P e r i o d i c o d i i n f o r m a z i o n e , c u l t u r a e c u r i o s i t à e d i t o d a l l a r e d a z i o n e
g i o r n a l i s t i c a d e l “ G . B . C e r l e t t i ”
V i a X X I I I A p r i l e , 2 0 3 1 0 1 5 C o n e g l i a n o ( T V )
w w w . i s i s s c e r l e t t i c o n e g l i a n o . g o v . i t ; e - m a i l : i n f o @ i s i s s c e r l e t t i . i t
Anno 13, Numero 38, Marzo 2015
Cari amici de La Cantina, ben
ritrovati!
Non c’è dubbio alcuno che
stiamo vivendo una stagione
storica della nostra esistenza
particolarmente drammatica. I
fatti di Parigi (ai quali dedi-
chiamo la copertina) sono solo
uno dei tanti episodi che ango-
sciano la civiltà moderna sfre-
giata dalle lame impietose del
Califfato. Dall’Iraq alla Siria,
dallo Yemen alla Somalia, dal-
la Nigeria al Mali, per finire
sulla sponda opposta del Medi-
terraneo nella martoriata Libia,
le bandiere nere e sinistre dello
Stato Islamico sventolano mi-
nacciose. E chissà per quanto
tempo ancora, perché è eviden-
te che l’Isis , facendo leva sulla
povertà economica dei più ma
attirando anche frotte di euro-
pei convertiti o di simpatizzan-
ti, occuperà per molti anni le
cronache quotidiane della no-
stra vita. In qualunque modo la
pensiate, quello che è successo
a Parigi al settimanale Charlie
Hebdo ci deve far riflettere su
quale sia il giusto modo per
depotenziare l’orda barbara e
ridurne la rabbia distruttiva. La
sfida a mio avviso la si può
condurre e forse vincere solo
trovando una solida sponda
dialettica con l’islam modera-
to. Non è con le provocazioni o
con la violenza che si può argi-
nare l’azione suicida dello
shaid (martire). La libertà di
opinione e di pensiero (quella
per intenderci dei vignettisti di
Charlie) non è in discussione,
ma non deve mai essere libertà
di offendere le convinzioni e i
sentimenti più profondi delle
persone, siano esse musulma-
ne, cristiane o induiste. (continua a pag 16)
L'IMPORTANZA DI ESSERE CHARLIE
LA CANTINA
A volte però offende più la lingua della spada Come dimenticare l'inizio
non proprio roseo di questo
2015? Quello che passerà
alla storia come l'attentato al
giornale satirico Charlie
Hebdo avvenuto il 7 gennaio
a Parigi è un avvenimento
che ha fatto molto parlare di
sé. Un evento che ha aperto
molti dibattiti in giro per il
globo: dai giornalisti, agli
esperti del settore, dai baristi
ai barbieri,
tutti a discute-
re dell'accadu-
to nei giornali,
nei talk show,
nelle piazze,
praticamente
ovunque. C'è
chi si sente di
sottolineare
che se si parla
di islamisti, di
terrorismo
islamico o di
fanatici dell'islam è innega-
bile il coinvolgimento della
religione islamica. D'altra
parte, però, c'è chi evidenzia
come molti leader abbiano
utilizzato un linguaggio, se
non un movente religioso,
per portare avanti ideali pro-
gressisti; i casi più noti sono
quelli del Dalai Lama e di
Martin Luther King. Però è
vero che ci sono altrettanti
leader che hanno usato Dio
per commettere massacri
opprimere popoli. Poi c'è
una fazione che scende allo
stesso livello degli islamofo-
bi, che piuttosto di capire
quello che sta succedendo,
preferisce addentrarsi in
discussioni teologiche, svi-
scerando il corano per
estrarne il vero significato:
Si parla di sottomissione, ma
spirituale" o anche "Il Jihad
è una guerra interiore contro
le tentazioni e non contro gli
infedeli". Il Corano, comun-
que, non sarebbe l'unico
testo sacro da cui si possono
ricavare più interpretazioni,
nella bibbia Gesù afferma:
"bisogna tagliare la mano
che dà scandalo", ma il pro-
blema non sta nell'interpre-
tazione che si può dare al
Corano. I musulmani sono
oltre un miliardo e mezzo;
come si spiega allora che il
mondo non conti un miliar-
do e mezzo di terroristi? E
se il problema non fosse
direttamente religioso? Co-
munque oltre ai dibattiti sul
vero e proprio attentato, si è
sviluppata una discussione
sui limiti della libertà di
stampa: memorabili le im-
magini di oltre 2 milioni di
persone che al grido di "Je
suis Charlie" e con la matita
puntata al cielo protestano
per la libertà di stampa a
Parigi. Giusto, ma cosa
vuol dire libertà di stam-
pa? Poter insultare istitu-
zioni religiose e politiche
senza ritegno? I vignettisti
si difendono affermando
che la satira ha una sola
regola: deve andare dai
più deboli verso i potenti,
ha una sola direzione, non
va contro delle vittime, ma
contro chi detiene il pote-
re. Poi ci sono quei giorna-
li, come "Il Corriere della
Sera" che vende in allegato
una raccolta di omag-
gi di vari artisti a
Charlie Hebdo ed alla
così tanto citata liber-
tà di stampa, senza
chiederne i diritti.
Interessante come
siano state esposte
tutte quelle matite
in nome della liber-
tà di espressione da
editori che se ne
fregano dei diritti
d'autore. Ma non è
l'unica stranezza riguar-
dante Charlie Hebdo. Pare
che, solo in Francia, più di
50 persone abbiano prova-
to a registrare il logo "Je
suis Charlie", motto che è
stato pensato da un giorna-
lista francese e che in poco
tempo è diventato virale
attraversando il globo.
Curioso vedere come an-
che dietro alla morte di
persone e ad un attentato
terroristico che smuove la
coscienza di milioni di per-
sone, ci sia della gente di-
sposta a sfruttare il tutto
(continua a
pag. 2)
Jonathan
Zalamena 6VB
I l PUNTO
LA CANTINA Anno 13, Numero 38, Marzo 2015 Pagina 2
Una lunga e drammatica scia di terrore
Il 7 gennaio 2015 a Parigi è avvenuto un attentato ai danni
del giornale satirico Charlie Hebdo, un periodico settima-
nale francese molto criticato per le sue vignette spesso ac-
cusate di cattivo gusto. Oltre a prendere di mira i politici il
settimanale pubblica spesso articoli o immagini irrispettose
verso religioni come l’ebraismo, il cattolicesimo e anche l’i-
slam. Il 9 febbraio aveva diffuso delle vignette con Mao-
metto, che secon-
do la religione
islamica non può
essere raffigura-
to. La notte del
primo settembre la
sede è stata presa
d’assalto con bom-
be Molotov, e da
quel giorno è scat-
tato per loro un
piano di protezione
da parte delle forze
di polizia francese.
Nei mesi prece-
denti al fatidico 7 gennaio la Francia, come altri paesi, era
stata messa in allerta poiché si erano riscontrati attentati ricon-
ducibili ai fanatici dell’ISIS, ma questo non è servito ad evita-
re la tragedia. Il 7 gennaio alle 11.30 Said Kouaki e Chérif
Kouaki, due fratelli franco-algerini, si sono introdotti nella
sede di Charlie Hebdo mascherati e armati di AK-47; ser-
vendosi della disegnatrice Corinne Rey hanno aperto il
fuoco sui dipendenti massacrandone dodici sotto il grido di
“Allāh u Akbar”, “Allah è grande”. Fuggiti con una Ci-
troen C3 nera dopo aver ucciso il poliziotto di sicurezza del
giornale, Franck Brinsolaro, si sono imbattuti in un’auto della
polizia e hanno ammazzato il già ferito poliziotto Ahmed Me-
rabet, di religione mussulmana. Hanno poi abbandonato la
Citroen e rubato l’auto a un civile per fuggire.
Ma la terribile vicenda non si è conclusa quel giorno. Nei due
seguenti si sono verificati altri attentati in cui sono rimasti
uccisi in 4 e quattro gravemente feriti. Gli ultimi attentati han-
no evidenziato una componente antisemita: tutte e quattro le
vittime erano infatti di religione ebraica.
Sono state giornate drammatiche nelle quali la popolazione
francese ha contato ben diciassette morti e undici feriti. Il pre-
sidente François Hollande ha promesso di opporsi con tutte le
forse possibili al terrorismo, e molti leader politici hanno
espresso solidarietà e vicinanza alla Francia come Matteo
Renzi, i presidenti della Russia e degli USA, il primo ministro
britannico e olandese, il consiglio di sicurezza dell’ONU, la
Lega Araba e l’Università egiziana di Al-Azhar. Anche il
leader del partito sciita ha manifestato il proprio disappunto
definendo i terroristi “takfir”, cioè apostati, e considerando le
loro azioni insulti all’Islam. L’11 gennaio tre milioni e mezzo
di francesi hanno espresso la loro solidarietà alle vittime
dell’attentato con un corteo lungo le strade dei Parigi. Le rea-
zioni sono state forti in tutti i paesi occidentali, internet è stato
invaso da post e immagini riguardanti i fatti sopra descritti. La
frase “siamo tutti Charlie Hebdo” è stata ripetuta da tutti, ap-
prezzata e contestata. Ma lo siamo davvero? Questa domanda
è complicata e ha molteplici possibili risposte. Il periodico
Charlie Hebdo è stato criticato fin dalla sua nascita nel
1970: le sue vignette sono spesso molto offensive e non ri-
sparmiano nessuno, quindi nonostante io sia vicino alle
vittime non me la sentirei di condividere la posizione del
settimanale.
Ma se la vediamo da un altro punto di vista questo giorna-
le è diventato un simbolo e con l’ espressione Je suis Char-
lie si può anche intendere che si è contro ogni forma di
violenza o che
si è uniti nella
lotta al terrori-
smo.
Quindi non
penso che que-
sto slogan sia
giusto o sba-
gliato, ma che
ognuno di noi
dovrebbe deci-
dere solamente
da che punto di
vista osservar-
lo. Sicuramente la lotta al terrorismo è ancora lunga, ma non
riguarda solo le forze armate o di polizia dei paesi coinvolti:
tutti possiamo dare un contributo dimostrando che il nostro
stile di vita è migliore, che non perderemo tutto ciò che abbia-
mo guadagnato in questi anni di storia e che continueremo a
migliorare. Sicuramente, l’ondata di razzismo che si è sca-
tenata contro gli islamici non ci fa onore e non migliorerà
di certo le cose, visto che è infondata e che la maggior par-
te degli islamici soffre la dittatura delle organizzazioni co-
me l’ISIS. Loro, come noi, non avrebbero mai voluto che
tutto questo accadesse.
Dante Zardetto 2AVE
La cronaca dei fattiLa cronaca dei fattiLa cronaca dei fatti
per farci qualche spicciolo. Insomma Charlie Hebdo si è rivelato, per questo inizio 2015, un’ ottima grancassa mediatica da
sbranare sotto più punti di vista. Molto probabilmente è tanta l'ipocrisia che si cela sotto le parole "Je suis Charlie". Urlate
perché andava fatto, perché tutti lo facevano, condividendole sui social media per sentirsi con la coscienza pulita. Come in
ogni cosa contano i numeri, ci siamo dimostrati uniti contro il terrorismo e contro l'oppressione delle idee ed è questo l'impor-
tante. Forse ancora più ipocrita però è stato il corteo che l'11 gennaio ha attraversato le strade parigine, composto da
politici che forse speravano che, con la loro presenza, il mondo si dimenticasse dei loro scheletri nell'armadio. Tra i
presenti paesi come: l’Egitto (al 159° posto su 180 nella classifica della libertà di stampa 2014), Turchia (154°), Russia
(148°) o Emirati Arabi Uniti (118°). (J.Z.)
