Corso di Immunologia La tolleranza immunitaria

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Corso di Immunologia

La tolleranza immunitaria

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Concetti e significato della tolleranza

Fattori che determinano l’induzione della tolleranza

Meccanismi di induzione della tolleranza

Concetti di autoimmunità e malattie

Scopo di questa lezione è illustrare i principali fenomeni della tolleranza

immunologica inserendoli didatticamente in una serie di meccanismi cellulari

e molecolari. In tal modo se ne faciliterà la comprensione sia in termini di

fisiopatologia della risposta immunitaria che come sviluppo del repertorio

immunologico e quindi dell'evoluzione della specie

KEYWORDS:

Tolleranza neonatale, antigene e induzione di tolleranza nell'adulto, genotipo

ed idiotipo, agenti esogeni, anergia e competizione antigenica.

Cosa dovremmo conoscere alla fine di questa lezione

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Introduzione (1)

Una questione centrale dell'Immunolgia è come il sistema

immunitario possa discriminare le molecole del

proprio organismo da quelle di organismi (o

microrganismi) estranei. Nelle lezioni precedenti sono

state descritte le molecole ed i meccanismi che sono

alla base di tale riconoscimento: in particolare sono

state esaminate le molecole del MHC, le regioni

variabili (o idiotipi) delle immunoglobuline e del

recettore specifico per l'antigene del linfocita T (TCR),

e sono state discusse le interazioni tra parti

polimorfiche delle molecole MHC e le sequenze

aminoacidiche che formano gli epitopi riconosciuti dal

recettore T.

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Introduzione (2)

Queste conoscenze non solo sono essenziali per

comprendere come il sistema immunitario possa

essere tollerante verso i propri costituenti, ma hanno

posto anche le basi per affrontare uno dei fenomeni

più discussi dell'immunologia sperimentale: l'induzione

specifica della non-risposta immunologica verso un

determinato antigene.

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Definition of tolerance

Tolerance refers to an

antigen induced specific

Unresponsiveness

Tolerance refers to the specific immunological non-

reactivity to an antigen resulting from a previous

exposure to the same antigen. While the most

important form of tolerance is non-reactivity to

self antigens, it is possible to induce tolerance to

non-self antigens. When an antigen induces

tolerance, it is termed tolerogen.

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Introduzione (3)

Quindi il termine "Tolleranza Immunologica" ha due

significati che possono essere considerate due facce

della stessa medaglia:

- il primo riguarda la non-risposta verso le proprie

molecole;

- il secondo la non-risposta verso antigeni estranei.

Mentre il primo è un meccanismo fisiologico che è alla

base dello sviluppo del repertorio immunologico, il

secondo è un fenomeno poliedrico dipendente da

diverse variabili sperimentali, quali il genotipo

dell'animale utilizzato, la forma, la dose e la via di

somministrazione dell'antigene, etc.

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Introduzione (4)Legate sperimentalmente alla tolleranza immunologica sono le

osservazioni che la risposta immunitaria verso antigeni estranei

e verso propri costituenti deve essere finemente regolata per

evitare tutti quei fenomeni di ipersensibilità e di autoimmunità

che sono alla base di moltissimi quadri patologici

(immunopatologia). Per esempio, nel corso degli studi sulla

tolleranza immunologica è stato osservato che alcuni stati di

tolleranza potevano essere trasferiti mediante cellule e venne

coniato il termine di "Tolleranza infettiva" e di linfociti T

soppressori/regolatori. Quasi contemporaneamente,

l'identificazioni degli idiotipi portò a considerare il sistema

immunitario una rete di recettori specifici per gli antigeni tra

linfociti B e linfociti T, e venne così formulata l'ipotesi che le

interazioni tra idiotipi siano alla base della regolazione della

risposta immune e della tolleranza verso i propri costituenti.

