Didascalie Informa n.1-2 Gennaio/Febbraio 2013

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gennaio-febbraio 2013 INFORMA didascalie Rivista della scuola in Trentino Sentirsi a casa Progetti e percorsi di Intercultura all’Istituto “don Milani” di Rovereto PROVINCIA AUTONOMA DI TRENTO n.1-2

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Dossier: SENTIRSI A CASA Progetti e percorsi di Intercultura all’Istituto “don Milani” di Rovereto

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gennaio-febbraio 2013

INFO

RM

Adidascalie

Rivista del la scuola in Trentino

Sentirsi a casaProgetti e percorsi di Intercultura all’Istituto “don Milani”di Rovereto

PROVINCIAAUTONOMADI TRENTO

n. 1-2

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II n. 1-2 gennaio-febbraio 2013

DIDASCALIE Rivista della scuola in TrentinoPeriodico mensileAnno XXI, numero 1/2 gennaio-febbraio 2013

Rivista promossa dallaProvincia Autonoma di Trento(L. P. 3 maggio 1990, n.15, art. 22)Autorizzazione del Tribunale di Trento n. 745dell’11.1.1992

Direttore responsabile:Giampaolo Pedrotti

Coordinatore:Mario CaroliE-mail: [email protected]

In redazione:Cinzia ZeniManuela Saltori (segreteria)

In questo numero:Luca Boschi, Ugo Bozzelli, Mario Caroli, Andrea Delmonego, Antonio Di Seclì, Maria Rosaria Dominis, Gianfranco Festi, Maria Rosaria Gaetani, Luciana Grillo, Nicola Miolo, Elisabetta Nanni, Elena Nardini, Paolo Pancheri, Paolo Rebecchi, Francesco Roat, Laura Scalfi, Anna Tava, Alessandra Teresi, Daniela Toldo, Eraldo Tonelli, Andrea Trentini, Cinzia Zeni, Laura Zoller

Redazione: Palazzo Istruzione via Gilli 3,38121 Trentotel. 0461/497268fax 0461/497267E-mail: [email protected]

Questo numero della rivista viene diffuso solo online; si può comsul-tare e scaricare, anche in singoli servizi archiviati, sul portale della scuola trentina: www.vivoscuola.it

Le foto di questo numero sono di:archivio Didascalie e fornite dai diretti interessati, archivio Ufficio stampa Pat

In copertina: In alto, un gruppo di studenti dell’Istituto Tecnico “don Milani” di Rovereto durante una delle iniziative legate ai progetti presentati nel dossier interno sull’Intercultura (vedi servizio nelle pagine 17-32); in basso, la copertina del libro di Francesco Roat, presentato nella sezione del segnaliamo (vedi pagine 44/45)

SOMMARIO

la notizia: Il calendario del nuovo anno scolastico 2013-2014 1provincia/il Protocollo Esame di stato anche per la formazione professionale 2iprase/l’evento Perkins a Trento parla di “Creatività e apprendimento” 3bisogni educativi speciali/Associazione italiana persone down: 10 anni 4-5minori e rete/La riflessione 6-8

/Il libro 9centro formazione insegnanti/convegno e workshop:

Verso una scuola open 10-15dalle scuole/ITT “Fontana” Rovereto Scuola sostenibile 16

il dossierdentro le buone pratiche

il dossierla dirigente scolasticai numerila retei progettii percorsi: Tom Tom

Altri linguaggiIl videoItaca

le testimonianzele immagini

SENTIRSI A CASAProgetti e percorsi di Intercultura all’Istituto “don Milani” di Rovereto

Inserto a cura di Mario Caroli Interventi di: Mario Caroli, Omar Korichi, Laura Modena, Tomas Pizzini, Daniela Simoncelli, Giusi Vastola

Inserto 17-32

dalle scuole/ITT Marconi Rovereto Berlinguer al Marconi… 33-34… al CFP Veronesi 35… e al Museo Civico di Rovereto 36

centro formazione insegnanti/evento Area Documentazione Pedagogica 37dalle scuole/Terlago Rivive la scuola popolare 38-39scuole dell’infanzia/Provinciali Narrare 40-43segnaliamo/Il libro I giocattoli di Auschwitz di Francesco Roat 44-45

/la recensione La panchina di pietra, di Maria Rosaria Dominis 46/la recensione Figli d’oggi, di Elena Nardini 47/l’incontro Piccola Accademia dei Talenti 48/l’incontro Frabboni e Detti alla Erickson terza copertina

primiero/Il convegno Gioco e giocattoli quarta di copertina

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1n. 1-2 gennaio-febbraio 2013

LA NOTIZIA

IL CALENDARIOAnno scolastico 2013-2014

Giorni di vacanza- tutte le domeniche;- da venerdì 1 novembre a sabato 2 novembre 2013 (ponte della festività di Ognissanti);- da sabato 21 dicembre 2013 a lunedì 6 gennaio 2014 (vacanze di Natale);- da lunedì 3 marzo a martedì 4 marzo (vacanze di carnevale);- da giovedì 17 aprile a sabato 26 aprile 2014 (va-canze di Pasqua e festa della liberazione);- giovedì 1 maggio 2014 (festa del lavoro);- lunedì 2 giugno 2014 (anniversario della Repub-blica).A disposizione delle singole scuole due ulteriori giorni di vacanza, ma il numero minimo di giorni di lezione è fissato in 204. I giorni di vacanza fissa-ti dalla singola scuola devono coincidere per tutti i plessi di competenza, salvo il giorno per la festa del Patrono, che però rientra nei due a disposizione. Meglio se le scuole presenti sullo stesso territorio programmano in forma concertata gli spazi di fles-sibilità consentiti dal calendario scolastico.

Formazione ProfessionaleStesso giorno d’inizio (11 settembre 2013) anche per istituti e centri di formazione professionale di base; ma sono le singole istituzioni formative pro-vinciali e paritarie che determinano la data di inizio del quarto anno, l’organizzazione temporale delle le-zioni, comprese le sospensioni dell’attività didatti-ca di base e dell’orario dei docenti, nel rispetto della durata corsuale e degli ordinamenti didattici previ-sti per i corsi di formazione professionale iniziale di base. Il dirigente del servizio competente fissa il pe-riodo di svolgimento degli esami di qualifica e di di-ploma professionale, tenuto conto delle esigenze re-lative all’avviamento al lavoro degli allievi qualificati e diplomati, con riferimento alla realtà produttiva locale e alla programmazione delle attività. Festività religiose ebraiche nel 2013Si considerano giustificate le assenze degli alunni ebrei dalla scuola e dai corsi di formazione profes-sionale, su richiesta dei genitori, ovvero dell’alunno se maggiorenne, nel giorno di sabato e nei giorni in

cui si svolgono le festività, quali indicate dal Mini-stro dell’interno con proprio decreto pubblicato sulla Gazzetta ufficiale del 4 ottobre 2012. Per l’anno so-lare 2014 si farà riferimento all’atto che verrà a suo tempo emanato dalla medesima autorità governativa. - 13 e 14 settembre: Kippur (Vigilia e digiuno di espiazione); 19, 20, 25 e 26 settembre: Sukkot (Fe-sta delle Capanne); 27 settembre: Simchat Tora’ (Festa della legge).

Scuole dell’infanziaPer le scuole dell’infanzia le attività didattiche per l’anno scolastico iniziano lunedì 2 settembre 2013 e terminano lunedì 30 giugno 2014. Fermo restan-do il periodo di durata di dieci mesi dell’attività di-dattica, i comitati di gestione delle scuole dell’infanzia deliberano il calendario scolastico, anche speciale, in relazione alle specifiche esigenze sociali del territorio in cui ha sede la scuola (es. calendario turistico, con aperture nei mesi di luglio e agosto). I giorni ed i pe-riodi di sospensione dell’attività didattica per le scuo-le dell’infanzia sono i seguenti:- tutti i sabati e le domeniche; venerdì 1 novem-bre (festività di Ognissanti); da lunedì 23 dicembre 2013 a lunedì 6 gennaio 2014 (vacanze di Natale); da lunedì 3 marzo a martedì 4 marzo (vacanze di carnevale); da giovedì 17 aprile a sabato 25 aprile 2014 (vacanze di Pasqua e festa della liberazione); giovedì 1 maggio 2014 (festa del lavoro); lunedì 2 giugno 2014 (anniversario della Repubblica). ve-nerdì 15 agosto 2014 (festa dell’Assunzione).È riconosciuta come giornata festiva la festa del Santo patrono del luogo in cui è ubicata la scuola. Servizio pubblico di trasportoIl servizio di trasporto della Trentino trasporti, sia di linea che speciale, è garantito per le scuole dell’infan-zia dal 2 settembre 2013 al 30 giugno 2014 nonché dall’1 luglio al 29 agosto 2014, per le scuole dell’in-fanzia a calendario turistico e per le restanti scuo-le dall’11 settembre 2013 all’11 giugno 2014 con esclusione dei giorni di vacanza. Il servizio erogato dall’aggiudicatario dei servizi di trasporto scolastico speciale e dagli altri trasportatori è garantito per 206 giorni di scuola e sospeso nei giorni di vacanza.

Nell’ultima seduta del 4 marzo 2013, la Giunta provinciale ha approvato la delibera con il “Calen-dario delle attività didattiche nelle istituzioni scolastiche, nella scuola dell’infanzia nonché negli istituti e centri di formazione professionale per l’anno scolastico 2013-2014”. L’inizio delle lezioni mercoledì 11 settembre 2013, ultimo giorno di scuola mercoledì 11 giugno 2014.

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2 n. 1-2 gennaio-febbraio 2013

Giovedì 7 febbraio 2013 a Roma, tra le Province autonome di Trento e di Bolzano ed il Ministero dell’Istruzione Università e Ricerca, è stato firmato il Protocollo d’intesa, che definisce i Cri-teri generali per la realizzazione degli appositi corsi annuali per gli studenti che hanno conseguito il diploma professionale al termine del percorso quadriennale della formazione professionale provincia-le e intendono sostenere uno specifico esame di stato per consegui-re il “diploma di maturità”. Le firme sono: del dirigente generale del Dipartimento della conoscenza della Provincia autonoma di Trento, Marco Tomasi, del direttore generale della Provincia autonoma di Bolzano, Hermann Berger, e del capo Dipartimento per l’istruzione del Ministero, Lucrezia Stellacci.

ESAME DI STATOSvolta per la formazione professionale

PROVINCIA AUTONOMA DI TRENTO - MIUR il protocollo

Tappa importante di un lungo percorso

Da tanto tempo la Provincia auto-noma di Trento ha investito e svi-luppato un significativo sistema di istruzione e formazione professio-nale portando al rilascio di qua-lifiche professionali a conclusio-ne del terzo anno e già dal 2005 di diplomi professionali a conclu-sione del quarto anno. Un sistema diffuso su tutto il territorio pro-vinciale che coinvolge il 24% dei giovani trentini che alla fine del-la scuola secondaria di primo gra-do lo scelgono. Questa particola-re caratterizzazione del sistema di istruzione e formazione professio-nale ha determinato anche la scelta di programmazione di un’offerta formativa orientata verso una pro-gressiva confluenza degli indirizzi dell’istruzione professionale a ca-rattere statale, nell’istruzione tec-nica o nella formazione professio-nale provinciale.Il proficuo confronto con il Mini-stero e l’attiva collaborazione con la Provincia autonoma di Bolzano hanno permesso la sottoscrizione del Protocollo d’intesa in oggetto

concordato tra la Provincia auto-noma di Trento, la Provincia auto-noma di Bolzano ed il Ministero dell’Istruzione, università e ricerca.

Un risultato non scontato

Un risultato non scontato, ma frut-to di un lavoro lungo e continuo già a partire dalla presentazione di un emendamento poi inserito nel De-creto del Presidente della Repub-blica n. 87 del 2010 (Regolamento sull’istruzione professionale statale) che ha rivisto gli ordinamenti de-gli Istituti professionali statali. Tale emendamento ha attribuito infatti alle Province autonome di Trento e di Bolzano, in considerazione dello Statuto di autonomia e delle relati-ve norme di attuazione in materia di istruzione e di formazione pro-fessionale, la possibilità di realizza-re, attraverso specifiche intese tra il Ministero dell’Istruzione, dell’Uni-versità e della ricerca e le due Pro-vince, appositi corsi annuali che si concludono con l’esame di Stato. Intese, che dovranno definire i cri-teri generali per la realizzazione dei corsi in modo coerente con il per-

corso di istruzione e formazione professionale seguito dallo studente che ha conseguito il diploma pro-fessionale.

Collaborazione tra le due Province autonome di Trento e Bolzano

Con tali premesse la Provincia di Trento e la Provincia autonoma di Bolzano hanno avviato già dai mesi successivi all’entrata in vigo-re del Regolamento il percorso di collaborazione interistituzionale con il Ministero per poter garanti-re l’opportunità di attivare questo apposito corso annuale con uno specifico esame di Stato e quindi consentire la prosecuzione ai più alti livelli di studio universitario e di alta formazione, dando così ri-sposta a una parte di coloro che hanno conseguito il diploma pro-fessionale quadriennale e allinean-dosi in questo modo anche ai cor-rispondenti sistemi europei.A tale fine si è collaborato, in stret-ta sintonia con la Provincia auto-noma di Bolzano, con il Ministero partecipando ad un gruppo tecni-co al fine di ricercare soluzioni in-novative che valorizzino le rispetti-ve competenze e la specificitá della formazione professionale provin-ciale, tenendo conto delle disposi-zioni speciali contenute nelle nor-me di attuazione dello Statuto di autonomia in materia di istruzione e in particolare in materia di esami di Stato.Quindi, il Protocollo d’intesa, che offre la possibilità anche agli stu-denti della formazione profes-sionale che hanno completato il quarto anno e che decideranno di proseguire gli studi, di sostenere uno specifico esame di stato su di-scipline e contenuti coerenti con il percorso realizzato, dopo aver fre-quentato un ulteriore anno prepa-ratorio.

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3n. 1-2 gennaio-febbraio 2013

David PerkinsCreatività e Apprendimento

VENERDÌ, 15 MARZO 2013 | ORE 14,30 - 18,00AULA KESSLER - DIPARTIMENTO DI SOCIOLOGIA E RI-CERCA SOCIALEVIA VERDI 26 – TRENTO

L’evento è promosso dall’Iprase Trentino ((Istituto provinciale per la ricerca e la sperimentazione educativa) I all’interno dei Progetti finanziati dal Fondo Sociale Europeo ed è rivolto a dirigenti scola-stici, direttori dei Centri di Formazione Professionale, insegnanti ed operatori vari interessati alle tematiche dell’insegnamento/apprendi-mento. Un invito, quindi, che potrebbe essere esteso anche a docenti e studenti di alcune Facoltà dell’Università degli studi di Trento, come Lettere e Filosofia, Scienze cognitive e Sociologia (dove peraltro si tro-va collocata l’Aula Kessler, sede dell’incontro).

PERKINSUna “lectio” per la scuola

Le domande

In un mondo in rapida evoluzio-ne, che presenta sfide fondamen-tali per gli educatori di oggi, que-ste le domande poste da Perkins:•Comesifaaprepararealmeglio

i giovani per un futuro che è dif-ficile da immaginare?

•Come si fa a creare esperienze di ap-prendimento che siano coinvolgen-ti ed emozionanti per i bambini?

•Come si può insegnare il tipodi comprensione profonda e di pensiero che permette alle per-sone di risolvere problemi com-plessi e di fare un lavoro che sia eccellente e innovativo?

•Come si fa ad incoraggiaregli studenti ad “innamorarsi” dell’apprendimento?

Programma del pomeriggio

ore 14.30 Registrazione ore 15.00 Apertura dei lavoriore 15.15 Rinnovamento dei

curricoli in prospetti-va europea

Annamaria Ajello, professore ordi-

rettore insieme a Howard Gardner. Questo gruppo di ricerca si è occu-pato di psicologia e filosofia del-la formazione nel campo delle arti, ampliando poi le aree di indagine sino a comprendere lo sviluppo e le capacità cognitive in ambito uma-nistico e nei settori scientifici. At-tualmente Perkins è docente senior della formazione presso la Harvard Graduate School of Education.Ha condotto programmi a lun-go termine di ricerca e sviluppo in materia di insegnamento e appren-dimento per la comprensione, la creatività, il problem-solving e di ragionamento nel campo delle arti, delle scienze, e la vita di tutti i gior-ni. Ha anche studiato il ruolo del-le tecnologie didattiche nell’inse-gnamento e nell’apprendimento, e ha progettato strutture e strategie di apprendimento nelle organizza-zioni per facilitare la comprensione personale e organizzativa e intelli-genza. Queste indagini rispecchia-no una concezione della mente che enfatizza le relazioni interdipenden-ti tra il pensiero, l’apprendimento e la comprensione. I tre dipendo-no profondamente l’uno dall’altro. L’apprendimento significativo mira a comprendere e dipende dal pensa-re con e su ciò che si sta imparando. Pensare efficacemente nello studio disciplinare e in generale, implica la comprensione delle risorse della mente e imparare a utilizzarle con sensibilità e sistematicamente.

nario di Psicologia dello sviluppo e dell’educazione, Università La Sapienza, Romaore 15.45 Creatività e apprendi-

mento Lectio magistralis di Da-

vid Perkins, senior pro-fessor, Harvard Gradua-te School of Education

ore 17.15 Dibattito Conclusioni, Marta Dal-

maso, Assessore all’Istru-zione e sport

È previsto un servizio di traduzione simultaneaiscrizioni on line sito www.iprase.tn.it entro giovedì 14 marzo 2013informazioni: Desj Carli, iprase tel. 0461 494384e mail: [email protected]

Chi è il relatore

David Perkins ha ottenuto il dot-torato in matematica e in telligenza artificiale nel 1970 presso il MIT di Boston. È stato membro fonda-tore di Project Zero presso la Har-vard Graduate School of Education e per oltre 25 anni ne è stato co-di-

evento IPRASE

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4 n. 1-2 gennaio-febbraio 2013

Persone con sindrome di Down, andare oltre i luoghi comuni.A dieci anni dalla fondazione, l’AIPD del Trentino (Associazione Italiana Persone Down) ha richiamato a Trento, sabato 26 genna-io 2013, i più qualificati esperti di educazione e apprendimento, con specifico riferimento alle persone Down. Contributi da esperti (Andrea Canevaro, Dario Ianes…) e un bel video realizzato da Antonio De Cia con le testimonianze dirette di tre ragazzi e una ragazza tra gli undici e i quindici anni che hanno risposto davanti ad una telecamera ad una raffica di domande su ogni argomento, dimostrando simpatia, diversità ed intelligenza. E soprattutto tanta voglia di vivere la vita in tutte le sue potenzialità. Tra i partecipanti, significativa la presenza degli studen-ti del Liceo “A. Rosmini” di Trento. In questo servizio, riportiamo uno dei “temi” che la professoressa di lettere ha fatto svolgere ai suoi stu-denti sotto forma di articolo/resoconto del convegno a cui avevano par-tecipato ed una breve intervista al presidente dell’AIPD del Trentino.

DOWNOltre i luoghi comuni

Ugo BozzelliStudente classe VbC Liceo “A. Rosmini” Trento

Sono lontani i tempi in cui le perso-ne con la sindrome di Down veni-vano tenute nascoste in casa, al ri-paro da sguardi indiscreti, ma anche da molte possibilità di miglioramen-to cognitivo e sociale.Ora sappiamo bene quanto sia im-portante fornire loro un’istruzione adeguata e occasioni di socialità per l’acquisizione di una più ampia au-tonomia, ma per raggiungere risul-tati soddisfacenti è necessaria una condivisione di modelli educativi tra la famiglia, la scuola e gli enti assi-stenziali.È questa la tesi sostenuta al conve-gno che si è svolto sabato 26 Gennaio presso la Sala della Cooperazione di Trento dal prof. Dario Ianes. La complessità della Sindrome di Down (SD) comporta la necessità di affrontare il problema da diverse an-golazioni e con l’apporto delle com-petenze e dell’esperienza delle singo-le persone coinvolte, fermo restando il rispetto dei ruoli; sottolinea Ia-nes “Meglio un’alleanza tra ignoran-

ti con lo stesso obiettivo, che tra tec-nici divisi fra loro”.Nel descrivere l’approccio diretto con il ragazzo e a sostegno di una peda-gogia molto pratica e fondata su-gli aspetti cognitivi e meta-cogni-tivi dei percorsi di apprendimento, ci ha pensato una determinata Be-atrice Pontalti -referente pedagogico AIPD (Associazione Italiana Perso-ne Down)-, seguita dalla coordina-trice dei progetti AIPD nazionale la psicologa Monica Berarducci che puntigliosamente ha descritto le pro-blematiche, con le relative soluzioni, dell’aumento dell’età media di una persona con la SD ( 12 anni negli anni ‘40 e 65 anni, la media di vita ai nostri giorni). Questo innal-zamento dell’età delle persone con la Sindrome di Down ha portato le fa-miglie, le associazioni e le istituzioni a escogitare, con straordinario suc-cesso, pedagogie che educano all’au-tonomia del ragazzo per il pieno in-serimento sociale.Anche la seconda parte del conve-gno “Imparare... imparando” è stata all’insegna dei grandi nomi, la dotto-ressa Rosa Ferri dell’Università La Sa-pienza di Roma e la coordinatrice na-

zionale AIPD d.ssa Anna Contardi, hanno sensibilizzato la stracolma sala di via Segantini riguardo le difficol-tà che una famiglia riscontra durante il percorso di crescita del ragazzo e al linguaggio spesso errato che il senso co-mune ha involontariamente diffuso.Finale impreziosito dalla pietra mi-liare della pedagogia italiana Andrea Canevaro che ha ribadito l’impor-tanza dell’alleanza tra famiglie e isti-tuzioni e che ha toccato il delicato ar-gomento della rivelazione al ragazzo del suo “problema” rimarcando l’im-portanza del dialogo. “La conoscenza è quella di chi la sta vivendo, che con il dialogo ti porta dunque a scoprirla. Tutti hanno diritto alla verità, tutti però attraverso un percorso, affinché possano accettarla”. Con queste sapienziali parole del prof. Canevaro, si è chiuso il con-vegno “Imparare... imparando”, la-sciando in tutti la speranza che que-sto progetto possa diventare sempre più esteso e coinvolgere quindi un maggior numero di persone pronte a migliorare con le loro idee le infini-te iniziative a cui questo progetto ha dato vita.Se si lavora per una maggiore e siste-matica sensibilizzazione riguardo le persone più deboli possiamo, appor-tare alla nostra società un contribu-to importante per una sana crescita culturale e sociale di tutti.

PAOLO RIBECCHIPresidente AIPD del Tren-tino

ci presenti brevemente l’asso-ciazione…AIPD significa Associazione Italiana Persone con la sindrome di Down; la nostra è un’associazione che raggrup-pa le famiglie e le persone portatrici della trisomia 21, variazione gene-

ASSOCIAZIONE AIPD l’incontro

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5n. 1-2 gennaio-febbraio 2013

dieci anni di presenza significa-tiva in trentino. Quali sono le iniziative che vi siete impegna-ti a portare avanti in Questo pe-riodo.Siamo partiti con un piccolo grup-po di famiglie che volevano trova-re delle risposte significative ai bi-sogni che incontravano nella cura dei propri figli; attualmente quel-le aderenti sono una quarantina. La fascia di età delle persone che se-guiamo è per lo più di bambini e ragazzi. Le attività che portiamo avanti sono prevalentemente basate sull’impegno, interesse e disponibi-lità dei soci e di altri volontari che le promuovono.Richiamo solo le attività attuali. Svolgiamo un servizio di volonta-riato che noi definiamo di “prima accoglienza”; si tratta di un suppor-to che offriamo alle famiglie alla nascita, nella fase di accettazione e nella prima infanzia. Attiviamo gruppi di applicazione del metodo Feuerstein che permetta di poten-ziare le capacità cognitive. Speri-mentiamo esperienze di costruzione delle autonomie individuali (“Ra-gazzi in gamba”) per offrire l’op-portunità ai ragazzi di acquisire nuove competenze comunicative, di orientamento nella città, di socia-lizzazione verso l’ambiente esterno alla famiglia. Organizziamo atti-vità ricreative, coma la costituzione di una squadretta di calcio “Dia-mogli un calcio”, realizzata in col-laborazione con ANFFAS; incontri per i fratelli adolescenti “Gruppo

Siblings” e per genitori ed altri fa-miliari nelle “Giornate associati-ve”. Ci occupiamo poi di “Forma-zione”, attraverso la realizzazione di convegni, seminari, condivisione di buone prassi. Una attività molto importante è quella dello “Sportel-lo scuola”: una nostra referente, Be-atrice Pontalti, pedagogista ed inse-gnate di sostegno, offre consulenza a genitori, insegnanti, assistenti educatori ed altre figure professio-nali che lavorano con studenti con sindrome di Down.

immagino che l’obiettivo resta anche la sensibilizzazione socia-le, oltre le famiglie coinvolte…Per le persone con sindrome di Down è necessario affrontare le difficoltà che derivano dalla pre-senza del cromosoma in più e che si ripercuotono a livello fisico e co-gnitivo; tali difficoltà possono di-minuire, anche di molto, con un approccio riabilitativo adeguato. Un grosso ostacolo ad una piena re-alizzazione delle potenzialità indi-viduali è però costituito dal concet-to sociale che ancora prevale rispetto alla sindrome di Down. Per questo ci adoperiamo per rimuovere quei pregiudizi e quegli ostacoli che im-pediscono alla scuola, alla sanità, ai servizi assistenziali e al mondo del lavoro, di accogliere in maniera adeguata le situazioni delle persone con sindrome di Down consideran-do le caratteristiche e potenzialità individuali di ciascuna persona.

