dialoghi e monologhi nello storytelling

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Giovanni Prattichizzo IL DIALOGO E IL MONOLOGO

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Giovanni Prattichizzo

I L D I A L O G O E I L M O N O L O G O

Forse la strategia più vantaggiosa rispetto al dialogo è di considerarlo un’ulteriore opportunità per aumentare la spinta emotiva della vostra storia. In questo senso, il dialogo dovrebbe essere animato, intenzionale e attivo quanto la dimensione visiva della vostra storia.

!Cooper – Dancyger 1998: 153

I T I P I D I D I S C O R S O

• Discorso diretto libero;

!• Discorso indiretto;

!• Discorso raccontato;

!• Discorso indiretto libero.

I L D I A L O G O

• Il dialogo può far luce su un personaggio, far avanzare la trama ed informare il lettore di qualche fatto.

!I dialoghi, anche quando sono perfettamente naturali e mettono bene in

rilievo le personalità dei personaggi, devono essere tenuti

drammaturgicamente dall’autore dentro la strategia complessiva della

storia narrata. Oppure contribuire a modificarla con una logica narrativa.

I dialoghi non sono solo idee, invenzioni, novità, ma anche suoni, tic,

fisionomie che ci appaiono ancora più nitide che nelle descrizioni.

Il dialogo è, forse più di tutto il resto, al servizio della storia. Fornisce informazioni, contribuisce a far progredire il racconto e, con esso, a provocare emozioni. Vanno quindi escluse le informazioni inutili, quelle tronfie o troppo dirette e sono ben accette quelle che possono apparire marginali nel momento in cui vengono emesse e che poi rivelano un’improvvisa, e gradita, efficacia.

!

! Age

E S E M P I O

LUI: Tu non puoi parlarmi così Maria.., io sono tuo marito da sei anni, e lavoro dalla mattina alla sera alla Standa per un milione al mese!

!LEI: Invece ti parlo cosi Giovanni, perché stiamo poco insieme visto che anch‘io lavoro, ma all’Italsider... e poi ti dimentichi di nostra figlia Teresa...

!LUI: Ma lei va a scuola, fa la quinta elementare... ecc.

A L L A R I C E R C A D I U N D I A L O G O A S C I U T T O E N AT U R A L E

• In ogni dialogo deve esserci più di una verità.

!• Nella gran parte delle narrazioni moderne il dialogo è uno degli elementi della

storia che accelera la lettura: i personaggi parlano in modo rapido, spesso spezzando le frasi.

!Brevità e tensione sono le caratteristiche del dialogo.

!

• Io non ti ho usato Max • Mai detto il contrario • Né ti ho mentito • Lo so • Siamo soci • Ho cinquantacinque anni. Non ho più l’età per dare agli altri la colpa di quello che faccio io. • Ti senti in colpa per avermi aiutato? Mi sentirei molto meglio se tu accettassi qualcosa più del

dieci per cento. • Ti passerà. Dove andrai? • In Spagna • Madrid o Barcellona? • Madrid, per cominciare. Ci sei mai stato? Pare che lì non si ceni mai prima di mezzanotte. Vuoi

venirci? • No, grazie. Divertiti. • Sicuro che non posso convincerti? • Grazie per avermelo chiesto, ma la risposta è no. • Perché? • Ho il mio lavoro. • Non eri stanco del tuo lavoro? • Sono stanco in generale. • Hai paura di me? • Un pochettino. • Vieni qui. Max ubbidisce. Si scambiano un lungo, tenero bacio. Lei si stacca. • Ti manderò una cartolina, socio.

U N A R I C E T TA

Isolare i personaggi dialoganti e considerarli pure voci. Una volta eseguito e completato un dialogo, anche se non è sempre necessario nella narrativa contemporanea, si possono aggiungere le espressioni e i comportamenti che assumono i

personaggi dialoganti nell’ambiente in cui si trovano.

D I A L O G O E M O V I M E N T O D E I P E R S O N A G G I

“Perché non l’hai lasciato restare a bere?” chiese il cameriere che non aveva fretta. Stavano applicando gli scuri. “Non sono neanche le due e mezzo.” “Ho voglia di andare a casa e a letto.” “Ma un’ora cos’è?” “Per me è più che per lui.” “Un’ora è lo stesso per tutti.” “Parli come fossi un vecchio anche tu. Quello può comprarsi una bottiglia

e bersela a casa.” “Non è la stessa cosa.” “Già, non è la stessa cosa” ammise il cameriere sposato. Non voleva essere scortese. Aveva soltanto fretta.