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Induzione della tolleranza immunologica nel neonato

Tolleranza neonatale

La Tolleranza neonatale, cioè la non-risposta immunologica

verso antigeni venuti a contatto con il sistema immunitario

prima della nascita, è un fenomeno osservato inizialmente da

R. Owen (1945), descritto ed utilizzato da Burnet e Fenner

nell'enunciazione della teoria della selezione clonale (1949),

e dimostrato sperimentalmente come fenomeno di Tolleranza

Immunologica da P. Medawar (1953).

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Induction of tolerancean experiment of nature

Dizygotic twins in cows

The observations of a zoologist, Owen, that Dizygotic bovine twins could accept grafts from each

other but their siblings from other pregnancies could not tolerate such grafts led Medawar to

perform a series of experiments to induce tolerance in mice.

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Le osservazioni di Owen

R. Owen osservò che gemelli bovini non monozigoti

possedevano nella vita adulta, a causa di un particolare

sviluppo della placenta che permetteva il passaggio di

sangue da un gemello all'altro nella vita embrionale,

globuli rossi di ambedue i genotipi. Questa osservazione

rappresentò un'importante elemento nella formulazione

dell'ipotesi della teoria della selezione clonale di Burnet e

Fenner. Alla base di questa teoria c'era l'assunto che il

contatto di un antigene estraneo con il sistema immune

durante il suo sviluppo causa l'eliminazione (delezione)

del clone linfocitario specifico e quindi mancata risposta

immunitaria.

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Gli esperimenti di MedawarQuesto assunto fu dimostrato sperimentalmente da P. Medawar

utilizzando un approccio sperimentale di trapianto cutaneo,

da lui messo a punto durante la II guerra mondiale quando

questa metodologia veniva impiegata per proteggere i feriti

con gravi ustioni. Questo esperimento, che fruttò nel 1960 a

Burnet e Medawar il premio Nobel, dimostrò la possibilità di

far accettare un trapianto cutaneo effettuato tra ceppi murini

diversi purchè il topo trapiantato abbia ricevuto linfociti del

donatore al momento della nascita (nel topo la

periferizzazione linfocitaria avviene qualche giorno dopo la

nascita: se lo stesso esperimento fosse stato compiuto nel

cane l'esperimento avrebbe avuto un risultato negativo, cioè

si sarebbe verificato il rigetto del trapianto di cute, in quanto

nel cane la periferizzazione linfocitaria avviene prima della

nascita).

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Experimental induction of tolerance

strain A newborn

8 weeks

10 days

bone marrow

strain-Astrain-B

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The chimaeric mouse

A white (Balb/c) mouse made tolerant to C57Bl (black) mouse tissues.

Tolerance to tissue and cell antigens can be induced by injection of hemopoietic (stem) cells in neonatal

or severely immuno-compromised (by lethal irradiation or drug treatment) animals. Also, grafting of

thymus in early life results in tolerance to the donor type cells and tissues. Such animals are known as

chimeras. These findings are of significant practical application in bone marrow grafting.

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Factors affecting tolerancerole of antigen

Factors which

affect response

Favor immune

responseFavor tolerance

Physical form of

antigen

Route of injection

Dose of antigen

Large, aggregated,

complex molecules,

properly processed

Subcutaneous or

intramuscular

Optimal dose

soluble, aggregate-free,

simple small molecules,

not processed

Oral or, sometimes,

intravenous

Very large or very small

dose

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Factors affecting tolerancethe role of host

Factors that

affect response

Favor immune

responseFavor tolerance

Age of responding

animal

Differentiation

state of cells

Fully differentiated;

memory T & B cells

Older, immuno-

logically mature

Newborn (mice), immuno-

logically immature

Relative undifferentiated B

cell with only IgM, T cells

in the thymic cortex

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Induzione della tolleranza immunologica nell’adulto

Tolleranza nell'adulto:

- forma dell’antigene;

- dose dell’antigene;

