Didascalie Informa - n. 4 Aprile 2011

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I n. 4 aprile 2011 PROVINCIA AUTONOMA DI TRENTO Rivista della scuola in Trentino 08/02/2006 AUT DR/CB Centrale/PTMagazine EDITORI/213/2006 n.4 aprile 2011 Valorizzare le qualità del sistema educativo del Trentino Rapporto 2010 Comitato Provinciale di Valutazione del Sistema Educativo PROVINCIA AUTONOMA DI TRENTO Assessorato all’istruzione e sport Comitato Provinciale di Valutazione del Sistema Educativo

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monografico Rapporto sul sistema educativo

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In. 4 aprile 2011

PROVINCIA AUTONOMADI TRENTO

Rivista del la scuola in Trentino

08/02/2006

AUT DR/CB Centrale/PTMagazine EDITORI/213/2006

n. 4 aprile 2011

Valorizzare le qualità del sistema educativo del TrentinoRapporto 2010

Comitato Provinciale di Valutazione del Sistema Educativo

PROVINCIA AUTONOMA DI TRENTO

Assessorato all’istruzionee sport

Comitato Provinciale di Valutazione del Sistema Educativo

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II n. 4 aprile 2011

DIDASCALIE Rivista della scuola in TrentinoPeriodico mensileAnno XX, numero 4 aprile 2011

Rivista promossa dallaProvincia Autonoma di Trento(L. P. 3 maggio 1990, n.15, art. 22)Autorizzazione del Tribunale di Trento n. 745dell’11.1.1992

Direttore responsabile:Giampaolo Pedrotti

Coordinatore:Mario CaroliE-mail: [email protected]

In redazione:Norma BorgognoAdriana GiacomoniManuela Saltori (segreteria)

In questo numero:Giorgio Allulli, Davide Bassi, Giovanni Biondi, Paolo Calidoni, Mario Caroli, Daniele Checchi, Michele Colasanto, Marta Dalmaso, Lorenzo Dellai, Italo Fiorin, Franco Fraccaroli, Giancarlo Gasperoni, Andrea Gavosto, Dario Ianes, Lucia Mason, Attilio Oliva, Anna Maria Poggi, Arduino Salatin, Andrea Toma, Marco Tomasi, Elena Ugolini, Giovanni Vinciguerra.

Redazione: Via Gilli 3,38121 Trentotel. 0461/497268 - 69fax 0461/497267

Realizzazione e StampaLitografi a Effe e Erre - Trento

Per richiedere la rivista Didascalietelefonare o mandare un fax o scrivere a:Redazione Didascalie,Palazzo Istruzione via Gilli, 3 – 38121 TrentoE-mail: [email protected]

Didascalie è stampata su cartaecologica, sbiancata senza cloro

Le foto di questo numero sono di:archivio Didascalie e fornite dai diretti interessati, archivio Uffi cio stampa Pat.

In copertina in alto: La sala del convegno del 6 aprile 2011 con la slide sullo sfondo ed i relatori della sessione del mattino (vedi servizio alle pagine 3-18); sempre in alto, a destra, la copertina del Rapporto 2010 del Comitato provinciale di valutazione del sistema educativo e, in basso, ancora un’immagine della giornata di presentazione nella sala della cooperazione a Trento (vedi tutti i servizi in questo numero monografi co)

SOMMARIO

LA NOTIZIA: Nuove sfi de, il numero monografi co di didascalie 1COMITATO PROVINCIALE DI VALUTAZIONE/La presentazione del Rapporto 2010

Presidente Dellai/Sguardo alto per non retrocedere 2Assessore Dalmaso/Storia e sviluppo 3-5Paolo Calidoni/Fiducia della comunità nella scuola 6-12Fraccaroli/Quale modello di valutazione 13Checchi/Il valore aggiunto della scuola trentina 14-15Gasperoni/L’avvilente colonnina “stranieri” 16Mason/Rimuovere un “sistema seduto” 17Ianes/Scuola inclusiva, ma non del tutto 18

IMMAGINI 19COMMENTI/Commenti e priorità dai “vicini”

Arduino Salatin/Direttore Iprase TrentinoDavide Bassi/Rettore Università di TrentoMichele Colasanto/Presidente Agenzia del Lavoro TrentoItalo Fiorin/Centro per la formazione Rovereto 20-30

IMMAGINI 31SCENARIO NAZIONALE:

Dirigente istruzione università ricerca/Marco Tomasi 32-33Ministero istruzione università ricerca-Miur/Giovanni Biondi 34-36Istituto nazionale valutazione-Invalsi/ Elena Ugolini 37-39

IMMAGINI 40TAVOLA ROTONDA:

Giovanni Vinciguerra/Tuttoscuola Andrea Gavosto/Fondazione Agnelli Anna Maria Poggi/Fondazione per la Scuola Sanpaolo di TorinoAndrea Toma/Censis 41-47

CONTRIBUTI:Attilio Oliva/Fondazione TreeLLLe 48Giorgio Allulli/Isfol terza copertina

COMITATO VALUTAZIONE/Tutti i Rapporti quarta copertina

La trascrizione degli interventi è stata fatta dalla redazione della rivi-sta: Norma Borgogno, Adriana Giacomoni, Mario Caroli, Manuela SaltoriLe sintesi divulgative sono state fatte da: Norma Borgogno e Mario Caroli

“Il rapporto completo, la sintesi in lingua italiana, inglese e tedesca e la relativa documentazione di base sono disponibili sul portale del-la scuola trentina all’indirizzo: http://www.vivoscuola.it/comitatova-lutazione

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LA NOTIZIA

NUOVE SFIDEDopo il Rapporto sul sistema educativo

Questo numero monografico di didascalie

Nelle pagine che seguono, riportiamo una riproduzione quasi integrale di alcuni interventi della giornata ed ampie sintesi di altri interventi, comunque non rivisti dagli autori. Sia nella mattinata che nel pomeriggio c’è stato spazio per il dibattito con alcune domande dal pubblico (che, però, non sono state registrate) e le risposte dei relatori di turno, che, invece, riportiamo integralmente.In apertura del numero, un breve intervento del presidente della Provincia, Lorenzo Dellai, la cui pre-senza era stata prevista al Convegno per le conclusioni, ma nella stessa giornata aveva dovuto parteci-pare a Roma ad una riunione governativa urgente sul problema dei profughi.Dopo l’avvio dei lavori da parte dell’assessore Marta Dalmaso, il Rapporto è stato presentato da Pao-lo Calidoni, presidente del Comitato di Valutazione e poi da tutti gli altri membri, che hanno appro-fondito tematiche specifi che, dopo i primi commenti coordinati da Arduino Salatin (Iprase) da parte di Davide Bassi (Università), Michele Colasanto (Agenzia Lavoro), Italo Fiorin (Centro formazione Ro-vereto). Nel pomeriggio, introdotti dal nuovo dirigente del Dipartimento Istruzione-Università-Ricer-ca Marco Tomasi, gli ospiti dello scenario nazionale sulla valutazione: Giovanni Biondi (MIUR), Elena Ugolini (Invalsi) e la tavola rotonda moderata da Giovanni Vinciguerra (Tuttoscuola) con Andrea Gavo-sto (Fondazione Agnelli), Anna Maria Poggi (Fondazione per la Scuola Sanpaolo Torino) Andrea Toma (Censis). Le conclusioni infi ne dell’assessore Dalmaso.Le presenze eff ettive al Convegno sono state 450, di cui circa la metà insegnanti; l’organizzazione a più voci (Comitato-Assessorato-Iprase), la segreteria del Comitato (Sara Girardelli) come riferimen-to principale e poi, insieme ad altri, la rivista didascalie, le scuole alberghiere per il catering (sezione di Levico dell’ Istituto professionale provinciale FP di Rovereto e il Centro Enaip di Tesero), le studentesse dell’Istituto don Milani di Rovereto per il servizio accoglienza.

Il ricordo: Chiasera e Bonmassar

In apertura dei lavori al mattino e poi poco prima delle conclusioni del Convegno, l’assessore Dalmaso ha ri-cordato con poche sentite parole due assenze “pesanti”: Vincenzo Bonmassar, sindacalista Uil-scuola, morto proprio il giorno prima del Convegno e Claudio Chiasera, già dirigente generale del Dipartimento Istruzione, venuto a mancare circa un mese prima. Un ricordo che ha chiesto fosse condiviso da tutti i presenti in sala.Vincenzo Bonmassar: “Vorrei suggerire un ricordo ad una persona che sicuramen-te oggi sarebbe stata qui, una persona molto attenta al mondo della scuola, che ha lavorato all’interno del sindacato con passione e coraggio, che è stata anche interlo-cutore del governo provinciale in questi due anni e che ho potuto conoscere diret-tamente anch’io. Esprimo grande apprezzamento per la sua esperienza, per le occa-

sioni di discussione e dibattito che ci sono state con lui.” Claudio Chiasera: “Col dottor Chiasera non ho lavorato diret-tamente; è stato dirigente generale del Dipartimento Istruzione prima del dottor Basani; una persona che ha veramente dato la vita per la scuola; mi pare proprio doveroso un ricordo anche di questa grande persona, che credo possa esserci di ulteriore stimolo per il lavoro che ci aspetta.”

Mario Caroli

Didascalie dedica questo numero monografi co alla giornata di presentazione dell’ultimo Rap-porto 2010 del Comitato provinciale di valutazione sul sistema educativo, dal titolo “Valorizzare le qualità del sistema educativo del Trentino”, all’interno del convegno di mercoledì 6 aprile 2011 presso la Sala della Cooperazione in via Segantini a Trento.

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I motivi d’interesse e compiacimento da parte mia e del governo provin-ciale per i risultati del Rapporto 2010 riguardano la sua valenza speci-fi ca nel settore dell’istruzione, ma anche considerazioni di carattere più generale allo sviluppo complessivo della nostra comunità trentina.

IL PRESIDENTESguardo alto per non retrocedere

La scuolametafora del Trentino…Dal Rapporto arrivano segnali di at-tenzione, ma anche conferme sul-lo stato di salute della nostra scuola buono e, per certi versi, anche eccel-lente. Riprendo solo un dato, perché conferma in modo autorevole una cosa che ho sempre pensato.La scuola trentina riceve giudizi ed apprezzamenti lusinghieri dalla co-munità, del territorio, dalle famiglie, dal mondo delle imprese, dai tanti e diversi soggetti contattati dal Comita-to con un’apposita e signifi cativa in-dagine. Il Rapporto parla di “elevato e generalizzato livello di soddisfazio-ne”, di mondo dell’impresa che di-chiara che “la scuola trentina prepara i giovani al lavoro “meglio” o “molto meglio” rispetto al resto d’Italia, ecc… La scuola “da fuori” è vista molto meglio di come si autorappresenta, di come viene descritta dall’inter-no dai diretti protagonisti. È quan-to era emerso in altre indagini sugli insegnanti e sulla percezione che essi hanno della “loro” scuola. In questo, credo che la scuola sia una sorta di me-tafora di tutto il Trentino: da fuori sia-mo osservati e giudicati decisamente molto meglio (lo registriamo in con-tinue e autorevoli indagini statistiche) di come noi ci rappresentiamo, di come spesso il Trentino viene descritto e rappresentato anche sui media. Sia-mo oggetto di ammirazione e anche di invidia “da fuori”, ci piace il lamento spesso immotivato “da dentro”.Questo Rapporto sul sistema educa-tivo ci sprona a tirare fuori gli aspetti positivi che abbiamo costruito e se-dimentato negli anni, ci indica come mantenere e migliorare i risulta-ti e ottimizzare l’uso delle risorse, in tempi complicati per tutti, e si chiu-de con uno slogan, per il quale rin-grazio il Comitato: “il potenziale per

riuscirci con successo c’è”. Lo pren-diamo come uno stimolo a nuove e maggiori responsabilità di governo nella scuola, ma non solo.

Valutazione in Trentino: scelta politica strutturale e non contingenteCome ricordato, sulla valutazione la scuola ha fatto da apripista per il si-stema trentino. Ora, però, lo sguardo si deve allargare: dovremo rilanciare sulla cultura della valutazione e sul-le azioni concrete, discusse e condivi-se con i protagonisti, sulla scommessa della fi liera della conoscenza, sulla de-lega alla Provincia per l’Università. Ci vuole coraggio e amore per le sfi de, se no siamo destinati a retrocedere.Il Trentino ha bisogno di cultura va-lutativa, di conoscere i limiti ma an-che i punti di forza della proprie poli-tiche pubbliche, delle proprie risorse, di come le impiega e dei risultati otte-nuti. Per questo, non sottovalutiamo la questione degli indicatori e siamo impegnati su più fronti a fare un per-corso molto esigente per capire bene, studiare bene quali indicatori possono integrare e non sostituire ciò che già è patrimonio diff uso in termini di cul-tura di valutazione; ma anche – se oc-corre – indicatori più dirompenti che tocchino alcuni tabù, che scompagini-no anche ruoli “privilegiati”, rendite di posizioni, che ci aiutino a dire con più chiarezza chi è responsabile di cosa.La valutazione è un binario che il Trentino segue da moltissimi anni, una scelta politica strutturale non contingente. Il Rapporto sulle ri-cadute della ricerca, qualche mese fa, ci ha confermato la bontà di tale scelta. Ci servono dati che ci aiu-tino a tenere alto l’orizzonte, sen-za il quale anche noi amministra-tori, come gli operatori della scuola e tutta la comunità saremo tentati

di spostare sempre più verso il bas-so la linea dell’orizzonte, lo sguardo. Se i protagonisti diretti della scuola ma anche i cittadini non sono con-vinti che i dati, le raccomandazio-ni, i rapporti servano, anche i deci-sori pubblici prima o poi abbassano il tiro. Per questi motivi, i dati e le conclusioni del Rapporto sul siste-ma educativo vanno divulgati e fatti conoscere il più possibile. Dalle scelte che facciamo in questa fase dipenderà se il Trentino sarà o meno uno dei territori importanti e leader di alcuni ambiti, come lo è da tempo per la scuola, per la ricerca e per l’università. Ne abbiamo già fatte al-cune per il nostro sistema scolastico e formativo, altre vanno fatte e presto.La cultura della valutazione è uno strumento fondamentale che ci aiu-ta a tenere alta la visione su tutto ciò. Non dovremo stancarci di chiederci dove va la scuola trentina, dove va la ricerca, dove va l’università, dove va il Trentino. Certo, vanno avanti e i dati ce lo confermano, ma ci impegnano ad andare ancora più avanti. Non c’è la scuola della Gelmini e quella del-la Dalmaso o quella di Dellai; c’è solo la buona e la cattiva scuola e noi, in Trentino, abbiamo scelto da tempo da che parte stiamo. Lo stesso vale per la ricerca e per l’università: dobbiamo ricercare sempre il modo migliore per saper coniugare il valore del nostro si-stema educativo, della nostra scuola e formazione, con quello del territorio, senza cadere nel localismo.I dati odierni ci confermano la bontà del nostro intervento nel breve perio-do, ma anche la speranza nel medio e lungo, se sapremo individuare e pre-sto le risposte giuste. Se sapremo tra-sformare in qualcosa di strutturale i punti di forza del nostro sistema. Le premesse ci sono, ma se ci sediamo, il rischio di tornare indietro è sempre dietro l’angolo.

Lorenzo Dellai

il pres idente

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L’APERTURA DEI LAVORIIl Rapporto, il Comitato, il convegno…

Porto i saluti a tutti voi, anche a nome della Giunta provinciale, ed intervengo volentieri in questo im-portante appuntamento sulla pre-sentazione del Rapporto sul siste-ma educativo trentino, da parte del Comitato provinciale di valu-tazione. Il “primo” dopo la legge provinciale 5/2006, il primo del nuovo Comitato provinciale di va-lutazione, ma direi anche il “setti-mo”, l’ultimo di quello che è di-ventato negli anni, dalla fi ne degli anni ’90, un appuntamento, un compito ed una responsabilità or-mai strutturale del nostro sistema scolastico e formativo, Ringrazio per questo e in apertu-ra dei lavori, il Comitato di valu-tazione, nella persona del presi-dente, Paolo Calidoni, e degli altri componenti esperti (Daniele Chec-chi, Franco Fraccaroli, Dario Ianes, Giancarlo Gasperoni e Lucia Mason) per il valido risultato condensato in questo Rapporto, frutto di un serio lavoro svolto in questi due anni sul-la base delle indicazioni e degli In-dirizzi approvati dalla Giunta. Un risultato che è anche frutto della collaborazione con gli altri soggetti coinvolti, dal Dipartimento Istru-zione all’Iprase, dal Centro di Ro-vereto ai singoli istituti scolastici.Un nuovo Rapporto, che ci aiuta a tenere costantemente “sotto la lente” il sistema educativo trentino e ricon-

segna alla nostra collettività i risul-tati delle varie indagini, le conside-razioni sia sui punti di forza che su quelli di criticità, ma anche gli sce-nari su cui sviluppare un confronto documentato e qualifi cato per mi-gliorare ancora l’off erta e l’azione e le eventuali piste sulle quali prose-guire sia il lavoro del Comitato, sia – per quanto mi riguarda – le azioni di governance e le scelte amministrati-ve come governo provinciale.

Le dimensionidel confronto

Ringrazio gli ospiti che hanno ac-cettato l’invito di partecipare a questa giornata:gli ospiti impegnati in ambito nazionale, che ci consentiranno di misurarci anche in questa oc-casione con lo scenario naziona-le, nel quale peraltro siamo inseriti a pieno titolo come scuola trenti-na, senza dimenticare il confronto con la dimensione europea ed in-ternazionale, che per noi è divenu-to ormai costante attraverso la par-tecipazione alle varie indagini ed a momenti specifi ci di approfondi-mento sui temi della valutazione;gli ospiti che operano nel no-stro territorio (Università, Iprase, Agenzia del Lavoro, Centro per la formazione degli Insegnanti di Ro-vereto), che per primi “commente-ranno” i risultati del Rapporto e ci aiuteranno così a collocare meglio anche le comunicazioni di questa mattina e le informazioni che sono

contenute nel Rapporto 2010 del Comitato e che il presidente Cali-doni ci illustrerà in sintesi. Ringrazio ovviamente tutti voi che avete accettato di partecipa-re a questo importante momento per rifl ettere sullo stato complessi-vo della scuola trentina, sulle in-dicazioni del Rapporto e sui risul-tati delle analisi e delle indagini eff ettuate dal Comitato, secondo le priorità indicate dalla Giunta.Mi auguro che possa essere, anzi sono sicura che sarà anche un’op-portunità per un confronto nel me-rito e per ulteriori considerazioni sulla scuola trentina nello scenario di trasformazione e valutazione dei sistemi educativi in corso a livel-lo nazionale. Per queste ragioni, il pomeriggio è stato riservato ad in-terventi di rappresentanti del Mi-nistero dell’Istruzione, Università e Ricerca, dell’Invalsi e di alcune Fon-dazioni ed Enti che da sempre dedi-cano molta attenzione alla realtà ita-liana dell’istruzione e formazione.

La valutazionenella scuola…

Tutti voi sapete che la nostra Pro-vincia costituisce l’unica realtà ita-liana nella quale è stato realizzato ormai da circa vent’anni un siste-ma organico di valutazione dell’i-struzione e formazione e, dopo la legge di riforma 5/2006, di tutto il “sistema educativo.”

STORIA E SVILUPPOL’intervento di Marta Dalmaso

In apertura dei lavori, l’assessore ha richiamato il contesto in cui si col-loca l’ultimo Rapporto 2010; nelle conclusioni ha rilanciato, avviando di fatto un percorso condiviso e partecipato anche sulla valutazione de-gli insegnanti o, meglio, “dell’insegnamento”.

l’ass ess ore

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Questo Rapporto è il primo dopo la legge di riforma che ha ribadito la centralità della valutazione nel sistema, precisata poi negli Indi-rizzi data dalla Giunta al Comitato stesso. Ma questo è anche il setti-mo Rapporto sul sistema scolasti-co e formativo del Trentino.Quella sulla cultura della valutazio-ne è una sfi da lanciata quasi 20 anni fa. Nel 1990/’92 eravamo davvero pionieri, lo ricordo non per gloriar-ci, ma per ribadire il radicamento della cultura della valutazione nella scuola trentina. Una sfi da, che il go-verno provinciale ha sempre consi-derato anche “sua”, dando Indirizzi, risorse e strumenti perché non fosse autoreferenziale, anche perché sono state sempre tenute in grande consi-derazione le “raccomandazioni” del Comitato e così sarà per noi anche rispetto questo ultimo Rapporto.Sono già stati fatti molti passi in avanti sul terreno della cultura del-la valutazione in Trentino: le inda-gini internazionali, le piste aperte, l’autovalutazione, la valutazione esterna degli istituti, la valutazio-ne dei dirigenti e quella degli stu-denti, fi no alle piste tuttora aperte sulla valutazione degli insegnanti, dell’insegnamento.Quando il Trentino ha avviato questo percorso, lo scenario nazio-nale e internazionale era certamen-te diverso da quello attuale. Oggi la realtà è mutata, e lo testimo-nia la stessa presenza qui dei rap-presentanti del Ministero (Miur) e dell’Invalsi, assieme ad altri sog-getti nazionali autorevoli che sulla scuola elaborano annualmente dei Rapporti specifi ci.

LE CONCLUSIONIUna bella attenzionealla nostra scuola

Credo veramente che sia diffi cile tirare le somme o tirare delle con-clusioni rispetto ad una giornata che credo meriti una prosecuzione

nell’impegno, nel lavoro, nella ri-fl essione e nel confronto; ci tengo a ringraziare tutti coloro che sono intervenuti: parlo dei relatori che si sono susseguiti a questo tavolo con i loro interventi ben integrati. Non ci sono state sovrapposizio-ni, tutti gli interventi si sono re-ciprocamente arricchiti e hanno di conseguenza arricchito il nostro dibattito e la nostra rifl essione; mi riferisco anche agli interventi che sono arrivati da voi che eravate qui presenti e condivido il fatto che quegli interventi esprimevano tut-ti una bella attenzione per la no-stra Scuola; e questo è un dato im-portante che accanto a quello che evidenziavo stamattina a proposito della presenza così numerosa, ve-ramente dice che vale proprio la pena di lavorare per questa scuola, facendo ciascuno la propria parte perché possa crescere.