Continua dalla prima pagina
LA CANTINA Anno 13, Numero 38, Marzo 2015 Pagina 3
Je suis hypocrite di Manuel Dal Bianco 6VB
Ci siamo rotti la schiena per poter scrivere e parlare liberi e ci hanno spezzato la matita e mozzato la lingua.
Ci siamo spezzati pur di non piegarci: ci hanno rotto il collo e tagliato la gola.
Abbiam creato reti informatiche per essere liberi di sapere e comunicare ma abbiamo solo alzato inconsapevoli le sbarre della prigione in cui ci hanno intrappolato.
Ci siamo alzati per difendere il nostro credo anche con le armi, ma abbiamo solo creato pretesti per combattere in nome del credo.
Abbiamo lottato per pace, fraternità ed uguaglianza nel mondo ma siamo uniti e uguali solo sotto maschere o cappucci neri.
Ci siamo uniti e abbiamo creato regole e società per stare bene tutti insieme, ma lottiamo perché immolarci sull’altare della gratificazione personale.
Abbiamo riso e abbiamo pianto perché questo è l' uomo poi ci siamo abbandonati ad azione e istinto come gli animali.
Abbiamo abbandonato lungo la strada la pietà e la ragione come fosse un cane poi abbiamo pianto i compagni perduti senza aver provato realmente ad aiutarci.
Abbiamo costruito un mondo basato sull' uomo e i suoi vizi e abbiamo inesorabilmente distrutto il mondo basato sulla natura e le sue leggi.
Ci stiamo infine distruggendo perché incapaci di regolare il nostro essere e stiamo costruendo questa realtà perché incapaci di vivere liberamente.
Non cerchiamo il male nelle cose o negli altri ma troviamo piuttosto ciò che di buono c'è in noi.
In questi mesi si è molto parlato dei terroristi isla-
mici dell’ISIS e in particolar modo dell’attentato
alla redazione del giornale satirico francese Charlie
Hebdo. Centinaia di migliaia di persone si sono
riversate nelle piazze di tutto il mondo. Hanno ma-
nifestato alzando matite al cielo e mostrando cartel-
li con la scritta “je suis Charlie”. Tre parole di soli-
darietà per condividere il desiderio di libertà. Liber-
tà che il giornale ha sempre manifestato pubblican-
do vignette irriverenti. Fin dove deve spingersi però
la libertà di stampa? È giusta una libertà che deride
ciò che è sacro per migliaia di persone? Penso di
no. Charlie ha sempre manifestato una spiccata
mancanza di rispetto nei confronti della religione
con vignette molto pesanti anche verso la religione
cristiana. Dopo l’atto terroristico è stata scelta an-
cora la provocazione raffigurando Maometto in
prima pagina dimostrando, certo, libertà e coraggio
ma anche mancando di rispetto a tutti i mussulma-
ni. Forse avrebbero dimostrato più libertà e co-
raggio ridicolizzando gli attentatori o il calif-
fo Abu Bakr Al Baghdadi (capo dell’ISIS)
annientando così la paura che intende incute-
re. Non si ha libertà senza rispetto. I valori e
le convinzioni di un gruppo non sempre corri-
spondono a quelle di un altro, quindi bisogna
porre dei limiti alla libertà per non compromet-
tere quella degli altri. L’atto terroristico com-
piuto con devastante ferocia non è certo giu-
stificabile né mai lo sarà. Abbiamo a disposi-
zione la legge per far valere le nostre ragioni
e la parola: informando ed educando si ridu-
ce l’intolleranza. Penso che la vera risposta
dei francesi e del resto dell’Europa sia stata
la partecipazione. L’unità è la
forza in grado di sconfiggere
il terrore.
Marta Scandiuzzi 3BGT
La libertà va difesa con il diritto
Buona Pasqua da LA CANTINA
Ma non quello di offendere...
LA CANTINA Anno 13, Numero 38, Marzo 2015 Pagina 4
Una penna fa più rumore di 100 Kalashnikov
Ha sorpreso, negativamente, la tempestività con cui l’assesso-
re alla Pubblica istruzione del Veneto Donazzan ha diramato,
sull’onda dei fatti di Parigi, una circolare in cui chiedeva alle
famiglie degli alunni musulmani di condannare apertamente
gli attentati di Parigi. L’iniziativa definita” inadeguata e irre-
sponsabile” ,perché nuoce agli studenti, da parte dell’onore-
vole Malpezzi della commissione Cultura della Camera ha
lasciato basiti perché di sicuro non aiuta a stemperare il clima
di scontro ma al contrario lo alimenta. La tensione tra culture
e religioni diverse purtroppo in atto nel nostro mondo moder-
no non può essere fomentata da circolari incendiarie come
quella dell’assessore, ma affrontato invece con il dialogo, so-
prattutto all’interno di una istituzione come la scuola. La diffi-
denza nei confronti del mondo islamico, anche di quello mo-
derato, da parte della Donazzan, sono noti: dalla battaglia con-
tro il velo indossato dalle ragazze, ai sospetti sui sermoni in
arabo nelle moschee, dall’invocazione di leggi speciali come
ai tempi delle brigate Rosse, al ripristino delle frontiere con
l’abbattimento di Shengen. Argomenti assolutamente legittimi
e sui quali si può e si deve discutere ma mai con il piglio pe-
rentorio di certe circolari che finiscono per fomentare l’odio
nei confronti di chi professa una religione diversa dalla cri-
stiana. Dov’era l’assessore quando in Norvegia il folle
“crociato” Breivik, simpatizzante dell’estrema destra, ha aper-
to il fuoco uccidendo 69 persone e ferendone 55 in modo gra-
ve per fermare, come lui stesso ha affermato nel processo,
"una decostruzione della cultura norvegese per via dell'immi-
grazione in massa dei musulmani"? Per par condicio si sareb-
be dovuto chiedere scusa ai musulmani frequentanti le nostre
scuole per l’atto di violenza efferata commessa in nome della
purezza cristiana della Norvegia… O no?(d.b.)
Parigi. 7 gennaio 2015. Fredda mattinata d’inverno francese.
Tra le mura della sede del periodico settimanale satirico Char-
lie Hebdo si tiene una riunione della redazione del giornale.
Clima pungente e irriverente, come lo spirito delle sue stesse
pagine.11.30 circa. L’atmosfera si
fa gelida. Due uomini incappuc-
ciati. Kalashnikov stretto tra le
mani. Le grida fredde di elogio a
un dio “Allah Akbar” (Allah è
grande). I colpi assordanti. Il fuo-
co. 12 corpi riversi a terra. Il san-
gue. Un attentato alla libertà. Al-
Qaeda rivendica l’assassinio, l’as-
salto al diritto d’espressione, al
diritto all’esistenza. Il diritto alla
vita non conosce “se” e non cono-
sce “ma”. Non può, non deve esse-
re leso mai. La satira si sa, non è
satira se non è pungente, accatti-
vante, caustica e irriverente; talvolta una semplice vignetta
può portare ad offendere, ma le vie d’espressione sono infini-
te. Nessuna offesa giustifica però il diritto a ledere nemmeno
la più piccola libertà di un individuo. Gli atti brutali si sento-
no forti e sicuri, ma la non-paura lo è di più. Ci si può liberare
della violenza solo attraverso la non violenza, insegna il mae-
stro di pace Mahatma Gandhi. “ Ci sono cose per cui sono
disposto a morire, ma non ce ne è nessuna per cui sarei dispo-
sto ad uccidere “ continua il grande filosofo indiano, simbolo
della non-violenza. Nella vita c’è bisogno di coraggio. Solo
questo sa godere i pieni diritti di pensiero, d’opinione e d’e-
spressione, in ogni loro forma. L’audacia sa stringere una pen-
na e denunciare. E una penna può intimidire più di qualsiasi
arma. Non è questione di religione o di nazionalità, di essere
o non essere Charlie, il problema è ben più profondo: ognuno
dovrebbe essere pronto a difendere
un diritto a testa alta, sconfiggendo
la paura in ogni momento. “ Per-
ché questa vita non ha significato
se hai paura di una bomba o di un
fucile puntato…” scrive nella sua
canzone Fabrizio Moro, noto can-
tante italiano. Ed è proprio così. La
paura è una restrizione della libertà
e di un’intera esistenza. Non si può
vivere nel timore. La violenza
crede di spaventare, talvolta ci
riesce anche, ma il bisogno di di-
fendere un ideale, un’opinione, un
diritto, o la libertà, non si lascia
intimidire e passa oltre. Una penna nel suo silenzio ha la capa-
cità di far più rumore di mille cannoni. Stringerla tra le mani e
affidarle le proprie idee è il modo più efficace per essere un
uomo libero. Una penna che non conosce paura, è inchiostro
che non avvista confini.
“ E’ bello morire per ciò in cui si crede; chi ha
paura muore ogni giorno, chi non ha paura
muore una volta sola.” Paolo Borsellino
Jasmine D’Ambroso 5^ APT
Quanta fretta e quanto zelo, assessore!
Mirco Balliana e Christopher Bonifacio della classe 6^ VA sono i due allievi selezionati per la partecipazione
all’EUROPEA WINE CHAMPIONSHIP che si terrà a Klosterneuburg (Austria) dal 7 all’ 11 aprile 2015.
L’allievo che parteciperà allo scambio “Romeo Bragato” con l’ E.I.T. di Hawke’s Bay (Nuova Zelanda) nell’ agosto
2015 è Alessandro Mangiameli della classe 4^ AVE.
Ben Tombs dell’ Eastern Institute of Technology dal 10 gennaio al 22 febbraio ha visitato vigneti e cantine nelle regioni del Veneto, Friuli,
Trentino-Alto Adige, Toscana, Marche e Piemonte e trascorso una settimana da turista a Roma, sulla costiera amalfitana e a Perugia.
Sessennio: dal 2015-16 inizia il percorso formativo annuale che prevede lezioni teoriche e pratiche per acquisire il titolo di enotecnico
NEWSNEWSNEWS
LA CANTINA Anno 13, Numero 38, Marzo 2015 Pagina 5
Nome: Gian Paolo
Soprannome: Giampy
Hobby: Il “fai da te” e la bicicletta.
Generi musicali: I cantautori italiani, soprat-
tutto De Gregori.
Piatto preferito: La pizza e la pasta.
Dove si concederebbe un viaggio? Vorrei riu-
scire a fare Il Cammino di Santiago, tutto o una buona parte.
Com’era da giovane? Tranquillo, forse anche ingenuo.
Cosa voleva fare da bambino? Avevo il pallino per i motori.
Si sarebbe mai aspettato di diventare insegnante? Non proprio.
Ci sono arrivato quasi per caso o per una serie di strane coinciden-
ze.
Un aspetto positivo e uno negativo del suo lavoro: Stando in mez-
zo ai giovani ti mantieni giovane. La materia IRC che è spesso
snobbata.
Un aspetto positivo e uno negativo della scuola: Ha la possibilità,
istruendo gli studenti, di formare le persone. Spesso rischia di essere
un mondo a parte, staccato dalla società e dal mondo del lavoro.
In quale animale si rispecchia? Nel leone o nella gazzella che ogni
giorno si sfidano nella savana.
