Giornalino38 web

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Periodico di informazione, cultura e curiosità edito dalla redazione giornalistica del “G. B. Cerletti” Via XXIII Aprile,20 31015 Conegliano (TV) www.isisscerletticonegliano.gov.it; e - mail: [email protected] Anno 13, Numero 38, Marzo 2015 Cari amici de La Cantina, ben ritrovati! Non c’è dubbio alcuno che stiamo vivendo una stagione storica della nostra esistenza particolarmente drammatica. I fatti di Parigi (ai quali dedi- chiamo la copertina) sono solo uno dei tanti episodi che ango- sciano la civiltà moderna sfre- giata dalle lame impietose del Califfato. Dall’Iraq alla Siria, dallo Yemen alla Somalia, dal- la Nigeria al Mali, per finire sulla sponda opposta del Medi- terraneo nella martoriata Libia, le bandiere nere e sinistre dello Stato Islamico sventolano mi- nacciose. E chissà per quanto tempo ancora, perché è eviden- te che l’Isis , facendo leva sulla povertà economica dei più ma attirando anche frotte di euro- pei convertiti o di simpatizzan- ti, occuperà per molti anni le cronache quotidiane della no- stra vita. In qualunque modo la pensiate, quello che è successo a Parigi al settimanale Charlie Hebdo ci deve far riflettere su quale sia il giusto modo per depotenziare l’orda barbara e ridurne la rabbia distruttiva. La sfida a mio avviso la si può condurre e forse vincere solo trovando una solida sponda dialettica con l’islam modera- to. Non è con le provocazioni o con la violenza che si può argi- nare l’azione suicida dello shaid (martire). La libertà di opinione e di pensiero (quella per intenderci dei vignettisti di Charlie) non è in discussione, ma non deve mai essere libertà di offendere le convinzioni e i sentimenti più profondi delle persone, siano esse musulma- ne, cristiane o induiste. (continua a pag 16) L'IMPORTANZA DI ESSERE CHARLIE LA CANTINA A volte però offende più la lingua della spada Come dimenticare l'inizio non proprio roseo di questo 2015? Quello che passerà alla storia come l'attentato al giornale satirico Charlie Hebdo avvenuto il 7 gennaio a Parigi è un avvenimento che ha fatto molto parlare di sé. Un evento che ha aperto molti dibattiti in giro per il globo: dai giornalisti, agli esperti del settore, dai baristi ai barbieri, tutti a discute- re dell'accadu- to nei giornali, nei talk show, nelle piazze, praticamente ovunque. C'è chi si sente di sottolineare che se si parla di islamisti, di terrorismo islamico o di fanatici dell'islam è innega- bile il coinvolgimento della religione islamica. D'altra parte, però, c'è chi evidenzia come molti leader abbiano utilizzato un linguaggio, se non un movente religioso, per portare avanti ideali pro- gressisti; i casi più noti sono quelli del Dalai Lama e di Martin Luther King. Però è vero che ci sono altrettanti leader che hanno usato Dio per commettere massacri opprimere popoli. Poi c'è una fazione che scende allo stesso livello degli islamofo- bi, che piuttosto di capire quello che sta succedendo, preferisce addentrarsi in discussioni teologiche, svi- scerando il corano per estrarne il vero significato: Si parla di sottomissione, ma spirituale" o anche "Il Jihad è una guerra interiore contro le tentazioni e non contro gli infedeli". Il Corano, comun- que, non sarebbe l'unico testo sacro da cui si possono ricavare più interpretazioni, nella bibbia Gesù afferma: "bisogna tagliare la mano che dà scandalo", ma il pro- blema non sta nell'interpre- tazione che si può dare al Corano. I musulmani sono oltre un miliardo e mezzo; come si spiega allora che il mondo non conti un miliar- do e mezzo di terroristi? E se il problema non fosse direttamente religioso? Co- munque oltre ai dibattiti sul vero e proprio attentato, si è sviluppata una discussione sui limiti della libertà di stampa: memorabili le im- magini di oltre 2 milioni di persone che al grido di "Je suis Charlie" e con la matita puntata al cielo protestano per la libertà di stampa a Parigi. Giusto, ma cosa vuol dire libertà di stam- pa? Poter insultare istitu- zioni religiose e politiche senza ritegno? I vignettisti si difendono affermando che la satira ha una sola regola: deve andare dai più deboli verso i potenti, ha una sola direzione, non va contro delle vittime, ma contro chi detiene il pote- re. Poi ci sono quei giorna- li, come "Il Corriere della Sera" che vende in allegato una raccolta di omag- gi di vari artisti a Charlie Hebdo ed alla così tanto citata liber- tà di stampa, senza chiederne i diritti. Interessante come siano state esposte tutte quelle matite in nome della liber- tà di espressione da editori che se ne fregano dei diritti d'autore. Ma non è l'unica stranezza riguar- dante Charlie Hebdo. Pare che, solo in Francia, più di 50 persone abbiano prova- to a registrare il logo "Je suis Charlie", motto che è stato pensato da un giorna- lista francese e che in poco tempo è diventato virale attraversando il globo. Curioso vedere come an- che dietro alla morte di persone e ad un attentato terroristico che smuove la coscienza di milioni di per- sone, ci sia della gente di- sposta a sfruttare il tutto (continua a pag. 2) Jonathan Zalamena 6VB Il PUNTO

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giornalino scolatico isiss g.b. cerletti

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P e r i o d i c o d i i n f o r m a z i o n e , c u l t u r a e c u r i o s i t à e d i t o d a l l a r e d a z i o n e

g i o r n a l i s t i c a d e l “ G . B . C e r l e t t i ”

V i a X X I I I A p r i l e , 2 0 3 1 0 1 5 C o n e g l i a n o ( T V )

w w w . i s i s s c e r l e t t i c o n e g l i a n o . g o v . i t ; e - m a i l : i n f o @ i s i s s c e r l e t t i . i t

Anno 13, Numero 38, Marzo 2015

Cari amici de La Cantina, ben

ritrovati!

Non c’è dubbio alcuno che

stiamo vivendo una stagione

storica della nostra esistenza

particolarmente drammatica. I

fatti di Parigi (ai quali dedi-

chiamo la copertina) sono solo

uno dei tanti episodi che ango-

sciano la civiltà moderna sfre-

giata dalle lame impietose del

Califfato. Dall’Iraq alla Siria,

dallo Yemen alla Somalia, dal-

la Nigeria al Mali, per finire

sulla sponda opposta del Medi-

terraneo nella martoriata Libia,

le bandiere nere e sinistre dello

Stato Islamico sventolano mi-

nacciose. E chissà per quanto

tempo ancora, perché è eviden-

te che l’Isis , facendo leva sulla

povertà economica dei più ma

attirando anche frotte di euro-

pei convertiti o di simpatizzan-

ti, occuperà per molti anni le

cronache quotidiane della no-

stra vita. In qualunque modo la

pensiate, quello che è successo

a Parigi al settimanale Charlie

Hebdo ci deve far riflettere su

quale sia il giusto modo per

depotenziare l’orda barbara e

ridurne la rabbia distruttiva. La

sfida a mio avviso la si può

condurre e forse vincere solo

trovando una solida sponda

dialettica con l’islam modera-

to. Non è con le provocazioni o

con la violenza che si può argi-

nare l’azione suicida dello

shaid (martire). La libertà di

opinione e di pensiero (quella

per intenderci dei vignettisti di

Charlie) non è in discussione,

ma non deve mai essere libertà

di offendere le convinzioni e i

sentimenti più profondi delle

persone, siano esse musulma-

ne, cristiane o induiste. (continua a pag 16)

L'IMPORTANZA DI ESSERE CHARLIE

LA CANTINA

A volte però offende più la lingua della spada Come dimenticare l'inizio

non proprio roseo di questo

2015? Quello che passerà

alla storia come l'attentato al

giornale satirico Charlie

Hebdo avvenuto il 7 gennaio

a Parigi è un avvenimento

che ha fatto molto parlare di

sé. Un evento che ha aperto

molti dibattiti in giro per il

globo: dai giornalisti, agli

esperti del settore, dai baristi

ai barbieri,

tutti a discute-

re dell'accadu-

to nei giornali,

nei talk show,

nelle piazze,

praticamente

ovunque. C'è

chi si sente di

sottolineare

che se si parla

di islamisti, di

terrorismo

islamico o di

fanatici dell'islam è innega-

bile il coinvolgimento della

religione islamica. D'altra

parte, però, c'è chi evidenzia

come molti leader abbiano

utilizzato un linguaggio, se

non un movente religioso,

per portare avanti ideali pro-

gressisti; i casi più noti sono

quelli del Dalai Lama e di

Martin Luther King. Però è

vero che ci sono altrettanti

leader che hanno usato Dio

per commettere massacri

opprimere popoli. Poi c'è

una fazione che scende allo

stesso livello degli islamofo-

bi, che piuttosto di capire

quello che sta succedendo,

preferisce addentrarsi in

discussioni teologiche, svi-

scerando il corano per

estrarne il vero significato:

Si parla di sottomissione, ma

spirituale" o anche "Il Jihad

è una guerra interiore contro

le tentazioni e non contro gli

infedeli". Il Corano, comun-

que, non sarebbe l'unico

testo sacro da cui si possono

ricavare più interpretazioni,

nella bibbia Gesù afferma:

"bisogna tagliare la mano

che dà scandalo", ma il pro-

blema non sta nell'interpre-

tazione che si può dare al

Corano. I musulmani sono

oltre un miliardo e mezzo;

come si spiega allora che il

mondo non conti un miliar-

do e mezzo di terroristi? E

se il problema non fosse

direttamente religioso? Co-

munque oltre ai dibattiti sul

vero e proprio attentato, si è

sviluppata una discussione

sui limiti della libertà di

stampa: memorabili le im-

magini di oltre 2 milioni di

persone che al grido di "Je

suis Charlie" e con la matita

puntata al cielo protestano

per la libertà di stampa a

Parigi. Giusto, ma cosa

vuol dire libertà di stam-

pa? Poter insultare istitu-

zioni religiose e politiche

senza ritegno? I vignettisti

si difendono affermando

che la satira ha una sola

regola: deve andare dai

più deboli verso i potenti,

ha una sola direzione, non

va contro delle vittime, ma

contro chi detiene il pote-

re. Poi ci sono quei giorna-

li, come "Il Corriere della

Sera" che vende in allegato

una raccolta di omag-

gi di vari artisti a

Charlie Hebdo ed alla

così tanto citata liber-

tà di stampa, senza

chiederne i diritti.

Interessante come

siano state esposte

tutte quelle matite

in nome della liber-

tà di espressione da

editori che se ne

fregano dei diritti

d'autore. Ma non è

l'unica stranezza riguar-

dante Charlie Hebdo. Pare

che, solo in Francia, più di

50 persone abbiano prova-

to a registrare il logo "Je

suis Charlie", motto che è

stato pensato da un giorna-

lista francese e che in poco

tempo è diventato virale

attraversando il globo.

Curioso vedere come an-

che dietro alla morte di

persone e ad un attentato

terroristico che smuove la

coscienza di milioni di per-

sone, ci sia della gente di-

sposta a sfruttare il tutto

(continua a

pag. 2)

Jonathan

Zalamena 6VB

I l PUNTO

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LA CANTINA Anno 13, Numero 38, Marzo 2015 Pagina 2

Una lunga e drammatica scia di terrore

Il 7 gennaio 2015 a Parigi è avvenuto un attentato ai danni

del giornale satirico Charlie Hebdo, un periodico settima-

nale francese molto criticato per le sue vignette spesso ac-

cusate di cattivo gusto. Oltre a prendere di mira i politici il

settimanale pubblica spesso articoli o immagini irrispettose

verso religioni come l’ebraismo, il cattolicesimo e anche l’i-

slam. Il 9 febbraio aveva diffuso delle vignette con Mao-

metto, che secon-

do la religione

islamica non può

essere raffigura-

to. La notte del

primo settembre la

sede è stata presa

d’assalto con bom-

be Molotov, e da

quel giorno è scat-

tato per loro un

piano di protezione

da parte delle forze

di polizia francese.