Riconoscimentoincoraggiante anche per noi

Fa piacere aver sentito molte voci, molte parole di apprezzamento per questo lavoro e naturalmente le ri-consegno agli autori del Rapporto e a tutti quelli che hanno collabo-rato alla sua elaborazione. Mi ha fatto piacere perché naturalmen-te, i riscontri dicono che la strada è buona e l’impegno sta portando frutto, è sempre incoraggiante; lo è per i nostri studenti quando sot-

tolineiamo il positivo, lo è anche per noi quando abbiamo questi ri-scontri che ci incoraggiano. Dall’altra parte, però, credo sia molto importante non crogiolarsi e pensare invece anche agli aspetti che forse più ci aiutano a guardare in prospettiva.Voglio prendere come una battuta la sintesi fatta con “l’idea di una Scuola seduta”, e vorrei invece ri-prenderla per immaginare l’impe-gno che noi possiamo assumerci, come assessore, come amministra-zione, da qui in avanti; perché l’i-dea che la Scuola abbia bisogno forse di una scossa, altro termi-ne sentito oggi, ci fa capire che sia-mo di fronte ad una responsabili-tà molto forte: è la responsabilità di chi può decidere se lasciar anda-re quasi in usura un patrimonio, o preferisce piuttosto rilanciare, va-lorizzare, reinvestirlo perché possa ancora crescere. Noi in questa di-rezione vorremmo andare; e credo che dalle conclusioni del Rappor-to e da parecchio di ciò che emer-so oggi, credo di dover rilanciare.

Rilanciare, valorizzare, reinvestire il patrimonio

Rilanciare sulle piste di lavoro che sono state segnalate alla conclusio-ne del Rapporto. Una cosa bella che mi sembrava venir fuori bene anche dagli interventi di questa mattina è questa: noi stiamo parlando di un

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rapporto di valutazione del siste-ma trentino e lo abbiamo potuto vedere nelle sue diverse articolazio-ni; abbiamo detto della nostra lun-ga esperienza per quanto riguarda l’auto-valutazione, possiamo parla-re di esperienze di valutazione ester-na, della valutazione dei dirigenti, poi ci siamo soff ermati sul tassello della valutazione degli insegnanti o dell’insegnamento, che è un tas-sello ancora aperto.

Valutazione degli insegnanti, i tempi sono maturi, ma…

Credo che sia importantissimo pensare che si apra un confron-to su questo tassello che però non è isolato. Stiamo parlando di un sistema integrato di valutazio-ne, dove ognuna delle componen-ti che elencavo prima, o guarda in maniera armoniosa tutte le altre, oppure il rischio è che la valutazio-ne non produca gli eff etti e non ab-bia l’effi cacia che noi ci aspettiamo; non sia, in ultima istanza, costrut-tiva. Credo che siamo nelle con-dizioni e che i tempi siano matu-ri per aff rontare, qualcuno diceva

prima “laicamente” - non lo so se interpreto in maniera corretta que-sto termine - ma anche con molta libertà, con molta serenità, questo tema della valutazione dell’insegna-mento e quindi, se vogliamo, della valutazione degli insegnanti.I tempi sono maturi, ma le pre-messe devono essere chiare:1. lo vediamo come una compo-

nente, un elemento che va a com-pletare un quadro assolutamen-te signifi cativo di questa cultura della valutazione;

2. abbiamo assunto a monte il fat-to che qui stiamo parlando di valorizzazione delle qualità della scuola, che è l’obiettivo di questo ulteriore percorso e cammino;

3. credo, e lo dico perché ne sono convinta e quindi vuole essere il mio impegno, credo che pos-siamo aff rontare questo tema perché la volontà è quella di costruirlo insieme questo pro-cesso di valutazione; cioè di cercare insieme le modalità il più possibile condivise, il più possibile insieme comprese, per arrivare ad una esperienza che possa essere effi cace.

L’obiettivo di questi processi non può che essere orientato a miglio-rare la nostra scuola.

Non possiamo far finta che dopo il Rapporto possa non succedere nulla

Prima - e mi piaceva anche per-ché forse ho rivisto delle espe-rienze personali -, il dottor Bion-di del Ministero diceva: “ci siamo trovati tante volte a partecipare a corsi di aggiornamento, che alla fi ne non scalfi vano minimamen-te il tuo essere insegnante in quel-la scuola, in quell’aula. Credo che dobbiamo scongiurare il pericolo che l’elaborare il rapporto, il ve-nire a presentarlo e ragionarci su una giornata intera (non) scalfi -sca il nostro modo di essere scuola,

di fare scuola, di essere un sistema che vuole migliorare. Penso che insieme a Paolo Calidoni, presi-dente del Comitato di valutazio-ne e, quindi, responsabile di que-sto lavoro, insieme a Italo Fiorin, responsabile scientifi co del Cen-tro di formazione degli insegnan-ti di Rovereto, insieme ad Ardu-ino Salatin, direttore Iprase ed ai collaboratori del Dipartimento, insieme ai dirigenti e alle scuole, dobbiamo andare avanti a lavora-re su questo tema; individueremo delle tappe, in modo che possiamo veramente fare un percorso che ci vede il più possibile tutti convinti nel perseguimento degli obiettivi. Procedendo con un percorso il più possibile condiviso, abbiamo mag-giori probabilità di poter misura-re anche le ricadute di questo pro-cesso.

Un percorsowork in progress

Condivido il fatto che questo la-voro sulla valutazione è un work in progress; mi pare veramente molto calzante questa aff ermazio-ne ed essendo un work in progress, io credo non ci si possa fermare, ma si debbano valorizzare le espe-rienze pregresse, ci si debba lan-ciare con coraggio anche nell’e-splorare le piste che ancora non abbiamo esplorato.Ma essendo un work in progress che non coinvolge solo chi sta ri-fl ettendo, chi pensa, chi appro-fondisce, chi studia, ma coinvol-ge chi è impegnato sul campo e coinvolge in ultima istanza i no-stri studenti, io credo che abbia-mo il compito di seguirlo con grande attenzione, con grande prudenza, ma anche con grande determinazione. In questo senso, metto il mio impegno e la mia di-sponibilità e sono convinta che abbiamo veramente le condizio-ni per poterlo fare.

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PAOLO CALIDONI, presidente del Comitato provinciale di valutazione del sistema educativo, ha presentato con una serie di slides i contenu-ti del Rapporto, approfonditi poi da altri interventi da parte di tutti i membri del Comitato su tematiche specifi che sollevate dagli inter-venti dei partecipanti. Riportiamo nelle pagine seguenti le slides uti-lizzate dal presidente (che si possono scaricare assieme all’intero Rap-porto ed agli altri materiali prodotti dal Comitato dal portale della scuola trentina all’indirizzo http://www.vivoscuola.it/comitatovalu-tazione) e gli interventi degli altri cinque membri del Comitato.

CALIDONIFiducia della comunità nella scuola

Il quadro generaledai risultati

Dai risultati del Rapporto 2010 emerge una grande fi ducia, del territorio, della popolazione e an-che delle aziende, nei confron-ti di quello che la Scuola può fare per lo sviluppo del capitale sociale e del capitale territoriale; la Scuo-la è impegnata a corrispondere que-sta fi ducia. Probabilmente è la sua qualità che genera questa fi ducia. Si tratta di andare avanti su una stra-da tracciata e particolarmente signi-fi cativa. Esempi di eccellenza sono innanzitutto i buoni risultati com-plessivi per quanto riguarda gli ap-prendimenti rilevati da indagini in-ternazionali e in particolare, il fatto che i soggetti che sono ai livelli più bassi di apprendimento sono mol-to limitati. Si potrebbe fare di più nella promozione delle eccellenze; certamente ci sono delle condizio-ni strutturali ottimali, ma credo, come ricordavo all’inizio, che l’e-lemento più signifi cativo sia il rap-

porto di fi ducia che c’è tra i cittadi-ni e la Scuola e viceversa.

Il Rapporto,un lavoro di squadra

Il Comitato deve fare alcuni ringra-ziamenti non formali, a cominciare dalla Giunta provinciale per l’oppor-tunità che abbiamo avuto di opera-re in un contesto all’avanguardia su questi temi e dall’assessore per aver voluto rendere pubblico il Rapporto con questo momento di confronto; poi, le strutture e gli uffi ci del Di-partimento e dell’Iprase per aver cre-ato le condizioni per la realizzazio-ne del programma, quanti vi hanno collaborato con ricerche e docu-menti preparatori che sono alla base del rapporto; tutti coloro che han-no contribuito per l´organizzazione di questo evento, chi sta dietro le si-gle nel frontespizio, la segreteria del comitato e dell´assessorato, l´uffi cio comunicazione, l’Iprase, le scuo-le che gestiscono l’accoglienza ed il catering; “gli amici critici” che han-no accettato l’invito ad intervenire e che hanno esaminato il rapporto in anticipo, compreso chi non ha po-tuto essere fi sicamente presente ma ha inviato commenti inseriti in car-tella: Giorgio Allulli dell’Isfol, giá presidente del precedente Comitato di valutazione trentino, e Attilio Oli-va dell´Ássociazione TreeLLLe.

Aperti al confrontocon le scuole e coi territori

Le slides che seguono si riferiscono ad una mia sommaria presentazione isti-tuzionale e introduttiva e poi gli altri componenti del Comitato approfon-diranno aspetti specifi ci. Ripercorro, quindi, il rapporto sulla scorta delle domande chiave che ne hanno guida-to l´impostazione e la redazione. Nell´introduzione viene riproposta la metafora della mappa per indicare i limiti che ha qualsiasi rappresenta-zione, rispetto alla complessitá e di-namicitá della realtá, del territorio.Questa presentazione ha il solo scopo di aprire un confronto che approfon-dirà alcuni temi e che auspichiamo possa essere utile poi nei territori, an-che riprendendo analiticamente, nei diversi contesti operativi, alcuni di questi temi per aprire alcune pieghe; per questo il Comitato è a disposizio-ne di scuole e reti di scuole.Un sistema di valutazione è effi cace, nella sua capacità di incentivazione, nella misura in cui è comprensibile nel suo funzionamento; ed è traspa-rente verso la collettività. Partiamo da questa presentazione per rilan-ciare in modo organico le azioni di valutazione già attive e, soprattut-to, per renderle produttive di eff et-ti. Partiamo da questa giornata per un confronto pieno col mondo del-la scuola e con la comunità.

COMITATO PROVINCIALE DI VALUTAZIONE

il pres idente

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Per il miglioramento

“Io direi ai professori di non fare preferenze, per il futuro degli alunni, perché un domani gli alunni se ne pentiranno perché credono di essere i migliori, però dopo troveranno sicuramente chi sarà migliore di loro anche se è passato con il voto basso” (P, 49)

“Forse non si dovrebbero dare voti troppo bassi all’inizio, ad esempio stare sopra il quattro perché quando è sotto… Non serve a niente dare tre o due, stare sopra il quattro, comunque. Anche perché così noi ci scoraggiamo subito, se prendiamo un due subito, ci scoraggiamo” (P, 76)

“Secondo me un professore dovrebbe socializzare un po’ di più con l’allievo, perché soprattutto con alcuni prof viene fatto un muro: tu sei l’allieva e io sono il professore. Fino a un certo punto va bene, però l’allievo è sempre una persona e anche l’insegnante, e ci dovrebbe essere quel minimo di socializzazione” (P4)

3La valutazione degli apprendimentiLa percezione degli studenti

Per il miglioramento…

“Tante volte i ragazzini non si rendono conto che la valutazione non va solo sulle capacità, sull’intelligenza ma anche sul modo di comportarsi in classe… Va fatto pesare che anche il comportamento viene valutato, perché comunque si valuta anche quello” (P8)

“Bisognerebbe un po’ arrivare a consolidare le conoscenze anche attraverso qualche difficoltà in più. Io vorrei, sinceramente, un po’più di severità, comprensione, ma anche severità. Non illudiamoli: il ragazzo deve capire che io cercherò di avere il massimo di imparzialità possibile” (P33)

3La valutazione degli apprendimentiLa percezione degli insegnanti

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Analisi delle politiche retributivesugli insegnanti

Analisi sulla totalità dei docenti che insegnano negli istituti di scuola primaria e secondaria (I e II grado) nella Provincia Autonoma di Trento, pari a circa 9.000 docenti all’anno per un totale di 11.032 nei sei anni d’analisi (dal 2004 al 2009)

Incidenza delle voci retributive per anno

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2004 2005 2006 2007 2008 2009CCNL/retribuzione totale 86,0% 87,0% 86,0% 83,0% 85,0% 82,4%

CCPL/retribuzione totale 3,0% 8,0% 10,0% 12,0% 10,0% 11,6%

Altre voci/retribuzione totale 11,0% 5,0% 4,0% 5,0% 5,0% 3,4%

La metà (52%) dei docenti è posizionata in una fascia retributiva compresa tra 20,000 ai 35,000 euro annui, ma vi è un gruppo consistente di docenti “meglio pagati”, con retribuzioni comprese tra 35 e 45 mila euro annui

5Analisi delle politiche retributivesugli insegnanti

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FRANCO FRACCAROLI aff ronta in questa sintesi due nodi del Rapporto che ha seguito più da vicino: la questione di “quale modello di valu-tazione” adottato dal Comitato e quale dovrà essere quello che faccia transitare la scuola trentina verso un sistema di valutazione che sap-pia anche valorizzare e premiare gli insegnanti “motivati”.

FRACCAROLIQuale modello di valutazione

Il “modello” di valutazione

Noi abbiamo preso in mano il vec-chio modello di valutazione delle scuole, che prevedeva una autova-lutazione interna e una valutazio-ne esterna avviata già dal Comita-to precedente, e abbiamo cercato di rivederlo per integrare maggior-mente le informazioni dei due mo-delli. Abbiamo elaborato un piano che integra l’autovalutazione delle scuole e la valutazione esterna con degli istituti specializzati. Bisogna valorizzare i dati già esistenti sul-le scuole e le loro caratteristiche, ci sono da valutare le prestazioni delle scuole e agganciare tutti questi dati anche ad un sistema “premiante” in modo da valorizzare la valutazione come sistema che premia e valoriz-za delle qualità. Uno dei grossi pro-blemi della valutazione non solo in ambito scolastico è rendere la valu-tazione operativa, tradurla in prati-ca e trarne delle conseguenze.

Comportamenti e motivazione dei docenti

Nella ricerca sui comportamenti or-ganizzativi e la motivazione degli in-segnanti, quando parliamo di inse-gnanti motivati, quel famoso 38% che c’è nel Rapporto, parliamo di persone che hanno un forte coinvol-gimento nella scuola e quindi sono una risorsa molto signifi cativa; ba-sterebbe abbassare l’asticella per far aumentare il numero dei motivati.

Cosa abbiamo inteso per motiva-ti? Persone con un elevato senso di cittadinanza organizzativa, che in-vestono risorse personali anche ex-tra ruolo nell’attività scolastica, che hanno un senso di appartenenza all’istituzione scolastica in cui lavo-rano, che accettano le attività e l’in-novazione come una sfi da, come un elemento di rilancio della pro-pria professionalità, che investono in attività formative, che mostrano una forte vitalità professionale an-che nei micro-comportamenti quo-tidiani dell’attività d’insegnamento, che vuol dire anche cura del clima di classe, programmazione e piani-fi cazione, partecipazione alle attivi-tà di Istituto ecc..A fi anco di questa fetta di alta qua-lità ce n’è un’altra che abbiamo chiamato conservatori (35%), che hanno caratteristiche simili, anche se più contenute, ma che hanno forse più paura dell’innovazione. Li abbiamo chiamati conservatori proprio per quello. Paradossalmen-te sono i più giovani, che probabil-mente entrano dentro un sistema e hanno bisogno di qualche anno per orientarsi e capire, prima di accetta-re le sfi de della loro professionalità.Il punto chiave è che la motivazione non è un tratto di personalità im-mutabile nel tempo, ma risente del-le caratteristiche del contesto, per cui se siamo in grado di innovare, coinvolgere, premiare, investire sul-le persone, probabilmente il grado di motivazione e di risposta è sensi-bile. Le famose categorie dei mo-

tivati e dei fannulloni sono delle astrazioni mentali; le persone ri-spondono ad un contesto e una del-le variabili chiave è il sentimento, la percezione di giustizia organizzati-va, di giustizia nello scambio tra ciò che investo nell’organizzazione e ciò che ricevo di ritorno, non solo in termini monetari. Se questo salta, salta tutta una serie di meccanismi di investimento, di attività extra-ruolo limitando la propria attività a quanto è prescritto. Un altro signifi cato delle operazioni che abbiamo fatto, è capire la cul-tura che sta dietro il mondo della scuola. Un solo esempio: abbiamo chiesto ai 750 insegnati interpella-ti quali erano, secondo loro, i cri-teri da utilizzare per defi nire la dif-ferenziazione retributiva e abbiamo colto che l’83% degli insegnanti è d’accordo che i sistemi retributivi vengano agganciati all’anzianità. Su questo c’è un lavoro grosso da fare perché se restiamo fermi a que-sta ipotesi di meccanismi automati-ci, tutti diventiamo vecchi, quindi tutti avremo degli aumenti. Premia-re non vuol dire solo con quote di denaro, perché non siamo in situa-zione di risorse crescenti; vuol dire riconoscimento professionale, di ruolo, di defi nizione dei compiti…Questi sono elementi sui quali un si-stema maturo, saggio e attento come quello trentino può lavorare molto.

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DANIELE CHECCHI si è concentrato principalmente su due aspetti nel Rapporto, che riguardano molto le indicazioni di rilancio indicate nelle conclusioni dell’assessore Dalmaso: la misurazione del valore ag-giunto fornito dalle scuole trentine, da un lato, e sui sistemi retributi-vi sia rispetto agli insegnanti che rispetto ai dirigenti scolastici, dall’al-tro. Riportiamo quasi integralmente l’intervento.

CHECCHIIl valore aggiunto della scuola trentina

Obiettivo: premiare i migliori

È noto che gli insegnanti trentini ricevono una parte della loro retri-buzione aggiuntiva defi nita local-mente ma questo ha delle caratte-ristiche di grande omogeneità nella distribuzione delle scuole e quindi non ha ancora quella caratteristi-ca che comunque l’amministrazio-ne sembra interessata a sviluppare relativa alla possibilità di riuscire a premiare i migliori. Questo in-vece è gia attuativo per quanto ri-guardo i dirigenti scolastici anche se, siccome nel tempo sono cam-biati i criteri con cui venivano mi-surati e valutati i dirigenti scolasti-ci, non è facilissimo ricostruire una storia del sistema di incentivazione anche su quello si possono indivi-duare degli aspetti migliorativi per quello che riguarda la valutazione del dirigente stesso.

Lo STATUS QUO: insegnanti trentini pagati meglio, ma tutti allo stesso modo

Ho seguito queste prime analisi sulla retribuzione degli insegnanti e dei dirigenti; c’erano due punti che volevo sottolineare.Lo status quo è il seguente: gli in-segnanti trentini sono pagati meglio dei loro colleghi del resto d’Italia e sono pagati in modo analogo per quanto riguarda la distribuzione; cioè non sembra

che queste maggiori risorse che i dati ci raccontano, siano distribui-te con caratteri più incentivanti di quanto sia il sistema retributivo vi-gente nel resto dell’Italia. Abbiamo cercato di correlare se vi fosse maggior variabilità tra le scuo-le, e non c’è; abbiamo cercato di cor-relare se l’assegnazione - perché una delle voci che si raccoglie è che le scuole che fanno più progetti sono anche quelle dove gli insegnanti gua-dagnano di più - e quindi ci aspet-tavamo che le scuole più dinamiche fossero caratterizzate da livelli retri-butivi più elevati nella media - , ma non troviamo niente di tutto questo.Dunque il sistema trentino è mol-to omogeneo, molto simile al siste-ma italiano, è solo pagato meglio. Questo ci dice, e tra le righe cerchia-mo di dirlo, che c’è spazio per rifl et-tere se questa sia la miglior allocazio-ne delle risorse, dal punto di vista di mettere un po’ di pressione sul siste-ma in modo che la sua performance migliori ulteriormente.

Per i presidi c’è già il sistema di valutazione con incentivi, ma…

Invece il sistema di valutazione e di incentivazione esiste, e riguarda i dirigenti scolastici. I dirigenti sco-lastici trentini sono pagati meglio, direi molto meglio dei dirigenti scolastici italiani; ci sono 12.000 euro all’anno di diff erenza, in me-dia, che non è un divario banale.

È anche vero che il periodo di os-servazione 2004-2009 il sistema di valutazione dei dirigenti e cambia-to nel tempo ripetutamente e di-ventava diffi cile la cosa che noi avremmo voluto studiare: il sogget-to incentivato risponde all’incenti-vo? Mette in moto un meccanismo di miglioramento della Scuola? Per-ché lo schema teorico idealmente vorrebbe questo; pongo pressione sul dirigente che ponga pressione sugli insegnanti che pongano pres-sione sugli alunni in modo tale che tutto il sistema funzioni me-glio. Ora, il fatto che ci sia stato un turn-over dei dirigenti, ci siano stati due cambiamenti nell’inter-vallo di tempo, dei meccanismi di riconoscimento del lavoro svolto, e quindi di incentivazione, non ren-de possibile fare questo esercizio. Tuttavia abbiamo provato a getta-re nel Rapporto qualche segnale. Il primo: se i dirigenti alla fi ne del processo di valutazione ricevono un punteggio, perché questo è quello che succede, la retribuzione potreb-be essere collegata a quel punteg-gio. In realtà quando si guardano i dati si vede che ci sono tre livelli di assegnazione della valutazione che sono molto vicini e molto “schiac-ciati” tra di loro e peraltro non per-fettamente correlati col punteggio. Devo dire che c’è una componen-te di discrezionalità che in qualche modo mantiene un ruolo lì dentro.Ora, ci sono vantaggi e limiti nel voler spingere un sistema a diven-

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tare veramente incentivante perché nel momento i cui spingo l’accele-ratore su un meccanismo di questo tipo, forzo le persone a guardare esattamente come il punteggio viene determinato e a fare delle operazioni di manipolazione del dato o comun-que di intervento sul dato stesso.Marco Rossi Doria citava il tema dei bocciati, tema che gioca nel si-stema di valutazione attuale, all’in-terno di una batteria di altri ele-menti. Se io dicessi che pago di più il dirigente della scuola dove le bocciature sono più basse, il pro-blema delle bocciature scompa-re immediatamente, non perché scompaia il problema, ma perché il dirigente risponderebbe all’in-centivo che gli dice “ti pago di più se hai meno bocciati”.Nel Rapporto tendiamo a suggeri-re che il contenuto incentivante è troppo basso; bisogna però stare attenti a farlo diventare troppo alto, perché questo può in qual-che modo creare dei problemi.

