Comportamenti e dinamiche relazionali · ciò che caratterizza la particolare realtà in cui si...
Transcript of Comportamenti e dinamiche relazionali · ciò che caratterizza la particolare realtà in cui si...
1
Comportamenti e dinamiche relazionali
Presentazione
In una situazione così diversa da quella della didattica convenzionale, il docente domiciliare ha la necessità di capire come comportarsi e relazionarsi con tutto ciò che caratterizza la particolare realtà in cui si trova a operare.Può quindi essere utile una riflessione sulla possibile condizione psicologicasia degli allievi in cura domiciliare sia delle rispettive famiglie, cercando di comprendere gli effetti cognitivi ed emotivi provocabili dalla malattia e dalla lungodegenza.
Allo stesso tempo è importante capire quali sono i comportamenti più idonei da adottare nell’interagire con lo studente malato e il contesto specifico rappresentato dai familiari e dalla scuola.In questo senso è necessario abituarsi a modulare lo stile comunicativo, comprese le componenti non verbali della comunicazione, e a sviluppare capacità assertive e di ascolto attivo.
Contestualmente vanno poi acquisite quelle competenze relazionali che consentano all’insegnante di muoversi efficacemente all’interno di complesse dinamiche dove è importante saper osservare, riconoscere, gestire.
2
Sviluppo cognitivo e malattia
I fattori dipendenti dalla malattia che influenzano lo sviluppo cognitivo sono:
limitazioni fisiche
procedure invasive diagnostiche e terapeutiche
isolamento sociale
EFFETTI:
disarmonia
ritardo globale elementi regressivi
spesso povertà e ripetitività del gioco simbolico
passività
dipendenzaaggressività iperattività
Altri effetti possibili delle malattie sui bambini sono:
• la difficoltà nei processi di differenziazione e di rappresentazione, con possibili ritardi nell’apprendimento;
Sviluppo cognitivo e malattia
• difficoltà di attenzione e di memoria ed uno scarso investimento nell’apprendimento.
Spesso, inoltre, i bambini malati appaiono immaturi rispetto ai loro coetanei, ma la consapevolezza della malattia e la possibile angoscia di morte li può rendere ipermaturi.
Si può assistere, molto spesso, all’adozione di comportamenti adultizzati come segno di adattamento estremo ad una condizione limitante.
3
Impatto emotivo della malattia
L’impatto emotivo della malattia: quali sintomi?
instabilità dell’umore
scarsa autostima
scarsa fiducia in se stessi e nei confronti
del mondo
irritabilità
bisogno di protezione
dipendenza
Ansia: la loro componente fisiologica, quella cognitiva e le conseguenze
Il vissuto di malattia nel bambino
aggressione esterna
minaccia per la propria incolumità
colpa/castigo
perdita del senso di identità e integrità
paura
solitudine
isolamento
diversità
Il vissuto di malattia nel bambino: quali effetti?
4
Al trauma della malattia, con l’abbandono di uno stato di benessere psicofisico, si aggiunge l’allontanamento dal proprio ambiente e la possibile separazione, anche se
temporanea, da una o più figure di attaccamento
Effetti della malattia sul bambino/ragazzo
Il ricovero o il trasferimento presso un centro di cura lontano da casa rappresenta la rottura rispetto alle certezze della vita quotidiana e al percorso di crescita verso l’autonomia,
con la conseguente perdita di spazi propri e privati
La famiglia e la malattia di un figlio
Ogni persona è inserita in un contesto sociale e relazionale; inparticolare, l’incontro con un bambino non può prescindere dal tenere in considerazione le modalità relazionali e reattive specifiche della sua famiglia, nonché la qualità dei legami affettivi e lo stile di attaccamento che caratterizza quel nucleo familiare.
Attenzione: essere consapevoli dell’importanza di questi aspetti relazionali è utile per osservare con attenzione i diversi atteggiamenti, ma non per sentirsi autorizzati ad intervenire per cercare di modificarli.
5
Le reazioni familiari sia verso un bambino malato, sia di fronte ad una diagnosi di malattia grave e potenzialmente mortale si possono genericamente articolare in tre fasi:
La famiglia e le reazioni alla malattia
shock: dura qualche giorno e prevede confusione, disorientamento, disorganizzazione totale
negazione: rappresenta la difesa e lotta estrema contro la malattia che viene ignorata o sottovalutata
accettazione della malattia e riorganizzazione delle relazioni familiari
1
2
3
È inevitabile l’alternanza costante di emozioni anche ambivalenti, sia positive sia negative, che portano ad assestarsi sulla condizione tollerata di convivere con una situazione di per sé inaccettabile
La famiglia e le reazioni alla malattia
Una diagnosi di malattia del figlio rappresenta per i genitori la perdita
dell’immagine di sé come adulto in grado di tutelare e proteggere la propria creatura, nonché il crollo
delle speranze riposte nel figlio stesso
Sono presenti, nella maggior parte dei casi, sentimenti di eccesso di responsabilità e colpa.
Una breve sintesi riguardo la teoria dell’attaccamento elaborata da Bowlby, che definisce il modo in cui un genitore si prende cura del proprio bambino e sulle differenti modalità di attaccamento da lui sviluppate.
6
Gli atteggiamenti di una famiglia di un bambino/ragazzo malato possono essere molto differenti:
Reazioni della famiglia alla malattia
Inoltre ogni membro della famiglia reagisce non solo alla malattia del bambino, ma anche agli atteggiamenti degli altri familiari: tutto ciò contribuisce all’aumento della complessità.
eccessiva e rigida aderenza alle regole e ai ritmi imposti
dalla malattia e dalle terapie
indulgenzaiperprotezione
indifferenza e rifiuto
Alcuni atteggiamenti reattivi
tono dimesso, rallentamento, evitamento delle relazioni interpersonali, isolamento
frequenti lamentazioni, atteggiamenti rivendicativi, assunzione del ruolo di vittima
aggressività
posizione attiva nei confronti della situazione di malattia, perriuscire a mantenere alcune abitudini e conquistarsi uno spazio
autonomo nella nuova condizione
incitamento nei confronti del figlio malato, talvolta eccessivo con rischio di iper-responsabilizzare rispetto alle cause ed
all’esito prognostico della malattia
Alcuni degli atteggiamenti più frequenti sono:
7
La malattia impone uno sconvolgimento dei normali orari, luoghi, abitudini della vita di tutti i giorni; inoltre almeno un adulto, solitamente la madre, rimane costantemente accanto al bambino.