Nei mesi prece-

denti al fatidico 7 gennaio la Francia, come altri paesi, era

stata messa in allerta poiché si erano riscontrati attentati ricon-

ducibili ai fanatici dell’ISIS, ma questo non è servito ad evita-

re la tragedia. Il 7 gennaio alle 11.30 Said Kouaki e Chérif

Kouaki, due fratelli franco-algerini, si sono introdotti nella

sede di Charlie Hebdo mascherati e armati di AK-47; ser-

vendosi della disegnatrice Corinne Rey hanno aperto il

fuoco sui dipendenti massacrandone dodici sotto il grido di

“Allāh u Akbar”, “Allah è grande”. Fuggiti con una Ci-

troen C3 nera dopo aver ucciso il poliziotto di sicurezza del

giornale, Franck Brinsolaro, si sono imbattuti in un’auto della

polizia e hanno ammazzato il già ferito poliziotto Ahmed Me-

rabet, di religione mussulmana. Hanno poi abbandonato la

Citroen e rubato l’auto a un civile per fuggire.

Ma la terribile vicenda non si è conclusa quel giorno. Nei due

seguenti si sono verificati altri attentati in cui sono rimasti

uccisi in 4 e quattro gravemente feriti. Gli ultimi attentati han-

no evidenziato una componente antisemita: tutte e quattro le

vittime erano infatti di religione ebraica.

Sono state giornate drammatiche nelle quali la popolazione

francese ha contato ben diciassette morti e undici feriti. Il pre-

sidente François Hollande ha promesso di opporsi con tutte le

forse possibili al terrorismo, e molti leader politici hanno

espresso solidarietà e vicinanza alla Francia come Matteo

Renzi, i presidenti della Russia e degli USA, il primo ministro

britannico e olandese, il consiglio di sicurezza dell’ONU, la

Lega Araba e l’Università egiziana di Al-Azhar. Anche il

leader del partito sciita ha manifestato il proprio disappunto

definendo i terroristi “takfir”, cioè apostati, e considerando le

loro azioni insulti all’Islam. L’11 gennaio tre milioni e mezzo

di francesi hanno espresso la loro solidarietà alle vittime

dell’attentato con un corteo lungo le strade dei Parigi. Le rea-

zioni sono state forti in tutti i paesi occidentali, internet è stato

invaso da post e immagini riguardanti i fatti sopra descritti. La

frase “siamo tutti Charlie Hebdo” è stata ripetuta da tutti, ap-

prezzata e contestata. Ma lo siamo davvero? Questa domanda

è complicata e ha molteplici possibili risposte. Il periodico

Charlie Hebdo è stato criticato fin dalla sua nascita nel

1970: le sue vignette sono spesso molto offensive e non ri-

sparmiano nessuno, quindi nonostante io sia vicino alle

vittime non me la sentirei di condividere la posizione del

settimanale.

Ma se la vediamo da un altro punto di vista questo giorna-

le è diventato un simbolo e con l’ espressione Je suis Char-

lie si può anche intendere che si è contro ogni forma di

violenza o che

si è uniti nella

lotta al terrori-

smo.

Quindi non

penso che que-

sto slogan sia

giusto o sba-

gliato, ma che

ognuno di noi

dovrebbe deci-

dere solamente

da che punto di

vista osservar-

lo. Sicuramente la lotta al terrorismo è ancora lunga, ma non

riguarda solo le forze armate o di polizia dei paesi coinvolti:

tutti possiamo dare un contributo dimostrando che il nostro

stile di vita è migliore, che non perderemo tutto ciò che abbia-

mo guadagnato in questi anni di storia e che continueremo a

migliorare. Sicuramente, l’ondata di razzismo che si è sca-

tenata contro gli islamici non ci fa onore e non migliorerà

di certo le cose, visto che è infondata e che la maggior par-

te degli islamici soffre la dittatura delle organizzazioni co-

me l’ISIS. Loro, come noi, non avrebbero mai voluto che

tutto questo accadesse.

Dante Zardetto 2AVE

La cronaca dei fattiLa cronaca dei fattiLa cronaca dei fatti

per farci qualche spicciolo. Insomma Charlie Hebdo si è rivelato, per questo inizio 2015, un’ ottima grancassa mediatica da

sbranare sotto più punti di vista. Molto probabilmente è tanta l'ipocrisia che si cela sotto le parole "Je suis Charlie". Urlate

perché andava fatto, perché tutti lo facevano, condividendole sui social media per sentirsi con la coscienza pulita. Come in

ogni cosa contano i numeri, ci siamo dimostrati uniti contro il terrorismo e contro l'oppressione delle idee ed è questo l'impor-

tante. Forse ancora più ipocrita però è stato il corteo che l'11 gennaio ha attraversato le strade parigine, composto da

politici che forse speravano che, con la loro presenza, il mondo si dimenticasse dei loro scheletri nell'armadio. Tra i

presenti paesi come: l’Egitto (al 159° posto su 180 nella classifica della libertà di stampa 2014), Turchia (154°), Russia

(148°) o Emirati Arabi Uniti (118°). (J.Z.)

Continua dalla prima pagina

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LA CANTINA Anno 13, Numero 38, Marzo 2015 Pagina 3

Je suis hypocrite di Manuel Dal Bianco 6VB

Ci siamo rotti la schiena per poter scrivere e parlare liberi e ci hanno spezzato la matita e mozzato la lingua.

Ci siamo spezzati pur di non piegarci: ci hanno rotto il collo e tagliato la gola.

Abbiam creato reti informatiche per essere liberi di sapere e comunicare ma abbiamo solo alzato inconsapevoli le sbarre della prigione in cui ci hanno intrappolato.

Ci siamo alzati per difendere il nostro credo anche con le armi, ma abbiamo solo creato pretesti per combattere in nome del credo.

Abbiamo lottato per pace, fraternità ed uguaglianza nel mondo ma siamo uniti e uguali solo sotto maschere o cappucci neri.

Ci siamo uniti e abbiamo creato regole e società per stare bene tutti insieme, ma lottiamo perché immolarci sull’altare della gratificazione personale.

Abbiamo riso e abbiamo pianto perché questo è l' uomo poi ci siamo abbandonati ad azione e istinto come gli animali.

Abbiamo abbandonato lungo la strada la pietà e la ragione come fosse un cane poi abbiamo pianto i compagni perduti senza aver provato realmente ad aiutarci.

Abbiamo costruito un mondo basato sull' uomo e i suoi vizi e abbiamo inesorabilmente distrutto il mondo basato sulla natura e le sue leggi.

Ci stiamo infine distruggendo perché incapaci di regolare il nostro essere e stiamo costruendo questa realtà perché incapaci di vivere liberamente.

Non cerchiamo il male nelle cose o negli altri ma troviamo piuttosto ciò che di buono c'è in noi.

In questi mesi si è molto parlato dei terroristi isla-

mici dell’ISIS e in particolar modo dell’attentato

alla redazione del giornale satirico francese Charlie

Hebdo. Centinaia di migliaia di persone si sono

riversate nelle piazze di tutto il mondo. Hanno ma-

nifestato alzando matite al cielo e mostrando cartel-

li con la scritta “je suis Charlie”. Tre parole di soli-

darietà per condividere il desiderio di libertà. Liber-

tà che il giornale ha sempre manifestato pubblican-

do vignette irriverenti. Fin dove deve spingersi però

la libertà di stampa? È giusta una libertà che deride

ciò che è sacro per migliaia di persone? Penso di

no. Charlie ha sempre manifestato una spiccata

mancanza di rispetto nei confronti della religione

con vignette molto pesanti anche verso la religione

cristiana. Dopo l’atto terroristico è stata scelta an-

cora la provocazione raffigurando Maometto in

prima pagina dimostrando, certo, libertà e coraggio

ma anche mancando di rispetto a tutti i mussulma-

ni. Forse avrebbero dimostrato più libertà e co-

raggio ridicolizzando gli attentatori o il calif-

fo Abu Bakr Al Baghdadi (capo dell’ISIS)

annientando così la paura che intende incute-

re. Non si ha libertà senza rispetto. I valori e

le convinzioni di un gruppo non sempre corri-

spondono a quelle di un altro, quindi bisogna

porre dei limiti alla libertà per non compromet-

tere quella degli altri. L’atto terroristico com-

piuto con devastante ferocia non è certo giu-

stificabile né mai lo sarà. Abbiamo a disposi-

zione la legge per far valere le nostre ragioni

e la parola: informando ed educando si ridu-

ce l’intolleranza. Penso che la vera risposta

dei francesi e del resto dell’Europa sia stata

la partecipazione. L’unità è la

forza in grado di sconfiggere

il terrore.

Marta Scandiuzzi 3BGT

La libertà va difesa con il diritto

Buona Pasqua da LA CANTINA

Ma non quello di offendere...

Page 4: Giornalino38 web

LA CANTINA Anno 13, Numero 38, Marzo 2015 Pagina 4

Una penna fa più rumore di 100 Kalashnikov

Ha sorpreso, negativamente, la tempestività con cui l’assesso-

re alla Pubblica istruzione del Veneto Donazzan ha diramato,

sull’onda dei fatti di Parigi, una circolare in cui chiedeva alle

famiglie degli alunni musulmani di condannare apertamente

gli attentati di Parigi. L’iniziativa definita” inadeguata e irre-

sponsabile” ,perché nuoce agli studenti, da parte dell’onore-

vole Malpezzi della commissione Cultura della Camera ha

lasciato basiti perché di sicuro non aiuta a stemperare il clima

di scontro ma al contrario lo alimenta. La tensione tra culture

e religioni diverse purtroppo in atto nel nostro mondo moder-

no non può essere fomentata da circolari incendiarie come

quella dell’assessore, ma affrontato invece con il dialogo, so-

prattutto all’interno di una istituzione come la scuola. La diffi-

denza nei confronti del mondo islamico, anche di quello mo-

derato, da parte della Donazzan, sono noti: dalla battaglia con-

tro il velo indossato dalle ragazze, ai sospetti sui sermoni in

arabo nelle moschee, dall’invocazione di leggi speciali come

ai tempi delle brigate Rosse, al ripristino delle frontiere con

l’abbattimento di Shengen. Argomenti assolutamente legittimi

e sui quali si può e si deve discutere ma mai con il piglio pe-

rentorio di certe circolari che finiscono per fomentare l’odio

nei confronti di chi professa una religione diversa dalla cri-

stiana. Dov’era l’assessore quando in Norvegia il folle

“crociato” Breivik, simpatizzante dell’estrema destra, ha aper-

to il fuoco uccidendo 69 persone e ferendone 55 in modo gra-

ve per fermare, come lui stesso ha affermato nel processo,

"una decostruzione della cultura norvegese per via dell'immi-

grazione in massa dei musulmani"? Per par condicio si sareb-

be dovuto chiedere scusa ai musulmani frequentanti le nostre

scuole per l’atto di violenza efferata commessa in nome della

purezza cristiana della Norvegia… O no?(d.b.)

Parigi. 7 gennaio 2015. Fredda mattinata d’inverno francese.

Tra le mura della sede del periodico settimanale satirico Char-

lie Hebdo si tiene una riunione della redazione del giornale.