L’OBIETTIVO: misurare il valore aggiunto

L’altro pezzo che la nostra ricerca ha evidenziato è che più andiamo nel-la direzione di voler diff erenziare i livelli retributivi, attraverso mecca-nismi di ri-defi nizione della carriera degli insegnanti o banalmente, ren-dendo legata la retribuzione o quel-la parte di retribuzione attualmente connessa alla contrattazione loca-le, ad indicatori di andamento della scuola o dell’individuo, è chiaro che abbiamo bisogno di una caratte-ristica fondamentale, che è una buona base informativa.Nel Rapporto trovate quello che credo sia il primo esercizio attua-to in Italia della misurazione del valore aggiunto.Abbiamo preso di nuovo, su parte-cipazione volontaria, dunque con tutti limiti, le scuole che avevano fatto il PISA 2009, e abbiamo ri-

somministrato, ovviamente non lo stesso fascicolo, ma uno ruotato secondo criteri, agli stessi alunni, il PISA 2010. Questo ci permette di misurare qual è l’incremento in termini di punteggio PISA associa-to all’individuo e alla scuola cor-rispondente; virtualmente questa è al miglior misura che noi possiamo avere, almeno dal punto di vista teorico della performance di una scuola. Il dato rassicurante è che la graduatoria fatta con questo meto-do e la graduatoria fatta in modo più approssimato, vale a dire pren-dendo la valutazione di un anno e misurando i diff erenziale di per-formance al netto delle caratteri-stiche degli studenti, coincidono al 95%, quindi non è così costoso immaginare di dover fare tutti gli anni la misurazione del valore ag-giunto; in realtà è possibile misura-re il valore aggiunto di una scuola comparativamente usando un’ana-lisi cross-sezionale. Lavorando sui dati, volevamo tenere conto anche di modi diversi di misurare la per-formance di una scuola.

Modi diversi di misurare la performance di una scuola

In modi diversi, vuol dire voler in qualche modo isolare l’eff etto su-

gli apprendimenti, ammesso e non concesso che l’apprendimento sia la misura chiave con cui vogliamo valutare il lavoro degli insegnanti nelle scuole, vorremmo depurare gli eff etti dell’apprendimento di una serie di caratteristiche ester-ne, che hanno a che fare con l’ap-prendimento dello studente e devo dire che c’è ancora molto lavoro da fare. Siamo convinti che la dota-zione della scuola, della clas-se, non solo in termini di qua-lifi cazione e caratteristiche degli insegnanti ma anche di caratte-ristiche dell’edifi cio, delle ca-ratteristiche degli spazi, la pre-senza di biblioteche, sono tutti elementi di cui in qualche modo occorrerebbe tenere conto.Non abbiamo ancora una base dati che ci permetta di fare operazioni così fi ni da poter depurare i livelli degli apprendimenti da quelli di al-tre caratteristiche e poi non abbia-mo un’informazione persistente sulle famiglie da cui provengono i nostri alunni. Non a caso abbiamo fatto i nostri esercizi sul dato PISA perché chiede agli alunni informazioni sulle caratteristiche dei loro genitori.Nel questionario PISA 2010 in cui si chiedevano ad alunni e ai loro genitori le stesse cose, il livello di coincidenza non superava i tre quarti; o mentono i genitori che si vendono con un titolo di stu-dio più alto, o gli alunni non san-no quale sia il titolo di studio dei loro genitori; ma per valutare gli apprendimenti occorre poter valu-tare queste informazioni. Non so attraverso quali canali pos-sa reperire queste informazioni l’amministrazione; forse elencan-do gli individui al dato censuario, però se si vuole mettere in piedi un sistema che non sia giocato solo sulle caratteristiche di autovaluta-zione della scuola, ma anche con delle misure hard delle performan-ce degli studenti, questa informa-zione è indispensabile.

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GIANCARLO GASPERONI. Qualche rifl essione sul fenomeno della pre-senza straniera. È avvilente fare dei rapporti di ricerca in cui ci sono le colonnine: italiani – stranieri. Una volta non c’era bisogno della co-lonnina stranieri e non per questo pensavamo che tutto il resto, cioè gli italiani, fosse un corpo omogeneo; a maggior ragione non dovrem-mo pensarlo quando vediamo la colonnina stranieri.

GASPERONIL’avvilente colonnina “stranieri”

Italiani, stranieri: non sono corpi omogenei

Nell’approfondimento che abbiamo fatto sull’implementazione del rego-lamento sull’inserimento degli stra-nieri nella scuola, abbiamo indaga-to sulle fi gure di riferimento per le iniziative interculturali, sui facilita-tori linguistici, i mediatori intercultu-rali, sui protocolli di accoglienza, sui percorsi didattici personalizzati.Il quadro generale è molto positivo, ma esistono comunque dei proble-mi. A volte la gestione della presen-za straniera comporta una sospen-sione dell’atto valutativo; a volte è necessario togliere lo studente non italiano dalla classe per de-terminati periodi, con degli eff etti sul piano dello sviluppo della com-petenza disciplinare, l’esternalizza-zione di questi servizi presenta dei vantaggi, ma anche uno svantag-gio sul piano della competenza di-sciplinare dei docenti esterni. E’ un aspetto che richiede moltissima at-tenzione; è giustissima la critica che, a fronte della liceizzazione e della propensione dei più a proseguire gli studi all’universitario, gli stranieri si rivolgono alla formazione profes-sionale e all’istruzione professiona-le, fi n quando c’era. Questo avrà un impatto a lungo andare in maniera più concreta sull’assetto della società italiana e trentina. Tutte cose su cui la scuola non riesce ad agire più di tanto, tranne per alcune attività di orientamento e di potenziamento.

Scuola, formazione, lavoro: anche nei licei

Qualche rifl essione sul divario tra stranieri e italiani per quanto ri-guarda gli esiti occupazionali e sul piano del genere; le donne conti-nuano ad essere svantaggiate e per certi versi le cose sono peggiora-te. Non è un problema specifi co del Trentino, ma ciò non lo rende meno problematico.Irrobustire le esperienze di con-tatto fra scuola, formazione, la-voro fa sicuramente bene perché ci sono diff erenze macroscopiche a seconda dei percorsi scolatici: questi contatti sono diff usi e sono aumentati, ma concentrati so-prattutto nella formazione e nell’i-struzione professionale; fenomeno però raro nei licei. Per l’esperien-za universitaria, poi, si sottovalu-ta il fatto che nell’ultimo decennio si è ribaltato il profi lo del laurea-to, sconvolgendo anche la nostra concezione della transizione all’età adulta: una volta pensavamo che le persone fi nivano un percorso for-mativo e poi si aff acciavano sul mercato del lavoro; oggi abbiamo laureati che hanno già avuto espe-rienze di lavoro durante gli studi e, d’altra parte, lavoratori già inseri-ti, già occupati, che chiedono edu-cazione permanente e formazione continua. Sarebbe interessante ri-uscire ad avere dei dati sulle espe-rienza lavorative degli studenti della scuola secondaria superiore.

I dati sulla situazione occupa-zionale dei laureati dimostra-no come da prima della crisi del 2008 ci sono tendenze preoccu-panti sulla disoccupazione dei laureati che sta crescendo, il calo della retribuzione media dei lau-reati, l’indebolimento della sta-bilità del rapporto lavorativo dei laureati occupati, un calo nella congruenza fra gli studi univer-sitari compiuti e il lavoro eff etti-vamente svolto ecc.. Il 50% dei diplomati trentini fa l’universi-tà fuori Trento anche perché non c’è un’off erta formativa esaustiva a livello trentino, tant’è che la fa-coltà che più attira fuori è medi-cina che qui non c’è e poi Scien-ze della Formazione, che dimostra come ci sia una domanda per l’in-segnamento. D’altra parte, metà degli immatricolati provengono da fuori provincia e in partico-lare dal Veneto e da Bolzano. La capacità di attrazione è un bene, però bisogna interrogarsi di più e avere dei dati un po’ più appro-fonditi su cosa succede dopo; sia ai laureati trentini, a chi si lau-rea a Trento venendo da fuori; nel senso “ dove vanno a fi nire questi laureati? “Questione non banale perché l’in-vestimento che c’è nei confronti di questo capitale umano è molto ampio e sarebbe interessante, ne-cessario, sapere dove eff ettivamen-te viene fruito, cioè se nell’ambi-to della società trentina oppure no.

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LUCIA MASON, per la stesura del Rapporto, si è occupata dei risul-tati dell’apprendimento. Riportiamo una sintesi del suo interven-to in sala, a conclusione della presentazione del Rapporto nella ses-sione del mattino.

MASONRimuovere un “sistema seduto”

Confrontiamoci con chi fa meglio di noi in Europa

Il sistema scolastico trentino gode di buona, se non ottima, salute; i risultati sono decisamente positivi ma, come diceva il rettore Bassi, ci dobbiamo confrontare con l’Europa, con chi fa anche meglio di noi e non solo coi meno bravi. Colasanto ha detto che “non possiamo permetter-ci di sprecare nessun giovane” e che nel 2020 potremmo avere problemi per mancanza di giovani preparati e qualifi cati. Questo mi porta a rifl et-tere sul dato nel Rapporto sulla va-riabilità ed eterogeneità delle scuo-le: nella provincia di Trento è molto contenuta rispetto alle altre aree ge-ografi che. Vi sono, però, diff eren-ze, disparità tra comprensori (so-prattutto analizzando i dati TIMMS 2007) nella scuola dell’obbligo, pri-maria e secondaria del I ciclo.Per esempio: in un comprensorio si raggiungevano punteggi più eleva-ti in matematica in IV primaria e poi c’era un calo consistente fi no ai punteggi più bassi, nelle classi ter-ze della secondaria. Va fatta una ri-fl essione su questo; perché ci pos-sono essere andamenti così anomali o che non dovremmo aspettarci? Quali sono i fattori che giocano in questo? Possiamo ipotizzare che ci siano fattori di natura locale; per esempio un eccessivo turn-over, un cambio continuo di insegnanti in zone meno gradite, poco appetibili, per cui viene a mancare la continui-tà didattica; oppure ci possono esse-re altri fattori che giocano un ruolo e spiegano almeno una parte della

varianza: fattori di natura didattica o contestuale. Credo che dobbia-mo esaminare in maniera più pre-cisa queste realtà per poter indivi-duare gli strumenti di intervento se vogliamo alzare il sistema oggi per-cepito - è l’immagine che ha utiliz-zato la dirigente Franca Zappini nel suo intervento – come “sistema se-duto” e rimetterlo in moto.

“Staniamo anche l’invisibile”

Un’immagine mi ha colpito nell’in-tervento di Fiorin, quando parlava dell’invisibile. Credo si riferisse alla dialettica tra valutazione e valoriz-zazione: quanto i dati dell’appren-dimento debbano essere indicato-ri della qualità dell’istruzione, della bravura degli insegnanti, dell’effi -cienza dell’effi cacia, del sistema in sé. Sottolineava che non tutto è og-gettivabile, misurabile, esternabi-le. Sono d’accordo, non tutto può essere ridotto in termini numerici; però, bisogna contenere al massi-mo quello che è invisibile; nel sen-so che dovremmo almeno cercare di delinearlo, di intravederlo, di deno-minarlo per sapere come aff rontarlo. Ho usato spesso l’immagine dell’ice-berg: la scuola misura tutto quello che emerge, ma c’è tutto il sommer-so, che preoccupa e che determina la parte che emerge. Dobbiamo cerca-re di conoscere anche quello che sta sotto, cercando di denominarlo.Questa idea dell’invisibile, di quel che c’è e non si vede, ma fa qual-cosa, si collega con quanto dice-va Marco Rossi Doria: “il sistema funziona, è eccellente, però:..” e ci elencava i dati sulle bocciature nelle

classi prime delle secondarie di se-condo grado. Ragazzi che non ce l’hanno fatta per una serie di mo-tivi; questo si traduce in una sfi da culturale e metodologica: occupar-ci di chi non ce la fa, di chi rimane indietro, proprio perché non pos-siamo dal punto di vista economico permetterci di sprecare giovani; ol-tre che sul piano etico, psicologico. Uno dei punti prioritari da met-tere nell’agenda del Comitato e dell’Assessore riguarda i modi di intervenire per migliorare la con-dizione dei ragazzi in diffi coltà. Il rettore accennava ad un 20% di iscritti all’università, che poi non sostiene esami e non supera il pri-mo anno di corso. Non solo del 20% di ragazzi che arrivano all’u-niversità, ma anche di quelli che potrebbero, ma non ci arrivano, ribadisco rivolgendomi ai colleghi, bisognerà occuparsi.

La formazione degli insegnanti

C’è sempre stata una polarizzazio-ne tra i contenuti o il metodo; sa-pere come fare matematica o come la si deve insegnare? Contrapposi-zione assurda, che non ha nessuna ragione d’essere; la sfi da metodolo-gica di cui parla Marco Rossi Doria fa riferimento anche a questo aspet-to. Non possiamo non considera-re nel profi lo delle competenze di un insegnante, anche la competen-za relazionale e dalle interviste ai ra-gazzi risulta una scarsa capacità re-lazionale che i docenti, nonostante le migliori intenzioni, mettono in atto quando si rapportano con loro.

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DARIO IANES è stato nel Comitato ovviamente il riferimento princi-pale per i temi sulla scuola inclusiva e sui Bisogni educativi speciali. Riportiamo qui di seguito la sintesi che ha fatto il giorno del Conve-gno per la videoclip riportata poi sul sito della Provincia autonoma di Trento e passi dell’intervento che ha fatto in sala, assieme agli altri membri del Comitato, a conclusione della mattinata.

IANESScuola inclusiva, ma non del tutto

Il tema dell’inclusione

Noi abbiamo fatto due indagini ri-spetto al tema dell’inclusione, che è un tema assolutamente rilevante per la scuola trentina da cui emer-ge che sicuramente c’è un buon li-vello di integrazione degli alunni con disabilità e anche di tutti que-gli altri con bisogni educativi spe-ciali. Restano alcuni punti da svi-luppare perchè la qualità in questo campo è una qualità in sempre co-stante progresso. Abbiamo esami-nato anche l’applicazione di uno strumento, l’index per l’inclusio-ne, che dà ottimi risultati in ter-mini di autoanalisi e di automi-glioramento delle pratiche per cui questo è uno dei punti di forza della scuola trentina. Ma un punto di debolezza l’abbiamo riscontrato nell’applicazione del Regolamen-to sugli alunni con bisogni edu-cativi speciali perché ancora deve entrare a dare il massimo di quel-lo che può dare in termini di logi-ca e di attribuzione più razionale e migliore delle risorse, però que-sto è un processo che stiamo mo-nitorando e che darà sicuramente risultati interessanti.

Da noi, potenzialità enormi…

Il tema dell’inclusione e dell’inte-grazione degli alunni con bisogni educativi speciali richiederebbe al-tro tempo. Vorrei però segnalare

una cosa assolutamente rilevante che è uscita dalle due indagini che abbiamo portato avanti per questa area del Rapporto: la Scuola tren-tina si è dotata con la legge pro-vinciale 5/2006 e poi col Rego-lamento dell’articolo 74, di una serie di strumenti, oltre che di idee e di cultura assolutamente inno-vative; la prima norma che parla esplicitamente di bisogni educati-vi speciali, non più solo di disabili-tà. Per cui siamo in un sistema che avrebbe delle potenzialità enormi, molto interessanti; prima di tut-to di tipo culturale, pedagogico, psicologico, poi anche operativo nell’allocazione, nell’assegnazione delle risorse aggiuntive. Però non riesce ancora, almeno dai dati che abbiamo raccolto, ad esprimere al massimo le sue potenzialità.

… ma vanno rimossi alcuni tabù

Questo regolamento pone del-le premesse in termini operativi, però non riesce ancora del tutto a rompere alcune consuetudini, al-cuni meccanismi, per certi aspet-ti alcuni tabù, e la connessione tra la certifi cazione da un lato e l’attribuzione dell’insegnante di sostegno dall’altra. Una parola che è ritornata più volte in que-sta sala: coraggio, è stata spesa in direzioni diverse. Io vorrei spen-derla anche in questo settore, se-condo me importante della scuola

trentina. Avere il coraggio di ri-pensare anche come leggiamo i bisogni di questi alunni con bi-sogni educativi speciali e come pensiamo alle risorse. Credo che dobbiamo chiudere defi ni-tivamente - il regolamento ce lo consente -, con l’epoca del biso-gno solamente medico e dell’inse-gnante di sostegno come unica ri-sorsa. La scuola trentina ha delle altre potenzialità.Una piccola nota rispetto alla for-mazione degli insegnanti, visto che mi occupo di formazione de-gli insegnanti a Bressanone: non è vero che in Italia si diventi inse-gnanti con una formazione speci-fi ca, diversamente che in Francia. In Italia Formazione primaria ha signifi cato ormai da dieci anni un percorso molto preciso; quadrien-nale, poi sarà quinquennale; per cui è molto legato all’intreccio, tra contenuti disciplinari e quelli metodologici, per cui i nostri in-segnanti in uscita sono insegnan-ti intrecciati, dal punto di vista di-sciplinare e lo saranno ancora di più. L’esperienza per la secondaria di I e II grado della SISS che io non considererei del tutto negativa, si è interrotta; aspettiamo ora che ri-parta. Anche se negli ordinamen-ti che sono prefi gurati a livello governativo, questo intreccio me-todologico e disciplinare è molto meno equilibrato. Siamo più spin-ti sul versante disciplinare.

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Valorizzare le qualità del sistema educativo del TrentinoRapporto 2010

Comitato Provinciale di Valutazione del Sistema Educativo

PROVINCIA AUTONOMA DI TRENTO

Assessorato all’istruzionee sport

Comitato Provinciale di Valutazione del Sistema Educativo

Comitato Provinciale di Valutazionedel Sistema Ed catima Educativoooooooooooooooo

momenti

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REFERENTI DAL TRENTINO

I primi commenti e le prime rifl essioni sui risulta-ti del Rapporto 2010 del Comitato provinciale di valutazione sono venute nella mattinata del Con-vegno, subito dopo la presentazione del Rapporto stesso. Il primo confronto, dunque, con protago-nisti della realtà provinciale, che hanno un diret-to collegamento con l’azione formativa del sistema educativo: Università, Agenzia del Lavoro, Iprase e Centro per la formazione insegnanti di Rovereto. Il direttore dell’Iprase ha introdotto e stimolato gli interventi con domande dirette.I partecipanti:ARDUINO SALATIN, Direttore IPRASE coordinato-re degli interventiDAVIDE BASSI, Rettore Università degli studi TrentoMICHELE COLASANTO, Presidente Agenzia del Lavo-ro TrentoITALO FIORIN, Presidente Comitato scientifi co Centro Formazione Insegnanti Rovereto

ARDUINO SALATINDirettore Iprase del Trentino

Nei primi commenti con i protagonisti della real-tà provinciale cercheremo di approfondire gli aspetti che riguardano in particolare il punto di vista del si-stema trentino prima del confronto con altri sistemi

nazionali e internazio-nali. Il Rapporto 2010 propone una serie di let-ture diverse del sistema educativo trentino, che interpretano dati ed evi-denze di varia fonte, ma che in qualche misura individuano anche le ca-ratteristiche consolidate strutturali di questo si-stema e alcune direzioni di evoluzione.

La transizione e la filiera verticale della conoscenza

Propongo agli ospiti di riprendere liberamente gli aspetti che li hanno colpiti più direttamente e di focalizzare qualche aspetto specifi co.Rispettiamo l’ordine che

SUL TERRITORIOCommenti e priorità dai “vicini”

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era annunciato in programma, partendo dal Rettore dell’Università degli studi di Trento, Davide Bassi, con alcuni stimoli, con tre domande specifi che che, come sappiamo, sono – per così dire – all’ordine del giorno non solo del mondo della scuola, ma della stessa uni-versità e della ricerca. Mi riferisco al tema del passag-gio dalle scuole del secondo ciclo all’università (poi ve-dremo con Michele Colasanto l’altro passaggio verso il mondo del lavoro), quindi al tema della transizione dal-la scuola all’università, ma anche uno sguardo “dall’al-to al basso” attraverso il contatto diretto con chi arri-va dalle superiori all’università. Gli chiediamo anche una rifl essione sulla cosiddetta fi liera della conoscenza, che, da una parte dobbiamo defi nire meglio in termi-ni di contenuti precisi, ma che, dall’altra, ha pure un riscontro anche istituzionale immediato con il cambio di denominazione da Dipartimento istruzione a “Di-partimento istruzione, università e ricerca”. Ovviamen-te, al rettore Bassi, chiediamo innanzitutto un suo pri-mo commento e le sue prime impressioni sul Rapporto del Comitato di valutazione.

Le tre domande

• Il rapporto dedica diversi paragrafi all’i-struzione e alla formazione superiore, fa anche una lettura più trasversale dei temi principali e quindi indaga sulle problema-tiche della transizione scuola universi-tà. L’università di Trento intercetta cir-ca la metà dei diplomati trentini e questo dato è confermato anche per i laureati con un trend che è comunque in crescita. Le fa-coltà più gettonate sono Ingegneria, Lette-re ed Economia con una percentuale molto alta di iscritti.

• Rispetto al quadro generale presentato sul sistema scolastico formativo trenti-no, quali sono gli aspetti, dal punto di vi-sta dell’università, che risultano più con-divisibili o meriterebbero di essere ripresi? Come giudica l’università la qualità com-plessiva dell’offerta formativa vedendo in entrata i giovani che riceve dalla scuola secondaria?

• E quali potrebbero essere azioni di siste-ma per migliorare ulteriormente il rap-porto scuola-formazione-università nella prospettiva che oggi viene riproposta come filiera verticale della conoscenza, quindi valorizzate anche le moltissime esperienze che ormai sono consolidate anche dal si-stema educativo trentino?

DAVIDE BASSIUniversità degli studi Trento

Questo Rapporto è veramente una miniera di infor-mazioni, un rapporto molto completo, ampio, che mette in evidenza anche alcuni punti di debolezza. Dai dati si rileva che, pur essendo coscienti del fatto che vivendo in Trentino abbiamo la fortuna di vivere in un sistema che si trova abbondantemente sopra la media nazionale, non dobbiamo mai dimenticare che al di là del brand c’è un’Europa che è il nostro vero mercato di competizione. Qualche volta, pur essen-do tra i più bravi in Italia, anche noi trentini facciamo fatica. Credo che questo sia il punto chiave che vale per l’istruzione a tutti i livelli, dall’asilo fi no all’uni-versità. Questi processi devono essere processi omo-genei; non si improvvisa un’università che sia compe-titiva a livello europeo se alle spalle non c’è un sistema di formazione in grado di reggere la sfi da.

