientelare —; il terzo, interessato all’altro polo della stessa, i giovani tra i 18 e i 28 anni,
Rassegna bibliografica 105
quest’ultimo è sicuramente il più significativo ai fini della dimostrazione dell’assunto.
Si tratta, infatti, di un’analisi di una classe anagrafica che per l’effetto combinato della scolarizzazione anche a livelli medio-alti, la disoccupazione o sottocupazione intellettuale e le trasformazioni delle forme dell’emigrazione, divenuta “uno strato sociale che unisce all’esperienza diretta di un elevato livello di precarietà, una capacità di coscienza critica superiore a quella tradizionale nell’ambiente cui appartiene: si tratta insomma di un gruppo che nel provvedere alla propria sistemazione, sperimenta un massimo di clientelizzazione dei rapporti, avendo avuto una socializzazione che dovrebbe avere valorizzato al massimo l’aspirazione verso rapporti universalisticamente orientati” (p. 76). È sintomatico che i giovani dell’area in questione pur percependo in modo molto acuto la contraddizione in cui si ritrovano, finiscono con Pautoattribuirsi almeno parte di responsabilità delle condizioni in cui vivono. In essi è fortissima la volontà di opporsi alle morse di una tradizione stretta tra fatalismo e rassegnazione, contrapponendosi alla quale, e in special modo ai genitori, e comunque alle figure adulte, finiscono col rivendicare orgogliosamente un’autonoma capacità di giudizio e di costituzione del proprio destino. Parimenti assai esplicito è il sentimento di odio verso l’assistenzialismo da cui si sentono umiliati e verso il clientelismo cui pure finiscono con l’adeguarsi in maniera tortuosa e spesso dolorosa; dalle loro affermazioni emerge che la qualità indispensabile per chi governa resta pur sempre l’onestà.
Si può dunque parlare di persistenza pur in presenza di molti elementi di trasformazione. Ma è legittimo, allora, chiedersi se sarà proprio l’acutizzarsi del dualismo e la crescita della rabbia a lasciare spazio a speranze di trasformazione? Per la Signorelli la risposta
è positiva, o così sembra dal momento che a conclusione del suo lavoro scrive: “Se chi può, provvederà a integrarli nel sistema con sufficiente rapidità, li rivedremo [questi giovani] intenti a far favori agli amici; ma se dovranno restare fra chi aspetta ancora molto a lungo, forse lo scarto fra la relativa abbondanza di strumenti culturali e la grande scarsità di opportunità operative che caratterizza la loro posizione può rivelarsi matrice di processi di integrazione nel sistema sociale autonomamente elaborati e innovatori rispetto a quelli tradizionali” (p. 178).
Il volume, come si è detto, comprende ancora alcune appendici in cui sono raccolti saggi di giovani studiosi che affrontano aspetti particolari connessi alla tematica generale che vi è affrontata. Pietro d’Angelo si sofferma sulla “normizzazione”, cioè sulle tecniche e i procedimenti attraverso i quali gli enti locali immobilizzano le iniziative innovative in una rete di norme; Augusto Fer- raiuolo realizza una complessa indagine sullo scontro tra i poteri reali e quelli magici quale emerge dalla analisi dei materiali narrativi e di tradizione orale dell’area studiata; Angela Giglio verifica nella festa la compresenza di universalismo e particolarismo in una dialettica di fondo che rende alta e sempre aperta la partecipazione ad un gioco che non si risolve mai a vantaggio di nessuno. Al contributo di Rita Introno si è già accennato in precedenza.
Nel complesso, un lavoro intelligente e ricco di prospettive, con notevoli spunti metodologici e soprattutto aperto e coraggioso nei confronti di una problematica assai difficile quale quella che coinvolge il mondo giovanile nei suoi rapporti con il lavoro, con gli adulti, con la diversità tra i sessi e nei suoi “conti” con il passato.
Laura Capobianco, Guido D ’Agostino
106 Rassegna bibliografica
Classi popolari e movimento operaio
E m i l i o F r a n z i n a (a cura di), La classe, gli uomini e i partiti. Storia del movimento operaio e socialista in una provincia bianca: il Vicentino (1873-1948), Prefazione di Guido Quazza, Vicenza, Odeonlibri Editrice, 1982, 2 voli., pp. 1328, sip.
Perché proprio una storia del movimento operaio e socialista di Vicenza e del vicentino? Nella lunga introduzione ai due tomi del libro, Emilio Franzina, curatore e animatore di quest’opera collettanea, dichiara l’intento di spezzare il meccanismo di rimozione e di dimenticanza che la cultura dominante, cattolica e moderata, ha esercitato nei confronti del movimento operaio di parte laica, socialista, comunista di quell’area geografica del Veneto. Non che non fosse chiaro dall’inizio, al Franzina e agli autori, che la storia degli operai vicentini fosse una storia dei vinti. Tuttavia essi hanno sentito il dovere “di certificare... la portata non marginale né inessenziale del ruolo giocato da coloro che furono sconfitti. Se essi, che pure persero la partita, non avessero lottato condizionando i vincitori e non fossero riusciti ad imporsi di tanto in tanto, in qualche piccolo punto del nostro passato, moltissimi risultati positivi di cui le classi subalterne e popolari di tutta la provincia beneficiarono... non sarebbero mai stati raggiunti... perché nulla o pochissimo venne spontaneamente dato e tutto o quasi tutto fu ottenuto e conquistato” (p. 90).
Ci si perdonerà la lunga citazione che sintetizza con effica
cia il senso che Franzina e la sua équipe hanno voluto assegnare alla loro fatica. Un’ipotesi di ricerca sorretta da una sofferenza, da una passione politica che, come ha notato Quazza nella prefazione, “ha le sue radici nel predominio esercitato dall’avversario” (p. VI), che qui è rappresentato dal mondo cattolico nelle sue molteplici componenti e manifestazioni.
Ma sarebbe errato attribuire solo alla passione politica la scelta dell’oggetto e del soggetto delle ricerche pubblicate. Vicenza e la sua provincia, è noto, rappresentano un laboratorio privilegiato per osservare fenomeni di grande portata nell’ambito della storiografia contemporanea. È in quell’area, infatti che si sviluppava, già dalla seconda metà dell’Ottocento, uno dei più importanti poli dell’in- dustria manifatturiera tessile. Uno sviluppo giocato sull’uso sapiente delle condizioni e delle contraddizioni di un mondo rurale che rappresentava un enorme serbatoio di manodopera scarsamente qualificata e quindi più facilmente sfruttabile e ricattabile. Ma proprio in questa caratteristica, di stretta connessione tra città e campagna, di ciò che è stato definito “l’osmosi fra industria e agricoltura” , sta anche la radice delle difficoltà e dei ritardi, quindi delle sconfitte, incontrati dalla classe operaia vicentina. Una classe operaia, ad esempio quella di Schio, ma ancor più quella di Valdagno, nella quale il contatto col mondo e l’economia contadina rappresentavano, come è noto, ben più di un rapporto solamente ideologico. A ciò si aggiunga il paternalismo dell’intervento sociale da parte di un
capitalismo moderno e avveduto che mirava al controllo più totale della forza lavoro.
In quest’area, dunque, il problema dello scontro tra “bianchi” e “rossi” , un problema che fa da filo conduttore a tutta l’opera, travalicava gli aspetti puramente dottrinari e di principio, per radicarsi nel modo stesso nel quale quelle due componenti si posero dinanzi a questioni cruciali. Ad esempio rispetto ai modelli concreti assunti dai Rossi o dai Marzotto. Ed è proprio dalla ricostruzione delle dinamiche attraverso le quali gli antagonismi di classe si svilupparono a Vicenza e nella sua provincia, che possiamo approdare, sulla scorta dei risultati delle ricerche di cui ci stiamo occupando, ad un giudizio meno di maniera e più fondato. È fuor di dubbio, infatti, che le debolezze intrinseche di un proletariato fortemente permeato dalla cultura contadina e che muoveva i primi passi sulla strada delle rivendicazioni economiche e normative venivano ingigantite non solo dalla capacità di “resistenza” padronale, ma anche dal fatto che la Chiesa, attraverso le sue articolazioni manteneva un potere di attrazione e di condizionamento spesso a sostegno dell’azione repressiva del padronato. Tutto ciò, forse, con toni e modi più articolati di quanto non appaia in alcune ricostruzioni, ma indubbiamente la sostanza del problema ci pare colta nei suoi aspetti essenziali.
Diviso in quattro parti, il libro si compone in realtà di tre sezioni. Nella prima, Storie e storia (I e II parte divise cronologicamente dalla fine della prima guerra mondiale), la storia
Rassegna bibliografica 107
degli operai vicentini e delle loro organizzazioni si dipana attraverso i saggi di Ezio Maria Simi- ni, sulla classe operaia sciedense, le sue forme organizzative e politiche, la sua cultura; di Luciano Chilese, che ci propone un’analisi della composizione sociale, delle lotte, delle condizioni di vita degli operai vicentini e dello sviluppo dell’associa- zionismo; di Leopoldo Maglia- retta, che affronta i nessi economia-società; di Luca Romano, che studia il rapporto tra le lotte e le diverse componenti politico-ideologiche dell’organizzazione operaia. Del primo dopoguerra si occupa Francesco Be- nacchio, analizzando le leghe rosse, mentre Renato Camurri studia la formazione e i primi anni di vita del Pedi a Vicenza e Nevio Furegon ricostruisce i momenti esaltanti della conquista socialista del capoluogo; infine Giuseppe Pupillo affronta il tema della rifondazione del Pei nel periodo della Resistenza. Arricchiscono questa sezione “narrativa” due raccolte iconografiche (Immagini) introdotte da una nota di Franzina, La storia in camera oscura.
Già da questo sommario elenco si nota un maggiore sforzo profuso nello studio dell’arco cronologico compreso tra l’ultimo trentennio dell’Ottocento e la fine della prima guerra mondiale. Qui, almeno nell’impianto, ci pare meglio riuscito il tentativo di cogliere nelle loro dinamiche interne i vari aspetti in cui si manifestò la storia del movimento operaio di parte socialista: le trasformazioni economiche, la composizione della forza lavoro, le condizioni salariali, le lotte, l’associazionismo operaio nei suoi aspetti mutualistici, sin
dacali, politici, l’approccio operaio ai problemi della cultura.
La terza parte dell’opera propone una serie di saggi raggruppati nella sezione Questioni e problemi. Vi si trovano i lavori di Massimo Marangon, Culture operaie e agroindustrialesimo (Schio 1872-1905); di Giorgio Roverato, Gli operai della Mar- zotto ; di Bernardetta Ricatti Ta- vani, Case per gli operai: la “nuova Schio”; di Leopoldo Magliaretta, Le classi popolari in affitto; di Percy A. Allum- II- vio Diamanti, Tra complessità e omogeneità: voto e società vicentina nel primo dopoguerra. I lavori di questa sezione tentano una messa a punto su specifici problemi che vengono affrontati con l’uso di tecniche e metodi d ’indagine d’indubbio interesse. Emblematico, a questo riguardo, il saggio di Allum e Diamanti sul voto, ma si vedano anche l’approccio antropologico culturale, di Marangon, le analisi sulla particolarità valda- gnese, di Roverato, il problema delle abitazioni indagato, dal punto di vista urbanistico e architettonico dalla Ricatti Taro- ni, e da quello sociale dal Magliaretta.
Nell’ultima sezione, Documenti, interviste e testimonianze, Giulio Antonio Galla (Aspetti e momenti di storia del giornalismo operaio a Vicenza: “El Visentin ” settimanale dei socialisti (1892-1925), documenta le vicende e il ruolo di questo periodo, prima radicale poi socialista. Seguono il saggio di Simi- ni, Compagni di base, nel quale si ricostruisce, sulla scorta dei verbali originali, la nascita e la vita interna della sezione socialista di Marano Vicentino; Ferdinando Offelli, Fuoriusciti
politici e antifascisti di Chiappano, affronta la vicissitudini che portarono Vincenzo Santa- caterina e Amabile Peguri ad abbandonare l’Italia per l’America, e il ruolo antifascista in terra d’emigrazione in una comunità che mostrava estese simpatie per il regime dittatoriale italiano. Tema ripreso e sviluppato in un successivo contributo di Judy Santacaterina che testimonia del ruolo di Amabile nelle trasmissioni radiofoniche per la comunità italiana di Chicago. Chiude la sezione un intervento del Canzoniere vicentino, che presenta una scelta di canti sul lavoro, l’emigrazione, la guerra, la Resistenza.
Domenico Scacchi
F r a n c o L i v o r s i , Turati, Milano, Rizzoli, 1984, pp. 365, lire 30.000.
Il fortunato genere delle biografie storiche si arricchisce ora di uno studio di Livorsi, di impianto strettamente etico-politico, su Filippo Turati. La biografia, costruita per lo più su fonti edite e sulla base di apporti storiografici noti, manifesta un carattere prevalentemente divulgativo, con una notevole riduzione dell’apparato critico, ma è merito dell’autore evitare che ciò si traduca nella rinuncia ad una propria chiave interpretativa.
Consolidati luoghi comuni e antiche sovrapposizioni ideologiche rendevano l’argomento prescelto e il taglio adottato non privi di insidie, che sarebbero state superate più facilmente se si fosse operata una duplice e convergente operazione: da un lato la ricostruzione, anche at-
108 Rassegna bibliografica
traverso le testimonianze e le corrispondenze, del personaggio Turati, nella sua individualità e nella sua “quotidianità” , dall’altro la rimeditazione delle sue posizioni politiche in un quadro di riferimento generale, cioè europeo. La prima chiave di lettura è solo parzialmente presente nei primi capitoli, dove si parla della nevrosi di Turati, ma finendo per avvalorare un’analisi fin troppo intimistica: accostata ad un presunto stato d ’animo narcisistico, essa sarebbe superata finalmente nel passaggio dalla letteratura e dalla poesia all’impegno politico più diretto. La identificazione di ciò in una sorta di passaggio dal privato al pubblico non appare del tutto convincente, se solo si consideri che negli ultimi decenni del secolo in Italia e in Europa (si pensi alla Francia!) la letteratura rappresentò una peculiare forma di impegno culturale e sociale, di cui varrebbe la pena piuttosto ricostruire gli itinerari e i referenti culturali. L’altro, e ultimo, riferimento di carattere psicologico lo si rintraccia nella attribuzione a Turati di un “elitismo” , che l’autore fa risalire in larga misura ad una tradizione risorgimentale, profondamente sentita, ma senza “la critica corrosiva” di altri (p. 13).
Il tema del rapporto tra l’intellettuale di origine borghese e le masse, su cui opportunamente Livorsi insiste, viene risolto con la presentazione di una sorta di divaricazione tra il ripudio della classe borghese e la consapevolezza della “dura necessità” della conquista delle masse (p. 50). Il motivo di fondo dell’eli- tismo turatiano viene continua- mente riproposto in contrappo
sizione al concetto della spontanea coscienza di classe rivoluzionaria (p. 93), e si traduce di volta in volta in istanza interclassista, in vocazione verticisti- co-parlamentare (p. 244), in atteggiamento neoilluministico, cioè nella proposizione di programmi di azione prescindendo dagli orientamenti specifici dei diversi raggruppamenti (come nel caso del Rifare l ’Italia!, di cui l’autore sottolinea però l’importanza) (p. 345). Ma proprio partendo dalla premessa del rapporto leader-masse (ma anche del rapporto socialismo e democrazia, nonché socialismo e nazione), sarebbe stato utile adottare un’ottica comparata con le figure di altri leader della socialdemocrazia europea, come per esempio Jaurès, Bebel, V. Adler. E più che dare l’impressione di rimproverare a Turati di non aver seguito le orme di un Bissolati o di un Bonomi, sarebbe stato interessante ricostruirne, oltre la attenzione ai meccanismi parlamentari (comunque importanti per qualsiasi politico), anche il significato del costante richiamo al paese e al movimento socialista nel suo complesso. Insomma, a quali forze sociali si rivolgeva, quale importanza attribuiva al problema della burocrazia (e della organizzazione dei servizi pubblici), quale significato poteva ricoprire l’impegno profuso nella difesa di determinate categorie di lavoratori, come i postelegrafonici? E oltre allo studio sulla sua fortuna nell’ambito della storia del socialismo italiano ed europeo, sarebbe stato di grande interesse analizzarne la peculiarità nel fare politica, le sue stesse qualità di oratore e di scrittore. Ad esempio, rispetto
ad altri leader della socialdemocrazia europea come Bebel o Adler, non istaurò un rapporto carismatico diretto con le masse, pur godendo di un indiscusso prestigio personale anche presso gli avversari; né ricoprì mai importanti cariche politiche nel partito, dalle cui vicende interne anzi in molte occasioni assunse una posizione defilata. La biografia politica di Turati si sviluppa sì a livello politico-parlamentare, ma soprattutto attraverso “la Critica sociale” . Anche in questo esaltava un modo di fare politica tipico dei leader della socialdemocrazia del tempo (si pensi, ad esempio, a Jaurès), che dirigevano o col- laboravano strettamente ad organi di stampa.
Proprio la debolezza del quadro di riferimento generale (europeo) induce Livorsi a qualche sottovalutazione o addirittura deformazione interpretativa. Nel presentare, ad esempio, il programma della Lega socialista milanese del 1891, rileva correttamente lo spazio concesso al problema dell’istruzione, ma senza considerare che era stato un tema assai dibattuto in quasi tutti i programmi redatti da democratici o socialisti; e liquida la valutazione della religione come affare privato ancorandola “alla tradizione liberale” , senza ricordare l’attenzione rivolta alla questione laica da Turati e da Bissolati, non solo nella traduzione e nella presentazione del saggio di Michajl Bakunin, Dio e lo Stato, ma anche nelle polemiche degli inizi del secolo, secondo ritmi e coincidenze europee davvero singolari. La stessa contrapposizione tra “il filosofo” Labriola e “il politico” Turati riesce un po’ di maniera: il
Rassegna bibliografica 109
primo “esemplarmente lucido” nella teoria e quindi nella strategia “avrebbe avuto ragione nei tempi lunghi”; il secondo empirico, puro tattico, “intuitivo nelle scelte e lento nelle motivazioni di lungo periodo” alla fine sarebbe giunto a “posizioni socialiste corrette anche in termini teorici o strategici” . Per risolvere tale contraddizione l’autore ricorre al concetto della “forza e sincerità della scelta di vita socialista” di quest’ultimo (p. 72), non del tutto soddisfacente. Ancora più sbrigativo è il giudizio sul “riformismo sociale” e sull’atto di costituzione della Cgdl, inteso come prevalenza di istanze pacificatrici su quelle conflittuali, da cui sarebbe derivato un compromesso anticonflittuale tra lavoratori e imprenditori, a danno dei lavoratori più poveri e dei braccianti (p. 166). A parte la parzialità di tale valutazione (la Federterra, ad esempio, fu diretta da sindacalisti di orientamento riformista) e il riecheg- giamento di tesi ormai superate sulle origini della Cgdl, se solo si ponga mente al fatto che la costituzione di centrali sindacali (come di altre organizzazioni di massa) fu allora un fenomeno generalizzato, occorrerebbe piuttosto ricostruire l’attenzione di Turati al mondo sindacale, le sue corrispondenze con la leadership sindacale come pure il suo interesse verso le tendenze del movimento sindacale europeo, anche attraverso il tramite di eccezionali collaboratori a “Critica sociale” , come Fausto Pagliari.
Lo stesso vale per i rapporti tra Turati e il socialismo internazionale: Livorsi sottolineacorrettamente la scarsità di relazioni con l’Internazionale, ma il
problema è senz’altro più ampio, e implica il suo posto nel socialismo europeo, l’insieme dei suoi rapporti personali e di quelli dei suoi più assidui collaboratori, la sua attenzione non solo ai congressi internazionali, ma alle stesse vicende del movimento operaio internazionale. E soprattutto implica la questione di quale e quanto socialismo internazionale fosse nelle posizioni politiche espresse di volta in volta da Turati.
In generale, nel volume di Livorsi ad alcune parti di piacevole lettura si sovrappongono altre composte più frettolosamente, dove si evidenziano alcune fastidiose sviste, come per esempio la costituzione dell’associazione nazionale, definita “prefascista” posta nel 1911, anziché nel 1910 (p. 249), o l’assegnazione della segreteria della Cdl di Genova, anziché di quella di Venezia, a Giacinto Menotti Serrati, nel 1914, e soprattutto dove si segnala un certo abuso di neologismi, con evidente valenza negativa. Così il Turati della neutralità viene presentato “oscillante, intermedista, centrista, in fondo a metà strada tra rivolu- zionarismo di sinistra e riformismo di destra” (p. 287), nonché “estraneo al plebeismo come al ministerialismo facile, e per l’occasione al disfattismo” . Spesso alcuni giudizi appaiono troppo generici o concettualmente poco rigorosi, come ad esempio la tesi che il massimalismo avrebbe “travolto per interi cicli storici il riformismo” (p. 311) o lo stesso abuso dei termini “riformismo” e “rivoluzione”, nozione quest’ultima applicata fino ai seguaci di Ghisle- ri e di Zuccarini, e soprattutto a Mussolini, direttore dell’“Avan
ti!” , che in casa socialista avrebbe rappresentato “l’uomo nuovo al passo con i tempi” (p. 279).
In conclusione, la biografia di Livorsi conferma la centralità della figura politica di Turati nella tradizione socialista, e dà anche un contributo proprio nell’analisi delle vicende politi- co-parlamentari del partito socialista, specialmente del dopoguerra. Una centralità riconosciuta da quel Carlo Rosselli, per molti versi critico severo verso il socialismo prefascista, che su questo scrisse un saggio dall’autore considerato opportunamente ancora di attualità, e ben evidenziata nella stessa considerazione nutrita nei suoi confronti da parte di quei giovani (Pertini gli si rivolgeva nel 1927 chiamandolo “maestro”) che ne organizzarono la fuga in Francia, alla quale ha dedicato alcune delle pagine più efficaci.
Maurizio Degl’Innocenti
M. A n t o n i o l i , I. B a r b a d o r o ,
B. B e z z a , C. B r e z z i , F. F a b
b r i , I. G r a n a t a , G.C. J o c -
t e a u , A . P e p e , G. P r o c a c c i ,
A . R o v e r i , G. S a p e l l i , L . Z a
n i , Storia del sindacato. Dalle origini al corporativismo fascista, a cura della Fondazione Brodolini, Venezia, Marsilio, 1982, pp. 233, lire 8.000.
L’anomalia del movimento sindacale italiano è originaria e costituisce una costante attorno alla quale esso ha vissuto i suoi momenti di forza e le sue più aspre battaglie interne. Si tratta, per dirla con Procacci, della “combinazione molto intelligente di due modelli: quello
110 Rassegna bibliografica
francese, sindacalista, rivoluzionario [...] territoriale [...] e quello tedesco [...] verticale su base professionale, non escludendo né l’una né l’altra” (p. 32).
Da qui la sua peculiare politicità, non figlia né madre del partito (Idomeneo Barbadoro), e l’egemonia riformista che, pur sotto diverse vesti, vi si è esercitata (Adolfo Pepe), benché il vero salto “modernizzante” (dal sindacato di mestiere al sindacato d’industria) sia avvenuto con l’impatto, anch’es- so molto originale nonostante i modelli stranieri, del sindacalismo rivoluzionario (Maurizio Antonioli) di cui però il ceppo riformista del Cgdl rigettò i germi anarchizzanti e quelli, alla lunga, fascistizzanti. Qui gli apporti più originali del volume, divulgativo ad alto livello, appaiono quelli di Antonioli, appunto, e di Bruno Bezza, che individua giustamente nel periodo della prima guerra mondiale e nel regime di Mobilitazione industriale un momento decisivo di trasformazione della composizione tecnica e politica della forza lavoro e di crescita delle potenzialità organizzative e di lotta della classe.
Ma il pregio complessivo del volume, per il quale esso può essere un’utile guida anche per lo studioso, sta nell’approccio, dichiaratamente opposto alla tradizione sedimentata di lettura delle vicende sindacali in chiave esclusivamente politica, e rivolto invece a mettere in risalto l’interna logica sindacale (la quale a sua volta può riuscire molto utile a delle riletture “politiche”). È questo approccio che consente di includere tra gli
oggetti della trattazione, con pari legittimità della maggioritaria Cgdl, non solo la Usi (come s’è visto) e la Cil (Cammello Brezzi), non solo il movimento cooperativo (Fabio Fabbri), ma anche lo stesso sindacalismo fascista (Giulio Sapelli) e l’ordinamento corporativo (Gian Carlo Jocteau), ritrovandovi i motivi di interazione e di discussione che talune denominazioni avevano impedito di vedere fino ad una ripresa di studi rigorosi, oggi ormai più che decennale. In tal modo anche del “biennio rosso” , grazie ai contributi di Ivano Granata (industria) e di Alessandro Roveri (campagne), si ha una lettura che fa finalmente riemergere al di sotto delle pur legittime interpretazioni politiche e fortemente periodiz- zanti, le caratteristiche di corposità rivendicativa e i limiti di politica prettamente sindacale.
Gianfranco Petrillo
P a o l o F a v i l l i , Riformismo e sindacalismo. Una teoria economica del movimento operaio: tra Turati e Graziadei, Milano, Angeli, 1984, pp. 366, lire 25.000.
Sarebbe certamente riduttivo considerare questo libro soltanto come un capitolo di storia del sindacalismo italiano. Appaiono infatti evidenti i legami tra l’attuale e un denso volume pubblicato dallo stesso autore alcuni anni fa (Il socialismo italiano e la teoria economica di Marx, 1882-1902, Napoli, Bi- bliopolis, 1980). In quel lavoro Favilli aveva compiuto una rigorosa rivisitazione, usando categorie analitiche compiutamen
te storiche, all’interno del processo di formazione del marxismo italiano seguendo il filone privilegiato della teoria economica. Ne erano emersi lineamenti in qualche modo inconsueti, frutto di un’attenzione scarsamente velata da filtri ideologici. Ora alcuni di quei lineamenti vengono utilizzati per una lettura originale della teoria sindacale riformista nell’Italia dei primi anni del Novecento.
