Attivazione al lavoro

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ATTIVAZIONE AL LAVORO Percorsi di F u t u r o

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ATTIVAZIONE AL LAVORO

Percorsi di F u t u r o

A cura delProgetto: PON 2007–2013“Servizi per l’inclusione socio-lavorativadei soggetti svantaggiati con il concorso dei SPL”Responsabile di progetto G. GoriniCoordinamento Linea TPL M. Facco

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Le riforme in atto, nel mercato del lavoro e nei sistemi di welfare, tra cui quelle oggetto del jobs

act, si fondano sull’ integrazione fra politiche attive e passive del lavoro. Divengono, così, cruciali le

politiche di attivazione che si sostanziano in “un insieme di regole in base alle quali si condiziona l’ero-

gazione di sovvenzioni e di altri aiuti, all’effettiva disponibilità del beneficiario a entrare o a rientrare

nel mondo del lavoro”. Il principio su cui queste politiche si fondano è quello della condizionalità, “cioè

della subordinazione dell’erogazione della prestazione alla disponibilità del lavoratore, che deve go-

derne, ad accettare un’offerta di lavoro o a seguire comunque un percorso di reinserimento”, in base

ad un parametro di congruità che si basa su criteri economici e logistici.

Questa è la sfida che i servizi, nel prossimo futuro, per garantire il diritto al lavoro delle persone svan-

taggiate, dovranno affrontare. Chi si occuperà di gestire la condizionalità delle prestazioni, valutando

il livello di attivazione del singolo, la congruità delle offerte lavorative o l’accettabilità o meno di per-

corsi formativi, dovrà verificare, in primo luogo, la possibilità delle persone fragili di intraprendere

queste azioni.

Per questo motivo la programmazione 2014-2020 ha previsto ingenti risorse affinché gli Stati membri

strutturino modelli di welfare e di politiche del lavoro finalizzati alla «capability, capacitazione» del-

l’individuo, e non più a forme di assistenzialismo.

Il Pon Inclusione, in particolare, vuole incentivare la dimensione lavorativa, sia durante la fase della

detenzione quale elemento di rieducazione, sia nella fase post-detentiva, al fine di escludere il ricorso

al crimine quale unico mezzo di sussistenza.

La promozione dell’occupazione e dell’occupabilità delle persone in esecuzione penale richiede azioni e

misure che tengano conto della multicomplessità caratterizzata dalle condizioni individuali e oggettive

di vita, pena l’inefficacia di qualunque politica che si voglia intraprendere.

Lo stato di esecuzione della pena incide chiaramente sulle possibilità occupazionali delle persone, ma

prima ancora, occorre considerare quelle situazioni di fragilità o svantaggio che possono minare un qua-

lunque percorso di promozione per l’occupabilità e per l’occupazione delle persone. Ciò richiede di agire

su due fronti. In primo luogo prevedere percorsi che consentano alle persone in stato di esecuzione

penale di entrare nella piena disponibilità di quei diritti propedeutici e strumentali ad intraprendere

percorsi di promozione dell’occupabilità o di inserimento lavorativo, in quanto volti a soddisfare speci-

fiche esigenze o far superare situazioni di fragilità. Al tempo stesso, quanto previsto dalle normative di

promozione dell’occupazione richiede un adattamento alle prescrizioni della normativa in materia di

ordinamento penitenziario e, più in generale, alle condizioni oggettive discendenti dalla permanenza

delle persone presso gli istituti di pena.

Per le persone internate e detenute, infatti, si può pensare solo al lavoro interno all’istituto di pena o

– in casi in cui sussistano i requisiti – all’ammissione al lavoro esterno. Quest’ultima ipotesi, tuttavia,

comporta difficoltà organizzative e gestionali che devono essere oggetto di attenzione; si pensi, a titolo

esemplificativo, all’impossibilità di svolgere lavoro notturno o alla coincidenza dei turni di lavoro con

l’organizzazione dell’istituto penitenziario, a cominciare dai turni di lavoro della polizia penitenziaria.

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Alle difficoltà di tipo logistico e organizzativo si aggiungono quelle inerenti la possibilità da parte delle

persone in stato di esecuzione penale di acquisire o mantenere diritti funzionali a poter accedere al

mercato del lavoro.

Le azioni che si struttureranno a valere sulla programmazione 2014-2020 possono prendere le mosse dai

risultati della precedente programmazione che può rappresentare un portato di esperienze e conoscenze

per dare effettività alle norme dell’ordinamento giuridico e lavoristico ed indirizzare i soggetti istitu-

zionali nell’ottimale applicazione ed eventuale revisione delle stesse.

Paolo Reboani

Presidente Italia Lavoro

Questa pubblicazione è il risultato dei “dialoghi” intercorsi tra gli attori territoriali durante gli 8seminari formativi che si sono svolti nelle regioni Sicilia, Puglia, Calabria, Campania e precisamentenelle province di Trapani, Catania, Foggia, Bari, Catanzaro, Reggio Calabria, Napoli (2 seminari di cui 1a Nisida), in attuazione degli obiettivi previsti dal Progetto PON 2007– 2013 “Servizi per l’inclusionesocio-lavorativa dei soggetti svantaggiati con il concorso dei SPL” linea transizione Pena e Lavoro. Italia Lavoro, a conclusione della programmazione PON 2007-2013, e prima di affrontare il nuovo cicloprogrammatico 2014-2020, ha ritenuto di mettere a disposizione degli attori pubblici e privati coinvoltiin questo sessennio una breve sintesi o, meglio, dei dialoghi che hanno accompagnato “il percorso for-mativo e progettuale d’aula” per affrontare assieme le nuove sfide che ci attendono in materia di ese-cuzione penale. In un momento storico, difficile, che richiede uno sforzo di riprogettazione e d’innovazione, si è partitida un punto fondamentale, cioè una visione di sistema, che si è concretizzato con il Protocollo d’Intesatra DAP e Italia Lavoro, il 30 ottobre 2012, e il coinvolgimento del Comitato di Pilotaggio al Tavolo diTecnostruttura. Contemporaneamente si è proceduto al coinvolgimento dei territori locali, delle forzeche operano nel settore lavoro, giustizia, sociale interessando in primo luogo le quattro regioni con-vergenza (Sicilia, Puglia, Campania e Calabria) e dei rispettivi Provveditorati regionali che hanno la ti-tolarità delle carceri, con l’importante presenza dei suoi direttori. I bisogni delle persone, TUTTE, sono in continua crescita, ma per le persone coinvolte da percorsi deten-tivi, diventano bisogni multicomplessi ed è sulle risposte di quei bisogni che abbiamo disegnato le tappedel percorso. Abbiamo unito - metodo e merito - per cercare risposte reali e concrete, con un “dialogo” che scaturiscain un percorso partecipato, interministeriale e interassessorile, dove partecipazione e integrazione di-ventano i pilastri della nuova programmazione. Partecipazione significa confronto costante con gli enti istituzionali che condividono una responsabilità,dal livello nazionale al livello territoriale. Faticoso, certo, e comporta forse tempi più lunghi, ma soloattraverso l’integrazione si potrà vincere la sfida di dare risposte complesse a bisogni che non sono maisemplici e definiti in confini precisi. La filosofia è quella di una diversificazione nella risposta, che siaadeguata alla singola persona, e la si ritrova nel “Cruscotto dei Diritti”. Oggi non ci sono livelli essenziali di assistenza e quindi diritti esigibili. Da ciò consegue una mancanza dirisorse certe per garantire quei diritti che dovrebbero tutelare le fragilità. Esiste però una ricchezza diesperienze, di buone prassi e di volontà, a partire dalle amministrazioni penitenziarie e locali, chehanno portato i servizi a entrare in campo con responsabilità.Inoltre, il coinvolgimento di tutti quei soggetti che hanno un interesse sociale collettivo, come ad esem-pio la cooperazione, il terzo settore, le fondazioni, gli enti formativi, il volontariato, hanno portato ric-chezza di contenuti e favorito l’avvio dei progetti. La nuova programmazione è anche un atto di sintesi di quello che sono le esperienze di conoscenza deibisogni del territorio. Le messe in atto di questi percorsi istituzionali diventano “PROVE di FUTURO”, oBUONE PRATICHE. Le buone pratiche hanno una valenza politica, nel senso ampio del termine, quando”Il problema degli altri è uguale al mio. Sortirne da soli non è possibile. Ed è avarizia. Sortirne tutti in-sieme è la politica” (Don Milani).Il modello che è nato a conclusione del PON 2007-2013, trova riscontro totale nell’obiettivo 9 con l’azione9.2.2 del PON Inclusione 2014–20, prevedendo per le persone in stato di esecuzione penale, interventidedicati alla presa in carico multi professionale finalizzati alla realizzazione di percorsi di empowerment

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Introduzione

e di misure per l’attivazione e l’accompagnamento di percorsi imprenditoriali anche in forma coope-rativa, finalizzati all’effettivo reinserimento socio-lavorativo al termine della pena.La partenza del nuovo “percorso”, che arriverà al traguardo nel 2020, potrà beneficiare di tutte le at-tività svolte nel sessennio precedente, di una visione organica delle Governance, di identificazioni dipercorsi istituzionali attraverso le reti pubblico e private, di competenze specifiche attraverso l’empo-werment di operatori pubblici e privati, di sostenibilità con fondi di provenienza europea, nazionale eregionale, di replicabilità in altri contesti in grado di generare dei cambiamenti.

