Anatomia e Fisiologia Docente: Lorenzetti Cristina Contenuti · Anatomia e Fisiologia Docente:...
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Anatomia e Fisiologia
Docente: Lorenzetti Cristina
Contenuti
Organizzazione e struttura generale del corpo; cellule, tessuti, organi, sistemi, omeostasi.
Metabolismo; catabolismo, anabolismo; proteine, lipidi, carboidrati; controllo della
temperatura corporea
Sistema tegumentario; strutture e funzioni; cute, sottocute, annessi, ghiandole.
Sistema muscolo scheletrico.
Struttura e tono muscolare, funzioni (movimento, posture); contrazione muscolare;
principali muscoli del corpo.
Struttura e funzioni dello scheletro (sostegno, protezione, movimento); articolazioni;
principali ossa del corpo.
Sistema nervoso; organi, strutture e funzioni; midollo spinale, meningi, nervi, liquido
cerebrospinale; sistema nervoso autonomo.
Sistema cardiovascolare; organi, strutture e funzioni; vasi sanguigni, ciclo cardiaco,
frequenza cardiaca, pressione arteriosa; caratteristiche del sangue.
Sistema linfatico; organi, strutture e funzioni; linfa, linfonodi, timo, milza.
Sistema digerente; organi, strutture e funzioni; fegato, cistifellea, pancreas; digestione,
assorbimento dei nutrienti; formazione eliminazione e caratteristiche delle feci,
caratteristiche del vomito.
Sistema endocrino; organi, strutture e funzioni; ormoni, ipofisi, tiroide, pancreas.
Sistema urinario; organi, strutture e funzioni; formazione eliminazione e caratteristiche
dell’urina; bilancio idrico, elettroliti, equilibrio acido-base.
Sistema riproduttivo maschile e femminile; organi, strutture e funzioni; ovaie e testicoli.
Sistema immunitario; organi, strutture e funzioni; anticorpi.
I sensi; vista, olfatto, udito, gusto, tatto.
Obiettivi Formativi
Raggiungere una adeguata conoscenza di base dell’anatomia umana e del funzionamento fisiologico
degli organi e apparati del corpo nella loro complessità.
Definizioni:
Anatomia: è lo studio della struttura corporea e riguarda dimensione, forma composizione,
colorazione
Fisiologia: studio del funzionamento del corpo
Fisiopatologia: studio dei disturbi del funzionamento
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Organizzazione e struttura generale del corpo; cellule, tessuti, organi, sistemi,
omeostasi.
Livelli di Organizzazione
La struttura del corpo umano è organizzata in livelli funzionali di complessità crescente. Ogni
livello superiore comprende le strutture che compongono quello precedente:
1. Livello chimico
2. Livello cellulare
3. Livello di tessuto
4. Livello di organo
5. Livello di apparato
6. Livello di organismo
Figura 1livelli dell'organismo
1 Livello Chimico
Le sostanze chimiche che entrano a far parte del nostro organismo si dividono in sostanze
inorganiche e organiche. Le prime sono generalmente sostanze semplici, composte da uno o due
elementi mentre le organiche sono molecole complesse, formate da più elementi.
2 Livello Cellulare
Le cellule sono considerate, strutturalmente e funzionalmente, le più piccole unità viventi. Ve ne sono di
molti tipi e ognuna formata di composti chimici diversi con reazioni chimiche diverse che ne determinano
una funzionalità diversa.
3 Livello Tessutale Si definisce tessuto un gruppo di cellule con struttura e funzioni simili. Esistono quattro gruppi di tessuti:
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- Tessuti epiteliali che ricoprono e contengono la superficie corporea e alcuni organi interni, producono
secrezioni con funzioni specifiche (pelle, ghiandole sudoripare, pareti dei capillari, pareti dei tubuli renali
ecc.)
- Tessuti connettivali: uniscono e sostengono parti del corpo; alcuni immagazzinano e trasportano materiali
(Sangue, linfa, tessuto osseo, tessuto adiposo.)
- Tessuti muscolare: con capacità di contrazione e rilasciamento permettono il movimento degli arti e di
organi (muscoli scheletrici, cuore, vescica, stomaco ecc.)
- Tessuto nervoso: con capacità di trasmettere gli impulsi elettrochimici per regolare le funzioni corporee
(cervello, nervi ottici)
4 Livello di Organo L’organo è un insieme di tessuti con funzioni specifiche: reni, fegato, polmoni, stomaco ecc.
5 Livello di Apparato Un apparato è un insieme di organi che cooperano a una specifica funzione: apparato urinario,
digerente, respiratorio
6 Livello Organismo L’organismo è l’insieme degli apparati che formano un sistema complesso evolutivo, si sviluppa, si
determina e si mantiene da solo secondo un progetto contenuto nel DNA.
OMEOSTASI
È lo stato di buona salute della persona e la capacità del corpo di mantenere nel tempo tale stato di
stabilità adattandosi ai continui cambiamenti provenienti dall’interno e dall’esterno.
L’alimentazione, la crescita sono cambiamenti interni, il caldo e il freddo sono i cambiamenti
provenienti dall’esterno. L’organismo risponde attraverso meccanismi di feedback positivi o
negativi.
1 Livello Chimico
Le sostanze chimiche che entrano a far parte del nostro organismo si dividono in sostanze
inorganiche e organiche. Le prime sono generalmente sostanze semplici, composte da uno o due
elementi mentre le organiche sono molecole complesse, formate da più elementi.
ELEMENTI
Gli elementi sono sostanze formate da un solo tipo di atomo. In natura esistono 92 elementi che raramente si
trovano in forma libera, ma associati in combinazione con gli atomi di altri elementi. L’Idrogeno(H),
l’Ossigeno (O), l’Azoto (N) e il Carbonio (C), Fosforo (P), Zolfo (S), sono tra gli elementi fondamentali per
il nostro organismo, ed insieme al Ferro (F) e al Calcio (Ca++) formano circa il 99% del peso della struttura
corporea umana. Complessivamente il corpo umano racchiude 20 elementi diversi in quantità variabile. Li
troviamo in composti come l’acqua (H2O), due atomi di idrogeno si combinano con uno di ossigeno;
l’anidride carbonica (CO2) un atomo di carbonio si combina con due di ossigeno; il glucosio (C6H12O6) sei
atomi di carbonio e sei di ossigeno si legano a dodici atomi di idrogeno.
ATOMI
Gli atomi sono componenti più piccoli di un elemento aventi le caratteristiche dell’elemento stesso. Un
atomo è formato da tre sub unità maggiori o particelle: protoni, neutroni ed elettroni.
Il protone ha una carica elettrica positiva ed è posto nel nucleo (centro) dell’atomo, il numero di protoni
presenti nell’atomo ne determina il numero atomico; il neutrone è elettronicamente neutro; l’elettrone ha
carica elettrica negativa ed è esterno al nucleo, orbitante nella “nube elettronica” o “guscio” attorno al
nucleo.
4
Il numero dei protoni presenti in un atomo ne determina il numero
atomico. Il numero dei protoni (+) ed elettroni (-) presenti in un atomo è
uguale e determinano la neutralità dell’atomo. I protoni e neutroni hanno
peso corrispondente a quello dell’atomo di cui fanno parte (massa)
Gli elettroni sono importanti perché permettono ad un atomo di legarsi ad
un altro atomo formando delle molecole. Una molecola è quindi una
combinazione di atomi che sono così strettamente legati tra loro che la
molecola si comporta come una unità singola. Ogni atomo si può
legare in maniera molto specifica, grazie al numero e posizione dei
suoi elettroni. L’atomo ha diversi livelli di energia, quello vicino al
nucleo con un massimo di due elettroni, considerato stabile. Il secondo livello è stabile quando raggiunge il
massimo di elettroni che può contenere, cioè otto. I rimanenti livelli più periferici quando presentano otto
elettroni o un multiplo di otto.
Pochi atomi sono naturalmente stabili, o “non interessati” a reagire, perché il loro livello di energia più
esterno contiene già il numero massimo di elettroni, come i gas Elio e Neon. La maggior parte degli atomi
non è stabile e acquista, perde o condivide elettroni per “saturare” il proprio guscio esterno formando uno o
più legami chimici con altri atomi. Il Legame chimico è una forza di attrazione fra cariche elettriche positive
e negative che permette agli atomi di rimanere strettamente legati.
I legami possono essere di quattro tipi:
LEGAME IONICO Comporta la perdita di uno o più elettroni che vanno ad essere assunti da
uno o più atomi.
Es.
- Un atomo di Na (sodio) possiede un elettrone nel suo guscio esterno; per
divenire stabile tende a perderlo, ma così facendo rimane con un protone
in più quindi ha “valenza +1” e viene chiamato ione sodio (Na+).
- Un atomo di cloro ha 7 elettroni nel suo guscio esterno e tende ad
acquisirne uno per diventare stabile, avendo quindi un elettrone in più ha
un protone in meno, quindi “valenza -1” e viene chiamato ione cloruro
(Cl-) Essendo ioni di cariche differenti, Na+ e Cl- , tendono ad attirarsi e
legarsi fra loro formando una nuova molecola il Clorurio di Sodio
(NaCl) il comune sale da tavola. Il loro legame è detto legame ionico.
Gli ioni a carica positiva sono detti cationi: Sodio (Na+), Calcio (Ca++)o (Ca+2), Potassio (k+), Ferro (Fe+2), e
Magnesio (Mg+2).
Gli ioni a carica negativa sono detti anioni: Cloro (Cl-), Solfato (SO4-2) e Bicarbonato (HCO3
-).
I composti formati da legami ionici si chiamano Sali, acidi e basi.
SALI Sono molecole costituite da ioni diversi dagli ioni idrogeno (H+) o
idrossici, idrogeno e ossigeno (HO-). Se infatti il sale viene aggiunto in soluzione acquosa (H2O)si discioglie
perchè il legame dei due ioni si indebolisce andando incontro a ionizzazione. Nell’acqua si troveranno ioni
liberi positivi e negativi pronti ad essere utilizzati per altri legami e reazioni chimiche. Spostiamo questo
all’interno del corpo umano ed è facile capire come gli elementi siano indispensabili alla sopravvivenza. Un
loro disequilibrio provoca patologie più o meno gravi, a volte fatali.
LEGAME CONVALENTE
Richiedono la messa in comune di due elettroni da parte di due atomi. Es:
- un atomo di Ossigeno ha bisogno di due elettroni per acquistare stabilità e può mettere in comune due dei
suoi elettroni con un altro atomo di ossigeno. Insieme formano un molecola di ossigeno gassoso (O2) che è la
forma in cui questo elemento è presente nell’atmosfera.
- un atomo di Ossigeno può mettere in comune due dei suoi elettroni con due atomi di Idrogeno (H2O)
- Il Carbonio forma invece sempre legami convalenti perché ha 4 legami elettroni da condividere. Il
Carbonio con l’Idrogeno formano il Metano (CH4)
Figura 3 reticolo cristallino del
Cloruro di Sodio
Figura 2 l'Atomo
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Figura 4 Molecola di Acqua
LEGAMI DISOLFURO E LEGAMI IDROGENO
Sono anch’essi importanti per l’organismo umano. I Legami Disolfuro o Ponti Disolfuro si trovano in alcune
proteine e i legami Idrogeno sono presenti in numerose molecole.
Ponte Disolfuro: è un legame convalente tra due atomi di Zolfo (S), si trova solitamente in voluminose
molecole proteiche e ne permette la funzione e il mantenimento della forma.
Es: l’insulina, che ha due ponti disolfuro, gli anticorpi e la cheratina cutanea (i
bagni di Zolfo si dicono appunto rigeneranti).
Legame Idrogeno: non prevede condivisioni o scambi di elettroni, ma
cariche debolmente positive che attraggono cariche lievemente negative.
Quando un atomo di Idrogeno ha un’azione convalente con un altro atomo il
suo elettrone assume una carica
lievemente positiva ed è attratto da un
altro elemento di Ossigeno o di Azoto
lievemente negativo. Sono legami
deboli, ma si ritrovano ad esempio nella
struttura tridimensionale del DNA e
nell’acqua.
REAZIONI CHIMICHE
E’ la creazione o distruzione di uno più legami chimici.
Può essere di due tipi:
- Reazione di Sintesi (anabolismo): si creano legami di due o più atomi formando un nuovo composto
È responsabile di:
• formazione delle componenti cellulari, dei tessuti corporali e
della crescita.
• Approvvigionamento di energia
Si può classificare in:
• Replica o duplicazione del DNA
• Sintesi dell’acido ribonucleico
• Sintesi di proteine
• Sintesi dei carboidrati
• Sintesi dei lipidi
- Reazione di Scomposizione (catabolismo): i legami si rompono e
grosse molecole sono trasformate in due o più molecole di minori
dimensioni.
Comprende processi come:
• l’idrolisi delle macromolecole
• la glicolisi
• la Betaossidazione degli acidi grassi
• il ciclo dell’urea
• Respirazione cellulare (ATP)
Figura 5 molecola di
Metano
Figura 6 Struttura
dell'insulina: verde Carbonio,
Blu Azoto, Rosa Zolfo, tenuti
insieme da ponti disolfuri
Figura 7 Legami Idrogeno dell'Acqua e
del DNA
Figura 8 Reazione chimica
dell'Idrogeno
6
COMPOSTI INORGANICI IMPORTANTI Sono molecole semplici formate anche da uno o due molecole differenti, ma spesso essenziali per la
sopravvivenza.
ACQUA
Circa 1'80% del corpo di un bambino ed il 60-65% di quello di un adulto sono formati da acqua. L'acqua è
coinvolta in tutte le reazioni chimiche che avvengono nell'organismo, ed agisce anche come mezzo di
trasporto dei nutrienti e come lubrificante. La introduciamo sia con le bevande, che
con i cibi e la perdiamo soprattutto con le urine, con la respirazione e con il sudore,
che è fondamentale per il controllo della temperatura corporea. Senza acqua si muore
in pochissimi giorni proprio perché vengono bloccate tutte quelle reazioni chimiche
che sono alla base della vita e che soltanto in presenza di acqua avvengono
regolarmente. Perdite di acqua pari al 10% di quella costitutiva dell'organismo
portano all'incapacità di attività fisiche organizzative.
Libera o legata con altre molecole, l'acqua svolge diverse funzioni biologiche:
partecipa ai fenomeni digestivi facilitando il transito e la fluidificazione del
chimo attraverso il tubo gastroenterico finché i nutrienti, in soluzione, passano attraverso la parete
intestinale e vengono convogliati al sangue e alla linfa.
è il mezzo in cui hanno luogo le reazioni metaboliche; una volta avvenuto il metabolismo il sangue,
che contiene circa il 92% di acqua, trasporta i prodotti residui catabolici dalle cellule agli organismi
deputati all'escrezione: reni, polmoni, pelle.
consente il passaggio di sostanze dalle cellule agli spazi intracellulari e ai vasi e viceversa.
aiuta a regolare la temperatura corporea mediante la sudorazione e il vapor acqueo eliminato
attraverso i polmoni.
L'acqua è suddivisa in 2 compartimenti: intracellulare che costituisce all'incirca il 50% del peso corporeo ed
extracellulare che corrisponde al 20% del peso del corpo, di cui il 5% è l'acqua del sangue e il 15% è l'acqua
interstiziale.
La maggior parte dell’acqua dell'organismo è di origine esogena, viene cioè introdotta con le bevande e con
gli alimenti. Una parte è di origine endogena, perchè si forma nei processi ossido-riduttivi come ultimo
prodotto catabolico. Essa è di g 0.6 per grammo di glucidi, g 1 per grammo di lipidi e g 0.4 per grammo di
proteine. In media l'organismo produce ml 400 di acqua al giorno.
Quando l'acqua introdotta e formatasi nell'organismo equivale a quella eliminata (urine, sudore, polmoni e
pelle), l'individuo è in equilibrio idrico. Il fabbisogno di acqua non è costante ma varia con l'età; infatti il
lattante deve assumere più acqua rispetto all'adulto, in rapporto al peso corporeo, perchè le attività
metaboliche e la superficie corporea sono relativamente più elevate.Per l'adulto è consigliabile un'assunzione
di acqua proporzionata all'apporto calorico della razione alimentare: 1 ml di acqua per Kcaloria. Per il
bambino necessitano ml 1.5 di acqua per Kcaloria.
OSSIGENO(O2)
Sottoforma di gas costituisce approssimativamente il 21% dell’aria atmosferica che respiriamo.
E’ importante per il processo di respirazione cellulare, una sequenza di reazioni attraverso cui le cellule
scindono sostanze nutritizie semplici, come il glucosio, allo scopo di produrre energia.
L’uomo respira per fornire ossigeno alla respirazione cellulare ed espellere l’anidride
carbonica che si forma. L’energia così formatasi è inglobata in
una molecola che si chiama ATP (Adenosintrifosfato), a sua
volta utilizzato nei processi anabolici.
ANIDRIDE CARBONICA (CO2)
Si forma nelle cellule come prodotto di rifiuto della respirazione cellulare e viene
eliminato durante le fasi di espirazione. Il suo dosaggio diventa importante nella
presenza di alcune patologie polmonari che ne causano l’accumulo nel sangue formando
uno stato di acidosi.
Figura 9 Acqua
Figura 10 Ossigeno
Figura 11 Anidride
Carbonica
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RESPIRAZIONE CELLULARE
E’ il processo attraverso il quale si produce energia all’interno delle cellule. Sono coinvolti sia l’ossigeno che
l’anidride carbonica in una molteciplità di reazioni chimiche. La formula della Respirazione cellulare è la
seguente: Glucosio (C6H12O6) + 6O2 6CO2 + 6H2O + ATP + calore indica che il glucosio e l’ossigeno
interagiscono per produrre anidride carbonica, acqua, ATP e calore. Ognuno di questi prodotti è importante
per varie reazioni nell’organismo.
OLIGOELEMENTI
Sono sostanze necessarie al corpo in quantità molto esigue ma essenziali:
ELEMENTO FUNZIONE
CALCIO Conferisce durezza alle ossa e ai denti – necessario per la coagulazione del
sangue – necessario per la contrazione muscolare
FOSFORO Conferisce durezza alle ossa e ai denti – Fa parte del Dna e dell’RNA – Fa parte
delle membrane cellulari
FERRO Presente nell’emoglobina per il trasporto dell’O2 – Presente nella mioglobina per
immagazzinare O2 – Necessario per la Respirazione Cellulare
RAME Necessario per la Respirazione Cellulare – Necessario per la sintesi di
emoglobina
SODIO E POTASSIO necessario per la contrazione muscolare – Necessario per la trasmissione
dell’impulso nervoso
ZOLFO Presente in alcune proteine come l’insulina e la cheratina
COBALTO Presente nella Vit. B12
IODIO Presente negli Ormoni Tiroidei.
ACIDI, BASI E pH
Acido è una sostanza in cui è aumentata la concentrazione di Ioni
Idrogeno (H+) in una soluzione acquosa.
Base al contrario è una sostanza in cui sono diminuiti gli H+. L’acidità
o basicità (alcalinità) di una soluzione è misurata in una scala da
0(massimo livello di acidità) a 14 (massimo livello di alcalinità)
denominata ph.
Di conseguenza una soluzione con ph 7 è neutra. Le cellule e i liquidi
interni del corpo umano hanno un ph quasi neutro. Il ph del liquido
intracellulare è circa 6,8 e il ph normale del sangue varia da 7,35 a
7,45. Liquidi come i succhi gastrici e l’urina sono considerati
tecnicamente liquidi esterni, dal momento che sono in distretti
dell’organismo comunicanti con l’esterno, per cui possono avere
livelli molto alterati senza che provochino danni agli organi che
l’accolgono. Molto importante è che il range di ph nel sangue
rimanga costante, senza eccessi di variazione e tenda all’alcalino,
anche la variazione di una unità di ph potrebbe interferire nelle
Figura 12 Misuratori di Acidità e Basicità
8
reazioni chimiche portando a morte. Il ph dell’organismo è regolato dai reni, dal sistema respiratorio e dai
sistemi tampone.
Il sistema tampone è un composto chimico che riduce al minimo i cambiamenti del ph, poiché reagisce ad
acidi forti o basi forti legandosi agli ioni H+. (bicarbonato o acido ….)
COMPOSTI ORGANICI IMPORTANTI
Sono composti che contengono atomi di Carbonio e Idrogeno uniti con legami
convalenti insieme ad altri elementi. Nell’organismo ne esistono quatto gruppi
principali: carboidrati, lipidi, proteine e acidi nucleici
CARBOIDRATI (Zuccheri, Glicidi)
La funzione primaria è fornire energia. Contengono Carbonio, Idrogeno e Ossigeno,
indispensabile per i processi vitali dell’organismo. Inoltre partecipano alla costituzione
di fattori vitaminici, di sistemi
enzimatici, nelle strutture cellulari
come il DNA e le membrane delle
cellule.
In base alla facilità di utilizzazione e assimilazione si
distinguono in :
- MONOSACCARIDI, composti formati da un unico
zucchero (glucosio, levulosio, fruttosio, galattosio e
mannosio); possono essere esosi (6 atomi di carbonio come il
glucosio C6H12O6) o pentosi (5 atomi di Carbonio come il
desossiribosio C5H10O4)
- DISACCARIDI, formati da zuccheri doppi (maltosio,
lattosio e saccarosio)
- OLISACCARIDI, formati da un numero di zuccheri esiguo, da 3 a 20 e si ritrovano sulla superficie delle
cellule umane dove fungono da antigeni e marcatori (gruppo A, B e AB)
- POLISACCARIDI, formati da migliaia di molecole di glucosio, legate in modi diversi (amidi, glicogeno e
fibre) (Tabella).
- GLICOGENO, è una catena di glucosio altamente ramificata, è la forma di immagazzinamento
dell’organismo nel fegato e nei muscoli scheletrici;
- CELLULOSA, (fibra) è una catena rettilinea di molecole di glucosio, prodotta dalle cellule delle piante
come componente della parete cellulare. L’uomo non avendo
enzimi per digerirla, la introduce attraverso i cibi ricchi di vegetali
e cereali per aiutare l’attività intestinale attraverso cui viene espulsa
intatta.
I Carboidrati forniscono 4,0 Calorie per grammo ingerito.
Nella dieta corretta se ne consiglia la presenza in ragione del 55-60% del totale.
Inoltre la quota giornaliera di glicidi deve essere apportata per l’80% da quelli
complessi e per il 20% da quelli semplici,
Sono di facile digeribilità ed il loro surplus si trasforma in grasso sottocutaneo di riserva.
Alimenti ricchi di glicidi sono il pane, la pasta alimentare, i legumi, le patate, lo zucchero, il miele.
Considerando che il sistema nervoso ed i globuli rossi del sangue operano utilizzando particolarmente il
glucosio, e che persino la possibilità di demolire i grassi è legata alla loro presenza, è facile comprendere
come questi principi alimentari assumono una notevole importanza nella dieta dell’atleta.
I glicidi contribuiscono anche alla metabolizzazione delle proteine ed alla eliminazione delle scorie azotate
derivanti dalla utilizzazione delle proteine. Nella demolizione dei grassi, specialmente nelle diete dimagranti,
la presenza di glicidi contrasta l’acidità del sangue derivante dalla formazione dei CORPI CHETONICI
(acidi derivati dall’acido acetoacetico).
Figura 13 Molecola
di Zucchero
Figura 14 saccarosio: disaccaride formato da
una molecola di glucosio a sinistra e fruttosio
a destra
Figura 15 cellulosa
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LIPIDI (GRASSI)
La funzione primaria è di sostegno e protezione agli organi formando cuscinetti,
membrane cellulari, guaine e tessuto adiposo. Contengono Carbonio, Idrogeno e
Ossigeno e in alcuni casi Fosforo.
Possono avere sia origine animale (latte, burro, strutto, ecc.) che vegetale (olio di
oliva e di semi, alcune margarine, ecc.). Forniscono 9 Calorie per grammo ingerito e
nella dieta devono essere presenti in ragione del 25-30% del totale. Si suddividono in:
- LIPIDI SEMPLICI, composti da una molecola di glicerolo e da una, due o tre
molecole di acidi grassi. Famosi come trigliceridi, sono i composti formati da tre
molecole di acidi grassi legati ad una singola molecola di glicerolo. I lipidi semplici
si suddividono ulteriormente in grassi saturi e insaturi, a seconda della forza del legame chimico. Negli
ACIDI GRASSI SATURI il legame molecolare è più solido e di difficile scissione nel processo digestivo,
quindi di laboriosa digestione ed assorbimento. Tipici acidi grassi saturi sono lo stearico (animale o vegetale)
butirrico, capronico, palmitico(animale o piante), arachico, ecc.
Gli ACIDI GRASSI INSATURI hanno un legame chimico più debole. quindi di più facile digeribilità e
assorbimento. Tra questi annoveriamo l’acido oleico, linolenico e arachidonico, contenuti principalmente
nell’olio di oliva, mais, soia e olio di fegato di merluzzo. Sono veicoli delle VITAMINE LIPOSOLUBILI
(solubili nei grassi) A, D, E, K, ed F, sono parte integrante dei fosfolipidi, dei cerebrosidi, del colesterolo e di
alcuni ormoni. Inoltre hanno una funzione plastica sulle membrane cellulari.
Alcuni acidi grassi insaturi non sono sintetizzabili dall’organismo che deve necessariamente assumerli con
l’alimentazione.
- FOSFOLIPIDI, formati da digliceridi con un gruppo fosfato, sono la lecitina che fa parte delle membrane
cellulari, la mielina che forma la guaina mielinica posta intorno alle cellule nervose e fornisce l’isolamento
elettrico per la trasmissione di impulsi nervosi.
- STEROIDEI, la cui struttura è molto diversa da quella degli altri lipidi. Il colesterolo ne è un esempio,
formato da quattro anelli di carbonio e idrogeno, è sintetizzato dal fegato e
usato per scopi diversi: nelle ovaie e nei testicoli per sintetizzare gli ormoni
steroidei, rispettivamente estrogeni e testosterone; sulla pelle è trasformato in
vitamina D dall’esposizione ai raggi solari; nelle cellule epatiche per la sintesi
dei Sali biliari. Se è presente in quantità eccessive può danneggiare i vasi
sanguigni.
Il colesterolo non è libero nel sangue, ma è legato a particolari proteine
formando strutture complesse dette lipoproteine; il colesterolo totale si divide
perciò in colesterolo VLDL (a bassissima densità), LDL (a bassa densità) e HDL
(ad alta densità). Le lipoproteine a bassa densità (LDL) veicolano tra il 60% e
l'80% del colesterolo sierico. Presentando molta affinità con le cellule
dell'endotelio delle arterie, liberano il colesterolo sulla parete dei vasi
(costituisce la placca ateromatosa nell'aterosclerosi, anche se non è ancora chiaro se rappresenti il fattore
eziologico della malattia); viceversa le lipoproteine ad alta densità (HDL) svolgono la funzione opposta,
rimuovendo il colesterolo dalle arterie e riportandolo al fegato. Incerto è invece il significato del colesterolo
presente nelle lipoproteine VLDL.
LE PROTEINE (PROTIDI)
Sono formate da piccole subunità chiamate aminoacidi. Contengono Carbonio,
Idrogeno e Ossigeno Azoto e in alcuni casi Zolfo, formando legami disolfurici.
Gli aminoacidi sono circa 20 e concorrono in modo diverso alla composizione delle
proteine umane. Ogni aminoacido è formato da un atomo centrale di Carbonio
legato covalente ad un atomo di Idrogeno (H), un gruppo aminico (NH2), un gruppo
carbossilico (COOH) e un legame variabile che dà la particolarità all’aminoacido
(un singolo atomo di Idrogeno, un gruppo CH3, o una struttura più complessa di
atomi di carbonio e idrogeno)
Un legame fra due aminoacidi si chiama legame peptidico, e una catena corta di
aminoacidi uniti da legami peptidici è un polipeptide.
Figura 16 trigliceride
Figura 17 colesterolo
Figura 18 proteine
10
Una proteina può essere formata da un numero di aminoacidi che varia da cinquanta a migliaia e la loro
sequenza è specifica ed unica per ciascuna proteina.
La loro provenienza può essere animale (carni, formaggi, latte, uova, pesci) o vegetale (farinacei, verdure,
legumi, frutta). Le proteine migliori sono quelle di origine animale in quanto costituite da un notevole
numero di aminoacidi essenziali.
La quantità percentuale che l’organismo riesce ad utilizzare viene
definito VALORE BIOLOGICO.
Tra gli aminoacidi, otto sono definiti AMINOACIDI
ESSENZIALI, in quanto non sintetizzabili dall’organismo che
deve perciò introdurli con l’alimentazione. Questi sono: leucina,
isoleucina, valina, lisina, triptofano, metionina, fenilalanina e
treonina.
Gli AMINOACIDI NON ESSENZIALI, invece, sono quelli che
l’organismo riesce a sintetizzare da sé partendo da altre molecole,
e precisamente: acido aspartico, acido glutammico, arginina,
aspargina, alanina, cisteina, glicina, glutamina, istidina, prolina,
serina e tirosina.
Nell’allenamento a forte impegno muscolare vengono metabolizzati soprattutto gli AMINOACIDI A
CATENA RAMIFICATA (leucina, isoleucina e valina) e vengono utilizzate proteine come fonte energetica
pari a circa il 5-10% del totale.
ENZIMI
Sono proteine in grado di catalizzare una reazione chimica, cioè accelerare la
velocità della reazione facendo raggiungere rapidamente lo stato di equilibrio
termodinamico.
Il suo ruolo consiste nel facilitare le reazioni attraverso l'interazione tra il
substrato (la molecola o le molecole che partecipano alla reazione) ed il proprio
sito attivo (la parte di enzima in cui avvengono le reazioni), formando un
complesso. Avvenuta la reazione, il prodotto viene allontanato dall'enzima, che
rimane disponibile per iniziarne una nuova. L'enzima infatti non viene
consumato durante la reazione.
Ogni enzima è specifico in quanto catalizzerà un unico tipo di reazione, ad
esempio quello addetto a digerire le proteine non è in grado di scindere gli amidi. I
mutamenti dei liquidi in cui si trovano, ad esempio alterazione del ph, possono alterare
la capacità degli enzimi di operare adeguatamente portando a morte la persona. Una temperatura di 40°C,
può rompere i legami chimici che mantengono le configurazioni degli enzimi denaturandoli.
ACIDI NUCLEICI DNA E RNA
Sono grosse molecole formate da subunità dette nucleotidi. Questi sono costituiti da uno
zucchero pentoso, un gruppo fosfato e una o più basi azotate. Nei nucleotidi del DNA, lo
zucchero è un desossiribosio e le basi sono rappresentate da Adenina,Tiamina,
Guanina, Citosina. La forma del DNA è simile ad una scala a chiocciola, ed è formata da
due filamenti o catene di nucleotidi posti spirale. I supporti della scala sono fosfati e
zuccheri ed i pioli sono coppie di basi. L’abbinamento dei pioli forma la sequenza
chedetermina la particolarità del DNA. L’adenina è sempre accoppiata con la timina e la
guanina con la citosina. Il DNA è una parte essenziale dei cromosomi e determina il
codice genetico e i caratteri ereditari. La sequenza di basi nei filamenti di DNA è il codice
per i molti tipi di proteine prodotti dagli organismi viventi. Il codice è analogo per le
piante, gli animali e i microbi. La sequenza di basi che codifica per una proteina si chiama
gene. I geni umani rappresentano il codice per le proteine prodotte dalle cellule umane.
L’RNA è una singola catene di nucleotidi con il nucleotide uracile al posto della timina.