Un episodio di storia della cultura socialista, dunque, ancora con particolare riferimento alla vicenda del marxismo. Il tutto nel contesto “del più generale problema storico concernente le forme dell’incontro tra socialismo e movimento operaio (nel periodo considerato tra marxismo, socialismo e movimento operaio), incontro nel quale ognuno dei termini mantiene aperto un largo ventaglio di valenze”. In un contesto interno all’unionismo nel quale “i programmi e le pratiche [...] si strutturano rispetto ad un problema teorico principale: il rapporto tra economia e politica nel movimento operaio” .
Ed è proprio intorno a questo “problema teorico principale” che trova svolgimento l’analisi di Favilli, preoccupato, in primo luogo, di ridare senso storico ben definito a categorie analitiche usate troppo spesso in maniera eccessivamente estensiva. Insomma anche un lavoro di precisazione e definizione, quasi un picchettaggio di territori, su alcuni tratti della peculiarità socialista; una delimitazione qualche volta un po’ rigida, seppur in presenza di una costante consapevolezza della permeabilità del connettivo culturale generale.
Rassegna bibliografica 111
Gli itinerari teorici di Filippo Turati e di Antonio Graziadei su marxismo, sindacato, lotta di classe rappresentano la trama narrativa su cui si articola la dimensione analitica.
Un itinerario, quello di Turati, in fondo tutto interno alla cultura marxista, dalla “ortodossia” rigida e “tedesca” degli anni novanta allo sfumarsi delle determinazioni di tale “ortodossia” nel pieno della esperienza riformista nell’età giolittiana. La continuità nella convinzione che solo il “nocciolo duro” del marxismo rappresentava la garanzia dell’autonomia teorica e politica del socialismo, l’essenza della sua — sempre proclamata — “diversità” .
Coerentemente ed esplicitamente esterno invece l’itinerario di Antonio Graziadei. Un Graziadei che pone al centro della propria elaborazione teorica e della propria azione politica fino alla guerra mondiale il problema di una vera e propria sostituzione degli elementi primi della cultura tradizionale e del “senso comune” socialisti. Un Graziadei che individua nel sindacato e nella sua “centralità” , il terreno ideale dove l’operazione di mutamento di egemonie teoriche poteva verificarsi in maniera del tutto “naturale” così come “naturale” , appunto, era il rapporto economico di cui il sindacato rappresentava una funzione.
Due itinerari, quelli di Turati e di Graziadei, destinati dunque a scontrarsi nella determinazione dei caratteri che l’unionismo italiano avrebbe dovuto assumere, soprattutto in relazione alla dimensione politica del socialismo. In questo quadro la stessa lettura fatta da Favilli
della vicenda del “partito del lavoro” finisce per assumere rilevante spessore; una griglia che trattiene non solo gli aspetti esteriori dello scontro e della polemica politica, ma anche il profondo delle aggregazioni e disaggregazioni culturali.
Maurizio Antonioli
I primi operai di Marghera. Mercato, reclutamento, occupazione 1917-1940, a cura di F. Piva e G. Tattara, Venezia, Marsilio, 1983, pp. 465, lire 30.000.
L’Istituto per la ricerca e per la documentazione sindacale “Fondazione Giuseppe Coraz- zin” di Mestre, ha promosso una vasta indagine sulla realtà industriale e sulle origini della classe operaia di Marghera.
Il lavoro, dimostratosi amplissimo e ancora in fase di ulteriore sviluppo, presenta i contributi di uno specialista di metodologie della statistica come Pietro Manto van, di uno studioso di storia moderna e contemporanea come Francesco Piva, di un economista come Giuseppe Tattara, di uno storico interessatosi dell’area veneta come Fabio Ravanne, e dei ricercatori — con varie competenze, da quelle sociologiche a quelle più propriamente socio-politiche — della “Fondazione G. Corazzin” quali Valerio Belotti, Maurizio Carbognin e Paolo Feltrin. La ricchezza delle tematiche trova riscontro nella ricchezza delle fonti d ’informazione alle quali hanno attinto gli autori: l’Archivio di Stato e più in generale le fonti amministrative e statistiche, gli archivi parrocchiali, la stampa ecc. Di par
ticolare interesse restano tuttavia i libri matricola che costituiscono una delle basi documentarie più ricche e significative. Sotto questo profilo notevole è inoltre il contributo scientifico sul piano della elaborazione statistica dei dati, corredati da precisi riferimenti tecnici e metodo- logici.
Più in generale, il saggio, grazie alle diverse competenze, offre un ampio ventaglio di questioni che vanno dal mercato del lavoro ai caratteri economicoso- ciali di Porto Marghera e del- l’entroterra veneto; dallo studio di alcune realtà aziendali (la Breda, la Montecatini, l’Uva, la Sirma ecc.) alla composizione della forza lavoro, all’andamento del flusso migratorio dei lavoratori e quindi alle strategie imprenditoriali volta per volta adottate nei loro confronti. Nel corso dello svolgimento, il lavoro cerca inoltre di trarre dall’analisi specifica spunti per allargare il piano della riflessione. Per citare solo alcuni esempi ricordiamo le considerazioni di Tattara sul mercato del lavoro. Tattara sente l’esigenza di inquadrare il problema comparandolo alle diverse aree nazionali (pp. 27-51), mentre su un diverso versante, Carbognin si riallaccia al confronto maturato nel corso degli anni settanta tra Giuliano Procacci e Stefano Merli sugli indirizzi di ricerca che la storia della classe operaia avrebbe dovuto intraprendere (pp. 165 sgg.).
L’ampiezza e l’eterogeneità delle problematiche — contrariamente a quanto sembrano temere Piva e Tattara nell’introduzione quando sottolineano che il lavoro è in corso di elaborazione e non può quindi ancora
112 Rassegna bibliografica
aver raggiunto sufficiente omogeneità — non sacrificano il nucleo centrale della ricerca rappresentato da quella figura di lavoratore che, con felice espressione, gli autori definiscono con il termine di “metal-mezzadro” (p. 16). Le caratteristiche di questa figura operaia, proveniente dall’entroterra veneto e soggetto ad un rapido ricambio all’interno della fabbrica, costituiscono il punto di aggregazione centrale della ricerca dal momento che sottolineano con forza il nesso fondamentale di tutta una realtà sociale contraddistinta dal rapporto tra “entroterra agricolo”, e “centro industriale” . Belotti, Carbognin e Feltrin ricordano, ad un certo punto, che ad una “ ...fabbrica ‘moderna’ non corrisponde necessariamente una classe operaia stabile e in questo senso ‘moderna’ ” (p. 296), mettendo bene in luce come in un polo di sviluppo industriale possa — e anzi sia ad esso funzionale — mantenersi in vita una figura operaia ancora profondamente legata alla realtà contadina anche quando la realtà produttiva sia tecnologicamente avanzata e moderna.
Marco Coslovich
Ivo L i z z o l a , E l i o M a n z o n i ,
Dall’azione sociale al sindacato. Proletariato bergamasco e leghe bianche. L ’età giolittiana, Roma, Edizioni Lavoro, 1982, pp. 214, lire 10.000.
Tutte le numerose fabbriche tessili delle valli bergamasche nel 1909 furono scosse da una vertenza emblematica verifica- tasi al cotonificio Zoppi di Ra- nica: l’operaio Scarpellini, reo
di essere vicepresidente della lega tessile bianca e di aver presentato una piattaforma rivendicativa era stato licenziato. Nonostante le scenate, i ricatti, le pressioni, le mediazioni delle autorità civili e religiose, i 400 lavoratori della fabbrica non cedettero sul principio, politica- mente irrinunciabile, della riammissione in fabbrica del loro compagno dirigente sindacale, fino e oltre il licenziamento di tutte le maestranze. Era evento da colmare di “dolorosa sorpre- sa”Pio X che pur si confessava “ignaro delle cause che lo provocarono” (p. 139) e faceva venire in piena luce le latenti contraddizioni interne al mondo cattolico, non solo bergamasco, in fatto di iniziativa di lotta sindacale. Prima lo scontento, poi l’indignazione, infine — soprattutto quando avviene la saldatura con la Camera del lavoro — l’ira dominano i dirigenti moderati e conservatori della Curia e delle organizzazioni diocesane. Fino all’accerchiamento e all’inevitabile resa del movimento di lotta. Con tante scuse. Non da parte operaia, la quale dopo cinquanta giorni esprimeva ancora molta combattività, ma da parte della diocesi.
“Lo sciopero di Ranica” è emblematico perché “nelle vicende del proletariato bergamasco nell’età giolittiana rappresenta, ad un tempo, il momento più alto di protagonismo, solidarietà e combattività e l’inizio di un suo deciso ridimensionamento” (p. 149). Rovesciando una tradizione costante, gli autori lo esaminano infatti per la prima volta non in rapporto alla storia del mondo cattolico ma in rapporto alla crescita politica e organizzativa complessiva del
proletariato bergamasco. Ne sortisce da un lato la sottolineatura, non di maniera, di quello che per comodità si potrebbe definire il versante dell’“autonomia di classe” presente nelle leghe bianche e misconosciuto, per motivi opposti ma convergenti, sia dalle interpretazioni tradizionali della sinistra sia da quelle di parte cattolica. Dall’altro lato emerge la forte contraddizione che tale autonomia innesca nelle organizzazioni del laicato cattolico e che gli autori mettono in piena luce contro ogni pretesa agiografica della pubblicistica più proclive al confessionalismo e all’interclassismo.
Aggiungerei però un elemento che gli autori, nel loro legittimo ardore di rivalutazione delle ragioni proletarie del leghismo cattolico, non mettono in altrettanta evidenza, ma che si deduce senza difficoltà dalla lettura: la forte capacità dei dirigenti cattolici di “governare” queste contraddizioni in una prospettiva che, anche ai livelli periferici e intermedi, guarda sempre al di là della vicenda contingente e che finisce per ricomporre le contraddizioni in una visione di lungo periodo che sa tenere conto, diversamente dalle istituzioni proletarie sia “bianche” sia “rosse” , di tutti gli elementi in gioco e che punta più alto e più lontano: non solo all’unità del mondo cattolico, a costo di appiattire o spezzare le punte più salienti e avanzate, ma al rapporto complessivo con l’insieme della società e delle istituzioni. La cosa è di grande rilievo per ricomporre il mosaico della presenza dei cattolici nell’agone sociale e politico, ma ovviamente è destinata a perdersi per la mi
Rassegna bibliografica 113
nuzia, a volte eccessivamente, diligente, della ricostruzione delle vicende.
Gianfranco Petrillo
G i u s e p p e C a p o b i a n c o , La costruzione del “partito nuovo” in una provincia del sud. Appunti e documenti sul PCI di Caserta: 1944-1947, Napoli, Cooperativa Editrice Sintesi, 1981, pp. 246, sip.
Il casertano è un’estesa provincia della Campania che comprende alcuni centri di notevole importanza economica, quali Aversa, Capua, Santa Maria Capua Vetere in cui l’agricoltura ha avuto, fino alle trasformazioni degli anni sessanta, un ruolo primario.
Indagare le modalità dello sviluppo dell’organizzazione comunista alla luce delle precedenti tradizioni del movimento operaio, può contribuire a comprendere quali caratteristiche e specificità ha assunto in questa area la costruzione del “partito nuovo”.
È un interrogativo a cui il libro di Capobianco, dirigente comunista campano dal 1948, inizia a dare risposta, e ciò è tanto più importante considerando che nel casertano, soprattutto nei centri medio-grandi, ha a lungo prevalso, e tuttora permane, una forte egemonia democristiana.
L’attenzione è rivolta al personale politico che andò a costituire il quadro dirigente e intermedio del partito comunista, nonché ai soggetti sociali che ne permisero lo sviluppo organizzativo ed elettorale. Il riferimento agli inizi del secolo lascia intravedere un’antica tradizione
socialista che si esplicitava nella presenza di alcune “isole rosse”, come, ad esempio, Sora, o, ancora, nello sviluppo di un forte movimento d’occupazione delle terre nel primo dopoguerra.
Un rapido cenno al fascismo polemizza con la tesi di un presunto consenso contadino e mette in risalto invece lo stato di profondo malessere che “non si trasformò in movimento organizzato per la debolezza della sinistra alla vigilia dell’avvento del fascismo e per la difficoltà di trovare forme di azione politica nella situazione eccezionale del ventennio, che collegassero i gruppi antifascisti alle masse popolari” (p. 50).
Con il crollo del regime il disagio si trasformava in rivolta popolare e antifascista. Prevalevano gli elementi di spontaneità e legami molto parziali si creavano con le strutture organizzate: “I movimenti spontanei non si incontrarono con i gruppi organizzati e gli eccidi nazisti non divennero occasione di rottura con il passato e coscienza del cambiamento” (p. 55).
Da tali premesse è agevole comprendere perché nel dopoguerra la costituzione del Pei stentasse a decollare. La situazione si presentava contraddittoria e confusa. All’importante risultato, conseguito nel giugno ’44 con l’elezione del comunista Corrado Graziadei a sindaco di Sparanise, faceva riscontro l’isolamento di comunisti e socialisti a Caiazzo. Qui le sedi dei due partiti furono distrutte in pieno giorno con l’appoggio delle truppe alleate e la mancata protesta della popolazione favorì la piena impunità dei responsabili. Le difficoltà dell’organizzazione comunista erano
confermate dal calo degli iscritti comunisti che si registrò dal 1944 al 1945 e si acuirono in occasione del referendum istituzionale in cui la monarchia raggiunse l’83,12 per cento dei voti e la repubblica il 16,88 per cento.
Un’inversione di tendenza si iniziava a delineare allorché i comunisti riuscirono a collegarsi con i canapicoltori, che costituivano un settore molto importante di lavoratori agricoli. Si trattava per Io più di compartecipanti e mezzadri che rivendicavano la riduzione degli affitti a canapa. L’autore ne ricostruisce il ciclo di lotte evidenziando il ruolo di direzione che vi ebbero le organizzazioni di sinistra, quali la Federterra e l’Associazione agricoltori in Terra di Lavoro. Il dato è importante perché segnala la presenza comunista in fasce di lavoratori agricoli che, come osservò Giorgio Amendola alla Conferenza d ’organizzazione del 1947, erano molto diverse dal contadino “affamato e lacero” tipico del latifondo meridionale.
Restano da comprendere, però, i successivi passaggi del comportamento politico e sociale dei canapicoltori, che negli anni successivi confluirono in maggioranza nella “bonomia- na” . Nel libro questi interrogativi rimangono irrisolti, anche, forse, per il ridotto periodo temporale preso in esame.
Il decollo del “partito” si ebbe nel 1947, ma coincise con una crisi profonda della federazione casertana che si concluse con l’espulsione di parte del gruppo dirigente accusato di “autoritarismo e di caporalisme, forme degenerative che in qualche caso giungevano alla disonestà comune” . Nella polemi
114 Rassegna bibliografica
ca s’inserì la direzione del partito attraverso l’intervento di Paolo Bufalini. Al di là del linguaggio dei documenti riportati nel libro, le ragioni del dissidio non appaiono pienamente esplicite. Si intravede probabilmente un eccessivo peso dell’influenza personale di alcuni dirigenti locali, che poteva contrastare con l’impostazione rigidamente cen- tralistica del partito.
Lo spunto è però molto interessante, sia perché ritaglia uno squarcio inedito sui rapporti all’interno dell’organizzazionecomunista, sia perché lascia intravedere l’importanza che acquisiva la gestione delle cariche pubbliche ai fini del consenso elettorale.
Nell’insieme il saggio riesce a effettuare una ricostruzione efficace dello sviluppo iniziale del Pei, andando oltre il consueto cliché della storiografia politica, che confina il ruolo dei comunisti nel Mezzogiorno ad una esigua presenza, tutta legata ad alcuni peculiari momenti di lotta. Meno soddisfacente appare l’indagine, allorché si analizzano le ragioni del prolungato minori- tarismo della sinistra nel casertano, laddove, invece, si andava pienamente affermando l’egemonia politica democristiana.
Gloria Chianese
N u n z i o D e l l ’E r b a , Giornali e gruppi anarchici in Italia (1892-1900), Milano, Angeli, 1983, pp. 190, L. 10.000.
Al termine di un lavoro minuzioso condotto in vari archivi (principalmente all’ACS di Roma e a Torino e Napoli), l’autore — giovane ricercatore dell’U
niversità di Torino — ha pubblicato un volume, terminato nel 1980, che presenta notevoli spunti d’interesse, ma anche qualche limite. Già nell’impostazione di partenza si accetta, alquanto acriticamente, la tendenza storiografica secondo la quale nell’ultimo decennio dell’Ottocento gli anarchici avrebbero rilevato una “grave crisi di presenza organizzativa e di identità politica” (p. 28) e “non si accorgono che stanno per essere definitivamente travolti dalla nuova realtà delle cose che richiede metodi nuovi di lotta politica” (p. 37). Tale situazione, sommata agli effetti della repressione statale, spiegherebbe secondo il suo punto di vista il declino dell’anarchismo e, in qualche misura, l’affermarsi del partito socialista.
Il filo conduttore di questo lavoro, che comunque non si presenta come un tentativo di descrizione complessiva dell’anarchismo italiano di fine secolo, segue l’evoluzione della stampa anarchica con un criterio misto di tipo cronologico-geografico. Per ogni anno e per ogni città (o zona) sono analizzati i numerosissimi numeri unici o fogli dalla breve esistenza, oltre ai non molti periodici di una certa durata (“L’Avvenire Sociale” di Messina, “L’Agitazione” di Ancona, il “Sempre Avanti” di Livorno ecc.). Da ogni testata vengono poi estrapolati quei brani che servono ad illuminare alcuni dei temi ritenuti più importanti: “propaganda del fatto” , repressione crispina, questione organizzativa, tendenze individualiste, manifestazioni e rivolte popolari, agitazioni promosse dagli anarchici ecc. L’ampiezza delle fonti a stampa
e delle relazioni di polizia ha però portato talora ad una certa dispersione nel resoconto particolareggiato di singoli aspetti della repressione, trascurando questioni di più ampio respiro, come ad esempio i rapporti con i socialisti, uno dei punti sui quali VIntroduzione dichiarava di voler concentrare l’attenzione.
Un problema affrontato abbastanza ampiamente è stato invece quello del conflitto fra le tendenze organizzatrici, ricondotte naturalmente a Errico Malatesta, e quelle antiorganiz- zatrici, sia d’ispirazione individualista che comunista. In tale esposizione manca purtroppo (ma probabilmente le fonti non lo permettevano) una ricerca delle motivazioni di fondo, al di là di quelle meramente ideologiche, di tale contrasto interno al movimento libertario. D’altra parte già in altri studi più ampi, come quello di Gino Cerrito (Dall’insurrezionalismo alla Settimana Rossa (1881-1914), Firenze, Crescita Politica, 1977) e quello, molto accurato di Pier Carlo Masini (Storia degli anarchici italiani nell’epoca degli attentati, Milano, Rizzoli, 1976), la composizione sociale e le ragioni della diffusione dell’individualismo restano alquanto in ombra. Il senso del dibattito fra Malatesta e Merlino sul “possibilismo elettorale” emerge in modo soddisfacente nei suoi tratti essenziali, mentre viene identificato corretta- mente nella riaffermazione del tradizionale astensionismo dai “riti elettorali” uno dei momenti unificanti delle varie correnti dell’anarchismo.
Un ulteriore tema evidenziato è quello della violenza nella lotta contro lo Stato, violenza che assume varie forme: dall’atto
Rassegna bibliografica 115
“giustizierò” di Bresci alla insurrezione della Lunigiana del 1894. L’autore sembra considerare l’uso della violenza, anche armata, come un portato esclusivo di certa ideologia anarchica, trascurando perciò di collegarla con un costante atteggiamento di estraneità delle classi subalterne, o almeno di notevoli componenti di esse, rispetto alla mediazione istituzionale, allora tentata dai socialisti con alterne fortune. Proprio su questo tema appaiono delle affermazioni di evidente contraddittorietà: si cita la “propaganda non violenta predicata soprattutto da Malatesta” (p. 11) mentre poi si sostiene che lo stesso “avverte la necessità di una rivoluzione violenta” (p. 92).
Nel complesso l’opera merita di essere considerata per la mole notevole di informazioni fornite quanto meno quale integrazione agli studi già citati e inoltre a quello fondamentale di Leonardo Bettini (Bibliografia dell’anarchismo, vol. 1, t. 1, Periodici e numeri unici anarchici in lingua italiana pubblicati in Italia 1872-1971, Firenze, Cp editrice, 1972). Infatti il volume presenta un fitto elenco di circa centotrenta periodici e numeri unici, di cui più di una trentina non compresi nel lavoro di Bettini; l’appendice comprende inoltre una quarantina di schede biografiche di militanti libertari del periodo.
Claudio Venza
M a u r i z i o M a r i n e l l i , Il sindacato di polizia, Brescia, Edizioni Del Moretto, 1983, pp. 184, lire 12.000.
È un libro importante, perché scritto da un “protagonista”,
un agente della Polizia di Stato, laureato in sociologia; un libro interessante per l’ampia bibliografia e documentazione che in appendice riporta, fra l’altro, gli statuti dei due maggiori sindacati di polizia, il Siulp e il Sap; ma soprattutto, visto il rapido mutamento di una realtà come quella della polizia, un libro attuale, al quale non sfuggono gli ultimi avvenimenti che hanno interessato l’istituzione, dal primo congresso nazionale del Siulp alle vicende legate ai maltrattamenti nei confronti di alcuni brigatisti (il cosiddetto caso “Nocs”).
Il libro, dopo una prefazione del questore a riposo Salvatore Margani e l’introduzione del segretario generale del Siulp Francesco Forleo, si apre con una descrizione, rapida ma precisa, delle linee di tendenza che hanno caratterizzato dalla sua istituzione la polizia, con il proposito di indicare gli elementi di continuità e rottura che ne hanno contrassegnato la vita dal 1952 ad oggi.
Il secondo capitolo, dopo aver fatto la cronaca dell’iter parlamentare della legge di riforma, illustra le caratteristiche della nuova polizia italiana, smilitarizzata e sindacalizzata.
Allo studio di quest’ultimo tema, quello della sindacalizza- zione della polizia, è rivolto il terzo ed ultimo capitolo, senz’altro il più interessante di tutto il libro. Dopo una sintetica rassegna delle libertà sindacali riconosciute ai poliziotti di altri quindici paesi europei, l’autore tratta accuratamente della sin- dacalizzazione della polizia italiana, del dibattito che ha preceduto la legge di riforma (la legge 1° aprile 1981, n. 121), e del do
po riforma, esaminando lo stato d ’attuazione delle nuove norme dell’amministrazione della Pubblica Sicurezza e la situazione del Siulp e del Sap, non tralasciando la trattazione del processo di Padova dove, nel luglio 1983, sono stati condannati quattro uomini del Nocs per le torture inflitte al brigatista Cesare Di Lenardo.
Da quanto precede, si può dire che l’opera di Marinelli, attraverso una chiara esposizione di come era, di com’è e come dovrebbe essere la polizia (e i suoi sindacati), viene ad assumere il carattere di un testo storico-politico ampiamente utilizzabile da quanti, come è detto nella prefazione “vogliono avere conoscenza dei problemi connessi alla polizia italiana ed approfondirne lo studio”.
Poche le critiche da muovere a Marinelli; si poteva forse approfondire maggiormente l’analisi della legge 121, così come si poteva discutere più a fondo sull’atteggiamento dei partiti e dei sindacati. Occorre però dare atto a Marinelli che le finalità del suo libro stanno non tanto nel mostrare l’indifferenza che partiti, sindacati ed opinione pubblica hanno per molto, forse troppo tempo, ostentato nei confronti di questi lavoratori in divisa, quanto nel trattare, da un punto di vista politico, storico ed anche tecnico, il tema di questo sindacato. E non si può certamente criticare il fatto di aver parlato poco degli “obiettivi mancati” (p. 93) dal Siulp e dal Sap (professionalità degli agenti, banca dei dati, coordinamento tra le varie forze di polizia, organici in rosso) e degli sviluppi che le vicende legate alle tendenze antiriformatrici
116 Rassegna bibliografica
(“restaurazione prefettizia” tentata o presunta; chiusura dei vertici ministeriali per il primo contratto nazionale di lavoro degli operatori di polizia) hanno subito negli ultimi mesi: la materia è infatti in così rapida evoluzione che la sua sede naturale di trattazione resta la stampa quotidiana e periodica, d’attualità politica e d ’informazione tecnica.
In conclusione, dunque, e per quanto detto prima e anche per la notevole e minuziosa bibliografia, soprattutto quella riguardante i quotidiani (più di trecento articoli raccolti sull’argomento a partire dal 1974), “Il sindacato di Polizia” soddisfa ampiamente il suo scopo, cioè l’analisi della prima forza di polizia italiana e dei suoi sindacati, e questo (la conoscenza della realtà attuale che si integra nello sforzo per la sua trasformazione), in un momento in cui anche gli agenti di custodia e la Guardia di finanza lottano per una ristrutturazione democratica e moderna dei rispettivi istituti, è senza dubbio il più valido contributo che un lavoro come questo possa dare.
Antonio Mazzei
A d o l f o P e p e , Classe operaia e sindacato. Storia e problemi (1890-1948), Roma, Bulzoni, 1982, pp. 449, lire 25.000.
In questo volume Adolfo Pepe ha raccolto alcuni suoi saggi apparsi nell’arco di un decennio in varie riviste e volumi collattanei, inserendovi due lavori inediti. La riproposizione di questi scritti avviene secondo un ordine tematico, indipendentemente dalla data della lo
ro apparizione. Abbiamo così un primo blocco di studi sullo sviluppo dell’organizzazione operaia che, prendendo le mosse dall’ultimo decennio dell’Ottocento si dipana affrontando la genesi della Cgdl sino alla ricostituzione del sindacato e la scissione del 1948. Dopo questo primo gruppo di saggi abbiamo alcuni inediti: La conflittualità operaia in età giolittiana e II sindacato in Italia e in Europa.