Il passaggio degli studenti all’università

Vorrei focalizzare il mio intervento su due aspetti mol-to importanti dal punto di vista dell’università e che sono stati compresi nel Rapporto, almeno parzialmen-te. Uno è quello del passaggio degli studenti dalle su-periori all’università, il secondo è quello degli inse-gnanti, alla luce del nuovo obiettivo che ha l’università di intervenire con delle nuove regole sulla formazione dei nuovi docenti. Quindi il nuovo quadro che si sta aprendo adesso e su cui in qualche maniera è già sta-ta avviata una discussione, anche assieme all’assessore

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Dalmaso, deve essere sviluppato nei prossimi anni pre-stando molta attenzione a non fare passi falsi, anche alla luce delle informazioni che possiamo raccogliere sull’a-nalisi di sistema così com’è oggi. A proposito del pas-saggio all’università dalle scuole superiori: c’è un trend nazionale che rileva una diminuzione degli studenti che passano dalle superiori all’università, in parte spiegabi-le, perché col “3 + 2” c’è stata una sorta di euforia di passaggi all’università, perché veniva proposto come un sistema forse più accessibile, più facile, con risultati fi -nali su cui, però, si sta ancora discutendo.

Il fattore demografico

La tendenza generale a una diminuzione degli iscritti all’università è piuttosto sensibile e non è solo guidata da fattori demografi ci, che ci sono, e di cui in Italia non si parla mai mentre in Europa se ne parla spesso. Una delle cose che mi piacerebbe capire è anche la prospettiva, non soltanto di domani, ma tra cinque, dieci, vent’anni, per-ché comunque noi lavoriamo su sistemi che hanno tem-pi di time to market più o meno equivalenti ai produtto-ri di whisky, nel senso che non facciamo le cose dall’oggi al domani, ma abbiamo bisogno di anni per poter pro-grammare le cose in maniera coerente. La tendenza de-mografi ca è certamente un problema grave per tutto il sistema formativo e i fi gli degli immigrati non basteran-no per colmare i vuoti lasciati dai non nati degli italiani di residenza più antica. Questo è un dato di fatto valido in tutta Europa, ma particolarmente grave in Italia, dove l’integrazione degli stranieri è meno effi cace rispetto al resto dell’Europa. Dobbiamo integrarci perché comun-que è un sistema che deve poter contare su queste forze, senza le quali il sistema stesso non può stare in piedi: se non siamo coscienti di questo fatto, credo che alla fi ne avremo dei risultati molto negativi.

Motivare la scelta universitaria

Nel passaggio dalle scuole superiori all’università, io non sono preoccupato del fatto che sia diminuita la percentuale degli studenti, mi preoccupa di più che ci sia una motivazione nelle scelte universitarie, che è il punto di debolezza. Lo era, lo è sempre stato e con-tinua ad esserci nonostante il grande sforzo da parte della scuola di organizzare seminari, dare informazio-ni agli studenti, proporre orientamenti ecc.. Abbiamo un gruppo molto attivo da questo punto di vista, la-voriamo molto bene con numerose scuole in Trentino e non solo in Trentino. C’è molto lavoro da fare, per-ché si sa che tra gli studenti che si iscrivono all’univer-sità circa il 20% non dà praticamente esami dopo le iscrizioni e sparisce nell’arco del primo anno. Questo

vuol dire che c’è un 20% di risorse umane che abban-dona lo studio e, probabilmente, le cause di questo sono principalmente dovute a una scelta non consa-pevole della carriera universitaria.

La perditadella caratterizzazione professionale

Vorrei sollevare un altro aspetto, cioè dei percorsi alter-nativi all’università che ci sono dopo le scuole superio-ri, in particolare il biennio di specializzazione. Que-sta iniziativa, prevista dalla legge ormai da molti anni, è partita con numeri molto piccoli e, su questo pun-to, qualche ragionamento andrebbe fatto, perché l’u-niversità non può fornire un prodotto valido per tutti i mercati del lavoro, non è attrezzata per farlo e, in ta-luni casi, non ne ha le competenze, soprattutto dove si chiede una formazione molto mirata rispetto ad attività di carattere professionale. Credo che sia stato un gros-so errore di cui scontiamo ancora adesso le conseguen-ze, quello cioè di voler forzare dentro le università cor-si triennali che prima erano esterni e avevano una forte caratterizzazione professionale. C’è stata molta dema-gogia in questa scelta e il risultato è che non sempre le università riescono a svolgere questo lavoro nel modo più appropriato, soprattutto per il mercato del lavoro.

La dispersione universitaria

Ci vuole anche una rifl essione sui percorsi paralleli a quelli puramente accademici, che possono, anzi, cre-do, che debbano essere svolti anche in collaborazio-ne con l’università. All’università potrebbe spettare un ruolo tra gli attori che contribuiscono a questi percorsi, che però devono essere svolti in ambienti in cui la par-te professionalizzante è molto più marcata. Percorsi che potrebbero essere un risposta importante, sia per evita-re le perdite del 20% di studenti che arrivano all’uni-versità e poi si trovano in un ambiente che è fuori dalle loro aspettative, ma soprattutto anche per formare pro-fessionalità che vengono richieste dal mercato del lavo-ro e non sempre siamo in grado di fornire. Siamo al pa-radosso per cui abbiamo una disoccupazione giovanile che anche in Trentino, sia pure non così grave come nel resto d’Italia, è molto forte ma, d’altra parte, abbia-mo richieste del mercato del lavoro che sono inevase. È una rifl essione che tutti insieme dobbiamo aff rontare, perché alla fi ne ci saranno due o tremila immatricolati in meno all’Università di Trento.

Un orientamento adeguato

In realtà l’università di Trento ha avuto negli ultimi due

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anni un aumento del 25% degli immatricolati grazie, principalmente, all’affl usso da fuori provincia. Ormai gli studenti non trentini sono la maggioranza assoluta degli iscritti e quindi questa università si sta ponendo il problema di ridurre il numero degli iscritti e selezio-narli. Allora bisogna lavorare nel senso dell’orientamen-to degli studenti, per prepararli a superare gli esami di ammissione all’università in maniera appropriata, per-ché non ci sarà un canale privilegiato per gli studenti trentini. I sistemi di ammissione sono uguali per tutti indipendentemente dal loro pedigree. Quindi le scuole devono lavorare con l’università per preparare gli stu-denti, per prepararli agli esami di ammissione in ma-niera appropriata e dall’altra parte, dobbiamo pensare a percorsi formativi diversi e diff erenziati in cui l’univer-sità può dare una mano con le competenze che ha a di-sposizione, ma che devono essere gestiti e centrati, prin-cipalmente rispetto al mercato del lavoro.

La formazione degli insegnanti

Secondo elemento importante: fi nalmente, a livel-lo ministeriale, è stato sbloccato sia pur parzialmen-te il discorso relativo alla formazione degli insegnan-ti. Prendo atto del fatto che gli insegnanti burocrati, quelli che fanno il meno possibile, sono una minoran-za nel sistema, ma mi piacerebbe che quelli motivati fossero la maggioranza. E allora, se vogliamo avere in-segnanti motivati è importante il contesto in cui ope-rano, ma è importante anche il contesto in cui sono formati per avviarli verso la professione. Il nuovo si-stema partirà, speriamo, dal prossimo anno accade-mico, se riusciremo a soddisfare tutti i requisiti. Ab-biamo già parlato con l’assessore Dalmaso, perché è fondamentale fare una programmazione tenendo con-to dei reali sbocchi occupazionali che la scuola tren-tina off rirà per i nuovi insegnanti nei prossimi anni. Non è intenzione dell’università fare una fabbrica di disoccupati o creare illusioni. Se parliamo di corsi

abilitanti ci deve essere una ragionevole corrisponden-za tra posizioni che noi apriamo all’università per for-mare queste persone e sbocchi occupazionali. Da que-sto punto di vista l’analisi dell’esistente è fondamentale per capire come muoverci. Dovremo poi ragionare an-che in termini di contenuti, perché questi corsi abili-tanti devono essere percorsi in cui gli elementi di forte motivazione vengono forniti agli insegnanti in forma-zione fi n dall’inizio. Quindi, fare questo e farlo bene si-gnifi ca valorizzare al massimo le esperienze positive che ci sono, che per fortuna non sono trascurabili, e quin-di, anche tramite il Centro di Rovereto avere un colle-gamento forte con le scuole proprio per valorizzare que-ste persone. Da questo punto di vista è fondamentale attivare nelle scuole un discorso di incentivazione vero, e non soltanto molto parziale come è attualmente.

Gli incentivi ci sono, ma i risultati?

Nel Rapporto del Comitato di valutazione si ricorda che la Provincia autonoma di Trento investe molto in termini fi nanziari. Se guardiamo gli stipendi dei do-centi in provincia di Trento, più alti rispetto alla me-dia nazionale, non mi pare che ci sia una correlazio-ne tra risultati e incentivi e non mi pare che questa incentivazione a pioggia possa essere stata utile in una certa fase di passaggio dallo Stato alla Provincia per rendere più fl uido il passaggio di competenze. Credo che dobbiamo porci realisticamente la domanda se vale la pena pagare di più per avere lo stesso risul-tato. I soldi sono sempre di meno per tutti e quindi, una limitazione delle risorse va fatta anche in termini di incentivazione. Per esempio, le persone che saranno coinvolte dentro le scuole per la formazione degli in-segnanti dovrebbero avere, secondo me, un incentivo, non solo “pacche sulle spalle”, ma un incentivo anche fi nanziario, altrimenti rischiamo di avere pochi santi, ma sappiamo che la santità è rara a questo mondo. Il sistema, in questo modo, rischia di sedersi, rispetto a un sistema che alla fi ne richiede anche un giusto bi-lanciamento tra sforzo, merito e retribuzione. Non si tratta di passare a un mercato selvaggio degli stipen-di, ma tra il sistema attuale, piatto, e uno maggior-mente diff erenziato, credo che uno sforzo vada fatto. È un problema che abbiamo anche dentro l’università e, grazie alla riforma e alla delega che stiamo attuan-do, siamo intenzionati ad aff rontare in maniera deci-sa. Mi piacerebbe che un discorso di questo genere si portasse avanti in maniera parallela anche nel sistema formativo pre-universitario, anche per garantire quel-la omogeneità di sistema che penso sia fondamentale per avere qualcosa che sia veramente effi cace e soprat-tutto competitivo a livello europeo.

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ARDUINO SALATINIprase del Trentino

Colgo anche l’interesse per quella che in Trentino chiamiamo Alta Formazione Professionale, canale non accademico, che dovrà un po’ più allinearci a molti paesi europei nella diversifi cazione dell’off er-ta post-secondaria. Ci sono poi stati dei riferimenti espliciti agli sbocchi relativi al mercato del lavoro e nel Rapporto ci sono parecchi elementi di rilet-tura del contesto sociale e occupazionale trentino e del ruolo che le scuole di formazione professiona-le assumono, non solo per la promozione cultura-le ma anche per l’inclusione sociale e l’occupabilità. È interessante, ad esempio, che l’opinione pubblica trentina, secondo l’indagine condotta sulle aziende, fornisca anche una valutazione complessivamente positiva di questo ruolo. Un riferimento interessan-te, quello di Giorgio Allulli, che segnala alcune delle criticità richiamate dal Rapporto in merito all’inseri-mento lavorativo dei giovani muniti di diploma e qualifi cati. Sono messe in evidenza delle diff erenze, relativamente ad alcuni dislivelli territoriali, pur in un ambiente molto coeso complessivamente rispetto ad altre realtà italiane. L’Agenzia del Lavoro pubbli-ca annualmente il suo rapporto che segue un po’ an-che i cambiamenti in atto e per questo si voleva ap-profondire, con Michele Colasanto il punto di vista del mercato del lavoro.• come in qualche modo recepisce e come com-

menta questi elementi presenti nel rappor-to anche dal suo osservatorio privilegiato che è quello del mercato del lavoro. qua-li inoltre sono gli elementi che meritano di essere presi maggiormente in considerazio-ne e possono risultare distintivi o integrati-vi rispetto a quanto il rapporto annuale sul mercato del lavoro fa.

MICHELE COLASANTOAgenzia del Lavoro Trento

Condivido le considerazioni fatte prima dal Rettore Bassi per quel che riguarda in modo particolare l’u-niversità. C’è però qualcosa che emerge dal Rappor-to, come peraltro anche dal rapporto dell’Agenzia sul mercato del lavoro: quando si parla di mercato del la-voro, e non solo qui a Trento, c’è un grande assente ed è quello che in burocratese si chiama analisi dei fabbi-sogni professionali, ovvero una trasparenza del merca-to del lavoro e delle sue tendenze. Mi piacerebbe che

l’agenzia fornisse alla realtà trentina quella che in al-tri Paesi si chiama la borsa delle professioni, uno stru-mento di monitoraggio e di rilevazione delle tendenze del mercato del lavoro che sia spendibile però in ter-mini di utilizzo anche da parte delle scuole. Disponiamo di un’indagine di Unioncamere che si chiama Rapporto Excelsior (sui fabbisogni professio-nali per l’occupabilità) e che è ampiamente utilizzata perché è un’ indagine previsiva, ma è nata da uno o due anni e risulta piuttosto fragile in tempi di cambiamento forte e radicale. Dobbiamo dotarci di qualche strumen-to che ci consenta, dall’inizio del percorso scolastico fi no all’università, di collegare intelligentemente aree, famiglie di mestieri che presentano aree di crescita più interessanti. Non si tratta di stabilire un rapporto stret-tamente funzionale, ma qualche volta le professioni più frequentate nel presente non sono quelle che si svilup-pano con tassi più elevati. È il problema in questo mo-mento dell’università italiana che ha una qualche diffi -coltà a leggere quel che accade nel sistema produttivo.

L’occupazione giovanile

Se consideriamo l’Università più che la scuola secon-daria, che è maggiormente oggetto delle considera-zioni svolte dal Rapporto, per quel che riguarda il tema del lavoro condivido qualche elemento di pro-blematicità secondo una visione che, nel Rapporto,

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mi sembra ancora un po’ ottimistica; ma non perché siano sbagliati i dati, semplicemente perché questi si fermano a una certa data. Ad esempio si ricordano i dati OPES del 2007, che sostengono e dimostrano che la disoccupazione giovanile a Trento è frizionale, che, in altre parole, signifi ca qualcosa che possiamo governare con una certa facilità. Ad oggi parliamo del 15 %, cioè tre volte la disoccupazione complessi-va quindi in linea, da questo punto di vista, con la si-tuazione nazionale, certamente in condizioni molto migliori perché siamo a metà del dato medio e stia-mo meglio dei nostri vicini veneti e peggio di Bol-zano e del Tirolo. Quindi rispetto a considerazioni tendenzialmente non drammatiche rispetto allo sta-to dell’occupazione, oggi dobbiamo porci un po’ più precisamente questo problema e non a caso la Giun-ta di questa Provincia ha istituito una cabina di regia per le questioni dell’occupazione giovanile. E farà la-vorare a breve e soprattutto a medio termine, perché è proprio sulle politiche strutturali che secondo me si mettono le basi per poter aff rontare la questione del lavoro dei giovani.

La formazione equivalente e i tirocini

Nel Rapporto ci sono alcune considerazioni e alcune ambivalenze che sono interessanti da sottolineare per capire quali siano le possibili raccomandazioni di po-licy. Ad esempio, è stato citato l’atteggiamento dell’o-pinione pubblica, in merito al rapporto scuola-lavo-ro, che è complessivamente positiva. In realtà sono gli stessi giovani che, interrogati, non hanno un giudizio negativo sulla scuola, anche se nelle indagini qualitati-ve, nelle interviste, dicono che hanno imparato molto a scuola, però per il lavoro hanno imparato veramen-te sul lavoro. Una delle questioni da aff rontare anche a livello universitario, è quella valorizzare il concet-to di formazione equivalente e cioè, di capire in che modo possiamo rendere sistematico un rapporto con un sistema produttivo che cominci prima dell’uscita dall’università o prima dell’uscita, per quanto sia pos-sibile, dalla scuola secondaria. Qui emerge un ostaco-lo, quantomeno un piccolo problema, perché nel rap-porto si segnala che i tirocini nella scuola secondaria sono in calo, anche se mi risulta che in alcuni compar-ti e alcuni gruppi di impresa li usano forse un po’ di più. È un dato da approfondire, perché quello del ti-rocinio potrebbe essere uno strumento stimato, anche dagli economisti, come uno degli strumenti più inte-ressanti per poter avvicinare scuola e lavoro e in qual-che modo risparmiare sui costi della transizione che sembrano essere particolarmente rilevanti e importan-ti per la società e per l’economia.

L’occupazione dei qualificati

Gli ultimi dati sull’occupazione dei qualifi cati, dati non presenti nel rapporto che si è chiuso prima dell’e-sito della rilevazione annuale dell’Agenzia del lavoro, rispetto allo scorso anno sono un po’ meno confor-tanti. Dimostravano, rispetto agli esiti occupaziona-li, alla coerenza, rispetto ai tempi di attesa la bontà di una scelta: quella di sostenere la formazione pro-fessionale in modo particolare, perché diff erenziando l’off erta formativa si riduce la dispersione scolastica, ma si dà modo anche a una parte dei giovani di poter trovare un’occupazione in tempi relativamente rapidi ma anche suscettibile sia di sviluppi, sia di prosegui-mento degli studi. Il dato che emerge ormai da qual-che anno è che dopo la qualifi ca i ragazzi tendono a passare a un sistema secondario o a fare corsi di spe-cializzazione. C’è dunque una situazione di diffi coltà, però anche una difesa nei giudizi di questi ragazzi cir-ca la scelta che hanno fatto, circa la scuola che hanno frequentato. Non si pentono, non si ritengono insod-disfatti del tipo di formazione ricevuta, ma reputano che i problemi occupazionali non siano legati al tipo di percorso formativo seguito, ma derivino dal conte-sto, dalla crisi.

La componente educativa

Questo mi sembra interessante se legato anche al giu-dizio che le imprese danno dei diplomati, in partico-lare trentini. Il giudizio è complessivamente positivo, ma con una diff erenziazione: mentre si apprezza la ca-pacità di eseguire il compito affi dato loro nell’impre-sa, e quindi la preparazione tecnico professionale non è da “buttar via”, si sottolinea qualche problematici-tà rilevata circa l’incapacità di risolvere problemi, cir-ca i comportamenti di tipo autonomo, circa sostan-zialmente la responsabilizzazione. Sembrerebbe che il problema non sia tanto quello di adeguare l’off er-ta formativa al mercato come tale, ma di valorizzare la componente educativa. C’è dunque una questione di tipo educativo che riemerge a dispetto di ogni tenta-tivo, che non è certo disprezzabile, che noi facciamo, di legare scuola e mercato del lavoro in termini sem-pre più funzionali, prendendo il mercato del lavoro come variabile indipendente e adeguandovi la scuo-la. Mi pare confortante, da questo punto di vista, che quel che si pone è nuovamente una questione educati-va, quindi, quel che la scuola, di mestiere, fa. Più che mettersi a fare azioni di supplenza nei confronti del mercato del lavoro, la scuola dovrebbe fare bene il suo mestiere. Emerge dunque un problema che riguarda il rapporto tra istruzione, sviluppo e occupazione.

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I paradossi dell’economiae le contraddizioni dell’istruzione

Negli ultimi anni abbiamo assistito a dei paradossi: il PIL cresceva poco e cresceva più l’occupazione e il 2007 è stato l’anno della minima disoccupazione, an-che giovanile. Adesso assisteremo ad una ripresa eco-nomica o del PIL, per usare una categoria convenzio-nale, però, da alcune stime fatte anche qui a Trento, è previsto che l’occupazione non riprenderà fi no al 2015. Questo è un problema che non riusciamo a go-vernare con strumenti come il miglioramento del rap-porto tra la scuola e lavoro. Sapere questo è fondamentale in termini di lungo pe-riodo, però dobbiamo renderci conto che questo pone un problema, una sorta di contraddizione. A livello socio-economico più istruzione sicuramente non fa male e ha ragione il governatore della Banca d’Ita-lia a dire che l’istruzione rappresenta la forma più alta di rendimento che si possa immaginare, da parte delle famiglie in particolare. Ma a livello di vantaggio personale l’istruzione non genera situazioni conformi alle attese, non ge-nera necessariamente opportunità di inserimento oc-cupazionale più garantito. I rapporti di lavoro atipi-ci stanno crescendo dappertutto, come il contratto a chiamata che non è un contratto particolarmente in-teressante, ma ha una serie di giustifi cazioni economi-che e anche organizzative. La questione va posta per-ché il problema dell’occupazione e del rapporto tra scuola e lavoro va risolto in integrazione con altre po-litiche.

Metacompetenza:saper usare le competenze acquisite

La disoccupazione è cresciuta e non è un caso cha la “cabina di regia” ha questo mandato in termini rela-tivamente brevi, anche se sono convinto che la que-stione non sia quella di riordinare l’off erta formativa. Condivido con il Rettore che ci sono problematicità nella riforma dell’università, forse si potrebbero ripor-tare fuori dall’università alcuni corsi di laurea, alcu-ni percorsi formativi, senza forzare irragionevolmen-te l’alta formazione, senza metterla in competizione con l’università. Sembra invece che, a breve, tra scuola e lavoro non ci sia soltanto un problema di adeguamento dell’of-ferta, anche in termini di contenuto, ma un proble-ma che se non vogliamo chiamare educativo, riguar-da le competenze. Problema questo che ha lasciato in secondo piano la metacompetenza, cioè la capa-cità di utilizzare le competenze acquisite, che non

sempre confl uiscono in una capacità di autonomia, di responsabilità. Il punto su cui credo si dovreb-be lavorare di più, come scuole, come istituzioni e come imprese, è il raccordo, è la transizione, perché i capitali sociali, le reti famigliari contano meno. In un sistema di relazioni che stanno perdendo capaci-tà, le reti diventano da questo punto di vista più de-boli.