Clima pungente e irriverente, come lo spirito delle sue stesse

pagine.11.30 circa. L’atmosfera si

fa gelida. Due uomini incappuc-

ciati. Kalashnikov stretto tra le

mani. Le grida fredde di elogio a

un dio “Allah Akbar” (Allah è

grande). I colpi assordanti. Il fuo-

co. 12 corpi riversi a terra. Il san-

gue. Un attentato alla libertà. Al-

Qaeda rivendica l’assassinio, l’as-

salto al diritto d’espressione, al

diritto all’esistenza. Il diritto alla

vita non conosce “se” e non cono-

sce “ma”. Non può, non deve esse-

re leso mai. La satira si sa, non è

satira se non è pungente, accatti-

vante, caustica e irriverente; talvolta una semplice vignetta

può portare ad offendere, ma le vie d’espressione sono infini-

te. Nessuna offesa giustifica però il diritto a ledere nemmeno

la più piccola libertà di un individuo. Gli atti brutali si sento-

no forti e sicuri, ma la non-paura lo è di più. Ci si può liberare

della violenza solo attraverso la non violenza, insegna il mae-

stro di pace Mahatma Gandhi. “ Ci sono cose per cui sono

disposto a morire, ma non ce ne è nessuna per cui sarei dispo-

sto ad uccidere “ continua il grande filosofo indiano, simbolo

della non-violenza. Nella vita c’è bisogno di coraggio. Solo

questo sa godere i pieni diritti di pensiero, d’opinione e d’e-

spressione, in ogni loro forma. L’audacia sa stringere una pen-

na e denunciare. E una penna può intimidire più di qualsiasi

arma. Non è questione di religione o di nazionalità, di essere

o non essere Charlie, il problema è ben più profondo: ognuno

dovrebbe essere pronto a difendere

un diritto a testa alta, sconfiggendo

la paura in ogni momento. “ Per-

ché questa vita non ha significato

se hai paura di una bomba o di un

fucile puntato…” scrive nella sua

canzone Fabrizio Moro, noto can-

tante italiano. Ed è proprio così. La

paura è una restrizione della libertà

e di un’intera esistenza. Non si può

vivere nel timore. La violenza

crede di spaventare, talvolta ci

riesce anche, ma il bisogno di di-

fendere un ideale, un’opinione, un

diritto, o la libertà, non si lascia

intimidire e passa oltre. Una penna nel suo silenzio ha la capa-

cità di far più rumore di mille cannoni. Stringerla tra le mani e

affidarle le proprie idee è il modo più efficace per essere un

uomo libero. Una penna che non conosce paura, è inchiostro

che non avvista confini.

“ E’ bello morire per ciò in cui si crede; chi ha

paura muore ogni giorno, chi non ha paura

muore una volta sola.” Paolo Borsellino

Jasmine D’Ambroso 5^ APT

Quanta fretta e quanto zelo, assessore!

Mirco Balliana e Christopher Bonifacio della classe 6^ VA sono i due allievi selezionati per la partecipazione

all’EUROPEA WINE CHAMPIONSHIP che si terrà a Klosterneuburg (Austria) dal 7 all’ 11 aprile 2015.

L’allievo che parteciperà allo scambio “Romeo Bragato” con l’ E.I.T. di Hawke’s Bay (Nuova Zelanda) nell’ agosto

2015 è Alessandro Mangiameli della classe 4^ AVE.

Ben Tombs dell’ Eastern Institute of Technology dal 10 gennaio al 22 febbraio ha visitato vigneti e cantine nelle regioni del Veneto, Friuli,

Trentino-Alto Adige, Toscana, Marche e Piemonte e trascorso una settimana da turista a Roma, sulla costiera amalfitana e a Perugia.

Sessennio: dal 2015-16 inizia il percorso formativo annuale che prevede lezioni teoriche e pratiche per acquisire il titolo di enotecnico

NEWSNEWSNEWS

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LA CANTINA Anno 13, Numero 38, Marzo 2015 Pagina 5

Nome: Gian Paolo

Soprannome: Giampy

Hobby: Il “fai da te” e la bicicletta.

Generi musicali: I cantautori italiani, soprat-

tutto De Gregori.

Piatto preferito: La pizza e la pasta.

Dove si concederebbe un viaggio? Vorrei riu-

scire a fare Il Cammino di Santiago, tutto o una buona parte.

Com’era da giovane? Tranquillo, forse anche ingenuo.

Cosa voleva fare da bambino? Avevo il pallino per i motori.

Si sarebbe mai aspettato di diventare insegnante? Non proprio.

Ci sono arrivato quasi per caso o per una serie di strane coinciden-

ze.

Un aspetto positivo e uno negativo del suo lavoro: Stando in mez-

zo ai giovani ti mantieni giovane. La materia IRC che è spesso

snobbata.

Un aspetto positivo e uno negativo della scuola: Ha la possibilità,

istruendo gli studenti, di formare le persone. Spesso rischia di essere

un mondo a parte, staccato dalla società e dal mondo del lavoro.

In quale animale si rispecchia? Nel leone o nella gazzella che ogni

giorno si sfidano nella savana.

La prima cosa che guarda in una donna? Gli occhi! e il suo modo

di essere e di rapportarsi con gli altri.

Crede in Dio? Assolutamente sì!

Cosa c’è dopo la morte? Un’altra vita dove ci ritroveremo e com-

pleteremo quello che non siamo riusciti ad essere qui.

Favorevole o contrario ai matrimoni gay? Contrario. Non giudico

le scelte affettive particolari, ma favorevole al riconoscimento delle

coppie di fatto.

Favorevole o contrario all’aborto? Contrario, però è una scelta

personale: legale per lo stato, immorale per chi crede.

Favorevole o contrario alla legalizzazione della cannabis? Con-

trario! “Preferisco le persone lucide” come disse don Ciotti.

Dia un consiglio ai suoi colleghi: Se mi è permesso: sempre dispo-

nibili, aperti e capaci di rimettersi in discussione.

Dia un consiglio agli studenti: Il vostro è il tempo della Formazio-

ne! Credeteci, vi state costruendo la vita e il futuro.

Faccia a faccia tra i Proff. Cadamuro e De Vecchi

Nome: Egidio

Soprannome: Elettrico

Hobby: un po' di running

Generi musicali: progressive datato

Piatto preferito: grigliatina mista

Dove si concederebbe un viaggio?

nel Nord America

Com'era da giovane? Con più capelli, avevo una testa

riccioluta così!

Cosa voleva fare da bambino? Progettare qualcosa di

nuovo nell'ambito dell'agricoltura

Si sarebbe mai aspettato di diventare insegnante? E'

stata una scelta naturale, compiuta in rapporto allo studio

universitario

Un aspetto positivo e uno negativo del suo lavoro: il

costante contatto con gli studenti ci mantiene sempre un

po' giovani, ma vi intercorre il pericolo di diventare bam-

bini

Un aspetto positivo e uno negativo della scuola: la

scuola riveste l'importante ruolo di contribuire alla for-

mazione delle nuove generazioni, ma offre poche innova-

zioni

In quale animale si rispecchia? Lupo

La prima cosa che guarda in una donna? Gli occhi

Crede in Dio? Sì

Cosa c'è dopo la morte? Una vita diversa

Favorevole o contrario ai matrimoni gay? Indifferente

Favorevole o contrario all'aborto? Contrario

Favorevole o contrario alla legalizzazione della canna-

bis? Escludendo l'utilizzo per la terapia medica, credo

sarebbe la legalizzazione di un qualcosa di prevalente-

mente negativo

Dia un consiglio ai suoi colleghi: credere nell'unicità

delle esperienze e nella necessità di viverle in prima per-

sona

Dia un consiglio agli studenti: il medesimo

Interviste a cura di Nicole Dalla Torre 5AVE e Francesca Dabbà 5BGT

I N T E R V I S T A D O P P I AI N T E R V I S T A D O P P I AI N T E R V I S T A D O P P I A

La vignetta di Gaia

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LA CANTINA Anno 13, Numero 38, Marzo 2015 Pagina 6

Ciliege dolci come quelle italiane, ma grandi come quelle americane.

Pere che maturano in primavera e in autunno e non solo in estate.

Kiwi che resistono alla carie (la malattia che ne distrugge le foglie e i

fusti). La frutta, ai giorni nostri, non cresce da sola sugli alberi. Sola-

mente conoscendo la genetica, la scienza che studia il DNA

(presente nel nucleo, il cuore di ogni cellula), i ricercatori riesco-

no ad ottenere frutti con le caratteristiche desiderate: più grossi,

succosi e resistenti alle malattie. Questa conoscenza si è sviluppata

negli ultimi decenni: l'intero genoma della mela è stato scoperto solo

4 anni fa! Contemporaneamente allo sviluppo, però sono sorti

anche molti problemi: quando si parla di

“genetica” e “piante” nella stessa frase, si

pensa subito agli OGM. Nonostante i timori, le

polemiche e le preoccupazioni, però, questa

tecnica continua la sua ricerca di anno in anno. È

un vero campo minato: per dire, è solo di qual-

che mese fa il voto della Commissione Ambien-

te dell'Unione Europea che autorizza i Paesi a

limitare o proibire le coltivazioni OGM, che in

Italia non sono ammesse. I genetisti dell'Uni-

versità di Bologna, uno dei centri più attivi in

Italia, per evitarlo, stanno cercando tecniche

alternative: una di quelle più avanzate e con

risultati molto promettenti è quella di non

ricorrere alla “modifica genetica”. Grazie a questa tecnica, si riesce

a migliorare la pianta senza inserire nelle cellule geni estranei, il pro-

cedimento che invece viene usato negli OGM. La tecnica si chiama

“selezione assistita dai marcatori”. Si può immaginare come una

caccia al tesoro nel DNA: in primo luogo si trovano i geni interes-

sati e, successivamente, si coltiva la pianta per farla riprodurre. I

marcatori molecolari sono particolari sequenze più o meno lun-

ghe del DNA, senza una funzione precisa, che si trovano accanto

al gene interessato. Il gene e il marcatore sono adiacenti, ma que-

st'ultimo è più facile da trovare. Per esempio la resistenza alla tic-

chiolatura del melo, causata da un fungo, è controllata da uno o più

geni, ognuno dei quali ha un marcatore. Ci sono molteplici sistemi

per scoprire la presenza dei marcatori, ma il procedimento è molto

simile a quello usato dalla polizia per determinare se il DNA raccolto

appartenga o meno a un sospetto. Se i marcatori sono uguali, il DNA

è lo stesso. Per le piante il processo è molto simile, in linea teorica,

ma dal punto di vista pratico è molto più complicato: il patrimonio

genetico dei vegetali è molto più ampio di quello umano: pensate che

il genoma della mela contiene la bellezza di 57.000 geni, quasi il

triplo di quello dell'uomo, che ne ha “solo” 22.000! Pensate che perfi-

no la fragola ha 34.000 geni! A complicare le cose è il fatto che la

biodiversità della frutta è molto elevata, quindi una varietà può avere

un patrimonio genetico diversissimo da un'altra. Pensate solo che due

tipi di fragole sono molto meno imparentati tra loro di un esquimese

con un pigmeo. Insomma, è come cercare un ago in un pagliaio. La

ricerca dei marcatori però è solo uno dei passaggi, il più avanzato

tecnicamente, che si va ad inserire nei metodi tradizionali. I ri-

cercatori, infatti, trovano informazioni e materiale nella banca

del germoplasma, una collezione di semi usata ad archivio, con

l'elenco e le caratteristiche delle singole varietà di frutta. Qui

vengono scelte le piante genitrici. Il passo successivo è quello

dell'unione del polline all'ovario: ovvero

incrociare A con B per ottenere C con le

caratteristiche combinate di A e B, ma non

sempre va a buon fine. I semi quindi vengo-

no seminati per ricavarne migliaia di piantine

allevate nelle serre dell'università. A questo

punto bisogna aspettare qualche anno per

vedere i risultati. Fortunatamente la genetica

velocizza questo processo: quando le piantine

nate di semi sono ancora piccole, si esamina

il frammento di una fogliolina per vedere se

contiene o meno i marcatori e si scartano gli

esemplari che non li possiedono. In questo

modo si riesce a velocizzare il processo di

selezione di un nuovo frutto, che normalmente dura circa 15-20 anni,

a 10 anni, che è un tempo molto simile per la produzione di una culti-

var OGM. Anche se i tempi si accorciano il rendimento rimane bas-

sissimo: infatti nonostante l'aiuto della scienza, incrociando due va-

rietà si possono ottenere piante con proprietà negative. Completati i

vari processi di modifica genetica, bisognerà aspettare ancora

qualche raccolto per il capire se le proprietà ottenute sono stabili.

L'ultimo passo è far assaggiare i frutti ad un panel di esperti che

danno un parere generale. Poi ad un gruppo di persone comuni.

Se piacciono anche a loro, si scelgono le piante migliori, si brevet-

tano e si mettono sul mercato. A questo punto il lungo e duro lavo-

ro di selezione hanno portato al raggiungimento dell'obbiettivo: la

mela, la pera o il kiwi perfetto. Ma questo processo di ricerca e di

successivo sviluppo non si ferma: raggiunto un obbiettivo si cerca di

perfezionare il frutto dello studio con altre analisi ed altre sperimenta-

zioni, per generare nuove varietà che, oltre ad aiutare

l'agricoltura, in un ottica più ampia potrebbe favorire

la scomparsa della fame nel mondo.