L’RNA è sintetizzato dal DNA nel nucleo delle cellule, ma svolge la sua funzione nel
Figura 19 macromolecola proteica
Figura 20 enzima
Figura 21 DNA
11
citoplasma. Questa funzione riguarda la sintesi proteica.
ATP è un nucleotide specializzato costituito dalla base adenina, lo zucchero
ribosio e tre gruppi fosfato. E’ il prodotto della respirazione cellulare che
contiene energia utilizzabile biologicamente, proveniente dai processi di
digestione degli alimenti. L'adenosina
trifosfato (o ATP) è uno dei reagenti
necessari per la sintesi dell'RNA, ma
soprattutto è il collegamento chimico fra
catabolismo e anabolismo e costituisce la
"moneta" corrente energetica. Esso viene
idrolizzato ad ADP (adenosindifosfato), che
viene riconvertito in ATP mediante vari
processi.
LE VITAMINE
Le vitamine sono sostanze prive di valore energetico ma indispensabili, anche se in piccole dosi, per lo
svolgimento dei processi che rendono possibile la vita. Sono composti organici essenziali per l'uomo. Esse
sono incluse tra quei micronutrienti che devono essere assunti con la dieta quotidianamente poiché non
vengono sintetizzati dall'organismo umano. Ogni vitamina svolge una specifica azione e l'alimentazione deve
assicurare un apporto sufficiente di tutte queste sostanze perché l'organismo non è capace di fabbricare. Le
malattie da carenza di vitamine sono passate alla storia per aver distrutto eserciti e decimato gli equipaggi
delle navi come lo scorbuto (carenza di vitamina C), la pellagra (carenza di vitamina PP ), i beri-beri
(carenza da vitamina B I). Le vitamine si trovano sia negli alimenti vegetali che in quelli animali e vengono
suddivise in due gruppi: quelle idrosolubili, come le vitamine del Gruppo B e la vitamina C, e quelle
liposolubili come le vitamine A, D, E, K, F, che si trovano naturalmente disciolte nei grassi. L'eccesso di
vitamine è inutile oppure dannoso: l'organismo non riesce infatti ad immagazzinare le idrosolubili (ad
eccezione della B 12) ed elimina l'eccesso con le urine. Le liposolubili invece, se in eccesso, ,vengono
generalmente immagazzinate nei tessuti, dando luogo a ipervitaminosi che può provocare danni molto seri
all'organismo.
Vitamina A: Retinoidi (e i Carotenoidi come provitamina A)
Vitamine B: inizialmente reputata singola vitamina poi dimostratasi un Gruppo vitaminico idrosolubile (B)
Vitamina C: Acido Ascorbico, il piu' comune e potente antiossidante
Vitamine D: inizialmente reputata singola vitamina poi dimostratasi un Gruppo di pro-ormoni liposolubili (D)
Vitamina E: Tocoferoli antiossidanti liposolubili
Vitamina F: Acidi grassi essenziali (Omega-3 ed Omega-6), dall'inglese fatty acids
Vitamina G: Riboflavina o Vitamina B2 (appartenente al Gruppo B)
Vitamina H: Biotina o Vitamina B7 (appartenente al Gruppo B)
Vitamina I: come la vitamina H, Biotina o Vitamina B7 (appartenente al Gruppo B)
Vitamina J: Colina, un nutriente essenziale talvolta accostato al Gruppo B
Vitamina K: Gruppo Complesso di composti (K dal tedesco Koagulation, Coagulazione)
Vitamina L: Acido Antranilico (un metabolita del Triptofano)
Figura 22 DNA e RNA Figura 23 ATP: 3 gruppi trifosfato,
1 zucchero ribosio e 1 gruppo
azzotato.
12
Vitamina M: Acido Folico o Vitamina B9 (appartenente al Gruppo B)
Vitamina N: Acido Alfa Lipoico -ALA- (o Acido Tiottico) un potente antiossidante liposolubile e idrosolubile
Vitamina P: Bioflavonoidi potenti antiossidanti idrosolubili (coadiuvanti della Vitamina C)
Vitamina PP: Niacina o Vitamina B3 (appartenente al Gruppo B) acronimo dell'inglese Pellagra Preventive
Vitamina Q: Ubichinone o Coenzima Q-10 (CoQ10)
Vitamina R: Acido Paramminobenzoico abbreviato PABA, o Vitamina B10 (appartenente al Gruppo B)
Vitamina S: Acido pteroil-eptaglutammico o Vitamina B11 (appartenente al Gruppo B)
Vitamina T: Tocotrienoli fattore alimentare dei semi di Sesamo (appartenente alla Vitamina E)
Vitamina U: Metilmetionina o S-metil-L-metionina, sostanza presente in alcuni vegetali
Vitamina V: sostanza non meglio identificata, probabilmente liposolubile di derivazione vegetale, con funzione
antiulcerosa
Vitamina W: Acido Pantotenico o Vitamina B5 (appartenente al Gruppo B)
Vitamina X: sostanza non identificata
Vitamina Y: Piridoxina o Vitamina B6 (appartenente al Gruppo B)
Vitamina Z: Zinco, nutriente essenziale proposto (e non accettato) come vitamina
2 Livello Cellulare
Le cellule sono considerate, strutturalmente e funzionalmente, le più piccole unità viventi. Ve ne sono di
molti tipi e ognuna formata di composti chimici diversi con reazioni chimiche diverse che ne determinano
una funzionalità diversa.
I microorganismi come amebe e batteri, sono singole cellule che funzionano in maniera indipendente. Le
cellule umane, invece, lavorano insieme e sono interdipendenti. Le cellule umane sono misurate in micron (
1 micron = 1/10.000 di centimetro) e sono per lo più visibili al microscopio. L’unica eccezione è la cellula
uovo che misura 1 mm. Alcune cellule nervose, anche se di diametro microscopico possono essere estese in
lunghezza come nelle braccia e gambe che possono raggiungere i 60 cm. Anche la loro configurazione varia
a seconda della funzione. Ci soffermeremo sulla struttura base delle cellule.
13
Figura 24 CELLULA
14
Figura 25 SEZIONE DELLA CELLULA
http://w3.uniroma1.it/anat3b/libro%20motta/libro%20motta.htm
MEMBRANA CELLULARE
E’ chiamata anche membrana plasmatica, costituita da fosfolipidi, colesterolo e proteine. I fosfolipidi
formano un doppio strato che costituisce gran parte della membrana stessa e permettono ai materiali
liposolubili di entrare o uscire facilmente dalla cellula. Il
colesterolo determina una riduzione della fluidità della
membrana dandole stabilità. Le proteine hanno funzioni
diverse come formare pori o canali per il passaggio di
materiali, alcune sono enzimi di trasporto. Alcune
proteine di superficie sono antigeni (marcatori o marker)
che identificano le cellule di un individuo come proprie
(gruppo sanguigno) mentre altre fungono da sito
recettoriale per gli ormoni. Sulla membrana sono presenti
diversi tipi di recettori per varie sostanze o altre cellule,
con cui si legano e a volte danneggiano la cellula stessa.
(virus HIV).
Figura 26 Membrana cellulare
15
La membrana è una struttura attiva, dinamica, dotata di una permeabilità selettiva, alcune sostanze possono
attraversarla mentre altre non hanno questa possibilità.
NUCLEO
Ogni cellula umana ne è provvista ad eccezione del globulo rosso maturo. Fluttua nel citoplasma ed è
circondato da una membrana nucleare a doppio strato provvista di numerosi pori sulla sua superficie. (fig
24) Al suo interno troviamo il nucleolo formato da DNA, RNA e proteine. L’RNA dei nucleoli è chiamato
RNA ribosomiale che viene a far parte dei Ribosomi ed è coinvolto
nella sintesi delle proteine.
All’interno del nucleo sono
contenuti i cromosomi. Ogni
cellula ne contiene 46, sono lunghi
fili sottili chiamati cromatina che
al momento della divisione
cellulare si addensa formando i
cromosomi veri e propri che
dividendosi daranno la
specificità ad un’altra cellula, a
seconda della sequenza del DNA.
CITOPLASMA E ORGANULI CELLULARI
È una soluzione acquosa di minerali e gas e molecole organiche che si trova tra la membrana cellulare e il
nucleo. È sede delle reazioni chimiche. Contiene gli organuli cellulari, piccole strutture delimitate da una
membrana che rivestono vari ruoli nelle attività cellulari. Troviamo anche, il reticolo endoplasmatico, una
rete di tubuli membranosi con il compito di trasportare le varie sostanze per
le funzioni cellulari. Si distingue in reticolo liscio, in cui sono sintetizzati i
lipidi e quello rugoso, sul quale troviamo i ribosomi, piccole strutture
formate da proteine e RNA ribosomiale, che intervengono nella sintesi di
protine. Alcuni ribosomi si trovano fluttuanti nel citoplasma.
Un’altra struttura importante all’interno della cellula è l’apparato del Golgi,
formato da una serie di sacchi membranosi appiattiti,
che sintetizzato i carboidrati. Questi sono
“impacchettati” con altri materiali e secreti dalle
cellule. I sacchi si fondono con l’interno della
membrana cellulare e i materiali traghettati verso la membrana esterna.
Nel citoplasma oltre ai ribosomi liberi, troviamo fluttuanti i mitocondri, piccoli
organuli ovali e sferici formati da una doppia membrana
e quella interna e formata da pieghe chiamate creste, in
cui avvengono le reazioni aerobiche (O2) della
respirazione cellulare. Sono infatti il luogo deputato alla
produzione di energia, cioè di ATP, e saranno in numero
superiore in quelle cellule che hanno bisogno di molta energia,
come le cellule muscolari.
Figura 28 organuli citoplasmatici
Figura 30 apparato
del Golgi
Figura 31 Mitocondrio
Figura 27 CROMOSOMA
Figura 29 RIBOSOMA
16
Altri organuli sono i lisosomi, strutture a membrana singola che contengono enzimi
digestivi, cioè adibiti alla distruzione di materiali inermi che non sono più necessari alla
cellula. I centrioli sono invece strutture a “bacchetta” poste l’una vicino all’altra in
prossimità del nucleo e la loro funzione si attiva nel
momento della duplicazione cellulare, intervenendo nella
disposizione dei cromosomi.
L’esterno della membrana è rivestito da ciglia e flagelli.
Sono strutture filiformi che danno motilità alla cellula e
fungono da spazzino verso quei materiali che devono
essere allontanati o guidati verso siti particolari come nel
caso delle Tube di Fallopio le cui ciglia sospingono la
cellula uovo verso l’utero. Il flagello è più lungo delle
ciglia e l’unica cellula umana che ne è dotata è lo
spermatozoo, a cui fornisce il movimento.
Infine troviamo i microvilli, invaginazioni della
membrana cellulare che ne aumentano la superficie di
esposizione e l’assorbimento di sostanze (intestino tenue, tubuli renali)
MECCANISMI DI TRASPORTO CELLULARE
Le cellule viventi sono costantemente in rapporto con il sangue o con il liquido interstiziale posto
attorno ad esse, assorbendo sostanze e secernendo o
eliminandone altre. Vi sono diversi tipi di trasporto che
mettono le cellule in condizione di portare materiali
all’interno o all’esterno della cellula:
La diffusione è il trasporto di materiale da un'area in cui esso
è presente ad alta concentrazione verso una a più bassa
concentrazione. La differenza di concentrazione tra le due
aree è spesso chiamata
gradiente di
concentrazione. La
diffusione continua
finché questo
gradiente non viene
eliminato, per questo il
suo lavoro è detto
"secondo il gradiente
di concentrazione" (al
contrario del trasporto attivo, che spesso muove materiale da
un'area a bassa concentrazione verso una a più alta
concentrazione cioè contro gradiente di concentrazione). Se e
quando il gradiente di concentrazione è stato eliminato, non avviene altro scambio di materiale.
Nonostante singole molecole continuino a muoversi da un'area all'altra, i trasferimenti sono
bilanciati dai movimenti di altro materiale nella direzione opposta. La diffusione è fisiologicamente
importante perché permette l'abolizione dei gradienti di concentrazione nel corpo.
Figura 33
LISOSOMA Figura 32 CENTRIOLI
Figura 35 spermatozoi
Figura 34 microvilli
Figura 36 "gradiente di concentrazione: a
sinistra concentrazione di soluti maggiore,
a destra minore, per cui la diffusione
ordinaria (cioè in assenza di altre forze
spingenti oltre al gradiente di
concentrazione avviene da sin. a dx.)
Figura 37 diffusione facilitata
17
La diffusione facilitata è il movimento di molecole attraverso la membrana cellulare tramite
particolari trasportatori di membrana, proteine integrate nella membrana cellulare che formano dei
canali. Molte molecole di grandi dimensioni, come il glucosio, sono insolubili nei lipidi e troppo
grandi per passare attraverso i pori delle membrane. Per poter attraversare la membrana queste
molecole si legano con specifiche proteine di trasporto, quindi questo complesso viene legato ad un
sito recettore e trasportato attraverso la membrana cellulare. A seconda del gradiente di
concentrazione, il trasporto netto di sostanza avverrà in un senso o nell'altro: la diffusione facilitata
è quindi sempre un processo passivo, che non richiede cioè un dispendio di energia.
La diffusione semplice è il trasporto di acqua e molecole di soluto attraverso la membrana
cellulare, dovuto alla pressione idrostatica generata dal sistema cardiovascolare. A seconda del
diametro dei pori delle membrane, possono essere trasportate solo molecole di soluto di una
determinata grandezza. Ad esempio, i pori di membrana della capsula di Bowman (nei reni) sono
molto stretti e soltanto l'albumina, la più piccola delle proteine, ha qualche possibilità di filtrare
attraverso di essi. D'altra parte i pori di membrana del fegato sono molto ampi, per permettere la
metabolizzazione di una grande varietà di soluti.
L'osmosi è la diffusione di un solvente attraverso una membrana verso una regione ad alta
concentrazione di soluto. Differisce dalla diffusione nel fatto che a muoversi è il solvente e non il
soluto, tuttavia segue lo stesso principio per cui
si tende a cancellare un gradiente di
concentrazione. Negli organismi viventi il
solvente è l'acqua e la maggior parte delle
membrane cellulari è permeabile all'acqua. In
sistemi biologici quindi osmosi significa
passaggio di acqua (diffusione di molecole
d'acqua). Questo processo ha un ruolo
considerevole nella fisiologia di tutti gli esseri
viventi.
Il trasporto attivo è il trasporto di molecole
attraverso la membrana plasmatica mediato da
una proteina transmembrana detta trasportatore
di membrana. A differenza di quanto avviene
nel trasporto passivo, nel trasporto attivo è richiesta una spesa energetica ed è sempre necessaria la
mediazione di un trasportatore.
In questa forma di trasporto le molecole si muovono contro un gradiente elettrico, chimico o
elettrochimico. Per ottenere questo risultato viene alterata l'affinità del sito di legame con la
molecola da trasportare o la velocità di cambiamento conformazionale del trasportatore.
Si distinguono due classi principali di trasporto attivo: il trasporto primario, che usa direttamente
l'energia per ottenere il trasporto e quello secondario, in cui avviene trasporto di una sostanza resa
possibile dal trasporto primario di un'altra.
Un trasportatore di membrana è un polipeptide transmembrana in grado di mediare il trasporto di
ioni o molecole polari di medie dimensioni (amminoacidi, zuccheri, nucleotidi) all'interno della
cellula. La presenza di trasportatori di membrana è indispensabile: solamente alcuni composti sono
in grado di diffondere liberamente attraverso la membrana plasmatica; tutti gli altri hanno bisogno
di metodi alternativi per entrare nel citoplasma. Sebbene esista un gran numero di diversi
trasportatori, questi possiedono alcune caratteristiche in comune:
Figura 38 osmosi
18
il trasporto è selettivo per il substrato che deve essere
trasportato, e basato su interazioni steriche tra il
trasportatore e la molecola trasportata;
la traslocazione attraverso la membrana è legata ad un
cambiamento conformazionale della proteina
trasportatrice, e più specificamente all'apertura/chiusura
di un "canale" all'interno del polipeptide;
il trasporto può richiedere o meno dispendio energetico,
dando vita rispettivamente ad un trasporto attivo o
passivo;
tutte le molecole trasportatrici conosciute sono proteine transmembrana, che attraversano
cioè integralmente la membrana plasmatica.
CODICE GENETICO E SISNTESI DELLE PROTEINE
La trascrizione del codice genetico del DNA per formare le proteine, necessita dell’RNA. Il DNA si
trova nei cromosomi situati nel nucleo della cellula, ma la sintesi proteica
avviene sui ribosomi nel citoplasma. L’RNA messaggero (mRNA) è la
molecola che agisce da intermediaria fra queste due sedi. Quando si deve
formare una proteina la doppia elica si apre e il segmento di DNA che contiene
il gene specifico si “srotola” staccandosi dal filamento di DNA complementare,
mentre i legami fra le coppie di basi si rompono. Nel nucleo sono presenti
nucleotidi di RNA, Adenina, Guanina, Citosina e Uracile (A, G, C, U) e gli
enzimi necessari per comporre un singolo filamento di nucleotidi con basi
complementari a quelle presenti
nel filamento di DNA staccatosi
(con l’uracile al posto delle
tiamina) che quindi funge da
stampo. Questa sequenza di
nucleotidi che si forma è
l’mRNA, che poi si separa dal
DNA. Il gene si riavvolge a
formare nuovamente la doppia elica, mentre l’mRNA
lascia il nucleo ed entra nel citoplasma per poi fissarsi
ai ribosomi. Essendo una copia complementare del
gene, l’mRNA presenta una serie di triplette di basi
(codon); ogni tripletta rappresenta il codice per un
aminoacido. Nel citoplasma troviamo l’RNA transfer (tRNA) con triplette complementari
all’mRNA dette anticodon, che legano aminoacidi specifici (che provengono dalle proteine
alimentari) e li trasportano in corrispondenza delle triplette sull’mRNA. Gli enzimi presenti nei
ribosomi intervengono a saldare con i legami peptidici. Si ha il completamento della proteina che
viene rilasciata dai ribosomi e trasporta dal Reticolo Endoplasmatico per le sue funzioni o espulsa,
attraverso l’apparato del Golgi, fuori dalla cellula.
Figura 41 DNA
Figura 40 Replicazione RNA
Figura 39 trasportatore di membrana.
attivazione della pompa del Calcio
19
DIVISIONE CELLULARE
È il processo di riproduzione della cellula che può avvenire per Mitosi o per Meiosi.
MITOSI
Nelle mitosi una cellula con un numero diploide di cromosomi (46), si divide in due cellule
identiche, ciascuna con lo stesso numero diploide di cromosomi, necessario per la crescita e
riparazione dei tessuti dell’organismo. Questo processo avviene in varie fasi:
1) Profase:
Nel corso della Profase i cromosomi, che apparivano come un sottile reticolo di cromatina diffuso
entro il nucleo, si condensano e si accorciano e finiscono con l'apparire come filamenti di diversa
lunghezza e forma. Il centrosoma - se c'è - si sdoppia e
le due metà incominciano a migrare verso i due opposti
poli della cellula: nel contempo il nucleolo e
l'involucro nucleare si dissolvono.
2) Metafase:
Nel corso della Metafase si forma il fuso mitotico,
costituito da sottili microtubuli che si irradiano dai due
poli della cellula, in corrispondenza del piano centrale della cellula, si
dispongono i cromosomi, in modo da formare una sorta di
figura a stella, e il centromero di ciascun cromatidio
prende rapporto con le fibre del fuso.
3) Anafase:
Nel corso della Anafase l'azione meccanica delle fibre che
costituiscono il fuso separa i due cromatidi di cui è
costituito ciascun cromosoma, e li trascina verso uno degli
opposti poli della cellula.
4) Telofase:
Durante la Telofase i cromosomi (monocromatidici)
giungono ai poli opposti della cellula ; alla fine del
processo si ricostituiscono l'involucro nucleare e il
nucleolo, mentre i cromosomi si despiralizzano, si
allungano e formano una rete di sottili filamenti che
occupa tutto il nucleo.
.
Figura 45 Processo di divisione cellulare
(http://www.gpmeneghin.com/schede/biologia/mitosi.htm) (filmato)
Figura 43 PROFASE -
Figura 42 METAFASE
Figura 44 TELOFASE
20
MEIOSI
È un processo di divisione cellulare molto più complesso rispetto alla mitosi. Lo scopo ultimo è
portare alla formazione di gameti, l’unione di cellule spermatiche con gli ovuli.
Nella meiosi la cellula, con numero diploide di cromosomi, si divide due volte a formare quattro
cellule, ciascuna con un numero, aploide, metà del numero normale di cromosomi.
Nella donna la meiosi avviene nelle ovaie e viene chiamata ovogenesi. Nell’uomo avviene nei
testicoli ed è chiamata spermatogenesi. Le cellule spermatiche e gli ovuli prodotti nella meiosi
possedendo un numero aploide di cromosomi, 23 ciascuno, durante la fecondazione, unendosi
vanno a costituire una nuova cellula (l’ovulo fecondato) ricostituendo il numero diploide, 46, di
cromosomi.
La cellula riproduttiva maschile è lo spermatozoo. Ogni spermatozoo
e’ una cellula microscopica formata da una testa, contenente il nucleo
e da una lunga coda detta flagello, che gli conferisce la capacità di
movimento. Nel nucleo sono contenuti 23 cromosomi (n) recanti i
caratteri ereditari del padre. La produzione degli spermatozoi
nell'uomo comincia nel periodo della pubertà cioè quando l'individuo
diventa sessualmente adulto. Lo
spermatozoo ha il compito di fecondare
la cellula uovo e dare così origine ad
un nuovo essere vivente. La cellula
riproduttiva femminile è detta cellula
uovo. E' grande quanto una capocchia
di spillo e nel suo nucleo contiene 23
cromosomi recanti i caratteri ereditari della madre. Le cellule uovo
sono tantissime e, a differenza degli spermatozoi, sono già presenti
nelle ovaia della femmina fin dalla nascita. Ogni mese, a partire dalla
pubertà (12-13 anni), una delle due ovaie libera un ovulo maturo che
entra nella tuba di Falloppio. A questo punto può avvenire la
fecondazione
Figura 47 gamete maschile:
spermatozoo
Figura 46 gamete femminile:
cellula uovo
Figura 48 fasi della meiosi
21
http://fisica.decapoa.altervista.org/fisica/index.
CELLULE E INVECCHIAMENTO
Le cellule umane non sono immortali. È ipotizzato che alcune cellule capaci di mitosi possono
duplicarsi per non più di un certo numero di volte. Infatti alcune evidenze scientifiche hanno
dimostrato che la parte terminale dei cromosomi, porzioni telometriche, sono la causa di questo
processo. Pare che ad ogni divisione cellulare vi sia la possibilità che alcune di queste porzioni
telometriche si perdano, causando nella duplicazione successiva la mancanza di aree genetiche.
Anche le altre parti cellulare sono sottoposte a
processi di invecchiamento e perdita di
funzionalità, come la membrane e gli organuli.
Inizialmente la cellula provvede da sola a
riparare le proprie carenze, ma via via che sono
coinvolti gli organuli e iniziano a non essere
riprodotte le proteine, la capacità di
autoriparazione viene meno fino a portare alla
morte della cellula.
Esiste anche la morte cellulare programmata,
detta apoptosi, un termine per indicare un
processo che, in condizioni normali, contribuisce al mantenimento del numero di cellule di un
sistema. La cellula “suicida” richiama una cellula fagogita (fagocitosi) che la ingloba, la digerisce e
riversa le sostanze ridotte a sostanze semplici nel citoplasma o nel sangue così da poter essere
utilizzate come nutrimento da altre cellule.
http://it.wikipedia.org/wiki/File:FAGOCITOSI_BY_RAFF_.gif3
3Livello Tessutale
Si definisce tessuto un gruppo di cellule con struttura e funzioni simili. Esistono quattro gruppi di
tessuti:
- Tessuti epiteliali che ricoprono e contengono la superficie corporea e alcuni organi interni,
producono secrezioni con funzioni specifiche (pelle, ghiandole sudoripare, pareti dei capillari, pareti
dei tubuli renali ecc.)
- Tessuti connettivali: uniscono e sostengono parti del corpo; alcuni immagazzinano e trasportano
materiali. (sangue, linfa, tessuto osseo, tessuto adiposo)
- Tessuti muscolare: con capacità di contrazione e rilasciamento permettono il movimento degli
arti e di organi (muscoli scheletrici, cuore, vescica, stomaco ecc)
- Tessuto nervoso: con capacità di trasmettere gli impulsi elettrochimici per regolare le funzioni
corporee (cervello, nervi ottici)
22
TESSUTO EPITELIALE
È situato sulle superfici a copertura (superfici esterne) e a rivestimento (superfici interne). Il tessuto
non ha capillari propri e
riceve ossigeno e
nutrimento dal tessuto
connettivo sottostante.
Su alcuni tessuti
epiteliali vi è la
presenza di ghiandole e
si chiama epitelio
ghiandolare, capace di
secernere sostanze.
Il tessuto è classificato
a seconda della forma
delle cellule, squamose (pavimentose), cuboidali, cilindriche e a seconda degli strati di cellule
che lo compongono, semplice se un solo strato e stratificato se più strati.
Epitelio squamoso semplice: è un singolo strato di cellule piatte, molto sottili e lisce
caratteristica che permette la diffusione dei gas tra l’aria e il sangue. Questo tipo di tessuto si
trova ad esempio negli alveoli polmonari, nei capillari esterni e interni, vene, arterie e cuore.
Epitelio squamoso stratificato: è formato da molti strati di cellule, in maggioranza piatte e
arrotondate negli strati più profondi, dove avviene la mitosi per riformare le cellule erose
continuamente sulla superficie. Questo tipo di epitelio forma l’epidermide della pelle, detto
“cheratinizzante” perché viene prodotta la proteina “cheratina” e le cellule superficiali sono
cellule morte. Senza questa proteina lo si trova nella cavità orale, esofago e nella vagina, dove
anche le cellule più superficiali sono cellule attive. In genere questo tipo di tessuto costituisce
una barriera contro i microorganismi poiché le cellule che lo formano sono a stretto contatto fra
loro.
Epitelio di transizione: è stratificato in cui le cellule superficiali cambiano conformazione,
divenendo da rotonde a squamose. Ne è rivestita la vescica, in cui quando è vuota ha cellule
superficiali arrotondate e quando è piena si appiattiscono.
Epitelio cubico semplice: è uno strato semplice di cellule cubiche che costituiscono le unità
funzionali della tiroide e delle ghiandole salivari e quindi secretanti. Nelle ghiandole queste
cellule sono disposte a gruppi in forma sferica e secernono all’interno della cavità della sfera
formata. Nella tiroide l’epitelio secerne gli ormoni tiroidei, tra cui la tiroxina. Nelle ghiandole
salivari secernono la saliva. Questo tipo di epitelio lo si trova anche in alcune porzioni dei tubuli
renali.
Epitelio cilindrico semplice: è uno strato semplice di cellule cilindriche specializzate nella
secrezione e nell’assorbimento. Lo ritroviamo nello stomaco in cui secerne succo gastrico, nei
microvilli dell’intestino tenue a secernere enzimi digestivi e ad assorbire le sostanze utili
all’organismo provenienti nella digestione.
Un tipo di cellula cilindrica è la cellula calciforme che secerne muco e quindi riscontrabile in
una parte dell’intestino e del tratto respiratorio.
Figura 49 tipi di tessuto
23
Epitelio ciliato: è costituito da cellule cilindriche che possiedono ciglia sulle loro superfici
libere. Lo ritroviamo a rivestimento delle cavità nasali, in laringe, in trachea e il lume dei grossi
rami bronchiali. La funzione delle ciglia è quella di allontanare il muco, che ingloba polveri e
batteri, spingendolo verso la faringe per essere deglutito e inviato nello stomaco dove sarà
digerito dall’acido cloridrico e distruggerà i batteri. L’aria che arriva nei polmoni sarà priva di
microorganismi patogeni e particelle corpuscolate. Nella donna l’epitelio ciliato riveste le tube di
Falloppio, a spingere la cellula uovo nell’utero.
TESSUTO CONNETTIVO
È caratterizzato dalla presenza di una matrice in aggiunta
alle cellule. La matrice funge da collegamento strutturale
ed è una soluzione di materiale intercellulare non vivente.
Ogni tessuto connettivo ha un suo specifico tipo di
matrice.
Sangue: è un tessuto connettivo formato da cellule e
plasma; le cellule rappresentano la porzione vivente. La
matrice del sangue è il plasma, che costituisce dal 52%
al 62% del volume totale del sangue nell’organismo. La
quota di acqua del plasma contiene Sali disciolti ,
sostanze nutritizie e prodotti di scarto. La funzione
principale del plasma è il trasporto di materiali ai vari distretti dell’organismo. Le cellule del
sangue sono i globuli rossi, bianchi e le piastrine. I tessuti che danno origine al sangue sono detti
tessuti emopoietici e sono il midollo osseo e il tessuto linfatico, che include la milza e i
linfonodi. Le cellule del sangue rappresentano il 38 -48% del sangue totale e ogni tipo di cellula
ha una sua funzione specifica. I globuli rossi (GR) trasportano ossigeno legato all’emoglobina. I
globuli bianchi (GB) distruggono gli agenti patogeni e garantiscono l’immunità nei confronti di
alcune malattie. Le piastrine prevengono le perdite di sangue intervenendo nei processi di
coagulazione.
Tessuto connettivo areolare (o lasso): le cellule di questo tipo di
tessuto sono dette fibroblasti e producono fibre proteiche. Le fibre
collagene sono molto resistenti; le fibre elastiche (formate dalla
proteina elastina) sono dotate di grande elasticità, in grado di tornare
alla lunghezza originaria o di riavvolgersi dopo essere state sottoposte a
trazione. La matrice è formata dalle fibre proteiche e dal liquido
intracellulare. Anche nella matrice sono presenti globuli bianchi in
grado di potersi muovere autonomamente. Questo tipo di tessuto si
trova sotto il derma, nella pelle e sotto il tessuto epiteliale di tutti gli
apparati dell’organismo che comunicano con l’esterno.
Tessuto adiposo: le cellule che lo compongono sono dette
adipociti, e sono specializzate nell’immagazzinare grasso sotto
forma di microscopiche goccioline. I lipidi sono la forma chimica
attraverso cui l’organismo accumula energia da utilizzare a lungo
termine. Le sostanze nutritizie in eccesso vengono convertite in
grassi che si depositano in varie parti del corpo per poi essere
Figura 51 sangue al microscopio
Figura 50 tessuto
connettivo areolare
Figura 52 tessuto adiposo
24
utilizzati quando l’apporto di cibo diminuisce. Tutte le calorie in eccesso, sia sotto forma di
grassi che di carboidrati o aminoacidi, possono essere trasformate in trigliceridi e
immagazzinate. La matrice nel tessuto adiposo è ridotta ed è formata da liquido intracellulare e
poche fibre collagene. Il grasso è raccolto sottocute, nel tessuto connettivo areolare fra il derma e
i muscoli.
Tessuto connettivo fibroso: è composto principalmente da fibre collagene parallele con pochi
fibroblasti interposti garantendo forza e flessibilità. Lo si trova
nelle pareti esterne delle arterie per resistere alla pressione
esercitata dalla gittata cardiaca. Ne sono costituiti i tendini e i
legamenti che resistono alla forza meccanica del movimento. Un
tipo particolare di tessuto connettivo fibroso forma il derma della
pelle e le fasce (membrane) poste intorno ai muscoli. Avendo
scarso apporto sanguigno, tranne il derma, in caso di rottura
questi tessuti hanno un lento processo di riparazione.
