Il numero di dicembre 2015

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Il numero di dicembre del periodico "Santa Teresa di G. B. e la sua pioggia di rose".

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Page 1: Il numero di dicembre 2015
Page 2: Il numero di dicembre 2015

PROPOSITO TERESIANOper l’Anno Santo della Misericordia

3Santa Teresa Dicembre 2015

A cura della Provincia Veneta dei Carmelitani ScalziVicolo Scalzi, 13 - 37122 VeronaCon approvazione ecclesiastica.Autorizzazione tribunale di Verona 20/01/1966 n. 191Dir. Responsabile: p. Antonio Maria Sicari ocdRapp. legale: p. Umberto Raineri ocdDirettore: p. Giacomo Gubert ocdN° Repertorio ROC.: n. 24593 del 06/06/2014Foto: Foto Soave via L. Manara, 10 - Verona www.flickr.com

Redazione: Padri Carmelitani Scalzi Santuario di s. Teresa del Bambino Gesù Via Volturno, 1 - 37135 Verona tel. 045.500.266 - fax 045.581.214Impaginazione: Grafiche Vilcar - Villa Carcina (Bs)Stampa: Litografia Casagrande via dell’Artigianato, 10 Colognola ai Colli (VR)Spedizione: Nuova Zai - via A. Secchi, 7 - Verona

Santa Teresa del Bambino Gesù Dottore della ChiesaRealizzati nel 1997, in occasione del Dottorato di s. Teresa di G. B., l’opera di fra Serafino Melchiorre ocd vuole rappresentare il cammino spirituale della “piccola grande santa”: Dio Padre unitamente allo Spirito Santo, ha manifestato il Suo profetto salvifico per l’umanità donando Suo figlio alla Vergine Maria, e Lei, assieme allo sposo Giuseppe lo offre a santa Teresina. Questo dono ispira alla santa il tema della sua straordinaria spiritualità: “la piccola via”. L’angelo che assiste alla scena ha in mano il cappello da Dottore della Chiesa e il libro autobiografica della santa “Storia di un’anima”.

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rioEditorialeProposito Teresiano 3

Amici di TeresaL’amore in boccio la dolcezza 4-7

Teresa missionariaIl “miracolo” di santa Teresina 8-12

Santi GenitoriCanonizzazione di Luigi e Zelia 13-14

Sulla piccola viaLeonia parla ... 15

Storia carmelitanaBeatrice e Teresa 16

INSERTO PER BAMBINIS. Giovanni della Croce 67-70

Libri carmelitaniConfidenze di un prete 17-19

Teresa d’Avila 1515-2015Le grazie di teresa 20-23

TestimonianzaDa Verona al mondo 24-25

Compendio del catechismoI guai della falsa umiltà 26-27

CuriositàIl grano 28-29

Affidati a santa Teresa 30Nella pace del Signore 31

di p. Giacomo Gubert ocd

ed

itoria

leQuesto numero di di-cembre, l’ultimo che esce sotto la mia dire-zione, ci introduce al

giubileo straordinario indetto da papa Francesco e aperto, a Ban-gui, nella martoriata Repubblica Centroafricana, nella prima do-menica d’Avvento. Già nello scorso numero di set-tembre, con i 12 giorni attraverso la “Offerta di me stessa come vit-tima d’olocausto all’Amo-re Misericordioso del Buon Dio”, abbia-mo dato il nostro contributo tere-siano a questo Anno Santo. Ora vogliamo aggiungere un proposito, ne-cessario, pre-ventivo.Come ci ha inse-gnato padre Marie-Dominique Philippe op, in un libro sull’Atto d’Offerta che speriamo presto di potervi offrire in italiano, bisogna sapere, essere ben coscienti, che non capiremo nulla di Teresa e del suo Atto, se non decidiamo di farlo, di viver-lo noi stessi. “È come il Vangelo di Giovanni: se non lo si vive, o almeno non si ha il desiderio di viverlo, non si può capirne nulla. L’atto di Teresa dobbiamo viverlo, o almeno desiderarlo di viverlo,

profondamente, come ella stes-sa lo desiderò. Ed il giorno in cui, a causa delle tentazione in cui ci troveremo, diremo: «Non è per me», ci ricorderemo che al meno una volta è stato per noi” (op. cit. p. 48).Che cos’è allora questo Atto d’Of-ferta. Offriamo tutto a Dio in modo che nulla più ci appartenga. “Tutto passa dalle nostre mani, dal no-stro cuore, al cuore di Cristo e alle

mani onnipotenti di Dio” (op. cit. p. 51).

È l’atto per eccel-lenza essendo l’offerta il de-siderio stesso “di amare di farvi ama-re”. Nulla è più attivo del

desiderio. Se non c’è il desi-

derio ci si siede, si aspetta che l’ura-

gano passi. In quest’u-nica espressione sono unite la

contemplazione e la carità frater-na per cui desideriamo che Dio ed il suo Figlio Gesù Cristo sia da tutti amato. “E Teresa sa che il de-siderio, se è autentico, si incarna in un lavoro: «lavorare alla glorifi-cazione della Chiesa” (op. cit. p. 53). Cioè permettere alla Chiesa di vivere sempre la vittoria dell’A-more. Ecco il nostro proposito te-resiano.

bu

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ra

Ricordiamo che si può richiedere al convento di Brescia (tel 030 41531) il volume “Aut pati aut mori” (cfr. pp. 20-23) ricco di belle immagini e parole. Un’ottima conclusione del cinquecentenario della nostra Santa Madre Teresa.Costo: 10 euro.

AUT PATI AUT MORIUn bel libro un buon gesto

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PROPOSITO TERESIANOper l’Anno Santo della Misericordia

3Santa Teresa Dicembre 2015

A cura della Provincia Veneta dei Carmelitani ScalziVicolo Scalzi, 13 - 37122 VeronaCon approvazione ecclesiastica.Autorizzazione tribunale di Verona 20/01/1966 n. 191Dir. Responsabile: p. Antonio Maria Sicari ocdRapp. legale: p. Umberto Raineri ocdDirettore: p. Giacomo Gubert ocdN° Repertorio ROC.: n. 24593 del 06/06/2014Foto: Foto Soave via L. Manara, 10 - Verona www.flickr.com

Redazione: Padri Carmelitani Scalzi Santuario di s. Teresa del Bambino Gesù Via Volturno, 1 - 37135 Verona tel. 045.500.266 - fax 045.581.214Impaginazione: Grafiche Vilcar - Villa Carcina (Bs)Stampa: Litografia Casagrande via dell’Artigianato, 10 Colognola ai Colli (VR)Spedizione: Nuova Zai - via A. Secchi, 7 - Verona

Santa Teresa del Bambino Gesù Dottore della ChiesaRealizzati nel 1997, in occasione del Dottorato di s. Teresa di G. B., l’opera di fra Serafino Melchiorre ocd vuole rappresentare il cammino spirituale della “piccola grande santa”: Dio Padre unitamente allo Spirito Santo, ha manifestato il Suo profetto salvifico per l’umanità donando Suo figlio alla Vergine Maria, e Lei, assieme allo sposo Giuseppe lo offre a santa Teresina. Questo dono ispira alla santa il tema della sua straordinaria spiritualità: “la piccola via”. L’angelo che assiste alla scena ha in mano il cappello da Dottore della Chiesa e il libro autobiografica della santa “Storia di un’anima”.

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EditorialeProposito Teresiano 3

Amici di TeresaL’amore in boccio la dolcezza 4-7

Teresa missionariaIl “miracolo” di santa Teresina 8-12

Santi GenitoriCanonizzazione di Luigi e Zelia 13-14

Sulla piccola viaLeonia parla ... 15

Storia carmelitanaBeatrice e Teresa 16

INSERTO PER BAMBINIS. Giovanni della Croce 67-70

Libri carmelitaniConfidenze di un prete 17-19

Teresa d’Avila 1515-2015Le grazie di teresa 20-23

TestimonianzaDa Verona al mondo 24-25

Compendio del catechismoI guai della falsa umiltà 26-27

CuriositàIl grano 28-29

Affidati a santa Teresa 30Nella pace del Signore 31

di p. Giacomo Gubert ocd

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itoria

leQuesto numero di di-cembre, l’ultimo che esce sotto la mia dire-zione, ci introduce al

giubileo straordinario indetto da papa Francesco e aperto, a Ban-gui, nella martoriata Repubblica Centroafricana, nella prima do-menica d’Avvento. Già nello scorso numero di set-tembre, con i 12 giorni attraverso la “Offerta di me stessa come vit-tima d’olocausto all’Amo-re Misericordioso del Buon Dio”, abbia-mo dato il nostro contributo tere-siano a questo Anno Santo. Ora vogliamo aggiungere un proposito, ne-cessario, pre-ventivo.Come ci ha inse-gnato padre Marie-Dominique Philippe op, in un libro sull’Atto d’Offerta che speriamo presto di potervi offrire in italiano, bisogna sapere, essere ben coscienti, che non capiremo nulla di Teresa e del suo Atto, se non decidiamo di farlo, di viver-lo noi stessi. “È come il Vangelo di Giovanni: se non lo si vive, o almeno non si ha il desiderio di viverlo, non si può capirne nulla. L’atto di Teresa dobbiamo viverlo, o almeno desiderarlo di viverlo,

profondamente, come ella stes-sa lo desiderò. Ed il giorno in cui, a causa delle tentazione in cui ci troveremo, diremo: «Non è per me», ci ricorderemo che al meno una volta è stato per noi” (op. cit. p. 48).Che cos’è allora questo Atto d’Of-ferta. Offriamo tutto a Dio in modo che nulla più ci appartenga. “Tutto passa dalle nostre mani, dal no-stro cuore, al cuore di Cristo e alle

mani onnipotenti di Dio” (op. cit. p. 51).

È l’atto per eccel-lenza essendo l’offerta il de-siderio stesso “di amare di farvi ama-re”. Nulla è più attivo del

desiderio. Se non c’è il desi-

derio ci si siede, si aspetta che l’ura-

gano passi. In quest’u-nica espressione sono unite la

contemplazione e la carità frater-na per cui desideriamo che Dio ed il suo Figlio Gesù Cristo sia da tutti amato. “E Teresa sa che il de-siderio, se è autentico, si incarna in un lavoro: «lavorare alla glorifi-cazione della Chiesa” (op. cit. p. 53). Cioè permettere alla Chiesa di vivere sempre la vittoria dell’A-more. Ecco il nostro proposito te-resiano.

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Ricordiamo che si può richiedere al convento di Brescia (tel 030 41531) il volume “Aut pati aut mori” (cfr. pp. 20-23) ricco di belle immagini e parole. Un’ottima conclusione del cinquecentenario della nostra Santa Madre Teresa.Costo: 10 euro.

AUT PATI AUT MORIUn bel libro un buon gesto

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resa

Riportiamo il testo di questa interessante targa che si trova a Lisieux “a ricordo del passaggio per Rovigo di S. Teresa di Liseux tra il 10 e 11 Nov 1887”, di grande interesse in questi tempi di con-flitti e guerra, anche in Europa.La città di Rovigo, nel primo centenario dal pas-saggio di Teresa di Liseux, mentre ricorda lo stori-co evento ne evidenzia il nobile significatoistituendo un simbolico gemellaggio suggerito da-gli appellativi similari propri di ciascuna delle due città: l’una ‘CITTÀ DELLE ROSE ’ e ‘CITTÀ DELLA PIOGGIA DI ROSE’ l’altra auspicando che a guisa di ideali messaggere all’insegna della regina dei fiori possano tracciare nel cielo d’Europa l’incan-tevole arcobaleno fioriero di fraternità di progres-so di pace.

Rovigo-Lisieux la città delle rose

L’AMORE IN BOCCIO:LA DOLCEZZAl’esempio di santa Teresa

Piangevo di aver piantoSanta Teresa di Lisieux era di na-tura sensibilissima. Fino al Natale 1866, in cui le fu concesso di con-sacrarsi interamente a Cristo, fu talvolta alquanto puerile. Lo dice lei stessa: “La mia eccessiva sen-sibilità mi rendeva insopportabile; i ragionamenti non servivano a nul-la; io non riuscivo a correggermi di questo brutto difetto”. Le più pic-cole contrarietà la facevano pian-gere: : “Desideravo essere molto virtuosa, però me la prendevo in modo strano: non ero abituata a fare i servizi domestici; Celina or-dinava la nostra camera e io mi occupato di nessun lavoro di casa. Solo raramente per fare piacere al buon Dio, rassettavo il letto; op-pure quando era assente Celina, alla sera ritiravo i suoi vasi di fiori. Ho detto che facevo questo solo

per il buon Dio, quindi non dovevo aspettarmi il grazie delle creature. Ahimè! Era ben diverso. Guai se Celina non si dimostrava contenta e sorpresa dei miei piccoli servizi; me ne risentivo e piangevo. Se mi capitava di offendere qualcuno, anche involontariamente, invece di passare sopra, me la prendevo fino a stare male; il che accresce-va la mia colpa, anziché ripararla; e quando cominciavo a consolar-mi della colpa, piangevo di aver pianto”.

Completa conversioneTeresa scelse il suo cammino spi-rituale alla Messa di mezzanotte del 1866. Sentiamo da lei stes-sa questo racconto: “Ora, Madre mia, vi dirò in quale circostan-za una parola la grazia della mia completa conversione. Tornavamo

dalla messa di mezzanotte nella quale (cfr. Sal 23,8) avevo avuto la felicità di ricevere il Dio forte e potente. Arrivando ai Buissonnets mi rallegravo all’idea di andare a prendere le mie scarpe nel cami-no. Quest’antica usanza ci aveva dato tanta gioia durante la nostra infanzia che Celina voleva conti-nuare a trattarmi come una bambina, visto che ero la più piccola della fa-miglia... A Papà pia-ceva vedere la mia felicità, udire i miei gridi di gioia men-tre tiravo fuori ogni sorpresa dalle scar-pe incantate, e la ga-iezza del mio diletto Re aumentava molto la mia fe-licità. Ma Gesù, volendo mostrar-mi che dovevo liberarmi dai difetti dell’infanzia, me ne tolse anche le gioie innocenti: permise che Papà, stanco della messa di mezzanot-te, provasse noia nel vedere le mie scarpe nel camino e dicesse queste parole che mi trafissero il cuore: «Bene, meno male che è l’ultimo anno!...». In quel momento salivo la scala per andare a toglier-mi il cappello; Celina, conoscendo

la mia sensibilità e vedendo le la-crime brillarmi negli occhi, ebbe anche lei tanta voglia di versarne, perché mi amava molto e capiva il mio dispiacere: «O Teresa! mi dis-se, non andar giù, ti darebbe trop-po dolore guardare subito nelle tue scarpe». Ma Teresa non era più la stessa, Gesù aveva cambiato il

suo cuore! Reprimendo le la-crime, scesi rapidamente

la scala e comprimen-do i battiti del cuore, presi le mie scarpe e, mettendole da-vanti a Papà, tirai fuori gioiosamente tutti gli oggetti, con

l’aria felice di una re-gina. Papà rideva, anche

lui era ridiventato gioioso e Celina credeva di sognare! Fortu-natamente era una dolce realtà: la piccola Teresa aveva ritrovato la forza d’animo che aveva perduto a 4 anni e mezzo e l’avrebbe con-servata per sempre!...” (Ms A 45r°).

Meraviglioso ceselloCon quale meraviglioso cesello l’artista divino sa lavorare le ani-me! Egli trasforma l’estrema sen-sibilità di Teresa in una delicatis-

di John Wu,“Il carmelo interiore –

le tre tappe della via dell’amore”,Torino, Marietti, 1960

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Nel tondo:John C.H. Wu,grande amico diTeresa

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4 Santa Teresa Dicembre 2015Santa Teresa Dicembre 2015

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Riportiamo il testo di questa interessante targa che si trova a Lisieux “a ricordo del passaggio per Rovigo di S. Teresa di Liseux tra il 10 e 11 Nov 1887”, di grande interesse in questi tempi di con-flitti e guerra, anche in Europa.La città di Rovigo, nel primo centenario dal pas-saggio di Teresa di Liseux, mentre ricorda lo stori-co evento ne evidenzia il nobile significatoistituendo un simbolico gemellaggio suggerito da-gli appellativi similari propri di ciascuna delle due città: l’una ‘CITTÀ DELLE ROSE ’ e ‘CITTÀ DELLA PIOGGIA DI ROSE’ l’altra auspicando che a guisa di ideali messaggere all’insegna della regina dei fiori possano tracciare nel cielo d’Europa l’incan-tevole arcobaleno fioriero di fraternità di progres-so di pace.

Rovigo-Lisieux la città delle rose

L’AMORE IN BOCCIO:LA DOLCEZZAl’esempio di santa Teresa

Piangevo di aver piantoSanta Teresa di Lisieux era di na-tura sensibilissima. Fino al Natale 1866, in cui le fu concesso di con-sacrarsi interamente a Cristo, fu talvolta alquanto puerile. Lo dice lei stessa: “La mia eccessiva sen-sibilità mi rendeva insopportabile; i ragionamenti non servivano a nul-la; io non riuscivo a correggermi di questo brutto difetto”. Le più pic-cole contrarietà la facevano pian-gere: : “Desideravo essere molto virtuosa, però me la prendevo in modo strano: non ero abituata a fare i servizi domestici; Celina or-dinava la nostra camera e io mi occupato di nessun lavoro di casa. Solo raramente per fare piacere al buon Dio, rassettavo il letto; op-pure quando era assente Celina, alla sera ritiravo i suoi vasi di fiori. Ho detto che facevo questo solo

per il buon Dio, quindi non dovevo aspettarmi il grazie delle creature. Ahimè! Era ben diverso. Guai se Celina non si dimostrava contenta e sorpresa dei miei piccoli servizi; me ne risentivo e piangevo. Se mi capitava di offendere qualcuno, anche involontariamente, invece di passare sopra, me la prendevo fino a stare male; il che accresce-va la mia colpa, anziché ripararla; e quando cominciavo a consolar-mi della colpa, piangevo di aver pianto”.

Completa conversioneTeresa scelse il suo cammino spi-rituale alla Messa di mezzanotte del 1866. Sentiamo da lei stes-sa questo racconto: “Ora, Madre mia, vi dirò in quale circostan-za una parola la grazia della mia completa conversione. Tornavamo

dalla messa di mezzanotte nella quale (cfr. Sal 23,8) avevo avuto la felicità di ricevere il Dio forte e potente. Arrivando ai Buissonnets mi rallegravo all’idea di andare a prendere le mie scarpe nel cami-no. Quest’antica usanza ci aveva dato tanta gioia durante la nostra infanzia che Celina voleva conti-nuare a trattarmi come una bambina, visto che ero la più piccola della fa-miglia... A Papà pia-ceva vedere la mia felicità, udire i miei gridi di gioia men-tre tiravo fuori ogni sorpresa dalle scar-pe incantate, e la ga-iezza del mio diletto Re aumentava molto la mia fe-licità. Ma Gesù, volendo mostrar-mi che dovevo liberarmi dai difetti dell’infanzia, me ne tolse anche le gioie innocenti: permise che Papà, stanco della messa di mezzanot-te, provasse noia nel vedere le mie scarpe nel camino e dicesse queste parole che mi trafissero il cuore: «Bene, meno male che è l’ultimo anno!...». In quel momento salivo la scala per andare a toglier-mi il cappello; Celina, conoscendo

la mia sensibilità e vedendo le la-crime brillarmi negli occhi, ebbe anche lei tanta voglia di versarne, perché mi amava molto e capiva il mio dispiacere: «O Teresa! mi dis-se, non andar giù, ti darebbe trop-po dolore guardare subito nelle tue scarpe». Ma Teresa non era più la stessa, Gesù aveva cambiato il

suo cuore! Reprimendo le la-crime, scesi rapidamente

la scala e comprimen-do i battiti del cuore, presi le mie scarpe e, mettendole da-vanti a Papà, tirai fuori gioiosamente tutti gli oggetti, con

l’aria felice di una re-gina. Papà rideva, anche

lui era ridiventato gioioso e Celina credeva di sognare! Fortu-natamente era una dolce realtà: la piccola Teresa aveva ritrovato la forza d’animo che aveva perduto a 4 anni e mezzo e l’avrebbe con-servata per sempre!...” (Ms A 45r°).