Vita quotidiana dei familiari
In caso di trasferimento per le cure, l’assenza di uno o di entrambi i genitori dal
nucleo familiare incide sicuramente su eventuali altri figli, a cui vengono modificate le
normali abitudini di vita.In un momento che vivono anch’essi con ansia e
angoscia, devono spesso trascorrere molto tempo o da soli o con altre persone diverse dai genitori.
È importante tenere in considerazione la presenza di altri membri della famiglia, come nonni o zii, che si sostituiscono o si sovrappongono ai genitori con conseguente aumento di livelli di confusione e conflitto o del senso di inadeguatezza dei genitori.
Altre figure “parentali”
È molto importante, quando ci si rapporta con la famiglia di un alunno presso il suo domicilio, capire chi sono e che ruolo hanno gli adultiche si incontrano in assistenza, senza dare nulla per scontato, per non rischiare di colludere anche involontariamente con persone prevaricanti i ruoli altrui, ma trovando il canale per instaurare indispensabili alleanze.
8
Ogni persona e ogni famiglia ha il proprio stile relazionale e comunicativo e la propria modalità di gestione delle situazioni nuove e problematiche.
Adattamento della famiglia
L’adattamento è un percorso che passa attraverso l’acquisizione di informazioni ed implica il coinvolgimento attivo del bambino di qualsiasi età per trovare insieme come stare nella situazione e percorrere l’esperienza di malattia in modo integrato.
Non esiste, quindi, un elenco di comportamenti adeguati “preconfezionati” da adottare, ma un misurarsi soggettivo con la situazione, per quanto drammatica, al fine di trovare il modo per un adattamento il più funzionale possibile.
Gli operatori sanitari, sociali e gli insegnanti sono osservatori privilegiati, ma
esterni: non bisogna cadere nella trappola dell’identificazione e attribuire consigli, soluzioni pregiudiziali, che non appartengono alla storia personale,
familiare e culturale di quell’individuo, bambino o genitore
Il rispetto della famiglia
Di fronte alla grande varietà di atteggiamenti, reazioni emotive e comportamenti osservati, è fondamentale mantenere sempre un
atteggiamento di profondo rispetto.
9
Rispettare il mondo privato dell’alunno e della sua famiglia: a domicilio è particolarmente
elevato il rischio di violare spazi intimi, anche involontariamente
Rispettare i ritmi ed abitudini familiari ed individuali
Programmare gli incontri per le lezioni con una certa regolarità, ma concordati con l’alunno, anche in base alle
esigenze sanitarie
Diventa quindi importante
Non è utile né costruttivo attribuire alla condizione di malattia del bambino ogni
difficoltà o caratteristica che si discosta dalla norma: esistono comportamenti e pensieri
disfunzionali precedenti, che vengono riattivati o semplicemente riproposti.
Esiste un prima!
È altrettanto fondamentale rapportarsi con il bambino nella sua interezza e, quindi,
lavorare in ascolto e in alleanza con tutto ciò che è sano… che è molto!
10
Fasi evolutive e malattia
Secondo Bibace & Walsh ai tre principali stadi piagettiani corrispondono differenti livelli di comprensione del fenomeno della malattia.
Viene individuata in fattori sia interni che esterni
Comprendono le interazioni tra gli aspetti fisiologici del dolore e quello di malattia
Operazioni formali: capacità di pensiero astratto e d’introspezione
Stadio logico formale11-14 anni
Viene individuata in una persona, in un oggetto o in un evento esterno
“l’aspirazione del midollo èuna prova per vedere se la chemioterapia sta vincendo il cancro”, comprendono la connessione tra dolore e malattia
Operazioni concrete, il bambino è in grado di distinguere se stesso dall’ambiente
Stadio logico concreto7-10 anni
Viene individuata nell’ambito di un fenomeno naturale, ricorrono al fenomeno del contagio,
“il dolore è dove fa male”, difficoltà a cogliere la connessione tra dolore e malattia
Pensiero prelogico caratterizzato da ragionamento concreto, egocentrismo
Stadio prelogico2-7 anni
Causa della malattiaConcezione prevalente del dolore
Sviluppo cognitivoCategoria piagetiana
Quando si parla di bambini/ragazzi ospedalizzati e/o in terapia domiciliare un aspetto importante da tenere in considerazione è la loro età. A seconda delle
età i bambini/ragazzi fanno ipotesi sul perché della loro malattia.
Fasi evolutive e malattia
L’infanzia
Il vissuto di malattia ha espressioni molto differenti non solo in relazione alla soggettività dell’individuo e del suo contesto, ma ha caratteristiche peculiari in base alle differenti fasce d’età della persona che si ammala.
11
Fasi evolutive e malattia
L’infanzia
Per i bambini in età scolare l’impatto maggiore è rappresentato dal doversi separare – anche se temporaneamente – dagli altri bambini, siano essi fratelli, cugini, vicini di casa, amici o compagni di scuola.
Il bambino deve fare i conti con un corpo che “crea problemi” e cerca di capire cosa accade e perché.
I genitori diventano spesso oggetto di reazioni aggressive conseguenti alle frustrazioni imposte dalla situazione.
lo spazio della potenzialità e della possibilità di adattamento,
per quanto condizionato dalle modalità di interazione con l’ambiente (famiglia, amici, medici) e di realizzazione delle sue
aspirazioni, più o meno realistiche.
