InAsherah - Il Magazine n 9

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In questo numero: Rimel Neffati e l'incarnazione del tempo come favola Walt Disney e l'impero dei sogni La difficile professione dell'educatore di strada tra prevenzione, accoglienza e accompagnamento The Magic Whip, il ritorno dei Blur Chi è Arte? T.E. Il controllo della mente e la civiltà dei topi nella ruota Marc Chagall - La grafica del sogno San Basilio - Villaggio UNRRA CASAS - sessantesimo anniversario Cinesegnalazioni

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Indice pg. 4 Rimel Neffati e l'incarnazione del tempo come favola pg.8 Walt Disney e l'impero dei sogni pg.13 La difficile professione dell'educatore di strada tra prevenzione, accoglienza e accompagnamento pg. 16 The Magic Whip, il ritorno dei Blur pg. 19 Chi è Arte? pg.22 T.E. pg. 27 Il controllo della mente e la civiltà dei topi nella ruota pg. 30 Marc Chagall - La grafica del sogno pg. 34 San Basilio - Villaggio UNRRA CASAS - sessantesimo anniversario pg. 36 Cinesegnalazioni

In copertina: Rimel Neffati autoscatto

Scrivono per InAsherah - Il Magazine:

Giulia Ambrosini

Sara Donfrancesco Lucia Lo Cascio

Cassandra Rotelli Chiara Sabatini Stefano Valente

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InAsherah Vivimus: Rimel Neffati e l'incarnazione del tempo come favola

InAsherah Vivimus vuole essere uno spazio in questa rivista dedicato a quell'arte vicina alle tematiche del femminino, della sacralità del donna e del suo corpo per rispondere ad un appello di Lei, la Nostra Madre, che risale a 4300 anni fa: "ovunque voi siate in qualunque tempo non ignoratemi"!!!

Rimel Neffati autoscatto

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Rimel Neffati autoscatto

L'occhio, meglio ancora direi la percezione visiva, ristagna in uno stato di emergenza contenutistica che né l'orecchio né il vuoto istinto percettivo riescono a comprendere. L'idea mistica dello sguardo nel momento del suo impatto con le cose di superficie, si deteriora velocemente ed in senso progressivo. La realtà oggettiva della vita non è vissuta dall'occhio ma da ciò che gli permette di esistere, cioè la stessa vita (è la vita a viversi). Siamo noi ad autonegarci l'esistenza stessa di una possibilità altra dell'essere vivi. In realtà siamo abituati ad una vita che è superficiale e parallela (ad un'altra, a mille, a milioni di altre vite) al tempo stesso, una vita che agisce come un rivestimento repulsivo a qualunque sollecitazione profonda, una sorta di grande buccia di plastica di cui il nostro corpo è il frutto celato, che mantiene il mistero assoluto nel suo seme originario. La vita giace nel vuoto colmato dal silenzio e solo l'orecchio può udire questo silenzio che è assoluto. E' l'orecchio che trasforma la mente in un brodo di logica e materia. Il silenzio è abbandono alla vita, interruzione della voce dell'esistenza.

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Il Tempo è la verità, non il tempo misurato, ma il tempo nato dal vuoto (fertile) della vita stessa. Ora, cosa succederebbe se comprendessimo quel Tempo? Forse che faremmo di quel Tempo un tempo incarnato, e dove potrebbe incarnarsi se non nelle favole? Quando guardo alle fotografie della Neffati, l'occhio si chiude aprendo la mia percezione ad una dimensione totalitaria di luce e armonico silenzio che tutta mi abbraccia. E' questo uno stato che tutti abbiamo provato della gioia dell'infantile libertà, quando potevamo essere tutto ovunque, quando la magia, la favola, il sogno erano tangibili proprio perchè in quella dimensione di Tempo incarnato, esistevamo.

Rimel Neffati autoscatto

Ed è così che quella possibilità altra (che ci neghiamo da adulti) crea. Crea mille mondi che sono diversi e uguali, che avvengono ora, domani e ieri in una danza di finestre che si aprono e si chiudono col cambiare del vento. E' questa la danza di Rimel Neffati. Le sue foto sono dei ricordi di un non vissuto che ci appartiene.

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Quando le guardi i confini tra tutti i mondi possibili si dissolvono l'uno nell'altro, riflettendosi l'uno nell'altro così da rendersi visibili (si pensi allo specchio o si ascolto " Spiegel im Spiegel" di Arvo Pärt - certe melodie afferrano talune questioni meglio di qualsiasi filosofia). Nelle sue foto entrano in gioco memoria, desideri, speranze in un luogo non-luogo in cui non esistono morale, tradizione, regole. Si tratta di immagini - luoghi talmente reali che sentiamo il bisogno di classificarle come surreali introducendone l'idea di sogno. Da un lato ci parlano di una fissità eterna, dall'altro ci raccontano storie di qualcosa di generato e corruttibile, un po' come la doppia verità di Averroè, volendo però ricordare il concetto pur nella sua negazione di fatto. Insomma, come al solito, al di là di tutte queste parole, vi lascio con l'invito a vivere negli scatti della Neffati, come al solito senza dirvi niente di lei con la speranza che possa avervi incuriosito e che magari il suo nome e le sue immagini possano abitare in qualche stanza segreta della vostra esistenza.