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Foto - Tappe di Dialogo a Nisida

Introduzione pag. 5

1. Tappe di Dialogo: Governance del territorio, dell’Italia, dell’Europa » 8

2. Tappe di Dialogo: Reti » 10

3. Tappe di Dialogo: Servizi » 12

4. Tappe di Dialogo: Economia carceraria » 14

5. Tappe di Dialogo: Territorio » 16

6. Tappe di Dialogo: Piattaforma d’informazione » 18

7. Percorso tracciato: Prove di futuro » 20

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Indice

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1. Tappe di dialogo: GOVERNANCE del territorio,

dell’Italia, dell’Europa

Quale Governance per rispondere al Nuovo PON Inclusione?Partiamo dalla programmazione 2014-2020 che ha fatto propria, con l’obiettivo di contribuire alla suacompleta attuazione, la visione “sociale” del modello europeo. Recependo il dettato della Strategia Eu-ropa 2020, la nuova programmazione persegue l’obiettivo della lotta alla povertà e all’esclusione sociale,sottintendendo un’accezione complessa di questi due fenomeni. La povertà e l’esclusione sociale vannoconsiderate non solo in termini di “rischio di povertà” dal punto di vista delle risorse economiche a di-sposizione degli individui e delle famiglie, ma anche della “grave deprivazione materiale” e della “esclu-sione dal mercato del lavoro”.In ragione di ciò tra le sfide che la programmazione 2014-2020 intende affrontare, vanno annoverate lapromozione dell’inclusione attiva nella società e nel mercato del lavoro dei gruppi più vulnerabili e il su-peramento delle discriminazioni degli stessi.L’inclusione sociale attiva comprende l’accesso di tutti i cittadini alle risorse di base, ai servizi sociali, almercato del lavoro e ai diritti necessari “per partecipare pienamente alla vita economica, sociale e cul-turale, e per godere di un tenore di vita e di un benessere considerati normali nella società in cui vivono”. Questo significa che l’azione compiuta dalle politiche messe in campo dagli stati membri deve essere fi-nalizzata a mettere la persona in condizioni di essere proattiva nel mercato del lavoro, eliminando lefragilità che caratterizzano la sua condizione soggettiva. L’approccio del PON Inclusione è “prospettico” poiché non mira soltanto a rispondere ai bisogni urgentiper le popolazioni svantaggiate e a rischio di povertà ed esclusione sociale, ma in prospettiva è finalizzatoa porre in essere azioni che possano sperimentare metodologie e strumenti innovativi per “proporre so-luzioni” ed “innescare cambiamenti stabili nel sistema di protezione sociale”. In ragione di ciò, il PON è indirizzato all’attivazione di un sistema coordinato di interventi e servizi socialie alla promozione di accordi di collaborazione in rete con le amministrazioni competenti sul territorio inmateria di servizi per l’impiego, tutela della salute e istruzione, poiché risponde all’esigenza rilevata

dalla Commissione UE di potenziare lacapacità amministrativa e l’efficienzadella pubblica amministrazione.Tra i 4 assi in cui è strutturato il Pon In-clusione, l’asse 3 è dedicato al “miglio-ramento dei sistemi e modelli diintervento sociale”, con il quale av-viare sperimentazioni e azioni di si-stema finalizzate alla identificazionedi modalità di intervento maggior-mente efficaci nel campo delle politi-

Riconoscere l’interesse collettivo come primario, il sistema pubblico di servizi come necessità dellacollettività per garantire il valore delle persone, lo sviluppo e la crescita economica e sociale. UnaGovernance efficiente ed efficace, obiettivi misurabili e responsabilità chiare e definite. La Gover-nance trova la sua efficacia anche utilizzando leve legislative, regolatorie e programmatorie chedanno impulso ai progetti, promuovono standard nella realizzazione di infrastrutture aperte e inte-roperabili e attivano strategie di co-progettazione e di riutilizzo di buone pratiche.

Inclusione sociale attiva

Libertà dal bisogno

=

Attivazione Messa in condizione

Effettività del diritto Eliminazione delle fragilità

APPROCCIO

Obiettivo

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che sociali, anche in riferimento alla definizione di nuove forme di Governance pubblica e di coinvolgi-mento di soggetti del privato for profit e del Terzo settore nel finanziamento e nell’erogazione di servizie prestazioni. Per progettare il futuro siamo partiti dalle esperienze di lavoro dei partecipanti ai seminari, i quali hannoanalizzato gli aspetti cruciali del tema del lavoro nell’ambito penale. Fondamentale il funzionamento di una governance istituzionale che svolga il ruolo di regia del serviziostesso. Oltre ad istituzionalizzare il servizio, la costituzione di una governance multilivello e multiattorefavorisce il flusso comunicativo tra gli operatori pubblici e del privato sociale coinvolti, definendo inmodo chiaro i compiti di ciascuno ed evitando così dispersive sovrapposizioni di ruoli e di competenze. Tale Governance deve esprimere le esigenze del contesto di riferimento in termini di composizione, na-tura, struttura e modalità operative.Alla Governance è correlato il tema della co-progettazione multidisciplinare e territoriale per il soddi-sfacimento dei bisogni specifici delle persone in esecuzione penale, così come l’adozione di strumenti emetodi di lavoro condivisi per arrivare a formulare delle valide proposte di inserimento lavorativo.

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Estratto dall’Intesa tra Dipartimento Amministrazione Penitenziaria e Italia Lavoro

PER L’INCLUSIONE SOCIO LAVORATIVADI PERSONE DETENUTE, EX DETENUTE

E IN MISURA ALTERNATIVA ALLA DETENZIONE

Italia Lavoro nel Piano di attività 2012-2014 AzionePON “Servizi per l’inclusione socio-lavorativa deisoggetti svantaggiati con il concorso dei Serviziper l’Impiego”, ha previsto azioni di assistenza tec-nica alle Regioni per supportare i processi d’inclu-sione sociale e lavorativa dei soggetti a fine pena,detenuti e in misura alternativa.Il Dipartimento dell’Amministrazione Peni-tenziaria (Ministero della Giustizia), nell’ambitodelle sue competenze, intende dar seguito aquanto previsto dall’Accordo Interregionale del 27Aprile 2011 tra le Regioni ed il Ministero della Giu-stizia - Dipartimento dell’Amministrazione Peniten-ziaria, sottoscritto dal Ministero del Lavoro e dellePolitiche sociali, Direzione Mercato del Lavoro(oggi Politiche dei Servizi per il Lavoro), in attua-zione degli impegni assunti nel Quadro StrategicoNazionale 2007-2013, priorità 4 “Inclusione socialee servizi per la qualità e l’attrattività territoriale”Con riferimento specifico alle azioni concordate,si stabilisce di:• realizzare congiuntamente, nell’ambito dei pro-

grammi formativi previsti e dei termini econo-mici definiti dalle fonti di finanziamento di ItaliaLavoro e del DAP, percorsi formativi per gli ope-ratori dei servizi territoriali delle regioni “obiet-tivo convergenza” su tematiche inerenti laprogrammazione partecipata, l’inclusione socialee lavorativa dei soggetti in esecuzione penale,l’utilizzo dei fondi comunitari;

• elaborare e realizzare congiuntamente piani eprogetti, nell’ambito delle rispettive competenzeistituzionali e con specificate fonti di finanzia-mento, volti a garantire l’inserimento ed il re-in-serimento lavorativo dei soggetti in esecuzionepenale.

Dai Seminari: quale Governance?