Fasi evolutive e malattia
L’adolescenza è associata spesso aproblematicità, devianza, incomprensione,
ma rappresenta soprattutto
L’adolescenza
12
L’adolescente malato sente minacciata, più di chiunque altro, la propria
immagine corporea
Adolescente e malattia
egli è, infatti, in un momento evolutivo che lo vede concentrato sul proprio
corpo, in ascolto dei tanti segnali di cambiamento, che lo colgono anche di
sorpresa e che non sempre sa accettare, spiegare e prontamente gestire
Il tema del controllo è centrale per l’adolescente che si sta sperimentando come soggetto abile e in grado di prendere
decisioni, nel suo processo di autonomizzazione
La malattia contribuisce a farlo sentire in balia:
degli eventi, degli adulti, da cui sta cercando con fatica di emanciparsidel proprio corpo, su cui cerca di esercitare estremi tentativi di controllo
Adolescente e controllo
ridotta assunzione di cibo, scarsa aderenza ai trattamenti
13
Coinvolgimento dell’adolescente
L’adolescente ha diritto:a un’informazione completa sulla malattia e sul trattamento
a conoscere passo a passo e possibilmente in anticipo cosa succede aiuta l’adolescente a sentirsi coinvolto
una pianificazione accurata della terapia si rileva particolarmente utile nei periodi più critici
in più, ogni aspetto della terapia – così come della scuola –andrebbe discusso e talvolta negoziato con l’adolescente stesso
Adolescente malato e scuola
Essere insegnante di un alunno adolescente malato che non può frequentare la scuola - avvicinandolo in una condizione di forzata
solitudine, anche se talvolta apparentemente voluta, senza poterlo osservare interagire con i compagni – necessita saper
dosare con attenzione flessibilità, fermezza, empatia
Si tratta di prendere in carico l’intera persona in fase di emancipazione, costretta ad una brusca frenata, verso la sua
indipendenza e sostenerla nell’esplorare strade alternative
14
Dosare le domande, diluirle nel tempo: possono essere vissute come un modo violento di entrare in relazione
Dichiarare la propria eventuale ignoranza rispetto alla sua malattia e conseguenti terapie e permettere che sia lui/lei a spiegare
Dichiarare la propria eventuale inesperienzanell’insegnamento a domicilio, per lasciare lo spazio di strutturare insieme tempi e modalità più funzionali
Relazionarsi con l’alunno adolescente
Significato emotivo nelle differenti fasi della malattia
• la diagnosi, che segna il passaggio da una condizione di salute – quanto meno presunta – a una dichiarata di malattia;
• l’assunzione di farmaci, a cui si associano aspettative e timori, per risultati ed effetti collaterali;
• intervento chirurgico o trapianto d’organo o di midollo osseo;
• la dimissione o la remissione dei sintomi che prelude al nuovo atteso e temuto confronto con la “normalità”.
In ogni percorso di malattia si possono individuare differenti fasi e momenti critici:
L’attesa è associata a uno stato d’animo pesante e delicato che prelude a ogni fase.
15
L’attesa suscita emozioni e atteggiamenti differenti, quali ansia, aspettative realistiche o miracolistiche, paura dell’ignoto, del dolore.
Aspetti psicologici dell’attesa
L’intervento chirurgico, ad esempio, può essere vissuto come risolutivo o, al contrario, può coincidere con il rischio di
una menomazione.
Un altro esempio è il trapianto di midollo osseo che viene spesso affrontato con la speranza “dell’ultima possibilità”, ma anche con il terrore delle frequenti complicanze e della lunga degenza in isolamento.
Impatto della recidiva
bambini e genitori sanno cosa significa riprendere le terapie e cosa dovranno affrontare in termini di sofferenza e di alterazione dei ritmi quotidiani familiari
le aspettative e le speranze di guarigione si riducono drasticamente
prendono spazio sentimenti di sfiducia e di rabbia nei confronti di un destino avverso
per alcune persone è la profezia che si autoavvera
si osserva un impegno maggiore nel non separare la famiglia
Per diverse patologie, come quelle oncologiche, l’aspetto più devastante dal punto di vista psicologico ed affettivo è convivere con il rischio della ripresa di malattia:
16
La fase di progressione della malattia è la fase che costringe a confrontarsi con il fallimento e con il cambiamento di obiettivo:
Progressione di malattia e vissuto
da un’ottica di guarigione quasi ad ogni costo
all’arrendersi ad una malattia che ha il sopravvento sulle possibilità di sopravvivenza e crescita ed impone un’attenzione massima alla qualità di vita e alla qualità della morte del
paziente, anche se è un bambino.
si passa
Progressione di malattia e vissuto
Gli insegnanti svolgono in questo senso un ruolo prioritario anche per il messaggio di progettualità insito nel significato della
proposta scolastica.
Uno degli aspetti più delicati è il fragilissimo equilibrio e confine tra vita e morte:
un genitore, per difesa e per stanchezza estreme, può rinunciare a considerare il proprio figlio vivo a tutti gli effetti, ma la presenza di operatori professionali che si rapportano fino all’ultimo con il
bambino/ragazzo aiuta il genitore a riconoscerlo come tale.
17
La dimissione
Uno dei momenti paradossalmente più ansiogeni e vissuti con elevati livelli di angoscia soprattutto dai genitori è quello che
precede la dimissione:
il primo rientro a casa dopo aver ricevuto una diagnosi importante può essere vissuto con difficoltà perché il confrontarsi con l’ambiente esterno può rendere più
marcata e più reale la percezione di diversità e di danno;
lasciare l’ambiente ospedaliero e sospendere la terapia, inoltre, mette ansia perché significa abbandonare
un luogo protetto, dove c’è chi si prende cura del bambino/ragazzo e su cui si ripongono aspettative.
È proprio questo il momento in cui spesso il docente domiciliare entra in contatto con l’alunno e la sua famiglia.
L’insegnante si pone con delicatezza e nel rispetto dei tempi di adattamento necessari all’alunno.
Il docente rappresenta una risorsa importante per incoraggiare una nuova progettualità del bambino malato.
La dimissione
18
...una sgradevole esperienza sensoriale ed emozionale associata a reale o potenziale danno
tessutale o descritta in termini di tale danno.IASP
Il dolore è …
Un fenomeno imprescindibile dal concetto di malattia e ricco di significato psicologico ad ogni età è sicuramente il dolore.
Il dolore può essere definito come…
Una rassegna sulle tecniche cognitive-comportamentali per la gestione e la riduzione del dolore nei bambini sottoposti a indagini diagnostiche e cure mediche invasive (228 KB).
Analisi sulle caratteristiche del dolore: dagli aspetti anatomo-fisiologici ai fattori psicosociali che caratterizzano la risposta comportamentale ed emotiva.
Aspetti terapeutici e psicologici delle cure palliative e il ruolo del genitori.