Rimel Neffati autoscatto

Info: www.rimelneffati.com

Lucia Lo Cascio

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Cinema: Walt Disney e l'impero dei sogni

Oggi parleremo di un uomo non comune, un uomo che credeva nei sogni e che di questi ne ha fatto un lavoro sino ad essere incoronato uno dei principali cineasti del ventesimo secolo. Walt Disney, proprio lui. Egli, nonostante la sua fama soprattutto fra i più piccini, discendeva da una famiglia molto umile proveniente da Liverpool ma poi trasferitasi a Kansas City. Suo padre, Elias Disney, dopo aver venduto la sua fattoria per problemi di salute aprì un’impresa di distribuzioni di giornali nella quale sia il piccolo Walt che suo fratello Roy lavorarono giorno e notte lasciando poco tempo allo studio, per contribuire a mantenere la propria famiglia. Una volta diplomatosi nel 1911, Disney lavorò per un po’ come venditore a bordo dei treni. All’età di sedici anni falsificò la sua data di nascita per poter diventare un autista volontario di ambulanze della Croce Rossa in Francia per la prima guerra mondiale. Quando tornò, alla fine della guerra, cercò con tutto se stesso di realizzare il suo più grande sogno, fare film. Iniziò occupandosi del programma settimanale di “Newman Theatre” dove conobbe Ub Iwerks il quale lo aiutò ad aprire uno studio tutto suo dove ebbe la possibilità di sperimentare e mettersi alla prova (ricordiamo, ad esempio “Oswald il coniglio fortunato”). Di lì in poi stipulò un contratto con Margaret Winkler a capo della “Universal”uno dei più grandi studi cinematografici statunitensi. E ’il 13 Luglio 1925 che Walt Disney sposa Lilian Bounds, una delle sue dipendenti, dalla quale avrà la piccola Diane e con la quale adotterà in seguito Sharon Mae. Sembra andare tutto per il meglio quando la Winkler decise di sposarsi con Charles Mintz il quale prese possesso di tutta l’azienda riducendo il salario al personale e rivendicando i diritti di quel famoso coniglio fortunato. Detto ciò Walt fu molto deluso da questa situazione, decise così di

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reagire insieme a quei pochi sostenitori e amici che aveva portato con se fin dagli esordi della sua carriera e creò il famigerato “Topolino". La leggenda narra che l’idea nacque in treno quando Walt scribacchiando su un foglio disegnò Oswald con orecchie più corte e coda più lunga. Voilà Topolino! Il lavoro era molto si producevano oltre 700 disegni al giorno, il miracolo lavorativo venne chiamato “plane crazy. “Mortimer Mouse” o meglio “Mickey Mouse” così lo aveva ribattezzato Lilian Disney fece il suo debutto ufficiale il 18 Novembre del 1928 al Colony Theater di New York. Al termine di un film di guerra fu proiettato un piccolo corto animato che prevedeva anche l’uso del sonoro, questa cosa fece così tanto scalpore che da qui innanzi il mitico Walt Disney ebbe la carriera spianata. Fra i suoi successi non si può non fare una parentesi su Disneyland “il luogo più meraviglioso della terra” così lo definì Walt, il parco più amato dai bambini aperto per la prima volta nel 1955 ad

Anaheim in California. L’idea nacque per far riunire i genitori con i bambini sempre indaffarati a lavorare e all’ingresso del parco inciso in pietra Walt Disney in persona fece scrivere “Finché ci sarà ancora immaginazione in questo mondo, Disneyland non sarà mai completo”. I suoi trionfi sono divenuti oramai i nostri classici, con i quali siamo cresciuti da bambini per questo ricordiamo alcune dei suoi film più belli, elencarli tutti sarebbe quasi impossibile … Iniziamo con Biancaneve, il primo classico d’animazione prodotto in America dalla Walt Disney Production. Uscito nel 1937 e diretto da David Hand. Basato sull'omonima fiaba dei fratelli Grimm, è il primo lungometraggio in cel animation della storia del cinema, oltre ad essere il primo prodotto completamente a colori.

Il 21 dicembre 1937 venne proiettato in anteprima al Carthay Circle Theatre, e distribuito in tutti gli USA il 4 febbraio 1938. In Italia uscì l'8 dicembre dello stesso anno. Dopo la sua prima uscita il film aveva incassato un totale di 8 milioni di dollari in tutto il mondo. Walt Disney vinse un Oscar alla Carriera per il film, riconosciuto come "una significativa innovazione sullo schermo che ha affascinato milioni di persone ed è stato il pioniere in un importante campo dell'intrattenimento". Il film ricevette anche una nomination per la migliore colonna sonora. "Il mio amore un dì verrà" divenne uno standard del jazz eseguito da numerosi artisti. Un altro film importante per il nostro caro Walt fu Fantasia, un film del 1940 diretto da registi vari. Viene riconosciuto come il terzo Classico Disney. Il film è composto da otto segmenti animati impostati su pezzi di musica classica diretti da Leopold Stokowski, sette dei quali sono eseguiti dall'Orchestra di Filadelfia. Il film debuttò il 13 Novembre 1940 solo in tredici città degli USA. All’inizio fu un flop totale, la gente vedeva Disney come un personaggio “colto” e distante da loro, la critica si scatenò in modo negativo nei riguardi del film e il sogno di Walt Disney, quello di

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alleviare le sofferenze delle persone (soprattutto i soldati della seconda guerra mondiale) fu momentaneamente distrutto. In più i cinema di tutto il mondo non erano adeguatamente attrezzati alla scoperta innovativa di Disney, ovvero il suono stereofonico. I costi di realizzazione furono un grande scoglio da superare. Solo il tempo avrebbe dato ragione a Walt incoronando Fantasia come uno dei suoi capolavori assoluti. A oggi, il film ha incassato 76,4 milioni di dollari di entrate nazionali ed è il ventiduesimo maggior incasso cinematografico di tutti i tempi negli USA. E infine ma non per ultimo Mary Poppins , diretto da Rober Stevenson,e uscito nelle sale nil 28 Ottobre 1964. Il film era tratto da una serie di romanzi scritti da Pamela Lyndon Travers. Walt “corteggiò” la scrittrice per oltre vent’anni affinché lei gli rilasciasse i diritti d’autore, grazie al cielo Walt Disney fu molto convincente,

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arrivò a raggiungere la scrittrice in Inghilterra per strapparle il contratto. Il personaggio protagonista indiscusso è Mary Poppins, la straordinaria bambinaia piovuta dal cielo la quale doveva riportare ordine nella famosa famiglia Banks afflitta da genitori severi e assenti dal punto di vista affettivo.