Il volume si presenta con una fisionomia complessivamente omogenea, pur nella diversità dei contributi, un paio dei quali apparsi su riviste sindacali e finalizzati, forse, più al dibattito politico che alla riflessione storiografica. La presenza di lavori già conosciuti insieme a quelli inediti ci consente di soffermarci su questi ultimi, anche perché vi ritroviamo i tratti tipici in cui si è manifestata l’ipotesi storiografica dell’autore in tutta la sua produzione scientifica. Proposito di Pepe, chiarito nella prefazione, è quello di portare un ulteriore contributo al dibattito sulla storia del movimento operaio e del sindacalismo. Secondo l’autore vanno superati due limiti in cui sono incorsi gli storici che hanno privilegiato la storia del potere e delle istituzioni politiche, o, in contrapposizione, hanno rivolto la loro attenzione alla cultura materiale e alla microstoria delle masse. Per Pepe la storia del movimento operaio e del sindacato va invece affrontata partendo dalla lotta di classe quale “fenomeno centrale che riassume in sé e qualifica l’intero processo storico dell’Italia contemporanea”, po
nendola in relazione ai processi di trasformazione del potere statale ed economico.
In La conflittualità in età giolittiana, l’autore prende le mosse dall’esplosione degli scioperi all’inizio del XX secolo, individuando nel fenomeno il termometro per valutare il processo di maturazione politica e organizzativa del proletariato. Gli scioperi vengono analizzati nella loro quantità e qualità in rapporto alle strategie che si delineano nell’azione del padronato e con una particolare attenzione ai processi di ristrutturazione eco- nomico-finanziaria. Per il periodo 1900-1907 Pepe nota una linea di sviluppo della conflittualità operaia autonoma dal ciclo economico. Un’indipendenza che aveva cominciato a manifestarsi tra il 1902 e il 1904 e che, proprio a partire dal grande sciopero generale di quell’anno, entrava in una fase più ampia e articolata che si concludeva con le lotte del 1907. In quel periodo gli scioperi avevano al centro non solo le questioni del salario, ma il problema dei rapporti di potere all’interno delle fabbriche.
Dopo il 1907 la controffensiva padronale veniva favorita dai processi di ristrutturazione che avevano comportato l’immissione di nuove tecnologie e la conseguente modificazione della stratificazione della classe. Le lotte del biennio 1908-1909 non riuscivano ad incidere sui processi di ristrutturazione in atto e le scelte operate dai vertici sindacali aggravavano, secondo Pepe, le difficoltà in cui si muoveva il movimento operaio. Gli scioperi del 1910-11, invece, anche se generalmente andarono incontro a sconfitte, dimostra
Rassegna bibliografica 117
vano un nuovo livello dello scontro diretto con il padronato e favorivano il rinnovamento delle strutture sindacali e della loro strategia. La guerra di Libia aveva comportato un intervento diretto dello Stato a sostegno dei settori strategici dell’apparato produttivo, ma non tanto da poter segnare un’inversione di tendenza della situazione economica e sociale del paese. La guerra comportò, anzi, una radicalizzazione dello scontro sociale che finì col coinvolgere, mettendole in crisi, le stesse strutture del movimento sindacale con una perdita di egemonia della Cgdl e dello stesso Psi.
Nel saggio II sindacato in Italia e in Europa, obiettivo dell’autore è quello di negare la specificità di un caso italiano rispetto alla storia del movimento sindacale europeo. Il giudizio si fonda sull’analisi delle vicende degli anni settanta per cui, a fronte di un ruolo di conservazione politico-istituzionale del sindacato italiano, si osserva lo sviluppo di un’ondata di conflittualità operaia che rimette in discussione quegli apparati sindacali che avevano svolto in Europa un ruolo di mediazione riconducendo le lotte dei lavoratori nell’alveo delle compatibilità istituzionali ed economiche. Ripercorrendo per grandi schemi la storia sindacale della Francia, della Germania, dell’Inghilterra e della Svezia, Pepe mette in evidenza come negli anni settanta sia entrata in crisi la strategia sindacale di questi paesi di contrattare la politica economica in cambio del contenimento della conflittualità. Ma la crisi del sindacato e conseguentemente di alcuni partiti operai europei è anche il segno
della crisi dell’opzione strategica della borghesia che aveva assegnato proprio al sindacato il ruolo istituzionale di garante dei meccanismi di autoregolamentazione dei conflitti sociali. In questo quadro, secondo Pepe, la crisi d’identità del sindacato è la conseguenza immediata della nuova strategia della borghesia che tende ad assegnare all’organizzazione operaia il solo ruolo di “stabilizzazione e conservazione del sistema sociale e politico capitalistico” .
Come si vede il taglio storiografico di Pepe è rivolto a privilegiare, nella storia del movimento operaio, lo sviluppo dell’autonomia della classe dai processi di accumulazione capitalistica, ma anche dalle politiche perseguite dalle direzioni sindacali. Un’angolazione, questa, interessante a feconda anche perché l’autore mette nel giusto rilievo le strategie della controparte, i processi di ristrutturazione economica e produttiva, i comportamenti istituzionali. Tuttavia ci pare che quest’impostazione possa comportare qualche rischio di schematizzazione particolarmente quando si giudichi il ruolo dell’organizzazione sindacale, vista essenzialmente come forza di contenimento della combattività operaia.
Domenico Scacchi
A n d r e i n a D e C l e m e n t i , Politica e società nel sindacalismo rivoluzionario 1900-1915, Bulzoni, Roma, 1983, pp. 176, lire15.000.
Nel nutrito panorama di studi sul sindacalismo rivoluzionario, apparsi in Italia negli ultimi an
ni, il lavoro di Andreina De Clementi si colloca fra i pochi saggi che trattano il fenomeno nel suo complesso e non solamente in aspetti particolari o in periodi ristretti. Va comunque subito precisato che l’assenza di un’analisi del sindacalismo spagnolo priva purtroppo la ricerca di un elemento tutt’altro che secondario o “periferico” come sembra ritenere l’autrice. Tuttavia il volume offre notevoli spunti di riflessione su questo aspetto della attuale storiografia del movimento operaio, che risente indubbiamente degli effetti della “crisi del radicalismo politico marxista”, come sottolinea la De Clementi.
La chiave di volta della ricerca è data dallo studio del sindacalismo francese definito “archetipo” di quello italiano e, in misura minore, di quelli statunitense e inglese. Questi quattro casi sono considerati nella loro evoluzione temporale e vengono strettamente legati alle condizioni sociali delle categorie produttive coinvolte.
In Francia, dove il sindacalismo nasce e si sviluppa a partire dagli ultimi anni ottanta, esso rappresenterebbe “l’ultima resistenza degli operai di mestiere”, e degli artigiani, di fronte alla nuova figura del manovale specializzato. Le trasformazioni produttive che si realizzano durante la crisi del 1907-1908 (con l’impiego di nuovi macchinari che implicano una radicale semplificazione delle mansioni operaie) segnano l’inizio della fine del sindacalismo rivoluzionario francese.
È sempre in Francia che viene definito, secondo l’autrice, 1’“universo simbolico” del sindacalismo; esso comprende eie-
118 Rassegna bibliografica
menti del pensiero di Proudhon e di Marx, in una sorta di sincretismo che le masse, o meglio alcuni strati proletari, accettano sotto l’influenza di organizzatori-teorici (come Fernand Pel- loutier e Victor Griffuelhes) completamente dediti alla causa sindacale. Punti fondamentali della posizione sindacalista sono: il primato della pratica sull’ideologia, il distacco del sindacato dal partito, l’esaltazione della classe dei produttori, il rifiuto della politica, degli intellettuali e dello Stato. Sul piano degli strumenti di lotta, la scelta va all’azione diretta — intesa come momento di manifestazione dell’estraneità della classe operaia dalla società borghese e dalle sue leggi — e quindi al boicottaggio e al sabotaggio della produzione, fino a giungere alla proclamazione dello sciopero generale rivoluzionario. L’autrice segue le tappe fondamentali di questo movimento sul piano dell’azione e della teoria confrontandolo con i mutamenti del socialismo politico di Jules Guesde, con l’apporto degli anarchici e dei blanquisti, e, sull’altro versante, con le conseguenze della nuova legislazione del lavoro introdotta da un ministro di provenienza socialista, oltre che con i ritardi e i limiti dell’associazionismo padronale.
Non mancano interessanti considerazioni sui contrasti interni alle concezioni sindacali- ste, ad esempio fra la valorizzazione etica del lavoro quale fattore fondamentale della presente e, tanto più, della futura società e gli atti di sabotaggio che inevitabilmente portano alla distruzione o danneggiamento dei prodotti.
La situazione italiana, radicalmente diversa a causa dell’egemonia politica del Psi sul proletariato, è messa bene in evidenza dalla De Clementi insieme ai caratteri particolari della leadership sindacalista che costituisce inizialmente una delle correnti socialiste e che resta sempre esterna alla condizione di classe degli appartenenti al- l’Usi. Anzi tra i motivi della sconfitta, della caduta verticale della lotta e dell’organizzazione dei braccianti ferraresi (uno dei punti di forza dell’Usi), l’autrice indica la sovrapposizione dei dirigenti sindacali che si impongono quali capi di una massa a loro profondamente estranea. Risultano però poco convincenti per la limitatezza della trattazione l’associazione del sindacalismo rivoluzionario a forme religiose di millenarismo egualitario cosi come la definizione delle “connotazioni regressive” dei moti della “Settimana Rossa” .
In sede di conclusione l’autrice propone una sintetica interpretazione del sindacalismo rivoluzionario come fenomeno sostanzialmente omogeneo, al di là di certe differenze fra paese e paese. Si tratterebbe in ultima analisi di un movimento messianico fondato sull’utopia di una futura “società di produttori”, movimento capace di fornire una valida identità collettiva ai propri aderenti e di utilizzare le carenze delle varie correnti operaie riformistiche. I suoi meriti principali sarebbero stati quelli di aver saputo individuare con immediatezza e intelligenza “i nuovi soggetti dell’antagonismo sociale” , di aver criticato l’autoritarismo insito nella democrazia rappresentativa, di aver potenziato la conflittualità operaia e di
aver sostenuto la rivendicazione dell’autonomia dell’organizzazione sindacale da quella politica.
Al momento della formulazione di un giudizio storico conclusivo De Clementi si dimostra possibilista e ritiene che tuttora non sia accettabile la stroncatura di questo movimento in quanto troppo spesso e troppo sbrigativamente il sindacalismo rivoluzionario sarebbe stato oggetto di prevenzioni politiche e di schematismi ideologici.
Claudio Venza
G i o r g i o S a c c h e t t i , Sovversivi in Toscana (1900-1919), Todi, Altre Edizioni, 1983, pp. 196, lire 20.000.
Il lavoro di Giorgio Sacchetti, ricercatore non professionista di Arezzo, permette di illuminare un periodo e una regione di notevole importanza nella storia dell’anarchismo di lingua italiana. Il primo ventennio del secolo viene solitamente presentato come una fase di ridimensionamento dell’influenza libertaria sul movimento operaio, nel quale sarebbe prevalsa quasi completamente la forza del partito socialista. Sulla base della quantità e qualità delle iniziative anarchiche — presentate dall’autore con puntualità e precisione —, tale immagine risulterebbe meno convincente e solida. In Toscana (regione tutt’al- tro che marginale nel campo dei conflitti politici), dove l’internazionalismo si era radicato fin dal 1864, al tempo del soggiorno di Bakunin a Firenze, il movimento libertario era riuscito a ereditare buona parte della precedente esperienza del solidari
Rassegna bibliografica 119
smo operaio e dell’insorgenza contadina e, sia pure in misura minore, delle cospirazioni democratiche, e aveva trovato ampi consensi nelle classi subalterne e nei circoli progressisti e re- pubblicani.
Il Sacchetti ne rievoca i tratti salienti: il confronto fra le tendenze contrarie e favorevoli ad una strutturazione organizzativa, l’impegno in campo sindacale, le lotte anticlericali e antimilitariste, e più in generale il carattere schiettamente proletario e lo spirito di costante rivolta, nonché la forte solidarietà interna e la capacità di adattarsi alla forzata clandestinità. La ricerca si sofferma inoltre sull’alternanza di momenti di prevalenza dell’individualismo, abbastanza forte a Pistoia e a Firenze, e momenti di supremazia della corrente comunista-organizzatrice che alla fine riesce a guidare tutto il movimento. I comunisti-organizzatori, è ricordato esaurientemente, svolgono un’intensa attività in seno alle organizzazioni sindacali e contribuiscono al conseguimento di significative affermazioni di varie componenti della classe operaia: i cavatori di Carrara (che nel febbraio 1913 conquistano la giornata lavorativa di sei ore e mezzo), i siderurgici di Piombino, i minatori del Valdarno, i ferrovieri di Pisa e di Livorno, i lavoranti in pelle di Empoli e di altri centri. Ciò che forse non si riesce a capire esattamente dal libro di Sacchetti è il motivo, o i motivi per i quali le proposte anarchiche incontrano tali successi in certe zone e in certe categorie piuttosto che in altre. Emerge invece con chiarezza il complesso ca
rattere del movimento, composto da vari elementi: insubordinazione e solidarietà di classe, resistenza e determinazione nelle agitazioni. Anche in altri due campi di azione degli anarchici toscani — l’anticlericalismo e l’antimilitarismo — si manifestano nettamente le stesse componenti di ribellione e di volontà rivoluzionaria, pur nell’ambito di collaborazioni con altre forze sovversive o anche genericamente progressiste. Gli anarchici, e non solo in Toscana, ricercano il concorso dei massoni e dei socialisti ai tempi delle proteste operaie e intellettuali contro l’assassinio del maestro libertario spagnolo Francisco Ferrer, nonché l’appoggio dei giovani socialisti e repubblicani durante le campagne di solidarietà con Masetti e con i soldati condannati per insubordinazione o contro le compagnie di disciplina e le spedizioni coloniali. Sul problema delle alleanze l’autore non si è purtroppo soffermato, in quanto ha ristretto l’indagine, malgrado il titolo piuttosto ampio del volume, alle iniziative più propriamente anarchiche.
L’esame delle vicende interne all’anarchismo è certamente approfondito e documentato; segue infatti passo passo tutte le frequenti, e spesso irregolari, pubblicazioni e segnala soprattutto i nodi dei dibattiti dei vari congressi locali, congressi che danno vita nella primavera del 1914 all’Unione anarchica toscana e preparano la convocazione di un Congresso comunista anarchico italiano, previsto nell’estate seguente ma che non verrà svolto.
Sulla base di documenti d’archivio e di resoconti della stam
pa libertaria, l’autore valuta che il movimento anarchico organizzato disponesse, in Toscana poco prima del conflitto, di più di un centinaio di gruppi con un’attiva militanza. Allo scoppio delle ostilità non ci sarebbero state significative defezioni dal tradizionale antimilitarismo e antibellicismo, anche se la presa di posizione filo-intesista di Kropotkin avrebbe portato a qualche perplessità, poi fugata dalla risposta di Malatesta. L’avversione generale alla guerra, anzi, si può dedurre dai frequenti, e talora violenti, scontri di piazza con gli interventisti, anche con quelli di provenienza democratica o repubblicana.
Va ancora rilevato che nelle interessanti e ampie appendici sono pubblicati documenti e articoli, volantini e deliberati congressuali che illustrano adeguatamente il vivace quadro d’insieme dell’anarchismo regionale. Completano il volume, senza dubbio valido e stimolante, una nutrita bibliografia, assai utile soprattutto per i numerosi periodici e numeri unici locali.
Claudio Venza
G i n o C e r r i t o , Dall’insurrezio- nalismo alia settimana rossa. Per una storia dell’anarchismo in Italia. (1881-1914), Firenze, Crescita politica, 1977, pp. 253, lire 5.000.
In quest’opera l’autore (scomparso nel settembre 1982) continua l’analisi del movimento anarchico di lingua italiana mettendone in luce la problematica e l’evoluzione interne. Viene qui ripreso in larga parte il tema della struttura organizzativa
120 Rassegna bibliografica
federale che caratterizzò l’ala bakuninista della I Internazionale (vedi G. Cerrito, Il ruolo dell’organizzazione anarchica, Catania, R.L., 1973, pp. 492, lire 3.000).
L’esame parte dal 1881, anno di svolgimento del Congresso internazionale di Londra, il primo importante incontro organizzativo fra anarchici dopo il congresso di Saint-Imier del 1872. Da Londra sarebbe iniziato un periodo “eroico” costellato da numerosi episodi di “propaganda del fatto” avvalorati dagli “scritti incendiari di Kropotkin” e dal progetto di Carierò centrato sulla “guerra per bande” . Gli attentati diffusi, la repressione statale e la disorganizzazione del movimento, secondo Cerrito, portarono all’isolamento degli anarchici dalle masse lavoratrici. Inoltre le influenze nefaste dell’individualismo di tipo stirneriano associato spesso a posizioni estetizzanti (“sublimi filosofie ed eleganze artistiche”) impedirono all’infaticabile azione organizzatrice di Malatesta e di Fabbri di approdare a risultati apprezzabili. In questo tipo di interpretazione sembra però riprodursi una visione alquanto schematica dei problemi del movimento anarchico alle prese con le necessità organizzative da un lato e con l’autonomia individuale dei suoi militanti dall’altro. Ad esempio l’autore giunge a spiegare la fine della Federazione socialista anarchica del Lazio, durata dal 1901 al 1906, con un’insistente manovra di “libelli, menzogne e chiacchiere” condotta da un “piccolo gruppo di antiorganiz- zatori ”, “ strumentalizzandocon deliberato proposito la credulità degli anarchici” . Andreb
be verificato piuttosto quanto la “provocazione individualista” trovasse terreno favorevole, oltre che nella naturale ricettività psicologica dei militanti, nella composizione sociale del movimento.
Un altro filone dell’analisi di Cerrito concerne l’atteggiamento anarchico nei confronti dell’impegno sindacale. Egli ritiene che “l’anarcosindacalismo fu proprio una reazione al sistema dell’azione cospirativa e insurrezionale dei gruppi specifici” e che nel suo progressivo sviluppo abbiano influito sia l’entusiasmo per la situazione francese (almeno fino al 1906), sia il lavoro incessante della tendenza organizzatrice. Entrambi questi fattori si sarebbero giovati dell’inasprimento della lotta di classe a cavallo tra il vecchio e il nuovo secolo e di un certo “prestigio di irriducibili avversari del capitalismo e dello Stato” goduto dagli anarchici presso le masse lavoratrici. L’esaltazione per il sindacato come mezzo e come fine della lotta antistatale verrà però ridimensionata al Congresso internazionale di Amsterdam del 1907 proprio da Errico Malatesta, che tenderà a distinguere nettamente l’organizzazione specifica degli anarchici dalla struttura sindacale dei lavoratori genericamente disposti all’azione diretta e alla solidarietà di classe. (Al riguardo si veda: a cura di Maurizio Antonioli, Dibattito sul sindacalismo. A tti del Congresso internazionale anarchico di Amsterdam del 1907, Firenze, Crescita Politica, 1978.)
Il libro riporta una larga appendice documentaria, in buona parte di difficile reperimento,
dedicata per lo più alla polemica sulla “crisi dell’anarchismo” iniziata nel 1907 tra Francesco Saverio Merlino, ex anarchico approdato ad una sorta di socialismo libertatorio, e Luigi Fabbri ed Errico Malatesta, i principali esponenti della componente organizzatrice. Il giudizio di Cerrito è che in una certa misura le critiche di Merlino sulla staticità del movimento erano fondate e avrebbero meritato una risposta più convincente di quella fideistica data da Luigi Galleani su “Cronaca Sovversiva” , periodico comunista antiorganizzatore degli anarchici italiani negli Stati Uniti (gli articoli sono raccolte nel volumetto L. Galleani, La fine dell’anarchismo?, Torino, Assandri, 1978, pp. 133).
Per Cerrito, la “Settimana Rossa” avrebbe dimostrato a Malatesta la disponibilità insurrezionale delle masse e l’incapacità rivoluzionaria della minoranza sovversiva. La mancata decisione dei dirigenti politici e sindacali, socialisti e repubblicani —- sovversivi solo a parole — portò, secondo l’autore, a far sfumare questa occasione rivoluzionaria che, puntando sulla favorevole predisposizione psicologica, avrebbe colmato i vuoti di una preparazione tecnica minuziosa, peraltro rara anche nei moti rivoluzionari vittoriosi.
Con tale valutazione, che si discosta nettamente da quelle finora prevalenti (vedi ad esempio E. Santarelli, Il socialismo anarchico in Italia, Milano, Feltrinelli, 1973), termina questo saggio oltremodo utile per la continuazione, e il rinnovamento, del dibattito sull’anarchismo italiano.
Claudio Venza
Rassegna bibliografica 121
C l a u d i o V e n z a , M a r c o P u p p i -
n i , D i a n e l l a G a g l i a n i , Compagno tante cose vorrei dirti... Il funerale di Giovanni Casali, anarchico, Prato Carnico 1933, Presentazione di Enzo Santarelli, Udine, Centro Editoriale Friulano, 1983, pp. 87, lire9.000.
Non sono numerosi, a livello nazionale né tantomeno a livello regionale, gli studi che affrontino il problema del dissenso popolare negli anni del regime fascista.
Il tema in questione è quanto- mai delicato e si presta facilmente a forzature e a valutazioni limitate dei fenomeni. Non è il caso di questo volumetto collettivo che ha come primo merito quello di superare un’ottica prettamente localistica nelle analisi dei fatti descritti, proponendo una serie di interpretazioni sul rapporto classi popolari- fascismo estremamente stimolanti.
L’opera è composta da tre saggi distinti, in cui gli autori, partendo da posizioni metodo- logiche e ideologiche abbastanza diverse, affrontano il tema della tradizione socialista e anarchica in Val Pesarina, che ha nell’episodio del funerale “rosso” dell’anarchico Giovanni Casali, svoltosi nel 1933 in pieno regime fascista, una delle più significative manifestazioni.
Il saggio di Venza è quello che affronta in maniera più diretta le vicende legate al funerale sovversivo; la ricostruzione dei fatti, peraltro per molti aspetti avvincente, passa attraverso un largo uso delle carte di polizia conservate presso l’Archivio centrale dello Stato oltre che delle testimonianze orali di
quanti videro o parteciparono a quegli avvenimenti.
I limiti della penetrazione del fascismo nella società friulana e carnica in particolare sono espressi dalla grande partecipazione popolare alle esequie di Giovanni Casali, “ ... il Podestà, il Segretario Politico, il Presidente dell’Opera nazionale Balilla, presenti ma silenziosi, sanno che non possono contare che su pochi adepti, per lo più spinti dall’indigenza” (p. 21).
Tutta la vicenda è inserita in una meticolosa descrizione dell’ambiente geografico ed umano. L’emigrazione è per molti l’esperienza che più incide nelle coscienze politiche e l’assimilazione di una “nuova mentalità” provoca un vivace dibattito che si concretizza nella nascita e nello sviluppo delle organizzazioni socialiste e anarchiche; alcuni tra i lavoratori politicamente più attivi diventano dei punti di riferimento per tutta la comunità; è il caso dello stesso Casali, anarchico, morto in Francia nel 1933 in circostanze accidentali, i cui funerali divengono occasione per una protesta aperta: « . . . onorare apertamente un rivoluzionario, un anarchico vuol dire già manifestare il proprio dissenso al potere vigente ” (P- 21).
Va comunque rilevato come allo stato attuale degli studi non esista un’opera complessiva sul Friuli negli anni del fascismo, una lacuna che si fa sentire anche in questo lavoro.
II saggio di Puppini ripercorre in maniera molto dettagliata e precisa le tappe del movimento operaio in Val Pesarina dai primi anni del Novecento alla Resistenza; la costruzione della Casa del popolo, l’organizza
zione di varie cooperative e l’istituzione delle varie organizzazioni socialiste e anarchiche rappresentano le tappe in cui si radica quella tradizione democratica che il fascismo non riuscì mai a piegare del tutto: l’intensità delle vicende resistenziali confermerà questa tradizione e Prato Carnico diventerà una delle culle del movimento partigiano garibaldino.
Di diverso impianto è il saggio di Daniella Gagliani, in cui in maniera stimolante viene affrontato il problema della memoria storica delle classi popolari durante il periodo fascista. Partendo dall’episodio del funerale sovversivo di Prato Carnico l’autrice rileva come il regime reazionario abbia sempre osteggiato e represso in maniera a volte sproporzionata (nel caso del funerale carnico vennero inviate al confino cinque persone) le manifestazioni, anche sotto forma di riti funebri, di una tradizione collettiva non allineata alle parole d’ordine dominanti.
Ne deriva una nuova e diversa riconsiderazione del rapporto masse popolari e fascismo e la necessità quindi di ricostruire una storia della mentalità di quelle classi che come è noto non hanno in genere lasciato memoria scritta.
Paradossalmente il fascismo, impegnato a controllare tutte le forme di dissenso, ci fornisce attraverso i vari rapporti di polizia, di prefetti e ministri, una serie di documenti che ci permettono di cogliere una parte della soggettività delle masse popolari.
L’autrice del saggio fa notare come i termini fascismo-antifascismo, consenso-dissenso in questo tipo di analisi siano in
122 Rassegna bibliografica
sufficienti e per molti aspetti fuorvianti: è un nuovo tipo di approccio necessariamente interdisciplinare che apre nuove prospettive alle ricerche sull’argomento.
Complessivamente il volume ha il merito di porre un tema, quello dell’antifascismo popolare e spontaneo, che a livello regionale ha avuto trattazioni il più delle volte occasionali e insufficienti; eppure considerando l’alto numero di persone deferite al Tribunale speciale in Friuli negli anni venti e trenta, l’argomento meriterebbe uno studio più sistematico e completo. Questo lavoro rappresenta una buona prima traccia.
Dino Barattin
A l c e o R i o s a , II movimento operaio tra società e stato - Il caso italiano nell’epoca della Seconda Internazionale, Milano, Angeli, 1984, pp. 222, lire16.000.
Il volume raccoglie un ampio ventaglio di documenti sulla storia del partito socialista, dalla sua fondazione nel 1892 con il nome di Partito dei lavoratori italiani allo scoppio della prima guerra mondiale. Con l’eccezione, fuori da questo arco cronologico, di due documenti: il programma “per la pace e pel dopo guerra” del maggio 1917 e il sunto dell’ultima parte della riunione del Consiglio direttivo della Confederazione generale del lavoro nel novembre 1918.
Le sette sezioni in cui sono divisi i documenti (tutti stralciati da congressi già pubblicati e dai principali giornali del partito e
del sindacato), intendono rispondere tanto ai principali problemi propri della storia del movimento operaio italiano che alle questioni imposte al dibattito dalle vicende della II Internazionale.