La percezione del dolore è condizionata anche da fattori psicologici. La variabilità dell’esperienza di dolore nel bambino può dipendere da:
precedenti esperienze dolorose
La percezione del dolore
caratteristiche individuali di personalità
credenze religiose
contesto socio-culturale
valenza del dolore a livello familiare
rapporti con i genitori
età
19
sentimenti di ansia, depressione, rabbia, impotenza, senso di colpa, regressione
modificazione del pianto
immobilità, atonia psicomotoria, diminuzione della soglia del dolore
modificazione dei rapporti con i genitorie con i coetanei
Conseguenze del dolore sullo sviluppo psicologico
Le conseguenze del dolore sullo sviluppo psicologico sono:
Come le tecniche non farmacologiche possono supportare psicologicamente un bambino con dolore?
Le tecniche non farmacologiche
il rinforzo positivo
il meccanismo adattivo di difesa dal dolore
Attraverso:
20
Alcune tecniche non farmacologiche
USO DI TECNICHE IMMAGINATIVE (IMAGERY)
RILASSAMENTO
RESPIRAZIONE (es: tecnica del palloncino rosso)
IPNOANALGESIA
• tecnica del guanto magico
• immagini rilassanti e distraenti
• l’interruttore del dolore
• le bolle di sapone
La comunicazione: definizione
Le azioni fondamentali del comunicare sono: ascoltare, parlare, leggere, scrivere.
Va sempre identificato il contesto situazionale e interpersonale in cui si comunica.
L’atto del comunicare presuppone sempre un messaggio, un emittente e un destinatario; è necessario l’uso di un codice condiviso o riconoscibile (codifica e decodifica).
Le alterazioni della comunicazione possono, quindi, avvenire a vari livelli.
Comunicare è “mettere in comune” informazioni, emozioni, opinioni, esperienze. Implica concetti quali: partecipazione, scambio, trasmissione, diffusione, intenzionalità, motivazione.
21
Gli assiomi della comunicazione
Non si può non comunicare (anche il silenzio è un messaggio);
In ogni messaggio si può distinguere un livello di contenuto e uno di relazione (metacomunicazione);
L’interpretazione del rapporto di causa-effetto degli scambi comunicativi è soggettivo;
Gli esseri umani comunicano sia con la parola (modulo digitale/numerico) sia con immagini e gesti, cioè le componenti non verbali (modulo analogico);
Gli scambi comunicativi possono essere simmetrici o complementari, cioè basati rispettivamente su uguaglianze o differenze. Una relazione è equilibrata quando simmetria e complementarietà si alternano.
Dall’analisi della comunicazione interpersonale, un gruppo di studiosi americani (Watzlavick e colleghi, “gruppo di Palo Alto”, California,
La Pragmatica della comunicazione umana, 1971) hanno formulato una teoria, enunciando alcuni assiomi relativi alla comunicazione:
Comunicazione non verbale
Nei rapporti interpersonali, ogni atto comunicativo presuppone il riconoscimento e l’interpretazione dei segnali inviati dall’ambiente
esterno e dall’interlocutore. La comunicazione non verbale è sempre utilizzata simultaneamente a quella verbale.
L’individuo, perciò, integra i contenuti linguistici verbali con segni e strumenti non verbali. Per una comunicazione corretta ed efficace le
componenti verbali e non verbali dovrebbero concordare.
Il linguaggio non verbale è più diretto, meno soggetto al controllo volontario e più in contatto con le emozioni.
22
l’individuo integra i contenuti linguistici verbali con segni e strumenti non verbalicon cui i contenuti stessi dovrebbero concordare.
In ogni atto comunicativo interpersonale, oltre a riconoscimento ed interpretazione di segnali inviati dall’ambiente esterno,
Comunicazione non verbale
I bambini sono molto attenti e sensibili alle componenti non verbali della
comunicazione e la mancanza di coerenzatra segnali verbali e non può essere fonte di
grande disagio.
Comunicazione non verbale
In particolare, un bambino malato, al quale spesso –purtroppo – viene detto troppo poco o troppo lontano
dalla verità, è estremamente ricettivo a qualunque segnale gli dia un indizio di non aderenza alla realtà
verbalizzata.
23
modo di vestire e di presentarsi.
SINCRONIZZAZIONE
sensibilità percettiva non verbale: valutazione ed analisi della realtà, per la riproduzione e verbalizzazione degli
stimoli e la selezione degli interventi.
sposta l’attenzione da sé come oggetto della percezione altrui e favorisce l’applicazione di altre abilità non verbali e la
valutazione oggettiva del mondo esterno.
ASPETTO FISICO
Abilità non verbali
OSSERVAZIONE
guardare il proprio interlocutore è segno di interesse, attenzione e disponibilità.
SPAZIO SOCIALE
permette di comunicare e cogliere le diverse condizioni emotive.
postura; spazialità e modalità di movimento, in termini dinamici di distanza, orientamento, contatto; visibilità sociale, cioè le tecniche e l’intensità con cui è
possibile richiamare l’attenzione su di sé.
CONTATTO OCULARE
MIMICA FACCIALE
Abilità non verbali
24
TONO DELLA VOCE
se variato, provoca uno spostamento semantico e consente l’ampliamento del repertorio espressivo; per ottenere uno stile efficace si cerca la ricchezza di modulazione e cadenze, la continuità dell’emissione alternata ed una equilibrata gestione del silenzio. Le frequenze elevate andrebbero evitate perché rischiano di aumentare lo stato ansioso.
Abilità non verbali
GESTUALITÀ
movimenti delle mani e delle braccia.
Sono strettamente legati al contesto culturale.
Si dividono in:
Abilità non verbali
gesti di accompagnamento:
di rinforzo all’espressività verbale.
gesti semantici:
dotati di significato autonomo e convenzionale.
Per esempio, dito indice davanti alle labbra, per
invitare al silenzio.
25
Le abilità verbali rappresentano l’ampia gamma di strategie e strumenti che permettono di interagire attraverso un codice verbale condiviso.
Imparare a conoscerle e riconoscerle permette di utilizzarle in modo consapevole, al fine di rendere la comunicazione più efficace.