Alcune chicche: -Julie Andrews accettò di interpretare Mary Poppins solo dopo che Jack Warner ebbe dato ad Audrey Hepburn il ruolo da protagonista nella versione cinematografica di My Fair Lady (ruolo creato dalla Andrews in teatro). David Tomlinson recitò con un paio di baffi finti per volontà di Walt Disney, proprio perchè l’austero signore gli ricordava il padre. -Per il ruolo di Bert, interpretato alla fine da Dick Van Dyke (nonostante l'autrice del libro, Pamela Travers, non lo ritenesse adatto per il ruolo) furono presi in considerazione Fred Asteire e Cary Grant. Insomma Mary Poppins fu il più grande successo che la Disney avesse mai conosciuto facendo tornare Walt quello di un tempo, entusiasta e dinamico. Tutto quello che Disney intendeva dimostrare con questo film, lo dimostrò. Era sempre lui, era sempre grande. Walt Disney ci lasciò la mattina del 15 Dicembre 1966 per un collasso cardiocircolatorio. “Da oggi il mondo è più povero” così affermò il governatore della California Ronald Reagan il futuro presidente degli Stati uniti d’America.

Sara Donfrancesco

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Sociologia: La difficile professione dell'educatore di strada tra prevenzione, accoglienza ed accompagnamento.

In questo nuovo numero mi sento di condividere con voi l'importanza del mestiere dell'educatore. Troppo spesso mi è capitato di sentir ricollegare questa figuara solamente all'area infanzia (asili nido, scuole ecc). Da qui è nata la mia voglia di scrivere questo articolo, concentrandomi in particolare sull'educatore di strada, conosciuto da pochi.

Chi è : L'educatore di strada è una figura appartenente all'area sociale; laureato in Scienze dell'educazione o materie affini

Cosa fa e con quale utenza : svolge attività di prevenzione primaria, secondaria e terziaria.

Per quanto riguarda la prevenzione primaria, egli agisce nei luoghi di aggregazione giovanile, quali ad esempio parchi, discoteche, "muretti", avvicinando i ragazzi e attraverso un contatto quanto più "leggero" possibile ed "informale" solleva e discute con loro tematiche importanti di riflessione relative ad esempio all'educazione sessuale, alle eventuali difficoltà nelle relazioni con gli altri, problematiche scolastiche, con la famiglia...

Le azioni dell'educatore di strada, tuttavia, sono per lo più rivolte a fasce di popolazione deboli. Qui l'azione dell'educatore si traduce dunque in assistenza e recupero sociale in favore di tutte quelle fasce deboli che vivono in situazioni di degrado e di emarginazione, al fine di trovare per loro la soluzione o le soluzioni più adeguate, che in molti casi significa il tentare di indirizzarli verso

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strutture di accoglienza svolgendo in questo caso la funzione di "collegamento", egli deve possedere un'ottima conoscenza della rete dei servizi educativi, sociali e sanitari.

Tra gli obiettivi dell'educatore di strada vi è dunque: promuovere la qualità della vita, la tutela della salute, il benessere sociale, le opportunità educative e quelle di inserimento sociale e lavorativo ma anche ridurre il rischio del disagio

sociale, l'emarginazione, la marginalità e la devianza. Nel caso in cui la propria attività sia rivolta ai giovani, egli dovrà stabilire relazioni e contatti con la scuola, la famiglia, i luoghi d’associazione del quartiere, allo scopo di comprendere le cause che determinano le condizioni di svantaggio sociale.

Competenze e caratteristiche nella relazione con il target : oltre agli studi pedagogico-umanistici, di fondamentale importanza è la capacità di ascolto che si traduca in un atteggiamento non pregiudiziale, di reale accettazione dell'altro. L’operatore stabilisce la relazione con l’apertura al dialogo, per cui altra caratteristica fondamentale è la disponibilità a mettere in discussione le proprie vedute. Le relazioni non possono nè devono mai essere simmetriche. La difficoltà sta proprio nel rispettare tale asimmetria ricordando la soggettività dell’altro, delle storie e delle scelte del target.

Il lavorare in un "non ambiente", rischi e difficoltà : Come già sottolineato, chi lavora in questo ambito, va incontro alle persone nel loro ambiente di vita, senza che vi sia un'esplicita richiesta d'aiuto: avvicinare chi non riconosce un bisogno o chi non vede nei Servizi una risposta non è sempre facile. Per ultimo vorrei sottolineare come il lavorare in strada significhi trovarsi in una situazione in cui nulla è garantito, neppure, paradossalmente, la relazione educatore-utente.