La prima cosa che guarda in una donna? Gli occhi! e il suo modo
di essere e di rapportarsi con gli altri.
Crede in Dio? Assolutamente sì!
Cosa c’è dopo la morte? Un’altra vita dove ci ritroveremo e com-
pleteremo quello che non siamo riusciti ad essere qui.
Favorevole o contrario ai matrimoni gay? Contrario. Non giudico
le scelte affettive particolari, ma favorevole al riconoscimento delle
coppie di fatto.
Favorevole o contrario all’aborto? Contrario, però è una scelta
personale: legale per lo stato, immorale per chi crede.
Favorevole o contrario alla legalizzazione della cannabis? Con-
trario! “Preferisco le persone lucide” come disse don Ciotti.
Dia un consiglio ai suoi colleghi: Se mi è permesso: sempre dispo-
nibili, aperti e capaci di rimettersi in discussione.
Dia un consiglio agli studenti: Il vostro è il tempo della Formazio-
ne! Credeteci, vi state costruendo la vita e il futuro.
Faccia a faccia tra i Proff. Cadamuro e De Vecchi
Nome: Egidio
Soprannome: Elettrico
Hobby: un po' di running
Generi musicali: progressive datato
Piatto preferito: grigliatina mista
Dove si concederebbe un viaggio?
nel Nord America
Com'era da giovane? Con più capelli, avevo una testa
riccioluta così!
Cosa voleva fare da bambino? Progettare qualcosa di
nuovo nell'ambito dell'agricoltura
Si sarebbe mai aspettato di diventare insegnante? E'
stata una scelta naturale, compiuta in rapporto allo studio
universitario
Un aspetto positivo e uno negativo del suo lavoro: il
costante contatto con gli studenti ci mantiene sempre un
po' giovani, ma vi intercorre il pericolo di diventare bam-
bini
Un aspetto positivo e uno negativo della scuola: la
scuola riveste l'importante ruolo di contribuire alla for-
mazione delle nuove generazioni, ma offre poche innova-
zioni
In quale animale si rispecchia? Lupo
La prima cosa che guarda in una donna? Gli occhi
Crede in Dio? Sì
Cosa c'è dopo la morte? Una vita diversa
Favorevole o contrario ai matrimoni gay? Indifferente
Favorevole o contrario all'aborto? Contrario
Favorevole o contrario alla legalizzazione della canna-
bis? Escludendo l'utilizzo per la terapia medica, credo
sarebbe la legalizzazione di un qualcosa di prevalente-
mente negativo
Dia un consiglio ai suoi colleghi: credere nell'unicità
delle esperienze e nella necessità di viverle in prima per-
sona
Dia un consiglio agli studenti: il medesimo
Interviste a cura di Nicole Dalla Torre 5AVE e Francesca Dabbà 5BGT
I N T E R V I S T A D O P P I AI N T E R V I S T A D O P P I AI N T E R V I S T A D O P P I A
La vignetta di Gaia
LA CANTINA Anno 13, Numero 38, Marzo 2015 Pagina 6
Ciliege dolci come quelle italiane, ma grandi come quelle americane.
Pere che maturano in primavera e in autunno e non solo in estate.
Kiwi che resistono alla carie (la malattia che ne distrugge le foglie e i
fusti). La frutta, ai giorni nostri, non cresce da sola sugli alberi. Sola-
mente conoscendo la genetica, la scienza che studia il DNA
(presente nel nucleo, il cuore di ogni cellula), i ricercatori riesco-
no ad ottenere frutti con le caratteristiche desiderate: più grossi,
succosi e resistenti alle malattie. Questa conoscenza si è sviluppata
negli ultimi decenni: l'intero genoma della mela è stato scoperto solo
4 anni fa! Contemporaneamente allo sviluppo, però sono sorti
anche molti problemi: quando si parla di
“genetica” e “piante” nella stessa frase, si
pensa subito agli OGM. Nonostante i timori, le
polemiche e le preoccupazioni, però, questa
tecnica continua la sua ricerca di anno in anno. È
un vero campo minato: per dire, è solo di qual-
che mese fa il voto della Commissione Ambien-
te dell'Unione Europea che autorizza i Paesi a
limitare o proibire le coltivazioni OGM, che in
Italia non sono ammesse. I genetisti dell'Uni-
versità di Bologna, uno dei centri più attivi in
Italia, per evitarlo, stanno cercando tecniche
alternative: una di quelle più avanzate e con
risultati molto promettenti è quella di non
ricorrere alla “modifica genetica”. Grazie a questa tecnica, si riesce
a migliorare la pianta senza inserire nelle cellule geni estranei, il pro-
cedimento che invece viene usato negli OGM. La tecnica si chiama
“selezione assistita dai marcatori”. Si può immaginare come una
caccia al tesoro nel DNA: in primo luogo si trovano i geni interes-
sati e, successivamente, si coltiva la pianta per farla riprodurre. I
marcatori molecolari sono particolari sequenze più o meno lun-
ghe del DNA, senza una funzione precisa, che si trovano accanto
al gene interessato. Il gene e il marcatore sono adiacenti, ma que-
st'ultimo è più facile da trovare. Per esempio la resistenza alla tic-
chiolatura del melo, causata da un fungo, è controllata da uno o più
geni, ognuno dei quali ha un marcatore. Ci sono molteplici sistemi
per scoprire la presenza dei marcatori, ma il procedimento è molto
simile a quello usato dalla polizia per determinare se il DNA raccolto
appartenga o meno a un sospetto. Se i marcatori sono uguali, il DNA
è lo stesso. Per le piante il processo è molto simile, in linea teorica,
ma dal punto di vista pratico è molto più complicato: il patrimonio
genetico dei vegetali è molto più ampio di quello umano: pensate che
il genoma della mela contiene la bellezza di 57.000 geni, quasi il
triplo di quello dell'uomo, che ne ha “solo” 22.000! Pensate che perfi-
no la fragola ha 34.000 geni! A complicare le cose è il fatto che la
biodiversità della frutta è molto elevata, quindi una varietà può avere
un patrimonio genetico diversissimo da un'altra. Pensate solo che due
tipi di fragole sono molto meno imparentati tra loro di un esquimese
con un pigmeo. Insomma, è come cercare un ago in un pagliaio. La
ricerca dei marcatori però è solo uno dei passaggi, il più avanzato
tecnicamente, che si va ad inserire nei metodi tradizionali. I ri-
cercatori, infatti, trovano informazioni e materiale nella banca
del germoplasma, una collezione di semi usata ad archivio, con
l'elenco e le caratteristiche delle singole varietà di frutta. Qui
vengono scelte le piante genitrici. Il passo successivo è quello
dell'unione del polline all'ovario: ovvero
incrociare A con B per ottenere C con le
caratteristiche combinate di A e B, ma non
sempre va a buon fine. I semi quindi vengo-
no seminati per ricavarne migliaia di piantine
allevate nelle serre dell'università. A questo
punto bisogna aspettare qualche anno per
vedere i risultati. Fortunatamente la genetica
velocizza questo processo: quando le piantine
nate di semi sono ancora piccole, si esamina
il frammento di una fogliolina per vedere se
contiene o meno i marcatori e si scartano gli
esemplari che non li possiedono. In questo
modo si riesce a velocizzare il processo di
selezione di un nuovo frutto, che normalmente dura circa 15-20 anni,
a 10 anni, che è un tempo molto simile per la produzione di una culti-
var OGM. Anche se i tempi si accorciano il rendimento rimane bas-
sissimo: infatti nonostante l'aiuto della scienza, incrociando due va-
rietà si possono ottenere piante con proprietà negative. Completati i
vari processi di modifica genetica, bisognerà aspettare ancora
qualche raccolto per il capire se le proprietà ottenute sono stabili.
L'ultimo passo è far assaggiare i frutti ad un panel di esperti che
danno un parere generale. Poi ad un gruppo di persone comuni.
Se piacciono anche a loro, si scelgono le piante migliori, si brevet-
tano e si mettono sul mercato. A questo punto il lungo e duro lavo-
ro di selezione hanno portato al raggiungimento dell'obbiettivo: la
mela, la pera o il kiwi perfetto. Ma questo processo di ricerca e di
successivo sviluppo non si ferma: raggiunto un obbiettivo si cerca di
perfezionare il frutto dello studio con altre analisi ed altre sperimenta-
zioni, per generare nuove varietà che, oltre ad aiutare
l'agricoltura, in un ottica più ampia potrebbe favorire
la scomparsa della fame nel mondo.
Luca Girardi 3BGT
La bianchetta trevigiana
La Bianchetta trevigiana è un vitigno a bacca
bianca coltivato principalmente nelle zone di Tre-
viso e di Belluno. Attualmente esistono ben pochi
vigneti monovarietali di questa varietà, diffusi
soprattutto nella zona del Montello e dei Colli
Asolani, oltre alla zona del Bellunese (comuni di
Arsiè e Fonzaso ),nella pedemontana delle Prealpi
Trevigiane è presente pressoché in vecchi vigneti
multi varietali in cui coesiste con Glera (la varietà
con cui produce principalmente il Prosecco), Pere-
ra , e Verdiso, altre due varietà locali ammesse nel
Prosecco di Conegliano-Valdobbiadene DOCG.
Citata fin dal ‘500 e dai alcuni autori ritenuta
indigena del Trevigiano, dato che maturava più
precocemente , veniva utilizzata per
“ingentilire” il Prosecco, soprattutto nelle an-
nate fredde. Ha buona resistenza al freddo ma è
sensibile alle principali malattie crittogami-
che ,con fare tendenza di disseccamento del ra-
chide. Inoltre gli acidi rivolti verso la luce risulta-
no molto sensibili alle scottature. Ha produttività
elevata e costante. Dal punto di vista analitico le
uve ben mature non raggiungono gradazioni
zuccherine elevate. Se ne ricava un vino non
molto alcolico ma fresco, ottima-
le da pasto. Tamara Fiorot 4AGT
Ecco la “selezione assistita dai marcatori”
LA CANTINA Anno 13, Numero 38, Marzo 2015 Pagina 7
C'era una volta... .No, non è una fiaba che vi vogliamo
raccontare ma una storia vera. C'erano una volta diverse
squadre di studenti che con il loro “Toni” (tuta da lavoro)
blu verde, magari anche sponsorizzato da qualche ditta di
pesticidi, coloravano e animava-
no i filari dei vigneti e del parco
della scuola. Diciamo c'era una
volta perché oggi non ci sono
più, o meglio anni fa tutte le
classi, comprese le prime e le
seconde, spesso erano impe-
gnate a trafficare all'aria aper-
ta con i docenti di azienda
agraria (materia scomparsa
chissà perché?!). Quasi tutti i
giorni c'erano diversi allievi di
più classi che uscivano dall'au-
la per andare a far pratica nei
campi all'esterno, già cambiati con la tuta da lavoro e gli stivaloni , lasciando tracce di
terra secca lungo i corridoi, terra raccolta durante la lezione
precedente. Non sempre per queste attività c'erano degli
spogliatoi attrezzati, ma solo stanze di recupero nei caseg-
giati all'interno dell'Istituto. Il doppio lavoro per le bidelle
passava in secondo piano vedendo l'entusiasmo dei ragazzi
impegnati e occupati in un vero lavoro, felici e allegri fi-
nalmente di uscire a tagliare l'erba, potare le rose, vendem-
miare e potare le viti...già, questo lavoro lo facevano tutti
gli studenti dell'Istituto! C'era una volta molto più colore
tra i filari, un via vai di giovani che imparavano diverten-
dosi e mettendo in pratica quello che teoricamente avevano
già appreso dai libri. Nostalgia?
