Genova per noi Botteghe storiche e antichi sapori...Home » Viaggi » Genova per noi – Botteghe...
Transcript of Genova per noi Botteghe storiche e antichi sapori...Home » Viaggi » Genova per noi – Botteghe...
Genova per noi – Botteghe storiche e antichi
sapori
By Giulietta, 3 aprile 2014, In Viaggi
Home » Viaggi » Genova per noi – Botteghe storiche e antichi sapori
Ho avuto bisogno di qualche giorno di decompressione e di calma per potermi mettere a scrivere e,
ancor prima, per riordinare le idee, gli appunti e le impressioni in merito ad un tour così ricco di
stimoli e di emozioni come quello della scorsa settimana a Genova.
Parafrasando qualcuno più bravo di me a dare forma ai propri pensieri
Con quella faccia un po’ così
quell’espressione un po’ così
che abbiamo noi che abbiamo visto Genova
che ben sicuri mai non siamo
che quel posto dove andiamo
non c’inghiotte e non torniamo più.
Io prima di mettermi a scrivere ho dovuto comprendere di essere tornata da Genova, una città che
non è mai quello che sembra, che sorprende ad ogni angolo, che entra nelle ossa e difficilmente ne
esce.
Il tour dello scorso fine settimana aveva come leit motiv la tradizione culinaria genovese, vista
attraverso alcune delle sue eccellenze: la ristorazione, le botteghe storiche (buona parte delle quali
di carattere enogastronomico), la focaccia e il pesto al mortaio.
Ma andiamo con ordine, se vorrete seguirmi in questo itinerario attraverso una Genova per me
inedita. E, prima di affrontare un viaggio, è sempre meglio mettere qualcosa sotto i denti (si sa che
viaggiare mette fame), quindi meglio partire dalla bottega giusta, Sa’ Pesta (poiché in passato luogo
di vendita del sale, che da grosso veniva trasformato in fino al pestello), un’antica sciamadda. Il
termine sciamadda, letteralmente fiammata, si riferisce a locali in cui troneggiava un grande forno a
legna, dal quale venivano quotidianamente sfornate farinate, focacce e torte salate acquistate dai
Genovesi. Un locale senza fronzoli, con piastrelle bianche e colori brillanti, tavoli e panche di
legno, in cui si mantiene inalterato il fascino dell’antica bottega; anche la cucina ricalca la
tradizione genovese, ma rimane fedele al carattere dell’antica sciamadda, dove regnano piatti
semplici e rustici, come la farinata e le torte di verdure e di riso (con l’immancabile prescinseua),
ma non mancano certo preparazioni più raffinate e lontane dal consumo “da asporto”, come la cima
genovese o il minestrone genovese, arricchito dal pesto.
Sa’ Pesta, Via dei Giustiniani, 16r – 16123 Genova
Il tour delle botteghe storiche continua con la Farmacia Alvigini, che mantiene tuttora l’arredo in
stile liberty in radica di ciliegio, con credenze in vetro e legno scolpito ed intarsiato che fungono da
base per il soppalco, utilizzato ancora oggi. Il liberty è un tratto distintivo, fin dal portale in legno
intarsiato, anche della Camiceria Finollo, fondata nel 1899 e da allora assoluta protagonista
dell’artigianato locale, con la produzione di abbigliamento maschile, in particolar modo di cravatte
e camicie su misura, immancabili nel guardaroba di personaggi quali Guglielmo Marconi, del Duca
di Windsor e dell’Avvocato Agnelli.
Farmacia Alvigini, Via Petrarca, 14r – 16121 Genova
Cravatte e camicie Finollo & C, Via Roma, 38 – 16123 Genova
Inoltrandosi nei vicoli adiacenti Piazza De Ferrari, nel cuore della città medievale, si cambia
completamente ambientazione e con essa registro, con l’Antica Tripperia di vico Casana, dove
dal 1890 si vende e si cuoce la trippa. Un negozio senza insegne, al quale i miei occhi moderni non
sono più abituati, dove gli arredi e gli utensili sono quelli originali, di inizio Novecento: il bancone
è in marmo decorato, le pareti piastrellate, così come il ronfò (storpiatura genovese del nome del
duca di Rumford, inventore di questo tipo di stufa) e la cappa, sotto la quale troneggiano due
pentoloni in rame stagnato della capienza di 700 litri ognuno, nei quali ancora oggi si cucina la
trippa accomodata alla genovese, con funghi, pinoli, fagiolane (cioè i fagioli bianchi di Spagna),
patate e poco pomodoro. Io l’ho assaggiata di mattina, ma mi avessero lasciata 10 minuti sola con
quel pentolone, chissà quante cose ci saremmo potuti dire. Dalla sapienza della bottega, però, arriva
un ulteriore consiglio, di assaggiare la trippa in insalata, ancor meglio se condita con il pesto
genovese, per me un invito (a nozze, visto il mio amore assoluto per la trippa) a mangiare la trippa
anche d’estate.