Luca Girardi 3BGT

La bianchetta trevigiana

La Bianchetta trevigiana è un vitigno a bacca

bianca coltivato principalmente nelle zone di Tre-

viso e di Belluno. Attualmente esistono ben pochi

vigneti monovarietali di questa varietà, diffusi

soprattutto nella zona del Montello e dei Colli

Asolani, oltre alla zona del Bellunese (comuni di

Arsiè e Fonzaso ),nella pedemontana delle Prealpi

Trevigiane è presente pressoché in vecchi vigneti

multi varietali in cui coesiste con Glera (la varietà

con cui produce principalmente il Prosecco), Pere-

ra , e Verdiso, altre due varietà locali ammesse nel

Prosecco di Conegliano-Valdobbiadene DOCG.

Citata fin dal ‘500 e dai alcuni autori ritenuta

indigena del Trevigiano, dato che maturava più

precocemente , veniva utilizzata per

“ingentilire” il Prosecco, soprattutto nelle an-

nate fredde. Ha buona resistenza al freddo ma è

sensibile alle principali malattie crittogami-

che ,con fare tendenza di disseccamento del ra-

chide. Inoltre gli acidi rivolti verso la luce risulta-

no molto sensibili alle scottature. Ha produttività

elevata e costante. Dal punto di vista analitico le

uve ben mature non raggiungono gradazioni

zuccherine elevate. Se ne ricava un vino non

molto alcolico ma fresco, ottima-

le da pasto. Tamara Fiorot 4AGT

Ecco la “selezione assistita dai marcatori”

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LA CANTINA Anno 13, Numero 38, Marzo 2015 Pagina 7

C'era una volta... .No, non è una fiaba che vi vogliamo

raccontare ma una storia vera. C'erano una volta diverse

squadre di studenti che con il loro “Toni” (tuta da lavoro)

blu verde, magari anche sponsorizzato da qualche ditta di

pesticidi, coloravano e animava-

no i filari dei vigneti e del parco

della scuola. Diciamo c'era una

volta perché oggi non ci sono

più, o meglio anni fa tutte le

classi, comprese le prime e le

seconde, spesso erano impe-

gnate a trafficare all'aria aper-

ta con i docenti di azienda

agraria (materia scomparsa

chissà perché?!). Quasi tutti i

giorni c'erano diversi allievi di

più classi che uscivano dall'au-

la per andare a far pratica nei

campi all'esterno, già cambiati con la tuta da lavoro e gli stivaloni , lasciando tracce di

terra secca lungo i corridoi, terra raccolta durante la lezione

precedente. Non sempre per queste attività c'erano degli

spogliatoi attrezzati, ma solo stanze di recupero nei caseg-

giati all'interno dell'Istituto. Il doppio lavoro per le bidelle

passava in secondo piano vedendo l'entusiasmo dei ragazzi

impegnati e occupati in un vero lavoro, felici e allegri fi-

nalmente di uscire a tagliare l'erba, potare le rose, vendem-

miare e potare le viti...già, questo lavoro lo facevano tutti

gli studenti dell'Istituto! C'era una volta molto più colore

tra i filari, un via vai di giovani che imparavano diverten-

dosi e mettendo in pratica quello che teoricamente avevano

già appreso dai libri. Nostalgia?

Forse! Ma quello che ci dispiace

di più è vedere crescere i nostri

ragazzi in scuole che non danno

più il vero valore al sano lavoro

delle mani, nel costruire, creare

sistemare o anche rompere un

manufatto creato artigianalmen-

te con le proprie capacità. C'era

una volta più possibilità di impa-

rare muovendo (utilizzando..) le

mani, mentre ora con le nuove

normative il biennio comune

esclude la pratica dei laboratori!

Disabituare gli studenti all'uso di

questa forma espressiva significa privarli di un bisogno

primario da sempre usato dall'uomo come forma comple-

mentare alla sua crescita personale,

come i bambini che utilizzano le

mani per avere le loro prime infor-

mazioni per conoscere …

Giò e Rosy

C’erano una volta gli studenti… operai

Il progetto, “Educazione all'affettività e alla sessualità” ,

destinato alle classi seconde delle superiori e gestito

dall'Ulss 9 del distretto di Oderzo serve per insegnare ai

ragazzi a conoscere se stessi e a relazionarsi in modo ade-

guato. Il 17 novembre 2014 noi della 2^B

abbiamo affrontato questa esperienza

con Stefania Moschetta e Simonetta

Pozzobon, due psicopedagogiste che se-

guono gli adolescenti e il consultorio di Oderzo. All'inizio dell'incontro ci hanno

fatto disporre a cerchio in modo che ci

guardassimo tutti negli occhi e dopo una

breve spiegazione abbiamo compilato una

scheda sulla nostra personalità, i nostri pun-

ti di forza e il nostro tallone d'Achille. Que-

sto ci ha permesso di conoscerci davvero e

scoprire gli aspetti positivi e le debolezze di

tutti noi. Nelle tre ore passate insieme, le dottoresse ci han-

no fatto svolgere diverse attività e ci hanno mostrato delle

diapositive.

Queste ultime erano ben organizzate e iniziavano con la

spiegazione della conoscenza del corpo fino al significato

sentimentale e biologico della sessualità e dell'affettività.

Nel corso dell'incontro sono sorti molti interrogativi e

molti dubbi a cui le due dottoresse hanno saputo ri-

spondere con professionalità ed estrema chiarezza. È stata una bellissima esperienza che ci ha permesso di

comprendere meglio noi stessi e dare una

risposta a tutte le nostre più svariate do-

mande molto comuni tra i ragazzi e le ra-

gazze della nostra età.

Questa è stata un'esperienza che ci ha toc-

cato profondamente e ci ha dato l'opportu-

nità di imparare cose nuove e interessanti,

ma soprattutto di confrontarci “ ad alta

voce” su problemi e temi che sono den-

tro di noi e che ci sussurriamo senza

avere mai delle risposte chiare e confor-

tanti. Spesso ci sentiamo soli e non è fa-

cile parlare a casa dei nostri dubbi. Ci

siamo resi conto che per quanto ci si creda grandi in

realtà non si finisce mai di apprendere e di

crescere.

Anna Fantuz 2^B Piavon

Piavon, sessualità e affettività Un confronto ad alta voce

Foto archivio ipsaa Colle Umberto

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LA CANTINA Anno 13, Numero 38, Marzo 2015 Pagina 8

L’alunno M. ha fatto l’ennesima scena muta dicendo che

risponderà solo in presenza del suo avvocato.

Ora di religione: “Si segnala mancanza del Crocifisso, occul-

tato dalla classe, al suo posto cartello

recante le parole “torno subito””.

Durante ogni comunicazione via ra-

dio del preside, lo studente Mario D.

cade per terra e si raggomitola in

posizione fetale gridando “Oh no

ancora quelle voci!!

Durante la lezione di matematica la

classe inscena il mio funerale, chie-

dendomi le misure per la bara

“L’alunno M.D. giustifica l’assenza

per: Raccolta olive”

“P. si rifiuta di uscire alla lavagna interrogato e mi minaccia

di ridurmi ai minimi termini”

“L'alunno A.S. ha nascosto due fette di prosciutto nel regi-

stro, ne ha buttate un po in classe, ed ha nascosto le altre nel

giubbotto di pelle della sua compagna M.N.”

”L'alunno P.L. mette a repentaglio la vita dei suoi compagni

mescolando in laboratorio di chimica sostanze a lui scono-

sciute”

"L’alunno A., interrogato in storia, risponde alle domande

imitando la voce di Silvio Berlusconi,

iniziando ogni frase con “Mi consenta"

"L'allievo M. benedice una bottiglia

di vino in classe e mangia salame assie-

me ai suoi amici durante la lezione. "

L'alunno M. G. definisce la scuola

come una "donna di strada" dicendo

che tutti la frequentano ma nessuno la

ama.

“Alla richiesta di giustificare l’as-

senza di ieri, F. scappa.”

“A.C. bacia appassionatamente S.D.

mentre S.F. fotografa l’idillio.

““L’alunno D.L. giustifica l’assenza del **/

**/**** per: Ha ceduto una diga in Puglia

(siamo in Lombardia)”

Rubrica a cura di Michele Olcese 5BGT

L’alunno risponde… in presenza dell’avvocato

LET ME TAKE A SELFIE!

In autobus, macchina, metro, tram, tra i banchi di scuola, in

ufficio, in cantiere, in camera, in salotto, in cucina, in bagno…

la parola d’ordine per far parte di questa bizzarra società è

“Selfie”.Il neologismo più usato nel 2013 secondo l’Oxford Uni-

versity, questo “autoscatto” sembra aver conquistato proprio

tutti: dal presidente degli USA Barack Obama a Papa France-

sco, dal principe William d’Inghilterra al capitano della Roma

Francesco Totti. Da soli, in com-

pagnia, seri o divertiti, l’impor-

tante è immortalarsi in ogni

luogo o momento della giorna-

ta, ma non è finita qui: fonda-

mentale è la condivisione con

gli altri. “Selfie ergo sum”, se

scatto una mia foto significa che

esisto veramente; un testimone

semplice ed efficace della nostra

esistenza si racchiude proprio in

uno scatto condiviso. Selfie, una

moda frizzante sempre più colo-

rata che sembra far innamorare proprio tutti. Ma le radici

dell’autoscatto sono ben lontane. Correva l’anno 1839 quan-

do Robert Cornelius, americano considerato il pioniere

della fotografia internazionale, impugnò la sua macchina

fotografica e la montò sul retro del negozio di lampade di

famiglia. Quando tutto fu pronto, tolse il tappo e si cata-

pultò di fronte all’obiettivo, dove rimase seduto, immobi-

le, per un minuto circa, realizzando quello che viene con-

siderato il primo autoritratto fotografico della storia. Un

autoritratto sembra donare l’immortalità alla propria essenza.

La moda lo porta però ad essere un uso/abuso del facile mo-

strarsi per ciò che si può sembrare o ciò che si vorrebbe esse-

re, che spesso nasce proprio dall’insoddisfazione di se stessi.

Talvolta un selfie immortala l’infinita insicurezza di una

società di narcisisti. Ma questo selfie in fondo è un sempli-

ce scatto che può rappresentare la felicità, la soddisfazio-

ne o l’unione di amici in un momento di gioia. E la testimo-

nianza di un attimo felice non può che strappare altri sorrisi. Un

bel ricordo sa scaldare il cuore a distanza di tempo, e al giorno

d’oggi immortalare un attimo è

davvero semplice. Selfie è un gio-

co di luci e smorfie spontanee, la

freschezza del momento si affievo-

lisce però quando la necessità di

mostrarsi migliori si fa strada. La

vera fotografia infatti non è que-

sta, fotografare non è apparire. “

È mettere sulla stessa linea di

mira la testa, l'occhio e il cuore

“ afferma Henri Cartier-Bresson,

pilastro della storia della fotografia

mondiale. E questo non accade

quando l’unico scopo di chi scatta una fotografia è mostrare la

parte migliore di sé, la posa più audace o l’espressione più

intrigante, diventando a volte ciò che non si è. Un selfie spes-

so racchiude poca testa e ancor meno cuore. L’essenza del

fotografare svanisce nel bisogno di apparire. L’essere apprez-

zati dagli altri è sicuramente un modo per sentirsi appagati e

fieri, ma teniamo sempre a mente, anche nel fatidico momento

giusto per un selfie, che la prima regola per piacere e stare

bene è essere soddisfatti di se stessi. La più bella fotografia

nasce dal sorriso spontaneo di occhi e cuore, e questa non si

fa da sé. (J.D’A.)