Il tema di fondo è quello del rapporto tra sindacato e partito, le loro diverse funzioni e rapporto reciproco, le discussioni sullo sciopero generale e il suffragio universale. L’ultima sezione è dedicata al rapporto con i “disorganizzati” .
La corposa introduzione ai documenti di Alceo Riosa prende le mosse dal VII Congresso della II Internazionale (Stoccarda 1907), per ripercorrere la discussione e la sistemazione teorica del rapporto partito/sindaca- to dagli ultimi anni del secolo scorso alla crisi della prima guerra mondiale. Attorno a questo rapporto, secondo l’autore, si delinea il modo originale e autonomo in cui il movimento operaio italiano si rapporterà, nella sua fase iniziale di organizzazione centralizzata, tanto alla società che allo stato; svolgendo tra questi due poli un ruolo di cerniera e di saldatura che si incrinerà solamente con la vittoria della politica massimalista all’indomani della guerra.
m.f.
G i a n f r a n c o A . B i a n c h i , Storia dei sindacati in Italia, Roma, Editori Riuniti, 1984, pp. 272, lire 13.500.
Questa del Bianchi non intende tanto essere una nuova storia di sindacati in Italia dal Patto di Roma del ’44 ad oggi, mancando programmaticamente di uno scavo sui documenti, di una ori
ginale proposta interpretativa, di nuove testimonianze. È piuttosto un lavoro di divulgazione compiuto sul materiale già esistente che ripercorre le vicende delle organizzazioni sindacali dei lavoratori e del padronato industriale privilegiando il momento del passaggio dell’Italia da paese essenzialmente agricolo a paese prevalentemente industriale.
La ricostruzione storica — compiuta da un autore che ha al suo attivo numerose inchieste giornalistiche — si sofferma soprattutto sui momenti e sugli episodi che hanno favorito e accompagnato il crescere dell’apparato industriale, cercando di enucleare l’influenza di questa crescita sui rapporti sindacali e sul formarsi delle strategie e delle tattiche delle diverse organizzazioni.
m.f.
F i o m V a r e s e - B u s t o A r s i z i o ,
La sindacalizzazione difficile, Milano, Vangelista, 1982, pp. 533, lire 18.000.
Il volume, che è un primo lavoro di ricerca sulla storia del movimento operaio varesino promosso nell’ottantesimo anniversario di fondazione della Fiom-Cgil, si compone di due parti. Una prima saggistica, contenente tre lavori di ricognizione storica, con particolare attenzione alla storia sindacale, su tre importanti aziende della provincia (di Valerio Crugnola sulla Ignis tra il 1943 e il 1969, di Francesca Amoni sulla Bassani Ticino soprattutto negli anni ’60 e ’70, di Pietro Macchione sulla Siai-Marchetti dal 1945 al 1951); una seconda che riporta i
Rassegna bibliografica 123
testi delle relazioni, mozioni ed interventi dei congressi provinciali della Fiom di Varese dal IV del 1952 al X del 1977. Questi documenti sono preceduti da una premessa di Franco Catalano.
m.f.
A n g e l o O l i v i e r o O l i v e t t i , Dal sindacalismo rivoluzionario al corporativismo, Roma, Bonac- ci, 1984, pp. 320, lire 20.000.
Quarta pubblicazione della sezione documenti della collana “I fatti della storia” diretta da Renzo De Felice, questa raccolta curata da Francesco Perfetti, riunisce i testi più significativi di una delle più interessanti figure del sindacalismo rivoluzionario e del fascismo. Angelo Oliviero Olivetti approdò al sindacalismo rivoluzionario negli anni del dibattito europeo sul revisionismo per divenire poi fautore dell’interventismo e — dopo il delitto Matteotti che lo riavvicinò al fascismo da cui si era inizialmente distaccato — uno dei teorici del corporativismo.
I testi presentati seguono le quattro principali fasi dell’attività giornalistico-teorica dell’O- livetti (che morì a Spoleto nel 1931, ormai ordinario alla facoltà di Scienze politiche di Perugia), delineando una quadro completo e delle sue idee e dei mutamenti avvenuti. Nella lunga introduzione, Perfetti abbozza uno schizzo biografico del- l’Olivetti, puntando prevalentemente ad evidenziare la genesi della sua produzione teorica sul sindacato, sul rapporto sindacato-stato nel regime fascista, sul corporativismo.
m.f.
U m b e r t o T o m m a s i n i , L ’anarchico triestino, Roma, Edizione Antistato, pp. 543, lire 15.000.
Umberto Tommasini, anarchico libertario vissuto dal 1896 al 1980, triestino di nascita e di cultura, antifascista, confinato, esiliato a Parigi, combattente della guerra di Spagna, militante del movimento anarchico nel secondo dopoguerra, racconta la sua vita e le sue vicende politiche ed umane in questa lunga “autobiografia” raccolta, registrata e trascritta da Claudio Venza. Testimonianza piena di fascino, sia per l’uso del dialetto che per la ricchezza umana del personaggio, questa autobiografia è particolarmente significativa nella ricostruzione della vita al confino, nel testimoniare le difficoltà di un antifascismo minoritario ma coerente, nel dare un affresco veritiero e colorito delle vicende spagnole e dei drammi vissuti non solo al fronte ma all’interno stesso delle file repubblicane. Meno interessanti, dal punto di vista storico, le pagine del secondo dopoguerra, che mostrano però esaurientemente la tempra umana e morale di un esponente esemplare di una generazione di militanti.
La lunga e accurata nota introduttiva di Claudio Venza, oltre a puntualizzare il dibattito sulla storia orale e i suoi problemi, è ricca di materiale archivistico e precisa ed esauriente nella ricostruzione del mondo del confino, dell’emigrazione antifascista, dei volontari italiani in Spagna, di tutto il retroterra storico che fa da sfondo alla vita dell’“anarchico triestino”.
m.f.
L e o n e G a s p a r i n i , La Banda del Matese. La guerriglia nell’Italia postunitaria, Salerno, Galzera- no, 1983, pp. 150, lire 6.000.
Negli anni immediatamente successivi all’unificazione, il Mezzogiorno d’Italia, in coincidenza con lo scioglimento dell’esercito garibaldino e il consolidamento dell’alleanza politica tra moderati e classe possidente, fu caratterizzato da uno stato di vera e propria guerriglia contadina, meglio conosciuta come brigantaggio. Manifestatosi in forme assai diffuse già durante il “decennio francese” esso attingeva linfa vitale dalle miserrime condizioni economico-sociali del mondo contadino meridionale particolarmente esasperato dall’assenza di un qualunque intervento capace di infrangere il monopolio esercitato dai ceti possidenti sulla proprietà fondiaria.
La monarchia borbonica — esiliata a Roma — il governo pontificio e gruppi di legittimisti di altri paesi europei (la Spagna, per esempio) cercava, con l’invio di fondi e di emissari, di imprimere al movimento un indirizzo politico reazionario: sul piano interno esisteva una indubbia istanza ad avere un proprio com- po da coltivare, molto sentita dalle masse contadine meridionali. Il governo italiano, sotto lo sguardo attento del mondo politico europeo, operò una feroce repressione servendosi anche di strumenti legislativi come la legge Pica, che se, intorno al 1865, riuscì a stroncare le forme di massa della rivolta, non si rivelò però in grado di eliminare il diffuso malcontento che l’aveva generata, ulteriormente aggravato dalla conferma del dominio sociale del ceto possidente.
124 Rassegna bibliografica
Un diffuso stato di miseria, invero, caratterizzava anche le campagne dell’Italia centrosettentrionale, sicché, all’intorno al 1870, in vaste zone del nostro paese la situazione sociale si presentava particolarmente esplosiva. L’inverno 1873-74 fu molto duro: il raccolto si era infatti rivelato scarso e i prezzi dei generi annonari erano soggetti a continui rincari: risentimento contro le istituzioni ed inquietudini serpeggiavano un po’ dovunque. Nell’estate del 1874 varie località, fra cui Bologna e Castel del Monte (Bari), furono teatro di moti di ispirazione anarchica quasi subito repressi. I processi, svoltisi tra il 1875 e il 1876 con esito favorevole agli imputati, permisero a tutto il movimento socialista, dopo alcuni anni di dura repressione, di riorganizzarsi. Al suo interno, però — come ha osservato alcuni anni fa l’iniziatore di tali studi, Franco Della Peruta (cfr. Il socialismo italiano dal 1875 al 1882. Dibattiti e contrasti, “Annali Feltrinelli”, I, 1958) — cominciava a svilupparsi la lotta fra le diverse correntbda un lato vi era il gruppo degli anarchici o bakuninisti (Costa, Cafiero, Malatesta ecc.), dall’altro quello dei cosiddetti “legalitari” . I primi, al contrario dei secondi, avversavano ogni forma di autorità (e perciò anche lo Stato, l’autorità per eccellenza), ritenendo fondamentale, per lo sviluppo di un vasto movimento rivoluzionario, l’adesione delle masse rurali anziché del proletariato industriale. In tal senso gli anarchici, e in particolare Bakunin, attribuivano grande importanza a tutti quei paesi arretrati
sul piano politico e sociale, dove più forti erano le sopravvivenze feudali e più debole o addirittura inesistente il proletariato industriale, instaurando altresì un legame con tutta la tradizione democratica risorgimentale teorizzatrice della guerra per bande (Bianco di Sain Jorioz, Mazzini, Pisacane ecc.). La cosiddetta propaganda dei fatti — finalizzata alla diffusione delle idee anarchiche attraverso azioni esemplari e clamorose, e non necessariamente vincenti — era pertanto diretta conseguenza di questo atteggiamento di chiusura nei confronti della classe operaia e di tutte le sue forme organizzative. Il contrasto, tuttavia, nelle seconda metà degli anni settanta era appena agli inizi e solo negli anni ottanta l’ideologia socialista riuscirà a prevalere su quella anarchica.
Muovendosi su posizioni anarchiche, Cafiero e Malatesta, all’indomani dell’avventuroso congresso di Tosi (1876), cominciarono ad organizzare un nuovo tentativo insurrezionale. La scelta cadde sulla zona del Matese percorsa, negli anni precedenti, da fremiti di irrequietezza e caratterizzata da una profonda miseria, situazione che — nei loro piani — la rendeva particolarmente adatta allo scopo.
La ricostruzione dell’episodio compiuta da Leone Gasparini, facendo esclusivo riferimento a materiale ampiamente conosciuto, non si propone di aggiungere alcunché di nuovo a quanto già acquisito dal dibattito storiografico negli ultimi decenni; essa al contrario tende a sottolineare la necessità di impe
dire che “un fatto insurrezionale compiuto poco più di cento anni fa da un pugno di uomini armati di vecchi fucili viva nell’ambito di una cronaca angusta” (p. 7).
Le successive fasi del processo furono notevolmente condizionate dal clima repressivo che però, almeno fino agli anni ottanta non riuscì a produrre i risultati sperati.
Infatti, il sistema delle Corti di Assise, basato sulle giurie popolari, aveva ampiamente dimostrato l’indisponibilità, da parte di queste ultime, a condannare gli anarchici per reati squisitamente politici. Sicché, l’autorità giudiziaria tese ad appesantire i termini della carcerazione preventiva, nonché ad abusare sistematicamente delle proprie prerogative. Con l’inizio degli anni ottanta, il potere giudiziario cercherà di impedire, attraverso un relativo alleggerimento dei capi di accusa, che il giudizio degli imputati fosse appannaggio delle Corti d ’Assse, preferendo affidarlo a giudici di professione.
Anche in occasione dei fatti del Matese, la durezza dei metodi polizieschi e l’eccessivo protrarsi della carcerazione preventiva (ben sedici mesi) non poterono non influenzare il verdetto assolutorio della giuria popolare, che — secondo l’autore — non intese “esprimere un giudizio favorevole alle idee socialiste o addirittura anrachiche, quanto un consenso verso tutti coloro che si ribellavano al governo”(p. 120).
Ciro Rocco
Spoglio dei periodici stranieri 1983di Franco Pedone
Sono stati presi in considerazione i seguenti periodici:
Australia: “Labour History”;
Austria: “Zeitgeschichte”;
Bulgaria: “Etudes balkaniques”;
Francia: “Actes de la recherche en sciences sociales”, “Annales. Economies, sociétés, civilisations”, “Cahiers d’histoire”, “Cahiers d’histoire de Institut de recherches marxistes” “Cahiers du monde russe et soviétique”, “Cahiers Léon Trotsky”, “Etudes rurales”, “L’homme et la société”, “Le mouvement social”, “Relations internationales” , “Revue d’histoire de la deuxième guerre mondiale et des conflits contemporains”, “Revue française de science politique”, “Revue historique”;
Germania Rdt: “Beitrâge zur Geschichte der Arbeiterbewegung”, “Zeitschrift für Geschichtswissenschaft” ;
Germania Rft: “Geschichte und Gesell- schaft” , “Historische Zeitschrift”, “Mili- tàrgeschichtliche Mitteilungen”, “Neue Po- litische Literatur”, “Vierteljanhrshefte für Zeitgeschichte”;
Gran Bretagna: “Comparative Studies in Society and History”, “The Economic History Review”, “The English Historical Review”, “History Workshop”, “The Historical Journal” , “Journal of Contempo
rary History” , “Journal of Social Policy” , “New Left Review”, “Past and Present” , “Social History”;
Jugoslavia: “Casopis za Suvremenu Pov- jest” , “Vojnoistorijski Glasnik”;
Olanda: “International Review of Social History”;
Polonia: “Dzieje Najnowsze”, “Kwartalnik Historyczny”, “Polish Western Affairs” , “Studia z Dziegow ZSRR i Europy Srod- kowej”, “Z Pola Walki”;
Romania: “Revue des études sud-est européennes”, “Revue roumaine d’histoire”;
Spagna: “Revista de estudios internaciona- les” ;
Svezia: “The Scandinavian Economie History Review and Economy and History”, “The Scandinavian Journal of History”;
Svizzera: “Schweizerische Zeitschrift für Geschichte”;
Ungheria: “Acta historica”;
USA: “The American Historical Review”, “Explorations in Economic History”, “Journal of Asian Studies” , “The Journal of Economic History” , “Journal of Family History”, “Journal of History of Ideas” , “Journal of Interdisciplinary History”, “Journal of La- tin-American Studies”, “The Journal of Modern History”, “Polical Science Quaterly”-
126 Rassegna bibliografica
“Proceedings of the Academy of Political Science”, “Socialist Review”, “Telos” .Lo spoglio è stato effettuato da Franco Pedone, con la collaborazione di Enzo Collotti,
Stanislaw Sierpowski e Nanda Torcellan. Esso non comprende gli ultimi numeri di periodici che, al momento della stampa, non erano ancora usciti.
Storiografia
Walter C. Adamson, Benedetto Croce and the Death o f Ideology, in “The Journal of Modern History”, voi. 55, n. 2, pp. 208-236.
Klaus J. Bade, Imperialismus- forschung und Kolonialhistorie, in “Geschichte und Gesell- schaft” , a. 9, n. 1, pp. 138-150.
Horst Bartel, Das Lutherbild der revolutionaren deutschen Arbeiterbewegung, in “Beitràge zur Geschichte der Arbeiterbewegung”, a. 25, n. 6, pp. 786-796.
Karl Dietrich Bracher, Demo- kratie und Ideologie im Zeital- ter der Machtergreifung, in “Vierteljahrshefte für Zeitges- chichte”, a. 31, n. 1, pp. 1-24.
Volker Briese, Militar, und Ge- sellschaft. Der Beitrag sozial- wissenschaftlicher Literatur zur aktuellen Diskussion (I), in “Neue Politische Literatur”, a. XXVIII, n. 3, pp. 336-357; (II), n. 4, pp. 413-435.
Wilhelm Bruns, Die Vereinten Nationen zwischen Ignoranz und Irrelevanz?, in “Neue Politische Literatur” , a. XXVIII, n. 3, pp. 358-371.
Oliver Carre, Le combat - pour - Dieu et l ’Etat islamique chez Sayyid Qotb, l ’inspirateur du
radicalisme islamique actuel, in “Revue française de science politique” , a. XXXIII, n. 4, pp. 680-705.
José U. Martinez Carreras, Hi- storia de las relaciones interna- cionales de los paises afroasiati- cos. Notas bibliograficas (I), in “Revista de estudios internacio- nales”, n. 2, pp. 281-310; (II), n. 4, pp. 785-805.
Tadeusz Cieslak, L ’evoluzione della concezione della federazione balcanica nel X IX e nel X X secolo, in “Studia z Dzie- gow Europy Srodkowej”, voi. 19, pp. 5-22.
Werner Conze, Hans Rothfels, in “Historische Zeitschrift” , voi. 237, n. 2, pp. 311-360.
Peter Dusek ed altri, Das gelun- gene Experiment. “Koloniali- smus - Dritte Welt - Neokolo- nialismus”, in “Zeitgeschichte” , a. X, n. 11/12, pp. 435-447.
Karl-George Faber, Cogito ergo sum historiens novus. Bemerkun- genzu “Die Geschichte der Annales, erzahlt von François Furet”, in “HistorischeZeitschrift”, voi. 236, n. 3, pp. 529-538.
R.A. Flechter, Cobden as Educator: the Free-Trade Internationalism o f Eduard Bernstein, 1899-1914, in “The American Historical Review” , voi. 88, n. 3, pp. 561-578.
François Furet, Beyond the “Annales”, in “The Journal of Modern History” , voi. 55, n. 3, pp. 389-410.
Luigi Vittorio Graf Ferraris, Po- litik und Zeitgeschichte. Ein- klang Oder Widerspruch?, in “Vierteljahrshefte für Zeitgeschichte”, a. 31, n. 3, pp. 373-388.
Mir j ana Gross, Braudel e Vilar due rappresentanti della storiografia francese, in “Casopis za Suvremenu Povjest” , a. 15, n. 2, pp. 93-97.
Jürgen Habermas, Neo-Conservative Culture Criticism in the United States and West Germany: an Intellectual Movement in Two Political Cultures, in “Telos” , n. 56, pp. 75-89.
Brian Harrison - James Maclt- tillan, Some Feminist Betrayals o f Women’s History, in “The Historical Review”, voi. 26, n. 2, pp. 375-389.
Heiko Haumann, Grundproble- me der Sowjetgesellschaft aus historischer Sicht, in “Neue Politische Literatur”, a. XXVIII, n. 3, pp. 372-380.
Historians and Movies: the State o f the Art. Scritti di Marc Ferro, Nicholas Pronay, Wolfgang Ernst, R.C. Raack, Richard Taylor, Nicholas Reeves, Jay W. Baird, C. Brian Morris, in “Journal of Contemporary History” , voi. 18, n. 3.
Rassegna bibliografica 127
Eckhard Jesse, Renaissance der Totalitarismuskonzeption? Zur Kontroverse um einen strittigen Begriff, in “Neue Politische Literatur” , a. XXVIII, n. 4, pp. 459-492.
Jean-Paul Joubert, Remarques sur la politique “entriste”, in “Cahiers Leon Trotsky”, n. 16, pp. 3-15.
Nikki R. Keddie, Iranian Revolutions in Comparative Perspective, in “The American Historical Review” , vol. 88, n. 3, pp. 579-598.
Elizabeth Klosty Beaujour, A rchitectural Discourse and Early Soviet Literature, in “Journal of the History od Ideas”, vol. 44, n. 3, pp. 477-495.
Reinhard Kühnl, Der deutsche Faschismus in der neueren For- schung. Beitràge zur Kausalfra- ge und zum Herrschaftssystem, in “Neue Politische Literatur” , a. XXVIII, n. l ,p p . 57-84.
Walter Laqueur, The Question o f Iudgement: Intelligence and Medicine, in “Journal of Contemporary History” , vol. 18, n. 4, pp. 537-548.
Willaume Malgorzata, Le ultime realizzazioni della storiografia romena, in “Kwartalnik Hi- storyczny”, a. XC, n. 2, pp. 337-380.
Victor Morales Lezcano, Apro- ximación bibliografica al Ma- greb, in “Revista de estudios in- ternacionales” , n. 1, pp. 75-82.
Francisco Aldecoa Luzanaga, Nota bibliografica sobre America Latina y Espana, in “Revista
de estudios internacionales” , n. 4, pp. 807-812.
Bernard Manin, Friedrich August Hayek et la question du libéralisme, in “Revue française de science politique” , a. XXXIII, n. 1, pp. 41-64.
Tilman Mayer, Die Nationale Frage in Deutschland, in “Neue Politische Literatur”, a. XXVIIII, n. 3, pp. 295-324.
Muhammad Umar Memor, Pakistani Urdu Creative Writing on National Disintegration: the Case o f Bangladesh, in “The Journal of Asian Studies”, voi. 83, n. 1, pp. 105-127.
Ernst Nolte, Marxismus und Nationalsozialismus, in “Vier- teljahrshefte fiir Zeitgeschi- chte”, a. 31, n. 3, pp. 389- 417.
José Pacheco Pereira, L ’historiographie ouvrière au Portugal, in “Le Mouvement social” , n. 123, pp. 99-108.
Joachim Radkau, Szenenwech- sel in der Kernkraft-Kontro- verse, in “Neue Politische Literatur”, a. XXVIII, n. 1, pp. 1-56.
Arnold Reisberg, Alfred Klahr - erster marxistisch-leninisti- scher Theoretiker iiber die ôsterreichische Nation, in “Beitràge zur Geschichte der Arbeiterbewegung” , a. 25, n. 3, pp. 411-416.
Rolf Richter, Zur Analyse und Kritik der nichtmarxistischen Geschichtsschreibung iiber del Alltag im deutschen Faschi
smus, in “Beitràge zur Geschichte der Arbeiterbewegung”, a. 25, n. 6, pp. 824- 834.
Sheldon Rothblatt, Some Recent Writings in British Political History, 1832-1914, in “The Journal of Modern History” , voi. 55, n. 3, pp. 484-499.
Hans-Peter Schwarz, Die euro- pdische Integration als Aufgabe der Zeitgeschichtsforschung, in “Vierteljahrshefte fiir Zeitge- schichte” , a. 31, n. 4, pp. 555-572.
Nisha Sohai-Achuthan, Soviet Ideologists and the Institute o f Oriental Studies: Works onContemporary India in Soviet Union, in “The Journal of Asian Studies”, voi. 42, n. 2, pp. 323-343.
Ronald Gregor Suny, Toward a Social History o f the October Revolution, in “The American Historical Review” , voi. 88, n. l ,p p . 31-52.
John Trayer, Alfredo Frassati in the History and Historiography o f Modern Italy, in “The Journal of Modern History” , voi. 55, n. 2, pp. 285-296.
John Trayer, Illiberalism and Beyond: German History and Historiography o f Modern Italy, in “The Journal of Modern History”, voi. 55, n. 2, pp. 268-285.
Bogdan Wachowiak, Una nuova elaborazione tedesco-occidentale della storia della Prussia, in “Kwartalnik Historycz- ny” , a. XC, n. 3, pp. 573-580.
128 Rassegna bibliografica
Giinter Wollstein, Das Ende der Hoffnungen des Jahres 1980. Literatur zur jiingsten Ge- schichte Polens, in “Neue Poli- tische Literatur” , a. XXVIII, n. l ,p p . 98-104.
Giinter Wollstein, Preussen - Literatur zur Geschichte des “aufgehobenen ” Staates im “Preussenjahr” und in dessen Umfeld, in “Militàrgeschichtli- che Mitteilungen” , n. 33, pp. 91-116.
Hartmann Wunderer, Alkohol in der Geschichte, in “Neue Po- litische Literatur” , a. XXVIII, n. 4, pp. 436-458.
James D. Young, Marxism and the Scottish National Question, in “Journal of Contemporary History” , voi. 18, n. 1, pp. 141-163.
Metodologia e organizzazione della ricerca
Rudolf G. Ardelt, Arbeiterkultur - Die andere Kultur, in “Zeitge- schichte”, a. XI, n. 3, pp. 88-102.
Kathleen Neils Conzen, Quantification and the New Urban History, in “The Journal of Interdisciplinary History” , voi. 13, n. 4, pp. 653-677.
Gordon Craig, The Historian and the Study o f International Relations, in “The American Historical Review” , voi. 88, n. l.PP . 1-11-
Martin Van Creveld, Thoughts an Military History, in “Journal of Contemporary History”, voi. 18, n. 4, pp. 549-566.
Robert Deutsch, Die Psychohi- storie und die sowjetische Ge- schichtsschreibung. Zur Geschichte einer Grenzüberschrei- bung, in “Schweizerische Zeitschrift fiir Geschichte” , voi. 33, n. 2, pp. 168-191.
Pierre Favre, La constitution d ’une science du politique. Le deplacement des ses objets et “l ’irruption de l ’histoire réele”, in “Revue française de science politique”, a. XXXIII, n. 2, pp. 181-219; n. 3, pp. 365-402.
Fonti (Le) della letteratura sul movimento operaio socialista a Zagabria dalle sue origini ai nostri giorni, Tavola rotonda, in “Casopis za Suvremenu Pov- jest”, a. 15, n. 3, pp. 1-76.
Norbert Frei, “Machtergrei- fu n g ”. Anmerkungen zu einem historischen Begriff, in “Vier- teljahrshefte fiir Zeitgeschich- te” , a. 31, n. l,p p . 136-145.
Stephen P. Glick - Jan Charters, War, Games, and Military History, in “Journal of Contemporary History” , voi. 18, n. 4, pp. 567-581.
Gangolf Hiibinger, Literaturge- schichte als gesellschaftswissen- schaftliche Disziplin. Ihre Be- griindung durch Georg Gottfried Gervinus, in “Geschichte und Gesellschaft” , a. 9, n. 1, pp. 5-25.
Daniel Jelzar, Le ricerche relative alla storia del movimento operaio nella Repubblica Popolare di Bulgaria, in “Z Pola Walki” , a. XXVI, n. 3/4, pp. 119-131.
Richard Jensen, The Microcomputer Revolution fo r Historians, in “The Journal of Interdisciplinary History” , vol. 14, n . 1, pp. 91-111.