(m.c.)

tica che comporta la presenza nelle cellule di un cromosoma 21 in più. Sezione trentina perché opera nella nostra provincia e nella nostra regio-ne; italiana perché, insieme ad oltre più di quaranta sezioni, siamo asso-ciati a livello nazionale costituendo la più grande associazione che si oc-cupa specificatamente di queste pro-blematiche. Grazie all’associazione nazionale riusciamo ad attingere ad un patrimonio scientifico e di espe-rienze che ci permette di essere incisi-vi al massimo sia nell’opinione pub-blica che nella presa in carico delle singole situazioni.

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6 n. 1-2 gennaio-febbraio 2013

Martedì 5 febbraio 2013 si è celebrata anche in Provincia di Tren-to la giornata internazionale della sicurezza in rete dei minori: il Sa-fer Internet Day, istituito nel 2004 dall’ Unione Europea con lo sco-po di sensibilizzare ad un uso più sicuro delle nuove tecnologie e di internet in particolare. Anche quest’anno la Provincia autonoma di Trento ha aderito all’evento proponendo un convegno sul tema “Di-ritti e responsabilità nella rete: connettiamoci con rispetto”. La giorna-ta ha inteso mettere in luce quanto sta avvenendo in Trentino e quali strumenti la scuola e le famiglie possono avere a disposizione per au-mentare la sicurezza dei propri ragazzi. Tra l’altro si è parlato di nuo-vi ambienti di apprendimento, piattaforme digitali, Open Educatio-nal Resources, libri digitali e applicativi per l’ideazione e la creazione di prodotti multimediali.

MINORI E RETECosa rimane dopo l’evento…

SAFER INTERNET DAY la riflessione

Oltre l’“urgenza”

Che i ragazzi navighino in rete è un fatto risaputo ed evidente a tutti coloro che stanno a contatto con i giovani, forse però vi è meno consa-pevolezza della problematica della sicurezza in rete dei minori. Proba-bilmente è un particolare che si ten-de a considerare solo nei momenti di “urgenza”, quando si viene a co-noscenza di fenomeni di dipenden-za da internet, o di cyberbullismo o di episodi di cronaca collegabi-li ad adescamento on line. Se ce ne occupiamo solo a cose fatte, però, l’intervento viene ad essere necessa-riamente di tipo repressivo, più che educativo e il ruolo dell’adulto che richiama alle regole o che commi-na sanzioni rischia di rappresenta-re solo una dimensione della com-plessità della relazione educativa fra adulto, minore e nuovi media.

Ragazzi emancipati, adulti deresponsabilizzati…

Talvolta l’adulto tende a non sentir-si responsabilizzato rispetto al tema della sicurezza in rete dei minori in quanto ritiene che i ragazzi siano

già molto “emancipati” nell’uso del-le nuove tecnologie, in alcuni casi anche più degli adulti stessi. Ciò in parte è vero, sia con riferimento alle competenze dei docenti, che a vol-te si vedono “sorpassare” in questo ambito dalla velocità di molti stu-denti, sia con riferimento alle ansie dei genitori che si esprimono talvol-ta con preoccupazione per la diffi-coltà di “gestione educativa” che le nuove tecnologie comportano. L’adulto può sentirsi anche in dif-ficoltà di fronte alle abilità dei ra-gazzi, vivere una situazione di ina-deguatezza che però non dovrebbe mai portarlo ad abdicare al suo ruo-lo educativo nei confronti dei mi-nori, o ad attendersi che altri curino questo campo: la scuola a ritenere che questo ambito, come altri che attengono alle regole sia di compe-tenza prima di tutto della famiglia, e la famiglia a sua volta a ritene-re che questo sia invece un ambito su cui la scuola dovrebbe investire in modo massiccio. La conseguen-za può essere, allora, che mentre le due agenzie educative più o meno esplicitamente si rimpallano com-petenze e responsabilità i ragazzi si auto-educhino con tutti i rischi che ciò può comportare.

Differenti dimensioni dell’approccio:

dimensione tecnica…Volendo analizzare un po’ più in profondità alcuni aspetti dell’e-ducazione ai nuovi media in rela-zione alla sicurezza dei minori, si individuano da subito diverse com-ponenti che interagiscono: ad un primo livello vi è senza dubbio l’a-spetto tecnico, che presuppone una conoscenza di ciò di cui stia-mo parlando, la capacità d’uso e di difesa del proprio PC o telefonino. Spesso sotto questo aspetto i ragazzi sono abbastanza attrezzati, attraver-so il passaparola vengono a cono-scenza di vari accorgimenti tecnici per difendersi dal possibile passag-gio di virus o da contenuti poten-zialmente pericolosi, ma non sem-pre sono attenti a informazioni non adatte o a trabocchetti on line, ri-spetto ai quali un adulto dovrebbe essere quanto meno più accorto.

… dimensione affettiva

Altrettanto se non più importan-te è l’aspetto affettivo che sta alla base dell’uso, talvolta sproposita-to delle nuove tecnologie. Bisogna riconoscere che le nuove tecnolo-gie agiscono sui bisogni di comu-nicazione e di socialità dei ragazzi e che offrono occasioni di parteci-pazione che non sempre gli adulti

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mettono a disposizione, nella real-tà, ai giovani. I bisogni di comu-nicazione dei ragazzi di oggi non si differenziano in sé da quelli dei loro genitori alla loro età, ciò che si differenza è la modalità in cui que-sti bisogni trovano soddisfacimen-to: grazie alle nuove tecnologie vi sono molte più possibilità, ma vi sono anche molti più rischi. Spesso i ragazzi cercano amicizie on line, e talvolta arrivano anche a sosti-tuire con amici virtuali quelli rea-li o a mascherare la propria identi-tà per farsi accettare. Il rischio che si crei una dipendenza o una ami-

cizia esclusiva con chi non si cono-sce realmente è sempre più diffuso e così pure il rischio che i ragazzi si aggreghino a gruppi di cui non hanno chiari i valori di riferimento e gli scopi. È dunque fondamen-tale che l’adulto, genitore o inse-gnante, sia in dialogo col minore, possa dedicare del tempo a ragio-nare sui bisogni di comunicazione, ma anche di divertimento e di gio-co, considerando le diversità ed i cambiamenti che le nuove tecno-logie hanno introdotto in questo ambito. Si deve poter riflettere in modo neutro sul ruolo delle emo-zioni e degli affetti e l’adulto deve continuare ad essere un punto di riferimento di ascolto e di accetta-zione, cercare sempre di mantene-re aperto un canale comunicativo.

… dimensione civica

Un terzo aspetto fondamenta-le nell’educazione ai nuovi media e per il quale i ragazzi vanno ne-cessariamente guidati ed educati da figure adulti autorevoli è quella che potremo definire la dimensio-ne civica: che mette al centro le re-gole di comportamento che anche nel mondo virtuale, come in quel-

lo reale, esistono, vanno conosciu-te ed esercitate. Su questo aspetto è fondamentale che scuola e fami-glia riescano a lavorare sul senso di responsabilità individuale che esi-ste sempre anche se si sta dietro ad un monitor e sull’importanza del rispetto dell’altro, della propria ed altrui riservatezza. Pur consideran-do che fra adulti e ragazzi diverso è il valore che viene dato al con-cetto di “reputazione”, di privacy e di messa in mostra di sé stessi e dei propri bisogni, desideri e aspi-razioni, e che quindi sia accettabi-le che vi siano diversi punti di vista su tale tematica, va comunque te-nuto ben presente che vi sono dei criteri di base che non possono es-sere del tutto sconvolti, in un’ot-tica di società basata sul rispetto e sul valore dell’altro. Può esse-re molto interessante che adulti e giovani inizino a discutere di ciò, e il pretesto dei nuovi media può costituire un valido spunto per un confronto anche culturale.

Il compito educativo dell’a-dulto

Se si tengono presenti tutte e tre queste dimensioni dell’educazio-ne ai nuovi media è possibile com-prendere meglio e con più precisio-ne che solo una visione superficiale del tema può indurre a pensare che i giovani siano più preparati de-gli adulti e che possano, in questo

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campo, agire, fare esperienza, ma-gari da soli e per prove ed errori.L’adulto non può rinunciare al suo compito educativo nei con-fronti delle giovani generazioni, e il campo dei nuovi media non è poi molto diverso da altri. Se ad esem-pio pensiamo che competa ai ge-nitori stabilire gli orari di rientro a casa la sera per i figli – almeno fino ad una certa età - non possiamo pensare che non competa loro an-che una regolamentazione del tem-po in cui i figli si collegano in rete, ed ancora, se pensiamo che i ge-nitori debbano conoscere gli ami-ci dei propri figli forse ci sembre-rà normale che sappiano anche chi frequentano in rete e via dicendo. E il genitore che si preoccupa solo dei costi delle ricariche telefoniche del figlio, farebbe bene a conside-rare anche il bisogno affettivo che sta alla base della necessità per il ra-gazzo di essere sempre connesso. Sul versante della scuola l’insegnan-te non può non riflettere ad esem-pio sull’enorme quantità di infor-mazioni reperibili on line e come queste possano condizionare un la-voro di ricerca e di costruzione del sapere, su come diventi sempre più importante la capacità di validare, selezionare e utilizzare le informa-zioni. Allo stesso tempo la possibili-tà di creare in gruppo informazione e di iniziare a costruire anche per al-tri una banca dati, una sezione wiki, ecc… può stimolare una riflessione più ampia e partecipata sul senso della trasmissione della conoscen-

za, sulle responsabilità di immette-re notizie e dati in rete, ecc…

Paura del confronto coi ragazzi…

L’adulto che abdica al suo ruolo educativo nel campo dei nuovi me-dia è spesso colui che, in difficol-tà sul piano tecnico, preferisce non mettersi a confronto con i ragazzi , temendo forse di vedersi sminui-to nella sua figura di adulto compe-tente. Ma l’educazione ai nuovi me-dia può essere vissuta anche come occasione per creare nuove moda-lità di relazione fra adulti e giova-ni. Vi sono già parecchi progetti in cui giovani ben attrezzati sul piano tecnico riescono a mettere a dispo-sizione di adulti le loro conoscen-ze sull’uso del PC, della navigazio-ne in internet ecc…e ricevono in cambio esperienza e senso critico, ma anche una relazione significati-va, un riconoscimento ed una va-lorizzazione delle loro competenze. Al di là dello scambio di contenuti tecnici, queste attività di incontro e di confronto intergenerazionale of-frono un significativo valore ag-giunto di tipo affettivo e relazionale che non può essere disconosciuto.

Dai “vecchi” ai nuovi media: dal controllo protettivo alla partecipazione

Concludendo questa riflessione, che vuole dare solo un breve spun-

to alla discussione sulla tematica, viene alla mente come negli anni scorsi a livello educativo si sottoli-neava la necessità di un’educazione ai (vecchi) media che rendesse più attivi i ragazzi e che evitasse il ri-schio di una esposizione passiva e acritica, ad esempio alla TV. Con media unidirezionali e sostanzial-mente trasmessivi, il rischio prin-cipale era infatti di un assorbimen-to acritico dei contenuti proposti.Ora, tenendo in considerazione le molteplici possibilità di connes-sione, partecipazione, espressione che i nuovi media danno ai ragaz-zi, si rende più evidente la neces-sità di un’educazione alla parteci-pazione e più urgente il supporto dell’adulto nei confronti del mino-re, che deve essere aiutato ad agire, in modo responsabile e nel rispetto delle regole sociali. Se nel passato, quindi, l’educazio-ne ai media poteva anche limitar-si ad essere più di tipo “protettivo” e di controllo, ora con i nuovi me-dia, l’educazione tocca necessaria-mente i temi della partecipazione e della responsabilità e deve dare delle coordinate entro cui la cre-atività e la formidabile possibilità di comunicazione possano trovare utili modalità di esercizio. Molte sono le possibilità per gli adulti di “aggiornarsi” e di metter-si alla prova in questi campi, sen-za pretesa di esaustività, volentieri segnaliamo qui sia il portale fami-glia e nuove tecnologie, all’interno del sito della Provincia di Trento, sia il sito wwwsicuriinrete.it che mette a disposizione materiali per ragazzi, genitori ed insegnanti. Ricordiamo infine che il Centro per la formazio-ne continua e l’aggiornamento del personale insegnanti di Rovereto ha programmato per il prossimo anno scolastico anche alcune proposte formative sul tema dei nuovi media e della sicurezza in rete dei minori.

Manuela Broz

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GENERAZIONE CLOUD. Essere genitori ai tempi di smartpho-ne e tablet, di Michele Facci, Serena Valorzi e Mauro Berti. Presen-tato proprio alla vigilia del Safer Internet Day presso la sede della casa editrice Erickson a Gardolo. Gli autori, per la verità, sono anche pro-tagonisti indiscussi delle riflessioni che vengono proposte alle scuole e non solo in occasione del Safer Internet Day sul rapporto minori e media, genitori/minori/media.

CLOUDGenerazione dalle nuove sfide

Rivoluzione digitale e nuove sfide

L’invito è chiaro: “La rivoluzione di-gitale, che trova il suo coronamen-to nella diffusione della tecnologia Cloud, ha influenzato gli stili di vita, di comunicazione, di socializzazione e di apprendimento ponendo nuo ve sfide alle famiglie e alle scuole. Scopo del libro è fornire agli edu-catori – genitori, nonni e inse-gnanti – non competenze tecni-che o informatiche bensì la cornice culturale, le modalità di approccio e le indicazioni che possono aiu-tarli e sostenerli nella loro azione quotidiana a favore della crescita e dello sviluppo dei bambini e dei giovani nell’Era digitale.”Il nome dato alla generazione dei “figli digitali” parla da sé: “nuvola”, bambini e adolescenti avvolti pro-prio da una nuvola, che vivono per aria, che possono volare e perder-si proprio perché fragili e provvisori, anche se apparentemente addestrati e sicuri, come gli strumenti sempre più tra le loro mani: smartphone, tablet e altre diavolerie: Generazione clou.

Un libro per genitori ed educatori

Giorgio Dossi, presidente di Erickson saluta i numerosi parteci-panti, quasi sorpreso, perché si trat-ta di pubblico attento alla tematica, ma molto variegato (in sala anche il

propone, ma dobbiamo conoscere alcune dinamiche di base che rego-lano comunque la relazione adul-to/minore anche rispetto alla rete.La velocità con cui cambia lo stru-mento è semplicemente “pazzesca”, dai “mezzi” con fili, tastiera, cavi ecc. ecc. a rettangolini autonomi senza cavi, semplicemente da usa-re, con piccolo tocco sullo scher-mo. Noi adulti, cerchiamo almeno di “non aver paura”, di usarli anche insieme ai nostri figli, di star vicini a loro quando sono connessi, di ca-pire potenzialità per previre i rischi.E se Michele Facci, in particolare, cerca di invogliare alla famigliari-tà dello strumento, la psicoterapeu-ta Serena Valorzi sceglie di parlare “col cuore”, di trasmettere agli adul-ti presenti emozioni e sensazioni in diretta e li inviata a non dimenticar-si di dire ai minori “che ci siamo, che stiano tranquilli, che stanno fa-cendo cose normali. Perché, se li la-sciamo soli, i bambini e i minori in genere cercano nella rete le risposte che non trovano negli adulti e allora le macchine diventano produttori di emozioni. Mauro Berti si soffer-ma sul valore aggiunto del libro ed è efficace nel parlare di ambiente web coi nuovi media: “Dieci anni fa par-lavamo di connessione ad internet, oggi internet è intorno a noi”. Tan-te suggestioni, ma anche tanti trian-goli rossi dentro “la nuvola”.

(m.c.)

questore, qualche amministratore, tanti operatori, docenti, insegnanti).Al tavolo i tre autori, riconosciuti come competenti in materia:michele facci - laureato in psi-cologia, si occupa delle dinami-che psicologiche e delle varia-bili cognitive che intervengono nell’interazione mente/tecnologie. Fondatore del sito www.pericoli-diinternet.it, è autore dell’eBook gratuito Le reti nella Rete: i perico-li di internet dal cyberbullismo alle sette pro-ana (EricksonLive) serena valorzi – psicologa e psi-coterapeuta cognitivo/comporta-mentale, esperta in prevenzione e trattamento delle nuove dipen-denze, si occupa anche di burnout, comunicazione assertiva e dell’im-patto cognitivo ed emotivo delle nuove tecnologie.mauro berti – sovrintenden-te della Polizia Postale e delle Co-municazioni per il Trentino - Alto Adige di Trento, responsabile dell’Ufficio Indagini pedofilia.

Il messaggio: stiamo vicini ai nostri figli

L’approccio dei tre autori è ov-viamente diverso, ma il messag-gio univoco: basta lasciare i ragazzi da soli con la scusa che loro san-no come usare i nuovi strumen-ti digitali e noi no, non dobbiamo diventare tutti esperti nel maneg-giare tutto ciò che il mercato ci

il libro

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Non sono stati davvero pochi gli insegnanti iscritti e partecipanti ai due pomeriggi di approfondimento e riflessione sulle risorse libere per l’u-so delle nuove tecnologie nella scuola giovedì e venerdì 17 - 18 genna-io 2013 con il convegno e workshop. Oltre 150 i partecipanti e, prin-cipalmente, molta “passione” negli interventi e nelle proposte avanzate. “Verso una Scuola Open”, organizzato dal Centro Formazione In-segnanti di Rovereto, sull’utilizzo dell’Open Source nella scuola, per la didattica ma anche per l’amministrazione; un passo per sensibilizza-re la Scuola e i suoi attori fondamentali alla costruzione di competenze di cittadinanza digitale in ambienti Open “per un accesso consapevole alla conoscenza condivisa”. Tutta l’organizzazione, per conto del Centro Formazione Insegnanti di Rovereto è stata curata da Elisabetta Nan-ni, con la collaborazione – come per le altre iniziative – di Paola Giori.

UNA SCUOLA OPENContributi, riflessioni, esempi pratici

Oltre la denuncia e gli appelli “da crociata” Il Convegno si proponeva di offri-re spunti di riflessione sia in ambi-to locale con lo scenario provincia-le e le proposte presentate nelle due giornate, sia in ambito nazionale con l’esperienza del Liceo Scien-tifico Majorana di Orvieto che ha costruito un intero laboratorio in-formatico in Rwanda e l’iniziativa di Wikimedia Italia che ha portato il progetto Wikipedia nelle scuo-le dell’Emilia Romagna, ma anche in ambito internazionale, con il collegamento in Videoconferenza (per la verità non riuscito per pro-blemi tecnici, ma messo a disposi-zione poi dal portale del Centro di Rovereto) con il Centro Educati-vo di Cordoba, con l’esperienza e la scelta politica della Regione An-dalusia di acquistare netbook per i ragazzi solo con sistema operativo Open. Guadalinex.Contributi e approfondimen-ti, nel primo pomeriggio presso l’Aula Magna del Palazzo Istruzio-ne a Trento, in via Gilli; esempli-ficazioni partiche e dimostrazio-ni sull’uso di programmi liberi, nel secondo pomeriggio di venerdì 18

gennaio presso l’Istituto compren-sivo Comenius di Cognola.Un evento, nato sia alla luce del-la recente legge provinciale trenti-na (luglio 2012) “Norme in materia dell’adozione dell’Open Source”, sia dalla necessità di condividere l’e-sperienza trentina della Wiild e della nascita della distribuzione live Wiil-dOS, un sistema operativo portabi-le al cui interno si possono trova-re software didattici Open, ovvero non coperti da licenza proprietaria. Dietro, la convinzione che inserire l’Open nelle attività didattiche non è solo una questione di risparmio economico per le scuole, ma diven-ta per i ragazzi una vera educazione alla cittadinanza digitale per “abita-re” la Rete condividendo l’accesso alla conoscenza.

covi: Siamo qui per capire meglio l’impatto delle tecnologie sull’apprendi-mento

Molto partecipato, dicevamo, e con molti spunti di riflessione e approfondimento il primo dei due pomeriggi. Dopo il saluto dell’as-sessore provinciale all’istruzione e

allo sport, Marta Dalmaso, le mo-tivazioni del convegno sono state introdotte dal direttore del Cen-tro Formazione Insegnanti di Ro-vereto. Il tema, ha esordito Lucia-no Covi, “s’inserisce nel più ampio dibattito riguardante il rappor-to tra nuove tecnologie e didatti-ca, l’impatto che le ICT determi-nano sui processi di insegnamento e di apprendimento e conseguen-temente sui nuovi equilibri che si verificano tra docenti adulti e gio-vani discenti ovvero tra immigrati digitali da un lato e nativi digita-li dall’altro. La questione dell’O-pen Source presenta delle specifi-che peculiarità e sfaccettature, che vorremmo cercare di approfondi-re in queste due giornate, provan-do ad andare però oltre all’approc-cio tendenzialmente ideologico di pura contrapposizione con il sof-tware cosiddetto proprietario o di motivazioni di carattere economi-co che spesso contraddistinguono il dibattito sull’open, ma privile-giando invece gli aspetti di caratte-re metodologico, di contenuto e di relazione con i processi formativi”.

Ronchetti: “Un’importante svolta etica”

È toccato poi a Marco Ronchet-ti (Università di Trento), aprire la strada agli approfondimenti deline-ando con convinzione e determina-zione vantaggi ed ostacoli di Open source nella scuola, con un avverti-mento che ha ribadito in chiusura, ma che – ha detto – diventa un im-perativo categorico etico anche dal punto di vista sociale: “In un mo-mento di crisi e di risorse dram-maticamente calanti, cogliere l’op-portunità di ridurre i costi senza perdere funzionalità non è un’ op-

eventi

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zione, ma un dovere.” L’introduzio-ne del software libero nella scuola è importante a prescindere dalle con-dizioni al contorno, ma in un mo-mento di crisi e taglio di servizi as-sume una valenza imprescindibile.La importante riduzione di costi che il software open source compor-ta può infatti liberare notevoli risor-se legata a costi correnti, che posso-no essere impiegate per altri fini. A parte il vantaggio economico, altri aspetti (sicurezza, supporto, crescita di competenze e di consapevolezza, educazione alla legalità) sono effetti collaterali rilevanti nella introduzio-ne di software libero.

Distinguere tra “libero” e “gratuito”

Attenzione, però, a distinguere tra “libero” e “gratuito”: il secon-do senza il primo può nascondere trappole insidiose!Ma davvero il software commer-ciale è sostituibile con software li-bero? La migliore risposta viene dagli esempi sul campo che dimo-strano come stiano le cose nei fatti.E allora perché il software libero non si impone da sé, ovunque ed in tempi rapidi? I fattori sono vari: la resistenza al cambiamento; l’abitu-dine e la poca voglia di apprendere;

i tecnici informatici con l’attitudi-ne a negare il valore di una cosa gra-tuita; alcune esperienze del passato di una non perfetta compatibilità dei prodotti immaturi; una criptici-tà del linguaggio usato dagli addetti ai lavori, assieme ad una certa dose di fondamentalismo; la scarsa cono-scenza delle alternative disponibili.

Ostacoli, ma anche tanti vantaggi

Gli ostacoli ci sono, nell’uso di open source – ha proseguito Ron-chetti -, “come quel certo fonda-mentalismo dei crociati dell’Open, o l’effettiva compatibilità con altri programmi; ma i vantaggi sono di gran lunga superiori, anche e prin-cipalmente nei confronti del pro-gramma con licenza ma in uso gra-tuito, un trabocchetto nel quale spesso cascano anche molti docen-ti che presentano agli studenti tut-to come gratuito e poi, una volta a casa, i genitori si vedono costretti a comprare la licenza.”.Insomma, la sintesi della neces-sità di “convertirsi” all’open sta proprio in alcune parole chiave: liberi tutti, condivisione, softwa-re libero, formati liberi, contenu-ti liberi e tanti tanti dati liberi che si possono far circolare anche nel-

le scuole e nell’amministrazione provinciale. In provincia di Bol-zano, ha chiuso Ronchetti, hanno risparmiato il 90% di spesa infor-matica per le scuole, da 270 mila euro a 27 mila euro l’anno. Ri-sparmio, ma principalmente tan-to contenuto etico e cooperativo per i giovani.Open Source non significa solo software libero: significa anche (e forse soprattutto):• formati liberi, affinché dati, in-

formazioni e conoscenza non si-ano imprigionati dai programmi usati per generarli, conservarli e gestirli

• contenuti liberi, perché la cono-scenza sia condivisibile e condivisa

• datiliberi(opendata),affinchéidati generati da istituzioni pub-bliche siano messi a disposizio-ne dei cittadini.

Altri contributi, altri imput…

Daniela Ceccato, direttore dell’Ufficio Organizzazione Pro-cessi e Sistemi Informativi del Di-partimento della Conoscenza PAT, ha illustrato la normativa vigen-te in Provincia in materia di ICT e, nello specifico, l’impegno nella diffusione di software e piattafor-me open e le altre iniziative nelle scuole. Giuseppe De Ninno sul “gemellaggio open” di un liceo della provincia di Orvieto (Liceo “Majorana” di Orvieto) con una scuola superiore del Rwanda; Fri-eda Brioschi, presidente Wikime-dia Italia con la sua relazione “Vi-kipedia va a scuola”.Conclusioni di Antonio Fini, di-rigente scolastico e condirettore della Rivista Bricks con una par-te dedicata alle Open educational Resources, Risorse Edicative aper-te: “risorse educative aperte e corsi open online: sfide e opportunità per l’educazione”.

(m.c.)

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Nel secondo pomeriggio del convegno e workshop “Verso una scuo-la open”, venerdì 18 gennaio 2013, in dieci aule presso l’Istituto Comprensivo “Comenius” Trento2 a Cognola, i partecipanti han-no avuto la possibilità di seguire fino ad un massimo di tre workshop sui dieci proposti, relativi all’ utilizzo di software Open nella quotidia-na attività didattica. I workshop hanno avuto la durata di 45 minuti e sono stati realizzati in sessioni parallele replicate tre volte.