La fantasia in classe

Elogio all’apparenza: è la moda del momento

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LA CANTINA Anno 13, Numero 38, Marzo 2015 Pagina 9

Infatti nel 1873 si prodigò a mettere in pratica quanto aveva

appreso nei due anni all’estero: a Gattinara (Novara) fondò e

diresse la prima stazione sperimentale italiana; gli “Annali di

Viticoltura e Enologia”, che diresse a Milano dal 1873 al 1876,

nei quali diffondeva e illustrava mediante il metodo teorico

l’attività tecnica. Intanto nel Veneto l’agricoltura e la viticoltu-

ra si intensificavano e qualificavano, specialmente nel trevigia-

no: a Conegliano si attivavano insigni studiosi come Gera

Francesco, che nel 1863 aveva dato vita

al primo esperimento di Scuola Agraria

teorico-pratica; l’insegnante della Scuo-

la Agraria Antonio Carpenè, che, per

incarico del Ministero dell’Agricoltura,

Industria e Commercio, nel 1872 aveva

elaborato una relazione per la fondazio-

ne di una Scuola Enologica in Italia. Il

Cerletti in una lettera a Carpenè indica-

va un progetto didattico dell’istituenda

Scuola. Si incontrarono due personalità

affini: Carpenè, garibaldino prima, eno-

chimico dopo, fu un fervente studioso,

presidente della Società Enologica Trevigiana; in seguito auto-

re di interessanti pubblicazioni nel settore vitivinicolo e fonda-

tore insieme con Angelo Malvolti dello Stabilimento vinicolo,

ecc. Il periodo 1873-1876, quindi, fu fervido di studi, incontri

congressuali sull’enologia: Cerletti e Carpenè collaborarono e

si impegnarono fortemente nel progetto della fondazione di

una Scuola Enologica a Conegliano, della fondazione divenne

Presidente A. Carpenè. Al Congresso di Torino (1875) e di

Verona (1876) Cerletti, anche a nome di A. Carpenè, ne cal-

deggiava la realizzazione.

Il Ministro dell’Agricoltura Luigi Luzzatti approvò il progetto

e sostenne la realizzazione. Il 9 luglio 1876 con Regio Decreto

si arrivò alla fondazione della “Regia Scuola di Viticoltura e di

Enologia di Conegliano”. Il Ministro nominò G.B.Cerletti di-

rettore riconoscendo la sua alta compe-

tenza scientifica. Cerletti contribuì per-

sonalmente alle spese di realizzazione.

Il 15 gennaio 1877 venne inaugurata la

prima sede in via Caronelli.

La Scuola fu strutturata in due corsi:

uno superiore, che preparava direttori

delle grandi aziende viticolo-

enologiche; l’altro inferiore per la for-

mazione dei capi vignaioli e cantinieri.

Con la direzione del Cerletti la Scuola

assunse una notorietà a livello mondia-

le: in essa si formarono i maggiori

esperti del settore; studiarono o si perfezionarono con tirocinio

i direttori delle Scuole Enologiche sorte in seguito su suggeri-

mento del Cerletti.

(2^ puntata - dalla prolusione della

Proff.ssa Giuseppina Blatti)

Io qualche idea ce l’avrei… .

Alcuni cambiamenti si possono fare partendo soprattutto dalle

collaborazione tra alunni e insegnanti e tra gli alunni stessi.

Perché non iniziare dando la possibilità a studenti sprovvisti di

azienda agricola familiare di poter fare esperienze di stage ?

A tal proposito ad esempio studenti con aziende di famiglia

possono offrire esperienze lavorative nelle rispettive aziende a

compagni che non ne possiedo-

no e quindi risultano sprovvisti

di nozioni a livello pratico. In

cambio, io che non ho un’azien-

da posso offrire aiuto al mio

“benefattore” nello studio di

materie in cui sono più portata.

Si può fare?

Un'altra proposta per migliorare

la scuola: mantenere le radici

salde nel territorio è importante

ma è senz’altro utile valorizzare esperienze che ci aprano al

mondo …In che modo?

Proposta n.1: la scuola dovrebbe incentivare proposte di

esperienze lavorative in parchi e aziende straniere durante

il periodo estivo: un occasione per viaggiare, conoscere per-

sone e luoghi diversi e incrementare le proprie conoscenze

linguistiche. Esperienze come il “Progetto Leonardo” di cui

si è parlato nello scorso numero, tanto per capirci.

Proposta n.2 :la scuola e gli insegnanti accolgano gli

“Exchange students”, ossia ragazzi e ragazze provenienti

da tutto il mondo desiderosi di frequentare la scuola ita-

liana per determinati periodi... Avendo ospitato due mesi

fa una ragazza australiana di 17 anni per un mese e mez-

zo posso dire di aver avuto modo di comunicare in inglese

e di conoscere la realtà agricola in Australia ed è stato

molto interessante! Per esempio, lo sapevate che il 90%

delle aziende agricole che pro-

ducono soprattutto vini pre-

senti nella zona di Griffith

(New South Wales) sono gesti-

te da italiani di cui buona

parte provenienti dalla regio-

ne Veneto?

Per concludere al meglio, mi è

piaciuta l’iniziativa realizzata

nelle scuole trentine che han-

no elaborato questo progetto:

attraverso dei questionari anonimi gli studenti hanno cer-

cato di dare una valutazione ai propri insegnati, mettendo

in luce punti di forza e punti di debolezza dei docenti. Un

metodo di confronto alternativo ed efficace utile soprattutto

per il miglioramento del rapporto insegnante -

alunno. Si attendono suggerimenti, commenti,

proposte ....

Chiara Cesa 3BGT

La scuola idealeLa scuola idealeLa scuola ideale

Convegno: i Cerletti, padre e figlio

Un’utopia senza speranza?

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LA CANTINA Anno 13, Numero 38, Marzo 2015 Pagina 10

IMPAZIENZA : E aspettando il momento in cui tornerai nel

luogo che più ami al mondo, ti accorgi che il tempo, offeso

dalla tua impazienza, rallenta ; logorandoti l’anima a poco a

poco , facendoti soffrire , più crudele della morte. E vivi nel

terrore che quest’ultima , per vincere l’antica sfida contro il

tempo , venga a prenderti per mano impedendoti di rivedere

il tuo paradiso in terra.

IL FELINO : Mi è sembrato di vedere quella montagna muo-

versi. No, non sono pazza. Mi è parso che ad un certo punto si

alzasse e e cominciasse a camminare senza

fare il minimo rumore , veloce come un felino

e altrettanto silenzioso. Mi è sembrato che

nessuno se ne accorgesse come se mentre si

muovesse tutto il resto stesse fermo. O forse

… mi sbaglio. Probabilmente era solo il rifles-

so mosso dell’acqua che scorreva imperterrita

nel fiume e che mi sono incantata a guardare

come una bambina che guarda un giocattolo.

LA BAMBOLA: Molti mi chiedono come mi

sento e io rispondo :”Bene grazie !”,anche se

paiono non sentirmi , il che è un bene perché

quella risposta di consuetudine , lanciata come un sasso

nell’acqua , è solo tutta una grande bugia . Molti vogliono

sapere come mi sento ma non sanno che neanche io so dare

una risposta certa, o perlomeno…non sapevo dare una rispo-

sta . E’ da anni che mi chiedo cosa sento , cosa provo e final-

mente ho trovato il modo di esprimerlo. Io sono una bambola

… una bambola ben delineata fuori e vuota dentro . Senza

anima , senza pensiero , con occhi fissi sempre sulla stessa

finestra e laccati di vernice e capelli sempre in ordine che

ricadono sui vestiti ottocenteschi macchiati dalla polvere

dopo essere stata ferma per anni . Sono solo una bambola da

collezione, antica , seduta su uno scaffale da generazioni ,

priva di qualunque speranza di muovermi , con occhi spenti e

vuoti che, dopo aver visto così tante scenografie diverse , al-

cune intere altre spezzate perché fuori visuale , non hanno la

capacità di dimenticare .

SUL FEMMINICIDIO : Avrei sempre voluto saltare da

quella rupe e affondare lentamente nel blu dell’oceano. Scen-

dere fino al nero degli abissi per guardare in alto e puntare

verso la luce bianca del sole che filtra tra la spuma delle on-

de . Risalire con la spinta della gambe e delle punte dei piedi

che premono su quel fondale sabbioso e riemergere a poca

distanza da quella spiaggia bianca in quel golfo deserto .

All’età di 16 anni ho preso coraggio e con una spinta sono

saltata giù; senza costume , senza vestiti , senza

innocenza …rubata istanti prima da qualcuno

senza volto. Il dolore mi percorreva il corpo fino

a raggiungere il cuore e insinuarsi nell’anima.

Tutto ciò che quel qualcuno mi ha preso mi ha

creato dolore , preso con la forza , con cattive-

ria , per divertimento. Saltai giù con la spinta di

un calcio ben assestato sotto le costole che mi

tolse il respiro e mi spinse nel blù di quell’ocea-

no che avevo sempre desiderato vedere . Ci arri-

vai a toccare il fondo! Sabbioso , morbido e …

freddo. Il mio corpo ci si adagiò lentamente. Il

petto mi doleva e le forze cominciavano ad abbandonarmi

mentre in vano tentavo di estrarre il coltello. In poche ore

avevo realizzato il mio desiderio, a metà però… ciò che vole-

vo vedere , quella luce abbagliante della stella più luminosa

del cielo che filtrava bianca fra le onde era inesorabilmente

nascosta dal rosso del sangue che sgorgava dal petto . Questa

è la storia di come sono morta , uccisa per essere donna .

Mentre guardo il mare da quella rupe ripenso alla mia storia ,

di come è finita velocemente , di come non ho potuto salutare

i miei cari, di come non ho avuto la possibilità di essere salva-

ta in grande stile o di godermi i miei anni di gioventù. Penso ,

guardando il tramonto rosso sangue .

Sophia Cappellazzo 3BGT

SPIGOLATURESPIGOLATURESPIGOLATURE

Truman Capote di Venezia diceva che fosse come una scatola

di cioccolatini mangiata in una sola volta.

Chissà se, visitando la città oggi, cambie-

rebbe l’oggetto della sua celebre frase con

uno dei molti snack che potrebbe trovare in

un distributore Argenta mentre prende il

vaporetto a San Zaccaria dopo un aperitivo

all’Hotel Danieli o dopo aver visitato la

collezione d’arte della sua amica Peggy

Guggenheim. A noi piace pensare che sia

così! Questa immagine un po’ romantica e

un po’ sognante ci aiuta a descrivere il

rapporto tutto speciale che lega Argenta a

questa città unica, un legame nato trent’an-

ni fa e oggi forte più che mai. Argenta,

attraverso le decine di distributori installati nei punti nevralgi-

ci di Venezia, offre un servizio tanto discreto quanto utile alle

migliaia di turisti (e veneziani) che ogni giorno affollano calli

e campi. E lo fa in un modo non convenzio-

nale, forse per non essere da meno ad una

città che, nata sull’acqua, ha fatto dell’ecce-

zionalità la sua cifra. È così che il riforni-

mento dei distributori avviene per opera di

addetti che si muovono a piedi, oppure su

barche appositamente equipaggiate, mi-

schiandosi al traffico operoso del Canal

Grande. E quando, immancabile, l’acqua

invade la città uno speciale meccanismo

entra in funzione nei distributori e li solle-

va, permettendogli di continuare a lavorare

senza arrecare nessun danno ai prodotti che

in essi sono contenuti. Con la sua timida

presenza Argenta offre dunque un servizio prezioso per la

città di Venezia. Un motivo in più per visitarla!