Zbigniew Kulak, L ’industrializzazione, le trasformazioni sociali e il movimento operaio nelle terre polacche e in Germania fino al 1914 nei manuali della Repubblica Federale Tedesca, in “Polish Western Affairs” , voi. 24, n. 2, pp. 267-277.
Gerhard Lozek, Das Problem von Objektivitat und Parteilich- keit und dier Auseinanderset- zung mit der biirgerlichen Ge- schichtsscheibung, in “Zeitschrift fiir Geschichtswissen- schaft”, a. 31, n. 5, pp. 387-396.
Marcel Merle, Sur la “problématique” de l ’étude des relations internationales en France, in “Revue française de science politique” , a. XXXIII, n. 3, pp. 403-427.
Teodor Miatewicz, La questione polacca sullo sfondo della crisi politica russa negli scritti di Roman Dmowski degli anni 1903-1909, in “Dzieje Najnow- sze” , a. XV, n. 4, pp. 3-30.
Peter Moore - Ewan Maidment, The Archives o f Business and Labour, 1954-1982, in “Labour History”, n. 44, pp. 107-112.
Bernard Peloille, Le vocabulaire des notions “nation”, “Etat”, “patrie”. Quelques résultats d ’enquête, in “Revue française de science politique” , a. XXXIII, n. l,p p . 65-108.
Rassegna bibliografica 129
Theodore K. Rabh, The Development o f Quantification in Historical Research, in “The Journal of Interdisciplinary History”, voi. 13, n. 4, pp. 581-601.
Craig J . Reynolds - Hong Lysa, Marxism in Thai Historical Studies, in “The Journal of Asian Studies”, voi. 83, n. 1, pp. 77-104.
Theodor Schieder, Organisation und Organisationen der Ge- schichtswissenschaft, in “Histo- rische Zeitschrift” , vol. 237, n. 2, pp. 265-288.
Walter Schmidt, Deutsche Ge- schichte als Nationalgeschichte der DDR, in “Beitràge zur Ge- schichte der Arbeiterbewegung”, a. 25, n. 3, pp. 332-339.
Walter Schmidt, Die Geschichts- wissenschaft den DDR in den fünfziger Jahren. Ihre Konsti- tuierung als sozialistische deut- sche Geschichtswissenschaft, in “Zeitschrift für Geschichtswissenschaft”, a. 31, n. 4, pp. 291-312.
Hansjôrg Siegenthaler, Ent- scheidungshorizonte im sozialen Wandel, in “Schweizerische Zeitschrift für Geschichte” , vol. 33, n. 4, pp. 414-431.
Herbert A. Strauss, Die Leo Baeck Institute und die Erfor- schung der deutsch-jüdischen Geschichte, in “Geschichte und Gesellschaft”, a. 9, n. 3, pp. 471- 478.
Maris A. Vinovskis, Quantification and the Analysis o f American Antebellun Education, in “The Journal of Interdiscipli
nary History” , voi. 13, n. 4, pp. 761-786.
Ruth Wodak, Der Stellenwert von Sprache in der Geschichts- forschung, in “Zeitgeschichte”, a. X, n. 7, pp. 261-285.
Storia fino alla prima guerra mondiale
Ljubomir Antic, Il tentativo di creare “la Lega croata” degli emigranti dell’America del Sud nel 1913, in “Casopis za Suvre- menu Povjest” , n. 2, pp. 43-62.
Samuel L. Baily, The Adjustment o f Italian Immigrants in Buenos Aires and New York, in “The American Historical Review”, voi. 88, n. 2, pp. 281- 315.
Shigemi Inaga, La reinterpretation de la perspective lineare au Japon (1740-1830) et son retour en France (1860-1910), in “Actes de la recherche en sciences sociales” , n. 49, pp. 29-46.
Herbert S. Klein, The Integration o f Italian Immigrants in the United States and Argentina: a Comparative Analysis, in “The American Historical Review” , voi. 88, n. 2, pp. 306-329.
A.J.H . Lotham - Larry Neal, The International Market in Rice and Wheath, 1868-1914, in “The Economic History Review” , voi. 36, n. 2, pp. 260-280.
Angus Maddison, A Comparison o f the Levels o f GOP per Capita in Developed and Developing Countriers, 1700-1980,
in “The Journal of Economic History” , voi. 43, n. 1, pp. 27-41.
Jehuda Reinhorz, Chaim Weiz- mann: the Shaping o f a Zionist Leader before the First World War, in “Journal of Contemporary History”, voi. 18, n. 2, pp. 205-231.
Europa
George L. Bernstein, Liberalism and the Progressive Alliance in the Constituencies, 1900-1914. Three Case Studies, in “The Historical Review”, voi. 26, n. 3, pp. 617-640.
Jozef Chlebowczyk, Le classi sociali dell’Europa orientale e l ’inizio della guerra mondiale nel 1914, in “Z Pola Walki”, a. XXVI, n. 3/4, pp. 187-202.
N.F.R. Crafts, Gross National Product in Europe 1870-1910: Some New Estimates, in “Explorations in Economie History” , voi. 20, n. 4, pp. 387-401.
Ludwik Hass, La classe operaia polacca all’epoca del capitalismo fino al 1914, in “Z Pola Walki” , a. XXVI, n. 2, pp. 19-47.
Nicolas P. Hiley, The Failure o f British Espionage against Germany, 1908-1914, in “The Historical Review” , voi. 26, n. 4, pp. 867-889.
John Keiger, Jules Cambon and Franco-German Detente, 1907- 1914, in “The Historical Review” , voi. 26, n. 3, pp. 641-659.
130 Rassegna bibliografica
Norbert Michta, Von der Spal- tung zur Vereinigung der polni- schen Arbeiterbewegung (1893- 1948), in “Beitràge zur Ge- schichte der Arbeiterbewegung”, a. 25, n. 5, pp. 686- 692.
Ubavka Ostojic-Fejic, La posizione delle personalità politiche e scientifiche britanniche nei confronti degli sforzi della Serbia dal 1914 al 1915, in “Vojnoistorijski Glasnik” , a. XXXIV, n. 2, pp. 253-265.
Bozidar Samardziev, La Gran Bretagna e alcuni aspetti delle relazioni politiche turco-bulgare nel periodo 1898-1903, in “Etudes balkaniques”, a. XIX, n. 3, pp. 19-39.
Bo Strath, Workers Radicalism in Theory and Practice. A Study o f the Shipyard Workers and Industrial Development in Gothenburg, Malmò and Bremen, in “Scandinavian Journal of History” , voi. 8, n. 4, pp. 261- 291.
Francia
Jean-William Dereymez, Les syndicats ouvriers de Saône -e t- Loire (1899-1914), in “Cahiers d ’histoire de l’Institut de recherches marxistes”, n. 16, pp. 27-57.
Remi Fabre, Un groupe d ’étudiants protestants en 1914-1918, in “Le Mouvement social”, n. 122, pp. 75-101.
Paul Gerbod, Les touristes français à l ’étranger (1871- 1914), in “Revue d’histoire moderne et contemporaine” , a. XXX, n. 2, pp. 283-297.
Odette Hardy - Hemery, La nébuleuse en expansion aux X IX e et X X e siècles: l ’espace de l ’usine sidérurgique de Denain, in “Le Mouvement social” , n. 125, pp. 57-78.
John Horne, Le Comité d ’Ac- tion (CGT - PS) et l ’origine du réformisme syndical du temps de guerre (1914-1916), in “Le Mouvement social” , n. 122, pp. 33-60.
Jean-Charles Jauffret, Armée et pouvoir politique. La question des troupes spéciales chargées du maintien de Tordre en France de 1871 à 1914, in “Revue historique” , n. 547, pp. 97-144.
Jean-Charles Jauffret, Etudes sur l ’armée française de 1870 à 1914, in “Revue historique”, n. 546, pp. 399-407.
Roger Martin, Les instituteurs, la guerre et la paix, 1880-1940, in “Cahiers d’histoire de l’Institut de recherches marxistes” , n. 15, pp. 59-87.
Jean-Yves Nevers, Du clientélisme à la technocratie: cent ans de démocratie communale dans une grande ville Toulouse, in “Revue française de science politique” , a. XXXIII, n. 3, pp. 428-454.
Gerard Noilier, Espace de production et luttes sociales: l ’exemple des usines sidérurgiques lorraines (1880-1930), in “Le Mouvement social” , n. 125, pp. 25-36.
Guy Pedroncini, La strategie du général Pétain, in “Relations internationales”, n. 35, pp. 277- 289.
Germinal Pica, La fonction educative des bourses du travail dans le mouvement ouvrier (1895-1914), in “Cahiers d’histoire de l’Institut de recherches marxistes” , n. 16, pp. 4-26.
Jean-Louis Robert, Une analyse d ’implication: l ’évolution du groupe des “Temps Nouveaux” en 1915, in “Le Mouvement social”, n. 122, pp. 61-74.
Charles Sowerwine, Workers and Womens in France before 1914: the Debate over Couriau Affair, in “The Journal of Modern History”, voi. 55, n. 3, pp. 411-441.
Germania
René Eichenlaub, L ’expressio- nisme allemand et la Première guerre mondiale. A propos de l ’attitude de quelques-uns de ses représentants, in “Revue d’histoire moderne et contemporaine” , a. XXX, n. 2, pp. 298-321.
Marlene Ellerkamp - Brigitte Jungmann, Le travail et la santé: le vie des ouvrierès d ’une usine textile de Brême entre 1868 et 1914, in “Le Mouvement social” , n. 124, pp. 113-130.
Dieter Fricke, Nationalsoziale Versuche zur Fôrderung der Krise der deutschen sozialde- mokratie. Zum Briefwechsel zwischen Max Maurenbrecher und Friedrich Naumann (1910-1913), in “Beitràge zur Geschichte der Arbeiterbewegung” , a. 25, n. 4, pp. 537-547.
Imanuel Geiss, Die Manipulier- te Kriegsschuldfrage. Deutsche Reichspolitik in der Julikrise
Rassegna bibliografica 131
1914 und deutsche Kriegsziele im Spiegel des Schuldreferats des Auswartigen Amtes, 1919- 1931, in “Militârgeschichtliche Mitteilungen” , n. 34, pp. 31-60.
Hartmut Kaelble, Der Mythos von der rapiden Industrialisie- rung in Deutschland, in “Ge- schichte und Gesellschaft” , a. 9, n. 1, pp. 106-118.
David E . Kaiser, Germany and the Origins o f the First World War, in “The Journal of Modern History” ,voi.55,n .3 ,pp. 442-474.
Klaus Saul, Jugend im Schatten des Krieges. Vormilitarische Ausbildung - Kriegswirtschaftli- che Einsatz - Schulalltag in Deutschland 1914-1918, in “Militàrgeschichtliche Mitteilungen”, n. 34, pp. 91-184.
Siegfried Schmidt, Politile und Ideologie des bürgerlichen Libe- ralismus im Revolutioszyklus zwischen 1789 und 1917, in “Zeitschrift für Geschichtswis- senschaft”, a. 31, n. 1, pp. 24-37.
Dennis E. Schowaiter, Army and Society in Imperial Germany: the Pains o f Modernization”, in “Journal of Contemporary History”, voi. 18, n. 4, pp. 583-618.
Shulamit Volkov, Jiidische Assimilation und jiidische Eige- nart im Deutschen Kaiserreich, Ein Versuch, in “Geschichte und Gesellschaft” , a. 9, n. 3, pp. 331-348.
Gran Bretagna
Brian Heeney, Women’s Struggle fo r Professional Work and
Status in the Church o f England, 1900-1930, in “The Historical Review”, voi. 26, n. 2, pp. 329-347.
Avner Offer, Empire and Social Reform: British Overseas Investment and Domestic Politics, 1908-1914, in “The Historical Review”, voi. 26, n. 1, pp. 119-138.
G.C. Peden, Sir Richard Hopkins and the “Keynesian Revolution” in Employment Policy, 1929-1945, in “The Economic History Review” , voi. 36, n. 2, pp. 281-296.
Ellen Ross, Survival Networks: Women’s Neighbourhood Sharing in London before World War I, in “History Workshop”, n. 15, pp. 4-27.
G.R. Searle, The Edwardian Liberal Party and Business, in “The English Historical Review” , voi. 98, n. 386, pp. 28-60.
Alan Sykes, The Radical Right and the Crisis o f Conservation before the First World War, in “The Historical Review” , voi. 26, n. 3, pp. 661-676.
Keith Wilson, The Foreign Office and the “Education” o f Public Opinion before the First World War, in “The Historical Review” , voi. 26, n. 2, pp. 403-411.
Russia
Maurice Carrez, Le mouvement ouvrier finlandais des origines à la guerre civile de 1918, in “Cahiers d’histoire de l’Institut de
recherches marxistes”, n. 16, pp. 79-103.
Michael Confino, Pierre Kro- potkine et les agents de l ’Ohra- ma. Etude suivie de trente lettres inédites de P. Kropotkine à M. Goldsmith et à un groupe anarchiste russe, in “Cahiers du monde russe et soviétique”, a. XXIV, n. 1-2, pp. 83-149.
Annelies Laschitza, Lenin kon- tra Kautsky wàhrend der Revo- lutionsjahre 1917/1918, in “Beitràge zur Geschichte der Arbeiterbewegung”, a. 25, n. 3, pp. 347-351.
Dominic Lieven, Bureaucratie Authoritarism in Late Imperial Russia: the Personality Career and Opinions o f P.N. Durnovo, in “The Historical Review”, voi. 26, n. 2, pp. 391-402.
Barbara T. Norton, Russian Political Masonery o f the February Revolution o f 1917, in “International Review of Social History”, voi. 28, n. 2, pp. 240-258.
William A. Renzi, Who Composed “Sazonov’s Thirteen Points”? A Re Examination o f Russia’s Aims o f 1914, in “The American Historical Review”, voi. 88, n. 2, pp. 347-357.
Nurit Schleifmann, The Internal Agency: Linchpin o f the Political Policy in Russie, in “Cahiers du monde russe et soviétique” , a. XXIV, n. 1-2, pp. 151-177.
Gary Thurston, The Impact o f Russian Popular Theatre, 1886-1915, in “The Journal of Modern History” , voi. 55, n. 2, pp. 237-267.
132 Rassegna bibliografica
Altri Paesi
Manuel Villaverde Cabrai, L ’E- tat et le patronat portugais devant la classe ouvrière de 1890 à 1914, in “Le Mouvement social” , n. 123, pp. 45-68.
Daniel J. Grange, Emigration et colonies: un grand débat de VI- talie liberale, in “Revue d’histoire moderne et contemporaine”, a. XXX, n. 3, pp. 337-365.
Joseph Harrison, Heavy Industry, the State, and Economic Development in the Basque Region, 1876-1936, in “The Economy History Review”, voi. 36, n. 4, pp. 535-551.
Sigfus Jonsson, The Icelandic Fisheries in the Pre-Mechanization Era, c. 180-1905: Spatial and Economic Implications o f Growth, in “The Scandinavian Economic History Review and Economic and History”, voi. XXXI, n. 2, pp. 132-150.
Lars Jonung, Monetization and the Behavior o f Velocity in Sweden, 1871-1913, in “Explorations in Economic History” , voi. 20, n. 4, pp. 418-439.
Maria Filomena Monica, Mort d'une aristocratie ouvrière portugais (1870-1914), in “Le Mouvement social”, n. 123, pp. 69-97.
Mirko Radmansovic, L ’ammutinamento delle navi da guerra della flotta austro-ungarica nelle Bocche di Cat taro, 1-3 feb braio 1918, in “Vojnoistorijski Glasnik” , a. XXXIV, n. 3, pp. 203-228.
Milorad Raduninovic, I progetti e le misure per la fortificazione
delle Bocche di Cattaro durante il primo decennio del X X secolo, in “Vojnoistorijski Glasnik” , a. XXXIV, n. 3, pp. 229-242.
Africa
Raymond E. Dumett, African Merchants o f the Gold Coast, 1860-1905. Dynamics o f Indigenous Entrepreneurship, in “Comparative Studies in Society and History” , voi. 25, n. 4, pp. 661-693.
Bent Hansen, Interest Rates and Foreign Capital in Egypt under British Occupation, in “The Journal of Economic History” , voi. 43, n. 4, pp. 867-884.
America
Bennett D. Baack - Edward John Ray, The Political Economy o f Tariff Policy: a Case Study o f the United States, in “Explorations in Economic History” , voi. 20, n. 1, pp. 14-36.
Malcolm R. Burns, Economies o f Scale o f Tobacco Manifactu- re, 1897-1910, in “The Journal of Economic History”, voi. 43, n. 2, pp. 461-474.
Warren D. Devine jun., From Shafts to Wires: Historical Perspective on Electrification, in “The Journal of Economic History”, voi. 43, n. 2, pp. 347-372.
Stewart E. Tolnay, Fertility o f Southern Black Farmers in 1900: Evidence and Speculation, in “Journal of Family History” , voi. 8, n. 4, pp. 314-332.
Asia
Roland Felber, Charakter und Bedeutung der Xinhai-Revoluti- on 1911 in China, in “Zeitschrift für Geschichtswissen- schaft” , a. 31, n. 3, pp. 233- 242.
Joanne Stafford Mortimer, A nnie Besant and India 1913-1917, in “Journal of Contemporary History” , voi. 18, n. 1, pp. 61-78.
Pierre-Etienne Will, Le stockage public des grains en Chine à l ’epoque des Oing (1644-1911). Problèmes de contrôle, in “Annales. Economies sociétés civilisations”, a. XXXVIII, n. 2, pp. 259-277.
Tomasz Wituch, L ’autonomia dell’Armenia turca nel periodo 1912-1914, in “Kwartalnik Hi- storyczny” , a. XC, n. 1, pp. 55-79.
Storia tra le due guerre
Nicolae Dascalu, La visita di Nicola Jorga negli Stati Uniti d ’America, nel Canada e nel Messico (gennaio-marzo 1930), in “Revue roumaine d’histoire” , a. XXII, n. 2, pp. 115-125.
Elfriede Lewerenz, Antifaschi- stischer Kam pf der Kommuni- stischen Internationale im Jahre 1923, in “Beitràge zur Geschich- te der Arbeiterbewegung”, a. 25, n. l,p p . 17-29.
Herbert Mayer, Die Pariser Konferenz der Sozialistischen Arbeiter-Internationale 1933. Zur Auseinandersetzung in der
Rassegna bibliografica 133
internationalen Sozialdemokra- tie um die Schaffung der prole- tarischen Einheitsfront, in “Zeitschrift für Geschichtswis- senschaft” , a. 31, n. 6, pp. 494-505.
Organisierung (Die) des Frie- dens: Demobilmachung1918-1920, in “Geschichte und Gesellschaft”, a. 9, n. 2 [contiene: Gerald D. Felman, Die Demobilmachung und die Sozialordnung der Zwischenk- riegszeit in Europa-, Antoine Prost, Die Demobilmachung und Krielgsteilnehmer in Frank- reich; David Englander, Die Demobilmachung in Grossbritan- nien nach die Ersten Weltkrieg; Richard Bessel, “Eìne nicht all- zu grosse Beunruhigung des Ar- beitsmarktes”. Frauenarbeit und Demobilmachung in Deutschland nach dem Ersten Weltkrieg-, Michail Geyer, Ein Vorbote des Wohlfahrtstaates. Die Krieg- sopferversorgung in Frankreich, Deutschland und Grossbritan- nien nach dem Ersten Weltkrieg-, Reinhard Riirup, Die deutsche Revolution von 1918/19 in der neueren mssenschaftliche Di- skussion; Reinhard Neebe, Un- ternehmerverbànde und Gewerk- schaften in den Jahren der Gros- sen Krise 1929-1933].
R.A.C. Parker, The Pound Sterling, the American Treasury and British Preparations fo r War, 1938-1939, in “The English Historical Review” , voi. 98, n. 387, pp. 261-279.
Rosemarie Schumann, Der Weltkongress gegen den impe- rialistischen Krieg 1932 in A m sterdam, in “Zeitschrift für Ge- schichtswissenschaft”, a. 31, n. 2, pp. 117-131.
Amnan Sella, Khalkin-Gol: the Forgotten War, in “Journal of Contemporary History”, voi. 18, n. 4, pp. 651-687.
Europa
Madga Adam, L ’Hongrie et Munich, in “Revue d’Histoire de la deuxième guerre mondiale et des conflits contemporains” , a. XXXIII, n. 132, pp. 1-21.
Harindar Aulach, Britain and the Sudeten Issue, 1938: the Evolution o f a Policy, in “Journal of Contemporary History” , vol. 18, n. 2, pp. 233-259.
Bobi Bobev, L ’Albania nella stampa bulgara tra le due guerre mondiali, in “Etudes balkaniques” , a. XIX, n. 2, pp. 93-104.
Gaiina M. Borisova, La Bulgaria, la Grecia e la politica della Gran Bretagna nel 1919, in “Etudes balkaniques” , a. XIX, n. 3,pp. 77-91.
Stefan Breuer, Faschismus in Italien und Deutschland: Ge- sichtspunkte zum Vergleich, in “Zeitgeschichte” , a. X, n. 9/10, pp. 341-369.
Henryk BuIIiak, La mediazione della diplomazia polacca tra la Romania e l’Unione Sovietica per la conclusione del trattato di Karkow nel periodo 1928-1929, in “Studia z Dziegow i Europy Srodkowej”, voi. 19, pp. 89-195.
Siegfried Bünger, Reaktionen der herrschenden Kreise Gross- britanniens au f die Machtiiber- tragung an die Faschisten in
Deutschland, in “Zeitschrift für Geschichtswissenschaft” , a. 31, n. 11, pp. 1004-1010.
A.J. Crozier, Philippe Berthelot and the Rome Agreements o f January 1935, in “The Historical Review”, vol. 26, n. 2, pp. 413-422.
Jean Delmas, L ’état-major français et le gouvernement bolchevique (1917-1918). Strategie et ideologie, in “Relations internationales” , n. 35, pp. 291- 303.
Nemco Dimov, L ’internazionale contadina ed i partiti contadini in Bulgaria, Jugoslavia e Romania, 1923-1929, in “Etudes balkaniques”, a. XIX, n. 3, pp. 3- 18.
Francesco Guida, La politica italiana nei confronti della Bulgaria dopo la prima guerra mondiale. (La questione della Dobrugia), in “Etudes balkaniques”, a. XIX, n. 1, pp. 49- 58.
Aleksandar Hriston, La Macedonia alla conferenza della pace di Parigi, in “Casopis za Suvre- menu Povjest”, a. 15, n. 1, pp. 9- 26.
Irena Koberdowa, La I I Internazionale e il movimento operaio polacco, in “Dzieje Naj- nowsze”, a. XV, n. 1-2, pp. 3-19.
Bodgan Kosel, Il trattato di Roma. A proposito della storia della rivalità italo-tedesca nell ’Europa Centrale nel periodo 1933-1934, in “Studia z Dziegow ZSRR i Europy Srodkowej”, voi. 19, pp. 105-130.
134 Rassegna bibliografica
Jerzy Kozenski, L ’annessione dei territori cechi da parte della Germania nella primavera 1939, in “Studia z Dziegow ZSRR i Europy Srodkowej”, voi. 18, pp. 137-157.
Victor Morales Lezcano, Espa- noles y franceses en la primera mitad del singolo X X , in “Revi- sta de estudios internacionales” , n. l,p p . 71-74.
Antoine Mares, Mission militaire et rélations internationales: l ’exemple franco-tchecoslova- que, in “Revue d’histoire moderne et contemporaine”, a. XXX, n. 4, pp. 559-586.
Pierre Milza, Le fascisme italien à Paris, in “Revue d ’histoire moderne et contemporaine”, a. XXX, n. 3, pp. 420-452.
A.J. Prazmowska, War over Danzig? The Dilemma o f An- glo-Polish Relations in the Months Preceding the Outbreak o f the Second World War, in “The Historical Review” , voi. 26, n. 1, pp. 177- 183.
Pal Protz, Il mistero delle diverse strade praticate dalla politica estera tedesca. (Le relazioni tedesco-ungheresi dall’autunno 1934 alla primavera 1935), in “Acta Historica”, a. 29, n. 1, pp. 35-55.
Konrad Repgen, Zur vatikani- schen Strategie beim Reichskon- kordat, in “Vierteljahrshefte fiir Zeitgeschichte", a. 31, n. 3, pp. 506-535.
Walter Schauffelberger, La Suisse entre la France et l ’Alle
magne, 1914/1939. Reflexions et strategie militaire, in “Relations internationales” , n. 35, pp. 305-317.
Ljudmil Spasov, L ’Unione Sovietica e le relazioni bulgaro-turche nel periodo 1934- 1938, in “Etudes balkaniques”, a. XIX, n. 3, pp. 58-76.
Paul Stafford, The Chamberlain-Halifax Visit to Rome: a Reappraisal, in “The English Historical Review” , vol. 98, n. 386, pp. 61-100.
Miroslav Tejchman, Ultimi tentativi di creare un sistema di sicurezza collettiva nell’Europa Sud-Orientale contro l ’aggressione fascista (primavera-estate 1939), in “Etudes balkaniques” , a. XIX, n. 2, pp. 83-92.
Wieslaw Walkiewicz, I conflitti di frontiera italo-jugoslavi alla Conferenza della pace di Parigi, in “Studia z Dziegow ZSRR i Europy Srodkowej”, voi. 18, pp. 83-102.
Wolfgang Wilhelmus, Das fa- schistische Deutschland und Schweden 1933-1939, in “Zeitschrift fiir Geschichtswissen- schaft” , a. 31, n. 11, pp. 968-981.
Francia
Stéphane Audoin, Le Parti communiste français et la violence: 1929-1931, in “Revue historique”, n. 546, pp. 365- 383.
Jean-Paul Brunet, Un fascisme français: le Parti populaire français de Doriot (1936-1939),
in “Revue française de science politique” , a. XXXIII, n. 2, pp. 255-280.
Yves Cohen, L ’espace de l ’organisateur: Ernest Mattern, 1906- 1930, in “Le Mouvement social” , n. 125, pp. 79-96.
Elisabeth Du Réau, Enjeux stratégiques et redéploiement diplomatique français: novembre1938 - septembre 1939, in “Relations internationales”, n. 35, pp. 319-335.