Forse! Ma quello che ci dispiace
di più è vedere crescere i nostri
ragazzi in scuole che non danno
più il vero valore al sano lavoro
delle mani, nel costruire, creare
sistemare o anche rompere un
manufatto creato artigianalmen-
te con le proprie capacità. C'era
una volta più possibilità di impa-
rare muovendo (utilizzando..) le
mani, mentre ora con le nuove
normative il biennio comune
esclude la pratica dei laboratori!
Disabituare gli studenti all'uso di
questa forma espressiva significa privarli di un bisogno
primario da sempre usato dall'uomo come forma comple-
mentare alla sua crescita personale,
come i bambini che utilizzano le
mani per avere le loro prime infor-
mazioni per conoscere …
Giò e Rosy
C’erano una volta gli studenti… operai
Il progetto, “Educazione all'affettività e alla sessualità” ,
destinato alle classi seconde delle superiori e gestito
dall'Ulss 9 del distretto di Oderzo serve per insegnare ai
ragazzi a conoscere se stessi e a relazionarsi in modo ade-
guato. Il 17 novembre 2014 noi della 2^B
abbiamo affrontato questa esperienza
con Stefania Moschetta e Simonetta
Pozzobon, due psicopedagogiste che se-
guono gli adolescenti e il consultorio di Oderzo. All'inizio dell'incontro ci hanno
fatto disporre a cerchio in modo che ci
guardassimo tutti negli occhi e dopo una
breve spiegazione abbiamo compilato una
scheda sulla nostra personalità, i nostri pun-
ti di forza e il nostro tallone d'Achille. Que-
sto ci ha permesso di conoscerci davvero e
scoprire gli aspetti positivi e le debolezze di
tutti noi. Nelle tre ore passate insieme, le dottoresse ci han-
no fatto svolgere diverse attività e ci hanno mostrato delle
diapositive.
Queste ultime erano ben organizzate e iniziavano con la
spiegazione della conoscenza del corpo fino al significato
sentimentale e biologico della sessualità e dell'affettività.
Nel corso dell'incontro sono sorti molti interrogativi e
molti dubbi a cui le due dottoresse hanno saputo ri-
spondere con professionalità ed estrema chiarezza. È stata una bellissima esperienza che ci ha permesso di
comprendere meglio noi stessi e dare una
risposta a tutte le nostre più svariate do-
mande molto comuni tra i ragazzi e le ra-
gazze della nostra età.
Questa è stata un'esperienza che ci ha toc-
cato profondamente e ci ha dato l'opportu-
nità di imparare cose nuove e interessanti,
ma soprattutto di confrontarci “ ad alta
voce” su problemi e temi che sono den-
tro di noi e che ci sussurriamo senza
avere mai delle risposte chiare e confor-
tanti. Spesso ci sentiamo soli e non è fa-
cile parlare a casa dei nostri dubbi. Ci
siamo resi conto che per quanto ci si creda grandi in
realtà non si finisce mai di apprendere e di
crescere.
Anna Fantuz 2^B Piavon
Piavon, sessualità e affettività Un confronto ad alta voce
Foto archivio ipsaa Colle Umberto
LA CANTINA Anno 13, Numero 38, Marzo 2015 Pagina 8
L’alunno M. ha fatto l’ennesima scena muta dicendo che
risponderà solo in presenza del suo avvocato.
Ora di religione: “Si segnala mancanza del Crocifisso, occul-
tato dalla classe, al suo posto cartello
recante le parole “torno subito””.
Durante ogni comunicazione via ra-
dio del preside, lo studente Mario D.
cade per terra e si raggomitola in
posizione fetale gridando “Oh no
ancora quelle voci!!
Durante la lezione di matematica la
classe inscena il mio funerale, chie-
dendomi le misure per la bara
“L’alunno M.D. giustifica l’assenza
per: Raccolta olive”
“P. si rifiuta di uscire alla lavagna interrogato e mi minaccia
di ridurmi ai minimi termini”
“L'alunno A.S. ha nascosto due fette di prosciutto nel regi-
stro, ne ha buttate un po in classe, ed ha nascosto le altre nel
giubbotto di pelle della sua compagna M.N.”
”L'alunno P.L. mette a repentaglio la vita dei suoi compagni
mescolando in laboratorio di chimica sostanze a lui scono-
sciute”
"L’alunno A., interrogato in storia, risponde alle domande
imitando la voce di Silvio Berlusconi,
iniziando ogni frase con “Mi consenta"
"L'allievo M. benedice una bottiglia
di vino in classe e mangia salame assie-
me ai suoi amici durante la lezione. "
L'alunno M. G. definisce la scuola
come una "donna di strada" dicendo
che tutti la frequentano ma nessuno la
ama.
“Alla richiesta di giustificare l’as-
senza di ieri, F. scappa.”
“A.C. bacia appassionatamente S.D.
mentre S.F. fotografa l’idillio.
““L’alunno D.L. giustifica l’assenza del **/
**/**** per: Ha ceduto una diga in Puglia
(siamo in Lombardia)”
Rubrica a cura di Michele Olcese 5BGT
L’alunno risponde… in presenza dell’avvocato
LET ME TAKE A SELFIE!
In autobus, macchina, metro, tram, tra i banchi di scuola, in
ufficio, in cantiere, in camera, in salotto, in cucina, in bagno…
la parola d’ordine per far parte di questa bizzarra società è
“Selfie”.Il neologismo più usato nel 2013 secondo l’Oxford Uni-
versity, questo “autoscatto” sembra aver conquistato proprio
tutti: dal presidente degli USA Barack Obama a Papa France-
sco, dal principe William d’Inghilterra al capitano della Roma
Francesco Totti. Da soli, in com-
pagnia, seri o divertiti, l’impor-
tante è immortalarsi in ogni
luogo o momento della giorna-
ta, ma non è finita qui: fonda-
mentale è la condivisione con
gli altri. “Selfie ergo sum”, se
scatto una mia foto significa che
esisto veramente; un testimone
semplice ed efficace della nostra
esistenza si racchiude proprio in
uno scatto condiviso. Selfie, una
moda frizzante sempre più colo-
rata che sembra far innamorare proprio tutti. Ma le radici
dell’autoscatto sono ben lontane. Correva l’anno 1839 quan-
do Robert Cornelius, americano considerato il pioniere
della fotografia internazionale, impugnò la sua macchina
fotografica e la montò sul retro del negozio di lampade di
famiglia. Quando tutto fu pronto, tolse il tappo e si cata-
pultò di fronte all’obiettivo, dove rimase seduto, immobi-
le, per un minuto circa, realizzando quello che viene con-
siderato il primo autoritratto fotografico della storia. Un
autoritratto sembra donare l’immortalità alla propria essenza.
La moda lo porta però ad essere un uso/abuso del facile mo-
strarsi per ciò che si può sembrare o ciò che si vorrebbe esse-
re, che spesso nasce proprio dall’insoddisfazione di se stessi.
Talvolta un selfie immortala l’infinita insicurezza di una
società di narcisisti. Ma questo selfie in fondo è un sempli-
ce scatto che può rappresentare la felicità, la soddisfazio-
ne o l’unione di amici in un momento di gioia. E la testimo-
nianza di un attimo felice non può che strappare altri sorrisi. Un
bel ricordo sa scaldare il cuore a distanza di tempo, e al giorno
d’oggi immortalare un attimo è
davvero semplice. Selfie è un gio-
co di luci e smorfie spontanee, la
freschezza del momento si affievo-
lisce però quando la necessità di
mostrarsi migliori si fa strada. La
vera fotografia infatti non è que-
sta, fotografare non è apparire. “
È mettere sulla stessa linea di
mira la testa, l'occhio e il cuore
“ afferma Henri Cartier-Bresson,
pilastro della storia della fotografia
mondiale. E questo non accade
quando l’unico scopo di chi scatta una fotografia è mostrare la
parte migliore di sé, la posa più audace o l’espressione più
intrigante, diventando a volte ciò che non si è. Un selfie spes-
so racchiude poca testa e ancor meno cuore. L’essenza del
fotografare svanisce nel bisogno di apparire. L’essere apprez-
zati dagli altri è sicuramente un modo per sentirsi appagati e
fieri, ma teniamo sempre a mente, anche nel fatidico momento
giusto per un selfie, che la prima regola per piacere e stare
bene è essere soddisfatti di se stessi. La più bella fotografia
nasce dal sorriso spontaneo di occhi e cuore, e questa non si
fa da sé. (J.D’A.)
La fantasia in classe
Elogio all’apparenza: è la moda del momento
LA CANTINA Anno 13, Numero 38, Marzo 2015 Pagina 9
Infatti nel 1873 si prodigò a mettere in pratica quanto aveva
appreso nei due anni all’estero: a Gattinara (Novara) fondò e
diresse la prima stazione sperimentale italiana; gli “Annali di
Viticoltura e Enologia”, che diresse a Milano dal 1873 al 1876,
nei quali diffondeva e illustrava mediante il metodo teorico
l’attività tecnica. Intanto nel Veneto l’agricoltura e la viticoltu-
ra si intensificavano e qualificavano, specialmente nel trevigia-
no: a Conegliano si attivavano insigni studiosi come Gera
Francesco, che nel 1863 aveva dato vita
al primo esperimento di Scuola Agraria
teorico-pratica; l’insegnante della Scuo-
la Agraria Antonio Carpenè, che, per
incarico del Ministero dell’Agricoltura,
Industria e Commercio, nel 1872 aveva
elaborato una relazione per la fondazio-
ne di una Scuola Enologica in Italia. Il
Cerletti in una lettera a Carpenè indica-
va un progetto didattico dell’istituenda
Scuola. Si incontrarono due personalità
affini: Carpenè, garibaldino prima, eno-
chimico dopo, fu un fervente studioso,
presidente della Società Enologica Trevigiana; in seguito auto-
re di interessanti pubblicazioni nel settore vitivinicolo e fonda-
tore insieme con Angelo Malvolti dello Stabilimento vinicolo,
ecc. Il periodo 1873-1876, quindi, fu fervido di studi, incontri
congressuali sull’enologia: Cerletti e Carpenè collaborarono e
si impegnarono fortemente nel progetto della fondazione di
una Scuola Enologica a Conegliano, della fondazione divenne
Presidente A. Carpenè. Al Congresso di Torino (1875) e di
Verona (1876) Cerletti, anche a nome di A. Carpenè, ne cal-
deggiava la realizzazione.
Il Ministro dell’Agricoltura Luigi Luzzatti approvò il progetto
e sostenne la realizzazione. Il 9 luglio 1876 con Regio Decreto
si arrivò alla fondazione della “Regia Scuola di Viticoltura e di
Enologia di Conegliano”. Il Ministro nominò G.B.Cerletti di-
rettore riconoscendo la sua alta compe-
tenza scientifica. Cerletti contribuì per-
sonalmente alle spese di realizzazione.
Il 15 gennaio 1877 venne inaugurata la
prima sede in via Caronelli.
La Scuola fu strutturata in due corsi:
uno superiore, che preparava direttori
delle grandi aziende viticolo-
enologiche; l’altro inferiore per la for-
mazione dei capi vignaioli e cantinieri.