DIECI GRUPPIAl “Comenius: confronto partecipato

Le mani in pasta…

Un autentico pullulare di suoni, voci e immagini, in dieci “labora-tori” con corsisti attenti e relato-ri altrettanto “appassionati” nel far vedere ai colleghi le mille possibili-tà di uso delle tecnoclogie innova-tive nella scuola “non solo a costo zero”, ma con possibilità di inte-razione nei programmi e nei pro-dotti, sia per gli insegnanti che per gli studenti (quando il set sarà con loro a scuola). Learning by doing, imparare fa-cendo, è sicuramente la strategia vincente per supportare i docen-ti durante nuovi percorsi che pos-sano implicare un cambiamento della loro pratica didattica.È stato questo il filo conduttore dei workshop realizzati il 18 gen-naio, durante la seconda giorna-ta del Convegno “Verso una scuo-la Open” presso l’ I.C. Comenius di Cognola, Istituto che, grazie ad una dirigente, un segretario e un tecnico sensibili alla filosofia dell’ Open Source, ha adottato il siste-ma operativo Ubuntu per tutti i laboratori e le macchine presenti in ogni singola aula.Come usare il software libero a scuola, con quali modalità e im-plicazioni nei processi di apprendi-mento/insegnamento? Un’attenzio-ne particolare, quindi, alla didattica quotidiana in classe e non all’ adde-stramento tecnologico.

I workshop sono particolarmen-te apprezzati dai numerosi docenti trentini che vi hanno partecipato.1. Installare UbUntU nel labo-

ratorIo InformatIco: Marco Ciampa, tecnico di laboratorio del Liceo Scientifico “Galilei” di Trento ha guidato i partecipan-ti nell’ installazione del sistema operativo Ubuntu nel laborato-rio informatico scolastico con particolare attenzione alla ge-stione della Rete, illustrandone i vantaggi e le potenzialità.

2. WIIldos e softWare lIbero: costruire il sapere, condivisio-ne, conoscenza e consapevolez-za sono le parole chiave per de-scrivere il progetto WiildOS, il nuovo sistema operativo Open pensato e creato per la didatti-

ca. I partecipanti hanno assi-stito alla presentazione dell’in-terfaccia di Wiildos da parte di Matteo Ruffoni/del gruppo LITsA, il laboratorio di inno-vazione Tecnologica a suppor-to dell’Apprendimento (Uni-versità di Trento), provandone il funzionamento attraverso l’uso di alcuni pc abaco tou-chscreen. Sono stati poi mo-strati e provati i programmi “da lavagna” come Ardesia ed il nuovissimo Open-Sankorè.

3. dIsabIlItà e open soUrce: La scuola ha il dovere di attivare e fornire strumenti e strategie compensative (ausili, applica-tivi, metodi di apprendimento) per promuovere il massimo li-vello di autonomia possibi-le. Interoperabilità, accessibili-tà e sicurezza sono gli elementi peculiari di un sistema Open Source che aiuta così a rimuo-vere gli ostacoli e a facilitare la condivisione della conoscenza. Francesco Fusillo, responsa-bile del CTS di Verona, ha il-lustrato tutte le possibilità del-le distro open per la didattica

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come Sodilinux e WiildOS, sottolineando l’importanza di software compensativi come Orca per gli ipovedenti o il lettore vocale Voxox integrato come plugin di Libreoffice.

4. GrafIca open con Inskape: grazie ai tutorial video realiz-zati da Dino Moser, diretto-re del CFP di Borgo Valsugana (TN) e illustrati dal gruppo del Litsa dell’Università di Trento, i partecipanti hanno avuto oc-casione di scoprire Inkscape, potente strumento interopera-bile per la grafica vettoriale.

5. laboratorIo dI vIdeo edItInG con kdenlIve: il Liceo Majora-na di Orvieto(TR) con il prof. Giuseppe de Ninno, ha porta-to la sua esperienza nell’ utiliz-zo dell’ open source realizzan-do un breve montaggio video con i partecipanti per illustra-re il software Kdenlive e la sua applicazione in classe.

6. ImmaGIna, proGramma e con-

dIvIdI con scratch, presenta-to da Emil Girardi, formatore di Canalescuola, è un software libero di programmazione con impostazione pedagogica di ta-glio costruttivista, che permet-te di approfondire un proprio percorso/contenuto in com-pleta autonomia. Mentre da un lato l’insegnante puo’ cre-are esercizi e giochi didattici, dall’altra sarà lo stesso alunno a sviluppare il proprio elabora-to autonomamente sulla base degli spunti del docente.

7. matematIca-mente: GeoGebra: una geometria dinamica, reale e concreta quella presentata da Cristiana Bianchi, docente del Centro Formazione Insegnan-ti di Rovereto con il softwa-re Open Geogebra, attraverso il quale la soluzione dei compi-ti di realtà in campo matematico puo’ diventare davvero motivan-te e facilitare l’apprendimento di un intero gruppo classe.

8. realIzzazIone dI sItI scolastIcI con Wordpress: Alberto Ardiz-zone, responsabile di Porte aperte sul web, una comunità di pratica promossa dall’Ufficio Scolastico Regionale per la Lombardia,ha guidato gli insegnanti nella co-struzione del sito scolastico pre-sentando un modello realizzato con la Piattaforma Wordpress e dedicando particolare attenzione all’ accessibilità.

9. creare e-book: un laboratorio presentato da Elisabetta Nan-ni, docente del Centro Forma-zione Insegnanti di Rovereto, per realizzare un libro digitale usando tre semplici strumenti open, Libreoffice, con l’add-on epub, Calibre e Sigil ed ottene-re, così, un approccio condivi-so alla conoscenza.

10. strUmentI open per la mUsI-ca In classe - l’arte del brI-colaGe: le competenze del do-cente “bricolagista” sono state momento di riflessione nel la-boratorio condotto da Ales-sandro Gemo, docente di ed.musicale presso l’I.c. Car-ducci di Foligno (PG). Por-tando la sua esperienza diretta, Gemo ha illustrato KXstudio come un insieme di strumen-ti software flessibili e potenti in ambiente Ubuntu, dedica-ti esclusivamente alla musica e al multimedia (Rosegarden, Yo-shimi ecc.) dimostrando quin-di che il “Bricolage” non è altro che “autoring multimediale”.

Elisabetta NanniCentro Formazione Insegnanti

di Rovereto

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Abbiamo chiesto a Maria Rosaria Gaetani, che, all’interno del Di-partimento della conoscenza della Provincia autonoma di Trento, è insegnante in utilizzo presso l’Ufficio Organizzazione Processi e Sistemi Informativi e segue da vicino le questioni dell’uso delle nuo-ve tecnologie nella scuola, di farci una sorta di breve excursus per comprendere meglio da dove siamo partiti e dove siamo arrivati e, quindi, “il punto” anche sull’open source in ambito scolastico.

IL PUNTOE le scuole nel frattempo…?

Il sistema operativo Linux e la libertà d’inse-gnamento

Il dibattito sull’open source in am-bito scolastico è iniziato nel “lon-tano” 1996 con l’apparizione di Internet e con la maggiore accessi-bilità ai computer dal punto di vi-sta economico. È di questo periodo, precisamente nel corso della conferenza del “Pro-getto Linux nella scuola”, l’affer-mazione di una relazione tra il si-stema operativo Linux e la libertà d’insegnamento. Il documento reci-ta infatti che ”il fine principale del-la scuola è la formazione cultura-le in ambiente libero…“Linux può svolgere un ruolo importante [nella scuola] in quanto è un elemento di libertà, scopo dell’informatica nella scuola non è quello di creare fedeli ad una società di software, ma stu-denti liberi di orientarsi su qualsia-si tipo di software con cognizione di causa, liberandoli da qualsiasi giogo dell’industria monopolistica dell’in-formatica. In tal modo si riafferma al tempo stesso la libertà d’insegna-mento e la centralità dell’uomo sul-la macchina”. Convegni e dibattiti si susseguono poi in tutta Italia sul software libero nella didattica, na-scono riviste e siti, si formano grup-pi di lavoro che operano col diffuso desiderio di provare ad usare nella didattica questo software con varie motivazioni: chi culturali, chi eco-nomiche , chi tecniche.

… dal Ministero

Tuttavia a livello istituzionale sia il piano quadriennale, elaborato ver-so la metà del 1997 dal Ministero della Pubblica Istruzione (Mini-stro Luigi Berlinguer), sia il piano di alfabetizzazione informatica del MIUR (Ministero Istruzione Uni-versità e Ricerca – Ministro Mo-ratti) del 2003 implicano delle scel-te di indirizzo poco orientate allo sviluppo del software libero. Infatti il primo prevedeva l’introduzione, nel quadriennio 1997-2000, del-le nuove tecnologie nella didatti-ca intese come multimedialità, con lo stanziamento di svariati miliardi di lire da erogare in quattro anni, soprattutto per l’acquisto di stru-menti hardware (con un sistema operativo e un software minimo di lavoro già installato). Il secondo era rivolto al 20% degli insegnanti (cir-

ca 160.000) con “scarse o nessuna competenza informatica” la cui al-fabetizzazione si basò in realtà tutta su software proprietario.

L’nteresse per l’open source nella didattica…

Nonostante tutto, la consapevo-lezza del software libero si fa strada nelle scuole, gli interessi per l’open source nella didattica sono molte-plici: di ordine tecnico ed economi-co, ma soprattutto di ordine cultu-rale ed etico: il software libero non discrimina economicamente le per-sone, è rispettoso della libertà di pa-rola nel settore informatico e della libertà d’insegnamento.Nascono le distribuzioni live per la didattica sia alle scuole elementa-ri che superiori (di I e II grado) nella scuola italiana anche se l’utilizzo ef-fettivo si limita a casi esemplari, con-centrati per lo più in istituti tecnici o professionali dove l’informatica è materia di insegnamento. Dal 1998 al 2004 sono sorte autonomamente molte iniziative con un ampio dibat-tito; nel 2000 si è tenuto un semina-rio a Trento su “Informatica e scuo-la: il fenomeno Linux”. Tuttavia con la sua missione di alfabetizzazione in-

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formatica, il MIUR aveva dato a Mi-crosoft la capacità di mettere a tacere qualsiasi voce alternativa al suo mo-nopolio nella scuola italiana. La rivi-sta Linux Magazine chiude il settore scuola e nessuna rivista dell’ambiente software libero pubblica più niente al riguardo della didattica con software libero. Convegni e conferenze diven-tano sempre meno frequenti.

… dal 2004, dal Miur passi indietro, ma il sofware libero avanza

E l’interesse per il software libero nella didattica, a partire dal 2004, scema quasi d’un tratto.Nonostante tutto sono state condot-te numerose esperienze relative all’u-so del software libero in vari ambiti. Esistono casi molto interessanti, ma di carattere episodico e frutto esclu-sivamente dello spirito di iniziativa di singoli, generalmente insegnanti di materie tecniche, che, in un’ottica di volontariato collaborativo, hanno installato calcolatori e reti di classe o di scuola e hanno predisposto op-portuni programmi didattici asso-ciati. Tali esperienze discendono da fattori di eccellenza specifici o loca-li (come collaborazioni di nuclei di

ricerca, etc.) e quindi difficilmen-te riproducibili su larga scala e nella scuola di base.Nel corso degli anni, e su indiriz-zo dell’Unione Europea, sono sta-te varate iniziative specifiche per la promozione e diffusione delle risor-se informatiche a codice aperto sia nel settore pubblico che nel mon-do imprenditoriale privato. La più recente, che ci riguarda da vicino, è la Legge Provinciale del 27 lu-glio 2012, n. 16 - Disposizioni per la promozione della società dell’infor-mazione e dell’amministrazione digi-tale e per la diffusione del software li-bero e dei formati di dati aperti.

La strada sembra così spianata, però…

La strada sembra così spianata al-l’0pen source e a quanti si impe-gnano a promuoverlo nelle scuole, ma non è tutto così scontato perché persistono gli ostacoli di carattere strutturale, organizzativo e cultura-le. Molto resta legato alla formazio-ne dei docenti e, anche se il Centro Formazione Insegnanti di Rove-reto ha lavorato molto in tal senso con i docenti neoassunti, tanto resta da fare nei confronti di buona parte di docenti in servizio. Un ulteriore elemento frenante è costituito dal-la particolare distribuzione del per-sonale tecnico informatico a svan-

taggio degli istituti comprensivi, quelli cioè dislocati in più sedi.

… tanti ostacoli da superare

Persistono inoltre forme centrali-stiche di indirizzo verso software proprietario, un esempio alla por-tata di tutti sono:•le famose prove INVALSI che

per essere registrate e trasmesse si servono di maschere proprietarie;

•l’iniziativa sbandierata proprioin questi giorni, l’accordo tra ANP e Microsoft con agevola-zioni ufficiali per le scuole;

•non meno rilevante è l’azio-ne delle case editrici che forni-scono materiale “multimediale” adatto a funzionare solo su sof-tware proprietario.

Resta ancora tanto da fare Quindi molto è stato fatto, ma re-sta ancora da fare tanto per rimuo-vere tutti gli ostacoli nella convin-zione che l’Open Source nelle scuole rappresenta un’opportunità che non solo svincola dall’uso di software proprietario, costoso e non sempre affidabile, ma consente di alimenta-re preziosi percorsi di conoscenza co-mune dove studenti e insegnanti si trovano, spesso, su un piano stretta-mente collaborativo e dove i docenti, riappropriatisi della libertà di scelta e della libertà d’insegnamento nelle nuove tecnologie, potranno offrire una formazione, anche informatica ma non solo, che si colloca all’inter-no della cultura galileiana, nell’idea di una scuola aperta e pluralista.

Maria Rosaria Gaetaniinsegnante in utilizzo presso

l’Ufficio Organizzazione Processi e Sistemi Informativi

Dipartimento Conoscenza Pat

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16 n. 1-2 gennaio-febbraio 2013n. 11-12 novembre-dicembre 2012

AMBIENTEPercorso sostenibilità a scuola

Presso la nostra scuola, ITT Fontana di Rovereto (Trento), da sei anni ormai, abbiamo intrapreso un percorso virtuoso sulla educazione alla sostenibilità ambientale definito dalla sigla “ESA”. La peculiarità del nostro percorso ESA è di essere itinerante nel tempo, nel senso che non è un progetto su tematiche ambientali che rimane confinato in una classe o in un anno scolastico ma che coinvolge tutta la popolazione scolastica nell’adozione di buone pratiche sulla sostenibilità ambientale.

Referenti studenti e docenti

Per poter fare questo abbiamo crea-to una rete di studenti referenti ambientali in ogni classe, suppor-tati da una rete di docenti refe-renti ambientali coordinati da un docente nominato Funzione stru-mentale ad inizio anno dal collegio dei docenti. Il Collegio ha, infat-ti, con grande sensibilità e lungi-miranza, individuato la promozio-ne alla s.a. come uno degli obiettivi formativi prioritari della scuola. Per questo, come attività quoti-diane, teniamo monitorati e sot-to controllo diversi parametri ambientali nelle aule quali tem-peratura, illuminazione, ricambio dell’aria, l’acustica d’aula, la diffe-

renziazione dei rifiuti e quotidia-namente gli studenti si occupano della distribuzione autogestita del-le mele all’intervallo.

Le attività

Nel corso dell’anno scolastico si partecipa,poi, alla iniziativa di Mil-lumino di meno sul risparmio ener-getico promossa dalla trasmissio-ne Caterpillar di RAI 2 (dall’anno 2006), a molte iniziative tematiche sul territorio (Fiera fa la cosa giusta di Trento (dall’anno 2009), a con-corsi o iniziative a tematica ambien-tale (1° Premio al concorso Premio Ambiente dell’Euregio 2008, par-tecipazione alla trasmissione ECO.SCUOLA di RAI EDUCATIO-NAL (2011), per poi organizzare gite scolastiche eco-sostenibili e, a fine anno anno scolastico, la Gior-nata FontanAmbiente (quest’an-no alla sesta edizione) nel corso della quale tutta la scuola parteci-pa nell’organizzare un mercatino sul “baratto e seconda vita degli og-getti”, giochi all’aperto, proiezio-ni e giochi informatici ambientali, un concorso “parole e musiche per l’ambiente”, mostre tematiche in collaborazione con APPA di Trento. Siamo inoltre gemellati con un pro-getto di salvaguardia di foresta plu-viale in Equador che ha l’obiettivo di compensare gli impatti ambien-tali dei nostri consumi di scuola.

Progetto parte integrante dell’istituto

All’inizio la proposta è stata vista con benevolenza ma con distacco da studenti e docenti. Ora, a di-stanza di un quinquennio, è di-ventata parte integrante della vita d’Istituto e fonte di ispirazione anche per attività didattiche in differenti ambiti curricolari. Que-sto ci ha suggerito di fare un al-tro passo in più e di intraprendere l’impegnativo percorso sulla cer-tificazione EMAS sulla corretta gestione ambientale della scuo-la, certificazione con valenza eu-ropea che abbiamo ottenuto pro-prio pochi giorni fa. Un grande risultato che, auspichiamo, pos-sa aiutare la scuola a mantenere, nel tempo, l’impegno in termini sia di tempo che di energie e risor-se economiche investite. E’ bene non scordare comunque, nell’en-tusiasmo delle azioni, che siamo pur sempre una scuola, non una associazione, un ente locale, una agenzia per l’occupazione e quin-di nostro compito principale non è “risolvere i problemi ambientali del mondo” ma quello di forma-re, in particolare studentesse e stu-denti , attenti e sensibili verso un concetto di qualità delle vita che trovi, nel rispetto dell’ambiente, una condizione imprescindibile per promuovere azioni pratiche e concrete di attenzione al territorio ed ai rapporti tra le persone, vici-ni e lontani che essi siano da noi. In sintesi promuovere una qua-lità dell’ambiente per ottenere anche una buona qualità della mente.

Andrea Delmonegodocente coordinatore ESA/EMAS

DALLE SCUOLE ITT “Fontana” Rovereto

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17n. 1-2 gennaio-febbraio 2013

Inserto a cura di: Mario CaroliInterventi di: Mario Caroli, Omar Korichi, Laura Modena, Tomas Pizzini, Daniela Simoncelli, Giu-si Vastola

Progetti e percorsi di Intercultura all’Istituto “don Milani” di Rovereto

sentirsi a casa

il dossier

denTRo le buone pRaTIcheil dossierla dirigente scolasticai numerila retei progettii percorsi: Tom Tom

altri linguaggiIl videoItaca

le testimonianzele immagini

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18 n. 1-2 gennaio-febbraio 2013

In questo dossier raccontiamo, con la voce di al-cuni insegnanti, studenti e della stessa dirigente scolastica, alcuni progetti e relativi percorsi di rea-lizzazione sull’Intercultura all’interno dell’Istituto d’istruzione dei secondo ciclo “Don Milani” di Rovereto. Per chi scrive, si tratta dell’ultimo dos-sier e dell’ultimo numero di collaborazione alla ri-vista didascalie, come coordinatore responsabile.

INTERCULTURAPriorità per una scuola inclusiva

il dossier

Accoglienza, valore aggiuntoNel numero della rivista di dicembre 2003, abbia-mo pubblicato uno dei primi, forse proprio il primo dossier interno “Dentro l’Istituto”, dedicato proprio all’Istituto don Milani di Rovereto, dal titolo “Una scuola che si muove” ed uno dei servizi lo dedicammo proprio al Centro Territoriale Permanente all’interno del quale veniva segnalata l’attività già in forte espan-sione sugli alunni stranieri con una serie di progetti di accoglienza, ascolto e orientamento.È solo una coincidenza, sia la scelta della scuola - l’I-stituto “don Milani” di Rovereto, che al tempo si chia-mava “don Milani/ Depero” prima dell’istituzione del nuovo istituto delle arti provinciale – sia la scelta del tema del dossier, l’intercultura e le “buone pratiche” per l’accoglienza, l’inserimento e l’integrazione degli studenti stranieri nella scuola trentina.Una semplice coincidenza, che però mi fa piacere ri-marcare, senza enfasi, se non altro perché sono con-vinto che nel merito (“Intercultura”) riguardi uno di quegli ambiti decisamente simbolici della funzione sociale della scuola, e di quella trentina in particolare. Sto parlando della scuola aperta e inclusiva, a comin-ciare appunto dall’accoglienza degli alunni stranieri, tra l’altro in grande maggioranza ormai nati in Italia.

Inclusione, valore aggiuntoSono davvero tante le motivazioni che ci hanno con-vinti subito della bontà della scelta di queste “buone pratiche” all’interno di un istituto che ha la dimensio-ne dell’integrazione interculturale – come ci ricorda la stessa dirigente scolastica – come “una priorità nella programmazione e gestione della propria progettuali-tà”, che promuove iniziative di carattere interculturale in modo mirato “dentro” l’istituto, a cominciare dal-le classi del diurno (nella convinzione che l’educazione interculturale cominci dalla pratica quotidiana in clas-

se”), in maniera molto più marcata nei corsi dell’edu-cazione adulti, ma anche rivolte a tutta la popolazio-ne scolastica.Nelle esperienze che docenti e studenti qui ci “rac-contano” emerge con forza una realtà consolidata “che mette in campo strumenti didattici atti a favorire l’ap-prendimento dell’italiano come lingua di comuni-cazione immediata” anche per genitori stranieri che, “pur possedendo il lessico di base per la comunicazio-ne primaria, faticano nell’esposizione orale adeguata alle varie situazioni”.C’è collaborazione fra i docenti dei corsi diurni e i docenti impegnati nel CTP, ci sono alcune ricadute della partecipazione al progetto “dirigenti esploratori in contesti multiculturali” di altre realtà anche extra-pro-vinciali; c’è sul territorio di Rovereto una Rete per l’ac-coglienza e l’inserimento degli studenti stranieri neo-ar-rivati nelle realtà scolastiche, di cui il “don Milani” è capofila; ci sono tanti legami tra insegnanti, tra diri-genti, tra figure diverse con il territorio, con le isti-tuzioni, con il Centro Millevoci con il Centro for-mazione Insegnanti. Questo, grazie alla presenza di referenti/ponte tra territorio e insegnanti curricolari, facilitatori…I Progetti, alcuni dei quali vengono presentati anche nel dettaglio, sono incardinati nella realtà curriculare e disciplinare del mattino e possiamo dire, banalizzan-do un po’, che sono “concreti ed operativi”, che pro-ducono ricadute per gli alunni stranieri nel “sentirsi a casa”, nella casa d’origine, ma anche per muoversi si-curezza nella nuova casa di immigrazione.Si potrebbero dire tante altre cose, ma invitiamo i let-tori a leggere ed eventualmente riprendere con nuove modalità scuola gli stimoli offerti da questo dossier.

Mario Caroli

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19n. 1-2 gennaio-febbraio 2013

daniela simoncelli

dirigente scolastica Istituto “don Milani” Rovereto

non è difficile paRlaRe del “don milani” e pensaRe subito alla pResenza anche vivace di stu-denti stRanieRi nell’istituto, sia nella “scuola del mattino” che nella scuola di seRa”L’istituto di Istruzione don Milani si caratterizza per un’utenza particolarmente eterogenea, sia per prove-nienza ed origine che per condizione sociale ed età.Nei corsi diurni la percentuale di studenti di nazio-nalità non italiana è piuttosto alta, e nettamente su-periore alla media provinciale, aggirandosi intorno al 15%. Oltre agli alunni che arrivano in Italia in cor-so d’anno, e per i quali è necessario mettere in cam-po strumenti didattici atti a favorire l’apprendimento dell’italiano come lingua di comunicazione immedia-ta, sempre maggiore è il numero di alunni nati in Ita-lia da genitori stranieri che, pur possedendo il lessico di base per la comunicazione primaria, faticano nell’e-sposizione orale adeguata alle varie situazioni e, so-prattutto, nella lingua dello studio.

il suo istituto viene chiamato in causa spesso anche peR l’educazione degli adulti

L’istituto è sede del Centro Territoriale Permanente, che organizza molteplici attività per la popolazione adulta di origine straniera: corsi di lingua italiana (per nuovi arrivati, per iniziali, per intermedi e per avan-zati), corsi brevi di preparazione agli esami per la cer-tificazione della conoscenza della lingua italiana (I II III e IV livello CILS), oltre ai corsi di alfabetizzazio-ne informatica e di preparazione al conseguimento del diploma di scuola secondaria di primo grado, dove la percentuale di frequentanti stranieri è piuttosto alta.

siete quasi “costRetti” a faRe i conti con i temi dell’accoglienza e dell’integRazione?

la dirigente

A Daniela Simoncelli, dirigente scolastica dell’Istituto d’Istruzione “Don Milani” di Ro-vereto abbiamo rivolto alcune domande per ri-chiamare il contesto dentro il quale si collocano i progetti e le attività che vengono presentati e “rac-contati” in questo dossier della rivista.

IL CONTESTOUn’utenza molto eterogenea

Alla luce di questi sintetici dati di contesto, è evidente come la necessità di confrontarsi con le tematiche dell’in-tegrazione e dell’interculturalità rappresenti per l’istituto una delle priorità nella programmazione e gestione della propria progettualità, sia per quanto riguarda la compo-nente curricolare che extra-curricolare. Si tratta tuttavia di muoversi su più fronti: da una parte fornire ai docen-ti ed ai singoli consigli di classe strumenti (metodologici e strumentali) adeguati per poter affrontare l’inserimen-to dell’alunno straniero e favorirne il successo formativo e scolastico, dall’altra promuovere iniziative di caratte-re interculturale rivolte a tutta la popolazione scolastica, nella convinzione che la diversità va vissuta non come disagio ed ostacolo ma come ricchezza.

immagino, alloRa, che dovete costantemente tRovaRe foRme di sineRgia tRa diRuno e centRo teRRitoRiale peRmanente…Diventa inoltre di fondamentale importanza riusci-re a coordinare in modo efficace ed efficiente le ri-sorse presenti in istituto cercando in particolare di trovare momenti di collaborazione fra i docenti dei corsi diurni e i docenti impegnati nel CTP, così da dare unitarietà alle esperienze già presenti e speri-mentate magari solo da un gruppo ristretto di in-segnanti. L’accoglienza dello studente straniero e la promozione dell’interculturalità non devono essere viste, come purtroppo talvolta accade, come emer-genze ma come aspetti di sistema che fanno parte dell’identità stessa dell’istituto.Fondamentale, per dare nuova vitalità ed entusiasmo alle tematiche dell’intercultura, è stata la partecipa-zione al progetto “dirigenti esploratori in contesti multiculturali”, che grazie al confronto con altri di-rigente e con altre realtà, anche extra-provinciali, ha permesso di individuare modelli ed esperienze da po-ter trasferire e declinare in Istituto.