D I A L O G O E M O V I M E N T O D E I P E R S O N A G G I

“E tu? Non hai paura di andare a casa prima dell’ora solita?” “Adesso vuoi offendermi?” “No, hombre, scherzare soltanto.” “No” disse il cameriere che aveva fretta, rialzandosi dopo avere abbassato le saracinesche. “Io ho fiducia. Sono pieno di fiducia.” “Hai giovinezza, fiducia e un lavoro” disse il cameriere più anziano. “Hai tutto.” “E a te cosa manca?” “Tutto mi manca, meno il lavoro.” “Hai tutto quello che ho io.” “No, non ho mai avuto fiducia in niente e non sono giovane.” “Andiamo. Smettila di dire sciocchezze e chiudi.” “Io sono di questi che amano restare fino a tardi al caffè” disse il cameriere più anziano. “Sono con tutti quelli che non vogliono andare a letto. Con tutti quelli che hanno bisogno di una luce per la notte.”

!Da I quarantanove racconti, Un posto pulito, illuminato bene, 1938, di Ernest Hemingway, ed. Oscar Mondadori, 1983, pag. 456, traduzione di Giuseppe Trevisani.

D I A L O G O E M O V I M E N T O D E I P E R S O N A G G I

È fondamentale per la riuscita dei dialoghi che tutte e due le posizioni in

campo risultino ugualmente credibili e per certi versi condivisibili.

Non si può dare al lettore l’impressione di assegnare, per esempio,

a personaggi con caratteristiche umane negative una parte di dialogo

inferiore per “bellezza” o livello espressivo alla parte assegnata al

personaggio positivo della storia.

D I A L O G H I T R A P E R S O N A G G I C H E N O N S I C O N O S C O N O

Perché non ballate ragazzi? Decise di dire, e poi lo disse. “Perché non ballate?” “Non è il caso”, disse il ragazzo “Coraggio”, disse l’uomo. “Il prato è mio. Potete ballare se volete.” Allacciati, i corpi stretti l’uno all’altro, il ragazzo e la ragazza presero a muoversi su e giù per il vialetto. Ballavano. E quando il disco finì, ricominciarono, e quando anche quello finì, il ragazzo disse: “Sono ubriaco” La ragazza disse: “No che non lo sei” “E invece sì che sono ubriaco”, disse il ragazzo. L’uomo voltò il disco e il ragazzo disse: “Sul serio” “Balla con me”, disse la ragazza al ragazzo e poi all’uomo, e quando l’uomo si alzò, andò verso di lui a braccia aperte. “Quella gente laggiù ci sta guardando”, disse lei. “Fa niente”, disse l’uomo. “E’ casa mia”, disse. “Che guardino pure”, disse la ragazza. “Giusto”, disse l’uomo. “Pensavano di avere visto di tutto qui. Ma questo non lo avevano ancora visto, vero?”, disse. Sentiva sul collo il respiro di lei.“Spero che il letto ti piaccia”, disse. La ragazza chiuse gli occhi e poi li riaprì. Premette la faccia contro la spalla dell’uomo. Lo avvicinò ancor di più a sé. “Lei deve essere disperato o roba del genere”, disse.

D I A L O G H I T R A P E R S O N A G G I C H E N O N S I C O N O S C O N O

“Devo andare avanti?” le chiese. “Ti uccido se non lo fai!” rispose lei con un mezzo sorriso.

!Da Misery di Stephen King, 1987

I L M O N O L O G O

M O N O L O G O I N T E R I O R E

• “… la presentazione immediata e diretta dei pensieri di un

personaggio, senza che vi sia la mediazione di un narratore”.

(Scholes e Kellogg)

!• Rappresentazione tanto delle percezioni che delle cognizioni.

I L M O N O L O G O : V E R S O L’ E S T E R N O E V E R S O L’ I N T E R N O

Qualche settimana dopo, lei raccontava: “Era un tipo di mezza età. Tutta la sua roba là fuori sullo spiazzo. Sul serio. Ci siamo sbronzati e abbiamo ballato. Nel vialetto. Oh, mio Dio. Non ridete. Metteva su questi dischi. Guardate il giradischi. Ce lo ha dato il vecchio. E tutti questi dischi schifosi. La degnereste di uno sguardo questa merda?”

!

!Da Why Don’t You Dance? Perché non ballate? 1974, di Raymond

Carver, ed. Garzanti, 1987, pag. 14, traduzione di Livia Manera.

M O N O L O G O V E R S O L’ E S T E R N O

• Ha la funzione di rivelare al lettore una debolezza attraverso una forza apparente.

M O N O L O G O V E R S O L’ I N T E R N O

“Papà le ostriche sono un cibo magro o grasso?” gli chiedo “Si mangiano vive…” risponde mio padre. “Stanno nel guscio, come le tartarughe, ma è un guscio diviso in due.” … “Che schifo!” sussurro, “che schifo!”