Images de la France en 1938- 1939, in “Relations internationales” , n. 33[contiene: René Girault, L ’imaginaire et l ’histoire des relations internationales-, Georges-Henri Soutou, La perception de la puissance française par René Mossigli en 1938; Robert Frank, Les attachés financiers en 1938 - technocrates ou techniciens? - et la perception de la puissance de la France; Antoine Mares, Puissance et presence culturelle de la France. L ’exemple du Service des Oeuvres française à l ’Etranger dans les années trente; Pascal Ory, Plus dure sera la chute: les pavillons français aux expositions internationales de 1939; Remy Pithon, Opinions publiques et répresentations culturelles face aux problèmes de la puissance. Le témoignage du cinema français (1938-1939): Christine Sellin, L ’image de la puissance française a travers les manuels scolaires; Claude Lévy, L ’image de la puissance française dans un hebdomadaire dépolitisé: Marianne].
Jon Jacobson, Strategies o f French Foreign Policy after World War I, in “The Journal
Rassegna bibliografica 135
of Modem History”, vol. 55, n. l ,p p . 78-95.
Lucette Le Van - Lemesle, L ’e- conomie politique à la conquête d ’une légitimité, 1896-1937, in “Actes de la recherche en sciences sociales” , n. 47-48, pp. 113-117.
Maurice Moissonier, Le Cartel lyonnais du bâtiment à l ’heure de l ’unité syndicale (1933-1936), in “Cahiers d’histoire de l’Institut de recherches marxistes” , n. 15, pp. 6-30.
“Programmes (Les) minimum” de la CGT de 1918 à 1921, in “Cahiers d’histoire de l’Institut de recherches marxistes” , n. 16, pp. 58-78.
Germania
Richard Albrecht, Exil-For- schung. Eine Zwischenbilanz (I), in “Neue Politische Litera- tur” , a. XXVIII, n. 2, pp. 174-201.
Helmut Arndt - Axel Wôrner, Das sozialdemokratische Fa- schismusbild (1923-1933), in “Beitràge zur Geschichte der Arbeiterbewegung” , a. 25, n. 1, pp. 30-40.
Gilbert Badia, L ’acte de naissance du regime nazi: l ’incendie au Reichstag, in “Cahiers d’histoire de l’Institut de recherches marxistes” , n. 12, pp. 109-114.
T. Balderston, The Beginning o f the Depression in Germany, 1927-30: Investment and the Capital Market, in “The Economic History Review” , voi. 36, n. 3, pp. 395-415.
Russel A. Berman, Das Erbe Gustav Landauers im deutschen Zionismus der zwanziger Jahre, in “Zeitgeschichte” , a. XI, n. 2, pp. 33-43.
Knut Borchardt, Noch einmal: Alternativen zu Briinings Wirt- schaftspolitik?, in “Historische Zeitschrift” , vol. 237, n. 2, pp. 67-84.
Werner Bramke, Vom Freistaat zum Gau Sachsen unter der fa- schistischen Diktatur 1933 bis 1939, in “Zeitschrift fiir Ge- schichtswissenschaft” , a. 31, n. 12, pp. 1067-1078.
Werner Bramke, Zum Verhal- ten der Mittelschichten in der Novemberrevolution, in “Zeitschrift fiir Geschichtswissen- schaft” , a. 31, n. 8, pp. 701- 708.
Martin Broszat, Zur Struktur der NS-Massenbewegung, in “Vierteljahrshefte fiir Zeitgeschichte” , a. 31, n. 1, pp. 52-76.
Antoni Czubinski, La politica della Germania nei confronti delle minoranze nazionali tedesche negli anni 1918-1945, in “Polish Western Affairs” , voi. 24, n. 1, pp. 40-64.
Heinz Deutschland - Hans Pol- zin, Die Zerschlagung der freien Gewerkschaften am 2. Mai 1933. Hintergriinde und historische Lehren, in “Beitràge zur Geschichte der Arbeiterbewegung” , a. 25, n. 4, pp. 524-536.
Christof Dipper, Der deutsche Widerstand und die Juden, in “Geschichte und Gesellschaft”, a. 9, n. 3, pp. 349-380.
Andreas Dorpalen, SPD und KPD in der Endphase der Wei- marer Republik, in “Vierteljahrshefte fiir Zeitgeschichte” ,а. 31, n. l,p p . 77-107.
Dieter Engelmann, Ràtekonzep- tionelle Vorstellungen wàhrend der deutschen Novemberrevolution, in “Beitràge zur Geschichte der Arbeiterbewegung”, a. 25, n. 6, pp. 797-809.
Dieter Fricke, Zur Geschichte der christlichen Gewerkschaften vor 1918, in “Zeitschrift fiir Ge- schichtswissenschaft” , a. 31, n. 12, pp. 1092-1105.
Dieter Fricke, Zur Rolle des Bundes der Landwirte zu Be- ginn der Novemberrevolution 1918/19, in “Zeitschrift fiir Ge- schichtswissenschaft” , a. 31, n.б, pp. 506-522.
Lothar Gruchmann, “Blut- schutzgesetz” und Justiz. Zu Entstehung und Auswirkung des Nürnberger Gesetzes vom 15 September 1935, in “Vierteljahrshefte fiir Zeitgeschichte” , a. 31, n. 3, pp. 418-442.
Andreas Hillgruber, “Revisioni- smus” - Kontinuitàt und Wan- del in der Aussenpolitik der Weimarer Republik, in “Historische Zeitschrift” , voi. 237, n. 3, pp. 597-622.
Giinter Hortschansky, Novemberrevolution und Griindung der KPD, in “Beitràge zur Geschichte der Arbeiterbewegung” , a. 25, n. 6, pp. 777-785.
Manfred Jacobs, Kirche, Weltanschauung, Politik. Die evan- gelischen Kirchen und die Option zwischen dem zweiten und
136 Rassegna bibliografica
dritten Reich, in “Vierteljahrs- hefte für Zeitgeschichte” , a. 31, n. l ,p p . 108-135.
Jurgen John, Zum Wirken kommunistischer Studenten in Jena 1922/23. Die kommunisti- sche Studentengruppe an der Universitàt Jena und das Kartell der Deutschen Republikani- schen Studentenschaft, in “Zeitschrift für Geschichtswissen- schaft”, a. 31, n. 7, pp. 607-625.
Michael H. Kater, Frauen in der NS-Bewegung, in “Vierteljahrs- hefte für Zeitgeschichte” , a. 31, n. 2, pp. 202-241.
Gunther Mai, Die Nationalso- zialistische Betriebszellen-Orga- nisation. Zum Verhaltnis von Arbeiterschaft und Nationalso- zialismus, in “Vierteljahrshefte für Zeitgeschichte” , a. 31, n. 4, pp. 573-613.
Anthony McEligott, Street Politics in Hamburg, 1932-33, in “History Workshop”, n. 16, pp. 83-90.
Manfred Messerschmidt, The Wehrmacht and the Volksge- meinschaft, in “Journal of Contemporary History” , vol. 18, n. 4, pp. 719-744.
Horst Môller, Die nationalsozia- listische Machtergreifung. Kon- terrevolution oder Revolution, in “Vierteljahrshefte für Zeitgeschichte” , a. 31, n. 1, pp. 25-51.
Heinz Niemann, Die Haltung der SPD zur faschistischen Machtergreifung 1933, in “Bei- trâge zur Geschichte der Arbei- terbewegung”, a. 25, n. 1, pp. 41-47.
Larry Peterson, A Social Analysis o f KPD Supporters. The Hamburg Insurrectionaries o f October 1923, in “International Review of Social History” , voi. 28, n. 2, pp. 200-239.
Joachim Petzold, Die deutsche Grossbourgeoisie und die Er- richtung der faschistischen Dik- tatur, in “Zeitschrift für Ge- schichtswissenschaft” , a. 31, n. 3, pp. 214-232.
Joachim Petzold, Grossbürger- liche Initiâtiven fü r die Beru- fung Hitlers zum Reichskanzler. Zur Novemberpetition von 1932 des Keppler-Kreises deutscher Bankiers, Grossindustrieller, Überseekaufleute und Gros- sgrundbesitzer, in “Zeitschrift für Geschichtswissenschaft” , a. 31, n. 1, pp. 38-54.
Hans Piazza, Revolutions, Wissenschaftler, Internationalist. Eugen Varga, in “Beitràge zur Geschichte der Arbeiterbe- wegung” , a. 25, n. 6, pp. 866-874.
Gottfried Plumpe, Industrie, technischer Fortschrift und Staat. Die Kautschuksynthese in Deutschland 1906-1944/45, in “Geschichte und Gesellschaft” , a. 9, n. 4, pp. 564-597.
Wolfgang Schlicker - Josef Glaser, Tendenzen und Konsequen- zen faschistischer Wissenschaft- spolitik nach dem 30. Januar 1933, in “Zeitschrift für Geschichtswissenschaft” , a. 31, n. 10, pp. 881-895.
Martin Schumacher, Der Um- schwung in Deutschland 1933. Eine unbekannte Artikelfolge des preussischen Staatsministers
Otto Klepper, in “Vierteljahrs- efte für Zeitgeschichte”, a. 31, n. l ,p p . 146-177.
Stanislaw Sierpowski, L ’uscita della Germania dalla Società delle Nazioni, in “Polish Western Affairs”, vol. 24, n. 1, pp. 16-39.
Annelies Voigtlander, Zum Wirken Hermann Dunckers als Propagandist in der KPD 1920 bis 1922. Dokumente aus dem Nachlass und dem Historischen Archiv der KPD, in “Beitrâge zur Geschichte der Arbeiterbe- wegung”, a. 25, n. 6, pp. 835-846.
James Wickham, Working - Class Movement and Working - Class Life. Frankfurt am Main during the Weimar Republik, in “Social History” , voi. 8, n. 3, pp. 315-343.
Walter Wimmer, Die KPD und der Untergang der Weimarer Republik, in “Beitràge zur Geschichte der Arbeiterbewe- gung” , a. 25, n. 1, pp. 3-16.
Detlef Ziegs, Das Faschismusbild der Jungsozialisten in der SPD in den letzten Jahren der Weimarer Republik, in “Beitràge zur Geschichte der Arbeiterbewegung”, a. 25, n. 1, pp. 93-98.
Gran Bretagna
Anthony Adamthwaite, The British Government and the Media, 1937-1938, in “Journal of Contemporary History” , voi. 18, n. 2, pp. 281-297.
John Archer, Grande-Bretagne: l ’entrisme et le Labour Party, in
Rassegna bibliografica 137
“Cahiers Leon Trotsky” , n. 16, pp. 54-78.
Uri Bialer, Telling the Truth to the People: Britain’s Decision to Publish the Diplomatic Papers o f Interwar Period, in “The Historical Review” , voi. 26, n. 2, pp. 349-367.
Alan Booth, The “Keynesian Revolution” in Economic Policy-Making”, in “The Economic History Review” , voi. 36, n. 1, pp. 103-123.
Robert Dare, Instinct and Organization: Intellectuals and British Labour after 1931, in “The Historical Review”, voi. 26, n. 3, pp. 677-697.
Rolph Hayburn, The National Unemployment Workers’ Movement, 1921-36, in “International Review of Social History”, voi. 28, n. 3, pp. 279-295.
Carol E. Helm, Industrial Organization and Regional Development in Interwar Britain, in “The Journal of Economic History”, voi. 43, n. 4, pp. 931-952.
Max Krafchik, Unemployment and Vagrancy in the 1930s: Deterrence, Rehabilitation and the Depression, in “Journal of Social Policy” , voi. 12, n. 2, pp. 195-213.
Stephen Nicholas, Agency Contracts, Institutional Modes, and the Transition to Foreign Direct Investment by British Manufacturing Multinationals before 1939, in “The Journal of Economic History” , voi. 43, n. 3, pp. 675-686.
Gail L. Savage, Social Class and Social Policy: the Civil Service and Secondary Education in England during the Interwar Period, in “Journal of Contemporary History”, voi. 18, n. 2, pp. 261-280.
Andrew J. Taylor, The Miners and Nationalisation, 1931-36, in “International Review of Social History”, voi. 28, n. 2, pp. 176-199.
Mark Thomas, Rearmament and Economic Recovery in the Late 1930s, in “The Economic History Review”, voi. 36, n. 4, pp. 552-579.
Noelle Whiteside, Private Agencies fo r Public Purposes: Some New Perspectives on Policy Making in Health Insurance between the Wars, in “Journal of Social Policy” , voi. 12, n. 2, pp. 165-193.
Temple Willcox, Projection or Publicity? Rival Concepts in the Pre-War Planning o f the British Ministry o f Information, in “Journal of Contemporary History” , voi. 18, n. 1, pp. 97-116.
Italia
Denise Detragiache, Le fascisme féminin de San Sepolcro à l ’affaire Matteotti (1919-1925), in “Revue d ’histoire moderne et contemporaine” , a. XXX, n. 3, pp. 366-400.
Giovanni Genovesi - Tina Tomasi, Le système scolaire de l ’Etat corporatif: La “Charte de l ’école”, in “Revue d’histoire
moderne et contemporaine” , a. XXX, n. 3, pp. 408-419.
Karl-Egon Lônne, Zu den jüngst verôffentlichten Brief- wechseln Benedetto Croces, in “Zeitgeschichte”, a. X, n. 5, pp. 209-224.
Michel Ostenc, L ’école italien pendant le fascisme, in “Revue d’histoire moderne et contemporaine”, a. XXX, n. 3, pp. 401-407.
Jeanette Roche-Pezard, La situation des arts plastiques en Italie à la vieille de la Seconde guerre mondiale, in “Revue d’histoire moderne et contemporaine”, a. XXX, n. 3, pp. 543-575.
Jugoslavia
Bosiljka Jangatovic, Il movimento operaio rivoluzionario a Zagabria dal 1929 al 1934, in “Casopis za Suvremenu Pov- jest” , n. 2, pp. 1-31.
Nadizda Jovanovic, Nel periodo 1934-1937. Milan Gorkic era contro lo Stato jugoslavo unitario?, in “Casopis za Suvremenu Povjest”, a. 15, n. 1, pp. 77-89.
Stanislava Koprivica-Ostric, Il Partito indipendente operaio della Jugoslavia partito politico operaio, in “Casopis za Suvremenu Povjest” , a. 15, n. 1, pp. 1-8 .
Katarina Spehnjak, Alcuni problemi dello sviluppo storico del Fronte nazionale dell’Alleanza socialista jugoslava 1935-1978, in “Casopis za Suvremenu Povjest”, a. 15, n. 1, pp. 27-54.
138 Rassegna bibliografica
Polonia
Ludwig Hass, L ’attività politica e organizzativa della classe operaia della II Repubblica, in “Dzieje Najnowsze”, a. XV, n. 1-2, pp. 19-44.
Ludwik Hass, La classe operaia polacca nel periodo 1915-1939, in “Z Pola Walki”, a. XXVI, n. 2, pp. 3-29.
Edward Jelinski, La politica del Partito socialista polacco nei confronti delle minoranze nazionali negli anni 1918-1939, in “Dzieje Najnowsze” , a. XV, n. 1-2, pp. 83-107.
Piotr Lossowski - Piotr Stawec- ki, La società polacca e l ’esercito nel periodo della prima guerra mondiale e della II Repubblica, in “Dzieje Najnowsze”, a. XV, n. 3,pp. 57-71.
Aleksander Luczak, La cultura politica del movimento contadino polacco nel periodo 1918-1939, in “Kwartalnik Hi- storyczny” , a. XC, n. 2, pp. 339-350.
Michal Schwa, Il problema della nazionalità nel giornalismo e nei programmi dei socialisti po lacchi nel periodo della II Repubblica, in “Dzieje Najnowsze”, a. XV, n. 1-2, pp. 107-128.
Henryk Slabek, L ’azione della sinistra rivoluzionaria per una Polonia indipendente e socialista, in “Dzieje Najnowsze” , a. XV, n. 1-2, pp. 45-62.
Jan Tomicki, L ’austromarxi- smo e la sinistra socialista polacca nel periodo della II Re
pubblica (1918-1939), in “Dzieje Najnowsze” , a. XV, n. 1-2, pp. 129-144.
Roman Wapinski, Le generazioni della II Repubblica, in “Kwartalnik Historyczny” , a. XC, n. 3, pp. 483-504.
Spagna
Walther L. Bernecker, Spanien im Krieg (1936-1939). For- schungslage und Desiderate, in “Militàrgeschichtliche Mittei- lungen” , n. 33, pp. 117-162.
Pierre Broue, Quand Carrillo était “gauchiste”: les Jeunesses socialistes d ’Espagne 1935- 1936, in “Cahiers Léon Trotsky” , n. 16, pp. 17-53.
Isabel de Madariaga, Salvador de Madariaga et le Foreign Office, in “Revista de estudios inter- nacionales”, n. 2, pp. 229-257.
Shannan E. Fleming, Spanish Marocco and the “Alzamiento Nacional”, 1936-1939. The Military, Economic and Political Mobilitazion o f a Protectorate, in “Journal of Contemporary History”, voi. 18, n. 1, pp. 27-42.
URSS
Wladimir Berelowitch, L ’ancien et le nouveau. La vie du village russe pendant la NEP dans les monographies soviétiques de l ’epoque, in “Cahiers du monde russe et soviétique”, a. XXIV, n. 4, pp. 369-410.
Pierre De Bois, La question ukrainienne (1917-1921), in
“Schweizerische Zeitschrift fur Geschichte” , vol. 33, n. 2, pp. 141-167.
Marc Jansen, Government Partners o f the Bolsheviks. The Russian Socialist Revolutionaries in the Far Eastern Republic,1920- 22, in “International Review of Social History” , voi. 28, n. 3, pp. 296-303.
Livre (Le) rouge sur le Procès de Moscou (1936), in “Cahiers Leon Trotsky” , n. 14, pp. 11-141.
Maksudov, La composition nationale de l’Armée rouge d ’après le recensement de 1920, in “Cahiers du monde russe et soviétique” , a. XXIV, n. 4, pp. 483-492.
James M. Polachek, The Moral Economy o f the Kiangsi Soviet (1928-1934), in “The Journal of Asian Studies” , voi. 82, n. 4, pp. 805-829.
Romuald Wojna, Conseguenze sociali, economiche e politiche del cattivo raccolto del1921- 1922 in Unione Sovietica, in “Studia z Dziegow ZSRR i Europy Srodkowej” , voi. 18, pp. 103-136.
Romual Woyna, Dal comuniSmo di guerra alla Nuova Politica Economica, 1920-1922, in “Studia z Dziegow i Europy Srodkowej” , voi. 19, pp. 57-86.
Altri Paesi
Richard Breen, Farm Servan- thood in Ireland 1900-40, in “The Economie History Review” , vol. 36, n. 1, pp. 87-102.
Rassegna bibliografica 139
Katalin Ferber, L ’equilibrio interno ed internazionale dell’Ungheria negli anni successivi alla stabilizzazione (1924-1931), in “Acta Historica” , a. 29, n. 2-4, pp. 283-286.
Marjatta Hietala, The Diffusion o f Innovations. Some Exemples o f Finnish Civil Servant’s Professional Tours in Europe, in “Scandinavian Journal of History” , voi. 8, n. 1, pp. 23-36.
Peter Malina, Biicherverbote in Ôsterreich 1933-1938. Zur Kon- trolle systemverdachtiger Lite- ratur am Beispiel der Universi- tatsbibliothek Wien, in “Zeitge- schichte” , a. X, n. 8, pp. 311-335.
August Walzl, Juden in Karnten - Der Fall Preis als Exemplel, in “Zeitgeschichte” , a. X, n. 5, pp. 183-192.
America
Michael J. Twomey, The 1930s Depression in Latin America: a Macro Analysis, in “Explorations in Economic History”, voi. 20, n. 3, pp. 221-247.
Usa
Lee J. Alston, Farm Foreclosures in the United States during the Interwar Period, in “The Journal of Economic History” , voi. 43, n. 4, pp. 885-904.
Peter H. Amann, Vigilante Fascism: the Black Legion as an American Hybrid, in “Comparative Studies in Society and History” , voi. 25, n. 3, pp. 490-524.
Allan G. Bogne, Changes in Mechanical and Plant Technology: the Corn Belt, 1910-1940, in “The Journal of Economic History” , voi. 43, n. 1, pp. 1-25.
Sally Hunter Graham, Woodrow Wilson, Alice Paul, and the Woman Suffrage Movement, in “Political Science Quarterly”, voi. 98, n. 4, pp. 665-679.
John McVickar Haight jun., Franklin D. Roosevelt, l ’aviation européenne et la crise de Munich, in “Revue d’histoire de la deuxième guerre mondiale et des conflits contemporains” , a. XXXIII, n. 132, pp. 23-40.
Rüdiger Horn, Das Isolationi- smusproblem und die amerika- nische Aussenpolitik in den zwanziger Jahren, in “Zeitschrift für Geschichtswissen- schaft” , a. 31, n. 9, pp. 771-788.
Harry C. McDean, “Reform” Social Darwinist and Measuring Levels o f Living on American Farms, 1920-1926, in “The Journal of Economic History” , voi. 43, n. 1, pp. 79-88.
David C. Mowery, Industrial Research and Firm Size, Survival and Growth in American Manifacturing, 1921-1946: an Assessment, in “The Journal of Economic History”, voi. 43, n. 4, pp. 953-980.
David C. Mowery, The Relationship between Intrafirm and Contractual Forms o f Industrial Research in American Manifacturing, 1900-1940, in “Explorations in Economic History” , voi. 20, n. 4, pp. 351-374.
Marthe Shiells - Gavin Wright, Night Work as a Labor Market Phenomenon: Southern Textiles in the Interwar Period, in “Explorations in Economic History” , voi. 20, n. 4, pp. 331-350.
Mark Schmitz - Price V. Fi- shbock, The Distribution o f Income in the Great Depression: Preliminary State Estimates, in “The Journal of Economic History”, voi. 43, n. I, pp. 217-230.
Gene Smiley, Did Incomes fo r Most o f the Population Fall from 1923 trough 1929?, in “The Journal of Economic History” , voi. 43, n. 1, pp. 209-216.
Warren C. Whatley, Labour fo r the Picking: the New Deal in the South, in “The Journal of Economic History” , voi. 43, n. 4, pp. 905-930.
Altri Paesi
Joel Horowitz, The Impact o f Pre-1943 Labour Union-Traditions on Peronism, in “Journal of Latin American Studies” , voi. 15, n. 1, pp. 101-116.
Manfred Kossok, Ein Lebenfür die Arbeiterklasse Perus. José Carlos Mariategui, in “Beitràge zur Geschichte der Arbeiterbe- wegung”, a. 25, n. 3, pp. 422-428.
Asia
Ahmed S. Ahmedev, Gli antagonismi interalleati riguardo ai problemi della Turchia dall’or-
140 Rassegna bibliografica
mistizio di Moudros al Trattato di Sevrés, in “Etudes balkaniques” , a. XIX, n. 1, pp. 27- 48.
Dipesh, Chakrabarty, On Deifying and Defying Authority: Managers and Workers in the Jute Mills os Bengal circa 1890-1940, in “Past and Present” , n. 100, pp. 124-147.
Damien Durand, La nascita dell ’opposizione di sinistra cinese, in “Cahiers Leon Trotsky” , n. 15, pp. 3-26.
David Feeny, Extensive versus Intensive Agricultural Development: Induced Public Investment in Southeast Asia, 1900-1940, in “The Journal of Economic History”, voi. 43, n. 3, pp. 687-704.
Frank S.T. Hsias - Lawrence R. Sullivan, A Political History o f the Taiwanese Communist Party, 1928-1931, in “The Journal of Asian Studies” , voi. 42, n. 2, pp. 269-289.
Margarita Koleva Ivanova, Avvicendamenti di partiti e di governi in Turchia (1936-1939), in “Etudes balkaniques”, a. XIX, n. 1, pp. 87-102.
Robert J. Smith, Making Village Women into “Good Wives and Wi Mothers” in Presewar Japan, in “Journal of Family History” , voi. 8, n. 1, pp. 70-85.
Oceania
Sally Kennedy, Useful and Expendable: Women Teachers in Western Australia in the 1920s
and 1930s, in “Labour History”, n. 44, pp. 18-26.
L.J. Lous, Victorian Council against War and Fascism: A Rejoinder, in “Labour History” , n. 44, pp. 39-54.
Jan W. McLean - Jonathan Pin- cus, The Australian Living Standards Stagnate between 1890 and 1940, in “The Journal of Economic History” , voi. 43, n. l ,p p . 193-202.
Seconda Guerra Mondiale
Pierre Broue, Chen Duxiu et la IVe Internationale, de 1938 a 1942, in “Cahiers Leon Trotsky” , n. 15, pp. 27-39.
Gerard Roche, Malraux, Trotsky et la revolution chinoise, in “Cahiers Leon Trotsky” , n. 15, pp. 40-70.
Tapani Paavonen, Reformist Programmes in the Planning fo r Post- War Economic Policy during World War II, in “The Scandinavian Economic History Review and Economy and History” , vol. XXXI, n. 3, pp. 178-200.
Daniel Silverfarb, Britain, the United States, and the Security o f the So ’udi Arabian Oilfields in 1942, in “The Historical Review” , voi. 26, n. 3, pp. 719-726.
Peter Sipos - Istvan Vida, La politica degli Stati Uniti nei confronti dell’Ungheria durante la Seconda Guerra Mondiale, in “Acta Historica” , a. 29, n. 1, pp. 79-110.
Europa
Dusan Biber, Le missioni alleate nel Litorale sloveno dal 1943 al 1945, in “Vojnoistorijski Gla- snik” , a. XXXIV, n. 3, pp. 131-144.
Edgar Bonfour, Die schweizer Juden in Frankreich 1942/43, in “Schweizerische Zeitschrift für Geschichte”, voi. 33, n. 2, pp. 217-221.
Gisela Buchinger - Elke Stockl, Konzentrationslager und Wi- derstand. Zwei Unterrichtsein- heiten am Beispiel des Konzentrationslager Mauthausen, in “Zeitgeschichte”, a. 10, n. 6, pp. 240-248.
Jost Diilfer, Deutschland, Grossbritannien und der Miniere Osten. Zur Vorgeschichte und Geschichte des Zweiten Weltkrieges, in “Neue Politi- sche Literatur” , a. XXVIII, n. 3, pp. 325-335.