Con la direzione del Cerletti la Scuola
assunse una notorietà a livello mondia-
le: in essa si formarono i maggiori
esperti del settore; studiarono o si perfezionarono con tirocinio
i direttori delle Scuole Enologiche sorte in seguito su suggeri-
mento del Cerletti.
(2^ puntata - dalla prolusione della
Proff.ssa Giuseppina Blatti)
Io qualche idea ce l’avrei… .
Alcuni cambiamenti si possono fare partendo soprattutto dalle
collaborazione tra alunni e insegnanti e tra gli alunni stessi.
Perché non iniziare dando la possibilità a studenti sprovvisti di
azienda agricola familiare di poter fare esperienze di stage ?
A tal proposito ad esempio studenti con aziende di famiglia
possono offrire esperienze lavorative nelle rispettive aziende a
compagni che non ne possiedo-
no e quindi risultano sprovvisti
di nozioni a livello pratico. In
cambio, io che non ho un’azien-
da posso offrire aiuto al mio
“benefattore” nello studio di
materie in cui sono più portata.
Si può fare?
Un'altra proposta per migliorare
la scuola: mantenere le radici
salde nel territorio è importante
ma è senz’altro utile valorizzare esperienze che ci aprano al
mondo …In che modo?
Proposta n.1: la scuola dovrebbe incentivare proposte di
esperienze lavorative in parchi e aziende straniere durante
il periodo estivo: un occasione per viaggiare, conoscere per-
sone e luoghi diversi e incrementare le proprie conoscenze
linguistiche. Esperienze come il “Progetto Leonardo” di cui
si è parlato nello scorso numero, tanto per capirci.
Proposta n.2 :la scuola e gli insegnanti accolgano gli
“Exchange students”, ossia ragazzi e ragazze provenienti
da tutto il mondo desiderosi di frequentare la scuola ita-
liana per determinati periodi... Avendo ospitato due mesi
fa una ragazza australiana di 17 anni per un mese e mez-
zo posso dire di aver avuto modo di comunicare in inglese
e di conoscere la realtà agricola in Australia ed è stato
molto interessante! Per esempio, lo sapevate che il 90%
delle aziende agricole che pro-
ducono soprattutto vini pre-
senti nella zona di Griffith
(New South Wales) sono gesti-
te da italiani di cui buona
parte provenienti dalla regio-
ne Veneto?
Per concludere al meglio, mi è
piaciuta l’iniziativa realizzata
nelle scuole trentine che han-
no elaborato questo progetto:
attraverso dei questionari anonimi gli studenti hanno cer-
cato di dare una valutazione ai propri insegnati, mettendo
in luce punti di forza e punti di debolezza dei docenti. Un
metodo di confronto alternativo ed efficace utile soprattutto
per il miglioramento del rapporto insegnante -
alunno. Si attendono suggerimenti, commenti,
proposte ....
Chiara Cesa 3BGT
La scuola idealeLa scuola idealeLa scuola ideale
Convegno: i Cerletti, padre e figlio
Un’utopia senza speranza?
LA CANTINA Anno 13, Numero 38, Marzo 2015 Pagina 10
IMPAZIENZA : E aspettando il momento in cui tornerai nel
luogo che più ami al mondo, ti accorgi che il tempo, offeso
dalla tua impazienza, rallenta ; logorandoti l’anima a poco a
poco , facendoti soffrire , più crudele della morte. E vivi nel
terrore che quest’ultima , per vincere l’antica sfida contro il
tempo , venga a prenderti per mano impedendoti di rivedere
il tuo paradiso in terra.
IL FELINO : Mi è sembrato di vedere quella montagna muo-
versi. No, non sono pazza. Mi è parso che ad un certo punto si
alzasse e e cominciasse a camminare senza
fare il minimo rumore , veloce come un felino
e altrettanto silenzioso. Mi è sembrato che
nessuno se ne accorgesse come se mentre si
muovesse tutto il resto stesse fermo. O forse
… mi sbaglio. Probabilmente era solo il rifles-
so mosso dell’acqua che scorreva imperterrita
nel fiume e che mi sono incantata a guardare
come una bambina che guarda un giocattolo.
LA BAMBOLA: Molti mi chiedono come mi
sento e io rispondo :”Bene grazie !”,anche se
paiono non sentirmi , il che è un bene perché
quella risposta di consuetudine , lanciata come un sasso
nell’acqua , è solo tutta una grande bugia . Molti vogliono
sapere come mi sento ma non sanno che neanche io so dare
una risposta certa, o perlomeno…non sapevo dare una rispo-
sta . E’ da anni che mi chiedo cosa sento , cosa provo e final-
mente ho trovato il modo di esprimerlo. Io sono una bambola
… una bambola ben delineata fuori e vuota dentro . Senza
anima , senza pensiero , con occhi fissi sempre sulla stessa
finestra e laccati di vernice e capelli sempre in ordine che
ricadono sui vestiti ottocenteschi macchiati dalla polvere
dopo essere stata ferma per anni . Sono solo una bambola da
collezione, antica , seduta su uno scaffale da generazioni ,
priva di qualunque speranza di muovermi , con occhi spenti e
vuoti che, dopo aver visto così tante scenografie diverse , al-
cune intere altre spezzate perché fuori visuale , non hanno la
capacità di dimenticare .
SUL FEMMINICIDIO : Avrei sempre voluto saltare da
quella rupe e affondare lentamente nel blu dell’oceano. Scen-
dere fino al nero degli abissi per guardare in alto e puntare
verso la luce bianca del sole che filtra tra la spuma delle on-
de . Risalire con la spinta della gambe e delle punte dei piedi
che premono su quel fondale sabbioso e riemergere a poca
distanza da quella spiaggia bianca in quel golfo deserto .
All’età di 16 anni ho preso coraggio e con una spinta sono
saltata giù; senza costume , senza vestiti , senza
innocenza …rubata istanti prima da qualcuno
senza volto. Il dolore mi percorreva il corpo fino
a raggiungere il cuore e insinuarsi nell’anima.
Tutto ciò che quel qualcuno mi ha preso mi ha
creato dolore , preso con la forza , con cattive-
ria , per divertimento. Saltai giù con la spinta di
un calcio ben assestato sotto le costole che mi
tolse il respiro e mi spinse nel blù di quell’ocea-
no che avevo sempre desiderato vedere . Ci arri-
vai a toccare il fondo! Sabbioso , morbido e …
freddo. Il mio corpo ci si adagiò lentamente. Il
petto mi doleva e le forze cominciavano ad abbandonarmi
mentre in vano tentavo di estrarre il coltello. In poche ore
avevo realizzato il mio desiderio, a metà però… ciò che vole-
vo vedere , quella luce abbagliante della stella più luminosa
del cielo che filtrava bianca fra le onde era inesorabilmente
nascosta dal rosso del sangue che sgorgava dal petto . Questa
è la storia di come sono morta , uccisa per essere donna .
Mentre guardo il mare da quella rupe ripenso alla mia storia ,
di come è finita velocemente , di come non ho potuto salutare
i miei cari, di come non ho avuto la possibilità di essere salva-
ta in grande stile o di godermi i miei anni di gioventù. Penso ,
guardando il tramonto rosso sangue .
Sophia Cappellazzo 3BGT
SPIGOLATURESPIGOLATURESPIGOLATURE
Truman Capote di Venezia diceva che fosse come una scatola
di cioccolatini mangiata in una sola volta.
Chissà se, visitando la città oggi, cambie-
rebbe l’oggetto della sua celebre frase con
uno dei molti snack che potrebbe trovare in
un distributore Argenta mentre prende il
vaporetto a San Zaccaria dopo un aperitivo
all’Hotel Danieli o dopo aver visitato la
collezione d’arte della sua amica Peggy
Guggenheim. A noi piace pensare che sia
così! Questa immagine un po’ romantica e
un po’ sognante ci aiuta a descrivere il
rapporto tutto speciale che lega Argenta a
questa città unica, un legame nato trent’an-
ni fa e oggi forte più che mai. Argenta,
attraverso le decine di distributori installati nei punti nevralgi-
ci di Venezia, offre un servizio tanto discreto quanto utile alle
migliaia di turisti (e veneziani) che ogni giorno affollano calli
e campi. E lo fa in un modo non convenzio-
nale, forse per non essere da meno ad una
città che, nata sull’acqua, ha fatto dell’ecce-
zionalità la sua cifra. È così che il riforni-
mento dei distributori avviene per opera di
addetti che si muovono a piedi, oppure su
barche appositamente equipaggiate, mi-
schiandosi al traffico operoso del Canal
Grande. E quando, immancabile, l’acqua
invade la città uno speciale meccanismo
entra in funzione nei distributori e li solle-
va, permettendogli di continuare a lavorare
senza arrecare nessun danno ai prodotti che
in essi sono contenuti. Con la sua timida
presenza Argenta offre dunque un servizio prezioso per la
città di Venezia. Un motivo in più per visitarla!
Parole e riflessioni a ruota libera
IL VENDING CORRE SULL’ACQUA
LA CANTINA Anno 13, Numero 38, Marzo 2015 Pagina 11
Venerdì 6 Febbraio le due seste del nostro Istituto, la VA e la
VB sono andate in trasferta nel vicino Friuli Venezia Giulia,
per una giornata che ha unito la storia con la viticoltura. Le
classi, accompagnate dalle professoresse Ornella Santanto-
nio e Cristina Falchetto Dall’Armellina, hanno iniziato la
giornata da Oslavia, località posta sulle propaggini orien-
tali del Collio, a soli 200 metri dal confine sloveno. La sto-
ria di questo paese è legata alla
Prima Guerra Mondiale e in parti-
colare alle battaglie dell’Isonzo
combattute fra il 1915 e il 1916. Per
raccogliere le spoglie dei soldati cadu-
ti, su progetto dell’architetto Ghino
Venturi, nel 1938 Mussolini fece co-
struire un imponente ossario a forma
cilindrica, il Sacrario Militare di Osla-
via, che le classi hanno potuto visita-
re, proprio nell’anno delle commemo-
razioni dei cent’anni dall’entrata in
guerra dell’Italia. All’interno di que-
sto monumento, sacro alla patria,giacciono le spoglie di
57.740 soldati, per la maggior parte italiani, caduti durante le
battaglie combattute appunto nella zona del goriziano. Per
tutta la durata della giornata, i ragazzi sono stati accompagnati
da Robert Fiegl, ex allievo della nostra scuola e proprietario
insieme ai suoi familiari della Cantina Fiegl, situata proprio
nelle vicinanze del Sacrario, in località Lenzuolo Bianco. La
visita è quindi proseguita alla volta della cantina che è una
delle più grandi del Collio, presente nel territorio dal 1782,
con una produzione di 1500 ettolitri circa, gestita da Robert ed
altri suoi familiari: il padre, gli zii e i cugini. I vini simbolo di
quest’azienda sono il Ribolla Gialla, la Malvasia istriana, il
Sauvignon, e da qualche anno anche il Leopold Merlot, un
vino importante, che segue un invecchiamento in tonneau di
tre anni e un affinamento finale in bottiglia di altri tre anni. I
ragazzi hanno potuto visitare la cantina in tutte le sue par-
ti, recandosi anche in vigneto ad esaminare il sistema di
potatura condotto con estrema cura e attenzione dall’a-
zienda Fiegl perché, secondo Matej, cugino di Robert e
responsabile della vigna, risulta
“fondamentale per l’ottenimento
di un buon prodotto”. La degusta-
zione in cantina, condotta con pro-
fessionalità, ha permesso a tutti gli
allievi di apprezzare alcuni vini
prodotti dall’azienda Dopo il pran-
zo, presso una tipica trattoria
slovena, la visita è proseguita alla
volta di piazza della ferrovia
Transalpina là dove nel 1947,
subito dopo la seconda guerra
mondiale, venne costruito il muro
che divideva l’abitato goriziano rimasto italiano, dai quar-
tieri che furono annessi alla Jugoslavia. Dopo il 2004, una
porzione di muro è stata abbattuta e la pavimentazione
della piazza è stata rifatta con l’indicazione della linea di
confine. L’ultima parte della visita ci ha portati nel castello di
Gorizia per visitare il Museo della Grande Guerra collocato
presso i sotterranei delle Case Dornberg e Tasso.. Ringrazia-
mo le professoresse Santantonio e Falchetto
Dall’Armellina, che hanno organizzato l’inte-
ressante escursione
Giulia Botteon 6VA
Le seste alla scoperta del CollioLe seste alla scoperta del CollioLe seste alla scoperta del Collio
L’esordio delle nanotecnologie risale soprattutto agli anni no-
vanta, con l’invenzione dei microscopi a effetto tunnel o a for-
za atomica, che permisero lo studio accurato di particelle infini-
tamente piccole. il principio di queste particelle si basa sulla
manipolazione e assemblazione, al fine di creare nano composti
aventi proprietà e caratteristiche totalmente sconosciute. I nano
materiali possono presentare proprietà fisico-chimiche diverse
rispetto alle identiche sostanze su scala nor-
male, ad esempio una maggiore reattività
chimica dovuta a una più ampia superficie.