Tessuto connettivo elastico: è formato da fibre di elastina. Lo si trova
tipicamente nella parete delle grandi arterie che necessitano di dilatarsi
durante la contrazione cardiaca per pompare il sangue e si riducono
nella fase di riposo. Altra localizzazione è intorno agli alveoli
polmonari rendendoli elastici nella fase di inspirazione ed espirazione.
Osso: il termine che lo indica è “osteo” e le cellule che lo formano
sono gli osteociti. La matrice
dell’osso è costituita da Sali di calcio e collagene ed è
resistente, dura e non flessibile. Nell’osso vi è un buon
apporto di sangue che permette di immagazzinare buone
scorte di calcio permettendo una buona riparazione dopo una
frattura. Alcune ossa come lo sterno e l’osso pelvico
contengono midollo osseo. Le funzioni delle ossa in genere
sono di sostegno e protezione di organi interni.
CARTILAGINE
La matrice proteica della cartilagine non contiene calcio, ma acqua che contribuisce a mantenerla
elastica. È un tessuto compatto, liscio e flessibile presente sulla superfici articolari delle ossa, dove
la sua superficie liscia aiuta a prevenire l’attrito. La cartilagine flessibile si trova sulla punta del
naso e sul padiglione auricolare esterno. Sulla parete della
trachea vi sono anelli di cartilagine e tra le vertebre ossee della
spina dorsale insieme a connettivo fibroso. All’interno della
matrice cartilaginea ci sono i condrociti o cellule cartilaginee
nutrite per diffusione poiché sprovviste di capillari sanguigni.
TESSUTO MUSCOLARE
Muscolatura scheletrica è definita anche striata o
volontaria. Le cellule che la compongono sono cilindriche, presentano vari nuclei ciascuna e
appaiono striate o a bande. Le striature dipendono dalla disposizione regolare delle proteine
Figura 53 tessuto connettivo
fibroso
Figura 54 tessuto
connettivo elastico
Figura 55 tessuto osseo
Figura 56 Tessuto cartilagineo
25
contrattili nelle cellule. Il tessuto muscolare scheletrico
comprende i muscoli che sono congiunti alle ossa e collegati a
nervi motori, il che permette il movimento del corpo; essi
producono anche una quantità significativa di calore,
contribuendo a mantenere costante la temperatura corporea.
Ogni cellula possiede una terminazione nervosa motoria
essenziale per la contrazione muscolare. Gli impulsi nervosi
per il movimento hanno origine nella parte dell’encefalo che
controlla il sistema nervoso centrale.
Muscolatura liscia: detta anche viscerale o involontaria. Le cellule di questo tessuto hanno
terminazioni assottigliate, un solo nucleo e nessuna striatura.
La contrattura è provocata da impulsi nervosi, ma non
volontari. Questo tipo di tessuto si trova negli organi interni,
da cui “viscerale”, la cui funzione coincide con la funzione
dell’organo di cui fa parte. Nello stomaco e nell’intestino la
muscolatura liscia si contrae generando onde dette
peristaltiche per sospingere il cibo attraverso il tratto
digerente. Nelle pareti delle arterie e delle vene si restringe o
dilata per mantenere la pressione sanguigna nella norma.
Nell’iride dell’occhio ha due serie di fibre muscolari lisce per
restringere o dilatare la pupilla, proteggendola dalla luce.
Muscolo cardiaco: è
detto anche miocardio e forma le pareti del cuore. Le
cellule che lo compongono sono ramificate, con un solo
nucleo e sottili striature; sono in grado di muoversi
autonomamente. La loro funzione è di far contrarre il cuore
per pompare sangue e mantenere la pressione sanguigna.
L’impulso nervoso interviene a mantenere la frequenza
cardiaca.
TESSUTO NERVOSO
È formato da cellule nervose chiamate neuroni e da alcune
cellule specializzate presenti solo nel sistema nervoso,
nevroglia . Esso è diviso in Sistema Nervoso Centrale (SNC)
e il sistema nervoso periferico (SNP). L’encefalo e il midollo
spinale sono gli organi del SNC. L’SNP è costituito da tutti i
nervi che fuoriescono dal SNC e raggiungono le restanti parti
del corpo. Essi sono formati da neuroni e da cellule
specializzate dette cellule di Schwann che formano la guaina
mielinica che isola elettricamente i neuroni, capaci di
generare e trasmettere impulsi.
Le cellule nervose sono di vari tipi e di base sono formate da:
un corpo cellulare, che contiene il nucleo,
un assone, lungo prolungamento che trasporta gli impulsi fuori dal corpo cellulare
Figura 57 MUSCOLO SCHELETRICO
Figura 58 fibre del muscolo liscio
Figura 59 muscolo cardiaco
Figura 60 neurone
26
i dendriti, brevi prolungamenti che trasportano gli impulsi verso il corpo cellulare
Tra un neurone e l’altro vi è un piccolo spazio denominato sinapsi. Questo spazio non può essere
attraversato dall’impulso elettrico, e se un neurone deve comunicare un impulso al neurone vicino si
avvale di un meccanismo di trasporto chimico attraverso i neurotrasmettitori.
Il tessuto nervoso comprende l’encefalo, il midollo spinale e i nervi periferici coinvolgendo
funzioni quali sensazioni, movimento, rapida regolazione delle funzioni corporee come la frequenza
cardiaca, la respirazione, organizzazione delle informazioni per l’apprendimento e la
memorizzazione.
MEMBRANE
Sono lamine (foglietti) di tessuto che coprono, rivestono, separano superfici e organi o loro parti
(lobi); alcune possono produrre secrezioni. Si dividono in
epiteliali e connettivali.
Le membrane epiteliali si dividono a loro volta in sierose e
mucose a seconda del liquido secreto.
Le membrane epiteliali sierose: lamine di epitelio
squamoso semplice che rivestono alcune cavità corporee e
gli organi posti in esse come:
- le membrane pleuriche dove la pleura parietale riveste le
pareti del torace e la pleura viscerale i
polmoni. La pleura secerne liquido sieroso
(liquido pleurico) a evitare l’attrito nel momento
dell’espansione polmonare.
- le membrane cardiache (pericardio), dove il
pericardio parietale veste il
pericardio fibroso e il
pericardio viscerale
(epicardio) si trova sulla
superficie del muscolo cardiaco, il liquido che si
forma evita l’attrito durante il battito.
- le membrane addominali, dove il peritoneo è la membrana seriosa che
riveste l’addome e il mesentere (peritoneo viscerale) si distende sugli
organi addominali e li ricopre. Il siero prodotto
riduce l’attrito durante la contrazione e distensione
di stomaco e intestino (peristalsi).
Le membrane epiteliali mucose: rivestono quegli apparati del
corpo che comunicano con l’esterno e l’epitelio varia a seconda
dell’organo interessato. Gli apparati coinvolti sono il respiratorio,
digestivo, urinario e riproduttivo. La mucosa dell’esofago e della vagina
sono costituite da epitelio squamoso stratificato; quella della trachea da
epitelio ciliato; la mucosa dello stomaco è formata da epitelio cilindrico.
Il muco secreto da queste membrane mantiene umide le cellule epiteliali
di rivestimento che altrimenti morirebbero, nell’apparato digestivo
contribuisce allo scorrimento del cibo, mentre in quello respiratorio
Figura 61 pleura
Figura 62 pericardio
Figura 63 peritoneo
Figura 64 Mucosa tracheale
27
ingloba polveri e batteri che poi sono spinti in faringe dall’epitelio ciliato.
Le membrane connettivali (caratterizzato dalla presenza di una matrice in aggiunta alle cellule)
sono costituite da tessuto connettivo che a seconda dell’organo in cui si trova ha funzioni diverse e
produce e contiene liquidi differenti. (vedi tabella 2)
MEMBRANA POSIZIONE E FUNZIONE
Fascia superficiale Fra la pelle e i muscoli; il tessuto adiposo immagazzina i grassi
Periostio Ricopre l’osso; contiene vasi sanguigni che penetrano nell’osso
Pericondrio Ricopre la cartilagine; contiene capillari, l’unico apporto di sangue
alla cartilagine
Sinovia Riveste le cavità articolari; secerne liquido sinoviale per evitare
l’attrito durante il movimento articolare
Fascia profonda Ricopre ciascun muscolo scheletrico; àncora i tendini
Meningi Ricoprono l’encefalo e il midollo spinale; contengono il liquido
cerebrospinale
Pericardio fibroso Forma una specie di sacco attorno al cuore; rivestito dal pericardio
sieroso
28
4 Livello di Organo L’organo è un insieme di tessuti con funzioni specifiche: reni, fegato, polmoni, stomaco ecc.
5 Livello di Apparato Un apparato è un insieme di organi che cooperano a una specifica funzione: apparato urinario,
digerente, respiratorio
APPARATO TEGUMENARIO
E’ formato dalla cute, peli, capelli, ghiandole sudoripare, e tessuto sottocutaneo. La cute è costituita
da diversi tipi di tessuto e viene considerata un organo. La sua funzione è quella di contenere e
rivestire il corpo, separandolo dall’ambiente esterno proteggendolo dall’ingresso di molte sostanze
nocive. Il tessuto sottocutaneo mette la cute a
contatto con i muscoli, oltre a svolgere altre funzioni.
CUTE
I due strati principali sono l’epidermide, più esterna,
e il derma, più in profondità.
Epidermide: è formata da tessuto epiteliale
squamoso stratificato cheratinizzante ed è più spessa
sulle palme della mani e dei piedi. Le cellule che la
formano sono i cheratinociti, non irrorati da capillari
sanguigni. Gli strati che la compongono sono quattro
o cinque molto sottili, due sono quelli di maggiore importanza: lo
strato germinativo più interno e lo strato corneo più esterno.
Strato germinativo: o strato basale, è uno strato in crescita e forma la parte più bassa, la base
dell’epidermide, lo strato in cui si verifica la mitosi, dove si producono continuamente le nuove
cellule che spingono le cellule più vecchie verso la superficie esterna
della cute. Queste cellule producono la cheratina e man mano che si
allontanano dai capillari del derma vanno incontro a morte. Tra i
cheratinociti ci sono molte cellule note come cellule di Merkel (o dischi
di Merkel); si tratta di recettori sensoriali per il tatto.
Strato corneo: è lo strato più esterno,
costituito da molti strati di cellule morte di
cui rimane soprattutto la proteina cheratina,
relativamente impermeabile, che permette
l’evaporazione dell’acqua corporea (per la
regolazione della temperatura) e
l’espulsione di sostanze tossiche, ma non permettendo che l’acqua entri
nell’organismo. Inoltre funge da barriera contro agenti patogeni, infatti
attraverso la desquamazione della superficie, allontana i
microorganismi e con la partecipazione degli acidi grassi presenti nel
sebo inibisce la loro moltiplicazione. Da barriera funge anche contro
gli agenti chimici, purché non corrosivi o velenosi (come il veleno di alcune piante o animali).
Figura 65 Cute
Figura 66 strato germinativo
Figura 67 strato corneo
29
Le modificazioni verso cui l’epidermide va incontro sono
importanti per la salute dell’organismo stesso, uno sfregamento di
questi strati può provocare un piccolo trauma che porta a
separazione degli strati stessi, facendo aumentare la quantità di
liquido interstiziale e causando la comparsa di una vescica. Se la
pelle viene sottoposta a pressione, come nel caso in cui viene
indossata una scarpa stretta, il numero delle mitosi nello strato
germinativo aumenterà e formerà un’epidermide più spessa, il
callo.
Cellule di Langerhans: sono situate all’interno dell’epidermide,
sono chiamate anche cellule dendritiche per il loro aspetto
ramificato. Provengono dal midollo osseo e hanno una notevole motilità, hanno lo scopo di
fagocitare materiale presente all’esterno della
cellula, come i microorganismi che hanno
oltrepassato la barriera della cute, e che
trasportano ai linfonodi, perché l’organismo
metta in atto meccanismi di difesa immunitari.
Melanociti: sono cellule che producono una proteina (pigmento) chiamato melanina. Il livello di
melanina è simile nelle persone di stessa taglia e nelle persone
con pelle scura i melanociti producono molta più melanina che
nelle persone dei pelle chiara. L’esposizione ai raggi solari
aumenta la produzione di melanina che funge da scudo ai
raggi ultravioletti, altrimenti dannosi per le cellule germinative
dell’epidermide. È responsabile anche del colore dei peli, e di
protezione nei confronti dei capelli. Parti di melanina sono
presenti nell’iride e nel globo oculare.
DERMA
È costituito da tessuto connettivo fibroso di tipo irregolare, i fibroblasti
producono collagene ed elastina dando la caratteristica
forza ed elasticità al derma. Negli anni le fibre di
elastina si deteriorano provocando una certa perdita di
elasticità e la comparsa di rughe. L’irregolare
congiunzione fra il derma e l’epidermide prende il
nome di strato papillare, in cui sono presenti molti
capillari. Nel derma si ritrovano le strutture accessorie
della cute: peli e follicoli ungueali, recettori sensoriali e
svariati tipi di ghiandole. Molte si estendono
dall’epidermide sino alla superficie cutanea, ma la parte
più attiva è localizzata nel derma.
Follicoli piliferi sono costituiti da tessuto epidermico e
il processo di crescita dei peli è simile a quello dell’epidermide. Alla base di un follicolo vi è la
radice pilifere che contiene cellule chiamate matrice dove avviene la mitosi. Le cellule neo formate
producono cheratina, assumendo la loro colorazione dalla melanina; morendo sono incorporate nel
fusto del pelo che viene sospinto verso la superficie cutanea. (Questo è il motivo per cui peli,
Figura 68 callo duro
Figura 69 cellule di langerhans
Figura 70 melanociti
Figura 71 STRATI DEL DERMA
30
unghie e capelli continuano a crescere anche dopo la morte.) La loro funzione nel tempo si è ridotta,
rispetto agli animali, le sopracciglia e le ciglia tengono lontano la
polvere e le secrezioni dagli occhi, i peli impediscono che polveri
e secrezioni entrino attraverso il naso nelle vie aeree. I peli presenti
sul corpo sono un ricordo ancestrale e attaccato ad ogni follicolo vi è
un piccolo muscolo liscio chiamato locomotore o muscolo erettore
del pelo. Quando vengono stimolati dal freddo o un’emozione, come
la paura, si contraggono e spingono il follicolo pilifero verso l’alto.
(pelle d’oca).
Follicoli ungueali sono quei follicoli che formano le unghie e la
mitosi avviene nella radice ungueale, producono anch’esse melanina di un tipo più resistente di
quella dei peli. La loro funzione è quella di proteggere l’estremità delle dita
da lesioni meccaniche conferendo maggior capacità prensile. Sono utilizzate
per grattarsi e allontanare parassiti o altro dalla cute.
Recettori sensoriali: o cellule di Merkel, sono localizzati a livello delle
cellule germinative. A livello cutaneo si percepiscono il tatto, la pressione,
il caldo, il freddo e il dolore. Per ogni sensazione esiste un tipo specifico di
recettore, che è una struttura capace di
rilevare variazioni specifiche. Per il dolore,
il caldo e il freddo i recettori sono
terminazioni nervose libere. Per il tatto e
la pressione i recettori vengono chiamati terminazioni nervose
incapsulate, perché provviste di una struttura cellulare che avvolge
la terminazione. Il ruolo svolto dai recettori sensoriali è quello di
fornire informazioni sull’ambiente al SNC e gli effetti che esso
produce sulla pelle. La sensibilità di una zona della cute è
determinata dalla quantità di recettori presenti, i più sensibili sono
le punta della dita. Quando i recettori registrano una variazione,
generano impulsi nervosi che vengono condotti al cervello, il quale interpreta gli impulsi come una
sensazione particolare.
Ghiandole sono costituite da tessuto epiteliale, sono dette esocrine (che versano il loro secreto
all'esterno del corpo o in cavità comunicanti con
l'esterno):
- ghiandole sebacee i loro dotti si aprono nei
follicoli piliferi o direttamente sulla superficie
cutanea, secernono sebo, una sostanza lipidica
oleosa che ha lo scopo di proteggere la cute da
microorganismi e di prevenire la secchezza della
pelle e dei capelli. Nei giovani queste ghiandole
possono esser iperattive e il sebo in eccesso ingloba i
batteri nei follicoli dando origine a piccole infezioni,
mentre nell’anziano si denota una minor produzione
di sebo e secchezza della cute. La loro
localizzazione maggiore è intorno al naso e alla bocca
Figura 72 Follicolo Pilifero
Figura 73 unghia
Figura 74 recettori sensoriali
Figura 75 ghiandole, sebace, sudoripara, pilifera
31
- ghiandole sudoripare: sono apocrine ed eccrine. Le prime sono maggiori nell’ascella e zone
genitali e divengono più attive in situazioni di stress emozionali. Non lasciano odori a meno che
non siano lasciate accumulare le soluzioni apocrine sulla pelle dove i batteri metabolizzano i
composti chimici generando odori sgradevoli. Le ghiandole eccrine sono presenti su tutto il corpo,
ma più numerose sulla nuca, sul labbro superiore, sulle palme delle mani e sulle piante del piede. Il
tubo che parte dalla ghiandola sfocia in un poro sulla cute generando sudore. Questo è importante
per il mantenimento della temperatura corporea ed è legato alla temperatura dell’ambiente e
all’attività fisica.
- ghiandole ceruminose: sono ghiandole sebacee modificate poste nel derma dei canali auricolari.
Producono cerume che mantiene flessibile la superficie esterna del timpano e ne previene la
secchezza. Una sua produzione in eccesso può formare una massa che preme contro il timpano
provocando una diminuzione dell’udito.
VASI SANGUIGNI
Le arteriole sono piccole arterie formate da muscolatura liscia, che si restringe e si dilata.
Anch’esse rivestono un ruolo importante nel mantenimento della temperatura corporea, poiché il
sangue trasporta calore, che è una forma di energia.
In ambiente caldo si dilatano, vasodilatazione,
facendo aumentare il flusso sanguigno al derma e
trasportando il calore in eccesso in prossimità della
superficie perché possa fuoriuscire dall’organismo.
Al contrario in ambiente freddo si restringono,
vasocostrizione, mantenendo il calore all’interno
dell’organismo. Questo sistema
mantiene l’omeostasi. Il diametro
delle arteriole è regolato dal sistema
nervoso e nelle persone con pelle
chiara è visibile tramite il rossore o la
trasparenza della pelle, mentre nelle
persone di pelle scura è mascherato
dalla melanina. Le situazioni di stress possono
provocare il “sudore freddo” in cui un meccanismo
di difesa dell’organismo richiama sangue dalla periferia agli organi
vitali, cuore, muscoli, cervello, provocando maggior sudorazione e
vasocostrizione.
Il flusso ematico a livello del derma può esser interrotto da una
pressione prolungata esercitata a livello cutaneo. Ne è un esempio il
posizionamento di pazienti ospedalizzati che non hanno capacità di
muoversi autonomamente nel letto sviluppando ulcere da pressione
(ulcere da decubito). La cute viene compressa tra l’oggetto esterno,
la superficie del letto e la prominenza ossea, come l’osso sacro o il
trocantere. In assenza di irrorazione ematica, la cute muore e il
tessuto morto diventa una sede potenziale di infezione batterica.
Figura 78 Arteriola
Figura 77 Vasodilatazione e vasocostrizione
Figura 76 Ulcere da pressione
32
ESCREZIONE: alcuni prodotti di rifiuto dell’organismo, come l’urea, che è un prodotto di rifiuto
del metabolismo proteico, e di cloruro di sodio, vengono escreti con la sudorazione. È una funzione
minore della cute; i reni sono i principali responsabili della rimozione dei prodotti di rifiuto dal
sangue.
FORMAZIONE DI VITAMINA D: sulla cute esiste una forma
di colesterolo che con l’esposizione alla luce ultravioletta si
trasforma in vitamina D (vitamina del sole). Le persone che non
si espongono al sole hanno maggior bisogno di apporto
nutrizionale di questa vitamina che ha un compito importante per
l’assorbimento del calcio e del fosforo di provenienza alimentare
a livello dell’intestino tenue. Pochi alimenti contengono quantità
apprezzabili di vitamina D. Un alimento particolarmente ricco è
l’olio di fegato di merluzzo. Seguono, poi, i pesci grassi (come il
salmoni e le aringhe), il latte ed i suoi derivati, le uova, il fegato
e le verdure verdi.
TESSUTO SOTTOCUTANEO
Detto anche fascia superficiale, è una membrana di tessuto connettivo areolare o lasso che ha lo
scopo di protezione da agenti esterni e tessuto adiposo, che funge da serbatoio di energia,
rivestimento di prominenze ossee e protezione dal freddo. Il
tessuto sottocutaneo congiunge il derma ai muscoli sottostanti.
INVECCHIAMENTO DELL’APPARATO
TEGUMENTARIO.
Gli effetti del tempo su questo apparato provocano un
assottigliamento degli strati della cute che diventano più fragili,
poiché diminuiscono le mitosi a livello epidermico e i fibroblasti
morendo non sono rimpiazzati. La cute diviene rugosa e le fibre
di collage ed elastina si deteriorano. Le ghiandole sebacee e
sudoripare sono meno attive essiccando la cute e rendendola
meno sensibile per la regolazione del calore. I follicoli piliferi si
inattivano e capelli e peli si assottigliano fino a scomparire. I
melanociti muoiono e i capelli diventano bianchi. L’adipe si
assottiglia con la conseguenza che gli anziani sono più sensibili al
freddo.
Figura 79 Vitamina D
Figura 80 tessuto sottocutaneo
Figura 81 l'invecchiamento
33
APPARATO SCHELETRICO
E’ formato da ossa e altre strutture che costituiscono le articolazioni scheletriche. Il tessuto presente
è tessuto osseo, cartilagine e tessuto fibroso che forma i legamenti che connettono un osso all’altro.
Le funzioni dello scheletro sono:
Fornire una struttura di sostegno al corpo
Proteggere alcuni organi interni dalle lesioni meccaniche
Contenere e proteggere il midollo osseo
Fornire una struttura di riserva per il calcio in eccesso.
Tipi di tessuto osseo
Come già detto le cellule che lo compongono sono gli osteociti e la matrice dell’osso è costituita da
collagene e Sali di calcio: Carbonato di Calcio (CaCO3) e Fosfato di Calcio (Ca3(PO4)2) che
forniscono all’osso la resistenza necessaria. La matrice ossea pur non essendo materia vivente,
cambia costantemente facendo passare il calcio dalle ossa al sangue e rimpiazzandolo con il calcio
proveniente dalla dieta. Gli osteociti hanno la funzione di rimuovere e rimpiazzare il calcio.
Nell’osso come organo sono presenti due tipi di tessuto, compatto e spugnoso
Osso compatto: sembra un materiale solido ma è strutturato in maniera molto precisa e strutturata.
È costituito da sistemi haversiani, cilindrici, microscopici con matrice ossea e osteociti disposti ad
anelli concentrici intorno a canali centrali haversiani. Nei canali decorrono i vasi sanguigni e piccoli
canalicoli alimentano gli osteociti.
Osso spugnoso: simile ad una spugna con cavità visibili ad occhio nudo, sono presenti osteociti,
matrice e vasi sanguigni, ma non vi sono sistemi haversiani. Nelle cavità dell’osso spugnoso è
Figura 82 Apparato scheletrico
34
presente midollo osseo emopoietico, che produce globuli rossi, piastrine e cinque tipi di globuli
bianchi.
CLASSIFICAZIONE DELLE OSSA
Ossa lunghe: il corpo di un osso lungo è detto diafisi e le sue estremità sono dette epifisi. La diafisi
è formata da osso compatto e cavo al suo interno in cui
contiene il canale midollare, formato da midollo osseo
giallo, a prevalenza di tessuto adiposo negli adulti, mentre
nei bambini prevale midollo osseo rosso. Le epifisi sono
composte da osso spugnoso ricoperto da un sottile strato
di osso compatto. Appartengono alle ossa lunghe quelle
delle braccia e delle gambe.
Ossa corte (brevi): ossa dei polsi, caviglie, mani e piedi
Ossa piatte: coste, scapole, anca e ossa craniche.
Ossa irregolari: vertebre e ossa facciali.
Le ossa corte, piatte e irregolari sono formate da osso
spugnoso rivestito da un sottile strato di osso compatto. Il
midollo osseo rosso o emopoietico, nell’adulto si trova
all’interno dell’osso spugnoso.
Le superfici articolari delle ossa sono ricoperte da
cartilagine articolare, che forma una superficie liscia. Il
resto dell’osso è ricoperto da periostio, una membrana di
tessuto connettivo fibroso che tiene legati e ancorati i
tendini e i legamenti, nonché i vasi sanguigni che entrano
nell’osso; contiene anche alcuni osteociti che si attivano
in caso di danno all’osso.
CRESCITA EMBRIONALE DELL’OSSO
Nello sviluppo embrionale, lo scheletro è inizialmente costituito da cartilagine e da tessuto
connettivo fibroso, che vengono gradualmente sostituiti da osso. La matrice ossea è prodotta da
osteoblasti (cellula blastica che “produce”). L’ossificazione inizia in corrispondenza di un centro
di ossificazione in ciascun osso. Le ossa craniche facciali sono
inizialmente formate da tessuto connettivo fibroso. Nel terzo
mese di sviluppo fetale, i fibroblasti (cellule del tessuto
connettivale a forma di fuso) diventano più specializzati e si
differenziano in osteoblasti, che producono matrice ossea. Da
ciascun centro di ossificazione, la crescita ossea si propaga
appena i Sali di calcio si sono depositati nel collagene
dell’osso in accrescimento. Questo processo non è completo al
momento della nascita; un neonato ha aree di tessuto
connettivo residue tra le ossa del cranio: fontanelle o zone
molli. Permettono una certa compressione della testa del
neonato durante la nascita salvaguardando le ossa craniche
durante il parto e permettendo la crescita dell’encefalo dopo la nascita. Si consolidano a partire dai
due anni. Il cranio costituisce una reale protezione per il cervello.
Figura 83 Osso spugnoso e osso compatto
Figura 84 Fontanelle
35
Il resto dello scheletro embrionale è dapprima costituito da cartilagine e l’ossificazione inizia al
terzo mese di gestazione nelle ossa lunghe, dove gli osteoblasti producono matrice ossea a partire
dal centro delle diafisi e al centro delle ossa brevi, piatte e irregolari, fino a completa sostituzione
della cartilagine. Le ossa lunghe sviluppano nuclei di ossificazione anche nelle proprie epifisi e
l’accrescimento avviene a livello dei dischi epifisari, che è ancora cartilagine. L’osso cresce in
lunghezza tanto quanta è la cartilagine prodotta dalla parte dell’epifisi. Fra i 16 e i 25 anni, sotto
l’influenza degli estrogeni o del testosterone tutta la cartilagine dei dischi epifisari viene sostituita
da osso. Si parla di chiusura dei dischi epifisari e il processo di allungamento dell’osso si
interrompe.
Anche nelle ossa lunghe si trovano cellule specializzate, gli osteoclasti, attive nelle ossa lunghe
embrionali e riassorbono la matrice ossea al centro della diafisi per formare il canale midollare. I
vasi sanguigni crescono nei canali midollari delle ossa lunghe embrionali e si forma il midollo
osseo emopoietico. Dopo la nascita, il midollo osseo emopoietico viene sostiuito dal midollo osseo
giallo. Il midollo osseo emopoietico rimane nell’osso spugnoso delle ossa brevi, di quelle piatte e di
quelle irregolari.
Fattori che influenzano la crescita e il mantenimento dell’osso
Ereditarietà: potenziale genetico, ancora inesplorato
Nutrizione: l’apporto di sostanze nutritive è basilare, il calcio, fosforo e proteine per la matrice
ossea. Vitamina D per i processi di assorbimento del calcio e fosforo nell’intestino tenue. Vitamina
A e C per l’ossificazione. I bambini malnutriti si sviluppano molto lentamente e non raggiungono il
proprio potenziale di crescita.
Ormoni: le ghiandole endocrine producono ormoni alcuni dei quali
hanno un ruolo importante nella crescita e nel mantenimento delle ossa,
tiroxina, ormone paratiroideo e l’insulina.
Esercizio o “stress”: l’esercizio mantiene la solidità delle ossa, che senza perderebbero calcio più
velocemente, basta una semplice passeggiata.
SCHELETRO
Lo scheletro è una struttura rigida formata da un insieme di ossa che sostiene il corpo umano. Alla
nascita lo scheletro umano presenta circa 270 ossa; da adulti le ossa si riducono a 206 in quanto,
durante lo sviluppo, alcune ossa si uniscono tra di loro e vanno a formarne uno solo. Questo numero
è sottoposto a una varietà di differenze anatomiche; per esempio, una piccola parte della
popolazione umana possiede una costa in più, oppure una vertebra lombare.
In un essere adulto medio, lo scheletro rappresenta circa il 20% del peso corporeo.
Lo scheletro può essere suddiviso in assiale, ossa della testa e ossa del tronco e appendicolare,
ossa degli arti, cintura scapolare e cintura pelvica.
Le funzioni dello scheletro sono molteplici:
sostegno
protezione di parti molli e delicate, come nella scatola cranica e nella gabbia toracica
equilibrio, insieme a muscoli e articolazioni e sotto il controllo dei nervi
movimento, essendo strettamente connesso ai muscoli
emopoietica, ovvero la produzione di globuli rossi, bianchi e piastrine tramite il midollo osseo
plastica, in quanto dà forma al corpo
deposito di sali minerali
Figura 85 canale midollare
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CRANIO
Il cranio assolve alla principale funzione di contenere e proteggere l’encefalo ed altri apparati di
senso: visivo, olfattivo e acustico ecc. Al contempo rappresenta la struttura di supporto per
l’apparato respiratorio e masticatorio.
Nel corso del processo evolutivo, il cranio ha subìto notevoli trasformazioni anche in funzione del
suo rapporto con gli organi che accoglie o, con i quali, si articola.
Le ossa che compongono lo scheletro della testa delimitano varie aree di rilevo.
È formato da otto ossa craniche e quattordici ossa facciali. Nelle testa ci sono gli ossicini martello,
incudine e staffa delle cavità auricolari e l’osso ioide che sostiene la base della lingua.
L’osso frontale, le ossa parietali, le ossa temporali, l’osso occipitale ed etmoide formano la base
della scatola cranica e orbite. L’osso sfenoide racchiude anche la ghiandola pituitaria (ipofisi)
all’interno di una cavità chiamata sella turcica. Tutte le giunture tra le ossa craniche sono rigide e
chiamate suture.
Delle 14 ossa facciali, solo la mandibola è mobile: forma un’articolazione condiloidea con
ciascun osso temporale. Le mascelle, sono le ossa della mascella superiore e formano anche la
porzione anteriore del palato duro (volta palatina). Le cavità per le radici dentali si trovano nella
mascella e nella mandibola.
I seni paranasali sono cavità aeree situate nelle mascelle e nelle ossa frontale, sfenoide ed etmoide,
rivestite di epitelio ciliato. I seni mastoidei sono cavità nel processo mastoideo di ciascun osso
temporale; si aprono nell’orecchio medio e contengono le ossa uditive.
COLONNA VERTEBRALE
Detta anche spina dorsale, è costituita da ossa distinte dette vertebre:
- 7 vertebre cervicali: costituiscono le vertebre del collo. La prima si chiama atlante, sorregge il
cranio e forma una articolazione trocoide con la seconda vertebra, epistrofeo ed insieme
permettono la rotazione della testa da un lato all’altro.