Valentina Bellezza

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Musica: The Magic Whip, il ritorno dei Blur t'anni di sesso acclamato:

Trent'anni di sesso acclamato

Il 18 aprile, il giorno del Record Store Day, un furgone dei gelati ha fatto il giro di alcuni negozi di dischi di Los Angeles regalando un cono a chi presentava lo scontrino dell'acquisto di un disco del Record Store Day. Questa originale trovata è da attribuire al ritorno dei Blur, il gruppo alternative rock inglese che, dopo dodici anni, ha pubblicato un nuovo album(in copertina è appunto rappresentato un gelato). The Magic Whip è infatti uscito il 27 aprile 2015 e contiene 13 tracce (di cui una è disponibile solo nella versione giapponese); sono già stati pubblicati quattro singoli: Go Out, There Are Too Many of Us, Lonesome Street e Ong Ong. Il primo di questi è stato diffuso lo scorso febbraio, mentre la band annunciava il completamento dell'album in diretta streaming dalla Chinatown di Londra, ed è accompagnato da un simpatico video che ritrae una ragazza cinese mentre prepara un gelato fatto in casa. L'album ha universalmente ricevuto ottime critiche, venendo definito un ritorno trionfale; Helen Brown del Telegraph ha scritto che “contiene l'intrinseca identità della band, ma con un sound più maturo”. I Blur sono considerati tra i maggiori esponenti del britpop, cioè quel movimento musicale apparso agli inizi degli anni Novanta che accomuna artisti inglesi che attualizzano melodie degli anni

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Sessanta e Settanta, aggiungendovi la dance music. Ne hanno fatto parte anche Suede, Pulp, Supergrass e Oasis. Tuttavia, solo gli album Leisure (1991), Modern Life is Rubbish (1993), Parklife (1994) e The Great Escape (1995) possono essere considerati britpop, dato che a partire da Blur (1997) il genere può essere definito più largamente alternative rock o indie rock. Per quanto riguarda sia il mio gusto che la critica in generale, il capolavoro di questa band è il già citato Parklife: è l'album da ascoltare quando si è allegri o si vuole esserlo. Cominciare la giornata con i Blur è un ottimo modo di cominciare la giornata. Il singolo omonimo all'album fa venire voglia di mettersi a cantare a squarciagola, come anche la celebre Girls & Boys. Stesso discorso per Charmless Man e Country House di The Great Escape. Se, invece, non vi siete mai approcciati ai Blur, vi consiglio di iniziare con i singoli Song 2, Beetlebum (1997) e Coffee & tv (dall'album 13, 1999). Ma dubito che non conosciate il video di quest'ultimo: è diventato un vero e proprio cult. Narra la storia di un cartone di latte che va alla ricerca di Graham Coxon, apparentemente scomparso; alla fine del video, dopo le mille peripezie capitate al povero latte, si scoprirà che in realtà il chitarrista è rinchiuso a provare la canzone, e, vedendo sul contenitore del latte la propria fotografia con la scritta “MISSING”, decide di tornare a casa per rincuorare i propri genitori.

Giulia Ambrosini

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L'angolo Valente: Chi è Arte? Quando i redattori della rivista «Eizzazione» mi hanno invitato a rispondere alla domanda

riportata nel titolo di questo mio troppo breve articoletto, in un primo momento sono restato

spiazzato; ma poi ho subito trovato il passaggio dal consueto «Cosa è arte?» allo sconcertante «Chi

è arte?» non solo molto stimolante, ma decisivo. Naturalmente la questione è ardua. Per

cominciare vorrei citare il mio professore di filosofia della religione, Marco Maria Olivetti, che in

una pagina del suo fondamentale

Analogia del soggetto [edito da

Laterza nel 1992] afferma che: «Uno

schiavo è un soggetto senza essere

una persona; un’opera d’arte è una

persona senza essere un

soggetto». Questo mi sembra un

ottimo punto di partenza e non

solo perché sempre più spesso si

sente parlare addirittura dei diritti

umani dell’opera d’arte. Ma in che

senso parliamo di un’opera d’arte

come di una persona? In senso

analogico – vorremmo dire. Dire

ciò non solo non basta, ma può

anche riuscire forviante se in

conseguenza di ciò si comincia a

presupporre come dati da una

parte l’opera, da un’altra parte il

riguardante e da un’altra parte

ancora il tratto che l’entità ‘opera’

avrebbe in comune con l’entità

‘persona’ e che ci permette di

formulare una similitudine (dal valore

a questo punto soltanto retorico) tra

l’opera e la persona. Se così fosse,

il nostro parlare dell’opera d’arte come se si trattasse di una persona non avrebbe niente di

filosoficamente ed epistemologicamente rilevante. Invece il meraviglioso qui sta nell’affermare

che in un certo qual modo la personalità dell’opera d’arte sta proprio nel suo interpellarci e direi

anche costituirci come quelle persone che siamo e dobbiamo essere. È l’opera d’arte in quanto

persona che ci costituisce come quelle persone che siamo e non noi che riconosciamo nell’opera

gli attributi di solito riferiti al concetto di “persona”. La personalità dell’opera in qualche modo (certo

paradossale) viene prima. Questo è un altro modo per dire che la personalità di una persona non è

e non deve essere ricondotta ad essenza. Qui non si vuole parlare di persona in termini

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essenzialistici per cui ci sarebbe una serie di tratti pertinenti (animale razionale parlante eccetera) che

caratterizzerebbero l’essenza dell’essere umano. M. M. Olivetti direbbe che tale essenza non si dà,

ma è sempre e soltanto immaginata. Ora non possiamo addentrarci in questa decisiva questione.