Troviamo ancora nella bottega i tavoli in legno e marmo ai quali sedevano i marinai per bere il
brodo di trippa, rimedio casalingo per smaltire una sbornia; lo stesso brodo si utilizzava per
la sbira, un crostone di pane condito con gli avanzi della trippa accomodata, brodo caldo e
Parmigiano. Ironia vuole che oggi il brodo di trippa non possa più essere commercializzato, ma se
avrete l’accortezza di portare con voi una bottiglia, qui ve la riempiranno gratuitamente di brodo di
trippa, un retaggio dei tempi che furono.
Antica Tripperia La Casana, Vico della Casana, 3r – 16123 Genova
Basta girare un paio di angoli, e la geografia urbana cambia nuovamente, e ci si ritrova in Piazza
Soziglia, dove sorge la storica Confetteria Romanengo, fondata nel 1780 e da allora specializzata
nella canditura e nella confetteria, due produzioni tipicamente genovesi; per quanto riguarda i
canditi, questa tradizione affonda le sue origini nella secolare frequentazione che i Genovesi ebbero
con gli Arabi, inventori di questa tecnica di conservazione della frutta, mentre la specializzazione
nel campo della confetteria si deve al primato detenuto in passato dai Genovesi nella produzione
dello zucchero (per avere informazioni più approfondite sull’argomento vi invito a leggere qui).
Canditi e confetti
Ma questa bottega non si è limitata alla prosecuzione e al perfezionamento di questa raffinata
tradizione, ha innovato, portando a Genova le migliori invenzioni dei maestri pasticceri francesi,
come fondant e gocce di rosolio, facendole proprie, come propria è diventata la maestria nella
produzione del cioccolato (con cacao macinato a pietra in loco), rappresentata appieno dalla
storica Tavoletta Santè, di cioccolato pressato (non concato), rimasta fedele alla tecnica utilizzata
nel 1800.
Potendo visitare la bottega nel periodo precedente la Pasqua, si possono anche vedere (ed
assaggiare) i Quaresimali, ciambelline di pasta di mandorla (senza grassi aggiunti, come prescritto
dai dettami religiosi) spolverate di zucchero e poi ricoperte da confettini di microscopiche
dimensioni, che vengono qui ancora confettati a mano, uno per uno. Per conoscere qualcosa in più
sulla produzione di questa storica confetteria, vi invito a leggere qui.
La bottega, inoltre, conserva ancora strutture e arredi originali, dai pavimenti in marmo policromo
al soffitto affrescato e decorato da stucchi, senza dimenticare scaffalature e banconi di legno
intarsiato, il degno scrigno per tali e tante delizie.
Confetteria Romanengo, Piazza Soziglia, 74/76r – 16123 Genova
In un costante passaggio dal dolce al salato e viceversa, il viaggio fra le antiche botteghe genovesi
continua nell’antica Polleria Aresu, attiva dal 1910 e ormai alla terza generazione, una vera e
propria storia di famiglia. La signora Anna pesa il coniglio ed estrae da un quadernino la fotocopia
della sua ricetta del coniglio alla ligure da consegnare al fortunato cliente, e ci dice sorridendo di
aver salvato così ben più di una sposina, nel corso degli anni; il marito Sergio nel mentre disossa un
coniglio, e poi divide in pezzi quello da preparare alla ligure, dispensando consigli e raccontando di
come le ex ghiacciaie siano ora diventate delle celle frigo. Ma di cambiamenti non ce ne sono stati
molti altri, dal momento che quasi tutto il resto è originale, dal pavimento ai soffitti, dal bancone in
marmo con fregi alle mensole fino alle piastrelle. E non pensate che sia facile lavorare lì dentro, ci
ammonisce loro figlio, perché d’inverno fa freddo, e freddo assai, in quella bottega; ma ce lo
racconta col sorriso sulle labbra, con l’orgoglio di chi ha un’immensa passione per il proprio
mestiere, e glielo si legge negli occhi, lo si avverte nelle parole di elogio per i loro prodotti (tutta
carne piemontese, e questo lo dico per campanilismo mio), nell’entusiasmo con cui ci mostra un
cimelio, lo specchiauova, l’unico strumento per testare la freschezza delle uova, ponendole
dinnanzi ad una luce per vedere l’ampiezza della camera ad aria (per inciso, a camera d’aria
maggiore corrisponde una minore freschezza delle uova), nella convinzione con cui ci porge le fette
appena tagliate del salame che vendono ogni giorno, di una bontà assoluta.