Meraviglioso ceselloCon quale meraviglioso cesello l’artista divino sa lavorare le ani-me! Egli trasforma l’estrema sen-sibilità di Teresa in una delicatis-

di John Wu,“Il carmelo interiore –

le tre tappe della via dell’amore”,Torino, Marietti, 1960

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Nel tondo:John C.H. Wu,grande amico diTeresa

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6 Santa Teresa Dicembre 2015Santa Teresa Dicembre 2015

sima docilità alle ispirazione dello Spirito. Egli non distrugge la no-stra natura, ma la fortifica nel suo punto più debole. A Teresa furono aperti gli occhi sul valore sopran-naturale della sofferenza e la discepola confidente si servì della sua sensibilità naturale per misura-re il valore redentivo del sacrificio nella vita quotidiana. Non rimase più a lungo egoista; divenne tutta di Cristo. Ella dice: “La carità entrò nel mio cuore con un gran bisogno di dimenticare me stessa; da allo-ra io divenni felice”. Teresa aveva compreso che il Signore riscatta il mondo con la sofferenza, non con una vita facile, e che la sua strada non è intessuta di rose, ma con-trassegnata dalla Croce. Se noi vogliamo rassomigliare a Gesù, dobbiamo prendere la croce no-stra, ogni giorno, e imparare da Lui la dolcezza e l’umiltà di cuore. Al-lora diventa dolce il nostro soffrire per Lui e con Lui.

La nostra ricchezzaNessuno fu più di s. Teresa sen-sibile alla dolcezza, e nessuno ne intese così bene il valore. Le sue lettere contengono numerosissime testimonianze della sua concezio-

ne del dolore. Alla sorella Celina, scriveva: “Non bisogna illudersi di poter amare senza soffrire e molto. La nostra povera natura è fatta per soffrire; ciò costituisce pure la no-stra ricchezza, la fonte del nostro vivere! La sofferenza è talmente preziosa che Gesù stesso ven-ne sulla terra per assoggettarvisi. Soffriamo con amarezza, cioè sen-za coraggio... Gesù è stato avvolto dalla tristezza; senza tristezza, che cosa soffrirebbe l’anima? Noi vor-remo soffrire generosamente, mol-to … Celina … Quanto ci illudiamo … Non vorremmo mai cadere? Che importa, o Gesù mio, se devo cadere ogni momento; lì si rivela la mia fragilità e questo è un vantag-gio per me. Di qui si vede ciò che io posso fare e voi sarete indotto a portarmi tra le vostre braccia; se non lo fate è perché vi piace ve-dermi a terra; io non m’inquieto ma tendo a voi le mie braccia supplici e piene d’amore! Non posso crede-re che vogliate abbandonarmi! … I santi hanno sempre abbracciato la loro croce quando erano prostra-ti ai piedi di Nostro Signore. Mia cara Celina, dolce eco dell’anima mia … se tu vedessi la mia miseria … Oh, se sapessi! La santità non

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resa

è nelle belle parola, nemmeno nei più nobili pensieri e sentimenti, ma è nella volontà di soffrire” (LT 89).

Il metodo miglioreIl metodo migliore per acquistare la dolcezza è meditare sulla pas-sione di Cristo e contemplarlo in Croce. Allora possiamo trascurare le piccole noie dei nostri rapporti con il mondo. Anzi, le accetteremo come dei piccoli diamanti destinati a impreziosire la nostra corona. Il dolore verrà ancora a bussare alla nostra porta; noi l’accoglieremo, riconoscenti, come una manifesta-zione dell’Amore. Il p. Pichon dice “Dio rovescerebbe il mondo per trovare una sofferenza e darla ad un’anima sulla quale il suo sguar-do divino s’è posato con indicibile amore”. Teresa era così convinta di questo fatto che poteva scri-vere con semplicità: “A quelli che egli ama di più ne dà con più ab-bondanza (di tribolazioni). A quelli che ama di meno, ne dà di meno” (LT 81). L’espressione non è esa-gerata, ma è una visione esatta dei valori cristiani. Il Principe degli Apostoli non si è espresso diver-samente: “È una grazia davanti a Dio se, avendo fatto del bene, voi dovete subire del male. Infatti qua-le gloria c’è nel patire in punizione di un peccato commesso? Se in-vece dopo aver fatto del bene, voi soffrite con pazienza, questa è una grazia dinanzi a Dio. A questo in-fatti siete stati chiamati; poiché an-che Cristo patì per voi, lasciando a voi l’esempio, affinché ne seguiate le tracce. Lui che non fece pecca-to e nella cui bocca non fu trovato inganno; lui che oltraggiano non restituiva l’oltraggio; maltrattato non minacciava, ma si rimetteva a colui che giudica con giustizia; lui che personalmente portò nel suo

corpo i nostri peccati sulla Croce, affinché morti ai peccati vivessimo per la sua giustizia; lui che con le sue ferite, vi ha guariti” (1Pt 2, 20-24). La dolcezza cristiana è nutrita di filiale affetto per Dio, fortificata dall’esempio di Cristo e approfon-dita dalla meditazione della Re-denzione.

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resa

Sopra:Tutta la famiglia Wuricevuta in Vaticano

da Papa Pio XIInel 1947

Sopra:John C.H. Wuavvocato e giudice.

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6 Santa Teresa Dicembre 2015Santa Teresa Dicembre 2015

sima docilità alle ispirazione dello Spirito. Egli non distrugge la no-stra natura, ma la fortifica nel suo punto più debole. A Teresa furono aperti gli occhi sul valore sopran-naturale della sofferenza e la discepola confidente si servì della sua sensibilità naturale per misura-re il valore redentivo del sacrificio nella vita quotidiana. Non rimase più a lungo egoista; divenne tutta di Cristo. Ella dice: “La carità entrò nel mio cuore con un gran bisogno di dimenticare me stessa; da allo-ra io divenni felice”. Teresa aveva compreso che il Signore riscatta il mondo con la sofferenza, non con una vita facile, e che la sua strada non è intessuta di rose, ma con-trassegnata dalla Croce. Se noi vogliamo rassomigliare a Gesù, dobbiamo prendere la croce no-stra, ogni giorno, e imparare da Lui la dolcezza e l’umiltà di cuore. Al-lora diventa dolce il nostro soffrire per Lui e con Lui.

La nostra ricchezzaNessuno fu più di s. Teresa sen-sibile alla dolcezza, e nessuno ne intese così bene il valore. Le sue lettere contengono numerosissime testimonianze della sua concezio-

ne del dolore. Alla sorella Celina, scriveva: “Non bisogna illudersi di poter amare senza soffrire e molto. La nostra povera natura è fatta per soffrire; ciò costituisce pure la no-stra ricchezza, la fonte del nostro vivere! La sofferenza è talmente preziosa che Gesù stesso ven-ne sulla terra per assoggettarvisi. Soffriamo con amarezza, cioè sen-za coraggio... Gesù è stato avvolto dalla tristezza; senza tristezza, che cosa soffrirebbe l’anima? Noi vor-remo soffrire generosamente, mol-to … Celina … Quanto ci illudiamo … Non vorremmo mai cadere? Che importa, o Gesù mio, se devo cadere ogni momento; lì si rivela la mia fragilità e questo è un vantag-gio per me. Di qui si vede ciò che io posso fare e voi sarete indotto a portarmi tra le vostre braccia; se non lo fate è perché vi piace ve-dermi a terra; io non m’inquieto ma tendo a voi le mie braccia supplici e piene d’amore! Non posso crede-re che vogliate abbandonarmi! … I santi hanno sempre abbracciato la loro croce quando erano prostra-ti ai piedi di Nostro Signore. Mia cara Celina, dolce eco dell’anima mia … se tu vedessi la mia miseria … Oh, se sapessi! La santità non

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è nelle belle parola, nemmeno nei più nobili pensieri e sentimenti, ma è nella volontà di soffrire” (LT 89).

Il metodo miglioreIl metodo migliore per acquistare la dolcezza è meditare sulla pas-sione di Cristo e contemplarlo in Croce. Allora possiamo trascurare le piccole noie dei nostri rapporti con il mondo. Anzi, le accetteremo come dei piccoli diamanti destinati a impreziosire la nostra corona. Il dolore verrà ancora a bussare alla nostra porta; noi l’accoglieremo, riconoscenti, come una manifesta-zione dell’Amore. Il p. Pichon dice “Dio rovescerebbe il mondo per trovare una sofferenza e darla ad un’anima sulla quale il suo sguar-do divino s’è posato con indicibile amore”. Teresa era così convinta di questo fatto che poteva scri-vere con semplicità: “A quelli che egli ama di più ne dà con più ab-bondanza (di tribolazioni). A quelli che ama di meno, ne dà di meno” (LT 81). L’espressione non è esa-gerata, ma è una visione esatta dei valori cristiani. Il Principe degli Apostoli non si è espresso diver-samente: “È una grazia davanti a Dio se, avendo fatto del bene, voi dovete subire del male. Infatti qua-le gloria c’è nel patire in punizione di un peccato commesso? Se in-vece dopo aver fatto del bene, voi soffrite con pazienza, questa è una grazia dinanzi a Dio. A questo in-fatti siete stati chiamati; poiché an-che Cristo patì per voi, lasciando a voi l’esempio, affinché ne seguiate le tracce. Lui che non fece pecca-to e nella cui bocca non fu trovato inganno; lui che oltraggiano non restituiva l’oltraggio; maltrattato non minacciava, ma si rimetteva a colui che giudica con giustizia; lui che personalmente portò nel suo

corpo i nostri peccati sulla Croce, affinché morti ai peccati vivessimo per la sua giustizia; lui che con le sue ferite, vi ha guariti” (1Pt 2, 20-24). La dolcezza cristiana è nutrita di filiale affetto per Dio, fortificata dall’esempio di Cristo e approfon-dita dalla meditazione della Re-denzione.

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Sopra:Tutta la famiglia Wuricevuta in Vaticano

da Papa Pio XIInel 1947

Sopra:John C.H. Wuavvocato e giudice.

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9Santa Teresa Dicembre 2015

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“Gesù dovrà essere contento di noi”

“Sì, accadde un grande miracolo, perché la domenica successiva, quando al suono della campana la gente venne per la Messa delle ore 10, non aveva né arpioni, né fucili, ma era serena, felice e in piena amicizia.

‘Mostrate di essere molto soddi-sfatti’, dissi. ‘Oh sì, abbiamo sa-puto che tu dici la verità, prima non avevamo mai voluto ascol-tarla. Ora i nostri peccati ci fanno paura. Li puoi togliere?’ ‘Sì, con il battesimo, venite, ve lo spiego’. Entrarono; il tema dell’incontro era proprio il battesimo e i pre-senti ascoltarono le mie parole, senza distrarsi. Si fece pomerig-gio. Prima della ce-lebrazione serale, per la loro insisten-za, dovetti spiega-re ancora una volta le celebrazioni più importanti.

‘Feci vedere come si fa il Segno del-la Croce e come dobbiamo in-ginocchiarci e cong iunge re le mani! Gesù dovrà essere con-tento di noi’. I miei pensieri andavano al

‘Piccolo fiore’: ‘Questo non l’ho fatto io, l’hai fatto tu. Anche in se-guito incoraggia tu gli esquimesi perché giungano al battesimo!’”.

Esiste uno, che è ‘Nostro Pa-dre’

“La sera stessa Tuni, il più anzia-no, mi disse:’Noi siamo in tre e vogliamo essere battezzati, con le nostre donne e i nostri figli’. Pensai ancora alla piccola Tere-sa e pregai: ‘Ti ringrazio, aiutami ora affinché io possa convincerli ad accettare la catechesi prima del battesimo’. Continuai ad alta voce: ‘È molto bello, Tuni, ma pri-ma di battezzarvi devo spiegarvi il catechismo altrimenti dopo il bat-tesimo potreste peccare per igno-ranza; questo renderebbe Triste

Gesù e voi rischiereste di non andare in Para-diso’. ‘Tu allora ci vuoi istruire ancora?’.

‘Certo, ma per questo ci vuole tempo’. ‘Quanto tempo?’. ‘Non

lo so, voi volete andare a pescare, a prendere pesci per voi e per le vostre famiglie. Ma con la pel-le dei pesci non potete vestirvi, di conseguenza andrete anche a

IL “MIRACOLO”DI SANTA TERESINAagli inizi della missione nell’Artico canadese (II)

da “Trionfo del Cuore”, novembre-dicembre 2013

caccia di renne. Quan-do tornerete. A Pa-squa? L’anno prossi-mo?’. Senza esitare Tuni rispose: “Noi non andremo né a pesca né a caccia, restiamo qui per essere istruiti e per essere battezzati’. ‘Ma di che cosa vivrete? I pesci e le renne non ven-gono a voi’. Il mio interlocutore mi guardò fisso. ‘È vero che c’è Uno che è buono, che si chiama Padre’. ‘Sì’. ‘È lo stesso Padre per tutti?’ ‘Ma certo!’. ‘Ed Egli ci ama?’ ‘Certo!’. ‘Allora è molto semplice: tu ci mostri come pregarLo nel modo che Egli desi-dera, poi ci aiuterà e non non mo-riremo di fame e neanche di fred-do, perché saremo battezzati’. In quel momento provai il desiderio di rispondere: ‘Tu hai abbastanza fede per essere battezzato’, ma non lo dissi e concordammo che

il catechismo sarebbe ini-ziato il giorno seguente: alle sette di mattina la S: Messa, dalle cinque

alle sei di sera il cate-chismo. Tuni lo riferì

agli altri e tutti ne furono entusiasti. La piccola Teresa aveva ascoltato le mie preghiere. Ini-ziarono gli incon-tri di catechismo. Non mancava mai nessuno. Una sera

però Maktar era as-sente. Chiesi alla moglie: ‘Tuo ma-rito è malato?’. ‘No, è caduto in acqua e non ha nulla da indossa-re’. Le diedi dei vestiti ed ella uscì per ritornare subito con Maktar. Dopo la catechesi egli ci raccontò la sua avventura. Alla mia doman-da: ‘A che cosa hai pensato men-tre stavi in acqua?’, rispose: ‘Solo al fatto che non avrei voluto man-care alla catechesi per non perde-re il battesimo’. Durante le visite nella Cappella, i miei catecumeni

san

rafa

elSe domani, giorno tre, riceverà

la mia lettera, non dimentichi di raccomandarmi a santa Teresi-na. Anche lei ha sofferto molto prima di essere accettata definiti-vamente al Carmelo, ma ha tanto supplicato Dio che i suoi desideri sono stati esauditi.

Fra María Rafael (s. Rafael A. Barón)[Lettera del 2 ottobre 1934 a padre

Marcello León, Maestrodei novizi, da Oviedo]

Patrona delle Vocazioni

Colora s. Teresa!In queste paginealcuni simpaticidisegni di s. Teresada colorare.

Page 9: Il numero di dicembre 2015

9Santa Teresa Dicembre 2015

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“Gesù dovrà essere contento di noi”

“Sì, accadde un grande miracolo, perché la domenica successiva, quando al suono della campana la gente venne per la Messa delle ore 10, non aveva né arpioni, né fucili, ma era serena, felice e in piena amicizia.

‘Mostrate di essere molto soddi-sfatti’, dissi. ‘Oh sì, abbiamo sa-puto che tu dici la verità, prima non avevamo mai voluto ascol-tarla. Ora i nostri peccati ci fanno paura. Li puoi togliere?’ ‘Sì, con il battesimo, venite, ve lo spiego’. Entrarono; il tema dell’incontro era proprio il battesimo e i pre-senti ascoltarono le mie parole, senza distrarsi. Si fece pomerig-gio. Prima della ce-lebrazione serale, per la loro insisten-za, dovetti spiega-re ancora una volta le celebrazioni più importanti.

‘Feci vedere come si fa il Segno del-la Croce e come dobbiamo in-ginocchiarci e cong iunge re le mani! Gesù dovrà essere con-tento di noi’. I miei pensieri andavano al

‘Piccolo fiore’: ‘Questo non l’ho fatto io, l’hai fatto tu. Anche in se-guito incoraggia tu gli esquimesi perché giungano al battesimo!’”.

Esiste uno, che è ‘Nostro Pa-dre’

“La sera stessa Tuni, il più anzia-no, mi disse:’Noi siamo in tre e vogliamo essere battezzati, con le nostre donne e i nostri figli’. Pensai ancora alla piccola Tere-sa e pregai: ‘Ti ringrazio, aiutami ora affinché io possa convincerli ad accettare la catechesi prima del battesimo’. Continuai ad alta voce: ‘È molto bello, Tuni, ma pri-ma di battezzarvi devo spiegarvi il catechismo altrimenti dopo il bat-tesimo potreste peccare per igno-ranza; questo renderebbe Triste

Gesù e voi rischiereste di non andare in Para-diso’. ‘Tu allora ci vuoi istruire ancora?’.

‘Certo, ma per questo ci vuole tempo’. ‘Quanto tempo?’. ‘Non

lo so, voi volete andare a pescare, a prendere pesci per voi e per le vostre famiglie. Ma con la pel-le dei pesci non potete vestirvi, di conseguenza andrete anche a

IL “MIRACOLO”DI SANTA TERESINAagli inizi della missione nell’Artico canadese (II)

da “Trionfo del Cuore”, novembre-dicembre 2013

caccia di renne. Quan-do tornerete. A Pa-squa? L’anno prossi-mo?’. Senza esitare Tuni rispose: “Noi non andremo né a pesca né a caccia, restiamo qui per essere istruiti e per essere battezzati’. ‘Ma di che cosa vivrete? I pesci e le renne non ven-gono a voi’. Il mio interlocutore mi guardò fisso. ‘È vero che c’è Uno che è buono, che si chiama Padre’. ‘Sì’. ‘È lo stesso Padre per tutti?’ ‘Ma certo!’. ‘Ed Egli ci ama?’ ‘Certo!’. ‘Allora è molto semplice: tu ci mostri come pregarLo nel modo che Egli desi-dera, poi ci aiuterà e non non mo-riremo di fame e neanche di fred-do, perché saremo battezzati’. In quel momento provai il desiderio di rispondere: ‘Tu hai abbastanza fede per essere battezzato’, ma non lo dissi e concordammo che

il catechismo sarebbe ini-ziato il giorno seguente: alle sette di mattina la S: Messa, dalle cinque

alle sei di sera il cate-chismo. Tuni lo riferì

agli altri e tutti ne furono entusiasti. La piccola Teresa aveva ascoltato le mie preghiere. Ini-ziarono gli incon-tri di catechismo. Non mancava mai nessuno. Una sera

però Maktar era as-sente. Chiesi alla moglie: ‘Tuo ma-rito è malato?’. ‘No, è caduto in acqua e non ha nulla da indossa-re’. Le diedi dei vestiti ed ella uscì per ritornare subito con Maktar. Dopo la catechesi egli ci raccontò la sua avventura. Alla mia doman-da: ‘A che cosa hai pensato men-tre stavi in acqua?’, rispose: ‘Solo al fatto che non avrei voluto man-care alla catechesi per non perde-re il battesimo’. Durante le visite nella Cappella, i miei catecumeni

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elSe domani, giorno tre, riceverà

la mia lettera, non dimentichi di raccomandarmi a santa Teresi-na. Anche lei ha sofferto molto prima di essere accettata definiti-vamente al Carmelo, ma ha tanto supplicato Dio che i suoi desideri sono stati esauditi.