Parole e riflessioni a ruota libera

IL VENDING CORRE SULL’ACQUA

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LA CANTINA Anno 13, Numero 38, Marzo 2015 Pagina 11

Venerdì 6 Febbraio le due seste del nostro Istituto, la VA e la

VB sono andate in trasferta nel vicino Friuli Venezia Giulia,

per una giornata che ha unito la storia con la viticoltura. Le

classi, accompagnate dalle professoresse Ornella Santanto-

nio e Cristina Falchetto Dall’Armellina, hanno iniziato la

giornata da Oslavia, località posta sulle propaggini orien-

tali del Collio, a soli 200 metri dal confine sloveno. La sto-

ria di questo paese è legata alla

Prima Guerra Mondiale e in parti-

colare alle battaglie dell’Isonzo

combattute fra il 1915 e il 1916. Per

raccogliere le spoglie dei soldati cadu-

ti, su progetto dell’architetto Ghino

Venturi, nel 1938 Mussolini fece co-

struire un imponente ossario a forma

cilindrica, il Sacrario Militare di Osla-

via, che le classi hanno potuto visita-

re, proprio nell’anno delle commemo-

razioni dei cent’anni dall’entrata in

guerra dell’Italia. All’interno di que-

sto monumento, sacro alla patria,giacciono le spoglie di

57.740 soldati, per la maggior parte italiani, caduti durante le

battaglie combattute appunto nella zona del goriziano. Per

tutta la durata della giornata, i ragazzi sono stati accompagnati

da Robert Fiegl, ex allievo della nostra scuola e proprietario

insieme ai suoi familiari della Cantina Fiegl, situata proprio

nelle vicinanze del Sacrario, in località Lenzuolo Bianco. La

visita è quindi proseguita alla volta della cantina che è una

delle più grandi del Collio, presente nel territorio dal 1782,

con una produzione di 1500 ettolitri circa, gestita da Robert ed

altri suoi familiari: il padre, gli zii e i cugini. I vini simbolo di

quest’azienda sono il Ribolla Gialla, la Malvasia istriana, il

Sauvignon, e da qualche anno anche il Leopold Merlot, un

vino importante, che segue un invecchiamento in tonneau di

tre anni e un affinamento finale in bottiglia di altri tre anni. I

ragazzi hanno potuto visitare la cantina in tutte le sue par-

ti, recandosi anche in vigneto ad esaminare il sistema di

potatura condotto con estrema cura e attenzione dall’a-

zienda Fiegl perché, secondo Matej, cugino di Robert e

responsabile della vigna, risulta

“fondamentale per l’ottenimento

di un buon prodotto”. La degusta-

zione in cantina, condotta con pro-

fessionalità, ha permesso a tutti gli

allievi di apprezzare alcuni vini

prodotti dall’azienda Dopo il pran-

zo, presso una tipica trattoria

slovena, la visita è proseguita alla

volta di piazza della ferrovia

Transalpina là dove nel 1947,

subito dopo la seconda guerra

mondiale, venne costruito il muro

che divideva l’abitato goriziano rimasto italiano, dai quar-

tieri che furono annessi alla Jugoslavia. Dopo il 2004, una

porzione di muro è stata abbattuta e la pavimentazione

della piazza è stata rifatta con l’indicazione della linea di

confine. L’ultima parte della visita ci ha portati nel castello di

Gorizia per visitare il Museo della Grande Guerra collocato

presso i sotterranei delle Case Dornberg e Tasso.. Ringrazia-

mo le professoresse Santantonio e Falchetto

Dall’Armellina, che hanno organizzato l’inte-

ressante escursione

Giulia Botteon 6VA

Le seste alla scoperta del CollioLe seste alla scoperta del CollioLe seste alla scoperta del Collio

L’esordio delle nanotecnologie risale soprattutto agli anni no-

vanta, con l’invenzione dei microscopi a effetto tunnel o a for-

za atomica, che permisero lo studio accurato di particelle infini-

tamente piccole. il principio di queste particelle si basa sulla

manipolazione e assemblazione, al fine di creare nano composti

aventi proprietà e caratteristiche totalmente sconosciute. I nano

materiali possono presentare proprietà fisico-chimiche diverse

rispetto alle identiche sostanze su scala nor-

male, ad esempio una maggiore reattività

chimica dovuta a una più ampia superficie.

La manipolazione della materia cerca di

introdursi nel settore alimentare, presentan-

do nuovi rischi per l’uomo e per l’ambiente.

Tuttavia, cibi non contrassegnati, prodotti

per mezzo della nanotecnologia, hanno

iniziato ad apparire sugli scaffali dei su-

permercati a causa di un mancato con-

trollo da parte degli enti di vigilanza. Non e’ possibile stabi-

lire quanti alimenti tuttora in commercio siano stati pro-

dotti con nanoingredienti, poiche’ non vige l’obbligo di di-

chiarazione nell’etichetta. Secondo quanto dichiarato dal pro-

getto usa sulle nanotecnologie emergenti: “grazie alla nanotec-

nologia, il cibo di domani sarà disegnato plasmando molecole e

atomi. Il cibo sarà confezionato in involucri sicuri

‘intelligenti’ che possono rilevare il deterioramento oppure

gli agenti inquinanti nocivi. I prodotti del futuro intensifi-

cheranno e regoleranno il loro colore, sapore o contenuto

nutritivo per adattarsi ai gusti o ai bisogni salutari di ogni

consumatore. E in agricoltura la nanotecnologia promette di

ridurre l’uso di pesticidi, migliorare la

riproduzione di piante e animali e creare

nuovi prodotti nano-bioindustriali”. Le

compagnie di nanotecnologia stanno proce-

dendo trattando gli alimenti con sostanze

nutritive nanoincapsulate al fine di intensifi-

carne aspetto e sapore, rimuovere o disatti-

vare il contenuto di grassi e zuccheri tramite

nanomodificazione, e migliorarne la

‘’sensazione al palato’’. L’UE e l’EFSA

stanno intensificando i controlli, e assicurano

al consumatore che gli alimenti saranno moni-

torati ed esaminati al fine di garantire lamas-

sima sicurezza.

Nicole Dalla Torre 5AVE

Una minaccia per la salute? L’uso delle nanotecnologie

Page 12: Giornalino38 web

LA CANTINA Anno 13, Numero 38, Marzo 2015 Pagina 12

"Spesso guardando le immagini che rappresentano l'arca di Noè,

mi capita di scorgere un errore comune" così inizia una conferen-

za dello studioso di botanica Stefano Mancuso in un talk show

statunitense. L'errore sono proprio le piante dice, effettivamente,

nelle illustrazioni si vedono sempre miriadi di animali di ogni

genere e specie, ma non c'è traccia delle piante. Il fatto di non

considerare le piante come esseri viventi, è

un qualcosa che ha sempre accompagnato

l'uomo, spesso alla domanda qual è la crea-

tura vivente più grande, la risposta imme-

diata è: la balenottera azzurra. Errato. La

balenottera azzurra è microscopica in con-

fronto al più grande esemplare di Sequoia-

dendron Giganteum. Le piante sono degli

organismi spesso sottovalutati, ma per

esempio ogni singolo apice radicale è in

grado di monitorare e di percepire simul-

taneamente e continuamente almeno 15

parametri chimici e fisici differenti. Que-

sto non è un comportamento intelligente?

Aristotele nel De Anima, un testo fonda-

mentale per la civiltà occidentale, scrisse

che le piante si trovano sul confine tra il

vivere ed il non vivere. Possiedono solo un'anima di infimo livel-

lo, un'anima vegetativa, perchè non si muovono. Quindi non han-

no bisogno di sensi. Dire che le piante non si muovono però è

errato, si pensi alla Dionea, ma ciò non era accettabile, parlare di

movimento delle piante andava contro l'ordine naturale, soprattut-

to se queste si nutrivano di esseri superiori come gli animali. Ma

le piante compiono movimenti molto più comuni: lo sbocciare

dei fiori, il germogliamento, le piante si muovono in continuo

per incamerare la luce solare. Si può anche notare come le

piante siano capaci di dormire, durante le ore di buio la Mi-

mosa Pudica ripiega le foglie e diminuisce il movimento. Cu-

rioso come il meccanismo del sonno delle piante sia il medesi-

mo di quello di tutti gli animali. Quindi se si deve studiare un

problema del sonno e più facile studiarlo nelle piante, per

esempio, che negli animali e potrebbe essere anche più etico.

"Una specie di sperimentazione vegetariana" ironizza il professor

Mancuso. Le piante sanno anche comunicare: comunicano tra di

loro, sanno distinguere i loro simili, ma comunicano anche con

piante di altre specie e comunicano anche con gli animali. Nel

caso dell'impollinazione le piante forniscono una sostanza dolce

ad insetti, piccoli uccelli, rettili ed anche

mammiferi in cambio del trasporto del pol-

line. Ma come fanno le piante a fare tutto

ciò senza un cervello? Nel 1880 Charles

Darwin pubblica "Il potere del movi-

mento nelle piante" e nelle ultime pagi-

ne, come suo solito, lascia un messaggio:

"Non è un'esagerazione dire che l'apice

radicale funga da cervello come negli

animali minori". E' proprio nella zona di

transizione degli apici radicali dove si con-

suma la maggior quantità di ossigeno della

pianta. Dove si rileva anche il potenziale di

azione: lo stesso segnale che i neuroni del

cervello animale utilizzano per comunicare

e scambiare informazioni. Solo poche cen-

tinaia di cellule per apice hanno questa

caratteristica, ma in una piccola pianta come la segale possiamo

trovare circa 14 milioni di radici, con quasi 11 milioni e mezzo di

apici radicali. Ora si immagini che ogni singolo apice lavori in

collaborazione con tutti gli altri: ecco, l'immagine che Mancuso

ora trasmette è quella di un apparato radicale a confronto con

l'immagine di Internet: hanno la stessa forma e funzionano allo

stesso modo. Come mai? Perché si sono evoluti per la stessa ra-

gione: sopravvivere ai predatori. Possiamo rimuovere il 90%

dell'apparato radicale e le piante continuano a funzionare, stessa

cosa pe Internet. Quindi conclude Mancuso, che come per im-

parare a volare sono stati osservati gli uccelli, per imparare

ad esplorare i terreni o per espandere Internet si potrebbero

forse osservare le piante.

J.Zalamena 6VB

SE LE PIANTE COMUNICANO E DORMONO

Se vi dicessero che le piante provano sentimenti ci credereste ?

Ovviamente no ... Anzi ! Probabilmente pensereste che il vostro

interlocutore sia "strano" e che gli sia saltata via qualche rotella

dal cervello . Alcuni ricercatori invece si sono spinti oltre a ciò

che ,al giorno d'oggi , si considera "normale" pen-

sare sulle piante che ci circondano , che crescano

queste libere e selvagge o che siano amorevolmente

coltivate in vaso sul davanzale di casa. Gli esperi-

menti condotti sulle proprietà bioelettriche delle

piante hanno dimostrato che queste interagiscono

con l'ambiente circostante non solo a livello fisico ,

ma anche a livello emozionale : che provano paura

nei confronti di chi le tratta senza il dovuto rispet-

to ; e che ,al contrario , emanano energia positiva

alla presenza di chi le ha trattate con cura regalan-

do loro ,magari , anche qualche carezza . È stato

dimostrato inoltre che le piante ,dalle più piccole a quelle ad alto

fusto , manifestano le loro emozioni (generalmente positive) an-

che spontaneamente , fremendo e agitando i rami ; chi ha mai

detto che una pianta è un essere del tutto privo di coscienza

e , perché no , di un'anima ? Cleve Backster (ex agente della

CIA specializzato nel campo delle macchine della verità) insieme

ad un ricercatore botanico ha scritto il libro " Ama il tuo Philo-

dendron " in cui racconta la sua scoperta casuale avvenuta in un

momento di noia . Cleve , un giorno, attaccò gli elettrodi si una

delle sue macchine ad una pianta in ufficio e , dimenticandosene ,

diede acqua alla pianta , staccò alcune foglie ingiallite e mosse la

terra nel vaso . Improvvisamente sentì la macchi-

na reagire e notò ,con sua grande sorpresa , che

l'ago della macchina aveva cominciato a muoversi

tracciando sulla carta le stesse linee tipiche di chi

sprizza di gioia . Scettico sull'accaduto , l'agente

cambiò soggetto e ,dopo averle parlato dolcemen-

te e accarezzato le foglie , notò le stesse reazioni

di quella precedente . I suoi tentativi prosegui-

rono su molti altri soggetti, riscontrando rea-

zioni di puro terrore quando , invece , avvici-

nava una fiamma ad una delle foglie . Questi

suoi "esperimenti per noia " hanno finito per ac-

cendere la curiosità di molti altri ricercatori botanici che si sono

messi all'opera per saperne di più su questo fenomeno a loro qua-

si sconosciuto . Quindi , da oggi in poi , se qualcuno vi dicesse

che le piante provano sentimenti , usatelo come un argomento di

conversazione ; e chi lo sa ... Magari un giorno si riveleranno

anche ottimi testimoni oculari !