- 12 vertebre toraciche: si articolano con le coste nella parte posteriore del torace.
- 5 vertebre lombari: formano ossa larghe e robuste in cui si concentra la tensione della postura.
- 5 vertebre sacrali: che permettono l’articolazione delle ossa dell’anca, dette anche articolazioni
sacro-ilache. Il coccige è un residuo delle vertebre della coda, fornisce l’inserzione ossea ad alcuni
muscoli del perineo (pavimento pelvico).
Tutte le vertebre si articolano tra loro in successione formando una colonna flessibile che sorregge
il tronco e la testa. Formano anche il canale vertebrale, un tunnel continuo, rivestito dalle meningi,
nelle ossa che contiene il midollo spinale e lo protegge da lesioni meccaniche. I processi spinosi e
trasversi costituiscono protuberanze per l’inserzione dei muscoli che fissano la colonna vertebrale.
La parte portante della vertebra è il corpo vertebrale, separato l’uno dall’altro da dischi di
cartilagine fibrosa che attutiscono gli urti e permettono il movimento tra le vertebre.
La normale spina dorsale in posizione anatomica presenta quattro curvature naturali, che prendono
il nome dalle vertebre che le formano. La curva cervicale è volta in avanti, quella toracica
all’indietro, la lombare in avanti e la sacrale indietro. Questo permette di centrare il cranio sul resto
del corpo, facilitando la posizione eretta. L’alterazione di queste curvature porta a cifosi o lordosi
con compromissione del mantenimento della postura, della deambulazione e dolori a vari distretti,
associate spesso alla presenza di alterazione dei dischi intervertebrali che formano ernie.
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GABBIA TORACICA
Formata da dodici paia di coste e lo sterno. Questo a sua volta si divide nella parte superiore dal
manubrio, al centro dal corpo e nella parte inferiore dal processo xifoideo. Le coste si articolano
nella parte posteriore con le vertebre toraciche. Le prime sette sono dette coste vere, si articolano
direttamente con il manubrio e con il corpo dello sterno per mezzo di cartilagini costali. Le
successive tre paia sono chiamate coste false e le loro cartilagini si articolano con la settima
cartilagine costale. Le ultime due paia sono chiamate coste fluttuanti perché non si articolano con
lo sterno. La gabbia toracica protegge cuore, polmoni e organi della cavità addominale superiore
come fegato e milza e allo stesso tempo allargandosi fa aumentare il volume della cavità
espandendo i polmoni e contribuendo all’inspirazione.
SPALLA E ARTO SUPERIORE
Un cingolo formato da scapola e clavicola congiunge il braccio allo scheletro. La scapola è un osso
piatto e largo a cui si ancorano alcuni muscoli che muovono l’arto superiore. Una leggera
depressione, fossa glenoidea, forma un’articolazione sferoidale con l’omero, l’osso lungo del
braccio. Ogni clavicola si articola anteriormente con la corrispondente scapola e medialmente con il
manubrio dello sterno, agendo da supporto per la scapola e condizionando l’eccessivo spostamento
delle spalle verso l’esterno. L’omero prossimalmente forma l’articolazione con la scapola,
distalmente forma un’articolazione cardine con l’ulna e l’avambraccio (il gomito), che possiede
movimenti solo su un piano, avanti e indietro. Le ossa che formano l’avambraccio sono l’ulna e il
radio che insieme formano un’articolazione trocoide, che permette la rotazione della palma della
mano. Le ossa carapali formano le ossa del polso; articolazioni piane fra loro permettono un
movimento di scivolamento, mentre la mano è formata da cinque ossa metacarpali. Le falangi
sono le ossa che formano le dita, ve ne sono due nel pollice con articolazione a sella, che gli
permette di piegarsi verso il palmo e di avere azione pensile, mentre le altre dita sono formate da
tre falangi con articolazioni cardine.
ANCA E ARTO INFERIORE
Il cingolo pelvico è formato dalle ossa dell’anca destra e sinistra (ossa innominate), che si
articolano con lo scheletro assiale a livello del sacro. Ogni osso è formato da tre parti, l’ileo
porzione superiore che forma l’articolazione sacro iliaca; l’ischio parte inferiore o posteriore e il
pube parte inferiore e anteriore. Le due ossa pubiche si articolano tra loro nella sinfisi pubica, con
un disco di cartilagine fibrosa in mezzo.
L’acetabolo è la cavità situata nell’osso dell’anca che forma un’articolazione sferoidale con il
femore, l’osso lungo della coscia. Molto più ampia e profonda rispetto a quella omerale per il peso
che deve reggere. All’estremità distale il femore forma un’articolazione cardine con la tibia, osso
lungo della gamba, detta ginocchio. La rotula o patella è posta anteriormente all’articolazione del
ginocchio, racchiusa nel tendine del quadricipite femorale, muscolo della coscia.
La fibula o perone è un osso che si ancora sotto l’articolazione del ginocchio e non interviene
nell’articolazione stessa, ha la funzione di rendere più stabile la gamba.
Le ossa tarzali sono sette e corrispondono alla caviglia, la più grande è il calcagno; l’astragalo
situato sopra il calcagno distribuisce il peso tra il calcagno e la tibia.
Il piede è formato da cinque ossa metatarsali, e da falangi come nella mano, tutte con articolazioni
carpali.
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ARTICOLAZIONI
È la sede in cui le ossa si connettono e si articolano tra loro. Ne abbiamo già richiamate al paragrafo
precedente alcune, vediamo ora la loro classificazione basata sulla quantità di movimenti possibili:
Sinartrosi: è un’articolazione immobile come la sutura fra due ossa del cranio.
Anfiartrosi: è un’articolazione scarsamente mobile, come la sinfisi fra vertebre contigue.
Diartrosi: articolazione a movimento libero.
Le ultime sono le più diffuse e sono articolazioni sinoviali, caratterizzate dalla presenza di
cartilagine articolare che fornisce una superficie liscia, costituita da tessuto connettivo fibroso. È
racchiusa in una guaina robusta, come un manicotto, la membrana sinoviale, che secerne il liquido
sinoviale, denso e scivoloso che ha il compito di prevenire l’attrito durante il movimento. Molte
articolazioni sinoviali presentano borse, piccole sacche di liquido sinoviale che si trovano tra
l’articolazione e i tendini con il compito di facilitare lo scivolamento dei tendini stessi. Un
eccessivo stress può causare la loro infiammazione denominata borsite.
Apparato scheletrico e invecchiamento.
Con l’invecchiamento il tessuto osseo perde più calcio, dovuto a minor introduzione e ridotto
movimento. Una persona allettata tende a divenire ancor più fragile. La matrice ossea diviene sottile
portando ad una marcata osteoporosi e possibilità di fratture spontanee. Le cartilagini sono erose e
rallentano o alterano il movimento fino all’immobilità è importante quindi un corretto apporto
alimentare associato ad esercizio fisico anche nell’anziano.
APPARATO MUSCOLARE
Nel corpo umano vi sono circa 600 muscoli, ancorati alle ossa tramite i tendini o direttamente alla
superficie interna della cute. La funzione principale di questo apparato è di assicurare il movimento
tramite la contrazione muscolare che produce calore che a sua volta mantiene la temperatura
corporea costante.
STRUTTURA MUSCOLARE Tutte le cellule muscolari, dette fibre muscolari, sono specializzate nella contrazione. A seconda
del tipo di movimento richiesto a ogni muscolo, si contrae un numero variabile di fibre muscolari. I
tendini sono costituiti da tessuto connettivo fibroso, molto resistente che va a fondersi con la fascia
che riveste il muscolo e con il periostio. In genere un muscolo ha almeno due tendini, ciascuno
connesso ad un osso differente. L’attaccamento del muscolo più immobile e stabile costituisce
l’origine, la più mobile inserzione. Il muscolo stesso oltrepassa l’articolazione delle ossa e quando
si contrae spinge sulla sua inserzione muovendo l’osso in una direzione specifica.
Fibra muscolare.
ognuna di esse ha una propria terminazione nervosa motoria, giunzione neuromuscolare, situata
dove il neurone motorio termina nella fibra muscolare. Il terminale assonico è la punta allargata
del neurone motorio in cui è contenuto un neurotrasmettitore acetilcolina (ACh), responsabile in
molti organismi della neurotrasmissione sia a livello di Sistema nervoso centrale (SNC) che di
Sistema nervoso periferico (SNP). La membrana della fibra muscolare è il sarcolemma, che
contiene i siti recettoriali per l’acetilcolina e un enzima in attivatore, la colinesterasi. La sinapsi (o
fessura sinaptica) è l’esiguo spazio tra l’assone terminale e il sarcolemma. Nella fibra muscolare
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sono contenute migliaia di unità contrattili individuali chiamate sarcomeri, che sono posizionate
con le estremità adiacenti formando dei cilindri, miofibrille. Al centro del sarcomero vi sono i
filamenti di una proteina miosina, all’estremità vi sono i filamenti di un’altra proteina, l’actina che
vanno ad attaccarsi alle linee Z. Queste due proteine sono responsabili della contrazione muscolare,
i loro antagonisti inibitori sono la troponina e tropomiosina, che prevengono lo scivolamento della
miosina e dell’actina durante la fase di rilasciamento della fibra muscolare.
Intorno ai sarcomeri vi è il reticolo sarcoplasmatico, una riserva di ioni calcio (Ca+2), essenziale
nel processo della contrazione.
Contrazione Inizia quando l’impulso nervoso giunge al terminale assonico e stimola il rilascio di acetilcolina.
Questa genera cambiamenti elettrici (movimenti di ioni) nel sarcolemma della fibra muscolare che
danno inizio ad una sequenza di eventi nella fibra muscolare costituendo la teoria da scivolamento
dei filamenti della contrazione muscolare. L’impulso nervoso causa la depolarizzazione di una
fibra muscolare e questa variazione elettrica rende i filamenti di miosina capaci di spingere i
filamenti di actina verso il centro del sarcomero, rendendolo più corto. Tutti i sarcomeri si
accorciano e la fibra muscolare si contrae.
Polarizzazione Quando una fibra muscolare è rilasciata il sarcolemma è polarizzato, cioè ha un potenziale a riposo
e vi è una differenza di carica elettrica tra l’esterno e l’interno. Durante la polarizzazione, l’esterno
ha una carica positiva rispetto all’interno, considerata negativa, gli ioni sodio (Na+) sono più
abbondanti all’esterno della cellula mentre gli ioni potassio (k+) e quelli con carica negativa sono
all’interno. Gli ioni sodio tendono a diffondersi verso l’interno, ma la pompa del sodio, li riporta
all’esterno, così per gli ioni K+ tendono a diffondersi all’esterno e la pompa del potassio, li
riconduce all’interno. Queste pompe sono sistemi di trasporto attivo che necessitano di ATP e
mantengono la polarizzazione finché un impulso nervoso non stimola una variazione.
Depolarizzazione Avviene quando un impulso nervoso giunge al terminale assonico, causa il rilascio dell’acetilcolina
che diffonde attraverso le sinapsi e si lega ai recettori ACh sul sarcolemma rendendolo permeabile
agli ioni Na+ che confluiscono all’interno della cellula. L’interno del sarcolemma è ora positivo e
l’esterno negativo. L’impulso elettrico generato, potenziale di azione, si propaga quindi lungo
l’intero sarcolemma di una fibra muscolare. Il sarcolemma possiede delle invaginazioni interne
dette tubuli a T (tubuli trasversi) che conducono il potenziale d’azione all’interno della cellula
muscolare. La depolarizzazione dà origine a cambiamenti nella cellula che inizia a contrarsi.
I muscoli sono disposti in modo da svolgere una considerevole varietà di movimenti. Due sono le
disposizioni principali: quella dei muscoli antagonisti e quella dei muscoli sinergici
I muscoli antagonisti sono quelli che si contrappongono al muscolo che effettua l’azione e quando
questo si contrae l’altro si rilascia o viceversa. Le articolazioni sono in grado di svolgere vari
movimenti e hanno diversi gruppi di antagonisti. I muscoli sinergici sono quelli che svolgono la
stessa funzione o operano insieme per svolgere una funzione particolare, come ad esempio quelli
della mano nel gesto della prensione.
Gli impulsi nervosi per il movimento provengono dai lobi frontali dell’encefalo, viaggiano lungo i
nervi motori fino alle fibre muscolari, causando la loro contrazione. Per camminare è necessario una
coordinamento delle contrazioni muscolari. La coordinazione è un processo che ha luogo ad un
livello inferiore rispetto al pensiero cosciente, essendo regolata dal cervelletto, posto sotto i lobi
occipitali dell’encefalo.
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TONO MUSCOLARE
Tranne che durante alcune fasi del sonno, la maggior parte dei nostri muscoli è costantemente in
uno stato di leggera contrazione detto tono muscolare. Per mantenere un muscolo in stato di
leggera contrazione è sufficiente che a contrarsi siano solo poche fibre in modo alternato così da
non affaticarlo. Un buon tono muscolare aumenta la coordinazione e permette di reagire
prontamente in caso di necessità. I muscoli con un tono modesto sono in genere molli e flaccidi, ma
l’esercizio può rafforzarli. Esistono due tipi principali di esercizio isotonico e isometrico.
Isotonico: i muscoli si contraggono e producono movimento, jogging, nuoto e sollevamento pesi ne
sono esempi. Rafforza e mantiene il tono muscolare, incrementa anche l’efficienza cardiovascolare
e respiratoria. Se svolto per trenta o più minuti questo tipo di esercizio si definisce “aerobico”.
Isometrico: implica contrazione senza movimento, come premere le palme della mani, rafforzano e
aumentano il tono muscolare, ma non sono considerati aerobici.
PROPRIOCEZIONE È la capacità del cervello di conoscere in ogni momento la dislocazione dei nostri muscoli e
l’attività che stanno svolgendo senza che sia necessario pensare in continuazione al tipo di
movimento che è necessario fare, ad esempio, per salire una scala. Nei muscoli si trovano dei
recettori chiamati recettori di tensione (o propriocettori o fusi muscolari) che hanno il compito di
registrare le variazioni di lunghezza di un muscolo quando questo si estende. Gli impulsi arrivano ai
lobi parietali del cervello come una “fotografia” mentale della posizione del muscolo in quel
momento. (scrivere a macchina)
FONTI DI ENERGIA PER LA CONTRAZIONE MUSCOLARE
Abbiano già introdotto l’ATP, come fonte primaria che comunque non viene prodotta in gran
quantità e si esaurisce in poco tempo. Altre fonti secondarie sono:
- creatina fosfato: è una molecola in cui l’energia si libera durante la scissione in creatina e fosfato
per mezzo di un enzima. La creatina è riutilizzata per formare nuovamente creatina fosfato, ma una
parte si converte in creatinina, come prodotto di rifiuto che viene espulso dai reni. (un livello
elevato nel sangue di creatinina, può indicare un malfunzionamento renale)
- glicogeno: (polimero del glucosio) usato per contrazioni sostenute per pochi secondi, inizialmente
viene scisso nelle singole molecole di glucosio e successivamente viene ulteriormente degradato
(ossidato) nel processo di respirazione cellulare per produrre ATP e mantenere la contrazione.
(Glucosio (C6H12O6) + 6O2 6CO2 + 6H2O + ATP + calore ) In questo processo è necessario
l’apporto di Ossigeno fornito sia dalla proteina emoglobina, del sangue, che immagazzinato dalla
mioglobina del muscolo in cui l’O2 si lega a molecole di ferro presenti in esse. Il ferro conferisce il
colore rosso alle proteine e ai muscoli. Durante un esercizio fisico intenso può esser utilizzato tutto
l’ossigeno a disposizione, pur aumentando la frequenza respiratoria. Questa condizione è detta
debito di ossigeno e il glucosio non può essere scisso in anidride carbonica e acqua. In questa fase
il glucosio viene trasformato in una molecola intermedia chiamata acido lattico, che è responsabile
dell’affaticamento muscolare. Dal muscolo esso normalmente si riversa nel sangue, attraverso il
quale raggiunge cuore, fegato e muscoli inattivi, dove viene riconvertito in glucosio. Tuttavia,
durante un esercizio fisico intenso e prolungato, può accadere che i muscoli producano nel tempo
più acido lattico di quanto gli organi sopra detti ed i restanti muscoli inattivi riescano a
metabolizzare; in questo caso, la concentrazione di acido lattico nel sangue aumenta fino al punto in
cui non è più possibile che venga smaltito a livello dei muscoli attivi. Ecco che si presentano i noti
effetti di affaticamento e successiva incapacità locale allo sforzo, talvolta accompagnati da bruciore.
Ad ogni modo, per via del suo ciclo metabolico, una volta che i muscoli hanno ripreso la loro
normale attività aerobica, e che il livello in circolo nel sangue è sceso sotto la soglia critica di
concentrazione, l'acido lattico viene immediatamente eliminato dal circolo sanguigno (nel giro di
qualche decina di secondi o di pochi minuti), e larga parte di quanto se n'era accumulato nei
muscoli attivi viene rapidamente smaltito, tutt'al più entro un'ora circa dall'attività fisica. Solo una
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piccola parte permane all'interno del muscolo, sempre a seguito di attività anaerobica, ed è nota
come "scoria naturale della contrazione muscolare".
I sintomi da presenza di acido lattico, pertanto, in generale non sono assolutamente da confondere
con quelli da indolenzimento muscolare ad insorgenza ritardata, i cui effetti colpiscono solo i
muscoli scheletrici, e che solitamente si palesano tra le 12 e le 72 ore circa dallo sforzo fisico
intenso, perdurando anche per 5-6 giorni consecutivi.
DISFUNZIONI
In questo processo così complesso esistono molte situazioni che possono compromettere la
contrazione:
- assenza di impulsi nervosi alla fibra muscolare, come nel caso di lesioni al midollo spinale o ictus
a livello dei lobi frontali che non fanno generare impulsi paralizzando i muscoli che alla fine vanno
incontro ad atrofia, divenendo piccoli per mancanza di attività.
- distrofia muscolare, un gruppo di malattie genetiche in cui il tessuto muscolare è sostituito da
tessuto connettivo fibroso o da grasso.
- tetano (Clostridiun tetani) una tossina che causa la contrazione continua dei muscoli (trisma,
primo sintomo che indica la difficoltà di aprire la bocca)
- botulino (Clostridium botulinum) che impedisce il rilascio di acetilcolina nelle giunzioni
neuromuscolari (primi sintomi vista offuscata o sdoppiata e difficoltà di parola e di deglutizione).
- mioastenia gravis, malattia autoimmune in cui gli autoanticorpi distruggono i recettori
dell’acetilcolina sul sarcolemma.
APPARATO MUSCOLARE E INVECCHIAMENTO
Con l’invecchiamento le cellule muscolari muoiono e vengono sostituite da tessuto connettivo
fibroso o adiposo. L’esercizio regolare ritarda l’atrofizzazione muscolare. Sebbene i muscoli
divengano più lenti nella contrazione e diminuisca la forza massimale, l’esercizio può mantenere il
funzionamento muscolare ad un livello ottimale per los volgimento delle funzione della vita
quotidiana. Il sollevamento di piccoli pesi è uin esercizio che si raccomanda a tutti i soggetti
anziani, uomini e donne, utile anche per i sistemi cardiovascolare, respiratori e osteoarticolare.
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SISTEMA NERVOSO
Il sistema nervoso è uno dei sistemi regolatori. Impulsi di origine elettrochimica del sistema
nervoso rendono possibile ottenere informazioni circa l’ambiente esterno o interno e operano per
mantenere l’omeostasi. Alcune di queste attività sono a livello cosciente, altre no. La sua funzione
è:
- avvertire i cambiamenti e percepire le sensazioni.
- dar origine a risposte appropriate ai cambiamenti
- organizzare le informazioni per un uso immediato e memorizzarle per un impiego futuro.
Si divide in Sistema Nervoso centrale, SNC e Sistema Nervoso periferico, SNP, costituito dai
nervi cranici e da quelli spinali. Il SNP include il Sistema Nervoso Autonomo, SNA.
Il SNP trasmette informazioni al SNC e da questo ne riceve, mentre il cervello è il centro che
integra queste informazioni e dà origine alle relative risposte.
TESSUTO NERVOSO
Le cellule sono i neuroni o fibre nervose. Il corpo centrale contiene il nucleo e si trova nel SNC o
in prossimità di esso, nel tronco del corpo. Le ramificazioni, i dendriti, trasmettono impulsi in
Figura 86 Neurone
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direzione dei corpi cellulari (impulsi centripeti). L’assone trasmette impulsi dal corpo cellulare alla
periferia (impulsi centrifughi). La membrana è il trasmettitore dell’impulso.
Nel SNP gli assoni e i dendriti sono avvolti nelle cellule di Schwann.
Durante lo sviluppo embrionale, queste cellule crescendo cingono i
processi neuronali rivestendoli di numerosi strati, dette guaine
mieliniche, la mielina è un fosfolipide che isola elettronicamente i
neuroni gli uni dagli altri per evitare il corto circuito, proprio come per i
cavi elettrici. Gli spazi tra le cellule, dette segmenti di guaina mielinica,
si chiamano nodi di Ranvier, nodi neuro fibrillari, dove avviene la
depolarizzazione durante la trasmissione dell’impulso elettrico. Il
nucleo e il citoplasma delle cellule di Schwann si trova sull’esterno
della guaina e costituiscono il neurolemma, importante per l’eventuale
rigenerazione dei dendriti e assoni in caso di danneggiamento del nervo.
Nel SNC le guaine mieliniche sono formate da oligodendrociti, che fanno parte della nevroglia, le
cellule specializzate che si trovano solo nel cervello e nel midollo spinale. Non trovandosi qui le
cellule di Schwann non esiste neurolemma e non può aver luogo la rigenerazione, pertanto la
recisione del midollo produce una perdita permanente delle funzioni. Un tipo particolare di
nevroglia è l’astrocita che, con la sua conformazione stellata, forma una rete in cui, durante il
periodo embrionale, migrano i neuroni che formeranno l’encefalo. Successivamente i processi
astrocitari si avvolgono ai capillare cerebrali e contribuiscono alla formazione della barriera
emato-encefalica, in grado di evitare che prodotti potenzialmente dannosi presenti nel sangue
possano diffondersi a livello cerebrale, impedendo, tuttavia, anche il passaggio di alcuni farmaci. I
capillari encefalici contribuiscono a questa barriera essendo meno permeabili dei capillari del resto
dell’organismo.
SINAPSI
È il piccolo intervallo tra l’assone di un neurone e i dendriti o il corpo cellulare del neurone
successivo. Al termine dell’assone, bottone sinaptico, si trovano vescicole contenenti il
neurotrasmettitore di origine chimica che viene rilasciato nella sinapsi, nel momento in cui giunge
un impulso nervoso elettrico. Il
neurotrasmettitore si diffonde nella sinapsi
combinandosi con i recettori posti sulla
membrana cellulare del neurone post-sinaptico
generando un impulso elettrico che si propaga
per l’assone di questo neurone fino alla
successiva sinapsi e così via. Un inattivatore
chimico posto nel corpo cellulare o nel dendrite
del neurone post-sinaptico, inattiva
velocemente il neurotrasmettitore per prevenire
impulsi non voluti o continui, a meno che un
nuovo impulso dal primo neurone non
provochi il rilascio di un numero maggiore di
neurotrasmettitori.
Figura 88 sinapsi
Figura 87 guaina mielinica
44
Alcune sinapsi sono dette eccitatorie perché il neurotrasmettitore determina nel neurone post-
sinaptico una depolarizzazione con trasmissione dell’impulso elettrico al neurone, alla cellula
muscolare o alla ghiandola successivi. Altre sono dette inibitorie perché il neurotrasmettitore
determina una iperpolarizzazione a livello del neurone post-sinaptico (che diviene più positivo
all’esterno a causa della fuoriuscita di ioni K+ dalla cellula) e pertanto non trasmette un impulso
elettrico. Ciò avviene durante il rallentamento della frequenza cardiaca o per il bilanciamento degli
impulsi eccitatori trasmessi alla muscolatura scheletrica.
Le sinapsi assicurano una trasmissione unidirezionale di impulsi in un organismo vivente. Un
impulso non può andare in senso contrario attraverso la sinapsi, poiché non vi sono
neurotrasmettitori rilasciati dai dendriti o dal corpo cellulare. I neurotrasmettitori possono essere
rilasciati solo dall’assone che, al contrario della membrana post-sinaptica, non possiede recettori per
i neurotrasmettitori.
Un importante neurotrasmettitore è l’acetilcolina (L'acetilcolina viene immagazzinata in vescicole
nella terminazione presinaptica; quando arriva l'impulso elettrico le vescicole si abboccano alla
membrana presinaptica e l'acetilcolina viene liberata) che si trova nelle giunzioni neuromuscolari,
nel SNC e in gran parte del SNP. Essa rende la membrana post-sinaptica più permeabile agli ioni
sodio, determinando la depolarizzazione del neurone post-sinaptico. La colinesterasi (o pseudo
colinesterasi (PChe) è un enzima inattivatore dell’acetilcolina. Altri neurotrasmettitori sono la
dopamina, noradrenalina, serotonina ecc. ognuno possiede un proprio inattivatore specifico.
Alcuni di essi sono riassorbiti dal neurone
che li ha secreti tramite il processo di
ricaptazione, determinando la fine
dell’effetto.
La trasmissione di impulsi elettrici è molto
rapida e la guaina mielinica incrementa la
velocità dal momento che si depolarizzano
solo i nodi di Ranvier, conduzione
saltatoria. Molti neuroni sono in grado di
trasmettere gli impulsi a una velocità di molti metri al secondo.
TIPI DI NEURONE
1) Neurone sensitivo: o neurone afferente portano gli impulsi dal recettore periferico al SNC,
percependo i cambiamenti dell’ambiente
esterno e inviando le informazioni sottoforma
di impulso. Il SNC interpreta questi impulsi
come sensazioni. I neuroni sensitivi della
pelle, in corrispondenza dei muscoli
scheletrici e delle articolazioni sono detti
somatici, quelli degli organi interni viscerali.
Figura 90 Neurone Sensitivo
Figura 89 Nodi di Ranvier
45
2) Neurone motorio: o neurone afferente portano gli impulsi dal SNC agli
effettori, cioè i muscoli e le ghiandole. I neuroni motori legati ai muscoli
scheletrici sono detti somatici; gli altri legati ai muscoli lisci, cardiaco e alle
ghiandole, sono detti viscerali.n 3) Interneurone: sono interamente nel SNC e
sono fatti in modo da poter trasmettere solo sensazioni, impulsi motori o
integrare queste funzioni. Alcuni sono legati alla facoltà del pensiero,
dell’apprendimento e della memoria.
NERVI E FASCI NERVOSI
Un nervo è formato da un gruppo si assoni e/o dendriti di molti neuroni, con vasi sanguigni e
tessuto connettivo. I nervi sensitivi sono costituiti solo da neuroni sensitivi,
come ad esempio il nervo ottico. I nervi motori sono costituiti solo da
neuroni motori; i nervi del SNA (autonomo) sono nervi motori. Un nervo
misto contiene sia neuroni sensitivi che motori, come gran parte dei nervi
sciatici.
Il termine fascio nervoso si riferisce ad un gruppo di neuroni situati
all’interno del SNC e sono preposti ad un’attività motoria e sensoriale e
sono ricoperte da guaine mieliniche che conferiscono il colore biancastro.
MIDOLLO SPINALE
Trasmette gli impulsi dal e
verso il cervello ed è il
centro integratore dei riflessi
del midollo stesso. È
racchiuso nel canale
vertebrale e avvolto dalle
menigi che lo proteggono da
lesioni meccaniche. Si
estenda dal forame
occipitale o forame magno
(si apre nella superficie
inferiore dell'osso occipitale
alla base della scatola cranica
e mette in comunicazione la
cavità cranica con il canale
vertebrale) fino al disco tra la
prima e la seconda vertebra
lombare.
La sostanza grigia situata
all’interno ha una tipica
forma ad H ed è costituita da
corpi cellulari di neuroni motori e interneuroni. La sostanza
bianca esterna è costituita da assoni rivestiti di mielina e dai dendriti di interneuroni. Al centro
troviamo il canale centrale, in cui scorre il liquido cerebrospinale in continuità con i ventricoli
cerebrali.
Figura 91 Neurone
Motorio
Figura 92 Nervi Ottici
Figura 93 Sezione del Midollo Spinale
46
NERVI SPINALI
Dal midollo spinale emergono 31 paia di nervi spinali indicati dal nome delle rispettive vertebre.
- 8 paia di nervi cervicali (C1- C8) nuca, collo, spalle, arti superiori, diaframma;
- 12 paia di nervi toracici (T1 – T12) T1 arto superiore, il resto tronco e collo;
- 5 paia lombari (L1 –L5)
- 5 sacrali (S1 – S5) fianchi, cavità pelvica, e arti inferiori
- 1 paio di corti nervi coccigei (CO1)
I nervi lombari proseguono oltre il midollo spinale, questa zona è chiamato
cauda equina.
Ogni nervo spinale possiede due radici:
- radice dorsale, costituita da neuroni sensitivi. Il ganglio della radice
dorsale costituisce un’ampia parte di questa radice e contiene i corpi
cellulari di neuroni sensori. Ganglio indica un gruppo di corpi cellulari fuori
dal SNC, che si trovano all’interno del canale vertebrale e quindi ben
protetti da eventuali lesioni meccaniche, ma è anche il luogo dove il virus
“Herpes Zoster”, che causa anche la varicella, si annida, salvo poi
virulentarsi causando il classico “Fuoco di S. Antonio” caratterizzato dalla
comparsa di vescicole a grappoli arrossate e dolorose.
- radice ventrale, o radice motoria, formata da neuroni motori i cui corpi
cellulari si trovano nella sostanza grigia del midollo spinale.
RIFLESSO: è una risposta involontaria, automatica, ad uno stimolo. I
riflessi del midollo spinale non dipendono direttamente dal cervello,
ma esso può inibirli o accentuarli. Il processo di invio e risposta ad uno
stimolo prende il nome di arco riflesso e consiste in 5 fasi: 1) Ricettori: percepisce un
cambiamento e genera impulso
2) Neuroni sensitivi: trasmettono impulsi dai recettori al SNC
3) SNC: contiene una o più sinapsi, compresi interneuroni
4) Neuroni motori: trasmetto gli impulsi dal SNC agli effettori
5) Effettori: compiono l’azione.
Un modo veloce ed efficace per controllare l’attività del Sistema Nervoso è la rilevazione dei
riflessi come ad esempio il
riflesso patellare o rotuleo
che è un riflesso di tensione
e si ottiene andando a
stimolare il nervo rotuleo,
posto sotto il ginocchio, con
un martelletto che causa
l’estensione della gamba,
facendo contrarre il muscolo
femorale. Altro tipo è il
riflesso flessorio o di
retrazione, a volte doloroso
e potenzialmente lesivo che tende a provocare azioni di allontanamento (la mano sul fuoco).
Figura 94 Nervi Spinali
Figura 95 Riflessi motori
47
ENCEFALO
Si compone di molte parti che si integrano fra loro. Le più importanti sono il midollo allungato, il
ponte e il mesencefalo(trono encefalico), il cervelletto, l’ipotalamo, talamo e il cervello
propriamente detto. Nel suo interno sono contenuti i ventricoli.
Midollo allungato o bulbo: si estende dal midollo spinale al
ponte ed è posto anteriormente rispetto al cervelletto. Contiene i
centri cardiaci, vasomotori e respiratori, centri riflessi per la
tosse, starnuto, deglutizione e vomito.