Fra María Rafael (s. Rafael A. Barón)[Lettera del 2 ottobre 1934 a padre

Marcello León, Maestrodei novizi, da Oviedo]

Patrona delle Vocazioni

Colora s. Teresa!In queste paginealcuni simpaticidisegni di s. Teresada colorare.

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mente e fedelmente per otto mesi e mezzo il corso di catecumena-to, così potei battezzarli il 2 luglio del 917. Che bella giornata per loro, per me e per i missiona-ri oblati dell’estremo nord, per il vicariato di Keevatin e per il suo vescovo! Non fu più un problema portare avanti la missione presso gli esquimesi.”. Il proseguimento della missione nel Nord fu senza dubbio dovuto all’intercessione di santa Teresa di Lisieux. Sicura-mente furono determinanti anche i sacrifici del giovane p. Armand Leblanc e il martirio dei due mis-sionari uccisi, p. Rouvière e p. Le-roux. Con l’orgoglio di un padre spirituale, p. Turquetil scrisse: “I nostri battezzati del 2 luglio 1917 non furono pagani battezzati. Fu-rono cristiani, cattolici battezza-ti! Il loro sforzo per conquistare nuovi cristiani fu sorprendente. Tuni, ad esempio, assunto il nome di Giuseppe, copiò il suo libro di preghiere e di canti per trasmet-terlo ad un esquimese di nome Netchilik di una stipe più al nord. Mi porto anche un elenco di per-sone che egli considerava ben preparate. Alcuni lasciano persi-no il loro villaggio per stabilirsi a Chesterfield e diventare cristia-ni. Questo successo missionario rafforzò ulteriormente la nostra fiducia nell’aiuto della piccola santa Teresa. Più di una volta fui testimone dell’effetto della litur-gia su un esquimese che, per la prima volta in vita sua, assisteva ad una celebrazione solenne. Un tale, ad esempio, vide alcuni cri-stiani entrare in Chiesa e li seguì. Entrando inciampò sullo scalino! Nessuno si girò a quel rumore, nessuno si mosse, solo una mano

gentile gli fece cenno di sedersi. Era un giovane cristiano sedu-to vicino alla porta. Con un cen-no gli fede capire di non parlare. Quel grande silenzio impressionò il nuovo arrivato, ma ancora di più il coro delle voci bianche pronte ad entrare; prima il portatore del-la croce, poi i chierichetti con le candele accese, un altro con l’ac-quasantiera, tutti oggetti che non aveva mai visto in vita sua, e infine il sacerdote con il camice e la sto-la. Le bambine cantavano in alto, nel coro della Chiesa, e in basso tutti si univano al canto. La santa Messa iniziò. Il mio pagano ave-va deciso di rimanere fino alla fine per vedere e sentire tutto ciò che si svolgeva in chiesa. Ciò che lo colpì maggiormente fu la risposta canta a al ‘Dominus vobiscum’: ‘Et cum siritu tuo’. Apprese subito la melodia e anche le parole. I cri-stiani, esquimesi come lui, la can-tavano con tanta gioia nella voce. Quanto desiderò poterla cantare come loro!

La prima partecipazione ad una Messa solenne fece di un esqui-mese un catecumeno, tanto più che i cristiani vedendo sul suo volto una profonda commozione, lo invitarono a venire altre volte per imparare a pregare e per es-sere battezzato: ‘Se tu sapessi, quanti ti renderà felice!’ è vero, non sapeva nella delle fede, ma era sensibile alla conoscenza di Dio, pronto ad amarlo e a cantare per Lui con gioia. Il catechismo lo imparò poi diventando uno di quei cattolici che amano tanto la pre-ghiera del cuore, il canto.

Non solo a Chesterfield Inlet la devozione e lo zelo dei nostri cri-

parlavano con Gesù e con la pic-cola Teresa come se li vedessero. Quanto affidamento! Che amore! Dopo i loro colloqui con Gesù e Teresa intonavano un canto nel quale mettevano tutti i loro senti-menti. Poi ponevano domande su domande perché desideravano sapere molto sulla religione per osservarne bene tutti i precetti. Una sera, durante l’incontro, una donna mi domandò se quel giorno fosse stato giorno di digiuno. “No, sarà domani”. Ella iniziò a ridere e ad indicare il marito: ‘Questa mat-tina non ha voluto credermi e ha digiunato, è andato a cacciare e ancora non ha mangiato. Ma que-sto non conta perché domani do-vrà ancora digiunare’. ‘Per questo non si muore’, rispose l’uomo del tutto tranquillo”.

“Le vostre preghiere non ser-vono a nulla”

“Durante il periodo del catecu-menato dei primi esquimesi, un uomo, che aveva rifiutato di par-

tecipare alla catechesi e che si ostinava a deridere che la frequentava, morì in modo tragico. Tutto lo considerarono un inter-vento di Dio. Era una do-

menica. I catecumeni aspettavano da-

vanti alla porta della chiesa per la santa Mes-sa. Quell’uo-mo, arrivato la sera prima, cominciò a sgridare la mia gente: ‘Stupi-di, non vedete che oggi è una

giornata ideale per andare a cac-cia del tricheco? Tempo chiaro, un vento leggero del mare aper-to e quindi nessun pericolo che si distacchi il ghiaccio della riva. Questa mattina io caccio triche-chi e voi? Le vostre preghiere non serviranno a nulla”. Dopo que-ste parola piombò il silenzio, ma nessuno si mosse. Il provocatore si allontanò con due giovani che stavano con lui. A mezzogiorno era già morto. Due sue compagni raccontarono i particolari Dopo una marcia di mezz’ora i tre ave-vano avvistato un grosso tricheco sdraiato sul ghiaccio. Non era sta-to difficile avvicinarsi. Il cacciatore aveva arpionato la bestia che poi però si era immersa in una rapida. I dieci metri di lenza scorrevano velocemente. I cacciatori tirava-no con tutte le loro forze puntel-landosi sul ghiaccio. Improvvi-samente però si era staccato un frammento di ghiaccio dalla terra e aveva iniziato ad allontanarsi. I due giovani erano riusciti a fare un salto indietro. La lenza avvolta intorno al braccio del cacciatore gli aveva impedito di liberarsene e lo aveva trascinato in acqua. Con un grido tremendo egli era scom-parso nei flutti. Non erano ancora le dodici e le campane non ave-vano suonato per l’Angelus. ‘Non avrebbe dovuto prendere in giro i fedeli’: commentavano i suoi due accompagnatori. Molti esquimesi pensavano la stessa cosa e i no-stri catecumeni si sentirono raffor-zati nella fede”.

La missione fiorisce nell’e-stremo nord-est

P. Turquetil raccontò ancora: “Gli esquimesi seguirono costante-

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mente e fedelmente per otto mesi e mezzo il corso di catecumena-to, così potei battezzarli il 2 luglio del 917. Che bella giornata per loro, per me e per i missiona-ri oblati dell’estremo nord, per il vicariato di Keevatin e per il suo vescovo! Non fu più un problema portare avanti la missione presso gli esquimesi.”. Il proseguimento della missione nel Nord fu senza dubbio dovuto all’intercessione di santa Teresa di Lisieux. Sicura-mente furono determinanti anche i sacrifici del giovane p. Armand Leblanc e il martirio dei due mis-sionari uccisi, p. Rouvière e p. Le-roux. Con l’orgoglio di un padre spirituale, p. Turquetil scrisse: “I nostri battezzati del 2 luglio 1917 non furono pagani battezzati. Fu-rono cristiani, cattolici battezza-ti! Il loro sforzo per conquistare nuovi cristiani fu sorprendente. Tuni, ad esempio, assunto il nome di Giuseppe, copiò il suo libro di preghiere e di canti per trasmet-terlo ad un esquimese di nome Netchilik di una stipe più al nord. Mi porto anche un elenco di per-sone che egli considerava ben preparate. Alcuni lasciano persi-no il loro villaggio per stabilirsi a Chesterfield e diventare cristia-ni. Questo successo missionario rafforzò ulteriormente la nostra fiducia nell’aiuto della piccola santa Teresa. Più di una volta fui testimone dell’effetto della litur-gia su un esquimese che, per la prima volta in vita sua, assisteva ad una celebrazione solenne. Un tale, ad esempio, vide alcuni cri-stiani entrare in Chiesa e li seguì. Entrando inciampò sullo scalino! Nessuno si girò a quel rumore, nessuno si mosse, solo una mano

gentile gli fece cenno di sedersi. Era un giovane cristiano sedu-to vicino alla porta. Con un cen-no gli fede capire di non parlare. Quel grande silenzio impressionò il nuovo arrivato, ma ancora di più il coro delle voci bianche pronte ad entrare; prima il portatore del-la croce, poi i chierichetti con le candele accese, un altro con l’ac-quasantiera, tutti oggetti che non aveva mai visto in vita sua, e infine il sacerdote con il camice e la sto-la. Le bambine cantavano in alto, nel coro della Chiesa, e in basso tutti si univano al canto. La santa Messa iniziò. Il mio pagano ave-va deciso di rimanere fino alla fine per vedere e sentire tutto ciò che si svolgeva in chiesa. Ciò che lo colpì maggiormente fu la risposta canta a al ‘Dominus vobiscum’: ‘Et cum siritu tuo’. Apprese subito la melodia e anche le parole. I cri-stiani, esquimesi come lui, la can-tavano con tanta gioia nella voce. Quanto desiderò poterla cantare come loro!

La prima partecipazione ad una Messa solenne fece di un esqui-mese un catecumeno, tanto più che i cristiani vedendo sul suo volto una profonda commozione, lo invitarono a venire altre volte per imparare a pregare e per es-sere battezzato: ‘Se tu sapessi, quanti ti renderà felice!’ è vero, non sapeva nella delle fede, ma era sensibile alla conoscenza di Dio, pronto ad amarlo e a cantare per Lui con gioia. Il catechismo lo imparò poi diventando uno di quei cattolici che amano tanto la pre-ghiera del cuore, il canto.

Non solo a Chesterfield Inlet la devozione e lo zelo dei nostri cri-

parlavano con Gesù e con la pic-cola Teresa come se li vedessero. Quanto affidamento! Che amore! Dopo i loro colloqui con Gesù e Teresa intonavano un canto nel quale mettevano tutti i loro senti-menti. Poi ponevano domande su domande perché desideravano sapere molto sulla religione per osservarne bene tutti i precetti. Una sera, durante l’incontro, una donna mi domandò se quel giorno fosse stato giorno di digiuno. “No, sarà domani”. Ella iniziò a ridere e ad indicare il marito: ‘Questa mat-tina non ha voluto credermi e ha digiunato, è andato a cacciare e ancora non ha mangiato. Ma que-sto non conta perché domani do-vrà ancora digiunare’. ‘Per questo non si muore’, rispose l’uomo del tutto tranquillo”.

“Le vostre preghiere non ser-vono a nulla”

“Durante il periodo del catecu-menato dei primi esquimesi, un uomo, che aveva rifiutato di par-

tecipare alla catechesi e che si ostinava a deridere che la frequentava, morì in modo tragico. Tutto lo considerarono un inter-vento di Dio. Era una do-

menica. I catecumeni aspettavano da-

vanti alla porta della chiesa per la santa Mes-sa. Quell’uo-mo, arrivato la sera prima, cominciò a sgridare la mia gente: ‘Stupi-di, non vedete che oggi è una

giornata ideale per andare a cac-cia del tricheco? Tempo chiaro, un vento leggero del mare aper-to e quindi nessun pericolo che si distacchi il ghiaccio della riva. Questa mattina io caccio triche-chi e voi? Le vostre preghiere non serviranno a nulla”. Dopo que-ste parola piombò il silenzio, ma nessuno si mosse. Il provocatore si allontanò con due giovani che stavano con lui. A mezzogiorno era già morto. Due sue compagni raccontarono i particolari Dopo una marcia di mezz’ora i tre ave-vano avvistato un grosso tricheco sdraiato sul ghiaccio. Non era sta-to difficile avvicinarsi. Il cacciatore aveva arpionato la bestia che poi però si era immersa in una rapida. I dieci metri di lenza scorrevano velocemente. I cacciatori tirava-no con tutte le loro forze puntel-landosi sul ghiaccio. Improvvi-samente però si era staccato un frammento di ghiaccio dalla terra e aveva iniziato ad allontanarsi. I due giovani erano riusciti a fare un salto indietro. La lenza avvolta intorno al braccio del cacciatore gli aveva impedito di liberarsene e lo aveva trascinato in acqua. Con un grido tremendo egli era scom-parso nei flutti. Non erano ancora le dodici e le campane non ave-vano suonato per l’Angelus. ‘Non avrebbe dovuto prendere in giro i fedeli’: commentavano i suoi due accompagnatori. Molti esquimesi pensavano la stessa cosa e i no-stri catecumeni si sentirono raffor-zati nella fede”.

La missione fiorisce nell’e-stremo nord-est

P. Turquetil raccontò ancora: “Gli esquimesi seguirono costante-

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stiani esquimesi contribuirono alla conversione degli indigeni. A Iglulik, 700 chilometri a nord-est di Chesterfield, alcuni esquime-si si incontrarono casualmente con alcuni cristiani della nostra missione che insegnarono loro il catechismo. Questo accadde nel 1930. Ascoltarono con interesse, copiarono il libro delle preghiere e dei canti e li impararono a memo-ria, prima di tornare nel loro cam-po presso le isole Iglulik.

Nel 1931 li raggiunse il missio-nario di Pont Inlet. Alla sua prima permanenza il padre poté ammini-strare 22 battesimi, 11 matrimoni, 2387 comunioni. Tornò successi-vamente nel 1932 a Pont Inlet per restarvi più a lungo. In dicembre scrisse al suo vescovo: ‘Ci sono qui degli esquimesi cattolici per-fetti. Come lei sa per esperienza, è difficile trovare peccatori che esigono l’assoluzione’.

Il padre chiese di poter rimanere a Iglulik e ottenne il permesso del vescovo. Così fu fondata l’ottava stazione missionaria. Tutto aveva avuto inizio a Chesterfield Inlet

per la grazia particolare del santo fiorellino di Lisieux”.

Com’è oggi la missione presso gli esquimesi?

Qualcuno si chiederà se è attiva ancora oggi la missione presso gli esquimesi. Sì, esistono 16 missio-ni sul territorio dell’Artide cana-dese, dove vive la maggior parte degli esquimesi della diocesi di Churchill-Hudson Bay. Dal 999 questa regione si chiama Nuna-vut. I fedeli vengono assistiti dagli Missionari Oblati di Maria Imma-colata (OMI). Obiettivo del loro apostolato è erigere una Chiesa locale che si inserisca completa-mente nell’ambiente esquimese con catechisti e assistenti pa-storali del luogo. Anche la fatica e il fervore che fin dall’inizio han-no contraddistinto i missionari nell’apprendere la lingua esqui-mese comincia a portare i suoi frutti. Ora i cristiani abitanti di quei luoghi leggono la Sacra Scrittura nella propria lingua e hanno una propria liturgia.

Ecco i cresimati 2015 della parrocchia “S.

Teresa di G. B.” di Verona assime al

vescovo Giuseppe Zenti.

Sabato 17 ottobre alle 22 siamo partiti dalla Ba-silica di S. Teresa del Bambino Gesù, con un

pullman di quarantacinque pel-legrini di Verona, Brescia, Tren-to, accompagnati da p. Mihai, sacerdote carmelitano, per par-tecipare alla S. Messa celebrata dal Santo Padre Francesco in S. Pietro a Roma, con il Rito della Canonizzazione di quattro Beati: Vincenzo Grossi (sacerdote dio-cesano), Maria dell’Immacolata Concezione (Religiosa), Ludovico Martin e Maria Azelia Guéren (fe-deli laici). San Luigi e Santa Zelia sono i genitori della nostra Santa Teresa del Bambino Gesù a cui è dedicata la nostra Basilica in Tom-betta, per noi significava parteci-pare ad una cerimonia di famiglia. Siamo arrivati alle 5, il parcheg-gio dei pullman era ancora chiu-so, siamo stati accolti con caffè e cioccolatini portati in bicicletta da p. Giacomo, eravamo a Roma ma immediatamente la Chiesa ci abbracciava, dopo una notte di dormi veglia. In fretta abbiamo raggiunto piazza San Pietro, era tutto silenzio, l’attesa ci sembrava lunga, ma contavamo di prende-re posto vicino per poter vedere e sentire e non perdere niente della Celebrazione. Le tre tele dei Santi erano collocate in alto sulla faccia-ta della Basilica, al centro la porta della Basilica coperta di velluto rosso con appeso il crocifisso. I coniugi Martin erano al centro ri-tratti insieme. La canonizzazione dei coniugi Martin è un segno dei tempi che ci deve interrogare pro-fondamente perchè ha un valore

epocale. La Chiesa infatti, guida-ta dallo Spirito, ha deciso - per la prima volta nella sua storia - di canonizzare insieme una coppia di sposi, durante la celebrazione della XIV Assem-blea Generale Ordinaria del Si-nodo dei Vescovi, che ha per tema la vocazione e missione della fa-miglia nella Chie-sa e nel mondo contemporaneo, nella domeni-ca dedicata alla Giornata Missio-naria Mondiale. Ci è di grande incoraggiamento il constatare che

CANONIZZAZIONE DI LUIGI E ZELIARoma, 18 ottobre 2015

san

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itori

di Claudia Cervellin in Ceccato

Qui a fianco lo stendardo della canonizzazione(bozzetto)

“Sposi e Santi Dieci profili di santita´ coniugale” di Ludmila e Stanislaw Grygiel, Cantagalli, Siena 2012. Tra essi non poteva mancare il profilo di Luigi e Zelia.

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stiani esquimesi contribuirono alla conversione degli indigeni. A Iglulik, 700 chilometri a nord-est di Chesterfield, alcuni esquime-si si incontrarono casualmente con alcuni cristiani della nostra missione che insegnarono loro il catechismo. Questo accadde nel 1930. Ascoltarono con interesse, copiarono il libro delle preghiere e dei canti e li impararono a memo-ria, prima di tornare nel loro cam-po presso le isole Iglulik.

Nel 1931 li raggiunse il missio-nario di Pont Inlet. Alla sua prima permanenza il padre poté ammini-strare 22 battesimi, 11 matrimoni, 2387 comunioni. Tornò successi-vamente nel 1932 a Pont Inlet per restarvi più a lungo. In dicembre scrisse al suo vescovo: ‘Ci sono qui degli esquimesi cattolici per-fetti. Come lei sa per esperienza, è difficile trovare peccatori che esigono l’assoluzione’.