La transizione e l’apprendistato

Il problema di governo di questa transizione ha a che fare con tirocini e stage. Me ne sto occupan-do e so che in molti Paesi, oltre a usare strumen-ti di tipo vincolante come incentivi all’occupazione giovanile e detrazioni fi scali, se si assumono giova-ni, nella transizione, sono i contratti che assicura-no la transizione. Parliamo, ad esempio, di appren-distato. Credo che tra le cose che bisogna fare in questa provincia una sia rilanciare l’apprendistato di base d’intesa tra Dipartimento e Agenzia del Lavo-ro, che ha qualche esperienza. Ma l’apprendistato di base è una questione di diritto-dovere e chiama in causa l’istituzione educativa. I ragazzi devono sta-re a scuola fi no ai 16 anni secondo me, e possibil-mente non farli andare in apprendistato a quindi-ci anni. Accanto allo strumento dell’apprendistato, tutto ciò che è in università o a livello di scuola se-condaria può in qualche modo favorire la comuni-cazione con le imprese, che a loro volta dovrebbero essere più disponibili. Le imprese hanno un reale interesse a dialogare col sistema scolastico e col si-stema universitario.

Creare luoghi di dialogo produttivo

Probabilmente bisognerà creare luoghi in cui il dia-logo sarà più favorevole e produttivo, bisognerà cre-are qualche elemento di istituzionalizzazione: gli strumenti alla fi ne sono questi. È confortante per-ché non si tratta di cambiare mestiere, per nessuno, se la scuola fa quel che deve fare, le imprese lo fan-no e intervengono più decisamente in questo gio-co della transizione e c’è la disponibilità delle istitu-zioni a sostenerle. Non bisogna scaricare tutto sulla fi scalità: la tentazione immediata è questa: diamo un reddito a chi fa stage; questo avviene in qual-che Paese, specialmente per gli studenti universita-ri. Si potrebbe pensare a misure come queste, natu-ralmente governate, regolate, perché agire in modo indiscriminato ha sempre a che fare con un rischio di dispersione delle risorse che non possiamo per-metterci.

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ARDUINO SALATINIprase del Trentino

Da quanto abbiamo sentito, la crisi ci spinge ad andare oltre certi modelli di sistemi consolidati. Mi ha particolarmente colpito l’attenzione ai ri-schi di uguale funzionalismo dell’off erta formati-va, l’attenzione all’aspetto educativo, che è valoriz-zato anche dal sistema delle imprese così come lo intendiamo noi. Inoltre la maggiore attenzione, vi-sta anche la crisi in Trentino per quel che riguarda gli spazi di transizione, la cosiddetta “terra di nes-suno”, come veniva chiamata in passato, di molti giovani che non riescono sempre a trovare risposta dentro il sistema formativo formale e tradizionale. Questo è un ulteriore elemento di proiezione: il ri-chiamo alla dimensione educativa che può fornire anche un aggancio molto preciso al terzo interven-to, quello di Italo Fiorin. Questo anche per non dare l’idea che ci occupiamo solo della scuola secondaria superiore e della forma-zione professionale, sapendo che nella primaria ab-biamo ben 7000 bambini e bambine e nella se-condaria di secondo grado ne abbiamo 16500, numeri che corrispondono alla parte più importan-te dell’intera off erta dell’istruzione in Trentino. Il rapporto dedica un capitolo specifi co e numerosi passaggi al personale della scuola, analizzando un po’ la situazione e le percezioni, facendo anche pro-poste ai nostri 8000 insegnanti e ai circa 120 tra dirigenti e direttori CFP. Si segnala che, nono-stante alcune criticità, la grande maggioranza dei trentini è soddisfatta del proprio lavoro e anche l’o-pinione pubblica dà un giudizio complessivamen-te positivo rispetto a stereotipi che vedono gli in-segnanti collocati dentro un’idea generale di essere fannulloni. Su questo bisogna cercare di contrasta-re l’opinione molto superfi ciale a proposito di que-sto ruolo.

Il ruolo della formazione

• Rispetto a questi rilievi quali sono gli ele-menti da evidenziare e soprattutto in fun-zione dello sviluppo professionale del si-stema educativo trentino? e in particolare quale ruolo può promuovere la formazio-ne in servizio per quanto riguarda nuove forme di valorizzazione quindi riconosci-mento e incentivazione della professiona-lità?

ITALO FIORINCentro formazione insegnanti Rovereto

Esprimo la mia particolare soddisfazione di poter essere in un dialogo di carattere istituzionale mol-to utile e importante. Il rapporto ha grande utilità per tanti interlocutori, ma certamente per chi si oc-cupa di formazione ci sono molte indicazioni, sug-gerimenti e molti elementi di rifl essione sui quali conviene soff ermarsi. Misurarsi con la qualità è particolarmente diffi cile, soprattutto quando ci si trova, com’è stato riconosciuto e documentato dal rapporto, in un contesto territoriale dove si potreb-be dire che la scuola sta bene dal punto di vista dei risultati, della reputazione, del riconoscimento. Il punto di partenza è dunque impegnativo: miglio-rare ulteriormente. Interessante l’elemento di soddisfazione che appare, e questo è veramente in controtendenza, se si guar-da quello che succede e ci viene riportato da altre ri-levazioni a carattere nazionale, cioè che gli insegnanti hanno piacere di stare a scuola, hanno una motivazio-ne forte.

Il desiderio di miglioramento

Elemento di soddisfazione, che noi, come Centro for-mazione stiamo registrando, ma anche contempora-neamente di insoddisfazione, legata al desiderio del miglioramento. Si cerca formazione se si desidera ul-

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teriormente sviluppare la propria competenza, e solo per riferirmi all’ultimo anno (il Centro ha poco di più di un anno di vita e lo scorso anno ha avviato le pri-me attività), sono state 5.070 le partecipazioni alle iniziative di formazione; e sono stati 2.200 gli in-segnanti che hanno fatto più percorsi formativi; quelli che sono in formazione sono ancora di più. Il rapporto ci off re, in questo senso, uno strumento che ha una duplice modalità: da un lato ci consen-te di verifi care quello che abbiamo attivato per vede-re se abbiamo intercettato esigenze, domande, biso-gni e questo consente di rettifi care eventualmente il tiro; dall’altro lato ci off re spunti per una progettazio-ne che intervenga su elementi che noi forse avevamo poco considerato e che invece appaiono importanti. Sono gli elementi chiave di un rapporto che tocca tan-te volte il tema della professionalità, della qualità della scuola, della comparazione, dei risultati, dell’appren-dimento.

Valutazione e valorizzazione

Quali sono, a mio modo di vedere, gli elementi chiave intorno ai quali si può sviluppare una rifl es-sione e possiamo ottenere elementi per intervenire? Vedo in maniera essenziale i seguenti punti: da un lato il rapporto ci consegna una cultura della valu-tazione, parlandone anche in maniera pedagogica. E’ vero che la valutazione non è un fatto recente né privo di riferimenti importanti proprio qui in Tren-tino, quindi ci sono delle buone radici che probabil-mente hanno consentito al Comitato di Valutazione di fare un ulteriore passo avanti. Quello che in que-sto contesto ci viene restituito è: valutazione e va-lorizzazione, due aspetti che sono davvero interfac-ciati, hanno la stessa radice. In fondo valutare vuol dire attribuire valore, ma qui la valutazione viene letta come occasione di valorizzazione per poi met-tere in luce la complessità degli elementi che devono stare in gioco. Mi riferisco in particolare alla scuola, alla non facile relazione apprendimento- insegna-mento, aspetti considerati in una duplice dimensio-ne: una interna, come ad esempio auto-valutazione della scuola, valutazione degli alunni e una esterna. Quindi bisogna cercare di stare dentro questa com-plessità.

Alcuni elementi chiave

Una seconda chiave interessante è la centratura che viene data all’apprendimento, che possiamo dire è il nuovo paradigma di riferimento che consente di ri-

pensare l’azione didattica e consente di riposiziona-re tutti gli elementi del processo educativo. Terzo elemento è l’orientamento all’innovazione come pro-cesso di miglioramento continuo, ma anche comples-sivo o di sistema: l’idea è che la scuola trentina può crescere, alzare il suo standard di qualità. E questa è un’impresa che vede una sorta di interdipendenza po-sitiva di tutta una serie di soggetti. Non si fa da soli, ma si lavora meglio se funzionano tutti gli elementi di un sistema. Inoltre va considerata la tendenza a te-nere insieme le eccellenze e le fragilità in un sistema, cercando di fare in modo che la fragilità sia a partire da qualsiasi situazione un innalzamento della qualità. Tante le attenzioni e, elemento importante, funzio-nali alla qualità dell’intero sistema e viceversa. Ulti-mo elemento chiave è l’attenzione dedicata a quello che viene chiamato valore aggiunto, su cui è diffi -cile ragionare. È però interessante aff rontare questo problema: non è che l’insegnamento determini sem-pre l’apprendimento e questo poi lo si possa misura-re dicendo “ecco siamo di fronte a una buona o a una cattiva scuola”, in maniera meccanica e con termini assoluti. In realtà bisogna considerare il contesto, le situazioni di partenza, tutti gli elementi che entrano in gioco, quindi è un impegno molto più diffi cile, ma anche più realistico.

Il Centro: valorizzare le professionalità

In che modo tutti gli elementi che il rapporto con-tiene possono dialogare con il Centro? E in che modo il Centro può farsi interrogare da questo rap-porto, in relazione a quello che abbiamo fatto e stia-mo facendo? Qui ci sono molti elementi di dialogo possibile, di sintonia molto forte. Faccio riferimen-to ad alcune azioni che abbiamo promosso e stiamo promuovendo proprio nella direzione di questi poli che ho segnalato: la scuola, l’insegnamento e l’ap-prendimento, dentro una visione di sistema. Una prima preoccupazione è quella di cercare di lavora-re a livello territoriale e non soltanto presso il Cen-tro, in modo che siano valorizzate le professionalità che possono farsi risorsa sia a livello delle discipline, sia a livello dei processi di innovazione proprio nei diversi territori. Proprio all’interno di questa pre-occupazione e all’interno di un protocollo di inte-sa che abbiamo stipulato con l’Università, quindi in rapporto con le facoltà di Trento e con altri esperti, sono stati costituiti gruppi di esperti che stanno at-tivando percorsi di formazione dei formatori nelle diverse aree disciplinari e nei diversi processi di in-novazione o in riferimento a particolari professio-nalità.

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Visione di sistema: la scuola, insegna-mento, apprendimento

Per esempio le azioni relative all’area dell’inclusio-ne per esempio, in modo che attraverso un percor-so biennale di formazione molto intenso, sia possibile arrivare ad una certifi cazione, che il Centro sta met-tendo a punto con la collaborazione dell’IPRASE, e questo proprio in una prospettiva di valorizzazione della professionalità così che i percorsi strategici che il Centro attiva possano essere considerati come percor-si certifi cati, riconoscibili anche dal punto di vista del-la considerazione delle professionalità di cui il sistema scolastico trentino può disporre. Un’altra iniziativa strategica che è partita e si sta attuando riguarda il percorso come dirigenti scolastici sul tema della lea-dership per l’apprendimento che considera la leadership pedagogica del dirigente. perché la scuola che tende all’eccellenza non si misura soltanto per l’aspetto fun-zionale della sua effi cacia nel raggiungere certe perfor-mances, ma si misura per la qualità educativa che la connota. Secondo la visione di una scuola interpreta-ta attraverso la metafora della comunità, visione che cerchiamo di condividere con i dirigenti scolastici, si è creato un percorso di formazione che potremmo pe-raltro defi nire compartecipato nella sua progettualità.

Certificare i percorsi formativi

Ci sarà presto un seminario all’interno di questo per-corso, dedicato proprio alla natura del nuovo paradig-ma di riferimento dell’apprendimento, che viene orga-nizzato tenendo uno stretto legame con l’OCSE e con l’IPRASE e dentro un protocollo che abbiamo stabi-lito con l’INVALSI, sta per avviarsi un percorso per i referenti della valutazione che sono presenti nel-le diverse istituzioni scolastiche. L’ambizione, l’esi-genza, è questa: favorire un’ulteriore estensione della cultura valutativa affi nché renda le scuole competenti nell’utilizzare le informazioni sulla valutazione. Quin-di non soltanto fare bene la valutazione, cosa che ap-partiene alla professionalità degli insegnanti, ma avere una ricaduta formativa per evitare una grande enfa-si di carattere statistico, poiché viviamo in un mondo dove ultimamente ci misuriamo con i risultati dati da diversi tipi di valutazione. È fondamentale poter fare una diff erenza una volta che si capiscano i processi che vengono attivati e quindi gli esiti che vengono certi-fi cati dalle diverse rilevazioni. In sintesi, non richia-mando tutte le fi gure professionali che sono oggetto di un’off erta formativa, che tende a dotare il Sistema educativo trentino di professionalità qualifi cate e in-

tegrate all’interno del contesto sia territoriale che di istituto, questo insieme di azioni promosse dal Cen-tro sono accompagnate dall’attenzione alla documen-tazione e alla certifi cazione del percorso eff ettuato.

Il Trentino è ricco di Istituzioni che fanno formazione

Infi ne valorizzare le risorse che sono notevoli e non riguardano solo il Centro, perché il Trentino è ric-co di Istituzioni che fanno formazione, con cui cerchiamo di dialogare, rispettando il radicamen-to territoriale, ma cercando contemporaneamente di off rire occasioni per aprire una fi nestra di carattere nazionale e, se possibile, di carattere internaziona-le, perché le radici sono buone ma bisogna che siano continuamente ossigenate. La sfi da è diffi cile, l’asticella della qualità è già eleva-ta, certamente la disponibilità all’innovazione rap-presenta un punto di partenza incoraggiante, sappia-mo che è possibile tentare la strada del miglioramento ma c’è un altro punto critico che vorrei sottolineare e andrebbe monitorato: siamo dentro un sistema in cui la valutazione ha assunto una posizione sempre maggiore, come dimostra questo convegno.

Anche nei ragazzi: l’essenziale è invisibile agli occhi…

Siamo continuamente interessati a misurare i risulta-ti dell’apprendimento, disponiamo di moltissime in-formazione al riguardo; però un territorio invisibile che non dovrebbe sfuggire all’attenzione e che non è facile valutare - diceva il piccolo principe che ciò che è essenziale è invisibile agli occhi -, è la qualità, la signifi catività dell’esperienza che gli studenti stanno sperimentando. Questo è un elemento invisibile, un elemento di benessere, un elemento di motivazione, è quell’elemento nascosto che consente però i risultati. Molto interessanti mi sono sembrate le considerazio-ni del presidente del Comitato, Paolo Calidoni, quan-do ci parlava con le parole dei ragazzi; non dovremmo dimenticarci che la valutazione nella sua complessità ha anche questo tipo di riferimento invisibile; in qualche modo giustifi ca, ma nello stesso tempo deve mettere anche un po’ in guardia per quel che riguarda le moda-lità di ciò che è visibile, di ciò che è certifi cabile, di quel che si fa riconoscere. Una strada verso il perfeziona-mento è quella che stiamo intraprendendo nella consa-pevolezza che il perfezionamento signifi ca spostare più in là il livello di qualità raggiunto; è una strada che non fi nisce e non può fi nire, perché come recita il detto: la perfezione è il fi ne ma la perfezione sarebbe anche la fi ne.

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Una scelta consapevole

Vorrei rilanciare quei due aspetti che hanno una va-lenza particolare perché investono pesantemente l’Uni-versità; quindi, pur non essendo necessariamente più importanti per il sistema, certamente però credo sia, un elemento fondamentale andare a ripensare il modo con cui gli studenti fanno la scelta universitaria, oppu-re una scelta non universitaria purché sia consapevole. Prima di tutto per non disperdere capitale umano, e, poi, per gestire al meglio tempi che non saranno aff at-to facili, anche per via delle risorse fi nanziarie. Quan-do mi dicono che nel 2015 ci sarà la ripresa del merca-to del lavoro, io traduco nel linguaggio dei fi sici: “forse, prima o poi, ma non so quando”. Dobbiamo usare le ri-sorse al meglio e senza sprechi, incluso il capitale uma-no, perché ricordiamoci che quello che mancherà in Europa dal 2020 in poi saranno i giovani, quindi il capitale umano.Da questo punto di vista credo che il passaggio tra i vari livelli di formazione sia fondamentale. Sono molto fo-calizzato nel passaggio all’università o comunque all’al-ta formazione e credo sia un punto in cui ci siano molte esperienze positive su cui costruire. Non partiamo certa-mente da zero, in Trentino abbiamo fatto molto lavoro in questa direzione, ma certamente credo che questo sia uno dei punti chiave da mettere in agenda.

Davide Bassi

Transizione ed educazione permanente

Credo che questo tema della transizione, i tirocini in modo particolare, e le modalità con cui le istituzioni, quindi le scuole ma anche gli assessorati, le agenzie, le istituzioni deputate intervengono per sostenere questo passaggio dalla scuola al lavoro e il rientro dal lavo-ro alla scuola potrebbe essere un buon terreno di ana-lisi per defi nire delle policy adeguate. Eviterebbe di re-sponsabilizzare in maniera eccessiva, da una parte le istituzioni scolastiche e, d’altra parte, senza forzare le imprese ad assumersi responsabilità che, qualche volta, non sono particolarmente adeguate. Bisogna re-inven-tare una serie di istituti per la transizione perché questo potrebbe essere il dispositivo di aggiustamento. Nel rap-

porto manca ciò che chiamiamo educazione permanen-te, più ancora che formazione continua. Esistono Cen-tri per l’educazione permanente ma in Trentino non hanno un loro profi lo istituzionale se non nella legge. In termini organizzativi, però, non esiste un organico di docenti e questo è un tema che invece diventerà mol-to importante, soprattutto per quel che riguarda il ri-entro in formazione di adulti, non necessariamente di-soccupati. Vengono spese risorse non indiff erenti perché tendiamo a chiedere questo agli adulti disoccupati in cambio delle indennità di disoccupazione o di cassa-in-tegrazione, tendiamo a porre il problema della condi-zionalità: “partecipate a schemi di politica attiva” che vuol dire “fate formazione”. Una formazione che dob-biamo ancora un po’ inventarci, che in Europa c’è già, che apparterrà anche al sistema scolastico, ai centri di formazione professionale o forse apparterrà all’univer-sità, cosa di cui già alcune università si occupano. Su questo direi di provare a fi ssare un po’ l’attenzione, vi-sto che c’è un problema di risorse e questo appartiene in parte al tema del lavoro, sul dato che riguarda i costi della scuola trentina in rapporto ai risultati, già solle-vato precedentemente anche in altri rapporti, e che mi sembra abbia una forte valenza metodologica.

Michele Colasanto

Soddisfazione non soddisfatta

In estrema sintesi, vorrei elencare una gamma di pri-orità, vista la complessità della funzione docente e la sua articolazione: favorire una qualifi cata diff erenzia-zione dei profi li professionali; cercare di favorire e di fornire un accompagnamento competente e vicino agli insegnanti e alle scuole, quindi con una presenza di-stribuita sul territorio; favorire la valorizzazione delle tante, ricche esperienze, delle buone pratiche che sono presenti e che fanno della scuola trentina una scuola di qualità, ma che possono essere risorse da cui apprende-re per migliorarsi ulteriormente; tenere sempre presen-te che il sistema è un sistema di istituzioni scolastiche autonome e quindi contribuire a sostenerne e qualifi -carne l’autonomia attraverso la leva della formazione, ma certamente in stretto dialogo con le capacità che la scuola ha di leggersi e di valutarsi; mantenere sempre aperta una dimensione internazionale, una dimensio-ne di confronto, un rapporto continuo tra quadro lo-cale e più generale. Da ultimo, ma certamente la cosa più importante, cercare di mantenere vivo questo sta-to di soddisfazione non soddisfatta e quindi questa di-mensione di ricerca.

Italo Fiorin

LE PRIORITÁSalatin: “prospettive in sintesi”

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momenti

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32 n. 4 aprile 2011

il dirigente

La presentazione del Rapporto 2010 del Comita-to provinciale di valutazione del sistema educati-vo è stata l’occasione anche per il primo incontro pubblico con il nuovo dirigente generale del Di-partimento Istruzione, Università e Ricerca, Mar-co Tomasi, ancora in servizio presso il Ministero Università e Ricerca (MIUR) alla data del Conve-gno del 6 aprile 2011, e che ha preso invece servi-zio uffi cialmente in Trentino dal 2 maggio 2011. Tomasi ha introdotto i lavori della sessione po-meridiana del Convegno e, in particolare, ha pre-sentato i relatori dei due primi contributi sul rap-porto tra la scuola trentina e lo scenario “esterno”, entrambi rappresentanti degli organismi istituzio-nali nazionali al massimo livello per il mondo del-la scuola (MIUR) e, nello specifi co, per l’ambito della valutazione: Giovanni Biondi – Capo Dipar-timento MIUR, Elena Ugolini – membro del Co-mitato di Indirizzo dell’INVALSI.

MARCO TOMASI Istruzione, Università, Ricerca

Importante partire dai dati…

Abbiamo sentito stamani, molte cose belle e anche de-gli elementi di criticità. Forse qualcuno di noi avrebbe potuto o voluto dire qualcosa di più; avrebbe voluto far capire maggiormente le problematiche che si vivo-no dal di dentro, nelle scuole, per chi ha diverse fun-zioni e diverse responsabilità. Siamo partiti dai dati. E’ una cosa questa, molto im-portante; che dovrebbe diventare un costume più va-lutato all’interno del nostro mondo. Partire da dati che si possono leggere, si possono interpretare, si pos-sono discutere.

… ma serveun sistema informativo adeguato

Però non bastano a volte, su tematiche così delicate, le sensazioni. Partire dai dati signifi ca anche avere un sistema informativo adeguato. Non si improvvisano e non ci si improvvisa attenti lettori dei dati. Credo quindi che uno dei compiti molto delicati all’interno di una struttura sia proprio quello di curare il processo dei dati: da dove iniziano, dove arrivano; perché pos-sano essere capiti, letti, validati. In questo i sistemi in-formativi sono di grande supporto.

Dobbiamo evitare, proprio in questi momenti, le ri-dondanze e quella petulanza nel richiedere, a volte, dei dati che ci sono già e che potremmo utilizzare per fare le nostre valutazioni. È bello poter disporre di strumenti in questa direzione; credo che la struttura che voi conoscete abbia fatto passi enormi da questo punto di vista.