Ponte: sporge anteriormente dalla parte superiore del midollo
allungato. Contiene due centri per la respirazione che cooperano
con quelli del bulbo, e molti neuroni che lo mettono in
connessione con le altre parti dell’encefalo.
Mesencefalo: si estende dal ponte all’ipotalamo e comprende l’acquedotto cerebrale, collegato
con la terza e quarta cavità ventricolari. Contiene vari riflessi tra cui quelli visivi, uditivi e di
equilibri.
Cervelletto: il quarto ventricolo lo separa dal bulbo e dal ponte e si trova sotto i lobi occipitali del
cervello. Tutte le sue funzioni sono legate al movimento, coordinazione, regolazione del tono
muscolare, traiettoria corretta, capacità di arresto, mantenimento della posture, equilibrio. Sono tutte
funzioni involontarie, agendo al di sotto del livello di coscienza.
Ipotalamo: si trova sopra la ghiandola pituitaria e sotto al talamo. È una piccola area con
importanti funzioni, come:
- produzione dell’ormone antidiuretico (ADH stimola il rene a riassorbire l’acqua filtrata
riportandola nel sangue) e ossitocina, (causa delle contrazioni dell’utero per favorire il parto),
immagazzinati poi nella ghiandola pituitaria.
- stimolazione della ghiandola pituitaria tramite l’emissione di ormoni fattoriali, come l’ormone di
rilascio dell’ormone della crescita (GHRH).
- regolazione della temperatura corporea, stimolando la
sudorazione o brividi.
- regola il senso di fame o sazietà per l’introduzione del cibo,
rispondendo alle variazioni di concentrazione delle sostanze
nutritizie del sangue.
- Integrazione del funzionamento del SNA.
- Stimolazione delle risposte viscerali durante stress emotivi
- regolazione dei processi ritmici dell’organismo, secrezioni
ormonali, ciclo sonno/veglia, umore, stato di allerta. Definito
“orologio biologico” o “ciclo circadiano”.
Talamo: si trova sopra l’ipotalamo e sotto la corteccia. Il terzo
ventricolo è una stretta cavità che passa tra il talamo e l’ipotalamo.
Le funzioni del talamo sono legate alle sensazioni. Gli impulsi di
senso diretti al cervello, tranne quelli dell’olfatto, passano dal talamo che per primo raccoglie gli
impulsi e li integra in una sensazione unica inviata successivamente alla corteccia cerebrale che con
altre parti sensitive del cervello è in grado di interpretarla velocemente. Ad esempio si ritiene che il
talamo intervenga soprattutto nelle sensazioni spiacevoli, come il dolore, ma che non sia in grado da
solo di localizzare la provenienza di tale sensazione, che avviene a livello consapevole necessitando
Figura 96 encefalo
Figura 97 Talamo
48
quindi dell’intervento di aree sensitive cerebrali. Altra funzione è quella di reprimere sensazioni
minori, non importanti in modo temporaneo, permettendo la concentrazione su compiti ritenuti
prioritari. (Es: leggere un libro e non rendersi conto che ci è stata fatta una domanda).
Cervello propriamente detto: è la parte più voluminosa dell’encefalo e presenta due emisferi
separati da una fessura longitudinale alla cui base vi è il corpo calloso, una banda di 200 milioni di
neuroni che connettono l’emisfero sinistro con quello destro. Al centro di ciascun emisfero vi è un
ventricolo laterale. La superficie del cervello è formata da sostanza grigia detta corteccia
cerebrale, formata da corpi cellulari di neuroni e convoluta in pieghettature dette circonvoluzioni, i
cui spazi tra l’uno e l’altro sono detti scissure o solchi, che permette, come nei villi, di aumentare il
numero di neuroni nel cervello umano. Sotto la sostanza grigia è presente la sostanza bianca,
costituita da assoni avvolti da guaine mieliniche e da dendriti che connettono i lobi tra loro e con
tutte le altre parti del cervello. La corteccia cerebrale è divisa in lobi che assumono gli stessi nomi
delle ossa craniche all’esterno di ciascun emisfero, e ognuno ha funzioni diverse:
- lobo frontale: aree motorie che generano
impulsi per i movimenti volontari, come mani e
viso. L’area motoria di sinistra controlla i
movimenti della parte del corpo di destra e
quella di destra controlla la parte del corpo di
sinistra. Nei lobi e per alcuni solo nel sinistro vi
è l’area motoria del linguaggio, che controlla i
movimenti della bocca necessari per parlare.
- lobi parietali: è l’area generale sensoriale,
riceve impulsi dai recettori presenti nella pelle,
percependo e interpretando le sensazioni
cutanee e anche dai recettori di tensione per la
sensazione cosciente muscolare. La parte
sinistra controlla la parte destra e viceversa. Le parti più grandi di queste aree sono quelle deputate
alla sensibilità delle mani e del volto, dove sono più presenti i recettori cutanei e muscolari. Gli
impulsi dalle papille gustative giungono fino all’area del gusto, che ricopre i lobi parietali e
temporali.
- lobi temporali: contiene l’area olfattiva che riceve impulsi dai recettori nella cavità nasale, e
l’area dell’udito dai recettori dell’orecchio interno. Queste aree in associazione collegate con altre
imparano a riconoscere odori e suoni, mentre altre aree sono deputate all’interpretazione. Anche nei
lobi temporali e parietali sono presenti aree per la parola che intervengono nella formulazione dei
pensieri che precedono il discorso.
- lobi occipitali: contiene l’area visiva, che riceve impulsi attraverso i nervi ottici dalla retina e in
associazione con altre aree di interpretazione è in grado di elaborare ciò che gli occhi vedono. Altre
parti dei lobi occipitali sono legate alla spazializzazione, come giudicare le distanze o vedere in
modo tridimensionale.
- Aree associative: sono quelle non legate al movimento o particolari sensazioni. Sono quelle che
formano la personalità, capacità di ragionare e usare la logica, la memoria ecc. (Demenze senili e
Alzheimer)
- Gangli basali: sono ammassi appaiati di sostanza grigia posti all’interno della sostanza bianca
dell’emisfero cerebrale, operano in concerto con il cervelletto e intervengono in alcuni aspetti
Figura 98 Lobi cerebrali
49
subcoscienti dei movimenti volontari. Contribuiscono alla regolazione del tono muscolare e
coordinano i movimenti accessori, come muovere le braccia mentre camminiamo o gesticolare
mentre parliamo. (Parkinson)
- Corpo calloso: è una banda di fibre nervose che connettono l’emisfero destro con quello sinistro
facendoli comunicare continuamente e collaborare per le attività dell’organismo.
- Meningi e liquido cerebrospinale: le meningi sono le membrane di tessuto connettivo che
rivestono l’encefalo e il midollo spinale e sono
formate da tre strati: la dura madre, che è lo strato
più esterno che contorna il cranio e il canale
vertebrale; lo strato centrale aracnoide, (da
aracnidi, ragni) che forma un tessuto connettivo
intrecciato come una ragnatela; infine lo strato più
interno, la pia madre, una membrana molto fine
che riveste la superficie del midollo spinale e
dell’encefalo. Fra l’aracnoide e la pia madre vi è lo
strato sub aracnoideo, che contiene il liquido
cerebrospinale (LCS)
- Ventricoli: sono 4 cavità, due laterali, il terzo e
il quarto, e ognuno contiene una rete capillare
detta plesso coroideo, che forma il liquido
cerebrospinale (LCS) a partire dal plasma
sanguigno.
- LCS denominato anche liquor o acqua di roccia perché assolutamente limpido e zampilla alla
puntura lombare è considerato il tessuto liquido del SNC. Si
forma continuamente e scorre dal ventricolo laterale e dal terzo
ventricolo fluisce attraverso il quarto ventricolo verso il canale
centrale del midollo spinale, e infine negli spazi cranici e
subaracnoidei permeando la corteccia cerebrale, il midollo
spinale e i globi oculari. Parte del liquido è riassorbito
attraverso i villi aracnoidei nel sangue dei seni venosi cranici,
grandi vene all’interno della dura madre. Tra le varie funzioni,
ha quella di portare nutrimento ai neuroni dell’SNC e ridurre il
peso dell'encefalo e di consentirne la perfusione a pressioni
costanti, trovandosi al di sopra della pompa cardiaca. La
produzione è di tipo attivo (non dipende da pressione arteriosa)
e di circa 500ml al dì con un ricambio di tre volte al giorno. È presente in
quantità che variano da 60 a 200ml.
- Nervi cranici: sono dodici paia ed emergono dalla parte centrale
dell’encefalo o da altre parti di esso, con varie funzioni di trasporto di
impulso per e dal cranio.
Figura 99 Meningi
Figura 100 ventricoli
Figura 101 NERVI CRANICI
50
SISTEMA NERVOSO AUTONOMO (SNA)
È parte dell’SNP ed è formato da porzioni motorie di alcuni nervi cranici spinali. A comporlo sono i
motoneuroni viscerali, diretti ai muscoli, alla muscolatura liscia, al muscolo cardiaco e alle
ghiandole che sono gli effettori viscerali; i muscoli si contrarranno e si rilasceranno e le ghiandole
incrementeranno o diminuiranno le loro secrezioni. L’SNA è diviso in due sezioni: simpatico e
parasimpatico spesso in opposizione. L’attività delle due sezioni è integrate dall’ipotalamo, che
assicura che gli effettori viscerali rispondano in modo appropriato alle diverse situazioni. La via
nervosa autonoma porta l’impulso che parte da un neurone del SNC, neurone pre-gangliare, arriva
al ganglio e prosegue nel neurone post-gangliare. Il ganglio è formato dai corpi cellulari di
quest’ultimo.
SEZIONE SIMPATICA
Detta anche centro vegetativo toraco-lombare, che fa riferimento alla sede dove originano i
neuroni pre-gangliari simpatici. I loro corpi cellulari sono nella parte toracica e alcuni nei segmenti
lombari del midollo spinale. I loro assoni si estendono fino ai gangli simpatici, molti dei quali sono
localizzati in due formazioni a catena all’esterno della colonna spinale. All’interno dei gangli vi
sono le sinapsi fra i neuroni pre-gangliari, poi, giungono agli effettori viscerali. Un neurone pre-
gangliare spesso forma un legame sinaptico con molti neuroni post-gangliari e molti effettori.
Questa struttura anatomica ha un’importanza fisiologica. La sezione simpatica determina numerose
risposte in molti organi, entra in funzione nelle situazioni di stress, collera, paura o ansia.
SEZIONE PARASIMPATICA
Detta anche centro vegetativo cranio-sacrale, in cui i corpi cellulari dei neuroni pre-gangliari
parasimpatici sono situati nell’encefalo e nei segmenti sacrali del midollo spinale. I loro assoni sono
nelle coppie dei nervi cranici III, VII, IX, X e in alcuni nervi sacrali, estendendosi ai gangli
parasimpatici che sono vicinissimi o interni agli effettori viscerali e contengono i corpi cellulari
post-gangliari, con assoni molto corti verso le cellule degli effettori. La sezione parasimpatica
determina risposte di rilassamento promuovendo il normale funzionamento di molti apparati.
Da sottolineare che quando un organo riceve gli impulsi sia da nervi simpatici che parasimpatici, le
risposte sono opposte. In alcuni casi gli effettori viscerali ricevono solo impulsi simpatici e la
risposta contraria è ottenuta tramite la riduzione di questi impulsi attraverso il processo chimico
nelle sinapsi.
L’acetilcolina è il neurotrasmettitore rilasciato da tutti i neuroni pre-gangliari, sia simpatici che
parasimpatici ed è disattivata dalla colinesterasi nei neuroni post-gagliari. I neuroni post-gangliari
rilasciano tutti acetilcolina in corrsispondenza delle sinapsi con i loro effettori viscerali. La maggior
parte di loro liberano noradrenalina (norepinefrina) a livello della sinapsi con la cellula effettrice.
Essa viene inattivata dall’enzima COMT (cateto-O-metil transferasi) o MAO (monoamino-ossidasi)
o può essere rimossa per ricaptazione.
SISTEMA NERVOSO E INVECCHIAMENTO
L’encefalo nel tempo perde neuroni che possono causare un certo rallentamento della memoria e
perdita della capacità di risolvere i problemi rapidamente. Il movimento volontario diviene più
lento, come i riflessi e i tempi di reazione. Con l’invecchiamento del SNA possono comparire
secchezza oculare e costipazione. In seguito alla ridotta stimolazione simpatica della
vasocostrizione possono verificarsi episodi di ipotensione transitoria.
51
VIE SENSORIALI
I sensi forniscono continuamente informazioni sull’ambiente che circonda l’uomo, ma anche su ciò
che avviene all’interno dell’organismo, il dolore ne è un esempio.
Gli impulsi legati alle sensazioni seguono vie molto precise, formate da recettori, neuroni sensitivi,
vie o fasci sensitivi e aree sensitive che si trovano nella corteccia e interpretano le sensazioni.
Alcune caratteristiche delle sensazioni ci permettono di comprendere come funziona ciascuna area
sensitiva in base a informazioni provenienti dai recettori.
Proiezione
Le sensazioni sembrano provenire dall’area nella quale i recettori sono stati stimolati. Quando
tocchiamo un libro, la sensazione di tatto sembra essere sulla nostra mano, in realtà essa viene
percepita dalla corteccia cerebrale. Alcuni pazienti, a cui è stato amputato un arto, è possibile che
riferiscano dolore all’arto che in realtà non esiste più, arto fantasma. I recettori non sono più
presenti , ma la parte terminale del nervo tagliato continua a generare impulsi. Questi arrivano
nell’area del lobo parietale del cervello riservata a quell’arto e il cervello reagisce generando la
proiezione, la sensazione che l’arto sia ancora presente.
Intensità
Alcune sensazioni sono percepite più distintamente e intensamente di altre, ad esempio una luce
fioca stimolerà un numero ridotto di recettori, ma uno stimolo molto forte, come la luce del sole,
agirà su molti di più. Quando più recettori sono stimolati, un maggior numero di impulsi giunge
nell’area sensoriale del cervello. Il cervello “conta” gli impulsi proiettando una sensazione più
intensa.
Contrasto
L’effetto di una stimolazione precedente o simultanea rispetto a quella corrente, può esser per
questo accentuata o diminuita. Anche questa è una funzione del cervello, il quale compara
costantemente le sensazioni. Se durante una giornata molto calda noi ci tuffiamo in piscina, l’acqua
ci potrà sembrare abbastanza fredda all’inizio. Il cervello compara la nuova situazione con quella
precedente e, dal momento che vi è una notevole differenza, l’acqua ci sembra più fredda di quanto
non sia realmente.
Adattamento
Una graduale incapacità di reagire ad uno stimolo continuo. I recettori percepiscono i cambiamenti,
ma se lo stimolo è continuo esso non verrà recepito come una variazione di stato e i recettori
daranno origine ad impulsi sempre più deboli. Ad esempio l’acqua di una piscina, inizialmente
sembrerà fredda poi gradualmente il corpo si abitua a quella sensazione.
Immagine residua
La sensazione rimane anche dopo che lo stimolo è terminato. Ad esempio il flash per una foto.
SENSI CUTANEI
Sulla cute sono situati molteplici recettori per svariate sensazioni. I recettori del dolore sono
terminazioni nervose libere, che rispondono a ogni stimolo intenso. Una forte pressione, per
esempio, può essere percepita come dolore. I recettori per il tatto e la pressione sono terminazioni
nervose incapsulate, in cui intorno alle terminazioni sono poste delle strutture cellulari.
Le aree di senso della pelle si trovano nei lobi parietali e per il numero dei recettori l’area più
grande cutanea è quella della faccia e delle mani.
52
Dolore riferito: a volte il dolore che origina in organi interni può essere percepito in un’area
cutanea. Ad esempio un infarto del miocardio può essere percepito nel braccio sinistro e nella
spalla. Questo dolore è da attribuire all’attività cerebrale, in particolare del midollo spinale in cui vi
sono vie sensoriali condivise da impulsi cutanei e viscerali. Essendo molto più frequenti gli impulsi
cutanei il cervello proietta le sensazioni sulla pelle, ma quando provengono da un organo interno il
cervello può ancora proiettare le sensazioni all’area cutanea di sempre, che è più conosciuta.
SENSO DEL GUSTO
I recettori di questo senso sono presenti nei calici gustativi, situati maggiormente nelle papille
gustative della lingua. Sono detti chemocettori, percepiscono i composti chimici in soluzione nella
bocca. I composti chimici sono presenti nel cibo e il solvente è la saliva, quindi se la bocca è molto
asciutta, il gusto è indistinto. I recettori conosciuti sono quattro: dolce, salato, acido e amaro e nella
distinzione di sapore di un cibo composto interviene anche il senso dell’olfatto. Alcune preferenze
di gusto sono trasmesse geneticamente e sono legate al numero di papille gustative presenti. Gli
impulsi provenienti dai calici gustativi sono trasmessi dai nervi facciali e glossofaringei (VII e IX
paio di nervi cranici) all’area del gusto nella corteccia parieto –temporale. Alcuni farmaci possono
interferire con il senso del gusto, il quale diviene meno acuto con l’invecchiamento e spesso è causa
di malnutrizione.
SENSO DELL’OLFATTO
I recettori per l’olfatto (odorato) sono chemorecettori che
percepiscono le sostanze chimiche volatili che sono state
inalate nelle cavità nasali superiori. Questi stimolano i
recettori olfattivi che generano impulsi trasmessi dal I° paio di
nervi cranici attraverso l’osso etmoide fino ai bulbi olfattivi e
nell’area temporale. È un senso poco sviluppato rispetto ad
esempio ai cani che è almeno 200 volte più acuto.
L’adattamento sopraggiunge velocemente e odori gradevoli e sgradevoli
ben presto scompaiono. Incide anche sul senso del gusto in quanto in
caso di raffreddamento cambia il sapore dei cibi.
FAME E SETE
Possono essere considerate sensazioni viscerali perché dovute a cambiamenti interni. I recettori
della fame percepiscono cambiamenti del livello di nutrienti del sangue e dei livelli ematici di
alcuni ormoni rilasciati da stomaco, intestino e tessuto adiposo. Questa informazione giunge
all’ipotalamo. I recettori della sete rilevano informazioni sulla proporzione acqua/sale nel sangue.
Queste sensazioni che originano nell’ipotalamo sono percepite nello stomaco, per la fame e nella
faringe e bocca, per la sete. La sensazione della fame agisce come per gli altri sensi, se non
soddisfatta gradualmente diminuisce e l’organismo si adatta alla nuova situazione, utilizzando i
lipidi del tessuto adiposo immagazzinati per produrre energia fino al far abbassare il loro livello,
dopo il quale si scatena un nuovo impulso e la sensazione di fame. Per la sete è l’opposto, se non
soddisfatta cresce continuamente e l’organismo non si adatta. Ci sono costanti cambiamenti che i
recettori avvertono e una sete prolungata causa sofferenza.
Figura 102 olfatto
53
SENSO DELLA VISIONE
L’organo esterno preposto alla visione è il bulbo oculare che contiene i recettori della visione e un
sistema di refrazione per focalizzare i raggi di luce sui recettori posti sulla retina. Tra gli apparati
accessori sono presenti le palpebre che contengono un muscolo che consente l’abbassamento e
l’innalzamento per coprire la parte frontale del bulbo oculare. Sono rivestite da una fine membrana
detta congiuntiva che ricopre anche la parte bianca dell’occhio. Le lacrime sono il prodotto delle
ghiandole lacrimali localizzate nell’angolo superiore esterno del globo oculare. Piccoli dotti
raccolgono le lacrime nella parte anteriore del globo dove il movimento palpebrale spande il liquido
detergendo la superficie dell’occhio. Sono formate da acqua e contengono circa l’1% di cloruro di
sodio e un lisozima, un enzima che impedisce la crescita di batteri sulla superficie umida e calda
dell’occhio. Nell’angolo mediale della palpebra vi sono due piccole aperture verso il canale
lacrimale superiore e inferiore, che portano le lacrime nel sacco lacrimale fino al dotto naso
lacrimale per espellere nel naso.
Il bulbo è per gran parte situato all’interno
dell’orbita formata dalle ossa della
mascella, osso zigomatico, frontale,
sfenoide ed etmoide ed è mosso da sei
piccoli muscoli, detti estrinseci, innervati
dal III, IV e VI paio di nervi cranici, non
comandati dal pensiero.
L’occhio è formato da tre strati, la parte più
esterna è la sclera. È uno spesso strato
formato da fibre di tessuto connettivo ed è
la parte bianca dell’occhio. La sua porzione
più anteriore è la cornea, più trasparente e
senza capillari, che ha lo scopo di
rifrangere i raggi di luce. Lo strato di
mezzo è detto coroide e contiene i vasi
capillari e un pigmento blu scuro derivato
dalla melanina che
assorbe la luce che entra all’interno del bulbo
oculare prevenendo l’abbagliamento. Nelle parte
anteriore di questa vi è il corpo ciliare, il muscolo che muove la lente o
cristallino costituita da una proteina trasparente elastica che non possiede
capillari ed ha il compito di mettere a fuoco gli oggetti. Davanti alla lente è
l’iride, la parte colorata dalla melanina, il cui colore dipende dalla genetica. Il
diametro della pupilla è determinato da due gruppi di muscoli lisci e
permettono la dilatazione (simpatico) e la contrazione (parasimpatico).
La retina riveste i due terzi della parte interna del bulbo oculare e contiene i
recettori per la visione, cioè i coni e i bastoncelli. I primi percepiscono i
colori e sono più abbondanti nel centro retina, in particolare in un’area nota
come macula lutea, posizionata direttamente dietro la parte centrale della
lente. La fovea, è una piccola depressione nel contesto della macula ed è
Figura 103 occhio
Figura 104 Bastoncello
e cono
54
l’area preposta ad una migliore visione dei colori. I bastoncelli
avvertono la presenza della luce e sono più abbondanti verso la
periferia e ai bordi della retina.
All’interno dell’occhio vi sono due camere, la camera posteriore
è la più grande e si trova fra la lente e la retine e contiene l’umor
vitreo. Questa sostanza semisolida tiene la retina al suo posto. Se
il bulbo venisse forato e l’umor vitreo uscisse, la retina si
staccherebbe dalla coroide, una delle cause del distacco di retina.
La camera anteriore è fra la parte anteriore della lente e la cornea
e contiene l’umor acqueo, che è il liquido del bulbo oculare,
formato dai capillari e svolge una funzione nutritiva.
FISIOLOGIA DELLA VISIONE
I raggi di luce sono focalizzati sulla retina i cui recettori avviano
l’impulso e ne permettono il trasporto all’area della corteccia
cerebrale adibita alla visione. La luce attraversa la cornea, l’umor
acqueo, la lente e l’umor vitreo subendo una rifrazione (deviazione).
Ogni oggetto rifrange la luce che arriva a colpire la retina. Se
guardiamo un oggetto lontano, il muscolo ciliare è rilassato e la lente
è stirata e sottile. Se guardiamo un oggetto vicino, il muscolo ciliare si
contrae a formare un piccolo cerchio, la lente, che è elastica si ritrae e
diviene convessa al centro, acquistando un alto potere di rifrazione.
Una volta che la luce colpisce i coni e i bastoncini, si avvia una
reazione chimica che fa partire l’impulso trasmesso ai neuroni
gangliari che convergono nel disco ottico e formano il nervo ottico. I
due nervi ottici convergono a loro volta nel chiasma ottico, situato di
fronte alla ghiandola pituitaria, dove si incrociano per ricevere
impulsi da entrambi gli occhi per una visione binoculare. Le aree visive si trovano nei lobi
occipitali della corteccia cerebrale dove l’immagine che la retina trasmette rovesciata si raddrizza.
SENSO DELL’UDITO
L’organo preposto a questo senso è il padiglione auricolare. È
composto da orecchio esterno, medio e interno che oltre ai
recettori dell’udito contiene anche quelli dell’equilibrio.
L’orecchio esterno è costituito dal padiglione auricolare e dal
meato (piccola apertura) acustico esterno. Il padiglione
auricolare o pinna è costituito da cartilagine ricoperta da
pelle, si ritiene che la sua fisionomia non sia importante nella
propagazione del suono. Il meato acustico esterno o canale
uditivo è rivestito da cute contente ghiandole ceruminose.
L’orecchio medio è una cavità aerea nell’osso temporale, la
membrana timpanica (timpano) è tesa alla fine del meato
acustico esterno e vibra quando le onde sonore la colpiscono.
Queste vibrazioni sono trasmesse a tre ossicini: l’incudine, il
Figura 106 nervi ottici
Figura 107 orecchio
Figura 105 Coni e bastoncelli
sulla retina
55
martello e la staffa e quest’ultima a sua volta la trasmette tramite la finestra ovale all’orecchio
interno. Dall’orecchio medio la tuba di Eustachio si estende fino al nasofaringe, permettendo
all’aria di entrare o di lasciare la cavità dell’orecchio medio. La pressione dell’aria deve essere la
stessa della pressione atmosferica esterna in modo da consentire alla membrana acustica di
vibrare correttamente. Le tube di Eustachio dei bambini sono corte e quasi orizzontali e possono
permettere ai batteri di spingersi dalla faringe all’orecchio medio. (otite media).
L’orecchio interno è una cavità che prende il nome di labirinto osseo, rivestita da una membrana
del labirinto. La perilinfa è il liquido che si trova fra l’osso e la membra e l’endolinfa si trova
all’interno delle strutture
membranose dell’orecchio
interno. Di questa la coclea è
simile ad un guscio di
chiocciola formato da due
giri e mezzo. Internamente è
divisa in tre canali pieni di
liquido, quello di mezzo è il
dotto cocleare in cui sono
contenuti i recettori formati
da cellule ciliate chiamato
organo del Corti. Quando
un’onda sonora entra nel
meato acustico, le vibrazioni
percorrono la membrana del
timpano, il martello,
l’incudine, la staffa, la
finsetra ovale dell’orecchio
interno, perlinfa, endolinfa all’interno della coclea, cellule
ciliate dell’organo del corti, che piegandosi generano
impulsi che sono portati dall’ VIII nervo cranico al cervello, dove nei lobi temporali della corteccia
cerebrale sono percepiti, localizzati e interpretati. La finestra rotonda si trova sotto la finestra
ovale, è rivestita da una membrana ed è importante per ridurre la pressione durante il movimento
delle cellule ciliate. Due sacchi membranosi sono presenti nel vestibolo, fra la coclea e i canali
semicircolari. Sono l’utricolo e il sacculo. Sono formati da cellule ciliate ricoperte di una sostanza
gelatinosa che contiene piccoli cristalli di carbonato di calcio detti oteoliti. Seguono la gravità
attirando le cellule ciliate e facendole piegare durante il movimento della testa contribuendo al
mantenimento dell’equilibrio. Infine i canali semicircolari sono pieni di liquido e disposti su tre
piani. Alla base presentano una ampolla che contiene cellule ciliate sensibili al movimento.
SENSI E INVECCHIAMENTO
L’avanzare dell’età può comportare la diminuzione delle funzioni degli organi di senso. A livello
oculare, la cataratta può rendere la lente opaca, diminuendone l’elasticità provocando presbiopia
(difficoltà a vedere da vicino); aumenta il rischio di glaucoma e di degenerazione maculare. A
livello dell’orecchio, si ha una progressiva riduzione di funzionalità delle cellule ciliate, che non
possono essere rimpiazzate. Nell’anziano la sordità può essere lieve o grave, si perde prima la
sensibilità ai suoni acuti, poi ai suoni gravi. Il gusto e l’odorato diventano meno acuti e spesso
generano fenomeni di malnutrizione.
Figura 108 Fisiologia dell'udito
56
SISTEMA CARDIOVASCOLARE
SANGUE
Le funzioni principali sono il trasporto, la regolazione e la protezione. I materiali veicolati sono
formati da sostanze nutritive, prodotti di rifiuto, gas e ormoni.
- PLASMA: è la sua parte liquida, formato per il 91% da acqua, per il resto da proteine
plasmatiche e fattori della coagulazione, protrombina e fibrinogeno. La proteina più
abbondante è l’albumina che contribuisce alla pressione osmotica per il mantenimento del normale
volume ematico e pressione. Altre proteine fondamentali sono le globuline alfa e beta, sintetizzate
dal fegato e addette al trasporto di alcune molecole come i grassi, mentre le globuline gamma sono
anticorpi prodotti dai linfociti.
Il plasma serve anche per condurre il calore corporeo dagli organi che producono molta energia,
come fegato e muscoli, alle parti più fredde del corpo.
- GLOBULI ROSSI o eritrociti (GR) sono dischi biconcavi, il cui nucleo si disintegra quando
diventano maturi perché non più utili all’attività cellulare. Se ne contano
da 4,5 a 6 milioni per mm3 (millimetro cubico) di sangue. L’ematocrito
(Ht)è un test che misura il numero in percentuale rispetto agli altri
elementi del sangue e oscilla tra 38 e 48%. I GR contengono circa 300
milioni di molecole di emoglobina (Hb), una proteina adibita al trasporto
dell’ossigeno, che può legare fino a 4 molecole di O2, grazie alla
presenza di 4 atomi di ferro, responsabile anche del colore rosso del GR.
Essi si formano nel midollo osseo emopoietico delle ossa piatte e
irregolari, dalle cellule staminali, che sono specializzate e in grado di
differenziarsi. Queste hanno un’alta velocità di produzione delle varie cellule e diventeranno emazie
passando da alcune fasi di sviluppo di cui le ultime due sono il normoblasto e il reticolocita. In
media un GR vive circa 120 giorni al termine del quale è letteralmente fagocitato e digerito dai
macrofagi tessutali del fegato, milza e midollo osseo. Le sostanze liberate sono riutilizzate, come il
ferro che ritorn al midollo e quello in eccesso è immagazzinato nel fegato. L’emoglobina è scissa in
globina, parte proteica di cui sono riutilizzati gli aminoacidi, e in eme che viene convertito in
bilirubina dai macrofagi per essere espulsa, tramite il fegato, con la bile.
I GR possiedono sulla loro superficie gli antigeni proteici A-B-0 e il fattore Rh, altro antigene che
può essere presente (+) o assente (-), utilizzati per la determinazione del Gruppo Sanguigno.
- GLOBULI BIANCHI o Leucociti (GB): sono divisi in due gruppi,
granulati e non granulati e sono più grandi dei GR. Si trovano in numero di
5.000-10.000 cellule per mm3. I granulati sono prodotti dal midollo rosso e
sono i GB neutrofili, eosinofili e basofili, mentre i non granulati o
agranulati sono i linfociti e monociti che si formano nella milza, nei
linfonodi e nel timo. La formula leucocitaria è la percentuale di ciascun
tipo di leucocito. La loro funzione è quella di difesa dell’organismo
consentendo una certa immunità da malattie. I neutrofili e monociti sono
cellule fagocitarie, gli eosinofili detossificano le proteine estranee
intervenendo nelle reazioni allergiche. I basofili contengono i granuli di eparina e istamina, la
prima è un anticoagulante che interviene nella coagulazione all’interno dei vasi sanguigni, mentre la
Figura 109 Globulo Rosso
Figura 110 Globulo
Bianco
57
seconda è rilasciata durante il processo infiammatorio rendendo i capillari più permeabili per lasciar
passare i globuli bianchi e le proteine nei capillari danneggiati.
I linfociti si distinguono in cellule T e cellule B. I T riconoscono gli antigeni esterni potendone
distruggere alcuni e fermando la risposta immunitaria al momento opportuno. I B si trasformano in
plasmacellule produttori di anticorpi verso gli antigeni esterni.
- PIASTRINE o Trombociti: sono porzioni cellulari e si aggirano tra 150.000 e 300.000 mm3.