Qui vogliamo solo far notare che in qualche modo l’incontro con l’opera d’arte è decisivo perché

non solo ci richiama ad essere quelle persone che dobbiamo essere, ma tali persone lo possiamo

diventare solo grazie all’esperienza non della ma con l’opera d’arte. Attraverso l’opera ci raggiunge

uno sguardo altro (che questo poi sia lo sguardo dell’altro è decisivo, ma ora non ce ne possiamo

occupare, anche perché qui si vuole evitare di trattare questioni come quelle che hanno visto

contrapporsi un’ermeneutica dell’opera ad un’ermeneutica dell’autore; inoltre solo tardi è nata

l’esigenza di

un’ermeneutica del

fruitore) ed è questo

sguardo altro che ci

raggiunge non in quanto

esseri umani, ma in

quanto persone o

meglio: siamo persone

da quando siamo stati

capaci di sentire su di

noi questo strano

sguardo che non viene

da nessuna parte e che

pure ci decentra

aprendoci ad una

relazione non

conoscitiva, ma etica

con l’opera. Non stiamo

semplicemente dicendo

che “l’opera ti guarda”.

Il “sentire” qui in

questione non è un

contraddittorio sentirsi-

oggetto del soggetto che

guardando si scopre

guardato. Non sono gli occhi della testa di Medusa, dipinti da Caravaggio, che ci sentiamo addosso

come occhi che ci pietrificano – ciò significherebbe pensare ancora una volta a quella

contraddittoria esperienza di sentirci caduti dentro il campo visivo dell’altro. Quando, invece,

parliamo di questo sguardo altro parliamo di uno sguardo che si è sganciato dall’occhio e che

siamo noi a poter restituire all’opera una volta colto dell’opera lo sguardo.

Stefano Valente

Caravaggio – Medusa Murtola (1596 ca) – Collezione privata

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Tiziana Cera Rosco. In principio era il volto

In principio era il volto

di Tiziana Cera Rosco

Opening giovedì 3 settembre 2015 (fino al 19 settembre 2015)

Orario: 19.00 - 22.00 (live performance Batterfly ore 20.00)

Luogo: Mondriansuite Gallery, Via Dei Piceni, 43 (San Lorenzo) Roma

Per la rassegna DUENDE//l’oscura energia dei corpi #1

Ideazione e Curatela: Lori Adragna

Direzione: Klaus Mondrian

Organizzazione: Luciano Fabale

Ufficio Stampa: ComunicaDesidera /Roberta

Melasecca [email protected] 349.4945612

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Arte: T.E.

la Pera con Elio e le storie tese

Qualche tempo fa circolavano su YouTube dei video di brevissima durata, protagonista era ed è una pera. Questa stessa pera ha cominciato a vedersi anche tra le mani di alcuni "vip" italiani per giungere a quella di persone comuni.... A rendere la vita a questo frutto è stata un associazione artistica-culturale che opera nel territorio romano, si tratta dell'Associazione E' (che prende il nome dall'unica lettera che da sola conserva in sè il principio dell'essere cosa e senso insieme) i cui soci fondatori, Emiliano Yuri Paolini, Marco Pietrosanti e Alessandro Parisi, interrogati sulla stranezza, mi hanno spiegato che video e foto ritraenti la pera fanno parte di un progetto che ha lo scopo di realizzare un macro intervento di evoluzione socio-spaziale partendo dal valore fondamentale del senso esistenziale. Questo particolare progetto nasce da un'idea di un altro artista italiano, un artista che non vuole svelarsi fino al compimento di questa operazione e che io conosco solo attraverso un acronimo, T.E.. T.E. ha un significato ambivalente, rappresenta sì l'iniziale del nome dell'artista ma svela anche la natura del progetto che vuole coinvolgere ognuno di noi. Dire dunque è un progetto con T.E. vuole essere un invito alla Tua - Nostra partecipazione. Questo intervento ha la funzione di un Tamagotchi ( ve lo ricordate quel buffo ma anche impegnativo giocattolino giapponese?) ovvero quella di far crescere una vita, di permetterne una qualsivoglia realizzazione. In questo

logo Associazione E'

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caso la vita si realizza in un simbolo che incarna un significato esistenziale che però l'artista svelerà solo alla fine del progetto così come il suo nome.

La Pera con Max Gazzè

La Pera dunque, ma cosa può celarsi dietro questo frutto? Vi confido che ci ho pensato tanto, sia perchè sono stata coinvolta attivamente nel progetto sia per un naturale gusto nei confronti dei misteri, dell'irrisolto, del complicato. E pensando ecco l'illuminazione! La pera è il luogo e lo spazio dove resiste lo sguardo, quello cieco, atto indispensabile per la certezza del senso. La pera ti guarda coi tuoi stessi occhi, essa è piegata su se stessa, è goffa, buffa, timida, rappresenta il tesoro depositato infondo all'abisso del senso.

La pera è muta ma parla senza stare mai zitta nel suo e nel tuo silenzio, posa il cappello sul tavolo

e quasi si arrende al tempo. Immaginiamo di aprire le braccia imitando il gesto di un abbraccio che

voglia indicare tutto il bene del mondo, questo spazio non lo vediamo, è un non spazio che però

sappiamo essere immenso, ebbene le due braccia, come la pera, sentiranno la loro finitezza

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La Pera con Giobbe Covatta

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rispetto al bene immenso che sono, si

sentiranno piccine, deformi e non

conformi all'infinito spazio che allo

sguardo continua ad espandersi

rendendo le braccia - Pera sempre più

invisibili e vulnerabili.