La manipolazione della materia cerca di
introdursi nel settore alimentare, presentan-
do nuovi rischi per l’uomo e per l’ambiente.
Tuttavia, cibi non contrassegnati, prodotti
per mezzo della nanotecnologia, hanno
iniziato ad apparire sugli scaffali dei su-
permercati a causa di un mancato con-
trollo da parte degli enti di vigilanza. Non e’ possibile stabi-
lire quanti alimenti tuttora in commercio siano stati pro-
dotti con nanoingredienti, poiche’ non vige l’obbligo di di-
chiarazione nell’etichetta. Secondo quanto dichiarato dal pro-
getto usa sulle nanotecnologie emergenti: “grazie alla nanotec-
nologia, il cibo di domani sarà disegnato plasmando molecole e
atomi. Il cibo sarà confezionato in involucri sicuri
‘intelligenti’ che possono rilevare il deterioramento oppure
gli agenti inquinanti nocivi. I prodotti del futuro intensifi-
cheranno e regoleranno il loro colore, sapore o contenuto
nutritivo per adattarsi ai gusti o ai bisogni salutari di ogni
consumatore. E in agricoltura la nanotecnologia promette di
ridurre l’uso di pesticidi, migliorare la
riproduzione di piante e animali e creare
nuovi prodotti nano-bioindustriali”. Le
compagnie di nanotecnologia stanno proce-
dendo trattando gli alimenti con sostanze
nutritive nanoincapsulate al fine di intensifi-
carne aspetto e sapore, rimuovere o disatti-
vare il contenuto di grassi e zuccheri tramite
nanomodificazione, e migliorarne la
‘’sensazione al palato’’. L’UE e l’EFSA
stanno intensificando i controlli, e assicurano
al consumatore che gli alimenti saranno moni-
torati ed esaminati al fine di garantire lamas-
sima sicurezza.
Nicole Dalla Torre 5AVE
Una minaccia per la salute? L’uso delle nanotecnologie
LA CANTINA Anno 13, Numero 38, Marzo 2015 Pagina 12
"Spesso guardando le immagini che rappresentano l'arca di Noè,
mi capita di scorgere un errore comune" così inizia una conferen-
za dello studioso di botanica Stefano Mancuso in un talk show
statunitense. L'errore sono proprio le piante dice, effettivamente,
nelle illustrazioni si vedono sempre miriadi di animali di ogni
genere e specie, ma non c'è traccia delle piante. Il fatto di non
considerare le piante come esseri viventi, è
un qualcosa che ha sempre accompagnato
l'uomo, spesso alla domanda qual è la crea-
tura vivente più grande, la risposta imme-
diata è: la balenottera azzurra. Errato. La
balenottera azzurra è microscopica in con-
fronto al più grande esemplare di Sequoia-
dendron Giganteum. Le piante sono degli
organismi spesso sottovalutati, ma per
esempio ogni singolo apice radicale è in
grado di monitorare e di percepire simul-
taneamente e continuamente almeno 15
parametri chimici e fisici differenti. Que-
sto non è un comportamento intelligente?
Aristotele nel De Anima, un testo fonda-
mentale per la civiltà occidentale, scrisse
che le piante si trovano sul confine tra il
vivere ed il non vivere. Possiedono solo un'anima di infimo livel-
lo, un'anima vegetativa, perchè non si muovono. Quindi non han-
no bisogno di sensi. Dire che le piante non si muovono però è
errato, si pensi alla Dionea, ma ciò non era accettabile, parlare di
movimento delle piante andava contro l'ordine naturale, soprattut-
to se queste si nutrivano di esseri superiori come gli animali. Ma
le piante compiono movimenti molto più comuni: lo sbocciare
dei fiori, il germogliamento, le piante si muovono in continuo
per incamerare la luce solare. Si può anche notare come le
piante siano capaci di dormire, durante le ore di buio la Mi-
mosa Pudica ripiega le foglie e diminuisce il movimento. Cu-
rioso come il meccanismo del sonno delle piante sia il medesi-
mo di quello di tutti gli animali. Quindi se si deve studiare un
problema del sonno e più facile studiarlo nelle piante, per
esempio, che negli animali e potrebbe essere anche più etico.
"Una specie di sperimentazione vegetariana" ironizza il professor
Mancuso. Le piante sanno anche comunicare: comunicano tra di
loro, sanno distinguere i loro simili, ma comunicano anche con
piante di altre specie e comunicano anche con gli animali. Nel
caso dell'impollinazione le piante forniscono una sostanza dolce
ad insetti, piccoli uccelli, rettili ed anche
mammiferi in cambio del trasporto del pol-
line. Ma come fanno le piante a fare tutto
ciò senza un cervello? Nel 1880 Charles
Darwin pubblica "Il potere del movi-
mento nelle piante" e nelle ultime pagi-
ne, come suo solito, lascia un messaggio:
"Non è un'esagerazione dire che l'apice
radicale funga da cervello come negli
animali minori". E' proprio nella zona di
transizione degli apici radicali dove si con-
suma la maggior quantità di ossigeno della
pianta. Dove si rileva anche il potenziale di
azione: lo stesso segnale che i neuroni del
cervello animale utilizzano per comunicare
e scambiare informazioni. Solo poche cen-
tinaia di cellule per apice hanno questa
caratteristica, ma in una piccola pianta come la segale possiamo
trovare circa 14 milioni di radici, con quasi 11 milioni e mezzo di
apici radicali. Ora si immagini che ogni singolo apice lavori in
collaborazione con tutti gli altri: ecco, l'immagine che Mancuso
ora trasmette è quella di un apparato radicale a confronto con
l'immagine di Internet: hanno la stessa forma e funzionano allo
stesso modo. Come mai? Perché si sono evoluti per la stessa ra-
gione: sopravvivere ai predatori. Possiamo rimuovere il 90%
dell'apparato radicale e le piante continuano a funzionare, stessa
cosa pe Internet. Quindi conclude Mancuso, che come per im-
parare a volare sono stati osservati gli uccelli, per imparare
ad esplorare i terreni o per espandere Internet si potrebbero
forse osservare le piante.
J.Zalamena 6VB
SE LE PIANTE COMUNICANO E DORMONO
Se vi dicessero che le piante provano sentimenti ci credereste ?
Ovviamente no ... Anzi ! Probabilmente pensereste che il vostro
interlocutore sia "strano" e che gli sia saltata via qualche rotella
dal cervello . Alcuni ricercatori invece si sono spinti oltre a ciò
che ,al giorno d'oggi , si considera "normale" pen-
sare sulle piante che ci circondano , che crescano
queste libere e selvagge o che siano amorevolmente
coltivate in vaso sul davanzale di casa. Gli esperi-
menti condotti sulle proprietà bioelettriche delle
piante hanno dimostrato che queste interagiscono
con l'ambiente circostante non solo a livello fisico ,
ma anche a livello emozionale : che provano paura
nei confronti di chi le tratta senza il dovuto rispet-
to ; e che ,al contrario , emanano energia positiva
alla presenza di chi le ha trattate con cura regalan-
do loro ,magari , anche qualche carezza . È stato
dimostrato inoltre che le piante ,dalle più piccole a quelle ad alto
fusto , manifestano le loro emozioni (generalmente positive) an-
che spontaneamente , fremendo e agitando i rami ; chi ha mai
detto che una pianta è un essere del tutto privo di coscienza
e , perché no , di un'anima ? Cleve Backster (ex agente della
CIA specializzato nel campo delle macchine della verità) insieme
ad un ricercatore botanico ha scritto il libro " Ama il tuo Philo-
dendron " in cui racconta la sua scoperta casuale avvenuta in un
momento di noia . Cleve , un giorno, attaccò gli elettrodi si una
delle sue macchine ad una pianta in ufficio e , dimenticandosene ,
diede acqua alla pianta , staccò alcune foglie ingiallite e mosse la
terra nel vaso . Improvvisamente sentì la macchi-
na reagire e notò ,con sua grande sorpresa , che
l'ago della macchina aveva cominciato a muoversi
tracciando sulla carta le stesse linee tipiche di chi
sprizza di gioia . Scettico sull'accaduto , l'agente
cambiò soggetto e ,dopo averle parlato dolcemen-
te e accarezzato le foglie , notò le stesse reazioni
di quella precedente . I suoi tentativi prosegui-
rono su molti altri soggetti, riscontrando rea-
zioni di puro terrore quando , invece , avvici-
nava una fiamma ad una delle foglie . Questi
suoi "esperimenti per noia " hanno finito per ac-
cendere la curiosità di molti altri ricercatori botanici che si sono
messi all'opera per saperne di più su questo fenomeno a loro qua-
si sconosciuto . Quindi , da oggi in poi , se qualcuno vi dicesse
che le piante provano sentimenti , usatelo come un argomento di
conversazione ; e chi lo sa ... Magari un giorno si riveleranno
anche ottimi testimoni oculari !
(S.C.3BGT)
Sentimenti Vegetali LE PIANTE SOFFRONO COME NOI
LA CANTINA Anno 13, Numero 38, Marzo 2015 Pagina 13
Buongiorno ragazzi e ragazze del Cerletti, quando tornate a
casa siete stanchi di mangiare sempre le stesse cose e vorreste
qualcosa di diverso? Quest'anno avete gli esami e volete affo-
gare i vostri dispiaceri nel cibo? Volete dare una svolta alla
vostra vita e provare a cimentarvi nella cucina?
Allora questa è la rubrica che fa per voi! Qual-
che giorno prima di San Valentino, in un mo-
mento di pura pazzia, dissi al mio ragazzo che
gli avrei preparato la cena. Non avendo a casa
nessuna salsa esotica dal nome impronunciabile
e ingredienti di origine sconosciuta trovabili
soltanto in qualche negozio di alimenti di Galli-
frey , decisi di improvvisare con ciò che avevo
a casa. Proprio per questo motivo quel pomerig-
gio, frugando nella dispensa trovai il riso thay
rosso e pensai subito che fosse perfetto per San
Valentino. Poi cercai altri ingredienti da abbi-
narci non avendo a casa il "masala per verdu-
re" (se sapete cos'è ditemelo perché non l'ho
ancora capito) che la ricetta sul retro della confezione consi-
gliava di usare. Essendo venuto veramente bene il piatto e non
avendo ucciso mio moroso ho deciso di proporvelo.