(a cura di m.c.)

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20 n. 1-2 gennaio-febbraio 2013

Totale studenti: 786 % stranieri 17,3Tot. stranieri: 136 di cui nazionalità estere 37

I NUMERIAnno scolastico 2012 - 2013

Istituto Istruzione “don Milani” Rovereto

Provenienza:Albania 29Algeria 1Argentina 2Bosnia 3Brasile 1Cile 2Cina 1Colombia 3Croazia 1Cuba 1Danimarca 1Egitto 1Filippine 2Francia 1Ghana 2India 7Iran 1Kosovo 2Lituania 1Macedonia 5Marocco 12Moldova 10Montenegro 1Nigeria 1Pakistan 4Perù 1Polonia 5Rep Ceca 2Rep Domin 2Romania 10Serbia 7Singapore 1Sud Africa 1Thailandia 1Tunisia 6Ucraina 3Uruguay 1

Per indirizzo e classiTecnico economicoClassi 1, 2, 3

SociosanitarioClassi 1, 2, 3

Soc. az.le turisticoClassi 4, 5

Tot 230 Tot 264 Tot 292

cittadinanza non italiana 59 cittadinanza

non italiana 37 cittadinanzanon italiana 40

albania 12 albania 7 albania 10bosnia 2 argentina 1 algeria 1cile 1 bosnia 1 argentina 1cina 1 brasile 1 cile 1danimarca 1 cile 1 colombia 1egitto 1 colombia 2 croazia 1filippine 1 cuba 1 filippine 1india 4 ghana 1 francia 1iran 1 india 1 ghana 1kosovo 1 kosovo 1 india 2macedonia 3 macedonia 1 lituania 1marocco 3 marocco 8 macedonia 1moldova 6 moldova 2 marocco 1nigeria 1 pakistan 1 moldova 2pakistan 1 perù 1 montenegro 1polonia 4 polonia 1 pakistan 2rep ceca 1 rep domin 1 rep ceca 1rep domin 1 romania 2 romania 3romania 5 serbia 1 serbia 2serbia 4 tunisia 2 singapore 1sud africa 1 tunisia 2thailandia 1 ucraina 3tunisia 2 uruguay 1 tot 59 tot 37 tot 40

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21n. 1-2 gennaio-febbraio 2013

Legami e sinergie tra scuole

La Rete è finalizzata a mettere in contatto costante e attivo realtà che altrimenti rischierebbero di non avere intenti e buone prassi comuni, come le scuole di uno stesso territorio. Serve agli addetti ai lavori affinché passino comuni-cazioni di aspetto didattico relative agli studenti, per avere un riscontro sulle attività svolte presso il labo-ratorio linguistico e perché i ragazzi vengano segui-ti da più punti di vista; ma serve anche alle famiglie ed agli studenti stessi, i quali sentono che per loro si muovono persone e realtà in contatto e attente alle loro esigenze, punti di riferimento precisi a cui ri-volgersi in caso di necessità.Sono tanti e legami della Rete di Rovereto:• trainsegnanti per la comunicazione didattica;• tradirigenti per gli aspetti decisionali, tra figure

diverse con il territorio;• conleistituzioniperapportoesostegno;• con Laura Bampi del Dipartimento Istruzione

della P.A.T., con il Centro Millevoci di Trento, il quale supporta le attività di Rete e se ne fa promo-tore qualificato e attento;

• con ilCentro di formazione per insegnanti di Rovereto (nell’a.s. 2011-2012 la Rete ha organiz-zato il corso di aggiornamento “imparare l’italiano studiando le discipline in una classe multiculturale” insieme a Maria Arici e Francesca Rapanà).

I coordinatori di Rete

In un quadro così complesso, figure di riferimento che permettano di ottimizzare il processo di accoglienza

Sul territorio di Rovereto sono presenti nove istitu-ti superiori che, nel 2008, hanno costituito formal-mente una Rete per l’accoglienza e l’inserimento degli studenti stranieri neo-arrivati nelle realtà scolastiche. L’Istituto “don Milani” è Capofila di Rete, ossia sede amministrativa nonché figura re-sponsabile nella persona della dirigente scolastica, la quale, in riunione con i dirigenti degli altri istituti, forma l’organo decisionale per il funzionamento ed il finanziamento dei progetti di Rete.

LA RETESul territorio per l’integrazione

sono i due coordinatori di Rete, Sabrina Ferrari, inse-gnante di italiano presso l’Istituto alberghiero, e To-mas Pizzini, insegnante di italiano all’Istituto don Milani: spetta a loro organizzare le attività atte e favo-rire un inserimento corretto e positivo degli studenti nelle scuole superiori; essere cioè a disposizione dei ra-gazzi e delle loro famiglie, o degli educatori che li ac-colgono in strutture per minori non accompagnati. Risulta fondamentale inquadrare le competenze scola-stiche, in lingua d’origine o in lingua seconda, il pre-gresso scolastico ed il contesto linguistico e formativo in cui lo studente è cresciuto e si trova tuttora. Quan-do la comunicazione risulta impossibile si ricorre alla figura esterna del mediatore linguistico, il quale fa da tramite e da traduttore tra le parti, consentendo di ca-pirsi. Ma il loro compito primario è sovrintendere alle attività per i neo-arrivati, organizzare i tempi, gli spazi e i gruppi di livello del laboratorio di italiano. Gli stu-denti che sono in Italia da meno di due anni e si sono iscritti ad uno dei nove istituti della Rete possono be-neficiare di corsi di lingua italiana in orario scolastico e, in parte, in orario extrascolastico.

Laboratorio e referenti intercultura

Obiettivo primo è favorire l’inclusione scolastica dei neo arrivati ed evitare di creare classi speciali di stu-denti stranieri e per questo serve un apprendimento più rapido della lingua 2 che favorisce anche lo scam-bio culturale all’interno delle classi. Il laboratorio di Rete fornisce un supporto, garantendo un percorso parallelo a quello di classe in cui è forte l’approccio alla lingua italiana per livelli e gli insegnanti (Pasqua-le Tappa e Lisa Marchi) sono persone qualificate e formate al ruolo di facilitatore. La Rete, in quanto tale, non può prescindere da altre figure che colleghino il laboratorio ai singoli istituti: sono i Referenti Intercultura. Ogni istituto rappre-senta le sue necessità, i suoi studenti e le sue propo-ste attraverso un insegnante che ha il ruolo di refe-rente di questo ambito. Sta ai singoli referenti essere ponte tra i coordinatori e gli insegnanti curricola-ri del proprio istituto, tra i facilitatori ed i docenti delle discipline, nonché tenere d’occhio la situazio-ne degli stranieri interna alla propria scuola e garan-tire loro tutti i servizi. Solo in questo modo la tessi-tura della rete diviene fitta ed è possibile far fronte alle varie esigenze.

Tomas PizziniDocente Coordinatore di Rete

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22 n. 1-2 gennaio-febbraio 2013

Progetto TOM TOM

Attivo già dall’a.s. 2011/12, il Progetto TOM TOM è pensato per offrire un aiuto a quegli studenti stranieri che giungono nel nostro istituto senza conoscere la lin-gua italiana - nemmeno ad un livello minimo - e sen-za conoscere nulla del “mondo scuola”: l’organizzazione delle attività curricolari, la dislocazione degli uffici (le se-greterie, ad esempio), come funziona il servizio mensa, o anche – più semplicemente- come procurarsi i libri delle varie discipline. Ci siamo chiesti quali strade percorrere per supportare questi ragazzi da un punto di vista pratico ma anche, e forse soprattutto, a livello psicologico, dato che spesso alle difficoltà legate alla lingua si sommano delle problematiche di tipo relazionale. A questo punto abbiamo pensato che l’aiuto migliore probabilmente l’a-vremmo trovato attingendo alla nostra vera grande risor-sa - gli studenti - e così è stato! Abbiamo chiesto ad alcu-ni ragazzi inseriti già da qualche anno e quindi bilingui di affiancare gli studenti neoarrivati e di “guidarli” all’in-terno della scuola nella quotidianità, ogni volta che se ne fosse presentato il bisogno o l’esplicita richiesta.

Vademecum per studenti e famiglie

Il nostro Istituto ad inizio anno fornisce a tutti gli stu-denti il Vademecum per studenti e famiglie conte-nente le informazioni relative alla scuola utili ai ra-gazzi e ai loro genitori: dall’orario delle lezioni al calendario scolastico, dagli indirizzi e-mail dei docen-ti fino alla sezione dedicata alla normativa, ecc. I ra-gazzi stranieri, molto probabilmente più dei ragazzi italiani già abituati al nostro sistema scolastico, ma-nifestano la necessità di poter disporre di questo stru-mento… ma come possono utilizzarlo se è presenta-

“I progetti e le attività interculturali dell’Istitu-to “don Milani”I progetti a carattere interculturale attivi nel nostro Istituto sono davvero molti: alcuni, già avviati l’an-no scolastico scorso, sono stati riproposti quest’an-no con qualche modifica finalizzata a migliorarne gli aspetti legati soprattutto alle ricadute in ambito didattico; altri, invece, sono stati ideati e realizzati in questo anno scolastico, anche sulla scorta dell’e-sperienza maturata in questo ambito specifico ma allo stesso tempo assolutamente trasversale.

I PROGETTIUna sintesi delle attività

to loro in lingua italiana? Ci siamo quindi ripromessi di creare delle versioni, seppur ridotte alle informazio-ni essenziali, tradotte nelle diverse lingue attualmente parlate nella nostra scuola. Alcune di queste versioni sono state ultimate proprio in questi giorni e verranno consegnate a breve ai ragazzi interessati.

Indicazioni plurilingue per gli uffici

Inoltre, per rendere l’ambiente scolastico accogliente anche “visivamente”, abbiamo pensato di affiancare alle scritte in italiano poste accanto alla porta dei vari uffici, delle scritte in altre lingue. Un accorgi-mento semplice ma, a nostro avviso, significativo ed importante per far sì che il senso di disorientamento o addirittura di disagio provato da chi arriva da un altro paese possa essere almeno in parte colmato. I ragazzi stranieri neoarrivati si immergono in un contesto per molti aspetti nuovo, dove sono supportati e guidati all’apprendimento della lingua italiana, ma ciò non deve indurli (e indurci) a pensare che la lingua madre sia poco importante o debba addirittura essere dimen-ticata. La valorizzazione della cultura d’appartenenza, in particolare della lingua, può concretizzarsi in mol-ti modi differenti: innanzitutto abbiamo pensato di creare uno scaffale multiculturale dove studenti, do-centi e – perché no - anche genitori possano trovare dei testi bilingui. In questo modo, accanto alla lettu-ra di un racconto in lingua italiana, lo studente stra-niero, magari affiancato dal genitore, può leggerne an-che la versione nella sua lingua. Ciò permette, quindi, di coinvolgere anche i genitori nel percorso scolastico dei figli e noi riteniamo questo aspetto particolarmen-te importante.

Le monde en

recettes

Istituto Don Milani

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23n. 1-2 gennaio-febbraio 2013

Ricettario e auguri “a colori”

In questa stessa direzione, poco prima delle feste na-talizie, è stato realizzato il progetto Le monde en re-cettes: alcuni studenti stranieri ed italiani, supportati dai docenti di lingua, hanno creato un ricettario com-prendente ricette di pietanze tipiche dei paesi di pro-venienza, scritte in lingua madre. In seguito è stato allestito uno spettacolo teatrale recitato in lingua fran-cese e tedesca sul tema della diversità e del razzismo, con pranzo finale dove è stata offerta la degustazione di alcuni dei cibi proposti nel ricettario. Sempre in occasione delle ultime festività, moltissi-mi ragazzi stranieri hanno manifestato il desiderio di esprimere gli auguri di buone feste nella loro lingua d’origine e per raggiungere davvero tutti hanno scelto di realizzare un video da pubblicare sul sito del nostro istituto: Greetings from the world. Le nazioni rap-presentate spaziano dalla Cina al Sudafrica, dalle Fi-lippine all’Uruguay… fino alle Isole Fær Øer.

Itaca ed altri linguaggi

A breve lanceremo un nuovo concorso tra classi, simi-le al Progetto Itaca dello scorso anno che ha visto il coinvolgimento attivo delle classi prime dell’indirizzo sociale. Nel corso del secondo quadrimestre, durante le lezioni di Metodologie operative gli studenti hanno avuto il compito di creare manufatti che rappresen-tassero la nostra dimensione multiculturale, con l’o-biettivo di rendere “visibili” le tante nazionalità pre-senti nella nostra scuola. A fine a.s. i lavori sono stati esposti in atrio ed una giuria composta da studenti ha premiato le realizzazioni migliori. Un altro progetto di circa trenta ore (a finanziamento F.S.E.) alla 2^ edizio-ne è Altri linguaggi. Il percorso muove dal presuppo-sto che non esiste solo il linguaggio parlato per comu-nicare, esistono molte altre possibilità che passano, ad esempio, attraverso il linguaggio della musica, quello della fotografia o, ancora, quello dell’espressione cor-porea. Si tratta di alternative possibili che permetto-

no agli studenti stranieri ed italiani di parlare un “lin-guaggio universale”.

Supporto nella didattica

Per quanto concerne l’ambito più strettamente lega-to alla didattica, abbiamo attivato alcuni percorsi per i ragazzi stranieri (neoarrivati o di recente immigrazio-ne) accomunati dall’obiettivo di sostenere il più possi-bile l’acquisizione e il consolidamento della lingua ita-liana. Tra questi, a completamento del prezioso lavoro svolto dai facilitatori dei laboratori attivati dalla Rete, vi sono gli interventi didattici integrativi, che si pro-pongono di aiutare gli studenti in difficoltà nella fase dell’acquisizione del lessico specifico legato alle varie discipline. Molti docenti – anche sfruttando le ore di recupero obbligatorie – si rendono disponibili per del-le lezioni individuali o rivolte a piccoli gruppi, così da poter personalizzare il più possibile l’intervento didat-tico. Anche il corso Lingua per lo studio, finanziato dal F.S.E. e alla 2^ edizione, prevede interventi spe-cifici nell’ambito delle discipline dei due indirizzi di studio dell’Istituto ed ha una durata di circa venti ore.

Intercultura e pratica quotidiana in classe

Inoltre, nella convinzione che l’educazione interculturale cominci dalla pratica quotidiana in classe, in futuro vor-remmo proporre alcuni progetti da realizzare nell’ambi-to dell’attività didattica di ciascun docente, tra cui, ad esempio, la creazione di una banca del materiale sem-plificato. Siamo partiti dal presupposto che negli anni scorsi certamente diversi docenti si sono attivati per pro-durre materiale semplificato per gli studenti stranieri del-le proprie classi; abbiamo poi considerato che gli alunni che necessitano di tali semplificazioni sono ormai pre-senti in quasi tutte le classi del primo biennio. Quindi, perché non mettere a disposizione dei colleghi ciò che un docente produce oggi, sapendo che domani egli po-trà usufruire del materiale già prodotto da altri colleghi? Intercultura e didattica: un percorso di service le-arning: può essere proposto nelle classi del primo biennio nell’ambito della lettura di brani antologici formulando un obiettivo specifico che contribuisce a dare senso all’attività: è possibile combinare una nuo-va forma di apprendimento con un servizio per gli studenti stranieri presenti in classe. Dopo la lettura di un brano, si propone la semplificazione del testo at-traverso alcune fasi, come la ricerca termini difficili, la semplificazione delle strutture sintattiche, la rielabo-razione e la sintesi del brano, ecc. Tutti i testi sempli-ficati prodotti potrebbero in seguito essere pubblicati sulla piattaforma AVAC a disposizione degli studenti.

Laura ModenaDocente referente Intercultura Istituto

“don Milani” Rovereto

BaghrirEmpanadas

GueffusBatbout

Carre FarciSaussisson Au Chocolat

Conversations Pizza

BiscuitsBurek Brewet

TiramisùStrudel

Pan Di Spagna Tarte Aux Pommes

Couscous Gâteau À La Ricotta Et Aux Noix

Pavesini A La Noix De Coco

Macaron Petites Boules En Fete

Burek Canederli

Gâteau Au Chocolat Frati Embriaghi

Soupe BruléTagliatelle Au Ragout De Viande

Gulash Zelten

Bucatini All'amatriciana Vegetable Stew Pad Thai Kung ผัดไทยกุ้งสด

Risotto Alla Senegalese Cebou Senegalese

Rice And Stew Riso Al Pomodoro et d’ailleurs

Indice

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24 n. 1-2 gennaio-febbraio 2013

TOM TOMIl navigatore per l’integrazione

In pieno agosto 2011 mi trovo a sostenere un nuo-vo incarico, quello di coordinatore della Rete di ac-coglienza stranieri di Rovereto. Immerso in un am-bito totalmente nuovo, conosciuto soltanto a fine anno scolastico passato, mi sento pieno di timori, ma anche entusiasta e pronto a mettere a disposizio-ne ogni idea ed ogni energia pur di aiutare studenti e colleghi nell’ardua impresa di costruire un ambiente veramente multiculturale ed accogliente. Certo, chi ha ricoperto questo ruolo prima di me ha già semi-nato, ho un gruppo di lavoro già collaudato, ma c’è sempre molta carne al fuoco, è un tema vivo e sfac-cettato quello dell’integrazione e sento di dovermi mettere in gioco, per la Rete e per il mio istituto.

i percorsi

Arriva Andrei dalla Romania, Joycelin dal Ghana…

Arriva Andrei dalla Romania, i suoi genitori parla-no un discreto italiano, e io me la cavo orientandolo sull’indirizzo economico per il turismo. Poi incontro Joycelin dal Ghana e pure suo padre parla un po’ l’ita-liano; lei viene iscritta all’indirizzo socio sanitario, ma non sono del tutto soddisfatto, perché ho l’impressio-ne che lei non abbia capito molto bene di cosa si tratta. Di fronte a me si siedono altri ragazzi, ma sempre più mi accorgo della difficoltà di comunicare anche sempli-ci indicazioni che possano servire al primo inserimento a scuola. Immagino allora quanto possa essere difficile inserirsi in un ambiente che non sappia comunicare con me e con il quale io non riesca a comunicare. Sono stato all’estero in diverse occasioni, ma una questione è starci per qualche tempo e comunque in circostanze rilassate, altro discorso dev’essere invece capitarci a 14 anni, per necessità e magari per sempre!

Dal gap generazionale al tutoring tra ragazzi

Nasce allora l’idea di un tutoring tra ragazzi. Nasce soprattutto quando mi accorgo che il gap generazio-nale, il ruolo che ricopro, il solo fatto che io sia un professore maschio in una struttura sconosciuta, sia per alcuni studenti di altre culture uno scoglio insor-montabile che li inibisce negandoli di poter dichiarare i propri disagi e le proprie necessità.

Trovare pari età con cui parlare in lingua d’origine, po-tersi esprimere, poter chiedere informazioni, aiuto, tra-duzioni e tutto ciò che possa servire; insomma, trovare un “pilota” per orientarsi in un nuovo mondo, qualcu-no che aiuti i ragazzi stranieri neo arrivati a non sentirsi persi, incompresi e senza punti di riferimento in caso di necessità. Laura, la docente referente Intercultura dell’i-stituto, mi suggerisce di chiamare questo progetto Tom Tom, simpatica metafora del navigatore satellitare; ci mettiamo a ridere, di certo è più accattivante di “peer to peer” o di “tutoring” pensiamo, e proviamo a capire chi dei due potrebbe essere in difficoltà studente pas-seggero e chi invece potrebbe fare da studente pilota.

Studente pilota e studente passeggero…

Così cerchiamo tra i nostri studenti qualcuno che co-nosca l’arabo, qualcuno che parli inglese, qualcuno di madrelingua spagnola, un traduttore per i nuovi arri-vati dall’India e via dicendo. Siamo entusiasti, vedia-mo le facce dei nuovi arrivati rilassarsi al solo sentir parlare la loro lingua e poter chiedere chiarimenti e confrontarsi con un coetaneo; vediamo l’orgoglio e la soddisfazione dei più grandi nel poter dare una mano, nel sentirsi investiti di un ruolo così importante e gra-tificante…del resto sanno capire meglio di chiunque altro il disagio e la difficoltà di un nuovo mondo sco-nosciuto nel quale barcamenarsi. Il progetto si svolge in maniera informale, tra un’ora e l’altra, durante la ricreazione: c’è chi accompagna in mensa il compagno, chi paga la pizzetta all’altro, chi si trova a chiacchierare e chi ci aiuta nel tradur-re qualche avviso in hindi o in albanese. Cerchiamo però anche incontri più organizzati, in mattinata o di pomeriggio, come quello che ha visto i ragazzi tradur-re alcune indicazioni di primo inserimento a scuola in più lingue: non sempre abbiamo la possibilità di pre-sentare un compagno nel primissimo momento di in-serimento, e qualche piccola informazione su come si utilizza il libretto, o su dove sia possibile trovare le

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partecipare con ruolo attivo al convegno di novembre, ma quello che mi rende veramente felice è il fatto che mi dice che in futuro vorrebbe anche lui fare da pilota a qualche compagno in difficoltà. E’ il segno che qual-cosa ha funzionato e che la tortuosa strada dell’inseri-mento scolastico può essere meno in salita se affronta-ta a fianco di un compagno che ci aiuta.E’ in questa prospettiva che cerchiamo di muoverci e di migliorare: da quest’anno il progetto si è arric-chito di un diario di bordo, un piccolo resoconto di esperienze tenuto da tutor e tutorati, sul quale tene-re memoria degli incontri, appuntare richieste d’aiu-to, aspettative e riflessioni. Inoltre a tutti gli studenti è stato consegnato un badge riportante l’indicazione del “pilota” e del “passeggero” con relative classi, stru-mento utile per gli insegnanti, che talvolta necessitano di un interprete, ed elemento di riconoscimento dei ruoli per gli studenti. Tutto ciò è finalizzato a miglio-rare questa esperienza per ora utile, poco dispendiosa e che a noi sembra possa divenire un’ottima prassi di inclusione all’interno di tante realtà.

Un pilota bilingue per ogni passeggero: si parte!

L’anno scolastico scorso i neo arrivati al don Milani era-no otto e tutti hanno avuto un sostegno da parte di un compagno bilingue, inquadrato con attenzione e con-tattato da noi come possibile pilota; dopo un colloquio per verificare la sua disponibilità o meno, abbiamo pre-sentato il passeggero al pilota e… “siamo partiti!”. Lo stesso è successo quest’anno con i 15 nuovi arrivati. Sia ben chiaro, non tutti diventano amici, ogni percor-so ha le sue caratteristiche, ogni rapporto i suoi equi-libri: ci sono studenti che in due o tre mesi imparano a cavarsela bene da soli e si creano una rete di amicizie ul-teriore rispetto al rapporto con il loro tutor; altri invece sono più timidi e faticano a farsi aiutare; altri trovano nel compagno un riferimento importante su cui far af-fidamento. Per noi è comunque essenziale fornire stru-menti d’appoggio e di inclusione nell’universo scuola, al fine di evitare la dispersione scolastica o la mancanza di sensibilità da ambo le parti.…e poi mi ferma Abdul e sorridendo mi dice che Mi-chele gli vuol sempre far conoscere nuove ragazze, ma lui deve pensare alla scuola! “Profesore, dici tu a Mi-chele che basta ragaze, io devo studiare!”… ridendo gli rispondo che parlerò io al suo pilota, e tra me e me penso che qualche bella lezione potrebbero imparar-la anche i nostri tutor italiani!…Forte però Michele, pensa alle ragazze, poco alla scuola, ma come tutor è stata una scommessa vinta fin da subito! (T. P.)

mense o prendere l’autobus, diventa essenziale.

Un libretto di “prima sopravvivenza” per lo studente

Ci mettiamo allora a pensare e al computer creiamo un piccolo libretto per lo studente di “prima sopravviven-za” che possa essere utile nelle piccole, ma essenziali, dif-ficoltà quotidiane di un neo arrivato. Di conseguenza il libretto deve essere tradotto, e quale risorsa migliore dei nostri studenti stranieri ormai bilingui o plurilingui? Al-tre occasioni di incontro sono state create da noi come responsabili del progetto, al fine di confrontarsi sul per-corso fatto insieme, sui punti di forza e sulle proposte per il futuro. Recente occasione di crescita e di condivi-sione è stato il Convegno “Formarsi ad un ethos inter-culturale”, tenutosi nella nostra città a ottobre del 2012 e durante il quale i nostri studenti del Tom Tom hanno fatto da hostess per i relatori ed i partecipanti alla due giorni di incontri sul tema dell’integrazione.

tom tom significa…

Tom Tom significa un primo appoggio morale e di conoscenza della struttura, nonché della vita all’in-terno dell’Istituto e talvolta anche fuori. Tom Tom si-gnifica anche interessamento all’altro da sé, inte-razione e supporto, occasione di conoscenza e di amicizia e, per quanto mi riguarda, investimento; sì perché i “passeggeri” di oggi saranno studenti pronti a fare da “pilota” a chi arriverà tra due o tre anni. Par-lo con Ramzy che l’anno scorso è giunto dall’Egitto e gli chiedo cosa ne pensa di questo progetto. Mi dice che per lui è stato bello tradurre il libretto insieme al suo tutor Omar e che quest’anno ha avuto piacere di

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NON SOLO PAROLEIl Progetto “Altri Linguaggi”

…ma una cosa è il linguaggio parlato e la lingua veicolare, altra esperienza sono le passioni, la con-divisione di un hobby o di un’esperienza attraverso altre espressività, insomma, quella che potremmo definire la vera e propria interazione. Riflettendo-ci nei giorni estivi, spronati a trovare finanziamen-ti diversi da quelli canonici del fondo d’istituto, è nata l’idea di affiancare ai progetti Fondo So-ciale Europeo (FSE) per la lingua dello studio, un progetto creativo, che mettesse a disposizio-ne degli studenti non solo un “fare” piuttosto che un “dire o ascoltare”, ma che li mettesse tutti sul-lo stesso livello, eliminando le barriere linguisti-che per sfruttare linguaggi altri e universali, in cui tutti possano imparare e tutti abbiano qualcosa da esprimere. Il progetto si chiama “Altri linguaggi”.