Regione Sicilia: A Catania, la Governance è rappresentata dal Co-mune e dai distretti socio-sanitari. Gli aspetti pe-culiari emersi nel corso del seminario sono statil’integrazione dei servizi e la necessità di co-pro-gettare rifacendosi alla L.328/2000 o comunque amodalità compartecipative.A Trapani, la Governace è rappresentata dal set-tore della Giustizia. Tra gli elementi di attenzioneevidenziati c’è la necessità di creare una connes-sione tra carcere, territorio e mondo del lavoro,unita all’esigenza di intercettare i bisogni del ter-ritorio per progettare percorsi formativi in lineacon i fabbisogni espressi dalle aziende e dalmondo dell’impresa.

Regione Calabria: A Catanzaro, la Governance è rappresentata dallaProvincia con forte collaborazione con il Provve-ditorato regionale. Forte la necessità di una gover-nance territoriale, dove il carcere fa parteintegrante del territorio. A Reggio Calabria, la Governance assume unaconnotazione per cui Terzo Settore e mondo delvolontariato sono i due attori che hanno permessodi favorire l’interazione del carcere con la comu-nità locale, rompendo l’isolamento e mettendosiin rete.

Regione Puglia:A Foggia, la Governance è rappresentata dal set-tore lavoristico (Provincia e CPI).A Bari, è invece la Regione, attraverso l’AccordoInterregionale e il tavolo di Governance regionale,a fungere da elemento propulsore.

Regione Campania:A Napoli, la Governance campana è rappresentatadal Provveditorato regionale assieme al CGM ed alGarante regionale dei detenuti, con ampia direttapartecipazione dei Direttori degli Istituti peniten-ziari e della Conferenza dei servizi.

Partendo da un approccio - olistico e integrato - tutte le azioni devono essere costruite intorno allapersona, ai suoi bisogni e alle sue esigenze molto spesso caratterizzate da una forte complessità. Proprioper questo motivo, l’azione dei soggetti che intervengono nell’attuazione di queste politiche deve essereintegrata; questo implica un’azione in rete di tutti i servizi, i soggetti e gli attori interessati da questepolitiche che devono realizzare, proprio per avere un approccio olistico sulla persona, un progetto per-sonalizzato che tenga in considerazione le esigenze che devono essere soddisfatte. E’ un approccio da seguire negli interventi finalizzati all’inclusione sociale attiva e si evince dal conside-rando art. 22 del regolamento di disciplina dei Fondi strutturali (n. 1303 del 2013), che indica la modalitàcon cui gli Stati membri devono porre in essere politiche e azioni per promuovere l’inclusione sociale elavorativa delle persone, in particolare per le persone in esecuzione penale. All’interno di questo scenario si assiste quindi ad una proliferazione delle varie forme di collaborazioneattraverso cui gli attori sociali cercano di elaborare e progettare soluzioni che, integrando i singoli “sa-peri” e “pratiche”, siano in grado di offrire risposte articolate ai bisogni del territorio. Il termine più abi-tuale per connotare tali forme organizzative è quello di “rete”.Ma che cosa è la rete? Tutte le soluzioni che implicano una collaborazione tra i diversi attori costituisconodelle reti?E’ opportuno distinguere tra “rete” e “lavoro in rete”, in quanto quest’ultimo include anche le formecollaborative non ancora consolidate e strutturate.Il concetto di rete, definibile come l’azione di più soggetti finalizzata a tessere relazioni e ad attivare si-nergie per raggiungere obiettivi comuni, può essere quello più adatto a esprimere la fluidità delle formeorganizzative oggi in atto.La rete è un processo di sviluppo e di implementazione di relazioni interorganizzative che può evolverein vari modi: reti stabili, nuove aziende, progetti condivisi. Allo stesso tempo riesce a cogliere la com-plessità delle relazioni collaborative nell’ambito del nuovo welfare e a evidenziare la capacità degli

attori di tessere relazioni e connes-sioni, formali e informali, superando itradizionali vincoli del tempo e dellospazio al fine di perseguire risultaticondivisi.L’obiettivo di ben più elevato profilo èdi sperimentare, attraverso la co-pro-grammazione sociale e la relativa co-progettazione, una rete pubblico-pri-vato per gli inserimenti lavorativi, af-fidamenti di commesse alle coopera-tive in modo non competitivo, qualeelemento portante dell’adesione dellestesse alla funzione sociale pubblica.La natura complessa di tali processi ri-

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2. Tappe di dialogo: RETI

L’integrazione degli strumenti e delle risorse rappresenta il punto focale per una crescita qualitativadel lavoro delle persone in esecuzione penale e per un’opportunità di recupero e di reinserimentonella società.

Condizioni soggettive

FragilitàBisognoEsigenzeRisorse

SocialeTerritorialeRelazionale

Azionie

misure

Nel contesto Progettopersonalizzato

PROGETTO PERSONALIZZATO E RETE

Approccio olistico

Persona }{{

chiede infatti un apporto differenziato di risorse in tutte le fasi, in particolare “a monte” e a “valle” del-l’inserimento. L’azione mirata all’inclusione della singola persona deve cioè collocarsi dentro “azioni disistema” basate sui seguenti principi:

• Territorialità: il legame organico con la comunità locale volto a valorizzare le potenzialità di cui ogniterritorio dispone per fronteggiare i bisogni dei cittadini, in particolare dei più deboli e svantaggiati,comporta la necessità di sviluppare un’azione di costante radicamento territoriale degli attori.

• Rete: le reti locali sono in grado di sfruttare appieno il quadro economico, culturale, legislativo e isti-tuzionale entro cui si trovano ad operare e, proprio per questo, possono produrre i migliori interventicontro la disoccupazione e lo svantaggio, contribuendo nella costruzione di rapporti di collaborazioneche permettono di co-progettare sia servizi che interventi.

• Personalizzazione degli interventi: per i soggetti in difficoltà nel mercato del lavoro la compresenza disvantaggi che rimandano a piani diversi implica la necessità di specializzazione per modellare gli inter-venti sulle caratteristiche soggettive dei destinatari, in un’ ottica di maggiore “globalità”, intervenendoanche sul versante relazionale e della risocializzazione della persona svantaggiata.

• Integrazione degli strumenti: il superamento diuna visione ristretta delle politiche del lavoro av-viene non solo prevedendo la più ampia gammapossibile di strumenti, ma operando per integrarele potenzialità; l’integrazione deve avvenire anchecon i servizi socio-assistenziali e con i servizi edu-cativi e formativi/lavorativi.

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Dialogo dai gruppi “animatore dellarete”: Trapani, Catania, Foggia, Bari,

Catanzaro,Reggio Calabria, Napoli

Sviluppare una rete formalizzata in grado di rispon-dere alle sollecitazioni dei servizi e ai fabbisogniformativi e professionali, attraverso accordi/proto-colli.Definire una metodologia per organizzare e attri-buire le competenze. Il funzionamento della rete,infatti, non può basarsi su meccanismi legati esclu-sivamente alla “buona volontà”.Realizzare analisi dei bisogni del territorio in modotale da progettare percorsi formativi coerenti coni fabbisogni delle aziende.Riconoscere l’importanza del privato sociale; atti-vare sinergie con le associazioni datoriali.Informare e sensibilizzare il territorio produttivoche lo contraddistingue (sistemi di convenienze,forme di premialità).Diffondere la cultura del lavoro, agendo sullo svi-luppo di una cultura inclusiva ed integrativa.Adottare un approccio integrato. Definire un lin-guaggio comune mantenendo le specificità diognuno e dotarsi di sistemi informativi in grado diagevolare la comunicazione e la gestione delle at-tività che la rete deve portare avanti.Creare una connessione tra il Carcere e i CPI e traCarcere e territorio.Garantire continuità anche dopo la fine di finan-ziamenti e progetti.Realizzare una maggiore collaborazione con glioperatori interni al carcere.Promuovere e sostenere reti di responsabilità so-ciale per valorizzare le ricchezze locali costituitedal capitale umano, culturale e sociale.Scardinare la convinzione che in carenza di risorsefinanziarie non ci si può permettere il lavoro direte, anzi proprio in fase di crisi si deve scommet-tere con risorse in “comune”.