Quando c’è la passione, c’è tutto, e qui la passione si respira, quasi si riesce a toccare, così come si
avverte il profondo affetto che lega questa famiglia, unita nella missione di tramandare una
tradizione ed un mestiere.
Uova e pollame Aresu, Vico Inferiore del Ferro, 1 – 16124 Genova
Risalendo verso Via Garibaldi, la via dei Rolli, torniamo al dolce, alla Pasticceria Villa/Profumo,
attiva dal 1827 e riconosciuta per la freschezza dei suoi prodotti, per l’artigianalità e per l’utilizzo di
materie prime di alta qualità. Le loro specialità sono stagionali, come ci spiegano i proprietari,
Marco e Maurizio Profumo, ma non possono di certo mancare i confetti (di ogni colore) e la frutta
candita, ma ci rivelano anche esperimenti arditi di canditura di verdure, non solo di peperoni e
finocchi, ma di carciofi, di cui ci rivelano un’inaspettata bontà. Da allora sogno di assaggiare questi
carciofi canditi, e chissà che prima o poi non riesca a provarli; intanto ho portato indietro con me i
loro consigli sulla canditura casalinga dei marroni (che sicuramente metterò in pratica più avanti,
avendo anche imparato dai miei errori) e la vista degli antichi strumenti da pasticcere che fanno
bella mostra sulle loro pareti.
Pasticceria di Villa – Profumo, Via del Portello, 2r – 16124 Genova
Si giunge infine alla Loggia Gattilusio, uno dei più importanti esempi architettonici della Genova
Medievale, dove ha sede la Pasticceria Liquoreria Marescotti di Cavo, fondata nel 1780 e che
prese tale nome nel 1906. La gestione Marescotti durò fino al 1979, e da allora il negozio rimase
chiuso ed intoccato nei suoi arredi fino al 2008, quando venne rilevato da Alessandro Cavo,
pasticcere di quinta generazione. Ed appare ora come allora, con le sue vetrine in cristallo colme di
bottiglie di una rarità disarmante, con i suoi ottoni, i suoi marmi, le sue casse “National Cash
Register”. Qui si può bere il Marescotto, aperitivo originale frutto del mix di due vermouth (rosso
e bianco) e di chartreuse, un aperitivo che è più di un aperitivo, per la sua componente alcolica e per
il suo spiccato sapore erbaceo; si può ovviamente gustare la pasticceria fresca, ma anche pranzare
con una delle notissime torte di verdura liguri, o un piatto di pansoti di borragine al sugo di noci o
di stoccafisso accomodato.
Pasticceria di Cavo Marescotti, Via di Fossatello, 35r – 37r – 16124 Genova
Ma se le botteghe storiche di Genova finiscono qui (non pensiate che siano davvero tutte qui, in
realtà quelle al momento riconosciute dalla Camera di Commercio di Genova sono ben 21), lo
stesso non si può dire per le eccellenze gastronomiche di questa città, una su tutte la focaccia.
E poter imparare la ricetta della focaccia, apprendere qualche malizia e vedere il procedimento
seguito da un maestro dell’Associazione Panificatori come Rosario Bisanti, decenni di esperienza
alle spalle, un uomo che ha girato il mondo, Italia compresa, proprio per insegnare la focaccia
(anche in uno dei più noti panifici di Torino, ad esempio), per me è stato un privilegio, di quelli
grandi. Giuro che quei segreti non me li porterò nella tomba, ma li condividerò non appena avrò il
tempo di mettere in pratica i suoi insegnamenti.
Qui potete vedere il risultato delle sue capaci mani. Io vi posso solo assicurare che, nonostante una
giornata trascorsa ad assaggiare ininterrottamente specialità di ogni sorta, dalla trippa ai
Quaresimali e viceversa, non ho saputo resistere alla sua focaccia appena sfornata, men che meno a
quella con cipolle ed erba cipollina.
A contendere alla focaccia il podio dei prodotti gastronomici genovesi più amati c’è indubbiamente
Sua Maestà il Pesto, protagonista lo scorso week-end del V Campionato Mondiale di Pesto
genovese al mortaio, che ha visto cento partecipanti da tutto il mondo sfidarsi nella preparazione
tradizionale del pesto genovese, con mortaio di marmo e pestello di legno.