- via di somministrazione dell'antigene

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Forma dell’antigene (1)Ovviamente, l'esperimento di Medawar aprì la strada a numerosi

altri tentativi di induzione della tolleranza immunologica non

solo nell'animale neonato ma anche nell'animale adulto. Il

sistema di tolleranza immunologica nell'animale adulto più

studiato fu quello che utilizzava l'inoculo di gamma globuline

bovine (BGG) nel topo valutando quindi la comparsa di

anticorpi anti-gamma globuline. Tali anticorpi venivano

puntualmente prodotti dai topi immunizzati a meno che non si

usasse una preparazione di BGG a cui erano stati rimossi gli

aggregati mediante ultracentrifugazione. In tal caso, non solo

l'animale non sviluppava anticorpi verso BGG, ma non

produceva anticorpi anti BGG anche se successivamente

immunizzato con BGG aggregate (rispondevano normalmente

a qualsiasi altro antigene di controllo).

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Forma dell’antigene (2)Studi successivi hanno dimostrato che in questo tipo di tolleranza

immunologica sia i linfociti B che linfociti T helper specifici sono

resi tolleranti. Infatti, topi adulti irradiati e ricostituiti

rispettivamente o con linfociti T di donatore normale + linfociti B

di donatore pretrattato con gamma globuline umane (HGG)

ultracentrifugate o con linfociti B normali + linfociti T di donatori

tollerizzati non producono anticorpi anti-HGG se immunizzati con

forme immunogene di HGG.

Un altro esempio in cui la forma di antigene gioca un ruolo importante

nella determinazione di tolleranza o immunità è fornito dall'aptene

DNP che coniugato con il carrier polimero D-acido glutammico e

D-lisina induce una risposta anticorpale anti-DNP, mentre lo stesso

aptene coniugato alla forma sinistrorsa dello stesso polimero induce

tolleranza immunologica.

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Forma dell’antigene (3)

Più recentemente la forma di antigene nell'induzione della

tolleranza immunologica è stata studiata a livello clonale

utilizzando peptidi sintetici. Peptidi sintetici

dell'emoagglutinina del virus influenzale preincubati in

assenza di macrofagi con cloni linfocitari T umani spefici per

l'emoagglutinina influenzale inducono uno stato di tolleranza

antigene specifico che dura in vitro per almeno 7 giorni, senza

causare la morte del clone.

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Dose dell’antigeneUn altro sistema per indurre tolleranza immunolgica

nell'animale adulto consite nell'inoculo di dose

estremamente alte (sopraottimali) o basse (subottimali) di

antigene. Fu osservato che la somministrazione di alte

dosi di polisaccaride di pneumococco (100mg), ma non di

dose intermedie (10mg), invece di indurre protezione verso

l'infezione pneumococcica causava la morte dell'animale

per un fenomeno di tolleranza che originariamente fu

descritta come "paralisi immunologica". Ancora più

interessante, fu l'osservazione che topi inoculati con varie

dosi di albumina bovina si comportavano differentemente

verso un'immunizzazione standard di albumina: animali

pretrattati con alte e basse dosi risultavano specificamente

tolleranti mentre dosi intermedie inducevano una risposta

immune.

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Via di somministrazione dell’antigene

E' stato ampiamente dimostrato che l'aptene TNP somministrato

per via percutanea o per via intradermica induce attivazione

dei linfociti T e fenomeni di ipersensiblità ritardata, mentre se

inoculato per via endovenosa induce una tolleranza specifica

che dura per un lungo periodo di tempo.

Ancora più interessante è il fenomeno che l'infezione tubercolare

sperimentale effettuata per via intradermica induce attivazione

dei linfociti T e protezione, mentre la stessa infezione

effettuata per via endovenosa induce tolleranza.