Poi mi guardo e anche io mi sento come

la Pera, no io sono la Pera, lo sono

adesso e lo sono sempre stata senza

però averlo mai saputo.

Eccomi, sono io e sei tu, una Pera, così

piccola e storta, così deforme, appesa

all'albero o colta o caduta ma sempre

seduta su se/me/noi stessi a guardare

dentro un Noi che sono io e siamo tutti.

Perchè Seduta mi vedo, vedo me e la

pera e tutto ciò che è intorno acquista

senso. La pera è lo sguardo d'amore di

una madre al primo pianto del suo

bambino.

Dentro l'attimo dello sguardo la pera c'è, si sente l'odore del dramma universale che ha dentro la sua sconfitta.

Qual'è questo dramma? Il dramma è l'autoimpedimento all'apertura! Lo sguardo sulla pera è il sè estromesso (portato fuori da sè) e nell'attimo in cui si pone lo sguardo su noi stessi, in quell'attimo avviene Dio, l'attimo in cui esiste sulla pera "il riflesso triste dell'uomo" (parole dell'artista) che non ha margine d'accesso al suo interno e la sua vita è permessa soltanto dall'atto di una apertura inconsapevole. info: https://www.youtube.com/channel/UCqjuB74MJjPEvPNauPrOeRw

Lucia Lo Cascio

La Pera con Simone Cristicchi

la Pera con Renzo Arbore

la Pera Con Simone Cristicchi

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Mistero: Il controllo della mente e la civiltà di topi nella ruota

E' possibile una vita veramente libera nella società attuale? Certo, fossimo nati 5000 anni fa libertà sarebbe stato il nostro secondo nome. Una bella lavata a toglierci via i residui della vecchia giornata, una pacca sul sedere e via, liberi sul serio di essere e sperimentare e crescere in compagnia del nostro Io / Noi, a creare o ricreare quel legame con la Natura Divina. Ma oggi la libertà è davvero possibile? Consideriamo che appena nati la prima cosa che fanno è appiopparci un codice di previdenza sociale. Siamo catalogati. Sicuro di essere una persona? Siamo un numero! Sembra più che altro che dalla nascita in poi tutto ciò che facciano abbia lo scopo di farci sentire cosa manipolabile, di proprietà di qualche altro Ente - Stato - Chiesa o chi per loro, atto al controllo e allo sfruttamento. Nessuno vuole essere considerato uno schiavo, ma ad essere onesti, siamo tutti schiavi in un modo o nell'altro. Il mondo e le sue istituzioni sono accuratamente progettati per ottenere da noi potere e profitto. Quelli che ci governano, lontano dal creare dei liberi pensatori, fanno di tutto per renderci lavoratori/schiavi docili e obbedienti. Pensiamoci bene. Nasciamo in famiglie che invece di assecondare gli istinti creativi della propria prole e la di questa diversità, spinge da subito ad una omologazione con quegli altri che in fondo non sente nemmeno propri, anzi addirittura, non troppo inconsciamente, rifiuta e schifa oserei dire. Il secondo passo verso la schiavitù è la scuola. Nessun sistema educativo che io conosca ci spinge a ragionare con la nostra testa.

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Cosa ci insegnano? Prima di tutto a restare seduti dietro ad un banco per 6 ore, zitti e immobili a meno che il/la maestro/a (di cosa poi?) non ti diano il permesso all'azione. Secondo poi quello che ti insegnano è a memorizzare e ripetere quello che è stato il frutto del pensiero di un altro, un po' come dire che ti obbligano a mandar giù il vomito di un'altra persona... Mi sono domandata spesso il perchè. Ebbene l'unica risposta razionale è che ci preparano da subito a mettere da parte i nostri sogni a favore di quelli di

qualcun'altro. Siamo progettati per essere dei lavoratori a tempo pieno ed è estremamente difficile l'autoaffermazione e la conoscenza di noi stessi come individui singoli e liberi. Dopo anni di addestramento dove hai dimostrato che sei una brava e docile pecorella asservita ai desideri del tuo fattore, facciamo un salto all'indietro nella scala evolutiva. Infatti da pecora ci trasformiamo in ratti! Che fanno queste povere bestioline (quando sottomesse al volere degli uomini, sia chiaro)? Restano tutto il giorno chiuse in gabbia a girare su una ruota che non le porterà mai da nessuna parte. C'è molta differenza da quel che facciamo noi una volta inseriti nel mercato del lavoro? Siamo perennemente impegnati in una corsa al successo atto ad un accumulo di denaro che in realtà stiamo spendendo ancor prima che ci arrivi, che poi cosa è il denaro??? Davvero di valore sarebbe avere tempo, a tal proposito, se non lo avete visto, vi consiglio di vedere In Time film del 2011 di Andrew Niccol, è illuminante. Non c'è tempo per niente. Accumuliamo debiti, anzi nasciamo tutti con un debito sulle spalle al quale aggiungiamo quelli che ci servono per "vivere". Mutui, prestiti per Tv, mobili, centri benessere (per somigliare a ciò che loro decidono che è bello), persino per studiare.

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E a noi cosa resta? Cosa resta per quello che davvero vogliamo? Che cosa vogliamo? Siamo talmente robotizzate che nemmeno lo sappiamo dire. Ma sapete qual'è il capolavoro dell'asservimento globale? So che la risposta la conoscete tutti. Sto parlando della televisione. E' fantastico! tu te ne stai beato e rilassato a guardarti un programma o un film o quel che è, le tue difese sono abbassate questo vuol dire che assorbirai in maniera più o meno inconscia tutta la merda che ti costringono a guardare (parlo di costrizione perchè puoi anche cambiare canale ma sempre e solo merda sarà il risultato della tua ricerca). E così cominciamo a credere che per essere fighi dobbiamo guidare la macchina x, per essere sani mangiare le merendine y, per essere belli indossare le scarpe z, eccetera.