In comune anche passioni, hobby…

L’obiettivo generale del progetto è l’entusiasmo, è tro-vare una zona di confine scolastico nella quale tutti sia-no stranieri (anche gli italiani) e tutti conoscano, o ab-biano la voglia e la possibilità di conoscere, la lingua che si sta utilizzando. Creare un gruppo che includa positi-vamente e attivamente i neo-arrivati e che poi crei per loro una rete di conoscenze e di appoggi che li faccia sentire meno soli ed isolati. Una scuola aperta a nuovi stimoli, non solo luogo di studio e fatica, ma luogo di incontro e condivisione, teatro di scambio e di ricerca del sé e dell’altro da sé, in un rapporto di vicinanza e ap-poggio alle famiglie che faticano a trovare “spazi e mo-menti” significativi da dedicare ai loro figli.I destinatari sono quindi studenti di recente immi-grazione, ma anche studenti che conoscono meglio l’i-taliano e, perché no, anche di studenti italiani mo-tivati; intercultura significa “viaggiare” tra le culture, mescolarle e riconoscerne le peculiarità, le affinità e le diversità: anche quella del Paese che accoglie è una cultura da conoscere! Il progetto si sviluppa in tre moduli di 9 ore ciascuno.

Corpo…

“il linguaggio del corpo”: Il formatore ha modo di conquistare la fiducia dei ragazzi in un percorso di mes-

sa in gioco della propria corporeità e della propria men-te come forza immaginifica, che sa creare situazioni ed espressioni, ma sa anche svuotarsi e lasciarci liberi e leg-geri in un momento di meditazione guidata e di grup-po. Espressioni facciali e gestuali, non sempre uguali nelle varie culture, collegate all’ascolto del sé possono creare una commistione di relazione e intimismo che dovrebbe rendere il gruppo più coeso e disponibile.

Musica…

“il linguaggio della musica”: Il formatore fa provare trumenti musicali, stimolando la curiosità e proponendo la ricerca e la creazione di suoni, dapprima individuali e poi in commistione tra loro, facendo percepire il valo-re del coordinamento tra le parti e del lavoro di gruppo. C’è spazio per l’ascolto e l’acquisizione di sonorità diffe-renti da parti diverse del mondo. In questo momento è auspicabile il confronto sui gusti e la condivisione del-le musiche ascoltate a seconda della provenienza geogra-fica. La musica per i giovani di tutto il mondo è canale privilegiato di confronto ed espressione di emotività…

Immagine

“il linguaggio dell’immagine”: Il formatore dà la possibilità di scattare foto, da soli e in gruppo, inter-vallando gli scatti con la presa di coscienza di come si possa prediligere un soggetto piuttosto che un altro, un’inquadratura piuttosto che un’altra o diversi punti di fuga e focalizzazioni. Il titolo del “corso” è “Inqua-drarSi” (titolo che suggerisce la ricerca autobiografica ed individuale, ma anche di gruppo di tutto il percor-so “Altri linguaggi”) ed i ragazzi insieme al formatore decidono soggetti e situazioni da fotografare, ognuno seguendo la propria immaginazione. E così, con l’aiuto e l’eccezionale collaborazione di esperti dei tre settori, nonché ottimi ed energici co-municatori con i ragazzi (Renata d’Amico, Sebastia-no Chiocchetti, Lucio Tonina), la prima esperienza di Altri linguaggi è decollata durante l’a.s. 2011-2012 ed ha avvicinato i ragazzi a mondi decisamente nuovi e raramente visitati prima di questa esperienza.

(T. P.)

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IL VIDEOGreetings from the world

In prossimità delle feste natalizie si respira sempre un’aria gioiosa, tutti appaiono più rilassati e sorriden-ti, gli studenti cominciano il conto alla rovescia an-nunciando giorno dopo giorno a voce alta “quanto manca” alle tanto agognate vacanze. Ed è proprio in occasione delle ultime festività che, pensando a qual-che iniziativa a carattere interculturale da proporre ai ragazzi in vista dell’imminente assemblea d’Istituto, ho cominciato a riflettere sul messaggio che in asso-luto circola maggiormente nei giorni che precedono e seguono il Natale e il Capodanno: gli auguri.

Buone feste nella propria lingua madre

Perché non offrire ai nostri studenti - italiani e stranie-ri - la possibilità di augurare buone feste nella loro lin-gua? Certo questi auguri speciali, pensavo, dovranno raggiungere i familiari, gli amici ed i conoscenti anche al di fuori del contesto scolastico, quindi abbiamo In-ternet… il nostro sito… ci sono: giriamo un video!Dopo aver proposto l’idea alla Dirigente ed aver ricevu-to una sana dose di entusiasmo, mi sono lanciata subi-to nelle riprese, coinvolgendo innanzitutto gli studen-ti stranieri che conosco grazie ai laboratori di L2 o per il progetto Tom Tom. Tutti i ragazzi si sono mostrati fin da subito pronti a mettersi in gioco, pur manifestando delle titubanze una volta posti di fronte alla cinepresa.

Anton, studente ucraino esperto in riprese video…

Allo slancio iniziale, infatti, è seguito qualche mo-mento di imbarazzo, presto superato grazie al prezioso aiuto di Anton Fomkin, uno studente ucraino del-la classe 5^A esperto in riprese video, che, soprattutto nella prima fase, ha saputo creare il setting e l’atmosfe-ra giusta. In poche ore l’attività ha assunto un aspetto giocoso, tanto che poi, per passaparola, molti studen-ti mi fermavano per i corridoi della scuola dicendo-mi: “È vero che state registrando un video? Posso fare gli auguri anch’io?”. In due settimane di attività pro-grammata nelle mie “ore buche” o alla ricreazione, ho girato più di cinquanta clip in una ventina di lingue differenti.

La location in… biblioteca della scuola!

Quasi tutte le riprese sono state realizzate nella biblio-teca della scuola, dove i ragazzi mi raggiungevano a piccoli gruppi. Innanzitutto essi decidevano libera-mente cosa dire, se augurare buon Natale piuttosto che felice anno o ancora buone vacanze, ed in seguito

scrivevano il messaggio scelto nella propria lingua su un quaderno, seguendo pazientemente le mie racco-mandazioni (“massima precisione, per favore!”) dato che, prevedendo di dover poi trascrivere le frasi in ca-ratteri cinesi o thailandesi, ero sicura di trovarmi in difficoltà. Una volta accomodati su un divanetto di fronte alla videocamera, si procedeva alla registrazione andando incontro qualche volta ad errori e balbetta-menti e più spesso a grandi risate…

La lingua, segno prezioso d’identità

La valenza di un progetto di questo tipo? Sono con-vinta che la costruzione identitaria – un processo che naturalmente non si limita alla sola fase adolescenzia-le – deve molto alle nostre “origini” (nel senso più am-pio possibile), a tutto ciò che rappresenta la nostra pro-venienza, geografica e non solo. La lingua è un fattore identitario importantissimo, forse il primo elemento di appartenenza ad una cultura e certamente quello im-mediatamente riconoscibile. Spesso, tuttavia, nell’am-bito scolastico i ragazzi stranieri non trovano l’occasio-ne per esprimersi nella lingua madre, a meno che non parlino lingue oggetto di studio, come l’inglese o il te-desco. Il video Greetings from the world vuole essere un piccolo passo in questa direzione: ho tentato di crea-re un’occasione per permettere a ciascuno di esprimersi, e quindi di rappresentarsi, nella propria lingua.Jon Larsen, studente faroese, classe 3^B: “Secondo me ci sono tanti motivi per questo video. Io vivo in Ita-lia e conosco tante persone da tutto il mondo e appena le ho conosciute la mia mente si è aperta tantissimo, perché stavo imparando tante culture e io penso che questo video è per aprire un poco le menti delle persone.”.I nostri speciali auguri internazionali sono giunti agli studenti, ai docenti, alle famiglie e agli amici… ma non solo. Il video, presente sul nostro sito (www.do-mir.it), ha ottenuto quasi mille visualizzazioni, segno che il linguaggio multiculturale attraversa i confini e parla davvero a tutti.

(L. M.)

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ITACAPercorso per sentirsi a casa

La nostalgia nel vuoto della quotidianità

L’etimologia della parola nostalgia (da nostos, il ri-torno, e algos, il dolore, la tristezza), riconduce al de-siderio intenso e spesso doloroso del ritorno in patria, ai luoghi che ci hanno visto nascere e dove abbiamo trascorso l’infanzia, quei luoghi che sentiamo appar-tenerci.Alcuni studenti stranieri vivonono profondamente la nostalgia per il paese che hanno lasciato, non solo per-ché “geograficamente” lontano, ma anche – e soprat-tutto - perché assente dalla quotidianità vissuta tra le aule scolastiche. Come aiutarli, quindi, a ritornare? Penso che vedere rappresentata la nazione d’origine possa costituire una sorta di ritorno simbolico al pro-prio paese e di riconoscimento da parte degli altri, che forse prima nemmeno sapevano che quel paese esistes-se o ne conoscevano a stento la posizione geografica.

Da una figura mitologica che da sempre mi af-fascina, Ulisse, è nata l’idea che mi ha portato al “Progetto Itaca”. Sappiamo cos’è la nostalgia, ma forse non tutti abbiamo vissuto pienamente lo sta-to d’animo che questo termine rappresenta, forse non ne abbiamo avuto l’occasione perché non tut-ti abbiamo avuto l’esperienza della lontananza dal paese d’origine, dello sradicamento o, comunque, del desiderio di ritorno alla nostra terra.

Progetto itaca: concorso tra classi

Da qui, la proposta di un concorso tra classi, il “Pro-getto Itaca”, invitando gli studenti ad attivarsi per re-alizzare dei manufatti che rappresentassero tutte le na-zionalità presenti nel nostro istituto, rendendole quindi finalmente visibili. Ho suggerito l’idea di un mappa-mondo che apparisse insolito e creativo, magari realiz-zato con materiali particolari, ma ogni classe ha poi ela-borato una propria idea, democraticamente votata. I ragazzi avrebbero dovuto inoltre pensare ad un oggetto in “divenire”, perché lo scorso anno le nazionalità pre-senti all’Istituto “don Milani” erano trentadue, ma quest’anno abbiamo raggiunto trentasette paesi. L’i-dea di un oggetto che testimoni un cambiamento, un’e-voluzione verso una scuola sempre più multietnica mi sembrava interessante. Gli oggetti creati, infine, sareb-bero stati presentati dalle classi coinvolte nel progetto in occasione dell’assemblea di istituto di fine anno, per essere poi valutati da una giuria composta da studenti (i ragazzi del “Progetto Tom Tom”). Quindi sarebbe stato scelto il migliore, per il quale la classe si sarebbe aggiu-dicata il premio finale, delle T-shirt. La dimensione del concorso che prevede una (sana) competizione avrebbe dovuto stimolare la motivazione e l’impegno degli studenti. Inoltre, penso che proporre a diverse classi una simile attività possa aprire una via per costruire una nuova consapevolezza, un’attenzione verso aspetti che non riguardano soltanto il mondo scolastico ma l’intera società ed i cambiamenti che la interessano.

Destinatari: classi primo biennio indi-rizzo socio-sanitario

Nello specifico, il progetto, realizzato lo scorso anno ed ora alla 2^ edizione, è rivolto alle classi del primo biennio dell’indirizzo socio-sanitario, e copre quasi interamente la durata del II quadrimestre. Sono coin-volte diverse discipline, in primo luogo Metodologie operative e Disegno, dato che si prevede la creazione di manufatti, ma il percorso si apre ad ulteriori col-legamenti interdisciplinari (con la Geografia, la Sto-ria, l’Italiano e via dicendo). Sono dunque i docenti dei diversi Consigli di Classe, se lo desiderano, a pro-grammare liberamente percorsi collegati al “progetto Itaca”. Poiché è previsto il coinvolgimento di numero-se classi e diversi docenti, sin dalla prima edizione del-lo scorso anno scolastico si è rivelata preziosa la col-laborazione delle insegnanti Sushila Comper, che ha tenuto le fila del progetto coordinando il lavoro del-le docenti di Metodologie operative, Antonella Mu-schio, Lucia di Tommaso e Annnalisa Mega.

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La presentazione del progetto in classe

Prima ho presentato brevemente ad ogni classe i con-tenuti del progetto, le finalità, le modalità di presenta-zione dei lavori e la premiazione finale: ho spiegato il significato del titolo, non così ovvio per tutti i ragazzi. Ai docenti che si sono resi disponibili è toccata poi la gestione delle diverse fasi di realizzazione. Gli studen-ti hanno risposto subito positivamente, stimolati dal-la novità della proposta e dalla possibilità di mettersi in gioco in un concorso che li avrebbe premiati per la fantasia, la creatività, ma anche per le competenze e le abilità pratiche del saper ideare e realizzare un ogget-to che esprimesse un significato, un messaggio. “Sin da subito i miei studenti sembravano entusiasti - rife-risce la collega Comper - per la proposta di parteci-pazione al concorso, convinti che avrebbero realizzato l’idea migliore e che avrebbero vinto. Le classi han-no affrontato il lavoro seriamente e con grande im-pegno.”

Le tre fasi di realizzazione

Alla realizzazione del progetto sono state dedicate una o due ore a settimana per circa tre mesi, nelle tre fasi che riepiloghiamo in breve con l’aiuto del “rac-conto” dell’insegnante Sushila Comper. Interessante soprattutto la prima fase dell’ideazione. • ideazione: la classe è stata divisa in sottogruppi di

quattro o cinque studenti, ognuno dei quali ave-va il compito di disegnare la bozza del manufatto che avrebbero voluto realizzare, indicando i mate-riali necessari, le modalità di realizzazione, uno slo-gan da associare all’oggetto e sopratutto il perché avevano pensato a quel particolare prodotto e per-ché esso avrebbe rappresentato al meglio le nazio-nalità presenti al “don Milani”.

• presentazione: ogni gruppo doveva presentare all’intera classe la propria idea e le modalità previste per la realizzazione.

• votazione: ogni studente, dopo aver ascoltato le proposte dei gruppi, doveva votare in forma anoni-ma l’idea ritenuta migliore e che più si avvicinava allo scopo del concorso (non necessariamente quel-

la del proprio gruppo). Attraverso questo “meto-do democratico si è riusciti a far confluire nell’idea vincente anche le idee che, in un primo momen-to, erano state scartate. La gratificazione e la soddi-sfazione sono aspetti molto importanti nell’azione didattico-educativa: un’attività di questo tipo può contribuire ad alimentarli e quindi a motivare gli studenti nelle attività che sono chiamati ad affron-tare. Si è cercato di utilizzare il più possibile mate-riali riciclabili (giornali, carta igienica, cartone, spa-go, ecc.) ed i ragazzi hanno avuto l’opportunità di sperimentare diverse tecniche nella costruzione dei manufatti come la cartapesta e l’assemblaggio. Tutti gli studenti hanno partecipato attivamente alla re-alizzazione del progetto, ognuno con uno specifico compito: disegnare le bandiere, preparare il tronco dell’albero, la palla per il mappamondo, i rami a so-stegno del mappamondo.

In gioco molteplici competenze e molti “i prodotti creativi”

Nel corso della realizzazione del progetto, sono entra-te in gioco molteplici competenze, ricorda la docente Comper: “Questo lavoro è servito molto ai ragazzi per imparare come si lavora in gruppo, come si gestisce un laboratorio. Hanno sperimentato nuove modali-tà di inventare, essere creativi ma non solo: per mol-ti è stato divertente e stimolante apprendere che un determinato Paese ha una determinata bandiera o sa-pere in quale luogo preciso del pianeta si trova. Ma il percorso ha stimolato anche il rispetto e la tolleran-za per le idee altrui, anche se differenti dalle proprie. Ogni studente, se non approvava l’idea di un altro, era sempre invitato a dare una motivazione del proprio disaccordo. Questo ha aiutato molto gli studenti a co-noscersi tra loro, a rendersi consapevoli delle proprie capacità, potenzialità, preferenze ed idee e a come aiu-tarsi reciprocamente.”Sono stati realizzati diversi oggetti, tutti molto origi-nali: un albero della vita con una mano bianca ed una nera applicate al tronco e delle foglie-bandiere ai rami che abbracciano un mappamondo; una nave (la nostra scuola) che ospita dei passeggeri coloratissimi e la ban-diera “Siamo tutti uguali nelle nostre diversità”; una torre a tre piani (verde, bianco, rosso) con bandierine delle varie nazionalità; un vero e proprio gioco intito-lato “Giro del mondo” che ha come oggetto delle do-mande sugli aspetti dei diversi paesi. Si sono aggiudi-cate il primo posto ex aequo la classe 1^E con l’albero della vita e la classe 1^M con la nave-“Don Milani”.

(L M.)

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Mi chiamo Giusi Vastola e frequento la classe IIE dell’indirizzo socio-sanitario dell’Istituto Don Milani di Rovereto. Sono originaria di Sa-lerno, ma la mia famiglia si è trasferita in Tren-tino per motivi di lavoro. Ho aiutato alcune ra-gazze straniere a sentirsi a casa”.

GIUSI VASTOLA Classe IIE indirizzo socio-sanitario

La mia esperienza nel progetto itaca

Nella mia classe ci sono quattro ragazze straniere che vengono dal Marocco, dall’Albania, dall’Argentina e dal Nicaragua. Al di fuori della scuola frequento molte ra-gazze straniere, anzi, tutte le mie amiche sono di diverse nazionalità: Marocco, Albania, eccetera.Il progetto Itaca è stato proposto alla mia classe dalla prof.ssa Sushila Comper che insegna Metodologie ope-rative. All’inizio del II quadrimestre, ci ha detto che a scuola si stava facendo questo progetto per accogliere me-glio i ragazzi stranieri che nella nostra scuola sono sem-pre di più. Dovevamo fare qualcosa che rappresentasse la provenienza di ognuno e che li facesse sentire in qualche modo “a casa” anche se lontani dal loro paese. Ci ha spie-gato che ci sarebbe stato un concorso a premi con dei veri e propri giudici scelti tra studenti stranieri che parteci-pavano ad un altro progetto, il Tom Tom (ma non sape-vo cosa fosse). Onestamente era la prima volta che senti-

testimonianze

vo parlare di progetti per gli stranieri. So che ci sono delle iniziative ma non saprei di preciso quali; sicuramente ci sono dei corsi di lingua per stranieri (per esempio il mio professore di Italiano ne tiene uno). Ah sì adesso mi ri-cordo… nel progetto Tom Tom: so che c’è una persona che viene associata ad un’altra della stessa lingua che maga-ri è appena arrivata e non sa niente della scuola, allora ha bisogno di aiuto. Ad una mia compagna l’altro giorno hanno chiesto di partecipare al Tom Tom per l’anno pros-simo perché parla bene l’albanese e potrebbe diventare la guida di qualcuno appena arrivato

“So che il titolo del progetto c’entra con il viaggio di Ulisse…”

So che il titolo del progetto c’entra con il viaggio di Ulisse, perché Itaca è il posto dove lui era nato e dove voleva tor-nare. I nostri lavori dovevano servire proprio per far “tor-nare a casa” tutti i ragazzi stranieri, cioè per farli sentire a casa. E anche per far capire che la nostra casa è il mon-do, non solo il paese dove adesso abitiamo!Quando la prof.ssa Comper ci ha presentato la lista delle nazioni non pensavo fossero così tante, a dire il vero non mi ero nemmeno mai posta la domanda! Beh sì, pensa-vo ci fossero studenti dal Marocco, dall’Albania, dai pa-esi dell’Est… ma non pensavo ci fossero anche ragazzi dal Ghana o da Singapore! Tra l’altro ho imparato dove si trovano alcuni posti come le Isole Fær Øer, visto che io non sono molto forte in geografia…Per decidere cosa realizzare prima abbiamo fatto un brainstorming, e ognuno votava quello che gli piaceva di più… poi all’improvviso una mia compagna ha pro-posto l’idea che tutti hanno votato: un albero (che rap-presenta la vita) con attaccate due mani, una bianca e una nera, (rappresentano l’uguaglianza), poi attac-cate ai rami dell’albero tante foglie con le bandiere dei vari paesi da rappresentare e dietro scritta la nazione e quanti studenti c’erano di quel paese. Poi tra i rami dell’albero abbiamo messo un mappamondo (per rap-presentare tutti!). Abbiamo usato tanti materiali dispo-nibili a scuola: carta igienica, carta di giornale, scato-loni, fogli, colori a tempera, colla, forbici, filo da pesca, spago, ecc. Come titolo abbiamo scelto “one tree for all people”.

“One tree for all people”.

Ci siamo organizzati dividendoci in gruppi: gruppo al-bero (hanno fatto il tronco con cartone, carta di gior-nale, carta igienica, tubi e tantissima colla e scotch), gruppo mondo: (hanno creato una palla e per fare i

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continenti hanno preso il libro di geografia, hanno fat-to le fotocopie, le hanno ritagliate e attaccate sulla pal-la), gruppo mani (hanno fatto le due mani con carta di giornale e cartoncino), gruppo foglie: col vocabo-lario abbiamo trovato tutte le bandiere) io ero in que-sto gruppo.Alla fine ci ha detto anche che dovevamo presentare il no-stro lavoro e mi sono offerta io, poi una mia compagna, Zaira, ha presentato in argentino.Osservando le realizzazioni delle altre classi devo dire che mi sono sembrate meno belle della nostra, tranne la barca che infatti ha vinto a pari merito con noi… anche se poi ci hanno premiato tutti con delle magliette con la scritta: “Viaggio verso Itaca”.Attraverso questo progetto ho capito che devo guardar-mi di più in giro perché io non pensavo fossimo così tan-ti a scuola a venire da paesi diversi!! Con l’occasione di questo progetto ci siamo ritrovati anche a parlare degli stranieri in generale e poi di come le ragazze stranie-re della nostra classe si sono sentite quando sono entra-

te in questa scuola. Siamo riusciti anche a legare anche di più come classe attraverso questo obiettivo comune, quello di creare qualcosa per vincere un concorso. Pri-ma c’era qualche problema ad andare d’accordo, invece c’è stata molta cooperazione nei nostri gruppi di lavoro, anche il nostro compagno di classe disabile ci ha aiuta-to e per noi è stato bello.Secondo me Itaca è servito anche per dire a tutti che sia-mo tutti uguali, abitiamo tutti nello stesso mondo! Credo che questa scuola sia una delle poche che organizza que-ste cose, io sono stata anche al liceo ma lì non si sentiva mai parlare di questi argomenti.

OMAR KORICHIStudente classe Quinta F

Sono Omar Korichi, frequento la classe Quinta F dell’Istituto “don Milani” di Rovereto, sono di ori-gine marocchina ed ho affiancato un ragazzo di origine egiziana.

La mia esperienza nel progetto tom tom

La mia esperienza nel “Tom Tom” nasce l’anno scorso quando vengo contattato dal mio insegnante di italiano di prima, il prof. Pizzini, il quale mi illustra e mi spiega il progetto proponendomi di affiancare un ragazzo di origine egiziana. Conosco l’italiano, ma anche l’arabo, lingua che mi avrebbe consentito di interloquire con il ragazzo; no-nostante le diverse provenienze, infatti, io e Ramzy condividiamo la conoscenza della lingua araba. Quando mi è stata proposta l’opportunità di aiutare un mio coetaneo ed essere una sorta di “stella polare” che orienta il viaggiatore nel suo viaggio, mi sono sentito utile per il nuovo compagno, per la scuola e anche per me stes-so, in quanto aiutare una persona in difficoltà è una buona azione e le buone azioni ti fanno sentire soddisfatto di te stesso e migliore all’interno della società; inoltre l’essere buoni è molto contagioso e porta alla diffusione dell’al-truismo e della gentilezza, caratteristiche che nella scuola non devono mai mancare!Questo progetto mi piace e l’ho appoggiato fin dall’inizio al 101% in quanto, in precedenza, avevo avuto l’occa-sione di vedere molti studenti arrivati in Italia ed essere affiancati da persone adulte che, come “mediatori lingui-stici”, accompagnavano il nuovo alunno per un breve periodo iniziale, dopodiché veniva lasciato in autonomia. Questo, a mio avviso, non porta all’integrazione dello straniero nella classe e nel sistema scolastico, mentre se ad aiutarlo è un altro studente, o più di uno, e non solo per il periodo iniziale, possono nascere anche delle vere e pro-prie amicizie.Secondo me i momenti positivi nei quali ho veramente aiutato il mio compagno Ramzy sono stati diversi; inizial-mente non sapeva dove fosse situata la mensa e l’ho accompagnato con piacere nel mio tempo libero ed extrascola-stico, mostrandogli poi le fermate “strategiche” dei bus; ovviamente ci siamo incontrati diverse volte nei corridoi, a ricreazione e in varie altre situazioni.Adesso il mio “passeggero” è abbastanza autonomo e si è inserito nell’ambiente scuola e credo che, in parte, sia an-che merito mio e del “Tom Tom”. Penso che questo tipo di sostegno e di offerta sarebbe bello venisse estesa un po’ in tutte le scuole.