Abilità verbali
valutazione del bisogno
Inserimento in conversazione
Libere informazioni personali
informazioni discrete che ci qualificano rispetto ai nostri atteggiamenti, emozioni, intenzioni.
osservazione
scelta dell’argomento
scelta dell’interlocutore
Autoapertura
Abilità verbali
26
favoriscono risposte continue e lunghe; sono coinvolgenti e stimolano l’interlocutore a fornire più informazioni.
“io ho voglia di dormire, e tu?”
“il tuo quaderno di matematica è rosso o bianco?”
“a me piacciono i gatti, e a te?”
“… che ne dici?”
Tipologie di domande
suggeriscono risposte secche, portano alla formulazione di nuovedomande o alla ricerca di nuovi argomenti di conversazione.
DOMANDE CHIUSE
DOMANDE APERTE
“hai un fratello?”
“… anche a mio fratello piace il mare”
i momenti di pausa sono parte integrante del dialogo, con una loro pregnanza e valenza semantica e non vanno vissuti in modo ansioso.
… …
GESTIONE DEL SILENZIO
riconoscere nel finale dell’intervento dell’interlocutore stimoli di aggancio da rilanciare per individuare argomenti di interesse.
DOMANDE E RISPOSTE RIFLESSE:
Tipologie di domande
27
Cambio argomento e chiusura comunicazione
il congedo dall’alunno, per esempio, va fatto precedere da affermazioni rassicuranti e gratificanti circa
l’incontro o la lezione avuti.
il cambio di argomento o la chiusura della conversazione sono volontà che vanno espresse con chiarezza e decisione.
CAMBIO DI ARGOMENTO E CHIUSURA DELLA CONVERSAZIONE
L’ascolto
Comunicare è anche ascoltare.
L’ascolto è una delle componenti principali della comunicazione; è un’abilità che può essere migliorata e rappresenta la base per instaurare una buona relazione
con l’altro.
L’ascolto può essere di qualità variabile e si modula anche attraverso atteggiamenti, sguardi e diversi gradi di
attenzione e di interesse.
28
Sentire – le nostre orecchie inviano in continuazione segnali uditivi al cervello.
Ascoltare – l’attenzione ai suoni che ci arrivano, selezionando ciò che ci interessa, è fondamentale in una conversazione.
L’ascolto
“ ti ricordi?”
Ascolto passivo o debole
“ti è mai capitato?”
con domande relative all’alunno stesso.
Come risvegliare l’attenzione e stimolare la partecipazione?
Posizione di fissità, senza feedback: anche quando è compatibile con un ruolo in un contesto gerarchico (es: insegnante-alunno), può
essere segnale di difesa o disinteresse.
“cosa ne pensi?”
29
Ascolto aggressivo
Ascolto puntualizzante: interrompere spesso l’interlocutore per correggere, integrare, modificare.
Ascolto ipercritico: aggrottare la fronte; alzare un sopracciglio; piegare gli angoli della bocca verso il basso; scuotere la testa.
Imporre i propri ritmi alla persona che ci sta parlando
Approvazione attraverso l’attenzione, espressa anche attraverso il silenzio, potente messaggio non verbale.
Ascolto attivo
L’ascolto attivo vuole anche dire ritrasmettere indietro ciò che si è
capito del messaggio del mittente, astenendosi da qualunque
valutazione.
Il bambino ha difficoltà …
Quindi il bambino ha
difficoltà a …?
30
avvalorare, incoraggiare, far vedere che si è interessati e
che si vuole che continui
Strumenti dell’ascolto attivo
rivolgere domande aperte
riformulare, riassumere i punti salienti, dimostrare che si è colta l’importanza di ciò che l’interlocutore sta
dicendo e si è capito cosa prova
Gli strumenti dell’ascolto attivo sono:
consapevolezza del proprio stato d’animo in quel momento
Uso dell’ascolto attivo
dedicare tempo alla raccolta di informazioni: conoscere sentimenti, idee, aspettative, desideri circa i suoi
problemi di salute e il contesto in cui collocarli
semplificare
dare informazioni e prescrizioni
L’utilizzo dell’ascolto attivo è consigliabile in queste situazioni:
31
L’ascolto dei bambini malati “promuove la loro consapevolezza di essere curati e permette loro di raccontare, quando e come lo sentono possibile, emozioni, sentimenti e pensieri su vari momenti della loro storia passata presente e futura … in questa trama di comunicazioni si inseriscono in modo più comprensibile ed efficace le indispensabilispiegazioni”.
L’ascolto: prendersi cura
(P. Massaglia, 2001)
Nel rapporto docente-alunno è importante dedicare tempo ad un’iniziale fase conoscitiva, incoraggiando
l’alunno con tecniche di autoapertura e con domande aperte, entrambe facilitanti.
Strategie didattiche basate sulla scoperta
Adottare strategie didattiche basate sulla scoperta risulta utile per facilitare la relazione e gli scambi comunicativi, soprattutto perché consente di avvicinarsi allo stile cognitivo dell’alunno (lasciandogli spazio ed osservandolo).
Cosa ti piace fare?
Tali strategie sono espressione di delicatezza professionale: significa non imporsi per evitare un distacco emotivo, che avrebbe un effetto negativo anche sull’apprendimento.
32
Lo stile comunicativo del docente
Nella specificità della realtà professionale relazionale del docente in contesto domiciliare si possono individuare alcune caratteristiche che contraddistinguono uno stile comunicativo adeguato alla peculiarità della situazione.
Lo stile comunicativo opportunamente impiegato dal docente domiciliare dovrebbe trasmettere:
accoglienza all’alunno;
rassicurazione circa il rispetto dei propri tempi e ritmi;
fermezza nel fornire stimoli adeguati all’età e alla preparazione scolastica dell’alunno.
L’autodialogo
Qualunque cosa pensiamo e ogni frase che pronunciamo rivolgendoci ad altri sono contenuti che comunichiamo anche a noi stessi.
L’autodialogo è ciò che diciamo, è il modo in cui ci parliamo.
È intuibile il valore e l’impatto che la qualità dell’autodialogo può avere sulla propria autostima, sullo stato d’animo, e sulla competenza comunicativa e sociale.
33
L’autodialogo è uno strumento efficace per monitorare il proprio comportamento reattivo ed
emotivo e per potenziare il controllo e l’efficacia della comunicazione.