Ragazzi miei stiamo scherzando? Lo sappiamo tutti che stiamo facendo delle cazzate, che non abbiamo bisogno di nulla di quello che ci propongono eppure siamo sempre lì, il lavaggio del cervello funziona talmente bene che alla fine non riusciamo a dire un no deciso. E la stanchezza anche... Lavoriamo talmente tante ore che non ci restano energie per pensare. Il risultato è che non ci sono risultati. Apatia, noia, ricerca di piaceri momentanei ed effimeri per uscire dallo stato di torpore in cui ci troviamo ma alla fine restiamo solo e soltanto dei topi in una ruota.

Cassandra Rotelli

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La mostra: Marc Chagall - La grafica del sogno

Dal 04 Settembre 2015 al 06 Gennaio 2016 MONZA | MILANO

LUOGO: Arengario / Casa degli Umiliati CURATORI: Flavio Arensi ENTI PROMOTORI: Comune di Monza COSTO DEL BIGLIETTO: Chagall + Musei Civici: intero 6 €, ridotto 4 € TELEFONO PER INFORMAZIONI: +39 039.366381 L’esposizione presenterà oltre trecento incisioni dei tre cicli grafici più importanti dell’artista russo: le Anime morte di Gogol’, le Favole di La Fontaine e la Bibbia. Qualcosa mi sarebbe mancato se, a parte il colore, non mi fossi impegnato, ad un certo momento della mia vita, anche con l’incisione.

Marc Chagall Saranno le magiche suggestioni di un maestro del ‘900 a illuminare l’autunno artistico di Monza. Dal 4 settembre 2015 al 6 gennaio 2016, Marc Chagall giungerà nella capoluogo della Brianza, portando tutto il suo immaginario onirico, la ricchezza delle tradizioni letterarie russe, la sacralità dei testi biblici. Due spazi espositivi di Monza - l’Arengario e la Casa degli Umiliati, sede dei Musei Civici di Monza - accoglieranno la mostra Chagall, la grafica del sogno che presenterà per la prima volta le tre serie

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grafiche complete più importanti dell’artista russo, ovvero la trilogia composta dalle Anime morte

di Gogol’, dalle Favole di La Fontaine e dalla Bibbia.

Marc Chagall, La Vecchia e le due Serve, da Le favole, mm 293 x 240

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Curata da Flavio Arensi, promossa dal

Comune di Monza e organizzata da Meet Museum, l’esposizione propone per intero i tre cicli - per un totale di oltre 300 acqueforti - che costituiscono un corpus considerato ormai inscindibile. Chagall, infatti, svolge in esso una meditazione circolare. Nelle tavole delle Anime Morte riflette sull’uomo, sulle sue meschinità, sul suo limite. Nei fogli delle Favole compie un viaggio nella natura, nella sua bellezza e nella sua impronta originaria. Nella Bibbia torna a riflettere sull’uomo, ma in una luce ben diversa rispetto a quella delle Anime

Morte. L’uomo rimane quello che è: imperfetto, segnato in modo indelebile dal limite e dal peccato, ma la cui finitezza viene rischiarata dalla realtà di Dio. Il percorso espositivo inizierà idealmente all’Arengario con la sezione dedicata alle Favole di La Fontaine e alla Bibbia. Nel caso delle Favole, la grande tecnica incisoria di Chagall dà vita a un mondo fantastico, in cui la componente mitologica del racconto

supporta l’analisi del comportamento di animali che ricalca quello degli uomini.

Particolare attenzione è rivolta ai più piccoli, l’allestimento delle Favole è studiato appositamente a “misura di bambino” per

favorire un approccio diretto con le incisioni ed una migliore lettura dell’immagine. Di fronte all’opportunità di lavorare sulla Bibbia, Chagall si sentì investito da una sorta di impegno morale nei confronti delle proprie radici. Primogenito di una famiglia di stretta osservanza ebraica, visse il testo sacro come parte integrante del proprio quotidiano, e i personaggi biblici costituirono per l’artista presenze vive, appartenenti a un mondo dove

immaginazione e realtà si fondono. La lettura chagalliana della Bibbia si incentra sulle figure dei Patriarchi e dei Profeti, ritratti come potenti condottieri del “popolo eletto”. Anche gli animali recitano un ruolo importante, visti non solo come protagonisti dei racconti, ma come ideale legame con la sua infanzia. I temi affrontati da Chagall nella

Marc Chagall, Nozdriòv, da Le anime morte, mm 288 x 231

Marc Chagall, Il padre Cìcikov lo castiga, da Le anime morte, mm 277 x 208

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Bibbia rimandano a

un universo culturale di cui l’artista si è nutrito fin dai primi anni di vita, e a un linguaggio che risente delle esperienze figurative legate alle avanguardie del XX secolo, delle quali Chagall è stato un esponente di primo piano.