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Implicazioni

Tutte queste variabili, cioè dose, forma e via di somministrazione

dell'antigene, sono di indubbio interesse pratico nelle

vaccinazioni, in cui è importante non indurre fenomeni di

tolleranza ma di immunità. Benchè non si conoscano

esattamente le basi molecolari di queste osservazioni, è

probabile che le varianti sopra descritte portino ad una

particolare presentazione antigenica favorente l'induzione di

tolleranza: per esempio alte dosi di antigene, o antigene

somministrato per via endovenosa o antigene in forma

disaggregata potrebbero arrivare ai macrofagi in modo tale

che non si abbia una corretta associazione con molecole di

classe II

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Tolleranza controllata dal genotipo e dall’idiotipo (1)

Non tutti gli individui sviluppano una risposta immunitaria verso

gli stessi antigeni, o più generalmente l'intensità di una

risposta immune può variare sia qualitativamente che

quantitativamente da individuo ad individuo. Tale variabilità

genetica nell'induzione della risposta immunitaria è stata

particolarmente studiata nei vari ceppi di topi ed è risultata

essere in stretto rapporto con il MHC. Originariamente i geni

che controllavano l'induzione della risposta immune (e

l'attivazione di linfociti T helper) furono chiamati Ir (immune

response) e la loro scoperta fruttò il premio Nobel a B.

Benacerraf (1974).

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Tolleranza controllata dal genotipo e dall’idiotipo (2)

Analogamente i geni che mediavano la soppressione (e l'attivazione

dei linfociti T soppressori) vennero chiamati Is (immune

suppression). Solo successivamente i geni Ir e Is furono

identificati con i geni di classe II (e classe I) del MHC. Poichè

la presentazione antigenica contempla la processazione

dell'antigene e l'associazione dei relativi frammenti peptidici

(epitopi) alla parte polimorfica delle molecole di classe II del

MHC ne deriva che l'espressione di alcuni alleli può

determinare l'associazione con alcuni peptidi e quindi

l'induzione di risposta immune verso i relativi antigeni,

mentre l'assenza di alleli in grado di legare particolare peptidi

determina l'assenza della risposta immune verso un

determinato antigene.

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Tolleranza controllata dal genotipo e dall’idiotipo (3)

La molecola lisozima di pollo, per esempio, non induce una

risposta immune nei topi con genotipo H-2d mentre induce la

risposta in topi con genotipo H-2K. Risultati analoghi sono

stati osservati immmunizzando diversi ceppi di topi con molte

altre proteine. Tale fenomeno è ovviamente presente anche

nell'uomo in cui determina la suscettibilità o la resistenza a

varie malattie sia infettive che autoimmuni.

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Tolleranza controllata dal genotipo e dall’idiotipo (4)

Come è stato illustrato nella lezione della rete idiotipica, nel 1974 Jerne

propose l'idea che il sistema immune sia regolato da una rete di

interazione idiotipo-anti-idiotipo. Tali tipi di interazioni riguardano

gli idiotipi espressi sia sui recettori immunoglobulinici dei linfociti

B che sui recettori per l'antigene dei linfociti T. Assunto di tale

ipotesi è che i linfociti idiotipo-specifici siano attivamente regolati

così come deve avvenire per linfociti antigeni-specifici. In tal

modo, la regolazione idiotipica è un meccanismo di tolleranza

immunologica. Un buon esempio di tolleranza immunologica alla

cui base vi è una regolazione idiotipica mediata da linfociti T è il

fenomeno "veto". Con tale termine si intende la proprietà di

linfociti T di sopprimere (sembra permanentemente) la risposta

verso recettori specifici. Il meccanismo 'veto" è stato dimostrato

essere operante nell'eliminazione di linfociti T reattivi verso le

proprie molecole MHC.

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Tolleranza indotta da agenti esogeni (1)

La somministrazione contemporanea di farmaci alchilanti che

bloccano la sintesi di DNA (ciclofosfamide) o di farmaci in

grado di interferire con la normale trascrizione di mRNA

(cicloporina) o agenti fisici (quale l'irradiamento con dosi non

letali) inducono uno stato di tolleranza immunologica che al

contrario di quelli appena descritti possiede una minore

specificità. Per l'induzione di questo tipo di tolleranza è

essenziale che l'antigene sia somministrato al momento stesso

della somministrazione del farmaco o dell'irradiamento.