La promozione dell’occupazione e dell’occupabilità delle persone in esecuzione penale richiedeazioni e misure che tengano in adeguato conto la multicomplessità che ne caratterizza le condizioni in-dividuali e quelle oggettive di vita, pena l’inefficacia di qualunque politica che si voglia intraprendere.Lo stato di esecuzione della pena incide chiaramente sulle possibilità occupazionali delle persone. Ma,prima ancora, occorre considerare quelle situazioni di fragilità o svantaggio che possono minare qualunquepercorso di promozione dell’occupabilità e dell’occupazione delle persone. Ciò richiede di agire su due fronti. In primo luogo prevedere percorsi che consentano alle persone in statodi esecuzione penale di entrare nella piena disponibilità di quei diritti propedeutici e strumentali ad in-traprendere percorsi di promozione dell’occupabilità o di inserimento lavorativo, in quanto volti a sod-disfare specifiche esigenze o far superare situazioni di fragilità. Al tempo stesso, quanto previsto dallenormative di promozione dell’occupazione richiede un adattamento alle prescrizioni della normativa inmateria di ordinamento penitenziario e, più in generale, alle condizioni oggettive discendenti dalla per-manenza delle persone presso gli istituti di pena. Per le persone internate e detenute, infatti, si può pensare solo al lavoro interno all’istituto di pena o –in casi in cui sussistano i requisiti – all’ammissione al lavoro esterno. Quest’ultima ipotesi, tuttavia, com-porta difficoltà organizzative e gestionali che devono essere oggetto di attenzione; si pensi, a titolo esem-plificativo, all’impossibilità di svolgere lavoro notturno o alla coincidenza dei turni di lavoro conl’organizzazione dell’istituto penitenziario, a cominciare dai turni di lavoro della polizia penitenziaria.Alle difficoltà di tipo logistico e organizzativo si aggiungono quelle inerenti la possibilità da parte dellepersone in stato di esecuzione penale di acquisire o mantenere diritti funzionali a poter accedere al mer-cato del lavoro. In ragione di ciò, un’azione di promozione dell’occupazione e dell’occupabilità delle per-sone in stato di esecuzione di pena richiede di individuare modalità di “adattamento” della normativa dicarattere generale a quella specifica dell’ordinamento penitenziario per consentire l’esigibilità effettivadei diritti garantiti da entrambe.Occorre partire dalla considerazione dei diversi status che la persona in esecuzione di pena può avere. Inprimo luogo quello di disoccupato, al quale si vanno ad aggiungere quelli inerenti le condizioni soggettive

cui il legislatore accorda tutela speci-fica. A mero titolo esemplificativo, pos-siamo indicare la disabilità, i compiti dicura, la sieropositività, il transgenderi-smo, la tossicodipendenza, lo status dimigrante. Ma si tratta di un elencoaperto e tale da ricomprendere tutte lesituazioni individuali, in particolarmodo di fragilità, che – da un lato – sonooggetto di tutela da parte dell’ordina-mento con il riconoscimento di diritti e,in alcuni casi, di prestazioni di tipo as-sistenziale e previdenziale e – dall’altro– possono consentire agevolazioni sia ditipo economico che normativo ai finidell’inserimento lavorativo.

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3. Tappe di dialogo: SERVIZI

Garantire diritti soggettivi, innovazione e funzioni “capacitanti” dei servizi, nel più ampio novero dipolitiche e misure volte al reinserimento sociale e lavorativo delle persone sottoposte a provvedi-menti di giustizia, sono le scommesse della nuova Programmazione 2014-2020. I dialoghi intercorsinelle sessioni informative durante il triennio precedente ci permetteranno di avvalerci di spunti eriflessioni preziosi per il miglioramento dei servizi.

IL “CRUSCOTTO” DEI DIRITTI: LE CONDIZIONI SOGGETTIVE

ESECUZIONEPENA

DISOCCUPAZIONELAVORO

STATUSDISOCCUPAZIONE

PRIVACY

GIOVANE DONNA

ACCERTAMENTOACCESSO

TRATTAMENTO

ACCERTAMENTOPRIVACYTERAPIE

PRIVACYTRANSIZIONE

TERAPIE

ACCERTAMENTODISABILITÀ

CONDIZIONISOGGETTIVE

COMPITI DICURA

MEDIAZIONECULTURALEPERMESSO

SOGGIORNO

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Una modalità di intervento sulle per-sone in esecuzione di pena per promuo-vere l’occupazione deve, quindi,consentire il riconoscimento degli statusche l’ordinamento prevede per le per-sone in ragione delle proprie condizionisoggettive, in accordo con le regole de-finite dall’ordinamento penitenziario.La Programmazione 2007-2013 preve-deva il trasferimento di pratiche in uso,in alcuni contesti territoriali, in temadi attivazione di sportelli carcere-la-voro attraverso sessioni formative inaula e attraverso la Piattaforma infor-matica WIKI. A partire dalle indicazioni della Costituzione e dell’Ordinamento Penitenziario, la rieduca-zione e il reinserimento del detenuto nel mercato del lavoro costituiscono uno dei compiti più importantiper gli attori coinvolti nell’esecuzione penale. Le novità normative (legge n.9 del 2013 in particolare) eanche le indicazioni riferite al lavoro e contenute nel documento conclusivo dei lavori della Commissioneministeriale per le questioni penitenziarie vannonella direzione di un servizio dedicato a potenziaree ad accompagnare la persona verso una professio-nalizzazione e collocazione al lavoro.Il tema del “come” realizzare percorsi efficaci, sugrandi numeri, ma allo stesso tempo calibrati sulla spe-cificità dei singoli, è stato oggetto di dibattito e di con-fronto esperienziale anche durante i seminari del 2014dedicati da Italia Lavoro a questa tematica. La messa apunto di politiche di reinserimento e di transizione dalcarcere al lavoro presuppone la partecipazione degliattori che istituzionalmente si occupano di mercato dellavoro e del mondo imprenditoriale e cooperativo. Punti di partenza per la reale costruzione di un ser-vizio per il lavoro dedicato ai detenuti sono le politi-che di programmazione in questo ambito da partedegli enti preposti e l’investimento di risorse. In al-cuni contesti da anni si sono attivati e permangonobuone pratiche che hanno permesso di mettere a si-stema gli interventi “a progetto” e assicurare per-corsi sostenibili nel tempo attraverso l’integrazionedi politiche sociali, politiche formative e servizi peril lavoro. Il necessario raccordo tra il mondo del car-cere e quello del lavoro può avvenire efficacementese si identificano strategie condivise, obiettivi co-muni e risorse integrate. Ciò è possibile laddove è at-tiva una rete territoriale multiattore dedicata, cheassicura coordinamento, visione, monitoraggio. Un altro aspetto che rende praticabile un reale per-corso che dalla rieducazione porta alla integrazionenella società e in un contesto di lavoro, è l’aperturadi nuovi ambiti di comunicazione tra i responsabili egli operatori del carcere, del centro per l’impiego,dei servizi sociali degli enti locali, delle cooperativee associazioni di volontariato. E’ parte della costru-zione di una politica di reinserimento, la definizionedi occasioni permanenti di scambio, di conoscenza edi approfondimento.

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Dialogo dai SEMINARI:Lo sportello carcere: COME Un servizio complesso a supporto dei processi diorientamento e inserimento al lavoro dei detenuticon una focalizzazione specifica sulla “transizione”dal dentro al fuori.Una funzione riconosciuta, da gestire prioritaria-mente in team, che faciliti la garanzia dei diritti deidetenuti e che partecipi alla definizione delle po-litiche di inclusione del territorio.Un servizio che prevede una o più figure specializ-zate sugli aspetti “lavoristici” e che intervenga in si-nergia (ma non in sovrapposizione) con l’areatrattamentale del carcere, con i centri per l’impiego,con gli enti autorizzati/accreditati ai servizi per il la-voro, con gli altri attori sul territorio coinvolti nelleazioni/progetti di accompagnamento al lavoro deidetenuti (area lavoro, area sociale, area giustizia).Un servizio gestito da più soggetti/enti/strutture(patronato, associazione, cooperativa sociale, car-cere, Ufficio dell’Esecuzione Penale Esterna, ecc.)che non si limita ad una funzione informativa mache coagula e coordina gli specifici contenuti degliattori che partecipano al percorso di recupero edi inclusione.

Lo Sportello carcere: DOVE Azione all’interno del carcere: accoglienza e primicontatti (da gestire con l’area trattamentale), informa-zione su area dei diritti (particolare riferimento aquelli riferiti al lavoro e al sociale), valutazione delleopportunità interne (formazione o altro), valutazioneopportunità per assegnazione di lavoro interno.Azione di “transizione” e accompagnamento al-l’esterno: valutazione delle condizioni di passag-gio/ammissione al lavoro esterno, costruzione diun piano personalizzato di inserimento lavorativo,facilitazione dell’accesso a strumenti di sostegnoal reddito.