La sezione ai Musei Civici di Monza - Casa degli Umiliati accoglierà il ciclo delle Anime morte di Gogol’. Se la Bibbia e le Favole sono per l’artista il pretesto per indagare le origini religiose e nel contempo un modo

per confrontarsi con la cultura francese, al contrario il romanzo

di Gogol’ racconta aspetti della cultura russa dai quali Chagall prende man mano le distanze. Le tavole incise di Chagall rileggono il testo di Gogol’ e nel contempo disegnano un viaggio nei territori dell’umanità, con ampi richiami ai paesaggi russi e ai personaggi della madrepatria. Chagall, la grafica del sogno sarà inoltre l’occasione per approfondire la relazione che legava Marc Chagall con l’editore parigino Ambroise Vollard, mercante d’arte tra i più attenti e importanti dell’intero Novecento. A tal proposito, accanto alle acqueforti di Chagall saranno esposte incisioni

di maestri quali Picasso, Matisse, Rouault, che intrattennero con lo stesso Vollard un profondo, e molto spesso conflittuale, rapporto di lavoro. Tra le iniziative collaterali, sono previsti laboratori didattici per bambini e per famiglie, letture teatrali e focus di approfondimento. Il programma didattico – rivolto alle scuole di ogni ordine e grado – propone letture animate, laboratori creativi, visite guidate alla mostra e ai Musei Civici di Monza e visite in lingua inglese (informazioni e prenotazioni Opera d’Arte, tel. 02.45487400; [email protected]).

Marc Chagall, Tappo Stepàn, carpentiere, da Le anime morte, mm 277 x 212

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San Basilio - Villaggio UNRRA CASAS - sessantesimo anniversario

Si è svolta l’ inaugurazione, sabato 20 giugno alle ore 11.30, Centro Culturale Aldo Fabrizi – San Basilio- Roma, dell’evento d’arte “Villaggio UNRRA CASAS -Sessantesimo Anniversario- “: una splendida mattinata, che ha visto una nutrita partecipazione di pubblico e artisti che hanno aderito al progetto. Dopo i ringraziamenti alla D.ssa Gabriella Paolino del C.C. Aldo Fabrizi che ha ospitato l’evento, è seguito l’intervento di Emiliano Sciascia, Presidente del IV Municipio, dell'Ambasciata Americana nella persona della dott.ssa Anna Maria Volpacchio, dell’Assessore di Roma Capitale Paolo Masini, e degli organizzatori della Mostra di Pittura Carlo Vigevani, Alessandro Piccinini, Antonio Sorgente. La Prof. Claudia Mattogno e lo storico Luciano Villani dell'Università La Sapienza Roma hanno rispettivamente illustrato il modello urbanistico seguito nella costruzione dei nuclei abitativi di San Basilio e ripercorso la storia di quegli anni (1955). Il tutto intramezzato da E.Sciascia Pres.IV Municipio e G. Paolino C.C.A.Fabrizi

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T.Ferrera(Ass.Unrra Casas),C.Vigevani(pittore),G.Paolino, A.Piccinini (pittore),A.M.Volpacchio(Amb.Usa)

concerti di chitarra classica a cura di Gianmarco Ciampa già menzione d’onore all’Accademia Santa Cecilia. Particolarmente interessante e suggestivo è stato l’incontro con il maestro Armando Buratti, romantico superstite di quella scuola romana “Scuola DI Portonaccio” assurta alle pagine dell’arte unitamente ai compagni d’avventura quali Renzo Vespignani, Spartaco Zianna, Avaro Muccino ed Elio Filippo Acrocca. Le opere sono state commentate da critici d’arte come Ida Mitrano, Laura Turco Liveri e dagli artisti Franco Ferrari, Alfio Mongelli, Francesca Savini. La mostra avrà un seguito, come dichiarato dall’addetto culturale dell’Ambasciata USA, dott.ssa Anna Maria Volpacchio, presso l’Accademia Americana di Roma il prossimo autunno. Le opere non banali, ma coscientemente significative, sono state riprese individualmente e collettivamente in un video d’arte dell’artista Ugo Bongarzoni. Riportiamo l’elenco aggiornato degli artisti partecipanti: E. ACCOTO, G. AIOLO, S. ALESSI, E. ANDÚJAR, F. ANTONELLI, E. ANTONIOZZI, S. BARBAGALLO, E. BENAGLIA, D. BERI, A. BERNI, A. BILOTTA, U. BONGARZONI, F. M. BONIFAZI, G. BRIZIO, L. M. BRUNO, A. BURATTI, N. CAITO, L. CALVETTI, R. M. CANO, C. CAPUANO, S. CARLETTI, P. COLAUTTI, L. CONTESTABILE, S. DE ANGELIS, A.P. del BROCCO, R. de la LASTRA, A. DE LA VALLEE’, M. DI LAORA , F. DURELLI, E. ECHEONI, M. EMANUELE, D FALASCA, P .FALCONE, V .FARAONE, E. FARINELLI, L. FEDICH. F. FERRARI, A. GABRIELLI, A. GENTILE, C. GORI, R. GULLOTTA, S. HERLER, M. IONASCO, R. KEVI, L. LOMBARDI, P. MACCIONI, L. MANCIATI, G. MARCHETTA, I. MARIOTTI, A. MONGELLI, A. A. MOUSSA, F. MULAS, T. MUSILLI, A. NESCI, NYWA Art Project, G. PALUZZI, M. PARENTELA, A. PASSA, A. PICCININI, M. PIRONE, M. POGGI CAVALLETTI, E. POLLA, S. PROVINO, G. REFFO, G. REDIVO, M. ROSATI, C. SABELLICO, N. SANTARELLI, S. SAVINI, M. SCALZINI, E. SCARDAMAGLIA, E. SERENI, M. SERRI, S. SFODERA, E. SIGNORETTI, P. SOLDINI, P. H. TCHOUKATCHEVA, D. VENTRONE, C. VIGEVANI, P. VOLPINI , H. WEI, Y. WEI

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Cinesegnalazione

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