Questo in quanto il segnale antigenico deve trovare il clone

linfocitario specifico in grado di non rispondere con la sintesi

di nuovo DNA o nRNA.

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Tolleranza indotta da agenti esogeni (2)

Ovviamente, l'immunizzazione con un antigene non correlato a

quello utilizzato insieme al farmaco induce una normale

risposta immune. Queste sostanze ed in particolare la

ciclosporina vengono utilizzate frequentemente nel controllo

dei trapianti (o nelle malattie autoimmuni) permettendo

l'instaurarsi di una tolleranza immunologica in grado di

mantenersi per diverso tempo anche in assenza di farmaco

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Anergia immunologica e competizione antigenica (1)

Con il termine di anergia immunologica si intende invece uno

stato di soppressione aspecifica (ottenibile anche con dosi più

alte delle medesime sostanze descritte nel paragrafo

precedente) dovuta ad una distruzione ampia del sistema

immunitario. In tal caso la gran parte o tutti i cloni linfocitari

saranno interessati e la risposta immune risulterà depressa

verso tutti gli stimoli antigenici e mitogeni. L'anergia

immunologica si può osservare frequentemente nel corso di

numerose infezioni batteriche (per esempio la tubercolosi),

virali (AIDS) e parassitarie (leishmaniosi) cosi come durante

carenze nutrizionali o sviluppo di tumori.

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Anergia immunologica e competizione antigenica (2)

Ovviamente, i meccanismi che sono alla base di tali forme di

anergia sono diversi ma il risultato unico il medesimo, cioè

una estrema facilità alle infezioni verso microrganismi

normalmente poco patogeni e presenti diffusamente

nell'ambiente.

Il termine competizione antigenica è riferito ad uno stato di

soppressione non specifica verso un secondo antigene in un

animale immunizzato subito prima con un antigene diverso.

Tale fenomeno è importante da tener presente nelle

vaccinazioni.

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Immunologic features of tolerance

It is an antigen-induced, active process

Like immunologic memory, it is antigen

specific

Like immunologic memory, it can exist in B

cells, T cells or both

Like immunologic memory, its easier to

induce and lasts longer in T cells than in B

cell

Induction of tolerance is very similar to induction of an immune response.

Tolerance is different from non-specific immunosuppression, and immunodeficiency. It is an

active antigen dependent process in response to the antigen. Like immune response tolerance is

specific and like immunological memory, it can exist in T-cell, B cells or both and like

immunological memory, tolerance at the T cell level is longer lasting than tolerance at the B cell

level.

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Mechanism of tolerance induction

Clonal deletionThymus: negative selection

Bone marrow: IgM+, IgD- B cells encountering self antigen

Clonal anergyLack of co-stimulatory(B7) molecules

Exposure to large amounts of antigen

Improper antigen presentation

Lack of antigenic stimulus

Receptor editing

Anti-idiotype antibodies

Suppressor T cells

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Clonal deletion:negative selection in the thymus

Functionally immature cells of a

clone encountering antigen

undergo a programmed cell

death. For example, auto-

reactive T-cell are eliminated in

the thymus following interaction

with self antigen during their

differentiation (negative

selection).

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Negative selection of B cells inbone marrow

Clonal deletion has been shown to occur also in the periphery. B cells expressing only

IgM (no IgD) on their surface when exposed to self antigen are eliminated.

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Clonal anergy in T cells

Auto-reactive T cells when exposed to antigenic peptides that do not possess co-

stimulatory molecules (B7-1 or B7-2) become anergic to the antigen

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Clonal anergy in B cells

Also, B cells when exposed to large amounts of soluble antigen down regulate their surface IgM

and become anergic and short lived. These cells also up regulate Fas molecules on their surface.