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MoMenTI

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BERLINGUERNel Museo Civico e nelle scuole

Non è stata la prima volta di Luigi Berlinguer a Rovereto e neppure la prima volta in Trentino. Già in passato, Luigi Berlinguer, era giunto in Trentino e s’era intrattenuto a parlare di scuola e di scienza, anche in veste di ministro della pubblica istruzione, ma aveva voluto già in pas-sato visitare alcune scuole ad indirizzo tecnico e professionale. Giovedì 31 gennaio 2013, Berlinguer ha trascorso l’intera giornata a Rovereto, stavolta nella veste di membro del Parlamento Europeo e presidente del Comitato per lo sviluppo della cultura scientifica e tecnologica, ha visi-tato con molto interesse e curiosità due istituti della città e, nel pome-riggio, gli operatori del Museo Civico di Rovereto. In questo servizio, riportiamo due brevi resoconti che abbiamo chiesto all’istituto “Mar-coni” ed al CFP Veronesi ed uno sull’incontro al Museo civico. (m.c.)

Istituto Tecnico Tecnologico “MARCONI” ROVERETO

L’on. Berlinguer si è intrattenu-to con la dirigente Laura Zoller, lo staff dei collaboratori ed alcu-ni docenti responsabili di proget-to in un intenso confronto su alcu-ni nodi importanti che la scuola si trova ad affrontare quali il rappor-to tra i Saperi e la sfida della costru-zione di sinergie sempre più stret-te tra Scuola, Mondo del Lavoro e Ricerca a sostegno dell’occupabi-lità dei giovani. È stata quindi per noi una preziosa occasione di rifles-sione sulle potenzialità ed opportu-nità che il futuro Polo della Mecca-tronica di Rovereto può offrire ed un importante stimolo a continua-

re sulla strada dell’innovazione con gli occhi rivolti all’Europa. A con-clusione della visita l’on. Berlinguer ci ha inviato il seguente messaggio con “un lusinghiero apprezzamen-to nei confronti della nostra scuola e della Scuola trentina nel suo com-plesso, di sicuro incoraggiamento a proseguire sulla strada intrapresa”:Nella visita all’Istituto Marconi di Rovereto ho avuto modo di constata-re personalmente l’alto livello forma-tivo e organizzativo raggiunto dalla scuola. Si tratta di un concreto esem-pio di come l’autonomia territoria-le accompagna in modo sinergico la realizzazione dell’autonomia scola-stica. Questo è il modello di scuola, learning-centred, dove lo studente è protagonista della costruzione del

proprio sapere, con il contributo es-senziale della tecnologia. Importan-te è la maturità e la disponibilità del corpo docente, che ho visto interpre-tare il nuovo ruolo di professionista dell’educazione nella società della conoscenza, secondo la migliore cul-tura europea. Si è trattato per me di un’esperienza assai coinvolgente per-chè è emerso che le idee sulla scuola nuova sono, non soltanto valide, ma realizzabili. On. Luigi Berlinguer

NELLE AULE-LABORATORI

students in cloud

Quando viene aperta la porta dell’aula della classe terza a informa-tica-scientifica Berlinguer osserva gli alunni e chiede loro: “Ma dove sono finiti i “catafalchi” neri?”, banchi ri-cordo delle scuole di un tempo. Gli studenti, divisi in gruppi di quattro, sono seduti attorno alle loro scriva-nie ognuno con il proprio netbook davanti a sè. È in corso la lezione di Tecnologie ed essi stanno lavorando a materiale di diverse discipline. C’è chi sta sistemando appunti presi du-rante la lezione, chi sta elaborando relazioni di fisica e chimica, chi in-vece sta implementando il proprio sito con dati raccolti ed elaborati nel corso della mattinata. Gli alunni spiegano all’ospite che i libri di testo non sono scompar-si ma che buona parte del loro la-voro ruota attorno al netbook che essi utilizzano non solo per le ma-terie tecniche ma anche per quel-le scientifiche ed umanistiche. In questa classe, infatti, utilizzando i margini di autonomia e flessibilità previsti dai nuovi piani di studio, gli alunni hanno l’opportunità di approfondire la propria prepara-zione anche nell’ambito scientifi-co, attraverso un approccio esclu-sivamente progettuale. Il netbook

DALLE SCUOLE l’incontro

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e la piattaforma Google rappresen-tano il punto di forza del nuovo impianto didattico con un “labo-ratorio itinerante” sempre a dispo-sizione, attraverso il quale avere un costante feedback da parte dei do-centi con i quali possono comu-nicare anche al di fuori dell’orario scolastico, condividere con loro e con i compagni documenti, pro-poste, ipotesi di lavoro, quesiti. La classe sta sperimentando una modalità didattica innovativa in cui gli alunni sono protagonisti del proprio processo di apprendi-mento e svolgono un ruolo attivo nella costruzione delle proprie co-noscenze e competenze. Il docen-te come risorsa competente con la quale costruire assieme un per-corso condiviso negli obiettivi e nel metodo. Grazie a questa impo-stazione, gli studenti rafforzano la consapevolezza delle proprie po-tenzialità, la capacità di relazionare e confrontarsi, sviluppano un at-teggiamento di curiosità ed acqui-siscono strumenti che consento-no loro di porsi con atteggiamento propositivo di fronte a problemi.

insegnanti:Daniela Toldo, Alessandra Teresi

Robotica educativa

La classe 2B sta svolgendo una le-zione di fisica nel laboratorio di in-formatica quando l’on. Berlinguer fa loro visita. I ragazzi mostrano i robot con cui stanno lavorando, di-visi in gruppi di tre, e spiegano che una parte delle ore dedicate alle di-

scipline scientifiche, matematica, fisica, chimica e biologia, si svol-ge in quest’aula, con la compresen-za del docente delle materie scienti-fiche e del docente di informatica, esperto in robotica educativa. Uno degli alunni illustra la moda-lità con cui si lavora: l’insegnan-te pone un problema connesso ad uno specifico argomento delle pro-pria disciplina, ma spesso correla-to ad un’altra delle materie scien-tifiche, e invita i gruppi di lavoro a prospettare soluzioni utilizzando il kit Lego. Sulla lavagna interatti-va, ad esempio, lo studente mostra una sequenza di istruzioni base di un programma utilizzato per rac-cogliere dati attraverso un senso-re ad ultrasuoni. Lo scopo è quello di verificare le prestazioni del sen-sore al variare delle condizioni di lavoro, nell’ambito dell’argomen-to relativo al comportamento onde radio utilizzate dal sensore stesso. Come spiega il docente di fisica, la programmazione del robot ri-chiede competenze informatiche in parte acquisite al primo anno, in parte costruite proprio con il supporto del docente di disciplina, ma soprattutto necessita di soli-de basi matematiche, e rappresen-ta un aspetto fondamentale di un approccio che vede la forte inte-razione fra competenze tecnologi-che e scientifiche. I ragazzi riesco-no ad assimilare in modo efficace e sono oggetto di documentazione puntuale delle varie fasi di attività. Prima di salutare la classe l’on. B.,

scherzosamente chiede: ‘E se suc-cede che qualche volta nel gruppo non si va proprio d’accordo?’ ‘Ab-biamo imparato a confrontarci sen-za litigare’ dice uno di ragazzi.

insegnanti: Gianfranco Festi e Paolo Pancheri

fad – foRmazione a distanza

Nell’ambito dello stesso incontro con l’on. Berlinguer, e prenden-do spunto dal suo riferimento agli obiettivi europei per il 2020, sono stati presentati i corsi serali attiva-ti presso l’ITT “Guglielmo Mar-coni” (Elettronica, Informatica e Meccanica). In particolare, è sta-ta presentata l’esperienza del servi-zio di formazione a distanza offerto agli studenti degli stessi corsi, realiz-zata con l’utilizzo dell’ambiente di apprendimento in rete open source Moodle (http://fad.marconirovere-to.it/sirio/): nel sito vengono inseri-ti i contenuti didattici digitali utili per gli studenti, in diversi forma-ti: documenti pdf con spiegazioni ed esercizi, file generati dal softwa-re della lavagna interattiva multi-mediale con appunti delle lezioni, video lezioni con audio, presenta-zioni, il tutto prodotto dagli stessi insegnanti aderenti al progetto. Da gennaio 2013, è iniziato l’utilizzo dello strumento Hangout di Goo-gle+, in via sperimentale nelle classi IV e V Informatica: tale strumento permette il collegamento sincrono fra nove account diversi, con la pos-sibilità di comunicazione audio e vi-deo, nonché di condivisione dei file in uso. Utilizzando il computer pre-sente in classe o in laboratorio di In-formatica, dotato di connessione In-ternet ad alta velocità, collegamento con la lavagna interattiva multime-diale e Webcam, è quindi possibile svolgere le lezioni con la partecipa-zione attiva anche degli studenti che in quel momento si trovano a casa, per i motivi più diversi.

Insegnanti: Luca Boschi, Nicola Miolo e Andrea Trentini

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“VERONESI”Al Centro di Formazione Professionale

Ha usato parole di vivo apprezzamento per l’attività formativa del CFP “G. Veronesi” l’ex ministro della pubblica istruzione Luigi Berlinguer che oggi ha chiesto esplicitamente di visitare il nostro istituto professio-nale di piazzale Orsi, un modello formativo e professionalizzante – ha soggiunto l’ex ministro – da esportare nelle altre Regioni italiane.

Laboratori di Elettronica, di meccanica di precisione…

Nella visita ai laboratori di Elettro-nica, di meccanica di precisione, di CNC, saldatura e PLC è stato ac-compagnato dalla dirigente Lau-ra Scalfi, dal presidente dell’Ente Marco Giordani e da alcuni do-centi responsabili dello sviluppo del “progetto meccatronica” su cui il centro è impegnato sia con una sperimentazione didattico/forma-tiva che ha preso avvio nel corso di quest’anno formativo che nell’at-tuazione del IV anno di Diplo-ma di tecnico. Luigi Berlinguer si è intrattenuto con gli studenti so-prattutto nei laboratori, nel centro a controllo numerico, nel labora-torio elettronico e nel centro della meccatronica e dell’automazione.Osservando i giovani studenti del terzo anno di operatore alle mac-chine a controllo numerico Ber-linguer ha espresso compiacimen-to per il grado di autonomia alle macchine utensili raggiunto dagli

allievi, capacità operative che co-niugate ai saperi teorici permet-tono ai giovani qualificati trovare immediatamente una occupazio-ne, nonostante la crisi.

Attenzione al polo della meccatronica

Visitando i laboratori della mecca-tronica e dell’automazione Luigi Ber-linguer ha voluto conoscere a fondo il progetto legato al costruendo “polo della meccatronica” di via Zeni a Ro-vereto dove troveranno collocazione fianco a fianco le sedi del CFP “G. Veronesi”, dell’ITT “Marconi”, i la-boratori di ricerca dell’Università ed alcune aziende di eccellenza ed avan-guardia tecnologica.Il progetto è stato giudicato lungi-mirante e di prospettiva tanto che l’onorevole ha precisato che “Sono esattamente queste le sfide che dob-biamo cogliere, affrontare ed avviare per favorire virtuosi processi di cre-scita e sviluppo delle imprese ad alto valore aggiunto e d’avanguardia tec-

nologica che trovano un terreno fe-condo se incontrano manodopera preparata e specializzata. Grazie al percorso formativo gestito dal CFP “G. Veronesi” le aziende possono di-sporre di giovani in grado di coniu-gare i saperi teorici con l’esperienza tecnica ed operativa. Un ruolo che il CFP assolve in maniera pregevole e che dovrebbe essere esportato in al-tre Regioni per sostenere lo sviluppo economico ed occupazionale” l’ono-revole ha poi aggiunto che molto im-portante e significativa per il successo del polo della meccatronica sarà inol-tre la presenza dell’Università con i propri laboratori di ricerca, accanto a scuole ed aziende. Un modello di sviluppo già ampiamente sperimen-tato con successo nel nord Europa”. Dopo la visita al Centro è stato pos-sibile un confronto sulle emergen-ze che investono oggi il mondo della scuola e dell’ educazione e sulla ne-cessità che questi temi ritornino al centro della politica, perché il futuro delle nuove generazioni passa inevi-tabilmente dalla comunità scolastica che deve essere in grado di formare lavoratori preparati ma soprattutto cittadini responsabili. (E.T.)

Il messaggio

“Mi complimento per quanto ho visto nel vostro centro di forma-zione professionale, per la dovi-zia di strumenti e per l’evidente qualità dell’attività formativa, che assicurano così buoni risulta-ti sia nella preparazione che nel-la occupabilità dei vostri studen-ti. Mi sembra importante aver privilegiato il rapporto con le re-altà produttive presenti nel terri-torio, non trascurando aspetti di formazione culturale.

On. Luigi Berlinguer “

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“RUOLO CIVICO”L’incontro conclusivo col Museo

La full immersion dell’onorevole Luigi Berlinguer a Rovereto, dopo la visita all’Istituto “Marconi” ed al Centro di formazione professionale “Veronesi”, s’è conclusa con un incontro al Museo Civico di Borgo Santa Caterina a Rovereto con una rappresentanza di dirigenti scola-stici, insegnanti ed operatori dei musei, a cominciare da tutti quelli del Civico. Non un incontro formale, ma un breve ma intenso scam-bio di pareri su come una struttura museale possa davvero diventare motore di diffusione, crescita e sedimentazione della cultura scienti-fica, come possa crecare sinergia vera con la scuola ed il territorio in genere, a partire proprio da ciò che Berlinguer aveva avuto modo di vedere al mattino nelle scuole e dal panorama ampio delle attività che gli sono state presentate in diretta dal Museo Civico

finotti: I musei non sono tutti uguali… non solo per grandezza!La parte più interessante dell’incon-tro è stata decisamente quella che ha registrato un vero scambio di opi-nioni su cosa voglia dire nella realtà quotidiana, “nei fatti”, lavorare per una cultura scientifica nella società, in un territorio specifico.Il modo migliore per farlo era parti-re da come lavora da tempo il Mu-seo civico di Rovereto, a partire dal-la presentazione fatta a Berlinguer dal presidente del Museo, Giovan-na Sirotti, assessore all’istruzione del Comune di Rovereto, che ha fatto da apripista, prima che il di-rettore Marco Finotti mettesse sul tappetto alcune domande pesanti.“Mentre noi siamo qui presenta-re le nostre attività, il direttore del Cimec - Centro Mente e Cervello

dell’Università di Trento sta parlan-do agli studenti del licero Rosmi-ni ed io stesso ero lì poco fa. Que-sto per dire che i musei non sono tutti uguali, ci sono quelli grandi, i medi e i piccoli, ma non è la gran-dezza il solo parametro di giudizio: quello che conta è chi dice “Que-sto museo è un istituto di formazio-ne sociale, è un museo con un ruo-lo civico di istituzione.” Lo Stato ha sempre considerato i musei come un problema di spesa, ma dobbia-mo capire quale è la parte spendibi-le del museo e come posso metter-la a disposizione degli altri. Si tratta di rivendicare per il museo questo ruolo civico, rispetto al quale non possiamo essere neutri, ma dobbia-mo essere di parte.Il nostro museo è il luogo del “dato”, ma anche del “pensato”. Però, fuori da qui resta la doman-

da: come fa una piccola realtà come la nostra a incidere fuori dal contesto locale?

Tante domande in cerca di risposteDi domande, per la verità, ne sono giunte altre nel confronto.Dario Di Blasi, responsabile dell’e-sperienza di 25 del Festival del Ci-nema Archeologico, ha parla-to dell’importanza della memoria come precondizione per la forma-zione, ricordando anche come “nel sentire comune, oltre che nei pro-grammi elettorali, la cultura è per-cepita sempre come residuale ed in perenne conflitto con l’economia”. Nello Fava ha insistito sulla conti-nuità per gli operatori di un museo. Il dirigente scolastico Giuseppe Santoli ha richiamato l’emergenza degli istituti, comprensivi proprio perché “non è vero che lì il metodo scientifico funzioni”.Nella replica finale, Berlinguer ha condiviso la priorità di interventi nel primo ciclo ed ha poi ripreso l’e-logio del Trentino: “Siente condan-nati ad essere avanguardia, men-tre in Italia permangono stereotipi e bestemmie sulla cultura scienti-fica”. Purtroppo “siamo nell’era in cui anche la tecnologia è pura tec-no e per nulla cultura. I cuochi non si salvano con qualche ora in più di storia, ma va recuperata l’unitarietà della cultura, via lo stereotipo licei = cultura, tecnici= tecnica, profes-sionale = tornio o cucina. Va bene l’indirizzo, ma ci vuole cultura, che vuol dire anche tecnologia”. (m.c.)

Museo civico Rovereto

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37n. 1-2 gennaio-febbraio 2013

L’impostazioneL’area della Documentazione peda-gogica è un luogo fisico e virtuale di Innovazione per tutte le realtà scolastiche, educative e formative.L’area della documentazione si ar-ticola in sezioni che raccolgono e mettono a disposizione dei Fruito-ri materiali cartacei e informatici, favorendo la crescita di una comu-nità educante che intendeValorizzare la professione dell’in-segnare come mestiere magistrale.Un ambiente accogliente nelle for-me e nei colori che occupa le sale di Palazzo Todeschi e si sviluppa parallelamente a un luogo virtua-le in cui raccogliere, valorizzare e diffondere le buone prassi realizza-te nelle Scuole del territorio.Gli spazi creati e allestiti costitu-iscono dei luoghi per condividere buone esperienze e pratiche di la-voro, proponendo agli insegnan-ti itinerari didattici, progettualità d’istituto, approfondimenti cul-turali, iIntegrando persone, sape-ri e contesti.La particolarità degli ambienti, dove antico e moderno trovano

È sicuramente la prima Area di Documentazione Pedagogica che viene inaugurata in Trentino, nel pomeriggio del prossimo giove-dì 21 marzo 2013, a Palazzo Todeschi a Rovereto, ancora per poco sede ufficiale del Centro per la formazione permanente del persona-le del sistema educativo trentino, che presto diventerà la sede ufficiale del nuovo Iprase unico. Inaugurazione con un “ospite di lusso”, Ste-ve Seidel, Direttore di Facoltà, Arts in education. Ricercatore Senior, Project Zero Harvard Graduate School of Education, che terrà una rela-zione su “La visibilità dei processi di studio di apprendimento”. Ci sarà, ovviamente anche le autorità provinciali e dell’amministrazione di Rovereto, così come i responsabili dell’attuale Centro Formazione Insegnanti di Rovereto, che fino al 30 marzo 2013 continuèrà ad agi-re come sempre. Insomma, questa è una delle ultime iniziative ufficia-li autonome del Centro di Rovereto, prima della “fusione” con l’Ipra-se del Trentino e della nomina del comitato scientifico, del presidente dello stesso e del nuovo direttore dell’Istituto.

TRACCEArea documentazione pedagogica

eventi

una combinazione armonica e in-tellettuale di storico significato, ca-ratterizza lo stile e la qualità dell’a-rea in costante divenire.

L’articolazione• L’accoglienza, luogo di benve-

nuto e conversazione per i do-centi e i visitatori.

• Lasala degli incontri e consu-lenze, per riflessioni su “casi di scuola” e situazioni didattiche circostanziate e specifiche.

• L’area dei materiali documen-tari sull’insegnamento e sull’e-ducazione pedagogica, con libri, riviste e testi attinti dall’editoria nazionale e internazionale.

• Lamediateca delle scuole tren-tine, dove si raccolgono e con-dividono le pratiche didattiche degli insegnanti.

• La sezione documentale delle iniziative di ricerca e formazio-ne per lo sviluppo professionale dei docenti promosse e realizza-te nel contesto provinciale.

• Lospazio virtuale di raccolta e condivisione a distanza dei ma-teriali della documentazione.

Il Seminario di studio

Seminario di studio21 marzo 2013La visibilità dei processidi studio di apprendimento

ore 14.30Introduzione

ore 15.00La visibilità dei processi di ap-prendimento.Innovazione didattica e docu-mentazione educativa.Steve Seidel

ore 17.30Dibattito

Steve SeidelDirettore di Facoltà, Arts in edu-cation.Ricercatore Senior, Project ZeroHarvard Graduate School of Ed-ucation.

L’inaugurazione

AREA DOCUMENTAZIONE PEDAGOGICA

Palazzo Todeschivia Tartarotti 7Rovereto

Palazzo Todeschi - via Tartarotti 7, 38068 Rovereto (TN)tel. 0461 494500 - fax 0461 499266formazionescuola@provincia.tn.itwww.formazionescuolatrentina.it

Azione realizzata nell’ambito dei progetti di formazione cofinan-ziati dal FSEProvincia Autonoma di Trento denominati “Attivazione di un si-stema organico e strutturato di azioni destinate alla formazione permanente dei formatori”(asse IV, ob. spec. H).

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38 n. 1-2 gennaio-febbraio 2013

scuola primaria Terlago

TERLAGORivive la scuola popolare

Un almanacco, un album, un brogliaccio, un testo di storiografia sco-lastica locale? Il lavoro del maestro Guido Prati, in collaborazione con Verena Depaoli, è un po’ tutto questo. “Tutti presenti… Signo-ra maestra! Nella scuola popolare di Terlago”. Una fatica robusta di ricordi, documenti, fotografie che ritraggono Terlago e le sue frazioni attraverso il bianconero di volti di persone, di scorci di paese, di do-cumenti politici, di tessere di partito, di gruppi di scolaresche, di atte-stati e via dicendo, in un arco temporale che supera un secolo, ovve-ro dal 1826 sino agli anni ‘60 del Novecento.

Uno strumento “divulgativo”

Opera – dichiarano gli autori - vo-lutamente ispirata ai criteri divulga-tivi “pur attendendoci alla massima fedeltà e rispetto delle fonti”. Ed vero. Lasciano parlare i documen-ti, cedono la parola ai dimentica-ti autori dei diari, maestri, uomini di chiesa, piccoli alunni. Privilegia-no lasciar scaturire il messaggio di-rettamente dalle immagini, diretta-mente dalle frasi vergate con grafie colte o incerte in punta di penni-no intinto nel più umile inchiostro. Ma da quelle testimonianze lievita-no descrizioni, quadri di una vita scolastica e di paese che da lonta-no in qualche maniera ci confer-mano la fondamentale importanza dell’istruzione per le sorti progressi-ve di ogni comunità sia essa cittadi-na o di villaggio. Il lavoro si divide in sette parti principali: “La prima parte si occupa di portare alla luce le notizie più frammentarie rinve-nute negli archivi storici o nelle col-lezioni private e che riguardano tal-volta la vera quotidianità del vivere scolastico. Il secondo segmento, at-traverso il diario della Maestra Ma-ria (Battistata, maestra nella scuola popolare di Terlago ... ripercorre gli ultimi due anni del periodo asbur-gico (o meglio dal 16 ottobre 1916 al 4 novembre 1918)”. Questo se-condo capitolo offre molti stimo-

li alla comprensione del cammino evolutivo della figura del docente perché, mentre descrive l’esistenza scolastica della Maesta Battistata, rivela la condizione di un’insegnan-te sempre alle prese con la precarie-tà e l’insicurezza del suo ruolo. Bas-si salari, incertezza della pensione, classi numerose, richieste di lavoro che travalicano le competenze pro-prie della funzione, famiglie che de-legano e poco o per nulla sono di-sposte alla collaborazione.

“Da Regno a Regno”, in cronaca diretta

Il capitolo “Da Regno a Regno” ci porge in cronaca diretta pagine toccanti di un momento tristissi-mo della condizione del Trentino: “ ... l’alto numero di scolari del-la mia classe mi impedisce di esse-re vicina ad ognuno ... Se a tutto ciò aggiungiamo la scarsità di carta, di matite, di materiale scolastico in-somma, e il disagio dovuto all’am-biente, il quadro è completo. non manca il contegno disdicevole di alcuni di loro e il disinteresse del-le famiglie. Di sicuro il clima in cui viviamo tutti non aiuta: incertezza del futuro, paura, povertà arrivata al limite della dignità, denutrizione e frequenti malattie ... “. E più in là: “il Comune sarà in ritardo con il mio salario a causa delle ristrettez-

ze dovute alla guerra in corso. Spe-ro non sia vero”. Ma il tempo che passa non porta conforto. Matura la disillusione. Vacilla la fede nel-le istituzioni, vacilla la speranza che la guerra si risolva in pace. “Nata-le 1917. Natale: il quarto di guer-ra. È un gelido Natale soprattutto nel cuore. Lo sconcerto persituazio-ne che viviamo è grande. ...Ci tro-viamo in un ingranaggio che ine-sorabile stritola ogni cosa. Credo di vivere un’epoca eccezionale nel-la quale a guerra finita tutto sarà, per forza, diverso: che si vinca o si perda. ... Mi ritrovo alla fine della carriera con un pugno di mosche, stanca, sfiduciata, delusa. Chi sono io? Sono austriaca o italiana austria-ca? O tirolese di lingua italiana? Che patriota piena di dubbi sono diventata! ... Penso che dentro l’a-nimo mio stia crollando un mondo nel quale credevo fortemente e dal quale non vorrei staccarmi”.