Aumentando la consapevolezza, l’autodialogoconsente di meglio
modulare lo stile comunicativorispetto al contesto e all’interlocutore.
……
L’autodialogo
La comunicazione,in riferimento al significato
pedagogico di formazione, ha, come caratteristica di base il
rispetto di pensare altrimenti.
Comunicazione come accettazione
È fondamentale essere aperti all’altro -l’alunno, il genitore, il collega -
e fare in modo che questa apertura sia percepita,
pur senza perdere di vista gli obiettivi didattici e la definizione del proprio ruolo.
34
L’assertività
Il concetto di assertività si riferisce alla “competenza relazionale che permette di riconoscere le proprie emozioni ed i propri bisogni e di comunicarli nel rispetto reciproco” (Mauri e Tinti, 2002).
La comunicazione è lo strumento che collega i bisogni dell’uomo, in quanto essere sociale, alla capacità di esprimerli.
richiede di prestare attenzione all’altro, allo scopo di costruire o mantenere una buona relazione.
implica il riconoscimento dei propri bisognie l’espressione efficace di questi nel rispetto di se stessi, consapevoli dei propri ed altrui diritti;
Assertivo è chi riesce a superare il problema senza entrare in conflitto con se stesso e con l’interlocutore
su cosa dire e cosa fare.
L’assertività è la capacità di elaborare risposte socialmente adeguate alle sollecitazioni appartenenti alla sfera relazionale:
L’assertività
35
Il comportamento assertivo o affermativo si riferisce all’acquisizione di una
competenza sociale basata sulla comunicazione
interpersonale.
Comportamento assertivo
Si colloca lungo un continuum in posizione
intermedia tra comportamento passivo e
comportamento aggressivo ai due estremi.
comportamento passivo
comportamento aggressivo
comportamento assertivo
Genera frustrazione, insicurezza, senso di colpa, ansia isolamento, inibizione.Rende inoltre difficile l’attuazione degli scopi, dando adito a manipolazioni.
prevede che le scelte comportamentali siano prese in base al principio di compiacere gli altri ed evitare i conflitti.
comportamento passivo
comportamento aggressivo
può derivare dalla confusione fra non assertività e l’essere d’aiuto agli altri e fra fermezza ed aggressività; sottende, inoltre, la mancanza di abilità comunicative a livello sia
qualitativo sia quantitativo.
Comportamento assertivo aggressivo
36
È una risposta esplosiva, sproporzionata allo stimolo ed inadeguata, che si realizza nell’invasione dello spazio altrui, con possibili sfumature di umiliazione e disprezzo.
Genera sensi di colpa, atteggiamenti difensivi, isolamento e solitudine.
Ostacola la realizzazione della dignità della persona.
comportamento passivo
comportamento aggressivo
Comportamento assertivo passivo
Il rapportarsi senza prevaricazioni alimenta l’autostima e la fiducia negli altri ed incoraggia scelte autonome.
fornisce all’alunno un modello di comportamento efficace in tutti i
rapporti interpersonali;
facilita l’eliminazione o l’abbassamento dei livelli di
insicurezza, disagio e ansia;
consente all’alunno e al docente di esprimersi reciprocamente a livello sia emotivo sia
cognitivo e di realizzare le mete prefissate.
La risposta assertiva
Comportamento assertivo a scuola
37
Le dinamiche relazionali
Gli oggettivi limiti, fisici e psicologici, imposti dalla malattia modificano ad esempio la scelta
dei compagni di gioco.
Le abitudini e i ritmi alterati dalla malattia e dalle terapie, con possibili frequenti ricoveri e
l’allontanamento dall’ambiente di vita abituale, incidono
profondamente sulla qualità delle relazioni di ogni bambino.
Relazione tra pari: come favorirle
È quindi importante incoraggiare qualunque occasione di relazione interpersonale fra bambini, contatti con fratelli,
cugini e coetanei “sani”...
Pensando al futuro della vita sociale dei bambini che passano lunghi periodi isolati, è da sottolineare l’importanza di una positiva
interazione con i coetanei.
... anche per favorire l’integrazione dell’evento malattia nel suo sistema di riferimento e di
rappresentazione mentale.
38
Il docente a domicilio
rappresenta una figura che appartiene al mondo “normale” del bambino e viene da lui investito di un ruolo forte e contenitivo nel significato di continuità tra passato –presente - futuro.
L’insegnante
Il bambino malato e la scuola
La scuola attraverso l’impegno, il gioco e il racconto, può offrire al bambino la possibilità di una autentica integrazione e uno spazio mentale elastico tra il regno della fantasia e il regno della malattia, che lo facilita nell’assimilare e nell’integrare la sua realtà.
L’insegnante, incoraggiandolo nell’espressione di sé ed accogliendo le sue narrazioni, deve avere ben presente che in tal modo si pone come un possibile ponte tra la realtà interna
del bambino e la realtà esterna.
39
Il bambino e la relazione con il docente
altri, i cui genitori hanno scarsa capacità di accettare la loro malattia e di interagire con loro sinceramente, tendono a disinvestire dall’impegno scolastico, come se apprendere significasse rischiare di “scoprire furtivamente una realtà terribile” (P. Massaglia, M. Bertolotti, 1998).
Nei confronti dell’insegnante e dell’impegno scolastico i bambini malati mostrano atteggiamenti, talora anche opposti:
alcuni, bisognosi di sentirsi “sani”, trovano nell’impegno scolastico una grande occasione per trascorrere il tempo e per sentirsi capaci;
Il rapporto con l’insegnante durante l’esperienza dimalattia si configura proprio come una delle occasioni per strutturare e/o mantenere un sé sano e una sorta
di
La relazione con il docente
“equilibrio relazionale”
messo a dura prova dagli eventi oltre che dai fisiologici cambiamenti dell’età evolutiva.
40
I vincoli del ruolo di docente
i genitori hanno dovuto rinunciare a molti aspetti decisionali che lo riguardano, ora sono affidati al personale sanitario;
Il docente, rapportandosi a un bambino/ragazzo il cui concetto di autorità è alterato, deve essere consapevole dei limiti che questo comporta nell’esercizio della propria professione, soprattutto in riferimento all’autorevolezza, all’esecuzione dei compiti e al rispetto delle regole.