Josef Foschepoth, Grossbritannien, die Sowjetunion und die Westverschiebung Polens, in “Militargeschichtliche Mittei- lungen”, n. 34, pp. 61-90.
Robert H. Keyserlingk, Die deutsche Komponente in Churchills Strategie der nationalen Erhebung 1940-1942. Der Fall Otto Strasser, in “Vierteljah- rshefte für Zeitgeschichte”, a. 31, n. 4, pp. 614-645.
Ireneusz Kolendo, L ’attività del Comitato misto di coordinamento polacco-cecoslovacco (1941- 1942), in “Dzieje Najnowsze” , a. XV, n. 1-2, pp. 207-219.
Heinz Kiihnrich, Die Sowjetunion in der Politik der KPD in
Rassegna bibliografica 141
der Anfangsperiode des zweiten Weltkrieges, in “Beitràge zur Geschichte der Arbeiterbewe- gung”, a. 25, n. 6, pp. 810-823.
Czeslaw Pilickowski, Il genocidio nazista alla luce dei piani tedeschi e della loro realizzazione, in “Polish Western Affairs” , voi. 24, n. 1, pp. 181-214.
Douglas L. Wheeler, In the Service o f Order: the Portuguese Political Police and the British, German and Spanish Intellegen- ce, 1932-1945, in “Journal of Contemporary History”, voi. 15, n. 1, pp. 1-25.
Wolfgang Wilhelmus, Wie schwedische Sozialdemokraten 1943/44 der illigalen KPD hal- fen , in “Beitràge zur Geschichte der Arbeiterbewegung”, a. 25, n. 6, pp. 856-865.
Henryk Zimniak, La vita musicale tedesca nel “Paese della Warta" dal 1939 al 1945, in “Polish Western Affairs”, voi. 24, n. 2, pp. 215-243.
Zofia Zaks, L ’atteggiamento della Francia e dell’Unione Sovietica nei confronti del problema polacco nel periodo 1944-1945, in “Studia z Dzie- gow Europy Srodkowej”, voi. 19, pp. 159-199.
Francia
Claire Andrieu, Genèse de la loi du 13 juin 1941, première loi bancaire française (septembre 1940-septembre 1941), in “Revue historique”, n. 546, pp. 385-397.
Communistes (Les) français fa ce è l ’invasion, mai-juin 1940.
Nouveaux documents d’archives, préséntés par Roger Martelli, in “Cahiers d’histoire de l’Institut de recherches marxistes” , n. 17, pp. 53-68.
Christian Faure, Pétainisme et retour aux sources: autour du tricentenaire Sully, in “Cahiers d ’histoire” , a. XXVIII, n. 4, pp. 3-32.
Front populaire, antifascisme, resistance. Le PCF (1938-1941), in “Cahiers d ’histoire de l’Institut de recherches marxistes” , n. 14[contiene: Roger Bourderon, Hypothèse confirmées-, Roger Martelli, La strategie communiste de Munich au Front national-, Ivan Avakoumoirtch, La resistence du PCF vue par l ’occupant (juillet 1940-juin 1941). Documents communistes choisis et présentés par Roger Bourderon et Germaine Willard].
Jean Gueffon, La Cour de Justice d ’Orléans (1944-1945), in “Revue d ’histoire de la deuxième guerre mondiale et des conflits contemporains”, a. XXXIII, n. 130, pp. 50-64.
Annie Lacroix-Riz, Unitaires et confédérés d ’une réunification à l ’autre (1934-1943), in “Cahiers d’histoire de recherches marxistes” , n. 15, pp. 31-58.
André Martel, La doctrine française de contre-offensive a l ’épreuve de la deuxiemè guerre mondiale, in “Relations internationales” , n. 35, pp. 337-357.
Michael R. Marrus, Die franzb- sischen Kirchen und die Juden- verfolgung in Frankreich 1940- 1944, in “Vierteljahrshefte für
Zeitgeschichte” , a. 31, n. 3, pp. 483-505.
Midi (Le) toulousan: occupation et liberation, in “Revue d ’histoire de la deuxième guerre mondiale et des conflits contemporains”, a. XXXIII, n. 131 [contiene: André Laurens, Le phénomène milicien en Ariège et l ’évolution de ses représentations dans l ’opinion-, M. Gou- bet, Une “République rouge” à Tolouse à la libération: mythe ou réalité?-, Roland Trempe, A ux origines des comités mixtes de la production: les comités de liberation d ’entreprise dans la région toulousaine-, Pierre La- borie, Opinion et représentations: la Liberation et l ’image de la Resistence-, Robert Fabre - Diana Fabre, La main - d ’oeuvre au service de l ’Allemagne dans la region de Tolouse-, Emi- lienne Eychenne, Le franchissement clandestin de la frontière dans les Pyrénées centrales-, Guy Lobedan, La répression à la Liberation dans la région de Tolouse].
Waldeck Rochat, La strategie communiste à la vieille de la Liberation, in “Cahiers d’histoire de l’Institut de recherches marxistes” , n. 17, pp. 69-85.
Ange Rovere, Pour une Corse nouvelle: la strategie du PCF à la Liberation (1943-1945), in “Cahiers d’histoire de l’Institut de recherches marxistes” , n. 12,pp. 66-88.
Paul Silvestre, STO, maquis et guérilla dans l ’Isère, in “Revue d’histoire de la deuxième guerre mondiale et des conflits contemporains” , a. XXXIII, n. 130, pp. 3-50.
142 Rassegna bibliografica
Germania
Heinz Boberach, Die ÜberfMining von Soldaten des Heeres und der Luftwaffe in die SS- Totenkopfverbànde zur Bewa- chung von Konzentrationsla- gern 1944, in “Militârgeschtich- liche Mitteilungen”, n. 34, pp. 185-190.
H.W. Koch, Hitler’s “Programm e” and the Genesis o f Operation “Barbarossa”, in “The Historical Review”, voi. 26, n. 4, pp. 891-920.
Horst Kuss, Auschwitz iiberle- ben. Neue und alte Erinnerun- gen an deutsche Konzentration- salager, in “Neue Politische Li- teratur”, a. XXVIII, n. 2, pp. 202-208.
Hans Mommsen, Die Realisie- rung des Utopischen: Die “En- dlôsung der Judenfrage” im “Dritten Reich”, in “Geschichte und Gesellschaft”, a. 9, n. 3, pp. 381-420.
Henryk Osszewski, Il nazismo e la guerra, in “Polish Western Affairs", voi. 24, n. 1, pp. 3-15.
Margot Pikarski - Elke Warning, Ober den antifaschisti- schen Widerstandskampf der KPD. Aus Gestapoakten (I), in “Beitràge zur Geschichte der Arbeiterbewegung”, a. 25, n. 1, pp. 67-87; (II), n. 3, pp. 398-410; (III), n. 4, pp. 548-60; (IV), n. 5, pp. 704-709.
Ronald Sassning, Genesis und Bedeutung des ZK der KPD vom 6. Dezember 1942, in “Zeitschrift für Geschichtswis- senschaft” , a. 31, n. 9, pp. 789-800.
Marek Sokolowski, La formazione del governo Dônitz e la capitolazione del III Reich, in “Dzieje Najnowsze” , a. XV, n. 4, pp. 31-67.
Jugoslavia
Nikola Anic, L ’approvvigionamento della IV Armata jugoslava durante l ’offensiva della primavera 1945, in “Vojnoistorij- ski Glasnik”, a. XXXIV, n. 3, pp. 105-129.
Mehmedalija Bojic, I preparativi della direzione del movimento di liberazione jugoslavo per la seconda Sessione del Consiglio antifascista di liberazione nazionale della Jugoslavia alla luce dei documenti del Comitato centrale del Partito comunista jugoslavo e delle altre fon ti di archivio, in “Vojnoistorijski Glasnik” , a. XXXIV, n. 3, pp. 28-53.
Luka Bozovic, L ’attività delle organizzazioni del movimento di liberazione nazionale nella regione di Foca nella prima metà nel 1942, in “Vojnoistorijski Glasnik”, a. XXXIV, n. 2, pp. 11-60.
Slobodan Brankovic, La repubblica partigiano di Foca, in “Vojnoistorijski Glasnik”, a. XXXIV, n. 3, pp. 85-104.
Christopher R. Browning, Wehrmacht Reprisal Policy and the Mass Murder o f Jews in Serbia, in “Militàrgeschich- tliche Mitteilungen” , n. 33, pp. 31-48.
Milivoj Despot, Alcune questioni relative alla guerra di libera
zione nazionale nella regione di Mosor e il diritto internazionale, in “Vojnoistorijski Glasnik”, a. XXXIV, n. 2, pp. 83-96.
Stjepan Domankusle, L ’operazione “Herbst I ” della 187a divisione tedesca di riserva nella montagna di Dilj e la regione di Dakovo nell’autunno 1943, in “Vojnoistorijski Glasnik”, a. XXXIV, n. 2, pp. 165-178.
Igor Graovac, Basi teoriche e metodologiche per la ricerca delle strutture dei partecipanti alla guerra rivoluzionaria in Croazia dal 1941 al 1945, in “Casopis za Suvremenu Pov- jest”, n. 2, pp. 33-42.
Guerra (La) di liberazione nazionale e la rivoluzione socialista nel 1942. Tavola rotonda, in “Vojnoistorijski Glasnik” , a. XXXIV, n. 1.
Mirko Gutic, Le organizzazioni del Partito comunista jugoslavo e dell’Unione dei Giovani Comunisti Jugoslavi e la loro attività nelle unità insurrezionali, in “Vojnoistorijski Glasnik” , a. XXXIV, n. 2, pp. 97-118.
Slavica Hreskovski, Le prime reazioni dell’occupante e dei collaborazionisti all’insurrezione della Slovenia e le rivendicazioni della minoranza tedesca per una lotta più attiva contro il movimento di liberazione nazionale, in “Vojnoistorijski Glasnik”, a. XXXIV, n. 2, pp. 179-216.
Vlado A. Ivanovski, La fondazione del Partito comunista di Macedonia e la prima sessione del Comitato centrale il 19 ed il
Rassegna bibliografica 143
20 marzo 1943, in “Vojnoisto- rijski Glasnik” , a. XXXIV, n. 3, pp. 33-68.
Andelko Kaipic, La distruzione delle navi a Klimno e nella baia di Solina nell’isola di Krk nell’aprile 1941, in “Vojnoistorijski Glasnik”, a. XXXIV, n. 3, pp.193-202.
Zdravko Klanjacek, La guerra di liberazione in Slovenia nel 1942, in “Vojnoistorijski Glasnik”, a. XXXIV, n. 3, pp. 69-83.
Sevo S. Kovacevic, La formazione del primo distaccamento di partigiani della guerra di liberazione nazionale ed i combattimenti del 1942 nella regione di Grimec, in “Vojnoistorijski Glasnik” , a. XXXIV, n. 2, pp. 137-164.
Stevo G. Kovacevic, L ’impegno delle unità del distaccamento partigiano di Noksic nel distretto di Kolasin nella primavera 1942, in “Vojnoistorijski Glasnik” , a. XXXIV, n. 2, pp. 217-240.
Branco Latas, I cetnici di Draja Mihailovic in Slovenia. La Guardia blu”, in “Voinoistorij- ski Glasnik” , a. XXXIV, n. 3, pp. 163-192.
Gojko Milijanic, Le unità locali partigiane come forma di organizzazione militare in Serbia orientale, prima tappa della guerra di liberazione nazionale, in “Vojnoistorijski Glasnik”, a. XXXIV, n. 2, pp. 61-82.
Dragoijub Z. Mircetic, La ventesima brigata serba nei combattimenti sulla testa di ponte
sulla Drina (dal 12 al 31 dicembre 1944), in “Vojnoistorijski Glasnik” , a. XXXIV, n. 3, pp. 145-161.
Fabrudin Novalic, “La Foglia e il Martello ” dal 1940 al 1941. (Il ruolo del giornale nell’edificazione e nella realizzazione della politica del Partito comunista jugoslavo), in “Vojnoistorijski Glasnik”, a. XXXIV, n. 2, pp. 241-252.
Slavko Vukeevic, Le città come fonte di quadri e di mezzi materiali nella guerra di liberazione nazionale, in “Vojnoistorijski Glasnik” , a. XXXIV, n. 2, pp. 119-136.
Altri Paesi
Florin Constantini, L ’agonia di una dittatura: la diplomazia del regime di Antonescu alla vigilia dell’insurrezione, in “Revue roumaine d’histoire” , a. XXII, n. 3, pp. 201-212.
Christopher Harvie, Labour in Scotland during the Second World War, in “The Flistorical Review”, voi. 26, n. 4, pp. 921-944.
Stephen M. Horak, L ’Ukraine entre les nazis et les communistes, 1941-1945, in “Revue d ’histoire de la deuxième guerre mondiale et des conflits contemporains” , a. XXXIII, n. 130, pp. 65-75.
Huan, La marine soviétique en guerre (Arctique 1941-1945), in “Revue d’histoire de la deuxième guerre mondiale et des conflits contemporains, a. XXXIII, n. 132, pp. 41-76.
André Lasserre, En Suisse aux frontières de la politique et du militaire: “Armée et foyer”1939-1945, in “Revue d’histoire de la deuxième guerre mondiale et des conflits contemporains”, a. XXXIII, n. 130, pp. 77-89.
Fritz Petrick, Das Okkupations- regime des faschistischen deut- schen Imperialisms in Norwe- gen 1940 bis 1945, in “Zeitschrift für Geschichtswissen- schaft” , a. 31, n. 5, pp. 397- 413.
Kazimierz Subzac - Piotr Matu- sak, Gli aspetti sociali della lotta per la liberazione della nazione polacca negli anni 1939-1945, in “Dzieje Najnowsze” , a. XV, n. 3, pp. 73-84.
Hans Weichselbaum ed altri, Erinnerte Geschichte im Unter- richt. Eine Projektarbeit iiber das Jahr 1945 in Salzburg, in “Zeitgeschichte”, a. XI, n. 2, pp. 44-55.
Olav Wicken, Industrial Change in Norway during the Second World War. Electrification and Electrical Engineering, in “Scandinavian Journal of History”, voi. 8, n. 2, pp. 119-150.
Africa
Bakajika Banjkila, Les ouvriers du Haut-Katanga pendant la deuxième guerre mondiale, in “Revue d’Histoire de la deuxième guerre mondiale et des conflits contemporains”, a. XXXIII, n. 130, pp. 91-108.
Robert Pearce, Espionage in A frica: the Case o f the Duchess,
144 Rassegna bibliografica
in “The Historical Review”, vol. 26, n. 2, pp. 423-430.
America
Peter Waldmann, Der Zweite Weltkrieg und die Entstehung des Peronismus, in “Viertel- jahrshefte fiir Zeitgeschichte”, a. 31, n. 2, pp. 181-201.
Asia
Agap Gorabedzan, Le lotte di liberazione a Cipro durante la seconda guerra mondiale, in “Etudes balkaniques”, a. XIX, n. 4, pp. 3-15.
Storia dopo la Seconda Guerra Mondiale
Denise Artaud, Une relecture de Kennan: signification et limites du “containment”, in “Relations internationales” , n. 36, pp. 381-393.
Robert Bayer - Jacques Mistral, Le temps présent: La crise I: D ’une analyse historique à une vue prospective, in “Annales Economies sociétés civilisations” , a. XXXVIII, n. 3, pp. 483-506; II: Pesanteur et potentialité des années quatre-vingt, n. 3, pp. 773-789.
Alfredo Bruno Bologna, Los derechos de Inglaterra sobre las islas Malvinas, in “Revista de estudios internacionales” , n. 4, pp. 775-783.
William E. Burkhardt, Institutional Barriers, Marginality, and Adaptation among the
American-Japanese Mixed Bloods in Japan, in “The Journal of Asian Studies” , voi. 42, n. 3, pp. 519-544.
Barbara Epstein, UnegualGiants: American Foreign Policy and the Soviet Union, in “Socialist Review” , n. 72, pp. 11-34.
Hector Gros Espiell, Los derechos humanos en las relaciones Este-Oeste. La declaración de Helsinki, in “Revista de estudios internacionales” , n. 2, pp. 209-227.
Peter N. Farrar, Britain’s Proposal fo r a Buffer Zone South o f the Yalu in November 1950: Was it a Neglected Opportunity to End the Fighting in Korea?, in “Journal of Contemporary History” , voi. 18, n. 2, pp. 327-351.
Jacques Freymond, Les strategies de l ’epoque nucléaire. Quelques observations, in “Relations internationales”, n. 36, pp. 375-379.
Raymond L. Garthoff, The NA TO Decision on Theater Nuclear Forces, in “Political Science Quarterly”, voi. 98, n. 2, pp. 197-214.
Hannu Heikkala, The United States and the Question o f Export Licences in Finland 1947-1948, in “Scandinavian Journal of History” , voi. 8, n. 4, pp. 247-259.
Andrzej Kastory, La politica degli Stati Uniti verso la Romania nel 1945, in “Dzieje Naj- nowsze”, a. XV, n. 4, pp. 69-90.
Robert H. Keyserlingk, Grund- satz oder Praxis: Kanada und Òsterreich 1938-1948, in “Zeitgeschichte”, a. X, n. 6, pp. 227-239.
Wolfgang Krieger, Was General Clay a Revisionist? Strategie Aspects o f the United States Occupation o f Germany, in “Journal of Contemporary History” , voi. 18, n. 2, pp. 165-184.
Richard Ned Lebow, The Cuban Missile Crisis: Reading the Lessons Correctly, in “Political Science Quarterly” , voi. 98, n. 3, pp. 431-458.
Antonio Marquina, El conflicto del Sahara y la cooperación global del Gobierno espanol en Ar- geliay Maruecos, in “Revista de estudios internacionales”, n. 4, pp. 755-774.
Pierre Melandri, L ’Alliance atlantique: incertitudes stratégiques, incertitudes diplomatiques, in “Relations internationales” , n. 36, pp. 395-413.
Karl H. Metz, Der kleine Krieg in grossen Krieg: Die Guerilla, in “Militàrgeschichtliche Mittei- lungen” , n. 33, pp. 7-30.
Jean-François Michel, La creation de la FSM, septembre-octobre 1945, in “Cahiers d’histoire de l’Institut de recherches marxistes”, n. 15, pp. 88-111.
Jean-Claude Montant, Les structures multilatérales de cooperation en matière d ’armement des pays européens de l ’Alliance atlantique, in “Relations internationales”, n. 36, pp. 425-443.
Amikam Nachmani, “It is a Matter o f Getting the Mixture
Rassegna bibliografica 145
Right”: Britain’s Post-War Relations with America in the Middle East, in “Journal of Contemporary History”, voi. 18, n. 1, pp. 117-140.
R. Ovendale, Britain, the United States, and the Recognition o f Communist China, in “The Historical Review” , voi. 26, n. 1, pp. 139-158.
Alain Ruscio, Les communistes, le gouvernement français et l ’Indochine en 1947, in “Cahiers d’histoire de l’Institut de recherches marxistes” , n. 13, pp. 25-40.
Alain Ruscio, Les communistes français, le mendesisme et l ’Indochine (1950-1954), in “Cahiers d’histoire de l’Institut de recherches marxistes”, n. 12, pp. 115-122.
Malcolm Saunders, The A L P ’s Response to the Anti-Vietnam War Movement: 1965-1973, in “Labour History”, n. 44, pp. 75-91.
Pierre Soyjri, Le crise de 1974 et la réponse du capital, in “Annales Economies sociétés civilisations”, a. XXXVIII, n. 4, pp. 780-820.
Martin Staniland, Africa, the American Intelligentsia, and the Shadow o f Vietnam, in “Political Science Quarterly” , voi. 98, n. 4, pp. 585-616.
David Thomas, The Importance o f Commando Operations in Modern Warfare 1939-82, in “Journal of Contemporary History” , voi. 18, n. 4, pp. 689-717.
David C. Wolf, To Secure a Convenience: Britain Recognizes China, 1950, in “Journal of Contemporary History”, voi. 18, n. 2, pp. 299-327.
Europa
Henri Burgelin, L ’Union de l ’Europe Occidentale (UEO) et la défense européenne, in “Relations internationales”, n. 36, pp. 415-423.
Roland Cayrol - Piero Ignazi, Cousins ou frerès? Attitudes politiques et conceptions du parti chez les militants socialistes français et italiens, in “Revue française de science politique”, a. XXXIII, n. 4, pp. 629-650.
Pierre Guillien, Les chefs militaires français, le réarmement de l ’Allemagne et la CED (1950-1954), in “Revue d’histoire de la deuxième guerre mondiale et des conflits contemporains”, a. XXXIII, n. 129, pp. 3-33.
Karl-Heinz Nassmacher, Politi- sche Parteien im internationalen Vergleich, in “Neue Politische Literatur”, a. XXVIII, n. 3, pp. 277-294.
Zdzislaw Puslecki, Il protezionismo nel commmercio internazionale e l ’integrazione dell’Europa occidentale, in “Polish Western Affairs” , voi. 24, n. 2, pp. 245-266.
Bruce Russett - Donald R. Deluca, Theater Nuclear Forces: Public Opinion in Western Europe, in “Politicai Science
Quarterly” , voi. 98, n. 2, pp. 179-196.
Hansjakob Stehle, Der Brief- wechsel der Kardinaie Wyszynski un Dòpfner im deutsch-polini- schen Dialog von 1970/71, in “Vierteljahrshefte fiir Zeitge- schichte”, a. 31, n. 3, pp. 536-553.
Rolf Steininger, Wie die Teilung Deutschlands verhindert werden solite. Der Robertson-Plan aus dem Jahre 1948, in “Militàrge- schichtliche Mitteilungen” , n. 33, pp. 49-90.
Angel Vinas, El debate de la se- guridad en Europa. Una reflexion sobre ses antecedentes hi- stóricos, in “Revista de estudios internacionales” , n. 4, pp. 711-734.
Antoni Wladyslaw Walczak, Gli incontri di Erfurt, Kassel et Berlino-Ovest nella prospettiva dei rapporti tra la Repubblica Democratica Tedesca e la Repubblica Federale Tedesca nel periodo 1970-1981, in “Polish Western Affairs” , voi. 24, n. 2, pp. 335-360.
Austria
Andrea Gliick - Annemarie Strauss, Die Ernàhrungssitua- tion nach dem Zweiten Weltk- rieg in Òsterreich - Ein Entwurf fiir den Unterricht in der achten Schulstufe, in “Zeitgeschichte”, a. X, n. 4, pp. 158-165.
Oskar Lehner, Die Entwicklung der òsterreichischen Sozialde- mokratie. Dargestellt an Hand ihres Eigentumsverstàndnisses, in “Zeitgeschichte” , a. XI, n. 1,pp. 1-18.
146 Rassegna bibliografica
Gustav Spann Rechtsextremi- smus und Jugendliche, in “Zeit- geschichte” , a. X, n. 5, pp.194-208.
Francia
Jean-Jacques Aymé, Ces Jeunesses dont leur parti ne voulut pas: les Jeunesses socialistes de France de 1944 à 1947, in “Cahiers Léon Trotsky” , n. 16, pp. 79-100.
Françoise Cribier, Itinéraires professionels et usure au travail: une generation de salariés parisiens, in “Le Mouvement social” , n. 124, pp. 11-44.
Paul Delanoue, La Cgt et les Syndicats de l ’Afrique noire de colonisation française de la Deuxième guerre mondiale aux indépendances, in “Le Mouvement social”, n. 122, pp. 103-116.
Jacques Derville - Patrick Lecomte, Le Parti Communiste Française au miroir de ses partisans: un image contrastée, in “Revue française de science politique” , a. XXXIII, n. 4, pp. 651-679.
Elections (Les) municipales. Mars 1983. Région Rhône-Alpes. Scritti di Jean-Luc Pinol, Pierre Dumolard, Jacques Ion, Jean Nizey, André Vant, Pierre Bréchon, Jean-Paul Ducasse, Jean-Marc Labrosse, Marc Boyer, Jean-Pierre Houssel, Michèle Bacot et Paul Bacot, in “Cahiers d’histoire” , a. XXVIII, n. 2-3;Frank Favre, Les groupes d ’intérêt sous la Cinquième République. Test de trois modèles
théoriques de l’interaction entre groupes et gouvernement, in “Revue française de science politique” , a. XXXIII, n. 2, pp. 220-254;
French Socialism. Scritti di Jean L. Cohen, Alain Lopetz, Jacques Julliard, Hughes Portelli, Bruno Bongiovanni, Richard P. Shryock, Daniel Mothe, Jacques Caroux, Thierry Paquat, Mark Kesselman, Sharon Zu- kin, Moishe Gonzales, Gérard Raulet, Alain Touraine, Pierre Birnbaum, Claude Lefort, Pierre Rosanwollon, André Gorz, Dick Howard, John Mason. Edited by Jean L. Cohen, in “Telos” , n. 55.
Annie Lacroix - Riz, L ’entrée de la France dans la guerre froide (1944-1947), in “Cahiers d ’histoire de l’Institut de recherches marxistes”, n. 13, pp. 4-24.
Annie Lacroix-Riz, Un ministre communiste face à la question des salaires: l ’action d ’Ambroise Croizat de novembre 1945 à mai 1947, in “Le Mouvement social” , n. 123, pp. 3-44.
René Mouriaux, Une étude sur la CGT: remarques autour d ’une problématique, in “Cahiers d’histoire de l’Institut de recherches marxistes” , n. 15, pp. 112-118.
Raymond Poidevin, La France devant le problème de la CED: incidences nationales et internationales (été 1951 à été 1953), in “Revue d’histoire de la deuxième guerre mondiale et des conflits contemporains”, a. XXXIII, n. 129, pp. 35-57.
Gilles Richard, La droite en 1947, in “Cahiers d’histoire de
l’Institut de recherches marxistes” , n. 13, pp. 41-55.
Ange Rovere, Le PCF et la société corse (1945-1946), in “Cahiers d’histoire de l’Institut de recherches marxistes” , n. 13, pp. 57-82.
Dominique Schnapper - Sylvie Strudel, Le “vote ju i f” en France, in “Revue française de science politique”, a. XXXIII, n. 6, p. 933-961.
Jacques Zanotto, Simon Parve- ny, ouvrier des fours, in “Le Mouvement social”, n. 125, pp. 125-146.