Valutare per migliorare

I dati dicono. Rappresentano, anche, gli elementi ne-gativi. Ma fare valutazione, oppure valorizzare, come è stato detto bene negli interventi precedenti, signi-fi ca essere sempre attenti al miglioramento, alla ri-programmazione, alla ri-progettazione: un migliora-mento che in qualche modo va misurato, va anche condiviso. Va capito. Sono tutti elementi che voi credo, conoscete. Sie-te tutti attori e vivete sulla vostra pelle un momen-to molto positivo per la scuola trentina, inutile dirlo, che ha anche i suoi problemi; qualche volta dobbia-mo avere il coraggio di guardarci dentro e di trovare anche nelle diff erenze non solo l’elemento che carat-terizza, ma anche qualcosa da cui apprendere, qual-cosa da imparare.

Sempre attenti a non sbarrare confini

Voglio aggiungere qualcosa prima di dare la parola agli amici che sono qui per rappresentare un‘esperienza di carattere nazionale e ci proporranno dei confronti,

LO SCENARIO NAZIONALE

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delle valutazioni che vengono fatte anche a livello cen-trale: noi dobbiamo sempre stare attenti a non chiu-derci, a non sbarrare i confi ni. La scuola è apertura, è visiona lunga, è vita vissuta; ma anche quotidiana-mente! Quindi, guai, non solo a sedersi, ma anche a guardarsi solo dentro!

Non si nasce insegnanti, lo si diventa gradatamente

Stamattina abbiamo parlato di coraggio; noi però dobbiamo guadare al nostro mondo anche con orgo-glio. Noi non stiamo parlando di un lavoro qualsiasi. La professione di insegnante è qualcosa di più, è qual-cosa di bello, è qualcosa di intimo, qualcosa che uno si porta dentro. Non si nasce insegnanti; lo si diventa gradualmente. Nel contatto con i ragazzi, con le loro famiglie, con le loro aspettative, con gli insuccessi e con i successi; col vederli crescere e aff rontare la vita in autonomia. È questo il valore che la nostra, la vostra professione porta con sé.

Non monetizziamo sempre tutto

Non monetizziamo sempre tutto. La Scuola in un Paese è il futuro; facciamo questo lavoro anche con orgoglio, tiriamo fuori dalle nostre corde la bellezza di un lavoro che non è uguale ad altri e vedrete che la società che ci sta attorno e che tende a volte a sottova-lutare questo lavoro faticoso e impegnativo, lo capirà.

Passerà anche questo momento in cui sembra tutto negativo, tutto squallido; parlo anche per il mondo dell’Università che conosco molto bene.

Anche l’università parla di valutazione, forse meno di quanto la pratichi

Certo la comunità universitaria ha fatto degli errori enormi. Alcuni rettori l’hanno detto, anche il retto-re Bassi stamattina: si sono fatti corsi che non sono partiti dai bisogni formativi. Alcuni sono diffi cilmen-te interpretabili persino nella titolazione; forse si sono fatti corsi più per le carriere della comunità accademi-ca che per i bisogni della realtà in cui i ragazzi sareb-bero andati ad operare e abbiamo fatto sedi decentra-te ovunque.Voi sapete che cosa sia stata per questa comunità tren-tina l’Università; quindi sapete anche quali valori sia-no stati portati avanti. Non si possono fare università dappertutto; dove si fa solo didattica e non si fa ricer-ca. Questi sono temi importanti; anche l’Università sta rivedendo il proprio sistema di valutazione, attra-verso l’ANVUR. Se ne parla molto di valutazione all’interno dell’U-niversità; forse se ne parla più di quanto si pratichi, in realtà. Però, avendo sistemi di valutazione che ti danno la sensazione di poter modifi care, di cambiare i tuoi comportamenti …beh questa è una prospetti-va molto bella.

Orgogliosi del “mestiere insegnante”

Ho una moglie che fa l’insegnante, ho fi gli;…mi pare che dobbiamo cogliere il valore di questo lavoro che è bellissimo, che è unico. Dobbiamo esserne orgogliosi.

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Giovanni Biondi, Capo Dipartimento del MIUR, ha iniziato il suo intervento senza premes-se formali. ma entrando subito nel merito di alcu-ne questioni legate alla fi gura ed alle competenze delgi insegnanti, al valore delle conoscenze e delle stesse “competenze” ed al senso di una valutazio-ne che deve avere come obiettivo quello di porta-re a un miglioramento, quindi con ricadute con-crete sull’azione e sui risultati dell’insegnamento/apprendimento.

BIONDI La valutazione deve avere ricadute

La difesa delle prove INVALSI

Le prove Invalsi sono state defi nite da qualcuno in senso denigrativo dei “quiz”, ma è necessario capire la diff erenza tra un quiz e un test. Per fare ciò basta ca-pire che al quiz si risponde e si può essere aiutati nel rispondere, magari avendo una bella enciclopedia da-vanti, mentre per un test avere un’enciclopedia davan-ti non serve a niente, nel senso che alcune delle prove Invalsi di terza media; per esempio, quella famosa del cubo, per la quale ci vuole la testa, perché è una prova che mette in gioco l’intelligenza, le competenze, cioè la capacità di usare il cervello e, quindi, di avere certa-mente delle conoscenze ma di saperle utilizzare, e que-sto credo sia il livello più alto delle competenze.

Conoscenze contrapposte a compe-tenze: sterile dibattito

In Italia c’è in atto uno sterile dibattito che contrap-pone le conoscenze alle competenze. Per fare un esem-pio racconto dell’esperienza vissuta all’ETS (Educa-tional Testing Service), il Vaticano della valutazione a Princeton, dove gli americani stavano preparan-do una prova nell’ambito del NAEP (National Asses-sment of Educational Progress: la pagella della nazio-ne che gli americani fanno ogni due anni per misurare le competenze, il benchmark su certe tematiche) a pro-posito delle scienze. In che modo creavano la prova? Preparando un kit di oggetti: un fl acone di liquidi, una polverina, una vaschetta con contagocce e un fo-glio che veniva dato ai ragazzi, dicendogli di prova-re a mischiare la polvere con il liquido e chiedendogli: cosa deduci da quello che vedi? E poi se aggiungi an-cora dell’acqua.. Alla fi ne, da tutto quello che è stato

fatto cosa hai capito?In questo caso si stava chiedendo ai ragazzi di mette-re in gioco una competenza scientifi ca. Ma che cos’è una competenza scientifi ca? È semplicemente la som-ma delle conoscenze? No, è qualcosa di più!

Il valore del metodo

Tanti insegnanti nel nostro paese insegnano la materia che non hanno studiato o addirittura che hanno stu-diato al liceo, basta pensare ad esempio a chi insegna matematica oggi e a quanto corrisponde la percentua-le di laureati in matematica. Ma questo è un dato mar-ginale, l’insegnante è una sintesi, non basta soltan-to sapere la materia ma non basta neppure saper solo comunicare, avere un feeling, avere un modo di stare con i ragazzi con sensibilità. La competenza pro-fessionale dell’insegnante è un mix, è una sintesi, è un risultato fi nale e questo è un discorso estremamente importante, che si può fare per le lingue straniere, che non hanno sempre ricadute concrete.Le competenze sono una cosa seria, noi non possia-mo liquidarle dicendo che il metodo non conta, non è vero! Il metodo conta moltissimo: una cosa è studia-re sul Bignami la storia e impararla a memoria e sape-re tutte le date, che vuol dire scordarsele dopo cinque minuti come tutti sappiamo; un’altra cosa è costrui-re un percorso di conoscenze che poi rimane come un bagaglio perché il metodo con cui le hai costruite di-venta fondamentale. Certo il metodo da solo è un di-scorso astratto, ma dobbiamo stare attenti a non scin-dere questi due aspetti altrimenti rischiamo o di creare una cosa vuota o una cosa piena di nozioni, che ri-mangono ai ragazzi se non per il tempo dell’interro-gazione.

Minist ero Istruzione Università Ricerca - MIUR

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Competenze: il traguardo della scuola

Va detto che quello che stanno facendo l’istituto IN-VALSI in modo ottimo e la qualità delle prove de-gli ultimi anni dimostra la crescita nella costruzio-ne delle prove, dimostra che si deve lavorare sulle competenze, perché il traguardo della scuola sono le competenze. Se vogliamo, invece, lavorare sulle co-noscenze vanno bene i quiz; ma se vogliamo lavora-re sulle competenze dobbiamo usare anche dei test, anzi dobbiamo usare delle prove, perché il test è una tipologia di prova, quella che vi ho raccontato prima è un’altra e ce ne sono ancora molte altre. Quando potremo utilizzare i computer, cioè la realtà virtua-le, le prove che potremo usare per misurare le com-petenze saranno enormemente maggiori e variegate e potremmo utilizzare veramente ambienti di simula-zione, vedere la risposta a certi comportamenti, po-tremo immaginare cose che oggi, con la penna e la carta, non possiamo realizzare.

Il senso della prova standard

Questo è il primo punto: serve non tanto il sistema di valutazione nazionale, ma serve utilizzare prove standard per consentire alla scuola di fare un’au-toanalisi, altrimenti in che altro modo la scuola può farlo? Tutte le estati leggiamo sui mass media le pubblicazioni dei voti nelle singole scuole dati dal-le commissioni all’esame di Stato: 32 o 23 “100 e lode” in un’unica commissione: dati totalmente in-comparabili, come dimostrato anche dalla ricorre-zione degli Invalsi. Purtroppo veniamo da un con-cetto di valutazione che si svolge nel chiuso dell’aula, dentro la quale l’insegnante entra, chiude la porta e quello che accade in quell’ora è un problema tra lui o lei e i suoi studenti ed è totalmente autoreferenzia-le, non confrontabile nemmeno con la sezione paral-lela. Se la scuola vuol fare veramente un processo di autovalutazione il primo passaggio è utilizzare delle prove standard perché sono le uniche che ti permet-tono la confrontabilità dei dati. Non capisco la pole-mica di chi dice di essere totalmente a favore del si-stema nazionale di valutazione, però se la scuola non vuole utilizzare le prove Invalsi in nome della pro-pria autonomia e decide di scegliere un’altra forma difende l’autonomia della scuola: ma così non è pos-sibile non solo non fare un confronto esterno, ma neanche interno, di fatto ci si oppone all’autonomia (che si coniuga con la responsabilità). L’accountabili-ty, cioè la responsabilità e il rendere conto, è una del-le componenti qualitative fondamentali dell’autono-

mia scolastica. Queste prove, infatti, rappresentano per le scuole una grandissima opportunità, ma anche un punto di partenza per la didattica.

Valutazione e percorso di miglioramento

Possiamo accennare anche alla formazione degli in-segnanti, alcuni anni fa la formazione si chiamava aggiornamento su tematiche specifi che, la “matema-tica questa sconosciuta”, “il bullismo”, grandi e bel-le lezioni che però non intaccavano i comportamenti professionali: la mattina dopo si faceva esattamen-te come s’era fatto il giorno prima. Dire che in base alle indagini OCSE- Pisa i nostri ragazzi non sanno la matematica non vuol dire nulla, bisogna sonda-re su quali item i ragazzi hanno diffi coltà. Si dovreb-be agganciare a questo una valutazione e un percorso di miglioramento, allora avrebbe senso, si potrebbe cambiare la didattica e dare agli insegnanti un’op-portunità per cambiare i propri comportamenti pro-fessionali con l’analisi. Questi due elementi sono importantissimi: il decreto governativo “Milleproro-ghe” (marzo 2011) ridisegna il nuovo sistema di va-lutazione, perché è stato creato un sistema che non può essere identifi cato solo con l’istituto Invalsi, ma fatto da più componenti e dall’interazione fra queste componenti.

Nel Milleproroghe il nuovo sistema di valutazione

Il sistema cha è stato immaginato e realizzato con tre elementi. La prima è costituita dalle prove Invalsi, chiamate così per dare continuità; rapportarsi con le indagi-ni internazionali, mettere a disposizione le prove di tutte le scuole che le vogliono utilizzare, delle pro-ve standard sugli apprendimenti, per avere il bench-mark nazionale e rapportarsi con quello internazio-nale. In futuro si vuole inserire una prova oggettiva alla maturità, anche su altre materie come ad esem-pio le scienze, che sono una delle tre competenze di base. Il secondo aspetto è avere un istituto che possa so-stenere la scuola nei passi di miglioramento e questo è un’altra componente, smontata e commissariata, che va sistemata. La terza componente su cui vorrei soff ermarmi è formata dagli ispettori, termine pessimo. Nel Mille-proroghe ci sono due aggettivi su cui ci si deve soff er-mare, un corpo di ispettori autonomo e indipen-dente: due condizioni fondamentali, devono cioè far

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parte del sistema e lavorare su degli obiettivi strate-gici, ma essere anche totalmente autonomi e indi-pendenti. L’indipendenza scientifi ca dei due istituti va garantita così come dobbiamo garantire l’assolu-ta indipendenza dal potere politico di un corpo di ispettori. Perché abbiamo bisogno di questa “terza gamba”? Perché la valutazione delle scuole non si fa solo sugli apprendimenti, che sono una delle compo-nenti, ma la scuola è un organismo complesso, che spinge e va verso la formazione nelle sue varie di-mensioni della persona. Il corpo degli ispettori

Un’altra dimensione importante è il ruolo del di-rigente scolastico, la leadership, la capacità di uti-lizzare i fondi, il clima scolastico, l’integrazione, il rapporto con il territorio, con il mondo del lavoro. È chiaro che c’è bisogno di un équipe di osservato-ri esterna alla scuola che va a valutare e a misurare quello che non è riportabile su una realtà statistica che riguarda il clima scolastico e la qualità. Con il Milleproroghe si sta cercando di testare, di mettere a punto strumenti e modalità attraverso dei proget-ti sperimentali. È chiaro che il corpo degli ispetto-ri non va a dare il voto agli insegnanti e nemmeno va a fare l’ispettore, diciamo che è un’autority indi-pendente e autonoma che è garante, che avrà un pro-tocollo di visite: si sta cercando di mettere a punto questa fi gura, ma bisogna necessariamente passare dalla scuola, perché la scuola è un mondo complesso, come è complessa la professione docenti: non c’è un altro modo se non quello di provare certi strumenti nella scuola, quindi stiamo lavorando in modo spe-rimentale per costruire quello che sarà il carburante, le modalità di funzionamento e le cose che saranno utilizzate da questo sistema. Il corpo degli ispettori, una componente a dir poco importante, rappresen-ta il punto di vista su cose che non riguardano solo gli apprendimenti, che però fanno parte della quali-tà della scuola, anzi, se dovessimo rapportarlo in ter-mini statistici, gli apprendimenti sarebbero non più del 30/35 % del valore in termini qualitativi della scuola. Il resto è rappresentato da tutta un’altra se-rie di variabili.

La valutazione che rompe l’inerzialità della didattica

Il problema poi della valutazione degli insegnanti è altro aspetto assai importante. Una collega presente in sala ha parlato prima della Francia: nella mia car-

riera sono stato anche il direttore di Eurydice, quindi conosco bene i sistemi scolastici europei. Posso dire che l’ispettore francese che va ad assistere ad una lezione dell’insegnante ha una funzione di control-lo che non fa parte di un sistema di aiuto al miglio-ramento, di un sistema di valutazione che ha insi-to l’innesco, la funzionalità del miglioramento della qualità. Andare ad assistere a una lezione dell’inse-gnante e poi pensare di dargli il voto è una scioc-chezza. Quindi se l’insegnante è una sintesi bi-sogna usare uguale sintesi per valutarla, possiamo valutare il mucchio dei diplomi che ha o dei corsi di aggiornamento oppure possiamo valutare quante ore in più passa a scuola rispetto al suo collega o se sta di più agli organi collegiali, aspetti che sono ester-ni alla sua qualità di insegnamento, a quando sta in classe. Dobbiamo usare sistemi diversi e la speri-mentazione, è questa una della esperienze che stia-mo cercando di portare avanti. Sperimentare non è un modo per far passare ciò che uno aveva già in te-sta, ma si portano sperimentazioni diverse, perché il nostro interesse è far crescere questo paese. La valu-tazione è l’unico elemento che rompe l’inerziali-tà della didattica, la scuola è un sistema inerziale, lo è sul profi lo della didattica, del comportamento. Per rompere questa inerzialità la valutazione è il passpar-tout, è l’elemento determinante, è il fertilizzante in qualche modo della scuola e del processo educati-vo, altrimenti il processo, come l’autonomia tende a chiudersi in se stessa.

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Elena Ugolini, membro del Comitato di Indiriz-zo INVALSI, ha iniziato la sua rifl essione parten-do dalla realtà della scuola in Trentino proprio per concentrarsi poi sul perché abbia senso e possa esse-re utile un Istituto Nazionale di Valutazione che sia in grado di fornire dei dati utili a paragonare quello che si fa all’interno di una provincia, all’interno di una scuola fi no ad arrivare all’interno di una classe. La relatrice ha esordito riprendendo le parole del di-rigente generale, Marco Tomasi, che ha detto che il cuore della scuola è l’educazione, il rapporto che si può stabilire tra insegnanti e studenti, per cui va considerato che il risultato vero delle energie uma-ne ed economiche è quello che rimane nei ragazzi come patrimonio personale di crescita umana e cul-turale, tecnica e professionale.

UGOLINIIl senso di un istituto nazionale

Una premessa importante

Nel Rapporto 2010 si spiega che il fi ne è di garan-tire la piena realizzazione della persona ed è all’in-terno della scuola che può accadere. Il risultato vero di tutte le energie umane ed economiche che si in-vestono nella scuola è quello che rimane nei ragazzi come patrimonio personale di crescita umana, cul-turale, tecnica e professionale (quando gli indirizzi hanno questo scopo) al fi ne di garantire il diritto alla piena realizzazione della persona. È nella scuo-la, all’interno di ogni ora di lezione, che può accade-re o si può interrompere quel passaggio di testimo-ne da una generazione all’altra che può consentire di mettere a frutto il patrimonio di esperienza e cono-scenza che ci viene dal passato, perché nel presente sia rinnovato. Quindi una premessa fondamentale: il sistema di va-lutazione è assolutamente strumentale alla rilevazio-ne dei processi e risultati di riconoscimento e creazio-ne di tale valore.

Le qualità del Rapporto sulla scuola trentina

Quali sono le qualità del Rapporto della scuola tren-tina?

Innanzitutto il titolo perché per la prima volta non si parla di qualità, ma delle qualità. L’impressione è che sia un rapporto leggibile anche ai non addetti ai lavori e quindi potrebbe essere consultato facilmente anche dai genitori. Off re, inoltre, indicatori di senso e non ci sono solo dei numeri, ma delle piste di lavoro e de-gli spunti interessanti per chi ha a che fare ogni gior-no con studenti e insegnanti. Non utilizza solo rileva-zioni esterne standardizzate degli apprendimenti per misurare e valutare risultati, perché si parla anche di raggiungimento di obiettivi, di soddisfazione, di inse-rimenti e successi nel mondo del lavoro degli studi su-periori dei ragazzi. Dato fondamentale è che questo rapporto fa uno stu-dio concreto su cosa signifi ca la misura del valore ag-giunto come diff erenziale sugli apprendimenti: que-sta provincia è un laboratorio dove si sta realizzando un’integrazione importante tra la valutazione interna e quella esterna, per costruire un rapporto di scuola. Infatti passare dal rapporto provinciale al rapporto di scuola è lo scopo che ogni istituzione scolastica do-vrebbe avere. Per far capire all’esterno che tipo di la-voro si fa e per rifl ettere internamente rispetto ai pro-cessi, rispetto al clima di lavoro. Spesso non partiamo dalla realtà, ma da quello che presumiamo sia la real-tà per cui è necessario avere un feed back per capire la situazione.

INVALSI

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INVALSI: per una fotografia del sistema scuola

La domanda allora è a cosa può servire un istitu-to di valutazione ad una provincia che funziona così bene? Basterebbero le rilevazioni fatte su terri-torio locale e poi le indagini internazionali utilizzate nel rapporto in cui si parla di PISA, di TIMMS ( che si rivolge ai ragazzi di 4^ della primaria, 3° anno della secondaria di primo grado e ultimo anno della secon-daria di secondo grado). Nel rapporto ci sono anche i dati nazionali della prova di stato, la prova INVAL-SI. Si devono chiarire gli obiettivi da raggiungere, si individuano le risorse, si danno indicazioni chiare su cui potranno essere collocati poi i fattori per misura-re l’effi cacia del lavoro che si svolge. È da anni che nel nostro paese si cerca di impostare un sistema di valu-tazione che riesca a ridare al paese dei dati attendibi-li e una fotografi a del sistema scuola. Le indagini in-ternazionali di cui sono riportati i dati all’interno del rapporto hanno uno scopo ben preciso, quello di dare dei dati comparabili a livello internazionale, per vede-re i punti di forza e di debolezza del sistema scolasti-co in relazione ad altre realtà: basti pensare, per esem-pio, alla rivelazione PISA che mette in relazione 75 paesi. Le indagini nazionali possono avere uno scopo diverso, quello di accertare i livelli di apprendimento dei nostri studenti su scala nazionale e il rispetto de-gli obiettivi, che le indicazioni nazionali stabiliscono per arrivare a restituire dei dati fi no al livello di ogni singola scuola.

L’ esempio dell’italiano

Le prove INVALSI sono costruite su dei quadri di riferimento precisi, che tengono conto delle indica-zioni nazionali vigenti, della pratica didattica e han-no sullo sfondo le grandi indagini internazionali. Per fare un esempio, per l’italiano ci sono delle prove di comprensione della lettura, ma ci sono anche pro-ve di conoscenza lessicale, grammaticale, su cui non verranno mai fatte le indagini internazionali perché noi abbiamo una cultura diversa. Se ci sono alcuni aspetti importanti nella cultura del nostro paese vale la pena che questi vengano rilevati, per capire se dal-la Sicilia alla Val d’Aosta, almeno su certi essenzia-li, ci sia omogeneità. Questi strumenti in realtà mi-surano pochissimo, però sono gli unici che possono reggere su delle corti di 573.000 studenti. Quando si fa un compito in classe per 20 ragazzi si può sba-gliare, anche se bisogna stare attenti sul tipo di pro-ve che vengono date, perché i ragazzi imparano mol-

to attraverso le prove che gli facciamo svolgere, ma quando un errore si moltiplica per 573.000 diventa un disastro. Tanto è vero che per costruire una prova invalsi ci vogliono 18 mesi.