Infatti:
le regole della quotidianità e i ritmi della loro vita familiare sono spesso modificati e alterati;
in una sorta di tendenza “riparativa”, i genitori sono con lui più permissivi ed indulgenti;
le abituali gerarchie dei valori e delle priorità sono temporaneamente o definitivamente sovvertite;
il docente deve trovare in sé, non supportato dalla struttura, la capacità di gestire e mettere in atto la propria autorità.
Il docente a domicilio: un equilibrio delicato
Per il docente che insegna a domicilio il pericolo di cader nel pietismo e/o nei condizionamentiimposti dai genitori, è costantemente presente.
impostando un programma anche
minimo, possibilmente concordando
obiettivi intermedicon l’alunno ed i
suoi familiari e verificando di
continuo le sue prestazioni.
VA
CONTROBILANCIATO
41
Interiorizzare la consapevolezza, in ogni momento, del proprio ruolo professionale e che - sebbene non si sia tutelati e protetti dalla “struttura fisica” dell’istituzione, né scolastica, né ospedaliera, le istituzioni esistono di fatto
come riferimenti reali e legali ed esistono nell’immaginario dei genitori: possono, quindi, comunque essere di qualche
aiuto ad arginare eccessi di ingerenza o confidenza.
Consapevolezza del ruolo
Ogni bambino o adolescente ha un’idea, più o meno definita, di come si comporta un insegnante con i suoi alunni e si aspetta qualcosa di molto simile dal docente domiciliare!!
Ricorda
42
Il docente a domicilio: quali atteggiamenti
Il bambino ha bisogno che il docente gli rinvii costantemente messaggi concreti rispetto alla necessità di continuare a impegnarsi perché il futuro esiste e perché la malattia non continuerà ad essere così ingombrante.
Ha bisogno anche di essere stimolato, valutato, gratificato e riconosciuto “ufficialmente” abile, in un momento in cui
la malattia, le terapie, gli interventi possono mettere in dubbio anche le sue capacità più assodate.
Che cosa può fare il docente?
I genitori e la scuola
Il contesto domiciliare incide massicciamente sulla dinamica della relazione tra docente e genitore
dell’alunno in quanto:
il genitore è spesso presente durante la lezione;
mentre altri, per un bisogno di negazione della malattia, impongono al figlio ritmi di studio non compatibili con lo stato di salute;
altri ancora rivolgono all’insegnante domande che non gli competono (terapie, stato di salute, evoluzione, …).
alcuni tendono a giustificare il figlio a oltranza e a proteggerlo da qualunque potenziale fonte di stress;
43
I genitori e la scuola
il genitore ricerca l’attenzione per sé, rischia di sottrarre tempo interferisce con l’attività didattica;
alcuni genitori, soprattutto laddove il figlio è affetto da malattie gravi, croniche o potenzialmente mortali disinvestono dall’importanza della
didattica per una perdita di speranza rispetto al futuro del figlio;
altri, in quelle situazioni che prevedono un recupero totale, tendono a differire al momento della guarigione anche la ripresa dell’impegno
scolastico.
Le differenti modalità educative genitorialie i relativi comportamenti
Il docente come risorsa per i genitori
In questo modo i genitori imparano a fidarsi
e ad intravedere nell’offerta scolastica a domicilio un importante segnale di continuità evolutiva e nell’ora di
lezione uno spazio di respiro e di sollievo.
Il docente deve comprendere che il proporre la propria professionalità diviene una risorsa per il bambino e, indirettamente, per la sua famiglia.
Ciò è tanto più vero quanto più egli riesce a mantenere saldo il proprio ruolo
professionale ed a rimandarlo costantemente ai genitori.
44
La scuola come risorsa per i genitori
Osservare che il bambino è in grado di interagire positivamente con un altro adulto, aiuta il genitore a smorzare i toni iperprotettivi e simbiotici, spesso presenti nel rapporto
genitore-figlio malato.
Il genitore che vede il proprio figlio impegnato nelle attività didattiche impara a riconoscerlo, oltre che nella malattia,
anche nelle sue competenze “sane”.
Risulta fondamentale per un intervento efficace, per ridurre il rischio di misconoscimento del proprio ruolo, per ottimizzare le
energie, individuare tempestivamente a chi fare riferimento:
insegnante ospedaliero o docente responsabiledel polo ospedaliero
dirigente scolastico
personale sanitario deputato all’assistenza domiciliare (medici, infermieri, psicologi)
Individuare il referente
45
Il GENITORE è spesso, nella realtà, l’unico vero referente con cui si rapporta il docente
domiciliare, da cui si ottengono le informazioni, con cui si concordano tempi ed orari e che,
eventualmente, si pone come intermediarioper prendere contatto con altri possibili
interlocutori.
Sarebbe, tuttavia, auspicabile e proficua un’interazionediretta tra personale docente ed équipe di cura.
Individuare il referente
L’insegnante e gli operatori sanitari
L’interazione con il personale medico e paramedico è utile e necessaria a:
conoscere accortezze necessarie a fini di igiene e profilassi;
conoscere eventuali limiti funzionali imposti dalla patologia e dalle terapie all’alunno;
conoscere la prognosi, soprattutto in termini di tempi, per pianificare un programma didattico;
offrire un punto di vista diverso sul bambino stesso agli operatori sanitari.
46
personale sanitario deputato all’assistenza domiciliare:
L’insegnante e gli operatori sanitari
Le figure professionali che l’insegnante a domicilio incontra più frequentemente sono
medici
infermieri
psicologi
fisioterapisti
Il rispetto degli spazi e dei tempi
Il docente domiciliare si muove in uno spazio privato, luogo in cui le priorità non sono
scolastiche.
È, quindi, necessario adattarsi:
ai tempi delle terapie;
agli effetti della patologia e delle terapie stesse, interferenti con la performance scolastica dell’alunno.
47
Altri attori
considerarli risorse potenziali
In un contesto di istruzione ed assistenza domiciliare è necessaria un’apertura rispetto ai numerosi operatori che
ruotano intorno al bambino e alla sua famiglia:
sapere che esistono (educatori, volontari)
individuarli, riconoscerli, rispettarli
Sinergie fra i diversi attori
Per poter perseguire detto obiettivo è necessario trovare o creare momenti e occasioni di comunicazione e scambio, sia informali sia
strutturati.