Il padre chiese di poter rimanere a Iglulik e ottenne il permesso del vescovo. Così fu fondata l’ottava stazione missionaria. Tutto aveva avuto inizio a Chesterfield Inlet

per la grazia particolare del santo fiorellino di Lisieux”.

Com’è oggi la missione presso gli esquimesi?

Qualcuno si chiederà se è attiva ancora oggi la missione presso gli esquimesi. Sì, esistono 16 missio-ni sul territorio dell’Artide cana-dese, dove vive la maggior parte degli esquimesi della diocesi di Churchill-Hudson Bay. Dal 999 questa regione si chiama Nuna-vut. I fedeli vengono assistiti dagli Missionari Oblati di Maria Imma-colata (OMI). Obiettivo del loro apostolato è erigere una Chiesa locale che si inserisca completa-mente nell’ambiente esquimese con catechisti e assistenti pa-storali del luogo. Anche la fatica e il fervore che fin dall’inizio han-no contraddistinto i missionari nell’apprendere la lingua esqui-mese comincia a portare i suoi frutti. Ora i cristiani abitanti di quei luoghi leggono la Sacra Scrittura nella propria lingua e hanno una propria liturgia.

Ecco i cresimati 2015 della parrocchia “S.

Teresa di G. B.” di Verona assime al

vescovo Giuseppe Zenti.

Sabato 17 ottobre alle 22 siamo partiti dalla Ba-silica di S. Teresa del Bambino Gesù, con un

pullman di quarantacinque pel-legrini di Verona, Brescia, Tren-to, accompagnati da p. Mihai, sacerdote carmelitano, per par-tecipare alla S. Messa celebrata dal Santo Padre Francesco in S. Pietro a Roma, con il Rito della Canonizzazione di quattro Beati: Vincenzo Grossi (sacerdote dio-cesano), Maria dell’Immacolata Concezione (Religiosa), Ludovico Martin e Maria Azelia Guéren (fe-deli laici). San Luigi e Santa Zelia sono i genitori della nostra Santa Teresa del Bambino Gesù a cui è dedicata la nostra Basilica in Tom-betta, per noi significava parteci-pare ad una cerimonia di famiglia. Siamo arrivati alle 5, il parcheg-gio dei pullman era ancora chiu-so, siamo stati accolti con caffè e cioccolatini portati in bicicletta da p. Giacomo, eravamo a Roma ma immediatamente la Chiesa ci abbracciava, dopo una notte di dormi veglia. In fretta abbiamo raggiunto piazza San Pietro, era tutto silenzio, l’attesa ci sembrava lunga, ma contavamo di prende-re posto vicino per poter vedere e sentire e non perdere niente della Celebrazione. Le tre tele dei Santi erano collocate in alto sulla faccia-ta della Basilica, al centro la porta della Basilica coperta di velluto rosso con appeso il crocifisso. I coniugi Martin erano al centro ri-tratti insieme. La canonizzazione dei coniugi Martin è un segno dei tempi che ci deve interrogare pro-fondamente perchè ha un valore

epocale. La Chiesa infatti, guida-ta dallo Spirito, ha deciso - per la prima volta nella sua storia - di canonizzare insieme una coppia di sposi, durante la celebrazione della XIV Assem-blea Generale Ordinaria del Si-nodo dei Vescovi, che ha per tema la vocazione e missione della fa-miglia nella Chie-sa e nel mondo contemporaneo, nella domeni-ca dedicata alla Giornata Missio-naria Mondiale. Ci è di grande incoraggiamento il constatare che

CANONIZZAZIONE DI LUIGI E ZELIARoma, 18 ottobre 2015

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di Claudia Cervellin in Ceccato

Qui a fianco lo stendardo della canonizzazione(bozzetto)

“Sposi e Santi Dieci profili di santita´ coniugale” di Ludmila e Stanislaw Grygiel, Cantagalli, Siena 2012. Tra essi non poteva mancare il profilo di Luigi e Zelia.

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itori veramente “da un SI’ pronuncia-

to con fede scaturiscono conse-guenze che vanno ben oltre noi stessi e si espandono nel mon-do. Guardando ai coniugi Martin e ai frutti visibili di santità del loro essere un cuore solo e un’anima sola, comprendiamo che la fa-miglia più bella, è quella che sa comunicare, partendo dalla testi-monianza” (Lettera p. Generale per la canonizzazione di Luigi e Zelia Martin). È stato altrettanto bello conoscere persone nuove che partecipavano con fede, con

intenzioni di preghiera per le no-stre famiglie. Al termine della ce-lebrazione p. Angelo Lanfranchi ci ha presentato la Suora di Valencia che disse alla famiglia miracolata: “Questa volta pregate il papà e la mamma di Teresina”. Ho espresso questo desiderio, che ogni moglie e marito come Zelia dicano: “ Ti seguo in spirito per tutta la giorna-ta; mi dico: “In questo momento fa tal cosa”, l’amicizia tra marito e moglie sia la gratitudine di tutta la vita a Dio Padre.

di p. Gino Toppan

La Storia (tragica!) di Giulietta e Romeo è una leggenda. Una leggenda che contiene spunti e domande che si ritrovano nella realtà. Per ogni storia d’amore accade quello che Ro-

meo dice quando paragona ogni altra donna alla sua Giulietta: ”mostrami una amante che sia pur bellissima; che altro è la sua bellezza, se non un consiglio, ove io legga il nome di colei che di quella bellissima è più bella?” (Shakespeare). La storia (vera!) di Zelia e di Luigi ci aiuta a fare un passo ulteriore. Se la donna amata è la realtà rispetto ad ogni altra bellezza di donna, anch’ella in fondo non è altro che un consiglio, un segno che conduce a Dio, amore infinito e assoluto. La quotidiana bellezza di casa Martin mostra come l’amore è l’Infinito messo a portata della carne: a portata di mano, di sguardo, di cuore. Zelia diceva di Luigi: ”Io sono sempre felicissima con Luigi... ne

auguro uno come lui ad ogni donna”. E Luigi si firmava: ”il tuo marito e vero amico, che t’ama più della vita”. Che bello!! In quella famiglia il

naturale era vissuto soprannaturalmente, il soprannaturale era vis-suto naturalmente.

Giulietta e Romeo - Zelia e Luigi

Salutiamo con gioia la nuove edizione della bio-grafia di Leonia Martin scritta da suor Emanuela

Maria della Trinità per i tipi delle Edizioni OCD. Ascoltiamo allora un po’ la voce di Leonia, prima di-scepola della piccola via.Al termine di un corso di eserci-zi spirituali, durante il Noviziato, scrive: “Mio Dio, fa’ che si compia in me tutto ciò che vuoi, affinché sia buona e caritatevole fino in fondo, per praticare come Teresa il suo comandamento nuovo. In questa difficile impresa, ti suppli-co di agire in me e per me, perché ho motivo di temere la mia estre-ma debolezza che mi ha giocato tanti scherzi. Gesù, la mia fiducia in te è tanto più grande quanto più sento di essere piccola, la miseria stessa”.La sera del 30 settembre 1912, anniversario della morte di suor Teresa di Gesù Bambino, riceve una grazia speciale: percepisce la visita della sorella, accompagna-ta da soavi e penetranti profumi di rose. Il 7 ottobre, scrivendo la Carmelo dell’episodio, conclude: “Ne sono stata estremamente consolata, quantunque ciò non sia durato che pochi istanti, sic-ché nella mia gioia ho detto: ‘Oh, mia amata sorellina, sono certa che tu sei qui vicino a me!’. Da al-lora mi sento più fervorosa. Anche il ‘piccolo nulla’ vorrebbe diventar santa. Ahimè, talora si rivolta e fa fatica a praticare la piccolezza”.

Ciò che Leonia desidera più di tutto, è di approfondire la cono-scenza di Teresa per imitarla. Il 1° novembre scrive al Carmelo: “Com’è dolce poter far piacere a Gesù! E questo gettando fiori ai suoi passi … C’è un modo più amabile e grazioso di praticare le mille virtù che s’incontrano in una giornata, dato che la vita è intes-suta di sacrifici? Uno dei pensieri di Teresa che amo di più è quando dice che ‘essendole il disprezzo sembrato troppo glorioso, si era appassionata all’o-blio’. Questo non è essere giunti all’ul-timo grado dell’u-miltà? Mi sembra di sì. Ma secondo il mio modesto pare-re, ciò deve essere la santità consuma-ta. Vedete, sorelline, la nostra Teresa è il mio ideale”.

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LEONIA PARLA ...a cura di p. Giacomo Gubert ocd

un difficile cammino di santità

1892-93 a Lisieux: Giovanna, Celina, Leonia, Maria G. e Tom

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to con fede scaturiscono conse-guenze che vanno ben oltre noi stessi e si espandono nel mon-do. Guardando ai coniugi Martin e ai frutti visibili di santità del loro essere un cuore solo e un’anima sola, comprendiamo che la fa-miglia più bella, è quella che sa comunicare, partendo dalla testi-monianza” (Lettera p. Generale per la canonizzazione di Luigi e Zelia Martin). È stato altrettanto bello conoscere persone nuove che partecipavano con fede, con

intenzioni di preghiera per le no-stre famiglie. Al termine della ce-lebrazione p. Angelo Lanfranchi ci ha presentato la Suora di Valencia che disse alla famiglia miracolata: “Questa volta pregate il papà e la mamma di Teresina”. Ho espresso questo desiderio, che ogni moglie e marito come Zelia dicano: “ Ti seguo in spirito per tutta la giorna-ta; mi dico: “In questo momento fa tal cosa”, l’amicizia tra marito e moglie sia la gratitudine di tutta la vita a Dio Padre.

di p. Gino Toppan

La Storia (tragica!) di Giulietta e Romeo è una leggenda. Una leggenda che contiene spunti e domande che si ritrovano nella realtà. Per ogni storia d’amore accade quello che Ro-

meo dice quando paragona ogni altra donna alla sua Giulietta: ”mostrami una amante che sia pur bellissima; che altro è la sua bellezza, se non un consiglio, ove io legga il nome di colei che di quella bellissima è più bella?” (Shakespeare). La storia (vera!) di Zelia e di Luigi ci aiuta a fare un passo ulteriore. Se la donna amata è la realtà rispetto ad ogni altra bellezza di donna, anch’ella in fondo non è altro che un consiglio, un segno che conduce a Dio, amore infinito e assoluto. La quotidiana bellezza di casa Martin mostra come l’amore è l’Infinito messo a portata della carne: a portata di mano, di sguardo, di cuore. Zelia diceva di Luigi: ”Io sono sempre felicissima con Luigi... ne

auguro uno come lui ad ogni donna”. E Luigi si firmava: ”il tuo marito e vero amico, che t’ama più della vita”. Che bello!! In quella famiglia il

naturale era vissuto soprannaturalmente, il soprannaturale era vis-suto naturalmente.

Giulietta e Romeo - Zelia e Luigi

Salutiamo con gioia la nuove edizione della bio-grafia di Leonia Martin scritta da suor Emanuela

Maria della Trinità per i tipi delle Edizioni OCD. Ascoltiamo allora un po’ la voce di Leonia, prima di-scepola della piccola via.Al termine di un corso di eserci-zi spirituali, durante il Noviziato, scrive: “Mio Dio, fa’ che si compia in me tutto ciò che vuoi, affinché sia buona e caritatevole fino in fondo, per praticare come Teresa il suo comandamento nuovo. In questa difficile impresa, ti suppli-co di agire in me e per me, perché ho motivo di temere la mia estre-ma debolezza che mi ha giocato tanti scherzi. Gesù, la mia fiducia in te è tanto più grande quanto più sento di essere piccola, la miseria stessa”.La sera del 30 settembre 1912, anniversario della morte di suor Teresa di Gesù Bambino, riceve una grazia speciale: percepisce la visita della sorella, accompagna-ta da soavi e penetranti profumi di rose. Il 7 ottobre, scrivendo la Carmelo dell’episodio, conclude: “Ne sono stata estremamente consolata, quantunque ciò non sia durato che pochi istanti, sic-ché nella mia gioia ho detto: ‘Oh, mia amata sorellina, sono certa che tu sei qui vicino a me!’. Da al-lora mi sento più fervorosa. Anche il ‘piccolo nulla’ vorrebbe diventar santa. Ahimè, talora si rivolta e fa fatica a praticare la piccolezza”.

Ciò che Leonia desidera più di tutto, è di approfondire la cono-scenza di Teresa per imitarla. Il 1° novembre scrive al Carmelo: “Com’è dolce poter far piacere a Gesù! E questo gettando fiori ai suoi passi … C’è un modo più amabile e grazioso di praticare le mille virtù che s’incontrano in una giornata, dato che la vita è intes-suta di sacrifici? Uno dei pensieri di Teresa che amo di più è quando dice che ‘essendole il disprezzo sembrato troppo glorioso, si era appassionata all’o-blio’. Questo non è essere giunti all’ul-timo grado dell’u-miltà? Mi sembra di sì. Ma secondo il mio modesto pare-re, ciò deve essere la santità consuma-ta. Vedete, sorelline, la nostra Teresa è il mio ideale”.

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LEONIA PARLA ...a cura di p. Giacomo Gubert ocd

un difficile cammino di santità

1892-93 a Lisieux: Giovanna, Celina, Leonia, Maria G. e Tom

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a Santa Teresina entra an-che nelle materie scola-stiche condivise del papà con il figlio più grande.

Così una volta a Ulisse, approfit-tando di un tema dato da svolgere su Dante Alighieri, piace navigare con la Fantasia inserendoci santa Teresina. Scrive: “A me è venuto in mente uno svolgimento carme-litano su questo tema. Ed ecco come: tutti dicono che Dante par-lava di Beatrice. Però ecco la mi fantasticheria: non si doveva trattare di Beatrice Portinari, che era una don-na comune e che sposò anche un altro. Dante pone questa Beatrice come gui-da sua nel Paradiso della Divina Commedia. A me sembra che si dovesse ri-ferire ad una grande Santa e ad una Santa che avesse un saluto divino, un sorri-so divino. Forse avrai già capito. Dante ebbe forse l’intellettuale visione di una San-ta che avrebbe, tanti secoli dopo la morte di Dante stesso, dovuto introdurlo in Paradiso, dopo un lungo purgatorio. Una Santa dal

sorriso, dal saluto speciale e per di più poetessa, dedita alla poesia come lui, di eletto ingegno: la Be-atrice di Gesù. Dante forse ebbe,

per un dono speciale del Si-gnore, questa visione; forse in premio per essere dive-nuto il più grande poeta del-la cristianità ed egli cantò quella donna eccelsa, gui-da del Paradiso. Pensò alla “Piccola Via” di santa Tere-sa: il sorriso di santa Tere-sina lo vide tanti secoli pri-ma Dante e lo cantò: “Tanto gentile e tanto onesta pare la donna mia quando salu-ta”. In Paradiso i santi che furono anche poeti, come

Davide, san Giovanni della Croce ed altri che non conosco, avranno fatto lieta accoglienza all’altissimo poeta. Ti pare una bella fantasia carmelitana?”.

BEATRICE E TERESA

da “Lelia e Ulisse una coppia esemplare per le famigliedi oggi guidata da Santa Teresa di Gesù Bambino”,

di p. Raffaele Amendolagine ocd

Una fantasia carmelitana di Ulisse Amendolagine

Pubblichiamo questo estratto del primo libretto di una serie, curata dal figlio p. Raffaele, dedicata ai servi di Dio Ulisse e Lelia Amendolagine. L’opuscolo ha il seguente sommario: “Una coppia esemplare per le famiglie di oggi santificata nel Matrimonio a Roma all’ombra della Parrocchia di S. Teresa d’Avila. Breve relazione sull’influsso di santa Teresa di Gesù Bambino nell’edificare la loro famiglia (dal libro: “Due cuori una sola fede”, Edizioni OCD). Spediamo volentieri a chi ne facesse richiesta questo prezioso materiale informativo. PARROCCHIA SANTA TERESA D’AVILA: Basilica Minore - Corso d’Italia 37 - 00198 ROMA - tel. 06-87.42.05.68 - tel. 06-87.42.05.69 posta elettronica: [email protected] - www.parroc-chiasantateresadavila.it

Una coppia esemplare per le famiglie di oggi

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a Santa Teresina entra an-che nelle materie scola-stiche condivise del papà con il figlio più grande.

Così una volta a Ulisse, approfit-tando di un tema dato da svolgere su Dante Alighieri, piace navigare con la Fantasia inserendoci santa Teresina. Scrive: “A me è venuto in mente uno svolgimento carme-litano su questo tema. Ed ecco come: tutti dicono che Dante par-lava di Beatrice. Però ecco la mi fantasticheria: non si doveva trattare di Beatrice Portinari, che era una don-na comune e che sposò anche un altro. Dante pone questa Beatrice come gui-da sua nel Paradiso della Divina Commedia. A me sembra che si dovesse ri-ferire ad una grande Santa e ad una Santa che avesse un saluto divino, un sorri-so divino. Forse avrai già capito. Dante ebbe forse l’intellettuale visione di una San-ta che avrebbe, tanti secoli dopo la morte di Dante stesso, dovuto introdurlo in Paradiso, dopo un lungo purgatorio. Una Santa dal

sorriso, dal saluto speciale e per di più poetessa, dedita alla poesia come lui, di eletto ingegno: la Be-atrice di Gesù. Dante forse ebbe,

per un dono speciale del Si-gnore, questa visione; forse in premio per essere dive-nuto il più grande poeta del-la cristianità ed egli cantò quella donna eccelsa, gui-da del Paradiso. Pensò alla “Piccola Via” di santa Tere-sa: il sorriso di santa Tere-sina lo vide tanti secoli pri-ma Dante e lo cantò: “Tanto gentile e tanto onesta pare la donna mia quando salu-ta”. In Paradiso i santi che furono anche poeti, come

Davide, san Giovanni della Croce ed altri che non conosco, avranno fatto lieta accoglienza all’altissimo poeta. Ti pare una bella fantasia carmelitana?”.