Provengono da cellule differenziate del midollo rosso i megacariociti, che, entrando in circolo, si
suddividono in piccoli frammenti che possono sopravvivere dai 5 ai 9 giorni, se non utilizzate. Sono
importanti per la funzione di emostasi, arresto della perdita ematica. Sono tre i meccanismi in cui
intervengono:
1) spasmo vascolare, in un grosso vaso leso si ha una contrazione
della muscolatura liscia, le piastrine rilasciano serotonina, un
neurotrasmettitore, che provoca vasocostrizione riducendo il
diametro del vaso permettendo la formazione del coagulo nella
parte lesa, che altrimenti sarebbe portato via dalla pressione
sanguigna.
2) tappo piastrinico, in un piccolo capillare rotto le piastrine
aderiscono alla superficie ruvida formando una barriera
meccanica.
3) Coagulo: in una lesione di vasi più grandi le piastrine
intervengono insieme ad altri fattori della coagulazione per
riparare il danno formando un coagulo di fibrina, una proteina
filamentosa che forma una rete in cui sono intrappolati i GR e
piastrine. All’arresto del sanguinamento avviene la retrazione del
coagulo e la fibrinolisi che avvicinando i bordi del vaso permette
la ricostruzione più piccola vera e propria. Importante è lo scioglimento del coagulo per fibrinolisi
che altrimenti darebbe luogo alla formazione di un coagulo più grande che potrebbe ostacolare il
flusso sanguigno.
CUORE
Dopo 4 settimane comincia a battere nell’embrione. Mediamente si stima che abbia circa 100.000
contrazioni al giorno. La sua funzione è
quella di pompare sangue attraverso le
arterie, i capillari e le vene. Si trova nella
cavità toracica, mediastino, tra i due
polmoni, con l’apice rivolto sinistra. E’
rivestito da tre membrane pericardiche:
fibrosa, più esterna, parietale e viscerale.
Tra la fibrosa e la parietale vi è un liquido
sieroso che previene lo sfregamento
durante la contrazione e il rilascio.
All’interno ci sono 4 cavità o camere
formate da muscolo cardiaco denominato
miocardio, e sono rivestite da un epitelio
squamoso semplice (cellule piatte), molto
Figura 111 coagulazione
Figura 112 Cuore
58
liscio che ricopre anche le valvole detto endocardio. Le due cavità superiori sono l’atrio destro e
sinistro, che hanno pareti sottili separate dal setto interatriale. Le due cavità inferiori sono il
ventricolo destro e sinistro con pareti più spesse separate dal setto interventricolare. Il sangue
arriva nell’atrio destro portato dalla vena cava
superiore, e dalla vena cava inferiore;
durante la costrizione (sistole), passa nel
ventricolo destro. Tra le due cavità si apre e si
chiude la valvola atrio-ventricolare destra o
valvola tricuspide, a prevenire il rigurgito. Da
questo ventricolo il sangue venoso è pompato
nell’arteria polmonare passando per la
valvola polmonare semilunare, formata da
tre lembi. Dopo essersi ossigenato nei polmoni
il sangue torna attraverso la vena polmonare
nell’atrio di sinistra che a sua volta lo
pomperà, attraverso la valvola mitrale o
bicuspide, nel ventricolo sinistro che avendo pareti
più spesse rispetto all’altro si contrae con più forza
pompando il sangue nell’aorta, l’arteria più grande
del nostro organismo, passando attraverso la
valvola semilunare aortica. Alcune cellule presenti
negli atri hanno l’importante funzione di produrre
un ormone (peptide natriuretico atriale) che
interviene a livello renale per il rilascio di sodio e
quindi di acqua per il mantenimento della pressione
arteriosa.
Dall’aorta ascendente nascono i primi due vasi
sanguigni che sono le arterie coronarie, destra e
sinistra che si ramificano in vasi sempre più piccoli,
capillari coronarici, rivestendo e nutrendo il tessuto
cardiaco. Corrispondono i capillari venosi che
raccolgono il sangue un grande seno coronarico, che lo riporta nell’atrio destro. In caso di
ostruzione dell’arteria coronarica, ad esempio per un coagulo, quella parte di tessuto coronarico non
irrorato diventerà ischemica, (senza nutrimento) e il perdurare di questa situazione porterà
all’infarto con la formazione di un’area di tessuto necrotico (morto).
Il ciclo cardiaco è la sequenza di eventi che si susseguono in un battito cardiaco, cioè la
contrazione simultanea dei due atri seguita, dopo una frazione di secondo, dalla contrazione dei due
ventricoli. Perché ciò avvenga le cellule muscolari cardiache hanno la capacità di contrarsi
spontaneamente attraverso un pacemaker naturale (segnapassi), il nodo seno-atriale (SA) situato
nella parete dell’atrio destro, è il punto che si depolarizza più rapidamente di qualsiasi altra parte
del miocardio. Dal nodo seno-atriale gli impulsi decorrono verso il nodo atrio-ventricolare (AV)
che si trova nella parte inferiore del setto interatriale generando la sistole atriale. All’interno della
parete superiore del setto interventricolare si trova il fascio di His, che riceve l’impulso dall’nodo
Figura 113 Valvole cardiache
Figura 114 Arterie e vene coronariche
59
AV e li trasmette ai fasci delle branche destra e sinistra fino alle fibre di Purkinje, provocando
la sistole ventricolare. Questa attività elettrica è registrabile dall’elettrocardiogramma (ECG).
La frequenza cardiaca a riposo si aggira in un adulto intorno ai 60/80 battiti al minuto, se inferiore
ai 60 si parala di bradicardia, se superiore agli 80 di
tachicardia. Nei bambini intorno ai 100, nei neonati 120 e
nel feto fino a 140. Più è piccolo l’individuo più elevato è il
metabolismo e maggiore la frequenza cardiaca. Mentre gli
atleti ben allenati possono scendere fino ai 35/40 battiti al
minuto. Essendo il cuore un muscolo, un esercizio costante e
di una certa entità lo rende una pompa più efficiente,
mantenendo una gittata cardiaca, idonea al trasporto di
ossigeno ai vari distretti dell’organismo. La gittata cardiaca
è la quantità di sangue pompata dal ventricolo in un minuto.
La frequenza cardiaca è mantenuta sia dall’autonomia del
muscolo cardiaco, sia dall’intervento del SNC. Il midollo
allungato del cervello contiene i due centri cardioregolatori,
centro acceleratore e centro inibitore, che inviano impulsi attraverso i nervi del SNA, simpatico e
parasimpatico.
ARTERIE
Trasportano il sangue dal cuore ai capillari, arteriole. È
formata da tre tuniche:
- tunica interna, rivestita di epitelio squamoso semplice,
endotelio uguale a quella interna cardiaca, liscia per prevenire
la formazione di coaguli.
- tunica media, muscolatura liscia e tessuto connettivo
elastico che mantengono la pressione sanguigna
- tunica esterna, tessuto connettivo fibroso, molto forte e
resistente.
AORTA: l’aorta è un vaso unico e continuo che si divide in varie parti. L’aorta ascendente è
costituita dai primi 2 -3cm. che emergono dalla parte superiore del
ventricolo sinistro. Il suo arco curva posteriormente sopra il cuore
piegando verso il basso davanti e a sinistra della colonna vertebrale.
L’aorta toracica prosegue inferiormente attraverso la cavità toracica e il
diaframma, prendendo il nome di aorta addominale fino a livello della
quarta vertebra lombare, dove si divide nelle due arterie iliache comuni.
Ogni tratto dell’aorta ha diverse ramificazioni, l’aorta ascendente ha due
rami che portano il sangue al cuore, sull’arto aortico partono tre rami
che riforniscono testa e braccia attraverso l’arteria brachicefalica,
carotide interna ed esterna e succlavia.
Figura 115 Impulso cardiaco
Figura 116 Arteria
Figura 117 Aorta
60
VENE
Trasportano il sangue dai capillari, venule, al cuore. Le tre tuniche sono simili alle
arterie, ma con alcune importanti differenze.
- tunica interna, rivestita di epitelio squamoso semplice ed intervallata da
ripiegature del tessuto che formano delle valvole per prevenire il riflusso di sangue.
Sono presenti maggiormente negli arti inferiori, dove il sangue deve, in stazione
eretta, ritornare al cuore vincendo la forza di gravità.
- tunica media e tunica esterna, più sottili perché non regolano la pressione
arteriosa.
ANASTOMOSI
È la connessione tra arteria e arteria o vena e vena, in modo da garantire
l’afflusso di sangue al tessuto nel caso che una delle due sia ostruita o
danneggiata. Un importante anastomosi arteriosa intracranica è quella del
circolo di Willis, un circolo intorno all’ipofisi formato dalle arterie carotidi
interna destra e sinistra e dall’arteria basilare che origina dall’unione della
arterie vertebrali destra e sinistra.
Si possono creare anastomosi artificiali per riparare un danno o per facilitare
alcune operazioni come la dialisi. Durante la seduta dialitica, infatti, il flusso
di sangue da e per il filtro dializzante è continuo, con un passaggio globale di un quantitativo che va
dai 70 ai 90 litri di sangue per ciascuna seduta; l’accesso vascolare quindi deve avere particolari
caratteristiche di flusso e portata.
CIRCOLAZIONE POLMONARE
Detta anche piccolo circolo, in cui il ventricolo destro pompa il sangue nell’arteria polmonare
(tronco polmonare) che si divide in arteria polmonare destra e sinistra. All’interno dei polmoni
ciascun ramo si ramifica in arteriole fino ai
capillari che circondano gli alveoli polmonari,
dove avvengono gli scambi gassosi di ossigeno
(O2) e anidride carbonica (CO2). I capillari si
uniscono poi a formare le venule, che via, via si
ingrandiscono fino a dar luogo alla vena
polmonare destra e sinistra che riportano il
sangue all’atrio sinistro. Il sangue ossigenato
passa ora nella circolazione sistemica.
Figura 118 Vena
Figura 119 Anastomosi
Figura 120 Circolazione polmonare
61
CIRCOLAZIONE SISTEMICA
L’atrio di sinistra ha ricevuto il sangue proveniente
dalle vie polmonari e lo passa nel ventricolo sinistro.
Questo contraendosi lo pompa nell’aorta che si
ramifica in arterie più piccole fino ai capillari che
raggiungono tutti i distretti del corpo. I capillari
formano poi le venule e le vene che dalla parte
inferiore del corpo conducono il sangue alla vena cava
inferiore. Le vene dalla parte superiore del corpo
conducono il sangue alla vena cava superiore. Queste
due grosse vene conducono il sangue fino all’atrio
destro
CIRCOLAZIONE PORTALE EPATICA
È una sezione della circolazione sistemica che il
sangue percorre dall’apparato digerente e dalla
milza prima di raggiungere il fegato e tornare al
cuore. Il sangue dai capillari dello stomaco,
intestino, colon, pancreas milza fluisce in due
grandi vene, la vena mesenterica superiore e la
vena splenica, che si uniscono per formare la vena
porta. Questa trasporta il sangue nel fegato dove si
ramifica abbondantemente e riversa il sangue nei
sinusoidi, i capillari del fegato. Da qui il sangue
fluisce nelle vene epatiche fino alla vena cava
inf
eri
ore
per tornare all’atrio destro.
La circolazione portale, cioè attraverso il
parenchima epatico ha una funzione
importantissima di rimozione di tutte quelle
sostanze che potrebbero danneggiare l’organismo e
di immagazzinamento delle sostanze in eccesso o
comunque necessarie allo svolgimento delle
funzioni dell’organismo. Ad esempio il glucosio,
con la digestione dei carboidrati viene assorbito nei
Figura 121 Circolazione Sistemica
Figura 122 Circolazione portale epatica
Figura 123 porzione epatica
62
capillari intestinali; se questo dovesse giungere direttamente al cuore e poi ai reni sarebbe eliminato
con le urine. Invece il sangue proveniente dall’intestino passa direttamente attraverso i sinusoidi
epatici e le cellule epatiche rimuovono l’eccesso di glucosio convertito in glicogeno (polimero
ramificato del glucosio formato da molte unità di glucosio unite fra loro). Il sangue che ritorna al
cuore avrà un livello di glucosio nei limiti della norma. Anche l’alcol è assorbito nei capillari dello
stomaco dove in parte è attaccato da un enzima, l’alcool-deidrogenasi (ADH gastrica), molto meno
presente nella donna rispetto all’uomo. La restante parte è portata al fegato tramite il circolo portale
e viene metabolizzata. Se vi è un eccesso di alcol il fegato non è in grado di metabolizzarlo del tutto
e si verificano i fenomeni tipici dell’alcolismo.
CIRCOLAZIONE FETALE
Il feto dipende dalla madre per l’ossigeno, le sostanze nutritive e la
rimozione della CO2 e dei prodotti di rifiuto tramite la placenta che
contiene vasi sanguigni fetali e materni. Il sangue del feto non si mescola
con quello della madre; le sostanze vengono scambiate per diffusione e
attraverso meccanismi di trasporto attivo. Il cordone ombelicale è la
connessione tra feto e placenta. In esso sono contenute le due arterie
ombelicali e una vena ombelicale. Le arterie ombelicali sono rami delle
arterie iliache interne fetali e portano il sangue dal feto alla placenta, dove
la CO2 e i prodotti di rifiuto del sangue fetale entrano nella circolazione
fetale tramite la vena ombelicale. Questa nel corpo del feto si dirama e
porta una minima parte di sangue al fegato e la maggior parte, attraverso il
dotto venoso, nella vena cava inferiore e all’atrio destro. Dopo la nascita, il cordone viene tagliato e
la parte rimante di questi vasi fetali si chiude divenendo non funzionale.
PRESSIONE SANGUIGNA
È la forza che il sangue esercita contro le pareti dei vasi sanguigni. L’azione di pompa dei ventricoli
genera la pressione sanguigna che si misura in mmHg (millimetri di Mercurio). Nella misurazione
si ottengono due rilevazioni la pressione sistolica, la più alta e rappresenta la pressione arteriosa
generata dalla contrazione del ventricolo sinistro che pompa il sangue nell’aorta. La pressione
diastolica, è la più bassa e corrisponde alla fase in cui il ventricolo sinistro si rilascia (diastole) e
non esercita alcuna forza. La pressione diastolica è mantenuta dalle arterie e arteriole. Il punto di
pressione maggiore è nell’aorta che riceve la maggior quantità di sangue e man mano che la gittata
si distribuisce nelle estremità, la pressione sulle arterie diminuirà. L’ipertensione è la presenza di
una pressione sistemica costantemente al di sopra della norma (130/85) mentre l’ipotensione al
contrario è una pressione al di sotto della norma.
La pressione polmonare è prodotta dal ventricolo destro che presenta pareti più sottili e genera una
forza pari a 1/6 rispetto a quella esercitata dal ventricolo sinistro ( 20-25/8-10 mmHg) e nei capillari
polmonari è ancora più bassa per prevenire la filtrazione che porta ad accumulo di liquidi negli
alveoli polmonari (edema polmonare).
MANTENIMENTO DELLA PRESSIONE
Avviene tramite vari meccanismi:
1) ritorno venoso è la quantità di sangue che torna al cuore dalla periferia, se per qualche motivo
questo ritorno dovesse essere al di sotto del limite fisiologico (emorragia), le fibre muscolari del
Figura 124 Circolazione
Fetale
63
muscolo cardiaco non verranno sottoposte a tensione e la forza della sistole ventricolare si ridurrà
abbassando la pressione sanguigna. I meccanismi per mantenere il ritorno venoso sono la
costrizione delle vene, la pompa dei muscoli scheletrici e la pompa respiratoria. Questa esercita la
sua azione sulle vene che passano attraverso la cavità toracica durante l’inspirazione ed espirazione.
2) frequenza e forza cardiaca se queste aumentano, aumenta anche la pressione, ad esempio
durante un esercizio fisico, tuttavia se il cuore batte in modo estremamente rapido, i ventricoli
possono non riempirsi completamente tra un battito e l’altro e la portata cardiaca e la pressione
scenderanno (fibrillazione, scompenso).
3) resistenza periferica riferita alla resistenza dei vasi periferici che essendo sempre più ristretti
contribuiscono a mantenere la pressione diastolica costante,
4) elasticità delle grandi arterie che si rilasciano assorbendo la gittata del ventricolo sinistro
contraendosi successivamente mantenendo la pressione diastolica costante
5) viscosità del sangue che dipende dalla presenza di emazie e proteine plasmatiche, albumina. Se
questa viscosità aumenta, aumenta anche la pressione
6) emorragia
7) ormoni come l’adrenalina e noradrenalina, l’ormone antidiuretito (ADH), aldosterone.
8) meccanismi intrinseci sono quei meccanismi interni che sfruttano le caratteristiche dell’organo:
- il cuore come muscolo con fibre che si rilasciano e si contraggono.
- il rene in cui il flusso di sangue al suo interno diminuisci permettendo la filtrazione e la
formazione di urina. Stimolato dagli ormoni aumenta o diminuisce la filtrazione aumentando o
diminuendo la formazione dell’urina.
9) meccanismi nervosi vari centri contenuti nel midollo allungato intervengono nella regolazione
della pressione, centro acceleratore, inibitore e stimolatori dei seni carotidei, aortici, nodo seno
atriale e atrioventricolare.
APPARATO VASCOLARE E INVECCHIAMENTO
L’invecchiamento dei vasi sanguigni, soprattutto delle arterie inizia
già in età infantile, ma gli effetti sono evidenti solo dopo molti anni. I
depositi di colesterolo presenti nelle placche aterosclerotiche sono un
fenomeno normale con l’avanzare degli anni, provocando a volte
l’occlusione delle arterie coronarie o carotidee. La presenza di
placche può aumentare la pressione arteriosa aumentando il danno
sulle arterie. Le vene si deteriorano e le loro pareti diventano più
sottili perché spesso, specie a livello degli arti inferiori, devono
contenere un quantitativo di sangue maggiore, che non riesce a
seguire un ritorno al cuore corretto. Si dilatano dando luogo a vene
varicose o flebiti.
Figura 125 Placche
ateromatose
64
SISTEMA LINFATICO E IMMUNITA’
È una complessa rete composta dai linfonodi, dai vasi linfatici, milza e timo, che drena i tessuti
dalla linfa, riversandola nella vena cava. E’ un importante
componente del sistema immunitario, ha quattro funzioni in
relazione tra loro:
- rimozione dei fluidi in eccesso dai tessuti
- assorbimento di acidi grassi e conseguente trasporto di
grasso e chilo (liquido lattiginoso) verso il sistema
circolatorio
- produzione di cellule immunitarie come linfociti, monociti
- produzione di anticorpi.
La linfa è un liquido a reazione debolmente alcalina, che
circola nel sistema dei vasi linfatici. È costituita
essenzialmente da acqua, proteine,
elettroliti, grassi, e da linfociti; a causa
del suo contenuto in fibrinogeno,
coagula se viene estratta dai vasi
linfatici. Normalmente è un liquido
trasparente o leggermente giallognolo
(emolinfa), ma la sua composizione può
variare a seconda del distretto di
provenienza (istolinfa): es. la linfa che
circola nei vasi linfatici del tubo
intestinale si chiama chilo (chilolinfa),
ed è ricca in chilomicroni, goccioline di grasso finemente sospese. Il movimento della linfa nel
sistema linfatico è dovuto in parte all'attività della muscolatura liscia presente nelle pareti dei vasi
linfatici, in parte ad altri fattori quali la contrazione dei
muscoli scheletrici, la pulsazione dei vasi sanguigni, la
pressione negativa intratoracica, la contrazione del
diaframma ecc. Per la presenza di valvole nel lume dei
vasi linfatici, il movimento della linfa è unidirezionale.
Quando nel corpo ci sono delle infezioni questi linfonodi
si ingrossano, come anche la milza, le tonsille o il timo.
I linfonodi sono strutture capsulate da tessuto connettivo
fibroso denso i cui fibroblasti secernono fibre collagene a
formare l’impalcatura per le trabecole in cui penetrano i
Figura 126 Sistema immunitario
Figura 128 Linfonodo
Figura 127 Sistema linfatico
65
vasi sanguigni e nervi. Non vanno confusi con le ghiandole poiché non producono nessun tipo di
secreto; essi funzionano come dei filtri: raccolgono e distruggono batteri e virus grazie ad un
reticolo a nido d'ape, costituito da tessuto connettivo e ricco di linfociti. Quando l'organismo sta
combattendo un'infezione, i linfociti si moltiplicano rapidamente e danno luogo ad un caratteristico
rigonfiamento dei linfonodi.
La milza è situata nel quadrante superiore sinistro della cavità addominale, compresa tra la parete
posteriore del corpo dello stomaco e la faccia anteriore del rene sinistro, appena sotto il diaframma
(tramite il quale contrae rapporti con la pleura e il polmone destro), ed è rivestita quasi
completamente dal peritoneo. Le funzioni più importanti sono il filtraggio meccanico, che rimuove i
globuli rossi senescenti, e il controllo delle infezioni. Fino al quinto mese di gestazione, quando il
midollo osseo inizia a funzionare, la milza ha importanti funzioni emopoietiche. Dopo la nascita
non resta alcuna significativa funzione emopoietica eccezione fatta in alcune malattie ematologiche.
Il timo è un organo linfoepiteliale "transitorio", che diminuisce di
dimensioni con l'avanzare dell'età in quanto subisce una infiltrazione di
tessuto adiposo, fino a costituire il corpo adiposo retrosternale. I
linfociti prodotti dal timo sono i linfociti T. Una volta maturi migrano
dal timo e costituiscono il repertorio periferico responsabile di vari
aspetti della risposta immunitaria acquisita. La regressione del timo in
età troppo precoce a causa di una mutazione genetica (come nella
sindrome di
DiGeorge) si risolve in
una immunodeficienza
acuta e alta
suscettibilità a
infezioni.
IMMUNITA’
È la condizione grazie alla quale l’organismo umano è in grado di combattere gli agenti infettivi (
virus, batteri, funghi, protozoi). L’immunità comprende due diverse forme:
1) L’immunità innata funziona come prima linea di difesa verso gli agenti infettivi. I suoi elementi
principali sono la cute e gli epiteli che rivestono le vie respiratorie, digestive, riproduttive e urinarie,
cellule del sangue quali macrofagi, cellule natural killer, leucociti polimorfonucleati, e sostanze
quali i fattori del complemento (proteine) e il lisozima (enzima presente in molti tipi di secrezione,
e in grado di distruggere la parete cellulare di molti batteri). Questa forma di immunità innata è
anche detta naturale o congenita.
2) Se un agente infettivo riesce a superare i meccanismi di difesa dell’immunità innata, viene
chiamata in causa l’immunità adattativa (nota anche come immunità acquisita), che è in grado di
produrre una risposta immunologica specifica, della quale l’organismo conserva una memoria (cioè
se a distanza di tempo viene nuovamente a contatto con quell’agente infettivo, l’organismo risulterà
immune e quindi protetto). Gli elementi fondamentali dell’immunità acquisita sono i linfociti e gli
anticorpi. La specificità e la memoria dell’immunità acquisita sono sfruttate nelle vaccinazioni.
Figura 129 Milza
Figura 130 Timo
66
APPARATO RESPIRATORIO
Svolge l’importante funzione di far entrare e uscire aria dai polmoni, che sono la sede di scambio di
ossigeno e anidride carbonica tra l’aria atmosferica e il sangue. Tutte le nostre cellule devono
ricevere ossigeno per attivare l’ATP, e devono potere eliminare la CO2 come prodotto di rifiuto
della respirazione cellulare.
L’apparato respiratorio è suddiviso in:
- vie respiratorie superiori, che comprendono strutture esterne alla cavità toracica, naso e cavità
nasali, faringe, laringe e parte superiore della trachea;
- vie respiratorie inferiori che comprendono la parte inferiore della trachea, bronchi e polmoni.
Naso e cavità nasali: è il luogo in cui l’aria entra ed esce, il naso è formato da osso e cartilagine e
rivestito di pelle. All’interno delle narici sono presenti peli che hanno lo scopo di bloccare l’entrata
della polvere. Le due cavità nasali sono situate nel cranio e separate dal setto nasale, una lamina
ossea e rivestite da mucosa nasale, formata da epitelio ciliato, che secerne muco ed è anche sede
dei recettori dell’olfatto. I seni paranasali sono cavità aeree della mascella, del frontale, dello
sfenoide e dell’etmoide, ricoperta da epitelio ciliato che secerne muco espulso attraverso dei piccoli
condotti all’interno delle cavità nasali. La loro funzione è quella di alleggerire il cranio e dare
risonanza alla voce.
Figura 131 Apparato Respiratorio
67
Faringe: è un canale muscolare situato posteriormente rispetto alle cavità nasali e anteriormente
alle vertebre cervicali. Si divide a sua volta in nasofaringe, orofaringe e laringofaringe. Il
nasofaringe è posto dietro le cavità nasali e durante la deglutizione è chiuso dal palato molle a
impedire che il cibo e saliva risalgano verso l’alto. Nella parte posteriore del nasofaringe sono
presenti le adenoidi (tonsille faringee), noduli
linfatici, che contengono macrofagi. In questa
porzione si aprono le tube di Eustachio che si
collegano all’orecchio. Il nasofaringe è percorsa
solo dall’aria che in questo primo tratto viene
depurata e riscaldata. L’orofaringe è dietro la cavità
orale e la sua mucosa è di epitelio squamoso
stratificato in continuità con quella orale. Sulle
pareti laterali vi sono le tonsille palatine, che
insieme alle adenoidi e tonsille linguali formano un
anello linfatico attorno alla faringe che distruggono
gli agenti patogeni. Il laringofaringe è la parte pià bassa e si
apre anteriormente nella laringe e posteriormente all’esofago.
La contrazione della parete muscolare
dell’orofaringe e della laringofaringe è parte del
riflesso della deglutizione.
Laringe: oltre al passaggio di aria è definita la cassa
vocale. Costituita da 9 parti cartilaginee connesse da
legamenti che le permettono di non collassare. La
sua mucosa è rivestita da epitelio ciliato e in
corrispondenza delle corde vocali di epitelio
squamoso stratificato. Le corde vocali si trovano da
entrambi i lati della glottide, si stendono ai suoi lati
durante la respirazione per far entrare e uscire
liberamente l’aria dalla trachea. Per far uscire la voce le corde vocali
si tendono e l’aria espirata le fa vibrare producendo il suono.
Trachea: è lunga circa 10-13 cm. e si estende dalla laringe fino ai
bronchi principali. La sua parete contiene da 16 a 20 formazioni
cartilaginee a forma di C che la mantengono pervia e si dilata durante
il passaggio del cibo. La mucosa è ciliata con cellule calciformi.
Bronchi principali: sono le diramazioni della trachea che entrano nei
polmoni dove si dividono in ulteriori rami che raggiungono i lobi di
ciascun polmone, albero bronchiale, fino a formare i bronchioli
che radunati a grappolo formano gli alveoli.
Gli alveoli sono le unità funzionali del polmone e le loro cellule sono
piatte di epitelio squamoso semplice. Sono milioni per ogni polmone
e ogni alveolo è circondato da una rete di capillari. All’interno degli
alveoli si trovano i macrofagi. Nello spazio fra i grappoli vi è tessuto
connettivo elastico, importante per l’inspirazione e ognuno è ricoperto
da un sottile strato di liquido tessutale, essenziale per la diffusione dei
gas.
Figura 132 Prime vie respiratorie
Figura 133 Laringe
Figura 134 Trachea e bronchi
68
Polmoni sono ricoperti esternamente dalla pleura parietale ed internamente da quella viscerale,
tra le due membrane vi è un liquido sieroso
che le protegge dallo sfregamento e le
mantiene unite durante la respirazione. Di
consistenza molle e spugnosa e di colorito
roseo nel neonato, grigiastra nell’adulto.
Sono divisi in lobi dalle scissure polmonari,
in cui affonda la pleura il polmone destro ha
tre lobi, superiore, medio, inferiore; il
polmone sinistro ne ha due, lobo superiore e
inferiore.
MECCANISMO DELLA
RESPIRAZIONE
Ventilazione è il passaggio di aria da e verso
gli alveoli. I muscoli diaframma,
intercostali interni ed esterni permettono
gli atti respiratori, formati ognuno da una
inspirazione, seguita da una espirazione.
L’impulso che dà origine all’inspirazione
parte dal midollo allungato, percorre il nervo
frenico e arriva al diaframma che si abbassa e appiattisce e ai nervi intercostali che muovono i
muscoli intercostali esterni spostando le coste verso l’alto e l’esterno. In questo modo all’interno dei
polmoni si crea una pressione negativa, rispetto alla pressione atmosferica, e l’aria penetra al loro
interno. Durante l’espirazione si ha una diminuzione degli impulsi motori dal midollo, il
diaframma si alza e i muscoli intercostali esterni sono rilasciati, provocando l’abbassamento e la
restrizione delle coste. I polmoni si comprimono e l’aria viene espulsa.
L’inspirazione è quindi un processo attivo, che richiede contrazione muscolare, mentre
l’espirazione normale è un processo passivo e dipende in gran parte dalla elasticità dei polmoni.
VOLUME POLMONARE
Misura l’elasticità polmonare:
- Volume corrente: è la quantità di una normale inspirazione seguita da una espirazione, circa 500
ml (millilitri)
- Volume respiratorio al minuto: la quantità di aria inspirata ed espirata in un minuto contando gli
atti respiratori (normali da 12 a 20)
- Volume di riserva inspiratoria: la quantità di aria inspirata oltre il volume corrente ( 2000 -3000
ml)
- Volume di riserva espiratoria: la quantità di aria espirata oltre il volume corrente ( 1000 -1500
ml)
- Capacità vitale: la somma del volume corrente, della riserva inspiratoria ed espiratoria (3500-
5000 ml)
- Volume residuo: la quantità di aria che rimane nei polmoni dopo la più profonda espirazione
(1000 – 1500).
Figura 135 Lobi polmonari
69
La misurazione di questi volumi avviene tramite
spirometria, strumento che rileva e quantifica lo
spostamento di aria.
REGOLAZIONE DELLA RESPIRAZIONE
Avviene attraverso due meccanismi principali:
1) regolazione nervosa: i centri respiratori sono
situati nel midollo allungato e nel ponte. Il centro
inspiratorio genera impulsi in modo automatico e
ritmico provocando l’entrata di aria nei polmoni
che si gonfiano. I
recettori
(barocettori) nel
tessuto polmonare
inviano impulsi
inibitori. Il centro espiratorio viene stimolato quando sono necessarie
espirazioni forzate. Anche l’ipotalamo interviene influenzando i
cambiamenti del respiro in situazioni emozionali. Nel midollo
allungato si trovano anche i centri della tosse e dello starnuto che
rimuovono sostanze irritanti dalle vie respiratorie superiori.
2) regolazione chimica: si riferisce agli effetti del pH e del livello di
O2 nel sangue. I chemocettori che percepiscono i cambiamenti sono
localizzati nei glomi (Piccolo organulo composto da tessuto vascolare
o nervoso) situati nella carotide e nell’aorta.
APPARATO RESPIRATORIO E INVECCHIAMENTO
La muscolatura respiratoria, come quella scheletrica,
progressivamente va indebolendosi con gli anni. Il tessuto polmonare perde elasticità e gli alveoli
subiscono il deterioramento delle pareti con riduzione della capacità ventilatoria e della capacità
polmonare, ma la funzione residua è solitamente sufficiente per lo svolgimento delle attività
ordinarie. Le ciglia della mucosa respiratoria si deteriorano e i macrofagi alveolari diminuiscono le
loro capacità di difesa aumentando la possibilità di polmoniti. Il fumo sicuramente è una causa di
invecchiamento precoce di cuore e arterie, ma in particolar modo nei polmoni crea i danni maggiori.