An interaction of these B cells with Fas-ligand bearing cells result in their death via apoptosis.

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Tolerance due to lack of helper T cells

Clonal ignorance: T cells reactive to self antigen not represented in the thymus will mature

and migrate to the periphery, but they may never encounter the appropriate antigen because it is

sequestered in inaccessible tissues. Such cells may die out for lack of stimulus.

Auto-reactive B cells that escape deletion may not find the antigen or the specific helper T-cells

and hence not be activated and die out.

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Receptor editing among B cells

B cells which encounter large amounts of soluble antigen, as they do in the body, and

bind to this antigen with very low affinity become activated to re-express their RAG1

and RAG2 genes. These gene cause them to undergo gene recombination and change

their specificity.

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Anti-idiotype antibody in tolerance

Anti-idiotype antibody: Anti-idiotype antibodies produced experimentally have been

demonstrated to inhibit immune response to specific antigens. Anti-idiotype antibodies are

produced during the process of tolerization and such antibodies have been demonstrated in

tolerant animals. These antibodies prevent the receptor from combining with antigen.

Suppressor cells: Both low and high doses of antigen may induce suppressor T cells which can

specifically suppress immune responses of both B and T cells.

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Breakdown of tolerance

Immunosuppression

Lack of antigen during

differentiation of new

clones

Lack of antigen exposure

As above

Cross reactive antigens

Termination of tolerance:

Experimentally induced tolerance can be terminated by prolonged absence of exposure to the

tolerogen, by treatments which severely damage the immune system (x-irradiation) or by

immunization with cross reactive antigens. These observations are of significance in the

conceptualization of autoimmune diseases.

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Meccanismi cellulari e molecolari della tolleranza e della regolazione periferica della risposta immunitaria

Come abbiamo visto, la tolleranza immunologica è un fenomeno

complesso e poliedrico causato e dipendente da numerosissimi

fattori. Tuttavia, tre sono i meccanismi essenziali su cui è

possibile far convergere tutte le forme di tolleranze

immunologiche descritte:

a) deficit della presentazione antigenica;

b) attivazioni di linfociti T soppressori/regolatori;

c) assenza di un clone linfocitario nel repertorio immunologico.

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Deficit della presentazione antigenica (1)

Questo meccanismo di tolleranza immunologica è, almeno in parte,

alla base della tolleranza genotipicamente controllata e a

quelle forme di tolleranza immunologica indotte nell'adulto.

Il difetto delle cellule che devono presentare l'antigene può

consistere in:

- assenza genetica di molecole di classe II del MHC in grado di

associare determinati epitopi (tolleranza genetica). Un'assenza

fenotipica dell'espressione di molecole MHC può causare la

tolleranza immunologica: ciò si è osservato applicando

l'aptene chimico TNP sulla cute della coda di topi le cui

cellule sono estremamente povere in molecole di classe II. In

tal caso si sviluppa una tolleranza immunologica specifica

verso il TNP.

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Deficiti della presentazione antigenica (2)

- deficit della produzione di IL-1 e di altre molecole importanti

nell'attivazione dei linfociti T (tolleranza indotta da farmaci e

radiazioni). Topi trattati con radiazioni ultraviolette e quindi

immunizzati con TNP somministrato per via percutanea

sviluppano una tolleranza specifica.

- blocco della presentazione antigenica per "ingolfo" delle cellule

presentanti e conseguente alterazione della membrana e dei

lisosomi (dosi e vie di somministrazione dell'antigene, anergia

immunologica e competizione antigenica).

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Attivazione linfociti T soppressori/regolatori (1)E' stata dimostrata in molti modelli di animali adulti resi tolleranti verso

antigeni esogeni la presenza di linfociti T in grado di inibire la

normale induzione della risposta immunitaria quando trasferiti in

animali normali. Descritto originariamente come fenomeno di

"tolleranza infettiva" da R. Gershon (1974), i linfociti T

soppressori/regolatori sono stati principalmente studiati nell'animale.