BEATRICE E TERESA

da “Lelia e Ulisse una coppia esemplare per le famigliedi oggi guidata da Santa Teresa di Gesù Bambino”,

di p. Raffaele Amendolagine ocd

Una fantasia carmelitana di Ulisse Amendolagine

Pubblichiamo questo estratto del primo libretto di una serie, curata dal figlio p. Raffaele, dedicata ai servi di Dio Ulisse e Lelia Amendolagine. L’opuscolo ha il seguente sommario: “Una coppia esemplare per le famiglie di oggi santificata nel Matrimonio a Roma all’ombra della Parrocchia di S. Teresa d’Avila. Breve relazione sull’influsso di santa Teresa di Gesù Bambino nell’edificare la loro famiglia (dal libro: “Due cuori una sola fede”, Edizioni OCD). Spediamo volentieri a chi ne facesse richiesta questo prezioso materiale informativo. PARROCCHIA SANTA TERESA D’AVILA: Basilica Minore - Corso d’Italia 37 - 00198 ROMA - tel. 06-87.42.05.68 - tel. 06-87.42.05.69 posta elettronica: [email protected] - www.parroc-chiasantateresadavila.it

Una coppia esemplare per le famiglie di oggi

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L’autore di queste confiden-ze è un sacerdote francese della diocesi di Cambrai morto poco dopo la stesu-

ra di questo libro che può essere il suo testamento spirituale, edito in Francia dalle Éditions Sarment.Nella vita di Jean Remy c’è un pri-ma ed un dopo Elisabetta (all’e-poca non ancora beata). La data spartiacque è il 1983 quando ca-sualmente in un parlatorio di suo-re agostiniane l’Autore si imbatte nella famosa elevazione di Elisabetta alla Trini-tà e questo gli scon-volgerà la vita; a q u e l l ’ a p p u n t a -mento l’autore è giunto in uno sta-to pietoso: parroco stimato e adulato dai suoi parrocchiani, sti-mato pure dal suo vescovo, uomo d’azione con l’agenda fitta d’incontri e una rubrica telefo-nica da far invidia. Jean Remy è un parroco come tutti vorrebbero: attivo, aperto, intraprendente di cui si sussurra che farà carriera e invece è un prete che non prega più da tempo, pieno di se stesso, dei suoi successi e delle sue ope-re. Ha girato il mondo per conto di una ONG francese di cui deve controllare l’uso degli aiuti inviati. Percorre il pianeta dalla Grecia al Libano, dall’Egitto all’India, dal-la Mauritania alla Thailandia. In Africa scopre la miseria ma an-che la gioia di vivere il Vangelo. Vuole partire per il Burino Faso come “Fidei Donum” ma il suo

cuore improvvisamente cede ed è costretto a stare a riposo nella piccola canonica di Cagnoncle in uno stato di sconforto e depres-sione. Si sente morire più volte, è tentato dall’idea del suicidio ma nel 1983, nel parlatorio delle suore agostiniane di Saint Amand legge la preghiera di Elisabetta alla Santa Trinità che non cono-sceva assolutamente. È un colpo di fulmine, Elisabetta diventa la sua amica, fedelissi-

ma. Promette alla futura be-ata (presto santa!) due ore

di orazione teresiana al giorno: resterà fedele a questo impegno sino alla morte. Più volte mi-racolato (il libro è pieno

di aneddoti avvincenti), consacra la sua esisten-

za a far conoscere e procla-mare il messaggio di Elisabetta: scrive libri su di lei tra cui anche una biografia su “Guite”, la sorel-la sposata della beata. Tuttavia altre grosse difficoltà cardiache mettono a rischio la sua vita, ma sempre guidato dalla sua ami-ca si ristabilisce: i medici non ci capiscono niente … Durante i numerosi ricoveri ospedalieri pre-dica ritiri, tiene conferenze, incon-tra ammalati, medici e infermieri che lo interrogano sulla sua fede. Ecco la conclusione di questo bel libro: “Senza dubbio per seguirvi, oh Gesù, bisognerà che io muoia: ma che cosa c’è di più dolce per il mio cuore morire perché morire significa vedervi, oh Dio mio!”

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CONFIDENZE DI UN PRETE:

di Lexoviensis

Jean Remy “salvato” da Elisabetta della Trinità

Agosto 1893,le sorelle Elisabettae Guite Catez

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L’autore di queste confiden-ze è un sacerdote francese della diocesi di Cambrai morto poco dopo la stesu-

ra di questo libro che può essere il suo testamento spirituale, edito in Francia dalle Éditions Sarment.Nella vita di Jean Remy c’è un pri-ma ed un dopo Elisabetta (all’e-poca non ancora beata). La data spartiacque è il 1983 quando ca-sualmente in un parlatorio di suo-re agostiniane l’Autore si imbatte nella famosa elevazione di Elisabetta alla Trini-tà e questo gli scon-volgerà la vita; a q u e l l ’ a p p u n t a -mento l’autore è giunto in uno sta-to pietoso: parroco stimato e adulato dai suoi parrocchiani, sti-mato pure dal suo vescovo, uomo d’azione con l’agenda fitta d’incontri e una rubrica telefo-nica da far invidia. Jean Remy è un parroco come tutti vorrebbero: attivo, aperto, intraprendente di cui si sussurra che farà carriera e invece è un prete che non prega più da tempo, pieno di se stesso, dei suoi successi e delle sue ope-re. Ha girato il mondo per conto di una ONG francese di cui deve controllare l’uso degli aiuti inviati. Percorre il pianeta dalla Grecia al Libano, dall’Egitto all’India, dal-la Mauritania alla Thailandia. In Africa scopre la miseria ma an-che la gioia di vivere il Vangelo. Vuole partire per il Burino Faso come “Fidei Donum” ma il suo

cuore improvvisamente cede ed è costretto a stare a riposo nella piccola canonica di Cagnoncle in uno stato di sconforto e depres-sione. Si sente morire più volte, è tentato dall’idea del suicidio ma nel 1983, nel parlatorio delle suore agostiniane di Saint Amand legge la preghiera di Elisabetta alla Santa Trinità che non cono-sceva assolutamente. È un colpo di fulmine, Elisabetta diventa la sua amica, fedelissi-

ma. Promette alla futura be-ata (presto santa!) due ore

di orazione teresiana al giorno: resterà fedele a questo impegno sino alla morte. Più volte mi-racolato (il libro è pieno

di aneddoti avvincenti), consacra la sua esisten-

za a far conoscere e procla-mare il messaggio di Elisabetta: scrive libri su di lei tra cui anche una biografia su “Guite”, la sorel-la sposata della beata. Tuttavia altre grosse difficoltà cardiache mettono a rischio la sua vita, ma sempre guidato dalla sua ami-ca si ristabilisce: i medici non ci capiscono niente … Durante i numerosi ricoveri ospedalieri pre-dica ritiri, tiene conferenze, incon-tra ammalati, medici e infermieri che lo interrogano sulla sua fede. Ecco la conclusione di questo bel libro: “Senza dubbio per seguirvi, oh Gesù, bisognerà che io muoia: ma che cosa c’è di più dolce per il mio cuore morire perché morire significa vedervi, oh Dio mio!”

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CONFIDENZE DI UN PRETE:

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Jean Remy “salvato” da Elisabetta della Trinità

Agosto 1893,le sorelle Elisabettae Guite Catez

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Il libro di François Six ha visto la sua prima edizione nel 1977 e già nel titolo annuncia gli aspetti di s. Teresa che verran-

no trattati maggiormente: Teresa come donna, la sua famiglia di appartenenza e l’ambiente storico in cui è vissuta. La famiglia viene scandagliata molto in profondità, senza trascurare tutto ciò che si viveva ad Alençon nel periodo in cui il figli di Zelia e Luigi veniva-no al mondo, ed anche una de-

scrizione molto particola-reggiata di Lisieux e della situazione socio politica del 1877, anno in cui la fa-miglia Martin si trasferisce dopo la morte di Zelia. Vie-ne descritto in modo parti-colare il tipo di educazione che veniva trasmesso ai fi-gli, ma è importante avere una chiave di lettura riferita

alle famiglie borghesi cattoliche di quell’epoca, altrimenti alcuni atteggiamenti di ricerca continua di perfezione morale potrebbe-ro risultare un po’ duri. Un intero capitolo è dedicato al rapporto fra Teresa e la madre, mentre gli altri affrontano passo passo la “con-quista” del grande sogno si Tere-sa, quello di rifugiarsi tra le mura del Carmelo per nascondersi agli occhi del mondo ma allo stesso tempo per essere ancora più pre-sente nel mondo con la preghiera per i sacerdoti, per le anime de-boli, per i missionari e per tutti i peccatori che in lei trovavano una sorella pronta ad accoglierli fino ad offrire la sua ultima comunio-ne per la loro salvezza. Non è sta-to un cammino per niente facile quello della piccola Teresa, ma è il racconto di una storia d’amore che riesce a superare anche gli

ostacoli apparentemente insor-montabili, come quello della gio-vane età che impediva la sua en-trata in monastero o la notte della fede che le insinua nella mente mille dubbi e incertezze e che lei riesce a spazzare via con un ab-bandono incrollabile tra le braccia del Padre.Il libro di Maria Amata Di Lorenzo, dal titolo “Nome in codice Teresi-na” è uscito a settembre 2015 ed è un testo molto scorrevole che po-trebbe essere letto tutto d’un fiato e che da la possibilità di conosce-re i tratti più salienti della vita di Teresa. Una particolarità di questo

libro è costituita anche dai capi-toli finali che descrivono un po’ la “Leggenda del santo bevitore” di Joseph Roth (dal cui romanzo è stato poi realizzato il film omoni-mo di Ermanno Olmi del 1988), il pellegrinaggio delle reliquie di Teresa in tutto il mon-do, la giornata mondiale della gioventù del 1997 in cui papa Giovanni Paolo II annunciò la proclamazione di Teresa a Dottore della Chiesa, e infine la vicenda delle Lavoratrici Missiona-rie dell’Immacolata della Famiglia Donum Dei.

libri

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NOME IN CODICE “TERESINA”una storia d’amore che supera ogni ostacolo

di Annalisa Bonadonna

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Romano Maiocchi ha incontrato p. Gino Toppan in santuario in occasione del suo pellegrinaggio annua-le a Tombetta. Abita-no a Scandolara Ripa d’Oglio in provincia di Cremona. Ha raccontato ciò che successe alla sua famiglia nel lontano 1942. Avendo il papà, Ugo, al fronte russo, a causa della guerra, con la mamma Rina Tosi si rivolsero a Teresa di Lisieux domandando il ritorno del padre. Dopo una quindicina di giorni dalla recita della Novena, Ugo Maiocchi tornò a casa, ferito ma vivo. Conservano da allora l’immagine ed il santino del no-stro santuario che utilizzarono per la loro novena.

Continua il cammino del nostro fumetto su santa Te-resa in lingua malgascia. Ecco le foto che ci ha inviato dall’Isola Rossa il nostro missionario p. Italo Padovan ocd. Tra mille difficoltà di ogni tipo, la grande conso-lazione del sorriso dei bambini grati per un semplice regalo.

UNA ROSA RUSSA UN GRAZIE DAL MADAGASCAR

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Il libro di François Six ha visto la sua prima edizione nel 1977 e già nel titolo annuncia gli aspetti di s. Teresa che verran-

no trattati maggiormente: Teresa come donna, la sua famiglia di appartenenza e l’ambiente storico in cui è vissuta. La famiglia viene scandagliata molto in profondità, senza trascurare tutto ciò che si viveva ad Alençon nel periodo in cui il figli di Zelia e Luigi veniva-no al mondo, ed anche una de-

scrizione molto particola-reggiata di Lisieux e della situazione socio politica del 1877, anno in cui la fa-miglia Martin si trasferisce dopo la morte di Zelia. Vie-ne descritto in modo parti-colare il tipo di educazione che veniva trasmesso ai fi-gli, ma è importante avere una chiave di lettura riferita

alle famiglie borghesi cattoliche di quell’epoca, altrimenti alcuni atteggiamenti di ricerca continua di perfezione morale potrebbe-ro risultare un po’ duri. Un intero capitolo è dedicato al rapporto fra Teresa e la madre, mentre gli altri affrontano passo passo la “con-quista” del grande sogno si Tere-sa, quello di rifugiarsi tra le mura del Carmelo per nascondersi agli occhi del mondo ma allo stesso tempo per essere ancora più pre-sente nel mondo con la preghiera per i sacerdoti, per le anime de-boli, per i missionari e per tutti i peccatori che in lei trovavano una sorella pronta ad accoglierli fino ad offrire la sua ultima comunio-ne per la loro salvezza. Non è sta-to un cammino per niente facile quello della piccola Teresa, ma è il racconto di una storia d’amore che riesce a superare anche gli

ostacoli apparentemente insor-montabili, come quello della gio-vane età che impediva la sua en-trata in monastero o la notte della fede che le insinua nella mente mille dubbi e incertezze e che lei riesce a spazzare via con un ab-bandono incrollabile tra le braccia del Padre.Il libro di Maria Amata Di Lorenzo, dal titolo “Nome in codice Teresi-na” è uscito a settembre 2015 ed è un testo molto scorrevole che po-trebbe essere letto tutto d’un fiato e che da la possibilità di conosce-re i tratti più salienti della vita di Teresa. Una particolarità di questo

libro è costituita anche dai capi-toli finali che descrivono un po’ la “Leggenda del santo bevitore” di Joseph Roth (dal cui romanzo è stato poi realizzato il film omoni-mo di Ermanno Olmi del 1988), il pellegrinaggio delle reliquie di Teresa in tutto il mon-do, la giornata mondiale della gioventù del 1997 in cui papa Giovanni Paolo II annunciò la proclamazione di Teresa a Dottore della Chiesa, e infine la vicenda delle Lavoratrici Missiona-rie dell’Immacolata della Famiglia Donum Dei.

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di Annalisa Bonadonna

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Romano Maiocchi ha incontrato p. Gino Toppan in santuario in occasione del suo pellegrinaggio annua-le a Tombetta. Abita-no a Scandolara Ripa d’Oglio in provincia di Cremona. Ha raccontato ciò che successe alla sua famiglia nel lontano 1942. Avendo il papà, Ugo, al fronte russo, a causa della guerra, con la mamma Rina Tosi si rivolsero a Teresa di Lisieux domandando il ritorno del padre. Dopo una quindicina di giorni dalla recita della Novena, Ugo Maiocchi tornò a casa, ferito ma vivo. Conservano da allora l’immagine ed il santino del no-stro santuario che utilizzarono per la loro novena.

Continua il cammino del nostro fumetto su santa Te-resa in lingua malgascia. Ecco le foto che ci ha inviato dall’Isola Rossa il nostro missionario p. Italo Padovan ocd. Tra mille difficoltà di ogni tipo, la grande conso-lazione del sorriso dei bambini grati per un semplice regalo.

UNA ROSA RUSSA UN GRAZIE DAL MADAGASCAR

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dona una collana a Teresa. È l’opera di Domenico Carretti che rappresenta la scena, raccontata in Vita 33,14.Dell’esperienza di incontro con la SS. Trinità Teresa ne parla spesso nelle sue Relazioni spirituali. Quella rappresentata da Angelo Trevisani sembra tradurre in immagine quanto narrato in Relazioni 16 e avvenuto il 29 maggio 1571, martedì dopo l’Ascensione, nel monastero di S. Giuseppe in Avila.Due lunette, poi, raccontano di eventi accaduti durante gli avventurosi viaggi compiuti da Teresa per fondare i suoi monasteri. Mentre, priora all’Incarnazione, con una consorella si reca a Salamanca dove giunge la vigilia della festa di Tutti i Santi del 1570, mentre assieme ad una consorella perde la strada e si ritrova completamente al buio, due angeli con le torce la accompagnano nel cammino. È Francesco Paglia a rappresentare la scena volentieri rientra tra i fioretti che sono trasmessi.

Gesù Bambino eucaristicoMa è di Andrea Celesti la lunetta più bella, quella che descrive la processione del santissimo Sacramento con la quale le monache sono accolte, a Villanueva de la Jara. La Madre racconta di godere assai «di vedere innalzare da tutti lodi al gran Dio che portavamo con noi, per amore del quale si rendeva tanto onore a sette povere piccole Scalze lì presenti» (Fondazioni 28,37). La Santa era così estasiata che non mancarono coloro che la videro in estasi e dissero persino che un’immagine del Bambino

Gesù che i Carmelitani Scalzi di La Roda le avevano offerta insieme ad altri regali andava e veniva dalle vicinanze del Santissimo fino al posto in cui si trovava la Madre Teresa dimostrando grande gioia e soddisfazione.Infine, a Giovanni Segala è affidato il compito di rappresentare il momento della morte di Teresa. Meritano qui di essere ricordati gli ultimi momenti. Alle cinque della sera del 3 ottobre 1582, la santa chiese che le fosse portato il Santissimo. E quando il Santissimo entrò nella sua cella, si pose a sedere sul letto senza che nessuno l’aiutasse... Con le mani giunte e con grande fervore, diceva tra l’altro: Oh mio Signore e mio Sposo! Finalmente è giunta l’ora di congiungerci! È giunta l’ora di partire; andiamocene in pace. Sia fatta la vostra volontà. Sì, è giunta

II Padri Carmelitani Scalzi giun-gono a Brescia nel 1668. Un anno dopo, acquistano il con-vento di S. Pietro in Oliveto (in

Castello), lasciato libero in segui-to alla soppressione dei Canonici di S. Giorgio in Alga, fondati da S. Lorenzo Giustiniani. Uno dei primi impegni è quello di adatta-re la chiesa canonicale allo stile monastico dei mendicanti. Tra gli interventi più significativi la de-molizione del coro ligneo soprae-levato e lo spostamento in avanti dell’altare maggiore in modo da isolare il coro dei frati dal resto del presbiterio. Ma ancora più interessante, negli anni successi-vi, è la commissione a sei artisti che operano in Brescia di alcune lunette che rappresentano avveni-menti dei più significativi della vita di S. Teresa d’Avila. I temi icono-grafici seguiti sono suggeriti dal-la Vita beatae Virginis Teresiae a

Jesu, una serie di incisioni curata dalle sue due collaboratrici più fe-deli, madre Anna di S. Bartolomeo e madre Anna di Gesù, pubblicata ad Anversa nel 1613 in occasione della beatificazione avvenuta l’an-no dopo. È stato definito il ciclo pittorico più bello del XVII secolo presente nel territorio bresciano Le sei lunette teresiane sono sta-te esposte nel 1981 in occasione della rassegna Brescia pittorica 1700-1760: l’immagine del sacro. Ormai bisognose di un significa-tivo intervento di restauro, al cui finanziamento ha collaborato an-che la Fondazione Comunità Bre-sciana, sono state affidate allo studio di Gian Maria Casella che la scorsa estate ha ben concluso questo interessante lavoro.

Dall’inferno alla TrinitàLe sei opere rappresentano delle grazie mistiche ricevute dalla Santa nel corso della sua esistenza. La scelta del tema, oltre ad essere suggerito dall’opera per immagini già ricordata, è probabilmente dovuta alla sensibilità del tempo portata a valorizzare, della santità, soprattutto gli elementi che ne evidenziano la dimensione del meraviglioso. E così Giuseppe Tortelli rappresenta La visione dell’inferno. È un’esperienza fatta durante il periodo trascorso all’Incarnazione, intorno al 1559, e la Santa stessa ne parla nel capitolo 32 della sua Vita. Sempre nella Vita troviamo notizie relative alla Vergine che, il giorno dell’Assunta del 1561,

LE GRAZIE DI TERESA

di p. Vincenzo Vaccarino ocd

in S. Pietro in Oliveto a Brescia

tere

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’avi

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’avi

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Il nuovo libro (in tedesco) scritto e disegnato da

Sonja Häusl-Vad su “Teresa e Gesu´”

Page 25: Il numero di dicembre 2015

Santa Teresa Dicembre 2015Santa Teresa Dicembre 2015 21

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dona una collana a Teresa. È l’opera di Domenico Carretti che rappresenta la scena, raccontata in Vita 33,14.Dell’esperienza di incontro con la SS. Trinità Teresa ne parla spesso nelle sue Relazioni spirituali. Quella rappresentata da Angelo Trevisani sembra tradurre in immagine quanto narrato in Relazioni 16 e avvenuto il 29 maggio 1571, martedì dopo l’Ascensione, nel monastero di S. Giuseppe in Avila.Due lunette, poi, raccontano di eventi accaduti durante gli avventurosi viaggi compiuti da Teresa per fondare i suoi monasteri. Mentre, priora all’Incarnazione, con una consorella si reca a Salamanca dove giunge la vigilia della festa di Tutti i Santi del 1570, mentre assieme ad una consorella perde la strada e si ritrova completamente al buio, due angeli con le torce la accompagnano nel cammino. È Francesco Paglia a rappresentare la scena volentieri rientra tra i fioretti che sono trasmessi.