La scuola fascista

“La scuola fascista, che ritroviamo nella terza sezione, è, nei proget-ti, ovviamente l’apparato ideologi-co di Stato più rigoroso. Mussoli-ni vagheggia un italiano nuovo ... Ma la storia, anche a scuola, è più complessa di ogni programma”. Il capitolo “Scuola durante il Ven-tennio” emblematicamente si apre con il “Foglio di disposizioni n. 817, Roma 28 maggio 1937, XV E .F. 2° dell’Impero”. Il saluto al

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duce e il saluto ai gerarchi sottoli-neano con cura maniacale i com-portamenti esteriori delle persone, maestri e allievi.” Benito Mussolini perseguiva l’obiettivo di un’Italia abitata da convinti ed obbedien-ti fascisti. La scuola e l’educazio-ne dei giovani era lo strumento per raggiungere lo scopo. Il 12 ottobre 1922 venne emanato tra lo sgo-mento dei maestri il nuovo regola-mento scolastico, che esonera dalla frequentazione della scuola, insie-me a coloro che vengono istrui-ti in famiglia o in istituti privati, quei “fanciulli e fanciulle affet-ti da imperfezioni mentali o cor-porali che ostacolano il raggiungi-mento della meta dell’istruzione”. La fascistizzazione della scuola co-minciò veramente nel 1929. I pi-lastri dell’istruzione erano rap-presentati dalla monarchia e dalla chiesa,dall’esercito e da dio,dalla patria e dalla famiglia…”La scuola fu, come asseriscono gli autori, certamente l’istituzione la più importante al servizio del regi-me fascista per formare buoni fasci-sti. L’insegnante E. M. annota nel giornale di classe dell’anno scola-stico 1941-42 “ho ripreso con fede

fascista la scuola”. L’attività scola-stica è massicciamente invasa di vi-cende politiche: commemorazione di Arnaldo Mussolini il 22 dicem-bre 1931, gli scolari raggiungono Trento per vedere Achile Starace nel 1933, le scolaresche raggiungono la stazione ferroviaria di Trento per as-sistere al passaggio del treno di Hit-ler ne 1938. Il razzismo diventa un sentimento diffuso e nemmeno la Chiesa ne è esente.

“Un anno di scuola” col maestro Prati

Il quarto capitolo ci introduce nel-le vicende del maestro Prati per “Un anno di scuola”. Ormai alle soglie degli anni ‘60 del secolo XX, ci inol-triamo nell’intima esperienza del novello insegnante alle prese con i bambini di Covelo e Monte Terla-go. “Brutta giornata quel primo ot-tobre 1960; pioveva a scrosci fin dal primo mattino e le nubi pesanti di pioggia riempivano i valloni della montagna giù fino agli ultimi masi”. Nonostante la pioggia era un giorno speciale per il maestro Prati; il gior-no della sua prima nomina, della sua prima lezione che trascorse come un lampo “tanto grandi erano le novi-tà”. E come il primo giorno di scuo-la anche il resto dell’anno scolastico volò via leggero, lasciando intatta nel tempo la nostalgia. “Tutto era im-prontato ad un attivismo ragionato che al di là delle normali applicazio-ni delle singole discipline si estrinse-cava in una molteplicità di iniziati-ve dove la manualità, le osservazioni scientifiche, la recitazione, la musica e il canto, il disegno e l’uso del colo-re si alternavano con le lezioni all’a-perto ... le ricerche, le attività di edu-cazione fisica, le visite, il teatro”. È proprio vero, al pari dell’autore, che non si va lontano dalla realtà quando si afferma che “la storia della nostra scuola trentina è certamente illustre perché fatta di consapevole impe-gno, di serietà e operosità”.

Le pagine “non scritte”

I restanti tre brevi capitoli conclu-dono la narrazione di questo ope-roso contributo sulla storia cul-turale della Comunità di Terlago. Seguono sette pagine dedicate a tutto il “Personale scolastico” che in questa Comunità a svolto il pro-prio magistero educativo dal 1900 al 1969. Altrettante pagine sono poi dedicate a “Il Quaderno” di Tullio Depaoli un ex scolaro di-ventato grande: “Questa è la gran-de storia di un piccolo bambino che grazie ad un grande quader-no divenne uomo”. E per ultime le “Piccole Luci dal 1814 al 1963”. Si tratta di un capitolo non scritto ma colmo di immagini di libri di testo, di vecchi elenchi di alunni, di leggi e ordinanze, di documen-ti di archivio e foto, tante foto di bambini e adulti in posa tra i ban-chi o dinnanzi ad una chiesa o su di un prato di montagna. Anche questo è memoria.

Antonio Di Seclì

Guido Prati, Tutti presenti... Si-gnora Maestra! - Nella scuola popolare di Terlago, litografia Amorth, Trento, 2011, pp. 319

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Sabato 19 gennaio 2013 – Palazzo istruzione Trento: “Le parole del narrare”Narrare è azione antica ma mai vecchia. Nelle scuole diventa strumen-to per insegnare il mondo ai bambini e luogo dell’immaginario dove accompagnarli nella scoperta di se stessi. Il seminario “I pensieri del narrare” - organizzato dall’Ufficio Infanzia del Servizio Istruzione e dedicato agli insegnanti della scuola dell’infanzia provinciale e agli edu-catori in generale - ha messo in luce alcuni aspetti fondanti del raccon-tare storie e altre nuove dimensioni su cui porre l’attenzione.

NARRAREParole pensieri forme

Punti di vista: Dallari, Negro, Bacci

Nella scuola dell’infanzia la narra-zione trova ampio spazio e diver-se forme - per questo è importante rendere esplicite le componenti di un momento educativo non sem-pre conosciuto nel suo grande po-tenziale. Tre sono stati i punti di vista per dare forma a più mirate consapevolezze. Quelli di:marco dallari, professore dell’Università di Trento e scritto-re di testi sulla narrazione, alessandra negro, pedagogista docente all’Università di Torinofrancesca bacci, storico dell’arte,

esperta su tematiche di neuroscien-ze, che studiano i processi cerebrali. Miriam Pintarelli, direttore dell’Ufficio Infanzia, ha aperto i la-vori sottolineando come il semi-nario fosse occasione preziosa per individuare i punti nevralgici del tema: gli aspetti affettivo-relazio-nali, quelli funzionali-cognitivi, e quelli relativi alla scelta delle storie, che hanno valenze differenti e quin-di pongono obiettivi distinti. Una storia agisce su più livelli: quello in-tellettivo, che riguarda la percezio-ne, il cogliere la sequenzialità degli episodi e le caratteristiche dei perso-naggi, la comprensione degli eventi, e quello che tocca la sfera emotiva

e di senso, in questo caso l’adulto, attraverso l’empatia, deve saper co-gliere i bisogni del bambino per of-frirgli materiale simbolico attraverso cui elaborarli. Sono momenti diver-si, in cui molto diverso è lo sguardo e l’intento, di ciò un educatore deve essere pienamente consapevole.

MARCO DALLARI

Ha posto l’accento sulla narrazione come cura. È infatti dall’esperien-za di qualcuno che si prende cura di noi che inizia il senso dell’esser-ci e si costituisce la base della ricet-tività e la disponibilità a interagire. La cura è dunque emancipazione, non solo protezione, e la narrazio-ne è una delle situazioni speciali di questa significativa relazione. La di-namica narrativa prende forma già durate l’allattamento, nelle coccole, nel cambi di pannolino: è un dia-logo di corpo e sguardi in cui non viene semplicemente dato al picco-lo ma co-costruito insieme a lui, che risponde, partecipa, interagisce; si crea il rapporto e un racconto.

Pensiero simultaneo o narrativo

A scuola poi occorre curare la capa-cità di narrazione sostenendo la co-struzione del “pensiero narrativo”.

SCUOLE DELL’INFANZIA PROVINCIALI seminario

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Nella realtà odierna ciò che viene maggiormente stimolato è soprat-tutto il “pensiero simultaneo”, in cui i bambini si dimostrano molto forti: operazioni di stimolo/risposta, più operazioni mentali compiute con-temporaneamente; ne risente però il “pensiero sequenziale”, quello che implica attenzione a lungo termi-ne, capacità di sviluppare sequenze logiche, di comprendere e produr-re argomentazioni e narrazioni an-che complesse. C’è quindi bisogno di lavorare in tal senso, per sostenere l’articolazione di pensieri comples-si. Grazie all’esperienza narrativa, i bambini si abituano a prolunga-re l’attenzione, ma anche a differi-re la gratificazione affettiva, che non viene scaricata immediatamente ma raffinata attraverso i meccanismi dell’attesa e della concatenazione.

Le funzioni della narrazioneLa narrazione sviluppa diverse fun-zioni mentali, perciò esserne com-petenti consente di elaborare un potente congegno metacognitivo (il ‘pensiero narrativo’), che i bam-bini utilizzeranno anche in altri ambiti, ben oltre il mondo dei rac-conti, anche nelle pratiche di gioco, di immaginazione, di comprensio-ne. Appartiene al pensiero narrati-vo la funzione metaforica, propria del pensiero analogico, che consi-ste nella capacità di produrre asso-ciazioni, similitudini, metafore, e la funzione inferenziale, che produ-ce proposizioni come conseguenza necessaria di altre. Si sviluppa inol-tre la capacità di spezzare e distin-guere immaginario e realtà, che si costruisce grazie al contratto di fin-zione, così denominato da Gianni Rodari, che si instaura fra narrato-re e ascoltatore: è un accordo impli-cito che “sospende” la dimensione spazio-temporale del “qui e ora” per immergersi in un mondo dove le regole possono essere diverse e an-

che magiche; ciò permette di porta-re nell’immaginario le tensioni del-la realtà e in questa le suggestioni e le risorse dell’immaginario. La narrazione è dunque una risor-sa perché insegna a interpretare gli eventi, a porsi domande, a fare col-legamenti di senso, a costruire pen-sieri e frasi che tengono conto di più variabili. Tutto questo serve al bam-bino, cresce nel ragazzo e, insieme ad altri fattori, costruisce anche un cittadino che, ad esempio, oltre agli slogan elettorali si interessa anche dei programmi e quindi è più pre-sente a se stesso e alle circostanze, meno vittima e più protagonista.

ALESSANDRA NEGRO

Ha affrontato le funzioni psicologi-che e pedagogiche della narrazione. Nelle storie è presente un paesaggio duplice: lo “scenario dell’azione”, e quello della “coscienza”, cioè i vissuti emotivi dei protagonisti. I due piani sono fortemente intrecciati perché la narrazione è costituita dall’oscil-lazione tra mondo interno e mon-do esterno, piano della conoscenza e piano di realtà: questa si chiama “area intermedia di esperienza”.La fiaba è un costrutto intellettua-le complesso che richiede una cer-ta agilità di pensiero, che si costru-isce anche attraverso la fruizione di racconti ben formati, con “categorie canoniche” che formano e organiz-

zano la struttura di una storia. Stein e Glenn hanno elaborato un tipo di grammatica delle storie rappresen-tata da sei categorie minime perché si possa dire che un testo è una sto-ria; ci vuole un personaggio princi-pale, che si trova di fronte a una si-tuazione inattesa (problematica, non desiderata), mette in atto azioni per fronteggiarla, perviene a una risolu-zione del problema iniziale. Il perso-naggio principale attiva un imme-diato coinvolgimento affettivo ed emotivo del lettore/ascoltatore, un processo di identificazione, con un rispecchiamento negli stati emoti-vi dei personaggi), quindi agisce un processo di proiezione di aspetti di sé.

Lo stess e il coping

Con la Psicologia moderna po-tremmo definire la situazione-fia-ba come una situazione stressan-te: gli eventi sono minacciosi, c’è pericolo, si rischia la morte... Il concetto di stress (reazione dell’or-ganismo a uno stressor, evento stressante) assume un ruolo di pri-mo piano nella Psicologia del be-nessere: stress significa “pressione”, un individuo è come un ponte che deve essere in grado di soste-nere pesanti carichi e resistere agli agenti atmosferici esterni. Nella situazione di stress si attiva il co-ping: una strategia di fronteggia-mento, un insieme di sforzi cogni-

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tivi e comportamentali (pensieri, sentimenti ed azioni) che un in-dividuo utilizza per far fronte alle situazioni problematiche e ristabi-lire l’equilibrio. Il coping riguarda l’autoefficacia, la convinzione di “potercela fare”; questa percezione di sé ha una influenza notevole sul modo con cui ciascuno di noi sce-glie i propri obiettivi e sul tipo di risultati che pensa di ottenere.

La resilienza

E si arriva così alla resilienza: la ca-pacità di far fronte, resistere, inte-grare, costruire e riuscire a organiz-zare positivamente la propria vita nonostante le circostanze difficili che facevano pensare a un esito ne-gativo. Tre fattori principali costi-tuiscono la capacità di resilienza: le risorse esterne e il supporto sociale di cui dispone il bambino (senso di fiducia e di sicurezza nei confron-ti delle persone significative (io ho), le risorse personali, credenze ed at-titudini (io sono), le competenze relazionali e di problem-solving (io posso). Si attivano molti processi: la ricerca di sostegno sociale, stra-tegie adattive come l’autocontrollo, si sviluppa il senso dell’humor (cor-relato al maggior livello di autosti-ma), si arriva all’ammissione di re-sponsabilità (riconoscimento del proprio ruolo nel problema e ten-tativo di risolverlo), all’accettazione e re-interpretazione positiva degli eventi e una re-difinizione focaliz-zata sulla crescita personale.Cosa c’entra la fiaba con tutto que-sto? Molto. Perché attraverso l’iden-tificazione il bambino vive avven-ture ardite, sfide ad alto contenuto

di stress, tensioni verso scopi buo-ni e giusti (l’eroe lo è sempre), scon-tri con il male, e in queste avventure sente crescere la propria autostima per il coraggio che il protagonista esprime, si riconosce capace di di-stinguere il bene dal male, trova fi-ducia negli aiuti che arrivano (nani generosi, folletti, fate...). E tutto questo gli capita in una “situazione protetta”, dove l’adulto garantisce che nulla di male gli succederà, che ciò che sente è buono, che le pensie-ri e azioni sono giusti. C’è poi, alla fine dell’avventura, una specie di ca-tarsi, di liberazione dallo “stress” af-frontato, che dà gioia e calma, ancor più sentita se l’adulto presente sa ca-pire e condividere tutto questo.Il racconto che usa le categorie del-la fiaba è dunque terreno dove uno stressor buono sostiene un’imma-gine di sé positiva, che si può poi riflettere nel reale. “Ce l’ho fatta, sono bravo, sono buono. Che fati-ca, che soddisfazione!”

FRANCESCA BACCI

ha parlato delle funzioni cerebrali che si attivano nella narrazione: la memoria e l’immaginazione .Narrare è un’operazione che si fon-da su processi cognitivi complessi che implicano fra l’altro l’uso della memoria, cioè la capacità di man-tenere ed elaborare le informazio-ni. L’uomo dispone di una me-moria a breve termine, che tiene disponibili i dati su cui sta lavoran-do solo per il tempo occorrente, e di una memoria a lungo termine: un “deposito” con una capacità il-limitata che mantiene l’informa-

zione trasformandola in conoscen-ze, ricordi e abilità.Il funzionamento della memoria prevede che lo stimolo si tradu-ca in una rappresentazione inter-na stabile, ciò implica un lavoro di categorizzazione e di etichettatura. Vi sono apprendimenti intenzio-nali (scolastici) ed altri incidentali (fatti che hanno interessato) e una memoria esplicita (fatti, conoscen-ze generali). È importante dunque sollecitare l’interesse per favorire gli apprendimenti.

Le memorie sensoriali

Le sensazioni registrate dai sensi vengono elaborate in zone diver-se del cervello. L’odorato e il gu-sto sono prossimi e collegati ad aree che si occupano di memoria (probabilmente perché importanti per la sopravvivenza); gli altri sen-si (come udito e visione) vengono elaborati molto di più prima di ar-rivare in memoria, rispetto all’ol-fatto, che ha invece un percor-so più diretto (per questo forse gli odori fanno riemergere ricordi in modo immediato). Le memorie sensoriali sono tra le più vivide e forti, possono riportare a percezio-ni simili all’esperienza come fu. Le storie, i ricordi, sono fatti dunque anche di sensazioni ricreate.

Emozioni e linguaggio modificano i ricordi

Emozioni e parole incidono sul mantenimento dei fatti. La me-moria non è un archivio di foto-grafie, non abbiamo delle imma-gini nel cervello, la percezione è invece dinamica, tridimensionale, multisensoriale. Ogni volta che si richiama un ricordo, questo viene ri-formato di nuovo dai suoi ele-menti costitutivi, non si ripesca così com’era, ma viene modificato con piccole variazioni.

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Il linguaggio distorce i ricordi per la sua connotazione emotiva o per l’influenza delle parole altrui. Ad esempio, auto sfracellate è percepi-to diversamente da auto incidenta-te; le parole aggiungono o tolgono pathos e quindi possono anche al-terare quanto è stato percepito. C’è inoltre una memoria del corpo (Embodiment) che agisce sull’in-terpretazione delle parole, abbi-nando loro sensazioni multisenso-riali, ad esempio i nomi BOOBA e KIKI inducono immagini menta-li opposte: tondeggiante la prima e appuntita l’altra. L’immaginazione dunque è, almeno in parte, fatta di memoria, quando la narrazione è efficace, si possono attivare le aree uditorie del cervello immaginando una musica o quelle visive dando forma a un quadro o una scena. La memoria dunque re-stituisce le sensazioni catturate dal-la realtà e tenute a disposizione per dare alle nuove storie i sapori di cui hanno bisogno.Per selezionare tutti questi stimoli che arrivano dall’esterno e dall’inter-no serve l’attenzione: il meccanismo mentale attraverso cui prendere pos-sesso di uno fra i tanti possibili og-getti o corsi di pensiero che simulta-neamente arrivano al cervello; sono pertanto essenziali concentrazione e consapevolezza per potersi ritirare da alcune cose in modo da poterne

affrontare efficacemente altre. Per non essere sommersa da stimo-li, la mente utilizza degli “script”, rappresentazioni mentali che si co-stituiscono nel tempo per dare per scontati dettagli comuni quando ascoltiamo una storia, avere una guida per le azioni nelle situazio-ni sono familiari, notare invece gli eventi poco familiari. Resta il fat-to che l’uomo riesce a memorizza-re solo un certo numero di dettagli, pertanto quando pone l’attenzio-ne su qualcosa gli sfugge qualcos’al-tro, magari invece molto evidente per altri. La memoria ha anche del-le pecche, come la labilità, il blocco (avere il ricordo “sulla punta della lingua” ma non afferrarlo), la mi-sattribuzione (ricordare un fatto, ma attribuirlo a una fonte o conte-sto errato), la suggestionabilità che crea “false memorie”, ma anche la persistenza: l’incapacità a dimenti-care cose che non vorrei ricordare mai. L’attenzione è una capacità che va comunque esercitata perché pos-sa essere sempre più funzionale.

Il punto di vista del corpo

A michele abbondanza è anda-to il compito di chiudere il semi-nario portando alla platea il punto di vista del corpo. Il video di una danza della Compagnia Abbon-danza-Bertoni, ha raccontato una storia d’amore, fatta di incontri e abbandoni fra parole di poeti, luci e ombre metropolitane. Ha poi ri-cordato come il corpo racconti sempre una storia: ognuno di noi porta nel quotidiano una narrazio-ne di sé con i propri atteggiamenti, il tono del corpo, il modo di cam-minare e di porsi. È una storia che subito viene colta, che inconsape-volmente arriva e fortemente in-cide sulle persone e gli ambien-ti. Non è la stessa storia arrivare a scuola con lo sguardo a terra, le spalle basse, il copro ipotonico op-pure entrare con lo sguardo diret-

to e la postura sicura. Il corpo par-la la sua lingua e i suoi messaggi arrivano prima delle parole, il cor-po dà speranza e direzione oppu-re deprime, demotiva. I bambini hanno recettori molto sensibili che colgono le sfumature dell’alfabe-to del non-verbale. Il vestito non “fa certo il monaco” inteso come sentire religioso, ma “fa il monaco” per il messaggio che porta, quindi l’abito è un indicatore, così come la postura. Occorre dunque che gli insegnanti, così come curano il linguaggio con cui pongono il sa-pere, curino il linguaggio del cor-po che esprime la vita.

Strumenti: storie per crescereI temi del seminario trovano conti-nuazione in una pubblicazione del-la collana “Itinerari - Strumenti e riflessioni educative”, “Storie per crescere”, scritto da Alessandra Negro e Anna Tava, e che sarà pros-simamente consegnato nelle scuole dell’infanzia provinciali. Attraverso l’analisi di quattro fiabe moderne, il libro affronta i grandi temi della crescita - l’identità, la separazione, l’aggressività, le paure - riconoscen-do la valenza educativa delle nar-razioni fantastiche in quanto per-mettono l’elaborazione dei bisogni dell’Io. Il testo indica l’importanza di distinguere il momento narrati-vo delle fiabe da quello dei raccon-ti con scopi cognitivi, per offrire ai bambini momenti emotivamente significativi dentro il bosco imma-ginario che rappresenta l’inconscio e l’avventura della crescita. I materiali delle presentazioni del convegno si trovano sul portale della scuola trentina: www.vivo-scuola.it/eventi-scuola-infanzia

Anna TavaUfficio Infanzia – Servizio Istruzione

Dipartimento della Conoscenza

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SEgNALIAMO

il libro

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Scheda

I giocattoli di Auschwitz. - Il piccolo Ruben è un «giudeo cacasotto»: così lo de-ridono i compagni di classe, fino a quan-do un giorno la scuola gli viene per sempre preclusa. Ma lui non ne fa un dramma….Una notte, però, tutto precipita, arrivano i soldati e si possono raccogliere solo le cose più importanti, perché non c’è tempo, alla stazione c’è un treno che aspetta.Auschwitz ingoia gli ebrei, ma non Ru-ben. Il ragazzo viene salvato da un uffi-ciale delle SS, Klaus von Klausemberg, un raffinato melomane che si invaghisce del suo talento musicale […].La tragica verità del lager affiorerà poco alla volta, insinuerà in Ruben prima dubbi e so-spetti, poi inquietudini e orrori, in un crescendo di scoperte sconvolgenti…

Francesco Roat, narratore, saggista e critico letterario trentino, già insegnan-te di lettere e consulente editoriale, ha pubblicato il libro di racconti Tra-guar-do (Argo), i romanzi Una donna sba-gliata (Avagliano), Amor ch’a nullo amato (Manni), Tre storie belle (Traven-books), i saggi L’ape di luglio che scotta. Anna Maria Farabbi poeta (Lietocol-le), Le Elegie di Rilke tra angeli e finitu-dine (Alpha-Beta), La pienezza del vuo-to. Tracce mistiche negli scritti di Robert Walser (Vox Populi).

AUSCHWITZMusica nell’inferno del lager

Intenso, duro e coinvolgente romanzo di formazione, I giocattoli di Auschwitz è un viaggio nell’inferno del campo di sterminio, visto attraverso gli occhi innocenti d’un bambino costretto a crescere anzi-tempo e a vivere a quotidiano contatto con il Male.L’autore è un trentino, insegnante di lettere nella scuola media, fino a poco fa. Il libro si legge in modo agevole e la cupa realtà del lager si fa a tratti rarefatta, non per sminuirla o negarla, ma perché il focus vie-ne riportato al punto di vista preciso: gli occhi di un bambino da una parte (che tale resta nel candore anche se ormai adolescente) e la re-lazione con un adulto, dall’altra mediata dalla bellezza dell’arte, del-la musica (forse protagonista vera di questo romanzo). Un libro – va detto – che andrebbe letto a scuola, quasi a prescindere dalle celebra-zioni della “giornata della memoria”. A Francesco Roat abbiamo rivolto alcune domande sul suo ro-manzo appena giunto in libreria.

Perché una lettura di Auschwitz attraverso gli occhi di un bambi-no “non più bambino”…?Forse perché solo nei confronti dell’innocenza risalta così forte il contrasto di quello che si è chia-mato il male assoluto, questo con-trappasso forte tra l’innocenza e il male di Auschwitz. Rifacendomi un po’ a “La vita è bella” di Beni-gni, volevo fare però qualcosa di non ironico, perché è stata l’unica cosa che mi è dispiaciuto di quel film: c’è poco da sorridere, allora mi sono detto “dai, vediamo l’in-ferno di Auschwitz attraverso gli occhi di un bambino.” Però, nel momento in cui mi sono accinto a scrivere, ho visto che in realtà non è facile vederlo così, tant’è vero che il bambino travisa tutto quan-to, non vede fino alla fine, non ri-esce a vederlo, non può vedere è più forte di lui. Questo bambi-no ebreo di Merano, Ruben Li-pari, viene “salvato” da un ufficia-le medico delle SS, il quale però in un certo senso lo plagia perché lo protegge all’interno dell’ospe-dale del campo, non gli fa vede-re le cattiverie, le atrocità e quin-di commette un’enormità nei suoi confronti, lo inganna.

C’è a momenti la sensazione che l’autore sia stato un pochino be-nevolo nei confronti dell’uffi-ciale nazista. Troppa umanità? Troppa sensibilità?Ma no, mi fa piacere questa do-manda, che mi consente di sot-tolineare che io sono contrarissi-mo più che mai ad ogni sorta di revisionismo, di negazionismo; le SS che militavano facevano delle scelte ben precise, non c’è niente da fare. Nel mio romanzo il nazi-sta è una figura senz’altro negati-va, certo alla fin fine aiuta questo ragazzino, ma lo fa per fini egoisti-ci, per mettersi in pace la coscien-za, e poi perché il ragazzino suona il clarinetto, è un bambino prodi-gio e questo SS amante della mu-sica vuole suonare con lui. C’è un altro accenno ad un film, “La li-sta di Schindler”, quando le SS ir-rompono in un ghetto ebraico, ar-restano tutti e un ufficialetto scova un pianoforte verticale e si mette a suonare Bach: ecco, mi ha sem-pre colpito questo contrasto terri-bile tra la grande cultura tedesca, che va da Bach a Wittgenstein da Mozart a Freud ecc., da una parte, e dall’altra un Hitler e questi di-sgraziatissimi esteti che suonano il

Francesco Roat, I giocattoli di Au-schwitz, 2013 Edizioni Lindau To-rino, pagine 292, € 19.50

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pianoforte, che amamo i leader, che accarezzano le teste dei bambini e poi mandano a morte a gas le per-sone con estrema indifferenza.