La loro attivazione è sotto controllo dei geni MHC (originariamente si

parlò di geni Is) ed in particolare è stata messa in diretto rapporto alla

capacità di particolari aplotipi di MHC di associare in maniera

selettiva epitopi "soppressori" di proteine tollerogene per un

determinato ceppo murino. La tolleranza verso il lisozima, il

citrocromo c, e la mioglobina sono esempi di tolleranza geneticamente

controllate dovute anche all'attivazione di linfociti T soppressori. In

ognuna di queste proteine è stato possibile identificare epitopi helper

ed epitopi soppressori, che associandosi ai determinati polimorfici

delle molecole di classe II del MHC determinano il tipo di risposta.

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Attivazione linfociti T soppressori (2)

Altri linfociti T soppressori/regolatori possono riconoscere

idiotipi associati a molecole di classe II ed in questo caso la

loro attivazione sarà idiotipo-specifica. Infine, lifociti T

soppressori possono essere attivati policlonalmente da

prodotti microbici, ed in questo caso la soppressione

risulterà aspecifica.

Il meccanismo d'azione dei linfociti T soppressori/regolatori

non è completamente noto e può essere diverso se

consideriamo i linfociti T soppressori/regolatori antigene-,

idiotipo- o non-specifici. Tuttavia, si è recentemente

osservato che molti linfociti T soppressori inibiscono la

produzione di IL-2 e/o l'espressione del recettore per IL-2.

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Attivazione linfociti T soppressori (3)

L'attivazione di linfociti T soppressori/regolatori è direttamente correlata,

in diversi casi, allo sviluppo di malattie e al diverso andamento

delle infezioni. Una carenza congenita o acquisita di Ts/r (per

esempio causata da infezioni virali) può essere responsabile dei

fenomeni di autoimmunità. Al contrario, una iperattività dei Ts/r

può essere responsabile di alcuni stati di immunodeficienze. Per

quanto riguarda l'andamento delle infezioni croniche, l'attivazione

di T s/r specifici per antigeni del Micobatterio della lebbra sono

responsabili della forma lepromatosa di infezione, particolarmente

invasiva ed accompagnata da una scarsa risposta immunitaria verso

antigeni micobatterici e conseguentemente dalla presenza di

numerosi bacilli nelle lesioni. Al contrario, la forma tubercoloide di

lebbra è caratterizzata da iperattivazione dei linfociti T helper e da

una imponente risposta immunitaria che causa fenomeni di

ipersensibilità e danno tissutale ma assenza di bacilli nelle lesioni.

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Assenza di un clone linfocitario dal repertorio immunologico (1)

La teoria della delezione clonale di Burnet e l'esperimento di

Medawar sulla tolleranza neonatale rappresentano la nascita

dell'immunologia come scienza moderna. Tuttavia,

l'identificazione dei meccanismi molecolari che sono alla base

della selezione ed eventuale delezione di un clone e quindi

della tolleranza verso i propri costituenti è avvenuta molto

recentemente e molti aspetti non sono anora noti.

E' ormai noto che la specificità del recettore per l'antigene del

linfocita T è determinata dagli amminoacidi dell'epitopo e

delle molecole MHC. La parte polimorfica di tali molecole è

particolarmente importante sia per la sua associazione con gli

epitopi che per il legame con il recettore del linfocit T.

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Tolleranza e sviluppo del repertorio immunologico

a) Sviluppo intra-timico del repertorio immunologico

b) Tolleranza verso antigeni propri come pressione selettiva

nell'evoluzione della specie

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Sviluppo intra-timico del repertorio immunologico (1)

Lo sviluppo del repertorio immunologico del linfocita T avviene in

almeno due modi:

1) prima si sviluppano linfociti T immaturi che riarrangiano

random su informazione genetica il dimero recettoriale alpha-

beta: solo i linfociti il cui recettore ha sufficiente affinità per

proprie moleole MHC vengono positivamente selezionati

(selezione positiva);

2) successivamente, per ottenere un repertorio tollerante verso i

propri antigeni, i linfociti T che sono reattivi verso molecole

proprie associate a molecole MHC vengono eliminate

(selezione negativa).