SPORTELLO CARCERE LAVORO E ANIMATORE DI RETE

Informazione

Sensibilizzazione

Sensibilizzazione

Coordinamento

Promozione interventi

Rappresentanza istituzionale

Acquisizioneinformazioniinterventi

--------------

Informazione

SCL AR

La promozione del lavoro per le persone in esecuzione di pena deve agire necessariamente su mol-teplici aspetti, con l’obiettivo di creare un sistema complesso di convenienze di tipo economico e nor-mativo sia per quanto concerne le singole persone da avviare a percorsi formativi o occupazionali, sia sulversante della promozione di attività economiche all’interno e all’esterno degli istituti penitenziari.Si tratta, quindi, di ipotizzare modelli di intervento che utilizzino diverse leve utili a promuovere occu-pabilità e occupazione, creando un sistema di convenienze multilivello e multiambito.La promozione del lavoro delle persone in stato di esecuzione penale non può limitarsi ad agevolazionieconomiche o normative per le assunzioni, poiché è necessario attrarre investimenti sul lavoro nel sistemapenitenziario nel suo complesso, anche al fine di sviluppare circuiti virtuosi a livello locale che possanoconsentire di creare opportunità occupazionali costanti nel tempo, anche a fronte del turn over dellepersone impiegate laddove queste terminino il periodo di esecuzione penale e possano essere avviate inmercati del lavoro non protetti. Il primo tassello di questa strategia è rappresentato da interventi sulla persona affinché questa possa su-perare le condizioni di fragilità o svantaggio che ne minano l’occupabilità e, nel contempo, garantirlel’acquisizione di status giuridici che le permetto di fruire di benefici economici o normativi ai fini del-l’inserimento lavorativo, anche a favore dei datori di lavoro.Il secondo tassello è rappresentato dall’uso delle norme che prevedono agevolazioni fiscali e contributiveall’assunzione per le persone in stato di esecuzione penale, verificandone la cumulabilità.Il terzo tassello per la costruzione di questo complesso sistema di convenienze è dato dall’uso degli stru-menti di promozione di attività economiche consentiti dall’ordinamento. Si tratta di combinare fra loroi sistemi di convenzioni ammessi dall’ordinamento penitenziario con altri strumenti previsti dall’ordina-mento generale. Si pensi alle norme sulle deroghe agli appalti pubblici per finalità sociali, alle clausolesociali e alle forme di responsabilità sociale d’impresa, alle norme a favore delle cooperative sociali.

È la combinazione di questa molteplicità di fattoril’oggetto dei modelli di intervento da realizzare a li-vello territoriale, che non siano monodimensionali, mafrutto di strategie diverse, che possono far leva su:- Sistemi di convenienze che consentono l’abbatti-

mento dei costi di produzione del lavoro (decontri-buzioni e defiscalizzazioni) e dei fattori produttivi(convenzioni per attività produttive nel carcere),ovvero sistemi di convenienza normativa (adempi-mento legge 68/99)

- Cumulabilità con doti della persona in stato di ese-cuzione penale, consentite dal funzionamento delmodello per la garanzia dell’esigibilità dei diritti

- Strategie di marketing sociale

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4. Tappe di dialogo:ECONOMIA CARCERARIA

In un momento di profondo cambiamento e nel contesto dell’attuale crisi economica e sociale è im-portante non trascurare lo sviluppo dell’economia carceraria, approntando strumenti normativi e dipolitica economica e sociale efficaci, in grado di agevolare lo sviluppo di una nuova prospettiva delladetenzione che, se efficacemente programmata e governata, può contribuire ad una riduzione dellaspesa complessiva collegata alla gestione della pena, al contenimento della recidiva ed alla preven-zione.

VIII Seminario per le persone in esecuzionepenale a Napoli. Carcere, persone, imprese chedialogano con il territorio - tra romanticismo epragmatismo- a servizio del bene comune. Il 22 e23 ottobre 2014 si è svolto a Nisida, presso lastruttura del carcere minorile. La concretezza della preparazione professionaletraspare forte.Ispirarsi e attingere alle tradizioni locali, diventanooggi nuove opportunità per creare impresa, in unmomento complesso e difficile come quello at-tuale il pubblico e il privato progettano assiemeper il bene comune.

- Normativa appalti- Uso dei beni confiscati alla criminalità organizzata- Welfare di comunitàL’obiettivo deve essere la creazione di forme di pro-mozione di attività economiche che possano creareoccupazione, il che significa creare dei micro-di-stretti economici (produttivi e commerciali) a livelloterritoriale che ruotino intorno all’istituto peniten-ziario. Occorre sganciarsi dal modello che punta al-l’inserimento lavorativo 1 a 1, ovvero unavacancie/una persona da occupare, ma puntare allacreazione di domanda di prestazioni produttive ecommerciali che possano creare occupazione.Si può ipotizzare il caso dell’uso di concessioni pub-bliche in relazione alle quali l’ente concedente pro-muova (con attività di sensibilizzazione e ricono-scimento sociale) o favorisca (con agevolazioni eco-nomiche) il ricorso al lavoro – in modo diretto o indi-retto – di persone in stato di esecuzione penale daparte del concessionario, per forniture, servizi o ap-provvigionamento di beni funzionali all’attività di cuiè concessionario. Con il termine “diretto o indiretto”riferito al lavoro delle persone in stato di esecuzionepenale si intendono tutte le possibili modalità di ri-corso a prestazioni lavorative, siano esse effettuateda persone assunte direttamente da datori di lavoro,che nell’ambito di appalti che coinvolgano coopera-tive sociali che impieghino tali lavoratori.Gli istituti giuridici che, combinati fra loro, possonoessere utilizzati a tal fine sono diversi.

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L’abbattimento del costo del lavoro dellepersone in stato di esecuzione penale

La c.d. legge Smuraglia (l. n. 193/2000) prevedeagevolazioni fiscali per le imprese che assumanoo impieghino in attività formative finalizzate all’in-serimento lavorativo persone in stato di esecu-zione penale.Il meccanismo dovrebbe far perno sull’uso diesternalizzazione di alcune attività o approvvigio-namento di beni o servizi affidando commesse dilavoro a datori di lavoro che impieghino personein stato di esecuzione penale sia all’esterno cheall’interno degli istituti penitenziari, cooperativesociali costituite da detenuti ed ex detenuti, anchequeste dentro o fuori l’istituto. Il distretto virtuosocosì creatosi consente di intervenire sull’occupa-bilità delle persone già nella fase detentiva consen-tendo, quindi, un più agevole ricorso al lavoroesterno e al transito al mercato del lavoro non pro-tetto nel momento in cui la persona abbia termi-nato la propria pena.

Convenzioni tra amministrazioni peni-tenziarie e soggetti pubblici e privati percommesse di lavoroLe Amministrazioni penitenziarie centrali e pe-riferiche possono stipulare convenzioni per of-frire opportunità di lavoro a detenuti o internaticon soggetti pubblici, privati e cooperative so-ciali a cui sono connessi benefici di tipo econo-mico che consentono l’abbattimento dei costidi produzione (comodato dei locali, uso di at-trezzature già esistenti, abbattimento delle speseper lo svolgimento delle attività produttive, inbase agli accordi con le amministrazioni peni-tenziarie) e benefici normativi. Questi ultimi de-vono essere sviluppati nell’ambito del modellodi intervento facendo leva su altri istituti giuri-dici presenti nell’ordinamento. Si pensi aquanto disposto all’art. 12, c. 4 della l. n. 68 del1999 per l’adempimento all’obbligo di assun-zione di persone con disabilità e alle altrenorme in materia di convenzioni di esternaliz-zazione, che consentono ai datori di lavoro diaffidare commesse di lavoro a soggetti che in-seriscano al proprio interno persone con disa-bilità e, nel caso dell’art. 12, c. 4, specificata-mente in stato di esecuzione penale. Più in generale il sistema delle clausole socialinegli appalti e gli affidamenti diretti previstidalla normativa possono essere utilizzati perpromuovere attività produttive che impie-ghino persone in stato di esecuzione penalesia all’interno che all’esterno degli istituti pe-nitenziari. La l. n. 381 del 1991 prevede la pos-sibilità di affidamenti diretti in deroga alladisciplina in materia di contratti della pub-blica amministrazione a cooperative sociali ditipo B nel caso di appalti “sottosoglia” ovverola possibilità di inserire clausole sociali cheprevedano come condizione per l’esecuzionedell’appalto, l’impiego di persone svantag-giate e l’adozione di specifici programmi direcupero e inserimento lavorativo.