Gesù Bambino eucaristicoMa è di Andrea Celesti la lunetta più bella, quella che descrive la processione del santissimo Sacramento con la quale le monache sono accolte, a Villanueva de la Jara. La Madre racconta di godere assai «di vedere innalzare da tutti lodi al gran Dio che portavamo con noi, per amore del quale si rendeva tanto onore a sette povere piccole Scalze lì presenti» (Fondazioni 28,37). La Santa era così estasiata che non mancarono coloro che la videro in estasi e dissero persino che un’immagine del Bambino

Gesù che i Carmelitani Scalzi di La Roda le avevano offerta insieme ad altri regali andava e veniva dalle vicinanze del Santissimo fino al posto in cui si trovava la Madre Teresa dimostrando grande gioia e soddisfazione.Infine, a Giovanni Segala è affidato il compito di rappresentare il momento della morte di Teresa. Meritano qui di essere ricordati gli ultimi momenti. Alle cinque della sera del 3 ottobre 1582, la santa chiese che le fosse portato il Santissimo. E quando il Santissimo entrò nella sua cella, si pose a sedere sul letto senza che nessuno l’aiutasse... Con le mani giunte e con grande fervore, diceva tra l’altro: Oh mio Signore e mio Sposo! Finalmente è giunta l’ora di congiungerci! È giunta l’ora di partire; andiamocene in pace. Sia fatta la vostra volontà. Sì, è giunta

II Padri Carmelitani Scalzi giun-gono a Brescia nel 1668. Un anno dopo, acquistano il con-vento di S. Pietro in Oliveto (in

Castello), lasciato libero in segui-to alla soppressione dei Canonici di S. Giorgio in Alga, fondati da S. Lorenzo Giustiniani. Uno dei primi impegni è quello di adatta-re la chiesa canonicale allo stile monastico dei mendicanti. Tra gli interventi più significativi la de-molizione del coro ligneo soprae-levato e lo spostamento in avanti dell’altare maggiore in modo da isolare il coro dei frati dal resto del presbiterio. Ma ancora più interessante, negli anni successi-vi, è la commissione a sei artisti che operano in Brescia di alcune lunette che rappresentano avveni-menti dei più significativi della vita di S. Teresa d’Avila. I temi icono-grafici seguiti sono suggeriti dal-la Vita beatae Virginis Teresiae a

Jesu, una serie di incisioni curata dalle sue due collaboratrici più fe-deli, madre Anna di S. Bartolomeo e madre Anna di Gesù, pubblicata ad Anversa nel 1613 in occasione della beatificazione avvenuta l’an-no dopo. È stato definito il ciclo pittorico più bello del XVII secolo presente nel territorio bresciano Le sei lunette teresiane sono sta-te esposte nel 1981 in occasione della rassegna Brescia pittorica 1700-1760: l’immagine del sacro. Ormai bisognose di un significa-tivo intervento di restauro, al cui finanziamento ha collaborato an-che la Fondazione Comunità Bre-sciana, sono state affidate allo studio di Gian Maria Casella che la scorsa estate ha ben concluso questo interessante lavoro.

Dall’inferno alla TrinitàLe sei opere rappresentano delle grazie mistiche ricevute dalla Santa nel corso della sua esistenza. La scelta del tema, oltre ad essere suggerito dall’opera per immagini già ricordata, è probabilmente dovuta alla sensibilità del tempo portata a valorizzare, della santità, soprattutto gli elementi che ne evidenziano la dimensione del meraviglioso. E così Giuseppe Tortelli rappresenta La visione dell’inferno. È un’esperienza fatta durante il periodo trascorso all’Incarnazione, intorno al 1559, e la Santa stessa ne parla nel capitolo 32 della sua Vita. Sempre nella Vita troviamo notizie relative alla Vergine che, il giorno dell’Assunta del 1561,

LE GRAZIE DI TERESA

di p. Vincenzo Vaccarino ocd

in S. Pietro in Oliveto a Brescia

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Il nuovo libro (in tedesco) scritto e disegnato da

Sonja Häusl-Vad su “Teresa e Gesu´”

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22 Santa Teresa Dicembre 2015

l’ora che io esca da questo esilio e che goda di Voi che tanto ho desiderato. Vi ringrazio mille volte per avermi fatta figlia della Chiesa e di finire in essa la mia vita. Allo stesso tempo, come se sentisse il peso di tutti i peccati della sua vita, ne chiedeva continuamente perdono a Dio, attraverso le parole del Salmo 50, il Miserere. Parole ripetute per tutta la notte, ma, quando spuntò l’alba, come se Dio avesse consolato il suo cuore, Teresa rimase in silenzio. E così trascorse l’ultimo giorno di vita. Non pronunziò più alcuna parola fino alle 21 del 4 ottobre, quando spirò.

Aut pati aut moriIn occasione di questo restauro è stato pubblicato un interessante catalogo curato da Giuseppe Fusari, direttore del Museo Diocesano bresciano, e dal soprintendente Angelo Loda che ha seguito i lavori e che cura un interessante saggio di carattere storico-artistico che contestualizza le lunette di San Pietro in Oliveto. all’intero dell’iconografia teresiana nel territorio bresciano. Il testo,

pubblicato da La Compagnia della Stampa Massetti Rodella Editori di Roccafranca, come titolo reca il celebre motto di S. Teresa: Aut pati aut mori. Oltre al ricco repertorio fotografico, troviamo saggi di p. Antonio M. Sicari (La vicenda spirituale ed ecclesiale di

S. Teresa d’Avila) e di p. Fabio Silvestri (L’interesse culturale ed artistico di S. Teresa d’Avila), oltre al già citato intervento di Angelo Loda. Le schede delle lunette sono di Fiorenzo Fisogni, Fiorella Frisoni, Giuseppe Fusari, Stefano L’Occaso, Angelo Loda e Denis Ton, mentre la relazione sul restauro è curata da Gian Maria Casella.Il lavoro si è potuto realizzare grazie all’impegno della Provincia Veneta dei Carmelitani Scalzi e alla collaborazione della Fondazione Museo Diocesano. E proprio nel Museo Diocesano le lunette sono state esposte dall’8 settembre all’8 ottobre. Ma prima di tornare nella sede originale, ad ornare i sei altari laterali della chiesa di S. Pietro, le lunette hanno potuto essere ammirate ad altezza d’uomo, sempre in S. Pietro, dal 15 ottobre – festa di S. Teresa e conclusione del V centenario della nascita – al 1° novembre.Come abbiamo già ricordato sopra, le sei lunette riproducono esperienze mistiche della Santa di Avila, per la prima volta rappresentate nelle incisioni della Vita beatae Virginis Teresiae a Jesu curata dalle sue discepole, Anna di S. Bartolomeo e Anna di Gesù (1614). Effettivamente cinque lunette su sei fanno riferimento a quelle immagini. Fa eccezione la lunetta di Andrea Celesti, ovvero La processione del Santissimo, in cui si vede l’immagine del Bambino Gesù svolazzare dall’ostensorio verso la Santa inginocchiata. Sappiamo che Teresa, nelle sue Fondazioni, racconta emozionata l’accoglienza ricevuta in occasione dell’ingresso delle

monache a Villanueva de la Jara e l’onore recato alle «sette povere piccole Scalze», ma non si parla di alcun evento mistico. L’episodio è invece riportato nei processi di canonizzazione, all’interno della testimonianza fatta da Anna di Sant’Agostino, monaca del Carmelo di Villanueva, che avrebbe visto la Santa ricevere la visione rappresentata nel dipinto. Negli Atti si legge che «la Venerabile Anna di Sant’Agostino vide che dal Santissimo Sacramento alla Santa andava e veniva un bellissimo Bambino Gesù, il quale parlava con lei e mostrava gioia in volto nel vederla venire a fondare quella casa». Misticamente sr. Anna riusciva a intuire quanto accadeva nel cuore di Teresa, la quale scrivendo per le monache di S. Giuseppe in Avila diceva che «nulla di più meraviglioso che vedere Colui, che può riempire della sua grandezza mille e più mondi, rinchiudersi in una tanto piccola [l’anima del fedele], come gli piacque rinchiudersi nel seno della sua santissima Madre» (Cammino di perfezione, 28).

libri

tere

sia

ni

do

v’è

s. t

ere

saCi scrive la nostra lettrice americana, la carmelitana secolare Pat Mor-rison, direttrice editoriale delle Edizioni carmelitane ICS di Washington: “Ho avuto la grazia di visitare alcune volte la Tunisia come giornalista, scrivendo sui fedeli, consacrate e sacerdote della Chiesa in questo pic-colo paese nordafricano che ebbe tra i suoi figli i santi Agostino, Cipria-no e tanti martiri, come le sante Perpetua e Felicita. Puoi immaginare la gioia che provai la prima volta che entrai nel duomo di Tunisi (Cattedra-le di san Vincenzo de’ Paoli e di sant’Oliva) scorgendo, appena visibile nel scuro interiore, la nostra … santa Teresa! La foto che accludo è un po’ scura, sia perché la cattedrale non era illuminata quando l’ho visita-ta, ma anche perché la statua (vicina a quella di s. Bernardetta sull’altra colonna, a destra) è posta molto in alto, vicina all’abside. Non credo che molti lettori abbiano visto questa Teresina … in Tunisia, paese uf-ficialmente musulmano ma molto aperto alle religioni, specialmente quella cattolica. I Tunisini che ho incontrato sono molto riconoscenti per il lavoro fatto nel loro Paese dai religiosi cattolici per più di 150 anni, prima sotto Francia sino ad oggi, nella nuova Tunisia”.

TERESA A TUNISI

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22 Santa Teresa Dicembre 2015

l’ora che io esca da questo esilio e che goda di Voi che tanto ho desiderato. Vi ringrazio mille volte per avermi fatta figlia della Chiesa e di finire in essa la mia vita. Allo stesso tempo, come se sentisse il peso di tutti i peccati della sua vita, ne chiedeva continuamente perdono a Dio, attraverso le parole del Salmo 50, il Miserere. Parole ripetute per tutta la notte, ma, quando spuntò l’alba, come se Dio avesse consolato il suo cuore, Teresa rimase in silenzio. E così trascorse l’ultimo giorno di vita. Non pronunziò più alcuna parola fino alle 21 del 4 ottobre, quando spirò.

Aut pati aut moriIn occasione di questo restauro è stato pubblicato un interessante catalogo curato da Giuseppe Fusari, direttore del Museo Diocesano bresciano, e dal soprintendente Angelo Loda che ha seguito i lavori e che cura un interessante saggio di carattere storico-artistico che contestualizza le lunette di San Pietro in Oliveto. all’intero dell’iconografia teresiana nel territorio bresciano. Il testo,

pubblicato da La Compagnia della Stampa Massetti Rodella Editori di Roccafranca, come titolo reca il celebre motto di S. Teresa: Aut pati aut mori. Oltre al ricco repertorio fotografico, troviamo saggi di p. Antonio M. Sicari (La vicenda spirituale ed ecclesiale di

S. Teresa d’Avila) e di p. Fabio Silvestri (L’interesse culturale ed artistico di S. Teresa d’Avila), oltre al già citato intervento di Angelo Loda. Le schede delle lunette sono di Fiorenzo Fisogni, Fiorella Frisoni, Giuseppe Fusari, Stefano L’Occaso, Angelo Loda e Denis Ton, mentre la relazione sul restauro è curata da Gian Maria Casella.Il lavoro si è potuto realizzare grazie all’impegno della Provincia Veneta dei Carmelitani Scalzi e alla collaborazione della Fondazione Museo Diocesano. E proprio nel Museo Diocesano le lunette sono state esposte dall’8 settembre all’8 ottobre. Ma prima di tornare nella sede originale, ad ornare i sei altari laterali della chiesa di S. Pietro, le lunette hanno potuto essere ammirate ad altezza d’uomo, sempre in S. Pietro, dal 15 ottobre – festa di S. Teresa e conclusione del V centenario della nascita – al 1° novembre.Come abbiamo già ricordato sopra, le sei lunette riproducono esperienze mistiche della Santa di Avila, per la prima volta rappresentate nelle incisioni della Vita beatae Virginis Teresiae a Jesu curata dalle sue discepole, Anna di S. Bartolomeo e Anna di Gesù (1614). Effettivamente cinque lunette su sei fanno riferimento a quelle immagini. Fa eccezione la lunetta di Andrea Celesti, ovvero La processione del Santissimo, in cui si vede l’immagine del Bambino Gesù svolazzare dall’ostensorio verso la Santa inginocchiata. Sappiamo che Teresa, nelle sue Fondazioni, racconta emozionata l’accoglienza ricevuta in occasione dell’ingresso delle

monache a Villanueva de la Jara e l’onore recato alle «sette povere piccole Scalze», ma non si parla di alcun evento mistico. L’episodio è invece riportato nei processi di canonizzazione, all’interno della testimonianza fatta da Anna di Sant’Agostino, monaca del Carmelo di Villanueva, che avrebbe visto la Santa ricevere la visione rappresentata nel dipinto. Negli Atti si legge che «la Venerabile Anna di Sant’Agostino vide che dal Santissimo Sacramento alla Santa andava e veniva un bellissimo Bambino Gesù, il quale parlava con lei e mostrava gioia in volto nel vederla venire a fondare quella casa». Misticamente sr. Anna riusciva a intuire quanto accadeva nel cuore di Teresa, la quale scrivendo per le monache di S. Giuseppe in Avila diceva che «nulla di più meraviglioso che vedere Colui, che può riempire della sua grandezza mille e più mondi, rinchiudersi in una tanto piccola [l’anima del fedele], come gli piacque rinchiudersi nel seno della sua santissima Madre» (Cammino di perfezione, 28).

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saCi scrive la nostra lettrice americana, la carmelitana secolare Pat Mor-rison, direttrice editoriale delle Edizioni carmelitane ICS di Washington: “Ho avuto la grazia di visitare alcune volte la Tunisia come giornalista, scrivendo sui fedeli, consacrate e sacerdote della Chiesa in questo pic-colo paese nordafricano che ebbe tra i suoi figli i santi Agostino, Cipria-no e tanti martiri, come le sante Perpetua e Felicita. Puoi immaginare la gioia che provai la prima volta che entrai nel duomo di Tunisi (Cattedra-le di san Vincenzo de’ Paoli e di sant’Oliva) scorgendo, appena visibile nel scuro interiore, la nostra … santa Teresa! La foto che accludo è un po’ scura, sia perché la cattedrale non era illuminata quando l’ho visita-ta, ma anche perché la statua (vicina a quella di s. Bernardetta sull’altra colonna, a destra) è posta molto in alto, vicina all’abside. Non credo che molti lettori abbiano visto questa Teresina … in Tunisia, paese uf-ficialmente musulmano ma molto aperto alle religioni, specialmente quella cattolica. I Tunisini che ho incontrato sono molto riconoscenti per il lavoro fatto nel loro Paese dai religiosi cattolici per più di 150 anni, prima sotto Francia sino ad oggi, nella nuova Tunisia”.

TERESA A TUNISI

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Ho toccato Salve a tutti! Mi chia-mo Giovanni Schiesari e sono un parrocchiano della parrocchia di Santa Teresa del Bambino Gesù. Sono nato a Negrar il 24 giugno del 1985. Ho 30 anni. Vengo da una famiglia molto numerosa; sia-mo dodici fratelli, sette maschi e cinque femmine. Io sono il quarto. Mio papà, Francesco Schiesari, ha 60 anni ed è medico nell’ospe-dale di Bussolengo, e mia mam-ma, Donatella Basso, ha 61 anni ed è casalinga. Attualmente vivo in Canada, a Vancouver sulla co-sta ovest vicino all’oceano Paci-fico. Faccio parte del Seminario Missionario Diocesano “Redem-ptoris Mater” di Vancouver, e sono al mio ultimo anno di teologia.In occasione delle celebrazioni nel V Centenario della Nostra Ma-dre Teresa e nell’Anno della Vita consacrata mi piacerebbe con-dividere con voi come ho sentito la chiamata a diventare sacerdo-te. Tutto è cominciato per me in tenera età. Avevo circa 3 anni. È successo quando il Santo Padre Giovanni Paolo II è venuto a Ve-rona nell’occasione della beatifi-cazione di San Giovanni Calabria. Mi ricordo che con i miei genitori siamo andati a vedere il Papa che passava davanti alla parrocchia dei Santi Angeli Custodi. E in quel momento quando ho visto il Papa, ho sentito dentro di me il deside-rio di fare come il Papa: di segui-re Gesù Cristo. Sin da quel mo-mento questa forte chiamata non

mi ha mai lasciato. All’età di dieci anni ho chiesto ai miei genitori di entrare in seminario, ma mi han-no detto che ero troppo giovane. Quindi ho aspettato.Quando ho iniziato a frequentare le scuole medie le cose sono cam-biate un pochino. I miei compagni di scuola non venivano più da fa-miglie credenti come quelle dei compagni delle scuole elemen-tari. Così, per non sentirmi mes-so in disparte ho deciso di non parlare più della mia vocazione. E lentamente il fuoco ardente della chiamata ha iniziato ha spegnersi. Grazie a Dio, dopo la Cresima, il 13 dicembre del 1998, sono en-trato in una comunità neocatecu-menale nella nostra parrocchia di Santa Teresa. Ero super contento di vedere altre famiglie e giovani come me interessati a mantene-re e ad approfondire la propria fede. E lentamente con la parola di Dio e l’aiuto e la testimonianza dei fratelli di comunità la vocazio-ne ha ricominciato a crescere in me. All’età di 15 anni sono andato ad un pellegrinaggio con il Papa Giovanni Paolo II in Israele. Là ho sentito ancora una volta molto forte la chiamata al sacerdozio. Pochi anni dopo, all’età di 17 anni ho manifestato il desiderio di en-trare in un seminario missionario per la Nuova Evangelizzazione.Il settembre del 2005 sono andato ad un incontro per futuri semina-risti che si è tenuto a Porto San Giorgio nelle Marche. Eravamo

DA VERONA AL MONDOPiccola autobiografia di Giovanni Schiesari

test

imo

nia

nza

circa 400 candidati al seminario. Io sono stato estratto per entrare nel Seminario Missionario Diocesano “Redemptoris Mater” di Toronto (Canada), e, pochi mesi dopo, il 26 di Novembre sono arrivato in Canada all’età di vent’anni.Non sarò mai sufficientemente grato al Signore per tutte le me-raviglie che ho visto nella mia esperienza in Canada. Appena arrivato ho dovuto imparare una lingua nuova, l’inglese. Ho dovuto affrontare l’università con gli stu-di di filosofia (2 anni), e poi quel-li di teologia (4 anni). Ho dovuto adattarmi a un nuovo posto, con tanta gente che non conoscevo e nessun famigliare affianco. La vita del seminario è molto rigida: sve-glia alle sei, e dopo tutto il giorno correndo tra classi e momenti di preghiera. Il Signore mi ha aiutato tantissimo. Non mi sono mai sen-tito solo e Lui ha provveduto per ogni esigenza. Dal 2010 fino alla

primavera del 2013 ho fatto anche una esperienza di missione come itinerante in diversi paesi: Germa-nia, Colombia, Canada e Italia. Dopo otto anni di formazione a Toronto i formatori mi hanno chie-sto se volessi far parte di un nuo-vo gruppo che avrebbe iniziato un nuovo seminario a Vancouver, nell’ovest del Canada. Ho detto di sì. E adesso sono due anni che mi trovo a Vancouver. Questo nuovo seminario è destinato anche alla evangelizzazione dell’Asia, spe-cialmente la Cina. Dopo 10 anni di formazione, e essendo all’ulti-mo anno di teologia, mi hanno an-nunciato che presto sarò ordinato diacono.Questa in breve è la mia esperien-za. La vita del missionario è molto precaria, difficile, ma è bellissima. Sempre grato al Signore per quel-lo che ha fatto. Pregate per me e per tutte le vocazioni del mondo.Dio vi benedica.

test

imo

nia

nza

Il seminario “Re-demptoris Mater” di Vancouver (Canada)con l´arcivescovo j. Michael Miller, il ret-tore p. Gilbert Nuney e i sei seminaristi, tra cui Giovanni Schiesari, alla destra del vescovo.