Figura 136 Spirometria
Figura 137 Regolazione chimica
Figura 138 Danni al polmone da fumo
70
APPARATO DIGERENTE
L'apparato digerente di ogni
essere vivente ha il compito di
accogliere, digerire e assimilare
sostanze nutrienti ed espellere
quelle in eccesso e le scorie,
non utili al metabolismo. Il
tubo digerente si estende dalla
bocca all’ano e per la
digestione si avvale anche di
organi accessori, che
intervengono sia per la
digestione meccanica,
spezzamento fisico del cibo in
piccoli frammenti, sia per la
digestione chimica, attraverso
l’utilizzo di enzimi digestivi.
Cavità orale
Qui avviene l'ingestione del
cibo e in alcuni casi inizia la
digestione meccanica per
mezzo dei denti e chimica per
mezzo dei secreti delle
ghiandole orali, tra le più
comuni quella salivari
principalmente per inumidire il
cibo e facilitarne l'ingestione.
I denti decidui cominciano ad
emergere a circa 6 mesi di età e
l’insieme di 20 denti entro i 2
anni, gradualmente sostituiti da
quelli permanenti fino a raggiungere il numero di 32. Incisivi, canini, premolari e molari tra cui i
denti del giudizio (terzi molari che possono anche non spuntare
mai per mancanza di spazio).
Il colore della corona, che è bianco-azzurro nei decidui e bianco
tendente al giallo nei permanenti, diventa più giallo con l’età per
usura dello smalto e per aumentata mineralizzazione della
dentina.
La lingua è un organo eminentemente muscolare che occupa
gran parte della cavità orale e costituisce la parete anteriore
dell'orofaringe. La sua superficie dorsale costituita dalla mucosa
linguale è convessa in ogni direzione ed è distinguibile in due
parti, diverse sia per aspetto che per origine embriologica, dette corpo e radice della lingua, o
porzione orale e porzione faringea. Esse sono divise da un solco a V rovesciata detto solco
Figura 139 Apparato digerente
Figura 140 Dentizione
71
terminale, il cui apice costituisce una piccola cavità detta fondo cieco. E' collegata posteriormente a
un piccolo osso chiamato ioide e anteriormente ad
un piccolo e sottile filamento detto frenulo o
filetto. La lingua è dotata di papille gustative, ed è,
appunto, il principale organo del gusto. Essa
svolge la funzione di impastare il cibo con la saliva
e di spingerlo sotto i denti affinché venga triturato,
e quindi spinto giù per l'esofago.
Il boccone di cibo masticato forma una pallottola
umida e morbida,chiamata bolo. il quale viene
deglutito passando così dalla bocca all'esofago.
l'esofago è un tubo lungo 25 cm che collega la
bocca allo stomaco le sue pareti ricche di muscoli
si contraggono e spingono il bolo nello stomaco. Il
lume esofageo è una cavità virtuale, infatti a riposo
presenta una forma stellata per la presenza di
pliche longitudinali, ossia sollevamenti della tonaca
mucosa e della sottostante sottomucosa. Il lume diventa
reale al passaggio del bolo alimentare.
Una volta entrato nello stomaco il cibo non può tornare
indietro per la presenza di una valvola, il cardias che non
permette al cibo di risalire. La parete dello stomaco è
costituita da una parte esterna filamentosa, una parte
muscolare e la parete interna da tessuto connettivo, ricco
di vasi sanguigni, di ghiandole che secernano acido
cloridrico e diversi enzimi, il più importante è la pepsina.
L'acido
cloridrico
, scioglie il cibo e uccide i microrganismi dannosi,
neutralizza l’alcanilità della saliva e trasforma il
bolo in chimo a ph acido. L’ambiente acido
favorisce l’attivazione degli enzimi della
digestione contenuti nei succhi gastrici e secreti da
altre cellule. La pepsina scompone le proteine in
molecole più semplici. La digestione viene
completata nell’intestino tenue. Il fegato e il
pancreas, partecipano alla fase finale della
digestione.
Il fegato, la ghiandola più voluminosa
dell’organismo è situata nella parte superiore
destra dell’addome, esso produce un liquido giallo-
verdastro, la bile che serve ad emulsionare i grassi
riducendoli in piccolissime goccioline.
Figura 141 Lingua
Figura 142 Esofago
Figura 143 Stomaco e digestione
72
La bile prodotta si raccoglie in una vescichetta biliare o cistifellea e da qui, attraverso il coledoco
raggiunge il duodeno. La cistifellea,detta anche colecisti o vescicola biliare, lunga in media 10 cm
e con una capacità di 40 g, è un organo a forma di pera, localizzato nella porzione anteriore della
faccia inferiore del fegato. Risulta quasi per intero rivestita dal peritoneo che riveste la faccia
viscerale del fegato andando così a costituire il foglietto inferiore del legamento coronario di
questo. Il suo compito è quello di immagazzinare la bile, prodotta dagli epatociti, che verrà
utilizzata durante i processi digestivi. La bile viene riversata nella porzione discendente del
duodeno attraverso il dotto coledoco nato dalla confluenza del dotto epatico e del dotto cistico, il
quale è in diretta continuità con il collo della colecisti.
La cistifellea può essere sede di calcoli (Calcolosi biliare o Colelitìasi), che si formano a causa di un
eccesso di colesterolo e di calcio inorganico.
Il pancreas è situato
dietro lo stomaco e la
cavità addominale.
Esso produce e
riversa nel duodeno il
succo pancreatico;
secerne e versa nel
sangue due ormoni,
l’insulina e il
glucagone, grazie alla
presenza di piccoli
ammassi cellulari.
La testa del pancreas
è situata nell'ansa
formata dal duodeno,
quindi a destra della
L2, per poi salire
obliquamente verso
sinistra fino
all'altezza della 7°
costa (o della L1)
dove si trova la coda.
Il pancreas consta di
una parte a
secrezione interna o
endocrina ("isole del Langerhans") e una parte a secrezione esterna o esocrina la quale, tramite due
"dotti escretori", "principale" e "accessorio", riversa il suo secreto all'interno del duodeno. Misura
circa 20 cm di lunghezza, 4 cm di altezza e 2 cm di spessore, ha consistenza friabile e colorito
roseo, o grigiastro quando è in fase di intensa attività secretiva. Si trova anteriormente ai corpi delle
prime due vertebre lombari e consta di tre parti: testa, corpo e coda ognuno in contatto con i vari
organi addominali.
Il cibo proveniente dallo stomaco, detto chimo, è sottoposto all’azione del succo pancreatico,del
succo intestinale e dalla bile; questi succhi neutralizzano il chimo acido, trasformandolo in chilo
basico in questo modo viene bloccata la fase gastrica della digestione e inizia la digestione
Figura 144 Fegato, cistifellea, pancreas
73
enterica. Il succo intestinale prodotto dall’intestino tenue, contiene enzimi, che completano il
processo iniziato dal succo pancreatico. I prodotti della digestione, comprendenti sali minerali,
amminoacidi glucosio , glicerolo e chilomicroni vengono assorbiti dai villi intestinali e tramite i
capillari, in essi presenti, vengono versati nella vena porta e quindi nel fegato,dove vengono
elaborati e utilizzati nella sintesi di proteine umane e zuccheri.
L'intestino è l'ultima parte dell'apparato digerente. Si presenta come un tubo di diametro variabile
con pareti flessibili, ripiegato più volte su se stesso, è distinto in due parti principali, intestino
tenue e intestino crasso con una lunghezza complessiva di 9 m.
L'intestino tenue è il più lungo tratto del canale alimentare ed è costituito da tre parti:
Il duodeno è il primo tratto dell'intestino tenue; lungo circa 30 cm, presenta un calibro notevole (4
cm circa). Al suo interno trovano sbocco il dotto coledoco e i dotti pancreatici, si continua
direttamente con i tratti successivi dell'intestino tenue, in corrispondenza di una piega (flessura) del
tubo stesso, nota come flessura duodenodigiunale.
Gli altri due tratti dell'intestino
tenue sono il digiuno e l’ileo
che entrano a far parte della
matassa intestinale vera e
propria detta tenue
mesenteriale, altamente
circonvoluto e ripiegato su sé
stesso. Come si potrebbe
pensare a prima vista, il tenue
mesenteriale non è totalmente
libero di muoversi; è presente
infatti uno sdoppiamento del
peritoneo parietale che accoglie
in toto l'insieme dei visceri
della matassa intestinale,
fissandoli alla faccia posteriore
della cavità addominale e
accogliendo, inoltre, importanti
vasi (mesenterici) e nervi
destinati al tenue mesenteriale.
Nell'intestino tenue si trovano numerose valvole conniventi,
pieghe circolari, che aumentano la superficie della mucosa,
necessaria per l'assorbimento di sostanze nutritive. Si calcola che la mucosa intestinale sia ricoperta
da circa 40 milioni di villi, più o meno 18-40 per millimetro quadrato. Ogni villo è costituito da un
asse connettivale tappezzato da un singolo strato di cellule assorbenti, la cui membrana - rivolta
verso il lume - presenta delle sottili estroflessioni citoplasmatiche a dito di guanto. Questi minuscoli
rilievi, visibili soltanto al microscopio elettronico, sono chiamati microvilli e nel loro insieme
costituiscono l'orletto a spazzola.
La particolare conformazione delle cellule assorbenti, note anche come enterociti, ha lo scopo di
aumentare al massimo le capacità digestive e di assorbimento dell'organismo.
Figura 145 Intestino
74
Tra i numericamente più numerosi enterociti
campeggiano alcune cellule caliciformi che
secernono muco nel lume intestinale. Questa
sostanza vischiosa e lubrificante è deputata alla
protezione della mucosa intestinale dagli insulti degli
acidi e dei prodotti della digestione, nonché dagli
enzimi digestivi che potrebbero aggredirla.
I villi intestinali, della lunghezza di circa 1 mm,
aumentano la superficie dell'intestino tenue che è di
circa 300 mq. Al suo interno vivono molti batteri che
si nutrono di tutte le sostanze non digerite
nell'intestino tenue. Essi costituiscono la flora
intestinale e sono di grande utilità per l'organismo,
perché decomponendo le sostanze alimentari
ulteriormente, rendono disponibili alcune vitamine,
tra cui la B1,la B2 e la K. molti di questi batteri
vengono espulsi con le feci, quelli che rimangono si
riproducono continuamente. Il tenue continua
nell'intestino crasso che è lungo mediamente 170
cm, con un diametro di circa 7 cm. Anatomicamente
viene suddiviso in sei tratti che vengono
rispettivamente chiamati: cieco, colon ascendente,
colon trasverso, colon discendente, sigma e retto.
Nell'intestino crasso vengono assorbiti i sali minerali, le vitamine e l'acqua. Il materiale
decomposto, quello non digeribile come le fibre e gli stessi batteri, formano le feci, che vengono
sospinte dai movimenti peristaltici nell'ultimo tratto del crasso, il retto e furiescono dal corpo
attraverso l'ano.
FECI
Le feci sono il materiale di rifiuto dell'organismo che viene eliminato per via rettale.
In condizioni normali le feci sono formate per il 75% da acqua e per il 25% da materiale solido che
include batteri, fibre non digerite, grasso, materia inorganica (calcio e fosfati), muco, cellule
intestinali desquamate e alcune proteine. Una parte notevole della massa fecale non è di origine
alimentare; le feci si formano infatti anche durante il digiuno.
Caratteristiche delle feci:
Colore: marrone dovuto alla conversione chimica della bilirubina in urobilina e stercobilina da
parte dei batteri intestinali e degli enzimi.
Odore delle feci è il risultato della decomposizione batterica delle proteine nell'intestino.
Consistenza soffice a forma cilindrica che ha la dimensione del retto.
Quantità: giornalmente vengono prodotti da 150 a 300 g di feci
Sangue occulto: presenza di tracce nascoste di sangue rilevabili con esami di laboratorio.
Melena: emissione di sangue digerito attraverso l'ano con le feci, che assumono un colorito nerastro
(feci picee), ed è caratterizzata da un tipico odore molto acido.
Proctorragia o rettorragia: emissione di sangue fresco attraverso l'ano con o senza feci.
Figura 146 Villi intestinali
75
VOMITO
Espulsione violenta dalla bocca del cibo contenuto nello stomaco. Si accompagna in genere ad
aumento della salivazione e pallore. Normalmente il termine vomito viene usato in maniera
indistinta per indicare tre condizioni diverse: la nausea, i conati ed il vomito vero e proprio.
La nausea è una sensazione difficilmente descrivibile, essendo percepibile solo dal singolo
individuo. Di norma precede il vomito, ma non sempre chi l'avverte poi vomita.
I conati di vomito sono dovuti alla contrazione della muscolatura respiratoria e precedono o
accompagnano il vomito.
Il meccanismo del vomito
Il vomito è il risultato di un complesso meccanismo, regolato da una ''centralina di comando''
collocata in una particolare zona del cervello. A questo ''centro del vomito'' arrivano segnali da varie
parti dell'organismo:
dalla corteccia cerebrale, che può stimolare il centro mandando messaggi di sapori, odori,
ricordi, emozioni, immagini;
dall'orecchio, che trasmette soprattutto informazioni relative alla posizione del corpo rispetto
allo spazio;
da diverse parti dell'apparato digerente (gola, stomaco, intestino) e da altri organi, come il
cuore.
Al centro del vomito arrivano anche gli stimoli indotti dall'esposizione a radiazioni o provenienti
da un'altra zona del cervello, che viene a sua volta eccitata dalla presenza di particolari sostanze
chimiche, sia prodotte dall'organismo (es. urea, ''acetone'') che somministrate a scopo terapeutico
(farmaci). Una volta eccitato, il centro invia di rimando alle ghiandole salivari, alla muscolatura
dell'addome, al diaframma e a varie porzioni dello stomaco, dell'esofago e del duodeno gli stimoli
che si traducono nel vomito. I farmaci contro il vomito, antiemetici, agiscono inibendo l'attività di
questo centro.
Le cause del vomito
In certi casi può essere facilmente intuita la sua funzione di difesa: infatti, l'ingestione di sostanze
pericolose o di corpi estranei può indurre il vomito che va visto come un tentativo dell'organismo di
espellere ciò che può nuocere. In molti altri casi invece non è possibile individuare una funzione di
difesa e diventa un disturbo privo di scopo.
È un sintomo che si accompagna ad alcuni disturbi dell'apparato digerente (es. gastroenterite,
ulcera, occlusione intestinale, alterazioni della motilità gastro-intestinale). Può essere dovuto ad
infezioni da batteri e virus o, nei bambini, essere provocato dalla presenza di una elevata quantità di
''acetone'' nel sangue. E’ di frequente riscontro durante la gravidanza, soprattutto nei primi mesi.
Molte persone soffrono di nausea e vomito quando vanno in automobile, in nave, o in aereo (mal di
movimento o cinetosi); in altre persone, che soffrono di disturbi al sistema di controllo della
posizione del corpo nello spazio (situato nell'orecchio), il vomito accompagna le vertigini. Altre
cause possono essere gli stimoli dolorosi (es. dolori mestruali, emicrania) o le emozioni violente.
Nausea o vomito dopo un intervento chirurgico sono parimenti condizioni abbastanza frequenti e
disturbanti.
Anche molti farmaci possono provocare sintomi di nausea e vomito, soprattutto quando vengono
somministrati per bocca ma non solo.
Tra i farmaci, quelli impiegati nei trattamenti antitumorali sono quelli che inducono la forma più
grave di vomito.
76
Conseguenze del vomito
Un singolo episodio o isolati episodi di vomito non comportano mai gravi problemi. Un vomito
ripetuto comporta invece la perdita soprattutto di acqua, sodio, cloro, potassio: se tale perdita
diventa importante è indispensabile l'intervento del medico per ripristinare l'acqua e i sali persi.
Inoltre, un vomito prolungato impedisce una normale alimentazione e questo può portare a
denutrizione. Altra complicanza può essere una emorragia da lacerazione del rivestimento interno
(la mucosa) dello stomaco.
Nelle persone con alterazione dello stato di coscienza (ad esempio dopo un incidente stradale o un
intervento chirurgico) c'è il rischio che il vomito possa essere aspirato nelle vie respiratorie e
provocare una polmonite.
APPARATO DIGERENTE E INVECCHIAMENTO
L’invecchiamento del sistema digerente si accompagna a numerosi cambiamenti. Il senso del gusto
diviene meno acuto, viene prodotta meno saliva che si aggiunge spesso alla perdita di denti. I
fenomeni di cattiva digestione diventano frequenti per la perdita di tonicità degli sfinteri. A livello
del colon possono formarsi diverticoli, delle estroflessioni verso l’esterno della mucosa intestinale
per perdita di elasticità della muscolatura intestinale. La peristalsi rallenta contribuendo a stipsi.
Il fegato e il pancreas continuano a funzionare adeguatamente anche in età avanzata.
77
REGOLAZIONE DELLA TEMPERATURA CORPOREA
Il normale ambito di variazione della temperatura corporea è compreso tra 36 e 38°C, con un valore
medio di 37°C. Tali parametri possono variare nei bambini che hanno maggior superficie rispetto al
volume e disperdono più calore, e negli anziani in cui le variazioni ambientali possono essere
compensate pià lentamente e in modo meno efficiace.
Produzione di Calore
La produzione del calore avviene nel processo della respirazione cellulare, che libera energia
dalle sostanze alimentari per formare ATP, producendo calore.
Intervengono in questo processo alcuni meccanismi:
- La tiroxina, che prodotta dalla Tiroide (situata ai due lati della trachea, proprio sotto la laringe,
formata da due lobi connessi da un cordoncino mediano chiamato istmo. Le unità strutturali della
tiroide sono i follicoli tiroidei che producono la tiroxina (T4) e la triiodotironina (T3) che
utilizzano lo iodio, e la calcitonina) potenzia la respirazione cellulare, aumentando il calore.
- Nelle situazioni di stress interviene l’adrenalina e la noradrenalina, secreta dalla midollare del
surrene che eccitano il sistema nervoso simpatico.
- Gli organi normalmente attivi come i muscoli scheletrici che anche durante il riposo sono in
leggera contrazione producendo calore per l’utilizzo dell’ATP.
- L’assunzione del cibo aumenta la produzione di calore per l’aumento dell’attività metabolica
dell’apparato digerente durante la peristalsi e sintesi degli enzimi digestivi.
- I cambiamenti stessi della temperatura corporea determinano un effetto sul metabolismo e sulla
produzione di calore.
Perdita di calore
Avviene per la gran parte attraverso la principale fonte di dispersione che è la cute. La quantità di
calore che viene persa è determinata dal flusso di sangue attraverso la pelle e dall’attività delle
ghiandole sudoripare. Importante è la temperatura dell’ambiente esterno che diviene meno efficace
se superaq i 31° Centigradi.
- In un ambiente freddo la vasocostrizione diminuisce il flusso di sangue nel derma e quindi riduce
la perdita di calore.
- Al contrario in un ambiente caldo la vasodilatazione nel derma aumenta il flusso di sangue verso
la superficie del corpo e quindi la dispersione del calore nell’ambiente.
- Le ghiandole sudoripare eccrine secernono sudore facendo evaporare l’eccesso di calore corporeo.
La sudorazione è più efficace quando l’umidità dell’aria circostante è bassa. Un 90% di umidità
renderà difficile la cessione di calore da parte dell’organismo.
-L’apparato respiratorio attraverso la mucosa, fa evaporare acqua e quindi modiche quantità di
calore.
- Le vie urinarie e digerenti con l’eliminazione di feci e urine disperdono modiche quantità di
calore.
Regolazione della temperatura corporea
78
Il responsabile della regolazione è l’ipotalamo, considerato il termostato del nostro organismo, che
equilibra la produzione e perdita di calore, così da mantenere stabile la temperatura corporea.
L’ipotalamo riceve informazioni sulla temperatura corporea interna e su quella dell’ambiente
circostante. Speciali neuroni dell’ipotalamo registrano i cambiamenti della temperatura del sangue
che attraversa il cervello. I recettori della temperatura sulla pelle forniscono informazioni sui
cambiamenti della temperatura esterna. L’ipotalamo integra queste informazioni dando luogo alle
risposte necessarie per mantenere la temperatura corporea ai normali livelli.
Febbre
Consiste in un rialzo anomalo della temperatura corporea e può accompagnare malattie infettive,
traumi fisici, tumori maligni o lesioni del SNC. Le sostanze che possono provocare la febbre si
chiamano pirogeni e sono batteri, proteine estranee e sostanze chimiche liberate durante
l’infiammazione.
La febbre aumenta il metabolismo che incrementa la produzione di calore e innalza ulteriormente la
temperatura corporea. Così la febbre può innescare un circolo vizioso che comporta un costante
aumento della temperatura.
APPARATO URINARIO
Il sistema urinario o
apparato escretore, si
compone di due reni, due
ureteri, la vescica urinarie e
l’uretra. La funzione dei
reni consiste nella
formazione dell’urina,
mentre le altre parti del
sistema sono preposte alla
sua eliminazione.
Le cellule dell’organismo
producono vari composti di
rifiuto come l’urea, la
creatinina e l’ammonio
che devono essere rimossi
dal sangue prima che
raggiungano un livello di
tossicità
RENE: l'organo principale dell'apparato escretore, situato nella regione posteriore superiore
dell'addome, ai lati della colonna vertebrale, nelle fosse lombari, esternamente al peritoneo.
costituito da una zona midollare, costituita dalle piramidi renali, ed una corticale. L'unità funzionale
del rene è il nefrone, costituito dal corpuscolo di Malpighi a sua volta composto dal glomerulo,
dalla capsula di Bowman e dal tubulo renale. Il sangue, tramite l'arteriola afferente, arriva nel
glomerulo dove, a causa della pressione determinata dalla presenza di un'arteriola efferente di
diametro molto minore e dalla presenza di fenestrature di questo vaso che contribuiscono alla
Figura 147 Apparato urinario maschile e femminile
79
variazione della pressione, attraversa un filtro formato dai podociti. Al termine di questo processo
si ottiene l'ultrafiltrato glomerulare (160-180 litri/die), che deve però essere ulteriormente filtrato
prima di diventare urina (1,5
litri/die). Passa così nel tubulo
renale, formato da un tubulo
contorto prossimale, dall'ansa di
Henle, da un tubulo contorto distale
e dal dotto collettore. In questo
percorso, dall'ultrafiltrato vengono
riassorbiti acqua e ioni sodio, fino
ad ottenere l'urina.
All'esame di una sezione frontale
del rene si distinguono perciò due
zone: una profonda, detta
midollare, costituita dalle piramidi
disposte con apice rivolto verso la
pelvi renale, e una superficiale,
detta corticale.
URETERE: è un condotto che collega la pelvi renale con la vescica urinaria, ove vi termina con il
meato, od urifizio, ureterale. Nell’uomo esistono due ureteri,
simmetrici tra loro, uno per ogni rene. La funzione dell’uretere è
quella di convogliare l’urina, prodotta continuamente dal rene,
all’interno della vescica. Mediamente un uretere ha una
lunghezza variabile tra i 28-29 cm, per quello di destra, ed i 29-
30 cm per quello di sinistra. Durante tutto il suo tragitto, che va
dalla zona lombare alla piccola pelvi, l’uretere può essere distinto
in una porzione addominale, pelvi e vescicale.
La sezione addominale corrisponde alle regioni lombare ed iliaca,
quella pelvica si trova nella piccola pelvi mentre quella vescicale
(detta anche intramurale) è situata all’interno dello spessore
vescicale in cui l’uretere passa. L’uretere non ha un andamento
rettilineo ma si dirige verso il basso e medialmente ed inoltre
presenta due leggere curve. Nella sua prima parte, infatti,
presenta una convessità anteriore che successivamente diventa
posteriore. Ciò fa sì che l’uretere, passando dalla porzione
addominale a quella pelvica, cambi direzione in maniera piuttosto
brusca formando una flessura, detta marginale, situata a livello
dell’incrocio con i vasi iliaci. A causa della pressione dei visceri
addominali, l'uretere ha un lume appiattito anteroposteriormente con un diametro compreso tra i 4
ed i 7 mm. Durante tutto il suo tragitto, tuttavia, si possono individuare tre restringimenti fisiologici.
Il primo di essi si trova ad una distanza di 7-8 cm dall’ilo renale ed è detto istmo superiore o
colletto. Il secondo è a livello della flessura marginale (istmo inferiore o restringimento iliaco).
L’ultimo si trova poco prima dello sbocco nella vescica ed è detto restringimento vescicale od
intramurale.
Figura 148 Rene
Figura 149 Uretere
80
VESCICA: La vescica urinaria è un organo muscolare cavo posto nel bacino, deputato alla
raccolta dell'urina prodotta dai reni che vi giunge attraverso gli ureteri. Dalla vescica l'urina viene
periodicamente espulsa
all'esterno attraverso l'uretra. Il
muscolo che forma le pareti
della vescica è detto muscolo
detrusore, un muscolo liscio la
cui attività è regolata da fibre
nervose simpatiche e
parasimpatiche in relazione alle
variazioni volumetriche e
pressorie percepite dai suoi
recettori neuro-muscolari.
L'uretra decorre attraverso un diaframma urogenitale
costituito da muscolatura striata sottoposta a controllo
volontario, o sfintere esterno. Il processo di emissione dell'urina, detto minzione, porta allo
svuotamento periodico della vescica urinaria per mezzo di un riflesso automatico del midollo
spinale.
URETRA è l'ultimo tratto delle vie urinarie. È un piccolo condotto che unisce il polo inferiore della
vescica urinaria con l'esterno. Mentre nella femmina
ha la sola funzione di permettere il passaggio
dell'urina, nel maschio serve anche per il passaggio
dello sperma poiché in essa si immettono i condotti
eiaculatori.
È situata posteriormente all'osso pubico e
anteriormente alla vagina nella femmina, nel maschio
decorre all'interno della prostata e del pene. La sua
lunghezza varia secondo il sesso dell'individuo. Negli
esseri umani di sesso femminile è lunga circa 3 cm,
mentre in quelli di sesso maschile è lunga circa 16 cm
e si può dividere in tre segmenti: prostatico,
membranoso e cavernoso. L'uretra maschile inizia in
corrispondenza dell'orifizio uretrale interno della
vescica e termina all'apice del pene con l'orifizio
uretrale esterno (meato urinario). Quella femminile
termina invece con l'orifizio uretrale esterno posto fra
clitoride e vagina. La parete dell'uretra è delimitata da
due tonache, mucosa e muscolare, nell'uretra
femminile e nel tratto prostatico e in quello
membranoso nel maschio, mentre nel tratto penieno ve
ne è una sola, tonaca mucosa. L'epitelio di
rivestimento nel primo tratto è di transizione, come
quello della vescica, nella parte prostatica è batiprismatico (cilindrico semplice) ed infine
pavimentoso, composto non corneificato, fino all'orifizio uretrale esterno dove si continua con
Figura 150 Vescica
Figura 151 Uretra
81
l'epidermide del glande o della vulva. Sono presenti due strati muscolari: uno strato interno di
tessuto muscolare liscio (andamento longitudinale e circolare), uno esterno striato che prende il
nome di muscolo sfintere striato dell'uretra. Lo studio dell'uretra si effettua con l'uretrografia.
URINA: è il prodotto della escrezione del rene attraverso la quale vengono eliminati dall'organismo
i prodotti metabolici (scorie dannose, soprattutto urea) presenti nel sangue. Nel linguaggio medico
le urine emesse in un definito arco temporale prendono il nome di diuresi. Nell'uomo sano l'urina è
un liquido limpido, atossico, sterile, incolore in condizioni normali, giallo paglierino nelle urine
concentrate (la colorazione è dovuta all'urocromo, pigmento derivato probabilmente dalla
degradazione delle proteine tissutali). Il valore del pH è variabile tra 4,4 e 8, anche se normalmente
vicino a 6: al di sopra dei valori medi di pH, (per esempio con pH = 8) si è in presenza di alcalosi,
oppure tale valore può essere osservato in individui che seguono una dieta con poche proteine. Al di
sotto, invece, si verifica acidosi, pericolosa perché l’epitelio di transizione delle vie urinarie non è
protetto dagli insulti acidi. La densità è pari a 1015-1025 kg/m³. La quantità di urina prodotta è
estremamente variabile in quanto la percentuale di acqua dipende dall'ormone antidiuretico; una
persona adulta produce giornalmente da un minimo di 500 ml (o anche meno in casi eccezionali, a
seconda della capacità dei nefroni di concentrare le sostanze) ad un massimo di 25 l (circa un litro
ogni ora). Le persone che hanno delle disfunzioni di produzione dell'ormone antidiuretico, detto
anche ormone ADH, possono emettere quantità di urina che si avvicinano molto a questa soglia.
L'espulsione di urea consente di eliminare le scorie in modo da comportare una perdita d'acqua
molto piccola. Se l'ammoniaca fosse mandata ai nefroni direttamente, per non produrre gravi danni
essa dovrebbe essere molto più diluita.
ADH (VASOPRESSINA O ORMONE ANTIDIURETICO). La vasopressina, nota anche come
ormone antidiuretico (ADH) o diuretina, è una sostanza di natura peptidica secreta dall'ipofisi
posteriore, ma prodotta principalmente a livello ipotalamico.
La vasopressina gioca un ruolo importante nella regolazione del volume plasmatico, e come tale
contribuisce a mantenere costante la parte liquida del sangue, chiamata plasma. L'ormone
antidiuretico, infatti, favorisce il riassorbimento di acqua a livello renale (più precisamente
nei tubuli distali e nei dotti collettori dei nefroni), opponendosi alla produzione di urina (o diuresi);
da qui il nome antidiuretico. Più il suo livello è alto e minore sarà la produzione di urina e
viceversa. In assenza di vasopressina, malattia nota come diabete insipido, il soggetto elimina 18
litri di urina al giorno; di conseguenza, è costretto ad assumere almeno 20 litri di liquidi con la
dieta.
Tratto da http://www.my-personaltrainer.it/fisiologia/ormoni/vasopressina-adh.html
Composizione , un litro di urina è
composto:
acqua (960 g)
urea (20-25 g)
cloruro di sodio (10-16 g)
azoto (10-15 g)
sodio
urobilina
ammoniaca
acido urico
acido ippurico
acido solforico
acido fosforico
VALORE NORMALE DELL’ESAME DELLE URINE
Colore: giallo-paglierino
Aspetto: limpido
Acidità (pH) 6
Peso specifico 1005-1035
Proteine assenti
Emoglobina assente
Glucosio assente
Pigmenti biliari assenti
Corpi che tonici assenti
Urobilina assente o tracce
Nitriti assente
Sedimento assenti cilindri e cellule epiteliali
assenti o rari leucociti e globuli rossi
(meno di 5)
82
acido cloridrico
potassio
calcio
magnesio
creatinina
CICLO DELLA MINZIONE
Il ciclo della minzione consiste in una prolungata fase di riempimento, seguita da una breve fase di
svuotamento. Durante la fase di riempimento il muscolo della vescica (detrusore) si distende,
accogliendo un volume crescente di urina senza aumenti apprezzabili della pressione. Questo
fenomeno è conosciuto come compliance, ed è essenziale per il normale funzionamento della
vescica. Quando la vescica contiene circa 200 ml di urina, i messaggi inviati dai recettori di
pressione nelle pareti del detrusore raggiungono il cervello e si avverte la prima sensazione di
necessità di urinare. La capacità massima della vescica è di circa 400-600 ml, pertanto il tempo che
intercorre tra la prima sensazione e il bisogno urgente di urinare è, in genere, piuttosto lungo, e
consente di scegliere il momento e il luogo più appropriati per la minzione. Durante tutta la fase di
riempimento l'aumento di pressione all'interno della vescica è trascurabile. Perché l'urina fuoriesca
è necessario che la pressione intravescicale sia superiore alla pressione uretrale. In circostanze
normali, perciò, non ci sono possibilità di fuoriuscite di urina durante la fase di riempimento.