Germania
Gerd Dietrich, Erste zentrale Arbeitstagung der SED im J uni 1946, in “Beitràge zur Geschich- te der Arbeiterbewegung” , a. 25, n. 4, pp. 561-571.
Jan Foitzik, Kadertransfer. Der organisierte Einsatz studente- deutscher Kommunisten in der SBZ 1945/46, in “Vierteljahr- shefte für Zeitgeschichte”, a. 31, n. 2, pp. 308-334.
Florian Freund - Gustav Spann, Zur Auseinandersetzung mit der Apologie des Nationalsoziali- smus III: Triviale Kriegsroman- hefte und der “Weltan- schauungskrieg im Osten”, in “Zeitgeschichte” , a. X, n. 9/10, pp. 370-392.
Karl-Heinz Füssl - Christian Kubina, Determinanten der Berliner Schulentwicklung nach 1945, in “Zeitgeschichte”, a. 10, n. 4, pp. 139-157.
Rassegna bibliografica 147
Wolfgang Jacobmeyer, Jiidi- sche Überlebende als “Displaced Persons”. Untersuchungen zur Besatzungspolitik in den deutschen Westzonen und zur Zuwanderung osteuropàischer Juden 1945-1947, in “Geschich- te und Gesellschaft”, a. 9, n. 3, pp. 421-452.
Siegfried Suckut, Zu Krise und Funktionswandel der Blockpoli- tik in der Sowjetisch Besetzten Zone Deutschlands um die Mille des Jahres 1948, in “Viertel- jahrshefte fur Zeitgeschichte”, a. 31, n. 4, pp. 674-718.
Hans Woller, Zur Demokratie- bereitschaft in der Provinz des amerikanischen Besatzungsge- biets. Aus den Stimmungsbe- richten des Ansbacher Oberbiir- germeisters an die Militàrregie- rung 1946-1949, in “Vierteljahr- shefte fiir Zeitgeschichte”, a. 31, n. 2, pp. 335-364.
Germania - RDT
Sonia Eichhofer, Das Karl- Marx - Jahr 1953 - ein Hòhe- punkt der Revolution au f dem Gebiet der Ideologie und Kultur in der ersten H alf te der fiinfzi- ger Jahre, in “Beitràge zur Ge- schichte der Arbeiterbewe- gung” , a. 25, n. 2, pp. 187-199.
Josef Gabert - Roland Grau - Volker Steinke, 30 Jahre Kampfgruppen der Arbeiterkl- asse in der Deutschen Demokr- atischen Republik, in “Beitràge zur Geschichte der Arbeiterbe- wegung”, a. 25, n. 4, pp. 489-502.
Carla Gielke, Marxistisch-leni- nistische Sozialpolitik der SED
zwihen 1956 und 1958, in “Beitràge zur Geschichte der Arbei- terbewegung” , a. 25, n. 4, pp. 572-580.
Joachim Heise - Rolf Lombarde Das Ringen der SED um die Einbeziehung von Glàubi- gen in den Aufbau des Soziali- smus und den Friedenskampf (1949/50), in “Zeitschrift fiir Geschichtswissenschaft” , a. 31, n. 6, pp. 483-493.
Ulla Plener, Sozialreformisti- sche Programmatik in den sieb- ziger Jahren, in “Zeitschrift fiir Geschichtswissenschaft” , a. 31, n. 2, pp. 99-116.
Jürgen Schebera, Kommunist, Publizist, Politiker. Gerhart Ei- sler, in “Beitràge zur Geschichte der Arbeiterbewegung” , a. 25, n. 5, pp. 724-736.
Walter Schmidt, Die Griindung der Historikergesellschaft der DDR 1958. Ihr Beitrag zur Durchsetzung des Marxis- mus-Leninismus in der Geschichtswissenschaft der DDR Ende der fiinfziger/ Anfang der sechziger Jahre, in “Zeitschrift für Geschichtswissenschaft” , a. 31, n. 8, pp. 675-700.
Rolf Stôckigt, Problème der Bundnispolitik der SED in der Übergangsperiode vom Kapita- lismus zum Sozialismus in der DDR, in “Beitràge zur Geschichte der Arbeiterbewegung” , a. 25, n. 3, pp. 340-346.
Manfred Teresiak, Der Kampf der SED fiir Frieden und euro- paische Sicherheit in der ersten Halfte der siebziger Jahre, in “Beitràge zur Geschichte der
Arbeiterbewegung”, a. 25, n. 4, pp. 503-515.
Heinz Vosske, Sein Leben war Treue zum Marxismus-Leninis- mus und aufopferungsvolle A rbeit fü r unseren sozialistischen Staat. Walter Ulbricht, in “Beitràge zur Geschichte der Arbeiterbewegung”, a. 25, n. 1, pp. 109-122.
Germania - RFT
Uwe Backes, Ursachen des Linksterrorìsmus in der Bunde- srepublik Deutschland, in “Neue Politische Literatur” , a. XXVIII, n. 4, pp. 493-509.
Franz J. Bauer, Der Bayerische Baurnverband, die Boden reform und das Flüchtlingspro- blem, in “Vierteljahrshefte für Zeitgeschichte” , a. 31, n. 3, pp. 443-482.
Hiltrud Bradter, Friedensbewe- gung und Jugend in der BRD, in “Zeitschrift für Geschichtswissenschaft” , a. 31, n. 12, pp. 1059-1066.
Horst Fisch, 15 Jahre DKP. Kam pf um Frieden und sozialen Fortschrit, in “Beitràge zur Geschichte der Arbeiterbewegung”, a. 25, n. 5, pp. 647-658.
German (The) Peace Movement. Scritti di Sigrid Meuschel, Walter Süss, Michael Lucas, Axel Honneth, Otto Kali- scheuer, Boris Frankel, Jeffrey Herf, Joachim Hirsch, Wolfgang Pohrt, Klaus Ehring, in “Telos” , n. 56, pp. 119-192.
Christoph Klessmann, Betrieb- sparteigruppen und Einheitsge-
148 Rassegna bibliografica
werkschaft. Zur betrieblichen Arbeit der Parteien in der Friih- phase der westdeutschen Arbei- terbewegung 1945-1952, in “Vierteljahrshefte für Zeitge- schichte”, a. 31, n. 2, pp. 272-307.
Hans Jürgen Küsters, Adenauers Europapolitik in der Griindungsphase der Europài- schen Wirtschaftsgemeinschaft, in “Vierteljaharshefte fur Zeit- geschichte” , a. 31, n. 4, pp. 646-673.
Ernst Laboor, Friedensbewe- gung und Friedens forschung in derBRD, in “Zeitschrift für Ge- schichtswissenschaft” , a. 31, n. 10, pp. 924-934.
Hermann Lübbe, Der Nationali- smus im deutschen Nachkriegs- bewusstsein, in “Historische Zeitschrift”, voi. 236, n. 3, pp. 579-599.
Norbert Madloch - Werner Paff, Historische Erfahrungen des Friedenskampfes in der BRD, in “Zeitschrift für Ge- schichtswissenschaft” , a. 31, n. 7, pp. 581-595.
Andrei S. Markovitz, West Germany’s Political Future: the 1983 Bundestag Elections, in “Socialist Review”, n. 70, pp. 67-98.
Siegfried Neufert, Auslandische Arbeiter in der Bundesrepublik, in “Neue Politische Literatur” , a. XXVIII, n. l,p p . 85-97.
Ulla Plener, Reformistische Ar- beiterbewegung und Friedens- kam pf heute. Dargestellt vor al- lem am Beispiel der BRD (1980-1982), in “Beitràge zur
Geschichte der Arbeiterbewe- gung”, a. 25, n. 1, pp. 48-61.
Horst Schneider, Die Antiatom- todbewegung in der BRD Ende der fünfziger Jahre, in “Zeitschrift für Geschichtswissen- schaft” , a. 31, n. 11, pp. 963- 967.
Gran Bretagna
Jonathan Bradsahw - Kenneth Cooke - Christine Godfrey, The Impact o f Unemployment on the Living Standards o f Families, in “Journal of Social Policy”, voi. 12, n. 4, pp. 433-452.
Ray Forrest - Alan Mûrie, Resi- dualization o f Council Housing: Aspects o f the Changing Social Relations o f Housing Tenure, in “Journal of Social Policy” , voi. 12, n. 4, pp. 433-467.
Roger Pean, Trade Union Organization and Skill in the Cotton and Engineering Industries in Britain, 1850-1960, in “Social History” voi. 8, n. 1, pp. 37-55.
David Prynn, The Woodcraft Folk and the Labour Movement 1925-70, in “Journal of Contemporary History” , voi. 18, n. l,p p . 79-95.
Paul Whiteley - Steve Winyard, Influencing Social Policy: The Effectiveness o f the Poverty Lobby in Britain, in “Journal of Social Policy” voi. 12, n. 1, pp. 1-26.
Polonia
Kuzetan Dobrosielski, I problemi dell’unificazione del movimento
operaio nel voivodato di Varsavia e la creazione del Partito operaio unificato polacco (1948- 1949), in “Dzieje Najnowsze” , a. XV, n. 1-2, pp. 191-206.
Robert Hanicotte, La tripartiti- sme polonais ou la coopération politique institutionelle, in “Revue française de science politique”, a. XXXIII, n. 3, pp. 480-503.
Bodgan Hillebrandt, Il movimento politico degli studenti in Polonia negli anni 1945-1950, in “Dzieje Najnowsze” , a. XV, n. 1-2, pp. 161-189.
Wojcisch Kalicki, Il sistema di propaganda del Partito socialista polacco negli anni 1944- 1948, in “Dzieje Najnowsze” , a. XV, n. 1-2, pp. 145-160.
Christoph Klessmann, Revolution und Konterrevolution in Polen, in “Neue Politische Literatur” , a. XXVIII, n. 2, pp. 219-227.
Ungheria
Tibor Erenyi - Balint Szabo, Il movimento operaio ungherese nel periodo 1945-1962, in “Z Pola Walki” , a. XXVI, n. 1, pp. 23-34.
Lajos Izsak, La politica dei partiti borghesi di opposizione in Ungheria dopo la liberazione, 1944-1948, in “Acta Historica” , a. 28 (1982), pp. 89-133.
Andreas Ko vacs, The Jewish Question in Contemporary Hungary, in “Telos”, n. 58, pp. 55-74.
Rassegna bibliografica 149
URSS
Mira Beth Lansky, “People’s War” and the Soviet Treat: the Rise and Fall o f a Military Doctrine, in “Journal of Contemporary History”, voi. 18, n. 4, pp. 619-648.
Susan J. Linz, Measuring the Carryover Cost o f W W II to the Soviet People: 1945-1953, in “Explorations in Economic History”, voi. 20, n. 4, pp. 375-386.
Charles E. Ziegler, Worker Participation and Workers Discontent in the Soviet Union, in “Political Science Quarterly” , voi. 98, n. 2, pp. 235-253.
Altri Paesi
Giuseppe Chiarante, From Pio X II to John Paul II, in “Telos” , n. 58, pp. 75-82.
Constantine P. Danopoulos, Military Professionalism and Regime Legitimacy in Greece, 1967- 1974, in “Political Science Quarterly”, voi. 98, n. 3, pp. 485-506.
Panayote E. Dimitras, La Grece en quête d ’une politique indépendante, in “Revue française de science politique” , a. XXXIII, n. l ,p p . 109-132.
Stanko Jurisa, Politica agraria e problemi del collettivismo in Jugoslavia durante il conflitto tra il Partito comunista jugoslavo ed il Cominform, in “Casopis za Suvremenu Povjest”, a. 15, n. 1, pp. 55-73.
Einst A. Levin, The Finances o f the Vatican, in “Journal of
Contemporary History”, voi. 18, n. 2, pp. 185-204.
Francisco Aldecoa Luzanaga, Significado y efectos de la adhesion de Espana a la Alianza Atlantica en su proceso de par- tecipación activa en las relacio- nes internacionales, in “Revista de estudios internacionales” , n. l ,p p . 39-70.
Dominique Memmi, Le divorce à l ’italienne: partis, opinion fe minine et referendum du 12 mai 1974, in “Revue d ’histoire moderne et contemporaine” , a.XXX, n. 3, pp. 476-509.
Victor Morales, Las relaciones internacionales de Espana con sus vecinos mediterraneos, in “Revista de estudios internacionales”, n. 3, pp. 543-551.
Peter Boegh Nielsen, Aspects o f Industrial Financing in Denmark, in “The Scandinavian Economie History Review and Economy and History”, voi.XXXI, n. 2, pp. 79-108.
Rolf Tamnes, Norwegian A ttitudes to a Free Nordic Nuclear-Free Zone 1958-1982, in “Scandinavian Journal of History” , voi. 8, n. 4, pp. 225-246.
Africa
African History Today. Saggi di Robert W. Harms, Patrick Manning, Patricia Romero Curtin, Leroy Vail, Landeg White, André de Toit, in “The American Historical Review”, voi. 88, n. 4.
Afrique (Lj , Noire dans les relations internationales depuis la deuxième guerre mondiale, in
“Relations internationales”, n. 34[contiene: Marc Michel, La coopération intercoloniale en A frique noire, 1942-1950: un néocolonialisme éclairé?-, Denise Bouche, L ’ouverture de l ’Afrique occidentale française-, Nicole Guez, Le montée des pouvoirs militaires en A frique et la sécurité internationale-, Elikia M’Bokolo, Historicité et pouvoir d ’Etat en Afrique noire. Reflexions sur les pratiques d ’Etat et les idéologies dominantes-, Philippe Decraene, Barthélemy Boganda ou du projet d ’Etat unitarie centroafricain à celui d ’Etats-Unis d ’Afrique latine-, Guy Nicolas, Le défi nigérian: gestation d ’une puissance regionale].
Larry Diamond, Class, Ethnicity, and the Democratic State: Nigeria 1950-1966, in “Comparative Studies in Society and History”, voi. 25, n. 3, pp. 457-489.
Organization and Resistance in South Africa. Interview with Mark Davenport, in “Socialist Review”, n. 67, pp. 55-70.
Margaret Sanders, Measurement o f Levels o f Living in the People’s Republic o f the Congo since 1950, in “The Journal of Economic History” , voi. 43, n. l ,p p . 243-250.
Asia
Asie (L j du Sud-Est entre la Chine et l ’Inde. Agriculture et pouvoirs, in “Etudes rurales”, n. 89-90-91, pp. 7-198 [contiene tra l’altro: Georges Condominas, Aspects écologi-
150 Rassegna bibliografica
ques d ’un éspace social restreint en Asie du Sud-Est. Les Mnong Gar et leur environnement; Marie-Alexandrine Martin, L ’industrie dans le Kampuchea démocratique (1975-1978); Christian Taillard, Les transformations de quelques politiques agricoles socialistes en Asie entre 1978 et 1982 (Chine, Vietnam, Cambodge et Laos); Patrick Beille- vaire, Introduction à la société et à l ’histoire de Taiwan].
Noam Chomsky, The Middle East and the Probality o f Nuclear War, in “Socialist Review” , n. 70, pp. 7-54.
Donald G. Gillin - Charles Et- ter, Staying on: Japanese Soldiers and Civilians in China: 1945-1949, in “The Journal of Asian Studies” , voi. 42, n. 3, pp. 497-518.
Alain Heston - Dharma Kumar, The Persistence o f Land Fragmentation in Peasant Agriculture: an Analysis o f South Asian Cases”, in “Explorations in Economic History” , voi. 20, n. 2, pp. 199-220.
Ton That Thien, Bases - airrère et stratégie révolutionnaire en Asie du Sud-Est (1945-1975), in “Relations internationales” , n. 36, pp. 445-467.
Cina
Rudolph Bauer, Innenseiten der chinesischen Gesellschaft, in “Neue Politische Literatur” , a. XXVIII, n. l ,p p . 105-128.
Dwight H. Perkins, Research on the Economy o f the People’s Republic o f China: a Survey o f
the Field, in “The Journal of Asian Studies” , voi. 42, n. 2, pp. 345-372.
Manfred Vasold, Versaumte Gelegenheiten? Die amerikani- sche Chinapolitik im Jahr 1949, in “Vierteljahrshefte fiir Zeitge- schichte” , a. 31, n. 2, pp. 242-271.
Andrew C. Walder, Organized Dépendance and Cultures o f Authority in Chinese Industry, in “The Journal of Asian Studies”, voi. 83, n. 1, pp. 51-76.
India
Onkar Marwah, L ’lnde: perspectives stratégiques, in “Relations internationales” , n. 36, pp. 469-485.
Michelle B. Matlpin, Famines, Epidemics, and Population Growth: the Case o f India, in “The Journal of Interdisciplinary History” , voi. 14, n. 2, pp. 351-366.
Hans-Joachim Radde, Indiens Kommunisten im Kampf um ei- ne linke und demokratische A lternative, in “Beitràge zur Ge- schichte der Arbeiterbewe- gung”, a. 25, n. 4, pp. 516-523.
Altri Paesi
Shahrough Akhavi, The Ideology and Praxis o f Shi’ism in the Iranian Revolution, in “Comparative Studies in Society and History” , voi. 25, n. 2, pp.195-221.
Gengis Aktar - Ahmet Insel, La traditionalité ottomane et la
modernité turque, in “L’homme et la société” , n. 69-70, pp. 123-144.
Massoud Doher, A ux origines de la guerre libanaise de 1975-1976, in “Cahiers d ’histoire de l’Institut de recherches marxistes” , n. 13, pp. 97-112.
Katherine P. Ewing, The Politics o f Sufism: Redefiniting the Saints o f Pakistan, in “The Journal of Asian Studies” , n. 42, n. 2, pp. 251-268.
Robert N. Kearney, The Political Party System in Sri Lanka, in “Political Science Quarterly” , voi. 98, n. 1, pp. 17-33.
Fumie Kumagai, Changing Divorce in Japan, in “Journal of Family History” , voi. 8, n. 1, pp. 85-108.
Benedici R. O’G Anderson, Old State, New Society: Indonesia’s New Order in Comparative Historical Perspective, in “The Journal of Asian Studies”, voi. 42, n. 3, pp. 477-496.
Vietnam, in “Cahiers d’histoire de l’Institut de recherches marxistes” , n. 17, pp. 5-50 [contiene: Charles Fourniau, La trajectoire vietnamienne (1858- 1984); Alain Ruscio, Le premier mois de la guerre. (Etude sur le déclenchement du conflit franco-vietnamien, novembre-decem- bre 1946); Les communistes français et le mouvement national vietnamien (1920-1954)].
America
Enrique A. Baloyra-Herp, Reactionary Despotism in Central
Rassegna bibliografica 151
Central America, in “Journal of Latin American Studies” , voi. 15, n. 2, pp. 295-319.
V. Bulmer-Thomas, Economie Development over the Long Run-Central America since 1920, in “Journal of Latin American Studies”, voi. 15, n. 2, pp. 269-294.
Hector Perez Brignoli- Yolanda Baires Martinez, Growth and Crisis in the Central American Economies, 1050-1980, in “Journal of Latin American Studies”, voi. 15, n. 2, pp. 363-398.
Daniel Pecaut, Sur la violence en Amérique Latine. Elements de problématique, in “L’homme et la société” , n. 67-68, pp. 69-74.
Ricardo Sidicaro, Huit propositions sur le regimés autoritaires d ’Argentine, du Chili et d ’Uruguay, in “L’homme et la société", n. 69-70, pp. 145-174.
Helgio Trindade, La question du fascisme en Amérique Latine, in “Revue française de science politique”, a. XXXIII, n. 2, pp. 281-312.
Brasile
Patrick M. Hughes, Church Re- neeal in Brazil, in “Telos’, n. 58, pp. 83-94.
M. Louise Fox, Income Distribution in Post-1964 Brasil: New Results, in “The Journal of Economie History”, vol. 43, n. l ,p p . 261-271.
Suzanne Williams, Land Rights and the Manipulation o f Identi
ty: Official Indian Policy in Brazil, in “Journal of Latin American Studies”, voi. 15, n. l,p p . 137-161.
Usa
Stanley Aronowitz, Remarking the American Left, Part I: Currents in American Radicalism, “Socialist Review”, n. 67, pp. 9-54, Part II: Socialism and Beyond, n. 69, pp. 7-44.
David P. Calleo, American Domestic Priorities and the Demands o f Alliance, in “Political Science Quarterly” , voi. 98, n. l,p p . 1-15.
Cornelius P. Cotter, Eisenhower as Party Leader, in “Political Science Quarterly” , voi. 98, n. 2, pp. 255-283.
Alexander Cockburn - James Ridgeway, The Freeze Movement versus Reagan, in “New Left Review”, n. 137, pp. 5-21.
Crisis (The) in Higher Education. Scritti di Thomas E. Wenzlau, Joseph S. Murphy, George B. Weathersby, Joseph Froomkin, Fred E. Crossland, Martin Kramer, Lawrence E. Gladieux, W. Lee Hansen, Joseph Froomkin, Stephen P. Dresch, Charles B. Saunders jun., W. Bruce Bassett, Frederick, E. Balderston, Hayden W. Smith. Edited by Joseph Froomkin, in “Proceeding of the Academy of Political Science” , voi. 35, n. 2.
Steve Fraser, Industrial Democracy in the 1980s, in “Socialist Review”, n. 72, pp. 99-122.
Garry Freeman - Paul Adams, Ideology and Analysis in American Social Securety Policymarketing, in “Journal of Social Policy” , voi. 12, n. 1, pp. 75-95.
Mark. E. Kann, Radicals in Power: Lesson from Santa Monica, “Socialist Review”, n. 69, pp. 81-101.
Wolfgang Krieger, Die ameri- kanischen Atomwaffen und der Kalte Krieg, 1945-1950, a. XXVIII, n. 2, pp. 209-218.
Paul Light, Vice-Presidential Influence under Rockfeller and Mondale, in “Political Science Quartely” , voi. 98, n. 4, pp. 617-640.
George Lipsitz, “The Drum Major Instinct”. American Religion since 1945, in “Telos”, n. 58, pp. 95-107.
Dave Fadden - Jim Wake - Bill Hartung, The Freeze Economy: The Economic Impact o f a Bilateral Nuclear Weapons Freeze, in “Socialist Review”, n. 70, pp. 35-66.
Michael Orni - Howard Wi- nant, By the Risvers o f Babylon: Race in the United States, Part I, in “Socialist Review”, n. 71, pp. 31-66, Part. II, n. 72, pp. 35-70.
New Light on the Rosenberg Case. An Interview with Michael and Robert Meeropol, in “Socialist Review”, n. 72, pp. 71-96.
Politics (The) o f Property Taxation. Scritti di H. Clyde Reeves,
152 Rassegna bibliografica
John O. Behrens, Carl Shoup, Robert J. Cline, John Shannon, James Heilbrun, Philip M. Klutznik, Paul v. Corusy, Charles C. Cook, Arthur C. Roemer, A.M. Woodruff, Walter Ry- beck, Steven D. Gold, Lawrence Susskind, Cynthia Horan, Steven B. Cord, Arlo Woolery, Elsie M. Watters, Joel M. Stern, Donald A. Hicks, Dick Netzer: Edited by Lowell Har- riss, in “Proceedings of the Academy of Political Science”, voi. 35, n. 1.
Roger B. Porter, Economic A dvice to the President: from Eisenhower to Reagan, in “Political Science Quarterly”, voi. 98, n. 3, pp. 403-429.
Leonard Quart, A Populist in Hollywood: Frank Capra’s Politics", in “Socialist Review”, n. 68, pp. 59-74.
Noia Reinfardt, Commercialization o f Agriculture und Rural Living Standards: El Palmar, Colombia, 1960-1979, in “The Journal of Economic History” , voi. 43, n. l,p p . 251-260.
Roberta M. Spalter-Roth, Differentiating between the Living Standards o f Husbands and Wives in Two-Wage-Earner Families, 1968 and 1979, in “The Journal of Economic History” , voi. 43, n. 1, pp. 231-240.
David Stephens, President Carter, the Congress, and NEA: Creating the Department o f
Education, in “Political Science Quarterly” , voi. 98, n. 4, pp. 641-664.
Samuel Stone, Production and Politics in Central America’s Convulsions, in “Journal of Latin American Studies” , voi. 15, n. 2, pp. 413-469.
William West - Joseph Cooper, The Congressual Veto and A dministrative Rulemaking, in “Political Science Quarterly” , voi. 98, n. 2, pp. 285-304.
Laurence Whitehead, Explaining Washington’s Central American Policies, in “Journal of Latin American Studies” , voi. 15, n. 2, pp. 321-363.
Altri Paesi
David Browning, Agrarian Reform in El Salvador, in “Journal of Latin American Studies”, voi. 15, n. 2, pp. 399-429.
John S. Gitlitz - Telmo Rojas, Peasant Vigilante Committees in Northern Peru, in “Journal of Latin American Studies” , voi. 15, n. 1, pp. 163-197.
Saul Landau, Inside Nicaragua’s Class War, in “Socialist Review”, n. 71, pp. 9-30.
Susan Eckstein, Transformation o f a “Revolution from Below”. Bolivia and International Capital, in “Comparative Studies in Society and History” , voi. 25, n. l,p p . 105-135.
Gerhard Drekonja Konrad, Colombia; en bósqueda de una politica exterior, in “Revista de estudios internacionales”, n. 2, pp. 259-282.
Jean-Pierre Lavaud, Les luttes au sein d ’un appareil de répression: l ’armée bolivienne, in “L’homme et la société”, n. 67-68, pp. 75-80.
Jan Roxvorough - Ilan Bizberg, Union Locals in Mexico: the “New Unionism” in Steel and Automobiles”, in “Journal of Latin American Studies” , vol. 15, n. 1, pp. 117-135.
James A. Sandos - Harry E. Cross, National Development and International Labour Migration, Mexico 1940-1965, in “Journal of Contemporary History” , vol. 18, n. 1, pp. 43-60.
Jack Spence, Media Coverage o f El Salvador’s Election”, in “Socialist Review” , n. 68, pp. 29-58.
Oceania
Brian D. Haig - Neville G. Cain, Industrialization and Productivity: Australian Manufacturing in the 1920s and 1950s, in “Explorations in Economic History” , voi. 20, n. 2, pp. 183-198.
David Stephens, Unity Tickets and the Victorian Branch o f the ALP, in “Labour History” , n. 44, pp. 55-74.