Entrando nella sala della Maggior Consiglio di Palazzo Ducale, sabato mattina, si avvertiva in
maniera chiara che questo campionato è un evento che i Genovesi attendono con trepidazione, e che
vivono pienamente. La sala era di gremita, sì di concorrenti, sì di giudici, sì di stampa, ma
soprattutto di Genovesi, che osservavano con attenzione i concorrenti durante la gara, ne studiavano
i movimenti, commentavano il colore del pesto dell’uno o la consistenza di quello di un altro e si
confrontavano con le ricette di famiglia, ammettendo a mezza voce che ormai il pesto alla vecchia
maniera non lo facevano più, ma che quello era uno sprone per riprovarci.
Non vi sto poi a descrivere l’odore di basilico che ha invaso la sala quando tutti e cento i
concorrenti hanno cominciato a pestare, ma vi basti sapere che quasi faceva girare la testa.
Gli ingredienti previsti dalla ricetta ufficiale del pesto genovese sono solo sette: il basilico genovese
DOP della riviera ligure, i pinoli italiani, l’aglio di Vessalico (Imperia), il Parmigiano Reggiano
DOP, il fiore sardo DOP, il sale marino (grosso) delle saline di Trapani e l’olio extravergine di
oliva DOP Riviera Ligure.
Il resto è maestria, è tecnica, è esperienza.
E, quando l’esperienza e la maestria contano, e tanto, non si poteva rimanere indifferenti a questa
signora, Alfonsina Trucco, anni 87, che ha portato con sè (mi auguro aiutata da forti e giovani
braccia) il proprio mortaio di marmo di taglia extra-large, così come fuori taglia era il suo pestello,
consumato da anni di utilizzo, ma ancora più simile ad una pagaia che ad un pestello.
Vederla all’opera, con i gesti calmi e sicuri di chi il pesto lo fa da una vita, incurante che il suo
metodo differisse da quello comune, era un puro piacere, una di quelle viste capaci di rimetterti in
pace col mondo, come vedere la propria nonna preparare la merenda confortante della propria
infanzia (per me pane burro e zucchero, ma non stavamo parlando di questo).
Non mi ha stupito, quindi, sapere che proprio lei era la vincitrice del campionato, per questa
edizione; avrei scommesso su di lei, ed avrei scommesso bene.
E poi c’è Lei, Genova, Genova che ti sa stupire ogni volta che guardi verso il cielo, che si apre
azzurro azzurro fra i vicoli stretti dei carruggi, Genova che ti coglie impreparato con la sua bellezza
schietta e genuina, il cui mare ti sorprende all’improvviso, grazie a ”quell’aria spessa carica di
sale, gonfia di odori”, proprio quando ormai ne avevi scordato la presenza.
Genova e i suoi mercati, il bellissimo mercato Orientale, ricco di merci e di colori, dove puoi
trovare polvere di ortica e di spinaci, erbette per le torte di verdure e pesci di cui invidio la varietà e
la freschezza; ma anche il nuovissimo mercato del Carmine, in cui a fianco dei selezionatissimi
banchi del mercato orientati a prodotti di qualità e a km 0 trova spazio l’Enoteca Regionale Ligure
e la ristorazione tradizionale, che ti ammalia con la semplicità della sua panissa fritta e delle
frittelle di pesce e di verdure e ti sa stupire con le trenette al cacao condite con pesto genovese.
Genova è la sua gente, che ho apprezzato come mai prima d’ora per la profonda tolleranza, per
l’apertura mentale e per la squisita gentilezza, anche se spesso celata da atteggiamenti tanto schietti
da sembrare quasi bruschi. Io che sono piemontese, e che ho sempre bazzicato la Liguria e Genova
fin da bambina, non avevo mai colto così intensamente la grandezza e la bellezza di questa città e di
chi la popola, avvertendo sì delle grandi differenze rispetto alla mia Torino, ma sapendo che in
fondo in fondo..
Eppur parenti siamo un po’
di quella gente che c’è lì
che in fondo in fondo è come noi, selvatica,
ma che paura ci fa quel mare scuro
che si muove anche di notte e non sta fermo mai.
È doveroso un ringraziamento all’Ufficio Comunicazione del Comune di Genova, Direzione
Comunicazione e Promozione della Città, che ha organizzato questo meraviglioso tour. Grazie di
avermi fatto scoprire una Genova inedita e splendida.
Grazie alla mia compagna di avventura, Greta, e ad Alessandra, compagna di viaggio e guida
impeccabile e appassionata della sua città.