Ingredienti per 2 persone :
200g di riso thay rosso
1 o 2 cespi di radicchio TV
cipolla per soffriggere q.b. (io vi consiglio poca se non volete
ammazzare qualcuno col vostro alito)
philadelphia 2 o 3 cucchiaini + 2 o 3 cucchiai
sale q.b.
due petti di tacchino (circa 240 g)
curry e paprika dolce a piacimento
Prima di tutto fate bollire il riso per 25-30 min.,
salate soltanto a dieci minuti dalla fine. Taglia-
te il radicchio a pezzettini e fatelo soffriggere
con la cipolla e un po' di olio. Dividete a metà
il soffritto e una parte unitela ai cucchiaini di
philadelphia e la paprika mescolando fino ad
ottenere una cremina soffice. Quando il riso è
cotto scolatelo e uniteci i cucchiai di philadel-
phia. Tagliate il tacchino a striscioline e rosola-
telo in padella con un po'di curry. Prendete un
piatto piano e stendeteci la crema, preparate
due pirottini (cilindretti metallici, vanno bene
anche due bicchieri o ciotoline in vetro), unge-
teli e metteteci il riso ben pressato per fare in
modo che ne prenda la forma, uniteci il tacchi-
no ed il radicchio avanzato. Quando secondo voi il riso avrà
preso la forma dei pirottini toglieteli delicatamente e il vostro
piatto sarà pronto.
P.S.: durante la cena non è morto nessuno, il
mio ragazzo non è stato torturato per obbligarlo
a mangiare ed è vivo e vegeto, corre felice e
sorride alla vita come prima.
Gaia Spinato 5AVE
La pazza cucina di gaia Senza essere Masterchef
Questa vuole essere una mini rubrica di proposte di lavoro diverse e alternati-
ve ai soliti mestieri che si intraprendono dopo il diploma dell’istituto agrario.
ALTERNATIVO: Ranger in Africa, ovvero guida ai
Safari fotografici, se avete la passione per gli animali e
volete conoscere luoghi selvaggi potete iscrivervi all’Asso-
ciazione esperti d’Africa (www.espertiafrica.it), l’unica
Accademia italiana i cui corsi sono riconosciuti in Africa.
Tre mesi di lezioni teoriche e poi tre settimane in Namibia
per le lezioni pratiche e dopo aver superato tutte le prove si
ottiene un attestato e si è pronti a lavorare come ranger. Da poco Alessandra L.
è diventata la prima ranger italiana in Namibia coronando il suo sogno da sem-
pre.
CURIOSO: Allevatore di lombrichi, I lombrichi ingeriscono i nostri scarti
organici trasformandoli in vermi compost o humus uno dei migliori concimi
naturali, ammesso in agricoltura biologica. Quindi quale migliore alternativa
di lavoro utile per le coltivazioni tali da incentivare la produzione biologica?
Oltre ad essere naturale contribuisce a produrre cibi più sani e di qualità.
Chiunque può intraprendere un allevamento di lombrichi, magari iniziando
con un piccolo spazio nel giardino di casa ( molti lo fanno per hobby). Potete
trovare numerose informazioni in vari siti Web.
UTILE: Esperto di impatto ambientale degli eventi: Di cosa si occupa
questo consulente? Cerca le soluzioni per ridurre il consumo di energia che si
produce per organizzare una fiera , manifestazione, concerti etc. proponendo
materiali ecosostenibili energia pulita, organizzando navette per i partecipanti
e cosi via. Il rispetto dell’ambiente sta diventando prioritario per le aziende le
quali cercano consulenti esterni esperti nel migliorare la qualità dell’ambiente.
Per specializzarsi in questo ruolo si possono seguire dei master specifici
in ingegneria ambientale , in progettazione sviluppo sostenibile o in scien-
ze ambientali. A cura di Rosy e Giò
Cosa farò da grande? I 130 anni del Landini doc
Le 130 ore previste dalla Endurance Landini so-
no state raggiunte e subito, il silenzio viene spez-
zato dalla soddisfazione e dai brindisi dello staff
Argo Tractors, organizzatore e promotore insieme
a numerosi sponsor dell'evento . La sfida, partita
lunedì 6 ottobre alle 5 di mattina, è stata portata
a termine: senza mai spegnere il motore, il più
recente modello di alta potenza della nuova Serie 7
ha percorso 992 chilometri in un emozionantissi-
mo (e parliamo per
esperienza diretta!)
percorso off-road
4x4 regalato dalla
splendida cornice
dello sport village
Il Ciocco a Castel-
nuovo Garfagnana
in provincia di Luc-
ca sul quale si eser-
citano i piloti da
rally di numerosi
Team ufficiali auto-
mobilistici. Sole, pioggia e buio, hanno accompa-
gnato il trattore lanciato in una sfida lunga tanto
quanti sono gli anni compiuti dal brand, 130 per
l'appunto, sotto gli occhi vigili e anche un po' stu-
piti di cinghiali, caprioli, civette gufi e scoiattoli.
LA CANTINA Anno 13, Numero 38, Marzo 2015 Pagina 14
Alcune classi si recheranno a Milano a maggio Expo 2015Expo 2015Expo 2015
Vista l'importanza di cogliere l'opportunità rappresentata dall'Ex-
po Milano 2015, la Scuola Enologica Giovanni Battista Cerletti,
in collaborazione con il CIRVE (Centro per la Ricerca in Viti-
coltura ed Enologia) si è fatta promotrice di un progetto di
promozione e valorizzazione del territorio circostante me-
diante la creazione di una rete di condivisione con i Partner
che meglio ne rappresentano l'eterogeneità. Il progetto vuole
definire degli itinerari turistici che grazie al
traino del vino, e più precisamente del
Prosecco, traghettino i potenziali visitatori
dell'Expo Milano 2015 nell'entroterra ve-
neto, dove potranno scegliere il tour loro
più conforme. Il comune denominatore
sarà il binomio "Viticoltura
&Enologia". Difatti, ciascun itinerario
sarà costituito dalla visita al complesso
polifunzionale del Campus di Conegliano,
ovvero la Scuola Enologica e gli altri Isti-
tuiti di Istruzione e di Ricerca in campo
vitivinicolo ed enologico. La visita al
Campus si concluderà in tarda mattina-
ta e seguirà un programma di visite che verranno garantite e
gestite dai Partner di progetto, ovvero i Consorzi di Tutela, le
Strade del vino e dei prodotti tipici, e le Associazioni di pro-
mozione turistica . L'enoturismo è un settore in forte crescita sia
per quanto riguarda il settore vinicolo sia per il turismo. Oggi-
giorno un turista su tre che visita un paese con una storica tradi-
zione di produzione vinicola dichiara che uno dei motivi che l'ha
portato a sceglierlo è rappresentato proprio dalla produzione di
vino e più generalmente dall'offerta enogastronomica locale.
L'Expo Milano 2015 rappresenta un'opportunità da non per-
dere, in quanto potrà attirare operatori di settore, aziende,
studenti, come anche meri turisti e visitatori che vogliano
esplorare l'offerta turistica, enogastronomica e industriale dei
territori vitivinicoli ed enologici veneti. Nell'ambito delle atti-
vità previste da Expo 2015, la Scuola si propone di accogliere
gruppi e delegazioni italiane ed estere presso il Campus di
Conegliano, per dare loro visione diretta delle più avanzate ricer-
che sui vini, sulla tecnica di spumantizzazione, la migliore forma
di coltivazione per la viticoltura locale e più in generale sul terri-
torio circostante. Sarà possibile accedere a tutti i siti del Campus
per entrare nel merito delle ricerche e delle
sperimentazioni operate dal Centro nei
settori legati alla Viticoltura, all'Enologia e
all'Analisi Sensoriale. I visitatori, inoltre,
potranno visitare il Museo Enologico L.
Manzoni, prendere visione dei contributi
di ricerca effettuati dagli insigni studiosi
che si sono alternati presso la Scuola e che
hanno prodotto vini di fama internazionale
come l'Incrocio Manzoni. L'allestimento
museale raccoglierà una collezione ine-
dita di oggetti, opere e scritti (più di 70)
realizzati dall'autore che permetterà di
approfondire tutti gli aspetti storici e
scientifici legati all'esistenza del Prof. Manzoni. Il Museo sarà
dotato di postazioni multimediali e sarà articolato in più sale
dedicate al laboratorio, allo studiolo e alla camera oscura per
mostrare come il famoso agronomo operava. Un'altra piccola
parte del museo sarà dedicata ad una collezione preesistente
Uster di Flora essiccata con l'esposizione di più di 1500 spe-
cie. Potranno inoltre visitare la Cantina della Scuola, il labo-
ratorio di distillazione della grappa e partecipare ai Wine
Tasting presso la Bottega del vino o presso la moderna sala di
analisi sensoriale del CIRVE dotata di postazioni multisenso-
riale per una completa degustazione dei vini.
Basta fare un po' di attenzione alle confezioni di alimenti che
compriamo o che tutti i giorni preleviamo dalle macchinette
per renderci conto che c'è qualcosa di diverso. Da metà di-
cembre, infatti, è entrato in vigore a tutti gli effetti il rego-
lamento comunitario 1169/2011 che ha l'obbiettivo di uni-
formare in tutti i paesi Dell'UE le informazioni chiave che
si devono trovare sulla composizione del prodotto acqui-
stato. Come possiamo osservare leg-
gendo, un qualsiasi elenco degli in-
gredienti ora deve evidenziare i pro-
dotti che provocano allergie o intolle-
ranze ( in tutto questi alimenti sono
14, vanno dalla presenza di cereali
contenenti glutine al sedano e la sena-
pe); oltre al nome dell'alimento è spe-
cificato anche l'indirizzo del responsa-
bile dell'alimento. Non è più suffi-
ciente scrivere se nel prodotto è presente dell'olio, bisogna
specificare il tipo d'olio, in modo che i consumatori sappia-
no se quello che introducono nel proprio organismo è olio
extra vergine d' oliva o olio di palma. Anche per il latte
deve essere differenziata la presenza effettiva di latte, latte
in polvere o proteine del latte. Soprattutto per donne in
gravidanza e bambini deve essere specificata la presenza o
meno di caffeina, soprattutto nelle bevande energetiche.
Molta importanza nel regolamento viene data alle dimensioni
dei caratteri in cui vengono scritte le informazioni sulle confe-
zioni di alimenti (1,2mm se la confezione supera gli 80 cm2,
0.9 mm se la confezione ha un'area mino di 80 cm2).Il regola-
mento deve essere seguito anche da bar e ristoranti che
devono modificare i propri listini o de-
vono munirsi di cartelloni in cui specifi-
cano la presenza o meno di sostanze
allergizzanti nei loro alimenti. Questo
ultimo punto del regolamento è stato
criticato dal presidente del Codacons
Carlo Rienzi che sostiene sia impossibi-
le che nelle cucine di mense, bar e risto-
ranti non avvengano contaminazioni tra
i vari alimenti. Sperando che si sbagli
aspettiamo che dal Bruxelles vengano varate
leggi per rendere sempre più trasparenti e leggi-
bili le etichette dei prodotti alimentari.