L’obiettivo dell’interazione tra docente genitori, volontari, educatori e personale sanitario
è quello di operare in modo sinergico ed integrato,individuando finalità condivise, con chiarezza e rispetto di ruoli e
competenze.
48
La multidisciplinarietà
In relazione al bambino malato, dove ogni intento ed atto professionale delle più diverse competenze è mirato alla cura, alla
crescita, al benessere del bambino,
si impone ogni tentativo di sentire, ragionare ed agire in un’ottica multidisciplinare, intesa come lo strumento principe
per il raggiungimento dell’obiettivo comune:
aiutare il bambino malato e la sua famiglia a passare attraverso l’esperienza di malattia, facendo ricorso a tutte le
risorse disponibili.
Ragionare e sentire in un’ottica multidisciplinare per:
La multidisciplinarietà
non disperdere energie
procedere sinergicamente verso l’obiettivo comune di miglioramento della qualità di vita del bambino malato
Ridurre il rischio di isolamento dell’alunno e del docente
49
La relazione tra il docente e la scuola di appartenenza
le modalità relazionali e reattive osservate nel gruppo classe
È poi importante, per il docente domiciliare, prendere contatto direttamente con la scuola di appartenenza dell’alunno - qualora questi sia
residente in un altro luogo o se l’insegnante non è della stessa scuola frequentata dal bambino, pur
nella stessa città - per conoscere:
il livello di preparazione
lo stile di apprendimento
Per lavorare in un’ottica di reinserimento
La relazione tra il docente e la scuola di appartenenza
Attenzione: spesso il genitore si pone come intermediario anche rispetto alla scuola d’origine
Per potenziare il significato di continuità didattica ed evolutiva
Per modulare il proprio stile comunicativo
Per rispettare ed adattarsi ai tempi e modi dell’alunno
Perché i contatti con la scuola di appartenenza?
50
Possibili frustrazioni per il docente
Impegnarsi in un lavoro di preparazione al reinserimento nella classe d’origine, accettando che i risultati si esprimano in un
momento successivo
Lavorare in correlazione con la scuola di appartenenza dell’alunno, anche in una
possibile ottica di accompagnamento per un reinserimento, può implicare di:
Accettare priorità didattiche diverse dal proprio stile per privilegiare la continuità pedagogica di quello specifico
alunno
Individualità e diversità
L’insegnante domiciliare si rapporta quotidianamente con tanti tipi di diversità e, quindi, di soggettività.
Esistono molti tipi di diversità:
etnica culturale
geneticasomatica
sociale
Perché sia possibile instaurare una relazione sufficientemente buona da consentire l’apprendimento è necessario il riconoscimento delle
diversità e la loro accoglienza.
51
Individualità e diversità
Devianza dalla norma
Ogni individuo, nell’espressione della sua soggettività, viene connotato in base a giudizi di valore, condizionati da stereotipi, modelli di riferimento, contesto, livello educativo-sociale-economico.
è la stigmatizzazione della diversità di chi
possiede meno potere o di chi non si può uniformare
a ciò che viene idealmente considerato “normale” o “naturale”.
Il rischio
L’immigrazione
L’immigrazione è un fenomeno rilevante che ha assunto dimensioni problematiche non trascurabili nel contesto scolastico e che assume connotazioni ancora più complesse se il bambino si ammala e
viene assistito presso il suo domicilio:
L’alunno immigrato, spesso extracomunitario, e la suafamiglia sono portatori di tradizioni, lingue, religioni,
atteggiamenti, comportamenti rituali e non, molto distanti da quelli della popolazione autoctona.
Qui infatti si sommano ed amplificano differenze di approccio culturale, sociale e comunicativo rispetto al concetto, all’accettazione
ed alla gestione della malattia e recandosi nella sua abitazione, si entra a tutti gli effetti in contatto con una cultura differente.
52
L’accoglienza
Riconoscere i bisogni di accettazione, che passano anche attraverso la disponibilità di lavoro, alloggio,
assistenza sociale e sanitaria, e i più complessi bisogni di integrazione, richiede la valorizzazione della
cultura d’origine della persona che si trova a trasferirsi in questo nuovo contesto: solo attraverso
l’accoglienza si può chiedere e arrivare ad adattamento e comprensione reciproci.
L’obiettivo è il raggiungimento di una societàmultietnica e multiculturale, caratterizzata da convivenza e tolleranza, attraverso strumenti quali: comunicazione, relazione, cooperazione, scambio.
La narrazione
Incoraggiare, guidare, permettere al bambino di esprimersi, di
raccontare la propria storia, la propria famiglia, i propri luoghi, nei modi e nei tempi peculiari
dell’alunno, talvolta anche consentendo l’uso di un dialetto,
risulta un metodo prezioso.
Nell’interazione del docente con il bambino/ragazzo immigrato, la
narrazione rappresenta uno strumento utile per riconoscere e
trasformare una potenziale difficoltà (differenza culturale, di valori, ecc.) in un’occasione di scambio e integrazione. Essa si rivela altresì una via di accesso
privilegiata per la creazione di un terreno di condivisione su cui
costruire l’interazione didattico-educativa.
53
Erikson, E. (1950), Infanzia e società, Armando Editore, Roma.
Mangini M.T., Rocca M.L. (1996), “Cappe Gialle" - Metodologia del gioco in ospedale, EthelEditoriale Giorgio Mondadori, Milano.
Massaglia P., Bertolotti M., Di Cagno L. (1993), Come accompagnare il bambino e la famiglia nell'esperienza di cancro, Rivista Italiana di Pediatria, n.19 (suppl al n.6), pp. 89-92.
Mauri e Tinti (2002), Formare alla comunicazione - Percorsi di gruppo per lo sviluppo di relazioni efficaci nelle professioni educative, sociali e sanitarie, Erickson, Trento.
Raimbault G. (1975), Il bambino e la morte, Tr. it. La Nuova Italia, Firenze, 1978.
Watzlavick P., Beavin J. H., Jackson D. D. (1971), Pragmatica della comunicazione umana, Astrolabio, Roma.
Bibliografia