Le riforme in materia di lavoro, istruzione, formazione e di servizi sociali, stanno producendo mol-tissimi cambiamenti nell’ampio campo delle persone con fragilità a cui la nuova programmazione ha de-dicato finanziamenti cospicui. Tali cambiamenti interessano tutti i livelli in cui si articolano le politichepubbliche: finanziamento, analisi dei bisogni e pianificazione, organizzazione ed erogazione dei servizi,valutazione. E’ scaturita dai seminari territoriali, sempre di più, l’introduzione nel linguaggio degli addettiai lavori di termini quali “welfare community”, che sta proprio a significare che siamo in una fase di veratrasformazione. In questo contesto dove le tradizionali distinzioni di ruoli tra pubblico e privato, tra profit e non profit,tra mercato e terzo settore, tra erogatore e utente, vengono rivisitate in una logica contestuale proces-suale, il lavoro in rete e/o di rete acquisisce una nuova connotazione innovativa che testimonia sia l’emer-gere del territorio-comunità come soggetto progettuale, sia la valorizzazione del capitale socialeattraverso il coinvolgimento di sempre più attori nella costruzione delle stesse politiche locali e settoriali. L’attivazione di reti tra diversi attori territoriali sta diventando infatti un paradigma per la realizzazionedelle politiche pubbliche e l’erogazione di servizi innovativi. Ciò è dovuto, oltre al processo di decentra-mento amministrativo e di applicazione del principio della sussidiarietà verticale e orizzontale, anchealla dinamicità e alla multicausalità dei bisogni e dei fenomeni socio-economici, che rendono necessariala definizione di interventi sempre più complessi, che a loro volta richiedono competenze e risorse diffi-

cilmente disponibili da un singolo attore, pubblico oprivato che sia. Nella costruzione di partnership con i “patti di sussi-diarietà” il “motore” del procedimento è dato dalle si-nergie fra i soggetti senza finalità di profittointeressati a partecipare al progetto, senza esclusionealcuna, a meno che non sia dovuta alla loro soggettivainadeguatezza, ovvero alla loro mancata adesione alladisciplina del patto approvata dall’Amministrazionepubblica. Tale peculiarità fa sì che la valutazione della propostaprogettuale comprenda una fase interlocutoria durantela quale il dialogo pubblico/privato sarà finalizzato allamigliore definizione del progetto ed alla sinergia (enon allo scontro competitivo) fra gli interessi coinvoltiin applicazione del principio generale di consensualitàstabilito dalla legge n. 241/1990.Le Istituzioni pubbliche svolgono le proprie funzioni so-

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5. Tappe di dialogo:TERRITORIO

I nuovi bisogni e le difficoltà finanziarie degli ultimi anni stanno portando le istituzioni pubbliche eprivate, in particolare del Terzo Settore, ad attingere a risorse del territorio e, quindi, a ricercareapporti esterni sviluppando collaborazioni e partnership con vari soggetti. Questa tendenza è ulte-riormente evidente quando le persone hanno bisogni a carattere multicomplesso e i servizi per il la-voro, i servizi sociali, educativi, del terzo settore in genere, non si limitano a dare risposta a unbisogno in maniera isolata, ma puntano a promuovere soluzioni integrate e a sostenere la personanella sua totalità. Ci si rende sempre più conto che la risposta al bisogno non può essere solo il fruttodi un’attività svolta in “un luogo specifico”, ma nell’intero territorio di riferimento.

ciali riconoscendo, valorizzando e sostenendo l’autonoma iniziativa dei cittadini e delle formazioni socialinell’attuazione della funzione sociale pubblica attraverso lo svolgimento di attività di interesse gene-rale.I Patti di sussidiarietà si basano sul riconoscimento della funzione pubblica del non profit, sulla sua auto-nomia e capacità di organizzazione.Occorre proseguire questo cammino, rafforzando il ruolo propositivo e di elaborazione di idee del TerzoSettore con regole di rappresentanza e di rappresentatività che effettivamente rendano conto delle mol-teplici esperienze associative dei cittadini attivi, rendendo più esplicito quanto si fa, nel terzo settore,non solo nell’ambito socio-sanitario, ma anche per quanto riguarda l’ambiente, l’educazione, la cultura,l’economia civile.Ancora, occorre porre in essere azioni miranti a potenziare i Patti di sussidiarietà per consentire lo svi-luppo sui territori di reti di responsabilità solidale in un sistema di sviluppo di diritti sociali (collegati ailivelli essenziali di prestazioni). I patti di sussidiarietà sono, pertanto, funzionali allapromozione del Welfare Community, termine con cuisi intende un modello di politica sociale che ridisegnaprofondamente i rapporti tra istituzioni e società ci-vile, promuove maggiore soggettività e protagonismodi quest’ultima, supportando un percorso di auto-or-ganizzazione e auto-determinazione fondato su va-lori comunitari della solidarietà, della coesionesociale e del bene comune.Tale modello è in grado di garantire il diritto di ac-cesso a beni e servizi indispensabili - ora drammati-camente compromesso – a tutti i cittadini e disoddisfare il bisogno di partecipazione attiva nellacostruzione del proprio benessere, impiegando ri-sorse disponibili. Perché ciò sia realizzabile e tradu-cibile in azioni concrete occorre considerare ilWelfare Community una evoluzione dell’attuale si-stema di Welfare e identificare settori, soggetti eterritorio di dimensione presidiabile.

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Patti di sussidiarietà: l’esperienza della Re-gione Liguria ai Tavoli di co-progettazionepenale

Per accrescere la capacità degli attori territoriali,istituzionali e non, di analizzare e farsi carico deiproblemi e dei bisogni, si sono sperimentati pro-cessi di sussidiarietà orizzontale, attraverso “i pattidi sussidiarietà”. I patti di sussidiarietà sono unutile strumento giuridico per costruire luoghi dicittadinanza attiva e palestre di sussidiarietà agita,per diventare successivamente imprese sociali dicomunità che favoriscono e contribuiscono a rea-lizzare un Welfare di Comunità. Il sistema adottatodalla Regione Liguria per lo sviluppo della retepubblico-privata trova fondamento su un percorsosperimentale che vede la realtà del Terzo Settorecome assuntrice di pubbliche responsabilità nelleattività di supporto al target di riferimento.

DIALOGO dai SEMINARI: quando il territorio diventa

fondamentale per la progettazione

4° Seminario Transizione Pena Lavoro aCatania: quando il territorio e la comunità di-ventano protagonisti di percorsi d’inclusionesociale e lavorativa. Il 27 e 28 maggio 2014 si sono svolte a Catania,le due giornate informative dedicate agli attoripubblici e privati che si occupano di servizi de-dicati alle persone in esecuzione penale.

5° Seminario Transizione Pena Lavoro aCatanzaro: carcere, cultura e benessere. Carcere e Cultura, fattore determinante della sa-lute e benessere delle persone, e salute, fattorechiave per lo sviluppo della cultura 8 e 9 luglio2014 a Catanzaro, ancora una volta, è individuatocome prioritario, il rapporto tra carcere e terri-torio, in tutte le sue declinazioni di servizi, a par-tire dal lavoro, dalla salute, dalla giustizia, dalsociale, perché “la terra porta il lavoro”,la rotturadell’isolamento, e la messa in rete. Ma, solo unavera comunità locale può essere in grado di ri-spondere alla “chiamata” della vera presa in ca-rico globale della persona, in tutte le fasi dibisogno e complessità della vita. Il “vero lavoro”è l’auspicio per la crescita della persona per con-cepire sempre di più un “Carcere senza sbarre”.

8° Seminario Transizione Pena Lavoro aNapoli: 19 e 20 novembre 2014.Ultimo dei seminari informativi. Perché la sceltadi svolgere l’ultimo seminario presso la sede diFOQUS, nel cuore dei quartieri spagnoli? Perchéla fondazione, di recente inaugurazione, vuolesperimentare a Napoli un diverso modo di in-tendere le politiche sociali, educative e lavora-tive, scegliendo di investire e collaborare in uncontesto particolarmente problematico dellacittà per costruire nuovi modelli di welfare dicomunità e nuove forme d’impresa.