!Le ostriche di Anton Cechov, del 1890, ed. Garzanti,

1993, pag. 37, traduzione di Serena Vitale.

M O N O L O G O V E R S O L’ I N T E R N O

Faccio una smorfia, ma …ma perché i miei denti cominciano a masticare? E’ un animale schifoso, ripugnante, orrendo, eppure lo mangio, lo mangio con avidità, col terrore di scoprirne l’odore e il gusto. Uno l’ho già mangiato e già scorgo gli occhi luccicanti di un secondo, di un terzo… Mangio anche quelli… Alla fine mangio il tovagliolo, il piatto, le soprascarpe di mio padre, il cartello bianco… Mangio tutto quello che mi capita sotto gli occhi, perché sento che solo mangiando la mia malattia passerà. Le ostriche hanno uno sguardo terribile, sono ripugnanti, tremo al solo pensarle, ma ho fame! Fame!

!Le ostriche di Anton Cechov, del 1890, ed. Garzanti,

1993, pag. 37, traduzione di Serena Vitale.

M O N O L O G O V E R S O L’ I N T E R N O

“Datemi le ostriche! Datemi le ostriche!” un urlo mi si strappa da dentro il petto; tendo le mani. !Le ostriche di Anton Cechov, del 1890, ed. Garzanti,

1993, pag. 37, traduzione di Serena Vitale.

!

 

I L S O L L I L O Q U I O

• Non devono essere mai liberi, devono essere riconosciuti senza

ambiguità come parlato e non come pensiero.

!Riferirsi a narrative non naturalistiche o “espressionistiche”

C O N S I D E R A Z I O N I T R A S É E S É D E L L A V O C E N A R R A N T E

• Servono a sviluppare il carattere di un personaggio utilizzando elementi interni alla sua personalità e alla sua particolare visione della realtà circostante.

!Per il resto, tutto aveva più o meno lo stesso aspetto che in camera da letto – comodino e lampada dalla parte di lui, comodino e lampada dalla parte di lei. La parte di lei, la parte di lui. A questo pensava mentre sorseggiava il whiskey. !dal racconto Perché non ballate?, 1974, di Raymond Carver, ed. Garzanti,

1987, pag. 9 e seguenti, traduzione di Livia Manera

 

C O N S I D E R A Z I O N I T R A S É E S É D E L L A V O C E N A R R A N T E

• Servono a sviluppare il carattere di un personaggio utilizzando elementi interni alla sua personalità e alla sua particolare visione della realtà circostante.

!Per il resto, tutto aveva più o meno lo stesso aspetto che in camera da letto – comodino e lampada dalla parte di lui, comodino e lampada dalla parte di lei. La parte di lei, la parte di lui. A questo pensava mentre sorseggiava il whiskey.

!dal racconto Perché non ballate?, 1974, di Raymond Carver, ed.

Garzanti, 1987, pag. 9 e seguenti, traduzione di Livia Manera.

C O N S I D E R A Z I O N I T R A S É E S É D E L L A V O C E N A R R A N T E

Di tanto in tanto una macchina rallentava e qualcuno dava un’occhiata. Ma non si fermava nessuno. Gli venne da pensare che neppure lui si sarebbe fermato. […]

!Bevvero. Ascoltarono un disco. Poi l’uomo ne mise un altro. Perché non ballate ragazzi? decise di dire, e poi lo disse. “Perché non ballate?”

(Appoggiata a un palo di ormeggio, mi si presentava di profilo: Galatea in contemplazione di distese inesplorate. Il vento le gonfiava i capelli, la sua testa si girò verso di me con una leggerezza eterea, come mossa dalla brezza … La luce andava calando. Lei pareva dissolversi con essa, fondendosi col cielo e le nubi, svanendo ancora oltre. Io volevo alzare la voce superando le strida dei gabbiani e richiamarla: Marilyn! Marilyn, perché tutto doveva andare come è andato? Perché la vita deve essere un tale schifo?) Capote Direi… Marilyn Non ti sento. Truman Capote Direi che sei una bellissima bambina.  

!Da Musica per camaleonti, Music for chameleons 1980, Una bellissima bambina di

Truman Capote, ed. Garzanti, 1981, pag. 240, traduzione di Maria Paola Dèttore.

E S E R C I TA Z I O N E

Provate a svolgere per 20/30 righe un dialogo puro sull’esempio visto di Tarantino (senza descrizione di ambiente, atteggiamento mentale o fisico dei personaggi) in cui una coppia si separa pur amandosi. Oppure realizzate un dialogo allusivo in cui uno dei due, nel mezzo di un discorso banale, fa una velata dichiarazione d’amore all’altro.