L’analisi di alcuni dati

L’indagine PISA ci dà dei risultati in matematica, scienze e lettura in paragone con 75 paesi. Se ci occupiamo solo dei risultati per quel che riguar-da la comprensione e competenze in lettura dell’I-talia che sono stati pubblicati il dicembre scorso si evidenzia che l’Italia è riemersa dal baratro e rimane sempre all’interno dei paesi OCSE su una posizione abbastanza bassa. Guardando i punteggi medi in let-tura per tipo di scuola emerge in modo chiaro che tra i quindicenni che frequentano i licei, gli istituti tec-nici e la formazione professionale c’è un grande di-vario. Questi sono dati medi a livello italiano e l’I-talia si posiziona sotto la media OCSE in lettura. Si vede che i licei si collocano a livelli molto alti. Que-sto quadro dà l’idea di un grande divario Nord Sud all’interno del nostro paese, come era già emerso in una prima rilevazione del 2000. Esiste eff ettivamen-te una grande canalizzazione alle superiori, i ragaz-zi bravi vanno ai licei e per questo hanno questi ri-sultati. Questo divario tra scuole riguarda in modo preoccupante molti ragazzi che non hanno neanche le competenze minime per capire e leggere un testo, cioè che risultano al di sotto del livello 2. Se non sbaglio il Trentino ha il 12% dei ragazzi sotto la so-glia 2, mentre a livello nazionale la percentuale dei ragazzi che frequentano la scuola professionale è al di sotto di questa soglia che è la soglia di suffi cien-za minima. Proprio per questo motivo tra tutti i pa-esi che hanno partecipato all’indagine OCSE l’Italia è risultata essere proprio penultima, dopo di noi c’è solo l’Argentina.

Il miglioramento delle regioni del Sud

Esiste una varianza tale, tra risultati di ragazzi che appartengono a una scuola o a un’altra, da farci an-dare proprio in fondo alla graduatoria perché la va-rianza di risultati tra una scuola e un’altra è indice di una disequità del sistema. Altro tema esistente all’in-terno del vostro rapporto fa emergere come questa

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grande varianza non esiste o esiste in modo minore nelle scuole del Trentino. Anche qui però avremmo sempre potuto giustifi carci dicendo che c’è la cana-lizzazione spinta, ovvero c’è sì varianza ma perché i ragazzi bravi vanno ai licei. In matematica e scienze è più evidente la crescita dell’Italia tornata ai livelli del 2000, miglioramento delle regioni del Sud, ma do-vuto a che cosa? Probabilmente per una grossa cam-pagna di informazione che l’istituto Invalsi ha fatto su suggerimento del ministro Gelmini, che ha chie-sto questa campagna a Piero Cippollone che è riusci-to a sortire un eff etto positivo sugli insegnanti del-le regioni del Sud, dove queste prove venivano fatte in maniera assolutamente approssimativa. In realtà gli insegnanti del Sud si aspettavano che gli si dices-se che erano tutti incapaci ma poi guardando le pro-ve, i risultati e il senso di quello che si stava facendo si sono aperte occasioni di dialogo e di lavoro mol-to interessanti.

La varianza tra le scuole

In sintesi questa indagine ci dice in che posizione sia-mo rispetto alla media OCSE, le diff erenze tra Nord e Sud e se c’è grande varianza tra scuole. Guardando il risultato del TIMMS, ad esempio, se si paragonano i risultati in matematica nel 2003 e nel 2007 in Italia emerge che nel 2003 l’Italia si colloca nei primi posti per la 4^ della primaria (la for-tuna di Trento è che ha sem-pre avuto il proprio campio-ne rappresentativo). Mentre al 3° anno della secondaria di I grado, seguendo la stessa corte di studenti che nel 2003 fre-quentavano la 4^ della prima-ria, nel 2007 si collocano al di sotto della media internazio-nale. Con l’indagine TIMMS si evidenzia un peggioramento dei risultati nel passaggio dal-la primaria alla secondaria di primo grado. Quale il mandato delle inda-gini nazionali? Noi possiamo

avere delle indicazioni dalle indagini internazionali, ma in realtà le cose come stanno? Il percorso è comin-ciato con il gruppo di lavoro nel 2001 con la L. 176 in cui si stabilisce che dall’anno scolastico 2008/2009 si devono eff ettuare verifi che periodiche e sistemati-che all’ingresso e all’uscita dei diversi livelli scolastici italiani sulle conoscenze e le abilità degli studenti per rilevare il valore aggiunto, quindi quanto la scuola ri-esce a dare in termini di miglioramento dei livelli di apprendimento dei propri studenti, perché dipende da come arrivano. Poi ci sono delle diversità di con-testo, di proposte formative per il piano delle off erte formative delle singole scuole, e occorre tener conto del punto di partenza dei ragazzi.

Conclusioni

I risultati che cosa dimostrano? Che la varianza tra scuole, quindi le diff erenze di risultato tra studen-ti che frequentano lo stesso livello di scuola addirit-tura nello stesso territorio ci possono essere, dentro il sistema italiano, e che è molto alta anche nel pri-mo ciclo. La domanda è: ha senso avere un istituto naziona-le di valutazione che ridia risultati che arrivano poi al dettaglio, da restituire ad ogni scuola, item per item, dei dati che possono essere paragonati a li-vello regionale e nazionale? Ha senso per chi go-verna avere un quadro della situazione italiana? È vero che siamo tutti uguali, ma approfondire e ca-pire cosa e come si fa qui in Trentino è molto uti-le e importante per capire quali sono gli elementi di criticità e quali sono i punti di forza sui quali far leva per migliorare.

La varianza tra scuole traina quella totale

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momenti

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Dopo gli interventi di Marco Tomasi (dirigen-te Dipartimento istruzione Trento), Giovanni Biondi (capogabinetto MIUR) ed Elena Ugoli-ni (INVALSI), il compito di collocare il Rappor-to 2010 del Comitato provinciale di valutazione e la scuola trentina all’interno dello scenario na-zionale di trasformazione e valutazione dei siste-mi educativi, è stato affi dato ad una tavola ro-tonda con Enti e Fondazioni che si occupano di valutazione, anche attraverso la pubblicazione di Rapporti specifi ci sull’istruzione e formazione. Le domande agli ospiti sono state poste dal co-ordinatore. I partecipantiAlla tavola rotonda hanno partecipato:GIOVANNI VINCIGUERRA, Tuttoscuola, coordinato-re degli interventiANDREA GAVOSTO, Fondazione AgnelliANNA MARIA POGGI, Fondazione per la Scuola San-paolo di Torino.ANDREA TOMA, Censis Erano stati invitati altri due interlocutori:Attilio Oliva (Treellle) e Giorgio Allulli (Isfol), i quali, però, hanno dovuto declinare l’invito all’ul-timo momento per impegni imprevisti. Entram-bi hanno accettato comunque di inviare dei bre-vi commenti sul Rapporto e sulla valutazione in Trentino, che pubblichiamo a parte.

IL CONFRONTOLa lente degli altri osservatori

Tuttoscuola, il mensile per insegnanti, genitori e studenti che dal 1975 è diff uso nelle scuole su tutto il territorio nazionale. Off re un’informazione a 360 gradi sulle tematiche educative e nel 2007 ha pub-blicato il 1° Rapporto sulla qualità nella scuola: 152 indicatori misurano le aree geografi che di eccel-lenza e di criticità del sistema formativo italiano, è imminente l’uscita dell’edizione 2011. www.tutto-scuola.com

La Fondazione Giovanni Agnelli è un istituto in-dipendente di cultura e di ricerca nel campo delle scienze umane e sociali. A partire dal 2008 concen-tra le proprie attività di ricerca sui temi dell’education (scuola, università, lifelong learning), nella convinzio-ne che la qualità del capitale umano sia fra i fatto-ri principali del benessere economico, della coesione sociale e della realizzazione degli individui. Ha recen-temente pubblicato con Editori Laterza il Rapporto sulla scuola in Italia 2010. www.fga.it

La Fondazione per la Scuola è una struttura operativa che opera, secondo il motto “Lavorare con le scuole e per le scuole”, in collaborazione assidua con dirigenti e inse-gnanti, impegnati e motivati a costruire un sistema edu-cativo di qualità, con particolare riferimento ai cambia-menti legati all’introduzione dell’autonomia scolastica. “La sfi da della valutazione” è il Convegno interna-zionale che il 24 e 25 maggio 2011 a Torino farà il pun-to sulle priorità e gli interventi in tema di valutazione e di quale uso si può fare della valutazione per migliorare il nostro sistema formativo. www.fondazionescuola.it

Il Censis, Centro Studi Investimenti Sociali, è un istituto di ricerca socio-economica che ogni anno pubblica un rapporto ed è giunto alla 44a edi-zione con il Rapporto Censis 2010, pubblicato da Franco Angeli. Inter-preta i più signifi cativi fenomeni so-cio-economici del Paese in una con-fusa congiuntura. www.censis.it

Fondazione Giovanni Agnelli

tavola rot onda

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GIOVANNI VINCIGUERRA Direttore della rivista “Tuttoscuola”– coordinatore

Tuttoscuola ha pubblicato un articolo qualche mese fa che si intitolava “Trentino l’Italia come dovrebbe esse-re”, uno slogan sicuramente veritiero riguardo al siste-ma formativo e dimostrato da questo rapporto. Per fare qualche esempio: in Trentino sono stati introdotti de-gli stipendi più alti in cambio di un maggior numero di ore di sevizio da dedicare alla programmazione, aggior-namento, attività con studenti, principio che però sten-ta ad essere introdotto nel resto del Paese. Altro esem-pio è quello che, già dal 1970, in Trentino è previsto un fi nanziamento della scuola privata, cosa che con gran-de diffi coltà è stata introdotta nel resto del Paese, e an-cora lo stesso sistema di valutazione, di cui si è dota-ta la Provincia autonoma di Trento ormai da quasi un ventennio, dimostra come basta guardare al Trentino per trovare alcune soluzioni, che qui sono già state spe-rimentate, ai problemi della scuola italiana. Quindi la Provincia di Trento si è accreditata come laboratorio sperimentale di innovazioni ed essendo ben rappresen-tata, sia a livello istituzionale che a livello degli opera-tori, da osservatore del sistema scolastico nel suo com-plesso, mi complimento per il giusto lavoro svolto che è stato pubblicamente riconosciuto.

Una scuola “ferma”

D’altronde questo primato emerge, come è scritto bene nel Rapporto, dai risultati di indagini comparati-ve internazionali e dagli stessi studi dell’Invalsi. Risul-ta anche dal contrasto piuttosto stridente dei risultati del Rapporto sulla qualità nella scuola che Tuttoscuo-la sta per pubblicare e che non include i dati del Tren-tino, perché non vengono rilevati dal Miur e da al-tre fonti uffi ciali. Va sottolineato come dal rapporto emerge una fotografi a piuttosto impietosa, un’imma-gine di una scuola ferma, consegnata all’immobilità, incapace spesso di sciogliere i nodi che ne ostacola-no il rilancio, di una scuola che non ha saputo sfrut-tare abbastanza le potenzialità off erte dall’autonomia, di una scuola che presenta una fortissima dispersione. Basti rifl ettere sul fatto che quasi 200 mila studenti non concludono il ciclo di istruzione superiore, che è un numero enorme e che alcuni di questi, si stima 60-70 mila lasciano la scuola statale e passano alla scuo-la non statale o alla scuola professionale, ma gli altri 120 mila di ogni ciclo scolastico quinquennale non concludono gli studi. Non a caso dai dati Eurostat dell’Unione europea risulta che oltre il 19% dei giova-ni italiani dai 18 ai 24 anni non hanno conseguito più

del titolo di terza media, un dato che, per tornare ai dati della Provincia, è meno preoccupante perché sia-mo intorno al 12%, che è ancora meglio dei dati del-la media dell’Unione europea che si attestano intorno ai 25%. Di fronte a questi risultati stenta ad essere in-trodotta una cultura della valutazione.

• Quali strategie si dovrebbero introdurre, anche alla luce dei risultati del Rapporto trentino, per diffondere in tutto il Paese i giusti criteri sia per la valutazione del si-stema scolastico che del cosiddetto merito degli insegnanti e del personale scolastico?

ANDREA GAVOSTODirettore Fondazione Giovanni Agnelli

Da cinquant’anni la Fondazione Giovanni Agnelli si occupa di ricerca sulla società italiana e da tre anni abbiamo concentrato tutte le nostre risorse fi nanzia-rie e umane sul tema dell’istruzione in particolare del-la scuola. Il Rapporto è veramente di ottima fattura e mette in evidenza il sistema trentino, che è assoluta-mente all’avanguardia e ha delle cose straordinarie, sia in termini di effi cacia in termini di apprendimenti ri-spetto al resto d’Italia, sia in termini di equità, che è uno degli aspetti fondamentali nell’analisi della scuo-la italiana. Ho trovato bellissime le parti relative all’in-clusione degli immigrati, con idee innovative, come ad esempio l’insegnamento dell’italiano scritto, che è molto più diffi cile che non l’italiano orale ai giovani immigrati e la particolare attenzione ai bisogni educa-tivi speciali. Mi ha colpito l’intervento della dirigen-te scolastica Zappini, che ha parlato di un sistema che ha raggiunto l’eccellenza e si è un po’ “seduto”, e dal

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confronto Pisa 2006 e Pisa 2009 eff ettivamente que-sta sensazione è ben chiara, mentre sappiamo invece che altre regioni come Lombardia hanno avuto uno “scatto di reni”, le stesse regioni del Sud hanno visto netti miglioramenti degli apprendimenti. Il Trentino, invece, è rimasto sostanzialmente stabile, peggiorando alcuni indicatori relativi alla variabilità degli appren-dimenti fra le scuole, e ha evidenziato una crescente li-cealizzazione. L’impressione è che il resto della scuola italiana si stia rimettendo un po’ in moto.

Un sistema di premialità

Parlando di valutazione il sistema trentino avrebbe bisogno di una scossa, ma “un sistema di valutazio-ne esterno e un sistema di premio nel merito posso-no essere le scosse di cui il sistema scolastico trentino necessita, proprio per ripartire con lo slancio dimo-strato almeno fi no al 2006?” Rispetto alla situazione nazionale come Fondazione ci siamo occupati del si-stema di valutazione e del sistema di premialità, de-dicando il primo rapporto a questo tema e seguendo, con molta attenzione, la sperimentazione sulle scuo-le avviata dal Miur, con la prospettiva di produrre un rapporto di ricerca alla fi ne dell’esperienza triennale. Si potrebbe delineare un sistema di valutazione e un sistema di premialità del merito legato alla valutazio-ne, che qui manca ma che è fondamentale, soprattut-to quella esterna. Perché è fondamentale? Sono più di dieci anni che è stata attivata l’autonomia e l’autovalu-tazione dovrebbe essere stata interiorizzata in qualun-que organizzazione, con la consapevolezza dei punti di forza e dei punti di debolezza. Manca ancora un sistema di valutazione esterno, un sistema di valuta-zione basato su criteri standardizzati, perché l’unico

modo per capire dove siamo è confrontarci con il resto del sistema sia esso provinciale, regionale o nazionale.

Il timore della valutazione

La cosa importante è come stiamo facendo rispetto agli altri, e l’unico modo per capire questo è di basarsi su test standardizzati, secondo sistemi quanto più possi-bile oggettivi. Abbiamo svolto numerose indagini pres-so gli insegnanti, e quello che emerge in generale è un problema serio, cioè la concezione negativa dell’idea della valutazione. Poi si può discutere sul come, ma l’i-dea che si debba essere valutati è entrata nella concezio-ne comune degli insegnanti come negativa. Il problema è l’arbitrarietà, è chiaro che un sistema di valutazio-ne che sia percepito come arbitrario invalida la fi nalità stessa della valutazione. Questo è uno dei motivi che ci ha spinto a dare enfasi, in particolare nell’ambito di un sistema di valutazione, ai risultati. Spesso la valutazio-ne nelle scuole è una valutazione del processo, ed è giu-sto che un’organizzazione “legga” come fa le cose, ma la misura fi nale ultima di effi cacia non può che essere quello che io faccio, che cosa ottengo, quindi non pos-sono che essere i risultati.

Un incentivo di team

Per quel che riguarda la sperimentazione c’è il discor-so delicatissimo di legare anche un sistema di premia-lità, di premio al merito, sulla base di una valutazio-ne. In quasi tutte le organizzazioni il riconoscimento delle competenze individuali, anche fuori dalla scuo-la, è fatto attraverso i percorsi di carriera. La compo-nente delle competenze individuali viene riconosciuta attraverso la carriera e la retribuzione che si accompa-gna alla carriera. Gli incentivi, che servono per spin-gere l’organizzazione, nel nostro caso la scuola, verso un obiettivo si devono dare su un obiettivo sostanzial-mente fi nalizzato, ad esempio migliorare gli apprendi-menti. Ma, l’incentivo nella elaborazione che abbia-mo fatto è una cosa collettiva, non ha molto senso dare un incentivo individuale quando il lavoro è un lavoro di gruppo come nella scuola. Tutti sappiamo che per insegnare bene, bisogna che le persone dentro la scuola lavorino insieme, si stimino, vadano d’ac-cordo, puntino tutti verso la stessa direzione. In conclusione credo che se il Trentino cominciasse a pensare lungo schemi sia di introduzione o reintrodu-zione di sistemi di valutazione esterna e meccanismi di incentivi, ad esempio, alle scuole che realizzano me-glio determinati obiettivi, questo che potrebbe forni-re, in questo momento, la scossa che possa riportare il Trentino all’apice delle statistiche nazionali.

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GIOVANNI VINCIGUERRA

• gli ingredienti di questo Rapporto, e più in generale delle politiche formative che si stanno adottando in questo territorio, sono esportabili al resto del Paese?

ANNA MARIA POGGIPresidente Fondazione per la Scuola

Un Rapporto denso e intenso e soprattutto il punto di vista metodologico sarà molto ricco di implicazio-ni e anche di pratiche trasmissibili all’esterno del Tren-tino. Non vorrei fermarmi sugli esiti del Rapporto ri-spetto ai livelli di apprendimento, ma su quelle che, dal mio punto di vista, sono le due note metodologiche che contraddistinguono questo Rapporto, che meritano una rifl essione approfondita e che, credo, siano pratiche esportabili fuori dal Trentino. Mi riferisco a due aspetti: la costruzione del sistema di valutazione come una sorta di work in progress, che si implementa in continuazione e poi il secondo elemento di tipo metodologico, perché questo Rapporto dà conto di un sistema di valutazione che ha adottato un approccio che io defi nirei laico e non ideologico della valutazione del sistema stesso.

Work in progress

Primo elemento: l’idea che la valutazione del sistema scolastico sia work in progress, cioè questo Rapporto dà conto di un sistema che non solo descrive o ana-lizza i dati, ma utilizza l’analisi dei dati per le politi-che pubbliche di ricaduta sul sistema stesso, investen-do così un circuito assolutamente virtuoso, almeno in teoria, anche se poi non so quanto in concreto si rie-sca ad incidere concretamente su alcuni elementi. In eff etti gli esiti tra il 2006 e il 2009 ci dicono che for-se questo circolo non funziona sempre, ma perlomeno in questo sistema c’è l’idea molto chiara che la descri-zione, cioè le analisi sul sistema, devono avere neces-sariamente una ricaduta sulle politiche pubbliche che si adottano nel sistema stesso. Questo, dal mio punto di vista, è un aspetto metodologico fondamentale per-ché la valutazione in sé è una fotografi a statica, foto-grafa un momento, una situazione, è la fotografi a di quel momento. Ma se ad essa non segue lo sviluppo di quella stessa fotografi a è del tutto evidente che la va-lutazione non serve a nulla. Dal punto di vista meto-dologico in Trentino credo che si sia intrapresa que-sta rifl essione: a che cosa serve l’analisi? Alle politiche pubbliche sul sistema, per lo meno a tentare di inne-stare questo tipo di circuito virtuoso, che è stato sem-

pre carente nel nostro sistema. Oggi c’è la cultura del-la valutazione, quello che manca è la ricaduta sulle politiche pubbliche della valutazione.

Il decentramento del sistema di istruzione

A livello nazionale, si mira alla costruzione del siste-ma nazionale di valutazione, cioè cercare di innestare quel tipo di circolo, per cui l’Invalsi fa la restituzione, gli ispettori fanno il piano di miglioramento e poi ci sarà un istituto che sorregge la possibilità di questo pia-no di miglioramento. Vengo al dato critico, non critico rispetto al sistema del Trentino, ma in realtà per tutto il nostro sistema nel suo complesso. È chiaro che la pos-sibilità di fare un’operazione di questo genere si fonda sulla situazione particolarmente favorevole, cioè nel fat-to che la Provincia ha delle competenze esclusive in ma-terie di sistema, neanche concorrenti, fi ssa obiettivi, nel caso del Rapporto dell’integrazione, stanzia adeguate risorse, si dota di un istituto autonomo di valutazione, può programmare e gestire davvero perché ha compe-tenze esclusive, anche sul personale ed è una situazione che noi non abbiamo in nessun altro tipo di contesto territoriale. Ora però questo cosa vuol dire? Ci dice che, per lo sviluppo prossimo futuro, per il decentramento del sistema di istruzione dobbiamo andare verso la di-rezione di situazioni chiare, dove chi ha le competenze le ha tutte, quindi riesce in tutte le misure a poter avere tutti quegli strumenti che gli consentono di non porre il diaframma o avere il diaframma tra la predisposizione degli obiettivi e la realizzazione degli obiettivi.

L’approccio laico

Secondo aspetto approccio che io ho defi nito laico e non ideologico rispetto al sistema di valutazione. Cosa intendo per approccio ideologico? L’aspetto ideologico è quello secondo cui si parte da una assunzione, assun-

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zioni che possono essere di diverso tipo, e fonda tut-to su quella determinata assunzione. Cosa voglio dire? Sappiamo perfettamente che le assunzioni tipiche che noi abbiamo rispetto, per esempio, alla valorizzazione della professione docente in Italia è che questa non è possibile, perché il lavoro dell’insegnante è un lavoro che è valutabile solo in team, quindi non è possibi-le quel tipo di valorizzazione rispetto a quella funzione. D’altra parte l’assunzione secondo cui la valorizzazione della funzione docente si fa sulla base della “brunettiana meritocrazia”, non vuole avere nessuna accezione ne-gativa, perché non tiene conto del fatto che l’ammini-strazione scuola è sì un’amministrazione pubblica, ma è un’amministrazione che ha complessità e peculiarità. Per la scuola esistono delle peculiarità che naturalmen-te vanno modernizzate, viste alla luce di quelle che sono anche le esigenze di sistema. Quindi l’approccio laico è invece quello che, più opportunamente, assume un dato di fondo e cioè che i sistemi complessi si misurano non solo attraverso indicatori complessi, ma richiedono una complessità di indicatori. Quindi perché da questo punto di vista l’approccio del sistema di valutazione del Trentino lo defi nisco laico? Perché si sono valutate tut-te le componenti del sistema: studenti, famiglia, scuole, insegnanti, imprese, quindi è un approccio che da que-sto punto di vista è particolarmente innovativo, anche, ma forse perché si fonda sull’elemento più semplice che noi conosciamo, e cioè l’osservazione della realtà che è così descritta in una frase che io ho trovato bellissima del Rapporto “per aff rontare la crescente complessità, integrazione, disagio, multiculturalismo, impatto del-le tecnologie.. è fuorviante la logica additiva secondo la quale ogni nuovo bisogno, domanda, desiderio, aspet-tativa si ricercano risorse aggiuntive, la logica più ap-propriata dei sistemi complessi è invece quella dell’in-tegrazione della riorganizzazione non solo per ragioni economiche ma anche per ragioni formative”.