Possiamo definire un apprendimento collaborativo, il ruolo della comunità di pratica, poiché il ciclodi otto seminari formativi realizzati nell’ambito dell’attuazione del PON - Servizi per l’inclusione socio-lavorativa dei soggetti svantaggiati con il concorso dei SPL, con la collaborazione del Dipartimento del-l’Amministrazione Penitenziaria - ha avuto come finalità quella di creare dei momenti di confronto escambio tra i soggetti istituzionali e gli attori pubblico/privati che a vario titolo, già operano insieme sulterritorio seguendo modalità di lavoro diverse in materia di politiche rivolte al reinserimento lavorativo

di detenuti ed ex detenuti. Questi eventi sono il risultato di una serie di azionipropedeutiche che vanno dalla costituzione deiGruppi Territoriali Operativi (GTO), cui partecipanogli attori pubblici e privati delle singole realtà inte-ressate, alla condivisione degli obiettivi formativi daperseguire, per giungere infine all’individuazione - daparte dei componenti il GTO – dei partecipanti allegiornate formative.I seminari realizzati a Foggia, Trapani, Bari, Catania,Catanzaro, Reggio Calabria, Napoli e Nisida hannorappresentato un’occasione per recuperare le istanzee tutti quegli elementi in grado di contribuire al mi-glioramento delle azioni e delle politiche indirizzateal target considerato il tutto secondo un approccioorientato al passaggio da un’ottica assistenziale alworkfare. I seminari si sono svolti in due giornate.La prima giornata ha previsto due sessioni di lavoro:la prima sessione volta a fornire un approfondimentosulla normativa sia a livello nazionale che europeo,per poi entrare nel merito del cosiddetto “cruscottodei diritti”, fino ad arrivare a delineare i punti di at-tenzione di cui occorre tener conto nel complessoprocesso di “presa in carico integrata” dell’accom-pagnamento del detenuto verso il lavoro. La secondasessione dedicata a conoscere e condividere le espe-rienze territoriali (attraverso testimonianze dirette)di inserimento lavorativo del target. La seconda giornata è stata dedicata ai temi dei Ser-vizi Carcere Lavoro e della Rete Territoriale. Adot-tando la modalità del lavoro di gruppo, i partecipantisono stati invitati a discutere e confrontarsi sugli ar-

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6. Tappe di dialogo:PIATTAFORMA D’INFORMAZIONE

Sistemi territoriali di comunità educanti: quando gli attori pubblici e privati costruiscono un percorsodi cittadinanza inclusiva tra il carcere, le imprese, le istituzioni e territorio, attivando un processodi empowerment, individuale e collettivo, per offrire risposte ai bisogni per la crescita personale.

Nuovi Strumenti, Nuovi linguaggi: Il Cruscottodei diritti delle persone in stato di esecu-zione penale

Il Cruscotto dei diritti delle persone in stato di ese-cuzione penale è uno strumento didattico innova-tivo che si configura come una plancia virtualefinalizzata a fornire gli elementi per migliorare l’oc-cupabilità e facilitare l’occupazione delle personein esecuzione penale, in un’ottica di personalizza-zione dei servizi.Il cruscotto dei diritti sarà il punto di partenzaper gli operatori territoriali nell’affrontare le spe-cifiche situazioni in cui la persona in stato di ese-cuzione penale può trovarsi (tossicodipendenza,sieropositività, disabilità, immigrazione…) e nell’at-tivare percorsi di intervento personalizzati. Le informazioni e i materiali sono stati suddivisi indue macro-aree principali: • Interventi incentrati sulla persona• Sistema delle convenienze per l’occupazione

e l’imprenditoriaAll’interno di queste due macro-aree gli operatoripotranno trovare un pacchetto di risorse: modalitàdi intervento, normative, bandi e opportunità di fi-nanziamento e buone pratiche (a titolo esempli-ficativo delle possibili azioni da intraprendere).Nella Wiki è presente, sotto forma di formazione adistanza, una introduzione alle tematiche articolatain tre sezioni: la prima descrive la metodologia el'approccio del progetto, la seconda il quadro dellaprogrammazione europea 2014-2020 sul tema del-l'inclusione sociale, la terza focalizza la relazionetra inclusione lavorativa ed ordinamento peniten-ziario. Le tre tematiche generali riproducono in FAD laformazione d’aula svolta nella prima mattina degli8 seminari realizzati nelle regioni convergenza.

gomenti sopra citati e a restituire in plenaria una sintesi di quanto emerso. I gruppi sono stati organizzatiin modo da garantire la presenza dei diversi attori: istituzioni, enti, cooperative, associazioni, imprese,coinvolti nei processi di inserimento lavorativo delle persone in esecuzione di pena al fine di promuoverela loro piena occupabilità ed occupazione. E’ stato definito ed implementato un ambiente di apprendimento on line (WIKI), informale e non struttu-rato, dove è possibile trovare contenuti didattici (conoscenze, materiali, strumenti) utili a sostenere la pro-gettazione e lo sviluppo di interventi per l’inclusione socio-lavorativo delle persone in esecuzione penale.Due gli obiettivi specifici della WIKI:Realizzare una libreria online contenente materiale informativo/formativo per gli enti e gli operatoriterritoriali pubblici e privati.Favorire l’acquisizione di conoscenze e competenze oltre all’apprendimento di modalità operative checonsentano di affrontare le principali criticità nella costruzione a livello territoriale di un processo com-plesso di intervento finalizzato allo sviluppo del lavoro nel mondo carcerario.

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PIATTAFORMA WIKI: LA METODOLOGIA

L’approccio e la metodologia utilizzati si basano sutre elementi principali:

Centralità della persona: comprendere la con-dizione e i bisogni specifici nella definizione di in-terventi e percorsi finalizzati all'occupazione

Convenienze per l’occupazione e l’imprendi-toria: stimolare l’attivazione di strategie commer-ciali e di marketing sociale, con l’obiettivo, da unlato, di favorire il coinvolgimento nel processo diimprese esterne che possano occupare persone inesecuzione penale e, dall’altro, di incentivare la na-scita di imprese sia all’interno che all’esterno degliistituti penitenziari.

Logica di rete: sottolineare l’importanza di unagire che coinvolga attori pubblici e privati nellaprogettazione e nello sviluppo di interventi,quando necessario, anche al di fuori di prassi eschemi operativi consolidati.

Questo è il punto di partenza per gli operatori ter-ritoriali nell’affrontare le specifiche situazioni incui la persona in stato di esecuzione penale puòtrovarsi (tossicodipendenza, sieropositività, disabi-lità, immigrazione, etc.) e nell’attivare percorsi diintervento che favoriscano l’occupabilità e l’occu-pazione. Nella homepage sono presenti materiali relativi alcruscotto dei diritti delle persone in stato di ese-cuzione penale, agli interventi incentrati sulle per-sone, al sistema delle convenienze peroccupazione e imprenditorialità e alle buonepratiche.Le informazioni e i materiali inseriti nella wikisono da considerarsi lavori in progress e in conti-nuo aggiornamento (con il contributo costantedell’Amministrazione penitenziaria (D.A.P.), delleRegioni e degli operatori coinvolti).

Il percorso tracciato dalle esperienze progettuali in corso, che ha messo in evidenza luci e ombredel sistema carcerario e del territorio, con il PON Inclusione 2014-2020 potrà diventare la vera prova difuturo per le persone in esecuzione penale interna o esterna. Infatti, con questa programmazione siscommette sulla realizzazione di interventi di presa in carico multi professionale, finalizzati all’inclu-sione socio-lavorativa, attraverso percorsi che favoriscano l’effettivo reinserimento socio-lavorativo altermine della pena. Il PON vuole incentivare la dimensione lavorativa, come alternativa concreta al reato, sia durante la fasedella detenzione, quale elemento di rieducazione, sia nella fase post-detentiva, al fine di escludere il ri-corso al crimine quale unico mezzo di sussistenza.I dialoghi che si sono svolti nelle varie tappe territoriali hanno evidenziato che l’innovazione si origina daun’idea centrale, idea che è spesso richiesta a fronte di una particolare esperienza, di un particolareevento o di nuove circostanze che portano alla luce un bisogno sociale o un’ingiustizia. In molti casi, ven-gono utilizzate ricerche, mappature e raccolte di dati per svelare i problemi che si nascondono dietro acerti meccanismi, come primo passo per identificarne le possibili soluzioni. Questo è stato il ruolo agito, dal Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali e dal Ministero dellaGiustizia, attraverso Italia Lavoro e DAP – Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, per supe-rare alcuni momenti critici, come ad esempio il problema del sovraffollamento delle carceri o la per-centuale di recidiva. E si sa che quando il problema viene identificato, racchiude anche quella chesarà la sua soluzione agendo delle leve indirette su cui è importante intervenire per anticipare o su-perare l’esistenza delle suddette problematiche. Questo momento implica una diagnosi del problemae una stesura delle domande che indirizzeranno la ricerca di modo che vengano evidenziate, non solo

le indicazioni superficiali, ma anche le cause pro-fonde della questione, e porre la giusta domandasignifica essere a metà del cammino verso la giustasoluzioneDal tavolo del Comitato di Pilotaggio delle regionisono emerse delle indicazioni che costituiscono al-trettante leve per lo sviluppo e l’implementazione dipolitiche maggiormente efficaci ed efficienti.La prima leva è rappresentata senza dubbio dall’in-formazione/formazione: comprendere le dinamichee condividere il patrimonio informativo che attienealle politiche carcerarie tra i diversi e numerosi sog-getti istituzionali è fondamentale per garantire la co-noscenza del fenomeno penitenziario e diconseguenza definire una migliore programmazionedell’intervento pubblico complessivo, con risultati ef-ficaci, duraturi e risolutivi.E’ necessario quindi disporre di un livello di informa-zioni univoche sull’utenza per consentire ai soggetti