Affinché la vescica si svuoti, è necessario che la pressione intravescicale aumenti fino a superare la
pressione uretrale. Questa condizione si ottiene così:
Lo sfintere interno della vescica, lo sfintere esterno e il pavimento pelvico si rilassano: così
l'emissione di urina comincia anche se l'aumento di pressione nella vescica è minimo.
Il detrusore si contrae: oltre alla contrazione del detrusore, è da notarsi il fenomeno della
"formazione dell'imbuto". La contrazione del detrusore, ha come effetto un cambio di forma
della vescica. Invece di essere piatta, la base della vescica assume una forma ad imbuto e
spinge contro il pavimento pelvico.
La pressione addominale aumenta: molte persone, in particolare donne anziane, contraggono
volontariamente i muscoli della parete addominale durante la minzione, per aumentare la
pressione intra-addominale e quindi vescicale.
Figura 152 raccolta urine
Figura 153 Riempimento e svuotamento vescicale
83
Nell'uomo la pressione vescicale aumenta molto durante la minzione, mentre nella donna l'aumento
è molto più ridotto. In circostanze normali, la contrazione del detrusore e il rilassamento degli
sfinteri sono coordinati neurologicamente. Quando la pressione vescicale supera la pressione
uretrale l'urina esce, ma se si verifica una dissinergia (mancanza di coordinazione), o se gli sfinteri
non si rilassano affatto, lo svuotamento risulterà incompleto o nullo (ritenzione urinaria parziale o
totale). Alla fine dello svuotamento, il pavimento pelvico e lo sfintere si contraggono nuovamente,
la base della vescica ritorna piatta e il detrusore si rilassa.
L'urina eventualmente residua nella metà superiore dell'uretra viene riportata indietro nella vescica
per azione della muscolatura liscia dell'uretra, mentre quella residua nella metà inferiore viene
espulsa. La fase di riempimento ricomincia da capo.
Figura 154 Ciclo Minzionale
Funzionamento normale della vescica
Ogni individuo ha un'idea personale su cosa sia normale o anormale, tuttavia il funzionamento
"standard" della vescica di un adulto è il seguente:
Il volume medio di urina prodotto nelle 24 ore è di circa 1,5 litri.
Il volume della produzione di urina varia con la temperatura (è maggiore nelle stagioni
fredde quando la traspirazione è diminuita) e con la quantità di liquidi introdotta
nell'organismo.
La maggior parte delle persone inizia ad avvertire la necessità di svuotare la vescica quando
questa contiene all'incirca 200 ml di urina.
La capacità massima della vescica è di 400-600 ml, e questo concede un ampio margine di
tempo per trovare il momento e il luogo appropriati per la minzione dall'insorgenza dello
stimolo. Inizialmente lo stimolo non è continuo, ma mano a mano che la vescica si riempie
lo stimolo diventa sempre più frequente ed intenso, fino a quando non è più possibile
ignorarlo.
La maggior parte delle persona svuota la vescica da 4 a 6 volte al giorno.
La maggior parte delle persone non ha la necessità di alzarsi dal letto durante la notte per
urinare, una minoranza invece si deve alzare una volta.
84
In alcune persone anziane, la capacità funzionale della vescica (cioè il volume di urina che
la vescica può contenere senza avvertire uno stimolo impellente) è ridotta, di conseguenza
l'intervallo tra la prima sensazione e lo stimolo impellente ad urinare diventa
più breve. A volte sono quasi simultanei (incontinenza da urgenza).
La capacità funzionale della vescica è ridotta anche durante la gravidanza, a causa
dell'aumento di volume dell'utero e relativa maggiore pressione sulla vescica.
Pressioni vescicali
Per poter capire cosa accade quando si verifica un episodio di incontinenza è importante avere
chiari i meccanismi della pressione vescicale e della pressione uretrale.
Il punto chiave da ricordare è che la pressione vescicale tende a spingere l'urina verso l'esterno,
mentre la pressione uretrale tende a trattenerla.
La pressione uretrale è mantenuta da:
sfinteri uretrali
pavimento pelvico
La pressione vescicale è aumentata da:
contrazioni del detrusore
aumento della pressione intra-addominale (tosse, risata, movimenti improvvisi, gravidanza)
In condizioni normali, la pressione vescicale è maggiore di quella uretrale solo quando l'individuo
decide di urinare. In questo caso, sotto controllo nervoso, la pressione uretrale diminuisce (cioè lo
sfintere si rilassa) e la pressione vescicale aumenta (cioè il detrusore si contrae), permettendo così la
fuoriuscita dell'urina.
Per aumentare la velocità del flusso si può utilizzare la muscolatura addominale che aumenta la
pressione intra-addominale e conseguentemente quella vescicale.
Tra una minzione e l'altra, riflessi automatici assicurano che gli sfinteri e il pavimento pelvico si
contraggano in risposta a qualsiasi aumento della pressione vescicale. Tuttavia ci sono diverse
situazioni nelle quali questo meccanismo può essere compromesso e che possono portare al
fenomeno dell'incontinenza urinaria.
Il controllo della minzione nel neonato
La vescica del neonato è controllata dall'arco riflesso sacrale: quando la vescica si riempie di
urina, i recettori di distensione inviano messaggi (impulsi sensitivi) ad un'area specializzata nella
parte inferiore del midollo spinale (centro vescicale sacrale). Quando gli impulsi sono
sufficientemente forti, il midollo spinale risponde causando il rilassamento dello sfintere interno e la
contrazione del detrusore. La vescica allora si svuota e ricomincia il ciclo di riempimento.
Quando il bambino cresce impara ad avvertire la sensazione che la vescica si sta riempiendo e ad
inibire volontariamente l'arco riflesso sacrale, così da poter controllare il momento e il luogo della
minzione. Con l'esercizio, e dopo una lunga serie di successi e fallimenti, riesce a raggiungere il
controllo volontario della minzione.
Nell'adulto
Gli adulti possono normalmente inibire l'arco riflesso sacrale finchè non raggiungono il luogo
appropriato per la minzione. L'inibizione funziona in questo modo:
la vescica invia dei messaggi sensitivi ad una specifica area del cervello (il centro per il
controllo della minzione) attraverso il midollo spinale
il cervello invia, in risposta, un impulso inibitorio al midollo spinale, che blocca l'arco
riflesso.
85
La continenza implica perciò una continua ed attiva attività nervosa. Cause talvolta note e
talvolta ignote possono portare ad un'alterazione dell'equilibrio di questa attività nervose, con
conseguenti disturbi di svuotamento. Per la maggior parte del tempo, il mantenimento della
continenza è subconscio e automatico. Quando la vescica arriva a contenere circa 200 ml, c'è la
consapevolezza intermittente del bisogno di urinare; è soltanto nel momento in cui gli impulsi della
vescica piena si fanno particolarmente intensi che si verifica una consapevolezza forte e continua
della necessità di urinare. Quando viene presa la decisione di urinare, il cervello cessa di inviare
impulsi inibitori al midollo spinale e ciò permette l'attivazione dell'arco riflesso: lo sfintere interno
si rilassa, il detrusore si contrae e la vescica si svuota.
APPARATO RIPRODUTTIVO
Lo scopo dell’apparato riproduttivo maschile e
femminile è quello di conservare la specie umana
attraverso la procreazione. Essi producono gameti,
spermatozoi e cellule uovo, che unendosi danno il via
al processo di MEIOSI.
APPARATO RIPRODUTTIVO
MASCHILE
L’apparato
riproduttivo
maschile consta di testicoli
e di una serie di dotti e
ghiandole.
Testicoli: sono situati nello scroto, una specie di sacchetto di
pelle situato superiormente all’interno delle due cosce. La
temperatura a questo livello è di 35,5° C, leggermente inferiore
di quella corporea, necessaria per la produzione di spermatozoi
vitali. Nel
feto
maschio
i testicoli si sviluppano in prossimità dei reni,
poi discendono nello scroto appena prima della
nascita. Il criptorchidismo è la condizione in
cui i testicoli non discendono, richiedendo di
intervenire chirurgicamente. Ogni testicolo è
lungo circa 4 cm e largo 2,5 cm ed è diviso
internamente in lobi contenenti tubuli
seminiferi, in cui avviene la spermatogenesi.
Alcune cellule a questo livello secernono
testosterone, un ormone che controlla la
maturazione degli spermatozoi ed è responsabile dei caratteri
sessuali secondari maschili, che cominciano a sviluppare nella
pubertà.
Figura 157 Apparato riproduttivo maschile
Figura 156 Apparato Riproduttivo
Figura 155 Testicolo
86
TESTOSTERONE è un ormone steroideo del
gruppo androgeno prodotto principalmente dalle cellule di
Leydig situate nei testicoli e, in minima parte, dalle ovaie e
dalla corteccia surrenale. La sua produzione è influenzata molto
dall'ormone luteinizzante LH. È presente anche nelle donne le
quali, rispetto agli uomini, hanno una maggiore tendenza a
convertire quest'ormone in estrogeni. La desinenza -one è dovuta
alla presenza di un gruppo chetonico CO sull'atomo C3 del
primo anello del carbonio [A] dello steroide.
Nell'uomo è deputato allo sviluppo degli organi sessuali
(differenziazione del testicolo e di tutto l'apparato genitale) e dei caratteri sessuali secondari, come
la barba, la distribuzione dei peli, il timbro della voce e la muscolatura. Il testosterone, nell'età
puberale, interviene anche sullo sviluppo scheletrico, limitando l'allungamento delle ossa lunghe ed
evitando, in questo modo, una crescita spropositata degli arti.
Nell'uomo adulto, i livelli di testosterone giocano un ruolo molto importante per quanto riguarda
la sessualità, l'apparato muscolo scheletrico, la vitalità e la buona salute (intesa soprattutto come
protezione da malattie metaboliche come ipertensione e diabete mellito e secondo recenti studi
anche sulla depressione); contribuisce a garantire la fertilità, in quanto stimola la maturazione
degli spermatozoi nei testicoli. Inoltre influenza qualità e quantità dello sperma prodotto, poiché
opera sulle vie seminali e sulla prostata, deputate alla produzione di sperma. La produzione
giornaliera di testosterone nell'uomo varia dai 5 ai 7 milligrammi ma, superati i 40 anni, tende a
diminuire annualmente dell'1%.
Il testosterone regola anche il desiderio, l'erezione e la soddisfazione sessuale: ha, infatti, la
funzione di "mettere in sincronia" il desiderio sessuale con l'atto sessuale vero e proprio, regolando
l'inizio e la fine dell'erezione del pene. Un deficit di libido (desiderio sessuale) è spesso associato a
una disfunzione del testosterone. Ciò è stato
evidenziato anche per il desiderio sessuale
femminile a seguito della sua diminuzione nel
periodo post-menopausale. Il testosterone è
utilizzato farmacologicamente sia in uomini che in
donne, qualora vi siano alterazioni nei suoi livelli.
SPERMATOGENESI: è il processo in cui gli
spermatidi maturano in spermatozoi e si divide in
tre fasi
1 - meiosi I;
2 - meiosi II;
3 spermiogenesi
Ogni giorno nei testicoli vengono prodotti circa
300 milioni di spermatozoi che riescono a
Figura 158 Molecola di Testosterone
Figura 159 Spermatogenesi
87
sopravvivere nel tratto riproduttivo femminile fino a circa 48 ore.
Cellula Spermatica: ogni cellula spermatica è costituita da
• una testa, contenente materiale nucleare;
• un acrosoma, cioè una vescicola piena di enzimi che favoriscono la
penetrazione nell’ovulo;
• una coda, utilizzata per la locomozione
All’inizio della pubertà, le cellule
neurosecretrici dell’ipotalamo
aumentano la secrezione dell’ormone
di rilascio delle gonadotropine
(GnRH). Questo stimola l’ipofisi a
secernere l’ormone luteinizzante (LH)
e l’ormone follicolo-stimolante (FSH).
L’LH stimola le cellule di Leydig a
secernere l’ormone steroideo testosterone che insieme
all’FSH induce la spermatogenesi. Infine cellule del Sertoli
secernono l’ormone inibina che inibisce la secrezione di
FSH
Epididimo: sulla parte superiore di ogni testicolo si può
apprezzare un piccolo rilievo. Si tratta dell'epididimo. Esso è
un tubo strettamente avvolto,
che aderisce alla superficie di
ogni testicolo e funziona
come una camera di maturazione
ed immagazzinamento degli
spermatozoi che sono stati
prodotti, non appena essi escono dai tubuli seminiferi. Gli
spermatozoi stanno negli epididimi fino a che non vengono distrutti
ed assorbiti dal tessuto circostante o fino a che non vengono
eiaculati.
Dotto deferente: è attaccato all'epididimo, ogni vaso è lungo
approssimativamente dai 40 ai 45 centimetri e gli spermatozoi lo
percorrono andando dagli epididimi ad altri organi. Una volta
percorso il vaso, gli spermatozoi si mischiano con dei fluidi
prodotti dalle vescichette seminali e dalla ghiandola prostatica, formando una nuova sostanza, il
seme. Questo è ciò che l'uomo eiacula.
Dal momento che i vasi deferenti sono luoghi di transito dello sperma e sono facilmente
individuabili nello scroto, essi sono l'organo ideale su cui compiere la semplice procedura di
sterilizzazione maschile chiamata vasectomia. Per compiere la vasectomia il chirurgo taglia tutti e
due i vasi, posti ai due lati dello scroto, e li lega, oppure asporta un pezzo dei vasi, per impedire allo
sperma di passare oltre quel punto. Gli spermatozoi quindi vengono ancora prodotti nei testicoli e
passano attraverso l'epididimo ma non possono procedere oltre il punto in cui si è intervenuti
chirurgicamente e non possono perciò uscire dal corpo e provocare una gravidanza. Essi vengono
distrutti ed assorbiti come tutti gli altri spermatozoi che non sono stati eiaculati.
Figura 162 Particolare di apparato
riproduttivo maschile
Figura 160 Cellula
spermatica
Figura 161 Stimolazione
spermogenesi
88
Dopo una vasectomia i liquidi prodotti dalle
vescichette seminali e dalla prostata continuano
regolarmente ad essere fabbricati e ad uscire dal corpo
durante i rapporti sessuali, la masturbazione ed i sogni
che provocano eccitazione sessuale; l'orgasmo è
esattamente lo stesso. L'assenza di spermatozoi nel
seme è impossibile da individuare, salvo che al
microscopio.
Vescichette seminali: si trovano appena sopra la prostata, ai
due lati di essa. Esse sono piccole tasche lunghe circa otto
centimetri che secernono un liquido simile allo zucchero (fruttosio). Questo liquido seminale si
unisce agli spermatozoi (che provengono dai testicoli dopo aver attraversato gli epididimi ed i
condotti deferenti) e al liquido prodotto dalla prostata nei condotti eiaculatori, da cui il seme passa
nell'uretra e di qui fuoriesce dal pene.
Il liquido prodotto dalle vescichette seminali fornisce nutrimento agli spermatozoi, e fa sì che essi si
muovano più efficacemente.
Prostata: è posta sotto la vescica ed è appoggiata contro il suo collo: ha la grandezza di una grossa
castagna ed è formata da un certo numero di sezioni chiamate lobi. L'uretra, che è il tubo che
permette il passaggio dell'urina fuori dalla vescica, in cui è contenuta, attraversa la prostata e il
pene. Se la prostata si gonfia, può esercitare una pressione sul collo della vescica o sull'uretra stessa
e serrarle. Questo è un classico caso di BHP o ingrossamento della prostata, problema piuttosto
comune negli uomini sopra ai 40 anni.
Dalla pubertà in avanti la prostata secerne una
sostanza che serve di nutrimento agli spermatozoi
e aumenta la loro capacità di muoversi
autonomamente, proprio come il liquido prodotto
dalle vescichette seminali. Il liquido prodotto
dalla prostata fornisce circa il 39 per cento del
liquido seminale, quello prodotto dalle
vescichette seminali circa il 60 per cento;
solamente l'uno per cento del seme è costituito
dagli spermatozoi. Il liquido prostatico viene
secreto dai molti condottini escretori che vanno dalla ghiandola all'uretra, dove esso si unisce con
gli spermatozoi ed il liquido seminale provenienti dai condotti eiaculatori. Il seme ora è completo ed
è pronto per essere eiaculato.
Ad ogni lato dell'uretra, subito sotto la prostata, si trovano le ghiandole di Cowper. Durante
l'eccitazione sessuale, ma prima dell'eiaculazione, queste piccolissime ghiandole secernono una
piccola quantità di liquido nell'uretra, che passa attraverso l'apertura urinaria e compare alla
sommità del pene. Questa piccola quantità di liquido proveniente dalle ghiandole di Cowper
contiene abbastanza spermatozoi, filtrati dai dotti eiaculatori, da causare una gravidanza anche se
l'eiaculazione non è ancora avvenuta. Quindi ritrarre il pene dalla vagina prima di eiaculare non è
un buon metodo per il controllo delle nascite, dato che il fluido proveniente dalle ghiandole di
Cowper può fuoriuscire dal pene a partire dall'inizio dell'eccitamento in avanti. Questo liquido è
Figura 163 Liquido spermatico
Figura 164 Sezione prostatica
89
alcalino; esso aiuta a neutralizzare l'ambiente
acido dell'uretra e fa sì che gli spermatozoi
vivano più a lungo dopo essere stati eiaculati.
PENE: è un organo complesso costituito
esternamente dalla base, tronco (o asta),
prepuzio, corona e glande. Il pene è
costituito da una parte cilindroide, il
corpo, e da una parte conoide, il glande.
La struttura principale di entrambi è di
tipo vascolare, ovvero è una rete di vasi
ampiamente comunicanti tra loro in cui il
volume di sangue e la rigidità della guaina
di rivestimento (l'albuginea) sono le condizioni fondamentali per la costituzione
dell'erezione.
Il tronco del pene è essenzialmente costituito da tre colonne di tessuto erettile:
I due corpi cavernosi
Il corpo spugnoso
I corpi cavernosi hanno un tessuto
fibrillare elastico che può essere
allungato fino a quattro volte la
situazione basale durante un'erezione. Il
corpo spugnoso si trova nel mezzo dei
due corpi cavernosi e avvolge l'uretra.
Man mano che si arriva alla base del
pene i due corpi cavernosi si fendono e
sono ancorati all'osso pubico tramite
una membrana dura. Il corpo spugnoso
man mano che raggiunge il vertice del
pene, si espande nel glande.
Il glande è la "testa" che costituisce la punta del pene. Tutt'intorno alla parte inferiore
del glande, si trova un margine chiamato corona. Nella parte inferiore del glande dove
corona e asta si congiungono, si trova un'area molto sensibile chiamata frenulo.
Esternamente il pene è ricoperto da uno strato
di pelle retrattile che viene chiamato
comunemente cute del pene, ma che in
prossimità del glande si chiama prepuzio.
Alcuni neonati (ma anche uomini adulti)
vengono sottoposti a circoncisione, cioè il
prepuzio viene reciso in parte o in totalità
mediante uno strumento medico speciale che
si chiama termocauterio, lasciando il glande
perennemente scoperto.
Figura 165 Particolari apparato riproduttivo maschile
Figura 166 Sezione del pene
Figura 167 Anatomia del pene
90
La fimosi si ha quando il prepuzio non è sufficientemente elastico per scoprire il
glande facilmente. Esiste anche un altro tipo di fimosi, detta non serrata. Quando non
si riesce a ricoprire il glande facilmente la condizione è chiamata parafimos i. In questi
casi il paziente, che è spesso un bambino piccolo, viene sottoposto a una circoncisione
parziale, oppure a un intervento di frenulotomia quando il responsabile del problema è
il frenulo.
L'erezione
Al momento dell'eccitazione sessuale, il tessuto che costituisce i corpi cavernosi e il
corpo spugnoso è irrorato da molti vasi sanguigni che lo gonfiano, inturgidendolo. I
muscoli della radice dei corpi cavernosi che chiamiamo muscoli lisci, per il fatto di
non essere controllabili con un atto di volontà, si rilassano provocando un afflusso
forzato di sangue all'interno di questi vasi sanguigni e causando così il cambiam ento
di dimensioni e il conseguente indurimento del pene in stato di erezione. Durante
l'erezione vi è un iperafflusso di sangue arterioso che riempie le cavità spugnose dei
vari corpi del pene e del glande. Contemporaneamente viene bloccato il deflusso del
sangue dalle vene del pene mediante la contrazione di microscopici sfinteri vasali. In
questo modo il sangue arterioso giunto nei corpi cavernosi viene "intrappolato" al loro
interno e determina quindi il turgore caratteristico dell'erezione. È appunto l'albuginea
che si incarica di mantenere la consistenza di questo turgore, così come la superficie
di un pallone si mantiene dura quando è
piena d'aria. Al termine dell'erezione
avviene il rilasciamento degli sfinteri
vasali che consentono quindi il deflusso
del sangue mediante le vene del pene.
APPARATO RIPRODUTTIVO
FEMMINILE
I principali organi genitali femminili sono
interni e comprendono la vagina, l'utero, le
tube o trombe di Falloppio e le ovaie.
I genitali esterni formano nel loro insieme la
vulva che comprende il monte di Venere, il
clitoride, le grandi labbra e le piccole labbra, tutti direttamente visibili.
Vagina: è il condotto che mette in comunicazione la vulva con l’utero. A riposo, la vagina è piatta e
lunga, ma la parete è molto elastica e formata da numerose pieghe che le consentono di allungarsi e
allargarsi notevolmente durante il rapporto sessuale e il parto.
È l'organo femminile dell'accoppiamento e funge da condotto per l’espulsione del flusso di sangue
mestruale, all’inizio di ogni ciclo.
Utero: è l'organo dell'apparato riproduttivo femminile dalla caratteristica forma a pera rovesciata,
situato al centro della parte più bassa dell'addome (detta anche pelvi).
La sua funzione è quella di accogliere il bambino nei nove mesi di gravidanza, permettendo
l'impianto dell'uovo fecondato, lo sviluppo dell'embrione e l'accrescimento del feto. E’infatti
provvisto di una cavità che nella parte superiore comunica con le tube (da cui giunge l'uovo
Figura 168 Apparato genitale femminile
91
fecondato) e nella parte inferiore con la vagina (per le mestruazioni o il parto).
La cavità dell'utero è rivestita da una mucosa
(endometrio) che ogni mese, sotto l'influsso
degli ormoni prodotti dalle ovaie, si
ispessisce, preparandosi ad accogliere
un'eventuale gravidanza. È proprio
l'endometrio che ogni mese, in assenza di
gravidanza, si sfalda, dà luogo alla
mestruazione e si rigenera.
L'utero possiede una spessa parete muscolare
(miometrio) che consente all'organo di
contrarsi efficacemente. Durante il parto, i
muscoli dell'utero si contraggono per
espellere il bambino dal corpo della madre.
Cervice: condotto del collo dell'utero che mette in comunicazione la
cavità uterina con la vagina.
Tube o trombe di Falloppio: sono i due canali, denominati anche salpingi, che si estendono
dall'utero all'ovaio. Sono lunghe circa 12-13
cm. Le tube raccolgono l'ovulo espulso
dall'ovaio e gli forniscono un ambiente adatto
alla fecondazione, cioè all'incontro con lo
spermatozoo. Solo nelle tube, infatti, esistono le
condizioni idonee perché l'ovulo e lo
spermatozoo si fondino.
Ovaie: sono due, hanno la forma di una
mandorla e sono localizzate nella cavità pelvica,
ai due lati dell'utero, con cui comunicano
attraverso le tube di Falloppio. Costituiscono
una preziosa riserva di cellule uovo (ovuli,
ovociti), che sono state prodotte
durante lo sviluppo degli organi
genitali e quindi nella vita prenatale.
Le cellule uovo sono contenute in
cavità separate, i follicoli, e
rimangono a riposo fino al momento
della pubertà. Da allora, ogni mese,
un solo follicolo viene selezionato
(un mese lavora l'ovaio destro, un
mese il sinistro!) e produce un uovo
maturo, pronto per la fecondazione.
Figura 169 Sezione apparato
riproduttivo femminile
Figura 170 Particolare di Tube di Falloppio
Figura 171 Sezione Ovarica
92
Le ovaie, inoltre,
producono
importantissimi
ormoni sessuali: gli
estrogeni e il
progesterone.
Quando le uova si
saranno esaurite, non
sarà più possibile produrne di nuove e l'ovaio cesserà
di funzionare: inizierà la menopausa.
CICLO RIPRODUTTIVO FEMMINILE: Il ciclo ovarico comprende una serie di eventi che si
svolge nelle ovaie durante e dopo la maturazione di un ovocita. Il ciclo uterino (o mestruale),
controllato dagli ormoni steroidei rilasciati dalle ovaie, si svolge a livello dell’endometrio uterino in
modo che sia pronto all’eventuale impianto di un ovulo fecondato e quindi alla gravidanza
L’ormone rilasciante le gonadotropine (GnRH), secreto dall’ipotalamo, controlla il ciclo ovarico
e quello uterino inducendo il rilascio di
- ormone follicolo-stimolante (FSH): avvia lo
sviluppo del follicolo e la secrezione di estrogeni
dal follicolo;
-ormone luteinizzante (LH) induce l’ovulazione
e promuove la formazione del corpo luteo.
-Gli estrogeni sono ormoni steroidei:
o promuovono lo sviluppo e il
mantenimento delle strutture riproduttive
femminili;
o stimolano la sintesi proteica;
o abbassano il tasso di colesterolo.
-Progesterone: insieme agli estrogeni prepara e mantiene l’endometrio per l’impianto di un ovulo
fecondato e per predisporre le ghiandole mammarie alla secrezione di latte.
- Relaxina: rilassa le pareti uterine diminuendo le contrazioni del miometrio.
- Inibina: inibisce la secrezione dell’FSH e dell’LH.
CICLO MESTRUALE:
• Fase mestruale (o mestruazione): dura circa 5 giorni durante i quali vengono eliminati
sangue e cellule in sfaldamento dei tessuti dell’endometrio.
• Fase preovulatoria: è il periodo compreso fra la fine della mestruazione e l’ovulazione.
Sotto l’influsso dell’FSH nelle ovaie diversi follicoli crescono finché uno solo diventa il
follicolo dominante.
• Fase ovulatoria: con l’ovulazione, si verifica la rottura del follicolo maturo e l’espulsione
di un ovocita secondario nella cavità pelvica.
Figura 172 Ovogenesi
Figura 173 Ciclo riproduttivo femminile
93
• Fase postovulatoria: dopo l’ovulazione il follicolo
maturo collassa sotto lo stimolo dell’LH, le restanti
cellule follicolari si ingrossano e vanno a formare il
corpo luteo (fase luteinica).
Le fluttuazioni di questi ormoni si ripetono in cicli che
avvengono in media ogni 28 giorni
Se l’ovocita non è stato fecondato, il corpo luteo permane
per due settimane e poi degenera in corpo albicante. Se,
invece, l’ovocita viene fecondato, il corpo luteo persiste
oltre le due settimane e viene mantenuto dalla
gonadotropina corionica umana (HCG) dando inizio alla
gravidanza.
Vulva: è la parte più esterna degli organi genitali
femminili, che comprende le grandi labbra, che
congiungendosi delimitano la rima vulvare, e le piccole
labbra (alla cui congiunzione sporge il clitoride), dove si aprono gli orifizi della vagina e dell'uretra.
Monte di Venere: è un cuscinetto adiposo situato sopra l'osso
pubico (“monte del pube”) a formare una lieve rilevanza.
Durante la pubertà si ricopre di peluria.
Clitoride: è una piccola gemma situata nella parte superiore
della vulva, alla congiunzione delle grandi labbra. È
ricchissimo di nervi e di vasi sanguigni e influisce sulla risposta
sessuale femminile. Insieme alle grandi labbra costituisce la
parte più sensibile ed erogena per la maggior parte delle donne.
Grandi labbra: sono localizzate nella vulva, le grandi labbra
sono le pieghe cutanee più esterne dei genitali femminili e
possono variare, per forma e dimensioni, da una donna all'altra.
Dopo la pubertà, si ricoprono di peluria.
Piccole labbra: sono localizzate nella vulva, le piccole
labbra sono le pieghe cutanee che si trovano più all'interno.
GHIANDOLE MAMMARIE
Sono correlate strutturalmente alla cute, ma funzionalmente
all’apparato riproduttivo perché forniscono il latte per il
nutrimento della progenie. Racchiuse all’interno delle
mammelle, sono poste anteriormente al muscolo grande
pettorale. Il tessuto ghiandolare è circondato da tessuto
adiposo. Le ghiandole alveolari producono il latte dopo la
gravidanza; il latte entra nei dotti galattofori che
convengono nel capezzolo. La cute che lo circonda è un zona
pigmentata chiamata areola. La produzione del latte è sotto il
Figura 174 Fecondazione cellula uovo
Figura 175 Apparato genitale
femminile esterno
Figura 176 Ghiandola mammaria
94
controllo ormonale. Durante la gravidanza, alti livelli di estrogeni e progesterone preparano le
ghiandole per l’allattamento. La prolattina, secreta dall’ipofisi anteriore, è la vera responsabile
della sisntesi del latte dopo il parto. Il bambino, succhiando il capezzolo materno, stimola
l’ipotalamo che, a sua volta, invia impulsi nervosi all’ipofisi posteriore che rilascia ossitocina,
responsabile della secrezione del latte.
APPARATO RIPRODUTTIVO E INVECCHIAMENTO
Nella donna si raggiunge uno stato di completa cessazione dell’attività riproduttiva, la menopausa,
che solitamente si verifica tra i 45 e i 55 anni. La secrezione di estrogeni diminuisce e l’ovulaione i i
cicli mestruali divengono irregolari fino a cessare del tutto. La riduzione degli estrogeni esercita
anche altri effetti nel sesso femminile: perdita di matrice ossea con osteoporosi e possibilità di
fratture; aumento della colesterolemia, secchezza della mucosa vaginale.
Nell’uomo la secrezione di testosterone continua per tutta la vita, come pure la produzione di
spermatozoi, sebbene entrambe diminuiscano con l’avanzare dell’età; l’ipertrofia prostatica con
aumento di volume della prostata. A causa della compressione sull’uretra, la minzione diviene
difficile e permane nella vescica un residuo urinario postminzionale, aumentando le infezioni delle
vie urinarie.
BIBLIOGRAFIA
Anatomai e Fiosologia -Valeire C. Scanlon e Tina Sanders – IV Edizione McGraw – Hill 2003
Testo e Atlante di Anatomia Umana – Vincenzo Mezzogiorno e c –Piccin Nuova libraria S.p.A
Padova – 1999
SITOGRAFIA
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http://w3.uniroma1.it/anat3b/libro%20motta/libro%20motta.htm
http://it.wikipedia.org/wiki/File:FAGOCITOSI_BY_RAFF_.gif3
http://www.gpmeneghin.com/schede/biologia/mitosi.htm (filmato)
http://www.dipaiml.unifi.it/istologia/figure_osseo.htm
http://www.shp.it/anatomiafisiologia/ossa.html
http://www.osteopata.it/consultazione.asp?id=90
online.scuola.zanichelli.it/