(S.C.3BGT)

Sentimenti Vegetali LE PIANTE SOFFRONO COME NOI

Page 13: Giornalino38 web

LA CANTINA Anno 13, Numero 38, Marzo 2015 Pagina 13

Buongiorno ragazzi e ragazze del Cerletti, quando tornate a

casa siete stanchi di mangiare sempre le stesse cose e vorreste

qualcosa di diverso? Quest'anno avete gli esami e volete affo-

gare i vostri dispiaceri nel cibo? Volete dare una svolta alla

vostra vita e provare a cimentarvi nella cucina?

Allora questa è la rubrica che fa per voi! Qual-

che giorno prima di San Valentino, in un mo-

mento di pura pazzia, dissi al mio ragazzo che

gli avrei preparato la cena. Non avendo a casa

nessuna salsa esotica dal nome impronunciabile

e ingredienti di origine sconosciuta trovabili

soltanto in qualche negozio di alimenti di Galli-

frey , decisi di improvvisare con ciò che avevo

a casa. Proprio per questo motivo quel pomerig-

gio, frugando nella dispensa trovai il riso thay

rosso e pensai subito che fosse perfetto per San

Valentino. Poi cercai altri ingredienti da abbi-

narci non avendo a casa il "masala per verdu-

re" (se sapete cos'è ditemelo perché non l'ho

ancora capito) che la ricetta sul retro della confezione consi-

gliava di usare. Essendo venuto veramente bene il piatto e non

avendo ucciso mio moroso ho deciso di proporvelo.

Ingredienti per 2 persone :

200g di riso thay rosso

1 o 2 cespi di radicchio TV

cipolla per soffriggere q.b. (io vi consiglio poca se non volete

ammazzare qualcuno col vostro alito)

philadelphia 2 o 3 cucchiaini + 2 o 3 cucchiai

sale q.b.

due petti di tacchino (circa 240 g)

curry e paprika dolce a piacimento

Prima di tutto fate bollire il riso per 25-30 min.,

salate soltanto a dieci minuti dalla fine. Taglia-

te il radicchio a pezzettini e fatelo soffriggere

con la cipolla e un po' di olio. Dividete a metà

il soffritto e una parte unitela ai cucchiaini di

philadelphia e la paprika mescolando fino ad

ottenere una cremina soffice. Quando il riso è

cotto scolatelo e uniteci i cucchiai di philadel-

phia. Tagliate il tacchino a striscioline e rosola-

telo in padella con un po'di curry. Prendete un

piatto piano e stendeteci la crema, preparate

due pirottini (cilindretti metallici, vanno bene

anche due bicchieri o ciotoline in vetro), unge-

teli e metteteci il riso ben pressato per fare in

modo che ne prenda la forma, uniteci il tacchi-

no ed il radicchio avanzato. Quando secondo voi il riso avrà

preso la forma dei pirottini toglieteli delicatamente e il vostro

piatto sarà pronto.

P.S.: durante la cena non è morto nessuno, il

mio ragazzo non è stato torturato per obbligarlo

a mangiare ed è vivo e vegeto, corre felice e

sorride alla vita come prima.

Gaia Spinato 5AVE

La pazza cucina di gaia Senza essere Masterchef

Questa vuole essere una mini rubrica di proposte di lavoro diverse e alternati-

ve ai soliti mestieri che si intraprendono dopo il diploma dell’istituto agrario.

ALTERNATIVO: Ranger in Africa, ovvero guida ai

Safari fotografici, se avete la passione per gli animali e

volete conoscere luoghi selvaggi potete iscrivervi all’Asso-

ciazione esperti d’Africa (www.espertiafrica.it), l’unica

Accademia italiana i cui corsi sono riconosciuti in Africa.

Tre mesi di lezioni teoriche e poi tre settimane in Namibia

per le lezioni pratiche e dopo aver superato tutte le prove si

ottiene un attestato e si è pronti a lavorare come ranger. Da poco Alessandra L.

è diventata la prima ranger italiana in Namibia coronando il suo sogno da sem-

pre.

CURIOSO: Allevatore di lombrichi, I lombrichi ingeriscono i nostri scarti

organici trasformandoli in vermi compost o humus uno dei migliori concimi

naturali, ammesso in agricoltura biologica. Quindi quale migliore alternativa

di lavoro utile per le coltivazioni tali da incentivare la produzione biologica?

Oltre ad essere naturale contribuisce a produrre cibi più sani e di qualità.

Chiunque può intraprendere un allevamento di lombrichi, magari iniziando

con un piccolo spazio nel giardino di casa ( molti lo fanno per hobby). Potete

trovare numerose informazioni in vari siti Web.

UTILE: Esperto di impatto ambientale degli eventi: Di cosa si occupa

questo consulente? Cerca le soluzioni per ridurre il consumo di energia che si

produce per organizzare una fiera , manifestazione, concerti etc. proponendo

materiali ecosostenibili energia pulita, organizzando navette per i partecipanti

e cosi via. Il rispetto dell’ambiente sta diventando prioritario per le aziende le

quali cercano consulenti esterni esperti nel migliorare la qualità dell’ambiente.

Per specializzarsi in questo ruolo si possono seguire dei master specifici

in ingegneria ambientale , in progettazione sviluppo sostenibile o in scien-

ze ambientali. A cura di Rosy e Giò

Cosa farò da grande? I 130 anni del Landini doc

Le 130 ore previste dalla Endurance Landini so-

no state raggiunte e subito, il silenzio viene spez-

zato dalla soddisfazione e dai brindisi dello staff

Argo Tractors, organizzatore e promotore insieme

a numerosi sponsor dell'evento . La sfida, partita

lunedì 6 ottobre alle 5 di mattina, è stata portata

a termine: senza mai spegnere il motore, il più

recente modello di alta potenza della nuova Serie 7

ha percorso 992 chilometri in un emozionantissi-

mo (e parliamo per

esperienza diretta!)

percorso off-road

4x4 regalato dalla

splendida cornice

dello sport village

Il Ciocco a Castel-

nuovo Garfagnana

in provincia di Luc-

ca sul quale si eser-

citano i piloti da

rally di numerosi

Team ufficiali auto-

mobilistici. Sole, pioggia e buio, hanno accompa-

gnato il trattore lanciato in una sfida lunga tanto

quanti sono gli anni compiuti dal brand, 130 per

l'appunto, sotto gli occhi vigili e anche un po' stu-

piti di cinghiali, caprioli, civette gufi e scoiattoli.

Page 14: Giornalino38 web

LA CANTINA Anno 13, Numero 38, Marzo 2015 Pagina 14

Alcune classi si recheranno a Milano a maggio Expo 2015Expo 2015Expo 2015

Vista l'importanza di cogliere l'opportunità rappresentata dall'Ex-

po Milano 2015, la Scuola Enologica Giovanni Battista Cerletti,

in collaborazione con il CIRVE (Centro per la Ricerca in Viti-

coltura ed Enologia) si è fatta promotrice di un progetto di

promozione e valorizzazione del territorio circostante me-

diante la creazione di una rete di condivisione con i Partner

che meglio ne rappresentano l'eterogeneità. Il progetto vuole

definire degli itinerari turistici che grazie al

traino del vino, e più precisamente del

Prosecco, traghettino i potenziali visitatori

dell'Expo Milano 2015 nell'entroterra ve-

neto, dove potranno scegliere il tour loro

più conforme. Il comune denominatore

sarà il binomio "Viticoltura

&Enologia". Difatti, ciascun itinerario

sarà costituito dalla visita al complesso

polifunzionale del Campus di Conegliano,

ovvero la Scuola Enologica e gli altri Isti-

tuiti di Istruzione e di Ricerca in campo

vitivinicolo ed enologico. La visita al

Campus si concluderà in tarda mattina-

ta e seguirà un programma di visite che verranno garantite e

gestite dai Partner di progetto, ovvero i Consorzi di Tutela, le

Strade del vino e dei prodotti tipici, e le Associazioni di pro-

mozione turistica . L'enoturismo è un settore in forte crescita sia

per quanto riguarda il settore vinicolo sia per il turismo. Oggi-

giorno un turista su tre che visita un paese con una storica tradi-

zione di produzione vinicola dichiara che uno dei motivi che l'ha

portato a sceglierlo è rappresentato proprio dalla produzione di

vino e più generalmente dall'offerta enogastronomica locale.

L'Expo Milano 2015 rappresenta un'opportunità da non per-

dere, in quanto potrà attirare operatori di settore, aziende,

studenti, come anche meri turisti e visitatori che vogliano

esplorare l'offerta turistica, enogastronomica e industriale dei

territori vitivinicoli ed enologici veneti. Nell'ambito delle atti-

vità previste da Expo 2015, la Scuola si propone di accogliere

gruppi e delegazioni italiane ed estere presso il Campus di

Conegliano, per dare loro visione diretta delle più avanzate ricer-

che sui vini, sulla tecnica di spumantizzazione, la migliore forma

di coltivazione per la viticoltura locale e più in generale sul terri-

torio circostante. Sarà possibile accedere a tutti i siti del Campus

per entrare nel merito delle ricerche e delle

sperimentazioni operate dal Centro nei

settori legati alla Viticoltura, all'Enologia e

all'Analisi Sensoriale. I visitatori, inoltre,

potranno visitare il Museo Enologico L.

Manzoni, prendere visione dei contributi

di ricerca effettuati dagli insigni studiosi

che si sono alternati presso la Scuola e che

hanno prodotto vini di fama internazionale

come l'Incrocio Manzoni. L'allestimento

museale raccoglierà una collezione ine-

dita di oggetti, opere e scritti (più di 70)

realizzati dall'autore che permetterà di

approfondire tutti gli aspetti storici e

scientifici legati all'esistenza del Prof. Manzoni. Il Museo sarà

dotato di postazioni multimediali e sarà articolato in più sale

dedicate al laboratorio, allo studiolo e alla camera oscura per

mostrare come il famoso agronomo operava. Un'altra piccola

parte del museo sarà dedicata ad una collezione preesistente

Uster di Flora essiccata con l'esposizione di più di 1500 spe-

cie. Potranno inoltre visitare la Cantina della Scuola, il labo-

ratorio di distillazione della grappa e partecipare ai Wine

Tasting presso la Bottega del vino o presso la moderna sala di

analisi sensoriale del CIRVE dotata di postazioni multisenso-

riale per una completa degustazione dei vini.

Basta fare un po' di attenzione alle confezioni di alimenti che

compriamo o che tutti i giorni preleviamo dalle macchinette

per renderci conto che c'è qualcosa di diverso. Da metà di-

cembre, infatti, è entrato in vigore a tutti gli effetti il rego-

lamento comunitario 1169/2011 che ha l'obbiettivo di uni-

formare in tutti i paesi Dell'UE le informazioni chiave che

si devono trovare sulla composizione del prodotto acqui-

stato. Come possiamo osservare leg-

gendo, un qualsiasi elenco degli in-

gredienti ora deve evidenziare i pro-

dotti che provocano allergie o intolle-

ranze ( in tutto questi alimenti sono

14, vanno dalla presenza di cereali

contenenti glutine al sedano e la sena-

pe); oltre al nome dell'alimento è spe-

cificato anche l'indirizzo del responsa-

bile dell'alimento. Non è più suffi-

ciente scrivere se nel prodotto è presente dell'olio, bisogna

specificare il tipo d'olio, in modo che i consumatori sappia-

no se quello che introducono nel proprio organismo è olio

extra vergine d' oliva o olio di palma. Anche per il latte

deve essere differenziata la presenza effettiva di latte, latte

in polvere o proteine del latte. Soprattutto per donne in

gravidanza e bambini deve essere specificata la presenza o

meno di caffeina, soprattutto nelle bevande energetiche.