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7. Tappe di dialogo:PROVE DI FUTURO

La programmazione europea 2014-2020 nel contesto attuale: capitalizzazione della passata program-mazione, riforme dei sistemi di politiche attive, di attivazione e di protezione sociale e visione “pro-spettica” del PON Inclusione per la costruzione di modelli di protezione sociale post 2020.

PROVE di Futuro: Expo 2015

Il Ministero della Giustizia sarà presente al grandeevento di Milano con progetti che seguiranno duefiloni tematici.Su materie più legate al tema di Expo2015 sarannopresentati progetti specifici nati in carcere sul set-tore alimentare, nell'ambito di una più generaleprospettiva che, dopo aver superato la fase piùdrammatica dell'emergenza sovraffollamento car-cerario, vede l'Italia impegnata a sviluppare unanuova prospettiva della detenzione, anche e so-prattutto valorizzando la funzione del lavoro. Nellostesso tempo il Ministero vuole presentare ad unavetrina planetaria così importante le innovazioninormative e organizzative finalizzate a restituirealla nostra giustizia - in particolare quella civile -velocità e certezza, volani indispensabili per tor-nare ad attrarre investimenti e favorire una ritro-vata crescita economica.

pubblici deputati alla programmazione degli interventi, in questo caso alle Regioni, di realizzare l’auspi-cata progettazione integrata.La seconda leva è il metodo di intervento: conoscere esattamente il fenomeno e i suoi bisogni aiuta a ri-costruire anche un metodo di intervento efficace, che in questo caso sappiamo essere costituito dallaconcertazione e dalla progettazione partecipata.La terza leva è quella della valutazione degli interventi: abbiamo visto come nei singoli territori, anchein ragione della diversità dei contesti è possibile sperimentare forme di intervento differenti, ma allostato attuale non esiste un modello che aiuti a misurare la loro efficacia, né esiste un modello di ben-chmark che aiuti a capire quali forme di intervento funzionino meglio. Quindi la valutazione dovrebbeentrare strutturalmente a far parte di un modello complessivo di intervento pubblico, tanto più se par-tecipato e rivolto al contrasto del fenomeno carcerario.Le domande e le questioni sono state poste durante le “tappe di dialogo” con le Regioni coinvolte. Questoprocesso può significare il ricorso ad un metodo formale, come per esempio accordi tra Ministeri, reti pubblichee private per estendere l’insieme delle opzioni possibili. Questo significa, nel settore pubblico, identificarequelli che sono i budget, le équipe da coinvolgeree le altre risorse strategiche, come per esempio lalegislazione. Un cambiamento del sistema di rife-rimento di solito comporta l’interazione di diversielementi: i movimenti sociali, i modelli economici,le leggi e le regolamentazioni, i dati e le infrastrut-ture e modi totalmente nuovi di pensare e di agire.Il cambiamento di paradigma implica generalmentenuove cornici e strutture messe insieme da modalitàinnovative territoriali. Molto spesso le innovazioni sociali emergono per farfronte alle ostili barriere di un ordinamento prece-dente. La parola d’ordine è Dagli effetti alle cause:diagnosticare i problemi è sempre il primo passo perlo sviluppo di eventuali soluzioni. A livello centrale si ritiene necessaria la costituzionedi una Cabina di Regia nazionale con Ministeri e Di-partimento Amministrazione Penitenziaria e Regionicon funzioni di indirizzo, coordinamento, monitorag-gio e valutazione, onde assicurare il rispetto dei li-velli essenziali di tutela ex art. 117 Costituzione, perevitare disomogeneità e garantire un’osmosi tra ter-ritori. A livello territoriale sperimentare - assicurando l’uti-lizzo dello strumento di programmazione partecipatai “Patti di sussidiarietà” per favorire una program-mazione integrata degli interventi finanziati conFondi europei, nazionali, e regionali evitando fram-mentazione e settorialità delle azioni e garantendoeconomicità e sostenibilità nel tempo. Attraverso gli strumenti di co-progettazione, si rendeopportuno realizzare programmi integrati di co-hou-sing sociale e di agricoltura sociale, anche attraversoil recupero di terreni incolti.Ulteriore ambito da percorrere, attraverso le intese

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Le Tappe di dialogo

Gli operatori hanno detto…

Parola d’ordine personalizzazione. Enfasi non più su una specifica modalità pro-gettuale, “usa e getta”, ma collaborativa, carat-terizzata dall’interazione ripetuta della cura edal suo mantenimento.Superare le barriere cognitive degli operatorie delle organizzazioni.Superare la frammentazione delle responsa-bilità e la frammentazione delle risorse. Valorizzare la capacità del terzo settore/volon-tariato di accogliere, promuovere e realizzareINNOVAZIONE anche attraverso l’utilizzo dinuovi strumenti di regolazione dei rapportipubblico-privato.Supportare il Volontariato nei percorsi di co-noscenza del sistema pubblico. Superare le frammentazioni un gesto di gene-rosità da mettere in comune. Importanza degli effetti delle cose che si rea-lizzano. Per una buona Governance, serve un’archi-trave multiministeriale e sinergia tra i livellinazionali e locali.Sistemi di supporto, incubatori, coinvolgi-mento di piccole aziende.Creazione di capacità per le imprese e le coo-perative per garantire qualità. Benessere collettivo empatia tra soggetti eco-nomici e contesti culturali. L’empowerment come approccio multili-vello, che rimanda tanto ad un livello indivi-duale, quanto a quello sociale di comunità. Una nuova consapevolezza e capacità diazione della rete.Responsabilità, innovazione e accoglienza.

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con le Regioni, è la riqualificazione di immobili pubblici non utilizzati o beni confiscati alla criminalitàorganizzata per finalità sociali ed in particolare per i soggetti in esecuzione penale al fine di soddisfareun duplice obiettivo: riqualificare i beni e contribuire al recupero sociale, consolidando la legalità sulterritorio, ed integrando le politiche di welfare territoriale con strumenti innovativi. È in questa sottilelinea di confine, tra libertà e recidiva, che occorre costruire modelli di protezione e intervento socialeper “proporre soluzioni” alla mancanza di alternative per le persone in stato di esecuzione penale, comerichiede il Pon Inclusione. Modelli che non possono intervenire nel momento in cui la persona “varca la soglia” dell’istituto peni-tenziario, nel momento in cui lascia un microsistema del quale – pur vivendoci coattivamente – era co-munque parte. Il non essere parte del sistema “libero” in cui entra al varcare della soglia è l’elementoche concretizza l’abbandono da parte delle istituzioni, vanificando così il programma trattamentale piùo meno faticosamente realizzato. Il programma trattamentale deve, invece, essere strumento essenzialedella presa in carico multicomplessa della persona, tale da poter creare un sistema di protezione e ac-compagnamento dell’individuo nel suo percorso di esecuzione penale e di ritrovata libertà. Un accompagnamento realizzato da servizi e attori diversi, nel territorio complessivo di riferimentoche è dato dall’istituto penitenziario e dalla società che vi è intorno. Una presa in carico che deveavere come prima finalità la preparazione di alternative al reato, la prevenzione del rischio di emar-ginazione sociale, la vicinanza delle istituzioni anche nel momento in cui hanno esaurito il ruolo versola persona.

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