Francesca Dabbà 5BGT
LA CANTINA Anno 13, Numero 38, Marzo 2015 Pagina 15
Durante i processi di vinificazione, è inevitabile (anche
nelle cantine migliori) che rimangano degli scarti. Le vi-
nacce e le fecce vengono così inviate ad aziende dotate di im-
pianti di distillazione in modo da recuperare alcol etilico e
acido tartarico, ma questo processo diventa ben poco con-
veniente per le cantine vinicole. E allora
ci siamo mai chiesti se questi scarti possa-
no avere ulteriori impieghi? E se si: dove
e come? A queste domande ha scelto di
rispondere un coraggioso team dell’
università Ca’ Foscari di Venezia, capi-
tanato dalla dottoranda in Scienze Am-
bientali Cinzia Da Ros, seguita nella
ricerca dalla tutor Cristina Cavinato e dal
docente responsabile Paolo Pavan. Gli
scarti sono utili per la produzione di ener-
gia elettrica e di fertilizzanti adeguati per
la vigna: questo risultato può essere più conveniente sia dal
punto di vista economico che dal punto di vista ambientale, in
quanto è a basso impatto. Il metodo, spiegato dalla squadra di
sperimentalisti, consiste nel mettere vinacce e fecce dentro
un contenitore chiamato biodigestore; qui agiscono dei
microrganismi che portano alla creazione di biogas, che
non è altro che una miscela di anidride carbonica e meta-
no. Questa miscela, di conseguenza (avendo metano al suo
interno), può venire impiegata per la combustione o per la
produzione di energia elettrica , da immettere successiva-
mente in rete. Oppure il metano può venire usato come
combustibile per l’autotrazione. Questo sistema di riciclag-
gio, inoltre, presenta altri vantaggi che non vanno assoluta-
mente sottovalutati. Il materiale organi-
co di scarto costituisce infatti un ottimo
ammendante agricolo: non ha odore,
non attira insetti o altri animali ed è
pressoché libero di eventuali agenti
patogeni, in quanto è stato ottenuto
mediante processo svoltosi a tempera-
ture relativamente basse ( circa 38 °C).
Un mezzo bastone tra le ruote, però, è
messo dalla Regione Veneto, in quanto
ha fissato un limite massimo per l’uso
di materie prime per scopi alimentari
per produrre energia elettrica con questi processi, pari al 30%.
Ma, nonostante tutto, i ricercatori sono fiduciosi nella riuscita
e nella “propagazione” di questo metodo, che
altro non facilita se non la convenienza su tutti
i campi.
Marta Battistella 5BGT
LA NUOVA SPERIMENTAZIONE
La speciale “Birra Franzisca” è il felice risultato dell’incontro tra la Scuola
Enologica Cerletti, e in particolare i corsisti de “L’Arte di fare la Birra”, e i
giovani proprietari del Birrificio artigianale Bradipongo di Colle Umberto.
Nel 2014 sono stati circa 35, tra studenti dell’Isiss Cerletti ed esterni, i parteci-
panti al corso per diventare mastri birrai. Gli studenti, oltre alle lezioni teoriche,
si sono cimentati con le fasi di lavorazione e trasformazione delle materie prime
e infine con la vera e propria produzione della birra, all’interno del birrificio
Bradipongo che ha collaborato con i docenti e gli esperti del corso. A gestire il
birrificio Bradipongo due giovani cugini,
Andrea e Anna Liessi, che circa tre anni
fa, sfidando la crisi, hanno avviato questa
realtà artigianale. “Io sono stato uno stu-
dente del Cerletti e poi mi sono laureato
in Scienze e Tecnologia Alimentare. Dopo
alcune esperienze professionali ho deciso,
insieme ad Anna, di avviare questo birrifi-
cio, sfidando la crisi, le lungaggini buro-
cratiche e il peso fiscale che sicuramente
non aiutano – dichiara Andrea Liessi del
Birrificio Bradipongo – Il bilancio è positivo, in tre anni siamo passati da una
produzione di 300 ettolitri a quasi 600 ettolitri annui, quindi continuiamo fidu-
ciosi.” “L’OIC, l’associazione che abbiamo fondato all’interno della Scuola
Enologica, cerca proprio di intercettare le esigenze del mercato del lavoro,
cercando di mettere in contatto i nostri studenti con le reali offerte e bisogni
professionali – dichiara Giorgio Milani, docente Isiss Cerletti – Un esempio
è il corso di mastro distillatore, figura specializzata che molte cantine e distille-
rie ci hanno richiesto. E’ l’unico corso in Italia e, infatti, abbiamo richieste che
arrivano da quasi tutte le Regioni. Per il corso di mastri birrai, invece, 4 stu-
denti del corso avviato nel 2014, sono già stati contattati da alcuni micro birri-
fici del nostro territorio.
Birra Franzisca
L’equilibrio vegeto produttivo della vite è il
risultato delle scelte gestionali effettuate dal
viticoltore, tra le quali quelle riguardanti la
potatura al bruno e al verde rivestono un ruolo
predominante. La corretta gestione della potatu-
ra sin dalle prime fasi d’impianto influenza lo
stato di salute della pianta, la longevità della
vite e in definitiva il risultato economico della
vigna. È stato questo il filo conduttore del se-
condo corso di potatura proposto dagli inse-
gnanti del Dipartimento di Viticoltura ed Eno-
logia, rivolto a viticoltori e non, che si è tenuto
nei mesi di dicembre e gennaio presso la Scuola
Enologica di Conegliano. Le numerose parteci-
pazioni all’iniziativa, di là da ogni aspettativa
degli organizzatori, dimostrano il notevole inte-
resse degli operatori per quest’ argomento. Al
team di insegnanti del Dipartimento che hanno
tenuto le lezioni teoriche e pratiche stanno giun-
gendo richieste per estendere l’attività formati-
va ad altri ambiti della filiera vitivinicola. Il
raggiungimento dell’idoneità alla formazione
continua consentirebbe alla Scuola non solo di
attestare la partecipazione a queste iniziative
ma anche di certificare in maniera riconoscibile
le competenze acquisite dai partecipanti. Come
insegnanti organizzatori ringraziamo le aziende
Canevel di Valdobbiadene, Antoniazzi avv.
Carlo di Conegliano e Bressan Maria Alessan-
dra di Ogliano di Conegliano che hanno ospita-
to i corsisti per la parte pratica.
Prof. Lorenzo Iob
Corso di potatura
Vendesi cartina del Piave mai utilizzata Cercasi capra espiatoria per interrogazioni di matematica Cercasi paesaggio agrario fuori dalla finestra Cercasi anticorpi per compagni cagionevoli Cercasi il significato esatto di “coso” Vendesi modellini di solidi platonici Cercasi accessori inusuali per Renault Clio bianca (albero motore natalizio) Vendesi estintore di massa Vendesi consulenze per misurazioni con cordella metrica ( per info rivolgersi a Perissinotto G.) Cercasi pronuncia corretta di “stage” Cercasi fondotinta per succhiotti (per info rivolgersi a L.E.) Cercasi corso di dizione di lingue straniere (inglese e tedesco) Ri-cercasi memoria involontaria Cercasi corso universitario che faccia al caso mio (collaudatore di materassi) Cercasi professori pre-comprati per formare la commissione d’esame
ze e condannare apertamente i fatti di Pa-
rigi, quasi ne fossero in qualche modo
corresponsabili in quanto musulmani.
Crociate del genere non servono e non
hanno senso perché vanno nella direzione
di fomentare la divisione invece che pro-
muovere l’integrazione. Si può intervenire
invitando a riflettere e a confrontarsi, non
a gamba tesa per stendere l’avversario
come se non esistessero altri metodi per
isolarlo e renderlo innocuo. Ci sarebbe
allora da tirare le orecchie ai quei politici,
presenti pure nel Parlamento nazionale,
che aizzano lo scontro culturale con il
mondo musulmano (tutto) portando i
maiali a passeggiare e orinare attorno alle
moschee. E’ civiltà questa, o non forse
una provocazione di poco inferiore alla
violenza di chi mette il dito
sul grilletto di un kalashni-
kov?
In alto i calici e salute a tutti!
La piaga del nostro tempo, come ha scritto
lo scrittore israeliano Amos Oz, non è l’i-
slam bensì il fanatismo, qualsiasi fanati-
smo beninteso. Io non sono Charlie, mi
spiace, ma difendo il diritto alla vita che
un pugno di esaltati ha violato impune-
mente. L’odio è una brutta bestia, frutto
dell’ignoranza, e si combatte con l’istru-
zione, la conoscenza e il dialogo. E, lo
dico francamente, non mi è piaciuta la sce-
neggiata sugli Champ Elysee da parte dei
cosiddetti grandi della terra, molti dei quali
a casa loro soffocano ogni libertà e si spor-
cano le mani del sangue dei loro opposito-
ri. Prima di tutto la coerenza e il rispetto
dei diritti altrui, solo dopo ci si può ergere
a paladini della vita e dei valori universali.
Così come non mi è piaciuta l’uscita
estemporanea dell’assessore veneto alla
pubblica istruzione che ha diramato una
circolare in cui chiedeva alle famiglie de-
gli alunni musulmani di prendere le distan-
continua dalla prima
LA CANTINA Anno 13, Numero 38, Marzo 2015 Pagina 16
VENDOVENDOVENDO ––– COMPROCOMPROCOMPRO (tra il serio e il faceto) (tra il serio e il faceto) (tra il serio e il faceto)
Direttore resp.
Prof. Dino Benacchio
In redazione:
J. Zalamena, G. Botteon, L. Mar-
sura, F. Dabbà, M. Battistella, I.
Zambon, M. Olcese, G. Spinato, J.
D’Ambroso, M. Dal Bianco, T.
Fiorot, N. Dalla Torre, D. Vacilot-
to, C. Cesa, L. Girardi, M. Scan-
diuzzi, S. Cappellazzo, D. Zardetto,
G. Coan.
Grafica e impaginazione:
F. Sonego
www.isisscerletticonegliano.gov.it
La Redazione
LA CANTINA
Prof. Dino Benacchio
RIFIUTI AGRICOLI: ARRIVA L’ ECOMEZZO
Come accade per le famiglie, gli uffici o le attività produttive,
anche i rifiuti prodotti dalle aziende agricole
debbono sostare a specifiche normative. In
particolare la legge prevede che chi appar-
tiene a questa categoria produttiva debba
smaltire i propri rifiuti almeno una volta
l’anno. Per far fronte alle esigenze degli agri-
coltori, Savno ha così organizzato un efficiente
circuito di raccolta; ciò fa sì che gli agricoltori
che conferiscono a Savno possano godere di
una serie di semplificazioni amministrative e
normative quali ad esempio la non obbligato-
rietà di tenuta di registri, favorendo così un percorso di sburo-
cratizzazione. Il servizio di raccolta mediante Ecomezzo
(attivo da settembre 2014), prevede la possibilità di conferire i
rifiuti prodotti dalla propria attività agricola
nella quantità massima di 30 Kg o 30 lt, presso
siti appositamente attrezzati ai quali si può
accedere, dalle ore 08.00 alle ore 12.30, indi-
pendentemente dal Comune di provenienza, in
giornate prestabilite oppure a domicilio. L’u-
tente può usufruire del servizio 4 volte l’anno e
il rifiuto conferito non potrà comunque supera-
re i 100 kg o 100 lt. anno.
info: tel.0438415524
email: [email protected]
Gabriele Coan 4AGT
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