Molta importanza nel regolamento viene data alle dimensioni

dei caratteri in cui vengono scritte le informazioni sulle confe-

zioni di alimenti (1,2mm se la confezione supera gli 80 cm2,

0.9 mm se la confezione ha un'area mino di 80 cm2).Il regola-

mento deve essere seguito anche da bar e ristoranti che

devono modificare i propri listini o de-

vono munirsi di cartelloni in cui specifi-

cano la presenza o meno di sostanze

allergizzanti nei loro alimenti. Questo

ultimo punto del regolamento è stato

criticato dal presidente del Codacons

Carlo Rienzi che sostiene sia impossibi-

le che nelle cucine di mense, bar e risto-

ranti non avvengano contaminazioni tra

i vari alimenti. Sperando che si sbagli

aspettiamo che dal Bruxelles vengano varate

leggi per rendere sempre più trasparenti e leggi-

bili le etichette dei prodotti alimentari.

Francesca Dabbà 5BGT

Page 15: Giornalino38 web

LA CANTINA Anno 13, Numero 38, Marzo 2015 Pagina 15

Durante i processi di vinificazione, è inevitabile (anche

nelle cantine migliori) che rimangano degli scarti. Le vi-

nacce e le fecce vengono così inviate ad aziende dotate di im-

pianti di distillazione in modo da recuperare alcol etilico e

acido tartarico, ma questo processo diventa ben poco con-

veniente per le cantine vinicole. E allora

ci siamo mai chiesti se questi scarti possa-

no avere ulteriori impieghi? E se si: dove

e come? A queste domande ha scelto di

rispondere un coraggioso team dell’

università Ca’ Foscari di Venezia, capi-

tanato dalla dottoranda in Scienze Am-

bientali Cinzia Da Ros, seguita nella

ricerca dalla tutor Cristina Cavinato e dal

docente responsabile Paolo Pavan. Gli

scarti sono utili per la produzione di ener-

gia elettrica e di fertilizzanti adeguati per

la vigna: questo risultato può essere più conveniente sia dal

punto di vista economico che dal punto di vista ambientale, in

quanto è a basso impatto. Il metodo, spiegato dalla squadra di

sperimentalisti, consiste nel mettere vinacce e fecce dentro

un contenitore chiamato biodigestore; qui agiscono dei

microrganismi che portano alla creazione di biogas, che

non è altro che una miscela di anidride carbonica e meta-

no. Questa miscela, di conseguenza (avendo metano al suo

interno), può venire impiegata per la combustione o per la

produzione di energia elettrica , da immettere successiva-

mente in rete. Oppure il metano può venire usato come

combustibile per l’autotrazione. Questo sistema di riciclag-

gio, inoltre, presenta altri vantaggi che non vanno assoluta-

mente sottovalutati. Il materiale organi-

co di scarto costituisce infatti un ottimo

ammendante agricolo: non ha odore,

non attira insetti o altri animali ed è

pressoché libero di eventuali agenti

patogeni, in quanto è stato ottenuto

mediante processo svoltosi a tempera-

ture relativamente basse ( circa 38 °C).

Un mezzo bastone tra le ruote, però, è

messo dalla Regione Veneto, in quanto

ha fissato un limite massimo per l’uso

di materie prime per scopi alimentari

per produrre energia elettrica con questi processi, pari al 30%.

Ma, nonostante tutto, i ricercatori sono fiduciosi nella riuscita

e nella “propagazione” di questo metodo, che

altro non facilita se non la convenienza su tutti

i campi.

Marta Battistella 5BGT

LA NUOVA SPERIMENTAZIONE

La speciale “Birra Franzisca” è il felice risultato dell’incontro tra la Scuola

Enologica Cerletti, e in particolare i corsisti de “L’Arte di fare la Birra”, e i

giovani proprietari del Birrificio artigianale Bradipongo di Colle Umberto.

Nel 2014 sono stati circa 35, tra studenti dell’Isiss Cerletti ed esterni, i parteci-

panti al corso per diventare mastri birrai. Gli studenti, oltre alle lezioni teoriche,

si sono cimentati con le fasi di lavorazione e trasformazione delle materie prime

e infine con la vera e propria produzione della birra, all’interno del birrificio

Bradipongo che ha collaborato con i docenti e gli esperti del corso. A gestire il

birrificio Bradipongo due giovani cugini,

Andrea e Anna Liessi, che circa tre anni

fa, sfidando la crisi, hanno avviato questa

realtà artigianale. “Io sono stato uno stu-

dente del Cerletti e poi mi sono laureato

in Scienze e Tecnologia Alimentare. Dopo

alcune esperienze professionali ho deciso,

insieme ad Anna, di avviare questo birrifi-

cio, sfidando la crisi, le lungaggini buro-

cratiche e il peso fiscale che sicuramente

non aiutano – dichiara Andrea Liessi del

Birrificio Bradipongo – Il bilancio è positivo, in tre anni siamo passati da una

produzione di 300 ettolitri a quasi 600 ettolitri annui, quindi continuiamo fidu-

ciosi.” “L’OIC, l’associazione che abbiamo fondato all’interno della Scuola

Enologica, cerca proprio di intercettare le esigenze del mercato del lavoro,

cercando di mettere in contatto i nostri studenti con le reali offerte e bisogni

professionali – dichiara Giorgio Milani, docente Isiss Cerletti – Un esempio

è il corso di mastro distillatore, figura specializzata che molte cantine e distille-

rie ci hanno richiesto. E’ l’unico corso in Italia e, infatti, abbiamo richieste che

arrivano da quasi tutte le Regioni. Per il corso di mastri birrai, invece, 4 stu-

denti del corso avviato nel 2014, sono già stati contattati da alcuni micro birri-

fici del nostro territorio.

Birra Franzisca

L’equilibrio vegeto produttivo della vite è il

risultato delle scelte gestionali effettuate dal

viticoltore, tra le quali quelle riguardanti la

potatura al bruno e al verde rivestono un ruolo

predominante. La corretta gestione della potatu-

ra sin dalle prime fasi d’impianto influenza lo

stato di salute della pianta, la longevità della

vite e in definitiva il risultato economico della

vigna. È stato questo il filo conduttore del se-

condo corso di potatura proposto dagli inse-

gnanti del Dipartimento di Viticoltura ed Eno-

logia, rivolto a viticoltori e non, che si è tenuto

nei mesi di dicembre e gennaio presso la Scuola

Enologica di Conegliano. Le numerose parteci-

pazioni all’iniziativa, di là da ogni aspettativa

degli organizzatori, dimostrano il notevole inte-

resse degli operatori per quest’ argomento. Al

team di insegnanti del Dipartimento che hanno

tenuto le lezioni teoriche e pratiche stanno giun-

gendo richieste per estendere l’attività formati-

va ad altri ambiti della filiera vitivinicola. Il

raggiungimento dell’idoneità alla formazione

continua consentirebbe alla Scuola non solo di

attestare la partecipazione a queste iniziative

ma anche di certificare in maniera riconoscibile

le competenze acquisite dai partecipanti. Come

insegnanti organizzatori ringraziamo le aziende

Canevel di Valdobbiadene, Antoniazzi avv.

Carlo di Conegliano e Bressan Maria Alessan-

dra di Ogliano di Conegliano che hanno ospita-

to i corsisti per la parte pratica.

Prof. Lorenzo Iob

Corso di potatura

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Vendesi cartina del Piave mai utilizzata Cercasi capra espiatoria per interrogazioni di matematica Cercasi paesaggio agrario fuori dalla finestra Cercasi anticorpi per compagni cagionevoli Cercasi il significato esatto di “coso” Vendesi modellini di solidi platonici Cercasi accessori inusuali per Renault Clio bianca (albero motore natalizio) Vendesi estintore di massa Vendesi consulenze per misurazioni con cordella metrica ( per info rivolgersi a Perissinotto G.) Cercasi pronuncia corretta di “stage” Cercasi fondotinta per succhiotti (per info rivolgersi a L.E.) Cercasi corso di dizione di lingue straniere (inglese e tedesco) Ri-cercasi memoria involontaria Cercasi corso universitario che faccia al caso mio (collaudatore di materassi) Cercasi professori pre-comprati per formare la commissione d’esame

ze e condannare apertamente i fatti di Pa-

rigi, quasi ne fossero in qualche modo

corresponsabili in quanto musulmani.

Crociate del genere non servono e non

hanno senso perché vanno nella direzione

di fomentare la divisione invece che pro-

muovere l’integrazione. Si può intervenire

invitando a riflettere e a confrontarsi, non

a gamba tesa per stendere l’avversario

come se non esistessero altri metodi per

isolarlo e renderlo innocuo. Ci sarebbe

allora da tirare le orecchie ai quei politici,

presenti pure nel Parlamento nazionale,

che aizzano lo scontro culturale con il

mondo musulmano (tutto) portando i

maiali a passeggiare e orinare attorno alle

moschee. E’ civiltà questa, o non forse

una provocazione di poco inferiore alla

violenza di chi mette il dito

sul grilletto di un kalashni-

kov?

In alto i calici e salute a tutti!

La piaga del nostro tempo, come ha scritto

lo scrittore israeliano Amos Oz, non è l’i-

slam bensì il fanatismo, qualsiasi fanati-

smo beninteso. Io non sono Charlie, mi

spiace, ma difendo il diritto alla vita che

un pugno di esaltati ha violato impune-

mente. L’odio è una brutta bestia, frutto

dell’ignoranza, e si combatte con l’istru-

zione, la conoscenza e il dialogo. E, lo

dico francamente, non mi è piaciuta la sce-

neggiata sugli Champ Elysee da parte dei

cosiddetti grandi della terra, molti dei quali

a casa loro soffocano ogni libertà e si spor-

cano le mani del sangue dei loro opposito-

ri. Prima di tutto la coerenza e il rispetto

dei diritti altrui, solo dopo ci si può ergere

a paladini della vita e dei valori universali.

Così come non mi è piaciuta l’uscita

estemporanea dell’assessore veneto alla

pubblica istruzione che ha diramato una

circolare in cui chiedeva alle famiglie de-

gli alunni musulmani di prendere le distan-

continua dalla prima

LA CANTINA Anno 13, Numero 38, Marzo 2015 Pagina 16

VENDOVENDOVENDO ––– COMPROCOMPROCOMPRO (tra il serio e il faceto) (tra il serio e il faceto) (tra il serio e il faceto)

Direttore resp.

Prof. Dino Benacchio

In redazione:

J. Zalamena, G. Botteon, L. Mar-

sura, F. Dabbà, M. Battistella, I.

Zambon, M. Olcese, G. Spinato, J.

D’Ambroso, M. Dal Bianco, T.

Fiorot, N. Dalla Torre, D. Vacilot-

to, C. Cesa, L. Girardi, M. Scan-

diuzzi, S. Cappellazzo, D. Zardetto,

G. Coan.

Grafica e impaginazione:

F. Sonego

[email protected]

www.isisscerletticonegliano.gov.it

La Redazione

LA CANTINA

Prof. Dino Benacchio

RIFIUTI AGRICOLI: ARRIVA L’ ECOMEZZO

Come accade per le famiglie, gli uffici o le attività produttive,

anche i rifiuti prodotti dalle aziende agricole

debbono sostare a specifiche normative. In

particolare la legge prevede che chi appar-

tiene a questa categoria produttiva debba

smaltire i propri rifiuti almeno una volta

l’anno. Per far fronte alle esigenze degli agri-

coltori, Savno ha così organizzato un efficiente

circuito di raccolta; ciò fa sì che gli agricoltori

che conferiscono a Savno possano godere di

una serie di semplificazioni amministrative e

normative quali ad esempio la non obbligato-

rietà di tenuta di registri, favorendo così un percorso di sburo-

cratizzazione. Il servizio di raccolta mediante Ecomezzo

(attivo da settembre 2014), prevede la possibilità di conferire i

rifiuti prodotti dalla propria attività agricola

nella quantità massima di 30 Kg o 30 lt, presso

siti appositamente attrezzati ai quali si può

accedere, dalle ore 08.00 alle ore 12.30, indi-

pendentemente dal Comune di provenienza, in

giornate prestabilite oppure a domicilio. L’u-

tente può usufruire del servizio 4 volte l’anno e

il rifiuto conferito non potrà comunque supera-

re i 100 kg o 100 lt. anno.

info: tel.0438415524

email: [email protected]

Gabriele Coan 4AGT