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Ho toccato Salve a tutti! Mi chia-mo Giovanni Schiesari e sono un parrocchiano della parrocchia di Santa Teresa del Bambino Gesù. Sono nato a Negrar il 24 giugno del 1985. Ho 30 anni. Vengo da una famiglia molto numerosa; sia-mo dodici fratelli, sette maschi e cinque femmine. Io sono il quarto. Mio papà, Francesco Schiesari, ha 60 anni ed è medico nell’ospe-dale di Bussolengo, e mia mam-ma, Donatella Basso, ha 61 anni ed è casalinga. Attualmente vivo in Canada, a Vancouver sulla co-sta ovest vicino all’oceano Paci-fico. Faccio parte del Seminario Missionario Diocesano “Redem-ptoris Mater” di Vancouver, e sono al mio ultimo anno di teologia.In occasione delle celebrazioni nel V Centenario della Nostra Ma-dre Teresa e nell’Anno della Vita consacrata mi piacerebbe con-dividere con voi come ho sentito la chiamata a diventare sacerdo-te. Tutto è cominciato per me in tenera età. Avevo circa 3 anni. È successo quando il Santo Padre Giovanni Paolo II è venuto a Ve-rona nell’occasione della beatifi-cazione di San Giovanni Calabria. Mi ricordo che con i miei genitori siamo andati a vedere il Papa che passava davanti alla parrocchia dei Santi Angeli Custodi. E in quel momento quando ho visto il Papa, ho sentito dentro di me il deside-rio di fare come il Papa: di segui-re Gesù Cristo. Sin da quel mo-mento questa forte chiamata non

mi ha mai lasciato. All’età di dieci anni ho chiesto ai miei genitori di entrare in seminario, ma mi han-no detto che ero troppo giovane. Quindi ho aspettato.Quando ho iniziato a frequentare le scuole medie le cose sono cam-biate un pochino. I miei compagni di scuola non venivano più da fa-miglie credenti come quelle dei compagni delle scuole elemen-tari. Così, per non sentirmi mes-so in disparte ho deciso di non parlare più della mia vocazione. E lentamente il fuoco ardente della chiamata ha iniziato ha spegnersi. Grazie a Dio, dopo la Cresima, il 13 dicembre del 1998, sono en-trato in una comunità neocatecu-menale nella nostra parrocchia di Santa Teresa. Ero super contento di vedere altre famiglie e giovani come me interessati a mantene-re e ad approfondire la propria fede. E lentamente con la parola di Dio e l’aiuto e la testimonianza dei fratelli di comunità la vocazio-ne ha ricominciato a crescere in me. All’età di 15 anni sono andato ad un pellegrinaggio con il Papa Giovanni Paolo II in Israele. Là ho sentito ancora una volta molto forte la chiamata al sacerdozio. Pochi anni dopo, all’età di 17 anni ho manifestato il desiderio di en-trare in un seminario missionario per la Nuova Evangelizzazione.Il settembre del 2005 sono andato ad un incontro per futuri semina-risti che si è tenuto a Porto San Giorgio nelle Marche. Eravamo

DA VERONA AL MONDOPiccola autobiografia di Giovanni Schiesari

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circa 400 candidati al seminario. Io sono stato estratto per entrare nel Seminario Missionario Diocesano “Redemptoris Mater” di Toronto (Canada), e, pochi mesi dopo, il 26 di Novembre sono arrivato in Canada all’età di vent’anni.Non sarò mai sufficientemente grato al Signore per tutte le me-raviglie che ho visto nella mia esperienza in Canada. Appena arrivato ho dovuto imparare una lingua nuova, l’inglese. Ho dovuto affrontare l’università con gli stu-di di filosofia (2 anni), e poi quel-li di teologia (4 anni). Ho dovuto adattarmi a un nuovo posto, con tanta gente che non conoscevo e nessun famigliare affianco. La vita del seminario è molto rigida: sve-glia alle sei, e dopo tutto il giorno correndo tra classi e momenti di preghiera. Il Signore mi ha aiutato tantissimo. Non mi sono mai sen-tito solo e Lui ha provveduto per ogni esigenza. Dal 2010 fino alla

primavera del 2013 ho fatto anche una esperienza di missione come itinerante in diversi paesi: Germa-nia, Colombia, Canada e Italia. Dopo otto anni di formazione a Toronto i formatori mi hanno chie-sto se volessi far parte di un nuo-vo gruppo che avrebbe iniziato un nuovo seminario a Vancouver, nell’ovest del Canada. Ho detto di sì. E adesso sono due anni che mi trovo a Vancouver. Questo nuovo seminario è destinato anche alla evangelizzazione dell’Asia, spe-cialmente la Cina. Dopo 10 anni di formazione, e essendo all’ulti-mo anno di teologia, mi hanno an-nunciato che presto sarò ordinato diacono.Questa in breve è la mia esperien-za. La vita del missionario è molto precaria, difficile, ma è bellissima. Sempre grato al Signore per quel-lo che ha fatto. Pregate per me e per tutte le vocazioni del mondo.Dio vi benedica.

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Il seminario “Re-demptoris Mater” di Vancouver (Canada)con l´arcivescovo j. Michael Miller, il ret-tore p. Gilbert Nuney e i sei seminaristi, tra cui Giovanni Schiesari, alla destra del vescovo.

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Il tema della domanda del Padre Nostro, “E non ci indurre in ten-tazione…”, è ampiamente trat-tato da s. Teresa di Gesù nel suo

Cammino di perfezione. Al cap. 39° la Santa descrive la tentazione sottile presente nella considera-zione delle proprie miserie: “Guar-datevi da certe umiltà ispirate dal demonio che destano grande inquietudine con la rappresenta-zione dei nostri peccati gravi. Egli opprime in vari modi, fino ad allon-tanare le anime dalla comunione e dal praticare l’orazione personale (non facendole sentire mai degne). Pertanto, quando si apprestano a ricevere il santissimo Sacramento, il tempo prezioso per accogliere grazie se ne va nell’indagare se si sono preparate bene o no alla comunione. Lo scrupolo giunge a tali estremi che fa pensare all’a-nima di essere, a causa della sua indegnità, così abbandonata da Dio da mettere quasi in dubbio la sua misericordia. Tutto quello di

cui l’anima si occupa le sembra un pericolo, come le appare senza al-cun frutto tutto ciò che compie per servire il Signore”. Scoraggiato, il fedele, si sente incapace a qualsi-asi opera buona.

Vere e false penitenze“Io ci sono passata – assicura Te-resa – la conosco, l’umiltà vera non inquieta né agita l’anima, ma è accompagnata da pace, gioia e serenità. Anche se, vedendo la propria miseria, l’anima intende con chiarezza che merita l’infer-no, se ne affligge, le sembra che a buon diritto tutti dovrebbero de-testarla e non osa quasi invocare misericordia. Ma se è vera umiltà, questa pena è accompagnata da una dolcezza intima e da una gio-ia”. Invece l’umiltà proveniente dal demonio “turba, agita, sconvolge tutta l’anima ed è causa di molta amarezza per farci in cambio per-dere, potendolo, la fiducia in Dio. Quando vi troverete in questo sta-

I GUAI DELLA FALSA UMILTÀ

di p. Agostino Pappalardo ocd

“E non ci indurre in tentazione…”c

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ch

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co

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dio

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l ca

tec

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moto, fate il possibile per distogliere il

pensiero dalla vostra miseria e ri-ponetelo nella misericordia di Dio, nel suo grande amore e in ciò che ha sofferto per noi”. Perfino certe penitenze possono trasformarsi in tentazioni diaboliche. Avviene quando “il demonio si serve per farci credere che siamo più peni-tenti di altri. Se vi applicherete ad esse all’insaputa del confessore o della priora , è un’evidente tenta-zione. Cercate – anche se debba procurarvi maggior pena – di ub-bidire, perché in ciò vi è maggiore perfezione”. La nostra Dottore del-la Chiesa lumeggia bene anche le tentazioni legate alla presunzione, a una certa ‘sicumera’ spirituale: “Un’altra tentazione assai perico-losa consiste in una certa sicurez-za nel credere che in nessun modo potremo tornare agli stessi errori passati e ai piaceri del mondo. Questa tentazione è molto danno-sa, perché con tale sicurezza non c’importa nulla esporci di nuovo a occasioni! Infatti il demonio, se vede che l’anima può nuocergli e giovare alle altre, mette in opera

tutte le sue risorse perché non si rialzi. Così, per quante gioie e pe-gni d’amore il Signore vi dia, non sentitevi mai tanto sicure”. E pru-dentemente consiglia: “Procurate sempre di parlare di queste grazie e di queste gioie a chi vi può il-luminare, senza nascondere nulla, e abbiate l’avvertenza, per quanto elevata sia la contemplazione, di cominciare e finire l’orazione con la conoscenza di voi stesse. E se l’orazione viene da Dio, lo farete anche più volte perché essa porta con sé l’umiltà e ci lascia sempre più aperte a capire il poco che noi siamo”. Queste riflessioni ci in-dicano così i rimedi principali per vincere: la fiducia nella misericor-dia divina con l’obbedienza con-creta ai superiori; la conoscenza di sé alla luce della stessa mise-ricordia.

Celebrazione del 60° di professione

religiosa dip. Andrea Panont

(27 settembre scorso). Concele-brano mons. Gino

Oliosi ep. Giuseppe Lauri.

ROSE E CROCEil santuario del “Piccolo Fiore” nelle Filippine

“Un sollievo tra le spine della vita‚“ è il motto di questo recente santuario a Pasay, nella periferia di Manila, nelle Filippine. L’edificio attuale venne consacrato nel 2007 esito di una presenza che risale al 1947 quando la prima cappella dedicata a santa Teresa, venne costruita all’interno della base militare aeronautica ‚“Villamor‚“. Tuttora il santuario è sotto la giurisdizione dell’Ordinariato Militare.

ERRATA CORRIGECi scusiamo per l’errore riportato nel ca-lendario nella pagina del mese di giugno 2016. I lettori possono ritagliare la dida-scalia qui sotto ed incollarla su quella er-rata. Grazie della collaborazione!

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Santa Teresa Dicembre 2015Santa Teresa Dicembre 2015 27

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Il tema della domanda del Padre Nostro, “E non ci indurre in ten-tazione…”, è ampiamente trat-tato da s. Teresa di Gesù nel suo

Cammino di perfezione. Al cap. 39° la Santa descrive la tentazione sottile presente nella considera-zione delle proprie miserie: “Guar-datevi da certe umiltà ispirate dal demonio che destano grande inquietudine con la rappresenta-zione dei nostri peccati gravi. Egli opprime in vari modi, fino ad allon-tanare le anime dalla comunione e dal praticare l’orazione personale (non facendole sentire mai degne). Pertanto, quando si apprestano a ricevere il santissimo Sacramento, il tempo prezioso per accogliere grazie se ne va nell’indagare se si sono preparate bene o no alla comunione. Lo scrupolo giunge a tali estremi che fa pensare all’a-nima di essere, a causa della sua indegnità, così abbandonata da Dio da mettere quasi in dubbio la sua misericordia. Tutto quello di

cui l’anima si occupa le sembra un pericolo, come le appare senza al-cun frutto tutto ciò che compie per servire il Signore”. Scoraggiato, il fedele, si sente incapace a qualsi-asi opera buona.

Vere e false penitenze“Io ci sono passata – assicura Te-resa – la conosco, l’umiltà vera non inquieta né agita l’anima, ma è accompagnata da pace, gioia e serenità. Anche se, vedendo la propria miseria, l’anima intende con chiarezza che merita l’infer-no, se ne affligge, le sembra che a buon diritto tutti dovrebbero de-testarla e non osa quasi invocare misericordia. Ma se è vera umiltà, questa pena è accompagnata da una dolcezza intima e da una gio-ia”. Invece l’umiltà proveniente dal demonio “turba, agita, sconvolge tutta l’anima ed è causa di molta amarezza per farci in cambio per-dere, potendolo, la fiducia in Dio. Quando vi troverete in questo sta-

I GUAI DELLA FALSA UMILTÀ

di p. Agostino Pappalardo ocd

“E non ci indurre in tentazione…”

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moto, fate il possibile per distogliere il

pensiero dalla vostra miseria e ri-ponetelo nella misericordia di Dio, nel suo grande amore e in ciò che ha sofferto per noi”. Perfino certe penitenze possono trasformarsi in tentazioni diaboliche. Avviene quando “il demonio si serve per farci credere che siamo più peni-tenti di altri. Se vi applicherete ad esse all’insaputa del confessore o della priora , è un’evidente tenta-zione. Cercate – anche se debba procurarvi maggior pena – di ub-bidire, perché in ciò vi è maggiore perfezione”. La nostra Dottore del-la Chiesa lumeggia bene anche le tentazioni legate alla presunzione, a una certa ‘sicumera’ spirituale: “Un’altra tentazione assai perico-losa consiste in una certa sicurez-za nel credere che in nessun modo potremo tornare agli stessi errori passati e ai piaceri del mondo. Questa tentazione è molto danno-sa, perché con tale sicurezza non c’importa nulla esporci di nuovo a occasioni! Infatti il demonio, se vede che l’anima può nuocergli e giovare alle altre, mette in opera

tutte le sue risorse perché non si rialzi. Così, per quante gioie e pe-gni d’amore il Signore vi dia, non sentitevi mai tanto sicure”. E pru-dentemente consiglia: “Procurate sempre di parlare di queste grazie e di queste gioie a chi vi può il-luminare, senza nascondere nulla, e abbiate l’avvertenza, per quanto elevata sia la contemplazione, di cominciare e finire l’orazione con la conoscenza di voi stesse. E se l’orazione viene da Dio, lo farete anche più volte perché essa porta con sé l’umiltà e ci lascia sempre più aperte a capire il poco che noi siamo”. Queste riflessioni ci in-dicano così i rimedi principali per vincere: la fiducia nella misericor-dia divina con l’obbedienza con-creta ai superiori; la conoscenza di sé alla luce della stessa mise-ricordia.

Celebrazione del 60° di professione

religiosa dip. Andrea Panont

(27 settembre scorso). Concele-brano mons. Gino

Oliosi ep. Giuseppe Lauri.

ROSE E CROCEil santuario del “Piccolo Fiore” nelle Filippine

“Un sollievo tra le spine della vita‚“ è il motto di questo recente santuario a Pasay, nella periferia di Manila, nelle Filippine. L’edificio attuale venne consacrato nel 2007 esito di una presenza che risale al 1947 quando la prima cappella dedicata a santa Teresa, venne costruita all’interno della base militare aeronautica ‚“Villamor‚“. Tuttora il santuario è sotto la giurisdizione dell’Ordinariato Militare.

ERRATA CORRIGECi scusiamo per l’errore riportato nel ca-lendario nella pagina del mese di giugno 2016. I lettori possono ritagliare la dida-scalia qui sotto ed incollarla su quella er-rata. Grazie della collaborazione!

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Santa Teresa Dicembre 2015Santa Teresa Dicembre 2015 29

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Nella Bibbia 103 volte si parla di grano, 37 volte di frumento, ma è tut-tora aperta la questione

di quale cereale si tratti. Poiché i frumenti coltivati nell’area pale-stinese dovevano essere di più e diversi. In base alle informazioni contenute nei libri biblici e agli studi genetici e archeologici, è le-cito supporre che in Israele si tro-vassero sia il grano duro (Triticum durum), sia quello tenero (T. aesti-vum). Il grano duro doveva essere quello più conosciuto e coltivato. Ciò in base anche alle caratteristi-che climatiche dell’area essendo il grano duro più esigente di clima caldo e secco. Nella Bibbia non si fa riferimento a pasta, ma a pane lievitato, pane azzimo, pane cot-to e conservato a lungo, e si parla anche di semole e di piatti di tipo orientale come il cous cous. Può darsi quindi che una parte del gra-no duro fosse riservato a piatti o pani particolari mentre per il pane

dei poveri veniva usato orzo, o farro, o spelta, essendo le loro ca-riossidi più ricche di farina. Coltivato da tempi remoti nell’area mediterranea, il grano duro è una delle piante più citate nella Bibbia, come tale e come derivati, pane, focacce, impasti vari. Nel Deute-ronomio, dove si enumerano le at-trattive della Terra Promessa (Dt. 8,7-8) al primo posto troviamo l’acqua; poi seguono «sette pian-te», di cui le prime sono cereali, cioè grano ed orzo, le altre cinque alberi da frutto (vite, olivo, fico, melograno, palma da datteri).Col nome cereali si indica con-venzionalmente un gruppo di dieci piante che hanno un ruolo fondamentale nell’alimentazione dell’uomo e degli animali: riso, mais, frumento, orzo, avena, se-gale, miglio, panico, sorgo, grano saraceno.Le diverse condizioni climatiche hanno fatto prevalere l’una o l’al-tra specie, ma questi eventi si ve-

IL GRANOla prima delle “sette piante” della Terra Promessa

cu

riosi

tàrificarono in modo analogo in varie parti del mondo, sempre iniziando nelle regioni dove il terreno era più fertile per la presenza dei grandi fiumi: la Mesopotamia, la valle del Nilo, del Giordano, dell’Indo e del Gange, del fiume Giallo.In varie zone della Siria, dell’Ana-tolia e della Mesopotamia sono stati ritrovati grani di cereali risa-lenti a circa 8000 anni a. C..La corrispondenza dell’antico nome ebraico con il nome bota-nico in qualche caso è sicura, in altri dubbia. Il miglio (Panicum miliaceum) e il panico (P. italicum) sono due specie biologicamen-te vicine e nelle citazioni antiche possono essere indicate con lo stesso nome «dohan». Queste graminacee originarie sono state forse uno dei primi «grani» utiliz-zati dall’uomo: la loro coltivazione richiede pochissime cure, quindi è adatta a popolazioni primitive e seminomadi. Il sorgo (Sorgum durra e specie affini) è una pianta con grosse pannocchie, di origine africana, anche questa di facile coltivazione: in ebraico è «durah» e non risulta con sicurezza nella Bibbia, ma potrebbe essere un’al-

ternativa di «dohan». L’orzo (Hor-deum vulgare) corrisponde sicu-ramente all’ebraico «sa‘arah». Ha spighe abbastanza simili a quelle del grano; in confronto a questo, ha molto minori esigenze clima-tiche, tanto che si coltiva dalla Scandinavia all’Equatore. Il frumento (il grano per eccellen-za) dal punto di vista botanico appartiene al genere Triticum: un genere che comprende numerose specie, attualmente classificate in tre grandi gruppi, dai quali de-rivano tutte le qualità coltivate. Oggi in tutto il mondo si coltiva prevalentemente il Triticum vulga-re o sativum, cioè il grano tenero per farina da pane; ma un tempo erano assai più diffusi il Triticum durum (grano duro), il Triticum monococcum o farro piccolo, il Triticum dicoccum o grande farro, il Triticum spelta o spelta ed altre specie oggi scomparse. In gene-re, l’ebraico «hittah» viene tradot-to come grano; «kusemet» come farro o spelta. Da notare che la Bibbia si riferisce talvolta ad un solo cereale, più spesso ad un gruppo di essi.

di fra Ginepro

cu

riosi

tàQ

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20

15

Le soluzioni dei QUIZ del 2015

Gennaio/Febbraio: (l’anagramma): TUTTI MI AME-RANNO.Marzo (la cifratura): LA MIA VIA √à SICURAAprile (il cruciverba): vedi immagineMaggio (l’ultima testimone): La “piccola” Maddalena, nipote delle rotara suor Maria-Elisabetta che accompa-gnò la salma di Teresa il 4 ottobre 1897.Giugno (la foto): La fotografia è stata scattata nel 1891 a La Musse, e ritrae Celine e Leonia Martin e Maria Guérin.(dov’è s. Teresa): La chiesa della foto è “San Luigi Gon-zaga” ad Oxford, Inghilterra.Luglio/Agosto (l’acrostico): Teresa scrisse una preghie-ra (P 9) in forma di acrostico utilizzando il nome di p. Pichon sj, ALMIRE. Eccola qui a fianco:

PREGHIERA DI UNA FIGLIA IN ESILIOAccanto a te, mio Dio, io ricordo un Padre,L’apostolo diletto del tuo Sacro Cuore.Ma in terra straniera è in esilio adesso.Il mio Pastore è tempo ormai che torni!Ridona alle tue figlie la luce e guidaE in Francia, o Dio, l’apostolo richiama.