Possiamo dire che il protagonista vero del romanzo sia la musica?Ma questo dipende dall’autore. A me piace moltissimo la musica clas-sica, ma la musica che salva in un certo senso, l’unico lato umano che c’è è questo amore per la musica che accomuna un po’ tutti quanti, un al-tro ebreo che suona il violino, il ra-gazzo Ruben e questo nazista. Però non basta, tutta la cultura tedesca, tutta la meravigliosa musica tedesca non è riuscita a salvare la Germania in quegli anni, fortuna che la pagina ormai è stata chiusa. Io che conosco un po’ il mondo tedesco, credo che i ragazzi siano stati vaccinati per bene nei confronti nel nazismo.

Il bambino frequenta già la scuo-la media quando viene espulso e poi portato nel lager, però resta sempre “il bambino” nel roman-zo, anche quando esprime giudi-zi molto pesanti...È una scelta voluta come a dire “il minore”, l’innocente viene caratte-rizzato da questa parola emblema-tica “il bambino”, quasi che rima-nessero congelati quegli anni, dal momento in cui è entrato ad Au-schwitz fino al ’45. Tra l’altro il ro-manzo prende uno spunto da una vicenda realmente accaduta in Alto Adige, dopo l’8 settembre i primi

a finire ad Auschwitz furono circa venti ebrei meranesi di cui ho paura che non sia tornato nessuno, sono stati i primi a finire laggiù proprio perché i tedeschi erano già in Alto Adige e lì dopo l’8 settembre li han-no presi e io immagino che uno di questi sia il mio protagonista, che rimane bambino fin quando poi il 27 gennaio del ’45 arrivano i rus-si, si scoperchia il pentolone delle atrocità e il ragazzo si rende conto improvvisamente. C’è una frase del libro che dice “sono andato a dor-mire bambino e mi sono svegliato adulto”, di colpo si accorge (ed è in-sopportabile per lui) che l’ufficiale medico non era certo una sorta di padre, amico, ma un carnefice.La rivista è rivolta agli insegnan-ti, tu sei stato insegnante... Come useresti questo romanzo con i tuoi studenti?Come insegnante, difficilmen-te consegnavo agli studenti a sca-tola chiusa qualcosa da leggere; se-condo me, a scuola bisogna sempre presentare le cose, leggere assie-me, commentare assieme. Questo è un libro per adulti, ma scegliendo i capitoli giusti… il passo classico quando Ruben arriva ad Auschwitz con il treno, con la casacca a righe che il bambino scambia per pigia-ma, questa follia di tutti che conse-gnano le valigie, tra l’altro fra i gio-cattoli di Auschwitz sappiamo che i nazisti fanatici dell’etichettare, cata-logare, del mettere via dagli occhia-li, alle scarpe, alle stampelle per chi era ammalato, avevano tutti i depo-siti in cui mettevano tutto il mate-riale e furono trovati anche dei gio-cattoli, per cui il titolo rimanda a questo, c’era anche una stanza dei giocattoli, terribili questi contrasti. Per cui, direi che va letto in parte, facendo in modo che l’insegnan-te presenti alcune parti; non si può prendere tutto così.Secondo me, invece, è un buon testo per le medie. Ci sono dei passaggi un po’ pesanti sui ri-mandi alla musica, forse a tratti un po’ troppo da addetti ai lavo-ri, ma la vicenda è molto leggera. Anzi, azzarderei che questa è for-

se la novità rispetto ad altri testi sull’esperienza nei lager: sembra quasi che il male estremo attor-no al bambino scompaia in certi momenti, però poi l’inferno ri-torna, ritorna e con prepotenza nella parte finale. Ma sì. In certi momenti sì, è l’uni-co modo. Suggerisco un’altra lettu-ra da bravo recensore; la Casa edi-trice Lindau ha appena pubblicato un testo che secondo me andrebbe letto da tutti “La belva in gabbia. Eichmann: i delitti, il processo, la condanna”, sono resoconti sui pro-cessi. Quando leggi la testimonian-za del comandante di Auschwitz che dice “Sì, da noi abbiamo ster-minato tot. milioni di persone”; quando vedi appunto queste SS che confessano “è vero gasavamo le per-sone”, mi vien da ridere, e pensare l’obrobrio che ancora ci siano delle persone che negano Auschwitz… la follia. Un saggio da consigliare.

Una domanda conclusiva sul li-bro. Non so come l’avverti tu, vi-sto che hai scritto un libro pro-prio su Auschwitz. Io tutti gli anni mi pongo un problema, quando arriva la Giornata del-la Memoria: come parlarne sen-za rischiare la ritualizzazione? il prima, il dopo, il treno della me-moria… Alla fine divento quasi impotente, mi rifiuto di parlarne perché mi sembra di partecipa-re ad una ritualizzazione inva-dente anche in buona fine. Anche nelle scuole, anche se si proietta sempre “La vita è bella”...È anche vero, però, che la gente, gli italiani, tendono a dimentica-re molto facilmente. Secondo me è molto importante, è come la li-berazione, lo so che ci può essere della retorica. Mi viene in mente la poesia di Primo Levi, adesso a me-moria non me la ricordo, “questa è estate, questo è un uomo…” guai a dimenticare queste cose, è un ri-schio che dobbiamo correre, val la pena per carità, il rischio appunto è quello di dimenticare, la banaliz-zazione. Sei milioni di vittime uc-cise, non sono coriandoli.

Mario Caroli

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In fuga dalla DalmaziaLa protagonista è Flora, bambina in fuga dalla Dalmazia in segui-to agli eventi bellici che le hanno portato via il papà. Accanto a lei, come lei impauriti e disorientati, i parenti: una mamma fredda e in-differente, “mantenuta dai parenti e in perpetuo disaccordo con tutti”; gli zii presi dai loro problemi e dal-la necessità di sistemarsi in una ter-ra così diversa dalla loro; la nonna, unico punto di riferimento, labo-riosa e amorevole. Flora sente l’e-sigenza di ribellarsi a certe imposi-zioni, ad abitudini ormai vecchie, a scelte che non sono le sue. Gli abiti che le manda la zia dall’Au-stralia, la povertà alla quale deve adattarsi, la casa modesta, le belle stoviglie e l’argenteria che sembra-no stridere con quella nuova vita, la ricca signora di cui la nonna Tonci diventa dama di compagnia sono motivo di sofferenza per Flo-ra, che, crescendo, diventa un’ado-lescente scontrosa, incerta se accet-tare passivamente le scelte di sua madre o invece pensare che non si debba vivere sulle spalle degli altri o continuare a vendere quadri an-tichi, icone, gioielli...

La scelta della pachinaCerto, per una ragazzina che ave-va conosciuto l’agiatezza, vivere in una dépendence invece che nella villa, uscire ed entrare dal cancello laterale e non da quello principale, almeno all’inizio, fu complicato: imparò a fare buon viso a cattivo

la recensione

BAMBINEA tutte quelle senza paese

gioco, a girare nel parco imparan-do a conoscere fiori e piante, a gio-care con i pettirossi... infine, fra le tante panchine, ne scelse una tutta sua. Lì si sedeva e sognava, si vede-va adulta, bella, elegante. Poi, rin-francata dai sogni, tornava a casa, infagottata nel maglione “ lavora-to ai ferri con lane disfatte”, ma se-rena e appagata dal profumo del-le castagne arrostite. Giocava con le bambole, la madre la prendeva in giro, ma Flora drappeggiava sui loro corpi tessuti e straccetti, usan-dole come manichini. Le piaceva cucire, avrebbe voluto fare la sar-ta, aveva estro, invece fu manda-ta a studiare per diventare maestra in collegio, dove si sentiva di peso, perché non sempre la retta pote-va essere pagata. Temeva di essere rimandata o bocciata, si sdebitava con le suore cucendo le divise per le collegiali; imparò così le regole di base della sartoria.

La vita cambia radicalmenteDopo una delusione d’amore, Flo-ra pensò di non tornare in colle-gio, ed anche la mamma accettò l’idea che diventasse sarta, pur di-mostrando, in certe occasioni, di vergognarsi quasi di quella figlia di modeste pretese. Dopo qual-che tempo, Flora decise di lasciare la mamma, la nonna, la panchina di pietra per andare a lavorare lon-tano. “Avrebbe voluto poter sentire sua madre vicina anche nella lonta-nanza, ricordare le sue parole, sapere di poter contare sul suo appoggio. Le

sembrava, uscendo di casa nel modo in cui stava uscendo, di tuffarsi nel grande mondo completamente sola.” E la sua vita cambiò radicalmen-te, ma non in meglio... Il romanzo procede spedito, entrano in scena altre figure, Flora si lascia anda-re. L’amicizia di Marta e di sua fi-glia Cristina in qualche modo ri-empiono quel vuoto, l’assenza di amore. Ma gli eventi si accavalla-no, Flora accetta una proposta di matrimonio e diventa vittima di un uomo perverso, che molto ave-va da farsi perdonare dalla prima moglie e da Flora, diventata la sua seconda moglie. Una tragedia si catapulta infine su Flora che, solo dopo aver molto sofferto, troverà pace, benessere e serenità.Questo romanzo si legge con avi-dità, sia perché la storia è appas-sionante, sia perché è molto ben scritta, con linearità e rigore, sen-za sbavature. Ci fa conoscere una realtà storica ancora poco nota e quello sradicamento che tanti oggi vivono sulla loro pelle, quando le guerre o la miseria li spingono ver-so luoghi lontani. Ripropone poi il contrasto madre/figlia, i rapporti familiari vitali, ma difficili e, solo verso la conclusione, svela un se-greto inatteso, che spiega senti-menti e comportamenti...

Luciana Grillo

Questo romanzo ha una dedica speciale: A tutte le bambine senza paese, e dunque, prima ancora di cominciare a leggerlo, sappiamo che un senso come di sradicamento pervaderà le pagine di questo libro in cui il presente, difficile e misterioso, si intreccia con un passato lonta-no, fatto di guerra e di paura.

Maria Rosaria Dominis, La pan-china di pietra – De Ferrari ed., maggio 2010 – pag.260 € 15.00

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La pedagogia curativaElena Nardini è una pedagoga cu-rativa e terapeuta che dal 1992 si adopera per lo sviluppo della peda-gogia curativa e ambientale a guida e sostegno delle famiglie all’interno dell’Associazione Michael. La peda-gogia curativa è strettamente con-nessa alla medicina antroposofica che venne sviluppata a partire dal 1920 dal Dott. Rudolf Steiner, fon-datore dell’antroposofìa, in collabo-razione con la Dott.ssa Ita Wegman e con altri medici. L’antroposofia inaugura un metodo conoscitivo, fondato su una propria epistemolo-gia, che guida la ricerca delle leggi che stanno a fondamento delle ma-nifestazioni della vita, dell’anima e dello spirito nell’uomo e nella na-tura. Frutto di tale ricerca è un’im-magine integrata dell’uomo che permette di valutare tutti gli aspet-ti in cui la vita umana si realizza. La pedagogia curativa permette di ac-costarci in modo nuovo ed efficace ai problemi dei bambini bisogno-si di cura dell’anima e dei portato-ri di handicap perché sono le stesse misure educative ad essere compre-se ed applicate come processi tera-peutici.

Destinatario: tutto il nucleo familiareL’idea di pedagogia curativa am-bientale a sostegno delle famiglie si deve al fatto che si rivolge non solo al ragazzo in difficoltà, ma a tutto

FIGLI D’OGGIPrevenire e risanare comportamenti

il nucleo familiare: padre, madre e spesso anche sorelle e fratelli.Per la pedagoga gli stili di vita at-tuali sono spesso causa di distur-bi dello sviluppo, dell’attenzione, del comportamento e rappresenta-no un ostacolo al sano sviluppo in-fantile. Anche ogni tipo di handi-cap ne viene appesantito.Portare elementi di risanamento nel micro-sociale familiare costitui-sce il primo e fondamentale impul-so di prevenzione, di risanamento. È importante offrire ad ogni indi-viduo, specie in età dello sviluppo, quello che corrisponde alle sue ne-cessità, al fine di equipaggiarlo al meglio per la vita. È in età adulta che diventa indispensabile mirare all’integrazione, un’integrazione di qualità e, a seconda dei casi, entro un ambito sociale protetto.“La qualità di vita futura, la qua-lità e le possibilità di integrazione in età adulta saranno fortemente condizionate dal percorso educati-vo e formativo durante l’infanzia”.Il compito della famiglia, della pe-dagogia curativa ambientale, del-la scuola è quello di collaborare per fare in modo che ogni singolo per-corso di vita ottenga grandi risultati affinché questi diventino frutti pre-ziosi per la qualità di vita in età adul-ta. In questo percorso la famiglia va rivalutata quale grande risorsa e po-tenziale, deve essere sostenuta e in-coraggiata nel recupero della sua va-lenza educativa e di guida dei figli.

Rivolto a genitori, educa-tori, nonni...La pedagoga Elena Nardini con il suo libro “Comportamenti diffici-li dei figli di oggi” intende forni-re spunti concreti per l’ agire quo-tidiano a genitori, educatori, nonni e a ogni persona che entri in con-tatto con bambini sani o portatori di handicap. Lo fa attraverso la pre-sentazione di alcuni episodi reali le-gati alla sua esperienza professionale perché risultano più efficaci di una spiegazione astratta, per raggiunge-re le persone in modo vivo e offri-re loro spunti concreti per il loro agire quotidiano. Si tratta, dun-que, di situazioni reali in cui lascia parlare spesso i genitori stessi, si-tuazioni concrete nelle quali ognu-no può immedesimarsi per trova-re aiuto e guida nei propri vissuti quotidiani.L’ intento della scienzia-ta è quello di “risvegliare nel lettore il buon senso pedagogico, oggi an-dato perduto, e vivificare in ognu-no creatività e fantasia morale atte a rispondere in modo adeguato e pe-dagogicamente favorevole a quanto la vita ci porta incontro”.

Maria Rosaria Gaetani

“Attraverso esempi l’autrice presenta atteggiamenti e problematiche, dive-nuti ricorrenti aò giorno d’oggi, dalla ‘sindrome del tiranno’ all’abitudine del ‘tutto e subito’, dal falso mancinismo ai comportamenti a tavola o per andare ea dormire, dai disturbi dell’attenzione a quelli dell’apprendimen-to. Cosa fare ‘quando i figli...’? Come trasformare le abitudini, instaurare ritmi sani, curare i dettagli? Per rispondere a queste domande, Elena Nar-dini propone e suggerisce strumenti concreti ‘praticabili’ da chiunque.”

Elena Nardini, Comportamenti difficili dei figli di oggi – Come prevenire e risanare. Un percor-so pratico di pedagogia curativa. Natura e Cultura Editrice, Alas-sio 2012, pagine 184, € 14,00

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Nasce a Trento, prima in Italia la “Piccola accademia dei talenti”, che seguirà i bambini con un quoziente intellettivo molto superiore alla me-dia. Se n’è parlato in un incontro pubblico per l’inaugurazione, marte-dì 15 gennaio 2013 presso la Libreria Erickson con Federica Morman-do, psichiatra presidente di Eurotalent Italia, Laura Fratini, psicologa clinica, il giornalista e Riccardo Mazzeo, che ha moderato l’incontro.

TALENTIA Trento la “Piccola Accademia”

Un laboratorio innovativoSvogliati, distratti talvolta poco collaborativi perché troppo intel-ligenti. È ciò che accade a miglia-ia di studenti ogni giorno nelle scuole italiane. Si tratta di bambi-ni e ragazzi della scuola primaria e secondaria ad altissimo potenzia-le intellettivo che a scuola si anno-iano e si distraggono venendo poi classificati come iperattivi, pigri o negligenti. Figure ritenute talvol-ta scomode dagli insegnanti che spesso li considerano elementi di disturbo nel contesto della classe. Per rimediare a questa carenza del sistema scolastico italiano e per ap-profondire le tematiche riferite ai bambini plusdotati nasce a Trento, prima in Italia, presso il Centro Studi Erickson, la “Piccola Accademia dei Talenti”. Si tratta di un laboratorio innovativo che vuole diventare pun-to di riferimento a livello nazionale.“Siamo partiti dalla convinzione che spesso una grande intelligen-za coincide con una grande pau-ra poiché si pensa di non saperla

gestire – ha affermato in occasio-ne della presentazione Federica Mormando, massima autorità nel campo della plusdotazione intel-lettiva. – Quando non compresi i bambini plusdotati reagiscono con un grande dolore. Alcuni fingo-no di non essere quello che sono e spesso riescono male a scuola per-ché confondono il capire con il sa-pere, si distraggono più degli altri, si arrabbiano e diventano opposi-tivi oppure si ritirano in se stessi”.

Supporto anche alle scuoleLa “Piccola Accademia dei Talenti” di Trento fornirà alle scuole e alle famiglie la valutazione cognitiva, indispensabile per tracciare il pro-filo emotivo e cognitivo del bambi-no, le linee didattiche adeguate e si occuperà anche di sensibilizzazione e formazione degli insegnanti. “Vogliamo fare formazione nelle scuole perché questi talenti vengano riconosciuti, ma principalmente per-ché gli insegnanti sappiano rispon-dere a questi bambini dando loro

pari opportunità di apprendimento mediante linee didattiche persona-lizzate” – ha concluso Mormando. “E’ iniquo penalizzare chi, a causa di un’intelligenza superiore, viene considerato come disturbato, op-pure si ritiene debba avere qualche déficit perché non corrisponde alla maggioranza ideale degli alunni che compongono le classi della scuola italiana – ha sottolineato Riccardo Mazzeo, responsabile della comu-nicazione e della letteratura interna-zionale di Erickson. - Questi bam-bini sono sempre rimasti in ombra, nessuno se n’è mai occupato poiché si riteneva a torto che un bambino, per il fatto stesso di avere una dota-zione intellettiva superiore, fosse in grado di badare a se stesso, di conse-guire grandi successi scolastici. Ma non è assolutamente così, perché ci si è resi conto che se questi bambini non ricevono un supporto educati-vo appropriato vengono gravemen-te svantaggiati e almeno un quarto di essi va male a scuola”.“L’obiettivo dell’Accademia – ha affermato la psicologa Laura Fra-tini – non è quello di “scovare” piccoli geni per indirizzarli verso questa o quella strada, ma piutto-sto quello di creare un luogo dove individuare le loro potenzialità, che molte volte rimangono ine-spresse o incomprese. Con questo progetto desideriamo protegge-re il bambino ed il suo benessere, fornendo a chi si occupa della sua formazione, siano essi genitori o insegnanti, i mezzi per aiutarlo a crescere nella piena serenità”. Alla presentazione è intervenuto an-che il giornalista Waimer Perinelli, collaboratore dell’iniziativa, che ha illustrato il percorso intrapreso dal team di esperti, durato più di tre anni, che si è concretizzato con la fondazio-ne dell’Accademia stessa. (cz)

SCUOLA E TERRITORIO erikson

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l’incontro

detti: Piccoli lettori crescono

Perché è im-portante legge-re? Come si di-venta lettori? Come i giovani possono acqui-sire piena con-sapevolezza di sé e del mondo in cui vivono?Piccoli lettori crescono, partendo da un’attenta disamina dei significati assunti dalla comunicazione nell’e-ra digitale, propone un’ampia gam-ma di suggerimenti e consigli per sensibilizzare all’importanza della lettura. Dai primi anni di vita all’a-dolescenza i libri hanno la capaci-tà di emozionare e coinvolgere, far conoscere e riflettere, permettere lo sviluppo di abilità cognitive e sen-so critico, stimolare la comprensio-ne dell’arte e il pensiero profondo. Lettori si diventa grazie a una cre-scita costante coadiuvata da inter-venti adeguati di famiglia, scuola e operatori culturali, ed è importan-te sapersi muovere e scegliere i titoli più adatti ad ogni fascia d’eta.I contenuti del volume sono:• Il piacere del libro• I giovani e l’e-book• il cittadino che legge, il cittadi-

Sabato 16 marzo 2013 alle 15,00 ancora un evento, ancora un incontro organizzato da La Libreria Erickson a Gardolo via del Pioppeto 24.ermanno detti, autore di Piccoli lettori crescono, Erickson 2012, pp 134, € 14,50franco frabboni, autore di Il problematicismo in pedagogia e di-dattica, Erickson 2012, pp 155, € 15,00Presenteranno insieme il libro di Ermanno Detti e parleranno dell’im-portanza che la lettura riveste per bambini e adolescenti in generale e in particolare degli strumenti non solo cognitivi ma anche immagi-nifici, poetici e creativi che fornisce in un approccio alla diversità che sappia essere viaggio di scoperta, lancio di ponti, breccia nei muri.

LETTURAVitale per bambini e adolescenti

no che non legge• Narrazione e qualità dei libri• Scegliere un libro per mio figlio

Ermanno DettiUno dei massimi esperti in Italia dei problemi riguardanti la lettu-ra e i nuovi mezzi di comunicazio-ne, dal libro alla TV, dal computer agli e-book. Giornalista, saggista e scrittore per ragazzi, ha pubblicato un gran numero di studi su lettu-ra, fumetti, giornalini, fotoroman-zi, figurine e letteratura popolare, e numerosi romanzi. Direttore e fon-datore della rivista Il pepeverse, che si occupa di letteratura per ragazzi, e direttore responsabile di Artico-lo33, testata sulla formazione.

fRabboni: Il problematicismo in pedagogia e didattica

Scritto in un momento in cui il sistema dell’istruzione, nel nostro Pae-se, è al centro di discussi e cru-ciali tentativi di riforma, que-sto saggio in-tende disegnare i confini di una pedagogia rinno-

vata, che possa offrire gli strumen-ti per un’espressione piena e libera della propria individualità, dentro così come fuori dalla scuola, in età giovanile così come in età adulta e senile. Senza trascurare l’analisi di nessuna delle molteplici forme at-traverso cui è stata (o potrebbe es-sere) organizzata l’istruzione, l’au-tore disegna un modello educativo antidogmatico, in grado di man-tenersi indipendente e protetto da sociologie deterministiche e logi-che di mercato.Strutturato in quattro parti, il vo-lume dà voce, nelle prime due, alle idee di educazione e di formazio-ne di due illustri e profetiche figu-re del Novecento, Antonio Banfi e Giovanni Maria Bertin, padri, ri-spettivamente, del razionalismo critico e del problematicismo pe-dagogico.Nelle parti terza e quarta, inve-ce, esso si concentra sulla necessi-tà di fornire alle nuove generazioni una formazione lungo tutte le età della vita, intravedendo nella life-long education la più significativa scommessa problematicista, l’uni-ca possibilità di emancipazione da-gli odierni oscurantismi etici e ide-ologici.

Franco FrabboniProfessore emerito di Pedagogia all’Università di Bologan, dirige au-torevoli collane e riviste di Scien-ze dell’educazione. La sua ricerca è stata rivolta sia ai fondamenti teo-rici della Pedagogia e della Didat-tica, sia alla progettazione culturale e curriculare del sistema scolastico. Una Scuola in stretta relazione for-mativa con l’Ambiente – sociale e naturale – inteso come Aula didat-tica decentrata: il tutto nella pro-spettiva di un sistema educativo integrato e di una Formazione per tutta la vita. Autore di numerosis-sime pubblicazioni, è direttore del-la collana “Formazione insegnante” delle edizioni Erickson.

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n. 1-2 gennaio-febbraio 2013

MODULO DI ISCRIZIONEPer partecipare al convegno è necessario iscriversi compilando il seguente modulo e versando l’importo di Euro 10,00sul c/c intestato all’Associazione La Bottega dell’Arte codice IBAN: IT83 C082 7935 6800 0000 0052 420nella causale scrivere SOLO: “NOME E COGNOME, per convegno”.

da rispedire compilato entro il 3 maggio 2013 a:Associazione Culturale “La Bottega dell’Arte”- via Marconi 9 - 38054 Transacqua (Tn)

oppure on-line direttamente sul sito dell’associazione www.labottegadellarte.eu

NOME COGNOME

PROFESSIONE

VIA CAP CITTÀ

TELEFONO E-MAIL

DATA FIRMA

A richiesta, a fine lavori, sarà rilasciato l’attestatodi partecipazione al Convegno.

Trovate gli abstract degli interventi e le biografie dei relatorisul sito dell’associazione: www.labottegadellarte.eu

Iscrizioni entro il 3 maggio 2013

8.30 registrazione dei partecipanti

9.00 Saluti autorità

9.10 Il gioco nella prospettiva dei processi di soggettivazione Sisto Vecchio - psicoanalista SPI (Società Psicoanalitica Italiana) - IPA - Bergamo

10.15 Quali giochi per i bambini di oggi? Antonio Di Pietro - pedagogista, Università di Firenze - LudoCemea - Firenze

11.20 pausa caffè

11.35 L’Arte di Giocare Nora Rodriguez - formatrice nazionale di Arciragazzi - Vicenza

12.30 pausa pranzo

14.00 Gioco, cultura, educazione. Dal sonaglino alle arti Francesco Caggio - pedagogista, professore a contratto c/o Università Statale Milano-Bicocca

15.15 Nei giochi dei bambini è nascosto un tesoro Roberto Papetti - mastro giocattolaio - Ravenna

16.15 pausa caffè

16.30 Facciamo che ero - imparare giocando dentro una storia Beniamino Sidoti - giocologo - Pavia

17.30 dibattito e chiusura lavori

Moderatore: Alessandro Valle educatore e formatore Arciragazzi - Vicenza