La varianza e la libertà di scelta

L’intervento precedente di Elena Ugolini ci ha mostrato una cosa che mi ha colpito moltissimo, cioè che la va-rianza tra le scuole esiste anche dove il contesto è iden-tico e l’investimento di risorse è identico. Cosa cambia, quindi? cambia l’organizzazione del fattore umano. I dati ci dicono quindi di andare verso la logica della in-tegrazione, della riorganizzazione, che è quella tipica in cui devono essere aff rontati i sistemi complessi. Questo approccio tiene conto, dal mio punto di vista, di una delle principali caratteristiche delle società moderne e cioè la libertà di scelta delle prestazioni sociali, dove per libertà di scelta non intendo tra pubblico e privato, in-tendo libertà di scelta all’interno del sistema pubblico

e che proprio grazie alla valutazione fornisce quel tipo di risultati. Certo su questo terreno, come dimostra il Rapporto del Trentino, che è quello della libertà di scel-ta, che poi porta a far sì che i sistemi scolastici siano più equi, c’è ancora molto da fare non solo a livello macro italiano, come dimostra appunto questa varianza anche in quei contesti sostanzialmente omogenei, ma anche a livello del Trentino, come dimostra la situazione degli studenti stranieri e la questione del genere.C’è molto da fare, però credo che queste due assun-zioni metodologiche siano davvero uno dei principali valori aggiunti che questo rapporto dà oggi al sistema scolastico italiano nel suo complesso.

GIOVANNI VINCIGUERRA

• Secondo lei questo approccio multifunzio-nale, con una molteplicità di variabili, che è stato seguito nell’impostazione di que-sto rapporto è efficace?

ANDREA TOMAResponsabile servizio formazione Censis

Ogni anno al Censis lavoriamo sulla situazione socia-le del Paese e dedichiamo un capitolo ai processi for-mativi e quindi alla scuola, all’università, alla forma-zione professionale e anche alla ricerca. Confrontarsi con un Rapporto e con la ricchezza dell’elaborazio-ne delle informazioni che sono contenute nel Rappor-to sulla scuola del Trentino è uno stimolo veramente molto forte e ci ha fatto ragionare. L’attenzione che

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noi poniamo ai processi formativi e alla valutazione di questi sistemi è molto attenta sì ai processi di appren-dimento, ma anche alla funzione dell’insegnamento e a molti aspetti che sono collegati a questo proces-so, che è alla base dell’investimento in capitale uma-no del Paese. Per fare questo continuiamo a ragiona-re sull’impatto delle nuove tecnologie, sulle modalità di apprendimento ma anche sulle nuove concezioni della valutazione. La valutazione della scuola, come processo formativo, molto spesso va di pari passo, ma non è il caso del Rapporto trentino, per esempio con la valutazione degli eff etti degli investimenti in capita-le umano attraverso le risorse del Fondo Sociale Euro-peo, in cui si sono sviluppate tutta una serie di analisi, di metodologie, di modalità, di approfondimento che guardano un po’ oltre al processo e vanno in qualche modo a coinvolgere anche il territorio su cui si diff on-dono e si realizzano questi investimenti.

Il concetto di reputazione

Un altro aspetto può essere l’analisi degli esiti occu-pazionali contenuta nel Rapporto, che all’interno del-la valutazione del fondo sociale è uno degli elementi fondanti dell’analisi di impatto dell’investimento in-formazione. Abbiamo anche ragionato sul ruolo del-le istituzioni scolastiche, istituzioni formative rispet-to all’ambiente in cui svolgono la loro funzione. Ci siamo occupati di scuole manageriali internazionali, cioè di quei luoghi che hanno acquisito una sorta di monopolio nella creazione di cultura manageriale a li-vello mondiale e si possono contare quasi sulla punta delle dita. Le scuole che, in questo ambito, svolgono un ruolo di grandi veicolatori di cultura manageria-le che hanno la capacità appunto di produrre mana-ger in grado di aff rontare le grandi trasformazioni del sistema economico mondiale e una cosa di questo ge-nere crea reputazione e credibilità alla scuola. La valu-tazione sulle istituzioni scolastiche può anche comin-ciare a ragionare su questi aspetti, sul concetto anche di reputazione, di rendere conto al proprio territorio, alle persone, ai vari stakeholder, della propria azione, l’accountability, cioè la responsabilità di raggiungere determinati obiettivi. Quindi il concetto di reputazio-ne, potrebbe essere, se vogliamo ragionare anche in prospettiva, uno degli aspetti che può dare conto ed entità alle singole istituzioni scolastiche, far converge-re gli obiettivi, perché c’è una discreta contrapposizio-ne tra i diversi soggetti che costruiscono, che metto-no insieme questo sistema, che è il sistema scolastico. È proprio la valutazione che può evitare o comunque far convergere verso obiettivi comuni queste posizio-ni diverse.

La reazione alla valutazione

È stato detto che in Italia la cultura della valutazione non è ancora molto forte e molto consolidata, ragio-nando soprattutto sugli aspetti dell’innovazione. L’I-talia subisce un fattore che io chiamo un F20, cioè ci sono sempre vent’anni di ritardo rispetto a determinate discussioni, dibattiti, rifl essioni che riguardano un po’ il futuro, un po’ tutti gli aspetti innovativi della vita so-ciale della vita collettiva. Quindi quello della valutazio-ne può essere un fattore di convergenza, anche perché si verifi ca che la valutazione cambia l’oggetto valutato, cioè l’oggetto della valutazione reagisce a questa valu-tazione, non è statico, non è fermo. Reagisce anche in termini deteriori, come è emerso dal Rapporto e for-se anche con i dati relativi alle scuole o la reazione del-le scuole del meridione rispetto ai sistemi di valutazio-ne dell’indagine Pisa. La reazione è presente e si stanno assimilando i processi di valutazione, il linguaggio, che ancora rivedo in Italia molto frammentato, non condi-viso, e ha bisogno di essere consolidato.

Il ruolo dell’opinione pubblica

Su questo gioca un ruolo fondamentale l’opinione pubblica, che è aspetto centrale, perché è l’opinione pubblica che ha bisogno di ragionare sui temi della valutazione, degli esiti, sui risultati da raggiungere, su una prospettiva di futuro, perché qualsiasi processo che ha in sé come fattore fondante il miglioramento continuo, ha automaticamente una capacità di crea-zione di futuro, di prospettiva molto forte e consen-te e spinge le persone a ragionare in termini di futuro, in termini appunto di prospettive future. Al momen-to nel Paese si langue in maniera molto estesa, è sta-to uno degli argomenti forti anche dei festeggiamenti dell’Unità d’Italia, che non hanno soltanto guardato al passato ma sono stati molto centrati sulla creazione di futuro, sulla capacità di un paese di pensarsi fra die-ci o vent’anni. Al Censis abbiamo collaborato a que-sto tipo di iniziative sull’Unità d’Italia e abbiamo sco-perto come questa materia sia molto sentita ma non esplicitata, l’opinione pubblica non l’ha ancora ben sviluppata, ha questa tendenza a ragionare in termini di prospettiva, ma non riesce a capire quali sono i vei-coli che possono guidare la creazione di futuro. Natu-ralmente la scuola da questo punto di vista rappresen-ta uno dei fattori produttivi fondamentali.

Una scuola che “sta al mondo”

Un altro aspetto che volevo sottolineare era quello della comunicazione dei contenuti e dei risultati della valu-

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tazione. Non è semplice naturalmente parlare di valore aggiunto di una scuola perché ci sono aspetti veramente tecnici di analisi, però riuscire a comunicarlo è l’aspetto successivo, cioè i risultati della comunicazione hanno valore se sono comunicati bene se sono in grado di mo-difi care anche, di rompere dei luoghi comuni che sul-la scuola ormai accumuliamo ormai da troppo tempo.Un aspetto appunto è quello che la scuola deve diventa-re, diventa, lo è, anche inconsapevolmente, un luogo di produzione e di cultura per un territorio circostante per una platea non indiff erente di persone. Questa capaci-tà di sviluppare una cultura propria, una cultura legata a quello che si fa all’interno della scuola, collegata al ter-ritorio, alle persone che formano quella comunità è un elemento fondamentale ed anche in questo caso potreb-be essere uno degli aspetti di valutazione che potremmo, in qualche modo, provare a sondare nei prossimi anni. Un altro aspetto, per esempio, della valutazione della scuola potrebbe essere quella di, sempre in questa logi-ca estensiva del concetto di valutazione, verifi care come una scuola sta al mondo, riprendendo anche il titolo di un testo recente di Salvatore Natoli, su come si sta al mondo, come ci si mette in rete con il mondo, come si rapporta, questo è fondamentale. Con questo mi colle-go alla realtà trentina, perché il pericolo più grosso di una scuola è proprio quello di chiudersi, quella di creare delle barriere e abbiamo visto come possa essere molto facile “sedersi”, avere un atteggiamento di conservazio-ne per gli ottimi risultati raggiunti, ma non vedere poi che tutto quel che c’è intorno si modifi ca in maniera molto veloce. Ragionando ancora su quello che ho visto e che ho apprezzato nel Rapporto sulla scuola di Tren-to mi porta a concludere come viene aff rontato il rischio di conservazione, il rischio in qualche modo di sedersi.

L’individualizzazione dell’apprendimento

Sono già presenti nel Rapporto una serie di indicazio-ni che sono molto interessanti, la prima è natu-ralmente quello dell’immigrazione insieme, per esempio, all’impatto delle nuove tecnologie sulle modalità di apprendimento e anche sulla consape-volezza di dover ragionare in prospettiva su risor-se economiche decrescenti, perché questo almeno nella prospettiva di medio periodo non può non essere così. Questi fattori hanno stressato il siste-ma, lo hanno già modifi cato, hanno già generato tutta una serie di reazioni che forse naturalmente il Rapporto ha già colto e che sicuramente, a mio avviso, ci sarà modo di approfondire nelle pros-sime edizioni di questo Rapporto. In particolare sull’impatto delle nuove tecnologie, sulle moda-lità di apprendimento va fatta una breve rifl essio-

ne riguardo proprio al quanto e come le persone e i ra-gazzi apprendono. Abbiamo visto che eff ettivamente c’è una sorta di individualizzazione dell’apprendimento, ci sono molti strumenti, che trasferiscono nozioni, trasferi-scono tutta una serie di conoscenze e alla fi ne di compe-tenze anche in maniera inconsapevole ai ragazzi. Que-sto dev’essere molto importante perché sta scardinando naturalmente un altro degli aspetti appunto dei confi ni dei luoghi di apprendimento, delle ore di apprendimen-to, di ciò che signifi ca apprendimento.

L’impatto delle nuove tecnologie

Per esempio tutto questo aspetto sull’impatto delle nuove tecnologie sicuramente ci porterà in futuro ad avere delle scuole completamente diverse, in parte c’è stata l’introduzione di alcune di queste nuove tecno-logie di cui la lavagna interattiva, ecc., ma eff ettiva-mente non abbiamo ancora capito qual è l’impatto vero che questa innovazione tecnologica sta produ-cendo soprattutto ai ragazzi che sono già nati con in-ternet e che sono all’interno dei cicli della scuola, che vedono la scuola come un ambiente materiale che in qualche modo non risulta essere così stimolante come l’ambiente immateriale che invece li segue e con cui si confrontano all’interno dei PC e dei vari strumenti che utilizzano. Ecco questo è l’ultimo aspetto che vo-levo sottolineare quindi l’impatto delle nuove tecno-logie, la reputazione di chi fa valutazione non soltanto della scuola ma di chi fa valutazione. Questo è impor-tantissimo: la valutazione come diceva giustamente il direttore Biondi del Miur, ha come fondamento l’in-dipendenza, l’autorevolezza e l’autonomia nella pro-duzione di questi processi di valutazione. Questo è uno degli argomenti su cui eff ettivamente in Italia c’è ancora confronto, un binomio su cui una scarsa vedu-ta della valutazione corrisponde a una scarsa percezio-ne di autorevolezza nei confronti di chi fa valutazione.

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La valutazione del sistema scolastico coinvolge evi-dentemente molti aspetti: i principali sono la valu-tazione di sistema, quella degli apprendimenti degli studenti, quella del personale (dirigenti, insegnanti e ATA) e la qualità delle singole scuole La provincia di Trento è stata senz’altro meritevo-le pioniera in questo settore. Come è noto in Italia manca una cultura della valutazione e, quando se ne parla, anche tra esperti e operatori scolastici, ognu-no pensa a qualcosa di diverso in ordine alle priori-tà, ai metodi e alla validità e all’utilizzazione dei ri-sultati attesi. TreeLLLe ha segnalato più volte l’importanza di adot-tare uno schema nazionale di base condiviso, tale da consentire confronti omogenei tra i vari indicatori. Anche per questo è nata l’INVALSI per la valutazio-ne degli apprendimenti, il Ministero ha intenzione di fare crescere un corpo ispettivo indipendente per la valutazione delle scuole e infi ne si stanno avviando sperimentazioni sia per la valutazione delle scuole che per la valutazione degli insegnanti. Sono senz’altro apprezzabili esperienze territoriali che facciano crescere la cultura della valutazione in senso lato e che esplorino metodi e approcci inno-vativi. È peraltro fondamentale che tutti i soggetti territoriali facciano propri almeno alcuni indicato-ri, predisposti a livello nazionale come base minima comune per eff ettuare confronti e fornire quindi in-dicazioni utili agli operatori scolastici, ai dirigenti e ai decisori pubblici, locali e nazionali. In clima di federalismo crescente, per TreeLLLe è decisivo che il MIUR coinvolga le Regioni nella predisposizione di un comune schema di indicatori nazionali: sen-za questa premessa, il rischio sarebbe l’esplodere di diversi approcci e modalità di valutazione da parte delle singole Regioni, Province e scuole che avrebbe-ro certamente una qualche utilità ma compromette-rebbero la possibilità di fornire elementi utili di con-fronto a livello di paese.

Attilio OlivaPresidente di TreeLLLe

Profilo sintetico dell’Associazione

L’Associazione TreeLLLe - per una società dell’ap-prendimento continuo - ha come obiettivo il mi-glioramento della qualità dell’education (educazio-ne, istruzione, formazione iniziale e permanente) nei vari settori e nelle fasi in cui si articola. TreeLL-Le è un vero e proprio “think tank” che, attraverso un’attività di ricerca, analisi, progettazione e diff u-sione degli elaborati off re un servizio all’opinione pubblica, alle forze sociali, alle istituzioni educati-ve e ai decisori pubblici, a livello nazionale e loca-le. Inoltre, anche attraverso esperti internazionali, si impegna a svolgere un’attenta azione di monito-raggio sui sistemi educativi e sulle esperienze in-novative di altri paesi. In particolare si pone come “ponte” per colmare il distacco che sussiste nel no-stro paese tra ricerca, opinione pubblica e pubbli-ci decisori, distacco che penalizza l’aggiornamento e il miglioramento del nostro sistema educativo.Associazione non profi t, rigidamente apartitica e agovernativa; si avvale dell’apporto di personalità di diverse tradizioni e sensibilità culturali che han-no bisogno di confrontarsi e dialogare in una sede che non subisca l’infl uenza della competizione e delle tensioni politiche del presente. I Soci Fonda-tori sono garanti di questo impegno.Il presidente è Attilio Oliva, promotore dell’inizia-tiva e coordinatore delle attività e delle ricerche. Il Comitato Operativo del Forum è composto da autorevoli personalità ed esperti con competen-ze diversifi cate e complementari: Dario Antiseri, Carlo Callieri, Carlo Dell’Aringa, Tullio De Mauro, Giuseppe De Rita, Domenico Fisichella, Attilio Oli-va, Angelo PanebiancoL’Associazione si avvale dei suggerimenti e dei contributi di Eminent Advisor (politici, direttori dei media, rappresentanti di enti e istituzioni, na-zionali e internazionali).Le pubblicazioni di TreeLLLeL’Associazione si propone di aff rontare ogni anno temi strategici di grande respiro (i Quaderni). Sui singoli temi si forniscono dati e informazioni, si elaborano proposte, si individuano questioni aper-te, con particolare attenzione al confronto con le più effi caci e innovative esperienze internaziona-li. Oltre ai Quaderni, l’Associazione pubblica altre collane: Seminari, Ricerche, Questioni aperte. Sul tema specifi co della valutazioneQuaderno 2, “L’Europa valuta la scuola. L’Ita-lia?”, novembre 2002Seminario 10, Sistemi europei di valutazione della scuola a confronto”, ottobre 2008scaricabili dal sito www.treellle.org

ASSOCIAZIONE TREELLLEPER UNA SOCIETÀ DELL’APPRENDIMENTO CONTINUO

contributi

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La scuola trentina si conferma realtà di eccellenza nel panorama della scuola italiana: lo provano le ripetu-te indicazioni positive provenienti dalle prove di ap-prendimento somministrate da diverse istituzioni na-zionali ed internazionali e l’ultima indagine Ocse-Pisa mette in luce un ulteriore miglioramento dei risultati del sistema trentino, che si colloca a livelli di eccellen-za mondiale. Di questo risultato va dato atto e merito a tutti coloro che operano nella scuola e per la scuo-la trentina, ma anche alla comunità locale, perché da tutte le rilevazioni internazionali emerge il ruolo de-cisivo del contesto nel favorire il positivo andamento del sistema scolastico locale.Tuttavia il Rapporto del Comitato di Valutazione se-gnala giustamente anche “l’esigenza di ‘aprire le pie-ghe’, cogliere i segnali di ‘aff anno’ che non di rado si nascondono dietro i dati complessivi e medi”. Mi sof-fermo sue due aspetti problematici segnalati.

La distanza tra scuola, formazione e lavoro

L’aumentata diffi coltà dei giovani muniti di qualifi ca e diploma ad inserirsi nel mondo del lavoro è una diffi -coltà sicuramente raff orzata dalla crisi economica pla-netaria, ma che va esaminata con attenzione per capi-re il complesso rapporto tra sistema formativo e sistema produttivo trentino. Il Comitato evidenzia altri segnali di diffi coltà nel rapporto tra scuola e mondo del lavoro, ad esempio la drastica diminuzione dei tirocini a parti-re dall’anno 2000; anche se andrebbe chiarito a cosa si riferisce quest’ultimo dato (riguarda i tirocini scolastici o quelli per i giovani in cerca di occupazione?), rimane comunque forte l’esigenza di rendere il tirocinio o l’al-ternanza un’esperienza sistematica per tutti gli studen-ti. La distanza tra scuola, formazione e lavoro incide ne-gativamente sulla preparazione dei giovani e sulle loro capacità di trovare un’occupazione coerente con il per-corso formativo seguito, ma anche sulla positiva evolu-zione del sistema economico. La scuola infatti, grazie alle competenze che possiede ed al capitale umano che produce, costituisce a sua volta una risorsa per lo svilup-po dell’economia trentina; anche il sistema produttivo, se manca uno stretto rapporto con la scuola, riduce la sua capacità di riqualifi cazione ed innovazione. Occor-

re dunque promuovere una reazione di doppio scambio, si potrebbe dire in termini chimici, ovvero una intera-zione nella quale tutti e due gli attori in gioco off rono e ricevono qualcosa. La creazione di Poli tecnologici setto-riali, in grado di organizzare raccordi stabili con il siste-ma produttivo locale su specifi ci ambiti signifi cativi del sistema produttivo trentino, raccordando l’off erta for-mativa delle scuole operanti nello stesso ambito e pro-muovendo esperienze integrate di alternanza, formazio-ne superiore, formazione permanente, ricerca applicata, potrebbe fornire la risposta giusta a questa esigenza.

I dislivelli territoriali

In un’ottica rivolta al miglioramento continuo della qualità del sistema trentino (ricordiamo che nel 2009 è stata varata la Raccomandazione europea sulla Ga-ranzia di qualità dell’istruzione e formazione pro-fessionale, e che entro il prossimo mese di giugno tutti gli Stati membri dell’Unione dovranno predisporre un piano nazionale per la garanzia di qualità, che dovrà ri-guardare sia il sistema nel suo complesso che le singo-le strutture formative), è indispensabile andare al di là della pur legittima soddisfazione per le buone medie provinciali ed individuare i punti di forza e di debolez-za del sistema; i primi dovrebbero diventare i punti di riferimento per le altre realtà trentine, dei benchmark da raggiungere, mentre per i secondi andrebbero indi-viduati interventi mirati al loro sostegno. Ad esempio il Rapporto mette in evidenza dei dislivelli nel rendimen-to scolastico dei vari comprensori: occorre approfondi-re i motivi delle diff erenze, per defi nire una appropria-ta strategia d’intervento, che coinvolga anche i diversi territori. La valutazione dunque, come richiede anche la Raccomandazione europea citata in precedenza, ol-tre che fornire un’importante opportunità di rifl essione sui risultati ottenuti, deve rappresentare uno strumento quotidiano di governance, per defi nire sistematicamen-te e costantemente strategie mirate d’intervento per mi-gliorare il sistema in tutte le sue componenti.

Giorgio Allulli, Isfol Coordinatore del Reference Point nazionale

per l’assicurazione di qualità dell’Istruzione e formazione professionale

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Valorizzare le qualità del sistema educativo del TrentinoRapporto 2010

Comitato Provinciale di Valutazione del Sistema Educativo

PROVINCIA AUTONOMA DI TRENTO

Assessorato all’istruzionee sport

Comitato Provinciale di Valutazione del Sistema Educativo