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Sviluppo intra-timico del repertorio immunologico (2)

Evidenze dirette di questa selezione negativa sono state recentemente

ottenute nel sistema M1s-2. Questo antigene è espresso in alcuni ceppi

di topi e la sua associazione con MHC induce la delezione di linfociti

T che esprimono un recettore con un particolare riarrangiamento nella

regione variabile V. della catena b (Vb 3). Al contrario, i ceppi murini

che mancano dell'antigene M1s-2 sviluppano linfociti T Vb 3+. Simili

osservazioni sono state fatte con altri antigeni propri e diverse regioni

variabili della catena b (17a, 8.1, 6). Quindi la regola è che i linfociti T

sviluppano il loro repertorio recettoriale elimando tutti cloni il cui

riarrangiamento in Vb porta a riconoscimento di molecole proprie

associate al proprio MHC. Se nella vita adulta il sistema immunitario

di questi animali si troverà a confronto con antigeni (per esempio

microbici) che richiedono un particolare riarrangiamento nella regione

Vb che è stato deleto ecco che tale "buco nel repertorio" è

responsabile della tolleranza immunologica.

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Tolleranza verso antigeni propri come pressione selettiva nell'evoluzione della specie (1)

Il concetto della selezione negativa apre alcune considerazioni sul

motivo per cui gli alleli del MHC che si associano a molecole

proprie (e che quindi portano ad una delezione di alcuni cloni

con consegente restringimento del repertorio immunologico)

sono mantenuti nella popolazione nel corso dell'evoluzione. In

altre parole: perchè la pressione evolutiva favorisce lo

sviluppo di ceppi murini che hanno deleto una parte del loro

repertorio T confronto a ceppi murini che, in assenza di

delezione, avrebbero potuto avere un repertorio immunologico

più espanso? La risposta a questo interrogativo è nello

sviluppo di malattie autoimmuni che è stato osservato essere

dovuta alla comparsa di cloni anti-self ristretti per un dato

riarrangiamento in Vb.

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Tolleranza verso antigeni propri come pressione selettiva nell'evoluzione della specie (1)

Quindi, la delezione di cloni autoreattivi rappresenta un sistema

positivo di pressione evolutiva. Ne consegue che la tolleranza

immunologica è un momento centrale della nostra evoluzione

così come lo è la capacità del sistema immunitario a

rispondere verso antigeni esogeni. La pressione evolutiva

faciliterà lo sviluppo solo di individui, all'interno di una

specie, in grado di sviluppare un sistema immmune

"equilibrato", cioè che elimini la maggior parte di cloni

reattivi senza eliminare i cloni potenzialmente necessari per

permettere la sua sopravvivenza in un ambiente popolato da

centinaia di micoroganismi ed antigeni patogeni.

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Conclusioni- Lo sviluppo intratimico del repertorio immunologico dei linfociti

T è dettato dalla tolleranza immunologica, cioè dalla delezione

di cloni specifici per antigeni propri associati alle proprie

molecole MHC.

- La tolleranza genetica è dovuta all'assenza in un determinato

aplotipo di una zona polimorfica del proprio MHC in grado di

legare l'epitopo (i) T presente in un antigene.

- La tolleranza immunologica geneticamente non controllata è

dovuta il più delle volte ad un difetto di processazione e

presentazione antigenica (deficit di espressione di molecole

MHC, di IL-1, di fagocitosi, etc.).

- Linfociti T soppressori (antigene-specifici, idiotipo-specifici e

non specifici) inducono e/o mantengono uno stato di

tolleranza indotta anche con altri meccanismi.