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Nella Bibbia 103 volte si parla di grano, 37 volte di frumento, ma è tut-tora aperta la questione

di quale cereale si tratti. Poiché i frumenti coltivati nell’area pale-stinese dovevano essere di più e diversi. In base alle informazioni contenute nei libri biblici e agli studi genetici e archeologici, è le-cito supporre che in Israele si tro-vassero sia il grano duro (Triticum durum), sia quello tenero (T. aesti-vum). Il grano duro doveva essere quello più conosciuto e coltivato. Ciò in base anche alle caratteristi-che climatiche dell’area essendo il grano duro più esigente di clima caldo e secco. Nella Bibbia non si fa riferimento a pasta, ma a pane lievitato, pane azzimo, pane cot-to e conservato a lungo, e si parla anche di semole e di piatti di tipo orientale come il cous cous. Può darsi quindi che una parte del gra-no duro fosse riservato a piatti o pani particolari mentre per il pane

dei poveri veniva usato orzo, o farro, o spelta, essendo le loro ca-riossidi più ricche di farina. Coltivato da tempi remoti nell’area mediterranea, il grano duro è una delle piante più citate nella Bibbia, come tale e come derivati, pane, focacce, impasti vari. Nel Deute-ronomio, dove si enumerano le at-trattive della Terra Promessa (Dt. 8,7-8) al primo posto troviamo l’acqua; poi seguono «sette pian-te», di cui le prime sono cereali, cioè grano ed orzo, le altre cinque alberi da frutto (vite, olivo, fico, melograno, palma da datteri).Col nome cereali si indica con-venzionalmente un gruppo di dieci piante che hanno un ruolo fondamentale nell’alimentazione dell’uomo e degli animali: riso, mais, frumento, orzo, avena, se-gale, miglio, panico, sorgo, grano saraceno.Le diverse condizioni climatiche hanno fatto prevalere l’una o l’al-tra specie, ma questi eventi si ve-

IL GRANOla prima delle “sette piante” della Terra Promessa

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rificarono in modo analogo in varie parti del mondo, sempre iniziando nelle regioni dove il terreno era più fertile per la presenza dei grandi fiumi: la Mesopotamia, la valle del Nilo, del Giordano, dell’Indo e del Gange, del fiume Giallo.In varie zone della Siria, dell’Ana-tolia e della Mesopotamia sono stati ritrovati grani di cereali risa-lenti a circa 8000 anni a. C..La corrispondenza dell’antico nome ebraico con il nome bota-nico in qualche caso è sicura, in altri dubbia. Il miglio (Panicum miliaceum) e il panico (P. italicum) sono due specie biologicamen-te vicine e nelle citazioni antiche possono essere indicate con lo stesso nome «dohan». Queste graminacee originarie sono state forse uno dei primi «grani» utiliz-zati dall’uomo: la loro coltivazione richiede pochissime cure, quindi è adatta a popolazioni primitive e seminomadi. Il sorgo (Sorgum durra e specie affini) è una pianta con grosse pannocchie, di origine africana, anche questa di facile coltivazione: in ebraico è «durah» e non risulta con sicurezza nella Bibbia, ma potrebbe essere un’al-

ternativa di «dohan». L’orzo (Hor-deum vulgare) corrisponde sicu-ramente all’ebraico «sa‘arah». Ha spighe abbastanza simili a quelle del grano; in confronto a questo, ha molto minori esigenze clima-tiche, tanto che si coltiva dalla Scandinavia all’Equatore. Il frumento (il grano per eccellen-za) dal punto di vista botanico appartiene al genere Triticum: un genere che comprende numerose specie, attualmente classificate in tre grandi gruppi, dai quali de-rivano tutte le qualità coltivate. Oggi in tutto il mondo si coltiva prevalentemente il Triticum vulga-re o sativum, cioè il grano tenero per farina da pane; ma un tempo erano assai più diffusi il Triticum durum (grano duro), il Triticum monococcum o farro piccolo, il Triticum dicoccum o grande farro, il Triticum spelta o spelta ed altre specie oggi scomparse. In gene-re, l’ebraico «hittah» viene tradot-to come grano; «kusemet» come farro o spelta. Da notare che la Bibbia si riferisce talvolta ad un solo cereale, più spesso ad un gruppo di essi.

di fra Ginepro

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Le soluzioni dei QUIZ del 2015

Gennaio/Febbraio: (l’anagramma): TUTTI MI AME-RANNO.Marzo (la cifratura): LA MIA VIA √à SICURAAprile (il cruciverba): vedi immagineMaggio (l’ultima testimone): La “piccola” Maddalena, nipote delle rotara suor Maria-Elisabetta che accompa-gnò la salma di Teresa il 4 ottobre 1897.Giugno (la foto): La fotografia è stata scattata nel 1891 a La Musse, e ritrae Celine e Leonia Martin e Maria Guérin.(dov’è s. Teresa): La chiesa della foto è “San Luigi Gon-zaga” ad Oxford, Inghilterra.Luglio/Agosto (l’acrostico): Teresa scrisse una preghie-ra (P 9) in forma di acrostico utilizzando il nome di p. Pichon sj, ALMIRE. Eccola qui a fianco:

PREGHIERA DI UNA FIGLIA IN ESILIOAccanto a te, mio Dio, io ricordo un Padre,L’apostolo diletto del tuo Sacro Cuore.Ma in terra straniera è in esilio adesso.Il mio Pastore è tempo ormai che torni!Ridona alle tue figlie la luce e guidaE in Francia, o Dio, l’apostolo richiama.

Page 34: Il numero di dicembre 2015

30 Santa Teresa Dicembre 2015

affidati a s. teresa

le rose di s. teresa

nella pace del signore

BERTINO CAUCHIOLIVillafontana (VR)

“Nel giorno del tuo anniversario un pensiero specile vola a te in Cielo”.

I tuoi cari!

Ubaldo Scardoni, Villafranca (VR) - Maria Scardoni, Dossobuono (VR) nel XXXII anniversario.Giulia Melotti in Scardoni, Villafrana (VR) Idelma Bertuzzo in Scardoni (n. 29-12-1944 m. 5-05-2013) di Villafranca (VR)

“Laudato sii, mio Signore, per quelli che perdonano nel Tuo amore e sostengono infermità e sofferenze.Beati quelli che le sopporteranno in pace, perchè da Te, Altissimo, saranno incoronati” (S. Francesco)

MARIO DELL’ORA,(n. 6/02/1958 - 3/12/2014)

ANNAMARIA GIARIOLA(m. 2/02/2014)

di Ca’ degli Oppi (VR)

LINA MARCONI(n. 7/11/1931

m. 23/08/2015)di Domegliara (VR)

BRUNA BISSOLI VED. CAUCHIOLI

(n. 31/08/1930 m. 27/12/2014) Nel primo anniversario il nostro pensiero vola a te con tanto dolore. Ti ricor-deremo sempre. I tuoi cari

RENZO LORIS TORRI, (m. 17-12-1991)di Bovolone (VR)

FRANCESCO MION E ROSA LUGO, Sommacampagna (VR), nell’anniversario della loro scomparsa. “Non piangere la nostra assenza, sentiteci vicini e parlateci ancora. Noi vi ameremo dal cielo come vi abbiamo amato sulla terra”

(S. Agostino).

Nonna Elia affida alla protezione di santa Teresa i suoi cari nipotini Rebecca e Gabriel di Collecchio (PR).

I nonni Antonio e Pierina affidano con gioia alla protezio-ne di santa Teresa i loro nipotini Santin: Rachele, Riccar-do di Trevenzuolo (VR) e Matteo di Perzacco di Zevio (VR).

Nel 45° anniversario del loro matrimonio (11/10/2015) i nonni Pierina e Piergiorgio affidano alla protezione di S. Teresa i loro nipoti Giada, Elena, Leonardo e Maria.

Nozze di diamante (60°) per Urbano e Reda Bazzani,festeggiate in santuario. Sono le anime del nostro parco

giochi “Santa Teresa”.

Nel 50° Anniversario del loro matrimonio Erina Pesenti e Mario Tomba di Verona, Borgo Roma, si

affidano alla protezione di santa Teresa.

BENEDIZIONE DI UN VECCHIOPER CHI ONORA LA VECCHIAIA

Benedetti coloro che capiscono le mie mani che tremano e il mio cammino stanco. Benedetti coloro che parlano con voce alta per ri-sparmiare l’umiliazione della mia sordità. Benedetto chi finge corte-semente d’ignorare, durante i pasti, ciò che io faccio di scomposto. Benedetto chi mi offre un sorriso, una parola amabile o un po’ del suo tempo. Benedetti coloro che sapranno farmi rivivere i bei ricordi del tempo passato. Benedetti coloro che mi ascoltano con pazienza quando io ripeto le stesse cose o i ricordi della mia lontana giovinezza. Benedetto colui che mi aiuterà soprattutto quando non l’avrò chiesto. Benedetti coloro che si accorgono che la mia vista si annebbia e mi porgeranno una mano. Benedetti coloro che mi compatiranno e non mi faranno sentire il peso del mio pensiero che cammina a rilento.Benedetti coloro che mi stanno accanto e mi ricordano che sono sem-pre vivo e interessante, anche se non lo sono. Benedetto colui che mi dice e mi fa capire che c’è ancora qualcuno che mi ama e mi pensa. Benedetti quei giovani che non mi grideranno vecchiaccio! Benedetti tutti voi che busserete alla porta della mia solitudine e per il mio com-pleanno mi porterete un fiore.Benedetto chi mi mostra affetto e rispetto e la cui bontà verso di me mi fa pensare alla bontà di Dio. Benedetto chi scansa le spine sul mio cammino verso l’eternità. Quando avrò passato la soglia dell’Eternità, mi ricorderò di loro presso Dio il Signore.

(Da «Il vecchio e la vita» di E. Borra – Ed. Paoline)Questa preghiera è stata trascritta da mamma Lina su di un qua-dernino, che abbiamo trovato in un cassetto pieno dei suoi ricordi più cari, il giorno dopo la sua morte, avvenuta la domenica mattina del 23 agosto 2015.

Page 35: Il numero di dicembre 2015

30 Santa Teresa Dicembre 2015

affidati a s. teresa

le rose di s. teresa

nella pace del signore

BERTINO CAUCHIOLIVillafontana (VR)

“Nel giorno del tuo anniversario un pensiero specile vola a te in Cielo”.

I tuoi cari!

Ubaldo Scardoni, Villafranca (VR) - Maria Scardoni, Dossobuono (VR) nel XXXII anniversario.Giulia Melotti in Scardoni, Villafrana (VR) Idelma Bertuzzo in Scardoni (n. 29-12-1944 m. 5-05-2013) di Villafranca (VR)

“Laudato sii, mio Signore, per quelli che perdonano nel Tuo amore e sostengono infermità e sofferenze.Beati quelli che le sopporteranno in pace, perchè da Te, Altissimo, saranno incoronati” (S. Francesco)

MARIO DELL’ORA,(n. 6/02/1958 - 3/12/2014)

ANNAMARIA GIARIOLA(m. 2/02/2014)

di Ca’ degli Oppi (VR)

LINA MARCONI(n. 7/11/1931

m. 23/08/2015)di Domegliara (VR)

BRUNA BISSOLI VED. CAUCHIOLI

(n. 31/08/1930 m. 27/12/2014) Nel primo anniversario il nostro pensiero vola a te con tanto dolore. Ti ricor-deremo sempre. I tuoi cari

RENZO LORIS TORRI, (m. 17-12-1991)di Bovolone (VR)

FRANCESCO MION E ROSA LUGO, Sommacampagna (VR), nell’anniversario della loro scomparsa. “Non piangere la nostra assenza, sentiteci vicini e parlateci ancora. Noi vi ameremo dal cielo come vi abbiamo amato sulla terra”

(S. Agostino).

Nonna Elia affida alla protezione di santa Teresa i suoi cari nipotini Rebecca e Gabriel di Collecchio (PR).

I nonni Antonio e Pierina affidano con gioia alla protezio-ne di santa Teresa i loro nipotini Santin: Rachele, Riccar-do di Trevenzuolo (VR) e Matteo di Perzacco di Zevio (VR).

Nel 45° anniversario del loro matrimonio (11/10/2015) i nonni Pierina e Piergiorgio affidano alla protezione di S. Teresa i loro nipoti Giada, Elena, Leonardo e Maria.

Nozze di diamante (60°) per Urbano e Reda Bazzani,festeggiate in santuario. Sono le anime del nostro parco

giochi “Santa Teresa”.

Nel 50° Anniversario del loro matrimonio Erina Pesenti e Mario Tomba di Verona, Borgo Roma, si

affidano alla protezione di santa Teresa.

BENEDIZIONE DI UN VECCHIOPER CHI ONORA LA VECCHIAIA

Benedetti coloro che capiscono le mie mani che tremano e il mio cammino stanco. Benedetti coloro che parlano con voce alta per ri-sparmiare l’umiliazione della mia sordità. Benedetto chi finge corte-semente d’ignorare, durante i pasti, ciò che io faccio di scomposto. Benedetto chi mi offre un sorriso, una parola amabile o un po’ del suo tempo. Benedetti coloro che sapranno farmi rivivere i bei ricordi del tempo passato. Benedetti coloro che mi ascoltano con pazienza quando io ripeto le stesse cose o i ricordi della mia lontana giovinezza. Benedetto colui che mi aiuterà soprattutto quando non l’avrò chiesto. Benedetti coloro che si accorgono che la mia vista si annebbia e mi porgeranno una mano. Benedetti coloro che mi compatiranno e non mi faranno sentire il peso del mio pensiero che cammina a rilento.Benedetti coloro che mi stanno accanto e mi ricordano che sono sem-pre vivo e interessante, anche se non lo sono. Benedetto colui che mi dice e mi fa capire che c’è ancora qualcuno che mi ama e mi pensa. Benedetti quei giovani che non mi grideranno vecchiaccio! Benedetti tutti voi che busserete alla porta della mia solitudine e per il mio com-pleanno mi porterete un fiore.Benedetto chi mi mostra affetto e rispetto e la cui bontà verso di me mi fa pensare alla bontà di Dio. Benedetto chi scansa le spine sul mio cammino verso l’eternità. Quando avrò passato la soglia dell’Eternità, mi ricorderò di loro presso Dio il Signore.

(Da «Il vecchio e la vita» di E. Borra – Ed. Paoline)Questa preghiera è stata trascritta da mamma Lina su di un qua-dernino, che abbiamo trovato in un cassetto pieno dei suoi ricordi più cari, il giorno dopo la sua morte, avvenuta la domenica mattina del 23 agosto 2015.

Page 36: Il numero di dicembre 2015

NOTTE DI NATALE[24 dicembre 1896, LT 212]

Mia piccola diletta Sposa, Oh, come sono contento di te!... Tutto l’anno mi hai molto divertito giocando ai birilli! Ho provato tanto piacere che la corte degli Angeli era sorpresa e incanta-ta. Più d’un piccolo cherubino mi ha chiesto perché non lo avessi creato bambino. Più d’uno mi ha anche do-mandato se la melodia della sua arpa non mi fosse più gradevole del tuo riso gioioso quando fai cadere un birillo con la boccia del tuo amore. Io ho risposto ai miei piccoli cherubini che non dovevano essere dispiaciuti per il fatto di non essere dei bambini, poi-ché un giorno potranno giocare con te nei prati del Cielo. Ho detto loro che certamente il tuo sorriso era per me più dolce delle loro melodie, per-ché tu potevi giocare e sorridere solo soffrendo, dimenticando te stessa. Mia piccola amata sposa, ho qual-cosa da chiederti, me lo rifiuterai? Oh no, tu m’ami troppo per fare così. Eb-bene, io sto per confessarti che vorrei cambiare gioco; i birilli, sì, mi piac-ciono, ma io vorrei giocare ora alla Trottola e, se tu vuoi, sarai tu la mia trottola. Te ne do una per modello, non è bella, chi non sa come servirsene la allontanerà con un piede, ma un bam-bino al vederla salterà di gioia e dirà: « Che bello! può girare tutto il gior-no senza fermarsi... ». Io, che sono il piccolo Gesù, ti voglio bene anche se non hai attrattive e ti prego di girare sempre per farmi piacere... Ma per fare girare la trottola ci vogliono dei colpi di frusta... Ebbene! lascia che le tue sorelle ti rendano questo servizio e sii riconoscente verso quelle che sa-ranno le più assidue a non farti ral-lentare nel tuo movimento. Quando mi sarò divertito con te, ti porterò in alto e là potremo gioire senza soffrire... (Il tuo piccolo Fratello Gesù)

A Fianco: San Cristoforo, Chiesa di San Mar-tino, Vervò (TN)

SOSTEGNO € 15,00BENEFICENZA: € 25,00

VERSAMENTOC.C.P. 213371

OFFERTEORARIO SANTE MESSE

ORARIO FERIALE:7.00 - 8.00 - 9.00 - 10.00 16.30 - 18.30ORARIO FESTIVO:7.30 - 8.30 - 9.30 - 10.3012.00 - 16.30 - 18.30

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PADRI CARMELITANI SCALZI San-tuario di S. Teresadel Bambino Gesù Via Volturno, 137135 Verona - tel. 045.500.266 fax [email protected]

I pp. carmelitani scalzi del santuario disanta Teresa di G. B. augurano a tutti i devoti lettori

e alle loro famiglie un santo e gioioso Natale del Signore.Portiamo Gesù nel nuovo anno del Signore duemilasedici!